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® CSAM - 25121 BRESCIA, VIA PIAMARTA 9 • Poste Italiane S.p.A - Sped. D.L. 353/03 (conv. L. 27/02/04 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Brescia - contiene I.P.<br />
www.saveriani.bs.it/missioneoggi<br />
Esperienze<br />
di dialogo<br />
interreligioso<br />
Intrecci formativi<br />
e spirituali
Sommario n. 7/2009<br />
Mens<strong>il</strong>e dei <strong>Missionari</strong> <strong>Saveriani</strong><br />
dal 1903 al 1978 Fede e Civ<strong>il</strong>tà<br />
Direttore<br />
Mario Menin<br />
direttore.mo@saveriani.bs.it<br />
Redattori<br />
Mauro Castagnaro, Franco Ferrari,<br />
Federico Tagliaferri<br />
Segreteria<br />
Salvatore Leardi<br />
segreteria.mo@saveriani.bs.it<br />
Gruppo redazionale<br />
Michele Agosti, Giusy Baioni, Michela Bono, Maria<br />
Teresa Cobelli, Domenico Cortese, Roberto<br />
Cucchini, Flavio Dalla Vecchia, Lydia Keklikian,<br />
Piero Lanzi, Fausto Piazza, Marino Ruzzenenti,<br />
Anna Scalori, Gabriele Smussi, Franco Valenti,<br />
Annachiara Valle<br />
Hanno collaborato a questo numero<br />
Maria A. De Giorgi, Michael L. Fitzgerald, Giampiero<br />
Alberti, Federico Tagliaferri, Ruggero Cavani, Guliano<br />
Zatti, Mauro Castagnaro, Lidia Maggi, Giacomo<br />
Canobbio, Franco Ferrari.<br />
Direzione<br />
Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia<br />
Tel. 0303772780 - Fax. 0303772781<br />
www.saveriani.bs.it/missioneoggi<br />
missioneoggi@saveriani.bs.it<br />
Amministrazione e abbonamenti<br />
Centro Saveriano Animazione <strong>Missionari</strong>a<br />
(C.S.A.M.)<br />
Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia<br />
Tel. 0303772780 - Fax. 0303772781<br />
abbonamenti@saveriani.bs.it<br />
Abbonamenti<br />
Italia € 26,00<br />
Europa € 36,00<br />
Extra Europa € 44,00<br />
Un numero separato € 3,00<br />
3 Editoriale<br />
Abbattere <strong>il</strong> muro di separazione<br />
4<br />
Buone pratiche di dialogo<br />
Shinmeizan: <strong>il</strong> tempio per dialogare (Maria A. De Giorgi)<br />
9 Buone pratiche di dialogo<br />
Shinmeizan: casa di preghiera cristiana (Maria A. De Giorgi)<br />
15 Formazione al dialogo<br />
Per una formazione al dialogo interreligioso (Michael L. Fitzgerald)<br />
19 Forum di discussione<br />
Ho due sogni (Giampiero Alberti)<br />
24 Buone pratiche di dialogo<br />
Camminare insieme (Ruggero Cavani)<br />
28 Spiritualità del dialogo<br />
Vita religiosa e missione (Michael L. Fitzgerald)<br />
33 Forum di discussione<br />
La fatica di mettersi in discussione (Giuliano Zatti)<br />
38 Conclusioni<br />
Il presupposto del dialogo (Lidia Maggi)<br />
41 Conclusioni<br />
La complessità del dialogo (Giacomo Canobbio)<br />
44 Forum delle redazioni<br />
Il dialogo interreligioso è irrinunciab<strong>il</strong>e (a cura di Mauro Castagnaro)<br />
Missione Oggi è stampata interamente<br />
su carta riciclata.<br />
C.C.P. 11820255<br />
intestato a Missione Oggi<br />
Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia<br />
Grafica: Enzo Chisacchi / Paolo Mabellini<br />
Realizzazione: D.G.M. / Brescia<br />
Stampa: Squassina / Brescia<br />
ISNN 0392-6389<br />
Editore: Centro Saveriano Animazione <strong>Missionari</strong>a -<br />
CSAM - Soc. Coop. a R.L., Via Piamarta 9, 25121 Brescia,<br />
n. 50127 in data 19-2-1993. Direttore Responsab<strong>il</strong>e:<br />
Marcello Storgato. Registrato al Tribunale di Parma<br />
n. 399 del 7-3-1967<br />
Foto di copertina: “La grande rete” - 1995 (acquerello di Carlo Tarantini). La calda cromia de “La grande rete”, di<br />
Carlo Tarantini, sintetizza <strong>il</strong> pensiero del Convegno 2009: f<strong>il</strong>i di dialogo che si intrecciano e che disegnano una trama<br />
spirituale intensa; in essa occhieggiano i pesci - persone in dialogo -, che assumono i colori svariati delle religioni;<br />
la rete possiede delle linee rette e curve - le religioni -, che rimandano alla totalità del mondo. La curva<br />
comprensiva, abbracciante utero di luce, allude alla Chiesa segno e strumento dell’unità di tutto <strong>il</strong> genere umano.<br />
Foto interne (senza crediti): Fiorenzo Raffaini.
Abbattere<br />
<strong>il</strong> muro<br />
di separazione<br />
editoriale<br />
Questo numero “speciale” di “Missione Oggi” raccoglie gli atti del Convegno annuale della rivista, dedicato<br />
in questa sessione al dialogo interreligioso. Nella pubblicazione abbiamo seguito pari pari lo schema<br />
della giornata (9 maggio 2009), con l’unica novità della sistemazione del Forum delle redazioni alla fine<br />
di tutto, pur essendo stato realizzato <strong>il</strong> pomeriggio precedente. Anche attraverso le pagine di questo numero<br />
auguriamo a tutti gli abbonati, amici e lettori della rivista una buona estate. Chissà che l’autorevolezza e la<br />
semplicità delle esperienze qui raccolte non collaborino ad abbattere dentro e fuori di noi i tanti muri di separazione<br />
costruiti dalla paura e dall’ignoranza del “diversamente religioso” anche nel nostro Paese.<br />
L’atteggiamento che i cristiani devono adottare verso le altre fedi è una questione antica, ma per molti secoli<br />
non fu praticamente considerata. Il Conc<strong>il</strong>io Vaticano II (1962-1965) ne ha parlato in maniera esplicita<br />
e positiva. L’incontro voluto e realizzato ad Assisi <strong>il</strong> 27 ottobre 1986 da Giovanni Paolo II aveva fac<strong>il</strong>itato i<br />
rapporti, non solo interreligiosi ma interculturali, tra i popoli. Il drammatico attentato alle Torri gemelle di<br />
New York, l’11 settembre 2001, da parte di alcune cellule dell’estremismo islamico, ha raffreddato e inquinato<br />
queste ancor timide relazioni, anche da un punto di vista sociale e politico. Oggi <strong>il</strong> tema ha acquisito una<br />
tale r<strong>il</strong>evanza che non può che rendere ardua la riflessione di chiunque si avventuri in questo campo.<br />
La rivista “Missione Oggi” ci prova, non a partire dalla teoria ma da due esperienze concrete: una “locale”,<br />
di base, italiana, nata per necessità contingenti, dai problemi di convivenza tra cristiani e musulmani nella ricca<br />
provincia di Modena, legata al Gruppo “Camminare insieme” di Fiorano/Sassuolo; l’altra più “globale”, nata<br />
dal carisma missionario dei <strong>Saveriani</strong>, in Giappone, ma con addentellati in varie parti del mondo, soprattutto<br />
in Cina, e legata al Centro di preghiera e dialogo interreligioso “Shinmeizan” di Tamana-gun/Kumamoto.<br />
Seppure in maniera diversa, “Shinmeizan” e “Camminare insieme” ci indicano gli itinerari essenziali per<br />
maturare “buone pratiche” di dialogo: non esiste vero dialogo interreligioso senza un’esigente formazione e<br />
un’adeguata spiritualità. Per questo ai due “racconti” fanno da pendant altrettante riflessioni di taglio teologico<br />
e spirituale, affidate alla sapienza e acribia di Mons. Michael L. Fitzgerald, rispettivamente<br />
sulla necessità della formazione al dialogo e sui presupposti spirituali del<br />
medesimo. È stato davvero un grande dono per i partecipanti al Convegno la presenza<br />
di un relatore come Mons. Fitzgerald, universalmente<br />
noto e apprezzato per la sua esperienza, prima come docente<br />
al PISAI (Pontificio Istituto Studi Arabi e Islamistica),<br />
poi come segretario e quindi presidente del PCDI<br />
(Pontificio Consiglio per <strong>il</strong> Dialogo Interreligioso).<br />
Se Gesù ha abbattuto <strong>il</strong> muro di separazione che era<br />
frammezzo, così che per-con-in lui “giudei” e “pagani”<br />
potessero presentarsi, gli uni e gli altri, al Padre in un solo<br />
Spirito (cfr. Ef 2), perché non continuare oggi quest’opera<br />
divina, camminando insieme, anche se a<br />
tentoni, verso l’unità del genere umano, a dispetto<br />
e a partire dalle nostre differenze ■<br />
Siham e Anna<br />
del gruppo<br />
“Camminare<br />
insieme”<br />
al Convegno.
uone pratiche di dialogo<br />
Maria A. De Giorgi è missionaria saveriana, laureata in psicopedagogia,<br />
teologa e studiosa del pensiero spirituale giapponese. È<br />
giunta in Giappone nel 1985. Dal 1987 al 1994 ha prestato <strong>il</strong> suo<br />
servizio presso <strong>il</strong> centro di spiritualità e dialogo interreligioso Shinmeizan.<br />
Dopo aver conseguito <strong>il</strong> dottorato in teologia all’Università<br />
Gregoriana di Roma, ha ripreso <strong>il</strong> suo servizio in Giappone sempre al<br />
Shinmeizan. Tra le sue numerose pubblicazioni, citiamo: Seimeizan.<br />
Frammento di un dialogo tra cristiani e buddhisti, EMI, Bologna<br />
1989; Va’ e di’ ai miei fratelli. Celestina Bottego, Fondatrice delle<br />
<strong>Missionari</strong>e di Maria, EMI, Bologna 1994; Salvati per grazia<br />
attraverso la fede. La salvezza per grazia nel Buddhismo della<br />
Terra Pura e nel Cristianesimo, EMI, Bologna 1999; La via del tè<br />
nella spiritualità giapponese, Morcelliana, Brescia 2007; Padre<br />
Giacomo M. Spagnolo, Fondatore delle <strong>Missionari</strong>e di Maria-<br />
Saveriane, EMI, Bologna 2009.<br />
Shinmeizan<br />
<strong>il</strong> tempio<br />
per dialogare<br />
Per quanto riguarda Shinmeizan come Centro<br />
di dialogo, primo spazio priv<strong>il</strong>egiato di contatti<br />
sono per noi <strong>il</strong> v<strong>il</strong>laggio di Heboura e la cittadina<br />
di Nagomi a cui apparteniamo territorialmente<br />
e in cui non c’è nessuna presenza cristiana.<br />
Solo a Tamana (50.000 abitanti), <strong>il</strong> centro<br />
del distretto, vi è una Chiesa cattolica e una Comunità<br />
luterana.<br />
Ciononostante, gli abitanti del luogo, tutti<br />
appartenenti al cosiddetto Buddhismo della Terra<br />
Pura, ci hanno accolto molto cordialmente.<br />
Con gli anni hanno cominciato a considerarci un<br />
po’ <strong>il</strong> “loro” tempio. Vengono spesso a fare<br />
omairi, la visita al tempio. A Capodanno salgono<br />
per fare hatsumode, la prima visita al tempio<br />
dell’anno nuovo; è divenuta ormai tradizione<br />
che ogni anno, a maggio, <strong>il</strong> gruppo degli anziani<br />
si riunisca a Shinmeizan per un’intera giornata.<br />
In occasione del Natale, su esplicita richiesta dei<br />
bambini del v<strong>il</strong>laggio, organizziamo una veglia<br />
natalizia alla quale partecipano attivamente. Diverse<br />
coppie non cristiane della zona hanno<br />
chiesto di celebrare <strong>il</strong> matrimonio a Shinmeizan<br />
perché desiderosi di vivere quel momento in un<br />
contesto religioso. Da parte nostra, siamo invitati<br />
a partecipare ai più importanti momenti di vi-<br />
4 Missione Oggi | agosto-settembre 2009
MO<br />
con movimenti religiosi più recenti. Nella zona<br />
è molto popolare la Scuola Jodo Shinshu o della<br />
Terra Pura, una corrente del Buddhismo Mahayana<br />
che pur avendo le sue radici in India si è<br />
sv<strong>il</strong>uppata soprattutto in Cina e in Giappone.<br />
Questa Scuola presenta la fede nel Buddha<br />
Amida come via alla liberazione. Nelle vicinanze<br />
si trovano anche templi del Buddhismo<br />
Tendai e del Buddhismo Zen con i quali intratteniamo<br />
da anni buoni<br />
Diverse coppie non<br />
cristiane della zona<br />
hanno chiesto di<br />
celebrare <strong>il</strong><br />
matrimonio a<br />
Shinmeizan perché<br />
desiderosi di vivere<br />
quel momento in un<br />
contesto religioso<br />
rapporti di amicizia e<br />
di collaborazione che<br />
ci permettono di conoscere<br />
più da vicino, e<br />
dall’interno, <strong>il</strong> Buddhismo<br />
giapponese<br />
nella sua grande varietà<br />
di Scuole e correnti.<br />
Vi sono poi rapporti di<br />
collaborazione con altre<br />
istituzioni religiose<br />
come la Risshokoseikai,<br />
un’importante e<br />
vivace organizzazione di laici buddhisti molto<br />
attivi sul fronte del dialogo e dell’impegno per<br />
la pace; dell’Omoto e del Tenrikyo, movimenti<br />
di matrice shintoista, altrettanto aperti all’incontro<br />
e alla collaborazione interreligiosa.<br />
Questa rete di contatti, di amicizia e di collaborazione,<br />
ha trovato una sua felice espressione<br />
nell’incontro biennale di preghiera per la pace<br />
che da oltre 14 anni celebriamo a Shinmeizan.<br />
La partecipazione è molto sentita e, negli<br />
anni, ha avuto una positiva ricaduta anche sulle<br />
rispettive comunità religiose.<br />
Sopra: P. S<strong>il</strong>vano Da Roit,<br />
saveriano,<br />
e Maria A. De Giorgi,<br />
saveriana, apprendono<br />
la “cerimonia del tè”.<br />
Sotto: P. Franco<br />
Sottocornola, saveriano,<br />
e <strong>il</strong> ven. Furukawa<br />
al “Shinmeizan”.<br />
PER SAPERNE DI PIU’<br />
buone pratiche di dialogo<br />
ta civ<strong>il</strong>e e religiosa della comunità locale: l’incontro<br />
annuale dei capifamiglia in cui si programma<br />
la vita del v<strong>il</strong>laggio, la presenza alla kagura<br />
di settembre, una danza religiosa che si tiene<br />
nel locale tempio shintoista in occasione del<br />
raccolto del riso, la partecipazione a funerali e<br />
anniversari presso <strong>il</strong> tempio buddhista.<br />
TEMPLI E ORGANIZZAZIONI RELIGIOSE<br />
A questi rapporti quotidiani, di buon vicinato,<br />
se ne affiancano altri, più specifici, con persone,<br />
templi e istituzioni buddhiste e shintoiste,<br />
CONTATTI CON L’ESTERO<br />
Un accenno a parte merita la complessità di<br />
rapporti con persone e gruppi che vengono da<br />
altri Paesi, sia asiatici che occidentali. In questi<br />
anni abbiamo avuto visitatori provenienti da<br />
ben 40 Paesi diversi. Un vero mosaico di persone<br />
che ci ha sorpreso, ma che ci ha anche reso<br />
più coscienti del bisogno di spiritualità, incontro<br />
e dialogo, che abita la nostra generazione.<br />
Le vie che conducono questi visitatori su questa<br />
sperduta collina giapponese sono le più diverse:<br />
giovani e non più giovani europei, americani,<br />
australiani e asiatici desiderosi di conoscere la<br />
tradizione religiosa giapponese; studenti universitari<br />
che trascorrono periodi di stage in<br />
Università o in centri di ricerca giapponesi; cristiani<br />
interessati al dialogo con <strong>il</strong> Buddhismo,<br />
Maria A. De Giorgi,<br />
Salvati per grazia<br />
attraverso la fede. La<br />
salvezza<br />
per grazia nel Buddhismo<br />
della Terra Pura<br />
e nel Cristianesimo,<br />
EMI, Bologna 1999<br />
presso:<br />
libreria@saveriani.bs.it<br />
Missione Oggi | agosto-settembre 2009 5
uone pratiche di dialogo<br />
Shinmeizan,<br />
un po’<br />
di storia<br />
MARIA A. DE GIORGI<br />
Il Centro di spiritualità e di<br />
dialogo interreligioso<br />
Shinmeizan è sorto in<br />
Giappone per iniziativa<br />
di P. Franco Sottocornola,<br />
saveriano, con la<br />
collaborazione del Ven. Tairyu<br />
Furukawa, capo del Tempio<br />
buddhista Seimeizan<br />
Schweitzer, dedicato alla<br />
memoria del premio Nobel<br />
per la pace, dott. Albert<br />
Schweitzer<br />
MO<br />
L’INCONTRO PROVVIDENZIALE E DECISIVO<br />
CON FURUKAWA<br />
incontro di P. Sottocornola con <strong>il</strong> Ven. Furukawa<br />
fu decisivo per la realizzazione di<br />
L’<br />
un progetto che veniva da lontano. Risale, infatti,<br />
agli anni 1964-65 la prima intuizione<br />
che P. Sottocornola ebbe circa l’opportunità,<br />
anzi, l’urgenza, che ogni Chiesa locale avesse<br />
Centri di spiritualità e Case di preghiera aperti<br />
a tutti, quali componenti essenziali dell’opera<br />
di evangelizzazione. In quegli anni,<br />
segnati dai fermenti conc<strong>il</strong>iari, P. Sottocornola,<br />
che allora insegnava teologia all’Istituto<br />
Teologico Saveriano di Parma e curava <strong>il</strong> processo<br />
di aggiornamento voluto dal Conc<strong>il</strong>io,<br />
soprattutto in campo liturgico, ebbe la possib<strong>il</strong>ità<br />
di visitare varie missioni nei diversi<br />
Continenti e di confermarsi in questa sua intuizione.<br />
Quando poi, nel 1978, fu inviato in<br />
Giappone come missionario, l’idea si arricchì<br />
di nuovi elementi. Proprio quell’anno, a Barrackpore<br />
(Calcutta), la Federazione delle Conferenze<br />
Episcopali Asiatiche (FABC) aveva tenuto<br />
la sua Seconda Assemblea Generale sul<br />
tema della preghiera e aveva messo in evidenza<br />
l’importanza che la preghiera e la contemplazione<br />
devono avere nell’evangelizzazione<br />
del Continente asiatico così sensib<strong>il</strong>e alla<br />
dimensione contemplativa.<br />
Per quanto riguarda <strong>il</strong> dialogo interreligioso,<br />
l’Assemblea di Barrackpore specifica: “Il dialogo<br />
con le altre tradizioni religiose asiatiche ha<br />
già avuto una speciale testimonianza nella<br />
Prima Assemblea Plenaria, sia nelle discussioni<br />
che nelle affermazioni finali. Riaffermiamo<br />
in maniera anche più esplicita quanto fu inculcato<br />
nei riguardi del dialogo interreligioso”.<br />
E precisa: “Incoraggiamo ulteriormente<br />
questo dialogo. Esso va affrontato con tutta<br />
serietà, accompagnato costantemente dal discernimento<br />
dello Spirito, promosso e salvaguardato<br />
da quegli atteggiamenti che ci conducono<br />
ad approfondirlo e a farlo crescere nel-<br />
Quando<br />
P. Sottocornola<br />
giunse al<br />
Tempio<br />
Schweitzer nel<br />
1987, già da<br />
alcuni anni <strong>il</strong><br />
Ven. Furukawa<br />
intratteneva<br />
rapporti con<br />
<strong>il</strong> mondo cinese<br />
persone alla ricerca di un’identità religiosa<br />
smarrita, pellegrini di pace, ecc. All’interno di<br />
questa vasta rete di rapporti, vorrei ricordare,<br />
per la sua esemplarità, <strong>il</strong> cammino che ci ha<br />
condotto in Cina. Quando P. Sottocornola giunse<br />
al Tempio Schweitzer nel 1987, già da alcuni<br />
anni <strong>il</strong> Ven. Furukawa intratteneva rapporti con<br />
<strong>il</strong> mondo cinese. Varie circostanze gli avevano<br />
permesso di verificare la reale entità dei massacri<br />
perpetrati dalle truppe giapponesi durante<br />
l’occupazione del Continente, <strong>il</strong> più tristo dei<br />
quali fu certamente <strong>il</strong> massacro di Nankino del<br />
1937, durante <strong>il</strong> quale in pochi giorni furono<br />
trucidate più di 300 m<strong>il</strong>a persone.<br />
Uomo di pace, <strong>il</strong> Ven. Furukawa raccolse<br />
documenti inediti e testimonianze di prima mano<br />
che fece tradurre in giapponese; fondò<br />
un’associazione per portare a conoscenza del-<br />
l’opinione pubblica questi fatti e promosse pellegrinaggi<br />
di pace e di riconc<strong>il</strong>iazione soprattutto<br />
a Nankino e a Pechino. Da parte cinese trovò<br />
una valida collaborazione nella Croce Rossa.<br />
Quando poi nacque Shinmeizan, <strong>il</strong> Ven. Furukawa<br />
chiese anche a noi di prendere parte a questi<br />
pellegrinaggi. Per vari anni, in un’atmosfera di<br />
autentica e sincera collaborazione, buddhisti e<br />
cristiani, giapponesi ed europei, ci recammo insieme<br />
in Cina pellegrini di pace e di riconc<strong>il</strong>iazione.<br />
Grazie alla mediazione della Croce Rossa<br />
Cinese ci fu concesso di celebrare in pubblico<br />
riti religiosi, sia buddhisti che cristiani, sui<br />
luoghi dei massacri.<br />
Durante <strong>il</strong> pellegrinaggio del 1989, nacque<br />
l’idea di avviare un Centro per bambini disab<strong>il</strong>i<br />
nei pressi di Pechino per esprimere una solidarietà<br />
fattiva con <strong>il</strong> popolo cinese. L’attuazione di<br />
6 Missione Oggi | agosto-settembre 2009
la pazienza e nell’amore. Questi sono: apertura<br />
e sensib<strong>il</strong>ità, onestà e um<strong>il</strong>tà di spirito, sincero<br />
disinteresse e amore fraterno che accoglie<br />
con rispetto i sentimenti degli altri e cerca di<br />
penetrare nel loro cuore” (D. COLOMBO, a cura,<br />
La preghiera: vita della Chiesa in Asia. Seconda<br />
Assemblea Plenaria, Dichiarazione, in Documenti<br />
della Chiesa in Asia. Federazione delle<br />
Conferenze Episcopali Asiatiche 1970-1995,<br />
EMI, Bologna, nn. 119-178, pp. 72-85; nn. 152.<br />
154, p. 80; n. 174, p. 84). L’Assemblea aveva dato<br />
anche orientamenti precisi auspicando: a) la<br />
creazione di comunità contemplative e di centri<br />
di spiritualità “confacenti” al contesto asiatico;<br />
b) la promozione del dialogo interreligioso<br />
come contesto di inculturazione della preghiera<br />
cristiana in Asia. Sentendosi confermato nel<br />
suo progetto da questi orientamenti, P. Sottocornola<br />
prese contatti con mons. Paolo Yasuda,<br />
allora arcivescovo di Osaka, la diocesi in<br />
cui operava come missionario. Mons. Yasuda<br />
non solo approvò <strong>il</strong> progetto, ma mise a disposizione<br />
anche <strong>il</strong> terreno per la costruzione del<br />
Centro. Tutto era ormai avviato quando l’incontro<br />
imprevisto e provvidenziale con <strong>il</strong> Ven.<br />
Furukawa cambiò <strong>il</strong> corso degli eventi. Era <strong>il</strong><br />
24 agosto 1985 ed ebbi la ventura di essere presente<br />
a quello storico incontro.<br />
Ero giunta in Giappone da alcuni mesi soltanto.<br />
In agosto, con altri missionari/e saveriani<br />
MO<br />
guidati da P. Sottocornola, che in quegli anni<br />
aveva <strong>il</strong> compito di introdurre i neo missionari<br />
nell’ambiente culturale e religioso giapponese,<br />
visitai le missioni del Kyushu, l’isola più<br />
meridionale dell’arcipelago. In quell’occasione,<br />
su invito e presentazione di un amico comune,<br />
P. Sottocornola si recò per la prima volta<br />
al Tempio Seimeizan Schweitzer per incontrare<br />
<strong>il</strong> Ven. Furukawa e la sua famiglia.<br />
L’incontro fu sorprendentemente decisivo per<br />
entrambi. Il Ven. Furukawa, monaco del Buddhismo<br />
Shingon, era noto in Giappone per la<br />
sua opera in difesa della vita e degli ultimi.<br />
Dagli anni Cinquanta, per quindici anni, aveva<br />
condotto una diffic<strong>il</strong>e campagna in tutto <strong>il</strong><br />
Paese per ottenere la revisione del processo di<br />
due carcerati condannati a morte, di cui aveva<br />
potuto verificare l’innocenza, e l’abolizione<br />
della pena di morte ancora vigente in<br />
Giappone. Il suo impegno per la vita, per la<br />
giustizia e per la pace lo avevano reso sensib<strong>il</strong>e<br />
anche al dialogo con le altre tradizioni religiose<br />
nelle quali riconosceva validi partner<br />
nella lotta contro l’ingiustizia, la guerra e<br />
ogni forma di violenza.<br />
Fu così che dopo tale incontro P. Sottocornola<br />
restituì <strong>il</strong> terreno all’Arcivescovo di Osaka e,<br />
ai primi di settembre del 1986, si trasferì in<br />
Kyushu dove visse per un anno con <strong>il</strong> Ven. Furukawa<br />
e la sua famiglia per conoscere, studiare,<br />
capire <strong>il</strong> Buddhismo dal suo interno. Nel<br />
frattempo diede <strong>il</strong> via alla costruzione del<br />
Centro che sorse sulle colline di Heboura, a<br />
buone pratiche di dialogo<br />
questo progetto richiese dieci anni e numerose<br />
difficoltà, ma alla fine, grazie alla collaborazione<br />
di vari organismi, nel 1998 a Fangshan, nei pressi<br />
di Pechino, venne inaugurato <strong>il</strong> Centro per<br />
bambini disab<strong>il</strong>i tuttora attivo e in espansione.<br />
L’IMPEGNO NELLA CHIESA LOCALE<br />
Vi è infine un altro aspetto dell’attività di<br />
Shinmeizan cui sento <strong>il</strong> dovere di accennare ed è<br />
<strong>il</strong> rapporto con la Chiesa locale. Territorialmente,<br />
Shinmeizan appartiene alla diocesi di Fukuoka<br />
che fin dall’inizio ci ha accolti con grande benevolenza<br />
nella persona dei suoi vescovi, mons.<br />
Pietro Hirata prima, mons. Giuseppe Matsunaga<br />
e mons. Domenico Miyahara poi.<br />
Nel 1991, presso la parrocchia di Tettori,<br />
una delle più importanti della città di Kumamoto,<br />
P. Sottocornola e <strong>il</strong> Ven. Furukawa guidarono<br />
un seminario di studio sul dialogo interreligioso<br />
da cui prese poi <strong>il</strong> via un gruppo di laici<br />
cristiani interessati al dialogo e desiderosi di<br />
impegnarsi in questo campo così nevralgico per<br />
la vita di tante famiglie giapponesi.<br />
Per due anni, in incontri bimestrali, studiammo<br />
<strong>il</strong> documento Dialogo e Annuncio del Pontificio<br />
Consiglio per <strong>il</strong> dialogo che era uscito da<br />
pochi mesi. Poi cominciammo a prendere contatti<br />
con rappresentanti di altre religioni visitando<br />
templi o sedi di movimenti religiosi allargando<br />
progressivamente la sfera di conoscenze e di<br />
collaboratori. Questo gruppo, interparrocchiale,<br />
ha avuto e ha una funzione importante nella sensib<strong>il</strong>izzazione<br />
e nella formazione di base.<br />
Un’altra iniziativa di r<strong>il</strong>ievo nazionale avviata<br />
da Shinmeizan è stata la fondazione nel<br />
Shinmeizan: preghiera<br />
delle Lodi all’alba.<br />
Missione Oggi | agosto-settembre 2009 7
uone pratiche di dialogo<br />
circa quindici ch<strong>il</strong>ometri dalla città di Tamana<br />
(provincia di Kumamoto), dove si trova <strong>il</strong><br />
Tempio del Ven. Furukawa. Il Centro prese allora<br />
<strong>il</strong> nome di Seimeizan Katorikku Betsu In,<br />
ossia Ramo Cattolico del tempio Seimeizan.<br />
Con altre due sorelle saveriane mi trasferii a<br />
Seimeizan <strong>il</strong> 13 agosto 1987. I lavori di costruzione<br />
non erano ancora terminati ma <strong>il</strong> 15 agosto,<br />
giorno anniversario dello sbarco di S. Francesco<br />
Saverio in Giappone, potemmo celebrare<br />
la prima S. Messa. L’ 8 dicembre successivo, l’allora<br />
vescovo di Fukuoka, mons. Pietro Hirata,<br />
inaugurò ufficialmente <strong>il</strong> Centro alla presenza<br />
di numerosi fedeli cattolici e buddhisti.<br />
LE PRIME ATTIVITÀ<br />
L’anno che P. Sottocornola trascorse presso <strong>il</strong><br />
Tempio Seimeizan Schweitzer fu, per sua<br />
esplicita dichiarazione, un secondo noviziato<br />
che lo introdusse progressivamente nel mondo<br />
buddhista. Tra le varie iniziative dei primissimi<br />
anni vorrei ricordare in modo particolare<br />
due seminari di studio su Buddhismo e<br />
Cristianesimo che P. Sottocornola organizzò,<br />
rispettivamente a Kyoto e a Miyazaki, nel<br />
maggio 1987 quando ancora viveva al Tempio<br />
