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® CSAM - 25121 BRESCIA, VIA PIAMARTA 9 • Poste Italiane S.p.A - Sped. D.L. 353/03 (conv. L. 27/02/04 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Brescia - contiene I.P.<br />

www.saveriani.bs.it/missioneoggi<br />

Esperienze<br />

di dialogo<br />

interreligioso<br />

Intrecci formativi<br />

e spirituali


Sommario n. 7/2009<br />

Mens<strong>il</strong>e dei <strong>Missionari</strong> <strong>Saveriani</strong><br />

dal 1903 al 1978 Fede e Civ<strong>il</strong>tà<br />

Direttore<br />

Mario Menin<br />

direttore.mo@saveriani.bs.it<br />

Redattori<br />

Mauro Castagnaro, Franco Ferrari,<br />

Federico Tagliaferri<br />

Segreteria<br />

Salvatore Leardi<br />

segreteria.mo@saveriani.bs.it<br />

Gruppo redazionale<br />

Michele Agosti, Giusy Baioni, Michela Bono, Maria<br />

Teresa Cobelli, Domenico Cortese, Roberto<br />

Cucchini, Flavio Dalla Vecchia, Lydia Keklikian,<br />

Piero Lanzi, Fausto Piazza, Marino Ruzzenenti,<br />

Anna Scalori, Gabriele Smussi, Franco Valenti,<br />

Annachiara Valle<br />

Hanno collaborato a questo numero<br />

Maria A. De Giorgi, Michael L. Fitzgerald, Giampiero<br />

Alberti, Federico Tagliaferri, Ruggero Cavani, Guliano<br />

Zatti, Mauro Castagnaro, Lidia Maggi, Giacomo<br />

Canobbio, Franco Ferrari.<br />

Direzione<br />

Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia<br />

Tel. 0303772780 - Fax. 0303772781<br />

www.saveriani.bs.it/missioneoggi<br />

missioneoggi@saveriani.bs.it<br />

Amministrazione e abbonamenti<br />

Centro Saveriano Animazione <strong>Missionari</strong>a<br />

(C.S.A.M.)<br />

Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia<br />

Tel. 0303772780 - Fax. 0303772781<br />

abbonamenti@saveriani.bs.it<br />

Abbonamenti<br />

Italia € 26,00<br />

Europa € 36,00<br />

Extra Europa € 44,00<br />

Un numero separato € 3,00<br />

3 Editoriale<br />

Abbattere <strong>il</strong> muro di separazione<br />

4<br />

Buone pratiche di dialogo<br />

Shinmeizan: <strong>il</strong> tempio per dialogare (Maria A. De Giorgi)<br />

9 Buone pratiche di dialogo<br />

Shinmeizan: casa di preghiera cristiana (Maria A. De Giorgi)<br />

15 Formazione al dialogo<br />

Per una formazione al dialogo interreligioso (Michael L. Fitzgerald)<br />

19 Forum di discussione<br />

Ho due sogni (Giampiero Alberti)<br />

24 Buone pratiche di dialogo<br />

Camminare insieme (Ruggero Cavani)<br />

28 Spiritualità del dialogo<br />

Vita religiosa e missione (Michael L. Fitzgerald)<br />

33 Forum di discussione<br />

La fatica di mettersi in discussione (Giuliano Zatti)<br />

38 Conclusioni<br />

Il presupposto del dialogo (Lidia Maggi)<br />

41 Conclusioni<br />

La complessità del dialogo (Giacomo Canobbio)<br />

44 Forum delle redazioni<br />

Il dialogo interreligioso è irrinunciab<strong>il</strong>e (a cura di Mauro Castagnaro)<br />

Missione Oggi è stampata interamente<br />

su carta riciclata.<br />

C.C.P. 11820255<br />

intestato a Missione Oggi<br />

Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia<br />

Grafica: Enzo Chisacchi / Paolo Mabellini<br />

Realizzazione: D.G.M. / Brescia<br />

Stampa: Squassina / Brescia<br />

ISNN 0392-6389<br />

Editore: Centro Saveriano Animazione <strong>Missionari</strong>a -<br />

CSAM - Soc. Coop. a R.L., Via Piamarta 9, 25121 Brescia,<br />

n. 50127 in data 19-2-1993. Direttore Responsab<strong>il</strong>e:<br />

Marcello Storgato. Registrato al Tribunale di Parma<br />

n. 399 del 7-3-1967<br />

Foto di copertina: “La grande rete” - 1995 (acquerello di Carlo Tarantini). La calda cromia de “La grande rete”, di<br />

Carlo Tarantini, sintetizza <strong>il</strong> pensiero del Convegno 2009: f<strong>il</strong>i di dialogo che si intrecciano e che disegnano una trama<br />

spirituale intensa; in essa occhieggiano i pesci - persone in dialogo -, che assumono i colori svariati delle religioni;<br />

la rete possiede delle linee rette e curve - le religioni -, che rimandano alla totalità del mondo. La curva<br />

comprensiva, abbracciante utero di luce, allude alla Chiesa segno e strumento dell’unità di tutto <strong>il</strong> genere umano.<br />

Foto interne (senza crediti): Fiorenzo Raffaini.


Abbattere<br />

<strong>il</strong> muro<br />

di separazione<br />

editoriale<br />

Questo numero “speciale” di “Missione Oggi” raccoglie gli atti del Convegno annuale della rivista, dedicato<br />

in questa sessione al dialogo interreligioso. Nella pubblicazione abbiamo seguito pari pari lo schema<br />

della giornata (9 maggio 2009), con l’unica novità della sistemazione del Forum delle redazioni alla fine<br />

di tutto, pur essendo stato realizzato <strong>il</strong> pomeriggio precedente. Anche attraverso le pagine di questo numero<br />

auguriamo a tutti gli abbonati, amici e lettori della rivista una buona estate. Chissà che l’autorevolezza e la<br />

semplicità delle esperienze qui raccolte non collaborino ad abbattere dentro e fuori di noi i tanti muri di separazione<br />

costruiti dalla paura e dall’ignoranza del “diversamente religioso” anche nel nostro Paese.<br />

L’atteggiamento che i cristiani devono adottare verso le altre fedi è una questione antica, ma per molti secoli<br />

non fu praticamente considerata. Il Conc<strong>il</strong>io Vaticano II (1962-1965) ne ha parlato in maniera esplicita<br />

e positiva. L’incontro voluto e realizzato ad Assisi <strong>il</strong> 27 ottobre 1986 da Giovanni Paolo II aveva fac<strong>il</strong>itato i<br />

rapporti, non solo interreligiosi ma interculturali, tra i popoli. Il drammatico attentato alle Torri gemelle di<br />

New York, l’11 settembre 2001, da parte di alcune cellule dell’estremismo islamico, ha raffreddato e inquinato<br />

queste ancor timide relazioni, anche da un punto di vista sociale e politico. Oggi <strong>il</strong> tema ha acquisito una<br />

tale r<strong>il</strong>evanza che non può che rendere ardua la riflessione di chiunque si avventuri in questo campo.<br />

La rivista “Missione Oggi” ci prova, non a partire dalla teoria ma da due esperienze concrete: una “locale”,<br />

di base, italiana, nata per necessità contingenti, dai problemi di convivenza tra cristiani e musulmani nella ricca<br />

provincia di Modena, legata al Gruppo “Camminare insieme” di Fiorano/Sassuolo; l’altra più “globale”, nata<br />

dal carisma missionario dei <strong>Saveriani</strong>, in Giappone, ma con addentellati in varie parti del mondo, soprattutto<br />

in Cina, e legata al Centro di preghiera e dialogo interreligioso “Shinmeizan” di Tamana-gun/Kumamoto.<br />

Seppure in maniera diversa, “Shinmeizan” e “Camminare insieme” ci indicano gli itinerari essenziali per<br />

maturare “buone pratiche” di dialogo: non esiste vero dialogo interreligioso senza un’esigente formazione e<br />

un’adeguata spiritualità. Per questo ai due “racconti” fanno da pendant altrettante riflessioni di taglio teologico<br />

e spirituale, affidate alla sapienza e acribia di Mons. Michael L. Fitzgerald, rispettivamente<br />

sulla necessità della formazione al dialogo e sui presupposti spirituali del<br />

medesimo. È stato davvero un grande dono per i partecipanti al Convegno la presenza<br />

di un relatore come Mons. Fitzgerald, universalmente<br />

noto e apprezzato per la sua esperienza, prima come docente<br />

al PISAI (Pontificio Istituto Studi Arabi e Islamistica),<br />

poi come segretario e quindi presidente del PCDI<br />

(Pontificio Consiglio per <strong>il</strong> Dialogo Interreligioso).<br />

Se Gesù ha abbattuto <strong>il</strong> muro di separazione che era<br />

frammezzo, così che per-con-in lui “giudei” e “pagani”<br />

potessero presentarsi, gli uni e gli altri, al Padre in un solo<br />

Spirito (cfr. Ef 2), perché non continuare oggi quest’opera<br />

divina, camminando insieme, anche se a<br />

tentoni, verso l’unità del genere umano, a dispetto<br />

e a partire dalle nostre differenze ■<br />

Siham e Anna<br />

del gruppo<br />

“Camminare<br />

insieme”<br />

al Convegno.


uone pratiche di dialogo<br />

Maria A. De Giorgi è missionaria saveriana, laureata in psicopedagogia,<br />

teologa e studiosa del pensiero spirituale giapponese. È<br />

giunta in Giappone nel 1985. Dal 1987 al 1994 ha prestato <strong>il</strong> suo<br />

servizio presso <strong>il</strong> centro di spiritualità e dialogo interreligioso Shinmeizan.<br />

Dopo aver conseguito <strong>il</strong> dottorato in teologia all’Università<br />

Gregoriana di Roma, ha ripreso <strong>il</strong> suo servizio in Giappone sempre al<br />

Shinmeizan. Tra le sue numerose pubblicazioni, citiamo: Seimeizan.<br />

Frammento di un dialogo tra cristiani e buddhisti, EMI, Bologna<br />

1989; Va’ e di’ ai miei fratelli. Celestina Bottego, Fondatrice delle<br />

<strong>Missionari</strong>e di Maria, EMI, Bologna 1994; Salvati per grazia<br />

attraverso la fede. La salvezza per grazia nel Buddhismo della<br />

Terra Pura e nel Cristianesimo, EMI, Bologna 1999; La via del tè<br />

nella spiritualità giapponese, Morcelliana, Brescia 2007; Padre<br />

Giacomo M. Spagnolo, Fondatore delle <strong>Missionari</strong>e di Maria-<br />

Saveriane, EMI, Bologna 2009.<br />

Shinmeizan<br />

<strong>il</strong> tempio<br />

per dialogare<br />

Per quanto riguarda Shinmeizan come Centro<br />

di dialogo, primo spazio priv<strong>il</strong>egiato di contatti<br />

sono per noi <strong>il</strong> v<strong>il</strong>laggio di Heboura e la cittadina<br />

di Nagomi a cui apparteniamo territorialmente<br />

e in cui non c’è nessuna presenza cristiana.<br />

Solo a Tamana (50.000 abitanti), <strong>il</strong> centro<br />

del distretto, vi è una Chiesa cattolica e una Comunità<br />

luterana.<br />

Ciononostante, gli abitanti del luogo, tutti<br />

appartenenti al cosiddetto Buddhismo della Terra<br />

Pura, ci hanno accolto molto cordialmente.<br />

Con gli anni hanno cominciato a considerarci un<br />

po’ <strong>il</strong> “loro” tempio. Vengono spesso a fare<br />

omairi, la visita al tempio. A Capodanno salgono<br />

per fare hatsumode, la prima visita al tempio<br />

dell’anno nuovo; è divenuta ormai tradizione<br />

che ogni anno, a maggio, <strong>il</strong> gruppo degli anziani<br />

si riunisca a Shinmeizan per un’intera giornata.<br />

In occasione del Natale, su esplicita richiesta dei<br />

bambini del v<strong>il</strong>laggio, organizziamo una veglia<br />

natalizia alla quale partecipano attivamente. Diverse<br />

coppie non cristiane della zona hanno<br />

chiesto di celebrare <strong>il</strong> matrimonio a Shinmeizan<br />

perché desiderosi di vivere quel momento in un<br />

contesto religioso. Da parte nostra, siamo invitati<br />

a partecipare ai più importanti momenti di vi-<br />

4 Missione Oggi | agosto-settembre 2009


MO<br />

con movimenti religiosi più recenti. Nella zona<br />

è molto popolare la Scuola Jodo Shinshu o della<br />

Terra Pura, una corrente del Buddhismo Mahayana<br />

che pur avendo le sue radici in India si è<br />

sv<strong>il</strong>uppata soprattutto in Cina e in Giappone.<br />

Questa Scuola presenta la fede nel Buddha<br />

Amida come via alla liberazione. Nelle vicinanze<br />

si trovano anche templi del Buddhismo<br />

Tendai e del Buddhismo Zen con i quali intratteniamo<br />

da anni buoni<br />

Diverse coppie non<br />

cristiane della zona<br />

hanno chiesto di<br />

celebrare <strong>il</strong><br />

matrimonio a<br />

Shinmeizan perché<br />

desiderosi di vivere<br />

quel momento in un<br />

contesto religioso<br />

rapporti di amicizia e<br />

di collaborazione che<br />

ci permettono di conoscere<br />

più da vicino, e<br />

dall’interno, <strong>il</strong> Buddhismo<br />

giapponese<br />

nella sua grande varietà<br />

di Scuole e correnti.<br />

Vi sono poi rapporti di<br />

collaborazione con altre<br />

istituzioni religiose<br />

come la Risshokoseikai,<br />

un’importante e<br />

vivace organizzazione di laici buddhisti molto<br />

attivi sul fronte del dialogo e dell’impegno per<br />

la pace; dell’Omoto e del Tenrikyo, movimenti<br />

di matrice shintoista, altrettanto aperti all’incontro<br />

e alla collaborazione interreligiosa.<br />

Questa rete di contatti, di amicizia e di collaborazione,<br />

ha trovato una sua felice espressione<br />

nell’incontro biennale di preghiera per la pace<br />

che da oltre 14 anni celebriamo a Shinmeizan.<br />

La partecipazione è molto sentita e, negli<br />

anni, ha avuto una positiva ricaduta anche sulle<br />

rispettive comunità religiose.<br />

Sopra: P. S<strong>il</strong>vano Da Roit,<br />

saveriano,<br />

e Maria A. De Giorgi,<br />

saveriana, apprendono<br />

la “cerimonia del tè”.<br />

Sotto: P. Franco<br />

Sottocornola, saveriano,<br />

e <strong>il</strong> ven. Furukawa<br />

al “Shinmeizan”.<br />

PER SAPERNE DI PIU’<br />

buone pratiche di dialogo<br />

ta civ<strong>il</strong>e e religiosa della comunità locale: l’incontro<br />

annuale dei capifamiglia in cui si programma<br />

la vita del v<strong>il</strong>laggio, la presenza alla kagura<br />

di settembre, una danza religiosa che si tiene<br />

nel locale tempio shintoista in occasione del<br />

raccolto del riso, la partecipazione a funerali e<br />

anniversari presso <strong>il</strong> tempio buddhista.<br />

TEMPLI E ORGANIZZAZIONI RELIGIOSE<br />

A questi rapporti quotidiani, di buon vicinato,<br />

se ne affiancano altri, più specifici, con persone,<br />

templi e istituzioni buddhiste e shintoiste,<br />

CONTATTI CON L’ESTERO<br />

Un accenno a parte merita la complessità di<br />

rapporti con persone e gruppi che vengono da<br />

altri Paesi, sia asiatici che occidentali. In questi<br />

anni abbiamo avuto visitatori provenienti da<br />

ben 40 Paesi diversi. Un vero mosaico di persone<br />

che ci ha sorpreso, ma che ci ha anche reso<br />

più coscienti del bisogno di spiritualità, incontro<br />

e dialogo, che abita la nostra generazione.<br />

Le vie che conducono questi visitatori su questa<br />

sperduta collina giapponese sono le più diverse:<br />

giovani e non più giovani europei, americani,<br />

australiani e asiatici desiderosi di conoscere la<br />

tradizione religiosa giapponese; studenti universitari<br />

che trascorrono periodi di stage in<br />

Università o in centri di ricerca giapponesi; cristiani<br />

interessati al dialogo con <strong>il</strong> Buddhismo,<br />

Maria A. De Giorgi,<br />

Salvati per grazia<br />

attraverso la fede. La<br />

salvezza<br />

per grazia nel Buddhismo<br />

della Terra Pura<br />

e nel Cristianesimo,<br />

EMI, Bologna 1999<br />

presso:<br />

libreria@saveriani.bs.it<br />

Missione Oggi | agosto-settembre 2009 5


uone pratiche di dialogo<br />

Shinmeizan,<br />

un po’<br />

di storia<br />

MARIA A. DE GIORGI<br />

Il Centro di spiritualità e di<br />

dialogo interreligioso<br />

Shinmeizan è sorto in<br />

Giappone per iniziativa<br />

di P. Franco Sottocornola,<br />

saveriano, con la<br />

collaborazione del Ven. Tairyu<br />

Furukawa, capo del Tempio<br />

buddhista Seimeizan<br />

Schweitzer, dedicato alla<br />

memoria del premio Nobel<br />

per la pace, dott. Albert<br />

Schweitzer<br />

MO<br />

L’INCONTRO PROVVIDENZIALE E DECISIVO<br />

CON FURUKAWA<br />

incontro di P. Sottocornola con <strong>il</strong> Ven. Furukawa<br />

fu decisivo per la realizzazione di<br />

L’<br />

un progetto che veniva da lontano. Risale, infatti,<br />

agli anni 1964-65 la prima intuizione<br />

che P. Sottocornola ebbe circa l’opportunità,<br />

anzi, l’urgenza, che ogni Chiesa locale avesse<br />

Centri di spiritualità e Case di preghiera aperti<br />

a tutti, quali componenti essenziali dell’opera<br />

di evangelizzazione. In quegli anni,<br />

segnati dai fermenti conc<strong>il</strong>iari, P. Sottocornola,<br />

che allora insegnava teologia all’Istituto<br />

Teologico Saveriano di Parma e curava <strong>il</strong> processo<br />

di aggiornamento voluto dal Conc<strong>il</strong>io,<br />

soprattutto in campo liturgico, ebbe la possib<strong>il</strong>ità<br />

di visitare varie missioni nei diversi<br />

Continenti e di confermarsi in questa sua intuizione.<br />

Quando poi, nel 1978, fu inviato in<br />

Giappone come missionario, l’idea si arricchì<br />

di nuovi elementi. Proprio quell’anno, a Barrackpore<br />

(Calcutta), la Federazione delle Conferenze<br />

Episcopali Asiatiche (FABC) aveva tenuto<br />

la sua Seconda Assemblea Generale sul<br />

tema della preghiera e aveva messo in evidenza<br />

l’importanza che la preghiera e la contemplazione<br />

devono avere nell’evangelizzazione<br />

del Continente asiatico così sensib<strong>il</strong>e alla<br />

dimensione contemplativa.<br />

Per quanto riguarda <strong>il</strong> dialogo interreligioso,<br />

l’Assemblea di Barrackpore specifica: “Il dialogo<br />

con le altre tradizioni religiose asiatiche ha<br />

già avuto una speciale testimonianza nella<br />

Prima Assemblea Plenaria, sia nelle discussioni<br />

che nelle affermazioni finali. Riaffermiamo<br />

in maniera anche più esplicita quanto fu inculcato<br />

nei riguardi del dialogo interreligioso”.<br />

E precisa: “Incoraggiamo ulteriormente<br />

questo dialogo. Esso va affrontato con tutta<br />

serietà, accompagnato costantemente dal discernimento<br />

dello Spirito, promosso e salvaguardato<br />

da quegli atteggiamenti che ci conducono<br />

ad approfondirlo e a farlo crescere nel-<br />

Quando<br />

P. Sottocornola<br />

giunse al<br />

Tempio<br />

Schweitzer nel<br />

1987, già da<br />

alcuni anni <strong>il</strong><br />

Ven. Furukawa<br />

intratteneva<br />

rapporti con<br />

<strong>il</strong> mondo cinese<br />

persone alla ricerca di un’identità religiosa<br />

smarrita, pellegrini di pace, ecc. All’interno di<br />

questa vasta rete di rapporti, vorrei ricordare,<br />

per la sua esemplarità, <strong>il</strong> cammino che ci ha<br />

condotto in Cina. Quando P. Sottocornola giunse<br />

al Tempio Schweitzer nel 1987, già da alcuni<br />

anni <strong>il</strong> Ven. Furukawa intratteneva rapporti con<br />

<strong>il</strong> mondo cinese. Varie circostanze gli avevano<br />

permesso di verificare la reale entità dei massacri<br />

perpetrati dalle truppe giapponesi durante<br />

l’occupazione del Continente, <strong>il</strong> più tristo dei<br />

quali fu certamente <strong>il</strong> massacro di Nankino del<br />

1937, durante <strong>il</strong> quale in pochi giorni furono<br />

trucidate più di 300 m<strong>il</strong>a persone.<br />

Uomo di pace, <strong>il</strong> Ven. Furukawa raccolse<br />

documenti inediti e testimonianze di prima mano<br />

che fece tradurre in giapponese; fondò<br />

un’associazione per portare a conoscenza del-<br />

l’opinione pubblica questi fatti e promosse pellegrinaggi<br />

di pace e di riconc<strong>il</strong>iazione soprattutto<br />

a Nankino e a Pechino. Da parte cinese trovò<br />

una valida collaborazione nella Croce Rossa.<br />

Quando poi nacque Shinmeizan, <strong>il</strong> Ven. Furukawa<br />

chiese anche a noi di prendere parte a questi<br />

pellegrinaggi. Per vari anni, in un’atmosfera di<br />

autentica e sincera collaborazione, buddhisti e<br />

cristiani, giapponesi ed europei, ci recammo insieme<br />

in Cina pellegrini di pace e di riconc<strong>il</strong>iazione.<br />

Grazie alla mediazione della Croce Rossa<br />

Cinese ci fu concesso di celebrare in pubblico<br />

riti religiosi, sia buddhisti che cristiani, sui<br />

luoghi dei massacri.<br />

Durante <strong>il</strong> pellegrinaggio del 1989, nacque<br />

l’idea di avviare un Centro per bambini disab<strong>il</strong>i<br />

nei pressi di Pechino per esprimere una solidarietà<br />

fattiva con <strong>il</strong> popolo cinese. L’attuazione di<br />

6 Missione Oggi | agosto-settembre 2009


la pazienza e nell’amore. Questi sono: apertura<br />

e sensib<strong>il</strong>ità, onestà e um<strong>il</strong>tà di spirito, sincero<br />

disinteresse e amore fraterno che accoglie<br />

con rispetto i sentimenti degli altri e cerca di<br />

penetrare nel loro cuore” (D. COLOMBO, a cura,<br />

La preghiera: vita della Chiesa in Asia. Seconda<br />

Assemblea Plenaria, Dichiarazione, in Documenti<br />

della Chiesa in Asia. Federazione delle<br />

Conferenze Episcopali Asiatiche 1970-1995,<br />

EMI, Bologna, nn. 119-178, pp. 72-85; nn. 152.<br />

154, p. 80; n. 174, p. 84). L’Assemblea aveva dato<br />

anche orientamenti precisi auspicando: a) la<br />

creazione di comunità contemplative e di centri<br />

di spiritualità “confacenti” al contesto asiatico;<br />

b) la promozione del dialogo interreligioso<br />

come contesto di inculturazione della preghiera<br />

cristiana in Asia. Sentendosi confermato nel<br />

suo progetto da questi orientamenti, P. Sottocornola<br />

prese contatti con mons. Paolo Yasuda,<br />

allora arcivescovo di Osaka, la diocesi in<br />

cui operava come missionario. Mons. Yasuda<br />

non solo approvò <strong>il</strong> progetto, ma mise a disposizione<br />

anche <strong>il</strong> terreno per la costruzione del<br />

Centro. Tutto era ormai avviato quando l’incontro<br />

imprevisto e provvidenziale con <strong>il</strong> Ven.<br />

Furukawa cambiò <strong>il</strong> corso degli eventi. Era <strong>il</strong><br />

24 agosto 1985 ed ebbi la ventura di essere presente<br />

a quello storico incontro.<br />

Ero giunta in Giappone da alcuni mesi soltanto.<br />

In agosto, con altri missionari/e saveriani<br />

MO<br />

guidati da P. Sottocornola, che in quegli anni<br />

aveva <strong>il</strong> compito di introdurre i neo missionari<br />

nell’ambiente culturale e religioso giapponese,<br />

visitai le missioni del Kyushu, l’isola più<br />

meridionale dell’arcipelago. In quell’occasione,<br />

su invito e presentazione di un amico comune,<br />

P. Sottocornola si recò per la prima volta<br />

al Tempio Seimeizan Schweitzer per incontrare<br />

<strong>il</strong> Ven. Furukawa e la sua famiglia.<br />

L’incontro fu sorprendentemente decisivo per<br />

entrambi. Il Ven. Furukawa, monaco del Buddhismo<br />

Shingon, era noto in Giappone per la<br />

sua opera in difesa della vita e degli ultimi.<br />

Dagli anni Cinquanta, per quindici anni, aveva<br />

condotto una diffic<strong>il</strong>e campagna in tutto <strong>il</strong><br />

Paese per ottenere la revisione del processo di<br />

due carcerati condannati a morte, di cui aveva<br />

potuto verificare l’innocenza, e l’abolizione<br />

della pena di morte ancora vigente in<br />

Giappone. Il suo impegno per la vita, per la<br />

giustizia e per la pace lo avevano reso sensib<strong>il</strong>e<br />

anche al dialogo con le altre tradizioni religiose<br />

nelle quali riconosceva validi partner<br />

nella lotta contro l’ingiustizia, la guerra e<br />

ogni forma di violenza.<br />

Fu così che dopo tale incontro P. Sottocornola<br />

restituì <strong>il</strong> terreno all’Arcivescovo di Osaka e,<br />

ai primi di settembre del 1986, si trasferì in<br />

Kyushu dove visse per un anno con <strong>il</strong> Ven. Furukawa<br />

e la sua famiglia per conoscere, studiare,<br />

capire <strong>il</strong> Buddhismo dal suo interno. Nel<br />

frattempo diede <strong>il</strong> via alla costruzione del<br />

Centro che sorse sulle colline di Heboura, a<br />

buone pratiche di dialogo<br />

questo progetto richiese dieci anni e numerose<br />

difficoltà, ma alla fine, grazie alla collaborazione<br />

di vari organismi, nel 1998 a Fangshan, nei pressi<br />

di Pechino, venne inaugurato <strong>il</strong> Centro per<br />

bambini disab<strong>il</strong>i tuttora attivo e in espansione.<br />

L’IMPEGNO NELLA CHIESA LOCALE<br />

Vi è infine un altro aspetto dell’attività di<br />

Shinmeizan cui sento <strong>il</strong> dovere di accennare ed è<br />

<strong>il</strong> rapporto con la Chiesa locale. Territorialmente,<br />

Shinmeizan appartiene alla diocesi di Fukuoka<br />

che fin dall’inizio ci ha accolti con grande benevolenza<br />

nella persona dei suoi vescovi, mons.<br />

Pietro Hirata prima, mons. Giuseppe Matsunaga<br />

e mons. Domenico Miyahara poi.<br />

Nel 1991, presso la parrocchia di Tettori,<br />

una delle più importanti della città di Kumamoto,<br />

P. Sottocornola e <strong>il</strong> Ven. Furukawa guidarono<br />

un seminario di studio sul dialogo interreligioso<br />

da cui prese poi <strong>il</strong> via un gruppo di laici<br />

cristiani interessati al dialogo e desiderosi di<br />

impegnarsi in questo campo così nevralgico per<br />

la vita di tante famiglie giapponesi.<br />

Per due anni, in incontri bimestrali, studiammo<br />

<strong>il</strong> documento Dialogo e Annuncio del Pontificio<br />

Consiglio per <strong>il</strong> dialogo che era uscito da<br />

pochi mesi. Poi cominciammo a prendere contatti<br />

con rappresentanti di altre religioni visitando<br />

templi o sedi di movimenti religiosi allargando<br />

progressivamente la sfera di conoscenze e di<br />

collaboratori. Questo gruppo, interparrocchiale,<br />

ha avuto e ha una funzione importante nella sensib<strong>il</strong>izzazione<br />

e nella formazione di base.<br />

Un’altra iniziativa di r<strong>il</strong>ievo nazionale avviata<br />

da Shinmeizan è stata la fondazione nel<br />

Shinmeizan: preghiera<br />

delle Lodi all’alba.<br />

Missione Oggi | agosto-settembre 2009 7


uone pratiche di dialogo<br />

circa quindici ch<strong>il</strong>ometri dalla città di Tamana<br />

(provincia di Kumamoto), dove si trova <strong>il</strong><br />

Tempio del Ven. Furukawa. Il Centro prese allora<br />

<strong>il</strong> nome di Seimeizan Katorikku Betsu In,<br />

ossia Ramo Cattolico del tempio Seimeizan.<br />

Con altre due sorelle saveriane mi trasferii a<br />

Seimeizan <strong>il</strong> 13 agosto 1987. I lavori di costruzione<br />

non erano ancora terminati ma <strong>il</strong> 15 agosto,<br />

giorno anniversario dello sbarco di S. Francesco<br />

Saverio in Giappone, potemmo celebrare<br />

la prima S. Messa. L’ 8 dicembre successivo, l’allora<br />

vescovo di Fukuoka, mons. Pietro Hirata,<br />

inaugurò ufficialmente <strong>il</strong> Centro alla presenza<br />

di numerosi fedeli cattolici e buddhisti.<br />

LE PRIME ATTIVITÀ<br />

L’anno che P. Sottocornola trascorse presso <strong>il</strong><br />

Tempio Seimeizan Schweitzer fu, per sua<br />

esplicita dichiarazione, un secondo noviziato<br />

che lo introdusse progressivamente nel mondo<br />

buddhista. Tra le varie iniziative dei primissimi<br />

anni vorrei ricordare in modo particolare<br />

due seminari di studio su Buddhismo e<br />

Cristianesimo che P. Sottocornola organizzò,<br />

rispettivamente a Kyoto e a Miyazaki, nel<br />

maggio 1987 quando ancora viveva al Tempio<br />

Seimeizan, i cui protagonisti principali furono<br />

Mons. Piero Rossano e <strong>il</strong> Ven. Furukawa.<br />

Mons. Rossano, che aveva accompagnato <strong>il</strong><br />

cammino di Seimeizan con la sua guida e la<br />

sua fraterna amicizia fin dall’inizio, aveva<br />

accettato volentieri di guidare questi seminari<br />

che risultarono determinanti, sia per mettere<br />

a fuoco punti chiave del dialogo cristiano-buddhista,<br />

sia per presentare e far conoscere<br />

la vera natura del rapporto tra <strong>il</strong> Tempio<br />

Seimeizan Schweitzer e <strong>il</strong> suo ramo cattolico<br />

che fin dall’inizio intesero priv<strong>il</strong>egiare <strong>il</strong><br />

