scarica il formato PDF - Missionari Saveriani
scarica il formato PDF - Missionari Saveriani
scarica il formato PDF - Missionari Saveriani
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
® CSAM - 25121 BRESCIA, VIA PIAMARTA 9 • Poste Italiane S.p.A - Sped. D.L. 353/03 (conv. L. 27/02/04 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Brescia - contiene I.P.<br />
www.saveriani.bs.it/missioneoggi<br />
Esperienze di dialogo<br />
interreligioso<br />
DOSSIER<br />
F<strong>il</strong>m e missione<br />
Tra memoria e futuro
Sommario n. 5/2009<br />
Mens<strong>il</strong>e dei <strong>Missionari</strong> <strong>Saveriani</strong><br />
dal 1903 al 1978 Fede e Civ<strong>il</strong>tà<br />
Direttore<br />
Mario Menin<br />
Redattori<br />
Mauro Castagnaro, Franco Ferrari,<br />
Federico Tagliaferri<br />
Segreteria<br />
Salvatore Leardi<br />
Gruppo redazionale<br />
Michele Agosti, Giusy Baioni, Michela Bono, Maria<br />
Teresa Cobelli, Domenico Cortese, Roberto<br />
Cucchini, Flavio Dalla Vecchia, Lydia Keklikian,<br />
Piero Lanzi, Fausto Piazza, Marino Ruzzenenti,<br />
Anna Scalori, Gabriele Smussi, Franco Valenti,<br />
Annachiara Valle<br />
Hanno collaborato a questo numero<br />
Cesare Fabbris e Maria Letizia Giacometti, Fabrizio<br />
Tosolini, Stefano Vecchia, Mauro Castagnaro,<br />
Edgardo Lander, Marco Bertoni, Federico Tagliaferri,<br />
Lino Ferracin, Fiorenzo Raffaini, Maria Grazia<br />
Piredda, Franco Sottocornola, Giampiero Alberti,<br />
Paulin Batairwa, Yusuf Daud, Antonio Sottocornola,<br />
Marco Dal Corso<br />
Direzione<br />
Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia<br />
Tel. 0303772780 - Fax. 0303772781<br />
www.saveriani.bs.it/missioneoggi<br />
E-ma<strong>il</strong>:missioneoggi@saveriani.bs.it<br />
3 Editoriale<br />
Assisi... e Gerusalemme pellegrinaggi di pace<br />
4 Lettere<br />
L’importanza dell’annuncio (C. Fabbris e M.L. Giacometti)<br />
5 Parola e missione<br />
Paolo e le sue Chiese (Fabrizio Tosolini)<br />
7 Il fatto e <strong>il</strong> commento<br />
L’India alle urne (Stefano Vecchia)<br />
11 Interviste sul futuro<br />
Luci e ombre della rivoluzione bolivariana (Edgardo Lander)<br />
14 Campagne di Missione Oggi<br />
Pressione alle banche armate<br />
15 Comunicazione e sv<strong>il</strong>uppo<br />
Ciad: una radio per chi non ha parola (Marco Bertoni)<br />
17-32 | DOSSIER<br />
F<strong>il</strong>m e missione tra memoria e futuro<br />
a cura di Federico Tagliaferri e Fiorenzo Raffaini<br />
Amministrazione e abbonamenti<br />
Centro Saveriano Animazione <strong>Missionari</strong>a<br />
(C.S.A.M.)<br />
Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia<br />
Tel. 0303772780 - Fax. 0303772781<br />
abbonamenti@saveriani.bs.it<br />
Abbonamenti<br />
Italia € 26,00<br />
Europa € 36,00<br />
Extra Europa € 44,00<br />
Un numero separato € 3,00<br />
Missione Oggi è stampata interamente<br />
su carta riciclata.<br />
C.C.P. 11820255<br />
intestato a Missione Oggi<br />
Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia<br />
Grafica: Enzo Chisacchi / Paolo Mabellini<br />
Realizzazione: D.G.M. / Brescia<br />
Stampa: Squassina / Brescia<br />
ISNN 0392-6389<br />
Editore: Centro Saveriano Animazione <strong>Missionari</strong>a -<br />
CSAM - Soc. Coop. a R.L., Via Piamarta 9, 25121 Brescia,<br />
n. 50127 in data 19-2-1993. Direttore Responsab<strong>il</strong>e:<br />
Marcello Storgato. Registrato al Tribunale di Parma<br />
n. 399 del 7-3-1967<br />
33 Conc<strong>il</strong>io e missione<br />
Tensione missionaria e identità sacerdotale (Franco Sottocornola)<br />
35<br />
Verso <strong>il</strong> convegno<br />
M<strong>il</strong>ano, una Chiesa in dialogo (Giampiero Alberti)<br />
Il dialogo interreligioso a Taiwan (Paulin Batairwa)<br />
Il dialogo interreligioso a Giacarta (Yusuf Daud)<br />
43 Missione e inculturazione<br />
Il “Kimoci” cultura delle sfumature (Antonio Sottocornola)<br />
47 Un libro al mese<br />
“Il muro di vetro” (Marco Dal Corso)<br />
Foto di copertina: Donne di fede musulmana in dialogo con le Carmelitane del monastero di Sassuolo (Mo). FOTO/Gruppo<br />
“Camminare Insieme”- Fiorano/Sassuolo (Mo). Foto di apertura dossier: Bangladesh: padre Agostino Carlesso dietro<br />
la macchina da presa, 10 novembre 1994 - 26 gennaio 1995. FOTO/Archivio Videomission - CSAM (Bs).
Assisi...<br />
e Gerusalemme<br />
pellegrinaggi di pace<br />
editoriale<br />
Qualche settimana fa <strong>il</strong> noto scrittore cattolico, Vittorio Messori dalle pagine del “Corriere della Sera”<br />
(20 apr<strong>il</strong>e 2009) ha definito “parate sincretiste” gli incontri di preghiera per la pace di Assisi,<br />
voluti e realizzati da Giovanni Paolo II: <strong>il</strong> primo, <strong>il</strong> più celebre, <strong>il</strong> 27 ottobre 1986; l’ultimo nel 2002,<br />
dopo <strong>il</strong> tragico attentato alle Torri Gemelle di Nuova York. Sembra che le ragioni di questa stroncatura<br />
postuma di Assisi siano due: una, più superficiale, riguarda la spettacolarizzazione wojtyłana di momenti<br />
religiosi, che, stando a Messori, rischiano di trasformarli in vuote sf<strong>il</strong>ate di<br />
moda, in “parate” appunto; l’altra, più profonda, riguarda <strong>il</strong> convenire di rappresentanti<br />
di religioni diverse per pregare per la pace, che, sempre stando al saggista<br />
cattolico, corrisponderebbe a forme “sincretiste” di religione che fanno perdere<br />
ai cristiani <strong>il</strong> senso della Chiesa e di Gesù Cristo.<br />
In questa stroncatura di Assisi mi sembra che non si tenga sufficientemente<br />
conto della motivazione prima di quegli incontri, la ricerca della pace. L’Onu<br />
aveva proposto <strong>il</strong> 1986 come “anno internazionale della pace” e <strong>il</strong> Papa voleva<br />
associarvisi suscitando “un movimento mondiale di preghiera per la pace” che,<br />
superando le frontiere delle nazioni e unendo i credenti di tutte le religioni, arrivasse<br />
ad abbracciare <strong>il</strong> mondo intero. Se la guerra poteva essere decisa da pochi,<br />
la pace, secondo Giovanni Paolo II, presupponeva l’impegno di tutti, cristiani e<br />
non cristiani. E Assisi, la città del Poverello, aveva un alto valore simbolico, addirittura<br />
per i non credenti: offrire al mondo la prova che le religioni sono al servizio<br />
della pace. L’unico spettacolo che <strong>il</strong> Papa voleva offrire al mondo era quello<br />
dello stare insieme, per pregare, sulla base della convinzione che la pace è un<br />
dono di Dio più che un’opera dell’uomo.<br />
Forse è sfuggito a Messori, sempre così puntuale nelle sue analisi, che negli incontri<br />
di Assisi i rappresentanti delle diverse religioni non hanno mai pregato insieme,<br />
“sincretisticamente”, ma si sono trovati insieme per pregare ciascuno – in<br />
spazi e/o tempi diversi – con le formule della propria tradizione religiosa, nel rispetto dell’identità di ogni<br />
fede. Addirittura nel 2002, per evitare qualsiasi pericolo di sincretismo, sono state prese delle precauzioni<br />
particolari. Così solo i cristiani hanno pregato nelle chiese di Assisi, gli altri hanno avuto a loro disposizione<br />
degli spazi nei conventi dei francescani, al riparo da curiosi indiscreti.<br />
Se è vero che l’intenzione di Giovanni Paolo II nell’invitare i responsab<strong>il</strong>i religiosi ad Assisi era<br />
quella di prolungare e interpretare la lettera e lo spirito del Vaticano II – la Chiesa è “<strong>il</strong> segno e lo strumento<br />
dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto <strong>il</strong> genere umano” –, bollando così negativamente<br />
tali incontri non si rischia di censurare lo stesso Conc<strong>il</strong>io E che cosa dire allora del prossimo viaggio<br />
del Papa in Israele, Palestina e a Gerusalemme Sappiamo quanto sia incerta la situazione politica<br />
dell’area e quanto siano frag<strong>il</strong>i le prospettive di pacificazione. Ma <strong>il</strong> Papa si mette in cammino ugualmente,<br />
per parlare di pace e perché l’odio lasci finalmente <strong>il</strong> passo alla riconc<strong>il</strong>iazione. Commentando<br />
la “grande preghiera” di Assisi, Giovanni Paolo II ebbe a dire: “O impariamo a camminare insieme in<br />
pace e armonia, o andiamo alla deriva verso la rovina nostra e degli altri”.<br />
■<br />
AFP /SANTIAGO LYON<br />
Missione Oggi | maggio 2009 3
lettere in redazione<br />
SIAMO RIMASTI... ANNUNCIATI<br />
Carissimo Mario, stimolati dal tuo...<br />
corso di missionologia, vinciamo la<br />
pigrizia e l’impreparazione, per una risposta<br />
all’editoriale di MO 3/2009 sull’annuncio.<br />
Siamo una coppia di laici bolognesi<br />
tra i pochi che si occupano dell’argomento<br />
specifico: culto, catechesi, caritas,<br />
la fanno da padroni ovvero sono più<br />
gettonati. Abbiamo appena terminato<br />
una missione popolare chiamati da un<br />
raro prete che si fida di laici che parlano<br />
di Gesù (è un caso dieci anni fidei-donum<br />
in Tanzania). Accompagnati da seminaristi<br />
del 4°-5° anno del Seminario Regionale,<br />
anche questo è un esperimento interessante,<br />
in 15 giorni si è entrati in decine<br />
di famiglie per... l’annuncio.<br />
Che Dio ti vuol bene per quello che sei,<br />
che <strong>il</strong> tuo peccato di auto-sufficienza<br />
non ti permette spesso di capirlo, che<br />
nell’incontro personale con Gesù puoi<br />
aprire gli occhi, che per dargli fiducia devi<br />
conoscerlo meglio leggendo la Scrittura,<br />
sembra scontato e scolastico, ma non<br />
è così. Entrando in queste semplici case<br />
popolari del quartiere S. Donato, abbiamo<br />
scoperto che Dio ci aveva già preceduto<br />
e siamo rimasti... annunciati da<br />
chi ci ha accolto con dubbi e perplessità<br />
per le situazioni di sofferenza. Stiamo<br />
ora proseguendo la missione animando<br />
gruppi di lettura della Parola, formatisi<br />
in seguito a questi colloqui.<br />
Mi sembra una cosa povera, semplice,<br />
elementare quindi evangelica! Ancor<br />
più bella se condivisa con la moglie!<br />
Con affetto.<br />
CESARE FABBRIS<br />
E MARIA LETIZIA GIACOMETTI<br />
Bologna<br />
A PROPOSITO<br />
DI ANNUNCIO<br />
Carissimo P. Mario, desidero dirti tutta<br />
la mia soddisfazione per l’editoriale<br />
di MO 3/2009 e spero vivamente che<br />
la rivista si orienti coraggiosamente in<br />
questa direzione. Anzitutto, per dare<br />
maggior voce, spazio, attenzione al primo<br />
dei tre vocaboli che costituiscono <strong>il</strong><br />
sottotitolo della rivista: Annuncio. Ma,<br />
più ancora, penso io come saveriano,<br />
per rispondere meglio alla natura della<br />
rivista quale fu fondata e voluta dal<br />
Conforti (allora sotto <strong>il</strong> nome di Fede e<br />
Civ<strong>il</strong>tà, titolo che potrebbe oggi essere reinterpretato<br />
come invito ad un annuncio<br />
che si accompagna con <strong>il</strong> dialogo tra<br />
le culture o le civ<strong>il</strong>tà, di cui la religione è<br />
l’anima. Ciò aiuterebbe a dare più spazio<br />
anche al secondo vocabolo del sottotitolo!).<br />
E, soprattutto, perché, come cristiano,<br />
sono intimamente convinto che<br />
questa è tuttora la tematica vitale, decisiva,<br />
della MISSIONE OGGI, come tu -<br />
molto bene - affermi nella conclusione<br />
dell’editoriale. La liberazione che noi saveriani<br />
proponiamo e per la quale lavoriamo<br />
è la salvezza che Gesù Cristo ha<br />
rivelato e portato. Ciò - sia ben chiaro -<br />
non per sminuire l’importanza o tanto<br />
meno negare la necessità di altre componenti<br />
o forme di liberazione (politiche,<br />
economiche, sociali...) ma:<br />
1) per testimoniare - in quanto cristiani<br />
- la fondamentale necessità, la suprema<br />
bellezza, la novità radicale e trascendente<br />
del messaggio di Cristo per una liberazione<br />
o salvezza integrale, totale,<br />
dell’umanità, la quale deve includere e<br />
mettere al primo posto i valori spirituali,<br />
i doni della gratuita salvezza che Dio<br />
ci offre in Cristo invitandoci alla comunione<br />
di vita con Lui per mezzo della fede,<br />
l’orizzonte di una vita eterna che supera<br />
immensamente gli angusti confini<br />
del mondo visib<strong>il</strong>e e perituro in cui ora<br />
per breve tempo siamo;<br />
2) per portare avanti - in quanto saveriani<br />
- in collaborazione con altre forze<br />
operanti per questo scopo, alle quali<br />
competono altri campi e altre metodologie,<br />
<strong>il</strong> nostro specifico contributo alla<br />
liberazione/salvezza dell’umanità, <strong>il</strong><br />
quale, per noi saveriani, è definito dal<br />
fine unico ed esclusivo della nostra famiglia<br />
religiosa, ossia <strong>il</strong> “primo annuncio<br />
del Vangelo di Cristo a quanti ancora<br />
non lo conoscono”. Solo così - credo -<br />
la rivista saveriana MO potrà svolgere <strong>il</strong><br />
suo servizio proprio, quello per cui fu<br />
fondata, e coprire, anche, uno spazio<br />
suo proprio, importante, vitale, nel<br />
mondo della stampa cattolica in genere,<br />
e delle varie testate missionarie in<br />
particolare, e svolgere quello che tu giustamente,<br />
nel tuo editoriale, definisci “<strong>il</strong><br />
primo servizio che possiamo rendere al<br />
mondo!”.<br />
FRANCO SOTTOCORNOLA, SX<br />
<strong>Missionari</strong>o in Giappone<br />
UN INTERROGATIVO<br />
SUGLI ABBONAMENTI<br />
C<br />
arissimi (del gruppo redazionale),<br />
vorrei sollevarvi un interrogativo<br />
sugli abbonamenti di MO. Mi è capitato<br />
di discutere con un signore che conosco,<br />
per tanti anni abbonato a MO. Quest’anno<br />
non aveva rinnovato, perché essendo<br />
a conoscenza del cambio di gestione prima<br />
di farlo voleva vedere <strong>il</strong> numero di<br />
gennaio. Si é molto meravigliato, tanto<br />
perché <strong>il</strong> numero di gennaio non gli è<br />
pervenuto, quanto perché nessuno si è<br />
premurato di sollecitarlo ad abbonarsi.<br />
Avendo chiesto <strong>il</strong> mio parere, mi sono<br />
sentito parte in causa. Da parte mia non<br />
ho potuto che meravigliarmi a mia volta<br />
e confermargli che nei miei numerosi<br />
abbonamenti a riviste italiane ed estere<br />
non mi era mai capitata una cosa del<br />
genere… Con amicizia.<br />
GABRIELE SMUSSI<br />
Brescia<br />
Ho sottoposto <strong>il</strong> caso all’amministrazione,<br />
che mi ha confermato circa la prassi<br />
di MO: la rivista viene inviata per<br />
quattro mesi oltre la scadenza, gratuitamente.<br />
Al quarto mese all’abbonato viene inviato<br />
un invito a rinnovare. Soltanto in<br />
caso di non risposta l’amministrazione<br />
interrompe l’invio. (m. m.)<br />
4 Missione Oggi | maggio 2009
Fabrizio Tosolini,<br />
missionario<br />
saveriano,<br />
di Tricesimo (UD),<br />
licenziato<br />
in Sacra Scrittura<br />
al Pontificio Istituto<br />
Biblico di Roma,<br />
dottore<br />
in Teologia Biblica<br />
presso la Facoltà<br />
di Teologia<br />
della Fu Jen Catholic<br />
University<br />
di Taipei (Taiwan)<br />
con una tesi sulla<br />
Lettera ai Romani,<br />
insegna<br />
Sacra Scrittura<br />
a Taipei<br />
Paolo<br />
e le sue<br />
Chiese<br />
FABRIZIO TOSOLINI<br />
CONOSCIAMO POCO DELLE PRIME<br />
COMUNITÀ CRISTIANE<br />
Q<br />
uello che conosciamo della vita delle prime comunità<br />
cristiane è molto poco, limitato a<br />
quell’essenziale che è ut<strong>il</strong>e ai cristiani di tutti i<br />
tempi per conseguire la salvezza. Ad esempio, non<br />
sappiamo molto dei rapporti tra le comunità e i loro<br />
capi, delle comunità tra loro, dei rapporti tra le<br />
comunità e i loro fondatori, dei capi e dei fondatori<br />
tra loro.<br />
Ad esempio, cosa si può dedurre da quanto Paolo<br />
scrive in 1 Cor 9,1-6 Secondo questo testo, sulla base<br />
di due esperienze (l’aver visto Cristo risorto,<br />
l’aver fondato la comunità di Corinto) egli si equipara<br />
ad alcuni che sono chiamati apostoli, i quali<br />
viaggiano e fanno visita alle diverse Chiese, portando<br />
con sé delle donne che li servono, a spese del-<br />
le comunità che li ospitano. Insieme a questo gruppo<br />
di apostoli, e probab<strong>il</strong>mente anche come parte di<br />
esso, Paolo cita i fratelli del Signore e Cefa (Pietro).<br />
Che Pietro visitasse le Chiese risulta da At 9,32 e da<br />
Gal 2,11. At 18,27 ci parla poi di Apollo che va a Corinto;<br />
Rm 16,7 di Andronico e Giunia, parenti di<br />
Paolo, apostoli insigni e membri della Chiesa prima<br />
dello stesso Paolo. Per quanto riguarda Apollo,<br />
mentre è a Efeso viene istruito nella fede da Aqu<strong>il</strong>a<br />
e Prisc<strong>il</strong>la, la coppia che aveva aiutato Paolo a Corinto<br />
(At 18,2-3), e che poi a Roma riceve i suoi saluti<br />
(Rm 16,3): potremmo considerarli appartenenti<br />
al gruppo degli apostoli<br />
IL FONDAMENTO È SOLO CRISTO<br />
In questo contesto si pone la domanda su quale fosse<br />
<strong>il</strong> rapporto che Paolo instaurava con le sue Chiese.<br />
Anzi tutto, Paolo non chiama sue le comunità che<br />
ha fondato o dove ha lavorato. Di fatto, mentre<br />
chiama i discepoli “figli” e dice che essi sono<br />
la sua gioia, la sua corona di gloria, non ritiene<br />
mai che una Chiesa sia sua. Riconosce certo,<br />
e vuole che si riconosca, la funzione speciale<br />
che egli ha avuto nella loro<br />
nascita alla fede, ma sa che la<br />
loro vita è Cristo, essi appartengono<br />
a lui, e nega<br />
con forza che essi siano<br />
suoi (1 Cor 1,10-16).<br />
Nondimeno, la scelta di<br />
annunciare Cristo solo là<br />
dove non era ancora<br />
giunto <strong>il</strong> suo nome,<br />
“per non costruire<br />
su un fondamen-<br />
parola e missione<br />
ISPIRAZIONE PREPASQUALE<br />
Già al tempo di Gesù c’è un’incipiente organizzazione della comunità: l’esperienza di essere<br />
mandati (apostoli) a predicare, risale al tempo prepasquale. Era un comando del Signore, ma<br />
era anche un imitare e un continuare quanto lui faceva. Gesù è ospitato, insieme a coloro che<br />
lo accompagnano (non dovevano essere pochi), in case di amici, siano essi discepoli o persone<br />
interessate al suo messaggio; ci sono delle benefattrici insigni, tra cui Giovanna, moglie<br />
dell’amministratore di Erode; tra i Dodici c’è un economo incaricato anche della beneficenza.<br />
Ci si può chiedere se tale esperienza copia un modello già esistente. Sappiamo inoltre<br />
dal Nuovo Testamento che gruppi giudaici presenti a Gerusalemme o in Palestina hanno dei<br />
membri anche in altre regioni e città dell’impero romano: seguaci del Battista ad Efeso (At<br />
19,3), gruppi di sacerdoti nella provincia di Asia (At 19,14; 21,27), Giudei di Cirene, della C<strong>il</strong>icia,<br />
di Alessandria (At 6,9). E’ quindi possib<strong>il</strong>e che anche le prime comunità avessero non solo un’organizzazione<br />
interna (cf. F<strong>il</strong> 1,1), comprendente servizi di assistenza (At 9,39-41; 1 Tim 5,1-16),<br />
ma anche delle funzioni di collegamento tra loro, atte a mantenere e accrescere la loro unità.<br />
Missione Oggi | magio 2009 5
parola e missione<br />
to altrui” (Rm 15,20) richiede spiegazione.<br />
Sappiamo che, dopo un inizio in cui probab<strong>il</strong>mente<br />
evangelizza da solo, Paolo collabora<br />
con Barnaba, sotto l’egida della Chiesa di<br />
Antiochia, nel primo viaggio missionario in<br />
Asia Minore. Perché in seguito decide di continuare<br />
di nuovo da solo, o con altri, ma sotto<br />
la sua responsab<strong>il</strong>ità (At 15,40; 16:3)<br />
Sono possib<strong>il</strong>i alcune congetture, che si legano<br />
alla sua visione del Vangelo, e anche<br />
all’importanza che egli attribuisce al “porre<br />
Ci deve essere stata in Paolo una<br />
coscienza speciale dell’importanza<br />
della qualità dei rapporti sui quali si<br />
snoda <strong>il</strong> cammino di accesso alla<br />
fede, tale da suggerirgli di<br />
affrontare la sfida dell’annuncio<br />
soltanto quando era abbastanza<br />
sicuro di poter offrire un certo tipo<br />
di esperienza relazionale<br />
le fondamenta sapientemente”, come dice<br />
in 1 Cor 3,10, precisando che <strong>il</strong> fondamento<br />
è solo Cristo. Nello stesso tempo ci deve essere<br />
stata in Paolo una coscienza speciale<br />
dell’importanza della qualità dei rapporti<br />