Seimeizan, i cui protagonisti principali furono<br />
Mons. Piero Rossano e <strong>il</strong> Ven. Furukawa.<br />
Mons. Rossano, che aveva accompagnato <strong>il</strong><br />
cammino di Seimeizan con la sua guida e la<br />
sua fraterna amicizia fin dall’inizio, aveva<br />
accettato volentieri di guidare questi seminari<br />
che risultarono determinanti, sia per mettere<br />
a fuoco punti chiave del dialogo cristiano-buddhista,<br />
sia per presentare e far conoscere<br />
la vera natura del rapporto tra <strong>il</strong> Tempio<br />
Seimeizan Schweitzer e <strong>il</strong> suo ramo cattolico<br />
che fin dall’inizio intesero priv<strong>il</strong>egiare <strong>il</strong><br />
dialogo della vita e dell’esperienza religiosa.<br />
Quando nel 1989 accompagnammo per la prima<br />
volta in Italia <strong>il</strong> Ven. Furukawa per una serie<br />
di conferenze e di incontri, fu ancora Mons. Rossano<br />
che ci accolse all’Università Lateranense<br />
dandoci la possib<strong>il</strong>ità di presentare <strong>il</strong> nostro<br />
cammino di dialogo. In quell’occasione furono<br />
pubblicati anche due volumetti: una breve storia<br />
delle origini del Seimeizan (M. DE GIORGI – C.<br />
MOLARI, Seimeizan. Frammento di un dialogo tra<br />
cristiani e buddhisti, EMI, Bologna, 1989) che mi<br />
era stato chiesto di stendere, e la prima traduzione<br />
italiana, curata da P. Sottocornola e dalla<br />
sottoscritta, del Tannisho (F. SOTTOCORNOLA, a cura,<br />
Tannisho. Incontro con <strong>il</strong> buddhismo della<br />
Terra Pura, EMI, Bologna, 1989), uno degli scritti<br />
più importanti del Buddhismo della Terra Pura,<br />
importante Scuola del Buddhismo giapponese,<br />
con <strong>il</strong> commento del Ven. Furukawa.<br />
Mons. Rossano fu anche <strong>il</strong> tramite che ci mise<br />
in contatto con alcuni membri della Comunità<br />
di S. Egidio. Fu così che dal 1989 in poi cominciammo<br />
a partecipare regolarmente agli<br />
incontri interreligiosi di preghiera per la pace<br />
organizzati da S. Egidio in ideale continuità<br />
con lo storico incontro di Assisi del 1986 voluto<br />
da Giovanni Paolo II. Questi incontri ebbero<br />
un profondo impatto sul Ven. Furukawa e sul<br />
nostro cammino di dialogo. Attraverso di essi,<br />
infatti, <strong>il</strong> Ven. Furukawa scoprì più da vicino<br />
<strong>il</strong> volto della Chiesa cattolica, prese coscienza<br />
della sua universalità e acquistò fam<strong>il</strong>iarità<br />
con i suoi insegnamenti. Tutto ciò favorì una<br />
migliore comprensione reciproca e una più<br />
stretta collaborazione. In quei primi anni numerosi<br />
furono gli incontri, le conferenze, i ritiri<br />
mens<strong>il</strong>i, le tre giorni di studio durante i<br />
quali <strong>il</strong> Ven. Furukawa presentava <strong>il</strong> pensiero<br />
buddhista dando a P. Sottocornola, a me a ad<br />
altri la possib<strong>il</strong>ità di presentare l’insegnamento<br />
cristiano sullo stesso tema. E questo<br />
nella massima trasparenza, in piena fedeltà<br />
alla propria identità cristiana e buddhista.<br />
Nei primi mesi del 2000 <strong>il</strong> Ven. Furukawa si<br />
ammalò gravemente e morì nell’agosto dello<br />
stesso anno proprio quando si stava maturando<br />
un passo importante. Negli ormai tredici<br />
anni di cammino e di attività <strong>il</strong> Centro<br />
Seimeizan aveva raggiunto una sua maturità<br />
che non poteva più essere contenuta nell’identità<br />
di “ramo cattolico” del Tempio Seimeizan<br />
Schweitzer, soprattutto nel contatto<br />
con altre realtà religiose. L’improvvisa malattia<br />
e la morte del Ven. Furukawa rallentarono<br />
<strong>il</strong> processo che, in pieno accordo con la famiglia<br />
Furukawa, trovò la sua realizzazione nel<br />
2003 quando <strong>il</strong> Centro Seimeizan venne assunto<br />
come opera propria dai <strong>Missionari</strong> <strong>Saveriani</strong><br />
con <strong>il</strong> nome di Centro di spiritualità e<br />
dialogo interreligioso Shinmeizan.<br />
Shinmeizan<br />
appartiene alla<br />
diocesi di<br />
Fukuoka che fin<br />
dall’inizio ci ha<br />
accolti con<br />
grande<br />
benevolenza<br />
nella persona<br />
dei suoi vescovi,<br />
mons. Pietro<br />
Hirata prima,<br />
mons. Giuseppe<br />
Matsunaga e<br />
mons. Domenico<br />
Miyahara poi<br />
2003 del gruppo Kakehashi (Il Ponte) che riunisce<br />
i Superiori provinciali e/o i loro delegati di<br />
12 Congregazioni e Ordini religiosi impegnati a<br />
promuovere <strong>il</strong> dialogo interreligioso in Giappone<br />
in sintonia con le direttive della Chiesa.<br />
Un altro importante servizio alla Chiesa locale<br />
è quello della Commissione per <strong>il</strong> Dialogo<br />
interreligioso della Conferenza Episcopale<br />
giapponese tra i cui membri, accanto a P. Sottocornola,<br />
vi sono P. Pietro Yoshiaki Sonoda,<br />
francescano conventuale, collaboratore di Shinmeizan<br />
e la sottoscritta. P. Sottocornola e P. Sonoda<br />
sono anche consultori del Pontificio Consiglio<br />
per <strong>il</strong> Dialogo Interreligioso. Accanto a<br />
questi compiti più istituzionali, vi è poi un’animazione<br />
al dialogo fatta attraverso conferenze e<br />
seminari, articoli su riviste giapponesi e straniere,<br />
studi scientifici e traduzioni, organizzazione<br />
di convegni. Di questi ultimi, i più impegnativi<br />
sono stati i quattro convegni di teologi cattolici<br />
sul tema “Il dialogo interreligioso e la teologia<br />
delle religioni ad esso sottesa”, che abbiamo organizzato<br />
in Giappone nel 2003, in Indonesia<br />
nel 2004, in India nel 2005, nelle F<strong>il</strong>ippine nel<br />
2007, e che hanno visto la partecipazione di noti<br />
teologi capiscuola come Paul Knitter e Gavin<br />
D’Costa, per rispondere a problemi molto concreti.<br />
Non si può, infatti, negare che nella teologia<br />
cattolica delle religioni vi siano tendenze<br />
teologiche contrastanti che hanno un’inevitab<strong>il</strong>e<br />
ricaduta sulla missione e sul dialogo stesso.<br />
Per questo abbiamo sentito <strong>il</strong> bisogno di incontrarci<br />
e far incontrare teologi cattolici di diverse<br />
tendenze per un confronto franco ma amichevole<br />
su temi e problemi che toccano da vicino<br />
la Chiesa e la missione. MARIA A. DE GIORGI<br />
8 Missione Oggi | agosto-settembre 2009
MO<br />
buone pratiche di dialogo<br />
“Shinmeizan” ha una duplice identità,<br />
ossia quella di Centro di spiritualità e<br />
quella di Centro di dialogo<br />
interreligioso. L’una, infatti, è<br />
condizione dell’altra. Oserei dire che<br />
Shinmeizan è spazio di incontro e di<br />
dialogo in tanto in quanto è Casa di<br />
preghiera e Centro di spiritualità. È,<br />
infatti, dall’essere “Casa di preghiera<br />
cristiana” che esso attinge la sua<br />
identità e la sua peculiarità come luogo<br />
di incontro e di dialogo interculturale e<br />
interreligioso. Per questo, in quanto<br />
Centro di spiritualità, ha scelto di<br />
veicolare <strong>il</strong> proprio messaggio<br />
ponendosi in sintonia con quei valori<br />
classici della cultura giapponese che<br />
sembrano fornire spazi priv<strong>il</strong>egiati di<br />
incontro e di arricchimento reciproco.<br />
Tra questi, tre elementi sono risultati<br />
decisivi: la natura come luogo di<br />
preghiera, <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio, la spiritualità<br />
estetica della «via de tè».<br />
Shinmeizan<br />
casa di preghiera<br />
cristiana<br />
MARIA A. DE GIORGI<br />
LA NATURA COME LUOGO DI PREGHIERA<br />
Nella sensib<strong>il</strong>ità e nella cultura giapponese, la<br />
natura ha sempre avuto un importante ruolo<br />
religioso. In ogni sua manifestazione, <strong>il</strong> giapponese<br />
di ogni tempo ha saputo cogliere un senso<br />
religioso che ha alimentato in lui la percezione<br />
della sacralità e dell’origine divina di tutto ciò<br />
che esiste. Lo Shintoismo, la religione autoctona,<br />
conosce un mito della creazione che riconduce<br />
tutto ciò che esiste all’iniziativa di una coppia<br />
divina. Nella sua bellezza ed esuberanza, ma anche<br />
nelle sue manifestazioni più violente (frequenti<br />
terremoti, eruzioni vulcaniche, tifoni annuali),<br />
<strong>il</strong> cosmo appare al giapponese come un<br />
locus religiosus abitato dalla presenza del numinoso,<br />
del divino, del mistero. Per questo, templi<br />
e santuari (Jinja, Omiya) sorgono in luoghi particolarmente<br />
belli, nei pressi del mare, nella profondità<br />
dei boschi o sui monti. L’accesso ai templi,<br />
inoltre, è sempre mediato dal sando, che può<br />
essere un piccolo sentiero o un grande viale che<br />
si snoda nel bosco. Per <strong>il</strong> giapponese, infatti, è<br />
importante accedere alla “dimora della divinità”<br />
Shinmeizan:<br />
incontro interreligioso<br />
di preghiera per la pace<br />
con rappresentanti<br />
di varie religioni.<br />
Missione Oggi | agosto-settembre 2009 9
uone pratiche di dialogo<br />
Ascesi e kenosi<br />
del dialogo<br />
Da un punto di vista personale, questi<br />
anni e questo cammino hanno rappresentato<br />
per me un grande arricchimento e<br />
un’autentica sfida, sia umanamente che<br />
culturalmente e religiosamente. Il contatto<br />
con <strong>il</strong> mondo giapponese, e buddhista in<br />
particolare, non mi ha lasciato come mi ha<br />
trovato. Numerose sono state le sollecitazioni<br />
a ripensare e rivisitare la mia fede da<br />
prospettive diverse e inedite. Ciò che per<br />
tanto tempo avevo dato per scontato, chiedeva<br />
di essere interpretato in modo nuovo.<br />
Ho preso più viva coscienza della relatività<br />
di ogni esperienza umana e, nello stesso<br />
tempo, della sua unicità. Cercare di comprendere<br />
<strong>il</strong> Buddhismo dall’interno, senza<br />
cedere a giudizi e interpretazioni già fatte,<br />
ha richiesto una rigorosa e diffic<strong>il</strong>e ascesi.<br />
Ricordo la fatica mentale degli anni in cui<br />
alla Gregoriana preparavo la mia tesi di<br />
dottorato sul Buddhismo della Terra Pura e<br />
<strong>il</strong> Cristianesimo. Una fatica dovuta non solo<br />
alla difficoltà della lingua e alla frequentazione<br />
di testi giapponesi antichi, ma soprattutto<br />
al fatto di sentirmi in un mondo<br />
concettualmente estraneo, diverso, “straniero”.<br />
Dover misurare l’inadeguatezza del<br />
linguaggio, della parola, del concetto mi ha<br />
costretto ad una rigorosità di espressione<br />
senza sconti e mi ha abituato a rifuggire<br />
quasi istintivamente dai luoghi comuni,<br />
acuendo la pena di non riuscire a mediare<br />
adeguatamente quei due mondi di cui mi<br />
pareva di poter pur cogliere importanti<br />
convergenze e divergenze. È ciò che mi piace<br />
chiamare l’ascesi e la kenosi del dialogo,<br />
ossia quel processo di progressivo spogliamento<br />
cui va incontro chiunque accetti di<br />
uscire da sé per incontrare in tutta onestà<br />
l’altro diverso da sé. So che questo processo<br />
è in me ancora all’inizio. Non presumo di<br />
aver compreso <strong>il</strong> Buddhismo nella sua<br />
estrema complessità, ma alcune sue intuizioni<br />
fondamentali come <strong>il</strong> principio della<br />
I due movimenti sono<br />
intimamente correlati: più<br />
approfondisco <strong>il</strong> Buddhismo,<br />
più mi sembra di<br />
comprendere meglio alcuni<br />
aspetti della teologia<br />
cristiana e viceversa<br />
MO MO<br />
generazione dipendente, l’idea di “vacuità”,<br />
la logica del soku, o coincidenza degli<br />
opposti, hanno arricchito la mia visione<br />
del reale. Nello stesso tempo, questo cammino<br />
ha stimolato in me una presa di coscienza<br />
riflessa del Cristianesimo e della<br />
sua irriducib<strong>il</strong>e novità. I due movimenti<br />
sono intimamente correlati: più approfondisco<br />
<strong>il</strong> Buddhismo, più mi sembra di comprendere<br />
meglio alcuni aspetti della teologia<br />
cristiana e viceversa. Di fronte ad intuizioni<br />
e dottrine come l’idea mahayana<br />
della compassione/misericordia che tutto<br />
permea; la figura del bodhisattva come<br />
esempio di un altruismo che giunge addirittura<br />
alla sostituzione vicaria; <strong>il</strong> concetto<br />
di “voto” come espressione della ferma e irreversib<strong>il</strong>e<br />
volontà di salvezza del Buddha<br />
eterno rivolta a tutti gli esseri senzienti;<br />
l’enfasi che <strong>il</strong> Buddhismo della Terra Pura<br />
pone su una salvezza “data” che abbraccia<br />
tutti, soprattutto gli ultimi e i peccatori;<br />
l’importanza attribuita alla fede-fiducia<br />
nel Buddha Amida come condizione indispensab<strong>il</strong>e<br />
per la salvezza, non si può fare<br />
a meno di porsi in um<strong>il</strong>e e doveroso ascolto<br />
dello Spirito per discernere e assecondare la<br />
sua opera. Da un punto di vista cristiano<br />
questo discernimento, um<strong>il</strong>e e attento, è di<br />
fondamentale importanza per <strong>il</strong> dialogo.<br />
Del resto, ho potuto cogliere un analogo<br />
processo interiore in buddhisti che sono venuti<br />
in contatto con <strong>il</strong> Cristianesimo e che<br />
si sono sentiti sollecitati a ripensare la propria<br />
fede, a discernere e a confrontarsi.<br />
Personalmente, non ho mai sentito contraddizione<br />
tra <strong>il</strong> mio impegno missionario<br />
e <strong>il</strong> mio impegno di dialogo. Anzi, l’uno è<br />
condizione indispensab<strong>il</strong>e per l’altro. È nella<br />
mia identità cristiana più profonda che ho<br />
trovato e trovo le ragioni per dialogare con<br />
l’altro diverso da me. Sono le esigenze della<br />
sequela Christi che mi spingono ad oltrepassare<br />
i confini culturali e religiosi per<br />
mettermi in ascolto, per accogliere l’altro –<br />
chiunque esso sia – ma anche per offrire <strong>il</strong><br />
bene più grande che ho ricevuto: Gesù Cristo<br />
e <strong>il</strong> suo Vangelo. Nell’esperienza di questi<br />
anni, posso dire che, mai, <strong>il</strong> mio essere<br />
cristiana e missionaria mi è stato di ostacolo<br />
all’incontro e al dialogo con l’altro. Direi<br />
piuttosto che ne è stata la premessa e la<br />
condizione. MARIA A. DE GIORGI<br />
Shinmeizan: due momenti<br />
di preghiera.<br />
10 Missione Oggi | agosto-settembre 2009
gradualmente, dopo essersi purificati attraverso<br />
<strong>il</strong> contatto vivo con la natura. È in sintonia con<br />
questa diffusa sensib<strong>il</strong>ità che Shinmeizan è sorto<br />
in un ambiente naturale che – per la psicologia<br />
giapponese – risulta particolarmente “confacente”<br />
ad un luogo religioso. Sorge in cima ad una<br />
collina di 300 metri da cui si gode una bellissima<br />
vista sul mare Ariake e da cui è possib<strong>il</strong>e<br />
IL SILENZIO<br />
Il secondo elemento che caratterizza la spiritualità<br />
di Shinmeizan è <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio nelle sue dimensioni<br />
di ascolto, di ascesi e di kenosi. In un<br />
mondo che sempre più soffre di un diffuso inquinamento<br />
acustico che inaridisce le radici stesse<br />
dello spirito, <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio può operare una vera pu-<br />
MO<br />
buone pratiche di dialogo<br />
Lo Zen, sia nella tradizione<br />
Rinzai che in quella Soto,<br />
valorizza <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio non<br />
tanto e non solo come<br />
mancanza di parole, ma<br />
come superamento delle<br />
stesse e dei concetti che<br />
esse veicolano; come<br />
epochè del pensiero logico<br />
discriminante<br />
contemplare <strong>il</strong> sorgere e <strong>il</strong> tramontare del sole.<br />
Nel rispetto di questa sensib<strong>il</strong>ità giapponese e in<br />
continuità con la tradizione biblica di Gen 1-2<br />
che presenta <strong>il</strong> cosmo come “giardino”, spazio<br />
di incontro tra Dio e l’uomo, celebriamo la preghiera<br />
di Lodi e del Vespro all’aperto al sorgere<br />
e al tramontare del sole. Il contatto con la natura<br />
è diventato così un primo e priv<strong>il</strong>egiato luogo di<br />
incontro, comunione e dialogo.<br />
rificazione della mente e del cuore. Il Giappone<br />
ha nella sua cultura un’antica tradizione, ereditata<br />
soprattutto dal Buddhismo Zen, che riconosce<br />
al s<strong>il</strong>enzio un’importante valenza religiosa. Lo<br />
Zen, sia nella tradizione Rinzai che in quella Soto,<br />
valorizza <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio non tanto e non solo come<br />
mancanza di parole, ma come superamento<br />
delle stesse e dei concetti che esse veicolano; come<br />
epochè del pensiero logico discriminante.<br />
Per lo Zen, infatti, <strong>il</strong> pensiero logico discriminante<br />
limiterebbe la percezione della realtà dividendola<br />
in categorie soggettive, e contrapponendo<br />
<strong>il</strong> soggetto all’oggetto. Il suo superamento, invece,<br />
e <strong>il</strong> “s<strong>il</strong>enzio” della facoltà intellettiva sarebbero<br />
la via a quella vera conoscenza (satori,<br />
<strong>il</strong>luminazione) che, trascendendo <strong>il</strong> mondo fenomenico,<br />
conduce alla percezione mistico-intuitiva<br />
della profonda unità del reale.<br />
Pratica fondamentale dello Zen è la meditazione<br />
s<strong>il</strong>enziosa detta zazen. Essa consiste nello<br />
stare seduti in s<strong>il</strong>enzio nella posizione del loto<br />
che, mantenuta a lungo, aiuta la concentrazione<br />
e <strong>il</strong> processo di svuotamento e annich<strong>il</strong>imento<br />
Shinmeizan: celebrazione<br />
dell’eucarestia.<br />
PER SAPERNE DI PIU’<br />
Maria A. De Giorgi,<br />
La via del tè nella<br />
spiritualità giapponese,<br />
Morcelliana, Brescia 2007<br />
presso:<br />
libreria@saveriani.bs.it<br />
Missione Oggi | agosto-settembre 2009 11
uone pratiche di dialogo<br />
MO<br />
P. Hugo Enomiya-Lassalle (1898-1990), missionario<br />
gesuita, che nel 1968 diede vita, nei<br />
pressi di Tokyo, al Shinmeikutsu (Grotta dell’oscurità<br />
divina), primo Centro cristiano di<br />
meditazione zen. P. Lassalle intuì che l’esperienza<br />
della “grande morte” – ossia del distacco<br />
radicale dall’io – a cui condurrebbe la pratica<br />
dello zazen, può essere <strong>il</strong> punto fecondo d’incontro<br />
con la “via” di Cristo, l’uomo-Dio, che<br />
per amore svuota se stesso fino alla morte e alla<br />
morte di croce (cfr. F<strong>il</strong> 2,6-11).<br />
Con questo intento, a Shinmeizan, ogni mattina<br />
prima della preghiera di Lodi e prima della<br />
celebrazione eucaristica pratichiamo lo za-zen.<br />
Questa consuetudine ci ha permesso di condividere<br />
con gli ospiti buddhisti che visitano <strong>il</strong> Centro<br />
un importante momento della loro esperienza<br />
spirituale, e ci ha aiutato a scoprire nuove dimensioni<br />
di questa meditazione s<strong>il</strong>enziosa, come<br />
le possib<strong>il</strong>i accordanze con la pratica dell’adorazione<br />
eucaristica.<br />
La scelta del s<strong>il</strong>enzio come atteggiamento<br />
abituale di ascolto, di disponib<strong>il</strong>ità alla Parola<br />
di Dio, di servizio e di dialogo verso tutti coloro<br />
che chiedono di condividere la nostra vita<br />
non si limita, però, a questa pratica. Attraversa<br />
tutta la giornata concretizzandosi in momenti<br />
forti come <strong>il</strong> “grande s<strong>il</strong>enzio”, che inizia subito<br />
dopo la preghiera di compieta e continua fino<br />
al mattino successivo durante la colazione e <strong>il</strong><br />
samu, <strong>il</strong> lavoro comunitario di manutenzione<br />
degli ambienti e del giardino.<br />
La scelta del s<strong>il</strong>enzio come atteggiamento abituale<br />
di ascolto, di disponib<strong>il</strong>ità alla Parola di Dio,<br />
di servizio e di dialogo verso tutti coloro<br />
che chiedono di condividere la nostra vita non<br />
si limita, però, a questa pratica<br />
La “cerimonia del tè”.<br />
Nella pagina accanto:<br />
<strong>il</strong> Ven. Furukawa<br />
con p. Franco Sottocornola<br />
in uno dei tanti<br />
pellegrinaggi di pace<br />
e riconc<strong>il</strong>iazione in Cina.<br />
dell’io <strong>il</strong>lusorio fino all’emergere, dalla profondità<br />
dell’essere, del vero io. É ciò che i Maestri<br />
Zen chiamano taishi, la “grande morte”.<br />
Ai cristiani che praticano lo zazen, quest’esperienza<br />
richiama quella descritta da Paolo<br />
nella lettera ai Galati: “Non sono più io che<br />
vivo, ma Cristo vive in me” (2,20). In Giappone<br />
un pioniere di questo cammino spirituale fu<br />
SPIRITUALITÀ ESTETICA DELLA<br />
«VIA DEL TÈ»<br />
Se è vero che la dimensione estetica è intimamente<br />
congiunta con quella religiosa, nella<br />
cultura giapponese, la cui raffinatezza estetica<br />
ha raggiunto una singolare perfezione, questo<br />
dato è particolarmente evidente. Per <strong>il</strong> giapponese<br />
è bello ciò che è semplice, naturale, vero.<br />
Non a caso, <strong>il</strong> termine subarashii, che significa<br />
“meraviglioso, magnifico, splendido”, viene<br />
scritto con due ideogrammi che significano rispettivamente:<br />
“naturale, semplice, sobrio” e<br />
“chiaro, luminoso, senza ombre”. Di questa<br />
estetica, che ha nel principio del wabi sabi (sobria<br />
raffinatezza, bellezza antica) <strong>il</strong> suo fondamento,<br />
la “cerimonia del tè” rappresenta un<br />
vertice insuperato. Di per sé, è improprio parlare<br />
di “cerimonia del tè”. L’espressione esatta è<br />
“via del tè” in cui “via” mantiene <strong>il</strong> suo pre-<br />
12 Missione Oggi | agosto-settembre 2009
La visione<br />
teologica<br />
Vorrei ora fare un breve accenno alla visione teologica che ha<br />
sotteso e sottende le scelte di Shinmeizan. Personalmente rifuggo<br />
istintivamente da definizioni di scuola che rischiano, a volte,<br />
di essere riduttive di realtà complesse e articolate. Dirò semplicemente<br />
che i punti di riferimento costanti – senza peraltro passare<br />
sotto s<strong>il</strong>enzio i numerosi stimoli ricevuti dalla teologia delle<br />
religioni di questi ultimi decenni – sono stati gli insegnamenti del<br />
Conc<strong>il</strong>io Vaticano II; le grandi intuizioni di Paolo VI sul “dialogo<br />
della salvezza” espresse nell’Ecclesiam suam, <strong>il</strong> magistero di Giovanni<br />
Paolo II e i suoi gesti altamente simbolici come l’incontro interreligioso<br />
di Assisi del 1986.<br />
Per quanto riguarda gli insegnamenti del Vaticano II, vorrei sottolineare<br />
soprattutto due aspetti a cui non sembra venir sempre data<br />
la dovuta importanza: la preminenza dell’approccio a posteriori,<br />
molto concreto, al fenomeno religioso umano nella sua pluralità<br />
e specificità e la menzione dei “limiti, errori e parte di tenebra<br />
presenti nelle tradizioni religiose dell’umanità”.<br />
Per quanto riguarda <strong>il</strong> primo punto, mi sembra importante ricordare<br />
che <strong>il</strong> Conc<strong>il</strong>io non parla di religioni in modo generico e aprioristico,<br />
ma si rivolge ad esse chiamandole per nome: Giudaismo,<br />
Islam, Induismo, Buddhismo e sollecitando un rapporto individualizzato<br />
con ciascuna di esse. Ora, mi sembra che una teologia delle<br />
religioni che voglia tener conto di quest’orientamento dovrebbe<br />
partire più esplicitamente dalla singolarità di ogni tradizione religiosa,<br />
come già auspicava Mons. Rossano nel 1975 (cfr. P. ROSSANO, Il<br />
problema teologico delle Religioni, Paoline, Catania 1975, p. 5). Del<br />
resto <strong>il</strong> cammino di questi ultimi decenni ha rivelato come, ai fini<br />
di un vero dialogo, siano più importanti le divergenze che le convergenze.<br />
Far partire la riflessione teologica da un concetto generale<br />
di “religione” che tende ad omologare fenomeni analoghi ma non<br />
uguali, lungi dal favorire <strong>il</strong> dialogo rischia di ridurlo a ideologia. In<br />
Giappone ho potuto constatare quanto sia importante questo “approccio<br />
a posteriori”, non solo in rapporto alle evidenti differenze<br />
tra Shintoismo e Buddhismo, ma addirittura in rapporto alle profonde<br />
diversità che esistono tra le Scuole buddhiste.<br />
Per quanto riguarda <strong>il</strong> secondo punto, ossia <strong>il</strong> richiamo che <strong>il</strong> Conc<strong>il</strong>io<br />
fa ai possib<strong>il</strong>i limiti, errori e parte di tenebra che sono presenti<br />
nelle varie tradizioni, esso non solo trova conferma nel contatto<br />
reale, concreto, storico con queste realtà, ma provoca la riflessione<br />
teologica ad un processo di discernimento e di confronto che ha<br />
ancora molta strada da fare.<br />
Quanto alle intuizioni di Paolo VI sulla natura e le caratteristiche del<br />
“dialogo della salvezza”, vorrei richiamare soprattutto l’affermazione<br />
secondo cui “l’origine trascendente” di tale dialogo si trova “nell’intenzione<br />
stessa di Dio” e quella secondo cui <strong>il</strong> “dialogo della salvezza”<br />
obbedisce a “esigenze sperimentali, deve scegliere i mezzi<br />
propizi, non deve legarsi a vani apriorismi, non deve fissarsi in<br />
espressioni immob<strong>il</strong>i” (ES 88). Con tali affermazioni, Paolo VI non solo<br />
pone <strong>il</strong> dialogo al riparo da ogni riduzione puramente antropologica<br />
ma gli fissa dei criteri e delle condizioni davvero qualificanti.<br />
Oserei dire che proprio queste indicazioni ci hanno aiutato a concepire<br />
<strong>il</strong> dialogo come “diaconia alla verità”, per usare la bella<br />
espressione di Fides et ratio; di un servizio sincero e disinteressato<br />
a quella Verità che è pur sempre <strong>il</strong> cuore di ogni autentica ricerca<br />
religiosa. E servire la Verità implica la disponib<strong>il</strong>ità a riconoscere <strong>il</strong><br />
bene là dove esso è presente; la capacità di godere dell’opera dello<br />
Spirito ovunque si manifesti; l’um<strong>il</strong>tà di riconoscersi parte di un<br />
disegno che ci supera e ci trascende e che, a volte ci confonde, ma<br />
anche la capacità di discernere e di prendere le distanze da tutto<br />
ciò che è “ombra” o “tenebra”.<br />
È ancora questa “diaconia” che rende <strong>il</strong> dialogo molto concreto e<br />