dialogo della vita e dell’esperienza religiosa.<br />

Quando nel 1989 accompagnammo per la prima<br />

volta in Italia <strong>il</strong> Ven. Furukawa per una serie<br />

di conferenze e di incontri, fu ancora Mons. Rossano<br />

che ci accolse all’Università Lateranense<br />

dandoci la possib<strong>il</strong>ità di presentare <strong>il</strong> nostro<br />

cammino di dialogo. In quell’occasione furono<br />

pubblicati anche due volumetti: una breve storia<br />

delle origini del Seimeizan (M. DE GIORGI – C.<br />

MOLARI, Seimeizan. Frammento di un dialogo tra<br />

cristiani e buddhisti, EMI, Bologna, 1989) che mi<br />

era stato chiesto di stendere, e la prima traduzione<br />

italiana, curata da P. Sottocornola e dalla<br />

sottoscritta, del Tannisho (F. SOTTOCORNOLA, a cura,<br />

Tannisho. Incontro con <strong>il</strong> buddhismo della<br />

Terra Pura, EMI, Bologna, 1989), uno degli scritti<br />

più importanti del Buddhismo della Terra Pura,<br />

importante Scuola del Buddhismo giapponese,<br />

con <strong>il</strong> commento del Ven. Furukawa.<br />

Mons. Rossano fu anche <strong>il</strong> tramite che ci mise<br />

in contatto con alcuni membri della Comunità<br />

di S. Egidio. Fu così che dal 1989 in poi cominciammo<br />

a partecipare regolarmente agli<br />

incontri interreligiosi di preghiera per la pace<br />

organizzati da S. Egidio in ideale continuità<br />

con lo storico incontro di Assisi del 1986 voluto<br />

da Giovanni Paolo II. Questi incontri ebbero<br />

un profondo impatto sul Ven. Furukawa e sul<br />

nostro cammino di dialogo. Attraverso di essi,<br />

infatti, <strong>il</strong> Ven. Furukawa scoprì più da vicino<br />

<strong>il</strong> volto della Chiesa cattolica, prese coscienza<br />

della sua universalità e acquistò fam<strong>il</strong>iarità<br />

con i suoi insegnamenti. Tutto ciò favorì una<br />

migliore comprensione reciproca e una più<br />

stretta collaborazione. In quei primi anni numerosi<br />

furono gli incontri, le conferenze, i ritiri<br />

mens<strong>il</strong>i, le tre giorni di studio durante i<br />

quali <strong>il</strong> Ven. Furukawa presentava <strong>il</strong> pensiero<br />

buddhista dando a P. Sottocornola, a me a ad<br />

altri la possib<strong>il</strong>ità di presentare l’insegnamento<br />

cristiano sullo stesso tema. E questo<br />

nella massima trasparenza, in piena fedeltà<br />

alla propria identità cristiana e buddhista.<br />

Nei primi mesi del 2000 <strong>il</strong> Ven. Furukawa si<br />

ammalò gravemente e morì nell’agosto dello<br />

stesso anno proprio quando si stava maturando<br />

un passo importante. Negli ormai tredici<br />

anni di cammino e di attività <strong>il</strong> Centro<br />

Seimeizan aveva raggiunto una sua maturità<br />

che non poteva più essere contenuta nell’identità<br />

di “ramo cattolico” del Tempio Seimeizan<br />

Schweitzer, soprattutto nel contatto<br />

con altre realtà religiose. L’improvvisa malattia<br />

e la morte del Ven. Furukawa rallentarono<br />

<strong>il</strong> processo che, in pieno accordo con la famiglia<br />

Furukawa, trovò la sua realizzazione nel<br />

2003 quando <strong>il</strong> Centro Seimeizan venne assunto<br />

come opera propria dai <strong>Missionari</strong> <strong>Saveriani</strong><br />

con <strong>il</strong> nome di Centro di spiritualità e<br />

dialogo interreligioso Shinmeizan.<br />

Shinmeizan<br />

appartiene alla<br />

diocesi di<br />

Fukuoka che fin<br />

dall’inizio ci ha<br />

accolti con<br />

grande<br />

benevolenza<br />

nella persona<br />

dei suoi vescovi,<br />

mons. Pietro<br />

Hirata prima,<br />

mons. Giuseppe<br />

Matsunaga e<br />

mons. Domenico<br />

Miyahara poi<br />

2003 del gruppo Kakehashi (Il Ponte) che riunisce<br />

i Superiori provinciali e/o i loro delegati di<br />

12 Congregazioni e Ordini religiosi impegnati a<br />

promuovere <strong>il</strong> dialogo interreligioso in Giappone<br />

in sintonia con le direttive della Chiesa.<br />

Un altro importante servizio alla Chiesa locale<br />

è quello della Commissione per <strong>il</strong> Dialogo<br />

interreligioso della Conferenza Episcopale<br />

giapponese tra i cui membri, accanto a P. Sottocornola,<br />

vi sono P. Pietro Yoshiaki Sonoda,<br />

francescano conventuale, collaboratore di Shinmeizan<br />

e la sottoscritta. P. Sottocornola e P. Sonoda<br />

sono anche consultori del Pontificio Consiglio<br />

per <strong>il</strong> Dialogo Interreligioso. Accanto a<br />

questi compiti più istituzionali, vi è poi un’animazione<br />

al dialogo fatta attraverso conferenze e<br />

seminari, articoli su riviste giapponesi e straniere,<br />

studi scientifici e traduzioni, organizzazione<br />

di convegni. Di questi ultimi, i più impegnativi<br />

sono stati i quattro convegni di teologi cattolici<br />

sul tema “Il dialogo interreligioso e la teologia<br />

delle religioni ad esso sottesa”, che abbiamo organizzato<br />

in Giappone nel 2003, in Indonesia<br />

nel 2004, in India nel 2005, nelle F<strong>il</strong>ippine nel<br />

2007, e che hanno visto la partecipazione di noti<br />

teologi capiscuola come Paul Knitter e Gavin<br />

D’Costa, per rispondere a problemi molto concreti.<br />

Non si può, infatti, negare che nella teologia<br />

cattolica delle religioni vi siano tendenze<br />

teologiche contrastanti che hanno un’inevitab<strong>il</strong>e<br />

ricaduta sulla missione e sul dialogo stesso.<br />

Per questo abbiamo sentito <strong>il</strong> bisogno di incontrarci<br />

e far incontrare teologi cattolici di diverse<br />

tendenze per un confronto franco ma amichevole<br />

su temi e problemi che toccano da vicino<br />

la Chiesa e la missione. MARIA A. DE GIORGI<br />

8 Missione Oggi | agosto-settembre 2009


MO<br />

buone pratiche di dialogo<br />

“Shinmeizan” ha una duplice identità,<br />

ossia quella di Centro di spiritualità e<br />

quella di Centro di dialogo<br />

interreligioso. L’una, infatti, è<br />

condizione dell’altra. Oserei dire che<br />

Shinmeizan è spazio di incontro e di<br />

dialogo in tanto in quanto è Casa di<br />

preghiera e Centro di spiritualità. È,<br />

infatti, dall’essere “Casa di preghiera<br />

cristiana” che esso attinge la sua<br />

identità e la sua peculiarità come luogo<br />

di incontro e di dialogo interculturale e<br />

interreligioso. Per questo, in quanto<br />

Centro di spiritualità, ha scelto di<br />

veicolare <strong>il</strong> proprio messaggio<br />

ponendosi in sintonia con quei valori<br />

classici della cultura giapponese che<br />

sembrano fornire spazi priv<strong>il</strong>egiati di<br />

incontro e di arricchimento reciproco.<br />

Tra questi, tre elementi sono risultati<br />

decisivi: la natura come luogo di<br />

preghiera, <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio, la spiritualità<br />

estetica della «via de tè».<br />

Shinmeizan<br />

casa di preghiera<br />

cristiana<br />

MARIA A. DE GIORGI<br />

LA NATURA COME LUOGO DI PREGHIERA<br />

Nella sensib<strong>il</strong>ità e nella cultura giapponese, la<br />

natura ha sempre avuto un importante ruolo<br />

religioso. In ogni sua manifestazione, <strong>il</strong> giapponese<br />

di ogni tempo ha saputo cogliere un senso<br />

religioso che ha alimentato in lui la percezione<br />

della sacralità e dell’origine divina di tutto ciò<br />

che esiste. Lo Shintoismo, la religione autoctona,<br />

conosce un mito della creazione che riconduce<br />

tutto ciò che esiste all’iniziativa di una coppia<br />

divina. Nella sua bellezza ed esuberanza, ma anche<br />

nelle sue manifestazioni più violente (frequenti<br />

terremoti, eruzioni vulcaniche, tifoni annuali),<br />

<strong>il</strong> cosmo appare al giapponese come un<br />

locus religiosus abitato dalla presenza del numinoso,<br />

del divino, del mistero. Per questo, templi<br />

e santuari (Jinja, Omiya) sorgono in luoghi particolarmente<br />

belli, nei pressi del mare, nella profondità<br />

dei boschi o sui monti. L’accesso ai templi,<br />

inoltre, è sempre mediato dal sando, che può<br />

essere un piccolo sentiero o un grande viale che<br />

si snoda nel bosco. Per <strong>il</strong> giapponese, infatti, è<br />

importante accedere alla “dimora della divinità”<br />

Shinmeizan:<br />

incontro interreligioso<br />

di preghiera per la pace<br />

con rappresentanti<br />

di varie religioni.<br />

Missione Oggi | agosto-settembre 2009 9


uone pratiche di dialogo<br />

Ascesi e kenosi<br />

del dialogo<br />

Da un punto di vista personale, questi<br />

anni e questo cammino hanno rappresentato<br />

per me un grande arricchimento e<br />

un’autentica sfida, sia umanamente che<br />

culturalmente e religiosamente. Il contatto<br />

con <strong>il</strong> mondo giapponese, e buddhista in<br />

particolare, non mi ha lasciato come mi ha<br />

trovato. Numerose sono state le sollecitazioni<br />

a ripensare e rivisitare la mia fede da<br />

prospettive diverse e inedite. Ciò che per<br />

tanto tempo avevo dato per scontato, chiedeva<br />

di essere interpretato in modo nuovo.<br />

Ho preso più viva coscienza della relatività<br />

di ogni esperienza umana e, nello stesso<br />

tempo, della sua unicità. Cercare di comprendere<br />

<strong>il</strong> Buddhismo dall’interno, senza<br />

cedere a giudizi e interpretazioni già fatte,<br />

ha richiesto una rigorosa e diffic<strong>il</strong>e ascesi.<br />

Ricordo la fatica mentale degli anni in cui<br />

alla Gregoriana preparavo la mia tesi di<br />

dottorato sul Buddhismo della Terra Pura e<br />

<strong>il</strong> Cristianesimo. Una fatica dovuta non solo<br />

alla difficoltà della lingua e alla frequentazione<br />

di testi giapponesi antichi, ma soprattutto<br />

al fatto di sentirmi in un mondo<br />

concettualmente estraneo, diverso, “straniero”.<br />

Dover misurare l’inadeguatezza del<br />

linguaggio, della parola, del concetto mi ha<br />

costretto ad una rigorosità di espressione<br />

senza sconti e mi ha abituato a rifuggire<br />

quasi istintivamente dai luoghi comuni,<br />

acuendo la pena di non riuscire a mediare<br />

adeguatamente quei due mondi di cui mi<br />

pareva di poter pur cogliere importanti<br />

convergenze e divergenze. È ciò che mi piace<br />

chiamare l’ascesi e la kenosi del dialogo,<br />

ossia quel processo di progressivo spogliamento<br />

cui va incontro chiunque accetti di<br />

uscire da sé per incontrare in tutta onestà<br />

l’altro diverso da sé. So che questo processo<br />

è in me ancora all’inizio. Non presumo di<br />

aver compreso <strong>il</strong> Buddhismo nella sua<br />

estrema complessità, ma alcune sue intuizioni<br />

fondamentali come <strong>il</strong> principio della<br />

I due movimenti sono<br />

intimamente correlati: più<br />

approfondisco <strong>il</strong> Buddhismo,<br />

più mi sembra di<br />

comprendere meglio alcuni<br />

aspetti della teologia<br />

cristiana e viceversa<br />

MO MO<br />

generazione dipendente, l’idea di “vacuità”,<br />

la logica del soku, o coincidenza degli<br />

opposti, hanno arricchito la mia visione<br />

del reale. Nello stesso tempo, questo cammino<br />

ha stimolato in me una presa di coscienza<br />

riflessa del Cristianesimo e della<br />

sua irriducib<strong>il</strong>e novità. I due movimenti<br />

sono intimamente correlati: più approfondisco<br />

<strong>il</strong> Buddhismo, più mi sembra di comprendere<br />

meglio alcuni aspetti della teologia<br />

cristiana e viceversa. Di fronte ad intuizioni<br />

e dottrine come l’idea mahayana<br />

della compassione/misericordia che tutto<br />

permea; la figura del bodhisattva come<br />

esempio di un altruismo che giunge addirittura<br />

alla sostituzione vicaria; <strong>il</strong> concetto<br />

di “voto” come espressione della ferma e irreversib<strong>il</strong>e<br />

volontà di salvezza del Buddha<br />

eterno rivolta a tutti gli esseri senzienti;<br />

l’enfasi che <strong>il</strong> Buddhismo della Terra Pura<br />

pone su una salvezza “data” che abbraccia<br />

tutti, soprattutto gli ultimi e i peccatori;<br />

l’importanza attribuita alla fede-fiducia<br />

nel Buddha Amida come condizione indispensab<strong>il</strong>e<br />

per la salvezza, non si può fare<br />

a meno di porsi in um<strong>il</strong>e e doveroso ascolto<br />

dello Spirito per discernere e assecondare la<br />

sua opera. Da un punto di vista cristiano<br />

questo discernimento, um<strong>il</strong>e e attento, è di<br />

fondamentale importanza per <strong>il</strong> dialogo.<br />

Del resto, ho potuto cogliere un analogo<br />

processo interiore in buddhisti che sono venuti<br />

in contatto con <strong>il</strong> Cristianesimo e che<br />

si sono sentiti sollecitati a ripensare la propria<br />

fede, a discernere e a confrontarsi.<br />

Personalmente, non ho mai sentito contraddizione<br />

tra <strong>il</strong> mio impegno missionario<br />

e <strong>il</strong> mio impegno di dialogo. Anzi, l’uno è<br />

condizione indispensab<strong>il</strong>e per l’altro. È nella<br />

mia identità cristiana più profonda che ho<br />

trovato e trovo le ragioni per dialogare con<br />

l’altro diverso da me. Sono le esigenze della<br />

sequela Christi che mi spingono ad oltrepassare<br />

i confini culturali e religiosi per<br />

mettermi in ascolto, per accogliere l’altro –<br />

chiunque esso sia – ma anche per offrire <strong>il</strong><br />

bene più grande che ho ricevuto: Gesù Cristo<br />

e <strong>il</strong> suo Vangelo. Nell’esperienza di questi<br />

anni, posso dire che, mai, <strong>il</strong> mio essere<br />

cristiana e missionaria mi è stato di ostacolo<br />

all’incontro e al dialogo con l’altro. Direi<br />

piuttosto che ne è stata la premessa e la<br />

condizione. MARIA A. DE GIORGI<br />

Shinmeizan: due momenti<br />

di preghiera.<br />

10 Missione Oggi | agosto-settembre 2009


gradualmente, dopo essersi purificati attraverso<br />

<strong>il</strong> contatto vivo con la natura. È in sintonia con<br />

questa diffusa sensib<strong>il</strong>ità che Shinmeizan è sorto<br />

in un ambiente naturale che – per la psicologia<br />

giapponese – risulta particolarmente “confacente”<br />

ad un luogo religioso. Sorge in cima ad una<br />

collina di 300 metri da cui si gode una bellissima<br />

vista sul mare Ariake e da cui è possib<strong>il</strong>e<br />

IL SILENZIO<br />

Il secondo elemento che caratterizza la spiritualità<br />

di Shinmeizan è <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio nelle sue dimensioni<br />

di ascolto, di ascesi e di kenosi. In un<br />

mondo che sempre più soffre di un diffuso inquinamento<br />

acustico che inaridisce le radici stesse<br />

dello spirito, <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio può operare una vera pu-<br />

MO<br />

buone pratiche di dialogo<br />

Lo Zen, sia nella tradizione<br />

Rinzai che in quella Soto,<br />

valorizza <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio non<br />

tanto e non solo come<br />

mancanza di parole, ma<br />

come superamento delle<br />

stesse e dei concetti che<br />

esse veicolano; come<br />

epochè del pensiero logico<br />

discriminante<br />

contemplare <strong>il</strong> sorgere e <strong>il</strong> tramontare del sole.<br />

Nel rispetto di questa sensib<strong>il</strong>ità giapponese e in<br />

continuità con la tradizione biblica di Gen 1-2<br />

che presenta <strong>il</strong> cosmo come “giardino”, spazio<br />

di incontro tra Dio e l’uomo, celebriamo la preghiera<br />

di Lodi e del Vespro all’aperto al sorgere<br />

e al tramontare del sole. Il contatto con la natura<br />

è diventato così un primo e priv<strong>il</strong>egiato luogo di<br />

incontro, comunione e dialogo.<br />

rificazione della mente e del cuore. Il Giappone<br />

ha nella sua cultura un’antica tradizione, ereditata<br />

soprattutto dal Buddhismo Zen, che riconosce<br />

al s<strong>il</strong>enzio un’importante valenza religiosa. Lo<br />

Zen, sia nella tradizione Rinzai che in quella Soto,<br />

valorizza <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio non tanto e non solo come<br />

mancanza di parole, ma come superamento<br />

delle stesse e dei concetti che esse veicolano; come<br />

epochè del pensiero logico discriminante.<br />

Per lo Zen, infatti, <strong>il</strong> pensiero logico discriminante<br />

limiterebbe la percezione della realtà dividendola<br />

in categorie soggettive, e contrapponendo<br />

<strong>il</strong> soggetto all’oggetto. Il suo superamento, invece,<br />

e <strong>il</strong> “s<strong>il</strong>enzio” della facoltà intellettiva sarebbero<br />

la via a quella vera conoscenza (satori,<br />

<strong>il</strong>luminazione) che, trascendendo <strong>il</strong> mondo fenomenico,<br />

conduce alla percezione mistico-intuitiva<br />

della profonda unità del reale.<br />

Pratica fondamentale dello Zen è la meditazione<br />

s<strong>il</strong>enziosa detta zazen. Essa consiste nello<br />

stare seduti in s<strong>il</strong>enzio nella posizione del loto<br />

che, mantenuta a lungo, aiuta la concentrazione<br />

e <strong>il</strong> processo di svuotamento e annich<strong>il</strong>imento<br />

Shinmeizan: celebrazione<br />

dell’eucarestia.<br />

PER SAPERNE DI PIU’<br />

Maria A. De Giorgi,<br />

La via del tè nella<br />

spiritualità giapponese,<br />

Morcelliana, Brescia 2007<br />

presso:<br />

libreria@saveriani.bs.it<br />

Missione Oggi | agosto-settembre 2009 11


uone pratiche di dialogo<br />

MO<br />

P. Hugo Enomiya-Lassalle (1898-1990), missionario<br />

gesuita, che nel 1968 diede vita, nei<br />

pressi di Tokyo, al Shinmeikutsu (Grotta dell’oscurità<br />

divina), primo Centro cristiano di<br />

meditazione zen. P. Lassalle intuì che l’esperienza<br />

della “grande morte” – ossia del distacco<br />

radicale dall’io – a cui condurrebbe la pratica<br />

dello zazen, può essere <strong>il</strong> punto fecondo d’incontro<br />

con la “via” di Cristo, l’uomo-Dio, che<br />

per amore svuota se stesso fino alla morte e alla<br />

morte di croce (cfr. F<strong>il</strong> 2,6-11).<br />

Con questo intento, a Shinmeizan, ogni mattina<br />

prima della preghiera di Lodi e prima della<br />

celebrazione eucaristica pratichiamo lo za-zen.<br />

Questa consuetudine ci ha permesso di condividere<br />

con gli ospiti buddhisti che visitano <strong>il</strong> Centro<br />

un importante momento della loro esperienza<br />

spirituale, e ci ha aiutato a scoprire nuove dimensioni<br />

di questa meditazione s<strong>il</strong>enziosa, come<br />

le possib<strong>il</strong>i accordanze con la pratica dell’adorazione<br />

eucaristica.<br />

La scelta del s<strong>il</strong>enzio come atteggiamento<br />

abituale di ascolto, di disponib<strong>il</strong>ità alla Parola<br />

di Dio, di servizio e di dialogo verso tutti coloro<br />

che chiedono di condividere la nostra vita<br />

non si limita, però, a questa pratica. Attraversa<br />

tutta la giornata concretizzandosi in momenti<br />

forti come <strong>il</strong> “grande s<strong>il</strong>enzio”, che inizia subito<br />

dopo la preghiera di compieta e continua fino<br />

al mattino successivo durante la colazione e <strong>il</strong><br />

samu, <strong>il</strong> lavoro comunitario di manutenzione<br />

degli ambienti e del giardino.<br />

La scelta del s<strong>il</strong>enzio come atteggiamento abituale<br />

di ascolto, di disponib<strong>il</strong>ità alla Parola di Dio,<br />

di servizio e di dialogo verso tutti coloro<br />

che chiedono di condividere la nostra vita non<br />

si limita, però, a questa pratica<br />

La “cerimonia del tè”.<br />

Nella pagina accanto:<br />

<strong>il</strong> Ven. Furukawa<br />

con p. Franco Sottocornola<br />

in uno dei tanti<br />

pellegrinaggi di pace<br />

e riconc<strong>il</strong>iazione in Cina.<br />

dell’io <strong>il</strong>lusorio fino all’emergere, dalla profondità<br />

dell’essere, del vero io. É ciò che i Maestri<br />

Zen chiamano taishi, la “grande morte”.<br />

Ai cristiani che praticano lo zazen, quest’esperienza<br />

richiama quella descritta da Paolo<br />

nella lettera ai Galati: “Non sono più io che<br />

vivo, ma Cristo vive in me” (2,20). In Giappone<br />

un pioniere di questo cammino spirituale fu<br />

SPIRITUALITÀ ESTETICA DELLA<br />

«VIA DEL TÈ»<br />

Se è vero che la dimensione estetica è intimamente<br />

congiunta con quella religiosa, nella<br />

cultura giapponese, la cui raffinatezza estetica<br />

ha raggiunto una singolare perfezione, questo<br />

dato è particolarmente evidente. Per <strong>il</strong> giapponese<br />

è bello ciò che è semplice, naturale, vero.<br />

Non a caso, <strong>il</strong> termine subarashii, che significa<br />

“meraviglioso, magnifico, splendido”, viene<br />

scritto con due ideogrammi che significano rispettivamente:<br />

“naturale, semplice, sobrio” e<br />

“chiaro, luminoso, senza ombre”. Di questa<br />

estetica, che ha nel principio del wabi sabi (sobria<br />

raffinatezza, bellezza antica) <strong>il</strong> suo fondamento,<br />

la “cerimonia del tè” rappresenta un<br />

vertice insuperato. Di per sé, è improprio parlare<br />

di “cerimonia del tè”. L’espressione esatta è<br />

“via del tè” in cui “via” mantiene <strong>il</strong> suo pre-<br />

12 Missione Oggi | agosto-settembre 2009


La visione<br />

teologica<br />

Vorrei ora fare un breve accenno alla visione teologica che ha<br />

sotteso e sottende le scelte di Shinmeizan. Personalmente rifuggo<br />

istintivamente da definizioni di scuola che rischiano, a volte,<br />

di essere riduttive di realtà complesse e articolate. Dirò semplicemente<br />

che i punti di riferimento costanti – senza peraltro passare<br />

sotto s<strong>il</strong>enzio i numerosi stimoli ricevuti dalla teologia delle<br />

religioni di questi ultimi decenni – sono stati gli insegnamenti del<br />

Conc<strong>il</strong>io Vaticano II; le grandi intuizioni di Paolo VI sul “dialogo<br />

della salvezza” espresse nell’Ecclesiam suam, <strong>il</strong> magistero di Giovanni<br />

Paolo II e i suoi gesti altamente simbolici come l’incontro interreligioso<br />

di Assisi del 1986.<br />

Per quanto riguarda gli insegnamenti del Vaticano II, vorrei sottolineare<br />

soprattutto due aspetti a cui non sembra venir sempre data<br />

la dovuta importanza: la preminenza dell’approccio a posteriori,<br />

molto concreto, al fenomeno religioso umano nella sua pluralità<br />

e specificità e la menzione dei “limiti, errori e parte di tenebra<br />

presenti nelle tradizioni religiose dell’umanità”.<br />

Per quanto riguarda <strong>il</strong> primo punto, mi sembra importante ricordare<br />

che <strong>il</strong> Conc<strong>il</strong>io non parla di religioni in modo generico e aprioristico,<br />

ma si rivolge ad esse chiamandole per nome: Giudaismo,<br />

Islam, Induismo, Buddhismo e sollecitando un rapporto individualizzato<br />

con ciascuna di esse. Ora, mi sembra che una teologia delle<br />

religioni che voglia tener conto di quest’orientamento dovrebbe<br />

partire più esplicitamente dalla singolarità di ogni tradizione religiosa,<br />

come già auspicava Mons. Rossano nel 1975 (cfr. P. ROSSANO, Il<br />

problema teologico delle Religioni, Paoline, Catania 1975, p. 5). Del<br />

resto <strong>il</strong> cammino di questi ultimi decenni ha rivelato come, ai fini<br />

di un vero dialogo, siano più importanti le divergenze che le convergenze.<br />

Far partire la riflessione teologica da un concetto generale<br />

di “religione” che tende ad omologare fenomeni analoghi ma non<br />

uguali, lungi dal favorire <strong>il</strong> dialogo rischia di ridurlo a ideologia. In<br />

Giappone ho potuto constatare quanto sia importante questo “approccio<br />

a posteriori”, non solo in rapporto alle evidenti differenze<br />

tra Shintoismo e Buddhismo, ma addirittura in rapporto alle profonde<br />

diversità che esistono tra le Scuole buddhiste.<br />

Per quanto riguarda <strong>il</strong> secondo punto, ossia <strong>il</strong> richiamo che <strong>il</strong> Conc<strong>il</strong>io<br />

fa ai possib<strong>il</strong>i limiti, errori e parte di tenebra che sono presenti<br />

nelle varie tradizioni, esso non solo trova conferma nel contatto<br />

reale, concreto, storico con queste realtà, ma provoca la riflessione<br />

teologica ad un processo di discernimento e di confronto che ha<br />

ancora molta strada da fare.<br />

Quanto alle intuizioni di Paolo VI sulla natura e le caratteristiche del<br />

“dialogo della salvezza”, vorrei richiamare soprattutto l’affermazione<br />

secondo cui “l’origine trascendente” di tale dialogo si trova “nell’intenzione<br />

stessa di Dio” e quella secondo cui <strong>il</strong> “dialogo della salvezza”<br />

obbedisce a “esigenze sperimentali, deve scegliere i mezzi<br />

propizi, non deve legarsi a vani apriorismi, non deve fissarsi in<br />

espressioni immob<strong>il</strong>i” (ES 88). Con tali affermazioni, Paolo VI non solo<br />

pone <strong>il</strong> dialogo al riparo da ogni riduzione puramente antropologica<br />

ma gli fissa dei criteri e delle condizioni davvero qualificanti.<br />

Oserei dire che proprio queste indicazioni ci hanno aiutato a concepire<br />

<strong>il</strong> dialogo come “diaconia alla verità”, per usare la bella<br />

espressione di Fides et ratio; di un servizio sincero e disinteressato<br />

a quella Verità che è pur sempre <strong>il</strong> cuore di ogni autentica ricerca<br />

religiosa. E servire la Verità implica la disponib<strong>il</strong>ità a riconoscere <strong>il</strong><br />

bene là dove esso è presente; la capacità di godere dell’opera dello<br />

Spirito ovunque si manifesti; l’um<strong>il</strong>tà di riconoscersi parte di un<br />

disegno che ci supera e ci trascende e che, a volte ci confonde, ma<br />

anche la capacità di discernere e di prendere le distanze da tutto<br />

ciò che è “ombra” o “tenebra”.<br />

È ancora questa “diaconia” che rende <strong>il</strong> dialogo molto concreto e<br />

molto personalizzato; che lo sottrae all’apriorismo e ad ogni tentazione<br />

ideologica, che permette di stab<strong>il</strong>ire rapporti di stima, amicizia,<br />

collaborazione, sulla base di un’identità religiosa esplicita e dichiarata,<br />

che rifugge da ogni tipo di dissimulazione o reticenza.<br />

Particolarmente preziosi per noi sono stati anche l’enciclica Redemptoris<br />

missio di Giovanni Paolo II e <strong>il</strong> documento Dialogo e Annuncio<br />

del Pontificio Consiglio per <strong>il</strong> dialogo interreligioso che pongono in<br />

esplicito e dinamico rapporto <strong>il</strong> dialogo e l’annuncio riconoscendoli<br />

come parte essenziale dell’unica missione della Chiesa. Come Dialogo<br />

e Annuncio attesta (n. 41) e come anche la nostra esperienza ci ha<br />

insegnato, l’ascolto e <strong>il</strong> reciproco arricchimento non escludono<br />

l’esplicita testimonianza della propria fede né la possib<strong>il</strong>ità di una<br />

rinnovata conversione alla verità conosciuta. Per un cristiano, ciò<br />

implica la possib<strong>il</strong>ità concreta di parlare di Cristo e annunziare <strong>il</strong> suo<br />