sui quali si snoda <strong>il</strong> cammino di accesso alla<br />
fede, tale da suggerirgli di affrontare la<br />
sfida dell’annuncio soltanto quando era abbastanza<br />
sicuro di poter offrire un certo tipo<br />
di esperienza relazionale, quindi solo con<br />
dei collaboratori che avessero <strong>il</strong> suo stesso<br />
cuore (F<strong>il</strong> 2,20-21).<br />
IL CONTENUTO DEL VANGELO<br />
Per quanto riguarda <strong>il</strong> contenuto del Vangelo,<br />
sembra di poter dire che Paolo vuole un<br />
annuncio che evidenzi l’immediatezza della<br />
mediazione del Cristo. Ciò che salva è l’atto<br />
della sua donazione. In questo contesto<br />
ogni altra legge o miracolo o sapienza (1<br />
Cor 1,22-24) diventano secondari, e perfino<br />
possono ostacolare la semplice e limpida<br />
adesione di fede che Paolo sente e sa necessaria<br />
alla salvezza.<br />
Questo si rispecchia storicamente nelle forme<br />
di vita che propone ai cristiani che lo seguono,<br />
forme <strong>il</strong> cui archetipo sembra già<br />
presente nella comunità di Antiochia.<br />
In primo luogo, le comunità vivono nella<br />
consolazione dello Spirito e nell’abbondanza<br />
dei suoi doni, che probab<strong>il</strong>mente Paolo<br />
ha insegnato a riconoscere, a condividere e<br />
valorizzare. La lista di 1 Cor 12,28-30 deve<br />
aver un riscontro nell’esperienza della Chiesa<br />
di Corinto. In questo clima spirituale i<br />
credenti toccano con mano la vita del Risorto,<br />
la loro appartenenza a lui, l’essere insieme<br />
parte del suo corpo mistico. Questa atmosfera<br />
deve essere stata la forza capace di<br />
attrarre molti alla fede.<br />
In secondo luogo, Paolo propone la libertà e<br />
<strong>il</strong> rispetto per i modi in cui spontaneamente<br />
(<strong>il</strong> che significa anche: secondo la propria<br />
tradizione) ciascuno vive al servizio del Signore.<br />
Egli non omologa tutti sotto le stesse<br />
forme di vita, ma invita continuamente a<br />
scegliere “ciò che è degno e vi tiene uniti al<br />
Signore, senza distrazioni” (1 Cor 7,35, CEI<br />
1971). Su due punti Paolo è molto chiaro. Il<br />
primo è la necessità di condurre una vita<br />
santa, secondo la tradizione biblica: “Non <strong>il</strong>ludetevi:<br />
né immorali, né idolatri, né adulteri,<br />
né effeminati, né sodomiti, né ladri, né<br />
avari, né ubriaconi, né maldicenti né rapaci<br />
erediteranno <strong>il</strong> regno di Dio” (1 Cor 6,10,<br />
CEI 1971). Il secondo deriva dalla reciproca<br />
appartenenza, mediata da Cristo, vissuta<br />
all’interno della Chiesa. Per cui, se un comportamento,<br />
in sé possib<strong>il</strong>e, dà scandalo al<br />
fratello debole turbandone la coscienza,<br />
Paolo dice che è bene rinunciare al proprio<br />
diritto per <strong>il</strong> vantaggio del fratello, perché<br />
per lui Cristo ha rinunciato perfino alla propria<br />
vita (1 Cor 8,11; Rm 14,15).<br />
CHIESE COME ASTRI NEL MONDO<br />
PER SAPERNE DI PIÙ<br />
Per un approfondimento:<br />
Bruno Maggioni,<br />
Il Dio di Paolo.<br />
Il vangelo della grazia<br />
e della libertà,<br />
Paoline, M<strong>il</strong>ano 2008<br />
(seconda edizione).<br />
presso:<br />
libreria@saveriani.bs.it<br />
È fac<strong>il</strong>e vedere come queste comunità splendano<br />
come astri nel mondo (F<strong>il</strong> 2,15), e abbiano<br />
una grande forza di attrazione. Per questo<br />
Paolo non vuole costruire su fondamento altrui.<br />
Anche perché è cosciente che agli inizi<br />
dell’esperienza cristiana, come nel tempo<br />
dell’infanzia, è fac<strong>il</strong>e ricevere ferite le cui<br />
conseguenze si portano poi per tutta la vita.<br />
Questa consapevolezza lo rende cauto nell’entrare<br />
nel mondo spirituale di una comunità<br />
di cui non conosce la storia, quale quella<br />
dei Romani (cf. Rm 6,17; 16,17-20); e lo fa reagire<br />
quando qualcuno distoglie i pensieri dei<br />
suoi cristiani dalla loro semplicità e purezza<br />
nei riguardi di Cristo (2 Cor 11,3). Egli è anche<br />
sensib<strong>il</strong>e a come viene<br />
considerato dai suoi cristiani:<br />
non per un qualche<br />
senso di autorità e di<br />
orgoglio personale, ma<br />
perché sa che dimenticare<br />
la qualità dell’esperienza<br />
vissuta (2 Cor 12,11) significa<br />
allontanarsi dalla<br />
concretezza della fede e<br />
cominciare a perdersi nel<br />
labirinto di inconcludenti<br />
dialettiche dottrinali (cf. 1<br />
Cor 4,6-15).<br />
Quanto ai rapporti all’interno<br />
del gruppo dei collaboratori<br />
di Paolo, possiamo<br />
supporre che fossero<br />
molto profondi, e <strong>il</strong><br />
gruppo rappresentasse<br />
una sorta di bozzetto di<br />
quanto l’apostolo proclama.<br />
Diversamente non si<br />
spiegherebbe l’importanza<br />
attribuita al tema dell’imitazione: egli<br />
chiede ai cristiani di imitarlo, come lui imita<br />
Cristo, e propone i suoi collaboratori come<br />
visib<strong>il</strong>ità del suo tenore di vita (1 Cor<br />
4,17; 11,1; 2 Cor 7,13; 12,17-18; F<strong>il</strong> 2, 20-21;<br />
4,9). L’esperienza di Chiesa passa attraverso<br />
la percezione reale, vissuta nella concretezza<br />
delle relazioni interpersonali, della presenza<br />
del Risorto. FABRIZIO TOSOLINI<br />
6 Missione Oggi | maggio 2009
MO<br />
MO<br />
L’India<br />
STEFANO VECCHIA<br />
alle urne<br />
MO<br />
<strong>il</strong> fatto e <strong>il</strong> commento<br />
TRE MESI DI VOTAZIONI, 35 STATI E TERRITORI, OLTRE<br />
La grande macchina elettorale indiana è arrivata<br />
finalmente al primo traguardo, quello dell’apertura<br />
delle urne, <strong>il</strong> 16 apr<strong>il</strong>e, dopo una campagna<br />
dura e convulsa come può avvenire solo in<br />
un paese di dimensioni continentali, diviso in 35<br />
Stati e Territori e frazionato in centinaia di etnie,<br />
lingue, fedi; di interessi e velleità non sempre in<br />
armonia come la Costituzione e la tradizione<br />
vorrebbero. Obiettivo del voto, la formazione<br />
della nuova Lok Sabha (“Camera del Popolo”, la<br />
nostra Camera dei Deputati), di 545 membri, la<br />
vera fucina della democrazia indiana. A dominare<br />
sui temi della campagna, è <strong>il</strong> futuro stesso della<br />
democrazia, mentre <strong>il</strong> paese si smarrisce tra<br />
particolarismi, interessi, corruzione, dimenticando<br />
i suoi ideali di sv<strong>il</strong>uppo condiviso, nonviolenza<br />
e convivenza. Temi essenziali, questi ultimi,<br />
nei programmi dei partiti laicisti e progressisti,<br />
insieme a quelli dell’economia.<br />
Mai come in occasione delle elezioni l’India<br />
ricompatta le sue divisioni per accentuare <strong>il</strong><br />
ruolo della politica e mai come in tempi recenti<br />
le divisioni si sono approfondite. Dal Kashmir<br />
all’Orissa, dal Gujarat all’Assam, l’immenso<br />
800 MILA SEGGI, OLTRE MILLE I PARTITI POLITICI<br />
REGISTRATI: BASTEREBBERO QUESTE CIFRE A DARE UN’IDEA<br />
DELL’INCREDIBILE COMPLESSITÀ DELLA MACCHINA<br />
ELETTORALE INDIANA CHE SI È MESSA IN MOTO PER<br />
DESIGNARE I COMPONENTI DELLA “CAMERA DEL POPOLO”,<br />
IL PRINCIPALE ORGANO DELLA “DEMOCRAZIA PIÙ GRANDE<br />
DEL MONDO”. I PROBLEMI CHE CARATTERIZZANO LE<br />
ELEZIONI SONO ALTRETTANTO ENORMI: VIOLENZE,<br />
SETTARISMI, CORRUZIONE, STRUMENTALIZZAZIONE DELLE<br />
RELIGIONI: UN MISCUGLIO PERICOLOSO CHE VEDE<br />
CONTRAPPOSTI UNO SCHIERAMENTO LAICISTA E UNA<br />
COMPAGINE NAZIONALISTA<br />
paese è attraversato da profonde ingiustizie e da<br />
attività terroristiche, dal separatismo etnico e<br />
dalla violenza a sfondo religioso. Cinismo e<br />
corruzione minano le istituzioni e la società,<br />
mentre la crisi globale erode la fiducia nelle<br />
prospettive di sv<strong>il</strong>uppo.<br />
La vita politica del paese è stata polarizzata<br />
per cinque anni (l’intervallo di tempo tra<br />
Campagna<br />
elettorale in India,<br />
apr<strong>il</strong>e 2009.<br />
Missione Oggi | maggio 2009 7
<strong>il</strong> fatto e <strong>il</strong> commento<br />
MO<br />
Una gigantesca<br />
macchina elettorale<br />
714 m<strong>il</strong>ioni di aventi diritto di voto esprimono la<br />
loro preferenza in 828.804 seggi elettorali con<br />
l’aus<strong>il</strong>io di 1.368.430 apparecchiature automatiche;<br />
decine di migliaia di candidati proposti da 7<br />
partiti a livello nazionale e 36 a livello locale: nei<br />
numeri, una democrazia senza compromessi e<br />
senza confronti, quella indiana. Contemporaneamente<br />
al voto per <strong>il</strong> rinnovo della Lok Sabha,<br />
la Camera bassa del Parlamento, si vota negli<br />
Stati o nei distretti degli Stati non ancora interessati<br />
dalla fitta serie di scadenze elettorali iniziata<br />
lo scorso autunno. La consultazione elettorale<br />
per la Lok Sabha avviene in questa occasione<br />
in cinque diverse giornate (16, 23 e 30 apr<strong>il</strong>e;<br />
7 e 13 maggio), anche <strong>il</strong> voto negli Stati e Territori<br />
è variab<strong>il</strong>e e prevede fino a cinque fasi. Il<br />
Partiti maggiori e coalizioni si trovano tutti di<br />
fronte alla crescente frammentazione della vita<br />
politica. Il moltiplicarsi dei partiti e dei<br />
movimenti, un pregio della democrazia<br />
partecipativa, nel contesto indiano è sovente<br />
preludio all’ingovernab<strong>il</strong>ità.<br />
Sono oltre m<strong>il</strong>le i partiti politici registrati in India.<br />
Di questi, solo una trentina hanno dimensioni e<br />
velleità per influire sulla politica nazionale a<br />
fianco di sette partiti panindiani<br />
Campagna<br />
elettorale in India,<br />
apr<strong>il</strong>e 2009.<br />
un’elezione l’altra) tra uno schieramento laicista<br />
guidato dal Partito del Congresso, portabandiera<br />
(per la verità un po’ in affanno) degli ideali<br />
della lotta d’indipendenza, di nonviolenza e<br />
di sv<strong>il</strong>uppo condiviso per decenni fatti propri<br />
dalla dinastia Gandhi-Nehru oggi sotto la presidenza<br />
di Sonia Gandhi, e tra una compagine nazionalista<br />
con al centro <strong>il</strong> Bharatiya Janata<br />
Party (Bjp, “Partito del popolo indiano”) in cui<br />
maturano – insieme a istanze di conservazione<br />
di identità e valori – anche aspetti discriminatori<br />
e xenofobi dell’induismo.<br />
LA FRAMMENTAZIONE DELLA VITA<br />
POLITICA<br />
Partiti maggiori e coalizioni si trovano tutti<br />
di fronte alla crescente frammentazione della<br />
vita politica. Il moltiplicarsi dei partiti e dei<br />
movimenti, un pregio della democrazia partecipativa,<br />
nel contesto indiano è sovente preludio<br />
all’ingovernab<strong>il</strong>ità. Sono oltre m<strong>il</strong>le i partiti politici<br />
registrati in India. Di questi, solo una trentina<br />
hanno dimensioni e velleità per influire sulla<br />
politica nazionale a fianco di sette partiti panindiani.<br />
Ci sono Stati nella “più grande democrazia<br />
del mondo” governati da partiti che hanno<br />
raccolto solo <strong>il</strong> 15% dei voti. Tutto questo<br />
rende diffic<strong>il</strong>e governare da soli, problematiche<br />
le alleanze, quasi impossib<strong>il</strong>e la governab<strong>il</strong>ità<br />
sul lungo periodo.<br />
Il Congresso ha una vocazione unitaria e laicista,<br />
ma è un partito elefantiaco, inf<strong>il</strong>trato dalla<br />
corruzione e dai personalismi. A livello centrale,<br />
nell’ultimo quinquennio si è posto alla<br />
guida dell’Alleanza progressista unita (218 seggi<br />
nella Camera uscente, di cui 145 del partito<br />
della Gandhi), affiancata dal Fronte delle sinistre<br />
(59 seggi). Quest’ultimo ha abbandonato la<br />
maggioranza nel 2008, alla firma dell’accordo<br />
sulla condivisione di tecnologia nucleare a sco-<br />
8 Missione Oggi | maggio 2009
MO<br />
conteggio inizierà ovunque <strong>il</strong> 16 maggio. Per<br />
la Lok Sabha sono eleggib<strong>il</strong>i i cittadini che<br />
abbiano compiuto almeno 25 anni, mentre<br />
l’età minima del voto è di 18 anni.<br />
La Costituzione prevede che i membri della<br />
Lok Sabha possano arrivare a un massimo di<br />
552, di cui 530 eletti nei vari Stati e 20 nei Territori<br />
dell’Unione Indiana (questo <strong>il</strong> nome ufficiale<br />
dell’India), 2 indicati direttamente dal<br />
Presidente della Repubblica. La Camera uscente<br />
ha 545 membri: 530 eletti negli Stati, 13 nei<br />
Territori e due rappresentanti della comunità<br />
anglo-indiana di nomina presidenziale.<br />
Una caratteristica della Camera bassa del<br />
Parlamento è che un numero di seggi è riservato<br />
alle comunità riconosciute come storicamente<br />
discriminate. Attualmente sono 84<br />
le Caste registrate e 45 le Tribù registrate.<br />
Uno dei paradossi di questo paese, la cui Costituzione<br />
chiude la porta a ogni discriminazione<br />
per nascita, censo, fede e genere, ma<br />
che nella prassi prevede un complesso sistema<br />
di tutela legale di numerosi gruppi della<br />
popolazione. Tutela non riconosciuta a fedi<br />
minoritarie che non siano uscite in passato<br />
dall’alveo dell’induismo, come buddhisti e<br />
sikh, e che solo di recente i cristiani hanno<br />
iniziato a reclamare, pur se in modo non univoco.<br />
Il rischio, infatti, è di una ulteriore ghettizzazione,<br />
seppure sotto tutela ufficiale. Il<br />
prossimo governo – ha ricordato <strong>il</strong> cardinale<br />
Vithayath<strong>il</strong>, presidente della Conferenza episcopale<br />
dell’India – “dovrebbe immediatamente<br />
porre rimedio” alla condizione dei poveri<br />
e degli emarginati che devono “essere assim<strong>il</strong>ati<br />
nel complesso della società”.<br />
Perché si concretizzi questa aspirazione, come<br />
pure in generale una maggiore tutela e <strong>il</strong><br />
pieno riconoscimento dell’identità “indiana”<br />
dei cristiani (<strong>il</strong> 2% dei cittadini), occorre una<br />
loro maggiore partecipazione alla politica.<br />
Un’esigenza avanzata apertamente dai laici<br />
e sempre meno ostacolata dalla gerarchia.<br />
“Le minoranze religiose sono sempre state<br />
viste come banche di voti e noi vogliamo<br />
cambiare questo stato di cose” è la posizione<br />
del laicato cattolico, non più indirizzato a<br />
firmare un assegno in bianco per <strong>il</strong> Congresso,<br />
abituale calamita del voto cristiano a livello<br />
nazionale. (s.v.)<br />
<strong>il</strong> fatto e <strong>il</strong> commento<br />
MO<br />
po pacifico tra India e Stati Uniti, pur continuando<br />
a sostenerla dall’esterno.<br />
L’opposizione dell’Alleanza democratica nazionale<br />
(181 seggi) ha al centro <strong>il</strong> Bjp e i suoi<br />
138 parlamentari. Quest’ultimo, in particolare,<br />
ha dovuto imparare a proprie spese che una proposta<br />
efficace non può basarsi esclusivamente<br />
sul nazionalismo a sfondo religioso, rigettato come<br />
strumento politico persino dai possib<strong>il</strong>i alleati.<br />
Mai come in queste elezioni, <strong>il</strong> Bjp ha puntato<br />
la propria proposta sui temi dello sv<strong>il</strong>uppo e dell’economia,<br />
ed è chiaro <strong>il</strong> suo tentativo di raccogliere<br />
voti delle minoranze religiose – musulmani,<br />
cristiani e buddhisti – puntando sull’”indianità”,<br />
ovvero sull’orgoglio nazionale, più che sul<br />
pericoloso slogan dell’ “induità” (Hinduttva),<br />
ovvero dell’identità indù imposta su tutti.<br />
RISCHIO INGOVERNABILITÀ<br />
Per gli osservatori, <strong>il</strong> rischio che né <strong>il</strong> Congresso,<br />
né <strong>il</strong> Bjp arrivino alla maggioranza assoluta<br />
è quasi scontata e con esso la prospettiva<br />
dell’ingovernab<strong>il</strong>ità, salvo gli abituali giochi<br />
post-elettorali e uno spregiudicato incrociarsi<br />
delle alleanze. Con uno spunto d’interesse in<br />
più… La “Terza Forza”, che si presenta come<br />
outsider, è una coalizione ost<strong>il</strong>e alla politica<br />
tradizionale e ancor più verso i tradizionali<br />
schieramenti; una compagine pronta a raccogliere<br />
i consensi di coloro che non si sentono<br />
rappresentati dai maggiori schieramenti.<br />
Nell’incontro di presentazione ufficiale, <strong>il</strong><br />
suo ideatore Dewe Gowda, ha definito l’iniziativa<br />
un’“occasione storica per unire tutti i partiti<br />
democratici, laicisti e della sinistra nel paese”.<br />
A capo si è posta, con <strong>il</strong> peso della sua singolare<br />
esperienza, della sua popolarità e soprattutto dei<br />
120 m<strong>il</strong>ioni di elettori dell’Uttar Pradesh di cui è<br />
Stefano Vecchia,<br />
giornalista<br />
professionista, da<br />
alcuni anni risiede in<br />
Asia, con base a<br />
Bangkok, da dove<br />
svolge l’attività di<br />
corrispondente per<br />
quotidiani nazionali,<br />
agenzie e periodici di<br />
attualità.<br />
Nel dicembre 2008 ha<br />
visitato le zone<br />
dell’India in cui i<br />
cristiani sono vittime<br />
di aggressioni e<br />
violenze<br />
Missione Oggi | maggio 2009 9
<strong>il</strong> fatto e <strong>il</strong> commento<br />
Sono in molti a<br />
credere che mai<br />
come in questa<br />
tornata<br />
elettorale, l’India<br />
stia mettendo in<br />
gioco i suoi<br />
valori spirituali e<br />
la sua grandezza<br />
morale<br />
Sonia Gandhi,<br />
presidente del<br />
“Partito del Congresso”.<br />
primo ministro, la “regina degli intoccab<strong>il</strong>i”,<br />
Mayawati Naina Kumari. Il suo è stato un autaut,<br />
in st<strong>il</strong>e con la sua personalità: o capolista<br />
nella carica di premier, oppure la rinuncia a vincere<br />
la fiducia dei fuoricasta e di buona parte degli<br />
emarginati. Per quanti sono disposti a darle <strong>il</strong><br />
voto, essa rappresenta la speranza di riscatto per<br />
decine di m<strong>il</strong>ioni di emarginati. Autoritaria, con<br />
pochi scrupoli e con molti detrattori (che non<br />
mancano di ricordare i suoi rapporti conflittuali<br />
con <strong>il</strong> fisco), tra iniziative populiste e atteggiamenti<br />
messianici, la Mayawati ha convinto i dalit<br />
e non solo loro (anche buona parte dell’elettorato<br />
cristiano nel suo Stato) che sarà lei <strong>il</strong> premier<br />
della svolta nazionale. Più diffic<strong>il</strong>e sarà<br />
convincere eventuali alleati a credere in lei.<br />
I VALORI IN GIOCO E IL RUOLO<br />
DELLA CHIESA<br />
E a proposito di credenze… Sono in molti a<br />
credere che mai come in questa tornata elettorale,<br />
l’India stia mettendo in gioco i suoi valori spirituali<br />
e la sua grandezza morale. Arrivata alla fine<br />
di una campagna elettorale in cui violenze di<br />
ogni genere hanno affiancato e spesso sostituito<br />
comizi e raduni, <strong>il</strong> voto dirà anche quanto gli indiani<br />
credano ancora nell’integrazione delle genti<br />
e delle fedi in un’unica grande nazione.<br />
MO<br />
L’Orissa, da quarant’anni al centro dell’esperimento<br />
di “pulizia religiosa” attuato dall’induismo<br />
radicale associato a potentati economici<br />
e interessi politici, ha vissuto un anno<br />
drammatico e i suoi cristiani sono stati oggetto<br />
di vera e propria persecuzione, che nel periodo<br />
di maggior tensione, lo scorso anno, ha registrato<br />
70 morti, centinaia di feriti e 50 m<strong>il</strong>a profughi,<br />
in particolare tra la popolazione tribale<br />
del distretto di Kandhamal.<br />
Tra i primi ad aderire alla nuova formazione<br />
denominata “Terza Forza”, è stato <strong>il</strong> Bjd (Biju<br />
Janata Dal) guidato dal primo ministro dell’Orissa,<br />
Naveen Patnaik. Il partito, al governo<br />
nello Stato, era appena uscito dall’alleanza diffic<strong>il</strong>e<br />
con <strong>il</strong> Baharatiya Janata Party, denunciando<br />
proprio le violenze anticristiane avvenute<br />
tra <strong>il</strong> dicembre 2007 e <strong>il</strong> settembre 2008.<br />
Alla vig<strong>il</strong>ia della prima tornata elettorale del<br />
16 apr<strong>il</strong>e, a sette mesi dalle violenze, 3.200 cattolici<br />
erano ancora nei campi profughi e a molti<br />
che avevano perso <strong>il</strong> documento elettorale<br />
nelle violenze non ne erano stati forniti di nuovi.<br />
In molti v<strong>il</strong>laggi <strong>il</strong> boicottaggio contro i cattolici<br />