molto personalizzato; che lo sottrae all’apriorismo e ad ogni tentazione<br />
ideologica, che permette di stab<strong>il</strong>ire rapporti di stima, amicizia,<br />
collaborazione, sulla base di un’identità religiosa esplicita e dichiarata,<br />
che rifugge da ogni tipo di dissimulazione o reticenza.<br />
Particolarmente preziosi per noi sono stati anche l’enciclica Redemptoris<br />
missio di Giovanni Paolo II e <strong>il</strong> documento Dialogo e Annuncio<br />
del Pontificio Consiglio per <strong>il</strong> dialogo interreligioso che pongono in<br />
esplicito e dinamico rapporto <strong>il</strong> dialogo e l’annuncio riconoscendoli<br />
come parte essenziale dell’unica missione della Chiesa. Come Dialogo<br />
e Annuncio attesta (n. 41) e come anche la nostra esperienza ci ha<br />
insegnato, l’ascolto e <strong>il</strong> reciproco arricchimento non escludono<br />
l’esplicita testimonianza della propria fede né la possib<strong>il</strong>ità di una<br />
rinnovata conversione alla verità conosciuta. Per un cristiano, ciò<br />
implica la possib<strong>il</strong>ità concreta di parlare di Cristo e annunziare <strong>il</strong> suo<br />
Vangelo all’altro come atto supremo di dialogo e di comunicazione.<br />
Con questi cenni non ho certo inteso passare sotto s<strong>il</strong>enzio le problematiche<br />
che attraversano la teologia delle religioni e del dialogo. Ho<br />
solo inteso dar ragione di alcune scelte concrete maturate in questi<br />
vent’anni di attività interreligiosa in Giappone. L’insegnamento ufficiale<br />
della Chiesa si è dimostrato capace di darci importanti elementi<br />
ispiratori e potenti stimoli per una prassi del dialogo interreligioso<br />
coerente con l’identità cristiana e rispettosa delle singolarità dei nostri<br />
partner. Nel cammino di ascesa a questa alta montagna siamo<br />
ancora nel fondovalle. Occorre l’um<strong>il</strong>tà e la pazienza di fare un passo<br />
alla volta tenendo fissi gli occhi alla meta. MARIA A. DE GIORGI<br />
buone pratiche di dialogo<br />
Missione Oggi | agosto-settembre 2009 13
uone pratiche di dialogo<br />
Vi sono<br />
numerosi<br />
indizi che<br />
rivelano la<br />
stretta<br />
relazione che<br />
nel XVI-XVII<br />
secolo ci fu<br />
tra <strong>il</strong><br />
Cristianesimo<br />
in Giappone<br />
e <strong>il</strong> mondo<br />
del tè<br />
gnante significato religioso di “cammino interiore”,<br />
di ascesi, di superamento di sé, di orientamento<br />
verso una meta. Valori tipici della “via<br />
del tè” sono wa, kei, sei, jaku. Elemento unificante:<br />
ichigo ichie, l’acuta consapevolezza dell’attimo<br />
fuggente, irripetib<strong>il</strong>e, unico. Sono questi<br />
gli atteggiamenti interiori che deve perseguire<br />
colui che percorre la “via del tè”.<br />
È stato questo ricco patrimonio spirituale ad<br />
ispirare un processo di inculturazione della celebrazione<br />
eucaristica. Seguendo le indicazioni<br />
dell’episcopato locale per la celebrazione eucaristica<br />
in ambienti giapponesi tradizionali, P.<br />
Sottocornola che è anche membro della Commissione<br />
Liturgica Nazionale, ha avviato uno<br />
st<strong>il</strong>e di celebrazione che attinge alla spiritualità<br />
della “via del tè” che, per la sua connaturalità<br />
evangelica, parla un linguaggio simbolico immediatamente<br />
comprensib<strong>il</strong>e al giapponese.<br />
Numerose sono, infatti, le affinità rituali e le<br />
potenzialità di dialogo interculturale e interreligioso<br />
tra la “via del tè” e la celebrazione eucaristica.<br />
Vi sono numerosi indizi che rivelano la<br />
stretta relazione che nel XVI-XVII secolo ci fu<br />
tra <strong>il</strong> Cristianesimo in Giappone e <strong>il</strong> mondo del<br />
tè. Lo provano varie lettere di missionari gesuiti<br />
del XVI-XVII secolo, ma soprattutto <strong>il</strong> Cerimoniale<br />
per i missionari del Giappone, scritto<br />
da Alessandro Valignano (cfr. A. VALIGNANO, Il<br />
Cerimoniale per i missionari del Giappone,<br />
Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1946).<br />
Gli studiosi mettono in evidenza anche l’influsso<br />
che la liturgia cristiana esercitò su Sen no Rikyu<br />
(1522-1591), <strong>il</strong> grande maestro del XVI secolo<br />
che codificò la cerimonia del tè portandola<br />
alla sua massima raffinatezza. Per la sua intrinseca<br />
“religiosità”, inoltre, tale “via” è tenuta in<br />
grande considerazione sia nella tradizione buddhista<br />
che in quella shintoista e cristiana, come<br />
pure in ambienti non specificamente religiosi.<br />
ACCOGLIENZA<br />
È questo ambiente naturale e questo st<strong>il</strong>e di<br />
vita che la piccola comunità di Shinmeizan (in<br />
tutti questi anni sono stati abitualmente cinque<br />
i membri della comunità formata da religiosi e<br />
religiose di diverse congregazioni e, temporaneamente,<br />
anche da alcuni laici) condivide con<br />
i numerosi ospiti. La media annuale è di circa<br />
un migliaio di visitatori, di cui oltre un centinaio<br />
si fermano per alcuni giorni, settimane<br />
o anche mesi.Oltre all’accoglienza degli ospiti<br />
– cattolici, protestanti, buddhisti o membri di<br />
altre organizzazioni religiose – che vengono<br />
occasionalmente, vi sono momenti organizzati:<br />
ritiri mens<strong>il</strong>i, giornate di preghiera o di studio<br />
(“Il mistero della croce e lo Zen”; “la via<br />
del tè e la celebrazione eucaristica”); corsi e<br />
seminari.<br />
MARIA A. DE GIORGI<br />
CSAM Soc. coop a r.l. - BILANCIO D'ESERCIZIO AL 31.12.2008<br />
in forma abbreviata ex art. 2435 bis C.C.<br />
STATO PATRIMONIALE<br />
ATTIVO 31.12.2008 31.12.2007<br />
A) CREDITI V/SOCI PER VERSAMENTI ANCORA DOVUTI:<br />
I. non richiamati - -<br />
II. richiamati - -<br />
TOTALE A)<br />
B) IMMOBILIZZAZIONI:<br />
I. immob<strong>il</strong>izzazioni immateriali 33.167 33.167<br />
meno fondi di ammortamento 27.647 24.887<br />
immob<strong>il</strong>izzazioni immateriali nette 5.520 8.280<br />
II. immob<strong>il</strong>izzazioni materiali 656.706 777.843<br />
meno fondi di ammortamento 609.949 715.788<br />
immob<strong>il</strong>izzazioni materiali nette 46.756 62.054<br />
III. immob<strong>il</strong>izzazioni finanziarie 5.165 5.165<br />
TOTALE B) 57.441 75.499<br />
C) ATTIVO CIRCOLANTE:<br />
I. rimanenze 554.878 431.696<br />
II. crediti 440.339 464.447<br />
di cui esigib<strong>il</strong>i oltre l'esercizio successivo - -<br />
III. attività finanziarie che non costituiscono immob<strong>il</strong>izzazioni - -<br />
IV. disponib<strong>il</strong>ità liquide 96.935 174.313<br />
TOTALE C) 1.092.152 1.070.456<br />
D) RATEI E RISCONTI ATTIVI 1.063 1.275<br />
TOTALE PATRIMONIALE ATTIVO 1.150.656 1.147.231<br />
PASSIVO 31.12.2008 31.12.2007<br />
A) PATRIMONIO NETTO:<br />
I. capitale sociale 300 300<br />
II. riserve da sovrapprezzo azioni - -<br />
III. riserve da rivalutazione - -<br />
IV. riserva legale 467.026 482.730<br />
V. riserva per azioni proprie in portafoglio - -<br />
VI. riserve statutarie - -<br />
VII. altre riserve - -<br />
VIII. ut<strong>il</strong>i (perdite) portate a nuovo - -<br />
IX: ut<strong>il</strong>e (perdita) dell'esercizio 16.286 -15.704<br />
TOTALE A) 483.612 467.325<br />
B) FONDI PER RISCHI ED ONERI 80.319 80.275<br />
C) TRATT. DI FINE RAPPORTO LAVORO SUBORDINATO 111.562 108.563<br />
D) DEBITI 467.114 479.640<br />
di cui esigib<strong>il</strong>i oltre l'esercizio successivo 157.595 47.595<br />
E) RATEI E RISCONTI PASSIVI 8.049 11.428<br />
TOTALE PATRIMONIALE PASSIVO 1.150.656 1.147.231<br />
CONTI D'ORDINE:<br />
conto garanzie ricevute - -<br />
conto garanzie prestate - -<br />
conto contributi decretati Enti ns. favore - -<br />
merci nostre presso terzi - -<br />
TOTALE CONTI D’ORDINE - -<br />
CONTO ECONOMICO 31.12.2008 31.12.2007<br />
A) VALORE DELLA PRODUZIONE:<br />
1. RICAVI DELLE VENDITE E DELLE PRESTAZIONI 1.215.022 1.259.014<br />
2. VARIAZ. RIM. PRODOTTI IN CORSO DI LAV.,<br />
SEMILAVORATI, FINITI - -<br />
3. VARIAZIONE DEI LAVORI IN CORSO SU<br />
ORDINAZIONE - -<br />
4. INCREMENTI DI IMMOBILIZZAZIONI PER LAVORI<br />
INTERNI - -<br />
5. ALTRI RICAVI E PROVENTI 181.456 198.430<br />
di cui contributi in c/esercizio - -<br />
TOTALE A) 1.396.478 1.457.444<br />
B) COSTI DELLA PRODUZIONE:<br />
6. PER MATERIE PRIME, SUSS., CONSUMO, MERCI 487.216 449.498<br />
7. PER SERVIZI 589.703 643.764<br />
8. PER GODIMENTO BENI DI TERZI - -<br />
9. PER IL PERSONALE 315.086 318.813<br />
9a) stipendi 247.548 247.201<br />
9b) oneri sociali 53.202 51.545<br />
9c) trattamento di fine rapporto 14.336 18.002<br />
9d) trattamento di quiescenza - -<br />
9e) altri costi - 2.064<br />
10. AMMORTAMENTI E SVALUTAZIONI 23.941 29.437<br />
10a) ammortamento immob<strong>il</strong>izz. immateriali 2.760 6.393<br />
10b) ammortamento immob<strong>il</strong>izz. materiali 21.181 23.044<br />
10c) altre svalutazioni delle immob<strong>il</strong>izzazioni - -<br />
10d) svalutaz. crediti compresi nell'attivo circ. e disp. liquide - -<br />
11. VARIAZ. RIMAN. MAT. PRIME, SUSS.,<br />
CONSUMO E MERCI -123.182 -58.398<br />
12. ACCANTONAMENTI PER RISCHI 12.473 -<br />
13. ALTRI ACCANTONAMENTI - -<br />
14. ONERI DIVERSI DI GESTIONE 54.698 45.713<br />
TOTALE B) 1.359.935 1.428.827<br />
DIFFERENZA TRA VALORE E COSTI DELLA PRODUZ. (A-B) 36.543 28.618<br />
C) PROVENTI E ONERI FINANZIARI:<br />
15. PROVENTI DA PARTECIPAZIONI - -<br />
16. ALTRI PROVENTI FINANZIARI 1.624 2.756<br />
16a) da crediti immob<strong>il</strong>izzati - -<br />
16b) da titoli immob<strong>il</strong>izzati - -<br />
16c) da titoli iscritti nell'attivo circolante - -<br />
16d) proventi finanziari diversi dai precedenti 1.624 2.756<br />
17. INTERESSI PASSIVI E ALTRI ONERI FINANZIARI 2.099 2.472<br />
TOTALE C) (15+16-17) -475 283<br />
D) RETTIFICHE DI VALORE DI ATTIVITA’ FINANZIARIE:<br />
18. RIVALUTAZIONI - -<br />
18a) di partecipazioni - -<br />
18b) di immob<strong>il</strong>izzazioni finanziarie - -<br />
18c) di titoli iscritti nell'attivo circolante - -<br />
19. SVALUTAZIONI - -<br />
19a) di partecipazioni - -<br />
19b) di immob<strong>il</strong>izzazioni finanziarie - -<br />
19c) di titoli iscritti nell'attivo circolante - -<br />
TOTALE D) (18-19) - -<br />
E) PROVENTI ED ONERI STRAORDINARI:<br />
20. PROVENTI 9.240 19.498<br />
21. ONERI 520 23.396<br />
TOTALE E) (20-21) 8.720 -3.898<br />
RISULTATO PRIMA DELLE IMPOSTE (A-B+/-C+/-D+/-E) 44.788 25.003<br />
22. IMPOSTE SUL REDDITO DELL'ESERCIZIO 28.502 40.707<br />
23. RISULTATO DELL'ESERCIZIO 16.286 -15.704<br />
23. UTILE (PERDITA) DELL'ESERCIZIO 16.286 -15.704<br />
14 Missione Oggi | agosto-settembre 2009
Michael Louis Fitzgerald, dei <strong>Missionari</strong> d’Africa (Padri Bianchi),<br />
è nato nel 1937 vicino a Birmingham (Gran Bretagna) da<br />
genitori irlandesi. Dal 1987 al 2002 è stato Segretario generale<br />
del Pontificio Consiglio per <strong>il</strong> Dialogo Interreligioso. Nel 2002<br />
è stato nominato suo Presidente e arcivescovo.<br />
Ha ricoperto l’incarico fino al 2006, quando è stato<br />
nominato Nunzio apostolico nella Repubblica Araba<br />
d’Egitto e Delegato della Santa Sede presso<br />
l’Organizzazione della Lega degli Stati Arabi.<br />
La sua area di specializzazione sono le relazioni<br />
cristiano-musulmane. Ha insegnato in Uganda e in<br />
Sudan, e al PISAI (Pontificio Istituto di Studi Arabi e<br />
Islamistica), di cui è stato anche direttore. I suoi due<br />
ultimi libri in italiano: Dio sogna l’unità. I cattolici e<br />
le religioni, Città Nuova, Roma 2007; Dialogo<br />
interreligioso. Il punto di vista cattolico, San Paolo,<br />
Cinisello Balsamo 2007.<br />
formazione al dialogo<br />
Per una formazione<br />
al dialogo<br />
interreligioso<br />
MI PERMETTO DI SUGGERIRVI ALCUNI ELEMENTI<br />
PER UNA FORMAZIONE AL DIALOGO INTERRELI-<br />
GIOSO, NELLA CONSAPEVOLEZZA CHE LA FORMA-<br />
ZIONE AL DIALOGO È UN PROCESSO SENZA FINE.<br />
ATTEGGIAMENTI DI MENTE E DI CUORE<br />
A<br />
nzitutto è bene ricordare la definizione di<br />
“dialogo” che troviamo nei documenti della<br />
Chiesa, a partire dall’enciclica di Paolo VI, Ecclesiam<br />
suam (1964). Il documento del Segretariato<br />
per i non cristiani (ora Pontificio Consiglio<br />
per <strong>il</strong> Dialogo Interreligioso), L’atteggiamento<br />
della Chiesa di fronte ai seguaci di altre<br />
religioni: riflessioni e orientamenti su dialogo e<br />
missione (1984) recita: “[Il vocabolo dialogo<br />
indica] non solo <strong>il</strong> colloquio, ma anche l’insieme<br />
dei rapporti interreligiosi, positivi e costruttivi,<br />
con persone e comunità di altre fedi per<br />
una mutua conoscenza e un reciproco arricchimento”<br />
(DM 3). Un ulteriore documento, Dialogo<br />
e annuncio (1991), aggiunge due altri elementi:<br />
“nell’obbedienza alla verità e nel rispetto<br />
della libertà” (DA 9). Da questa definizione<br />
Missione Oggi | agosto-settembre 2009 15
formazione al dialogo<br />
Se un Istituto<br />
missionario è di<br />
carattere<br />
internazionale,<br />
la formazione<br />
insieme di<br />
candidati di<br />
diverse<br />
nazionalità e<br />
culture<br />
costituisce di per<br />
se stessa una<br />
preparazione al<br />
dialogo.<br />
Mons. Fitzgerald in una<br />
pausa dei lavori del<br />
convegno, nella Chiesa<br />
di S. Cristo (Bs).<br />
possiamo trarre la conclusione che <strong>il</strong> dialogo<br />
non richiede solo una capacità intellettuale ma<br />
anche doti di cuore.<br />
Il primo atteggiamento richiesto è una sana<br />
curiosità. Aristotele diceva che la curiosità è <strong>il</strong><br />
principio della scienza. Se attorno a noi vivono<br />
persone che seguono un’altra religione, è normale<br />
(anche se non sempre capita così) voler<br />
sapere qualche cosa di loro e della loro religione.<br />
Certo, possiamo leggere libri sulla religione<br />
in questione, porre delle domande a questi nostri<br />
vicini diversi: come praticate la vostra religione,<br />
quali sono i momenti importanti, le feste,<br />
come pregate Le domande sono quasi infinite.<br />
È importante che non siano aggressive, dei pretesti<br />
per criticare, ma genuine, ossia provenienti<br />
da un serio desiderio di sapere e capire.<br />
In buona sostanza, per iniziare un dialogo ci<br />
vuole un atteggiamento aperto ai valori dell’altra<br />
religione, capace di cogliere un’altra logica.<br />
Man mano che si approfondisce la conoscenza<br />
dell’altro e del suo background, sarà più fac<strong>il</strong>e<br />
comprendere <strong>il</strong> suo modo di agire e la simpatia<br />
crescerà. Sì, anche la simpatia è un ingrediente<br />
essenziale per un dialogo proficuo. Anzi, si potrebbe<br />
parlare di empatia, la capacità cioè di vedere<br />
le cose dal punto di visto dell’altro. È interessante<br />
constatare come, dopo un tentativo di<br />
questo genere, le nostre posizioni si modificano.<br />
Vorrei citare di nuovo Dialogo e annuncio:<br />
“Il dialogo richiede un atteggiamento equ<strong>il</strong>ibrato<br />
sia da parte dei cristiani sia da parte dei<br />
seguaci delle altre tradizioni. Essi non dovrebbero<br />
essere né troppo ingenui, né ipercritici,<br />
bensì aperti e accoglienti. Si è già fatta menzione<br />
del disinteresse e dell’imparzialità, così come<br />
l’accettazione delle differenze, nonché delle<br />
possib<strong>il</strong>i contraddizioni. Le altre disposizioni<br />
richieste sono la volontà d’impegnarsi insieme<br />
a servizio della verità e la prontezza a lasciarsi<br />
trasformare dall’incontro” (DA 47).<br />
Come sv<strong>il</strong>uppare questi atteggiamenti<br />
Quale formazione offrire a quelli che vogliono<br />
impegnarsi nel dialogo interreligioso Mi sembra<br />
che noi missionari abbiamo qui un vantaggio.<br />
Normalmente siamo inviati in una parte del<br />
mondo dove la cultura è diversa dalla nostra.<br />
Cominciamo con l’apprendimento della lingua,<br />
chiave di comprensione della cultura. Sappiamo<br />
che anche qui la curiosità ci aiuta, la volontà<br />
d’imparare non solo parole che sarebbero più<br />
o meno equivalenti alle parole della nostra lingua,<br />
ma anche la struttura della lingua, la sua<br />
logica interna, che può aprirci ad un’altra visione<br />
del mondo. Sappiamo inoltre quanta um<strong>il</strong>tà<br />
ci vuole nella pratica di un’altra lingua, facendo<br />
lo sforzo di balbettare qualche frase, lasciandosi<br />
correggere dagli altri. Mi hanno parlato recentemente<br />
di due religiosi che imparavano una<br />
nuova lingua: uno di loro rimaneva tutta la giornata<br />
davanti al suo computer, l’altro usciva per<br />
strada cercando di parlare con tutti. Quale dei<br />
due, a vostro parere, sarà più dotato per <strong>il</strong> dialogo<br />
Lascio a voi indovinare.<br />
Se un Istituto missionario è di carattere internazionale,<br />
la formazione insieme di candidati<br />
di diverse nazionalità e culture costituisce di<br />
per se stessa una preparazione al dialogo. Nel<br />
mio Istituto, dopo la prima fase degli studi (f<strong>il</strong>osofici),<br />
che quando è possib<strong>il</strong>e avviene nel<br />
paese d’origine, e dopo l’anno cosiddetto “spirituale”<br />
(noviziato) a livello internazionale in<br />
Africa, i candidati hanno due anni di stage<br />
(esperienza apostolica), per cominciare ad imparare<br />
un’altra lingua, studiare un’altra società,<br />
16 Missione Oggi | agosto-settembre 2009
entrare in contatto con la popolazione, spesso<br />
con i giovani, e così iniziarsi in modo pratico al<br />
dialogo interreligioso.<br />
LA CONOSCENZA DELLE ALTRE RELIGIONI<br />
Sono convinto che per sv<strong>il</strong>uppare un vero<br />
dialogo con persone di altre religioni, le doti di<br />
cuore sono le più importanti: curiosità, simpatia,<br />
capacità di costruire rapporti di vera amicizia.<br />
Un chiaro esempio di questo atteggiamento<br />
è S. Giovanni Maria Vianney, <strong>il</strong> curato d’Ars,<br />
che pur non essendo intellettualmente un genio,<br />
aveva un grande cuore pastorale ossia <strong>il</strong> dono di<br />
sarebbe bene dargli la possib<strong>il</strong>ità di continuare<br />
lo studio di questa lingua per non essere obbligato<br />
più tardi a ricominciare da capo.<br />
È evidente che lo studio personale deve essere<br />
incoraggiato. Può prendere la forma di letture<br />
di libri e di articoli, ma molto ut<strong>il</strong>e è anche l’osservazione<br />
personale. Durante la formazione pastorale<br />
dei candidati è possib<strong>il</strong>e chiedere loro<br />
un’inchiesta sulla società in cui vivono, compreso<br />
l’aspetto religioso. Lo studio teorico e l’osservazione<br />
pratica dovrebbero andare di pari passo.<br />
“A little knowledge is a dangerous thing”<br />
(Una scarsa conoscenza è una cosa pericolosa).<br />
È bene ricordare che possiamo sapere molto di<br />
una religione, ma se non aderiamo a quella religione<br />
ci manca sempre qualche aspetto. Dobbiamo<br />
sapere di non sapere. Infatti, quando ci<br />
sentiamo “esperti” di una religione, corriamo <strong>il</strong><br />
pericolo di giudicarne i seguaci secondo la loro<br />
conformità o meno all’ideale che noi abbiamo<br />
studiato. È necessario distinguere tra i principi<br />
di una religione (la teoria) e l’applicazione (la<br />
prassi). Non tocca a noi giudicare le persone,<br />
ma di accoglierle come sono. Lo studio ha comunque<br />
<strong>il</strong> vantaggio di farci capire meglio<br />
l’aspetto religioso della società in questione. Ci<br />
insegna a distinguere i diversi gruppi (le scuole<br />
del Buddhismo o i movimenti sufi, per esempio);<br />
ci rende più avvertiti sugli influssi esterni,<br />
perché siamo capaci de leggerne i segni.<br />
È necessario<br />
distinguere tra<br />
i principi di<br />
una religione<br />
(la teoria) e<br />
l’applicazione<br />
(la prassi).<br />
Non tocca a<br />
noi giudicare<br />
le persone, ma<br />
di accoglierle<br />
come sono<br />
Da sinistra: Don Piero Lanzi,<br />
Lydia Keklikian<br />
e don Flavio Dalla Vecchia,<br />
del Gruppo Redazionale<br />
di MO, in una pausa<br />
del convegno,<br />
nel chiostro di S. Cristo (Bs).<br />
formazione al dialogo<br />
condurre le persone a Dio. In ogni modo, lo<br />
studio delle religioni rimane importante. Ci dà<br />
una certa sicurezza. Ci aiuta ad evitare errori<br />
grossolani nella conversazione e nel comportamento<br />
con gli altri.<br />
Lo studio delle religioni può farsi tramite<br />
corsi appropriati, specializzati. È importante<br />
adattare <strong>il</strong> contenuto dei corsi alle diverse fasi<br />
della formazione missionaria, perché talvolta<br />
ciò che viene offerto ai candidati sono le solite<br />
introduzioni di base, che stancano gli studenti e<br />
non li interessano. Quelli che hanno già<br />
un’esperienza d’incontro con persone di altre<br />
religioni hanno bisogno di studi più approfonditi.<br />
Un libretto, a cura del Pontificio Consiglio<br />
per <strong>il</strong> Dialogo Interreligioso indica una possib<strong>il</strong>e<br />
progressione dei corsi sul dialogo in generale,<br />
sull’Islam e sulle Religioni Tradizionali<br />
Africane. Se un candidato ha già cominciato ad<br />
imparare una lingua legata ad una religione particolare,<br />
arabo per l’Islam, hindi o sanscrito per<br />
l’Induismo, mandarino per <strong>il</strong> Confucianesimo,<br />
RIFLESSIONE CRISTIANA<br />
È necessario accompagnare lo studio delle<br />
religioni e l’incontro con i rispettivi seguaci con<br />
una riflessione sulla nostra fede.<br />
Ci aiutano in questa riflessione, in primo<br />
luogo i documenti della Chiesa, quelli del Conc<strong>il</strong>io<br />
Vaticano II (Lumen gentium, Gaudium et<br />
spes, Ad gentes, Nostra aetate, Dignitatis humanae),<br />
le ultime encicliche dei Papi, ma anche<br />
l’insegnamento occasionale di questi ultimi. Il<br />
discorso di Giovanni Paolo II ai giovani musulmani<br />
di Casablanca, nel 1985, è un modello di<br />
dialogo della fede cristiana con i musulmani. I<br />
discorsi di Giovanni Paolo II del 27 ottobre<br />
1986 ad Assisi, Giornata di preghiera per la pace<br />
nel mondo, e la riflessione fatta dallo stesso<br />
Papa sull’evento, davanti alla Curia Romana, <strong>il</strong><br />
22 dicembre 1986, propongono altrettanti elementi<br />
importanti della teologia che sostiene<br />
l’incontro interreligioso. Molti altri testi meriterebbero<br />
la nostra attenzione. Perfino le ripeti-<br />
PER SAPERNE DI PIU’<br />
Michael L. Fitzgerald,<br />
Dialogo interreligioso.<br />
Il punto di vista cattolico,<br />
San Paolo,<br />
Cinisello Balsamo 2007<br />
presso:<br />
libreria@saveriani.bs.it<br />
Missione Oggi | agosto-settembre 2009 17
formazione al dialogo<br />
Mons. Fitzgerald<br />
e <strong>il</strong> prof. Brunetto Salvarani<br />
(direttore di CEM Mondialità),<br />
moderatore<br />
della prima parte<br />
del Convegno.<br />
zioni di un testo in un altro dimostrano ciò che<br />
è considerato importante. Vanno considerati anche<br />
i documenti dei diversi dicasteri romani e<br />
quelli della Commissione Teologica Internazionale.<br />
Il libro a cura di Mons. Francesco Gioia,<br />
Dialogo Interreligioso nell’insegnamento ufficiale<br />
della Chiesa Cattolica dal Conc<strong>il</strong>io Vaticano<br />
II a Giovanni Paolo II, è di grande ut<strong>il</strong>ità<br />
come fonte per la maggior parte dei testi.<br />
L’incontro interreligioso, sia esso teorico o<br />
personale, presenta delle sfide per la fede cristiana.<br />
Possiamo pensare al Buddhismo, che<br />
generalmente non dà alcun posto a Dio e alla<br />
Credo che la riflessione ci aiuterà a<br />
purificare la nostra fede e ad<br />
apprezzare <strong>il</strong> dono meraviglioso che<br />
Dio fa di se stesso, specialmente nel<br />
mistero dell’incarnazione.<br />
creazione; all’Induismo, che rifiuta <strong>il</strong> carattere<br />
unico dell’incarnazione di Dio in Gesù Cristo;<br />
all’Islam, che assolutamente rifiuta la possib<strong>il</strong>ità<br />
dell’incarnazione. Credo che la riflessione ci<br />
aiuterà a purificare la nostra fede e ad apprezzare<br />
<strong>il</strong> dono meraviglioso che Dio fa di se stesso,<br />
specialmente nel mistero dell’incarnazione.<br />
Come dare una formazione in questo campo<br />
così complesso delle diverse identità religiose<br />
Si possono evidentemente proporre dei corsi<br />
sull’insegnamento del magistero ecclesiale.<br />
Credo però che <strong>il</strong> modo migliore di proseguire<br />
la riflessione teologica sia la ricerca personale.<br />
Gli studenti di teologia potrebbero scegliere dei<br />
temi che interessano <strong>il</strong> dialogo interreligioso<br />
per i loro elaborati scritti. In questo caso ci vorrebbero<br />
professori in grado di valutare <strong>il</strong> lavoro<br />
fatto e gli studenti dovrebbero disporre di biblioteche<br />
adeguate.<br />
IL SENSO DELLA CHIESA<br />
Mi pare importante insistere sul fatto che <strong>il</strong><br />
dialogo interreligioso fa parte integrante della<br />
missione evangelizzatrice della Chiesa (cfr.<br />
DM 13). Perciò abbiamo bisogno di esperti di<br />
dialogo interreligioso, anche se ciò comporta <strong>il</strong><br />
rischio di delegare ad essi da parte della Chiesa<br />
locale la responsab<strong>il</strong>ità del dialogo. Sarebbe bene<br />
disporre a livello diocesano o almeno a livello<br />
regionale/nazionale di una persona qualificata<br />
per guidare gli sforzi nel campo del dialogo.<br />
Meglio ancora avere un’equipe, specialmente<br />
nel caso di una società multireligiosa. La persona<br />
designata dovrebbe aver fatto degli studi appropriati<br />
e avere un’esperienza diretta di dialogo.<br />
I missionari possono essere chiamati ad un<br />
tale ruolo sia in missione, quando le Chiese locali<br />
non dispongono di persone disponib<strong>il</strong>i del<br />
luogo, sia nei loro paesi d’origine, dove la<br />
Chiesa locale li chiama a sfruttare la propria<br />
esperienza. Va comunque evitato <strong>il</strong> rischio di<br />
lasciare tutto all’esperto, senza un vero impegno<br />
da parte della Chiesa locale. La presenza di<br />
una persona, o meglio di un’equipe, che possa<br />
occuparsi dei seguaci d’altre religioni, può diventare<br />
un alibi. È quindi importante che<br />
l’esperto mantenga vivo <strong>il</strong> legame con la sua<br />