Vangelo all’altro come atto supremo di dialogo e di comunicazione.<br />

Con questi cenni non ho certo inteso passare sotto s<strong>il</strong>enzio le problematiche<br />

che attraversano la teologia delle religioni e del dialogo. Ho<br />

solo inteso dar ragione di alcune scelte concrete maturate in questi<br />

vent’anni di attività interreligiosa in Giappone. L’insegnamento ufficiale<br />

della Chiesa si è dimostrato capace di darci importanti elementi<br />

ispiratori e potenti stimoli per una prassi del dialogo interreligioso<br />

coerente con l’identità cristiana e rispettosa delle singolarità dei nostri<br />

partner. Nel cammino di ascesa a questa alta montagna siamo<br />

ancora nel fondovalle. Occorre l’um<strong>il</strong>tà e la pazienza di fare un passo<br />

alla volta tenendo fissi gli occhi alla meta. MARIA A. DE GIORGI<br />

buone pratiche di dialogo<br />

Missione Oggi | agosto-settembre 2009 13


uone pratiche di dialogo<br />

Vi sono<br />

numerosi<br />

indizi che<br />

rivelano la<br />

stretta<br />

relazione che<br />

nel XVI-XVII<br />

secolo ci fu<br />

tra <strong>il</strong><br />

Cristianesimo<br />

in Giappone<br />

e <strong>il</strong> mondo<br />

del tè<br />

gnante significato religioso di “cammino interiore”,<br />

di ascesi, di superamento di sé, di orientamento<br />

verso una meta. Valori tipici della “via<br />

del tè” sono wa, kei, sei, jaku. Elemento unificante:<br />

ichigo ichie, l’acuta consapevolezza dell’attimo<br />

fuggente, irripetib<strong>il</strong>e, unico. Sono questi<br />

gli atteggiamenti interiori che deve perseguire<br />

colui che percorre la “via del tè”.<br />

È stato questo ricco patrimonio spirituale ad<br />

ispirare un processo di inculturazione della celebrazione<br />

eucaristica. Seguendo le indicazioni<br />

dell’episcopato locale per la celebrazione eucaristica<br />

in ambienti giapponesi tradizionali, P.<br />

Sottocornola che è anche membro della Commissione<br />

Liturgica Nazionale, ha avviato uno<br />

st<strong>il</strong>e di celebrazione che attinge alla spiritualità<br />

della “via del tè” che, per la sua connaturalità<br />

evangelica, parla un linguaggio simbolico immediatamente<br />

comprensib<strong>il</strong>e al giapponese.<br />

Numerose sono, infatti, le affinità rituali e le<br />

potenzialità di dialogo interculturale e interreligioso<br />

tra la “via del tè” e la celebrazione eucaristica.<br />

Vi sono numerosi indizi che rivelano la<br />

stretta relazione che nel XVI-XVII secolo ci fu<br />

tra <strong>il</strong> Cristianesimo in Giappone e <strong>il</strong> mondo del<br />

tè. Lo provano varie lettere di missionari gesuiti<br />

del XVI-XVII secolo, ma soprattutto <strong>il</strong> Cerimoniale<br />

per i missionari del Giappone, scritto<br />

da Alessandro Valignano (cfr. A. VALIGNANO, Il<br />

Cerimoniale per i missionari del Giappone,<br />

Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1946).<br />

Gli studiosi mettono in evidenza anche l’influsso<br />

che la liturgia cristiana esercitò su Sen no Rikyu<br />

(1522-1591), <strong>il</strong> grande maestro del XVI secolo<br />

che codificò la cerimonia del tè portandola<br />

alla sua massima raffinatezza. Per la sua intrinseca<br />

“religiosità”, inoltre, tale “via” è tenuta in<br />

grande considerazione sia nella tradizione buddhista<br />

che in quella shintoista e cristiana, come<br />

pure in ambienti non specificamente religiosi.<br />

ACCOGLIENZA<br />

È questo ambiente naturale e questo st<strong>il</strong>e di<br />

vita che la piccola comunità di Shinmeizan (in<br />

tutti questi anni sono stati abitualmente cinque<br />

i membri della comunità formata da religiosi e<br />

religiose di diverse congregazioni e, temporaneamente,<br />

anche da alcuni laici) condivide con<br />

i numerosi ospiti. La media annuale è di circa<br />

un migliaio di visitatori, di cui oltre un centinaio<br />

si fermano per alcuni giorni, settimane<br />

o anche mesi.Oltre all’accoglienza degli ospiti<br />

– cattolici, protestanti, buddhisti o membri di<br />

altre organizzazioni religiose – che vengono<br />

occasionalmente, vi sono momenti organizzati:<br />

ritiri mens<strong>il</strong>i, giornate di preghiera o di studio<br />

(“Il mistero della croce e lo Zen”; “la via<br />

del tè e la celebrazione eucaristica”); corsi e<br />

seminari.<br />

MARIA A. DE GIORGI<br />

CSAM Soc. coop a r.l. - BILANCIO D'ESERCIZIO AL 31.12.2008<br />

in forma abbreviata ex art. 2435 bis C.C.<br />

STATO PATRIMONIALE<br />

ATTIVO 31.12.2008 31.12.2007<br />

A) CREDITI V/SOCI PER VERSAMENTI ANCORA DOVUTI:<br />

I. non richiamati - -<br />

II. richiamati - -<br />

TOTALE A)<br />

B) IMMOBILIZZAZIONI:<br />

I. immob<strong>il</strong>izzazioni immateriali 33.167 33.167<br />

meno fondi di ammortamento 27.647 24.887<br />

immob<strong>il</strong>izzazioni immateriali nette 5.520 8.280<br />

II. immob<strong>il</strong>izzazioni materiali 656.706 777.843<br />

meno fondi di ammortamento 609.949 715.788<br />

immob<strong>il</strong>izzazioni materiali nette 46.756 62.054<br />

III. immob<strong>il</strong>izzazioni finanziarie 5.165 5.165<br />

TOTALE B) 57.441 75.499<br />

C) ATTIVO CIRCOLANTE:<br />

I. rimanenze 554.878 431.696<br />

II. crediti 440.339 464.447<br />

di cui esigib<strong>il</strong>i oltre l'esercizio successivo - -<br />

III. attività finanziarie che non costituiscono immob<strong>il</strong>izzazioni - -<br />

IV. disponib<strong>il</strong>ità liquide 96.935 174.313<br />

TOTALE C) 1.092.152 1.070.456<br />

D) RATEI E RISCONTI ATTIVI 1.063 1.275<br />

TOTALE PATRIMONIALE ATTIVO 1.150.656 1.147.231<br />

PASSIVO 31.12.2008 31.12.2007<br />

A) PATRIMONIO NETTO:<br />

I. capitale sociale 300 300<br />

II. riserve da sovrapprezzo azioni - -<br />

III. riserve da rivalutazione - -<br />

IV. riserva legale 467.026 482.730<br />

V. riserva per azioni proprie in portafoglio - -<br />

VI. riserve statutarie - -<br />

VII. altre riserve - -<br />

VIII. ut<strong>il</strong>i (perdite) portate a nuovo - -<br />

IX: ut<strong>il</strong>e (perdita) dell'esercizio 16.286 -15.704<br />

TOTALE A) 483.612 467.325<br />

B) FONDI PER RISCHI ED ONERI 80.319 80.275<br />

C) TRATT. DI FINE RAPPORTO LAVORO SUBORDINATO 111.562 108.563<br />

D) DEBITI 467.114 479.640<br />

di cui esigib<strong>il</strong>i oltre l'esercizio successivo 157.595 47.595<br />

E) RATEI E RISCONTI PASSIVI 8.049 11.428<br />

TOTALE PATRIMONIALE PASSIVO 1.150.656 1.147.231<br />

CONTI D'ORDINE:<br />

conto garanzie ricevute - -<br />

conto garanzie prestate - -<br />

conto contributi decretati Enti ns. favore - -<br />

merci nostre presso terzi - -<br />

TOTALE CONTI D’ORDINE - -<br />

CONTO ECONOMICO 31.12.2008 31.12.2007<br />

A) VALORE DELLA PRODUZIONE:<br />

1. RICAVI DELLE VENDITE E DELLE PRESTAZIONI 1.215.022 1.259.014<br />

2. VARIAZ. RIM. PRODOTTI IN CORSO DI LAV.,<br />

SEMILAVORATI, FINITI - -<br />

3. VARIAZIONE DEI LAVORI IN CORSO SU<br />

ORDINAZIONE - -<br />

4. INCREMENTI DI IMMOBILIZZAZIONI PER LAVORI<br />

INTERNI - -<br />

5. ALTRI RICAVI E PROVENTI 181.456 198.430<br />

di cui contributi in c/esercizio - -<br />

TOTALE A) 1.396.478 1.457.444<br />

B) COSTI DELLA PRODUZIONE:<br />

6. PER MATERIE PRIME, SUSS., CONSUMO, MERCI 487.216 449.498<br />

7. PER SERVIZI 589.703 643.764<br />

8. PER GODIMENTO BENI DI TERZI - -<br />

9. PER IL PERSONALE 315.086 318.813<br />

9a) stipendi 247.548 247.201<br />

9b) oneri sociali 53.202 51.545<br />

9c) trattamento di fine rapporto 14.336 18.002<br />

9d) trattamento di quiescenza - -<br />

9e) altri costi - 2.064<br />

10. AMMORTAMENTI E SVALUTAZIONI 23.941 29.437<br />

10a) ammortamento immob<strong>il</strong>izz. immateriali 2.760 6.393<br />

10b) ammortamento immob<strong>il</strong>izz. materiali 21.181 23.044<br />

10c) altre svalutazioni delle immob<strong>il</strong>izzazioni - -<br />

10d) svalutaz. crediti compresi nell'attivo circ. e disp. liquide - -<br />

11. VARIAZ. RIMAN. MAT. PRIME, SUSS.,<br />

CONSUMO E MERCI -123.182 -58.398<br />

12. ACCANTONAMENTI PER RISCHI 12.473 -<br />

13. ALTRI ACCANTONAMENTI - -<br />

14. ONERI DIVERSI DI GESTIONE 54.698 45.713<br />

TOTALE B) 1.359.935 1.428.827<br />

DIFFERENZA TRA VALORE E COSTI DELLA PRODUZ. (A-B) 36.543 28.618<br />

C) PROVENTI E ONERI FINANZIARI:<br />

15. PROVENTI DA PARTECIPAZIONI - -<br />

16. ALTRI PROVENTI FINANZIARI 1.624 2.756<br />

16a) da crediti immob<strong>il</strong>izzati - -<br />

16b) da titoli immob<strong>il</strong>izzati - -<br />

16c) da titoli iscritti nell'attivo circolante - -<br />

16d) proventi finanziari diversi dai precedenti 1.624 2.756<br />

17. INTERESSI PASSIVI E ALTRI ONERI FINANZIARI 2.099 2.472<br />

TOTALE C) (15+16-17) -475 283<br />

D) RETTIFICHE DI VALORE DI ATTIVITA’ FINANZIARIE:<br />

18. RIVALUTAZIONI - -<br />

18a) di partecipazioni - -<br />

18b) di immob<strong>il</strong>izzazioni finanziarie - -<br />

18c) di titoli iscritti nell'attivo circolante - -<br />

19. SVALUTAZIONI - -<br />

19a) di partecipazioni - -<br />

19b) di immob<strong>il</strong>izzazioni finanziarie - -<br />

19c) di titoli iscritti nell'attivo circolante - -<br />

TOTALE D) (18-19) - -<br />

E) PROVENTI ED ONERI STRAORDINARI:<br />

20. PROVENTI 9.240 19.498<br />

21. ONERI 520 23.396<br />

TOTALE E) (20-21) 8.720 -3.898<br />

RISULTATO PRIMA DELLE IMPOSTE (A-B+/-C+/-D+/-E) 44.788 25.003<br />

22. IMPOSTE SUL REDDITO DELL'ESERCIZIO 28.502 40.707<br />

23. RISULTATO DELL'ESERCIZIO 16.286 -15.704<br />

23. UTILE (PERDITA) DELL'ESERCIZIO 16.286 -15.704<br />

14 Missione Oggi | agosto-settembre 2009


Michael Louis Fitzgerald, dei <strong>Missionari</strong> d’Africa (Padri Bianchi),<br />

è nato nel 1937 vicino a Birmingham (Gran Bretagna) da<br />

genitori irlandesi. Dal 1987 al 2002 è stato Segretario generale<br />

del Pontificio Consiglio per <strong>il</strong> Dialogo Interreligioso. Nel 2002<br />

è stato nominato suo Presidente e arcivescovo.<br />

Ha ricoperto l’incarico fino al 2006, quando è stato<br />

nominato Nunzio apostolico nella Repubblica Araba<br />

d’Egitto e Delegato della Santa Sede presso<br />

l’Organizzazione della Lega degli Stati Arabi.<br />

La sua area di specializzazione sono le relazioni<br />

cristiano-musulmane. Ha insegnato in Uganda e in<br />

Sudan, e al PISAI (Pontificio Istituto di Studi Arabi e<br />

Islamistica), di cui è stato anche direttore. I suoi due<br />

ultimi libri in italiano: Dio sogna l’unità. I cattolici e<br />

le religioni, Città Nuova, Roma 2007; Dialogo<br />

interreligioso. Il punto di vista cattolico, San Paolo,<br />

Cinisello Balsamo 2007.<br />

formazione al dialogo<br />

Per una formazione<br />

al dialogo<br />

interreligioso<br />

MI PERMETTO DI SUGGERIRVI ALCUNI ELEMENTI<br />

PER UNA FORMAZIONE AL DIALOGO INTERRELI-<br />

GIOSO, NELLA CONSAPEVOLEZZA CHE LA FORMA-<br />

ZIONE AL DIALOGO È UN PROCESSO SENZA FINE.<br />

ATTEGGIAMENTI DI MENTE E DI CUORE<br />

A<br />

nzitutto è bene ricordare la definizione di<br />

“dialogo” che troviamo nei documenti della<br />

Chiesa, a partire dall’enciclica di Paolo VI, Ecclesiam<br />

suam (1964). Il documento del Segretariato<br />

per i non cristiani (ora Pontificio Consiglio<br />

per <strong>il</strong> Dialogo Interreligioso), L’atteggiamento<br />

della Chiesa di fronte ai seguaci di altre<br />

religioni: riflessioni e orientamenti su dialogo e<br />

missione (1984) recita: “[Il vocabolo dialogo<br />

indica] non solo <strong>il</strong> colloquio, ma anche l’insieme<br />

dei rapporti interreligiosi, positivi e costruttivi,<br />

con persone e comunità di altre fedi per<br />

una mutua conoscenza e un reciproco arricchimento”<br />

(DM 3). Un ulteriore documento, Dialogo<br />

e annuncio (1991), aggiunge due altri elementi:<br />

“nell’obbedienza alla verità e nel rispetto<br />

della libertà” (DA 9). Da questa definizione<br />

Missione Oggi | agosto-settembre 2009 15


formazione al dialogo<br />

Se un Istituto<br />

missionario è di<br />

carattere<br />

internazionale,<br />

la formazione<br />

insieme di<br />

candidati di<br />

diverse<br />

nazionalità e<br />

culture<br />

costituisce di per<br />

se stessa una<br />

preparazione al<br />

dialogo.<br />

Mons. Fitzgerald in una<br />

pausa dei lavori del<br />

convegno, nella Chiesa<br />

di S. Cristo (Bs).<br />

possiamo trarre la conclusione che <strong>il</strong> dialogo<br />

non richiede solo una capacità intellettuale ma<br />

anche doti di cuore.<br />

Il primo atteggiamento richiesto è una sana<br />

curiosità. Aristotele diceva che la curiosità è <strong>il</strong><br />

principio della scienza. Se attorno a noi vivono<br />

persone che seguono un’altra religione, è normale<br />

(anche se non sempre capita così) voler<br />

sapere qualche cosa di loro e della loro religione.<br />

Certo, possiamo leggere libri sulla religione<br />

in questione, porre delle domande a questi nostri<br />

vicini diversi: come praticate la vostra religione,<br />

quali sono i momenti importanti, le feste,<br />

come pregate Le domande sono quasi infinite.<br />

È importante che non siano aggressive, dei pretesti<br />

per criticare, ma genuine, ossia provenienti<br />

da un serio desiderio di sapere e capire.<br />

In buona sostanza, per iniziare un dialogo ci<br />

vuole un atteggiamento aperto ai valori dell’altra<br />

religione, capace di cogliere un’altra logica.<br />

Man mano che si approfondisce la conoscenza<br />

dell’altro e del suo background, sarà più fac<strong>il</strong>e<br />

comprendere <strong>il</strong> suo modo di agire e la simpatia<br />

crescerà. Sì, anche la simpatia è un ingrediente<br />

essenziale per un dialogo proficuo. Anzi, si potrebbe<br />

parlare di empatia, la capacità cioè di vedere<br />

le cose dal punto di visto dell’altro. È interessante<br />

constatare come, dopo un tentativo di<br />

questo genere, le nostre posizioni si modificano.<br />

Vorrei citare di nuovo Dialogo e annuncio:<br />

“Il dialogo richiede un atteggiamento equ<strong>il</strong>ibrato<br />

sia da parte dei cristiani sia da parte dei<br />

seguaci delle altre tradizioni. Essi non dovrebbero<br />

essere né troppo ingenui, né ipercritici,<br />

bensì aperti e accoglienti. Si è già fatta menzione<br />

del disinteresse e dell’imparzialità, così come<br />

l’accettazione delle differenze, nonché delle<br />

possib<strong>il</strong>i contraddizioni. Le altre disposizioni<br />

richieste sono la volontà d’impegnarsi insieme<br />

a servizio della verità e la prontezza a lasciarsi<br />

trasformare dall’incontro” (DA 47).<br />

Come sv<strong>il</strong>uppare questi atteggiamenti<br />

Quale formazione offrire a quelli che vogliono<br />

impegnarsi nel dialogo interreligioso Mi sembra<br />

che noi missionari abbiamo qui un vantaggio.<br />

Normalmente siamo inviati in una parte del<br />

mondo dove la cultura è diversa dalla nostra.<br />

Cominciamo con l’apprendimento della lingua,<br />

chiave di comprensione della cultura. Sappiamo<br />

che anche qui la curiosità ci aiuta, la volontà<br />

d’imparare non solo parole che sarebbero più<br />

o meno equivalenti alle parole della nostra lingua,<br />

ma anche la struttura della lingua, la sua<br />

logica interna, che può aprirci ad un’altra visione<br />

del mondo. Sappiamo inoltre quanta um<strong>il</strong>tà<br />

ci vuole nella pratica di un’altra lingua, facendo<br />

lo sforzo di balbettare qualche frase, lasciandosi<br />

correggere dagli altri. Mi hanno parlato recentemente<br />

di due religiosi che imparavano una<br />

nuova lingua: uno di loro rimaneva tutta la giornata<br />

davanti al suo computer, l’altro usciva per<br />

strada cercando di parlare con tutti. Quale dei<br />

due, a vostro parere, sarà più dotato per <strong>il</strong> dialogo<br />

Lascio a voi indovinare.<br />

Se un Istituto missionario è di carattere internazionale,<br />

la formazione insieme di candidati<br />

di diverse nazionalità e culture costituisce di<br />

per se stessa una preparazione al dialogo. Nel<br />

mio Istituto, dopo la prima fase degli studi (f<strong>il</strong>osofici),<br />

che quando è possib<strong>il</strong>e avviene nel<br />

paese d’origine, e dopo l’anno cosiddetto “spirituale”<br />

(noviziato) a livello internazionale in<br />

Africa, i candidati hanno due anni di stage<br />

(esperienza apostolica), per cominciare ad imparare<br />

un’altra lingua, studiare un’altra società,<br />

16 Missione Oggi | agosto-settembre 2009


entrare in contatto con la popolazione, spesso<br />

con i giovani, e così iniziarsi in modo pratico al<br />

dialogo interreligioso.<br />

LA CONOSCENZA DELLE ALTRE RELIGIONI<br />

Sono convinto che per sv<strong>il</strong>uppare un vero<br />

dialogo con persone di altre religioni, le doti di<br />

cuore sono le più importanti: curiosità, simpatia,<br />

capacità di costruire rapporti di vera amicizia.<br />

Un chiaro esempio di questo atteggiamento<br />

è S. Giovanni Maria Vianney, <strong>il</strong> curato d’Ars,<br />

che pur non essendo intellettualmente un genio,<br />

aveva un grande cuore pastorale ossia <strong>il</strong> dono di<br />

sarebbe bene dargli la possib<strong>il</strong>ità di continuare<br />

lo studio di questa lingua per non essere obbligato<br />

più tardi a ricominciare da capo.<br />

È evidente che lo studio personale deve essere<br />

incoraggiato. Può prendere la forma di letture<br />

di libri e di articoli, ma molto ut<strong>il</strong>e è anche l’osservazione<br />

personale. Durante la formazione pastorale<br />

dei candidati è possib<strong>il</strong>e chiedere loro<br />

un’inchiesta sulla società in cui vivono, compreso<br />

l’aspetto religioso. Lo studio teorico e l’osservazione<br />

pratica dovrebbero andare di pari passo.<br />

“A little knowledge is a dangerous thing”<br />

(Una scarsa conoscenza è una cosa pericolosa).<br />

È bene ricordare che possiamo sapere molto di<br />

una religione, ma se non aderiamo a quella religione<br />

ci manca sempre qualche aspetto. Dobbiamo<br />

sapere di non sapere. Infatti, quando ci<br />

sentiamo “esperti” di una religione, corriamo <strong>il</strong><br />

pericolo di giudicarne i seguaci secondo la loro<br />

conformità o meno all’ideale che noi abbiamo<br />

studiato. È necessario distinguere tra i principi<br />

di una religione (la teoria) e l’applicazione (la<br />

prassi). Non tocca a noi giudicare le persone,<br />

ma di accoglierle come sono. Lo studio ha comunque<br />

<strong>il</strong> vantaggio di farci capire meglio<br />

l’aspetto religioso della società in questione. Ci<br />

insegna a distinguere i diversi gruppi (le scuole<br />

del Buddhismo o i movimenti sufi, per esempio);<br />

ci rende più avvertiti sugli influssi esterni,<br />

perché siamo capaci de leggerne i segni.<br />

È necessario<br />

distinguere tra<br />

i principi di<br />

una religione<br />

(la teoria) e<br />

l’applicazione<br />

(la prassi).<br />

Non tocca a<br />

noi giudicare<br />

le persone, ma<br />

di accoglierle<br />

come sono<br />

Da sinistra: Don Piero Lanzi,<br />

Lydia Keklikian<br />

e don Flavio Dalla Vecchia,<br />

del Gruppo Redazionale<br />

di MO, in una pausa<br />

del convegno,<br />

nel chiostro di S. Cristo (Bs).<br />

formazione al dialogo<br />

condurre le persone a Dio. In ogni modo, lo<br />

studio delle religioni rimane importante. Ci dà<br />

una certa sicurezza. Ci aiuta ad evitare errori<br />

grossolani nella conversazione e nel comportamento<br />

con gli altri.<br />

Lo studio delle religioni può farsi tramite<br />

corsi appropriati, specializzati. È importante<br />

adattare <strong>il</strong> contenuto dei corsi alle diverse fasi<br />

della formazione missionaria, perché talvolta<br />

ciò che viene offerto ai candidati sono le solite<br />

introduzioni di base, che stancano gli studenti e<br />

non li interessano. Quelli che hanno già<br />

un’esperienza d’incontro con persone di altre<br />

religioni hanno bisogno di studi più approfonditi.<br />

Un libretto, a cura del Pontificio Consiglio<br />

per <strong>il</strong> Dialogo Interreligioso indica una possib<strong>il</strong>e<br />

progressione dei corsi sul dialogo in generale,<br />

sull’Islam e sulle Religioni Tradizionali<br />

Africane. Se un candidato ha già cominciato ad<br />

imparare una lingua legata ad una religione particolare,<br />

arabo per l’Islam, hindi o sanscrito per<br />

l’Induismo, mandarino per <strong>il</strong> Confucianesimo,<br />

RIFLESSIONE CRISTIANA<br />

È necessario accompagnare lo studio delle<br />

religioni e l’incontro con i rispettivi seguaci con<br />

una riflessione sulla nostra fede.<br />

Ci aiutano in questa riflessione, in primo<br />

luogo i documenti della Chiesa, quelli del Conc<strong>il</strong>io<br />

Vaticano II (Lumen gentium, Gaudium et<br />

spes, Ad gentes, Nostra aetate, Dignitatis humanae),<br />

le ultime encicliche dei Papi, ma anche<br />

l’insegnamento occasionale di questi ultimi. Il<br />

discorso di Giovanni Paolo II ai giovani musulmani<br />

di Casablanca, nel 1985, è un modello di<br />

dialogo della fede cristiana con i musulmani. I<br />

discorsi di Giovanni Paolo II del 27 ottobre<br />

1986 ad Assisi, Giornata di preghiera per la pace<br />

nel mondo, e la riflessione fatta dallo stesso<br />

Papa sull’evento, davanti alla Curia Romana, <strong>il</strong><br />

22 dicembre 1986, propongono altrettanti elementi<br />

importanti della teologia che sostiene<br />

l’incontro interreligioso. Molti altri testi meriterebbero<br />

la nostra attenzione. Perfino le ripeti-<br />

PER SAPERNE DI PIU’<br />

Michael L. Fitzgerald,<br />

Dialogo interreligioso.<br />

Il punto di vista cattolico,<br />

San Paolo,<br />

Cinisello Balsamo 2007<br />

presso:<br />

libreria@saveriani.bs.it<br />

Missione Oggi | agosto-settembre 2009 17


formazione al dialogo<br />

Mons. Fitzgerald<br />

e <strong>il</strong> prof. Brunetto Salvarani<br />

(direttore di CEM Mondialità),<br />

moderatore<br />

della prima parte<br />

del Convegno.<br />

zioni di un testo in un altro dimostrano ciò che<br />

è considerato importante. Vanno considerati anche<br />

i documenti dei diversi dicasteri romani e<br />

quelli della Commissione Teologica Internazionale.<br />

Il libro a cura di Mons. Francesco Gioia,<br />

Dialogo Interreligioso nell’insegnamento ufficiale<br />

della Chiesa Cattolica dal Conc<strong>il</strong>io Vaticano<br />

II a Giovanni Paolo II, è di grande ut<strong>il</strong>ità<br />

come fonte per la maggior parte dei testi.<br />

L’incontro interreligioso, sia esso teorico o<br />

personale, presenta delle sfide per la fede cristiana.<br />

Possiamo pensare al Buddhismo, che<br />

generalmente non dà alcun posto a Dio e alla<br />

Credo che la riflessione ci aiuterà a<br />

purificare la nostra fede e ad<br />

apprezzare <strong>il</strong> dono meraviglioso che<br />

Dio fa di se stesso, specialmente nel<br />

mistero dell’incarnazione.<br />

creazione; all’Induismo, che rifiuta <strong>il</strong> carattere<br />

unico dell’incarnazione di Dio in Gesù Cristo;<br />

all’Islam, che assolutamente rifiuta la possib<strong>il</strong>ità<br />

dell’incarnazione. Credo che la riflessione ci<br />

aiuterà a purificare la nostra fede e ad apprezzare<br />

<strong>il</strong> dono meraviglioso che Dio fa di se stesso,<br />

specialmente nel mistero dell’incarnazione.<br />

Come dare una formazione in questo campo<br />

così complesso delle diverse identità religiose<br />

Si possono evidentemente proporre dei corsi<br />

sull’insegnamento del magistero ecclesiale.<br />

Credo però che <strong>il</strong> modo migliore di proseguire<br />

la riflessione teologica sia la ricerca personale.<br />

Gli studenti di teologia potrebbero scegliere dei<br />

temi che interessano <strong>il</strong> dialogo interreligioso<br />

per i loro elaborati scritti. In questo caso ci vorrebbero<br />

professori in grado di valutare <strong>il</strong> lavoro<br />

fatto e gli studenti dovrebbero disporre di biblioteche<br />

adeguate.<br />

IL SENSO DELLA CHIESA<br />

Mi pare importante insistere sul fatto che <strong>il</strong><br />

dialogo interreligioso fa parte integrante della<br />

missione evangelizzatrice della Chiesa (cfr.<br />

DM 13). Perciò abbiamo bisogno di esperti di<br />

dialogo interreligioso, anche se ciò comporta <strong>il</strong><br />

rischio di delegare ad essi da parte della Chiesa<br />

locale la responsab<strong>il</strong>ità del dialogo. Sarebbe bene<br />

disporre a livello diocesano o almeno a livello<br />

regionale/nazionale di una persona qualificata<br />

per guidare gli sforzi nel campo del dialogo.<br />

Meglio ancora avere un’equipe, specialmente<br />

nel caso di una società multireligiosa. La persona<br />

designata dovrebbe aver fatto degli studi appropriati<br />

e avere un’esperienza diretta di dialogo.<br />

I missionari possono essere chiamati ad un<br />

tale ruolo sia in missione, quando le Chiese locali<br />

non dispongono di persone disponib<strong>il</strong>i del<br />

luogo, sia nei loro paesi d’origine, dove la<br />

Chiesa locale li chiama a sfruttare la propria<br />

esperienza. Va comunque evitato <strong>il</strong> rischio di<br />

lasciare tutto all’esperto, senza un vero impegno<br />

da parte della Chiesa locale. La presenza di<br />

una persona, o meglio di un’equipe, che possa<br />

occuparsi dei seguaci d’altre religioni, può diventare<br />

un alibi. È quindi importante che<br />

l’esperto mantenga vivo <strong>il</strong> legame con la sua<br />

comunità di fede, per non agire da solo, anche<br />

quando la comunità sembra muoversi lentamente.<br />

Ci vuole molta pazienza per trascinare<br />

una comunità sulla via del dialogo. L’incaricato<br />

diocesano può essere richiesto di rappresentare<br />

<strong>il</strong> vescovo in diverse occasioni, ma dovrebbe<br />

sempre informarlo sulle sue attività.<br />

UN PROCESSO SENZA FINE<br />

La formazione per l’incontro interreligioso<br />

non è mai sufficiente. Una buona formazione iniziale<br />

permette ai missionari, per esempio, di lanciarsi<br />

nell’incontro con una certa dose di sicurezza,<br />

ma essi dovranno poi integrare la teoria con<br />

una conoscenza precisa della situazione concreta,<br />

perché le situazioni non sono mai né identiche né<br />

statiche. Si può dire che la formazione al dialogo<br />

è un processo senza fine. MICHAEL L. FITZGERALD<br />

18 Missione Oggi | agosto-settembre 2009


Giampiero Alberti è sacerdote della Diocesi di M<strong>il</strong>ano. Ha studiato al PISAI<br />