tribali rimaneva forte, al punto da impedirne<br />
<strong>il</strong> ritorno e l’esercizio regolare del voto.<br />
“18 m<strong>il</strong>a abitanti del Kandhamal vivono ancora<br />
a Bhubaneshwar, Cuttack e Berhampur. La<br />
Commissione elettorale può fac<strong>il</strong>mente giudicare<br />
come sia possib<strong>il</strong>e una libera e corretta<br />
consultazione elettorale nel distretto. Può altresì<br />
considerare le concrete possib<strong>il</strong>ità di rientro<br />
degli elettori in occasione del voto, oppure<br />
provvedere affinché coloro che vivono in altre<br />
parti dell’Orissa o dell’India votino per corrispondenza”,<br />
ricordava ancora nell’imminenza<br />
del voto mons. Raphael Cheenath, arcivescovo<br />
di Cuttack-Bhubaneshwar. “Se non sarà data<br />
una risposta ragionevole a queste domande, <strong>il</strong><br />
voto del Kandhamal sarà soltanto una finzione<br />
di democrazia”, ha aggiunto l’arcivescovo.<br />
Anche in questa occasione, la Chiesa non ha<br />
lasciato cadere un’opportunità importante per<br />
far sentire la propria voce e per chiedere ai cattolici<br />
un diverso impegno. “Sono momenti critici<br />
per <strong>il</strong> paese e la Chiesa, pur non sostenendo<br />
partiti politici, ha l’obbligo morale di assicurarsi<br />
che <strong>il</strong> nostro popolo voti per chi garantirà la<br />
sovranità democratica e le credenziali laiche<br />
della nostra amata patria”, ha ricordato <strong>il</strong> cardinale<br />
Varkey Vithayath<strong>il</strong>, presidente della Conferenza<br />
episcopale indiana in un suo messaggio<br />
in vista delle elezioni. STEFANO VECCHIA<br />
10 Missione Oggi | maggio 2009
Intervista a Edgardo Lander<br />
Luci e ombre<br />
della rivoluzione<br />
bolivariana<br />
A CURA DI MAURO CASTAGNARO<br />
MO<br />
Interviste sul futuro<br />
Edgardo Lander è docente<br />
al Dipartimento di Studi<br />
latinoamericani della Scuola di<br />
sociologia dell’Università<br />
Centrale del Venezuela e<br />
membro del Consiglio<br />
latinoamericano delle scienze<br />
sociali (Clacso)<br />
Tra dicembre del 2007 e febbraio del 2009 i<br />
venezuelani hanno prima respinto col<br />
51% la riforma costituzionale proposta<br />
dall’esecutivo, poi confermato la maggioranza<br />
di governo nelle amministrative del novembre<br />
2008 e infine approvato col 54%<br />
l’emendamento costituzionale che consente<br />
al capo dello Stato Hugo Chavez di ricandidarsi<br />
alla presidenza della Repubblica senza<br />
limiti nel numero dei mandati. Qual è <strong>il</strong> significato<br />
politico di queste consultazioni<br />
Il risultato del referendum del 2007 sorprese<br />
l’opposizione, che non sperava di vincere né si<br />
aspettava che Chavez riconoscesse la sconfitta.<br />
Nel chavismo si aprì un vivace dibattito sull’inefficienza<br />
delle politiche statali e sulla corruzione,<br />
che però si spense nel giro di due-tre mesi, di<br />
fronte all’incombere delle elezioni amministrative.<br />
Nel frattempo si è consolidato un nuovo<br />
orientamento dell’opposizione, molto eterogeneo,<br />
comprendendo settori di estrema destra, liberali<br />
e socialdemocratici. Fino al 2006 era stata<br />
l’ala golpista a egemonizzare l’opposizione, che<br />
puntava a rovesciare <strong>il</strong> governo con ogni mezzo:<br />
<strong>il</strong> colpo di Stato (2002), <strong>il</strong> blocco dell’industria<br />
petrolifera (2002-2003), <strong>il</strong> boicottaggio delle elezioni<br />
parlamentari (2005). In vista delle presidenziali<br />
del 2006, però, i settori più reazionari avevano<br />
perso peso e l’opposizione aveva presentato<br />
un candidato, Manuel Rosales, raccogliendo <strong>il</strong><br />
37% dei voti. Alle ultime amministrative ha orga-<br />
Missione Oggi | maggio 2009 11
interviste sul futuro<br />
Bisogna<br />
ricordare che<br />
solo la<br />
straordinaria<br />
mob<strong>il</strong>itazione<br />
dei settori<br />
popolari aveva<br />
permesso<br />
al governo<br />
di sopravvivere<br />
ai tentativi<br />
eversivi<br />
del 2002-2003<br />
MO<br />
nizzato un fronte unitario, riuscendo a conquistare<br />
i tre Stati più popolosi (Zulia, Miranda, Carabobo),<br />
nonché <strong>il</strong> municipio di Caracas. In molti<br />
posti ciò è dovuto al malcontento popolare, anche<br />
nelle f<strong>il</strong>e del chavismo, perché la gestione di alcuni<br />
sindaci e governatori era stata molto scadente.<br />
Ciò ha prodotto una ridefinizione del conflitto<br />
politico, che era stato costruito sulla polarizzazione<br />
governo-opposizione ovvero difesa-cacciata<br />
del presidente: ora l’opposizione ha capito<br />
che sul terreno dello scontro permanente Chavez<br />
vince, quindi ha cominciato a creare organizzazioni,<br />
elaborare programmi, in funzione delle<br />
presidenziali del 2012, cercando di ampliare la<br />
propria base, rafforzare la propria unità e dimostrare<br />
che ha capacità di governo risolvendo a livello<br />
locale i problemi della sicurezza o della<br />
raccolta dei rifiuti, in cui l’esecutivo risulta del<br />
tutto inefficace. Inoltre nel campo chavista la<br />
gente comincia a distinguere, per cui vota a favore<br />
di Chavez, ma contro un candidato sindaco<br />
sgradito o si astiene.<br />
In questo contesto che ruolo ha la questione<br />
della rieleggib<strong>il</strong>ità di Chavez<br />
Chavez e <strong>il</strong> chavismo sono coscienti della<br />
propria vulnerab<strong>il</strong>ità politico-elettorale, anche<br />
perché la crisi economica globale avrà un impatto<br />
sulla capacità di spesa pubblica del governo,<br />
tenendo conto che nel 2008 <strong>il</strong> 93% del valore<br />
delle esportazioni derivava dal petrolio e che le<br />
riserve valutarie accumulate permettono di compensare<br />
<strong>il</strong> calo del prezzo internazionale del<br />
greggio solo per <strong>il</strong> 2009. Bisogna ricordare che<br />
solo la straordinaria mob<strong>il</strong>itazione dei settori popolari<br />
aveva permesso al governo di sopravvive-<br />
re ai tentativi eversivi del 2002-2003, dopo i<br />
quali l’esecutivo ha sv<strong>il</strong>uppato una politica sociale<br />
estremamente attiva attraverso le “missioni”,<br />
come Barrio Adentro, che con l’aus<strong>il</strong>io di<br />
18m<strong>il</strong>a medici cubani ha garantito a m<strong>il</strong>ioni di<br />
poveri un medico disponib<strong>il</strong>e 24 ore su 24 e l’accesso<br />
gratuito alle medicine. Le “missioni” hanno<br />
innescato un processo di trasformazione nell’educazione,<br />
sanità, creazione di posti di lavoro,<br />
promozione di cooperative, che ha garantito alla<br />
“rivoluzione bolivariana” l’appoggio della maggioranza<br />
della popolazione. Tanto <strong>il</strong> governo<br />
quanto l’opposizione sono convinti che <strong>il</strong> miglior<br />
candidato per <strong>il</strong> chavismo nel 2012 sia Chavez.<br />
Da qui la scelta della maggioranza di eliminare i<br />
vincoli alla sua ricandidatura. Anch’io credo che<br />
non ci sia attualmente un leader alternativo a<br />
Chavez e un ritorno della destra al governo in<br />
Venezuela avrebbe conseguenze negative non<br />
solo per <strong>il</strong> paese, ma per tutta l’America latina.<br />
Ma questo non pone problemi a un processo<br />
di trasformazione che si vuole democratico<br />
C’è in effetti una contraddizione alla lunga<br />
insostenib<strong>il</strong>e tra un discorso e una pratica che<br />
enfatizzano la partecipazione democratica, soprattutto<br />
di base, attraverso Consigli comunali,<br />
Comitati di salute, Comitati di terra, e <strong>il</strong> fatto<br />
che le decisioni si concentrino soprattutto nelle<br />
mani del Presidente. La possib<strong>il</strong>ità per la gente<br />
di incidere nelle scelte di politica nazionale esige<br />
meccanismi che non esistono. Anche la creazione<br />
del Partito socialista unito del Venezuela<br />
(Psuv) per raggruppare i sostenitori del chavismo<br />
non è servita in questo senso, non solo perché<br />
esso comprende marxisti-leninisti ortodossi,<br />
correnti tecnocratiche, settori m<strong>il</strong>itari nazionalisti<br />
e una “boliborghesia” corrotta, ma perché<br />
continua a essere una cinghia di trasmissione<br />
delle decisioni che arrivano dall’alto.<br />
Inoltre la dipendenza da una singola persona<br />
rende la rivoluzione bolivariana assai vulnerab<strong>il</strong>e<br />
e più esposta a derive populiste. Chavez è riuscito<br />
a dare direzione e unità al malcontento popolare,<br />
avviando un processo di politicizzazione<br />
impensab<strong>il</strong>e pochi anni fa. Se però non si producono<br />
forme di istituzionalizzazione, non si creano<br />
meccanismi collettivi di presa di decisioni,<br />
non emergono nuovi dirigenti e una figura così<br />
potente potrebbe finire per frenare i processi di<br />
allargamento della partecipazione. Quando una<br />
leadership si prolunga, finisce per rendersi autonoma<br />
dalla società. Se la “rivoluzione boliva-
iana” non progredisce nella democrazia e nell’inclusione,<br />
rischia di perdere la possib<strong>il</strong>ità di<br />
costruire un’altra società, <strong>il</strong> che avrebbe un elevatissimo<br />
costo politico per le prospettive di trasformazione<br />
sociale in tutto <strong>il</strong> continente.<br />
Come si pone <strong>il</strong> rapporto tra Stato, partito<br />
e movimenti sociali<br />
A differenza della rivoluzione cubana, che<br />
ha conquistato l’apparato dello Stato e imposto<br />
Se la “rivoluzione bolivariana”<br />
non progredisce nella democrazia<br />
e nell’inclusione, rischia di perdere<br />
la possib<strong>il</strong>ità di costruire<br />
un’altra società<br />
con la forza una riorganizzazione della società,<br />
quella venezuelana è un processo di trasformazione<br />
che avviene per via elettorale e costituzionale,<br />
per cui richiede un consenso elettorale<br />
maggioritario. D’altro canto, sim<strong>il</strong>e è la concezione<br />
della relazione tra l’ambito pubblico-statale<br />
e quello politico-partitico: siccome si ritiene<br />
che queste siano separazioni liberali e non si<br />
è riflettuto sul piano teorico su una possib<strong>il</strong>e<br />
forma diversa di organizzazione dello Stato, la<br />
distinzione tra i due ambiti tende spesso a rarefarsi.<br />
Così si dice che la compagnia Petroleos<br />
de Venezuela S.A. (Pdvsa) risponde al chavismo,<br />
però non solo nel senso che la politica petrolifera<br />
è definita dal governo, ma le sue risorse<br />
sono dello Stato o del Psuv in forma relativamente<br />
indifferenziata. Oppure i Consigli comunali<br />
sono proposti come base dell’organizzazione<br />
della nuova società, in cui le comunità si riu-<br />
MO<br />
niscono e affrontano i problemi legati alla gestione<br />
dell’acqua, dell’assistenza sanitaria, ma<br />
se sono trasformati in organismi chavisti, resta<br />
fuori quasi la metà della popolazione. Pure tra<br />
organizzazione sociale e partito i confini non<br />
esistono o sono poco chiari. Stato-partitoorganizzazione<br />
sociale finiscono per essere una<br />
serie di ingranaggi senza autonomia reciproca,<br />
per cui sono forti i processi di cooptazione e<br />
controllo, anche perché buona parte dei movimenti<br />
popolari dipende da risorse pubbliche.<br />
Quello che manca è una riflessione sull’egemonia,<br />
perché un progetto di paese non esige solo<br />
l’inclusione di chi è sempre stato escluso, ma<br />
deve offrire una prospettiva a tutti i cittadini,<br />
compreso quel 40% che vota per l’opposizione e<br />
non è riducib<strong>il</strong>e all’alta borghesia: almeno <strong>il</strong> 15-<br />
20% è costituito da settori popolari, c’è la maggior<br />
parte del ceto medio, un gruppo di intellettuali,<br />
tutti gli imprenditori privati, una quota di<br />
studenti universitari. Un processo di trasformazione<br />
intacca interessi e cambia le relazioni di<br />
potere, perché nel passaggio da una straordinaria<br />
disuguaglianza a una maggiore equità si devono<br />
perdere priv<strong>il</strong>egi, che nessuno cede volontariamente.<br />
Tuttavia <strong>il</strong> chavismo usa un discorso molto<br />
settario e conflittuale, per cui, per esempio, gli<br />
imprenditori, che pure in questi anni hanno guadagnato<br />
moltissimo, vivono costantemente<br />
nell’attesa di essere cacciati, perciò non investono,<br />
non fanno programmi per <strong>il</strong> futuro.<br />
Come entra in questo progetto di cambiamento<br />
la questione ambientale<br />
Dopo la fine dell’esperienza sovietica, un<br />
“socialismo del XXI secolo” deve essere profondamente<br />
e radicalmente democratico nonché<br />
assumere come priorità storica immediata <strong>il</strong><br />
tema della vita nella sua integralità (<strong>il</strong> riscaldamento<br />
globale, la difesa dell’acqua, ecc.). Qui<br />
la “rivoluzione bolivariana” vive una contraddizione<br />
di fondo: riconosce l’urgenza di un modello<br />
di civ<strong>il</strong>tà che non sia in guerra permanente<br />
contro la natura (e che quello basato sul consumo<br />
petrolifero minaccia a breve termine la<br />
possib<strong>il</strong>ità della vita sul pianeta), ma fonda le<br />
politiche sociali e i progetti d’integrazione col<br />
resto del continente sulle entrate provenienti<br />
dal greggio. Ovviamente non si può cambiare<br />
da un giorno all’altro, ma riproporre l’idea del<br />
“Venezuela, potenza energetica mondiale” e investire<br />
nello sfruttamento dei giacimenti della<br />
fascia dell’Orinoco consolida un modello che si<br />
critica.<br />
A CURA DI MAURO CASTAGNARO<br />
Quello che<br />
manca è una<br />
riflessione<br />
sull’egemonia,<br />
perché un<br />
progetto di<br />
paese non esige<br />
solo l’inclusione<br />
di chi è sempre<br />
stato escluso,<br />
ma deve offrire<br />
una prospettiva<br />
a tutti i cittadini,<br />
compreso quel<br />
40% che vota<br />
per l’opposizione<br />
e non è<br />
riducib<strong>il</strong>e all’alta<br />
borghesia:<br />
almeno <strong>il</strong> 15-<br />
20% è costituito<br />
da settori<br />
popolari<br />
Il presidente<br />
del Venezuela<br />
Hugo Chavez.<br />
interviste sul futuro<br />
Missione Oggi | maggio 2009 13
campagne mo<br />
Pressione<br />
alle Banche armate<br />
La Campagna di pressione alle “banche<br />
armate” (promossa dalle riviste<br />
Missione Oggi, Mosaico di pace e Nigrizia,)<br />
– pur apprezzando la pubblicazione<br />
anche quest’anno del Rapporto del<br />
Presidente del Consiglio sui lineamenti<br />
di Politica del Governo sull’esportazione<br />
e <strong>il</strong> transito di materiale d’armamento<br />
e la sua accessib<strong>il</strong>ità attraverso la pubblicazione<br />
sul sito della presidenza del<br />
consiglio (www.governo.it/Presidenza/<br />
UCPMA/rapporto_2008.html) – è fortemente<br />
preoccupata per <strong>il</strong> consistente incremento<br />
delle autorizzazioni alle<br />
esportazioni di armamenti, che nel<br />
2008 hanno raggiunto la cifra record di<br />
oltre 3 m<strong>il</strong>iardi di euro, con un crescita<br />
di quasi <strong>il</strong> 29% rispetto al 2007. Senza<br />
dire che <strong>il</strong> valore delle autorizzazioni<br />
delle transazioni bancarie ha superato i<br />
4 m<strong>il</strong>iardi di euro. «In particolar modo –<br />
denunciano padre Alex Zanotelli, padre<br />
Mario Menin e padre Franco Moretti, direttori<br />
delle riviste Mosaico di Pace, Missione<br />
Oggi e Nigrizia – ci preoccupano,<br />
e crediamo che non possano essere<br />
lasciate senza spiegazioni, le<br />
autorizzazioni verso paesi in conflitto<br />
(tra cui Israele), in zone di forte tensione<br />
(Medio Oriente, Africa e Asia), dove le organizzazioni<br />
internazionali segnalano<br />
“gravi violazioni dei diritti umani”, e,<br />
più in generale, verso i paesi del sud del<br />
mondo, a cui, nell’insieme, lo scorso anno<br />
è stato destinato più del 30% dell’esportazione<br />
m<strong>il</strong>itare italiana, pari a<br />
quasi 928 m<strong>il</strong>ioni di euro».<br />
La campagna, inoltre, nel valutare la volontà<br />
espressa dalla presidenza del Consiglio<br />
di «incrementare ulteriormente la<br />
trasparenza sulle attività», non ritiene<br />
giustificata la mancanza nel Rapporto<br />
della tabella riassuntiva del “Valore degli<br />
importi autorizzati” agli istituti di<br />
credito che forniscono servizi d’appoggio<br />
al commercio di armi. «Una tabella<br />
che – sottolineano i direttori – non dovrebbe<br />
mancare dalla più ampia Relazione<br />
che la presidenza del consiglio ha<br />
consegnato al parlamento: una tabella<br />
la cui pubblicazione, contestualmente al<br />
Rapporto, avrebbe indicato una chiara<br />
volontà di trasparenza su tutti i settori<br />
dell’esportazione di armamenti».<br />
«Ricordiamo – prosegue la nota dei tre<br />
direttori – che nel giugno 2008 la nostra<br />
Campagna, con una lettera ufficiale<br />
alla presidenza del Consiglio e<br />
MO<br />
alle amministrazioni competenti, ha segnalato<br />
la mancanza nell’allegato alla<br />
Relazione del ministro dell’economia e<br />
delle finanze (dipartimento del tesoro)<br />
del “Riep<strong>il</strong>ogo in dettaglio suddiviso per<br />
Istituti di Credito”: un documento voluminoso<br />
che <strong>il</strong> suddetto ministero ha sostituito<br />
– senza alcuna spiegazione –<br />
con un “Riep<strong>il</strong>ogo in dettaglio suddiviso<br />
per Aziende” (Documento E), che, di fatto,<br />
ha sottratto al controllo parlamentare<br />
e della società civ<strong>il</strong>e informazioni di<br />
decisiva r<strong>il</strong>evanza circa l’operato in materia<br />
degli istituti di credito. Stiamo ancora<br />
aspettando risposta a quella lettera<br />
inviata alla presidenza del Consiglio<br />
e alle amministrazioni competenti».<br />
«Vogliamo, perciò, credere che la volontà<br />
espressa dalla presidenza del Consiglio<br />
nell’attuale Rapporto di porre “ogni<br />
sforzo per continuare <strong>il</strong> dialogo con i<br />
rappresentanti delle organizzazioni<br />
non governative interessate al controllo<br />
delle esportazioni e dei trasferimenti<br />
dei materiali d’armamento, con la finalità<br />
di favorire una più puntuale e trasparente<br />
informazione nei temi d’interesse”,<br />
intenda comprendere anche un<br />
confronto approfondito sui temi delle<br />
informazioni che riguardano le<br />
operazioni bancarie. Operazioni che<br />
sono l’unico modo per garantire un riscontro<br />
ufficiale e preciso agli istituti di<br />
credito che hanno messo in atto politiche<br />
restrittive in materia, e consentono<br />
alla società civ<strong>il</strong>e di valutare l’operato<br />
delle banche con <strong>il</strong> rigore e l’attenzione<br />
che sono indispensab<strong>il</strong>i».<br />
«Ci associamo, pertanto, alla richiesta<br />
della Rete Italiana Disarmo – di<br />
cui la nostra campagna è parte – nel<br />
chiedere un incontro urgente con la presidenza<br />
del consiglio e le amministrazioni<br />
competenti per poter valutare nel<br />
merito l’attuale Rapporto e, più in generale,<br />
la politica del governo sull’esportazione<br />
materiale d’armamento, e chiediamo<br />
fin d’ora che <strong>il</strong> parlamento analizzi<br />
l’attuale Rapporto e la Relazione<br />
che gli è stata inviata anche con un dibattito<br />
finale in aula che preveda una<br />
votazione esplicita su un tema così delicato<br />
come quello dell’esportazione m<strong>il</strong>itare<br />
italiana».<br />
Missione Oggi,<br />
Mosaico di pace e Nigrizia<br />
14 Missione Oggi | maggio 2009
Ciad<br />
MARCO BERTONI<br />
una radio<br />
per chi non ha parola<br />
A. CAUSIN<br />
LA LINEA EDITORIALE<br />
DELLA RTN<br />
La linea editoriale della RTN è impostata su<br />
quattro punti principali:<br />
❚ Informare la popolazione e la comunità di<br />
tutta la regione sulla situazione locale,<br />
nazionale ed internazionale. Fornire<br />
un’informazione che crea un legame tra le<br />
differenti comunità presenti sul territorio.<br />
❚ Formare gli ascoltatori attraverso dei<br />
programmi a carattere pedagogico.<br />
❚ La promozione integrale dell’uomo attraverso<br />
delle emissioni su salute, agricoltura, ambiente,<br />
giustizia e pace, diritti dell’uomo, promozione<br />