comunità di fede, per non agire da solo, anche<br />
quando la comunità sembra muoversi lentamente.<br />
Ci vuole molta pazienza per trascinare<br />
una comunità sulla via del dialogo. L’incaricato<br />
diocesano può essere richiesto di rappresentare<br />
<strong>il</strong> vescovo in diverse occasioni, ma dovrebbe<br />
sempre informarlo sulle sue attività.<br />
UN PROCESSO SENZA FINE<br />
La formazione per l’incontro interreligioso<br />
non è mai sufficiente. Una buona formazione iniziale<br />
permette ai missionari, per esempio, di lanciarsi<br />
nell’incontro con una certa dose di sicurezza,<br />
ma essi dovranno poi integrare la teoria con<br />
una conoscenza precisa della situazione concreta,<br />
perché le situazioni non sono mai né identiche né<br />
statiche. Si può dire che la formazione al dialogo<br />
è un processo senza fine. MICHAEL L. FITZGERALD<br />
18 Missione Oggi | agosto-settembre 2009
Giampiero Alberti è sacerdote della Diocesi di M<strong>il</strong>ano. Ha studiato al PISAI<br />
(Pontificio Istituto di Studi Arabi e Islamistica) a Roma, dove ha conseguito<br />
<strong>il</strong> dottorato. Da molti anni è attivo nella promozione e organizzazione di campi<br />
di lavoro per volontari in Medio Oriente tramite l’associazione IMO (Impegno<br />
Medio Oriente), con la quale contribuisce al sostegno di varie realtà locali.<br />
Da oltre due decenni è impegnato a servizio della Diocesi di M<strong>il</strong>ano nel<br />
dialogo con i musulmani, con i quali ha costruito un solido rapporto di<br />
amicizia e di rispetto reciproco. Attualmente è vice-presidente del CADR<br />
(Centro Ambrosiano di Documentazione sulle Religioni),<br />
l’organismo della Diocesi di M<strong>il</strong>ano nato su iniziativa del<br />
Card. Martini. Nel 2006 è stato tra i fondatori del Forum<br />
delle Religioni di M<strong>il</strong>ano, che si propone di tener vivo e<br />
allargare un percorso di dialogo e amicizia tra tutte le<br />
componenti religiose della città. E’ membro del<br />
Comitato scientifico della rivista “Ad Gentes” dell’EMI<br />
di Bologna. Ha al suo attivo molti articoli sul<br />
tema del dialogo con i musulmani.<br />
forum di discussione<br />
sogni<br />
Ho due<br />
LE MIE REAZIONI ALLE RELAZIONI<br />
Sono varie le mie reazioni e sollecitazioni circa<br />
la formazione al dialogo interreligioso,<br />
dopo l’ascolto della sistematica relazione di<br />
Mons. Fitzgerald e <strong>il</strong> racconto di Maria A. De<br />
Giorgi. Ve ne propongo alcune, semplici e immediate,<br />
nella speranza che sappiate andare oltre,<br />
grazie alla vostra esperienza.<br />
La prima: Il dialogo interreligioso ha oggi<br />
valenza universale e occupa uno spazio internazionale<br />
per missionari/e, ma tocca anche lo spazio<br />
nazionale e diocesano per preti e laici, qui in<br />
Italia, oggi. Mi domando se questa pastorale interreligiosa<br />
ha dei denominatori comuni di cui<br />
possiamo far tesoro sia in terra di missione che<br />
qui. Mi chiedo quali sono le caratteristiche che<br />
si evidenziano in terra di missione e quali qui<br />
da noi. I paesi da sempre multireligiosi che cosa<br />
hanno da offrirci o stiamo forse partendo insieme<br />
sulla realtà del dialogo e quindi le esperienze<br />
sono da condividere<br />
La seconda: Mi pare che qui in Europa e nel<br />
mondo intero (l’ho scoperto nello stesso mondo<br />
a maggioranza islamica) stiamo facendo oggi i<br />
primi passi verso l’incontro e <strong>il</strong> dialogo interreligioso.<br />
Oserei dire che, prima della Nostra aetate<br />
(1964), ci sono stati solo dei pionieri del<br />
dialogo. Mi domando, per evitare scoramenti o<br />
ingenuità, quali tempi ci vorranno per una fattiva<br />
presa di coscienza dell’esigenza dell’incontro-dialogo<br />
Per quali vie lo Spirito ci condurrà,<br />
Il dialogo<br />
interreligioso ha<br />
oggi valenza<br />
universale e<br />
occupa uno<br />
spazio<br />
internazionale<br />
per missionari/e,<br />
ma tocca anche<br />
lo spazio<br />
nazionale e<br />
diocesano per<br />
preti e laici, qui<br />
in Italia, oggi<br />
Missione Oggi | agosto-settembre 2009 19
forum di discussione<br />
dopo tanti studi, riflessioni, esperienze, confronti<br />
e scambi di ricchezze Quando questi<br />
confronti e conoscenze avranno davvero <strong>il</strong> carattere<br />
della reciprocità<br />
La terza: C’è grande difficoltà nella comprensione<br />
del significato delle parole nelle diverse<br />
lingue, specie per termini religiosi, teologici,<br />
giuridici. Non è forse necessario che dei<br />
veri esperti ci offrano le loro competenze in questo<br />
campo Qualcosa già esiste e si fa, ma non è<br />
incontri tra imam e preti. Bisogna continuare<br />
con passione!<br />
HO DUE SOGNI<br />
Ho due sogni. Il primo: creare nelle Facoltà<br />
teologiche regionali una sezione interreligiosa,<br />
che comprenda i già esistenti studi della storia e<br />
spiritualità delle religioni, ma dia anche importanza<br />
all’incontro-dialogo tra cristiani e non cristiani.<br />
Al di là dei<br />
sogni, stando<br />
con i piedi per<br />
terra circa la<br />
preparazione e<br />
rifacendomi alla<br />
mia esperienza<br />
sia a livello<br />
CCEE-KEK che a<br />
livello CEI-<br />
Diocesi di<br />
M<strong>il</strong>ano, ritengo<br />
indispensab<strong>il</strong>e la<br />
formazione che<br />
oserei chiamare<br />
“vocazionale” al<br />
dialogo<br />
interreligioso.<br />
I relatori della prima parte<br />
del Convegno in dialogo<br />
con i partecipanti durante<br />
<strong>il</strong> primo Forum<br />
di discussione.<br />
sufficiente. A questi primi interrogativi, che sottendono<br />
tante provocazioni, mi permetto di dare<br />
una prima semplice risposta. Il primo passo da<br />
fare credo sia l’incontro-frequentazione tra persone,<br />
tra fratelli, tra fedeli (di fede diversa). Già<br />
ci sono molte esperienze anche nelle nostre Diocesi,<br />
ma <strong>il</strong> cammino è ancora lungo.<br />
La quarta: “Come realizzare questi incontri”,<br />
mi chiedono spesso i cristiani a cui parlo<br />
del dialogo interreligioso. Ci sono già state<br />
segnalate alcune modalità: dare la precedenza<br />
al cuore, non essere aggressivi, né ingenui né<br />
ipercritici. Viste le tante paure che ci bloccano,<br />
<strong>il</strong> problema è come arrivare all’incontro.<br />
È meglio incontrarsi con i responsab<strong>il</strong>i delle<br />
religioni o con la gente semplice Il documento<br />
Dialogo e annuncio ci offre alcune risposte<br />
a livello generale. A livello locale,<br />
molto si è fatto con i “centri di ascolto”, le<br />
“feste dei popoli”, gli incontri in occasione<br />
della rottura del digiuno di Ramadan, i doposcuola<br />
per ragazzi, i tè insieme, i tornei di calcio,<br />
le visite natalizie alle famiglie, le visite in<br />
ospedale, in carcere, la partecipazione a funerali,<br />
<strong>il</strong> ricordo annuale dell’Incontro di Assisi<br />
(1986), <strong>il</strong> Forum delle Religioni in varie città,<br />
la diffusione della Lettera dei 138 saggi, gli<br />
Il secondo: formare in Italia una “task force” permanente<br />
– 10 persone circa – coordinata dalla Cei<br />
e le Diocesi, con l’aiuto delle Università e degli<br />
Istituti <strong>Missionari</strong>, per riflettere, proporre e guidare<br />
iniziative sul campo islamo-cristiano (lettura<br />
continua dell’islam, preparazione “quasi vocazionale”<br />
di animatori pastorali, creare sezioni e studi<br />
universitari per cristiani e musulmani, portare alla<br />
base le cose egregie fatte dal Pontificio Consiglio<br />
per <strong>il</strong> Dialogo Interreligioso). Tale gruppo si dovrebbe<br />
riunire due volte l’anno per: a) animare<br />
due equipe, una per <strong>il</strong> Centro-nord ed una per <strong>il</strong><br />
Centro-sud anch’esse invitate a trovarsi almeno<br />
una volta l’anno singolarmente; b) organizzare le<br />
Giornate ecumeniche del dialogo cristiano-islamico<br />
a livello nazionale. Al di là dei sogni, stando<br />
con i piedi per terra circa la preparazione e rifacendomi<br />
alla mia esperienza sia a livello CCEE-<br />
KEK che a livello CEI-Diocesi di M<strong>il</strong>ano, ritengo<br />
indispensab<strong>il</strong>e la formazione che oserei chiamare<br />
“vocazionale” al dialogo interreligioso. In<br />
tal senso a M<strong>il</strong>ano opera anche <strong>il</strong> CADR (Centro<br />
di Documentazione per le Religioni), e al suo interno<br />
un Consultorio interetnico; sono state istituite<br />
anche le SDOP (Scuole Diocesane per<br />
Operatori Pastorali), per preparare operatori per<br />
questo incontro-dialogo. GIAMPIERO ALBERTI<br />
20 Missione Oggi | agosto-settembre 2009
Forum<br />
FORMAZIONE NEI SEMINARI<br />
Domanda > Aldo Giannasi (missionario d’Africa): Nelle<br />
mie visite ai seminari della Campania, Puglia e Bas<strong>il</strong>icata,<br />
per conto della PUM (Pontificia Unione <strong>Missionari</strong>a), ho<br />
incontrato circa 80-90 seminaristi, ai quali ho chiesto se<br />
avevano incontrato o no degli immigrati e, più specificamente,<br />
dei musulmani. Risposta: quasi nessuno. Tuttavia<br />
ho notato che tutti sentivano l’incontro come un’esigenza<br />
profonda del loro ministero. Chiedo perciò a don Giampiero<br />
se non si potrebbe fare di più nei seminari a livello<br />
formativo, pastorale.<br />
Domanda > Stefano Berton (missionario saveriano): Anch’io<br />
giro i seminari per conto della PUM. Ho sentito don<br />
Giampiero proporre varie soluzioni. Ho constatato che <strong>il</strong><br />
corso di missiologia è presente in pochi seminari e che i<br />
seminaristi non ricevono una “dimensione missionaria”<br />
dalle varie discipline. Come si potrebbe allargare la formazione<br />
missionaria nei seminari<br />
Risposta > Giampiero Alberti: In Lombardia abbiamo tentato<br />
qualcosa, ma non siamo ancora riusciti a coordinarci efficacemente.<br />
Già dieci anni fa <strong>il</strong> rettore del seminario di M<strong>il</strong>ano<br />
mi obbiettava che la missiologia era inserita in altri modi<br />
nei programmi di studio. Oggi constato che si sono aperti<br />
spazi più vasti nei seminari: ogni due anni mi chiamano per<br />
un corso di tre-quattro giorni, non tanto sull’islam, che i seminaristi<br />
già conoscono, quanto sulla pastorale e sui documenti<br />
della Chiesa in merito. Sono questi aspetti pastorali ad<br />
accendere <strong>il</strong> cuore dei seminaristi e dei giovani sacerdoti. Per<br />
ora non c’è granché, ma qualcosa si muove.<br />
Risposta > Mons. Fitzgerald: Don Giampiero ha parlato<br />
di “sogni”. Io ho sempre sognato la formazione permanente<br />
dei professori dei seminari. I biblisti potrebbero fare<br />
qualcosa sul rapporto tra Bibbia e altre religioni, ad esempio<br />
sul tema della rivelazione. È importante aiutare i professori<br />
ad avere questa dimensione nel loro insegnamento<br />
ordinario. I canonisti italiani l’hanno fatto, dedicando una<br />
sessione di studio al diritto islamico.<br />
IMPEGNO DELLA CHIESA ITALIANA<br />
CON I MUSULMANI<br />
Domanda > Giuliano Vallotto (sacerdote di Treviso): Mi<br />
occupo di rapporti tra cristiani e musulmani nella diocesi<br />
(di Treviso). Devo notare che spesso <strong>il</strong> mondo missionario<br />
ha un atteggiamento negativo e contrario. Mi riferisco in<br />
particolare ai missionari reduci dall’Africa subsahariana.<br />
Al massimo si parla delle altre religioni all’interno della<br />
teoria del “compimento”, cioè come preparazione al cristianesimo.<br />
Per quanto riguarda la “task force”, sono<br />
contrario; piuttosto valorizzerei e metterei in rete tutte le<br />
iniziative già esistenti. Sono, infatti, convinto che esistano<br />
molte più iniziative, tra la gente, di quante se ne conoscano.<br />
Risposta > Giampiero Alberti: Per “task force” non intendo<br />
un gruppo di soli esperti, immagino piuttosto un coinvolgimento<br />
di tutti coloro che sono impegnati nel dialogo<br />
interreligioso. Naturalmente qualcuno di competente e capace<br />
deve esserci, altrimenti rischiamo di condannarci a<br />
tante buone intenzioni, senza arrivare al dunque nell’azione.<br />
Ecco perché ho parlato di “task force” iniziale. Stiamo<br />
lavorando perché le nostre Facoltà teologiche prendano coscienza<br />
del problema e inseriscano questi corsi, senza<br />
aspettare troppo. A M<strong>il</strong>ano ho proposto un corso per la formazione<br />
di imam, cosa che avviene già in altri paesi europei,<br />
come la Francia. Quindi, corsi teologici aperti ai mu-<br />
Missione Oggi | agosto-settembre 2009 21
FORUM DI DISCUSSIONE<br />
sulmani nelle nostre Facoltà, con la possib<strong>il</strong>ità di r<strong>il</strong>asciare<br />
dei diplomi. A M<strong>il</strong>ano sono proprio i giovani musulmani<br />
a chiederlo. Dico questo anche perché esiste <strong>il</strong> rischio<br />
concreto che tra i musulmani qualcuno si autoproclami<br />
imam senza aver frequentato un corso che dia garanzie di<br />
serietà, facendo crescere la confusione e autolegittimandosi<br />
come rappresentante dell’islam, mentre in realtà non<br />
rappresenta nessuno. Si verificherebbe così una situazione<br />
molto pericolosa.<br />
Commento > Sr. Gianlivia (già missionaria in Africa):<br />
Sono stata missionaria per 33 anni tra Burundi, Congo RD<br />
e Camerun. Ciò che Don Giuliano Vallotto ha detto mi ha<br />
stupito un po’. Ci possono, sì, essere dei missionari che,<br />
una volta rientrati, fanno molta fatica a riadattarsi e a<br />
comprendere <strong>il</strong> fenomeno dell’immigrazione in tutti i suoi<br />
aspetti, l’appartenenza religiosa compresa. Anch’io, rientrata<br />
dalla missione, ho fatto fatica ad inquadrare <strong>il</strong> fenomeno<br />
dell’immigrazione, in particolare le persone provenienti<br />
da paesi musulmani, ciononostante ho deciso di dedicarmi<br />
a questo. Ora mi occupo esclusivamente di migranti<br />
in una parrocchia della periferia di Brescia. Penso<br />
che ci sia una grande confusione e impreparazione davanti<br />
a questo fenomeno.<br />
SIGNIFICATO DI “DIALOGO<br />
INTERRELIGIOSO”<br />
Domanda > Teresa Benedini: Con soddisfazione ho sentito<br />
affermare che l’essere cristiani è inscindib<strong>il</strong>e dal dialogo<br />
e che l’esigenza del dialogo nasce proprio dalla<br />
consapevolezza del nostro essere cristiani. Secondo me,<br />
l’attuale situazione della Chiesa italiana, e di quella bresciana<br />
in particolare, è di chiusura nei confronti del dialogo.<br />
Credo che si tratti anzitutto di una questione di<br />
buona volontà pastorale, ma questo non dipende forse<br />
dal fatto che non siamo cristiani nel profondo<br />
Risposta > Maria A. De Giorgi: Rispondo “trasversalmente”<br />
ad alcune domande sul significato della parola<br />
“dialogo”. Che senso ha Che cosa significa C’è una<br />
grande ambiguità intorno a questo termine, che non vuol<br />
dire “compromesso”.<br />
Per me <strong>il</strong> dialogo nasce da una sovrabbondanza d’amore e<br />
dal suo radicamento nel comandamento massimo del cristianesimo,<br />
“ama <strong>il</strong> prossimo tuo come te stesso”. Gesù<br />
non fa discriminazioni, ma ci dice “ama l’altro così com’è<br />
e dov’è”, cercando di conoscerlo e di offrirgli la testimonianza<br />
d’amore che viene dalla tua fede in Gesù Cristo, fino<br />
a dare la tua vita per lui. Dal punto di vista cristiano <strong>il</strong><br />
dialogo sta tutto qui.<br />
INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE A SCUOLA<br />
Domanda > L<strong>il</strong>iana (insegnante di Religione Cattolica):<br />
Dando per scontato che a scuola non si fa catechesi, ma cultura<br />
religiosa, è possib<strong>il</strong>e conc<strong>il</strong>iare l’insegnamento della religione<br />
cattolica a bambini e ragazzi rispettando le altre tradizioni<br />
religiose, cui molti di loro ormai appartengono<br />
Risposta > Giampiero Alberti: Per quanto riguarda la<br />
scuola, c’è un’esperienza che sto portando avanti, andando<br />
nelle elementari e nelle medie a parlare delle altre religioni,<br />
coinvolgendo proprio i ragazzi appartenenti ad altre tradizioni<br />
religiose. Invito spesso i genitori musulmani a parlare<br />
nelle scuole insieme a me. In questo modo nasce quell’amicizia<br />
di cui si è parlato, per arrivare a fare un secondo passo,<br />
quello dell’approfondimento della conoscenza dell’altro.<br />
Risposta – Mons. Fitzgerald: Per quanto riguarda l’insegnamento<br />
della religione a scuola, vorrei citare la mia esperienza<br />
personale. Prima di entrare in seminario, ho frequentato<br />
una scuola protestante ed ero dunque escluso da ogni corso<br />
di religione, così avevo un catechista che veniva a casa<br />
mia per la catechesi cattolica. Sono dell’idea che la catechesi<br />
non sia compito della scuola, ma della famiglia e della parrocchia.<br />
Capisco però che le famiglie, quando scelgono una<br />
scuola cattolica per i loro figli (mi riferisco alla Gran Bretagna),<br />
si aspettino che essi abbiano una formazione alla fede,<br />
sicché <strong>scarica</strong>no sulla scuola cattolica questo compito. Ma ta-<br />
22 Missione Oggi | agosto-settembre 2009
le responsab<strong>il</strong>ità resta dei genitori e della parrocchia. Vedo la<br />
scuola più come un luogo di cultura, in cui s’insegnano le religioni,<br />
compreso <strong>il</strong> cristianesimo. Spesso, infatti, la tentazione<br />
dei nostri insegnanti è di parlare di tutte le religioni, meno<br />
del cristianesimo. Si deve invece parlare anche del cristianesimo,<br />
dal punto di vista culturale ovvero del suo influsso sulla<br />
realtà di un Paese (come l’Italia, per esempio).<br />
LA TEORIA DEL “COMPIMENTO”<br />
Risposta > Maria A. De Giorgi: Rispondo al don Giuliano<br />
Vallotto che ha sollevato la questione della teoria del “compimento”.<br />
Rispetto a quanto ha affermato, devo ricordare<br />
che <strong>il</strong> punto di riferimento non sono io, cristiano/a, e nemmeno<br />
un certo tipo di cristianesimo storico, né la Chiesa<br />
istituzionale, <strong>il</strong> compimento è Cristo. Cristo è di Dio, non è<br />
nostro. In questo senso, un conto è <strong>il</strong> mistero di Cristo nella<br />
sua pienezza, che è dono di Dio per tutti, un altro la comprensione<br />
che ne abbiamo.<br />
A volte l’identificazione indebita che facciamo tra <strong>il</strong> mistero<br />
che ci supera e trascende e la comprensione che ne abbiamo<br />
crea problema.<br />
Di fronte al mistero di Cristo tutti siamo interpellati, anche<br />
noi che ci diciamo cristiani. Quindi, dire che Cristo è <strong>il</strong><br />
compimento di tutto, dal punto di vista cristiano non è ridurre<br />
l’altro a me o alla comprensione che ho di questo mistero,<br />
ma rimandarlo al mistero di Cristo, che poi è <strong>il</strong> mistero<br />
di Dio, perché Cristo è di Dio.<br />
Risposta > Mons. Fitzgerald: Per quanto riguarda <strong>il</strong> “compimento”,<br />
sono d’accordo con quanto ha detto Maria A. De<br />
Giorgi. Il nostro compito di teologi è di discernere nello Spirito<br />
i valori delle altre religioni, valori che aiutano le persone<br />
ad entrare nel mistero di Cristo. Non dico agli appartenenti<br />
ad altre tradizioni religiose di convertirsi al cristianesimo,<br />
ma di partecipare al mistero di Cristo, al mistero pasquale.<br />
Mi riferisco alla Gaudium et spes (n. 22), dove è detto<br />
che lo Spirito dà la possib<strong>il</strong>ità a tutti, in modi che solo Dio<br />
conosce, di partecipare al mistero pasquale. Ma che cosa significa<br />
“mistero pasquale” È la morte di se stessi per vivere<br />
per gli altri. Questo non si può fare senza la grazia di Dio,<br />
e la grazia viene da Cristo. Questo è quello che ci dice la nostra<br />
fede. Ci sono elementi nelle altre religioni (ad esempio,<br />
la preghiera, <strong>il</strong> digiuno, ecc.) che aiutano le persone a vivere<br />
questo mistero pasquale anche senza riferimento a Cristo.<br />
Mi sembra che sia questo che noi dobbiamo saper vedere.<br />
Non dobbiamo aspettare che gli altri accettino la nostra fede<br />
e nemmeno sacrificare la nostra fede (e teologia) per essere<br />
accettati dagli altri: questo comportamento non appartiene<br />
alla teologia cattolica. Possiamo vedere le altre religioni in<br />
maniera positiva, non come vie di salvezza indipendenti da<br />
Cristo e nemmeno come una semplice “preparazione” a Cristo,<br />
ma come un modo vivo e creativo per giungere a Cristo,<br />
anche senza conoscerlo. A CURA DI FEDERICO TAGLIAFERRI<br />
P. Mario Menin, direttore di Missione Oggi,<br />
introduce i lavori del Convegno.<br />
Missione Oggi | agosto-settembre 2009 23
uone pratiche di dialogo<br />
Ruggero Cavani, sposato con Luisa, ha quattro figlie. Impiegato ai Servizi<br />
Sociali del Comune di Fiorano (Mo), dal 1978 al 1984 ha svolto, insieme ad<br />
un gruppo denominato “Il Senape”, un lavoro di educazione di strada in<br />
un quartiere nel quale vivevano nuclei famigliari con problemi sociali. È<br />
impegnato, insieme alla moglie, sia all’interno della comunità parrocchiale<br />
di Fiorano, dove svolge un’azione di formazione nei confronti di un gruppo<br />
di sposi, sia nell’associazione “Piccola Famiglia delle Figlie e dei Figli di<br />
Maria”, legata alla comunità di Don Giuseppe Dossetti di Monteveglio, che<br />
svolge attività di accoglienza di ragazze madri che hanno subito violenza.<br />
Collabora con l’associazione “Terra, Pace e Libertà” ad un progetto nello<br />
Swaz<strong>il</strong>and a favore di bambini e ragazzi orfani. Insieme alla moglie porta<br />
avanti progetti nel campo degli affidi e delle adozioni. È co-fondatore<br />
dell’esperienza di dialogo interreligioso “Camminare Insieme”. Ha<br />
contribuito alla nascita del Forum Giovani-Korova, movimento che nel<br />
“distretto della ceramica” modenese elabora progetti culturali,<br />
educativi e di carattere sociale. Dal 2005 è presente al<br />
“Tavolo diocesano cattolico-islamico” di Modena.<br />
Camminare<br />
insieme<br />
Cristiani e musulmani<br />
a Fiorano e Sassuolo<br />
Per preparare questo intervento abbiamo ripercorso<br />
<strong>il</strong> cammino fatto insieme, come<br />
gruppo “Camminare insieme”, ripensando le<br />
ragioni del nostro incontrarci e i motivi che ci<br />
fanno continuare insieme. Dobbiamo ringraziare<br />
<strong>il</strong> Signore per i tanti doni che ci ha fatto. In<br />
questi quasi dieci anni di vita possiamo dire che<br />
<strong>il</strong> Signore ci ha tenuti per mano e ci ha fatto fare<br />
cose che nel 2000 sembravano impensab<strong>il</strong>i.<br />
Già nell’apr<strong>il</strong>e del 1997 Papa Giovanni Paolo<br />
II diceva: “La Chiesa guarda con stima ai<br />
musulmani che, lo ricorda anche <strong>il</strong> Conc<strong>il</strong>io Vaticano<br />
II, adorano l’unico Dio, vivente e sussistente,<br />
misericordioso ed onnipotente, creatore<br />
del cielo e della terra che ha parlato agli uomini”.<br />
E continuava: “A questo si deve aggiungere<br />
<strong>il</strong> rispetto che la tradizione islamica ha per<br />
Gesù, che considera un grande profeta, e per<br />
Maria, sua Madre Vergine. Possa tale vicinanza<br />
consentire sempre più una reciproca intesa a livello<br />
umano e spirituale… Dio è unico, e nella<br />
sua giustizia ci chiede di vivere in maniera conforme<br />
alla sua volontà santa, di sentirci fratelli<br />
gli uni gli altri, di impegnarci ad operare affinché<br />
la pace sia garantita nei rapporti umani, ad<br />
ogni livello”. Abbiamo sperimentato nel nostro<br />
24 Missione Oggi | agosto-settembre 2009
Il gruppo<br />
“Camminare insieme”<br />
Dalla fine del 1999 un gruppo di famiglie cristiane si<br />
riunisce ogni giovedì alle ore 19.00 nella casa dell’una o<br />
dell’altra famiglia per la preghiera dei vespri e per consumare<br />
insieme una cena frugale. Questa esperienza,<br />
sicuramente resa possib<strong>il</strong>e dallo Spirito, ha fatto crescere<br />
nel tempo un clima di grande confidenza tra i presenti.<br />
Siamo persone che vivono e/o lavorano a Fiorano<br />
e a Sassuolo, in provincia di Modena, zone conosciute<br />
per la produzione della ceramica.<br />
Nel nostro distretto, per ragioni di lavoro, in questi ultimi<br />
15 anni, sono arrivate persone da ogni parte del<br />
mondo. La stragrande maggioranza, quasi <strong>il</strong> 70%, proviene<br />
dal Maghreb ed è di fede musulmana. Per questo<br />
motivo nei primi mesi del 2001 siamo stati spinti a dar<br />
vita a un progetto complesso, ma affascinante: incontrarci<br />
con alcune famiglie di fede musulmana. La mia<br />
attività lavorativa nel servizio sociale del Comune di<br />
Fiorano e l’impegno amministrativo<br />
a Sassuolo<br />
ha favorito l’incontro, la Dalla fine del 1999 un gruppo<br />
conoscenza e <strong>il</strong> confronto<br />
con molti stranieri e ogni giovedì alle ore 19.00<br />
di famiglie cristiane si riunisce<br />
in modo particolare con nella casa dell’una o dell’altra<br />
un mediatore culturale, famiglia per la preghiera dei<br />
vespri e per consumare<br />
avente un ruolo di responsab<strong>il</strong>ità<br />
all’interno<br />
insieme una cena frugale<br />
della comunità islamica.<br />
L’amicizia con Ouak<strong>il</strong>i<br />
Abdelatif è da considerarsi<br />
<strong>il</strong> punto di partenza di tutta questa esperienza.<br />
Attraverso di lui è stato possib<strong>il</strong>e proporre al “gruppo<br />
del giovedì” l’incontro con alcune famiglie di fede musulmana.<br />
Una volta al mese le famiglie di Abdelatif, Zahi<br />
e Mohammed hanno cominciato a consumare con<br />
noi la cena, durante la quale ci scambiavamo informazioni,<br />
curiosità e aspetti della rispettiva esperienza culturale<br />
e religiosa. Volevamo passare dalle notizie, dalla<br />
diffidenza, dalla paura reciproca, alla conoscenza, all’incontro,<br />
all’ascolto, alla condivisione, affinché col<br />
passare del tempo potessimo essere capaci di capirci ed<br />
apprezzarci. Mantenendo sempre vivo questo aspetto,<br />
della conoscenza reciproca, siamo passati dal piano della<br />
convivialità e della fraternità a quello della ricerca di<br />
“parole comuni”, per esprimere la lode al Dio Unico, e<br />
all’organizzazione di momenti di incontro e di conoscenza<br />
e reciproca per le famiglie del gruppo e per le rispettive<br />