(Pontificio Istituto di Studi Arabi e Islamistica) a Roma, dove ha conseguito<br />

<strong>il</strong> dottorato. Da molti anni è attivo nella promozione e organizzazione di campi<br />

di lavoro per volontari in Medio Oriente tramite l’associazione IMO (Impegno<br />

Medio Oriente), con la quale contribuisce al sostegno di varie realtà locali.<br />

Da oltre due decenni è impegnato a servizio della Diocesi di M<strong>il</strong>ano nel<br />

dialogo con i musulmani, con i quali ha costruito un solido rapporto di<br />

amicizia e di rispetto reciproco. Attualmente è vice-presidente del CADR<br />

(Centro Ambrosiano di Documentazione sulle Religioni),<br />

l’organismo della Diocesi di M<strong>il</strong>ano nato su iniziativa del<br />

Card. Martini. Nel 2006 è stato tra i fondatori del Forum<br />

delle Religioni di M<strong>il</strong>ano, che si propone di tener vivo e<br />

allargare un percorso di dialogo e amicizia tra tutte le<br />

componenti religiose della città. E’ membro del<br />

Comitato scientifico della rivista “Ad Gentes” dell’EMI<br />

di Bologna. Ha al suo attivo molti articoli sul<br />

tema del dialogo con i musulmani.<br />

forum di discussione<br />

sogni<br />

Ho due<br />

LE MIE REAZIONI ALLE RELAZIONI<br />

Sono varie le mie reazioni e sollecitazioni circa<br />

la formazione al dialogo interreligioso,<br />

dopo l’ascolto della sistematica relazione di<br />

Mons. Fitzgerald e <strong>il</strong> racconto di Maria A. De<br />

Giorgi. Ve ne propongo alcune, semplici e immediate,<br />

nella speranza che sappiate andare oltre,<br />

grazie alla vostra esperienza.<br />

La prima: Il dialogo interreligioso ha oggi<br />

valenza universale e occupa uno spazio internazionale<br />

per missionari/e, ma tocca anche lo spazio<br />

nazionale e diocesano per preti e laici, qui in<br />

Italia, oggi. Mi domando se questa pastorale interreligiosa<br />

ha dei denominatori comuni di cui<br />

possiamo far tesoro sia in terra di missione che<br />

qui. Mi chiedo quali sono le caratteristiche che<br />

si evidenziano in terra di missione e quali qui<br />

da noi. I paesi da sempre multireligiosi che cosa<br />

hanno da offrirci o stiamo forse partendo insieme<br />

sulla realtà del dialogo e quindi le esperienze<br />

sono da condividere<br />

La seconda: Mi pare che qui in Europa e nel<br />

mondo intero (l’ho scoperto nello stesso mondo<br />

a maggioranza islamica) stiamo facendo oggi i<br />

primi passi verso l’incontro e <strong>il</strong> dialogo interreligioso.<br />

Oserei dire che, prima della Nostra aetate<br />

(1964), ci sono stati solo dei pionieri del<br />

dialogo. Mi domando, per evitare scoramenti o<br />

ingenuità, quali tempi ci vorranno per una fattiva<br />

presa di coscienza dell’esigenza dell’incontro-dialogo<br />

Per quali vie lo Spirito ci condurrà,<br />

Il dialogo<br />

interreligioso ha<br />

oggi valenza<br />

universale e<br />

occupa uno<br />

spazio<br />

internazionale<br />

per missionari/e,<br />

ma tocca anche<br />

lo spazio<br />

nazionale e<br />

diocesano per<br />

preti e laici, qui<br />

in Italia, oggi<br />

Missione Oggi | agosto-settembre 2009 19


forum di discussione<br />

dopo tanti studi, riflessioni, esperienze, confronti<br />

e scambi di ricchezze Quando questi<br />

confronti e conoscenze avranno davvero <strong>il</strong> carattere<br />

della reciprocità<br />

La terza: C’è grande difficoltà nella comprensione<br />

del significato delle parole nelle diverse<br />

lingue, specie per termini religiosi, teologici,<br />

giuridici. Non è forse necessario che dei<br />

veri esperti ci offrano le loro competenze in questo<br />

campo Qualcosa già esiste e si fa, ma non è<br />

incontri tra imam e preti. Bisogna continuare<br />

con passione!<br />

HO DUE SOGNI<br />

Ho due sogni. Il primo: creare nelle Facoltà<br />

teologiche regionali una sezione interreligiosa,<br />

che comprenda i già esistenti studi della storia e<br />

spiritualità delle religioni, ma dia anche importanza<br />

all’incontro-dialogo tra cristiani e non cristiani.<br />

Al di là dei<br />

sogni, stando<br />

con i piedi per<br />

terra circa la<br />

preparazione e<br />

rifacendomi alla<br />

mia esperienza<br />

sia a livello<br />

CCEE-KEK che a<br />

livello CEI-<br />

Diocesi di<br />

M<strong>il</strong>ano, ritengo<br />

indispensab<strong>il</strong>e la<br />

formazione che<br />

oserei chiamare<br />

“vocazionale” al<br />

dialogo<br />

interreligioso.<br />

I relatori della prima parte<br />

del Convegno in dialogo<br />

con i partecipanti durante<br />

<strong>il</strong> primo Forum<br />

di discussione.<br />

sufficiente. A questi primi interrogativi, che sottendono<br />

tante provocazioni, mi permetto di dare<br />

una prima semplice risposta. Il primo passo da<br />

fare credo sia l’incontro-frequentazione tra persone,<br />

tra fratelli, tra fedeli (di fede diversa). Già<br />

ci sono molte esperienze anche nelle nostre Diocesi,<br />

ma <strong>il</strong> cammino è ancora lungo.<br />

La quarta: “Come realizzare questi incontri”,<br />

mi chiedono spesso i cristiani a cui parlo<br />

del dialogo interreligioso. Ci sono già state<br />

segnalate alcune modalità: dare la precedenza<br />

al cuore, non essere aggressivi, né ingenui né<br />

ipercritici. Viste le tante paure che ci bloccano,<br />

<strong>il</strong> problema è come arrivare all’incontro.<br />

È meglio incontrarsi con i responsab<strong>il</strong>i delle<br />

religioni o con la gente semplice Il documento<br />

Dialogo e annuncio ci offre alcune risposte<br />

a livello generale. A livello locale,<br />

molto si è fatto con i “centri di ascolto”, le<br />

“feste dei popoli”, gli incontri in occasione<br />

della rottura del digiuno di Ramadan, i doposcuola<br />

per ragazzi, i tè insieme, i tornei di calcio,<br />

le visite natalizie alle famiglie, le visite in<br />

ospedale, in carcere, la partecipazione a funerali,<br />

<strong>il</strong> ricordo annuale dell’Incontro di Assisi<br />

(1986), <strong>il</strong> Forum delle Religioni in varie città,<br />

la diffusione della Lettera dei 138 saggi, gli<br />

Il secondo: formare in Italia una “task force” permanente<br />

– 10 persone circa – coordinata dalla Cei<br />

e le Diocesi, con l’aiuto delle Università e degli<br />

Istituti <strong>Missionari</strong>, per riflettere, proporre e guidare<br />

iniziative sul campo islamo-cristiano (lettura<br />

continua dell’islam, preparazione “quasi vocazionale”<br />

di animatori pastorali, creare sezioni e studi<br />

universitari per cristiani e musulmani, portare alla<br />

base le cose egregie fatte dal Pontificio Consiglio<br />

per <strong>il</strong> Dialogo Interreligioso). Tale gruppo si dovrebbe<br />

riunire due volte l’anno per: a) animare<br />

due equipe, una per <strong>il</strong> Centro-nord ed una per <strong>il</strong><br />

Centro-sud anch’esse invitate a trovarsi almeno<br />

una volta l’anno singolarmente; b) organizzare le<br />

Giornate ecumeniche del dialogo cristiano-islamico<br />

a livello nazionale. Al di là dei sogni, stando<br />

con i piedi per terra circa la preparazione e rifacendomi<br />

alla mia esperienza sia a livello CCEE-<br />

KEK che a livello CEI-Diocesi di M<strong>il</strong>ano, ritengo<br />

indispensab<strong>il</strong>e la formazione che oserei chiamare<br />

“vocazionale” al dialogo interreligioso. In<br />

tal senso a M<strong>il</strong>ano opera anche <strong>il</strong> CADR (Centro<br />

di Documentazione per le Religioni), e al suo interno<br />

un Consultorio interetnico; sono state istituite<br />

anche le SDOP (Scuole Diocesane per<br />

Operatori Pastorali), per preparare operatori per<br />

questo incontro-dialogo. GIAMPIERO ALBERTI<br />

20 Missione Oggi | agosto-settembre 2009


Forum<br />

FORMAZIONE NEI SEMINARI<br />

Domanda > Aldo Giannasi (missionario d’Africa): Nelle<br />

mie visite ai seminari della Campania, Puglia e Bas<strong>il</strong>icata,<br />

per conto della PUM (Pontificia Unione <strong>Missionari</strong>a), ho<br />

incontrato circa 80-90 seminaristi, ai quali ho chiesto se<br />

avevano incontrato o no degli immigrati e, più specificamente,<br />

dei musulmani. Risposta: quasi nessuno. Tuttavia<br />

ho notato che tutti sentivano l’incontro come un’esigenza<br />

profonda del loro ministero. Chiedo perciò a don Giampiero<br />

se non si potrebbe fare di più nei seminari a livello<br />

formativo, pastorale.<br />

Domanda > Stefano Berton (missionario saveriano): Anch’io<br />

giro i seminari per conto della PUM. Ho sentito don<br />

Giampiero proporre varie soluzioni. Ho constatato che <strong>il</strong><br />

corso di missiologia è presente in pochi seminari e che i<br />

seminaristi non ricevono una “dimensione missionaria”<br />

dalle varie discipline. Come si potrebbe allargare la formazione<br />

missionaria nei seminari<br />

Risposta > Giampiero Alberti: In Lombardia abbiamo tentato<br />

qualcosa, ma non siamo ancora riusciti a coordinarci efficacemente.<br />

Già dieci anni fa <strong>il</strong> rettore del seminario di M<strong>il</strong>ano<br />

mi obbiettava che la missiologia era inserita in altri modi<br />

nei programmi di studio. Oggi constato che si sono aperti<br />

spazi più vasti nei seminari: ogni due anni mi chiamano per<br />

un corso di tre-quattro giorni, non tanto sull’islam, che i seminaristi<br />

già conoscono, quanto sulla pastorale e sui documenti<br />

della Chiesa in merito. Sono questi aspetti pastorali ad<br />

accendere <strong>il</strong> cuore dei seminaristi e dei giovani sacerdoti. Per<br />

ora non c’è granché, ma qualcosa si muove.<br />

Risposta > Mons. Fitzgerald: Don Giampiero ha parlato<br />

di “sogni”. Io ho sempre sognato la formazione permanente<br />

dei professori dei seminari. I biblisti potrebbero fare<br />

qualcosa sul rapporto tra Bibbia e altre religioni, ad esempio<br />

sul tema della rivelazione. È importante aiutare i professori<br />

ad avere questa dimensione nel loro insegnamento<br />

ordinario. I canonisti italiani l’hanno fatto, dedicando una<br />

sessione di studio al diritto islamico.<br />

IMPEGNO DELLA CHIESA ITALIANA<br />

CON I MUSULMANI<br />

Domanda > Giuliano Vallotto (sacerdote di Treviso): Mi<br />

occupo di rapporti tra cristiani e musulmani nella diocesi<br />

(di Treviso). Devo notare che spesso <strong>il</strong> mondo missionario<br />

ha un atteggiamento negativo e contrario. Mi riferisco in<br />

particolare ai missionari reduci dall’Africa subsahariana.<br />

Al massimo si parla delle altre religioni all’interno della<br />

teoria del “compimento”, cioè come preparazione al cristianesimo.<br />

Per quanto riguarda la “task force”, sono<br />

contrario; piuttosto valorizzerei e metterei in rete tutte le<br />

iniziative già esistenti. Sono, infatti, convinto che esistano<br />

molte più iniziative, tra la gente, di quante se ne conoscano.<br />

Risposta > Giampiero Alberti: Per “task force” non intendo<br />

un gruppo di soli esperti, immagino piuttosto un coinvolgimento<br />

di tutti coloro che sono impegnati nel dialogo<br />

interreligioso. Naturalmente qualcuno di competente e capace<br />

deve esserci, altrimenti rischiamo di condannarci a<br />

tante buone intenzioni, senza arrivare al dunque nell’azione.<br />

Ecco perché ho parlato di “task force” iniziale. Stiamo<br />

lavorando perché le nostre Facoltà teologiche prendano coscienza<br />

del problema e inseriscano questi corsi, senza<br />

aspettare troppo. A M<strong>il</strong>ano ho proposto un corso per la formazione<br />

di imam, cosa che avviene già in altri paesi europei,<br />

come la Francia. Quindi, corsi teologici aperti ai mu-<br />

Missione Oggi | agosto-settembre 2009 21


FORUM DI DISCUSSIONE<br />

sulmani nelle nostre Facoltà, con la possib<strong>il</strong>ità di r<strong>il</strong>asciare<br />

dei diplomi. A M<strong>il</strong>ano sono proprio i giovani musulmani<br />

a chiederlo. Dico questo anche perché esiste <strong>il</strong> rischio<br />

concreto che tra i musulmani qualcuno si autoproclami<br />

imam senza aver frequentato un corso che dia garanzie di<br />

serietà, facendo crescere la confusione e autolegittimandosi<br />

come rappresentante dell’islam, mentre in realtà non<br />

rappresenta nessuno. Si verificherebbe così una situazione<br />

molto pericolosa.<br />

Commento > Sr. Gianlivia (già missionaria in Africa):<br />

Sono stata missionaria per 33 anni tra Burundi, Congo RD<br />

e Camerun. Ciò che Don Giuliano Vallotto ha detto mi ha<br />

stupito un po’. Ci possono, sì, essere dei missionari che,<br />

una volta rientrati, fanno molta fatica a riadattarsi e a<br />

comprendere <strong>il</strong> fenomeno dell’immigrazione in tutti i suoi<br />

aspetti, l’appartenenza religiosa compresa. Anch’io, rientrata<br />

dalla missione, ho fatto fatica ad inquadrare <strong>il</strong> fenomeno<br />

dell’immigrazione, in particolare le persone provenienti<br />

da paesi musulmani, ciononostante ho deciso di dedicarmi<br />

a questo. Ora mi occupo esclusivamente di migranti<br />

in una parrocchia della periferia di Brescia. Penso<br />

che ci sia una grande confusione e impreparazione davanti<br />

a questo fenomeno.<br />

SIGNIFICATO DI “DIALOGO<br />

INTERRELIGIOSO”<br />

Domanda > Teresa Benedini: Con soddisfazione ho sentito<br />

affermare che l’essere cristiani è inscindib<strong>il</strong>e dal dialogo<br />

e che l’esigenza del dialogo nasce proprio dalla<br />

consapevolezza del nostro essere cristiani. Secondo me,<br />

l’attuale situazione della Chiesa italiana, e di quella bresciana<br />

in particolare, è di chiusura nei confronti del dialogo.<br />

Credo che si tratti anzitutto di una questione di<br />

buona volontà pastorale, ma questo non dipende forse<br />

dal fatto che non siamo cristiani nel profondo<br />

Risposta > Maria A. De Giorgi: Rispondo “trasversalmente”<br />

ad alcune domande sul significato della parola<br />

“dialogo”. Che senso ha Che cosa significa C’è una<br />

grande ambiguità intorno a questo termine, che non vuol<br />

dire “compromesso”.<br />

Per me <strong>il</strong> dialogo nasce da una sovrabbondanza d’amore e<br />

dal suo radicamento nel comandamento massimo del cristianesimo,<br />

“ama <strong>il</strong> prossimo tuo come te stesso”. Gesù<br />

non fa discriminazioni, ma ci dice “ama l’altro così com’è<br />

e dov’è”, cercando di conoscerlo e di offrirgli la testimonianza<br />

d’amore che viene dalla tua fede in Gesù Cristo, fino<br />

a dare la tua vita per lui. Dal punto di vista cristiano <strong>il</strong><br />

dialogo sta tutto qui.<br />

INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE A SCUOLA<br />

Domanda > L<strong>il</strong>iana (insegnante di Religione Cattolica):<br />

Dando per scontato che a scuola non si fa catechesi, ma cultura<br />

religiosa, è possib<strong>il</strong>e conc<strong>il</strong>iare l’insegnamento della religione<br />

cattolica a bambini e ragazzi rispettando le altre tradizioni<br />

religiose, cui molti di loro ormai appartengono<br />

Risposta > Giampiero Alberti: Per quanto riguarda la<br />

scuola, c’è un’esperienza che sto portando avanti, andando<br />

nelle elementari e nelle medie a parlare delle altre religioni,<br />

coinvolgendo proprio i ragazzi appartenenti ad altre tradizioni<br />

religiose. Invito spesso i genitori musulmani a parlare<br />

nelle scuole insieme a me. In questo modo nasce quell’amicizia<br />

di cui si è parlato, per arrivare a fare un secondo passo,<br />

quello dell’approfondimento della conoscenza dell’altro.<br />

Risposta – Mons. Fitzgerald: Per quanto riguarda l’insegnamento<br />

della religione a scuola, vorrei citare la mia esperienza<br />

personale. Prima di entrare in seminario, ho frequentato<br />

una scuola protestante ed ero dunque escluso da ogni corso<br />

di religione, così avevo un catechista che veniva a casa<br />

mia per la catechesi cattolica. Sono dell’idea che la catechesi<br />

non sia compito della scuola, ma della famiglia e della parrocchia.<br />

Capisco però che le famiglie, quando scelgono una<br />

scuola cattolica per i loro figli (mi riferisco alla Gran Bretagna),<br />

si aspettino che essi abbiano una formazione alla fede,<br />

sicché <strong>scarica</strong>no sulla scuola cattolica questo compito. Ma ta-<br />

22 Missione Oggi | agosto-settembre 2009


le responsab<strong>il</strong>ità resta dei genitori e della parrocchia. Vedo la<br />

scuola più come un luogo di cultura, in cui s’insegnano le religioni,<br />

compreso <strong>il</strong> cristianesimo. Spesso, infatti, la tentazione<br />

dei nostri insegnanti è di parlare di tutte le religioni, meno<br />

del cristianesimo. Si deve invece parlare anche del cristianesimo,<br />

dal punto di vista culturale ovvero del suo influsso sulla<br />

realtà di un Paese (come l’Italia, per esempio).<br />

LA TEORIA DEL “COMPIMENTO”<br />

Risposta > Maria A. De Giorgi: Rispondo al don Giuliano<br />

Vallotto che ha sollevato la questione della teoria del “compimento”.<br />

Rispetto a quanto ha affermato, devo ricordare<br />

che <strong>il</strong> punto di riferimento non sono io, cristiano/a, e nemmeno<br />

un certo tipo di cristianesimo storico, né la Chiesa<br />

istituzionale, <strong>il</strong> compimento è Cristo. Cristo è di Dio, non è<br />

nostro. In questo senso, un conto è <strong>il</strong> mistero di Cristo nella<br />

sua pienezza, che è dono di Dio per tutti, un altro la comprensione<br />

che ne abbiamo.<br />

A volte l’identificazione indebita che facciamo tra <strong>il</strong> mistero<br />

che ci supera e trascende e la comprensione che ne abbiamo<br />

crea problema.<br />

Di fronte al mistero di Cristo tutti siamo interpellati, anche<br />

noi che ci diciamo cristiani. Quindi, dire che Cristo è <strong>il</strong><br />

compimento di tutto, dal punto di vista cristiano non è ridurre<br />

l’altro a me o alla comprensione che ho di questo mistero,<br />

ma rimandarlo al mistero di Cristo, che poi è <strong>il</strong> mistero<br />

di Dio, perché Cristo è di Dio.<br />

Risposta > Mons. Fitzgerald: Per quanto riguarda <strong>il</strong> “compimento”,<br />

sono d’accordo con quanto ha detto Maria A. De<br />

Giorgi. Il nostro compito di teologi è di discernere nello Spirito<br />

i valori delle altre religioni, valori che aiutano le persone<br />

ad entrare nel mistero di Cristo. Non dico agli appartenenti<br />

ad altre tradizioni religiose di convertirsi al cristianesimo,<br />

ma di partecipare al mistero di Cristo, al mistero pasquale.<br />

Mi riferisco alla Gaudium et spes (n. 22), dove è detto<br />

che lo Spirito dà la possib<strong>il</strong>ità a tutti, in modi che solo Dio<br />

conosce, di partecipare al mistero pasquale. Ma che cosa significa<br />

“mistero pasquale” È la morte di se stessi per vivere<br />

per gli altri. Questo non si può fare senza la grazia di Dio,<br />

e la grazia viene da Cristo. Questo è quello che ci dice la nostra<br />

fede. Ci sono elementi nelle altre religioni (ad esempio,<br />

la preghiera, <strong>il</strong> digiuno, ecc.) che aiutano le persone a vivere<br />

questo mistero pasquale anche senza riferimento a Cristo.<br />

Mi sembra che sia questo che noi dobbiamo saper vedere.<br />

Non dobbiamo aspettare che gli altri accettino la nostra fede<br />

e nemmeno sacrificare la nostra fede (e teologia) per essere<br />

accettati dagli altri: questo comportamento non appartiene<br />

alla teologia cattolica. Possiamo vedere le altre religioni in<br />

maniera positiva, non come vie di salvezza indipendenti da<br />

Cristo e nemmeno come una semplice “preparazione” a Cristo,<br />

ma come un modo vivo e creativo per giungere a Cristo,<br />

anche senza conoscerlo. A CURA DI FEDERICO TAGLIAFERRI<br />

P. Mario Menin, direttore di Missione Oggi,<br />

introduce i lavori del Convegno.<br />

Missione Oggi | agosto-settembre 2009 23


uone pratiche di dialogo<br />

Ruggero Cavani, sposato con Luisa, ha quattro figlie. Impiegato ai Servizi<br />

Sociali del Comune di Fiorano (Mo), dal 1978 al 1984 ha svolto, insieme ad<br />

un gruppo denominato “Il Senape”, un lavoro di educazione di strada in<br />

un quartiere nel quale vivevano nuclei famigliari con problemi sociali. È<br />

impegnato, insieme alla moglie, sia all’interno della comunità parrocchiale<br />

di Fiorano, dove svolge un’azione di formazione nei confronti di un gruppo<br />

di sposi, sia nell’associazione “Piccola Famiglia delle Figlie e dei Figli di<br />

Maria”, legata alla comunità di Don Giuseppe Dossetti di Monteveglio, che<br />

svolge attività di accoglienza di ragazze madri che hanno subito violenza.<br />

Collabora con l’associazione “Terra, Pace e Libertà” ad un progetto nello<br />

Swaz<strong>il</strong>and a favore di bambini e ragazzi orfani. Insieme alla moglie porta<br />

avanti progetti nel campo degli affidi e delle adozioni. È co-fondatore<br />

dell’esperienza di dialogo interreligioso “Camminare Insieme”. Ha<br />

contribuito alla nascita del Forum Giovani-Korova, movimento che nel<br />

“distretto della ceramica” modenese elabora progetti culturali,<br />

educativi e di carattere sociale. Dal 2005 è presente al<br />

“Tavolo diocesano cattolico-islamico” di Modena.<br />

Camminare<br />

insieme<br />

Cristiani e musulmani<br />

a Fiorano e Sassuolo<br />

Per preparare questo intervento abbiamo ripercorso<br />

<strong>il</strong> cammino fatto insieme, come<br />

gruppo “Camminare insieme”, ripensando le<br />

ragioni del nostro incontrarci e i motivi che ci<br />

fanno continuare insieme. Dobbiamo ringraziare<br />

<strong>il</strong> Signore per i tanti doni che ci ha fatto. In<br />

questi quasi dieci anni di vita possiamo dire che<br />

<strong>il</strong> Signore ci ha tenuti per mano e ci ha fatto fare<br />

cose che nel 2000 sembravano impensab<strong>il</strong>i.<br />

Già nell’apr<strong>il</strong>e del 1997 Papa Giovanni Paolo<br />

II diceva: “La Chiesa guarda con stima ai<br />

musulmani che, lo ricorda anche <strong>il</strong> Conc<strong>il</strong>io Vaticano<br />