della donna, ecc.<br />
❚ Promozione della cultura locale e nazionale<br />
attraverso la musica folk, gli artisti locali e i<br />
racconti (favole in 3 lingue) o i dibattiti nelle<br />
varie lingue.<br />
comunicazione e sv<strong>il</strong>uppo<br />
STORIA ED OBIETTIVI<br />
Radio Terre Nouvelle (RTN) è la radio della<br />
diocesi di Pala (Ciad) che ha iniziato ad<br />
emettere a Bongor sui 98.4 FM nell’anno 2000 e<br />
poi ha aggiunto un ripetitore a Pala nel 2003.<br />
Trasmette in 9 lingue (Francese, Arabo locale,<br />
Masa, Musey, Tupuri, Mundang, Zimé, Ngambay,<br />
Fufuldé). Questa è una scelta che, nonostante<br />
le difficoltà, ci permette di parlare a tutta la popolazione<br />
della regione nella loro lingua e quindi<br />
di avere una comunicazione più diretta. Come<br />
obiettivo, che è anche lo slogan, la RTN ha “La<br />
comunicazione a servizio dello sv<strong>il</strong>uppo”, e più<br />
precisamente una radio a servizio dell’uomo e di<br />
ogni uomo. Una radio che cerca lo sv<strong>il</strong>uppo integrale<br />
di ogni uomo e che tiene conto degli strati<br />
più deboli dando spazio alle donne e ai giovani.<br />
Normalmente trasmettiamo 2h e 30m al mattino<br />
(dalle 6 alle 8:30) e 5 ore la sera (dalle 16<br />
alle 21). I programmi prevedono al mattino una<br />
griglia di informazione (giornale in francese) e<br />
spazio “sanità” che nel corso della settimana sono<br />
riprodotti nelle varie lingue. Al pomeriggio i<br />
programmi sono più variati ma <strong>il</strong> f<strong>il</strong>o conduttore<br />
è l’animazione portata avanti con un programma<br />
sull’ambiente e lo sv<strong>il</strong>uppo, uno sui diritti,<br />
le leggi o altri temi di educazione civica.<br />
RADIO ED EVANGELIZZAZIONE<br />
La radio, pur essendo della diocesi, si rivolge<br />
a tutti e quindi <strong>il</strong> primo approccio è <strong>il</strong> dialogo<br />
e l’attenzione a tutti gli ascoltatori.<br />
La RTN vorrebbe essere una presenza cristiana<br />
reperib<strong>il</strong>e ed effettiva tra i vari media, ma<br />
con uno spirito libero che rivolge <strong>il</strong> suo messaggio<br />
al maggior numero possib<strong>il</strong>e di ascoltatori.<br />
Senza essere una radio religiosa, i giornalisti<br />
analizzano alcuni avvenimenti alla luce della fede<br />
e, anche se la priorità è data ai cattolici, non<br />
si dimenticano le feste musulmane. Più complesso<br />
è <strong>il</strong> rapporto con la religione tradizionale<br />
La radio, pur<br />
essendo della<br />
diocesi, si<br />
rivolge a tutti e<br />
quindi <strong>il</strong> primo<br />
approccio è <strong>il</strong><br />
dialogo e<br />
l’attenzione a<br />
tutti gli<br />
ascoltatori<br />
Uno speaker<br />
della RTN.<br />
Missione Oggi | maggio 2009 15
comunicazione e sv<strong>il</strong>uppo<br />
Lo spazio<br />
religioso copre<br />
<strong>il</strong> 4% delle<br />
emissioni e<br />
comprende <strong>il</strong><br />
Vangelo del<br />
mattino ed<br />
un’emissione<br />
“Vangelo e<br />
società” la<br />
domenica. Si<br />
sta facendo uno<br />
sforzo per avere<br />
un maggiore<br />
legame<br />
con le comunità<br />
di base<br />
Andrea Causin (al centro),<br />
consigliere regionale<br />
del Veneto,<br />
in visita a Bongor nel Ciad;<br />
Padre Marco Bertoni,<br />
saveriano,<br />
direttore della RTN.<br />
A. CAUSIN<br />
che non possiede grandi culti né santuari e le cui<br />
feste sono cicliche e lunari. Purtroppo in questo<br />
senso oggi vi è la tendenza alla folclorizzazione<br />
e si moltiplicano i festival o i revival (st<strong>il</strong>e ritorno<br />
alle radici e alla tradizione) che cerchiamo di<br />
“coprire” mediaticamente portando uno sguardo<br />
rivolto al futuro e adattando i valori tradizionali<br />
ai tempi attuali. L’evangelizzazione passa attraverso<br />
una sensib<strong>il</strong>ità che <strong>il</strong> giornalista fa trasparire<br />
come tela di fondo e come apertura all’altro<br />
e alle diverse sensib<strong>il</strong>ità religiose. Lo spazio religioso<br />
copre <strong>il</strong> 4% delle emissioni e comprende<br />
<strong>il</strong> Vangelo del mattino ed un’emissione “Vangelo<br />
e società” la domenica. Si sta facendo uno<br />
sforzo per avere un maggiore legame con le comunità<br />
di base che potrebbero aiutare la radio<br />
sia nelle trasmissioni sia nella proposizione di<br />
temi da trattare, dando spazio ai loro problemi o<br />
alla formazione partendo dai loro bisogni e dalla<br />
vita concreta.<br />
RADIO E “NEW MEDIA”<br />
Il Ciad, come quasi tutti i paesi del Sud, conosce<br />
uno sv<strong>il</strong>uppo della telefonia mob<strong>il</strong>e che<br />
offre anche servizi Internet. Per la radio è un<br />
buon servizio, ma, come per tutta la popolazione,<br />
è pagato a caro prezzo e crea dipendenza. Il<br />
telefono è diventato uno status symbol e tanta<br />
gente si procura un telefono pur di “apparire”,<br />
rinunciando spesso al mangiare. Le ricariche<br />
normali sono di 500 franchi Cfa (meno di un euro).<br />
Internet è ut<strong>il</strong>izzato da pochissima gente ed<br />
anche noi abbiamo problemi di connessione, per<br />
cui preferiamo prendere tante notizie dalla televisione<br />
satellitare o attraverso la radio World<br />
Space. In questo campo <strong>il</strong> Ciad, che non aveva<br />
una televisione nazionale, quest’anno è riuscito<br />
A. CAUSIN<br />
OBIETTIVI DELLA RTN<br />
Lo scopo di ogni programma e di tutta l’animazione<br />
mira a:<br />
❚ Responsab<strong>il</strong>izzare la popolazione per trovare assieme<br />
delle soluzioni ai problemi causati dalla povertà e dal<br />
sottosv<strong>il</strong>uppo;<br />
❚ Cercare di risolvere i conflitti intercomunitari e promuovere<br />
una buona coabitazione; dibattere dei problemi<br />
sociali come l’Aids o l’alcolismo, ecc.<br />
❚ Offrire uno spazio per un divertimento sano e soddisfacente.<br />
❚ Essere una radio al servizio di quelli che, nella società,<br />
non hanno mai la parola.<br />
❚ Una delle caratteristiche della radio è la “prossimità”,<br />
<strong>il</strong> fatto di essere vicina alla gente ed ai suoi problemi, cercando<br />
di raggiungerla parlando <strong>il</strong> suo linguaggio.<br />
ad ottenere uno spazio su un satellite arabo per<br />
trasmettere alcuni programmi giornalieri.<br />
LE SFIDE DELLA COMUNICAZIONE<br />
Le sfide della comunicazione, in una regione<br />
multietnica e multiculturale, sono di arrivare<br />
a tutti gli ascoltatori parlando la loro lingua e<br />
ut<strong>il</strong>izzando <strong>il</strong> loro linguaggio per essere al centro<br />
di tutti i cambiamenti ed aiutare ad un vero<br />
sv<strong>il</strong>uppo dell’uomo e della società.<br />
In un paese marcato dalla guerra e dai conflitti,<br />
la radio vuole essere la voce che porta la<br />
pace, la gioia e la speranza. La comunicazione<br />
è soprattutto dare buone notizie ed aiutare la<br />
crescita del paese per <strong>il</strong> bene di tutti senza nessuna<br />
distinzione. Una delle sfide maggiori è la<br />
lotta contro le ingiustizie ed informare sui propri<br />
diritti e doveri, sia come uomo sia come cittadino.<br />
In questo senso <strong>il</strong> sogno è di dare voce<br />
a chi non ha voce, ai deboli e a tutti quelli che<br />
subiscono ingiustizia o non sono rispettati nei<br />
loro diritti per costruire una società dove regni<br />
la pace.<br />
MARCO BERTONI<br />
16 Missione Oggi | maggio 2009
dossier<br />
F<strong>il</strong>m<br />
e missione<br />
tra memoria<br />
e futuro<br />
Se <strong>il</strong> cinema è la “settima arte”, come<br />
ormai anche i più restii sono disposti ad<br />
a cura di FEDERICO TAGLIAFERRI e FIORENZO RAFFAINI<br />
ammettere, allora non c’è da stupirsi se<br />
a pochi anni dalla sua nascita esso abbia intrecciato la sua storia con i temi religiosi e, in particolare, con quelli missionari. Come in altri campi<br />
più tradizionali (letteratura, pittura, scultura, architettura), lo spirito religioso ha bisogno dell’arte per esprimersi e per portare <strong>il</strong> suo messaggio.<br />
Ecco dunque la nascita del cinema “missionario”, un piccolo ma ricco f<strong>il</strong>one produttivo che ha interessato sia f<strong>il</strong>m, sia documentari.<br />
Alcuni istituti missionari hanno abbracciato presto la nuova arte, tra questi i saveriani sono stati dei precursori, impegnandovi alcuni dei migliori<br />
ingegni a disposizione. Avviare oggi una riflessione sul ruolo prezioso che ancora possono svolgere f<strong>il</strong>m e pellicole (con la loro incredib<strong>il</strong>e<br />
modernizzazione tecnologica) è forse inevitab<strong>il</strong>e, in una società, come quella contemporanea, che si basa sull’immagine a tutti i livelli<br />
e proprio per questo è sazia, disincantata e smaliziata. Ma, forse, ancor più s’impone la domanda su quali temi, personaggi ed esperienze<br />
basarsi nell’offrire allo spettatore una storia che sia raccontata in maniera professionale e di livello qualitativo elevato. Riusciranno i missionari<br />
a “bucare” schermi e video e a far giungere ancora <strong>il</strong> loro messaggio C’è da augurarselo: sarebbe davvero un peccato se <strong>il</strong> fascino<br />
delle vecchie pellicole dovesse svanire definitivamente, archiviate negli schedari della storia del cinema, senza essere rimpiazzate da nuove,<br />
dinamiche, coraggiose opere al servizio del messaggio evangelico.<br />
Missione Oggi | maggio 2009 17
dossier<br />
Storia<br />
del cinema<br />
missionario<br />
LA FIGURA DEL MISSIONARIO È STATA TRATTEGGIATA IN DIVERSI FILM, DOVE<br />
RICORRONO ALCUNI CLICHÉ CHE A VOLTE NE RENDONO UN’IMMAGINE STE-<br />
REOTIPATA. LINO FERRACIN, ESPERTO DI CINEMA E AUTORE DI MOLTE PUB-<br />
BLICAZIONI, DA ANNI CURA LE PRESENTAZIONI DI FILM AD ALTO VALORE IN-<br />
TERCULTURALE SULLE PAGINE DI “CEM MONDIALITÀ”. IN QUESTA PANORA-<br />
MICA CI OFFRE UN’INTERESSANTE ANALISI DEI TEMI AFFRONTATI E UNA SCEL-<br />
TA CRITICA DELLE PRINCIPALI PELLICOLE CHE HANNO PER PROTAGONISTI IL<br />
MISSIONARIO E LA MISSIONE.<br />
Il missionario<br />
che eroe!<br />
LINO FERRACIN<br />
Padri <strong>Saveriani</strong><br />
dietro la macchina<br />
da presa a Loyang<br />
(Cina, anni ’30).<br />
Diversamente da quanto istintivamente valutavo,<br />
non sono molti i f<strong>il</strong>m, prodotti per <strong>il</strong><br />
grande pubblico, che nella storia del cinema sono<br />
stati dedicati alla figura di un missionario.<br />
Intendo quello che parte dall’Occidente cristiano<br />
e civ<strong>il</strong>izzato per portare a popoli lontani la<br />
parola del Signore, non ci interessano cioè tutte<br />
quelle altre storie ambientate in periferie malfamate,<br />
in carceri violenti, in agnostici salotti borghesi<br />
o in fabbriche senza Dio; non si parla di<br />
sacerdoti o pastori in missione qui ma di missionari<br />
al lavoro là. Una quindicina Pochi pare,<br />
perché un f<strong>il</strong>m, che abbia come protagonista<br />
un missionario o che ricostruisca una vicenda<br />
legata alla presenza di missionari in terre lontane,<br />
è fac<strong>il</strong>e e allettante, infatti le qualità e la storia<br />
di chi parte per annunciare Cristo sono naturalmente<br />
cinematografiche e l’idea romantica<br />
che <strong>il</strong> pubblico ha del missionario ben si adatta<br />
alla più classica delle sceneggiature.<br />
LA FIGURA DEL MISSIONARIO-EROE<br />
Al centro di un buon f<strong>il</strong>m di massa deve esserci<br />
un eroe in una situazione diffic<strong>il</strong>e e <strong>il</strong> missionario<br />
è un personaggio che può avere tutte le<br />
18 Missione Oggi | maggio 2009
caratteristiche di un eroe. Ha una fede per cui è<br />
disposto a morire, non ha paura di lasciare agiatezze<br />
e sicurezze per buttarsi verso l’ignoto; è<br />
solitamente solo a guardare dalla tolda di una<br />
nave <strong>il</strong> mare immenso o a cercare dall’alto di un<br />
dirupo tracce lontane di anime da convertire; è<br />
“uno” in mezzo a molti, lontano dalla patria e<br />
dai suoi cari, disarmato in mezzo a nemici spesso<br />
fanatici. Di lui conosciamo le motivazioni del<br />
suo fare, del suo partire, del suo rischiare. Alle<br />
spalle lascia storie di affetti e sentimenti: genitori<br />
e parenti lontani, a volte amori giovan<strong>il</strong>i; con<br />
sé porta amore per gli altri, odio per lo sfruttamento<br />
e la schiavitù materiale o morale. È per<br />
definizione dalla parte del bene; Dio è con lui e<br />
anche la sconfitta è vittoria nel Regno dei Cieli.<br />
La vicenda di un’esperienza missionaria è<br />
già quasi scritta: vi è una partenza, variamente<br />
motivab<strong>il</strong>e, vi è un viaggio di avvicinamento, a<br />
volte diffic<strong>il</strong>e e pericoloso, vi è un incontro con<br />
l’altro, a cui seguono difficoltà di comprensione<br />
e accettazione, affrontate con l’arma della<br />
bontà e del sacrificio. C’è poi l’accoglienza e la<br />
fondazione di una nuova piccola società positiva<br />
e aperta al futuro, che saprà affrontare i problemi<br />
che verranno perché la speranza è molto<br />
più di un sogno. Se invece vi è sconfitta, affrontata<br />
con coraggio ed eroismo fino al martirio,<br />
questa non dipende dal nostro eroe ma è opera<br />
dell’“altro”, selvaggio violento, nemico della<br />
fede, o potente egoista.<br />
Sul piano degli ideali <strong>il</strong> nostro eroe non è<br />
partito per i potenti, che generalmente lo vedono<br />
con diffidenza e lo rifiutano appena si accorgono<br />
che <strong>il</strong> suo fare e <strong>il</strong> suo st<strong>il</strong>e di vita metto-<br />
no in discussione <strong>il</strong> loro potere, ma per la sua<br />
gente, i più deboli, i più poveri, i rifiutati. Le<br />
sue armi sono la fede, la tenacia, la capacità di<br />
ascolto, la forza delle sue scelte.<br />
L’ambiente dove <strong>il</strong> missionario opera è, naturalmente,<br />
esotico e bellissimo, se al contrario<br />
è diffic<strong>il</strong>e, povero o al limite dell’inumano, comunque<br />
ha la forza di attrazione del lontano e<br />
del diverso. Offrendo, inoltre, le vicende della<br />
diffusione del cristianesimo, spesso legate ad<br />
avvenimenti storici decisivi per i popoli e le nazioni<br />
che per prime accolsero i missionari, la<br />
possib<strong>il</strong>ità di inserire le vicende missionarie<br />
nella Storia e di poterle in qualche modo adattare<br />
o piegare a motivazioni ideologiche, non importa<br />
se lontane dal messaggio evangelico, fac<strong>il</strong>ita<br />
la programmazione di pellicole per <strong>il</strong> grande<br />
pubblico. Insomma, gli ingredienti ci sono<br />
tutti per un bel f<strong>il</strong>m di avventura con buone<br />
possib<strong>il</strong>ità di cassetta.<br />
IL RISCHIO DELLO STEREOTIPO<br />
Il rischio, dopo quanto detto sopra, è che <strong>il</strong><br />
fatto missionario, l’essenza di quella storia che<br />
l’ha fondato e lo sostiene, rimanga di pura superficie<br />
o talmente stereotipata da risultare accessoria.<br />
Ne vogliamo una prova Riguardiamo Abuna<br />
Messias di Alessandrini, vincitore della<br />
Coppa Mussolini come Miglior F<strong>il</strong>m alla Mostra<br />
di Venezia del 1939. Il f<strong>il</strong>m, anche se voluto<br />
da don Alberione con la collaborazione dei<br />
Cappuccini del Piemonte, relega in secondo<br />
piano la figura del Cardinal Massaia, le cui vicende<br />
sembrano essere solo occasione per la<br />
propaganda e <strong>il</strong> sostegno, con motivazioni di<br />
civ<strong>il</strong>tà anche religiosa, di una politica di espansione<br />
coloniale. Tema centrale del f<strong>il</strong>m non è<br />
tanto l’opera del missionario Massaia quanto<br />
l’invidia per la sua opera e i giochi di potere attorno<br />
alla sua missione: la nazione etiopica è<br />
presentata sotto cattiva luce, essendo infatti<br />
governata da uomini interessati solo al potere e<br />
a prevalere sugli altri, anche <strong>il</strong> capo della Chiesa<br />
copta è connotato in modo fortemente negativo.<br />
Che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m mostri qualcosa di diverso rispetto<br />
al soggetto suggerito dal titolo è colto<br />
subito dall’inviato del Corriere della Sera a Venezia.<br />
Leggiamo infatti nel numero del 1° settembre<br />
1939: “Peccato che sia andata sacrificata<br />
la figura del padre Massaia, le sue vicende,<br />
le sue lotte, la sua vita intima, la vita delle co-<br />
Sul piano degli<br />
ideali <strong>il</strong> nostro<br />
eroe non è<br />
partito per i<br />
potenti, che<br />
generalmente<br />
lo vedono con<br />
diffidenza e lo<br />
rifiutano<br />
appena si<br />
accorgono che<br />
<strong>il</strong> suo fare e <strong>il</strong><br />
suo st<strong>il</strong>e di vita<br />
mettono in<br />
discussione <strong>il</strong><br />
loro potere, ma<br />
per la sua<br />
gente,<br />
i più deboli,<br />
i più poveri,<br />
i rifiutati<br />
Padre Alessandro<br />
Maria Chiarel<br />
e la sua<br />
macchina fotografica.<br />
dossier<br />
Missione Oggi | maggio 2009 19
dossier<br />
Proprio<br />
rivedendo i<br />
f<strong>il</strong>m del nostro<br />
elenco ci<br />
possiamo<br />
accorgere di<br />
come negli<br />
anni è<br />
cambiato<br />
l’immaginario<br />
sul<br />
missionario,<br />
sulla sua vita,<br />
sul suo operare<br />
e sul suo porsi<br />
in relazione<br />
con l’altro<br />
Cinepresa Bolex Pa<strong>il</strong>lard<br />
H16 reflex, 16mm a molla,<br />
ut<strong>il</strong>izzata da p. Carlesso<br />
come macchina di riserva.<br />
Nella pagina successiva,<br />
dall’alto in basso,<br />
don Giacomo Alberione,<br />
p. V.C. Vanzin.<br />
munità che aveva suscitato con la sua parola,<br />
dei compagni che egli aveva guidato con <strong>il</strong> suo<br />
esempio; tal che, alla fine, tutta la sua vita di<br />
trent’anni di apostolato pare ridursi per lo spettatore<br />
alla consacrazione di un solo prete, alla<br />
fondazione di una sola missione e alla guarigione<br />
di qualche caso di vaiolo”.<br />
Ma <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m di Alessandrini non è l’unico nel<br />
quale cogliamo una presenza condizionante<br />
della propaganda, pensiamo ad esempio ai f<strong>il</strong>m<br />
degli anni 50/60 ambientati in Cina oppure a<br />
Mission, dove si respira una forte contestazione<br />
nei riguardi di una Chiesa istituzionale<br />
schierata dalla parte dei potenti e, di contro, un<br />
deciso schierarsi (m<strong>il</strong>itarmente anche) dalla<br />
parte degli ultimi, posizione mutuata dalle teologie<br />
della liberazione. È naturale che sia così,<br />
perché i f<strong>il</strong>m respirano l’aria del loro tempo,<br />
sono in parte specchio del loro pubblico e sempre<br />
hanno uno sguardo ideologicamente condizionato<br />
sulla realtà che ricostruiscono e sull’uomo<br />
che rappresentano.<br />
Proprio rivedendo i f<strong>il</strong>m del nostro elenco ci<br />
possiamo accorgere di come negli anni è cambiato<br />
l’immaginario sul missionario, sulla sua vita,<br />
sul suo operare e sul suo porsi in relazione<br />
con l’altro. Riflettiamo anche solo sul diverso<br />
sguardo e spazio che è dato a<br />
quelli che sono oggetto della<br />
missione, “i selvaggi” sono<br />
passati da comparse indistinte o<br />
stereotipate dei primi f<strong>il</strong>m a<br />
comprimari portatori di una identità,<br />
orgoglio e appartenenza culturale<br />
e di conseguenza da un atteggiamento<br />
del missionario di tutto buono/tutto<br />
cattivo ad un mettersi prima<br />
di tutto in ascolto e in discussione.<br />
Certamente è anche cambiato lo<br />
sguardo sulle esperienze passate e<br />
sulle giustificazioni ideologiche, dal<br />
“Dio-lo-vuole” a riflessioni più attente<br />
e amare in merito al connubio,<br />
inevitab<strong>il</strong>e forse, tra fede e cultura e a<br />
quello, obbligatoriamente evitab<strong>il</strong>e,<br />
tra crocifisso e spada.<br />
D’altra parte ogni spettatore guarda<br />
e vive con sensib<strong>il</strong>ità e reazioni diverse le<br />
immagini dello schermo e ha le sue graduatorie<br />
e i suoi preferiti. Dalla prima volta ho<br />
sempre amato Le chiavi del Paradiso e ancora<br />
adesso è sempre <strong>il</strong> mio preferito, anche dopo<br />