comunità di appartenenza religiosa, quella<br />
cattolica e quella islamica. Questo, in estrema sintesi,è<br />
<strong>il</strong> gruppo “Camminare Insieme”.<br />
cammino di gruppo <strong>il</strong> sentirsi fratelli e sorelle.<br />
Abbiamo cercato di raccogliere in un dvd i momenti<br />
“forti” vissuti insieme. Le strette di mano,<br />
gli abbracci, i sorrisi, gli sguardi sereni, la<br />
convivialità dell’incontro intorno ad una tavola<br />
nel mangiare e gustare un piatto di cous-cous o<br />
di altra specialità, l’ascoltare dalla voce di bambini<br />
e ragazzi, di fedi differenti, la stessa lode a<br />
Dio, parlano sicuramente più di ogni articolata<br />
descrizione o racconto.<br />
LA CRISI DELL’11 SETTEMBRE<br />
Molto importante per <strong>il</strong> gruppo fu <strong>il</strong> periodo<br />
successivo all’11 settembre 2001. Abbiamo<br />
cercato di condividere quel momento tremendo.<br />
Abbiamo mostrato e testimoniato all’esterno<br />
come fosse possib<strong>il</strong>e la comunicazione e <strong>il</strong><br />
dialogo tra cristiani e musulmani anche in quel<br />
frangente. Abbiamo provato, a volte con successo,<br />
a convincere altri amici a non lasciarsi<br />
prendere dalla spirale di odio e di contrapposizione.<br />
Questa attività in forme diverse e più articolate<br />
continua ad esistere, nei confronti degli<br />
stranieri e in particolare verso coloro che vivono<br />
la fede musulmana. Lo abbiamo fatto proponendo<br />
momenti di incontro, di preghiera, di digiuno<br />
e azioni di solidarietà.<br />
In questi anni abbiamo aderito all’iniziativa<br />
della Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico<br />
ormai arrivata alla sua VIII edizione<br />
(27 ottobre 2009). Le Giornate sono state<br />
l’occasione per far incontrare tra loro più persone<br />
e per riflettere sul valore della convivenza.<br />
Nel 2008 vi ha aderito un centinaio di persone.<br />
L’esperienza di tutti questi anni ha fatto cresce-<br />
Volevamo<br />
passare dalle<br />
notizie, dalla<br />
diffidenza, dalla<br />
paura reciproca,<br />
alla conoscenza,<br />
all’incontro,<br />
all’ascolto, alla<br />
condivisione,<br />
affinché col<br />
passare del<br />
tempo<br />
potessimo<br />
essere capaci di<br />
capirci ed<br />
apprezzarci<br />
Siham, del Gruppo<br />
“Camminare Insieme”,<br />
con alcune amiche<br />
di fede musulmana<br />
della città di Brescia<br />
risponde alle domande<br />
di una giornalista<br />
durante <strong>il</strong> Convegno.<br />
buone pratiche di dialogo<br />
Missione Oggi | agosto-settembre 2009 25
uone pratiche di dialogo<br />
re <strong>il</strong> gruppo sia quantitativamente che qualitativamente.<br />
Siamo stati fautori, nel nostro territorio,<br />
dell’iniziativa “Moschee aperte”, abbiamo<br />
promosso la visita di famiglie e di singoli fedeli<br />
musulmani ai nostri luoghi di culto cristiani:<br />
chiese, santuari, conventi. Abbiamo prestato attenzione<br />
ai cosiddetti “momenti forti” delle due<br />
religioni, sempre con <strong>il</strong> dovuto rispetto della reciprocità.<br />
Per esempio, ci siamo incontrati per<br />
riflettere sul Ramadan, ma anche sul Mercoledì<br />
delle Ceneri e sulla Quaresima. Abbiamo orgaqualcosa<br />
sta cambiando anche all’interno delle<br />
comunità islamiche.<br />
I GIOVANI, VERO FUTURO DI QUESTA<br />
ESPERIENZA<br />
Ogni esperienza ha le sue peculiarità. La nostra<br />
ha messo alla base <strong>il</strong> valore dell’amicizia,<br />
della convivialità. Inoltre, abbiamo voluto mettere<br />
al centro del “camminare insieme”, ovvero<br />
della nostra esperienza, <strong>il</strong> valore della fede in<br />
Siamo convinti<br />
che un incontro/<br />
esperienza<br />
come quello che<br />
stiamo<br />
conducendo sia<br />
possib<strong>il</strong>e<br />
soltanto tra<br />
cristiani e<br />
musulmani che<br />
vivono una fede<br />
adulta, matura,<br />
e che, proprio<br />
per questo, non<br />
hanno paura del<br />
confronto<br />
Il Gruppo<br />
“Camminare Insieme”<br />
di Fiorano-Sassuolo (Mo).<br />
nizzato incontri tra alcune donne musulmane e<br />
le monache del Carmelo di Sassuolo. Il momento<br />
più alto è stato l’incontro e la preghiera<br />
dopo l’intervento del Papa a Ratisbona.<br />
Abbiamo portato l’esperienza fuori delle<br />
mura domestiche, facendola diventare nel tempo<br />
un’esperienza anche per le nostre comunità<br />
di riferimento: i nostri sacerdoti e l’imam hanno<br />
condiviso questo percorso e continuano a<br />
farlo. Abbiamo contribuito alla nascita nelle<br />
Diocesi di Reggio Em<strong>il</strong>ia e di Modena dei gruppi<br />
per <strong>il</strong> Dialogo ecumenico e interreligioso, organizzando<br />
incontri sui testi sacri, sulla preghiera<br />
e sul digiuno. Siamo stati davvero aiutati<br />
dal Signore in questo relativamente lungo –<br />
quasi 10 anni – e affascinante cammino. Naturalmente<br />
non è stato un cammino tutto in discesa,<br />
né, come si suol dire, “tutto rose e viole”.<br />
Siamo stati considerati per molto tempo come<br />
delle “mosche bianche”, sia nella nostra comunità<br />
cristiana sia in quella musulmana. Oggi<br />
non è molto diverso, ma sicuramente qualcosa è<br />
cambiato nella Chiesa, nei suoi vari livelli, e<br />
Abbiamo portato<br />
l’esperienza fuori delle<br />
mura domestiche,<br />
facendola diventare<br />
nel tempo<br />
un’esperienza anche<br />
per le nostre comunità<br />
di riferimento: i nostri<br />
sacerdoti e l’imam<br />
hanno condiviso<br />
questo percorso e<br />
continuano a farlo<br />
Dio, secondo noi cristiani e secondo i nostri<br />
amici musulmani. Siamo convinti che un incontro/esperienza<br />
come quello che stiamo conducendo<br />
sia possib<strong>il</strong>e soltanto tra cristiani e musulmani<br />
che vivono una fede adulta, matura, e che,<br />
proprio per questo, non hanno paura del confronto.<br />
L’obiettivo del nostro gruppo non è mai<br />
R. CAVANI<br />
26 Missione Oggi | agosto-settembre 2009
Preghiera del gruppo<br />
CAMMINARE INSIEME<br />
per la settima giornata ecumenica<br />
del dialogo cristiano-islamico<br />
(ottobre 2008)<br />
GRAZIE, SIGNORE<br />
“O Dio grazie di averci fatti incontrare e di<br />
non aver avuto paura delle differenze che<br />
esistono tra di noi.<br />
O Dio siamo uomini e donne che pur venendo<br />
da esperienze, popoli, culture e religioni<br />
diverse abbiamo immensa fiducia in Te.<br />
O Dio fa’ in modo che le nostre comunità che<br />
vivono ed operano in questa territorio<br />
riescano a rispettarsi e ad apprezzarsi.<br />
O Dio che sei grande nella misericordia regala<br />
a noi e al mondo intero <strong>il</strong> dono della Pace e<br />
della Concordia.<br />
O Dio non vogliamo stancarci di essere segni<br />
e strumenti di riconc<strong>il</strong>iazione.<br />
O Dio vogliamo essere a servizio della Verità<br />
e dell’Amore.<br />
O Dio noi crediamo tantissimo nella forza e<br />
nella potenza della Preghiera e ci<br />
impegniamo da oggi a ricordarci<br />
reciprocamente in essa”.<br />
stato <strong>il</strong> proselitismo o la conversione reciproca,<br />
ma un vero dialogo alla ricerca di “parole comuni”,<br />
di ciò che unisce, senza dimenticare ciò che<br />
ci fa differenti. Abbiamo potuto sperimentare<br />
un’idea diversa di missionarietà, di evangelizzazione.<br />
Non siamo stati (e non stiamo) con “loro”,<br />
né “loro” con noi perché ci vogliamo convertire<br />
a vicenda, ma perché viviamo nello stesso<br />
territorio, condividiamo la stessa fede nel padre<br />
Abramo e vogliamo che i nostri figli crescano<br />
nella pace e nel rispetto reciproco.<br />
I figli, i giovani, sono un altro capitolo molto<br />
importante di questa esperienza. Il vero futuro<br />
del dialogo sono loro. Giovani, ragazzi e ragazze<br />
meglio inseriti in questa società, nella<br />
scuola, possono costruire un tessuto sociale e<br />
interreligioso diverso. “Sono loro la nostra speranza,<br />
perché hanno meno pregiudizi, sono disponib<strong>il</strong>i<br />
al dialogo, hanno potuto sperimentare<br />
che l’incontro tra diversi è possib<strong>il</strong>e, ut<strong>il</strong>e, indispensab<strong>il</strong>e”,<br />
ha detto Khawula, una donna palestinese,<br />
durante un momento conviviale.<br />
PRESE DI POSIZIONE E UNA PREGHIERA<br />
Vorrei concludere con alcune frasi, alcune<br />
prese di posizione e una preghiera che penso ci<br />
possano aiutare a cogliere, più di ogni altra parola,<br />
come sono state segnate le persone che<br />
hanno dato vita e che continuano a portare<br />
avanti <strong>il</strong> gruppo “Camminare Insieme”.<br />
La prima è tratta da alcune considerazioni<br />
fatte da Oauk<strong>il</strong>i durante un incontro pubblico:<br />
“Il dvd che abbiamo visto questa sera è stato<br />
preparato mentre io ero con la famiglia in Marocco.<br />
Quando sono tornato Ruggero me lo ha<br />
mostrato… Mi sono commosso, mi sono messo<br />
a piangere, perché questo mio fratello cristiano,<br />
aveva fatto ciò che io volevo fare, nel modo in<br />
cui lo avrei fatto io”. E continuava: “Questo tipo<br />
di dialogo può avvenire solo tra persone speciali,<br />
molto avanti nel cammino di fede e soprattutto<br />
capaci di aprire <strong>il</strong> cuore in un modo<br />
straordinario, cosa non comune né tra i cristiani<br />
né tra i musulmani”. E ha precisato: “Penso che<br />
alla base di tutto ci debba essere um<strong>il</strong>tà; io non<br />
sono tanto migliore di tanti miei fratelli e sorelle:<br />
siamo tutti peccatori e abbiamo tutti bisogno<br />
della misericordia di Dio”.<br />
La seconda è un’affermazione che fece un<br />
paio di anni fa una giovane musulmana, Siham,<br />
dopo essere stata, per la prima volta, al Carmelo<br />
di Sassuolo: “È stato un incontro molto particolare<br />
con sensazioni contrastanti. Alla veduta<br />
della grata che ci divideva e sentendo che le<br />
monache non escono mai, se non per problemi<br />
di salute, mi sono domandata <strong>il</strong> perché di tutto<br />
ciò. Perché tante ragazze della mia età fanno<br />
una scelta così diffic<strong>il</strong>e, in un certo senso incomprensib<strong>il</strong>e<br />
Poi, durante <strong>il</strong> colloquio, vedendole<br />
serene, libere, scherzose, capaci di battute<br />
e anche informate su quello che avveniva<br />
nel mondo, ho pensato che un’esperienza come<br />
quella potesse avere un senso. Io, se passo alcuni<br />
giorni in casa perché sono malata o perché<br />
devo preparare un esame, sto male o vado un<br />
po’ in ansia. Lì sono mesi, anni che non escono.<br />
Probab<strong>il</strong>mente la fede in Dio e tanto coraggio le<br />
sta aiutando a sperimentare una vita che agli occhi<br />
della società non avrebbe alcun senso. Questo<br />
momento mi ha offerto la possib<strong>il</strong>ità di avvicinare<br />
dei cristiani anche in un modo che non<br />
pensavo esistesse”.<br />
RUGGERO CAVANI<br />
Non siamo stati<br />
(e non stiamo)<br />
con “loro”, né<br />
“loro” con noi<br />
perché<br />
ci vogliamo<br />
convertire<br />
a vicenda, ma<br />
perché viviamo<br />
nello stesso<br />
territorio,<br />
condividiamo la<br />
stessa fede nel<br />
padre Abramo e<br />
vogliamo che i<br />
nostri figli<br />
crescano nella<br />
pace e nel<br />
rispetto<br />
reciproco<br />
buone pratiche di dialogo<br />
Missione Oggi | agosto-settembre 2009 27
spiritualità del dialogo<br />
Per una<br />
spiritualità<br />
del dialogo<br />
interreligioso<br />
MICHAEL L. FITZGERALD<br />
Il Pontificio Consiglio per <strong>il</strong> Dialogo Interreligioso<br />
(PCDI), dopo aver pubblicato due documenti<br />
sul dialogo, L’atteggiamento della<br />
Chiesa di fronte ai seguaci di altre religioni: riflessioni<br />
e orientamenti su Dialogo e Missione<br />
(1984) e Dialogo e annuncio: riflessioni e<br />
orientamenti sul dialogo interreligioso e l’annuncio<br />
del Vangelo di Gesù Cristo (1991),<br />
avrebbe voluto pubblicarne un terzo, appunto<br />
sulla spiritualità del dialogo.<br />
L’assemblea plenaria del PCDI, nel 1995,<br />
aveva messo in agenda un tema duplice: <strong>il</strong> dialogo<br />
della spiritualità e la spiritualità del dialogo.<br />
Il programma comportava in primo luogo la<br />
presentazione del concetto di santità, secondo<br />
diverse tradizioni religiose: la Religione Tradizionale<br />
Africana, l’Induismo, <strong>il</strong> Buddhismo,<br />
l’Islam e <strong>il</strong> Cristianesimo. In secondo luogo due<br />
interventi sul dialogo dell’esperienza religiosa,<br />
uno riguardante <strong>il</strong> dialogo interreligioso monastico,<br />
e l’altro, di Jean Vanier, basato sull’esperienza<br />
dell’Arche e del movimento Fede e Luce<br />
(per i testi, cfr. la rivista Pro Dialogo 92, 1996).<br />
Tre anni dopo, un’altra assemblea plenaria,<br />
in vista del Grande Giub<strong>il</strong>eo dell’Anno 2000,<br />
considerava <strong>il</strong> tema Chiamati alla conversione<br />
di cuore (“metanoia”, cfr. Pro Dialogo 101,<br />
1999). Nel corso dell’assemblea i vescovi<br />
membri hanno chiesto la redazione di un documento<br />
specifico sulla spiritualità del dialogo e<br />
28 Missione Oggi | agosto-settembre 2009
Disposizioni<br />
per <strong>il</strong> dialogo<br />
A<br />
lcuni paragrafi di DA sono dedicati<br />
alle disposizioni necessarie perché<br />
<strong>il</strong> dialogo con altri credenti sia proficuo:<br />
“Il dialogo richiede un atteggiamento<br />
equ<strong>il</strong>ibrato”; le persone che vogliono<br />
entrare in dialogo “non dovrebbero<br />
essere né troppo ingenue né ipercritiche,<br />
bensì aperte e accoglienti”; si<br />
parla di “disinteresse”, “imparzialità”,<br />
che non significa indifferenza, ma piuttosto<br />
espressione d’amore che non cerca<br />
<strong>il</strong> proprio interesse. Si attira l’attenzione<br />
sulla necessità di “accettazione<br />
delle differenze, nonché delle possib<strong>il</strong>i<br />
contraddizioni”. Il documento termina<br />
menzionando “la volontà di impegnarsi<br />
insieme a servizio della verità e la<br />
prontezza a lasciarsi trasformare dell’incontro”<br />
(DA 47). Si tratta di disposizioni<br />
assai impegnative.<br />
Un’altra condizione per un vero dialogo<br />
è una salda convinzione religiosa. Entrando<br />
in dialogo, non c’è nessun bisogno<br />
di mettere da parte le proprie convinzioni<br />
religiose. “È vero <strong>il</strong> contrario: la<br />
sincerità del dialogo interreligioso esige<br />
che vi si entri con l’integrità della propria<br />
fede”. Allo stesso tempo ci vuole<br />
considerazione per le convinzioni altrui<br />
e apertura ai valori delle tradizioni religiose<br />
altre (DA 48).<br />
Ci vuole soprattutto una grande apertura<br />
alla verità. Il dialogo è stato descritto<br />
come un incontro con persone di<br />
altre tradizioni religiose “per camminare<br />
verso la verità” (DM 13). Si potrebbe<br />
obiettare che noi conosciamo già la verità,<br />
perché Cristo è via, verità e vita.<br />
Dobbiamo ricordare che “la pienezza<br />
della verità ricevuta in Gesù Cristo non<br />
dà ai singoli cristiani la garanzia di<br />
aver assim<strong>il</strong>ato pienamente tale verità.<br />
In ultima analisi, la verità non è qualcosa<br />
che possediamo, ma una persona<br />
da cui dobbiamo lasciarci possedere. Si<br />
tratta quindi di un processo senza fine”<br />
(DA 49). In questo processo, tramite l’incontro<br />
interreligioso, si può dare e ricevere,<br />
vincere i pregiudizi, rivedere le<br />
idee preconcette, e così arrivare ad una<br />
comprensione purificata della fede.<br />
spiritualità del dialogo<br />
hanno suggerito al Card. Arinze di inviare alle<br />
Conferenze episcopali di tutto <strong>il</strong> mondo una lettera<br />
chiedendo un parere sul progetto. La lettera<br />
toccava i seguenti punti: Dio è amore e comunione;<br />
Dio si comunica all’umanità; la necessità<br />
della conversione continua a Dio;<br />
l’identità cristiana nel dialogo; <strong>il</strong> necessario<br />
equ<strong>il</strong>ibrio tra annuncio e dialogo; la necessità<br />
di capire la posizione di altri credenti; l’importanza<br />
della preghiera e del sacrificio (cfr. Pro<br />
Dialogo 101, 1999, pp.266-270). In seguito fu<br />
redatto un documento, esaminato dai vescovi<br />
membri dell’assemblea plenaria, nel 2001, ma<br />
mai pubblicato, perché privo della necessaria<br />
approvazione previa della Congregazione per la<br />
Dottrina della Fede. Probab<strong>il</strong>mente non fu approvato<br />
per paura del relativismo. Il testo non<br />
voleva semplicemente ripetere gli insegnamenti<br />
dei due primi documenti del PCDI, dove <strong>il</strong><br />
dialogo è presentato come una parte integrante<br />
della missione della Chiesa. Senza questa precisazione,<br />
si temeva forse che <strong>il</strong> nuovo documento<br />
potesse essere inteso come una legittimazione<br />
alla pari di tutte le religioni.<br />
È stato un errore pensare che i due primi documenti,<br />
Dialogo e missione (DM) e Dialogo e<br />
annuncio (DA), fossero abbastanza conosciuti,<br />
al punto da dispensare la pubblicazione di un<br />
terzo. In ogni modo, nella mia presentazione<br />
partirò da questi primi due documenti.<br />
IL FONDAMENTO TEOLOGICO-TRINITARIO<br />
Le disposizioni descritte sono atteggiamenti<br />
umani e spirituali, ma nella loro presentazione<br />
non è indicata la fonte teologica che può servire<br />
da base per una spiritualità del dialogo. Troviamo<br />
una bella presentazione del fondamento<br />
teologico per <strong>il</strong> dialogo nel documento DM che<br />
ci propone una spiritualità squisitamente trinitaria.<br />
Può sembrare paradossale basare la spiritualità<br />
del dialogo su di un elemento della no-<br />
Missione Oggi | agosto-settembre 2009 29
spiritualità del dialogo<br />
Non tutto è<br />
perfetto nelle<br />
religioni, come<br />
non tutto è<br />
necessariamen<br />
te perfetto nel<br />
modo di<br />
praticare la<br />
fede cristiana.<br />
L’onestà ci<br />
induce ad<br />
ammetterlo<br />
PER SAPERNE DI PIU’<br />
Michael L. Fitzgerald,<br />
Dio sogna l’unità.<br />
I cattolici e le religioni,<br />
Città Nuova, Roma 2007<br />
presso:<br />
libreria@saveriani.bs.it<br />
stra fede cristiana che può incontrare opposizione<br />
in persone di altre religioni. Va detto però<br />
che non siamo alla ricerca di ragioni comuni<br />
per impegnarsi nel dialogo, ma di motivazioni<br />
cristiane per tale impegno.<br />
DM ci dice che “nel mistero trinitario la rivelazione<br />
ci fa intravedere una vita di comunione e<br />
di interscambio” (DM 22). Notiamo <strong>il</strong> termine<br />
“intravedere”. Siamo lungi dall’avere una conoscenza<br />
piena della SS. Trinità; nondimeno possiamo<br />
capire che l’unità non equivale ad assorbimento,<br />
ma è compatib<strong>il</strong>e con differenze fondamentali.<br />
Se nella Trinità esiste la comunione tra<br />
le Tre Persone, nel rispetto delle caratteristiche<br />
di ognuna, la ricerca di comunione tra persone di<br />
diverse religioni deve rispettare le differenze. Il<br />
fatto che siamo ancora “in via” ci permette di godere<br />
una comunione ancora imperfetta. Se questo<br />
è vero per <strong>il</strong> dialogo ecumenico, cioè tra cristiani,<br />
lo è a fortiori per <strong>il</strong> dialogo interreligioso.<br />
Dopo questa considerazione generale passiamo<br />
ora ad esaminare <strong>il</strong> ruolo attribuito dalla<br />
Tradizione ad ogni singola Persona della SS.<br />
Trinità. “In Dio Padre noi contempliamo un<br />
amore preveniente senza confini di spazio e di<br />
tempo”. Tutto comincia con l’amore di Dio e finisce<br />
in Lui. Lui è all’origine di ogni creatura,<br />
ed è <strong>il</strong> loro destino. È l’insegnamento del primo<br />
paragrafo della Nostra aetate basato sulle Scritture.<br />
Di conseguenza, l’amore di Dio non si trova<br />
solo dove esiste la fede in Cristo, dove è impiantata<br />
la Chiesa, ma in ogni parte del mondo.<br />
Ciò vale anche per <strong>il</strong> fattore tempo: l’amore di<br />
Dio si rivela dall’inizio della creazione fino alla<br />
fine dei tempi. “L’universo e la storia sono ricolmi<br />
dei suoi doni. Ogni realtà e ogni evento<br />
sono avvolti dal suo amore”. Possiamo capire la<br />
pertinenza di questa considerazione per le sociètà<br />
che danno una grande importanza agli<br />
antenati. L’amore di Dio li abbraccia anche se<br />
non sono mai diventati cristiani.<br />
Ricordando la necessità di un atteggiamento<br />
equ<strong>il</strong>ibrato, dobbiamo riconoscere<br />
l’esistenza del male. Non tutto è perfetto<br />
nelle religioni, come non tutto è necessariamente<br />
perfetto nel modo di praticare<br />
la fede cristiana. L’onestà ci induce ad<br />
ammetterlo. Ma la fede ci fa constatare<br />
che “nonostante <strong>il</strong> manifestarsi talora<br />
violento del male, nella vicenda di ogni uomo<br />
e di ogni popolo è presente la forza della<br />
grazia che eleva e redime”. Di conseguenza, <strong>il</strong><br />
compito della Chiesa è di “scoprire, portare alla<br />
luce, far maturare tutte le ricchezze che <strong>il</strong><br />
Padre ha nascosto nella creazione e nella storia”.<br />
Essa fa questo per “celebrare la gloria di<br />
Dio nella liturgia” – portiamo gli altri credenti<br />
nelle nostre preghiere, personali e liturgiche;<br />
dimostriamo una vicinanza spirituale, specialmente<br />
nell’occorrenza delle feste. Essa promuove<br />
“la circolazione tra tutti gli uomini dei<br />
doni del Padre” (DM 22). Troviamo qui un incoraggiamento<br />
a praticare lo scambio dei doni,<br />
come nell’ecumenismo.<br />
Passando alla Seconda Persona della SS.<br />
Trinità, al Dio Figlio, DM fa riferimento alla<br />
prima enciclica di Giovanni Paolo II, Redemptor<br />
hominis: “Ogni uomo senza eccezione alcuna<br />
è stato redento da Cristo, e con l’uomo,<br />
con ciascun uomo senza eccezione, Cristo è in<br />
qualche modo unito, anche quando quell’uomo<br />
non è di ciò consapevole” (RH 14). Nel Vangelo<br />
di Matteo, al capitolo 25, Gesù s’identifica<br />
con quelli che soffrono, e ciò dovrebbe avere<br />
un’incidenza sul nostro modo di comportarci.<br />
L’incontro con un’altra persona è sempre un incontro<br />
con Cristo. È un principio cristiano che<br />
si applica ai rapporti interreligiosi, perché<br />
l’unione di Cristo con l’umanità non conosce<br />
frontiere. “In Dio Spirito Santo, la fede ci fa<br />
30 Missione Oggi | agosto-settembre 2009
scorgere quella forza di vita, di movimento e di<br />
rigenerazione perenne (cfr. LG 4) che agisce<br />
nella profondità delle coscienze, e accompagna<br />
<strong>il</strong> cammino segreto dei cuori verso la Verità<br />
(cfr. GS 22)”. Il testo ben conosciuto di Gaudium<br />
et spes 22 ci insegna che lo Spirito Santo<br />
dà a tutti la possib<strong>il</strong>ità di venire a contatto, nel<br />
modo che Dio conosce, col mistero pasquale.<br />
Per ciò l’azione dello Spirito è universale, e non<br />
è ristretto ai confini del corpo mistico di Cristo.<br />
Papa Giovanni Paolo II ha sv<strong>il</strong>uppato la dottrina<br />
sullo Spirito Santo nell’enciclica Dominum<br />
et vivificantem e poi nell’enciclica missionaria<br />
Redemptoris missio. Basandosi sull’insegnamento<br />
di Lumen gentium e Ad gentes, sottolinea<br />
che l’azione dello Spirito non si restringe<br />
agli individui ma influisce sulle tradizioni, sui<br />
riti e sulle culture dei popoli.<br />
Quale sarà <strong>il</strong> compito della Chiesa di fronte<br />
all’azione universale dello Spirito In primo<br />
luogo viene <strong>il</strong> discernimento, per cercare di<br />
vedere i segni della presenza dello Spirito.<br />
Poi, la Chiesa deve essere attenta ai suggerimenti<br />
dello Spirito, pronta a “seguirlo dovunque<br />
Egli la conduca”. Infine, “servirlo come<br />
collaboratrice um<strong>il</strong>e e discreta” (DM 24). Gli<br />
aggettivi qualificativi sono importanti. Noi<br />
non siamo i maestri del dialogo, ma i servitori<br />
della verità; dobbiamo perciò evitare ogni dominio,<br />
cosciente o incosciente, cercando d’imporre<br />
le nostre vedute, ma invece esporre le<br />
nostre idee con semplicità e sincerità, lasciando<br />
<strong>il</strong> risultato a Dio. “Tutti, i cristiani e i seguaci<br />
delle altre tradizioni religiose, sono invitati<br />
da Dio stesso a entrare nel mistero della<br />
sua pazienza, come esseri umani che cercano<br />
la sua luce e la sua verità. Dio solo conosce i<br />
tempi e le tappe del compimento di questa lunga<br />
ricerca umana” (DA 84).<br />
Nei documenti della Chiesa troviamo davvero<br />
i fondamenti di una spiritualità del dialogo<br />
interreligioso, che è di natura contemplativa ma<br />
che sfocia nell’azione.<br />
LE SACRE SCRITTURE<br />
Non voglio intrattenermi qui sulla spiritualità<br />
biblica del dialogo, ma solo accennare brevemente<br />
ad alcuni testi suggestivi. Mi limito ad<br />
elencarli: Gv 1,1-14 (<strong>il</strong> prologo: <strong>il</strong> Verbo in<br />
mezzo all’umanità); Lc 1, 39-56 (la visitazione:<br />
incontro nello Spirito; l’azione di Dio nella vita);<br />
Mt 2, 1-12 (i Magi cercano <strong>il</strong> Signore, offrono<br />
doni, tornano al loro paese); Mt 3, 13-17<br />
(battesimo di Gesù, in mezzo ai peccatori); Mt<br />
9, 10-13 (Gesù a tavola con i peccatori); Gv 4,<br />
1-39 (Gesù e la Samaritana); Mc 5, 1-20 (Gesù<br />
guarisce un uomo posseduto e gli dice di tornare<br />
a casa); Mc 7, 24-30 (Gesù e la donna di origine<br />
siro-fenicia); Gv 13, 1-17 (Gesù lava i piedi<br />
dei discepoli, compreso Giuda); F<strong>il</strong> 2, 1-11<br />
(l’um<strong>il</strong>tà secondo l’esempio di Gesù); F<strong>il</strong> 4, 8<br />
(riconoscimento di tutto ciò che è vero, nob<strong>il</strong>e,<br />
ecc.); 1 Pt 3, 15-17 (rispondere indicando la ragione<br />
della speranza che è in noi).<br />
TESTIMONI DI DIALOGO<br />
DM 17 propone due modelli per <strong>il</strong> dialogo<br />
interreligioso: Francesco d’Assisi, che invia i<br />
suoi frati “in mezzo” ai musulmani, per testimoniare<br />
più che per predicare; Charles de Foucauld,<br />
che diviene <strong>il</strong> fratello universale.<br />
NOTE CONCLUSIVE<br />
Le relazioni ecumeniche ed interreligiose<br />
hanno finalità radicalmente differenti, da una<br />
“Tutti, i cristiani<br />