II, adorano l’unico Dio, vivente e sussistente,<br />

misericordioso ed onnipotente, creatore<br />

del cielo e della terra che ha parlato agli uomini”.<br />

E continuava: “A questo si deve aggiungere<br />

<strong>il</strong> rispetto che la tradizione islamica ha per<br />

Gesù, che considera un grande profeta, e per<br />

Maria, sua Madre Vergine. Possa tale vicinanza<br />

consentire sempre più una reciproca intesa a livello<br />

umano e spirituale… Dio è unico, e nella<br />

sua giustizia ci chiede di vivere in maniera conforme<br />

alla sua volontà santa, di sentirci fratelli<br />

gli uni gli altri, di impegnarci ad operare affinché<br />

la pace sia garantita nei rapporti umani, ad<br />

ogni livello”. Abbiamo sperimentato nel nostro<br />

24 Missione Oggi | agosto-settembre 2009


Il gruppo<br />

“Camminare insieme”<br />

Dalla fine del 1999 un gruppo di famiglie cristiane si<br />

riunisce ogni giovedì alle ore 19.00 nella casa dell’una o<br />

dell’altra famiglia per la preghiera dei vespri e per consumare<br />

insieme una cena frugale. Questa esperienza,<br />

sicuramente resa possib<strong>il</strong>e dallo Spirito, ha fatto crescere<br />

nel tempo un clima di grande confidenza tra i presenti.<br />

Siamo persone che vivono e/o lavorano a Fiorano<br />

e a Sassuolo, in provincia di Modena, zone conosciute<br />

per la produzione della ceramica.<br />

Nel nostro distretto, per ragioni di lavoro, in questi ultimi<br />

15 anni, sono arrivate persone da ogni parte del<br />

mondo. La stragrande maggioranza, quasi <strong>il</strong> 70%, proviene<br />

dal Maghreb ed è di fede musulmana. Per questo<br />

motivo nei primi mesi del 2001 siamo stati spinti a dar<br />

vita a un progetto complesso, ma affascinante: incontrarci<br />

con alcune famiglie di fede musulmana. La mia<br />

attività lavorativa nel servizio sociale del Comune di<br />

Fiorano e l’impegno amministrativo<br />

a Sassuolo<br />

ha favorito l’incontro, la Dalla fine del 1999 un gruppo<br />

conoscenza e <strong>il</strong> confronto<br />

con molti stranieri e ogni giovedì alle ore 19.00<br />

di famiglie cristiane si riunisce<br />

in modo particolare con nella casa dell’una o dell’altra<br />

un mediatore culturale, famiglia per la preghiera dei<br />

vespri e per consumare<br />

avente un ruolo di responsab<strong>il</strong>ità<br />

all’interno<br />

insieme una cena frugale<br />

della comunità islamica.<br />

L’amicizia con Ouak<strong>il</strong>i<br />

Abdelatif è da considerarsi<br />

<strong>il</strong> punto di partenza di tutta questa esperienza.<br />

Attraverso di lui è stato possib<strong>il</strong>e proporre al “gruppo<br />

del giovedì” l’incontro con alcune famiglie di fede musulmana.<br />

Una volta al mese le famiglie di Abdelatif, Zahi<br />

e Mohammed hanno cominciato a consumare con<br />

noi la cena, durante la quale ci scambiavamo informazioni,<br />

curiosità e aspetti della rispettiva esperienza culturale<br />

e religiosa. Volevamo passare dalle notizie, dalla<br />

diffidenza, dalla paura reciproca, alla conoscenza, all’incontro,<br />

all’ascolto, alla condivisione, affinché col<br />

passare del tempo potessimo essere capaci di capirci ed<br />

apprezzarci. Mantenendo sempre vivo questo aspetto,<br />

della conoscenza reciproca, siamo passati dal piano della<br />

convivialità e della fraternità a quello della ricerca di<br />

“parole comuni”, per esprimere la lode al Dio Unico, e<br />

all’organizzazione di momenti di incontro e di conoscenza<br />

e reciproca per le famiglie del gruppo e per le rispettive<br />

comunità di appartenenza religiosa, quella<br />

cattolica e quella islamica. Questo, in estrema sintesi,è<br />

<strong>il</strong> gruppo “Camminare Insieme”.<br />

cammino di gruppo <strong>il</strong> sentirsi fratelli e sorelle.<br />

Abbiamo cercato di raccogliere in un dvd i momenti<br />

“forti” vissuti insieme. Le strette di mano,<br />

gli abbracci, i sorrisi, gli sguardi sereni, la<br />

convivialità dell’incontro intorno ad una tavola<br />

nel mangiare e gustare un piatto di cous-cous o<br />

di altra specialità, l’ascoltare dalla voce di bambini<br />

e ragazzi, di fedi differenti, la stessa lode a<br />

Dio, parlano sicuramente più di ogni articolata<br />

descrizione o racconto.<br />

LA CRISI DELL’11 SETTEMBRE<br />

Molto importante per <strong>il</strong> gruppo fu <strong>il</strong> periodo<br />

successivo all’11 settembre 2001. Abbiamo<br />

cercato di condividere quel momento tremendo.<br />

Abbiamo mostrato e testimoniato all’esterno<br />

come fosse possib<strong>il</strong>e la comunicazione e <strong>il</strong><br />

dialogo tra cristiani e musulmani anche in quel<br />

frangente. Abbiamo provato, a volte con successo,<br />

a convincere altri amici a non lasciarsi<br />

prendere dalla spirale di odio e di contrapposizione.<br />

Questa attività in forme diverse e più articolate<br />

continua ad esistere, nei confronti degli<br />

stranieri e in particolare verso coloro che vivono<br />

la fede musulmana. Lo abbiamo fatto proponendo<br />

momenti di incontro, di preghiera, di digiuno<br />

e azioni di solidarietà.<br />

In questi anni abbiamo aderito all’iniziativa<br />

della Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico<br />

ormai arrivata alla sua VIII edizione<br />

(27 ottobre 2009). Le Giornate sono state<br />

l’occasione per far incontrare tra loro più persone<br />

e per riflettere sul valore della convivenza.<br />

Nel 2008 vi ha aderito un centinaio di persone.<br />

L’esperienza di tutti questi anni ha fatto cresce-<br />

Volevamo<br />

passare dalle<br />

notizie, dalla<br />

diffidenza, dalla<br />

paura reciproca,<br />

alla conoscenza,<br />

all’incontro,<br />

all’ascolto, alla<br />

condivisione,<br />

affinché col<br />

passare del<br />

tempo<br />

potessimo<br />

essere capaci di<br />

capirci ed<br />

apprezzarci<br />

Siham, del Gruppo<br />

“Camminare Insieme”,<br />

con alcune amiche<br />

di fede musulmana<br />

della città di Brescia<br />

risponde alle domande<br />

di una giornalista<br />

durante <strong>il</strong> Convegno.<br />

buone pratiche di dialogo<br />

Missione Oggi | agosto-settembre 2009 25


uone pratiche di dialogo<br />

re <strong>il</strong> gruppo sia quantitativamente che qualitativamente.<br />

Siamo stati fautori, nel nostro territorio,<br />

dell’iniziativa “Moschee aperte”, abbiamo<br />

promosso la visita di famiglie e di singoli fedeli<br />

musulmani ai nostri luoghi di culto cristiani:<br />

chiese, santuari, conventi. Abbiamo prestato attenzione<br />

ai cosiddetti “momenti forti” delle due<br />

religioni, sempre con <strong>il</strong> dovuto rispetto della reciprocità.<br />

Per esempio, ci siamo incontrati per<br />

riflettere sul Ramadan, ma anche sul Mercoledì<br />

delle Ceneri e sulla Quaresima. Abbiamo orgaqualcosa<br />

sta cambiando anche all’interno delle<br />

comunità islamiche.<br />

I GIOVANI, VERO FUTURO DI QUESTA<br />

ESPERIENZA<br />

Ogni esperienza ha le sue peculiarità. La nostra<br />

ha messo alla base <strong>il</strong> valore dell’amicizia,<br />

della convivialità. Inoltre, abbiamo voluto mettere<br />

al centro del “camminare insieme”, ovvero<br />

della nostra esperienza, <strong>il</strong> valore della fede in<br />

Siamo convinti<br />

che un incontro/<br />

esperienza<br />

come quello che<br />

stiamo<br />

conducendo sia<br />

possib<strong>il</strong>e<br />

soltanto tra<br />

cristiani e<br />

musulmani che<br />

vivono una fede<br />

adulta, matura,<br />

e che, proprio<br />

per questo, non<br />

hanno paura del<br />

confronto<br />

Il Gruppo<br />

“Camminare Insieme”<br />

di Fiorano-Sassuolo (Mo).<br />

nizzato incontri tra alcune donne musulmane e<br />

le monache del Carmelo di Sassuolo. Il momento<br />

più alto è stato l’incontro e la preghiera<br />

dopo l’intervento del Papa a Ratisbona.<br />

Abbiamo portato l’esperienza fuori delle<br />

mura domestiche, facendola diventare nel tempo<br />

un’esperienza anche per le nostre comunità<br />

di riferimento: i nostri sacerdoti e l’imam hanno<br />

condiviso questo percorso e continuano a<br />

farlo. Abbiamo contribuito alla nascita nelle<br />

Diocesi di Reggio Em<strong>il</strong>ia e di Modena dei gruppi<br />

per <strong>il</strong> Dialogo ecumenico e interreligioso, organizzando<br />

incontri sui testi sacri, sulla preghiera<br />

e sul digiuno. Siamo stati davvero aiutati<br />

dal Signore in questo relativamente lungo –<br />

quasi 10 anni – e affascinante cammino. Naturalmente<br />

non è stato un cammino tutto in discesa,<br />

né, come si suol dire, “tutto rose e viole”.<br />

Siamo stati considerati per molto tempo come<br />

delle “mosche bianche”, sia nella nostra comunità<br />

cristiana sia in quella musulmana. Oggi<br />

non è molto diverso, ma sicuramente qualcosa è<br />

cambiato nella Chiesa, nei suoi vari livelli, e<br />

Abbiamo portato<br />

l’esperienza fuori delle<br />

mura domestiche,<br />

facendola diventare<br />

nel tempo<br />

un’esperienza anche<br />

per le nostre comunità<br />

di riferimento: i nostri<br />

sacerdoti e l’imam<br />

hanno condiviso<br />

questo percorso e<br />

continuano a farlo<br />

Dio, secondo noi cristiani e secondo i nostri<br />

amici musulmani. Siamo convinti che un incontro/esperienza<br />

come quello che stiamo conducendo<br />

sia possib<strong>il</strong>e soltanto tra cristiani e musulmani<br />

che vivono una fede adulta, matura, e che,<br />

proprio per questo, non hanno paura del confronto.<br />

L’obiettivo del nostro gruppo non è mai<br />

R. CAVANI<br />

26 Missione Oggi | agosto-settembre 2009


Preghiera del gruppo<br />

CAMMINARE INSIEME<br />

per la settima giornata ecumenica<br />

del dialogo cristiano-islamico<br />

(ottobre 2008)<br />

GRAZIE, SIGNORE<br />

“O Dio grazie di averci fatti incontrare e di<br />

non aver avuto paura delle differenze che<br />

esistono tra di noi.<br />

O Dio siamo uomini e donne che pur venendo<br />

da esperienze, popoli, culture e religioni<br />

diverse abbiamo immensa fiducia in Te.<br />

O Dio fa’ in modo che le nostre comunità che<br />

vivono ed operano in questa territorio<br />

riescano a rispettarsi e ad apprezzarsi.<br />

O Dio che sei grande nella misericordia regala<br />

a noi e al mondo intero <strong>il</strong> dono della Pace e<br />

della Concordia.<br />

O Dio non vogliamo stancarci di essere segni<br />

e strumenti di riconc<strong>il</strong>iazione.<br />

O Dio vogliamo essere a servizio della Verità<br />

e dell’Amore.<br />

O Dio noi crediamo tantissimo nella forza e<br />

nella potenza della Preghiera e ci<br />

impegniamo da oggi a ricordarci<br />

reciprocamente in essa”.<br />

stato <strong>il</strong> proselitismo o la conversione reciproca,<br />

ma un vero dialogo alla ricerca di “parole comuni”,<br />

di ciò che unisce, senza dimenticare ciò che<br />

ci fa differenti. Abbiamo potuto sperimentare<br />

un’idea diversa di missionarietà, di evangelizzazione.<br />

Non siamo stati (e non stiamo) con “loro”,<br />

né “loro” con noi perché ci vogliamo convertire<br />

a vicenda, ma perché viviamo nello stesso<br />

territorio, condividiamo la stessa fede nel padre<br />

Abramo e vogliamo che i nostri figli crescano<br />

nella pace e nel rispetto reciproco.<br />

I figli, i giovani, sono un altro capitolo molto<br />

importante di questa esperienza. Il vero futuro<br />

del dialogo sono loro. Giovani, ragazzi e ragazze<br />

meglio inseriti in questa società, nella<br />

scuola, possono costruire un tessuto sociale e<br />

interreligioso diverso. “Sono loro la nostra speranza,<br />

perché hanno meno pregiudizi, sono disponib<strong>il</strong>i<br />

al dialogo, hanno potuto sperimentare<br />

che l’incontro tra diversi è possib<strong>il</strong>e, ut<strong>il</strong>e, indispensab<strong>il</strong>e”,<br />

ha detto Khawula, una donna palestinese,<br />

durante un momento conviviale.<br />

PRESE DI POSIZIONE E UNA PREGHIERA<br />

Vorrei concludere con alcune frasi, alcune<br />

prese di posizione e una preghiera che penso ci<br />

possano aiutare a cogliere, più di ogni altra parola,<br />

come sono state segnate le persone che<br />

hanno dato vita e che continuano a portare<br />

avanti <strong>il</strong> gruppo “Camminare Insieme”.<br />

La prima è tratta da alcune considerazioni<br />

fatte da Oauk<strong>il</strong>i durante un incontro pubblico:<br />

“Il dvd che abbiamo visto questa sera è stato<br />

preparato mentre io ero con la famiglia in Marocco.<br />

Quando sono tornato Ruggero me lo ha<br />

mostrato… Mi sono commosso, mi sono messo<br />

a piangere, perché questo mio fratello cristiano,<br />

aveva fatto ciò che io volevo fare, nel modo in<br />

cui lo avrei fatto io”. E continuava: “Questo tipo<br />

di dialogo può avvenire solo tra persone speciali,<br />

molto avanti nel cammino di fede e soprattutto<br />

capaci di aprire <strong>il</strong> cuore in un modo<br />

straordinario, cosa non comune né tra i cristiani<br />

né tra i musulmani”. E ha precisato: “Penso che<br />

alla base di tutto ci debba essere um<strong>il</strong>tà; io non<br />

sono tanto migliore di tanti miei fratelli e sorelle:<br />

siamo tutti peccatori e abbiamo tutti bisogno<br />

della misericordia di Dio”.<br />

La seconda è un’affermazione che fece un<br />

paio di anni fa una giovane musulmana, Siham,<br />

dopo essere stata, per la prima volta, al Carmelo<br />

di Sassuolo: “È stato un incontro molto particolare<br />

con sensazioni contrastanti. Alla veduta<br />

della grata che ci divideva e sentendo che le<br />

monache non escono mai, se non per problemi<br />

di salute, mi sono domandata <strong>il</strong> perché di tutto<br />

ciò. Perché tante ragazze della mia età fanno<br />

una scelta così diffic<strong>il</strong>e, in un certo senso incomprensib<strong>il</strong>e<br />

Poi, durante <strong>il</strong> colloquio, vedendole<br />

serene, libere, scherzose, capaci di battute<br />

e anche informate su quello che avveniva<br />

nel mondo, ho pensato che un’esperienza come<br />

quella potesse avere un senso. Io, se passo alcuni<br />

giorni in casa perché sono malata o perché<br />

devo preparare un esame, sto male o vado un<br />

po’ in ansia. Lì sono mesi, anni che non escono.<br />

Probab<strong>il</strong>mente la fede in Dio e tanto coraggio le<br />

sta aiutando a sperimentare una vita che agli occhi<br />

della società non avrebbe alcun senso. Questo<br />

momento mi ha offerto la possib<strong>il</strong>ità di avvicinare<br />

dei cristiani anche in un modo che non<br />

pensavo esistesse”.<br />

RUGGERO CAVANI<br />

Non siamo stati<br />

(e non stiamo)<br />

con “loro”, né<br />

“loro” con noi<br />

perché<br />

ci vogliamo<br />

convertire<br />

a vicenda, ma<br />

perché viviamo<br />

nello stesso<br />

territorio,<br />

condividiamo la<br />

stessa fede nel<br />

padre Abramo e<br />

vogliamo che i<br />

nostri figli<br />

crescano nella<br />

pace e nel<br />

rispetto<br />

reciproco<br />

buone pratiche di dialogo<br />

Missione Oggi | agosto-settembre 2009 27


spiritualità del dialogo<br />

Per una<br />

spiritualità<br />

del dialogo<br />

interreligioso<br />

MICHAEL L. FITZGERALD<br />

Il Pontificio Consiglio per <strong>il</strong> Dialogo Interreligioso<br />

(PCDI), dopo aver pubblicato due documenti<br />

sul dialogo, L’atteggiamento della<br />

Chiesa di fronte ai seguaci di altre religioni: riflessioni<br />

e orientamenti su Dialogo e Missione<br />

(1984) e Dialogo e annuncio: riflessioni e<br />

orientamenti sul dialogo interreligioso e l’annuncio<br />

del Vangelo di Gesù Cristo (1991),<br />

avrebbe voluto pubblicarne un terzo, appunto<br />

sulla spiritualità del dialogo.<br />

L’assemblea plenaria del PCDI, nel 1995,<br />

aveva messo in agenda un tema duplice: <strong>il</strong> dialogo<br />

della spiritualità e la spiritualità del dialogo.<br />

Il programma comportava in primo luogo la<br />

presentazione del concetto di santità, secondo<br />

diverse tradizioni religiose: la Religione Tradizionale<br />

Africana, l’Induismo, <strong>il</strong> Buddhismo,<br />

l’Islam e <strong>il</strong> Cristianesimo. In secondo luogo due<br />

interventi sul dialogo dell’esperienza religiosa,<br />

uno riguardante <strong>il</strong> dialogo interreligioso monastico,<br />

e l’altro, di Jean Vanier, basato sull’esperienza<br />

dell’Arche e del movimento Fede e Luce<br />

(per i testi, cfr. la rivista Pro Dialogo 92, 1996).<br />

Tre anni dopo, un’altra assemblea plenaria,<br />

in vista del Grande Giub<strong>il</strong>eo dell’Anno 2000,<br />

considerava <strong>il</strong> tema Chiamati alla conversione<br />

di cuore (“metanoia”, cfr. Pro Dialogo 101,<br />

1999). Nel corso dell’assemblea i vescovi<br />

membri hanno chiesto la redazione di un documento<br />

specifico sulla spiritualità del dialogo e<br />

28 Missione Oggi | agosto-settembre 2009


Disposizioni<br />

per <strong>il</strong> dialogo<br />

A<br />

lcuni paragrafi di DA sono dedicati<br />

alle disposizioni necessarie perché<br />

<strong>il</strong> dialogo con altri credenti sia proficuo:<br />

“Il dialogo richiede un atteggiamento<br />

equ<strong>il</strong>ibrato”; le persone che vogliono<br />

entrare in dialogo “non dovrebbero<br />

essere né troppo ingenue né ipercritiche,<br />

bensì aperte e accoglienti”; si<br />

parla di “disinteresse”, “imparzialità”,<br />

che non significa indifferenza, ma piuttosto<br />

espressione d’amore che non cerca<br />

<strong>il</strong> proprio interesse. Si attira l’attenzione<br />

sulla necessità di “accettazione<br />

delle differenze, nonché delle possib<strong>il</strong>i<br />

contraddizioni”. Il documento termina<br />

menzionando “la volontà di impegnarsi<br />

insieme a servizio della verità e la<br />

prontezza a lasciarsi trasformare dell’incontro”<br />

(DA 47). Si tratta di disposizioni<br />

assai impegnative.<br />

Un’altra condizione per un vero dialogo<br />

è una salda convinzione religiosa. Entrando<br />

in dialogo, non c’è nessun bisogno<br />

di mettere da parte le proprie convinzioni<br />

religiose. “È vero <strong>il</strong> contrario: la<br />

sincerità del dialogo interreligioso esige<br />

che vi si entri con l’integrità della propria<br />

fede”. Allo stesso tempo ci vuole<br />

considerazione per le convinzioni altrui<br />

e apertura ai valori delle tradizioni religiose<br />

altre (DA 48).<br />

Ci vuole soprattutto una grande apertura<br />

alla verità. Il dialogo è stato descritto<br />

come un incontro con persone di<br />

altre tradizioni religiose “per camminare<br />

verso la verità” (DM 13). Si potrebbe<br />

obiettare che noi conosciamo già la verità,<br />

perché Cristo è via, verità e vita.<br />

Dobbiamo ricordare che “la pienezza<br />

della verità ricevuta in Gesù Cristo non<br />

dà ai singoli cristiani la garanzia di<br />

aver assim<strong>il</strong>ato pienamente tale verità.<br />

In ultima analisi, la verità non è qualcosa<br />

che possediamo, ma una persona<br />

da cui dobbiamo lasciarci possedere. Si<br />

tratta quindi di un processo senza fine”<br />

(DA 49). In questo processo, tramite l’incontro<br />

interreligioso, si può dare e ricevere,<br />

vincere i pregiudizi, rivedere le<br />

idee preconcette, e così arrivare ad una<br />

comprensione purificata della fede.<br />

spiritualità del dialogo<br />

hanno suggerito al Card. Arinze di inviare alle<br />

Conferenze episcopali di tutto <strong>il</strong> mondo una lettera<br />

chiedendo un parere sul progetto. La lettera<br />

toccava i seguenti punti: Dio è amore e comunione;<br />

Dio si comunica all’umanità; la necessità<br />

della conversione continua a Dio;<br />

l’identità cristiana nel dialogo; <strong>il</strong> necessario<br />

equ<strong>il</strong>ibrio tra annuncio e dialogo; la necessità<br />

di capire la posizione di altri credenti; l’importanza<br />

della preghiera e del sacrificio (cfr. Pro<br />

Dialogo 101, 1999, pp.266-270). In seguito fu<br />

redatto un documento, esaminato dai vescovi<br />

membri dell’assemblea plenaria, nel 2001, ma<br />

mai pubblicato, perché privo della necessaria<br />

approvazione previa della Congregazione per la<br />

Dottrina della Fede. Probab<strong>il</strong>mente non fu approvato<br />

per paura del relativismo. Il testo non<br />

voleva semplicemente ripetere gli insegnamenti<br />

dei due primi documenti del PCDI, dove <strong>il</strong><br />

dialogo è presentato come una parte integrante<br />

della missione della Chiesa. Senza questa precisazione,<br />

si temeva forse che <strong>il</strong> nuovo documento<br />

potesse essere inteso come una legittimazione<br />

alla pari di tutte le religioni.<br />

È stato un errore pensare che i due primi documenti,<br />

Dialogo e missione (DM) e Dialogo e<br />

annuncio (DA), fossero abbastanza conosciuti,<br />

al punto da dispensare la pubblicazione di un<br />

terzo. In ogni modo, nella mia presentazione<br />

partirò da questi primi due documenti.<br />

IL FONDAMENTO TEOLOGICO-TRINITARIO<br />

Le disposizioni descritte sono atteggiamenti<br />

umani e spirituali, ma nella loro presentazione<br />

non è indicata la fonte teologica che può servire<br />

da base per una spiritualità del dialogo. Troviamo<br />

una bella presentazione del fondamento<br />

teologico per <strong>il</strong> dialogo nel documento DM che<br />

ci propone una spiritualità squisitamente trinitaria.<br />

Può sembrare paradossale basare la spiritualità<br />

del dialogo su di un elemento della no-<br />

Missione Oggi | agosto-settembre 2009 29


spiritualità del dialogo<br />

Non tutto è<br />

perfetto nelle<br />

religioni, come<br />

non tutto è<br />

necessariamen<br />

te perfetto nel<br />

modo di<br />

praticare la<br />

fede cristiana.<br />

L’onestà ci<br />

induce ad<br />

ammetterlo<br />

PER SAPERNE DI PIU’<br />

Michael L. Fitzgerald,<br />

Dio sogna l’unità.<br />

I cattolici e le religioni,<br />

Città Nuova, Roma 2007<br />

presso:<br />

libreria@saveriani.bs.it<br />

stra fede cristiana che può incontrare opposizione<br />

in persone di altre religioni. Va detto però<br />

che non siamo alla ricerca di ragioni comuni<br />

per impegnarsi nel dialogo, ma di motivazioni<br />

cristiane per tale impegno.<br />

DM ci dice che “nel mistero trinitario la rivelazione<br />

ci fa intravedere una vita di comunione e<br />

di interscambio” (DM 22). Notiamo <strong>il</strong> termine<br />

“intravedere”. Siamo lungi dall’avere una conoscenza<br />

piena della SS. Trinità; nondimeno possiamo<br />

capire che l’unità non equivale ad assorbimento,<br />

ma è compatib<strong>il</strong>e con differenze fondamentali.<br />

Se nella Trinità esiste la comunione tra<br />

le Tre Persone, nel rispetto delle caratteristiche<br />

di ognuna, la ricerca di comunione tra persone di<br />

diverse religioni deve rispettare le differenze. Il<br />

fatto che siamo ancora “in via” ci permette di godere<br />

una comunione ancora imperfetta. Se questo<br />

è vero per <strong>il</strong> dialogo ecumenico, cioè tra cristiani,<br />

lo è a fortiori per <strong>il</strong> dialogo interreligioso.<br />

Dopo questa considerazione generale passiamo<br />

ora ad esaminare <strong>il</strong> ruolo attribuito dalla<br />

Tradizione ad ogni singola Persona della SS.<br />

Trinità. “In Dio Padre noi contempliamo un<br />

amore preveniente senza confini di spazio e di<br />

tempo”. Tutto comincia con l’amore di Dio e finisce<br />

in Lui. Lui è all’origine di ogni creatura,<br />

ed è <strong>il</strong> loro destino. È l’insegnamento del primo<br />

paragrafo della Nostra aetate basato sulle Scritture.<br />

Di conseguenza, l’amore di Dio non si trova<br />

solo dove esiste la fede in Cristo, dove è impiantata<br />

la Chiesa, ma in ogni parte del mondo.<br />

Ciò vale anche per <strong>il</strong> fattore tempo: l’amore di<br />

Dio si rivela dall’inizio della creazione fino alla<br />

fine dei tempi. “L’universo e la storia sono ricolmi<br />

dei suoi doni. Ogni realtà e ogni evento<br />

sono avvolti dal suo amore”. Possiamo capire la<br />

pertinenza di questa considerazione per le sociètà<br />

che danno una grande importanza agli<br />

antenati. L’amore di Dio li abbraccia anche se<br />

non sono mai diventati cristiani.<br />

Ricordando la necessità di un atteggiamento<br />

equ<strong>il</strong>ibrato, dobbiamo riconoscere<br />

l’esistenza del male. Non tutto è perfetto<br />

nelle religioni, come non tutto è necessariamente<br />

perfetto nel modo di praticare<br />

la fede cristiana. L’onestà ci induce ad<br />

ammetterlo. Ma la fede ci fa constatare<br />

che “nonostante <strong>il</strong> manifestarsi talora<br />

violento del male, nella vicenda di ogni uomo<br />

e di ogni popolo è presente la forza della<br />

grazia che eleva e redime”. Di conseguenza, <strong>il</strong><br />

compito della Chiesa è di “scoprire, portare alla<br />

luce, far maturare tutte le ricchezze che <strong>il</strong><br />

Padre ha nascosto nella creazione e nella storia”.<br />

Essa fa questo per “celebrare la gloria di<br />

Dio nella liturgia” – portiamo gli altri credenti<br />

nelle nostre preghiere, personali e liturgiche;<br />

dimostriamo una vicinanza spirituale, specialmente<br />

nell’occorrenza delle feste. Essa promuove<br />

“la circolazione tra tutti gli uomini dei<br />

doni del Padre” (DM 22). Troviamo qui un incoraggiamento<br />

a praticare lo scambio dei doni,<br />

come nell’ecumenismo.<br />

Passando alla Seconda Persona della SS.<br />

Trinità, al Dio Figlio, DM fa riferimento alla<br />

prima enciclica di Giovanni Paolo II, Redemptor<br />

hominis: “Ogni uomo senza eccezione alcuna<br />

è stato redento da Cristo, e con l’uomo,<br />

con ciascun uomo senza eccezione, Cristo è in<br />

qualche modo unito, anche quando quell’uomo<br />

non è di ciò consapevole” (RH 14). Nel Vangelo<br />

di Matteo, al capitolo 25, Gesù s’identifica<br />

con quelli che soffrono, e ciò dovrebbe avere<br />

un’incidenza sul nostro modo di comportarci.<br />

L’incontro con un’altra persona è sempre un incontro<br />

con Cristo. È un principio cristiano che<br />

si applica ai rapporti interreligiosi, perché<br />

l’unione di Cristo con l’umanità non conosce<br />

frontiere. “In Dio Spirito Santo, la fede ci fa<br />

30 Missione Oggi | agosto-settembre 2009


scorgere quella forza di vita, di movimento e di<br />

rigenerazione perenne (cfr. LG 4) che agisce<br />

nella profondità delle coscienze, e accompagna<br />

<strong>il</strong> cammino segreto dei cuori verso la Verità<br />

(cfr. GS 22)”. Il testo ben conosciuto di Gaudium<br />

et spes 22 ci insegna che lo Spirito Santo<br />

dà a tutti la possib<strong>il</strong>ità di venire a contatto, nel<br />

modo che Dio conosce, col mistero pasquale.<br />

Per ciò l’azione dello Spirito è universale, e non<br />

è ristretto ai confini del corpo mistico di Cristo.<br />

Papa Giovanni Paolo II ha sv<strong>il</strong>uppato la dottrina<br />

sullo Spirito Santo nell’enciclica Dominum<br />

et vivificantem e poi nell’enciclica missionaria<br />

Redemptoris missio. Basandosi sull’insegnamento<br />

di Lumen gentium e Ad gentes, sottolinea<br />

che l’azione dello Spirito non si restringe<br />

agli individui ma influisce sulle tradizioni, sui<br />

riti e sulle culture dei popoli.<br />

Quale sarà <strong>il</strong> compito della Chiesa di fronte<br />

all’azione universale dello Spirito In primo<br />

luogo viene <strong>il</strong> discernimento, per cercare di<br />

vedere i segni della presenza dello Spirito.<br />

Poi, la Chiesa deve essere attenta ai suggerimenti<br />

dello Spirito, pronta a “seguirlo dovunque<br />

Egli la conduca”. Infine, “servirlo come<br />

collaboratrice um<strong>il</strong>e e discreta” (DM 24). Gli<br />

aggettivi qualificativi sono importanti. Noi<br />

non siamo i maestri del dialogo, ma i servitori<br />

della verità; dobbiamo perciò evitare ogni dominio,<br />

cosciente o incosciente, cercando d’imporre<br />

le nostre vedute, ma invece esporre le<br />

nostre idee con semplicità e sincerità, lasciando<br />

<strong>il</strong> risultato a Dio. “Tutti, i cristiani e i seguaci<br />

delle altre tradizioni religiose, sono invitati<br />

da Dio stesso a entrare nel mistero della<br />

sua pazienza, come esseri umani che cercano<br />

la sua luce e la sua verità. Dio solo conosce i<br />

tempi e le tappe del compimento di questa lunga<br />

ricerca umana” (DA 84).<br />

Nei documenti della Chiesa troviamo davvero<br />

i fondamenti di una spiritualità del dialogo<br />

interreligioso, che è di natura contemplativa ma<br />

che sfocia nell’azione.<br />

LE SACRE SCRITTURE<br />

Non voglio intrattenermi qui sulla spiritualità<br />

biblica del dialogo, ma solo accennare brevemente<br />

ad alcuni testi suggestivi. Mi limito ad<br />

elencarli: Gv 1,1-14 (<strong>il</strong> prologo: <strong>il</strong> Verbo in<br />

mezzo all’umanità); Lc 1, 39-56 (la visitazione:<br />

incontro nello Spirito; l’azione di Dio nella vita);<br />

Mt 2, 1-12 (i Magi cercano <strong>il</strong> Signore, offrono<br />

doni, tornano al loro paese); Mt 3, 13-17<br />

(battesimo di Gesù, in mezzo ai peccatori); Mt<br />

9, 10-13 (Gesù a tavola con i peccatori); Gv 4,<br />

1-39 (Gesù e la Samaritana); Mc 5, 1-20 (Gesù<br />

guarisce un uomo posseduto e gli dice di tornare<br />

a casa); Mc 7, 24-30 (Gesù e la donna di origine<br />

siro-fenicia); Gv 13, 1-17 (Gesù lava i piedi<br />

dei discepoli, compreso Giuda); F<strong>il</strong> 2, 1-11<br />

(l’um<strong>il</strong>tà secondo l’esempio di Gesù); F<strong>il</strong> 4, 8<br />