la visione di Mission. LINO FERRACIN<br />
Origini<br />
e vicende<br />
della<br />
produzione<br />
saveriana<br />
20 Missione Oggi | maggio 2009
N<br />
el 1924 <strong>il</strong> missionario saveriano p. Lorenzo<br />
Fontana, con <strong>il</strong> caldo incoraggiamento<br />
di mons. Guido Maria Conforti, fondatore<br />
dei <strong>Missionari</strong> <strong>Saveriani</strong>, girava Il Nido<br />
degli Aqu<strong>il</strong>otti, <strong>il</strong> primo f<strong>il</strong>m missionario in<br />
assoluto realizzato in Italia. Il f<strong>il</strong>m narrava<br />
la storia di una vocazione e riscosse un ampio<br />
successo.<br />
P. Fontana si ripeté nel 1928 con Fiamme, un<br />
drammatico episodio di vita missionaria tra<br />
i pellerossa. In seguito arrivò Africa Nostra<br />
(1931): la trama si ispirava alla vita di Charles<br />
de Foucauld, le riprese furono realizzate<br />
in Africa settentrionale.<br />
Figura di r<strong>il</strong>ievo nel gruppo dei registi saveriani<br />
di quel tempo fu p. Mario Frassinetti<br />
che aveva doti non comuni di regista, soggettista<br />
e operatore.<br />
Dopo questi primi tentativi andati a buon fine,<br />
l’Istituto Saveriano pensò di ricorrere alla<br />
collaborazione di specialisti. Nacque Abuna<br />
Messias, su soggetto dei pp. Vittorino C. Vanzin<br />
e Luigi Bernardi e la regia di Goffredo<br />
Alessandrini. Il f<strong>il</strong>m, sovvenzionato e distribuito<br />
dalla Sampaolo F<strong>il</strong>m, fu premiato con<br />
la Coppa Mussolini (diventata dopo la guerra<br />
<strong>il</strong> Leone d’oro) alla mostra cinematografica<br />
di Venezia nel 1939. Incentrato sulla figura<br />
del card. Guglielmo Massaia, di cui metteva<br />
in evidenza i caratteri missionari, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m entusiasmò<br />
soprattutto <strong>il</strong> pubblico dei giovani<br />
per i suoi spunti avventurosi ed umani.<br />
La guerra interruppe ma non fiaccò i progetti<br />
cinematografici dei <strong>Saveriani</strong>. Nel 1950 p.<br />
Frassinetti realizzò Il grande alveare. Il tema<br />
era, ancora una volta, la storia di una vocazione<br />
missionaria. Si ispirava alla figura di<br />
p. Giovanni Botton, ucciso dai giapponesi in<br />
Cina nel 1944. Sereno e vivace affresco dello<br />
st<strong>il</strong>e saveriano, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m offre una galleria di<br />
personaggi simpaticamente entusiasti, colmi<br />
di un gran desiderio di donarsi in un’apertura<br />
mentale e di cuore che riproduceva <strong>il</strong> ritratto<br />
del missionario voluto dal fondatore.<br />
La produzione cinematografica saveriana fu<br />
affiancata da un’intensa attività di propaganda<br />
sulla stampa per la creazione di una<br />
cinematografia missionaria di vasto respiro<br />
e d’interesse nazionale: alcuni articoli dei<br />
pp. Vanzin e Bernardi apparirono su L’Osservatore<br />
Romano, Primi Piani, Missioni Illustrate,<br />
e La Rivista del Cinematografo. P. Bernardi<br />
ricoprì in seguito <strong>il</strong> ruolo di primo direttore<br />
del Sottosegretariato internazionale<br />
Cinema e Missioni.<br />
Gli anni ‘50 videro l’affermazione in Italia<br />
della grande cinematografia internazionale<br />
e di quella statunitense in particolare: per la<br />
produzione missionaria, vivace ma povera<br />
di mezzi, fu impossib<strong>il</strong>e reggere <strong>il</strong> confronto.<br />
I <strong>Saveriani</strong> si dedicarono alla realizzazione di<br />
documentari, di mediometraggi e del doppiaggio<br />
di alcuni f<strong>il</strong>m che rispondevano alle<br />
finalità dell’animazione missionaria. Le<br />
campane di Nagasaki (1952), Una lettera per<br />
Tetsuò (1956), Maria del v<strong>il</strong>laggio delle formiche<br />
(1963) e Hokkaido (1969) furono i f<strong>il</strong>m<br />
scelti per la versione italiana. È di particolare<br />
r<strong>il</strong>ievo che i registi di queste opere non fossero<br />
cristiani.<br />
dossier<br />
Nel 1924 <strong>il</strong> missionario saveriano p. Lorenzo Fontana,<br />
con <strong>il</strong> caldo incoraggiamento di mons. Guido Maria<br />
Conforti, fondatore dei <strong>Missionari</strong> <strong>Saveriani</strong>,<br />
girava “Il Nido degli Aqu<strong>il</strong>otti”, <strong>il</strong> primo<br />
f<strong>il</strong>m missionario in assoluto realizzato in Italia.<br />
Il f<strong>il</strong>m narrava la storia di una vocazione e riscosse<br />
un ampio successo.<br />
Missione Oggi | maggio 2009 21
dossier<br />
Dodici pellicole<br />
a cinque stelle<br />
Abuna Messias. Vendetta africana<br />
Regia: Goffredo Alessandrini, Italia, 1939. 96 min.<br />
Nell’Etiopia della metà Ottocento <strong>il</strong> Cardinal<br />
Massaia, chiamato dagli etiopi Abuna Messias,<br />
La locanda della sesta felicità<br />
(The Inn of the Sixth Happiness)<br />
Regia: Mark Robson, USA, 1958. 158min.<br />
Gladys Aylward, giovane inglese, è fortemente<br />
decisa a partire come missionaria per la Cina e,<br />
nonostante la sua congregazione non l’aiuti, dopo<br />
un lungo periodo di attesa vi riesce. In missione<br />
si industria in ogni modo per annunciare la<br />
Parola e per aiutare tutti, anche se l’essere donna<br />
non le fac<strong>il</strong>ita <strong>il</strong> lavoro, ma con gli anni la sua<br />
dedizione e determinazione ottiene rispetto e le<br />
conversioni arrivano. L’invasione giapponese la<br />
Foto dal set del f<strong>il</strong>m<br />
“Abuna Messias”<br />
di Goffredo Alessandrini,<br />
su soggetto dei saveriani<br />
p. Vittorino C. Vanzin<br />
e p. Luigi Bernardi.<br />
fonda una missione con l’appoggio interessato<br />
del ras Menelik, in lotta per <strong>il</strong> potere contro <strong>il</strong><br />
Negus Joannes. Il capo della chiesa copta,<br />
l’Abuna Atanasio, fortemente contrario all’opera<br />
del Massaia, grazie al suo potere religioso<br />
sulle masse costringe <strong>il</strong> Negus a espellere<br />
l’Abuna Messias. Il Massaia lascia così la terra<br />
etiopica: ha perduto <strong>il</strong> confratello ma ha consacrato<br />
un giovane sacerdote, speranza di un futuro<br />
migliore.<br />
Le chiavi del Paradiso<br />
(The Keys of the Kingdom)<br />
Regia: John M. Stahl, USA, 1944. 137min.<br />
Francis Chisholm è un sacerdote serenamente<br />
libero nell’affrontare i problemi dei suoi parrocchiani,<br />
ma non piace ai suoi superiori che lo<br />
convincono a partire per la missione in Cina.<br />
Qui saprà, anche nei momenti diffic<strong>il</strong>i della<br />
guerra, allacciare relazioni positive con <strong>il</strong> potere<br />
locale, con i missionari di altre confessioni, con<br />
la madre superiora del piccolo convento, con la<br />
gente più um<strong>il</strong>e. Il suo diario, b<strong>il</strong>ancio di una vita,<br />
aiuterà <strong>il</strong> suo vescovo a guardare in modo<br />
nuovo nel proprio cuore e in quello dei fedeli.<br />
obbliga però a lasciare tutto e portare in salvo<br />
centinaia di bimbi con una lunga marcia.<br />
Molokai, l’isola maledetta<br />
Regia: Luis Lucia. Spagna, 1959. 91min.<br />
Padre Damiano de Veuster accetta di stab<strong>il</strong>irsi<br />
nell’isola di Molokai, nell’arcipelago delle Hawaii,<br />
per aiutare i lebbrosi che vi sono prigionieri<br />
e vivono in situazioni tragiche, abbandonati<br />
da tutti e soggetti ai soprusi dei più violenti.<br />
Il religioso, con un gruppo di ammalati, si<br />
prodiga per alleviare le sofferenze di tutti. Colpito<br />
anch’egli dalla lebbra si rifiuta di lasciare<br />
l’isola e vi muore in fama di santità.<br />
Hawaii<br />
Regia: George Roy H<strong>il</strong>l. USA, 1966. 130min.<br />
Nel 1820 padre Abner, pastore calvinista, arriva<br />
su un’isola dell’arcipelago hawaiano per aprire<br />
una missione. Nei suoi confronti da parte degli<br />
indigeni e da parte dei marinai delle navi di passaggio,<br />
abituati ad ogni tipo di libertà con gli<br />
abitanti delle isole, vi è una forte ost<strong>il</strong>ità a causa<br />
del suo rigore morale che lo porta al rifiuto<br />
22 Missione Oggi | maggio 2009
della cultura locale e al tentativo di imporre<br />
nuove rigide regole di comportamento. Con gli<br />
anni la situazione sembra migliorare, ma Abner<br />
viene rimosso per l’età, ciò appare come una<br />
sconfitta, ma la richiesta di aiuto di un giovane<br />
dà nuove speranze.<br />
Mission<br />
Regia: Roland Joffè, Gran Bretagna 1986. 124min.<br />
Dalla metà del XVII secolo nelle terre di confine<br />
tra Argentina, Paraguay e Bras<strong>il</strong>e prosperano<br />
con <strong>il</strong> lavoro agricolo e artigianale le riduzioni,<br />
comunità di indios fondate dai padri gesuiti.<br />
Queste realtà sono però di ostacolo agli interessi<br />
economici e schiavistici dei governi spagnolo<br />
e portoghese, che ne richiedono la soppressione.<br />
Nel 1750 <strong>il</strong> Papa dà incarico di dirimere<br />
la questione al cardinale Altamirano, <strong>il</strong> quale,<br />
prima di cedere ai due governi, visita la missione<br />
di padre Rodrigo e di padre Gabriel, restandone<br />
affascinato. Alla notizia dell’arrivo di soldati<br />
per sottometterli, padre Gabriel decide di<br />
resistere con la preghiera, padre Rodrigo di difendere<br />
<strong>il</strong> v<strong>il</strong>laggio con le armi. È una strage. Al<br />
cardinale non restano che i dubbi, l’amarezza e<br />
la coscienza di una sconfitta.<br />
Giocando nei campi del Signore<br />
(At Play in the Fields of the Lord)<br />
Regia: Hector Babenco, USA, 1991. 186min.<br />
In un v<strong>il</strong>laggio sperduto dell’Amazzonia atterrano<br />
due avventurieri e vengono coinvolti dal<br />
poliziotto locale per cacciare dal loro ricco territorio<br />
la tribù degli indios Niaruna, che vive<br />
isolata nella foresta. Uno dei due, Lewin Moon,<br />
americano di origini cheyenne, affascinato da<br />
quella vita primitiva, decide di calarsi col para-<br />
P. Mario Francesco Frassinetti<br />
Regista dei primi f<strong>il</strong>m missionari, missionario in Cina<br />
Nato a Faenza (Ra) nel 1901, entrò tra i Save riani a Parma nel 1923, fu ordinato<br />
sacerdote da mons. Con forti nel 1928. Collaborò alla realizzazione del f<strong>il</strong>m Il Nido<br />
degli Aqu<strong>il</strong>otti (1924); realizzò Fiamme (1928), Africa Nostra (1931) ed Il Grande<br />
Alveare (1950). Fu missionario in Cina, nella Diocesi di Loyang, dal 1931 al<br />
1946; morì a Roma nel 1952. P. De Martino ne tratteggiò l’impegno e l’opera sul<br />
mens<strong>il</strong>e saveriano Fede e Civ<strong>il</strong>tà (l’attuale Missione Oggi) con un articolo intitolato<br />
Portò sullo schermo <strong>il</strong> mondo missionario.<br />
È morto <strong>il</strong> p. Mario Frassinetti: portò a termine quattro f<strong>il</strong>m missionari,<br />
stava curando <strong>il</strong> doppiaggio del f<strong>il</strong>m giapponese Le Campane di Nagasaki<br />
e prepa rando un nuovo soggetto, La Madre. La notizia della sua morte<br />
provoca uno schian to, una frana nel nostro cuore e nel nostro lavoro.<br />
Venne nell’Istituto Saveriano dall’Università di Bologna, dove studiava<br />
legge. Un suo fratello, p. Enrico, l’aveva preceduto; egli venne a Parma a<br />
vedere e ci restò: era un bel giovane, solido, elegante, con un eloquio fac<strong>il</strong>e<br />
ed avvincente. Due attività lo interessarono subito: la cinematografia<br />
e la stampa missionaria. Per la cinematografia aveva trovato nell’Istituto<br />
Saveriano la prima idea, l’em brione di questa attività che stava<br />
concretandosi nel primo f<strong>il</strong>m, Il Nido degli A qu<strong>il</strong>otti. Egli se ne innamorò<br />
e completò <strong>il</strong> lavoro. Poi ne cominciò un altro e lo condusse a termine,<br />
lavorando con entusiasmo: Fiamme. È un f<strong>il</strong>m realizzato con pochi<br />
mezzi e senza artisti, precedendo con felice intuito gli insegnamenti<br />
della scuola realistica italiana in materia di cinematografia.<br />
Con queste esperienze ten tò un<br />
lavoro più ambizioso, Africa Nostra, che girò in<br />
Africa e che ebbe giudizi as sai lusinghieri. La<br />
seconda attività fu la stampa. Al periodico Fede<br />
e Civ<strong>il</strong>tà, che diresse per parecchi anni, diede<br />
un’impronta seria ed elegante. Dotato di indole<br />
oratoria, nelle conferenze e nelle prediche trascinava<br />
<strong>il</strong> pub blico dove voleva: avvinceva e<br />
convinceva.<br />
Durante <strong>il</strong> tempo che fu in Cina si trovò in situazioni<br />
socio-politiche diffic<strong>il</strong>i e tragiche; per<br />
evitare che l’Ospedale della Missione fosse confiscato e quindi distrutto<br />
dal Governo (perché appartenente a sudditi dell’Italia, in guerra contro<br />
la Cina), d’intesa con i Confratelli, trovò lo stratagemma nel giro di pochi<br />
giorni di passarlo in proprietà ad un generale d’armata suo amico. Il<br />
Governo, aggirato, desistette. Quando l’esercito giapponese avanzò e occupò<br />
tutto <strong>il</strong> territorio della Missione, p. M. Frassinetti, cercato dai giapponesi,<br />
dovette ritirarsi a Ciung-king; termi nata la guerra fu invitato in<br />
America, dal Governo degli U.S.A. come esperto orga nizzatore di aiuti in<br />
favore della Cina. Vi rimase poco.<br />
Nel 1946 rientrò in Italia per cure e, sottoposto all’operazione per ulcera,<br />
si riebbe in modo sorprendente. Ancora convalescente ritornò ad occuparsi<br />
di cinemato grafia e realizzò Il Grande Alveare, che fu accettato con<br />
favore dal pubblico e che egli invece chiamava “un tentativo”.<br />
Il messaggio più bello ci viene dal suo carattere: gioiva come un bambino<br />
man mano che scopriva i segreti di Dio ed i misteri della Grazia; gli<br />
parevano sue sco perte e nelle confidenze fraterne ne parlava con calore,<br />
da commuovere a sentirlo.<br />
Da “Fede e Civ<strong>il</strong>tà” (1952), pp.75-76.<br />
dossier<br />
Missione Oggi | maggio 2009 23
dossier<br />
cadute sul v<strong>il</strong>laggio e di diventare membro della<br />
tribù per meglio aiutarli. Con la tribù entrano<br />
in contatto anche due predicatori evangelici:<br />
uno è saldo nelle proprie certezze, l’altro più timoroso<br />
e più attento a non offendere le diversità.<br />
I tre tentativi di salvare quel mondo sperduto<br />
sembrano all’inizio un gioco, ma si trasformano<br />
inesorab<strong>il</strong>mente in tragedia e genocidio.<br />
Manto nero (Black Robe)<br />
Regia: Bruce Beresdorf, Canada, 1991. 110min.<br />
Quebec, Canada, 1634. Il Padre gesuita Laforgue,<br />
accompagnato da un giovane seminarista e<br />
dal capo Chonina con alcuni guerrieri, deve risalire<br />
un fiume per raggiungere una missione da<br />
anni insediata presso una tribù urone. Padre Laforgue<br />
è soprannominato “Manto nero” a sottolinearne<br />
<strong>il</strong> rigore morale, la fede profonda e la<br />
spinta missionaria. Durante <strong>il</strong> viaggio, che si rivela<br />
insidioso per la durezza dell’ambiente e la<br />
violenza delle tribù incontrate, sono attaccati,<br />
massacrati e dispersi; <strong>il</strong> solo Laforgue arriva alla<br />
missione dove infuria la febbre. Il battesimo<br />
chiesto e donato sembra aprire al futuro, ma la<br />
Storia ricorda la tragica fine di quel tentativo.<br />
Molokai: the Story of Father Damien<br />
Regia: Paul Cox, Belgio, 1999.<br />
Nel f<strong>il</strong>m si ripercorre, con un occhio più attento<br />
alla sensib<strong>il</strong>ità di oggi, la vicenda di Padre Damiano<br />
de Veuster, beatificato nel 1995 da Giovanni<br />
Paolo II.<br />
Muzungu<br />
Regia: Massimo Martelli. Italia, 1999. 100min<br />
Dodò, Freddy e Soraya atterrano con l’aereo in<br />
panne vicino ad una missione in Kenya dove sono<br />
soccorsi dall’anziano padre Luca e costretti,<br />
per l’assenza di trasporti, a rimanervi. Mentre<br />
Freddy e Soraya passano in fretta dal fascino dell’avventura<br />
alla noia, Dodò si lascia coinvolgere<br />
dalla nuova vita, fino ad accettare di sostituire<br />
l’anziano missionario ammalato, proprio quando<br />
<strong>il</strong> nuovo vescovo viene in visita alla missione.<br />
Dodò sembra riuscirci, ma <strong>il</strong> vescovo ha visto e<br />
capito tutto. Il giorno della partenza Dodò decide<br />
di fermarsi nella missione. Un f<strong>il</strong>m leggero, ma<br />
con sorridenti buoni spunti di riflessione.<br />
Parola e utopia (Palavra e utopia)<br />
Regia: Manoel de Oliveira. Portogallo / Francia / Bras<strong>il</strong>e/Spagna,<br />
2000. 133min.<br />
Portogallo, 1663. Padre Antonio Vieira, gesuita,<br />
è convocato dal Tribunale dell’Inquisizione<br />
per difendersi dalle denunce sulla sua predicazione<br />
durante gli anni di missione in Bras<strong>il</strong>e.<br />
Condannato a non poter più predicare si trasferisce<br />
a Roma, ma <strong>il</strong> cuore lo riporta in Bras<strong>il</strong>e<br />
dove muore. Padre Vieira, difensore degli indios<br />
e nemico della schiavitù, è stato uno dei<br />
più grandi predicatori del Settecento.<br />
La punta della lancia (End of the Spear)<br />
Regia: Jim Hanon. USA, 2005. 107min.<br />
Nella foresta dell’Ecuador vivono tribù di indios<br />
che per la loro violenza rischiano l’estinzione.<br />
Nel 1953 quattro missionari evangelici<br />
americani riescono ad entrare in contatto con un<br />
piccolo gruppo. La diffidenza degli indigeni è<br />
forte, l’abitudine alla violenza radicata, <strong>il</strong> ricordo<br />
di altri tragici incontri con i bianchi ancor viva,<br />
così <strong>il</strong> minimo errore diventa una strage.<br />
Anni dopo, <strong>il</strong> figlio di uno dei martirizzati giunge<br />
sullo stesso lembo di terra in visita ad alcuni<br />
missionari amici, invitato dagli indios a fermarsi<br />
con loro tenta di resistere, ma la confessione/verità<br />
sulla morte di suo padre lo porta a<br />
nuove scelte (l.f.).<br />
Cinepresa Arriflex 16 SR,<br />
con la quale<br />
p. Agostino Carlesso<br />
ha girato quasi tutti<br />
i suoi numerosi<br />
documentari.<br />
Nell’elenco i f<strong>il</strong>m sono dodici ma possiamo ancora ricordare<br />
Il diavolo alle 4 (The Dev<strong>il</strong> at 4 o’Clock) di Mervyn LeRoy del 1961 o<br />
ancora La mano sinistra di Dio (The Left Hand of God) di Edward Dmytryk<br />
del 1955 e sappiamo di certo di avere dimenticato qualche opera o<br />
di avere letto male <strong>il</strong> contenuto di altre.<br />
24 Missione Oggi | maggio 2009
dossier<br />
L’uomo che cerca parole<br />
Regia: Gigi Dall’Aglio. Italia, 2008. 93min.<br />
Per avere un’idea della trama del f<strong>il</strong>m è sufficiente riportare i titoletti che accompagnano<br />
le nove parti più i due intermezzi di cui è composta l’opera. Sono situazioni<br />
e cose tutte molto serie, ma raccontate con leggerezza, sorriso e ironia come se non lo<br />
fossero. 1. Dove si descrive un sardo e la sua casa nella savana africana. Niente più. 2.<br />
Dove si vede <strong>il</strong> sardo che va al mercato alla ricerca di parole. 3. Dove si attiva un collegamento<br />
radio con Mauro di Oristano. 4. Dove si parla di un viaggio, di porri, di una<br />
scatolina e di insetti stercorari. 1° Intermezzo [Domande sul passato, sul secchiello<br />
per <strong>il</strong> superfluo, sulla vocazione...]. 5. Dove si parla di motociclette,<br />
flauti e Gesù Cristo. 6. Dove si racconta di una trasferta con i giovani del v<strong>il</strong>laggio.<br />
E di altre cose. 7. Dove si racconta della ricerca di un’anima,<br />
perché una persona senz’anima non è una persona. 2°<br />
Intermezzo [Lettera di lavoro di un’amica]. 8. Dove si<br />
parla di cibo, registrazioni e pastori. 9. Dove si racconta<br />
di un granaio davvero speciale. Fine.<br />
Un uomo che cerca parole e lo fa in modo serio, con<br />
attenzione, badando ai particolari (perché le parole<br />
sono particolari) e ogni tanto cerca di forzare la<br />
materialità delle cose per far sì che le parole siano<br />
obbligate a dirsi, come quando mette un secchiello<br />
in mezzo allo spiazzo del v<strong>il</strong>laggio per vedere di<br />
che cosa si riempie, perché <strong>il</strong> suo problema è come si<br />
dice superfluo in lingua Masa, nella quale la parola sembra<br />
non esistere. Ma siccome certamente esistono cose superflue,<br />