e i seguaci delle<br />
altre tradizioni<br />
religiose, sono<br />
invitati da Dio<br />
stesso a entrare<br />
nel mistero della<br />
sua pazienza,<br />
come esseri<br />
umani che<br />
cercano la sua<br />
luce e la sua<br />
verità. Dio solo<br />
conosce i tempi<br />
e le tappe del<br />
compimento di<br />
questa lunga<br />
ricerca umana”<br />
spiritualità del dialogo<br />
“In Dio Padre noi contempliamo un amore preveniente senza confini di spazio e di tempo”.<br />
Tutto comincia con l’amore di Dio e finisce in Lui. Lui è all’origine di ogni creatura, ed è <strong>il</strong><br />
loro destino. È l’insegnamento del primo paragrafo della Nostra aetate basato sulle<br />
Scritture. Di conseguenza, l’amore di Dio non si trova solo dove esiste la fede in Cristo,<br />
dove è impiantata la Chiesa, ma in ogni parte del mondo. Ciò vale anche per <strong>il</strong> fattore<br />
tempo: l’amore di Dio si rivela dall’inizio della creazione fino alla fine dei tempi<br />
Missione Oggi | agosto-settembre 2009 31
spiritualità del dialogo<br />
Il rispetto deriva<br />
dalla<br />
convinzione che<br />
Dio non opera<br />
solo nel cuore<br />
degli individui,<br />
ma anche nei riti<br />
e nelle tradizioni<br />
delle loro<br />
comunità.<br />
Sappiamo che<br />
questo rispetto<br />
non sempre è<br />
stato<br />
manifestato<br />
parte l’unità di tutti i cristiani, dall’altra la pace<br />
e l’armonia tra persone di diverse religioni.<br />
Mostrano però una sim<strong>il</strong>arità di spirito e spesso<br />
usano metodi sim<strong>il</strong>i. Senza entrare in dettaglio,<br />
è possib<strong>il</strong>e segnalare <strong>il</strong> rispetto, l’amore e<br />
l’um<strong>il</strong>tà come elementi essenziali dello spirito,<br />
sia nelle relazioni ecumeniche che interreligiose<br />
(cfr. M.L. FITZGERALD, Dialogo interreligioso.<br />
Il punto di vista cattolico, San Paolo, M<strong>il</strong>ano<br />
2007, pp.195-197).<br />
Il rispetto deriva dalla convinzione che Dio<br />
non opera solo nel cuore degli individui, ma anche<br />
nei riti e nelle tradizioni delle loro comunità.<br />
Sappiamo che questo rispetto non sempre è<br />
stato manifestato. Quando <strong>il</strong> Conc<strong>il</strong>io ha dichiarato<br />
nella Nostra aetate che “la Chiesa ha anche<br />
un grande rispetto per i musulmani” (NA 3), tale<br />
affermazione ha stupito molti cattolici. Le<br />
tradizioni religiose richiedono <strong>il</strong> nostro rispetto,<br />
perché testimoniano gli sforzi di cercare risposte<br />
“a quei profondi misteri della condizione<br />
umana” (NA 1) che hanno tormentato le menti<br />
ed i cuori umani fin dall’inizio dei tempi. Vanno<br />
anche trattate con rispetto a motivo dei valori<br />
spirituali e umani che racchiudono. In termini<br />
ecumenici possiamo pensare alle tradizioni<br />
liturgiche e spirituali delle Chiese d’Oriente, all’attenzione<br />
data alla Parola di Dio dalle varie<br />
comunità protestanti, alla vitalità della preghiera<br />
fra i pentecostali, mentre riguardo alle altre<br />
religioni si può ricordare l’attenzione speciale<br />
alla famiglia durante la celebrazione dello<br />
Shabbat, la ricca tradizione Sufi nell’Islam e lo<br />
spirito di servizio fra i Sikh.<br />
Questo rispetto ha delle conseguenze pratiche.<br />
Significa fare attenzione al modo in cui si<br />
parla delle altre persone. Il decreto conc<strong>il</strong>iare<br />
sull’ecumenismo stab<strong>il</strong>isce che si deve fare<br />
ogni sforzo “per eliminare parole, giudizi ed<br />
opere che non rispecchiano con equità e verità<br />
la condizione dei fratelli separati e perciò rendono<br />
più diffic<strong>il</strong>i le mutue relazioni con essi”<br />
(UR 4). Ciò si può certamente applicare alle nostre<br />
relazioni con persone di altre religioni e,<br />
sarebbe auspicab<strong>il</strong>e, alle loro relazioni con noi.<br />
Un’applicazione forse si trova nel non parlare<br />
più di “fratelli separati”, come cerchiamo di<br />
evitare l’espressione “non-cristiani”.<br />
Tuttavia, rispetto non significa indifferenza<br />
o lasciar fare. Quando è unito all’amore vede<br />
gli altri cristiani e le persone di altre religioni,<br />
come fratelli e sorelle, membri dell’unica famiglia<br />
umana. Giovanni Paolo II nell’enciclica<br />
sull’ecumenismo, Ut unum sint, ha sottolineato<br />
alcune applicazioni di questa “fraternità universale”.<br />
Ha parlato di comunità che una volta erano<br />
rivali e che ora si aiutano reciprocamente<br />
nell’affrontare questioni come i luoghi di culto,<br />
l’assegnazione di borse di studio per favorire<br />
studi e ricerche, la pressione sulle autorità civ<strong>il</strong>i<br />
a nome di coloro che sono perseguitati, <strong>il</strong> ristab<strong>il</strong>imento<br />
del buon nome di coloro che sono<br />
stati diffamati (cfr. UUS 42). Tutto ciò si può<br />
applicare, mutatis mutandis, alle relazioni interreligiose.<br />
Il documento DA sottolinea che lo<br />
spirito di fraternità porta ad agire in maniera altruista:<br />
“È necessario lottare a favore dei diritti<br />
dell’uomo, proclamare le esigenze della giustizia,<br />
e denunciare le ingiustizie non solo quando<br />
ne sono vittima i propri membri, ma indipendentemente<br />
dall’appartenenza religiosa delle<br />
vittime. È necessario anche che tutti si associno<br />
per cercare di risolvere i grandi problemi che la<br />
società e <strong>il</strong> mondo devono affrontare, e per promuovere<br />
l’educazione a favore della giustizia e<br />
della pace” (DA 44).<br />
L’appello si rivolge prima di tutto ai cristiani,<br />
alle Chiese locali, ma si spera che abbia<br />
un’applicazione più ampia.<br />
Infine, si può indicare l’um<strong>il</strong>tà come un requisito<br />
essenziale per giuste relazioni ecumeniche<br />
ed interreligiose. Per quanto possiamo essere<br />
convinti che la nostra tradizione religiosa ci<br />
insegni la verità – e noi come cristiani professiamo<br />
che Gesù Cristo è la via, la verità e la vita<br />
–, sappiamo che non abbiamo pienamente<br />
compreso quella verità. Siamo pellegrini, cercatori<br />
di Dio durante tutto <strong>il</strong> nostro soggiorno<br />
terreno. Siamo consapevoli dei nostri limiti:<br />
non siamo perfetti. Questo è un bene per noi in<br />
quanto individui, ma anche per le nostre comunità,<br />
che hanno sempre la necessità di rinnovarsi<br />
e riformarsi. Soprattutto, siamo consapevoli<br />
che è Dio che governa l’universo e che <strong>il</strong> nostro<br />
compito è seguire i suggerimenti dello Spirito.<br />
La certezza che lo Spirito ci guida è fonte di coraggio<br />
e perseveranza. Quando affrontiamo<br />
ostacoli, incomprensioni, possiamo trarre conforto<br />
dal fatto di essere sotto la protezione di<br />
Dio. Possiamo renderci conto che siamo “invitati<br />
da Dio stesso ad entrare nel mistero della<br />
sua pazienza, come esseri umani che cercano la<br />
sua luce e la sua verità”, poiché “soltanto Dio<br />
conosce i tempi e le tappe di questa lunga ricerca<br />
umana” (DA 84). MICHAEL L. FITZGERALD<br />
32 Missione Oggi | agosto-settembre 2009
Giuliano Zatti è sacerdote della Diocesi di Padova. Ha studiato<br />
teologia alla Pontificia Università Gregoriana di Roma e<br />
al PISAI (Pontificio Istituto di Studi Arabi e Islamistica). È<br />
impegnato nella pastorale e nell’insegnamento nella Facoltà<br />
Teologica del Triveneto a Padova. Attualmente è responsab<strong>il</strong>e<br />
del Servizio diocesano per le relazioni cristianoislamiche.<br />
Ha curato <strong>il</strong> volume Il Corano. Traduzioni, traduttori<br />
e lettori in Italia, IPL, M<strong>il</strong>ano 2000; un suo recente studio è apparso<br />
sulla rivista “Islamochristiana”, L’islam d’Italia: racconto<br />
di un percorso (33/2007, pp. 163-197).<br />
forum di discussione<br />
La fatica<br />
di mettersi<br />
in discussione<br />
MI RICONOSCO UN SEMPLICE “MANOVALE DEL<br />
DIALOGO” E MI SENTO PIENO DI PUDORE QUAN-<br />
DO PENSO E PARLO DI ARGOMENTI SIMILI: LA<br />
“RETORICA DEL DIALOGO” E LE PAROLE IN PIÙ<br />
SONO SEMPRE A PORTATA DI MANO. PROVO CO-<br />
MUNQUE A DIRE ALCUNE COSE.<br />
LO SGUARDO DELLA PASTORALE<br />
Q<br />
uando la diocesi di Padova si è esposta in<br />
modo preciso sulla questione dei luoghi di<br />
culto per i musulmani, nel maggio 2008, al sito<br />
del Servizio diocesano per le relazioni cristiano-islamiche<br />
sono giunte diverse ma<strong>il</strong> di tenore<br />
diverso. Una riportava queste parole: “Mi rammarica<br />
molto vedere che la curia intraprende<br />
questo tipo di iniziative di sottomissione e sconfitta<br />
nei confronti di una cultura (ho i miei dubbi<br />
a definirla “cultura”) arrogante e prepotente.<br />
Ricordo una volta i preti che aiutavano le famiglie,<br />
ora l’obiettivo dei vostri aiuti sembra essere<br />
cambiato... e poi ci domandiamo come mai le<br />
persone non vanno più a messa! Con rispetto”. E<br />
altre ancora: “i musulmani sono gentaglia falsa<br />
e assassina”; “tutto è relativo”; “la Chiesa tradisce<br />
gli italiani e dovrebbe vergognarsi”; alcuni<br />
non hanno disdegnato lezioni di catechismo e<br />
Bibbia, citando, con 1 Gv, <strong>il</strong> seduttore e l’anticristo<br />
e hanno anche ipotizzato che la Chiesa<br />
Missione Oggi | agosto-settembre 2009 33
forum di discussione<br />
Ragionare di<br />
Islam è anche<br />
ragionare di me,<br />
di quel “faccia a<br />
faccia” che<br />
caratterizza<br />
tutte le relazioni,<br />
portando spesso<br />
reciproci luoghi<br />
comuni,<br />
fraintendimenti<br />
di parole,<br />
cambiamento di<br />
prospettiva<br />
e ferite<br />
stia “svendendo Gesù per trenta denari”. È abbastanza<br />
evidente che i nostri tempi sono caratterizzati<br />
anche da un nuovo integralismo di marca<br />
cristiana del tutto inedito: una sorta di cristianesimo<br />
senza Dio, “galateo pratico di precetti senza<br />
anima” (Ezio Mauro), che non trae le dovute<br />
conseguenze dalle premesse che lo fondano.<br />
Nella “letteratura” di cui vi ho dato qualche<br />
esempio ritrovo <strong>il</strong> fervore di quelli che Rémi<br />
Brague (in Europe. La voie romaine, 1992) definisce<br />
i “cristianisti”, ovvero non tanto coloro che<br />
credono in Cristo, ma quelli che esaltano e difendono<br />
la civ<strong>il</strong>tà cristiana in quanto tale a prescindere<br />
da Cristo e senza averlo mai incontrato nella<br />
propria vita. Lo st<strong>il</strong>e correttamente evangelico<br />
ha poco a che spartire con la pretesa di arruolare<br />
Dio per fini ideologici: <strong>il</strong> seguace di Gesù dovrebbe<br />
essere un discepolo, non un m<strong>il</strong>itante (cfr.<br />
E. BIANCHI, Avvenire, 10.12.2004).<br />
Perché dico questo Perché mi sono accorto<br />
– per me stesso, prima di tutto e poi per gli altri<br />
I relatori della seconda<br />
parte del Convegno<br />
durante <strong>il</strong> Forum<br />
pomeridiano di discussione,<br />
moderato<br />
dal p. Marcello Storgato<br />
(direttore<br />
di <strong>Missionari</strong> <strong>Saveriani</strong>).<br />
– che affacciarsi sugli argomenti di questa nostra<br />
giornata può risultare devastante. Per quanto<br />
mi riguarda, mi sono accorto che ragionare di<br />
Islam è anche ragionare di me, di quel “faccia a<br />
faccia” che caratterizza tutte le relazioni, portando<br />
spesso reciproci luoghi comuni, fraintendimenti<br />
di parole, cambiamento di prospettiva e<br />
ferite. Siccome avverto la fatica di dialogare<br />
con me stesso e con la mia fede, provo a fare<br />
mia la fatica di tanti che stentano a dialogare<br />
con <strong>il</strong> “nuovo” che la vita riserva. E come assumo<br />
tutta la contraddizione del mio vissuto, da<br />
pastore devo anche assumere tutta la contraddizione<br />
del vissuto altrui. Non giustifico, ovviamente,<br />
una fede timorosa, ma sento di com-<br />
prendere tutto <strong>il</strong> disagio che vi può essere nel<br />
cristiano davanti all’urgenza “senza ritorno”<br />
del dialogo: porto con me la fatica dei singoli e<br />
delle comunità che su questi temi faticano molto,<br />
<strong>il</strong> non-detto e le parole implicite di molti.<br />
Il mistero della salvezza, cioè l’avventura che<br />
vede coinvolti Dio e noi, può essere detto in poche<br />
parole: Dio è “per noi”, Dio è “per me”: ecco<br />
la novità inaudita dell’annuncio cristiano ed<br />
ecco la novità inaudita di quel “essere per l’altro”<br />
che caratterizza ogni pensiero e ogni gesto<br />
della Chiesa. Ma rimane anche l’impressione,<br />
pastoralmente dirompente, che se un parlare generico<br />
su Dio mette tutti d’accordo (penso alle<br />
nostre eucaristie festive e inoffensive), <strong>il</strong> parlare<br />
sulle persone concrete crea invece notevoli problemi,<br />
soprattutto qualora la fede non fosse più<br />
un buon criterio di giudizio, perché sostituita,<br />
magari, dall’abitudine.<br />
Parlare, quindi, di dialogo interreligioso, dal<br />
punto di vista pastorale, significa inevitab<strong>il</strong>mente<br />
mettere in gioco la qualità di una comunità<br />
credente: la comunità credente è oggi chiamata<br />
ad un’inedita e imprevista cura pastorale nei<br />
confronti di credenti di altra fede. Una cura che<br />
non mettevamo in conto e di cui, magari, avremmo<br />
anche fatto a meno!<br />
LA FORZA CARICA DI SUGGESTIONE<br />
DELLA SPIRITUALITÀ<br />
Provo a giustapporre due suggestioni. La<br />
prima ci viene dalla storia: nel 1095 Pietro<br />
l’Eremita avviò la prima crociata “non ufficiale”<br />
della storia, curiosamente denominata dai<br />
cronisti del tempo “degli 80.000 straccioni”, in<br />
34 Missione Oggi | agosto-settembre 2009
Lo sguardo<br />
della teologia:<br />
parole<br />
impegnative<br />
È già stato ricordato che <strong>il</strong> dialogo interreligioso<br />
non si riduce ad una scelta stagionale: è una necessità<br />
vitale, una scelta senza ritorno, da cui dipende<br />
in gran parte <strong>il</strong> nostro futuro. Tra tutti i volti della<br />
carità, <strong>il</strong> dialogo è forse oggi <strong>il</strong> più importante, come<br />
spazio di fiducia che si oppone al male. Anche<br />
dal punto di vista teologico, però, si avverte la fatica<br />
di un parere omogeneo e sereno riguardo alle religioni<br />
e ai credenti di altra fede: i modelli interpretativi<br />
si discostano l’uno dall’altro, <strong>il</strong> campo in cui<br />
si muove la riflessione critica della fede viene piano<br />
piano dissodato e si avverte pure <strong>il</strong> disagio e <strong>il</strong> pudore<br />
di pronunciare parole impegnative. Parole impegnative,<br />
ad esempio, sono quelle che riguardano<br />
Gesù, lo spessore della sua figura, la “pretesa” di<br />
una salvezza che vede in lui <strong>il</strong> riferimento unico ed<br />
ultimo; parole impegnative sono quelle della Chiesa<br />
che avverte la provvisorietà di tanti modi di dire<br />
e di essere, ma che è tuttavia chiamata a proporsi<br />
come comunità salvifica che vede in Gesù <strong>il</strong><br />
“pane buono della festa”, pane che appartiene a<br />
tutti, anche a coloro che non sanno o non vogliono<br />
dire <strong>il</strong> suo nome. Le parole impegnative possono apparire<br />
senza uscita e ci accompagnano a quel posto<br />
di confine che – proprio perché faticoso – non va<br />
delegato a nessuno.<br />
Mi verrebbe spontaneo applicare a queste osservazioni<br />
<strong>il</strong> richiamo al discernimento fatto dalla Conferenza<br />
Episcopale di Sic<strong>il</strong>ia, nel 2004, con <strong>il</strong> documento<br />
Per un discernimento cristiano dell’islam<br />
(Paoline, M<strong>il</strong>ano – “La voce delle Chiese locali” 41):<br />
<strong>il</strong> testo voleva rendere evidente la necessità della<br />
teologia per operare in un dialogo con le religioni<br />
che non venga ridotto alla pura praticità, ma sia<br />
invece guidato dalla rivelazione biblico-cristiana,<br />
legittimata ad esprimersi sulla loro significanza<br />
per <strong>il</strong> fatto cristiano. Il documento sostiene l’integrazione<br />
e <strong>il</strong> discernimento: integrazione, perché o<br />
viviamo in un mondo in perenne stato d’assedio,<br />
oppure incominciamo a capire che gli altri sono<br />
parte della nostra vita (se non abbiamo avuto lo<br />
stesso passato, abbiamo però rigorosamente lo<br />
stesso avvenire). Discernimento, in secondo luogo,<br />
perché le situazioni e le persone non vanno banalizzate<br />
e la “paralisi del discernimento” sarebbe<br />
propria di chi smette di considerare i suoi giorni<br />
come tempo in cui Dio opera per educare i credenti.<br />
E Dio opera per educare i credenti, anche se i credenti<br />
non sono sempre all’altezza della loro vocazione:<br />
ci fa bene, quindi, con um<strong>il</strong>tà e testardaggine<br />
metterci in ascolto di quanto Dio va facendo<br />
nella vita di tutti. Ci serviranno, certo, <strong>il</strong> discernimento<br />
e la pazienza per trovare strade e linguaggi<br />
adeguati: David Maria Turoldo, in altro contesto e<br />
con tono poetico, avrebbe detto: “Io non sono ancora<br />
e mai <strong>il</strong> Cristo, ma io sono questa infinita possib<strong>il</strong>ità”<br />
e tutto – aggiungo – converge a manifestare<br />
per <strong>il</strong> cristiano “l’altezza, la profondità, la lunghezza<br />
e la larghezza” di Cristo (cfr. Ef 3,18). La pastorale<br />
e la teologia si muoveranno secondo le loro<br />
possib<strong>il</strong>ità e nei percorsi che sono loro propri. Il<br />
compito è ingrato.<br />
forum di discussione<br />
riferimento alla composizione rocambolesca di<br />
quel contingente. Non poche persone, oggi, come<br />
si diceva, vorrebbero emulare lo spirito e <strong>il</strong><br />
fervore del tempo (magari senza l’intelligenza<br />
di Pietro l’Eremita che la crociata la avviò ed<br />
era sicuramente aspro e infelice nei toni, ma almeno<br />
sapeva cosa fosse l’Islam e ne pose <strong>il</strong> problema<br />
teologico per la prima volta nel medioevo,<br />
se di lui e della sua scuola rimane un notevole<br />
e studiato Corpus cluniacense. “Crociate<br />
degli straccioni”, reazioni scomposte, cadute di<br />
st<strong>il</strong>e, linguaggio non adeguato: quanto abbiamo<br />
ancora bisogno di prendere le misure!<br />
La seconda suggestione, invece, mi viene<br />
dalla liturgia: nella sequenza di Pasqua abbiamo<br />
proclamato del Risorto che “praecedet suos<br />
in Gal<strong>il</strong>eam”. Mi fermo sulle parole Praecedet<br />
suos: cosa potrebbero significare, oltre <strong>il</strong> senso<br />
immediato Gesù “sta avanti”, “precede” e apre<br />
la quotidianità a nuove possib<strong>il</strong>ità. Lo stesso<br />
agire di Cristo poteva apparire motivo di frattura<br />
insanab<strong>il</strong>e, poiché portato a distruggere apparentemente<br />
ogni discorso già acquisito ed<br />
ogni certezza definita. Gesù sta oltre, precede i<br />
suoi, ha altro da dire, altro da far intendere e altro<br />
da compiere. La Chiesa lo riconosce come<br />
suo Signore e cerca di stargli dietro, anche nel<br />
confronto con le religioni.<br />
Ecco le due suggestioni: noi siamo come sospesi<br />
tra lo zelo inut<strong>il</strong>e e fuorviante degli “strac-<br />
Missione Oggi | agosto-settembre 2009 35
forum di discussione<br />
“La debolezza<br />
non è in sé una<br />
virtù, ma<br />
espressione di<br />
una realtà<br />
fondamentale<br />
del nostro essere<br />
(...) per lasciarci<br />
conformare alla<br />
debolezza di<br />
Cristo,<br />
all’umanità di<br />
Cristo. La<br />
debolezza come<br />
scelta diventa<br />
uno dei modi<br />
migliori per dire<br />
la discreta<br />
caritas di Dio<br />
verso<br />
gli uomini”<br />
P. Marcello Storgato,<br />
moderatore<br />
del secondo Forum<br />
di discussione<br />
del Convegno.<br />
cioni” e l’aria buona che Gesù ci fa respirare. La<br />
sintesi – forse troppo fac<strong>il</strong>e – che mi verrebbe<br />
da sponsorizzare è quella del provare a custodire<br />
dentro di noi tutte le parole, le inquietudini e<br />
gli spunti che anche da questa giornata ci portiamo<br />
a casa. Non sarà nemmeno importante, forse,<br />
giungere ad una buona sintesi: potrebbe essere<br />
sufficiente lasciare che le cose insolute rimangano<br />
tali dentro di noi. Abbiamo però <strong>il</strong><br />
compito di custodire la ricchezza delle domande<br />
che ci poniamo: in questo vedo una grande disposizione<br />
alla spiritualità, perché la spiritualità<br />
del dialogo sta soprattutto nella conformazione<br />
esigente alla vita di Cristo e nell’ascolto disarmato<br />
del suo Spirito. La Novo m<strong>il</strong>lennio ineunte<br />
ricorda che soltanto in questo modo la Chiesa<br />
può diventare “casa e scuola del dialogo” (43).<br />
Anche la Redemptoris missio (56) ricorda che<br />
“Il dialogo tende alla purificazione e conversione<br />
interiore che, se perseguita con doc<strong>il</strong>ità allo<br />
Spirito, sarà spiritualmente fruttuosa”.<br />
Padre Christian Chessel, dei <strong>Missionari</strong><br />
d’Africa, ucciso a Tizi Ouzou <strong>il</strong> 27.12.1994,<br />
scriveva: “La debolezza non è in sé una virtù,<br />
ma espressione di una realtà fondamentale del<br />
nostro essere (...) per lasciarci conformare alla<br />
debolezza di Cristo, all’umanità di Cristo. La<br />
debolezza come scelta diventa uno dei modi<br />
migliori per dire la discreta caritas di Dio verso<br />
gli uomini (...) Essa diventa una spiritualità<br />
delle mani vuote, in cui si comprende che tutto,<br />
persino le nostre debolezze, può diventare dono<br />
e grazia di Dio, manifestazione della potenza<br />
del suo amore che solo può convertire la debolezza<br />
umana in forza spirituale” (M.E.G., «Debolezza<br />
come missione», Il Regno-attualità,<br />
8/96, pp. 216-217). Don Andrea Santoro chiamò<br />
ad un certo momento <strong>il</strong> suo stare in Turchia<br />
la “liturgia della porta”, ovvero una presenza s<strong>il</strong>enziosa,<br />
improduttiva, ma accogliente, dove <strong>il</strong><br />
semplice gesto di aprire la porta di casa o della<br />
Chiesa fosse “un gesto di amore limpido”.<br />
La forza della debolezza, della resa a Dio!<br />
La forza della gratuità! Custodire le parole di<br />
questa giornata è in fondo custodire le intenzioni<br />
di Dio: se questa non è spiritualità, non saprei<br />
come altro definirla. Un religioso sardo-tunisino,<br />
Marius Garau, ha scritto in proposito che<br />
“Non ci viene chiesto di precedere l’ora dello<br />
Spirito, ma di prepararla in noi e in tutti gli uomini”<br />
(La rosa dell’imam. L’incontro spirituale<br />
fra un cristiano e un musulmano, EMI, Bologna<br />
1997, pp. 81. 93).<br />
GIULIANO ZATTI<br />
CONSIGLI PASTORALI APERTI<br />
Domanda > Aldo Giannasi (missionario<br />
d’Africa): Le belle esperienze di base sono importanti,<br />
ma se manca un’azione del vertice<br />
della Chiesa italiana come prepareremo le<br />
condizioni per una convivenza con la comunità<br />
islamica nel nostro paese<br />
Risposta > Giuliano Zatti: La Chiesa italiana,<br />
almeno nel nord-est, su questi temi lavora molto,<br />
ma in s<strong>il</strong>enzio, in forma pacata, che potrebbe<br />
apparire insufficiente. Ha compiuto una<br />
scelta precisa sul piano delle idee, ma è molto<br />
discreta nell’intervenire nel dibattito pubblico.<br />
I tempi odierni richiedono un di più di educazione.<br />
È importante continuare a dire parole<br />
buone, costruttive, ut<strong>il</strong>i, e forse siamo un po’ latitanti.<br />
Inoltre nei nostri consigli pastorali non<br />
sono rappresentati cristiani provenienti dall’est<br />
europeo o dall’Africa, e se non ci mettiamo in<br />
ascolto di questi immigrati, figuriamoci di quelli<br />
musulmani!<br />
36 Missione Oggi | agosto-settembre 2009
Forum<br />
PREGARE PER I MUSULMANI<br />
Domanda > Un parroco: Quando in parrocchia propongo<br />
una preghiera per i musulmani, per esempio in occasione<br />
delle loro feste, c’è una reazione di ripulsa. Non siamo abituati<br />
a pregare per gli altri credenti. Quando in parrocchia<br />
muore un musulmano, non lo si ricorda. Quando c’è stato<br />
<strong>il</strong> terremoto in Abruzzo, ho citato nella preghiera i deceduti<br />
in quella regione insieme agli immigrati morti nel Mediterraneo,<br />
e questo abbinamento ha suscitato forte irritazione.<br />
In una realtà ormai interreligiosa non bisognerà far<br />
entrare nella concretezza della fede l’ospitalità sacra<br />
Risposta > Ruggero Cavani: L’arrivo di fratelli e sorelle<br />
di altri fedi impone anche ai cristiani di riflettere sulla propria<br />
fede e allora ne esce una risposta debole, cioè violenta,<br />
oppure una risposta um<strong>il</strong>e che mi aiuta a essere più fedele<br />
al Vangelo.<br />
Risposta > Mons. Fitzgerald: Forse se le esperienze di<br />
base che esistono fossero raccontate alla comunità parrocchiale<br />
in modo che possa farle proprie si potrebbe introdurre<br />
una preghiera per chi professa un’altra religione.<br />
COSA PENSANO I MUSULMANI<br />
DEI MARTIRI CRISTIANI<br />
Domanda > Maria A. De Giorgi: Come sono vissuti e c’è<br />
una riflessione nel mondo islamico su fatti come la strage<br />
dei monaci di Tibhirine o l’uccisione di don Santoro<br />
Risposta > Giuliano Zatti: Tra i singoli musulmani non è<br />
raro ascoltare commenti positivi sui martiri cristiani, mentre<br />
la comunità islamica in Italia, che pur non è unitaria, non si<br />
espone come tale, credo soprattutto per le tipiche dinamiche<br />
migratorie, cui si aggiunge <strong>il</strong> fatto che i musulmani non hanno<br />
quella capacità di intervento pubblico che ci si potrebbe<br />
attendere. È quindi poco pensab<strong>il</strong>e che ci siano prese di posizione<br />
pubbliche, anche se a volte la Chiesa e lo Stato vorrebbero<br />
interventi più puntuali da parte dei leader delle comunità,<br />
i quali peraltro non sempre sono adeguati al loro<br />
ruolo. D’altro canto mi dicevano di recente che in Turchia<br />
don Andrea Santoro non viene considerato un martire e come<br />
tale non lo si può nominare, anche perché ci sono molte<br />
Chiese libere e pentecostali che realizzano un proselitismo<br />
dannoso, di cui poi sono i cattolici a pagare <strong>il</strong> prezzo.<br />
Risposta > Mons. Fitzgerald: Ogni anno l’agenzia Fides<br />