(riconoscimento di tutto ciò che è vero, nob<strong>il</strong>e,<br />

ecc.); 1 Pt 3, 15-17 (rispondere indicando la ragione<br />

della speranza che è in noi).<br />

TESTIMONI DI DIALOGO<br />

DM 17 propone due modelli per <strong>il</strong> dialogo<br />

interreligioso: Francesco d’Assisi, che invia i<br />

suoi frati “in mezzo” ai musulmani, per testimoniare<br />

più che per predicare; Charles de Foucauld,<br />

che diviene <strong>il</strong> fratello universale.<br />

NOTE CONCLUSIVE<br />

Le relazioni ecumeniche ed interreligiose<br />

hanno finalità radicalmente differenti, da una<br />

“Tutti, i cristiani<br />

e i seguaci delle<br />

altre tradizioni<br />

religiose, sono<br />

invitati da Dio<br />

stesso a entrare<br />

nel mistero della<br />

sua pazienza,<br />

come esseri<br />

umani che<br />

cercano la sua<br />

luce e la sua<br />

verità. Dio solo<br />

conosce i tempi<br />

e le tappe del<br />

compimento di<br />

questa lunga<br />

ricerca umana”<br />

spiritualità del dialogo<br />

“In Dio Padre noi contempliamo un amore preveniente senza confini di spazio e di tempo”.<br />

Tutto comincia con l’amore di Dio e finisce in Lui. Lui è all’origine di ogni creatura, ed è <strong>il</strong><br />

loro destino. È l’insegnamento del primo paragrafo della Nostra aetate basato sulle<br />

Scritture. Di conseguenza, l’amore di Dio non si trova solo dove esiste la fede in Cristo,<br />

dove è impiantata la Chiesa, ma in ogni parte del mondo. Ciò vale anche per <strong>il</strong> fattore<br />

tempo: l’amore di Dio si rivela dall’inizio della creazione fino alla fine dei tempi<br />

Missione Oggi | agosto-settembre 2009 31


spiritualità del dialogo<br />

Il rispetto deriva<br />

dalla<br />

convinzione che<br />

Dio non opera<br />

solo nel cuore<br />

degli individui,<br />

ma anche nei riti<br />

e nelle tradizioni<br />

delle loro<br />

comunità.<br />

Sappiamo che<br />

questo rispetto<br />

non sempre è<br />

stato<br />

manifestato<br />

parte l’unità di tutti i cristiani, dall’altra la pace<br />

e l’armonia tra persone di diverse religioni.<br />

Mostrano però una sim<strong>il</strong>arità di spirito e spesso<br />

usano metodi sim<strong>il</strong>i. Senza entrare in dettaglio,<br />

è possib<strong>il</strong>e segnalare <strong>il</strong> rispetto, l’amore e<br />

l’um<strong>il</strong>tà come elementi essenziali dello spirito,<br />

sia nelle relazioni ecumeniche che interreligiose<br />

(cfr. M.L. FITZGERALD, Dialogo interreligioso.<br />

Il punto di vista cattolico, San Paolo, M<strong>il</strong>ano<br />

2007, pp.195-197).<br />

Il rispetto deriva dalla convinzione che Dio<br />

non opera solo nel cuore degli individui, ma anche<br />

nei riti e nelle tradizioni delle loro comunità.<br />

Sappiamo che questo rispetto non sempre è<br />

stato manifestato. Quando <strong>il</strong> Conc<strong>il</strong>io ha dichiarato<br />

nella Nostra aetate che “la Chiesa ha anche<br />

un grande rispetto per i musulmani” (NA 3), tale<br />

affermazione ha stupito molti cattolici. Le<br />

tradizioni religiose richiedono <strong>il</strong> nostro rispetto,<br />

perché testimoniano gli sforzi di cercare risposte<br />

“a quei profondi misteri della condizione<br />

umana” (NA 1) che hanno tormentato le menti<br />

ed i cuori umani fin dall’inizio dei tempi. Vanno<br />

anche trattate con rispetto a motivo dei valori<br />

spirituali e umani che racchiudono. In termini<br />

ecumenici possiamo pensare alle tradizioni<br />

liturgiche e spirituali delle Chiese d’Oriente, all’attenzione<br />

data alla Parola di Dio dalle varie<br />

comunità protestanti, alla vitalità della preghiera<br />

fra i pentecostali, mentre riguardo alle altre<br />

religioni si può ricordare l’attenzione speciale<br />

alla famiglia durante la celebrazione dello<br />

Shabbat, la ricca tradizione Sufi nell’Islam e lo<br />

spirito di servizio fra i Sikh.<br />

Questo rispetto ha delle conseguenze pratiche.<br />

Significa fare attenzione al modo in cui si<br />

parla delle altre persone. Il decreto conc<strong>il</strong>iare<br />

sull’ecumenismo stab<strong>il</strong>isce che si deve fare<br />

ogni sforzo “per eliminare parole, giudizi ed<br />

opere che non rispecchiano con equità e verità<br />

la condizione dei fratelli separati e perciò rendono<br />

più diffic<strong>il</strong>i le mutue relazioni con essi”<br />

(UR 4). Ciò si può certamente applicare alle nostre<br />

relazioni con persone di altre religioni e,<br />

sarebbe auspicab<strong>il</strong>e, alle loro relazioni con noi.<br />

Un’applicazione forse si trova nel non parlare<br />

più di “fratelli separati”, come cerchiamo di<br />

evitare l’espressione “non-cristiani”.<br />

Tuttavia, rispetto non significa indifferenza<br />

o lasciar fare. Quando è unito all’amore vede<br />

gli altri cristiani e le persone di altre religioni,<br />

come fratelli e sorelle, membri dell’unica famiglia<br />

umana. Giovanni Paolo II nell’enciclica<br />

sull’ecumenismo, Ut unum sint, ha sottolineato<br />

alcune applicazioni di questa “fraternità universale”.<br />

Ha parlato di comunità che una volta erano<br />

rivali e che ora si aiutano reciprocamente<br />

nell’affrontare questioni come i luoghi di culto,<br />

l’assegnazione di borse di studio per favorire<br />

studi e ricerche, la pressione sulle autorità civ<strong>il</strong>i<br />

a nome di coloro che sono perseguitati, <strong>il</strong> ristab<strong>il</strong>imento<br />

del buon nome di coloro che sono<br />

stati diffamati (cfr. UUS 42). Tutto ciò si può<br />

applicare, mutatis mutandis, alle relazioni interreligiose.<br />

Il documento DA sottolinea che lo<br />

spirito di fraternità porta ad agire in maniera altruista:<br />

“È necessario lottare a favore dei diritti<br />

dell’uomo, proclamare le esigenze della giustizia,<br />

e denunciare le ingiustizie non solo quando<br />

ne sono vittima i propri membri, ma indipendentemente<br />

dall’appartenenza religiosa delle<br />

vittime. È necessario anche che tutti si associno<br />

per cercare di risolvere i grandi problemi che la<br />

società e <strong>il</strong> mondo devono affrontare, e per promuovere<br />

l’educazione a favore della giustizia e<br />

della pace” (DA 44).<br />

L’appello si rivolge prima di tutto ai cristiani,<br />

alle Chiese locali, ma si spera che abbia<br />

un’applicazione più ampia.<br />

Infine, si può indicare l’um<strong>il</strong>tà come un requisito<br />

essenziale per giuste relazioni ecumeniche<br />

ed interreligiose. Per quanto possiamo essere<br />

convinti che la nostra tradizione religiosa ci<br />

insegni la verità – e noi come cristiani professiamo<br />

che Gesù Cristo è la via, la verità e la vita<br />

–, sappiamo che non abbiamo pienamente<br />

compreso quella verità. Siamo pellegrini, cercatori<br />

di Dio durante tutto <strong>il</strong> nostro soggiorno<br />

terreno. Siamo consapevoli dei nostri limiti:<br />

non siamo perfetti. Questo è un bene per noi in<br />

quanto individui, ma anche per le nostre comunità,<br />

che hanno sempre la necessità di rinnovarsi<br />

e riformarsi. Soprattutto, siamo consapevoli<br />

che è Dio che governa l’universo e che <strong>il</strong> nostro<br />

compito è seguire i suggerimenti dello Spirito.<br />

La certezza che lo Spirito ci guida è fonte di coraggio<br />

e perseveranza. Quando affrontiamo<br />

ostacoli, incomprensioni, possiamo trarre conforto<br />

dal fatto di essere sotto la protezione di<br />

Dio. Possiamo renderci conto che siamo “invitati<br />

da Dio stesso ad entrare nel mistero della<br />

sua pazienza, come esseri umani che cercano la<br />

sua luce e la sua verità”, poiché “soltanto Dio<br />

conosce i tempi e le tappe di questa lunga ricerca<br />

umana” (DA 84). MICHAEL L. FITZGERALD<br />

32 Missione Oggi | agosto-settembre 2009


Giuliano Zatti è sacerdote della Diocesi di Padova. Ha studiato<br />

teologia alla Pontificia Università Gregoriana di Roma e<br />

al PISAI (Pontificio Istituto di Studi Arabi e Islamistica). È<br />

impegnato nella pastorale e nell’insegnamento nella Facoltà<br />

Teologica del Triveneto a Padova. Attualmente è responsab<strong>il</strong>e<br />

del Servizio diocesano per le relazioni cristianoislamiche.<br />

Ha curato <strong>il</strong> volume Il Corano. Traduzioni, traduttori<br />

e lettori in Italia, IPL, M<strong>il</strong>ano 2000; un suo recente studio è apparso<br />

sulla rivista “Islamochristiana”, L’islam d’Italia: racconto<br />

di un percorso (33/2007, pp. 163-197).<br />

forum di discussione<br />

La fatica<br />

di mettersi<br />

in discussione<br />

MI RICONOSCO UN SEMPLICE “MANOVALE DEL<br />

DIALOGO” E MI SENTO PIENO DI PUDORE QUAN-<br />

DO PENSO E PARLO DI ARGOMENTI SIMILI: LA<br />

“RETORICA DEL DIALOGO” E LE PAROLE IN PIÙ<br />

SONO SEMPRE A PORTATA DI MANO. PROVO CO-<br />

MUNQUE A DIRE ALCUNE COSE.<br />

LO SGUARDO DELLA PASTORALE<br />

Q<br />

uando la diocesi di Padova si è esposta in<br />

modo preciso sulla questione dei luoghi di<br />

culto per i musulmani, nel maggio 2008, al sito<br />

del Servizio diocesano per le relazioni cristiano-islamiche<br />

sono giunte diverse ma<strong>il</strong> di tenore<br />

diverso. Una riportava queste parole: “Mi rammarica<br />

molto vedere che la curia intraprende<br />

questo tipo di iniziative di sottomissione e sconfitta<br />

nei confronti di una cultura (ho i miei dubbi<br />

a definirla “cultura”) arrogante e prepotente.<br />

Ricordo una volta i preti che aiutavano le famiglie,<br />

ora l’obiettivo dei vostri aiuti sembra essere<br />

cambiato... e poi ci domandiamo come mai le<br />

persone non vanno più a messa! Con rispetto”. E<br />

altre ancora: “i musulmani sono gentaglia falsa<br />

e assassina”; “tutto è relativo”; “la Chiesa tradisce<br />

gli italiani e dovrebbe vergognarsi”; alcuni<br />

non hanno disdegnato lezioni di catechismo e<br />

Bibbia, citando, con 1 Gv, <strong>il</strong> seduttore e l’anticristo<br />

e hanno anche ipotizzato che la Chiesa<br />

Missione Oggi | agosto-settembre 2009 33


forum di discussione<br />

Ragionare di<br />

Islam è anche<br />

ragionare di me,<br />

di quel “faccia a<br />

faccia” che<br />

caratterizza<br />

tutte le relazioni,<br />

portando spesso<br />

reciproci luoghi<br />

comuni,<br />

fraintendimenti<br />

di parole,<br />

cambiamento di<br />

prospettiva<br />

e ferite<br />

stia “svendendo Gesù per trenta denari”. È abbastanza<br />

evidente che i nostri tempi sono caratterizzati<br />

anche da un nuovo integralismo di marca<br />

cristiana del tutto inedito: una sorta di cristianesimo<br />

senza Dio, “galateo pratico di precetti senza<br />

anima” (Ezio Mauro), che non trae le dovute<br />

conseguenze dalle premesse che lo fondano.<br />

Nella “letteratura” di cui vi ho dato qualche<br />

esempio ritrovo <strong>il</strong> fervore di quelli che Rémi<br />

Brague (in Europe. La voie romaine, 1992) definisce<br />

i “cristianisti”, ovvero non tanto coloro che<br />

credono in Cristo, ma quelli che esaltano e difendono<br />

la civ<strong>il</strong>tà cristiana in quanto tale a prescindere<br />

da Cristo e senza averlo mai incontrato nella<br />

propria vita. Lo st<strong>il</strong>e correttamente evangelico<br />

ha poco a che spartire con la pretesa di arruolare<br />

Dio per fini ideologici: <strong>il</strong> seguace di Gesù dovrebbe<br />

essere un discepolo, non un m<strong>il</strong>itante (cfr.<br />

E. BIANCHI, Avvenire, 10.12.2004).<br />

Perché dico questo Perché mi sono accorto<br />

– per me stesso, prima di tutto e poi per gli altri<br />

I relatori della seconda<br />

parte del Convegno<br />

durante <strong>il</strong> Forum<br />

pomeridiano di discussione,<br />

moderato<br />

dal p. Marcello Storgato<br />

(direttore<br />

di <strong>Missionari</strong> <strong>Saveriani</strong>).<br />

– che affacciarsi sugli argomenti di questa nostra<br />

giornata può risultare devastante. Per quanto<br />

mi riguarda, mi sono accorto che ragionare di<br />

Islam è anche ragionare di me, di quel “faccia a<br />

faccia” che caratterizza tutte le relazioni, portando<br />

spesso reciproci luoghi comuni, fraintendimenti<br />

di parole, cambiamento di prospettiva e<br />

ferite. Siccome avverto la fatica di dialogare<br />

con me stesso e con la mia fede, provo a fare<br />

mia la fatica di tanti che stentano a dialogare<br />

con <strong>il</strong> “nuovo” che la vita riserva. E come assumo<br />

tutta la contraddizione del mio vissuto, da<br />

pastore devo anche assumere tutta la contraddizione<br />

del vissuto altrui. Non giustifico, ovviamente,<br />

una fede timorosa, ma sento di com-<br />

prendere tutto <strong>il</strong> disagio che vi può essere nel<br />

cristiano davanti all’urgenza “senza ritorno”<br />

del dialogo: porto con me la fatica dei singoli e<br />

delle comunità che su questi temi faticano molto,<br />

<strong>il</strong> non-detto e le parole implicite di molti.<br />

Il mistero della salvezza, cioè l’avventura che<br />

vede coinvolti Dio e noi, può essere detto in poche<br />

parole: Dio è “per noi”, Dio è “per me”: ecco<br />

la novità inaudita dell’annuncio cristiano ed<br />

ecco la novità inaudita di quel “essere per l’altro”<br />

che caratterizza ogni pensiero e ogni gesto<br />

della Chiesa. Ma rimane anche l’impressione,<br />

pastoralmente dirompente, che se un parlare generico<br />

su Dio mette tutti d’accordo (penso alle<br />

nostre eucaristie festive e inoffensive), <strong>il</strong> parlare<br />

sulle persone concrete crea invece notevoli problemi,<br />

soprattutto qualora la fede non fosse più<br />

un buon criterio di giudizio, perché sostituita,<br />

magari, dall’abitudine.<br />

Parlare, quindi, di dialogo interreligioso, dal<br />

punto di vista pastorale, significa inevitab<strong>il</strong>mente<br />

mettere in gioco la qualità di una comunità<br />

credente: la comunità credente è oggi chiamata<br />

ad un’inedita e imprevista cura pastorale nei<br />

confronti di credenti di altra fede. Una cura che<br />

non mettevamo in conto e di cui, magari, avremmo<br />

anche fatto a meno!<br />

LA FORZA CARICA DI SUGGESTIONE<br />

DELLA SPIRITUALITÀ<br />

Provo a giustapporre due suggestioni. La<br />

prima ci viene dalla storia: nel 1095 Pietro<br />

l’Eremita avviò la prima crociata “non ufficiale”<br />

della storia, curiosamente denominata dai<br />

cronisti del tempo “degli 80.000 straccioni”, in<br />

34 Missione Oggi | agosto-settembre 2009


Lo sguardo<br />

della teologia:<br />

parole<br />

impegnative<br />

È già stato ricordato che <strong>il</strong> dialogo interreligioso<br />

non si riduce ad una scelta stagionale: è una necessità<br />

vitale, una scelta senza ritorno, da cui dipende<br />

in gran parte <strong>il</strong> nostro futuro. Tra tutti i volti della<br />

carità, <strong>il</strong> dialogo è forse oggi <strong>il</strong> più importante, come<br />

spazio di fiducia che si oppone al male. Anche<br />

dal punto di vista teologico, però, si avverte la fatica<br />

di un parere omogeneo e sereno riguardo alle religioni<br />

e ai credenti di altra fede: i modelli interpretativi<br />

si discostano l’uno dall’altro, <strong>il</strong> campo in cui<br />

si muove la riflessione critica della fede viene piano<br />

piano dissodato e si avverte pure <strong>il</strong> disagio e <strong>il</strong> pudore<br />

di pronunciare parole impegnative. Parole impegnative,<br />

ad esempio, sono quelle che riguardano<br />

Gesù, lo spessore della sua figura, la “pretesa” di<br />

una salvezza che vede in lui <strong>il</strong> riferimento unico ed<br />

ultimo; parole impegnative sono quelle della Chiesa<br />

che avverte la provvisorietà di tanti modi di dire<br />

e di essere, ma che è tuttavia chiamata a proporsi<br />

come comunità salvifica che vede in Gesù <strong>il</strong><br />

“pane buono della festa”, pane che appartiene a<br />

tutti, anche a coloro che non sanno o non vogliono<br />

dire <strong>il</strong> suo nome. Le parole impegnative possono apparire<br />

senza uscita e ci accompagnano a quel posto<br />

di confine che – proprio perché faticoso – non va<br />

delegato a nessuno.<br />

Mi verrebbe spontaneo applicare a queste osservazioni<br />

<strong>il</strong> richiamo al discernimento fatto dalla Conferenza<br />

Episcopale di Sic<strong>il</strong>ia, nel 2004, con <strong>il</strong> documento<br />

Per un discernimento cristiano dell’islam<br />

(Paoline, M<strong>il</strong>ano – “La voce delle Chiese locali” 41):<br />

<strong>il</strong> testo voleva rendere evidente la necessità della<br />

teologia per operare in un dialogo con le religioni<br />

che non venga ridotto alla pura praticità, ma sia<br />

invece guidato dalla rivelazione biblico-cristiana,<br />

legittimata ad esprimersi sulla loro significanza<br />

per <strong>il</strong> fatto cristiano. Il documento sostiene l’integrazione<br />

e <strong>il</strong> discernimento: integrazione, perché o<br />

viviamo in un mondo in perenne stato d’assedio,<br />

oppure incominciamo a capire che gli altri sono<br />

parte della nostra vita (se non abbiamo avuto lo<br />

stesso passato, abbiamo però rigorosamente lo<br />

stesso avvenire). Discernimento, in secondo luogo,<br />

perché le situazioni e le persone non vanno banalizzate<br />

e la “paralisi del discernimento” sarebbe<br />

propria di chi smette di considerare i suoi giorni<br />

come tempo in cui Dio opera per educare i credenti.<br />

E Dio opera per educare i credenti, anche se i credenti<br />

non sono sempre all’altezza della loro vocazione:<br />

ci fa bene, quindi, con um<strong>il</strong>tà e testardaggine<br />

metterci in ascolto di quanto Dio va facendo<br />

nella vita di tutti. Ci serviranno, certo, <strong>il</strong> discernimento<br />

e la pazienza per trovare strade e linguaggi<br />

adeguati: David Maria Turoldo, in altro contesto e<br />

con tono poetico, avrebbe detto: “Io non sono ancora<br />

e mai <strong>il</strong> Cristo, ma io sono questa infinita possib<strong>il</strong>ità”<br />

e tutto – aggiungo – converge a manifestare<br />

per <strong>il</strong> cristiano “l’altezza, la profondità, la lunghezza<br />

e la larghezza” di Cristo (cfr. Ef 3,18). La pastorale<br />

e la teologia si muoveranno secondo le loro<br />

possib<strong>il</strong>ità e nei percorsi che sono loro propri. Il<br />

compito è ingrato.<br />

forum di discussione<br />

riferimento alla composizione rocambolesca di<br />

quel contingente. Non poche persone, oggi, come<br />

si diceva, vorrebbero emulare lo spirito e <strong>il</strong><br />

fervore del tempo (magari senza l’intelligenza<br />

di Pietro l’Eremita che la crociata la avviò ed<br />

era sicuramente aspro e infelice nei toni, ma almeno<br />

sapeva cosa fosse l’Islam e ne pose <strong>il</strong> problema<br />

teologico per la prima volta nel medioevo,<br />

se di lui e della sua scuola rimane un notevole<br />

e studiato Corpus cluniacense. “Crociate<br />

degli straccioni”, reazioni scomposte, cadute di<br />

st<strong>il</strong>e, linguaggio non adeguato: quanto abbiamo<br />

ancora bisogno di prendere le misure!<br />

La seconda suggestione, invece, mi viene<br />

dalla liturgia: nella sequenza di Pasqua abbiamo<br />

proclamato del Risorto che “praecedet suos<br />

in Gal<strong>il</strong>eam”. Mi fermo sulle parole Praecedet<br />

suos: cosa potrebbero significare, oltre <strong>il</strong> senso<br />

immediato Gesù “sta avanti”, “precede” e apre<br />

la quotidianità a nuove possib<strong>il</strong>ità. Lo stesso<br />

agire di Cristo poteva apparire motivo di frattura<br />

insanab<strong>il</strong>e, poiché portato a distruggere apparentemente<br />

ogni discorso già acquisito ed<br />

ogni certezza definita. Gesù sta oltre, precede i<br />

suoi, ha altro da dire, altro da far intendere e altro<br />

da compiere. La Chiesa lo riconosce come<br />

suo Signore e cerca di stargli dietro, anche nel<br />

confronto con le religioni.<br />

Ecco le due suggestioni: noi siamo come sospesi<br />

tra lo zelo inut<strong>il</strong>e e fuorviante degli “strac-<br />

Missione Oggi | agosto-settembre 2009 35


forum di discussione<br />

“La debolezza<br />

non è in sé una<br />

virtù, ma<br />

espressione di<br />

una realtà<br />

fondamentale<br />

del nostro essere<br />

(...) per lasciarci<br />

conformare alla<br />

debolezza di<br />

Cristo,<br />

all’umanità di<br />

Cristo. La<br />

debolezza come<br />

scelta diventa<br />

uno dei modi<br />

migliori per dire<br />

la discreta<br />

caritas di Dio<br />

verso<br />

gli uomini”<br />

P. Marcello Storgato,<br />

moderatore<br />

del secondo Forum<br />

di discussione<br />

del Convegno.<br />

cioni” e l’aria buona che Gesù ci fa respirare. La<br />

sintesi – forse troppo fac<strong>il</strong>e – che mi verrebbe<br />

da sponsorizzare è quella del provare a custodire<br />

dentro di noi tutte le parole, le inquietudini e<br />

gli spunti che anche da questa giornata ci portiamo<br />

a casa. Non sarà nemmeno importante, forse,<br />

giungere ad una buona sintesi: potrebbe essere<br />

sufficiente lasciare che le cose insolute rimangano<br />

tali dentro di noi. Abbiamo però <strong>il</strong><br />

compito di custodire la ricchezza delle domande<br />

che ci poniamo: in questo vedo una grande disposizione<br />

alla spiritualità, perché la spiritualità<br />

del dialogo sta soprattutto nella conformazione<br />

esigente alla vita di Cristo e nell’ascolto disarmato<br />

del suo Spirito. La Novo m<strong>il</strong>lennio ineunte<br />

ricorda che soltanto in questo modo la Chiesa<br />

può diventare “casa e scuola del dialogo” (43).<br />

Anche la Redemptoris missio (56) ricorda che<br />

“Il dialogo tende alla purificazione e conversione<br />

interiore che, se perseguita con doc<strong>il</strong>ità allo<br />

Spirito, sarà spiritualmente fruttuosa”.<br />

Padre Christian Chessel, dei <strong>Missionari</strong><br />

d’Africa, ucciso a Tizi Ouzou <strong>il</strong> 27.12.1994,<br />

scriveva: “La debolezza non è in sé una virtù,<br />

ma espressione di una realtà fondamentale del<br />

nostro essere (...) per lasciarci conformare alla<br />

debolezza di Cristo, all’umanità di Cristo. La<br />

debolezza come scelta diventa uno dei modi<br />

migliori per dire la discreta caritas di Dio verso<br />

gli uomini (...) Essa diventa una spiritualità<br />

delle mani vuote, in cui si comprende che tutto,<br />

persino le nostre debolezze, può diventare dono<br />

e grazia di Dio, manifestazione della potenza<br />

del suo amore che solo può convertire la debolezza<br />

umana in forza spirituale” (M.E.G., «Debolezza<br />

come missione», Il Regno-attualità,<br />

8/96, pp. 216-217). Don Andrea Santoro chiamò<br />

ad un certo momento <strong>il</strong> suo stare in Turchia<br />

la “liturgia della porta”, ovvero una presenza s<strong>il</strong>enziosa,<br />

improduttiva, ma accogliente, dove <strong>il</strong><br />

semplice gesto di aprire la porta di casa o della<br />

Chiesa fosse “un gesto di amore limpido”.<br />

La forza della debolezza, della resa a Dio!<br />

La forza della gratuità! Custodire le parole di<br />

questa giornata è in fondo custodire le intenzioni<br />

di Dio: se questa non è spiritualità, non saprei<br />

come altro definirla. Un religioso sardo-tunisino,<br />

Marius Garau, ha scritto in proposito che<br />

“Non ci viene chiesto di precedere l’ora dello<br />

Spirito, ma di prepararla in noi e in tutti gli uomini”<br />

(La rosa dell’imam. L’incontro spirituale<br />

fra un cristiano e un musulmano, EMI, Bologna<br />

1997, pp. 81. 93).<br />

GIULIANO ZATTI<br />

CONSIGLI PASTORALI APERTI<br />

Domanda > Aldo Giannasi (missionario<br />

d’Africa): Le belle esperienze di base sono importanti,<br />

ma se manca un’azione del vertice<br />

della Chiesa italiana come prepareremo le<br />

condizioni per una convivenza con la comunità<br />

islamica nel nostro paese<br />

Risposta > Giuliano Zatti: La Chiesa italiana,<br />

almeno nel nord-est, su questi temi lavora molto,<br />

ma in s<strong>il</strong>enzio, in forma pacata, che potrebbe<br />

apparire insufficiente. Ha compiuto una<br />

scelta precisa sul piano delle idee, ma è molto<br />

discreta nell’intervenire nel dibattito pubblico.<br />

I tempi odierni richiedono un di più di educazione.<br />

È importante continuare a dire parole<br />

buone, costruttive, ut<strong>il</strong>i, e forse siamo un po’ latitanti.<br />