basta scovarle e si arriva al concetto. La parola non l’abbiamo<br />
trovata, <strong>il</strong> secchiello è rimasto vuoto, abbiamo scoperto che<br />
<strong>il</strong> superfluo è nel nostro cervello e che <strong>il</strong> secchiello adesso qualcuno<br />
lo usa per farci fermentare la birra.<br />
E in modo serio fa cento altre cose, come <strong>il</strong> missionario, ma se<br />
glielo dici fa spallucce come a non crederci e a convincere noi<br />
di non crederci. Che ventata di aria fresca, di sereno impegno,<br />
di vita vissuta e gustata in questi quasi cento minuti dedicati a<br />
La parola non<br />
l’abbiamo<br />
trovata, <strong>il</strong><br />
secchiello è<br />
rimasto vuoto,<br />
abbiamo<br />
scoperto che<br />
<strong>il</strong> superfluo<br />
è nel nostro<br />
cervello e che<br />
<strong>il</strong> secchiello<br />
adesso qualcuno<br />
lo usa per farci<br />
fermentare<br />
la birra<br />
Missione Oggi | maggio 2009 25
dossier<br />
presentarci Antonino Melis, <strong>il</strong> ricercatore di parole,<br />
<strong>il</strong> primo ad aver messo per iscritto una lingua<br />
fino a quel momento solo orale, approntando<br />
così uno strumento fondamentale per difenderla,<br />
per metterla al sicuro, per poterla tirare<br />
fuori nei momenti di carestia, un dizionario come<br />
<strong>il</strong> granaio che alla fine si costruisce e su cui<br />
conta un v<strong>il</strong>laggio intero per i momenti duri.<br />
Inizio del f<strong>il</strong>m: l’obiettivo scorre sulla parete dove<br />
sta <strong>il</strong> crocifisso, poi scende su alcune maschere<br />
tradizionali del Ciad e della Sardegna, poi passa<br />
sul dizionario di francese e sul dizionario italiano-sardo<br />
e su una carta delle lingue tribali del<br />
LO SCENEGGIATORE<br />
Mario Ghiretti Nasce nel 1946 a Parma. Nel 1970<br />
si laurea in Economia. Dal 1964 è attore del<br />
Teatro Universitario di Parma, di cui diventa<br />
direttore nel 1969. Produce video per eventi<br />
commissionati da enti pubblici e da aziende<br />
private. Nel 1996 e nel 2008 progetta due grandi<br />
mostre itineranti dedicate al continente africano.<br />
IL REGISTA<br />
Gigi Dall’Aglio nasce a Parma nel 1943. Inizia la<br />
sua lunga carriera come attore e regista al<br />
Centro Universitario Teatrale, del quale è<br />
direttore dal 1969 al 1971. È tra i fondatori della<br />
Compagnia del Collettivo. Regista e autore si è<br />
cimentato anche in opere musicali, conducendo<br />
nel 1995 un interessante progetto a tre con<br />
Mario Martone e Giorgio Barberio Corsetti:<br />
L’historie du soldat.<br />
La fotografia<br />
di Pier Paolo<br />
Pessini ha<br />
momenti<br />
umanissimi e <strong>il</strong><br />
commento<br />
musicale a<br />
tratti porta<br />
dentro un coro<br />
sardo che canta<br />
una liturgia<br />
latina in st<strong>il</strong>e<br />
tradizionale<br />
Scene dal f<strong>il</strong>m “L’uomo<br />
che cerca parole”.<br />
A destra:<br />
<strong>il</strong> saveriano padre<br />
Antonino Melis,<br />
protagonista del f<strong>il</strong>m.<br />
Ciad. Poi la foto di gruppo dei compagni di corso,<br />
una zumata sul volto di padre Antonino Melis<br />
in primo piano mentre dorme, prime tracce di<br />
bianco sulla barba, i capelli radi, maschera tra le<br />
maschere. Una zanzariera che si muove al girare<br />
di un vent<strong>il</strong>atore. C’è <strong>il</strong> disordine ordinato di un<br />
single con la testa in cento cose.<br />
È una presentazione per immagini e non è necessaria<br />
spiegarla se non per quel crocifisso<br />
senza braccia e senza gambe, un Cristo che ancor<br />
più degli altri ha bisogno di braccia per accogliere<br />
e di gambe per andare incontro. Un<br />
Cristo diversamente ab<strong>il</strong>e, inut<strong>il</strong>e e quasi irriconoscib<strong>il</strong>e<br />
se Antonino non ci mettesse le sue<br />
braccia e le sue gambe. Dopo <strong>il</strong> caffè padre Melis<br />
sceglie le ciabatte giuste e si avvia verso <strong>il</strong><br />
mercato in cerca di parole. E noi seguiamo<br />
quell’uomo che accompagna altri uomini lungo<br />
la strada per <strong>il</strong> mercato: è come un’indicazione<br />
di metodologia missionaria e cristiana.<br />
PADRE ANTONINO MELIS<br />
Autopresentazione di padre Melis, di fronte alla<br />
luna: e se avessi fatto <strong>il</strong> biologo, punto e basta<br />
Adesso avrei fatto due figli, due femmine come<br />
tradizione di famiglia; i Melis fanno più femmi-<br />
ne che maschi. Io sono <strong>il</strong> primo Melis che non fa<br />
figli, che fa <strong>il</strong> prete; <strong>il</strong> primo Melis che parla<br />
africano; <strong>il</strong> primo Melis che scrive un libro: Tradizioni<br />
orali Masa nella savana del Ciad; sono<br />
<strong>il</strong> primo che scrive un vocabolario masa-francese;<br />
<strong>il</strong> primo che sta cercando <strong>il</strong> superfluo. Sono<br />
un prete che ha cento fedeli per parrocchia, che<br />
sono un po’ cristiani e un po’ qualcos’altro; che<br />
ha cento casini uno per fedele.<br />
La fotografia di Pier Paolo Pessini ha momenti<br />
umanissimi e <strong>il</strong> commento musicale a tratti porta<br />
dentro un coro sardo che canta una liturgia latina<br />
in st<strong>il</strong>e tradizionale.<br />
Ma non è un id<strong>il</strong>lio, anche se la chiacchierata di<br />
Antonino con la luna, seduto sul tetto di lamiera<br />
della missione, può sembrarlo, perché c’è<br />
Bernadette che sta male, ha l’Aids e domani<br />
Antonino andrà a trovarla e lui, uomo delle parole,<br />
non è sicuro di saper trovare quelle giuste<br />
da dirle... è vero che <strong>il</strong> crocifisso sulla parete<br />
della stanza di sotto è senza braccia e gambe,<br />
ma <strong>il</strong> cuore... ce l’ha tutto. (l.f.)<br />
26 Missione Oggi | maggio 2009
dossier<br />
Intervista a<br />
Padre Fiorenzo Raffaini<br />
direttore di Videomission<br />
Tra<br />
Oltremare f<strong>il</strong>m<br />
Videomission<br />
e<br />
A CURA DI FEDERICO TAGLIAFERRI<br />
Negli ultimi anni la Chiesa ha fatto un notevole<br />
sforzo per adeguare <strong>il</strong> suo messaggio<br />
ai moderni mezzi di comunicazione di<br />
massa, in particolare nel campo degli audiovisivi<br />
e dei “new media”. A che punto siamo<br />
È passata molta acqua sotto i ponti da quando<br />
Papa Gregorio XVI con la Mirari vos, <strong>il</strong> 15<br />
agosto 1832, condannò la libertà di stampa, seguito<br />
in questo anche da Pio X nel 1906, con la<br />
Pieni l’animo. Solo più tardi Pio XII intuì la<br />
grande potenzialità del cinema, distinguendo<br />
tra mezzi e contenuti. Fu infine <strong>il</strong> Conc<strong>il</strong>io Vaticano<br />
II ad affermare la libertà di stampa e d’informazione:<br />
“Appartiene dunque alla società<br />
umana <strong>il</strong> diritto all’informazione su quanto, secondo<br />
le rispettive condizioni, convenga alle<br />
persone, sia singole sia associate” (Inter mirifica,<br />
4 dicembre 1963).<br />
Credo che la distinzione tra mezzo e contenuto<br />
sia necessaria ancora oggi. Ogni mezzo in<br />
sé è neutro, si tratta di vedere come lo si vuole<br />
usare, dei contenuti che si vuole veicolare e delle<br />
finalità per raggiungere le quali si vuole veicolare<br />
tali contenuti. Se parlando di Chiesa s’intende<br />
la Santa Sede, ci sono state aperture notevoli<br />
sull’uso dei nuovi mezzi di comunicazione.<br />
Si è cercato di “strizzare l’occhio” ai giovani, di<br />
essere un poco cool, sostenendo ad esempio che<br />
<strong>il</strong> fenomeno di Facebook, “in fondo incarna<br />
un’utopia: quella di stare sempre vicini alle persone<br />
a cui teniamo in un modo o nell’altro, e di<br />
conoscerne altre che siano compatib<strong>il</strong>i con<br />
noi...”. La Conferenza episcopale italiana, invece,<br />
è più prudente: “Oggi, nell’era del così detto<br />
Web 2.0, la Chiesa è consapevole delle potenzialità,<br />
ma anche dei rischi di Internet”.<br />
Davanti al proprio computer, ciascuno rimane<br />
apparentemente in contatto col mondo, ma<br />
in realtà questo mondo rimane distante, non<br />
coinvolgente, asettico, e non “compromette” <strong>il</strong><br />
Padre Fiorenzo Raffaini<br />
in Colombia<br />
nel Parco del caffè (2001).<br />
Missione Oggi | maggio 2009 27
dossier<br />
I documentari<br />
missionari,<br />
anche senza i<br />
mezzi e la<br />
tecnologia<br />
dei grandi<br />
“network”,<br />
possono<br />
portare ad un<br />
vasto pubblico<br />
una visione<br />
del mondo<br />
(in particolare<br />
del Sud del<br />
mondo) libera<br />
da condizionamenti<br />
politici<br />
ed economici<br />
Padre Aldo Rottini,<br />
iniziatore nel 1987<br />
di “Videomission”.<br />
fruitore dei new media e questi a sua volta non<br />
si misura con la realtà in un rapporto incarnato.<br />
Quale spazio trova l’annuncio missionario<br />
in questi sv<strong>il</strong>uppi<br />
Limitandosi alla breve storia dei <strong>Missionari</strong><br />
<strong>Saveriani</strong>, tra la fine dell’’800 e gli inizi del<br />
’900 <strong>il</strong> fondatore Guido Maria Conforti vide<br />
nelle immagini e nelle pellicole un potente<br />
mezzo far vivere la realtà missionaria alla gente<br />
comune, facendo conoscere luoghi e personaggi<br />
della missione, suscitando interesse, affetto<br />
ed entusiasmo. Oggi i reportage sulle realtà<br />
del Sud del mondo sono debitori dei documentari<br />
missionari. Non solo in molti casi registi<br />
e produttori si appoggiano alle strutture missionarie,<br />
ma si servono dell’esperienza e della<br />
conoscenza della storia e del territorio da parte<br />
dei missionari per realizzare <strong>il</strong> loro lavoro. Non<br />
sempre le loro intenzioni sono limpide: si cerca<br />
una storia, un personaggio che possa colpire la<br />
sensib<strong>il</strong>ità della gente e poi si fa “passare” tutto<br />
quello che si vuole. I<br />
reportage della Rai<br />
sulla guerra del Congo,<br />
ad esempio, hanno mostrato<br />
di non aver capito<br />
le vere ragioni di<br />
quella guerra. Al contrario,<br />
la documentaristica<br />
missionaria, anche<br />
senza i mezzi e la<br />
tecnologia dei grandi<br />
network, può portare<br />
ad un vasto pubblico<br />
una visione del mondo<br />
(in particolare del Sud del mondo) libera da<br />
condizionamenti politici ed economici.<br />
Quali sono gli istituti o le organizzazioni<br />
che più si sono impegnati in questo settore<br />
Si dedicavano alla documentaristica missionaria<br />
soprattutto i Comboniani, <strong>il</strong> Pime, la Consolata,<br />
i <strong>Saveriani</strong>, per quanto riguarda gli istituti<br />
esclusivamente missionari. Certo esistono<br />
ancora i Salesiani, la NovaT dei Cappuccini, i<br />
Paolini e le Paoline che producono audiovisivi.<br />
Ma, per usare un’espressione della “formula<br />
uno”, di scuderie che producono tutto in casa ne<br />
sono rimaste pochissime. Le ragioni Molte: i<br />
costi, la concorrenza con prodotti all’apparenza<br />
sim<strong>il</strong>ari, la difficoltà di raggiungere <strong>il</strong> grande<br />
pubblico, un certo disinteresse del clero diocesano.<br />
I gruppi missionari, super impegnati, non<br />
riescono ad organizzarsi anche nell’annuncio<br />
ad gentes. Su di essi si riversa una valanga di<br />
messaggi e di immagini che vanno dalla f<strong>il</strong>antropia<br />
all’ecologia passando per <strong>il</strong> pacifismo, <strong>il</strong><br />
mercato equo e solidale la democrazia, i diritti<br />
dell’uomo, <strong>il</strong> debito estero dei paesi del Sud del<br />
mondo, ecc. La nostra voce diventa poco udib<strong>il</strong>e,<br />
poco interessante perché ormai ciò che veicolavamo,<br />
come giustizia, solidarietà, democrazia,<br />
libertà, tanti altri lo fanno, con mezzi più<br />
importanti.<br />
E allora Quale strada percorrere<br />
C’è una scarsa conoscenza e considerazione<br />
del mezzo audiovisivo. Nonostante l’era di Internet<br />
e della velocità, l’immagine nel mondo<br />
religioso è ancora vista come l’ancella della<br />
carta stampata. È percepita come una cosa bella,<br />
ma superflua, perché ciò che conta è “altro”.<br />
Manca una strategia che abbia come obiettivo<br />
l’educazione all’audiovisivo di coloro che vivono<br />
in prima linea l’animazione missionaria.<br />
È dunque necessario capire <strong>il</strong> linguaggio di<br />
questi mezzi per renderli flessib<strong>il</strong>i nell’annunciare<br />
<strong>il</strong> Vangelo.<br />
Quali sono i temi trattati e quali si potrebbe<br />
ancora toccare<br />
Agli inizi del cinema missionario, <strong>il</strong> tema<br />
era la vita del missionario. A volte ciò si traduceva<br />
in veri e propri f<strong>il</strong>m, ma dagli anni ’50 in<br />
poi del secolo scorso l’avvento del colore e del<br />
cinema statunitense ci ha costretti a ripiegare<br />
sul documentario, più ag<strong>il</strong>e e meno costoso.<br />
Negli ultimi vent’anni anche questa strada è diventata<br />
diffic<strong>il</strong>e, perché molti hanno iniziato a<br />
produrre documentari sullo st<strong>il</strong>e dei nostri. Oggi<br />
differenziarsi è più diffic<strong>il</strong>e ed entusiasmare<br />
la gente è un’impresa ardua. Pur rivolgendoci a<br />
tutti, chi si interessa è una sempre più una sparuta<br />
minoranza. I temi trattati sono legati all’annuncio<br />
del Vangelo, e di conseguenza ai temi<br />
della giustizia sociale, della pace, dello sv<strong>il</strong>uppo,<br />
del debito estero dei paesi del Sud del mondo,<br />
del rispetto degli altri.<br />
Che cos’è “Videomission” e come definirebbe<br />
<strong>il</strong> suo lavoro<br />
Videomission s’inserisce nel lungo cammino<br />
saveriano nel mondo dell’immagine. Il fondatore<br />
ha sempre voluto che i missionari riportassero<br />
degli oggetti dai luoghi di missione per<br />
creare un museo perché la gente potesse avvici-<br />
28 Missione Oggi | maggio 2009
dossier<br />
Internet<br />
“straordinario<br />
potenziale”<br />
Nel suo Messaggio per la 43 a Giornata Mondiale<br />
delle Comunicazioni Sociali, Benedetto<br />
XVI considera come internet stia determinando<br />
cambiamenti fondamentali nei modelli di<br />
comunicazione e nei rapporti umani, specialmente<br />
tra i giovani, la “generazione digitale”,<br />
che - scrive <strong>il</strong> Pontefice - sa approfittare dello<br />
“straordinario potenziale delle nuove tecnologie”,<br />
da lui definite “un vero dono per l’umanità”.<br />
La Rete è una rivoluzione antica: replica<br />
forme di trasmissione del sapere e di vivere<br />
civ<strong>il</strong>e, ostenta nostalgie, dà forma a desideri<br />
antichi. In particolare <strong>il</strong> desiderio di comunicazione<br />
e amicizia “è radicato nella nostra<br />
stessa natura di esseri umani” e risponde alla<br />
chiamata di Dio “che vuol fare dell’umanità<br />
un’unica famiglia”. Quando la Rete, chiamata<br />
a connettere, finisce invece per isolare, allora<br />
tradisce se stessa.<br />
narsi a culture diverse. Foto e f<strong>il</strong>m completavano<br />
questa strategia di animazione agli ideali<br />
missionari.<br />
Oggi non stupisce che dei missionari s’impegnino<br />
in settori che non sono considerati<br />
“classici” della pastorale, anzi stupirebbe forse<br />
<strong>il</strong> contrario. Ma non è stato sempre così. La<br />
stampa, la radio, <strong>il</strong> cinema e la televisione hanno<br />
spesso suscitato diffidenza, se non ost<strong>il</strong>ità,<br />
nelle gerarchie ecclesiastiche, soprattutto a partire<br />
dalla metà del XIX secolo. Ma grazie al<br />
contributo particolare di personaggi come don<br />
Giacomo Alberione, anche nel mondo, inizialmente<br />
diffidente, di chi aveva la responsab<strong>il</strong>ità<br />
di guidare <strong>il</strong> popolo di Dio, si è fatta strada la<br />
certezza che la positività o negatività degli strumenti<br />
di comunicazione non stava nel mezzo in<br />
sé, ma nel suo uso. Queste invenzioni sono un<br />
“dono” che Dio ha messo alla portata dell’uomo<br />
per la ricerca e la diffusione del bene (Pio<br />
XII, Miranda prorsus, 8 settembre 1957).<br />
Videomission è nata nel 1987 per iniziativa<br />
di p. Aldo Rottini, che aveva intuito le nuove<br />
potenzialità espressive del mezzo magnetico<br />
(telecamere e videoregistratori in sostituzione<br />
della pellicola) per le riprese. Allo stesso tempo<br />
continuava comunque anche <strong>il</strong> f<strong>il</strong>one video su<br />
pellicola iniziato da p. Agostino Carlesso, che a<br />
sua volta continuava l’opera dei padri Bonari,<br />
Frassinetti e Serra. Scomparso p. Carlesso, ho<br />
ricevuto io l’incarico di recuperare <strong>il</strong> materiale<br />
f<strong>il</strong>mico precedente. Ora continuo l’opera di approccio<br />
al mondo missionario non solo dal punto<br />
di vista religioso, ma anche umano e sociale.<br />
Quali sono le ultime produzioni di “Videomission”<br />
Che soggetti presentano e a chi<br />
sono destinate<br />
Abbiamo ultimato un video su Annalena Tonelli,<br />
uno su Guido Maria Conforti, fondatore<br />
dei <strong>Missionari</strong> <strong>Saveriani</strong>, un altro su p. Piero<br />
Uccelli, un altro ancora sui Martiri Giapponesi.<br />
Abbiamo inoltre completato un video sulla parrocchia<br />
missionaria, inserendovi storie dal Congo,<br />
dal Bangladesh e dal Bras<strong>il</strong>e, mentre un altro<br />
lavoro è dedicato ai martiri saveriani del Burundi,<br />
del Congo e del Bangledesh (quest’ultimo in<br />
fase di ultimazione). FEDERICO TAGLIAFERRI<br />
Oggi non<br />
stupisce che<br />
dei missionari<br />
s’impegnino in<br />
settori che non<br />
sono<br />
considerati<br />
“classici” della<br />
pastorale, anzi<br />
stupirebbe<br />
forse <strong>il</strong><br />
contrario.<br />
Ma non è stato<br />
sempre così<br />
Padre Fiorenzo Raffaini,<br />
con <strong>il</strong> fratello p. Leonardo,<br />
missionario saveriano,<br />
sullo sfondo di Bogotà.<br />
Missione Oggi | maggio 2009 29
dossier<br />
F<strong>il</strong>m&<br />
Intervista a<br />
mission<br />
Maria Grazia Piredda<br />
PER SAPERNE DI PIÙ<br />
Maria Grazia Piredda,<br />
F<strong>il</strong>m & Mission.<br />
Per una storia<br />
del cinema missionario.<br />
EdS, Roma 2005.<br />
presso:<br />
libreria@saveriani.bs.it<br />
MARIA FRANCESCA PIREDDA È LAUREATA IN<br />
STORIA E CRITICA DEL CINEMA ALL’UNIVERSITÀ<br />
CATTOLICA DI MILANO CON UNA TESI SUL CINE-<br />
MA COLONIALE ITALIANO. ATTUALMENTE È AS-<br />
SEGNISTA DI RICERCA NELLA SEZIONE CINEMA<br />
DEL DIPARTIMENTO MUSICA E SPETTACOLO<br />
DELL’UNIVERSITÀ DI BOLOGNA. LE ABBIAMO<br />
RIVOLTO ALCUNE DOMANDE SUL RAPPORTO TRA<br />
CINEMA E MISSIONE.<br />
Lei ha pubblicato di recente “F<strong>il</strong>m & Mission.<br />
Per una storia del cinema missionario”<br />
(EdS, Roma 2005). Quale rapporto esiste<br />
tra evangelizzazione e comunicazione Si<br />
può comunicare la missione con <strong>il</strong> cinema<br />
È abbastanza fac<strong>il</strong>e immaginare come la<br />
questione dell’evangelizzazione si accompagni<br />
da sempre al problema della corretta forma comunicazionale<br />
da adottare. L’attività missionaria,<br />
alla quale è stata in gran parte demandato <strong>il</strong><br />
compito di diffondere la religione cristiana nel<br />
mondo, si è dovuta confrontare nei secoli con<br />
problemi concreti quali la difficoltà di avvicinare<br />
popolazioni aventi lingua, usi e culture differenti<br />
da quelli dei religiosi, nonché con l’esigenza<br />
di informare i fedeli in Europa sull’attività<br />
dei missionari oltreoceano. Una delle soluzioni<br />
frequentemente adottate è stata quella di<br />
affidarsi alle immagini (dipinti, cartoline, fotografie<br />
ecc.), per la fac<strong>il</strong>ità e piacevolezza di apprendimento<br />
che queste garantirebbero e per <strong>il</strong><br />
fascino in grado di esercitare su un pubblico<br />
eterogeneo. Le immagini, dunque, hanno costituito<br />
spesso <strong>il</strong> primo canale comunicativo tra i<br />
missionari e le popolazioni oggetto dell’attività<br />
di evangelizzazione e insieme la “prova” dell’operato<br />
dei missionari.<br />
Le immagini cinematografiche si inseriscono,<br />
appunto, all’interno del rapporto secolare<br />