pubblica una lista dei cristiani martiri. Credo che la maggioranza<br />
non sia nel mondo islamico, ma si tratti di persone che<br />
lottano per la giustizia e sono eliminate perché scomode. In<br />
Algeria la strage dei trappisti ha sconvolto anche chi mai<br />
aveva sentito parlare dei questi monaci e lo stesso è avvenuto<br />
per l’omicidio de mons. Claverie, vescovo di Orano, tanto<br />
che ai suoi funerali i musulmani erano più numerosi dei<br />
cristiani. Era un modo di dire: “Uccidere i cristiani fa torto<br />
alla nostra società, noi abbiamo bisogno della loro presenza”.<br />
Certo non tutti la pensano così, ma alcuni sono convinti<br />
che i cristiani siano, come diceva mons. Claverie, “aria<br />
fresca” per una società in difficoltà. In Francia <strong>il</strong> responsab<strong>il</strong>e<br />
dei musulmani nella zona di Lione, che è di origine algerina,<br />
ha sentito parlare dei trappisti e ha proposto al card.<br />
Barbarin di fare un viaggio insieme in Algeria; hanno <strong>formato</strong><br />
una delegazione di cattolici e musulmani che ha visitato<br />
<strong>il</strong> monastero di Tibhirine e ciò, oltre ad avere un valore<br />
simbolico, ha creato un legame tra le persone che continua a<br />
dare frutti. Alcune parrocchie del nord dell’Ingh<strong>il</strong>terra, in cui<br />
c’erano conflitti tra i nativi e gli immigrati pakistani o bengalesi,<br />
hanno organizzato viaggi nei loro v<strong>il</strong>laggi di provenienza,<br />
in Pakistan e Bangladesh. Questo andare e vivere insieme<br />
crea legami che durano nel tempo, anche se non fanno<br />
notizia sui mass media. A CURA DI MAURO CASTAGNARO<br />
Missione Oggi | agosto-settembre 2009 37
Conclusioni<br />
Lidia Maggi è pastora della Chiesa Evangelica Battista in<br />
servizio a Lodi e M<strong>il</strong>ano. Si occupa di ecumenismo e<br />
pastorale delle persone recluse. È responsab<strong>il</strong>e del settore<br />
Diritti umani delle Chiese Battiste Italiane e della rivista La<br />
scuola domenicale. È specialista in ecumenismo e catechesi.<br />
È tra gli autori del Dizionario Biblico per ragazzi<br />
Navigare nella Bibbia, Claudiana-Elledici, Torino 2001.<br />
Tra le sue più recenti pubblicazioni, Preghiera, EMI,<br />
Bologna 2006; Quando Dio si diverte. La Bibbia sotto<br />
le lenti dell’ironia, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2008;<br />
Contemplando Emmaus. In ascolto del racconto di<br />
Luca guidati dai mosaici di Monreale (con Dario<br />
Vivian), ElleDiCi, Torino 2008; Le donne di Dio. Pagine<br />
bibliche al femmin<strong>il</strong>e, Claudiana, Torino 2009.<br />
Il presupposto<br />
del dialogo<br />
La grammatica del dialogo ecumenico domanda<br />
che ogni confessione cristiana si autodefinisca,<br />
che cioè si dia voce all’altro, superando la<br />
tentazione di mettersi al suo posto. Tale grammatica<br />
trova oggi una felice applicazione nel<br />
chiedere ad una pastora battista di tirare le conclusioni<br />
di un Convegno svoltosi in ambito cattolico.<br />
La sfida che oggi siamo chiamati ad affrontare<br />
è quella del dialogo interreligioso. Non<br />
lo facciamo mettendoci su un piedistallo, sentendoci<br />
portatori di una verità che vogliamo testimoniare<br />
agli altri; lo facciamo a partire dall’esperienza<br />
interna al cristianesimo, lacerato da<br />
lotte intestine, da scomuniche reciproche. Ora,<br />
noi che eravamo separati, che non sapevamo<br />
dialogare, che ci scomunicavamo a vicenda, abbiamo<br />
imparato <strong>il</strong> linguaggio dell’accoglienza,<br />
della cura, dell’amore, del rispetto, della fiducia.<br />
MISSIONE E DIALOGO<br />
Ci sono molti modi di intendere <strong>il</strong> dialogo<br />
interreligioso. Alcuni sono entrati in contatto<br />
con un’altra realtà religiosa attraverso l’esperienza<br />
della missione. Del resto, anche <strong>il</strong> dialogo<br />
ecumenico è iniziato in ambito missionario,<br />
dove emergeva con forza l’esigenza di sollecitare<br />
le Chiese ad interrogarsi sulla credib<strong>il</strong>ità di<br />
una testimonianza evangelica lacerata e divisa.<br />
Ad un secolo di distanza, la missione pone di<br />
nuovo l’esigenza della necessità di metterci in<br />
relazione con chi appartiene ad un’altra religio-<br />
38 Missione Oggi | agosto-settembre 2009
ne. Un altro modo, forse più dirompente, per<br />
cogliere l’urgenza del dialogo, nasce col fare i<br />
conti con l’emergenza migratoria. In pochissimi<br />
decenni ci siamo resi conto che è cambiato <strong>il</strong><br />
panorama delle nostre città; e questo cambiamento<br />
richiede pure una riflessione sul tema<br />
della differenza religiosa, dal momento che gli<br />
immigrati, insieme alle loro valigie, portano anche<br />
<strong>il</strong> loro bagaglio religioso.<br />
Si tratta di un dialogo dispari, perché, almeno<br />
in Italia, <strong>il</strong> cristianesimo continua ad essere<br />
di gran lunga la religione maggioritaria. Tuttavia,<br />
la constatazione del diverso peso delle religioni<br />
in campo, non deve giocare contro l’urgenza<br />
del dialogo. Anche perché, laddove non<br />
si coltiva l’evangelo dell’accoglienza e del dialogo,<br />
<strong>il</strong> terreno civ<strong>il</strong>e ed ecclesiale fa posto a<br />
valori mondani, estranei alla Parola delle Scritture.<br />
E così, anche nelle nostre Chiese risuona<br />
un linguaggio gridato, confessionale e contrappositivo,<br />
sorto da un uso ideologico della religione.<br />
L’urgenza di entrare in dialogo con le altre<br />
religioni nasce anche dalla consapevolezza<br />
che si sta tradendo l’Evangelo, che si sta emendando<br />
<strong>il</strong> cuore della nostra fede. Per questo c’è<br />
bisogno del coraggio della conversione e della<br />
sapienza del discernimento. Entrambi ci invitano<br />
a maturare un atteggiamento dialogico, in<br />
grado di arginare questa deriva che ha installato<br />
nelle nostre chiese l’idolo della paura.<br />
Il dialogo interreligioso muove i suoi primi<br />
passi. Le nostre confessioni cristiane, dopo secoli<br />
di apologia, sono giunte ad una modalità di<br />
comunicazione che è meno preoccupata di rivendicare<br />
le proprie ragioni e più attenta di porsi<br />
in ascolto. E’ l’esperienza che abbiamo fatto<br />
in ambito ecumenico. Il dialogo è come una lingua<br />
straniera, che a fatica iniziamo a parlare.<br />
Sappiamo però che più noi pratichiamo <strong>il</strong> dialogo<br />
più acquisiamo la capacità di parlare in modo<br />
fluido, sognando <strong>il</strong> giorno in cui saremo in<br />
grado anche di pensare in questa lingua.<br />
LA PAURA DELLE CONTAMINAZIONI<br />
Tuttavia, la parzialità non impedisce di sentirmi<br />
accomunata a quella “nube” di testimoni<br />
che abitano la Scrittura. Anzi: se voi leggete la<br />
Scrittura, trovate che tutti coloro che hanno dato<br />
testimonianza della propria fede l’hanno fatto<br />
mettendosi in secondo piano, senza identificare<br />
se stessi con la verità, tenendosi lontani dai<br />
toni autocelebrativi. Mi domando che cosa è<br />
Il dialogo: una sfida<br />
da trasformare in opportunità<br />
Ora, questo nostro presente può diventare tempo dello Spirito. E’ come<br />
se lo Spirito stesse sussurrando alle chiese, alla Chiesa tutta (perché è un<br />
problema trasversale che riguarda le diverse confessioni): “Ecco io faccio<br />
una cosa nuova: non ve ne accorgete”. E’ decisivo provare a cogliere<br />
quanto lo Spirito ci sta suggerendo; una sfida da trasformare in opportunità.<br />
Il dialogo interreligioso ci permette di uscire dall’apatia, da un<br />
certo modo di vivere la fede, abituato a ripetere la Parola di Dio, a compire<br />
gesti religiosi quasi per forza d’inerzia, senza la fatica di ripensare<br />
la fede per questa epoca storica.<br />
Il percorso ecumenico, che ha portato la Chiesa a riconoscersi plurale, a<br />
vedere nell’altro <strong>il</strong> fratello ritrovato, offre preziose indicazioni anche per<br />
<strong>il</strong> dialogo interreligioso. Il fatto stesso di trovarmi di fronte all’altro mi<br />
obbliga a rendere ragione della mia fede. Non posso più vivere di rendita,<br />
ripetendo le formule del catechismo; non posso più permettermi di<br />
parlare un linguaggio interno. La lingua del dialogo mi sollecita a fare<br />
la fatica di ridire la fede. Nel momento in cui dialogo con l’altro mi chiarifico<br />
sulle grandi parole della mia fede.<br />
Nel fare questo lavoro di recupero, dove l’altro mi chiede ragione della<br />
mia speranza, sono chiamata a non nascondermi dietro le parole della<br />
tradizione ricevuta, spesso congelata in modo tradizionalista. Nel momento<br />
in cui entro in relazione con l’altro - di una diversa confessione o<br />
religione - riscopro la mia parzialità.<br />
successo di questa Parola di Dio - a questo modo<br />
di narrare la fede -, dove i discepoli si raccontano<br />
sempre a partire dalle proprie debolezze.<br />
Israele si racconta a partire dai propri fallimenti;<br />
Gesù è presentato come colui che non<br />
può mai essere raggiunto, che sfugge, che devi<br />
continuamente seguire in un percorso che ti riporta<br />
sempre al luogo di partenza per ricominciare<br />
da capo (esemplare, in questo senso,<br />
l’evangelo secondo Marco).<br />
Certo, ci sono le domande che pongono coloro<br />
che hanno paura di entrare in dialogo. Il timore<br />
delle contaminazioni, del sincretismo. Tuttavia,<br />
se leggo le pagine bibliche, mi stupisco di<br />
quante storie abbiano elementi di contaminazio-<br />
La pastora Lidia Maggi<br />
con don Giacomo Canobbio<br />
(a sinistra)<br />
e p. Mario Menin.<br />
conclusioni<br />
Missione Oggi | agosto-settembre 2009 39
conclusioni<br />
Non siamo<br />
chiamati<br />
all’omologazione.<br />
L’esperienza<br />
cristiana è<br />
un’esperienza<br />
plurale nel suo<br />
stesso DNA.<br />
Abbiamo ricevuto<br />
<strong>il</strong> Cristo<br />
attraverso<br />
quattro sguardi<br />
(i Vangeli)<br />
sul medesimo<br />
Gesù<br />
ne non solo culturale ma anche religiosa, senza<br />
che questo significhi cadere nell’idolatria. Pensate<br />
ai Patriarchi: alla vicenda di Giuseppe in<br />
Egitto, che sposa una donna egiziana; a Giacobbe,<br />
che quando muore viene sepolto imbalsamato.<br />
I riti funebri per l’ultimo patriarca sono secondo<br />
la tradizione egiziana (Gen 50). Potrei citarvi<br />
tantissime pagine dove quel popolo, che ha<br />
sempre tenuto a separarsi dagli altri popoli in<br />
quanto santo, non ha paura a contaminare anche<br />
i linguaggi religiosi, reinterpretandoli.<br />
Forse su questo tema della contaminazione<br />
biblica dovremmo trovare le parole per ridire in<br />
chiave positiva la bellezza del meticciato.<br />
menti in cui la strada sembra interrotta, l’abbiamo<br />
imparato dall’ecumenismo; quegli incidenti<br />
di percorso, quelle chiusure, spesso nascondono<br />
delle domande implicite molto profonde<br />
che, se si sciolgono, aprono orizzonti. Pensate a<br />
Gesù con la cananea. Questa donna è stata capace<br />
di andare oltre la durezza delle parole di<br />
Gesù, domandandosi probab<strong>il</strong>mente: perché<br />
quest’uomo mi sta dicendo: “Io sono venuto per<br />
dare <strong>il</strong> pane ai figli d’Israele, non è bene prendere<br />
<strong>il</strong> pane dei figli e darlo ai cagnolini” Perché<br />
quest’uomo mi sta dicendo di no Questa<br />
donna è stata in grado di entrare nel linguaggio<br />
dell’altro, di ascoltare la domanda implicita.<br />
Relatori, moderatori<br />
e discussant del Convegno<br />
nella Chiesa<br />
di S. Cristo (Bs).<br />
L’altra paura, per certi versi opposta a quella<br />
della contaminazione, è quella di chi teme le differenze<br />
ritenute insuperab<strong>il</strong>i. Ma noi non siamo<br />
chiamati all’omologazione. L’esperienza cristiana<br />
è un’esperienza plurale nel suo stesso dna: abbiamo<br />
ricevuto <strong>il</strong> Cristo attraverso quattro sguardi<br />
(i Vangeli) sul medesimo Gesù. E ancora, paura<br />
del relativismo Questa è la grande domanda<br />
che sembra creare sospetti nei confronti del dialogo.<br />
Su questo timore non ho una risposta netta.<br />
E come sentiamo la responsab<strong>il</strong>ità spirituale,<br />
morale di metterci in ascolto dell’altro appartenente<br />
ad un’altra religione, abbiamo anche la responsab<strong>il</strong>ità<br />
di metterci in ascolto dell’altro che è<br />
vicino a noi e che si chiude per paura del relativismo.<br />
Occorre ascoltare le domande profonde<br />
che giacciono dietro la paura, perché anch’esse<br />
possono innescare percorsi di dialogo.<br />
LE DOMANDE IMPLICITE<br />
Il dialogo interreligioso oltre all’empatia,<br />
all’amicizia, all’amore, richiede la capacità di<br />
ascoltare <strong>il</strong> non-detto, di percepire le domande<br />
implicite, quelle che, una volta esplicitate, rischiano<br />
di far fallire <strong>il</strong> confronto. Ci sono mo-<br />
Probab<strong>il</strong>mente, Gesù sentiva una diversa urgenza<br />
rispetto alla sua chiamata che sembrava in<br />
contrasto con le esigenze della donna. Quest’ultima,<br />
tuttavia, non ha mollato <strong>il</strong> colpo, proprio<br />
perché ha saputo ascoltarlo. Gesù si è sentito<br />
accolto e i due si sono ritrovati.<br />
Nell’esperienza di dialogo che stiamo iniziando<br />
con molta precarietà, è decisivo convertirsi.<br />
Il dialogo interreligioso, come del resto<br />
quello ecumenico, è un’esperienza di conversione,<br />
un cambiamento di paradigma. E’ rendersi<br />
conto che non si può più dire la fede con un linguaggio<br />
autoreferenziale. Che l’incontro con<br />
l’altro, come quello con Gesù, non permette di<br />
continuare come prima. Nell’incontro, lo Spirito<br />
soffia. Questo ci permette di cogliere la significatività<br />
della nostra vita nei suoi molteplici ambiti:<br />
nella pastorale, nel lavoro sociale, e nella scelta di<br />
persone che decidono di andare in qualche parte<br />
del mondo facendo la fatica di entrare in relazione<br />
con la comunità che trovano. Lo Spirito soffia<br />
in tante modalità diverse: a volte siamo più sordi,<br />
qualche volta siamo più aperti. Quel soffio può<br />
innescare un autentico processo di conversione.<br />
Credo che questa esperienza spirituale sia <strong>il</strong> presupposto<br />
del dialogo.<br />
LIDIA MAGGI<br />
40 Missione Oggi | agosto-settembre 2009
Giacomo Canobbio è docente di teologia sistematica<br />
nella Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale, sede di<br />
M<strong>il</strong>ano, e nello Studio Teologico Paolo VI del Seminario<br />
di Brescia. Dal 1995 al 2003 è stato presidente dell’Associazione<br />
Teologica Italiana (ATI). Tra le sue ultime pubblicazioni:<br />
Laici o cristiani. Elementi storico-sistematici per<br />
una descrizione del cristiano laico, Morcelliana, Brescia<br />
1997; Dio può soffrire, Morcelliana, Brescia 2006; Chiesa, religioni,<br />
salvezza. Il Vaticano II e la sua recezione, Morcelliana,<br />
Brescia 2007; Il destino dell’anima, Morcelliana, Brescia<br />
2009; Nessuna salvezza fuori della Chiesa Storia e senso<br />
di un controverso principio teologico, Queriniana, Brescia<br />
2009. Con Piero Coda ha diretto La teologia del XX secolo.<br />
Un b<strong>il</strong>ancio, Roma 2003. E’ membro del Comitato scientifico<br />
della rivista “Ad Gentes” dell’EMI di Bologna.<br />
conclusioni<br />
La complessità<br />
del dialogo<br />
Il titolo di questa sessione del Convegno è<br />
“Esperienze di dialogo interreligioso”. A me<br />
è stato chiesto di offrire, a conclusione, una riflessione<br />
su quanto ascoltato. Il rapporto tra<br />
esperienza e riflessione non è così scontato. La<br />
riflessione svolge una funzione critica nei confronti<br />
delle esperienze. Dire funzione critica<br />
vuol dire aiutare a far emergere le ragioni, considerare<br />
le condizioni di quelle esperienze, evidenziare<br />
gli aspetti problematici, fare opera di<br />
discernimento. Il discernimento comporta anche,<br />
in alcune circostanze, contribuire ad estirpare<br />
degli slogan che circolano, in questo caso<br />
a proposito del dialogo interreligioso. Allora, la<br />
riflessione serve soltanto a portar lontano dall’immediatezza<br />
dell’esperienza stessa Serve<br />
solo a complicare le cose Quando si pensasse<br />
così si evidenzierebbe, a mio parere, una certa<br />
paura. La riflessione critica intende mettere in<br />
evidenza la serietà di ciò che è in gioco. Dopo<br />
questa premessa, <strong>il</strong> mio intervento si limiterà<br />
quasi ad un indice ed è costituito da sei punti.<br />
Sei, perché se fossero sette avrebbe la pretesa<br />
della compiutezza.<br />
SUL SIGNIFICATO DI DIALOGO<br />
Gli aggettivi qualificativi hanno una funzione<br />
in ogni lingua, anche nella lingua italiana.<br />
Quando si tratta di dialogo interreligioso, <strong>il</strong> ter-<br />
Missione Oggi | agosto-settembre 2009 41
conclusioni<br />
La base di avvio<br />
del dialogo<br />
Si è insistito molto sulla spiritualità, mi è<br />
sembrato tendenzialmente identificata con<br />
la preghiera. Nulla da eccepire, ma la spiritualità,<br />
oso dire, è qualche cosa di più ampio<br />
della preghiera: è la vita secondo lo Spirito;<br />
sebbene, per vivere secondo lo Spirito, la preghiera<br />
occupi un posto r<strong>il</strong>evante. È chiaro<br />
che se si prende come base del dialogo la preghiera<br />
si è ad un livello diverso rispetto a<br />
quando si prende come base per esempio la<br />
ragione. La ragione come base del dialogo è <strong>il</strong><br />
discorso di Ratisbona di Benedetto XVI. Di<br />
quale ragione si tratta Per noi occidentali la<br />
ragione ha un significato che per gli orientali<br />
non trova corrispondenza. Noi supponiamo<br />
che <strong>il</strong> nostro concetto di ragione sia universalizzab<strong>il</strong>e<br />
immediatamente.<br />
Oppure, l’umano, come base del dialogo interreligioso.<br />
Quando pensiamo all’umano<br />
che cosa intendiamo Faccio degli esempi:<br />
quando Paul Knitter e John Hick pensano all’umano,<br />
lo pensano in forma trascendentale<br />
rispetto a come lo pensavano e lo pensano,<br />
per esempio, i teologi latinoamericani che si<br />
ispirano alla Teologia della liberazione; rispetto<br />
a quello che Sch<strong>il</strong>lebeecx intendeva.<br />
Ancora, la base sulla quale costruire <strong>il</strong> dialogo<br />
è l’amicizia. Non possiamo dimenticare,<br />
visto che l’anno prossimo ricorre <strong>il</strong> centenario,<br />
Matteo Ricci (1552-1610), <strong>il</strong> quale fonda <strong>il</strong><br />
suo dialogo con gli intellettuali confuciani<br />
precisamente sull’amicizia e scrive un trattato<br />
sull’amicizia, che gli serve come base<br />
per interloquire.<br />
È chiaro che a seconda di quale concetto di verità<br />
si ut<strong>il</strong>izzi, <strong>il</strong> camminare insieme verso la verità<br />
non è più la stessa cosa. Si potrebbe anche dire,<br />
camminare insieme verso la salvezza. Quale<br />
salvezza Ovviamente non quella escatologica,<br />
che è fuori causa, ma la salvezza storica che<br />
secondo la descrizione neotestamentaria è la<br />
riconc<strong>il</strong>iazione, <strong>il</strong> ricondurre la realtà a unità, che<br />
coincide con la pace<br />
mine dialogo non lo si può intendere allo steso<br />
modo di quando si parla di dialogo in generale.<br />
Mi pare di avere individuato nei linguaggi ut<strong>il</strong>izzati,<br />
qui oggi, almeno quattro significati diversi<br />
di dialogo. Il primo, in riferimento a Ecclesiam<br />
suam, è colloquium salutis, ove “dialogo”<br />
ha un sugnificato abbastanza preciso. Il secondo:<br />
“dialogo” come aspetto fondamentale<br />
della missione, in questo caso c’è una colorazione<br />
abbastanza particolare. Il terzo: “dialogo”<br />
come ricerca delle parole comuni sulle quali<br />
convenire. Infine, “dialogo” come comunicazione<br />
delle particolarità religiose di coloro che<br />
interloquiscono. Questa comunicazione implicherebbe:<br />
a) apprendere reciprocamente i linguaggi,<br />
non solo la lingua, che comportano<br />
simboli, pratiche, visioni; b) riscoprire e conservare<br />
la propria particolarità.<br />
LE DIFFICOLTÀ DEL DIALOGO<br />
Mentre ascoltavo gli interventi mi sono venute<br />
in mente quattro difficoltà.<br />
La prima è <strong>il</strong> peso della storia. Non siamo<br />
vergini, ci portiamo secoli di sedimentazioni, di<br />
atteggiamenti che non possono essere dimenticati<br />
immediatamente. Gli atteggiamenti dei popoli<br />
e delle persone non si cambiano perché si è<br />
intravisto qualche altra possib<strong>il</strong>ità. Occorrono<br />
passaggi generazionali.<br />
La seconda difficoltà è la paura del diverso,<br />
che nel nostro ambiente viene montata artatamente.<br />
Questo aspetto è già stato rimarcato<br />
molto bene.<br />
La terza difficoltà è l’immagine mediatica<br />
dell’altro che comporta sempre semplificazioni.<br />
Ancora un riferimento a Matteo Ricci.<br />
Quando entra in Cina si veste da monaco buddhista,<br />
pensando in questo modo di suscitare la<br />
simpatia dei cinesi; si accorge invece che è un<br />
fallimento, perché per i cinesi <strong>il</strong> buddhismo era<br />
una religione che veniva dall’esterno. Aveva saputo<br />
che in Cina c’era di buddhismo, quindi<br />
pensava di usare questa via... Ma “a little knowledge<br />
is a dangerous thing” (una scarsa conoscenza<br />
è molto pericolosa), anche per i grandi<br />
come Ricci. La paura del diverso mediato dai<br />
media provoca disastri ancora maggiori, poiché<br />
crea i presupposti perché <strong>il</strong> dialogo non scatti.<br />
42 Missione Oggi | agosto-settembre 2009
La quarta difficoltà, richiamata anche dalla<br />
Pastora Maggi, è <strong>il</strong> timore del rischio del relativismo,<br />
che poi viene interpretato come indifferentismo,<br />
che fa scattare nella media della nostra<br />
popolazione una difesa della cristianità a<br />
scapito del Vangelo.<br />
GLI ATTEGGIAMENTI CHE IL DIALOGO<br />
IMPLICA<br />
Sono già stati citati <strong>il</strong> rispetto, su cui ha insistito<br />
molto Mons. Fitzgerald, e l’um<strong>il</strong>tà. Io vorrei<br />
sottolineare altri due atteggiamenti.<br />
Il primo è la fiducia. Questa mattina P. Menin<br />
introducendo faceva riferimento a Ef 2. Se Gesù<br />
Cristo ha abbattuto <strong>il</strong> muro di separazione perché<br />
noi non potremmo continuare quest’opera, con<br />
la fiducia che è possib<strong>il</strong>e Vorrei richiamare due<br />
parabole del racconto sia di Matteo che di Marco.<br />
Quella del granello di senapa: la sproporzione<br />
che c’è tra quell’inizio insignificante, <strong>il</strong> seme,<br />
e l’albero sul quale tutti gli uccelli vengono a fare<br />
<strong>il</strong> loro nido; la seconda è quella del seminatore:<br />
normalmente noi la leggiamo a partire dalla<br />
spiegazione; <strong>il</strong> significato di quella parabola da<br />
parte di Gesù è rispondere alla sfiducia che i suoi<br />
interlocutori mostrano nel suo ministero, considerato<br />
fallimentare. Gesù vuol far capire che in<br />
una maniera inaspettata quel ministero produrrà<br />
un frutto strepitoso; non verificab<strong>il</strong>e in altri campi,<br />
perché non c’è nessuna spiga che porti trenta<br />
o sessanta o cento chicchi. È la fiducia che gli<br />
avvii piccoli, insignificanti, produrranno un frutto<br />
grande. Connessa con la fiducia c’è la pazienza.<br />
C’è un proverbio che dice: “La gatta<br />
frettolosa ha fatto i gattini ciechi”. Non è un caso<br />
che nel Nuovo Testamento <strong>il</strong> termine hypomonē,<br />
che vuol dire resistenza, pazienza, sia<br />
strettamente collegato con la speranza.<br />
L’OBIETTIVO DEL DIALOGO<br />
È stato detto: camminare insieme verso la<br />
verità. Quale verità Ci sono almeno tre modi,<br />
nella riflessione sul dialogo interreligioso, di<br />
intendere la verità. La verità come risultato,<br />
mettendo insieme le diverse prospettive si costruirebbe<br />
una verità più grande.<br />
Un secondo significato, la verità come dist<strong>il</strong>lato:<br />
lasciamo perdere tutte le differenze, andiamo<br />
al nocciolo e vedremo che in fondo siamo<br />
tutti uguali; questo avviene, per esempio,<br />
quando si parla di Dio, in fondo tutti riconoscono<br />
lo stesso Dio. La linea tendenziale di alcune<br />
teologie delle religioni è questa. C’è un noumeno,<br />
al di là delle differenze, che ci unifica.<br />
Un terzo significato: verità come svelamento,<br />
come apparire di una realtà che coincide con<br />
rivelazione, che è da accogliere. Il cristianesimo<br />
ha un’originalità, usa un ossimoro perché parla<br />
della trascendenza nella storia. L’evento Gesù<br />
Cristo resta perennemente <strong>il</strong> trascendente nella<br />
storia. Ciò sta a dire che proprio quell’evento<br />
non perde mai la sua dimensione di trascendenza,<br />
ha bisogno di storicizzarsi, ma nessuna storicizzazione<br />
può pretendere di esaurirlo, c’è uno<br />
svelamento continuo man mano che si procede<br />
nel tempo. È chiaro che a seconda di quale con-<br />
cetto di verità si ut<strong>il</strong>izzi <strong>il</strong> camminare insieme<br />
verso la verità non è più la stessa cosa. Si potrebbe<br />
anche dire, camminare insieme verso la<br />
salvezza. Quale salvezza Ovviamente non<br />
quella escatologica, che è fuori causa, ma la salvezza<br />
storica che secondo la descrizione neotestamentaria<br />
è la riconc<strong>il</strong>iazione, <strong>il</strong> ricondurre la<br />
realtà a unità, che coincide con la pace.<br />
L’OBIEZIONE FONDAMENTALE A PROPOSITO<br />
DEL DIALOGO<br />
Il dialogo sarebbe possib<strong>il</strong>e se ci fosse reciprocità.<br />
Qualche volta ci si dimentica che <strong>il</strong> Vangelo<br />
è qualche cosa di nuovo e di originale. Chi<br />
ha avuto la grazia di accogliere <strong>il</strong> Vangelo sa di<br />
aver ricevuto un di più. Questo di più si evidenzia<br />
nel comportamento: “Sapete che fu detto<br />
agli antichi, ma io vi dico se salutate soltanto coloro<br />
che vi salutano che cosa fate di diverso dai<br />
pagani”. Aspettare la reciprocità per avviare <strong>il</strong><br />
dialogo vorrebbe dire, contraddire quello che si<br />
vorrebbe difendere e cioè l’originalità del Vangelo,<br />