Inoltre nei nostri consigli pastorali non<br />

sono rappresentati cristiani provenienti dall’est<br />

europeo o dall’Africa, e se non ci mettiamo in<br />

ascolto di questi immigrati, figuriamoci di quelli<br />

musulmani!<br />

36 Missione Oggi | agosto-settembre 2009


Forum<br />

PREGARE PER I MUSULMANI<br />

Domanda > Un parroco: Quando in parrocchia propongo<br />

una preghiera per i musulmani, per esempio in occasione<br />

delle loro feste, c’è una reazione di ripulsa. Non siamo abituati<br />

a pregare per gli altri credenti. Quando in parrocchia<br />

muore un musulmano, non lo si ricorda. Quando c’è stato<br />

<strong>il</strong> terremoto in Abruzzo, ho citato nella preghiera i deceduti<br />

in quella regione insieme agli immigrati morti nel Mediterraneo,<br />

e questo abbinamento ha suscitato forte irritazione.<br />

In una realtà ormai interreligiosa non bisognerà far<br />

entrare nella concretezza della fede l’ospitalità sacra<br />

Risposta > Ruggero Cavani: L’arrivo di fratelli e sorelle<br />

di altri fedi impone anche ai cristiani di riflettere sulla propria<br />

fede e allora ne esce una risposta debole, cioè violenta,<br />

oppure una risposta um<strong>il</strong>e che mi aiuta a essere più fedele<br />

al Vangelo.<br />

Risposta > Mons. Fitzgerald: Forse se le esperienze di<br />

base che esistono fossero raccontate alla comunità parrocchiale<br />

in modo che possa farle proprie si potrebbe introdurre<br />

una preghiera per chi professa un’altra religione.<br />

COSA PENSANO I MUSULMANI<br />

DEI MARTIRI CRISTIANI<br />

Domanda > Maria A. De Giorgi: Come sono vissuti e c’è<br />

una riflessione nel mondo islamico su fatti come la strage<br />

dei monaci di Tibhirine o l’uccisione di don Santoro<br />

Risposta > Giuliano Zatti: Tra i singoli musulmani non è<br />

raro ascoltare commenti positivi sui martiri cristiani, mentre<br />

la comunità islamica in Italia, che pur non è unitaria, non si<br />

espone come tale, credo soprattutto per le tipiche dinamiche<br />

migratorie, cui si aggiunge <strong>il</strong> fatto che i musulmani non hanno<br />

quella capacità di intervento pubblico che ci si potrebbe<br />

attendere. È quindi poco pensab<strong>il</strong>e che ci siano prese di posizione<br />

pubbliche, anche se a volte la Chiesa e lo Stato vorrebbero<br />

interventi più puntuali da parte dei leader delle comunità,<br />

i quali peraltro non sempre sono adeguati al loro<br />

ruolo. D’altro canto mi dicevano di recente che in Turchia<br />

don Andrea Santoro non viene considerato un martire e come<br />

tale non lo si può nominare, anche perché ci sono molte<br />

Chiese libere e pentecostali che realizzano un proselitismo<br />

dannoso, di cui poi sono i cattolici a pagare <strong>il</strong> prezzo.<br />

Risposta > Mons. Fitzgerald: Ogni anno l’agenzia Fides<br />

pubblica una lista dei cristiani martiri. Credo che la maggioranza<br />

non sia nel mondo islamico, ma si tratti di persone che<br />

lottano per la giustizia e sono eliminate perché scomode. In<br />

Algeria la strage dei trappisti ha sconvolto anche chi mai<br />

aveva sentito parlare dei questi monaci e lo stesso è avvenuto<br />

per l’omicidio de mons. Claverie, vescovo di Orano, tanto<br />

che ai suoi funerali i musulmani erano più numerosi dei<br />

cristiani. Era un modo di dire: “Uccidere i cristiani fa torto<br />

alla nostra società, noi abbiamo bisogno della loro presenza”.<br />

Certo non tutti la pensano così, ma alcuni sono convinti<br />

che i cristiani siano, come diceva mons. Claverie, “aria<br />

fresca” per una società in difficoltà. In Francia <strong>il</strong> responsab<strong>il</strong>e<br />

dei musulmani nella zona di Lione, che è di origine algerina,<br />

ha sentito parlare dei trappisti e ha proposto al card.<br />

Barbarin di fare un viaggio insieme in Algeria; hanno <strong>formato</strong><br />

una delegazione di cattolici e musulmani che ha visitato<br />

<strong>il</strong> monastero di Tibhirine e ciò, oltre ad avere un valore<br />

simbolico, ha creato un legame tra le persone che continua a<br />

dare frutti. Alcune parrocchie del nord dell’Ingh<strong>il</strong>terra, in cui<br />

c’erano conflitti tra i nativi e gli immigrati pakistani o bengalesi,<br />

hanno organizzato viaggi nei loro v<strong>il</strong>laggi di provenienza,<br />

in Pakistan e Bangladesh. Questo andare e vivere insieme<br />

crea legami che durano nel tempo, anche se non fanno<br />

notizia sui mass media. A CURA DI MAURO CASTAGNARO<br />

Missione Oggi | agosto-settembre 2009 37


Conclusioni<br />

Lidia Maggi è pastora della Chiesa Evangelica Battista in<br />

servizio a Lodi e M<strong>il</strong>ano. Si occupa di ecumenismo e<br />

pastorale delle persone recluse. È responsab<strong>il</strong>e del settore<br />

Diritti umani delle Chiese Battiste Italiane e della rivista La<br />

scuola domenicale. È specialista in ecumenismo e catechesi.<br />

È tra gli autori del Dizionario Biblico per ragazzi<br />

Navigare nella Bibbia, Claudiana-Elledici, Torino 2001.<br />

Tra le sue più recenti pubblicazioni, Preghiera, EMI,<br />

Bologna 2006; Quando Dio si diverte. La Bibbia sotto<br />

le lenti dell’ironia, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2008;<br />

Contemplando Emmaus. In ascolto del racconto di<br />

Luca guidati dai mosaici di Monreale (con Dario<br />

Vivian), ElleDiCi, Torino 2008; Le donne di Dio. Pagine<br />

bibliche al femmin<strong>il</strong>e, Claudiana, Torino 2009.<br />

Il presupposto<br />

del dialogo<br />

La grammatica del dialogo ecumenico domanda<br />

che ogni confessione cristiana si autodefinisca,<br />

che cioè si dia voce all’altro, superando la<br />

tentazione di mettersi al suo posto. Tale grammatica<br />

trova oggi una felice applicazione nel<br />

chiedere ad una pastora battista di tirare le conclusioni<br />

di un Convegno svoltosi in ambito cattolico.<br />

La sfida che oggi siamo chiamati ad affrontare<br />

è quella del dialogo interreligioso. Non<br />

lo facciamo mettendoci su un piedistallo, sentendoci<br />

portatori di una verità che vogliamo testimoniare<br />

agli altri; lo facciamo a partire dall’esperienza<br />

interna al cristianesimo, lacerato da<br />

lotte intestine, da scomuniche reciproche. Ora,<br />

noi che eravamo separati, che non sapevamo<br />

dialogare, che ci scomunicavamo a vicenda, abbiamo<br />

imparato <strong>il</strong> linguaggio dell’accoglienza,<br />

della cura, dell’amore, del rispetto, della fiducia.<br />

MISSIONE E DIALOGO<br />

Ci sono molti modi di intendere <strong>il</strong> dialogo<br />

interreligioso. Alcuni sono entrati in contatto<br />

con un’altra realtà religiosa attraverso l’esperienza<br />

della missione. Del resto, anche <strong>il</strong> dialogo<br />

ecumenico è iniziato in ambito missionario,<br />

dove emergeva con forza l’esigenza di sollecitare<br />

le Chiese ad interrogarsi sulla credib<strong>il</strong>ità di<br />

una testimonianza evangelica lacerata e divisa.<br />

Ad un secolo di distanza, la missione pone di<br />

nuovo l’esigenza della necessità di metterci in<br />

relazione con chi appartiene ad un’altra religio-<br />

38 Missione Oggi | agosto-settembre 2009


ne. Un altro modo, forse più dirompente, per<br />

cogliere l’urgenza del dialogo, nasce col fare i<br />

conti con l’emergenza migratoria. In pochissimi<br />

decenni ci siamo resi conto che è cambiato <strong>il</strong><br />

panorama delle nostre città; e questo cambiamento<br />

richiede pure una riflessione sul tema<br />

della differenza religiosa, dal momento che gli<br />

immigrati, insieme alle loro valigie, portano anche<br />

<strong>il</strong> loro bagaglio religioso.<br />

Si tratta di un dialogo dispari, perché, almeno<br />

in Italia, <strong>il</strong> cristianesimo continua ad essere<br />

di gran lunga la religione maggioritaria. Tuttavia,<br />

la constatazione del diverso peso delle religioni<br />

in campo, non deve giocare contro l’urgenza<br />

del dialogo. Anche perché, laddove non<br />

si coltiva l’evangelo dell’accoglienza e del dialogo,<br />

<strong>il</strong> terreno civ<strong>il</strong>e ed ecclesiale fa posto a<br />

valori mondani, estranei alla Parola delle Scritture.<br />

E così, anche nelle nostre Chiese risuona<br />

un linguaggio gridato, confessionale e contrappositivo,<br />

sorto da un uso ideologico della religione.<br />

L’urgenza di entrare in dialogo con le altre<br />

religioni nasce anche dalla consapevolezza<br />

che si sta tradendo l’Evangelo, che si sta emendando<br />

<strong>il</strong> cuore della nostra fede. Per questo c’è<br />

bisogno del coraggio della conversione e della<br />

sapienza del discernimento. Entrambi ci invitano<br />

a maturare un atteggiamento dialogico, in<br />

grado di arginare questa deriva che ha installato<br />

nelle nostre chiese l’idolo della paura.<br />

Il dialogo interreligioso muove i suoi primi<br />

passi. Le nostre confessioni cristiane, dopo secoli<br />

di apologia, sono giunte ad una modalità di<br />

comunicazione che è meno preoccupata di rivendicare<br />

le proprie ragioni e più attenta di porsi<br />

in ascolto. E’ l’esperienza che abbiamo fatto<br />

in ambito ecumenico. Il dialogo è come una lingua<br />

straniera, che a fatica iniziamo a parlare.<br />

Sappiamo però che più noi pratichiamo <strong>il</strong> dialogo<br />

più acquisiamo la capacità di parlare in modo<br />

fluido, sognando <strong>il</strong> giorno in cui saremo in<br />

grado anche di pensare in questa lingua.<br />

LA PAURA DELLE CONTAMINAZIONI<br />

Tuttavia, la parzialità non impedisce di sentirmi<br />

accomunata a quella “nube” di testimoni<br />

che abitano la Scrittura. Anzi: se voi leggete la<br />

Scrittura, trovate che tutti coloro che hanno dato<br />

testimonianza della propria fede l’hanno fatto<br />

mettendosi in secondo piano, senza identificare<br />

se stessi con la verità, tenendosi lontani dai<br />

toni autocelebrativi. Mi domando che cosa è<br />

Il dialogo: una sfida<br />

da trasformare in opportunità<br />

Ora, questo nostro presente può diventare tempo dello Spirito. E’ come<br />

se lo Spirito stesse sussurrando alle chiese, alla Chiesa tutta (perché è un<br />

problema trasversale che riguarda le diverse confessioni): “Ecco io faccio<br />

una cosa nuova: non ve ne accorgete”. E’ decisivo provare a cogliere<br />

quanto lo Spirito ci sta suggerendo; una sfida da trasformare in opportunità.<br />

Il dialogo interreligioso ci permette di uscire dall’apatia, da un<br />

certo modo di vivere la fede, abituato a ripetere la Parola di Dio, a compire<br />

gesti religiosi quasi per forza d’inerzia, senza la fatica di ripensare<br />

la fede per questa epoca storica.<br />

Il percorso ecumenico, che ha portato la Chiesa a riconoscersi plurale, a<br />

vedere nell’altro <strong>il</strong> fratello ritrovato, offre preziose indicazioni anche per<br />

<strong>il</strong> dialogo interreligioso. Il fatto stesso di trovarmi di fronte all’altro mi<br />

obbliga a rendere ragione della mia fede. Non posso più vivere di rendita,<br />

ripetendo le formule del catechismo; non posso più permettermi di<br />

parlare un linguaggio interno. La lingua del dialogo mi sollecita a fare<br />

la fatica di ridire la fede. Nel momento in cui dialogo con l’altro mi chiarifico<br />

sulle grandi parole della mia fede.<br />

Nel fare questo lavoro di recupero, dove l’altro mi chiede ragione della<br />

mia speranza, sono chiamata a non nascondermi dietro le parole della<br />

tradizione ricevuta, spesso congelata in modo tradizionalista. Nel momento<br />

in cui entro in relazione con l’altro - di una diversa confessione o<br />

religione - riscopro la mia parzialità.<br />

successo di questa Parola di Dio - a questo modo<br />

di narrare la fede -, dove i discepoli si raccontano<br />

sempre a partire dalle proprie debolezze.<br />

Israele si racconta a partire dai propri fallimenti;<br />

Gesù è presentato come colui che non<br />

può mai essere raggiunto, che sfugge, che devi<br />

continuamente seguire in un percorso che ti riporta<br />

sempre al luogo di partenza per ricominciare<br />

da capo (esemplare, in questo senso,<br />

l’evangelo secondo Marco).<br />

Certo, ci sono le domande che pongono coloro<br />

che hanno paura di entrare in dialogo. Il timore<br />

delle contaminazioni, del sincretismo. Tuttavia,<br />

se leggo le pagine bibliche, mi stupisco di<br />

quante storie abbiano elementi di contaminazio-<br />

La pastora Lidia Maggi<br />

con don Giacomo Canobbio<br />

(a sinistra)<br />

e p. Mario Menin.<br />

conclusioni<br />

Missione Oggi | agosto-settembre 2009 39


conclusioni<br />

Non siamo<br />

chiamati<br />

all’omologazione.<br />

L’esperienza<br />

cristiana è<br />

un’esperienza<br />

plurale nel suo<br />

stesso DNA.<br />

Abbiamo ricevuto<br />

<strong>il</strong> Cristo<br />

attraverso<br />

quattro sguardi<br />

(i Vangeli)<br />

sul medesimo<br />

Gesù<br />

ne non solo culturale ma anche religiosa, senza<br />

che questo significhi cadere nell’idolatria. Pensate<br />

ai Patriarchi: alla vicenda di Giuseppe in<br />

Egitto, che sposa una donna egiziana; a Giacobbe,<br />

che quando muore viene sepolto imbalsamato.<br />

I riti funebri per l’ultimo patriarca sono secondo<br />

la tradizione egiziana (Gen 50). Potrei citarvi<br />

tantissime pagine dove quel popolo, che ha<br />

sempre tenuto a separarsi dagli altri popoli in<br />

quanto santo, non ha paura a contaminare anche<br />

i linguaggi religiosi, reinterpretandoli.<br />

Forse su questo tema della contaminazione<br />

biblica dovremmo trovare le parole per ridire in<br />

chiave positiva la bellezza del meticciato.<br />

menti in cui la strada sembra interrotta, l’abbiamo<br />

imparato dall’ecumenismo; quegli incidenti<br />

di percorso, quelle chiusure, spesso nascondono<br />

delle domande implicite molto profonde<br />

che, se si sciolgono, aprono orizzonti. Pensate a<br />

Gesù con la cananea. Questa donna è stata capace<br />

di andare oltre la durezza delle parole di<br />

Gesù, domandandosi probab<strong>il</strong>mente: perché<br />

quest’uomo mi sta dicendo: “Io sono venuto per<br />

dare <strong>il</strong> pane ai figli d’Israele, non è bene prendere<br />

<strong>il</strong> pane dei figli e darlo ai cagnolini” Perché<br />

quest’uomo mi sta dicendo di no Questa<br />

donna è stata in grado di entrare nel linguaggio<br />

dell’altro, di ascoltare la domanda implicita.<br />

Relatori, moderatori<br />

e discussant del Convegno<br />

nella Chiesa<br />

di S. Cristo (Bs).<br />

L’altra paura, per certi versi opposta a quella<br />

della contaminazione, è quella di chi teme le differenze<br />

ritenute insuperab<strong>il</strong>i. Ma noi non siamo<br />

chiamati all’omologazione. L’esperienza cristiana<br />

è un’esperienza plurale nel suo stesso dna: abbiamo<br />

ricevuto <strong>il</strong> Cristo attraverso quattro sguardi<br />

(i Vangeli) sul medesimo Gesù. E ancora, paura<br />

del relativismo Questa è la grande domanda<br />

che sembra creare sospetti nei confronti del dialogo.<br />

Su questo timore non ho una risposta netta.<br />

E come sentiamo la responsab<strong>il</strong>ità spirituale,<br />

morale di metterci in ascolto dell’altro appartenente<br />

ad un’altra religione, abbiamo anche la responsab<strong>il</strong>ità<br />

di metterci in ascolto dell’altro che è<br />

vicino a noi e che si chiude per paura del relativismo.<br />

Occorre ascoltare le domande profonde<br />

che giacciono dietro la paura, perché anch’esse<br />

possono innescare percorsi di dialogo.<br />

LE DOMANDE IMPLICITE<br />

Il dialogo interreligioso oltre all’empatia,<br />

all’amicizia, all’amore, richiede la capacità di<br />

ascoltare <strong>il</strong> non-detto, di percepire le domande<br />

implicite, quelle che, una volta esplicitate, rischiano<br />

di far fallire <strong>il</strong> confronto. Ci sono mo-<br />

Probab<strong>il</strong>mente, Gesù sentiva una diversa urgenza<br />

rispetto alla sua chiamata che sembrava in<br />

contrasto con le esigenze della donna. Quest’ultima,<br />

tuttavia, non ha mollato <strong>il</strong> colpo, proprio<br />

perché ha saputo ascoltarlo. Gesù si è sentito<br />

accolto e i due si sono ritrovati.<br />

Nell’esperienza di dialogo che stiamo iniziando<br />

con molta precarietà, è decisivo convertirsi.<br />

Il dialogo interreligioso, come del resto<br />

quello ecumenico, è un’esperienza di conversione,<br />

un cambiamento di paradigma. E’ rendersi<br />

conto che non si può più dire la fede con un linguaggio<br />

autoreferenziale. Che l’incontro con<br />

l’altro, come quello con Gesù, non permette di<br />

continuare come prima. Nell’incontro, lo Spirito<br />

soffia. Questo ci permette di cogliere la significatività<br />

della nostra vita nei suoi molteplici ambiti:<br />

nella pastorale, nel lavoro sociale, e nella scelta di<br />

persone che decidono di andare in qualche parte<br />

del mondo facendo la fatica di entrare in relazione<br />

con la comunità che trovano. Lo Spirito soffia<br />

in tante modalità diverse: a volte siamo più sordi,<br />

qualche volta siamo più aperti. Quel soffio può<br />

innescare un autentico processo di conversione.<br />

Credo che questa esperienza spirituale sia <strong>il</strong> presupposto<br />

del dialogo.<br />

LIDIA MAGGI<br />

40 Missione Oggi | agosto-settembre 2009


Giacomo Canobbio è docente di teologia sistematica<br />

nella Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale, sede di<br />

M<strong>il</strong>ano, e nello Studio Teologico Paolo VI del Seminario<br />

di Brescia. Dal 1995 al 2003 è stato presidente dell’Associazione<br />

Teologica Italiana (ATI). Tra le sue ultime pubblicazioni:<br />

Laici o cristiani. Elementi storico-sistematici per<br />

una descrizione del cristiano laico, Morcelliana, Brescia<br />

1997; Dio può soffrire, Morcelliana, Brescia 2006; Chiesa, religioni,<br />

salvezza. Il Vaticano II e la sua recezione, Morcelliana,<br />

Brescia 2007; Il destino dell’anima, Morcelliana, Brescia<br />

2009; Nessuna salvezza fuori della Chiesa Storia e senso<br />

di un controverso principio teologico, Queriniana, Brescia<br />

2009. Con Piero Coda ha diretto La teologia del XX secolo.<br />

Un b<strong>il</strong>ancio, Roma 2003. E’ membro del Comitato scientifico<br />

della rivista “Ad Gentes” dell’EMI di Bologna.<br />

conclusioni<br />

La complessità<br />

del dialogo<br />

Il titolo di questa sessione del Convegno è<br />

“Esperienze di dialogo interreligioso”. A me<br />

è stato chiesto di offrire, a conclusione, una riflessione<br />

su quanto ascoltato. Il rapporto tra<br />

esperienza e riflessione non è così scontato. La<br />

riflessione svolge una funzione critica nei confronti<br />

delle esperienze. Dire funzione critica<br />

vuol dire aiutare a far emergere le ragioni, considerare<br />

le condizioni di quelle esperienze, evidenziare<br />

gli aspetti problematici, fare opera di<br />

discernimento. Il discernimento comporta anche,<br />

in alcune circostanze, contribuire ad estirpare<br />

degli slogan che circolano, in questo caso<br />

a proposito del dialogo interreligioso. Allora, la<br />

riflessione serve soltanto a portar lontano dall’immediatezza<br />

dell’esperienza stessa Serve<br />

solo a complicare le cose Quando si pensasse<br />

così si evidenzierebbe, a mio parere, una certa<br />

paura. La riflessione critica intende mettere in<br />

evidenza la serietà di ciò che è in gioco. Dopo<br />

questa premessa, <strong>il</strong> mio intervento si limiterà<br />

quasi ad un indice ed è costituito da sei punti.<br />

Sei, perché se fossero sette avrebbe la pretesa<br />

della compiutezza.<br />

SUL SIGNIFICATO DI DIALOGO<br />

Gli aggettivi qualificativi hanno una funzione<br />

in ogni lingua, anche nella lingua italiana.<br />

Quando si tratta di dialogo interreligioso, <strong>il</strong> ter-<br />

Missione Oggi | agosto-settembre 2009 41


conclusioni<br />

La base di avvio<br />

del dialogo<br />

Si è insistito molto sulla spiritualità, mi è<br />

sembrato tendenzialmente identificata con<br />

la preghiera. Nulla da eccepire, ma la spiritualità,<br />

oso dire, è qualche cosa di più ampio<br />

della preghiera: è la vita secondo lo Spirito;<br />

sebbene, per vivere secondo lo Spirito, la preghiera<br />

occupi un posto r<strong>il</strong>evante. È chiaro<br />

che se si prende come base del dialogo la preghiera<br />

si è ad un livello diverso rispetto a<br />

quando si prende come base per esempio la<br />

ragione. La ragione come base del dialogo è <strong>il</strong><br />

discorso di Ratisbona di Benedetto XVI. Di<br />

quale ragione si tratta Per noi occidentali la<br />

ragione ha un significato che per gli orientali<br />

non trova corrispondenza. Noi supponiamo<br />

che <strong>il</strong> nostro concetto di ragione sia universalizzab<strong>il</strong>e<br />

immediatamente.<br />

Oppure, l’umano, come base del dialogo interreligioso.<br />

Quando pensiamo all’umano<br />

che cosa intendiamo Faccio degli esempi:<br />

quando Paul Knitter e John Hick pensano all’umano,<br />

lo pensano in forma trascendentale<br />

rispetto a come lo pensavano e lo pensano,<br />

per esempio, i teologi latinoamericani che si<br />

ispirano alla Teologia della liberazione; rispetto<br />

a quello che Sch<strong>il</strong>lebeecx intendeva.<br />

Ancora, la base sulla quale costruire <strong>il</strong> dialogo<br />

è l’amicizia. Non possiamo dimenticare,<br />

visto che l’anno prossimo ricorre <strong>il</strong> centenario,<br />

Matteo Ricci (1552-1610), <strong>il</strong> quale fonda <strong>il</strong><br />

suo dialogo con gli intellettuali confuciani<br />

precisamente sull’amicizia e scrive un trattato<br />

sull’amicizia, che gli serve come base<br />

per interloquire.<br />

È chiaro che a seconda di quale concetto di verità<br />

si ut<strong>il</strong>izzi, <strong>il</strong> camminare insieme verso la verità<br />

non è più la stessa cosa. Si potrebbe anche dire,<br />

camminare insieme verso la salvezza. Quale<br />

salvezza Ovviamente non quella escatologica,<br />

che è fuori causa, ma la salvezza storica che<br />

secondo la descrizione neotestamentaria è la<br />

riconc<strong>il</strong>iazione, <strong>il</strong> ricondurre la realtà a unità, che<br />

coincide con la pace<br />

mine dialogo non lo si può intendere allo steso<br />

modo di quando si parla di dialogo in generale.<br />

Mi pare di avere individuato nei linguaggi ut<strong>il</strong>izzati,<br />

qui oggi, almeno quattro significati diversi<br />

di dialogo. Il primo, in riferimento a Ecclesiam<br />

suam, è colloquium salutis, ove “dialogo”<br />

ha un sugnificato abbastanza preciso. Il secondo:<br />

“dialogo” come aspetto fondamentale<br />

della missione, in questo caso c’è una colorazione<br />

abbastanza particolare. Il terzo: “dialogo”<br />

come ricerca delle parole comuni sulle quali<br />

convenire. Infine, “dialogo” come comunicazione<br />

delle particolarità religiose di coloro che<br />

interloquiscono. Questa comunicazione implicherebbe:<br />

a) apprendere reciprocamente i linguaggi,<br />

non solo la lingua, che comportano<br />

simboli, pratiche, visioni; b) riscoprire e conservare<br />

la propria particolarità.<br />

LE DIFFICOLTÀ DEL DIALOGO<br />

Mentre ascoltavo gli interventi mi sono venute<br />

in mente quattro difficoltà.<br />

La prima è <strong>il</strong> peso della storia. Non siamo<br />

vergini, ci portiamo secoli di sedimentazioni, di<br />

atteggiamenti che non possono essere dimenticati<br />

immediatamente. Gli atteggiamenti dei popoli<br />

e delle persone non si cambiano perché si è<br />

intravisto qualche altra possib<strong>il</strong>ità. Occorrono<br />

passaggi generazionali.<br />

La seconda difficoltà è la paura del diverso,<br />

che nel nostro ambiente viene montata artatamente.<br />

Questo aspetto è già stato rimarcato<br />

molto bene.<br />

La terza difficoltà è l’immagine mediatica<br />

dell’altro che comporta sempre semplificazioni.<br />

Ancora un riferimento a Matteo Ricci.<br />

Quando entra in Cina si veste da monaco buddhista,<br />

pensando in questo modo di suscitare la<br />

simpatia dei cinesi; si accorge invece che è un<br />

fallimento, perché per i cinesi <strong>il</strong> buddhismo era<br />

una religione che veniva dall’esterno. Aveva saputo<br />

che in Cina c’era di buddhismo, quindi<br />

pensava di usare questa via... Ma “a little knowledge<br />

is a dangerous thing” (una scarsa conoscenza<br />

è molto pericolosa), anche per i grandi<br />

come Ricci. La paura del diverso mediato dai<br />

media provoca disastri ancora maggiori, poiché<br />

crea i presupposti perché <strong>il</strong> dialogo non scatti.<br />

42 Missione Oggi | agosto-settembre 2009


La quarta difficoltà, richiamata anche dalla<br />

Pastora Maggi, è <strong>il</strong> timore del rischio del relativismo,<br />

che poi viene interpretato come indifferentismo,<br />

che fa scattare nella media della nostra<br />

popolazione una difesa della cristianità a<br />

scapito del Vangelo.<br />

GLI ATTEGGIAMENTI CHE IL DIALOGO<br />

IMPLICA<br />

Sono già stati citati <strong>il</strong> rispetto, su cui ha insistito<br />

molto Mons. Fitzgerald, e l’um<strong>il</strong>tà. Io vorrei<br />

sottolineare altri due atteggiamenti.<br />

Il primo è la fiducia. Questa mattina P. Menin<br />

introducendo faceva riferimento a Ef 2. Se Gesù<br />

Cristo ha abbattuto <strong>il</strong> muro di separazione perché<br />

noi non potremmo continuare quest’opera, con<br />

la fiducia che è possib<strong>il</strong>e Vorrei richiamare due<br />

parabole del racconto sia di Matteo che di Marco.<br />

Quella del granello di senapa: la sproporzione<br />

che c’è tra quell’inizio insignificante, <strong>il</strong> seme,<br />

e l’albero sul quale tutti gli uccelli vengono a fare<br />

<strong>il</strong> loro nido; la seconda è quella del seminatore:<br />

normalmente noi la leggiamo a partire dalla<br />

spiegazione; <strong>il</strong> significato di quella parabola da<br />

parte di Gesù è rispondere alla sfiducia che i suoi<br />

interlocutori mostrano nel suo ministero, considerato<br />

fallimentare. Gesù vuol far capire che in<br />

una maniera inaspettata quel ministero produrrà<br />

un frutto strepitoso; non verificab<strong>il</strong>e in altri campi,<br />

perché non c’è nessuna spiga che porti trenta<br />

o sessanta o cento chicchi. È la fiducia che gli<br />

avvii piccoli, insignificanti, produrranno un frutto<br />

grande. Connessa con la fiducia c’è la pazienza.<br />

C’è un proverbio che dice: “La gatta<br />

frettolosa ha fatto i gattini ciechi”. Non è un caso<br />

che nel Nuovo Testamento <strong>il</strong> termine hypomonē,<br />

che vuol dire resistenza, pazienza, sia<br />

strettamente collegato con la speranza.<br />

L’OBIETTIVO DEL DIALOGO<br />

È stato detto: camminare insieme verso la<br />

verità. Quale verità Ci sono almeno tre modi,<br />

nella riflessione sul dialogo interreligioso, di<br />

intendere la verità. La verità come risultato,<br />

mettendo insieme le diverse prospettive si costruirebbe<br />

una verità più grande.<br />

Un secondo significato, la verità come dist<strong>il</strong>lato:<br />

lasciamo perdere tutte le differenze, andiamo<br />

al nocciolo e vedremo che in fondo siamo<br />

tutti uguali; questo avviene, per esempio,<br />

quando si parla di Dio, in fondo tutti riconoscono<br />

lo stesso Dio. La linea tendenziale di alcune<br />

teologie delle religioni è questa. C’è un noumeno,<br />

al di là delle differenze, che ci unifica.<br />

Un terzo significato: verità come svelamento,<br />

come apparire di una realtà che coincide con<br />

rivelazione, che è da accogliere. Il cristianesimo<br />

ha un’originalità, usa un ossimoro perché parla<br />

della trascendenza nella storia. L’evento Gesù<br />

Cristo resta perennemente <strong>il</strong> trascendente nella<br />

storia. Ciò sta a dire che proprio quell’evento<br />

non perde mai la sua dimensione di trascendenza,<br />

ha bisogno di storicizzarsi, ma nessuna storicizzazione<br />

può pretendere di esaurirlo, c’è uno<br />

svelamento continuo man mano che si procede<br />

nel tempo. È chiaro che a seconda di quale con-<br />

cetto di verità si ut<strong>il</strong>izzi <strong>il</strong> camminare insieme<br />