che la Chiesa intesse con le arti rappresentative:<br />
esse affascinano, informano, educano. I missionari<br />
lo capirono molto presto e se ne servirono<br />
sin dai primi anni del XX secolo. Tuttavia, <strong>il</strong> cinema<br />
non comunica necessariamente la realtà<br />
della missione, piuttosto la mette in forma. Un<br />
documentario girato negli anni Trenta, per<br />
esempio, è inevitab<strong>il</strong>mente figlio della cultura<br />
imperialista dell’Italia del fascismo. Questo non<br />
diminuisce l’importanza delle immagini cinematografiche<br />
rispetto alla possib<strong>il</strong>ità che queste<br />
possiedono di comunicare la missione; anzi, ci<br />
dicono qualcosa non solo sull’oggetto rappresentato<br />
(appunto, la missione), ma anche su chi<br />
lo ha rappresentato (i missionari e, ritornando al<br />
mio esempio, <strong>il</strong> rapporto con <strong>il</strong> colonialismo).<br />
Che cos’è <strong>il</strong> “cinema missionario”. Quali<br />
sono le sue chiavi di lettura<br />
Con l’espressione “cinema missionario” ho<br />
voluto indicare tutte le pellicole cinematografiche<br />
che prevedono <strong>il</strong> coinvolgimento dei missionari<br />
in fase di realizzazione e di distribuzione.<br />
Dunque, sia le opere girate espressamente dai religiosi,<br />
sia quelle commissionate da questi a professionisti,<br />
i lavori firmati dai missionari in fase<br />
di ideazione e quelli distribuiti con marchi legati<br />
agli Istituti. All’interno di questo gruppo, inoltre,<br />
30 Missione Oggi | maggio 2009
è possib<strong>il</strong>e riconoscere sia f<strong>il</strong>m di finzione (racconti<br />
che tematizzano la vita in missione) sia documentari,<br />
questi ultimi ulteriormente distinguib<strong>il</strong>i<br />
per i contenuti che spaziano dalla pred<strong>il</strong>ezione<br />
per la dimensione naturalistica e etnografica<br />
dei popoli indigeni all’attività missionaria, dall’informazione<br />
giornalistica alla didattica. Si<br />
tratta, dunque, di un corpus di opere molto vario<br />
e consistente, che si muove nei punti di intersezione<br />
di settori differenti – l’industria cinematografica<br />
e l’amatoriale, la propaganda missionaria,<br />
l’inchiesta giornalistica, l’antropologia ecc.,<br />
dei quali bisogna tener conto per tentare un’analisi<br />
profonda del materiale f<strong>il</strong>mico.<br />
Quali sono i percorsi del cinema missionario<br />
fino ai nostri giorni<br />
I missionari iniziano ad ut<strong>il</strong>izzare le immagini<br />
del cinematografo dai primi anni del XX secolo,<br />
servendosi soprattutto dei f<strong>il</strong>m che danno<br />
rappresentazione della Passione di Cristo e i documentari<br />
di tipo naturalistico realizzati da importanti<br />
case di produzione. A partire dagli anni<br />
Dieci del secolo scorso, tuttavia, anche i missionari<br />
si mettono dietro la macchina da presa con<br />
l’intento di informare sulla propria attività e sulle<br />
realtà incontrate nel corso dei proprio viaggi.<br />
In base ai dati che finora sono emersi dagli<br />
studi sull’argomento, <strong>il</strong> primo lavoro prodotto<br />
da missionari italiani è un documentario piuttosto<br />
lungo, circa sei ore, girato in Eritrea nel 1922<br />
dai missionari Cappuccini, che dà rappresenta-<br />
dossier<br />
P. Agostino Carlesso<br />
e la “Oltremare F<strong>il</strong>m”<br />
Dopo l’ordinazione sacerdotale (1953), p. Carlesso fu destinato a Parma<br />
col compito di seguire la cinematografia. Una destinazione indovinata,<br />
vista la mole di lavoro che portò a termine. P. Carlesso frequentò<br />
<strong>il</strong> CIAC (Centro Italiano Addestramento Cinematografico) per<br />
i corsi di regia e di direttore della fotografia. Fu incaricato da p. Vanzin<br />
di organizzare la settimana INCOM, basandosi su una serie di documentari<br />
girati in Indonesia, Giappone, Sierra Leone e Bangladesh<br />
da alcuni confratelli muniti di cinepresa, di un manuale pratico e soprattutto<br />
di tanta passione ed entusiasmo. L’iniziativa si fermò al decimo<br />
documentario per mancanza di tempo da parte dei cineamatori<br />
e da difficoltà logistiche, nonché per mancanza di fondi.<br />
Nel 1959 fu mandato a Roma dove restò fino a pochi giorni dalla morte,<br />
avvenuta nel 1996.<br />
Nel 1967 fece <strong>il</strong> suo primo viaggio da regista-cineoperatore in Sierra<br />
Leone. In seguito ne intraprese altri 14. Trascorse 41 anni dietro una<br />
cinepresa o davanti ad una moviola con l’intento di comunicare con<br />
suoni ed immagini la vita dei missionari e della loro gente. Dai suoi<br />
lavori emergeva viva anche l’atmosfera culturale nella quale i protagonisti<br />
si muovevano.<br />
P. Agostino sentiva che le richieste erano al limite delle possib<strong>il</strong>ità<br />
culturali dell’Istituto e allora si arrangiava partecipando a concorsi,<br />
chiedendo aiuti “per finire <strong>il</strong> lavoro”.<br />
La sua produzione fu enorme, girò 60 documentari e scattò decine di<br />
migliaia di diapositive. Le sue opere non furono di denuncia politica<br />
o religiosa, ma si concentravano sulla gente e sulle sue reazioni di<br />
fronte alle avversità della vita, ai disagi del clima e delle situazioni<br />
politiche. Non si interessò mai di politica internazionale. La sua scelta<br />
fu quella di cogliere <strong>il</strong> missionario nel suo farsi prossimo. Lo mostrò<br />
nel dare risposte concrete per alleviare la sofferenza della gente<br />
senza però ricorrere alla violenza, ai movimenti di massa, alla guerriglia<br />
o alle rivoluzioni, se non quella del cuore. Piccole storie quotidiane<br />
di lavoro, di fatica, di difficoltà, dove ciò che conta per <strong>il</strong> regista<br />
è la figura di questo “eroe” um<strong>il</strong>e che è <strong>il</strong> missionario, amato dai<br />
bambini e dai poveri. Un “eroe”, a volte solitario, che lascia i posti di<br />
prestigio alle realtà ecclesiali locali per lavorare nelle periferie, nelle<br />
contrade sperdute delle foreste equatoriali, mai sprecato, mai inut<strong>il</strong>e<br />
perché porta con sé la Buona Novella da annunciare ai poveri che appunto<br />
abitano la periferia di questo mondo.<br />
Le sue opere avevano fondamentalmente lo scopo di rappresentare<br />
un sussidio per l’animazione vocazionale e missionaria. Esse evidenziano<br />
<strong>il</strong> fascino delle tradizioni orientali, dai colori alle danze ai costumi,<br />
che formano una cornice affascinante in cui si svolge <strong>il</strong> lavoro<br />
del missionario. Appare così evidente l’intento di suscitare interesse,<br />
risvegliare vocazioni dimenticate da qualche parte nel cuore dei<br />
giovani.<br />
Missione Oggi | maggio 2009 31
dossier<br />
I <strong>Missionari</strong><br />
<strong>Saveriani</strong> di<br />
Parma hanno<br />
dimostrato<br />
un’attenzione<br />
duratura nel<br />
tempo per <strong>il</strong><br />
cinematografo.<br />
È sufficiente<br />
dire che <strong>il</strong><br />
primo lavoro da<br />
essi realizzato<br />
risale al 1924<br />
zione della colonia italiana e della missione cappuccina<br />
in loco. È necessario sottolineare come<br />
i religiosi non avessero una preparazione professionale,<br />
dunque i lavori di questo periodo risentono<br />
di un certo d<strong>il</strong>ettantismo (riprese incerte,<br />
pellicole e macchinari di fortuna, scarsa originalità<br />
rispetto agli argomenti trattati), ma nonostante<br />
questo è encomiab<strong>il</strong>e la sensib<strong>il</strong>ità fotografica,<br />
<strong>il</strong> desiderio di sperimentazione, la fiducia<br />
riposta nelle capacità comunicative del cinematografo,<br />
cosa insolita visto <strong>il</strong> contemporaneo<br />
scetticismo espresso dalla Chiesa di Roma.<br />
La fase per così dire “pionieristica” ha termine<br />
con la seconda guerra mondiale: dalla fine degli<br />
anni Quaranta si assiste alla proliferazione di<br />
iniziative (come festival e concorsi), di case di<br />
produzione promosse dagli Istituti missionari, di<br />
dibattiti ospitati all’interno delle riviste missionarie<br />
circa <strong>il</strong> corretto ut<strong>il</strong>izzo del cinema nell’attività<br />
evangelica. L’insieme di questi fenomeni sta a<br />
testimoniare come <strong>il</strong> cinematografo avesse ormai<br />
conquistato un posto importante nell’attività missionaria;<br />
sempre come aus<strong>il</strong>io della parola, ma<br />
non necessariamente in forma d<strong>il</strong>ettantistica.<br />
Questi dati si confermano nei decenni successivi,<br />
caratterizzati da un incremento esponenziale<br />
della produzione audiovisiva. Tuttavia,<br />
mentre alcuni missionari continuarono ad<br />
impegnarsi in prima persona nella realizzazione<br />
di f<strong>il</strong>m e documentari, la maggior parte degli<br />
Istituti preferì dare vita a realtà produttive gestite<br />
da laici, professionisti del settore. L’avvento<br />
della tecnologia digitale e l’ampliarsi del<br />
mercato dell’audiovisivo a partire dagli anni<br />
Ottanta, infatti, hanno portato alla nascita di numerose<br />
case di produzione nel mondo, mentre<br />
la concorrenza della televisione e di Internet ha<br />
avuto come conseguenza l’ut<strong>il</strong>izzo del cinema<br />
quale strumento di approfondimento e informazione,<br />
piuttosto che didattico o di cronaca.<br />
Quale parte hanno avuto i <strong>Missionari</strong> <strong>Saveriani</strong><br />
nella storia del cinema missionario<br />
Può indicare un caso significativo<br />
I <strong>Missionari</strong> <strong>Saveriani</strong> di Parma hanno dimostrato<br />
un’attenzione duratura nel tempo per<br />
<strong>il</strong> cinematografo. È sufficiente dire che <strong>il</strong> primo<br />
lavoro da essi realizzato risale al 1924 (Il nido<br />
degli aqu<strong>il</strong>otti, un f<strong>il</strong>m purtroppo perduto, ma<br />
che doveva servire a suscitare nuove vocazioni<br />
tra i suoi spettatori) e ancora è operativa Videomission,<br />
nata nel 1987 per iniziativa di padre<br />
Ottorino Maule, con sede a Brescia. In qualche<br />
modo, insomma, <strong>il</strong> rapporto tra <strong>Saveriani</strong> e cinema<br />
potrebbe essere assunto come esempio<br />
del percorso di tutto <strong>il</strong> cinema missionario italiano<br />
lungo <strong>il</strong> XX secolo: da amatori a professionisti<br />
del settore. Oltre, poi, che registi e produttori,<br />
tra i <strong>Saveriani</strong> si possono annoverare alcune<br />
delle figure che più hanno animato e approfondito<br />
la discussione in merito al rapporto<br />
tra cinema e attività missionaria: a titolo di<br />
esempio ricordo i nomi dei padri Vittorino C.<br />
Vanzin e Francesco De Zen, di cui è possib<strong>il</strong>e<br />
ancora oggi constatare la passione degli interventi<br />
espressi in varie occasioni.<br />
Il caso certamente più emblematico del cinema<br />
missionario saveriano è dato da un f<strong>il</strong>m<br />
realizzato nel 1929 e dal titolo Fiamme, regia di<br />
padre Mario Frassinetti. Numerose le particolarità<br />
di questo prodotto, a partire dalla scelta di<br />
girare un’opera di finzione e non un documentario<br />
come era stato abituale fino ad allora. La<br />
vicenda raccontata, inoltre, costruisce uno<br />
schema narrativo imitato da molte opere successive:<br />
la figura del missionario – in opposizione<br />
a quella dello stregone – si pone quale difensore<br />
degli indigeni messi in pericolo dalla<br />
loro stessa ignoranza, fino al compiersi della<br />
conversione alla religione cristiana. In più<br />
Fiamme decide di ambientare la vicenda in<br />
America, mettendo in scena uno scontro tra indiani<br />
e rangers, cioè adatta alcune caratteristiche<br />
del genere cinematografico western ai valori<br />
e alle esigenze dell’attività missionaria. Questo<br />
dimostra non solo un’apertura e un apprezzamento<br />
per <strong>il</strong> linguaggio cinematografico che<br />
sono assolutamente atipici per <strong>il</strong> periodo, ma<br />
anche una profonda conoscenza dell’immaginario<br />
popolare, amante delle storie avventurose<br />
ed esotiche. Il f<strong>il</strong>m viene realizzato in brevissimo<br />
tempo, da d<strong>il</strong>ettanti, che così trascorrono le<br />
vacanze estive sugli Appennini intorno a Parma,<br />
tra inseguimenti a cavallo e benedizioni<br />
della macchina da presa; dunque non possiede<br />
velleità artistiche e tuttavia ancora oggi stupisce<br />
per l’originalità di concezione e di realizzazione.<br />
Il valore di Fiamme, inoltre, è dato dal<br />
fatto che resta a tutt’oggi <strong>il</strong> primo f<strong>il</strong>m missionario<br />
di cui possediamo le immagini, <strong>il</strong> cui apprezzamento,<br />
insomma, non si costruisce unicamente<br />
tramite fonti indirette (per esempio, la<br />
stampa del periodo). Con queste premesse, sembra<br />
quasi naturale che i <strong>Saveriani</strong> abbiano continuato<br />
nella produzione cinematografica, aggiornando<br />
ovviamente tecniche e linguaggi fino ai<br />
nostri giorni (a cura di m.m.).<br />
MISSIONE OGGI - N. 5/2009 - CSAM - VIA PIAMARTA 9 - 25121 BRESCIA - missioneoggi@saveriani.bs.it<br />
32 Missione Oggi | maggio 2009
P. Franco Sottocornola,<br />
missionario saveriano,<br />
di Bergamo,<br />
è fondatore<br />
e direttore del Centro<br />
di spiritualità<br />
e dialogo<br />
interreligioso<br />
Shinmeizan<br />
a Tamana-gun<br />
(Kumamoto,<br />
Giappone), nonché<br />
consultore<br />
del Pontificio<br />
Consiglio<br />
per <strong>il</strong> dialogo<br />
interreligioso<br />
Tensione<br />
missionaria<br />
e identità<br />
sacerdotale<br />
MO<br />
AFP<br />
CRISI DI IDENTITÀ<br />
Tra i grandi mutamenti e, perché no, turbamenti,<br />
che hanno accompagnato <strong>il</strong> rinnovamento della<br />
Chiesa chiesto dal Conc<strong>il</strong>io, occorre senz’altro annoverare<br />
anche una crisi di identità dei presbiteri o<br />
sacerdoti. Questa è stata condizionata certamente<br />
dalle concomitanti grandi trasformazioni avvenute<br />
nella società e ripercossesi nella stessa Chiesa<br />
durante la “rivoluzione culturale” che ebbe <strong>il</strong> suo<br />
apice negli eventi del ‘68. Ma, in un certo senso, essa<br />
è stata anche indirettamente provocata dal<br />
Conc<strong>il</strong>io Vaticano II che, chiedendo ai ministri tutti<br />
della Chiesa cambiamenti non piccoli nel modo<br />
di auto-comprendersi, ha contribuito a questa “crisi<br />
di identità” dalla quale solo ora, sembra, ci si<br />
stia lentamente riprendendo. Prove dolorose di<br />
questa crisi sono state, tra l’altro, le molte defezioni,<br />
la diminuzione nel numero di candidati al sacerdozio<br />
(sebbene anche qui le cause siano molteplici),<br />
oltre ad una inusitata difficoltà a perseverare<br />
nel mandato ricevuto e nell’impegno assunto.<br />
ROVESCIAMENTO DI PROSPETTIVA<br />
Mentre <strong>il</strong> Conc<strong>il</strong>io di Trento, a motivo della sua finalità<br />
propria e dei compiti concreti e urgenti con<br />
cui doveva confrontarsi, partiva dalla riaffermazione<br />
della verità di fede del sacrificio eucaristico<br />
per ribadire ed esprimere la identità del “sacerdote”<br />
(come <strong>il</strong> “presbitero” era definito in senso reconc<strong>il</strong>io<br />
e missione<br />
FRANCO SOTTOCORNOLA<br />
Volendo riflettere sul mistero della Chiesa, la sua<br />
natura e struttura, la sua ragion d’essere profonda,<br />
<strong>il</strong> Conc<strong>il</strong>io Vaticano II si è occupato in modo<br />
specifico e dettagliato dei ministeri che sono elemento<br />
essenziale della sua identità. Tra i 16 documenti<br />
discussi, approvati e offerti come autorevole<br />
insegnamento e guida per la vita della Chiesa, troviamo<br />
infatti un decreto sull’ufficio pastorale dei<br />
vescovi, e ben due decreti che riguardano i presbiteri:<br />
uno sulla loro formazione e l’altro sul loro ministero<br />
e la loro forma di vita. Vorremmo qui soffermarci<br />
sulle indicazioni che <strong>il</strong> Conc<strong>il</strong>io ha dato<br />
per comprendere <strong>il</strong> servizio ministeriale e per viverlo<br />
fruttuosamente all’interno del grande mistero<br />
che è la Chiesa, corpo di Cristo, sua presenza viva<br />
nella storia del mondo e strumento della sua<br />
azione di salvezza.<br />
strittivo), e, inoltre, trattava del ministero nella<br />
Chiesa a partire appunto dai sacerdoti, <strong>il</strong> Vaticano<br />
II, con una intenzione più ampia e generale, nella<br />
Costituzione sulla Chiesa (“Lumen gentium”) colloca<br />
<strong>il</strong> discorso sui ministeri all’interno del più vasto<br />
discorso sulla Chiesa tutta, partendo dal ministero<br />
dei vescovi, successori degli Apostoli, e all’interno<br />
di questo ministero coglie e delinea l’identità del<br />
presbitero. Di conseguenza, l’identità del presbitero<br />
Missione Oggi | maggio 2009 33
conc<strong>il</strong>io e missione<br />
Superamento della crisi<br />
Per un superamento felice della crisi di identità del ministero presbiterale,<br />
è necessario che quanti vi sono chiamati assumano con consapevolezza<br />
e con entusiasmo i tratti di questa identità come delineati dal<br />
Conc<strong>il</strong>io, trasformandoli in forma di vita e facendone <strong>il</strong> proprio orizzonte<br />
spirituale. Si può ben capire che questo cambio di prospettiva<br />
possa salutarmene mettere in crisi molti sacerdoti, ma anche aiutarli<br />
a superare questa crisi con una chiara e gioiosa consapevolezza della<br />
propria vera identità. Essa li unisce intimamente a Cristo, in modo<br />
nuovo e speciale; ma ciò avviene nella Chiesa, attraverso una concreta<br />
e vissuta comunione di missione con <strong>il</strong> vescovo e con la comunità<br />
dei fedeli, e nella prospettiva della salvezza di tutta l’umanità. E’ questa<br />
la prospettiva che domina anche la conclusione del decreto conc<strong>il</strong>iare<br />
sui presbiteri (Cf. n. 22).<br />
Papa Benedetto XVI, in occasione del 150mo anniversario della morte<br />
del santo curato d’Ars, Jean Marie Vianney, ha recentemente proclamato<br />
un “anno sacerdotale”, che inizierà <strong>il</strong> 19 giugno 2009, solennità<br />
del “Cuore”, ossia del mistero di amore misericordioso, di Cristo. La<br />
massima “estensione” della missione del presbitero non può non essere<br />
radicata e sostenuta dalla massima “intensità” della sua percezione<br />
e appropriazione in una identificazione mistica con questo<br />
“Cuore”, questo amore, di Cristo, fonte e luogo di vita e di salvezza per<br />
<strong>il</strong> mondo intero.<br />
viene vista nel suo insieme, come collaboratore<br />
del vescovo in tutto <strong>il</strong> suo servizio alla<br />
Chiesa e al mondo, servizio definito tradizionalmente<br />
dal triplice ambito, del governo<br />
o guida pastorale, della predicazione della<br />
parola di Dio, e della celebrazione dei segni<br />
sacramentali della presenza e dell’azione<br />
salvifica di Cristo nella sua Chiesa.<br />
IL DECRETO SUI PRESBITERI<br />
Non potendo qui analizzare in dettaglio tutto<br />
<strong>il</strong> ricco testo del decreto “Presbyterorum<br />
ordinis”, ci soffermiamo sulla impostazione<br />
generale del discorso sui presbiteri e sulla<br />
precisa e chiara affermazione della loro<br />
missione universale come elemento costitutivo<br />
della loro identità.<br />
Il decreto, sulla scia della “Lumen gentium”,<br />
inizia descrivendo <strong>il</strong> ministero presbiterale<br />
come partecipazione al ministero dei vescovi,<br />
e definendo questi come continuatori del<br />
ministero apostolico nella Chiesa. Ne consegue<br />
una concezione del ministero presbiterale<br />
ricca e feconda, radicata nel ministero<br />
degli Apostoli, ampia, universale, aperta<br />
sul mondo intero. Con una felice citazione<br />
di un bellissimo e denso testo paolino, <strong>il</strong><br />
MO<br />
Conc<strong>il</strong>io afferma: “Dato che i Presbiteri hanno<br />
una loro partecipazione nella funzione<br />
degli Apostoli, ad essi è concessa da Dio la<br />
grazia per poter essere ministri di Cristo Gesù<br />
fra le genti mediante <strong>il</strong> sacro ministero<br />
del Vangelo, affinché l’oblazione delle genti<br />