la sua bellezza. GIACOMO CANOBBIO<br />
Particolare del chiostro<br />
di S. Cristo (Bs),<br />
dove si è svolto<br />
<strong>il</strong> Convegno.<br />
conclusioni<br />
Missione Oggi | agosto-settembre 2009 43
Forum<br />
delle redazioni<br />
Il dialogo interreligioso<br />
è irrinunciab<strong>il</strong>e<br />
MICHAEL L. FITZGERALD E MARIA A. DE GIORGI RISPONDONO ALLE<br />
DOMANDE DELLE REDAZIONI DI “MISSIONE OGGI”, “CEM MONDIALITÀ”,<br />
“MISSIONARI SAVERIANI” e “MISSIONE GIOVANI”<br />
A CURA DI MAURO CASTAGNARO<br />
Federico Tagliaferri (redazione di “Missione<br />
Oggi”): Sono ormai quattro decenni<br />
che la Chiesa è impegnata nel<br />
dialogo interreligioso. Lei ha notato<br />
un’evoluzione, in particolare nei rapporti<br />
con l’Islam E la “Lettera dei 138<br />
saggi musulmani” può essere considerata<br />
un momento di svolta<br />
Mons. Fitzgerald: Anche se prima c’erano<br />
stati alcuni pionieri, indubbiamente è dal<br />
Vaticano II che <strong>il</strong> dialogo interreligioso è divenuto<br />
un fatto di Chiesa. Si dice spesso che<br />
l’iniziativa del dialogo viene sempre dai cattolici,<br />
ma non è questa la mia esperienza:<br />
nel Segretariato per i non cristiani, poi Pontificio<br />
Consiglio per <strong>il</strong> dialogo interreligioso,<br />
gli inviti al dialogo venivano dai musulmani,<br />
<strong>il</strong> che è curioso perché a livello della base<br />
non c’era molto dialogo, o almeno c’era solo<br />
in alcuni luoghi, dove cristiani e musulmani<br />
convivevano positivamente. Forse a stimolarlo<br />
era <strong>il</strong> prestigio della Santa Sede. Il principe<br />
Hassan di Giordania aveva fondato<br />
l’Istituto per lo studio delle religioni e <strong>il</strong> dialogo<br />
e cominciato un’interlocuzione con gli<br />
anglicani, cercando e trovando un pari rango<br />
nel principe di Windsor, poi l’aveva allargata<br />
gli ortodossi, ma voleva un dialogo anche<br />
coi cattolici. Il Card. Arinze rispose positivamente,<br />
ma a condizione di coinvolgere<br />
la Chiesa locale. Credo che questo sia molto<br />
importante perché dava ai cristiani giordani<br />
la possib<strong>il</strong>ità di esprimersi, cosa non sempre<br />
fac<strong>il</strong>e per loro e a volte neppure cercata.<br />
Lo stesso è avvenuto con la Libia, che nel<br />
1976 promosse un convegno conclusosi con<br />
una dichiarazione di condanna del sionismo<br />
come forma di razzismo. Cosa che suscitò<br />
forte opposizione al dialogo, perché molti accusarono<br />
la Santa Sede di essersi lasciata<br />
manipolare da Tripoli, cosa non vera. Ci vollero<br />
quasi dieci anni per ricominciare <strong>il</strong> dialogo<br />
tra Roma e Tripoli, cosa che avvenne attraverso<br />
l’“Appello all’Islam”, a partire da un<br />
gruppo internazionale con sede in Libia. Abbiamo<br />
risposto pure agli iraniani, che sono i<br />
più preparati al dialogo, anche perché hanno<br />
tradotto molti testi cattolici, dal Catechismo<br />
della Chiesa cattolica - la piccola comunità<br />
cattolica locale non avrebbe avuto le<br />
condizioni economiche di tradurlo, mentre<br />
l’hanno fatto gli studiosi musulmani iraniani,<br />
consultando <strong>il</strong> vescovo locale, <strong>il</strong> che è<br />
molto bello - a libri di teologia moderna. Anche<br />
da parte dei Sikh o di movimenti buddhisti,<br />
come <strong>il</strong> Rissho Kosei-kai, sono venute<br />
iniziative di dialogo verso di noi. Perciò<br />
l’idea che <strong>il</strong> dialogo sia un moto unidirezionale<br />
dalla Chiesa cattolica verso le altre religioni<br />
non è vera.<br />
L’iniziativa dei 138 saggi musulmani è cominciata<br />
quando 38 intellettuali hanno<br />
scritto a Benedetto XVI, dopo <strong>il</strong> discorso di<br />
Ratisbona, una lettera molto garbata in cui<br />
dicevano che <strong>il</strong> Papa sbagliava la propria<br />
valutazione dell’Islam; un anno dopo <strong>il</strong> numero<br />
dei firmatari era salito a 138 e hanno<br />
scritto una nuova lettera invitando al dialogo<br />
teologico e pratico (amore di Dio e<br />
amore del prossimo) non solo la Chiesa cattolica,<br />
ma tutti i cristiani. Questo non esaurisce<br />
<strong>il</strong> dialogo tra cristiani e musulmani,<br />
che avviene in misura considerevole anche<br />
a livello locale, ma <strong>il</strong> Forum cattolico-musulmano<br />
svoltosi a Roma in novembre ha<br />
dimostrato che uno scambio su temi teologici<br />
è possib<strong>il</strong>e, mentre a volte questo è negato.<br />
Naturalmente noi ci incontriamo per<br />
conoscerci più profondamente, non per arrivare<br />
a una religione comune.<br />
44 Missione Oggi | agosto-settembre 2009
Franco Ferrari (redazione di “Missione<br />
Oggi”): Nel dialogo con l’Islam, specie<br />
di fronte alle posizioni fondamentaliste,<br />
molti sostengono l’opportunità di<br />
stab<strong>il</strong>ire rapporti con le correnti più moderate<br />
o propense all’incontro. Lei crede<br />
sia possib<strong>il</strong>e scegliere gli interlocutori<br />
nel dialogo interreligioso o questo<br />
tocca più alla politica<br />
Mons. Fitzgerald: La scelta del partner è<br />
diffic<strong>il</strong>e, dipende dalle circostanze. In Vaticano<br />
dialogavamo con organismi ufficiali<br />
dei paesi islamici, quasi mai abbiamo invitato<br />
singole persone, ma abbiamo dovuto<br />
affidarci alle scelte del partner musulmano,<br />
con sorprese a volte anche sgradevoli, come<br />
quando ci trovammo nella delegazione libica<br />
diversi cristiani convertiti all’Islam, <strong>il</strong><br />
che ci mise a disagio. Ma in generale nel<br />
dialogo ufficiale si accetta <strong>il</strong> partner e si cerca<br />
di dialogare con esso. D’altro canto se i<br />
nostri partner scegliessero di dialogare con<br />
Hans Küng, che io rispetto e di cui sono amico,<br />
<strong>il</strong> Vaticano non sarebbe contento, perché<br />
non si sentirebbe da lui rappresentato. Sono<br />
liberi di invitarlo, ma non nelle stesse circostanze.<br />
Un dialogo invece più informale, come<br />
quello del Gruppo di ricerche cristianoislamico,<br />
<strong>formato</strong> da individui, è più libero<br />
di scegliere i propri interlocutori. Nel dialogo<br />
dobbiamo rispettare le diverse istanze.<br />
C’è pure <strong>il</strong> pericolo di scegliere persone con<br />
cui ci sentiamo in sintonia per la loro capacità<br />
critica, ma che a volte non hanno grande<br />
influenza nella loro comunità. Quindi bisogna<br />
dare loro la possib<strong>il</strong>ità di esprimersi, ma<br />
è importante cercare <strong>il</strong> dialogo anche coi settori<br />
fondamentalisti. Credo sia diffic<strong>il</strong>e che<br />
possa farlo <strong>il</strong> Vaticano, ma ci sono altri soggetti,<br />
per esempio giornalisti cattolici, che<br />
hanno interloquito coi Fratelli musulmani.<br />
Brunetto Salvarani (direttore di “CEM<br />
Mondialità”): Vorrei centrare <strong>il</strong> discorso<br />
sul rapporto tra dialogo e annuncio,<br />
partendo dall’omonimo documento del<br />
1991. Oggi sembra prevalere <strong>il</strong> paradigma<br />
dello “scontro di civ<strong>il</strong>tà” e ciò<br />
colpisce anche <strong>il</strong> dialogo interreligioso.<br />
Se fosse riscritto oggi “Dialogo e annuncio”<br />
dovrebbe essere modificato<br />
Condivide l’impressione che rispetto ad<br />
allora <strong>il</strong> clima anche nella Chiesa cattolica<br />
sia meno propizio al dialogo e molto<br />
più centrato sull’identità<br />
Mons. Fitzgerald: Credo che “Dialogo e annuncio”<br />
vada letto insieme al documento del<br />
1984 “L’atteggiamento della Chiesa verso persone<br />
di altre religioni. Una riflessione su dialogo<br />
e missione”. Questo testo è molto importante<br />
perché colloca <strong>il</strong> dialogo all’interno della<br />
missione della Chiesa; non è esterno né facoltativo,<br />
ma parte della missione. Inoltre esso<br />
ha un afflato spirituale che manca in quello<br />
del 1991, frutto di molti compromessi e assai<br />
cauto perché nel frattempo ci si era cominciati<br />
a chiedere che ruolo avesse l’annuncio<br />
se <strong>il</strong> dialogo faceva parte della missione<br />
della Chiesa. Credo che la dottrina di “Dialogo<br />
e annuncio” sia valida ancora oggi, con la sua<br />
interpretazione dell’insegnamento del Conc<strong>il</strong>io<br />
Vaticano II e dei Papi, che sottolinea la possib<strong>il</strong>ità<br />
di salvezza al di fuori della Chiesa, ma<br />
non la fine della missione di Gesù Cristo. Oggi<br />
<strong>il</strong> sospetto di relativismo forse rende diffic<strong>il</strong>e <strong>il</strong><br />
compito dei teologi che vogliono dare un fondamento<br />
al dialogo interreligioso e talvolta<br />
vanno troppo oltre sacrificando l’essenziale<br />
Missione Oggi | agosto-settembre 2009 45
FORUM DELLE REDAZIONI<br />
del cristianesimo. Anche i miei confratelli che<br />
sono favorevoli al dialogo, oggi preferiscono<br />
parlare di incontro, perché l’uno dà l’idea di<br />
discutere qualcosa per arrivare ad affermazioni<br />
comuni, mentre l’altro dà più l’idea del<br />
rispetto delle diverse posizioni. La mia critica<br />
a “Dialogo e annuncio” è che dà l’impressione<br />
che <strong>il</strong> dialogo sia solo b<strong>il</strong>aterale, mentre ce n’è<br />
anche uno mult<strong>il</strong>aterale: <strong>il</strong> primo consente<br />
un maggiore approfondimento, mentre l’altro,<br />
per esempio negli incontri promossi dalla<br />
Comunità di Sant’Egidio, permette di lavorare<br />
insieme per contrastare lo scontro delle civ<strong>il</strong>tà.<br />
Incontro e annuncio concettualmente<br />
sono diversi, ma nella realtà stanno insieme,<br />
perché quando io incontro una persona,<br />
se sono cosciente della mia identità, dico <strong>il</strong><br />
mio cristianesimo.<br />
Maria A. De Giorgi: Alcune situazioni attuali<br />
derivano da un certo realismo frutto del<br />
cammino di questi anni. Dopo <strong>il</strong> Conc<strong>il</strong>io,<br />
quando si è cominciata l’avventura del dialogo,<br />
era inevitab<strong>il</strong>e porre l’accento su ciò che<br />
unisce, ciò che è bello dell’altro; poi <strong>il</strong> cammino<br />
ha condotto a prendere coscienza dei limiti<br />
e dell’abuso del dialogo, capendo che esso<br />
ha senso più a partire dalla divergenze, perché<br />
se siamo d’accordo non serve incontrarci.<br />
Ciò ha spinto alcuni ad un rallentamento,<br />
altri a un ripensamento e altri ancora a una<br />
frenata perché in alcune situazioni si era andati<br />
troppo oltre. Penso che una pausa di riflessione<br />
non faccia male. Io riscriverei allo<br />
stesso modo “Dialogo e annuncio”, ma approfondirei<br />
molto di più alcune grandi intuizioni<br />
di Paolo VI, come l’idea del dialogo della<br />
salvezza. “Dialogo” e “annuncio” sono in<br />
feconda tensione, non in contraddizione.<br />
Giusy Baioni (direttrice di “Missione<br />
Giovani”): Qual è la situazione dei cristiani<br />
in Egitto<br />
Mons. Fitzgerald: L’Egitto è <strong>il</strong> paese arabo<br />
col maggior numero di cristiani, circa <strong>il</strong><br />
10% della popolazione, cioè 8 m<strong>il</strong>ioni di persone,<br />
nella stragrande maggioranza copti<br />
ortodossi. La decisione del governo di abbattere<br />
i maiali, che sono in gran parte allevati<br />
dai cristiani, ha suscitato alcune proteste,<br />
ma <strong>il</strong> governo ha promesso risarcimenti e<br />
programmi per spostare gli allevamenti all’esterno<br />
delle città e non nei pressi delle discariche.<br />
Certo essere cristiano egiziano<br />
non è fac<strong>il</strong>e. I cattolici sono circa 250.000,<br />
ma l’influenza della Chiesa cattolica è ben<br />
più grande, soprattutto tramite le scuole<br />
cattoliche, in cui ci sono molti studenti ortodossi<br />
e musulmani, e l’azione sociale della<br />
Caritas, attiva in tutto <strong>il</strong> paese al servizio<br />
non solo dei cristiani. Negli ultimi 20 anni è<br />
cresciuta la tensione tra cristiani e musulmani:<br />
gli anziani dicono che quando erano<br />
giovani non era diffic<strong>il</strong>e frequentare le scuole<br />
cattoliche, mentre ora vengono più spesso<br />
richiamati. Inoltre la società diventa, almeno<br />
nei segni esteriori, più islamica, per<br />
cui le ragazze musulmane portano <strong>il</strong> velo<br />
all’Università e quelle cristiane possono essere<br />
oggetto di insulti o di pressioni. Il vero<br />
dialogo si fa non sul piano religioso, ma nel<br />
lavoro comune di cristiani e musulmani all’interno<br />
di associazioni non governative<br />
che difendono i diritti umani di tutti i cittadini,<br />
cercando di conc<strong>il</strong>iare quanto è scritto<br />
nella Costituzione egiziana e <strong>il</strong> richiamo alla<br />
sharia, alla legge islamica.<br />
P. Marcello Storgato (direttore di “<strong>Missionari</strong><br />
<strong>Saveriani</strong>”): Nei 21 anni trascorsi<br />
in Bangladesh ho scoperto, per esempio<br />
nell’Islam sufi, una profondità spirituale<br />
che favorisce dialogo, annuncio,<br />
incontro. Questo è confermato dalla vostra<br />
esperienza Al contempo abbiamo<br />
verificato che quando inizia una guerra,<br />
<strong>il</strong> dialogo viene azzerato. Terzo aspetto:<br />
in Italia, incontriamo giovani, soprattutto<br />
ragazze, musulmane che faticano<br />
a trovare interlocutori cristiani della loro<br />
età, da cui conoscere l’esperienza di<br />
fede.<br />
Maria A. De Giorgi: Anche in Giappone ho<br />
scoperto con gioia esperienze bellissime in<br />
cui opera lo Spirito, per cui un atteggiamento<br />
di dialogo diventa pure azione di ringraziamento.<br />
Per fortuna <strong>il</strong> Giappone non<br />
vive una guerra, ma capisco che quando ciò<br />
succede non è fac<strong>il</strong>e mantenere un atteggiamento<br />
di dialogo, anche se qui entra in gioco,<br />
per <strong>il</strong> cristiano, l’amore verso <strong>il</strong> nemico.<br />
La latitanza del mondo giovan<strong>il</strong>e non mi<br />
stupisce, perché <strong>il</strong> dialogo presuppone una<br />
matura identità di fede che spesso i giovani<br />
non hanno, soprattutto oggi, esposti al pluralismo<br />
della società. Ciò dovrebbe spingere<br />
noi a un maggiore impegno nella formazione<br />
alla fede e al dialogo. In Giappone, dopo<br />
venti anni di lavoro, è nata l’esigenza di<br />
avere corsi di formazione al dialogo, quasi<br />
stessimo passando da una fase carismatica<br />
a quella in cui bisogna preparare le persone.<br />
Mons. Fitzgerald: Quando ero in Sudan<br />
ogni tanto andavo ad ascoltare uno sheikh<br />
musulmano che dava lezione vicino alla<br />
chiesa. Era una persona molto austera e visitava<br />
la gente come un parroco. Quando ho<br />
dovuto rientrare a Roma, sono andato a salutarlo<br />
e lui ha pregato per me, affinché diventassi<br />
musulmano, ma questo era per lui<br />
l’augurio più bello perché la sua fede era per<br />
lui la cosa più preziosa. Il sufismo, nel quale<br />
gli occidentali si trovano più a proprio agio,<br />
tanto che ci sono conversioni all’Islam tramite<br />
esso, è guardato con sospetto nel mondo<br />
arabo; in Egitto, però, un comboniano italiano,<br />
p. Giuseppe Scattolin, che ha pubblicato<br />
un libro di testi sufi in arabo, è stato invitato<br />
a tenere conferenze anche ad Al-azar,<br />
<strong>il</strong> che mostra una possib<strong>il</strong>ità. Io stesso, pur<br />
non essendo esperto di sufismo, sono stato<br />
invitato a tener una conferenza in una Università<br />
statunitense e ho scelto di parlare dei<br />
“bei nomi di Dio” e del loro senso per un cristiano;<br />
quindi partivo dal Corano per cercare<br />
nella Bibbia l’equivalente di questi nomi e<br />
approfondivo come si può ricevere un incitamento<br />
alla preghiera da questa tradizione<br />
islamica. Il pubblico era composto da cristiani<br />
e musulmani e qualcuno ha chiesto<br />
come, essendo cristiano, potessi commentare<br />
<strong>il</strong> Corano; ho risposto che <strong>il</strong> Corano per i<br />
musulmani è un libro sacro, ma è un testo<br />
importante per tutti; e siccome era presente<br />
l’ambasciatore dell’India, ho detto che avrei<br />
potuto prendere anche l’Upanishad e scoprirvi<br />
le verità che contiene, senza per questo<br />
essere indù. Anche un musulmano può<br />
scoprire nella Bibbia o negli scritti della nostra<br />
tradizione valori importanti. Perciò<br />
dobbiamo avere la possib<strong>il</strong>ità di questo dialogo<br />
sui valori, che scopriamo negli altri.<br />
Per la guerra, è vero. Per esempio, in Medio<br />
Oriente <strong>il</strong> conflitto israelo-palestinese è una<br />
controtestimonianza e rende diffic<strong>il</strong>i <strong>il</strong> dialogo<br />
e i rapporti tra i popoli. Quando Paolo<br />
VI lanciò la proposta di una giornata mondiale<br />
per la pace, Maodhoudi, leader musulmano<br />
del Pakistan, si disse favorevole, affermando<br />
però che finché ci fosse stato<br />
guerra tra Israele e Palestina non ci sarebbe<br />
stata pace nel mondo. Credo avesse abbastanza<br />
ragione. Mi rallegra vedere soprat-<br />
46 Missione Oggi | agosto-settembre 2009
tutto giovani musulmani che vengono a Roma<br />
a studiare <strong>il</strong> cristianesimo; sono convinti<br />
della loro fede, ma sperimentano <strong>il</strong> vivere<br />
coi cristiani. Questo mi fa sperare nel futuro,<br />
perché ci saranno musulmani capaci di<br />
fare da mediatori nel dialogo.<br />
Ruggero Cavani: Evidenzierei due<br />
aspetti: lo sforzo culturale e teologico<br />
che chi è credente in modo consapevole<br />
compie in questa relazione con uomini<br />
di fedi diverse, perché l’incontro implica<br />
un cambiamento di mentalità circa<br />
l’annuncio e la missione; e l’um<strong>il</strong>tà,<br />
che è indispensab<strong>il</strong>e se si vuole stare<br />
insieme tra diversi, perché <strong>il</strong> vestire,<br />
mangiare, ecc. in modo differente può<br />
portare a confliggere.<br />
Maria A. De Giorgi: Di recente la Conferenza<br />
episcopale giapponese mi ha chiesto di organizzare<br />
corsi di formazione al dialogo interreligioso<br />
per preti e religiose. Essi prevedono<br />
momenti di studio e visite ad ambienti di<br />
diverse religioni. Siamo andati a visitare anche<br />
la Rissho Kosei-kai. Ci hanno mostrato<br />
un video, in cui la prima affermazione era<br />
che “una religione che non è missionaria non<br />
è una religione”. Eppure è uno dei movimenti<br />
più impegnati nel dialogo, <strong>il</strong> che mostra<br />
che tra dialogo e annuncio non c’è contraddizione.<br />
E nella loro sede centrale a Tokio c’è<br />
una targa in cui si dice “andate in tutto <strong>il</strong><br />
mondo ad annunciare Buddha”. Una religione<br />
che non desidera comunicare quello che<br />
ha di più importante non è una religione.<br />
Mons. Fitzgerald: Mi sembra importante <strong>il</strong><br />
riferimento all’um<strong>il</strong>tà; non possiamo imporre<br />
la nostra religione all’altro, deve essere<br />
una testimonianza, che è più forte della<br />
predicazione, pur necessaria, ma successiva.<br />
Nell’Islam c’è l’invito a convertirsi e<br />
quindi i musulmani fanno la missione, ma<br />
noi non possiamo rinunciare alla nostra fede.<br />
Qui c’è la questione dell’identità, ma essere<br />
radicati nella propria fede non significa<br />
mettersi sulla difensiva. Dell’um<strong>il</strong>tà del<br />
dialogo fa parte l’accettare situazioni che<br />
non controlliamo e un po’ di rischio c’è.<br />
Michela Bono (redazione di “Missione<br />
Oggi”): Scoprire che Dio ha 99 nomi e<br />
non solo quello che conoscevo io mi ha<br />
aiutato a parlare coi giovani, perché elimina<br />
le rigidità de “<strong>il</strong> mio Dio” e “<strong>il</strong> tuo<br />
Dio”, che crea contrapposizione.<br />
Mons. Fitzgerald: In effetti <strong>il</strong> parlare dei<br />
“99 nomi di Dio” da parte della tradizione<br />
islamica ci aiuta a ricordare che non abbiamo<br />
mai finito di conoscere Dio e anche se noi<br />
cristiani diciamo di avere la verità in Cristo,<br />
dobbiamo chiederci se abbiamo capito tutto<br />
di questa verità. In realtà c’è sempre da scoprire<br />
e alla nostra conoscenza di Dio possono<br />
contribuire le altre religioni. Non dobbiamo<br />
fare solo una traduzione letterale di una parola,<br />
ma vedere in che modo questo termine<br />
è compreso nell’altra tradizione. Per esempio,<br />
“rivelazione” non vuol dire la stessa cosa<br />
nel cristianesimo e nell’islam.<br />
Maria A. De Giorgi: In effetti questo è un<br />
problema enorme, tanto che in Giappone<br />
dai tempi di San Francesco Saverio non si è<br />
ancora trovato un termine adatto per <strong>il</strong><br />
concetto cristiano di Dio e anche quello attualmente<br />
usato è assai ambivalente. Forse<br />
con l’islam è più fac<strong>il</strong>e, perché esso si muove<br />
all’interno di categorie semitiche, ma <strong>il</strong><br />
mondo buddhista prescinde dal concetto di<br />
Dio. Il problema di fondo è <strong>il</strong> rapporto tra<br />
l’esperienza di Dio e la sua verbalizzazione,<br />
<strong>il</strong> cercare di comunicarla e anche questo è<br />
un compito del dialogo: cercare di capirci<br />
sull’essenziale, andando al di là delle parole,<br />
ma servendoci di parole e questo è un<br />
cammino mai terminato.<br />
Coordinatrice dell’ufficio per <strong>il</strong> dialogo<br />
interreligioso della diocesi di Brescia: Il<br />
dialogo interreligioso, almeno a Brescia,<br />
è ancora esperienza elitaria, ma la<br />
gente che vive nelle parrocchie, a contatto<br />
con persone di altre religioni, è indifferente.<br />
Come aiutare a far crescere<br />
questa sensib<strong>il</strong>ità<br />
Mons. Fitzgerald: Dobbiamo cercare diversi<br />
modi di incontrare le persone, magari a<br />
partire dai loro bisogni: per esempio io conosco<br />
parrocchie che hanno concesso l’uso<br />
di sale parrocchiali per matrimoni indù. Così<br />
comincia <strong>il</strong> rapporto di amicizia. A Chicago<br />
un iraniano è diventato l’amministratore<br />
della moschea e l’ha aperta per un giorno<br />
a tutti affinché i vicini la conoscessero. È venuto<br />
anche <strong>il</strong> rabbino, <strong>il</strong> quale ha chiesto se<br />
sarebbe stato possib<strong>il</strong>e per gli ebrei venire a<br />
pregare in una sala della moschea visto che<br />
la sinagoga doveva essere ristrutturata. La<br />
richiesta è stata accettata, per cui per sei<br />
mesi gli ebrei l’hanno usata e questo ha<br />
creato un’amicizia che continua.<br />
Maria A. De Giorgi: Linee pastorali ci sono,<br />
ma bisogna metterle in atto. “Dialogo e annuncio”<br />
parla di quattro livelli di dialogo:<br />
della vita, delle opere, delle esperienza spirituali<br />
e degli scambi teologici. Nel 1991 per<br />
due anni abbiamo studiato <strong>il</strong> documento<br />
chiedendoci che cosa la Chiesa ci domandasse<br />
di fare, quindi è nato un gruppo interparrocchiale<br />
che ha cercato di incontrare<br />
i vicini di altre religioni, a livello di base; così<br />
sono nate conoscenze che hanno favorito<br />
una crescente collaborazione sul territorio.<br />
Si tratta di verificare che cosa si può fare<br />
nella situazione concreta dove si vive.<br />
Brunetto Salvarani: A Novellara, nella campagna<br />
reggiana, dove c’è <strong>il</strong> più grande tempio<br />
sikh d’Italia, l’amministrazione comunale,<br />
siccome ritiene <strong>il</strong> dialogo interreligioso importante<br />
anche per la costruzione della cittadinanza,<br />
dedica alla fine del Ramadan, alla<br />
Pasqua e al Natale, al Capodanno cinese e al<br />
Baisakhi sikh un momento gestito dal Comune,<br />
in cui le comunità sono invitate a presentarsi,<br />
a scambiarsi doni e a mangiare insieme.<br />
È un’esperienza in controtendenza, ma<br />
crea relazioni importanti in una cittadina di<br />
16m<strong>il</strong>a abitanti con 3m<strong>il</strong>a stranieri.<br />
Mons. Fitzgerald: A Londra da 25 anni l’arcidiocesi<br />
di Westminster organizza una marcia<br />
per la pace da un luogo sacro a un altro,<br />
che cambia ogni anno, quindi da una chiesa<br />
battista alla sinagoga o dalla moschea al<br />
tempio buddhista e ogni volta un membro di<br />
ogni comunità la presenta agli altri. I partecipanti<br />
sono in aumento e camminando si<br />
parla. Si tratta di fare qualcosa insieme.<br />
Maria De Giorgi: Mi aveva molto ferito leggere<br />
che in nome del dialogo in Italia si smetteva<br />
di allestire i presepi, perché i bambini<br />
buddhisti del nostro v<strong>il</strong>laggio, vedendo <strong>il</strong> presepe,<br />
ci hanno chiesto di spiegare loro che cosa<br />
fosse <strong>il</strong> Natale. Non si tratta di sopprimere<br />
le tradizione, ma invitare e presentarle.<br />
Giusy Baioni: A Desio da qualche anno si<br />
tiene una marcia della pace, cui partecipano<br />
cristiani e musulmani. C’è un signore<br />
che non manca mai, ma si lamenta sempre<br />
che nessuno pensi a lui, ateo!<br />
Missione Oggi | agosto-settembre 2009 47
Incontro<br />
nazionale<br />
b<strong>il</strong>anci<br />
di giustizia<br />
Giovedì 27 agosto<br />
ORE 18.00<br />
Venerdì 28 agosto<br />
ORE 9.30<br />
Sabato 29 agosto<br />
ORE 9.30<br />
Domenica 30 agosto<br />
ORE 9.30<br />
GRAZIA HONEGGER<br />
FRESCO<br />
Sv<strong>il</strong>uppare la bellezza<br />
e la speranza nei<br />
bambini, per far<br />
crescere adulti<br />
consapevoli e capaci<br />
di stare nel mondo<br />
con senso critico,<br />
per cambiarlo<br />
Presentazione Rapporto<br />
Annuale 2008<br />
LUCA GAGGIOLI<br />
I b<strong>il</strong>anci ieri, oggi e<br />
domani<br />
FRANCESCO GESUALDI<br />
Verso una nuova società<br />
del Benvivere<br />
CARLO MOLARI<br />
Al servizio del mondo,<br />
verso la giustizia.<br />
Speranza e<br />
cambiamento<br />
Noi e la crisi: quanto<br />
ci tocca e quanto<br />
ci interpella.<br />
Valutazione<br />
dell’AltraCard<br />
Progettare la speranza<br />
come b<strong>il</strong>ancisti...<br />
proposte di futuro<br />
Oropa (Bg) | 27-30 agosto 2009<br />
Seminario<br />
Quale formazione<br />
per quale missione<br />
Pesaro<br />
21-24 settembre 2009<br />
<strong>Missionari</strong> Comboniani<br />
V<strong>il</strong>la Baratoff - Via Angelo Custode, 20 - Pesaro<br />
info: fgrasselli@tele2.it