verso la verità non è più la stessa cosa. Si potrebbe<br />

anche dire, camminare insieme verso la<br />

salvezza. Quale salvezza Ovviamente non<br />

quella escatologica, che è fuori causa, ma la salvezza<br />

storica che secondo la descrizione neotestamentaria<br />

è la riconc<strong>il</strong>iazione, <strong>il</strong> ricondurre la<br />

realtà a unità, che coincide con la pace.<br />

L’OBIEZIONE FONDAMENTALE A PROPOSITO<br />

DEL DIALOGO<br />

Il dialogo sarebbe possib<strong>il</strong>e se ci fosse reciprocità.<br />

Qualche volta ci si dimentica che <strong>il</strong> Vangelo<br />

è qualche cosa di nuovo e di originale. Chi<br />

ha avuto la grazia di accogliere <strong>il</strong> Vangelo sa di<br />

aver ricevuto un di più. Questo di più si evidenzia<br />

nel comportamento: “Sapete che fu detto<br />

agli antichi, ma io vi dico se salutate soltanto coloro<br />

che vi salutano che cosa fate di diverso dai<br />

pagani”. Aspettare la reciprocità per avviare <strong>il</strong><br />

dialogo vorrebbe dire, contraddire quello che si<br />

vorrebbe difendere e cioè l’originalità del Vangelo,<br />

la sua bellezza. GIACOMO CANOBBIO<br />

Particolare del chiostro<br />

di S. Cristo (Bs),<br />

dove si è svolto<br />

<strong>il</strong> Convegno.<br />

conclusioni<br />

Missione Oggi | agosto-settembre 2009 43


Forum<br />

delle redazioni<br />

Il dialogo interreligioso<br />

è irrinunciab<strong>il</strong>e<br />

MICHAEL L. FITZGERALD E MARIA A. DE GIORGI RISPONDONO ALLE<br />

DOMANDE DELLE REDAZIONI DI “MISSIONE OGGI”, “CEM MONDIALITÀ”,<br />

“MISSIONARI SAVERIANI” e “MISSIONE GIOVANI”<br />

A CURA DI MAURO CASTAGNARO<br />

Federico Tagliaferri (redazione di “Missione<br />

Oggi”): Sono ormai quattro decenni<br />

che la Chiesa è impegnata nel<br />

dialogo interreligioso. Lei ha notato<br />

un’evoluzione, in particolare nei rapporti<br />

con l’Islam E la “Lettera dei 138<br />

saggi musulmani” può essere considerata<br />

un momento di svolta<br />

Mons. Fitzgerald: Anche se prima c’erano<br />

stati alcuni pionieri, indubbiamente è dal<br />

Vaticano II che <strong>il</strong> dialogo interreligioso è divenuto<br />

un fatto di Chiesa. Si dice spesso che<br />

l’iniziativa del dialogo viene sempre dai cattolici,<br />

ma non è questa la mia esperienza:<br />

nel Segretariato per i non cristiani, poi Pontificio<br />

Consiglio per <strong>il</strong> dialogo interreligioso,<br />

gli inviti al dialogo venivano dai musulmani,<br />

<strong>il</strong> che è curioso perché a livello della base<br />

non c’era molto dialogo, o almeno c’era solo<br />

in alcuni luoghi, dove cristiani e musulmani<br />

convivevano positivamente. Forse a stimolarlo<br />

era <strong>il</strong> prestigio della Santa Sede. Il principe<br />

Hassan di Giordania aveva fondato<br />

l’Istituto per lo studio delle religioni e <strong>il</strong> dialogo<br />

e cominciato un’interlocuzione con gli<br />

anglicani, cercando e trovando un pari rango<br />

nel principe di Windsor, poi l’aveva allargata<br />

gli ortodossi, ma voleva un dialogo anche<br />

coi cattolici. Il Card. Arinze rispose positivamente,<br />

ma a condizione di coinvolgere<br />

la Chiesa locale. Credo che questo sia molto<br />

importante perché dava ai cristiani giordani<br />

la possib<strong>il</strong>ità di esprimersi, cosa non sempre<br />

fac<strong>il</strong>e per loro e a volte neppure cercata.<br />

Lo stesso è avvenuto con la Libia, che nel<br />

1976 promosse un convegno conclusosi con<br />

una dichiarazione di condanna del sionismo<br />

come forma di razzismo. Cosa che suscitò<br />

forte opposizione al dialogo, perché molti accusarono<br />

la Santa Sede di essersi lasciata<br />

manipolare da Tripoli, cosa non vera. Ci vollero<br />

quasi dieci anni per ricominciare <strong>il</strong> dialogo<br />

tra Roma e Tripoli, cosa che avvenne attraverso<br />

l’“Appello all’Islam”, a partire da un<br />

gruppo internazionale con sede in Libia. Abbiamo<br />

risposto pure agli iraniani, che sono i<br />

più preparati al dialogo, anche perché hanno<br />

tradotto molti testi cattolici, dal Catechismo<br />

della Chiesa cattolica - la piccola comunità<br />

cattolica locale non avrebbe avuto le<br />

condizioni economiche di tradurlo, mentre<br />

l’hanno fatto gli studiosi musulmani iraniani,<br />

consultando <strong>il</strong> vescovo locale, <strong>il</strong> che è<br />

molto bello - a libri di teologia moderna. Anche<br />

da parte dei Sikh o di movimenti buddhisti,<br />

come <strong>il</strong> Rissho Kosei-kai, sono venute<br />

iniziative di dialogo verso di noi. Perciò<br />

l’idea che <strong>il</strong> dialogo sia un moto unidirezionale<br />

dalla Chiesa cattolica verso le altre religioni<br />

non è vera.<br />

L’iniziativa dei 138 saggi musulmani è cominciata<br />

quando 38 intellettuali hanno<br />

scritto a Benedetto XVI, dopo <strong>il</strong> discorso di<br />

Ratisbona, una lettera molto garbata in cui<br />

dicevano che <strong>il</strong> Papa sbagliava la propria<br />

valutazione dell’Islam; un anno dopo <strong>il</strong> numero<br />

dei firmatari era salito a 138 e hanno<br />

scritto una nuova lettera invitando al dialogo<br />

teologico e pratico (amore di Dio e<br />

amore del prossimo) non solo la Chiesa cattolica,<br />

ma tutti i cristiani. Questo non esaurisce<br />

<strong>il</strong> dialogo tra cristiani e musulmani,<br />

che avviene in misura considerevole anche<br />

a livello locale, ma <strong>il</strong> Forum cattolico-musulmano<br />

svoltosi a Roma in novembre ha<br />

dimostrato che uno scambio su temi teologici<br />

è possib<strong>il</strong>e, mentre a volte questo è negato.<br />

Naturalmente noi ci incontriamo per<br />

conoscerci più profondamente, non per arrivare<br />

a una religione comune.<br />

44 Missione Oggi | agosto-settembre 2009


Franco Ferrari (redazione di “Missione<br />

Oggi”): Nel dialogo con l’Islam, specie<br />

di fronte alle posizioni fondamentaliste,<br />

molti sostengono l’opportunità di<br />

stab<strong>il</strong>ire rapporti con le correnti più moderate<br />

o propense all’incontro. Lei crede<br />

sia possib<strong>il</strong>e scegliere gli interlocutori<br />

nel dialogo interreligioso o questo<br />

tocca più alla politica<br />

Mons. Fitzgerald: La scelta del partner è<br />

diffic<strong>il</strong>e, dipende dalle circostanze. In Vaticano<br />

dialogavamo con organismi ufficiali<br />

dei paesi islamici, quasi mai abbiamo invitato<br />

singole persone, ma abbiamo dovuto<br />

affidarci alle scelte del partner musulmano,<br />

con sorprese a volte anche sgradevoli, come<br />

quando ci trovammo nella delegazione libica<br />

diversi cristiani convertiti all’Islam, <strong>il</strong><br />

che ci mise a disagio. Ma in generale nel<br />

dialogo ufficiale si accetta <strong>il</strong> partner e si cerca<br />

di dialogare con esso. D’altro canto se i<br />

nostri partner scegliessero di dialogare con<br />

Hans Küng, che io rispetto e di cui sono amico,<br />

<strong>il</strong> Vaticano non sarebbe contento, perché<br />

non si sentirebbe da lui rappresentato. Sono<br />

liberi di invitarlo, ma non nelle stesse circostanze.<br />

Un dialogo invece più informale, come<br />

quello del Gruppo di ricerche cristianoislamico,<br />

<strong>formato</strong> da individui, è più libero<br />

di scegliere i propri interlocutori. Nel dialogo<br />

dobbiamo rispettare le diverse istanze.<br />

C’è pure <strong>il</strong> pericolo di scegliere persone con<br />

cui ci sentiamo in sintonia per la loro capacità<br />

critica, ma che a volte non hanno grande<br />

influenza nella loro comunità. Quindi bisogna<br />

dare loro la possib<strong>il</strong>ità di esprimersi, ma<br />

è importante cercare <strong>il</strong> dialogo anche coi settori<br />

fondamentalisti. Credo sia diffic<strong>il</strong>e che<br />

possa farlo <strong>il</strong> Vaticano, ma ci sono altri soggetti,<br />

per esempio giornalisti cattolici, che<br />

hanno interloquito coi Fratelli musulmani.<br />

Brunetto Salvarani (direttore di “CEM<br />

Mondialità”): Vorrei centrare <strong>il</strong> discorso<br />

sul rapporto tra dialogo e annuncio,<br />

partendo dall’omonimo documento del<br />

1991. Oggi sembra prevalere <strong>il</strong> paradigma<br />

dello “scontro di civ<strong>il</strong>tà” e ciò<br />

colpisce anche <strong>il</strong> dialogo interreligioso.<br />

Se fosse riscritto oggi “Dialogo e annuncio”<br />

dovrebbe essere modificato<br />

Condivide l’impressione che rispetto ad<br />

allora <strong>il</strong> clima anche nella Chiesa cattolica<br />

sia meno propizio al dialogo e molto<br />

più centrato sull’identità<br />

Mons. Fitzgerald: Credo che “Dialogo e annuncio”<br />

vada letto insieme al documento del<br />

1984 “L’atteggiamento della Chiesa verso persone<br />

di altre religioni. Una riflessione su dialogo<br />

e missione”. Questo testo è molto importante<br />

perché colloca <strong>il</strong> dialogo all’interno della<br />

missione della Chiesa; non è esterno né facoltativo,<br />

ma parte della missione. Inoltre esso<br />

ha un afflato spirituale che manca in quello<br />

del 1991, frutto di molti compromessi e assai<br />

cauto perché nel frattempo ci si era cominciati<br />

a chiedere che ruolo avesse l’annuncio<br />

se <strong>il</strong> dialogo faceva parte della missione<br />

della Chiesa. Credo che la dottrina di “Dialogo<br />

e annuncio” sia valida ancora oggi, con la sua<br />

interpretazione dell’insegnamento del Conc<strong>il</strong>io<br />

Vaticano II e dei Papi, che sottolinea la possib<strong>il</strong>ità<br />

di salvezza al di fuori della Chiesa, ma<br />

non la fine della missione di Gesù Cristo. Oggi<br />

<strong>il</strong> sospetto di relativismo forse rende diffic<strong>il</strong>e <strong>il</strong><br />

compito dei teologi che vogliono dare un fondamento<br />

al dialogo interreligioso e talvolta<br />

vanno troppo oltre sacrificando l’essenziale<br />

Missione Oggi | agosto-settembre 2009 45


FORUM DELLE REDAZIONI<br />

del cristianesimo. Anche i miei confratelli che<br />

sono favorevoli al dialogo, oggi preferiscono<br />

parlare di incontro, perché l’uno dà l’idea di<br />

discutere qualcosa per arrivare ad affermazioni<br />

comuni, mentre l’altro dà più l’idea del<br />

rispetto delle diverse posizioni. La mia critica<br />

a “Dialogo e annuncio” è che dà l’impressione<br />

che <strong>il</strong> dialogo sia solo b<strong>il</strong>aterale, mentre ce n’è<br />

anche uno mult<strong>il</strong>aterale: <strong>il</strong> primo consente<br />

un maggiore approfondimento, mentre l’altro,<br />

per esempio negli incontri promossi dalla<br />

Comunità di Sant’Egidio, permette di lavorare<br />

insieme per contrastare lo scontro delle civ<strong>il</strong>tà.<br />

Incontro e annuncio concettualmente<br />

sono diversi, ma nella realtà stanno insieme,<br />

perché quando io incontro una persona,<br />

se sono cosciente della mia identità, dico <strong>il</strong><br />

mio cristianesimo.<br />

Maria A. De Giorgi: Alcune situazioni attuali<br />

derivano da un certo realismo frutto del<br />

cammino di questi anni. Dopo <strong>il</strong> Conc<strong>il</strong>io,<br />

quando si è cominciata l’avventura del dialogo,<br />

era inevitab<strong>il</strong>e porre l’accento su ciò che<br />

unisce, ciò che è bello dell’altro; poi <strong>il</strong> cammino<br />

ha condotto a prendere coscienza dei limiti<br />

e dell’abuso del dialogo, capendo che esso<br />

ha senso più a partire dalla divergenze, perché<br />

se siamo d’accordo non serve incontrarci.<br />

Ciò ha spinto alcuni ad un rallentamento,<br />

altri a un ripensamento e altri ancora a una<br />

frenata perché in alcune situazioni si era andati<br />

troppo oltre. Penso che una pausa di riflessione<br />

non faccia male. Io riscriverei allo<br />

stesso modo “Dialogo e annuncio”, ma approfondirei<br />

molto di più alcune grandi intuizioni<br />

di Paolo VI, come l’idea del dialogo della<br />

salvezza. “Dialogo” e “annuncio” sono in<br />

feconda tensione, non in contraddizione.<br />

Giusy Baioni (direttrice di “Missione<br />

Giovani”): Qual è la situazione dei cristiani<br />

in Egitto<br />

Mons. Fitzgerald: L’Egitto è <strong>il</strong> paese arabo<br />

col maggior numero di cristiani, circa <strong>il</strong><br />

10% della popolazione, cioè 8 m<strong>il</strong>ioni di persone,<br />

nella stragrande maggioranza copti<br />

ortodossi. La decisione del governo di abbattere<br />

i maiali, che sono in gran parte allevati<br />

dai cristiani, ha suscitato alcune proteste,<br />

ma <strong>il</strong> governo ha promesso risarcimenti e<br />

programmi per spostare gli allevamenti all’esterno<br />

delle città e non nei pressi delle discariche.<br />

Certo essere cristiano egiziano<br />

non è fac<strong>il</strong>e. I cattolici sono circa 250.000,<br />

ma l’influenza della Chiesa cattolica è ben<br />

più grande, soprattutto tramite le scuole<br />

cattoliche, in cui ci sono molti studenti ortodossi<br />

e musulmani, e l’azione sociale della<br />

Caritas, attiva in tutto <strong>il</strong> paese al servizio<br />

non solo dei cristiani. Negli ultimi 20 anni è<br />

cresciuta la tensione tra cristiani e musulmani:<br />

gli anziani dicono che quando erano<br />

giovani non era diffic<strong>il</strong>e frequentare le scuole<br />

cattoliche, mentre ora vengono più spesso<br />

richiamati. Inoltre la società diventa, almeno<br />

nei segni esteriori, più islamica, per<br />

cui le ragazze musulmane portano <strong>il</strong> velo<br />

all’Università e quelle cristiane possono essere<br />

oggetto di insulti o di pressioni. Il vero<br />

dialogo si fa non sul piano religioso, ma nel<br />

lavoro comune di cristiani e musulmani all’interno<br />

di associazioni non governative<br />

che difendono i diritti umani di tutti i cittadini,<br />

cercando di conc<strong>il</strong>iare quanto è scritto<br />

nella Costituzione egiziana e <strong>il</strong> richiamo alla<br />

sharia, alla legge islamica.<br />

P. Marcello Storgato (direttore di “<strong>Missionari</strong><br />

<strong>Saveriani</strong>”): Nei 21 anni trascorsi<br />

in Bangladesh ho scoperto, per esempio<br />

nell’Islam sufi, una profondità spirituale<br />

che favorisce dialogo, annuncio,<br />

incontro. Questo è confermato dalla vostra<br />

esperienza Al contempo abbiamo<br />

verificato che quando inizia una guerra,<br />

<strong>il</strong> dialogo viene azzerato. Terzo aspetto:<br />

in Italia, incontriamo giovani, soprattutto<br />

ragazze, musulmane che faticano<br />

a trovare interlocutori cristiani della loro<br />

età, da cui conoscere l’esperienza di<br />

fede.<br />

Maria A. De Giorgi: Anche in Giappone ho<br />

scoperto con gioia esperienze bellissime in<br />

cui opera lo Spirito, per cui un atteggiamento<br />

di dialogo diventa pure azione di ringraziamento.<br />

Per fortuna <strong>il</strong> Giappone non<br />

vive una guerra, ma capisco che quando ciò<br />

succede non è fac<strong>il</strong>e mantenere un atteggiamento<br />

di dialogo, anche se qui entra in gioco,<br />

per <strong>il</strong> cristiano, l’amore verso <strong>il</strong> nemico.<br />

La latitanza del mondo giovan<strong>il</strong>e non mi<br />

stupisce, perché <strong>il</strong> dialogo presuppone una<br />

matura identità di fede che spesso i giovani<br />

non hanno, soprattutto oggi, esposti al pluralismo<br />

della società. Ciò dovrebbe spingere<br />

noi a un maggiore impegno nella formazione<br />

alla fede e al dialogo. In Giappone, dopo<br />

venti anni di lavoro, è nata l’esigenza di<br />

avere corsi di formazione al dialogo, quasi<br />

stessimo passando da una fase carismatica<br />

a quella in cui bisogna preparare le persone.<br />

Mons. Fitzgerald: Quando ero in Sudan<br />

ogni tanto andavo ad ascoltare uno sheikh<br />

musulmano che dava lezione vicino alla<br />

chiesa. Era una persona molto austera e visitava<br />

la gente come un parroco. Quando ho<br />

dovuto rientrare a Roma, sono andato a salutarlo<br />

e lui ha pregato per me, affinché diventassi<br />

musulmano, ma questo era per lui<br />

l’augurio più bello perché la sua fede era per<br />

lui la cosa più preziosa. Il sufismo, nel quale<br />

gli occidentali si trovano più a proprio agio,<br />

tanto che ci sono conversioni all’Islam tramite<br />

esso, è guardato con sospetto nel mondo<br />

arabo; in Egitto, però, un comboniano italiano,<br />

p. Giuseppe Scattolin, che ha pubblicato<br />

un libro di testi sufi in arabo, è stato invitato<br />

a tenere conferenze anche ad Al-azar,<br />

<strong>il</strong> che mostra una possib<strong>il</strong>ità. Io stesso, pur<br />

non essendo esperto di sufismo, sono stato<br />

invitato a tener una conferenza in una Università<br />

statunitense e ho scelto di parlare dei<br />

“bei nomi di Dio” e del loro senso per un cristiano;<br />

quindi partivo dal Corano per cercare<br />

nella Bibbia l’equivalente di questi nomi e<br />

approfondivo come si può ricevere un incitamento<br />

alla preghiera da questa tradizione<br />

islamica. Il pubblico era composto da cristiani<br />

e musulmani e qualcuno ha chiesto<br />

come, essendo cristiano, potessi commentare<br />

<strong>il</strong> Corano; ho risposto che <strong>il</strong> Corano per i<br />

musulmani è un libro sacro, ma è un testo<br />

importante per tutti; e siccome era presente<br />

l’ambasciatore dell’India, ho detto che avrei<br />

potuto prendere anche l’Upanishad e scoprirvi<br />

le verità che contiene, senza per questo<br />

essere indù. Anche un musulmano può<br />

scoprire nella Bibbia o negli scritti della nostra<br />

tradizione valori importanti. Perciò<br />

dobbiamo avere la possib<strong>il</strong>ità di questo dialogo<br />

sui valori, che scopriamo negli altri.<br />

Per la guerra, è vero. Per esempio, in Medio<br />

Oriente <strong>il</strong> conflitto israelo-palestinese è una<br />

controtestimonianza e rende diffic<strong>il</strong>i <strong>il</strong> dialogo<br />

e i rapporti tra i popoli. Quando Paolo<br />

VI lanciò la proposta di una giornata mondiale<br />

per la pace, Maodhoudi, leader musulmano<br />

del Pakistan, si disse favorevole, affermando<br />

però che finché ci fosse stato<br />

guerra tra Israele e Palestina non ci sarebbe<br />

stata pace nel mondo. Credo avesse abbastanza<br />

ragione. Mi rallegra vedere soprat-<br />

46 Missione Oggi | agosto-settembre 2009


tutto giovani musulmani che vengono a Roma<br />

a studiare <strong>il</strong> cristianesimo; sono convinti<br />

della loro fede, ma sperimentano <strong>il</strong> vivere<br />

coi cristiani. Questo mi fa sperare nel futuro,<br />

perché ci saranno musulmani capaci di<br />

fare da mediatori nel dialogo.<br />

Ruggero Cavani: Evidenzierei due<br />

aspetti: lo sforzo culturale e teologico<br />

che chi è credente in modo consapevole<br />

compie in questa relazione con uomini<br />

di fedi diverse, perché l’incontro implica<br />

un cambiamento di mentalità circa<br />

l’annuncio e la missione; e l’um<strong>il</strong>tà,<br />

che è indispensab<strong>il</strong>e se si vuole stare<br />

insieme tra diversi, perché <strong>il</strong> vestire,<br />

mangiare, ecc. in modo differente può<br />

portare a confliggere.<br />

Maria A. De Giorgi: Di recente la Conferenza<br />

episcopale giapponese mi ha chiesto di organizzare<br />

corsi di formazione al dialogo interreligioso<br />

per preti e religiose. Essi prevedono<br />

momenti di studio e visite ad ambienti di<br />

diverse religioni. Siamo andati a visitare anche<br />

la Rissho Kosei-kai. Ci hanno mostrato<br />

un video, in cui la prima affermazione era<br />

che “una religione che non è missionaria non<br />

è una religione”. Eppure è uno dei movimenti<br />

più impegnati nel dialogo, <strong>il</strong> che mostra<br />

che tra dialogo e annuncio non c’è contraddizione.<br />

E nella loro sede centrale a Tokio c’è<br />

una targa in cui si dice “andate in tutto <strong>il</strong><br />

mondo ad annunciare Buddha”. Una religione<br />

che non desidera comunicare quello che<br />

ha di più importante non è una religione.<br />

Mons. Fitzgerald: Mi sembra importante <strong>il</strong><br />

riferimento all’um<strong>il</strong>tà; non possiamo imporre<br />

la nostra religione all’altro, deve essere<br />

una testimonianza, che è più forte della<br />

predicazione, pur necessaria, ma successiva.<br />

Nell’Islam c’è l’invito a convertirsi e<br />

quindi i musulmani fanno la missione, ma<br />

noi non possiamo rinunciare alla nostra fede.<br />

Qui c’è la questione dell’identità, ma essere<br />

radicati nella propria fede non significa<br />

mettersi sulla difensiva. Dell’um<strong>il</strong>tà del<br />

dialogo fa parte l’accettare situazioni che<br />

non controlliamo e un po’ di rischio c’è.<br />

Michela Bono (redazione di “Missione<br />

Oggi”): Scoprire che Dio ha 99 nomi e<br />

non solo quello che conoscevo io mi ha<br />

aiutato a parlare coi giovani, perché elimina<br />

le rigidità de “<strong>il</strong> mio Dio” e “<strong>il</strong> tuo<br />

Dio”, che crea contrapposizione.<br />

Mons. Fitzgerald: In effetti <strong>il</strong> parlare dei<br />

“99 nomi di Dio” da parte della tradizione<br />

islamica ci aiuta a ricordare che non abbiamo<br />

mai finito di conoscere Dio e anche se noi<br />

cristiani diciamo di avere la verità in Cristo,<br />

dobbiamo chiederci se abbiamo capito tutto<br />

di questa verità. In realtà c’è sempre da scoprire<br />

e alla nostra conoscenza di Dio possono<br />

contribuire le altre religioni. Non dobbiamo<br />

fare solo una traduzione letterale di una parola,<br />

ma vedere in che modo questo termine<br />

è compreso nell’altra tradizione. Per esempio,<br />

“rivelazione” non vuol dire la stessa cosa<br />

nel cristianesimo e nell’islam.<br />

Maria A. De Giorgi: In effetti questo è un<br />

problema enorme, tanto che in Giappone<br />

dai tempi di San Francesco Saverio non si è<br />

ancora trovato un termine adatto per <strong>il</strong><br />

concetto cristiano di Dio e anche quello attualmente<br />

usato è assai ambivalente. Forse<br />

con l’islam è più fac<strong>il</strong>e, perché esso si muove<br />

all’interno di categorie semitiche, ma <strong>il</strong><br />

mondo buddhista prescinde dal concetto di<br />

Dio. Il problema di fondo è <strong>il</strong> rapporto tra<br />

l’esperienza di Dio e la sua verbalizzazione,<br />

<strong>il</strong> cercare di comunicarla e anche questo è<br />

un compito del dialogo: cercare di capirci<br />

sull’essenziale, andando al di là delle parole,<br />

ma servendoci di parole e questo è un<br />

cammino mai terminato.<br />

Coordinatrice dell’ufficio per <strong>il</strong> dialogo<br />

interreligioso della diocesi di Brescia: Il<br />

dialogo interreligioso, almeno a Brescia,<br />

è ancora esperienza elitaria, ma la<br />

gente che vive nelle parrocchie, a contatto<br />

con persone di altre religioni, è indifferente.<br />

Come aiutare a far crescere<br />

questa sensib<strong>il</strong>ità<br />

Mons. Fitzgerald: Dobbiamo cercare diversi<br />

modi di incontrare le persone, magari a<br />

partire dai loro bisogni: per esempio io conosco<br />

parrocchie che hanno concesso l’uso<br />

di sale parrocchiali per matrimoni indù. Così<br />

comincia <strong>il</strong> rapporto di amicizia. A Chicago<br />

un iraniano è diventato l’amministratore<br />

della moschea e l’ha aperta per un giorno<br />

a tutti affinché i vicini la conoscessero. È venuto<br />

anche <strong>il</strong> rabbino, <strong>il</strong> quale ha chiesto se<br />

sarebbe stato possib<strong>il</strong>e per gli ebrei venire a<br />

pregare in una sala della moschea visto che<br />

la sinagoga doveva essere ristrutturata. La<br />

richiesta è stata accettata, per cui per sei<br />

mesi gli ebrei l’hanno usata e questo ha<br />

creato un’amicizia che continua.<br />

Maria A. De Giorgi: Linee pastorali ci sono,<br />

ma bisogna metterle in atto. “Dialogo e annuncio”<br />

parla di quattro livelli di dialogo:<br />

della vita, delle opere, delle esperienza spirituali<br />

e degli scambi teologici. Nel 1991 per<br />

due anni abbiamo studiato <strong>il</strong> documento<br />

chiedendoci che cosa la Chiesa ci domandasse<br />

di fare, quindi è nato un gruppo interparrocchiale<br />

che ha cercato di incontrare<br />

i vicini di altre religioni, a livello di base; così<br />

sono nate conoscenze che hanno favorito<br />

una crescente collaborazione sul territorio.<br />

Si tratta di verificare che cosa si può fare<br />

nella situazione concreta dove si vive.<br />

Brunetto Salvarani: A Novellara, nella campagna<br />

reggiana, dove c’è <strong>il</strong> più grande tempio<br />

sikh d’Italia, l’amministrazione comunale,<br />

siccome ritiene <strong>il</strong> dialogo interreligioso importante<br />

anche per la costruzione della cittadinanza,<br />

dedica alla fine del Ramadan, alla<br />

Pasqua e al Natale, al Capodanno cinese e al<br />

Baisakhi sikh un momento gestito dal Comune,<br />

in cui le comunità sono invitate a presentarsi,<br />

a scambiarsi doni e a mangiare insieme.<br />

È un’esperienza in controtendenza, ma<br />

crea relazioni importanti in una cittadina di<br />

16m<strong>il</strong>a abitanti con 3m<strong>il</strong>a stranieri.<br />

Mons. Fitzgerald: A Londra da 25 anni l’arcidiocesi<br />

di Westminster organizza una marcia<br />

per la pace da un luogo sacro a un altro,<br />

che cambia ogni anno, quindi da una chiesa<br />

battista alla sinagoga o dalla moschea al<br />

tempio buddhista e ogni volta un membro di<br />

ogni comunità la presenta agli altri. I partecipanti<br />

sono in aumento e camminando si<br />

parla. Si tratta di fare qualcosa insieme.<br />

Maria De Giorgi: Mi aveva molto ferito leggere<br />

che in nome del dialogo in Italia si smetteva<br />

di allestire i presepi, perché i bambini<br />

buddhisti del nostro v<strong>il</strong>laggio, vedendo <strong>il</strong> presepe,<br />

ci hanno chiesto di spiegare loro che cosa<br />

fosse <strong>il</strong> Natale. Non si tratta di sopprimere<br />

le tradizione, ma invitare e presentarle.<br />

Giusy Baioni: A Desio da qualche anno si<br />

tiene una marcia della pace, cui partecipano<br />

cristiani e musulmani. C’è un signore<br />

che non manca mai, ma si lamenta sempre<br />

che nessuno pensi a lui, ateo!<br />

Missione Oggi | agosto-settembre 2009 47


Incontro<br />

nazionale<br />

b<strong>il</strong>anci<br />

di giustizia<br />

Giovedì 27 agosto<br />

ORE 18.00<br />

Venerdì 28 agosto<br />

ORE 9.30<br />

Sabato 29 agosto<br />

ORE 9.30<br />

Domenica 30 agosto<br />

ORE 9.30<br />

GRAZIA HONEGGER<br />

FRESCO<br />

Sv<strong>il</strong>uppare la bellezza<br />

e la speranza nei<br />

bambini, per far<br />

crescere adulti<br />

consapevoli e capaci<br />

di stare nel mondo<br />

con senso critico,<br />

per cambiarlo<br />

Presentazione Rapporto<br />

Annuale 2008<br />

LUCA GAGGIOLI<br />

I b<strong>il</strong>anci ieri, oggi e<br />

domani<br />

FRANCESCO GESUALDI<br />

Verso una nuova società<br />

del Benvivere<br />

CARLO MOLARI<br />

Al servizio del mondo,<br />

verso la giustizia.<br />

Speranza e<br />

cambiamento<br />

Noi e la crisi: quanto<br />

ci tocca e quanto<br />

ci interpella.<br />

Valutazione<br />

dell’AltraCard<br />

Progettare la speranza<br />

come b<strong>il</strong>ancisti...<br />

proposte di futuro<br />

Oropa (Bg) | 27-30 agosto 2009<br />

Seminario<br />

Quale formazione<br />

per quale missione<br />

Pesaro<br />

21-24 settembre 2009<br />

<strong>Missionari</strong> Comboniani<br />

V<strong>il</strong>la Baratoff - Via Angelo Custode, 20 - Pesaro<br />

info: fgrasselli@tele2.it

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