sia accettab<strong>il</strong>e, santificata nello Spirito Santo<br />
(cfr. Rom. 15, 16 gr.)... Effettivamente, <strong>il</strong><br />
loro servizio, che comincia con l’annuncio<br />
del Vangelo, deriva la propria forza e la propria<br />
efficacia dal Sacrificio di Cristo, e ha<br />
come scopo che ‘tutta la città redenta, cioè<br />
la riunione e società dei santi, offra a Dio un<br />
sacrificio universale per mezzo del Gran Sacerdote,<br />
<strong>il</strong> quale ha offerto se stesso per noi<br />
con la sua Passione, per farci diventare corpo<br />
di così eccelso Capo’ (Agostino, De Civ.Dei<br />
10,6). Pertanto, <strong>il</strong> fine cui tendono i Presbiteri<br />
con <strong>il</strong> loro ministero e la loro vita è la gloria<br />
di Dio Padre in Cristo. E tale gloria si dà<br />
quando gli uomini accolgono con consapevolezza,<br />
con libertà, e con gratitudine,<br />
l’opera di Dio realizzata in Cristo e la manifestano<br />
in tutta la loro vita” (n. 2). Il termine<br />
“uomini” (homines) qui sarebbe meglio<br />
tradotto, in italiano, con “l’umanità tutta”!<br />
Il n. 10, con cui inizia <strong>il</strong> cap. III, riafferma<br />
esplicitamente questa prospettiva universale<br />
del ministero presbiterale: “Il dono spirituale<br />
che i Presbiteri hanno ricevuto nell’Ordinazione<br />
non li prepara a una missione limitata<br />
e ristretta, bensì a una vastissima e<br />
universale missione di salvezza, ‘fino agli<br />
ultimi confini della terra’ (Atti, 1,8), dato che<br />
qualunque ministero sacerdotale partecipa<br />
della stessa ampiezza universale della missione<br />
affidata da Cristo agli Apostoli. Infatti<br />
<strong>il</strong> sacerdozio di Cristo, di cui i Presbiteri sono<br />
resi realmente partecipi, si dirige a tutti i popoli<br />
e a tutti i tempi, né può subire limite alcuno<br />
di stirpe, nazione o età...”.<br />
LA PREGHIERA DI ORDINAZIONE<br />
Queste indicazioni conc<strong>il</strong>iari sono state accolte<br />
e come condensate nella più importante<br />
delle modifiche introdotte dalla riforma<br />
liturgica post-conc<strong>il</strong>iare nel rito di<br />
ordinazione dei presbiteri, nella stessa preghiera<br />
di ordinazione pronunciata dal vescovo,<br />
che si conclude con una visione<br />
grandiosa, missionaria, universale, del loro<br />
ministero:<br />
“Siano degni cooperatori dell’ordine episcopale,<br />
perché la parola del Vangelo mediante<br />
la loro predicazione, con la grazia dello Spirito<br />
Santo, fruttifichi nel cuore degli uomini,<br />
e raggiunga i confini della terra [...] Siano<br />
uniti a noi, o Signore, nell’implorare la<br />
tua misericordia per <strong>il</strong> popolo a loro affidato<br />
e per <strong>il</strong> mondo intero. Così la moltitudine<br />
delle genti, riunita a Cristo, diventi <strong>il</strong> tuo<br />
unico popolo, che avrà <strong>il</strong> compimento nel<br />
tuo regno”. FRANCO SOTTOCORNOLA<br />
34 Missione Oggi | maggio 2009
M<strong>il</strong>ano<br />
GRAZIE AL PAZIENTE IMPEGNO DI<br />
QUESTI ANNI, ORA POSSIAMO DIRE<br />
DI ESSERE PASSATI DALLA FASE<br />
DELLA “PRIMA CONOSCENZA” A<br />
QUELLA DELLA “FIDUCIA”, ALMENO<br />
CON LA MAGGIOR PARTE DELLE<br />
REALTÀ MUSULMANE PRESENTI<br />
NELLA DIOCESI AMBROSIANA. ORA<br />
LE RELAZIONI SONO PIÙ FACILI, CI<br />
SI CONOSCE MEGLIO, CI SI FIDA GLI<br />
UNI DEGLI ALTRI, I RAPPORTI SONO<br />
PIÙ SCIOLTI, NON SI TEME DI<br />
AFFRONTARE LE DIFFERENZE E LE<br />
DIVERGENZE<br />
Una Chiesa in dialogo<br />
GIAMPIERO ALBERTI<br />
AP PHOTO/CORRADO GIAMBALVO<br />
verso <strong>il</strong> convegno<br />
Ho già descritto, in “Missione Oggi” del mese<br />
di ottobre 2007, la pastorale per <strong>il</strong> dialogo<br />
interreligioso della Chiesa di M<strong>il</strong>ano. Racconterò<br />
ora degli sv<strong>il</strong>uppi del nostro lavoro, anche<br />
a livello di Forum delle Religioni, che avevo<br />
solo citato nel precedente articolo.<br />
DALLA “CONOSCENZA” ALLA “FIDUCIA”,<br />
UN PASSO AVANTI<br />
Grazie al paziente impegno di questi anni,<br />
ora possiamo dire di essere passati dalla fase<br />
della “prima conoscenza” a quella della “fiducia”,<br />
almeno con la maggior parte delle realtà<br />
musulmane presenti nella diocesi ambrosiana.<br />
Ora le relazioni sono più fac<strong>il</strong>i, ci si conosce<br />
meglio, ci si fida gli uni degli altri, i rapporti sono<br />
più sciolti, non si teme di affrontare le differenze<br />
e le divergenze.<br />
Questa reciproca fiducia permette e richiede<br />
un lavoro più approfondito ai vari livelli. Si cerca<br />
cioè di capire sempre meglio, al di là dei termini<br />
che possono sembrare uguali nelle due religioni,<br />
ciò che ogni religione intende, professa<br />
e vive realmente. Ad esempio ci si confronta su<br />
cosa musulmani e cristiani rispettivamente intendono<br />
quando si parla di Dio, di Gesù Cristo,<br />
di libertà religiosa, di democrazia di laicità e sim<strong>il</strong>i.<br />
Questa ricerca di chiarezza avviene da<br />
sempre, altrimenti non ci sarebbe mai stato incontro,<br />
dialogo. Ora, instaurata la fiducia, si<br />
può lavorare sempre più in profondità e soprattutto<br />
con maggiore libertà.<br />
E non è poco, se si tiene presente la confusione<br />
che spesso ancora si riscontra a proposito<br />
dei valori accennati, anche nei media. Il significato<br />
dato ai termini, la comunicazione, intesa<br />
come vera comprensione del pensiero, generano<br />
ancora confusione che ostacola <strong>il</strong> dialogo<br />
creando incomprensione e favorendo superficialità<br />
e sincretismo. Anche lo sforzo formativo<br />
è volto a rendere capaci di chiarezza e approfondimento,<br />
nella massima reciproca libertà.<br />
Così che ogni operatore pastorale o semplice<br />
Giampiero Alberti,<br />
sacerdote di M<strong>il</strong>ano,<br />
specializzato in<br />
Islamistica presso <strong>il</strong><br />
PISAI (Pontificio<br />
istituto studi arabi e<br />
islamistica) di Roma,<br />
esperto di islam<br />
dell’Ufficio<br />
ecumenismo e dialogo<br />
dell’arcidiocesi<br />
ambrosiana, membro<br />
del CADR (Centro<br />
ambrosiano di<br />
documentazione sulle<br />
Religioni) e del<br />
Comitato scientifico<br />
della rivista“Ad<br />
Gentes” dell’EMI<br />
di Bologna<br />
Missione Oggi | maggio 2009 35
verso <strong>il</strong> convegno<br />
fedele possa essere ab<strong>il</strong>itato ad aprirsi ad un vero<br />
dialogo nell’ambito in cui svolge <strong>il</strong> suo impegno<br />
o semplicemente là dove si trova a vivere,<br />
testimoniando la sua fede.<br />
IL “FORUM DELLE RELIGIONI” DI MILANO<br />
La costituzione del Forum delle Religioni<br />
a M<strong>il</strong>ano intende offrire alla città<br />
la presenza e <strong>il</strong> servizio di un organismo<br />
interreligioso, in cui le religioni siano<br />
rappresentate attraverso l’adesione non<br />
di singole persone, ma delle stesse<br />
organizzazioni e comunità religiose<br />
formalmente costituite<br />
ligioni a M<strong>il</strong>ano risale però al 25 ottobre 2000,<br />
quando per l’annuale appuntamento, organizzato<br />
anche a M<strong>il</strong>ano per rivivere l’indimenticab<strong>il</strong>e<br />
incontro interreligioso del 1986 ad Assisi,<br />
l’arcidiocesi m<strong>il</strong>anese rivolse ad ogni comunità<br />
ed organizzazione religiosa presente in città e<br />
alle altre confessioni cristiane, l’invito di potersi<br />
ritrovare tutti allo stesso titolo e intorno allo<br />
stesso tavolo, allo scopo di pensare e programmare,<br />
promuovere e realizzare un’iniziativa a<br />
livello cittadino, che fosse “interreligiosa” fin<br />
dal suo inizio e dalla sua impostazione.<br />
In piena e paritetica collaborazione venne<br />
elaborato un programma di incontro pubblico<br />
(con interventi su L’accoglienza dell’altro via<br />
alla pace di D. Teundrup, R. Sirat, M. Bashir al-<br />
Bani, C.M. Martini, in rappresentanza di buddhisti,<br />
ebrei, musulmani e cristiani) e fu redatto un<br />
Appello alla città, che sulla civica piazza di S.<br />
Angelo venne solennemente firmato da diversi<br />
leader religiosi di M<strong>il</strong>ano e consegnato al Sindaco.<br />
Il positivo risultato dell’evento e la fecondi-<br />
LO STATUTO IN SINTESI<br />
Le Comunità religiose e le Organizzazioni<br />
religiose presenti a M<strong>il</strong>ano di tradizione<br />
buddhista, cristiana, ebraica e musulmana,<br />
che sottoscrivono <strong>il</strong> presente documento<br />
si costituiscono in Forum delle Religioni<br />
a M<strong>il</strong>ano (FRM).<br />
SCOPI<br />
1. Approfondire la mutua relazione e<br />
progredire nella reciproca accoglienza,<br />
nella conoscenza dei fondamenti<br />
teorici e delle prassi di ciascuna comunità.<br />
2. Promuovere la cultura del dialogo,<br />
della solidarietà e della pace.<br />
3. Favorire <strong>il</strong> confronto sulle tematiche<br />
di comune interesse in rapporto all’interazione<br />
con la società civ<strong>il</strong>e.<br />
4. Esprimere un punto di riferimento significativo<br />
delle tradizioni religiose presso<br />
gli enti locali e le istituzioni civ<strong>il</strong>i.<br />
5. Promuovere la tutela della libertà di<br />
culto, di religione e di fede e impegnarsi<br />
contro ogni forma di discriminazione<br />
religiosa.<br />
ADERENTI<br />
La partecipazione al FRM avviene in<br />
rappresentanza delle singole Organizzazioni<br />
e Comunità religiose e non a titolo<br />
personale.<br />
Sulla scia di altre iniziative sim<strong>il</strong>i, sia pure<br />
con genesi e fisionomie diverse, già presenti in<br />
altre città italiane, gli operatori pastorali del settore<br />
hanno sentito <strong>il</strong> desiderio e la necessità di<br />
un Forum delle Religioni anche per M<strong>il</strong>ano.<br />
Così, dopo anni di contatti, incontri, riunioni,<br />
preghiera e collaborazione si è giunti <strong>il</strong> 21 marzo<br />
2006 alla firma dello Statuto del Forum delle<br />
Religioni a M<strong>il</strong>ano. L’avvenimento che ha<br />
segnato l’inizio della storia del Forum delle Retà<br />
del metodo sperimentato hanno confermato la<br />
volontà di continuare sulla strada intrapresa: già<br />
<strong>il</strong> giorno successivo fu offerta ai leader religiosi<br />
di M<strong>il</strong>ano una qualificata presentazione di<br />
World Conference on Religion and Peace, cui si<br />
è ispirato <strong>il</strong> successivo cammino. Infatti, soprattutto<br />
nel periodo 2001-2004, si è priv<strong>il</strong>egiato <strong>il</strong><br />
processo di costituzione di una sezione m<strong>il</strong>anese<br />
di Religions for Peace. Con essa è stato possib<strong>il</strong>e<br />
promuovere alcune iniziative qualificate<br />
nella loro dimensione interreligiosa. In questa<br />
ottica si possono menzionare alcune veglie interreligiose<br />
di preghiera, a cominciare da quella<br />
intitolata Religioni a M<strong>il</strong>ano per la Pace e organizzata<br />
l’11 ottobre 2001, un mese dopo gli attentati<br />
terroristici negli Usa. Gli stessi annuali<br />
incontri del 27 ottobre e diverse altre iniziative<br />
36 Missione Oggi | maggio 2009
AP PHOTO/CORRADO GIAMBALVO<br />
verso <strong>il</strong> convegno<br />
si sono avvalse della collaborazione interreligiosa<br />
dapprima di Religions for Peace e poi del<br />
gruppo di lavoro impegnato nella costituzione<br />
del Forum delle Religioni a M<strong>il</strong>ano.<br />
Infatti dal giugno 2004 si è dato l’avvio al<br />
processo di costituzione del Forum con lo scopo<br />
di integrare le funzioni della sezione m<strong>il</strong>anese di<br />
Religions for Peace, alla quale i soci, anche se<br />
qualificati rappresentanti delle proprie religioni,<br />
aderiscono solo a titolo personale. Con la costituzione<br />
del Forum delle Religioni a M<strong>il</strong>ano si<br />
intende invece offrire alla città la presenza e <strong>il</strong><br />
servizio di un organismo interreligioso, in cui le<br />
religioni siano rappresentate attraverso l’adesione<br />
non di singole persone, ma delle stesse organizzazioni<br />
e comunità religiose formalmente costituite.<br />
Per questo lo statuto, inteso come carta<br />
d’intenti, viene sottoscritto da ogni firmatario a<br />
nome del singolo soggetto di cui è responsab<strong>il</strong>e<br />
o che lo ha deputato a rappresentarlo.<br />
Hanno aderito: la Comunità ebraica, alcune<br />
Associazioni buddhiste, Cristiani cattolici, alcune<br />
Associazione cattoliche, Avventisti, Evangelici,<br />
Protestanti, alcune Comunità musulmane.<br />
La cerimonia della firma è stata ricca di simboli,<br />
<strong>il</strong> più significativo <strong>il</strong> gesto dell’acqua: all’inizio<br />
<strong>il</strong> rappresentante di ogni area religiosa ha<br />
versato dell’acqua in un recipiente, quindi le acque<br />
si sono mescolate, al termine, ognuno ha ripreso<br />
l’acqua così mescolata da portare come<br />
segno nella propria comunità. Ogni anno si ricorda<br />
la data della firma dello Statuto in una cerimonia<br />
pubblica e si cambiano i simboli. Dall’acqua<br />
si è passati all’ulivo (ai presenti è stato<br />
dato un ulivo-bonsai) e poi all’aria (è stato distribuito<br />
un flauto), quest’anno saranno i frutti. I<br />
simboli sono eloquenti, non richiedono spiegazioni<br />
e sono adatti per ogni area religiosa.<br />
Ogni anno <strong>il</strong> 27 ottobre, presso <strong>il</strong> Convento di<br />
Sant’Angelo dei Frati Francescani in M<strong>il</strong>ano, <strong>il</strong><br />
Forum, e relativi fedeli sempre più numerosi, si<br />
ritrova per ricordare e rivivere lo spirito del famoso<br />
Incontro Interreligioso di Assisi, e ogni anno<br />
si sv<strong>il</strong>uppa un tema, che viene presentato, e<br />
per <strong>il</strong> quale si prega. È evidente l’importanza che<br />
in una grande città come M<strong>il</strong>ano gli esponenti<br />
delle varie Religioni presenti in città e dintorni<br />
abbiano aderito a questo organismo così specifico<br />
e davvero interreligioso, che è diventato un significativo<br />
referente anche per la società civ<strong>il</strong>e.<br />
Ad esempio, abbiamo iniziato, insieme, a metterci<br />
a disposizione di scuole e enti che desiderano<br />
conoscere meglio le religioni presenti sul nostro<br />
territorio. Abbiamo altresì risposto alla richiesta<br />
del Sindaco di M<strong>il</strong>ano accettando di collaborare<br />
al progetto di un incontro internazionale<br />
per celebrare nel 2013 i 1700 anni del Rescritto<br />
di Licinio e Costantino (M<strong>il</strong>ano 313 d.C.).<br />
Inoltre i fedeli delle singole aree religiose<br />
vengono “formati” a vivere gli scopi del Forum<br />
nella vita quotidiana, nelle loro relazioni fam<strong>il</strong>iari<br />
e sociali. È <strong>il</strong> dialogo dei “piccoli passi”,<br />
della gente comune che forma <strong>il</strong> tessuto della<br />
società e che realizza la Pace. GIAMPIERO ALBERTI<br />
Ogni anno si<br />
ricorda la data<br />
della firma dello<br />
Statuto in una<br />
cerimonia<br />
pubblica e si<br />
cambiano i<br />
simboli.<br />
Quest’anno<br />
saranno i frutti.<br />
I simboli sono<br />
eloquenti, non<br />
richiedono<br />
spiegazioni e<br />
sono adatti per<br />
ogni area<br />
religiosa<br />
Missione Oggi | maggio 2009 37
verso <strong>il</strong> convegno<br />
MO<br />
Il dialogo<br />
interreligioso<br />
a Taiwan<br />
PAULIN BATAIRWA<br />
Paulin Batairwa<br />
Kubuya, missionario<br />
saveriano della R.D.<br />
Congo, ordinato<br />
sacerdote nel 2000, è<br />
stato destinato alla<br />
Delegazione Cinese<br />
dei saveriani a Taipei<br />
(Taiwan), dove sta<br />
concludendo <strong>il</strong><br />
dottorato in<br />
Interreligious dialogue<br />
presso la Fu Jen<br />
University. L’articolo<br />
che qui pubblichiamo<br />
era già apparso su<br />
“Quaderni del Centro<br />
Studi Asiatico” 3/2008<br />
IL MIRACOLO RELIGIOSO DI TAIWAN<br />
La pacifica convivenza delle religioni è uno<br />
dei miracoli di Taiwan. La società taiwanese<br />
è molto religiosa, ci sono templi dappertutto e<br />
le attività e le celebrazioni religiose si svolgono<br />
durante tutto l’anno. Può accadere che membri<br />
della stessa famiglia venerino divinità differenti,<br />
ma ciò non sembra essere fonte di contrasti<br />
né di conflitti sociali. Nell’isola vi è un proliferare<br />
di templi piccoli e grandi, nei v<strong>il</strong>laggi, sulle<br />
montagne, in città. A Taiwan sono 26 le confessioni<br />
religiose ufficialmente registrate, la<br />
maggior parte dei gruppi buddhisti più influenti<br />
sono registrati come “fondazioni”. La legge<br />
sulle registrazioni è molto severa, ma <strong>il</strong> governo<br />
non interferisce nell’amministrazione interna<br />
di queste istituzioni. Naturalmente, vi è<br />
un’interazione di potere tra i partiti politici e<br />
queste importanti istituzioni religiose. Da un lato,<br />
gli uomini politici cercano <strong>il</strong> patrocinio di<br />
autorevoli maestri spirituali, dall’altro, le organizzazioni<br />
religiose possono disporre di migliori<br />
informazioni su come ricevere fondi dal governo.<br />
Inoltre, nel contesto di emarginazione<br />
politica in cui si trova Taiwan a livello internazionale,<br />
alcuni uomini politici hanno messo in<br />
evidenza <strong>il</strong> sostegno ricevuto dalle organizzazioni<br />
religiose nel dar voce alla propria causa. È<br />
per questo motivo che Taiwan presta particolare<br />
attenzione alle attività religiose internazionali:<br />
ciascuna di esse offre l’opportunità di farsi<br />
notare e di reclamare con forza quello “spazio”<br />
che le viene negato in molte altre situazioni. Il<br />
governo è sempre molto interessato.<br />
IL DIALOGO INTERRELIGIOSO<br />
NELLA CHIESA CATTOLICA DI TAIWAN<br />
Nel 1943 <strong>il</strong> cardinal Yu Bing fondò a Chongqing<br />
(Cina) l’Associazione cinese dei credenti,<br />
38 Missione Oggi | maggio 2009
Il futuro<br />
Per quanto riguarda <strong>il</strong> futuro del dialogo<br />
interreligioso, ci sono motivi per ben sperare,<br />
soprattutto nella diocesi di Taipei. Il nuovo<br />
vescovo (nominato nel dicembre 2007) ha<br />
posto <strong>il</strong> dialogo interreligioso tra le priorità del<br />
suo impegno pastorale. Si tratta di vedere<br />
come ciò potrà verificarsi. Anzi tutto, egli ha<br />
incaricato un giovane prete locale di presiedere<br />
la commissione che conduce incontri consultivi<br />
finalizzati a chiarire gli obiettivi e le priorità<br />
della commissione stessa. Uno dei compiti di<br />
tale commissione diocesana è di chiarire e<br />
selezionare le differenti necessità provenienti<br />
dal dialogo ecumenico e dal dialogo<br />
interreligioso. Inoltre, la commissione si<br />
propone di coordinare le iniziative e le energie<br />
sparse di vari gruppi e congregazioni religiose<br />
che, per mancanza di coinvolgimento della<br />
Chiesa locale, appaiono lontane dall’essere uno<br />
sforzo cattolico per <strong>il</strong> dialogo interreligioso.<br />
La ricerca è un campo interessante in cui <strong>il</strong><br />
dialogo interreligioso viene portato avanti, in<br />
particolare da parte del Teologato Gesuita e<br />
dell’Università Fu Jen. La proposta della<br />
commissione diocesana per <strong>il</strong> dialogo<br />
interreligioso è di tenere un convegno annuale<br />
o semestrale con specialisti di queste due<br />
istituzioni cattoliche. La collaborazione con<br />
questo ambiente accademico contribuisce a<br />
ricordare e a far emergere le questioni e le aree<br />
che richiedono più dialogo.<br />
MO MO<br />
quale punto di partenza di un percorso di pace.<br />
Si tratta della prima organizzazione interreligiosa<br />
sponsorizzata e promossa dalla Chiesa cattolica<br />
in Cina, molto tempo prima del Conc<strong>il</strong>io<br />
Vaticano II. Al momento della fondazione, <strong>il</strong><br />
cardinal Yu Bing accettava come membri dell’associazione<br />
soltanto i rappresentanti delle religioni<br />
mondiali. Ma una volta trasferitosi a Taiwan<br />
(dopo la proclamazione della Repubblica<br />
Popolare Cinese, 1° ottobre 1949 – n.d.r.), allargò<br />
i criteri di ammissione per far spazio alle religioni<br />
locali. Alla sua morte, l’associazione era<br />
diventata un organismo che comprendeva 18<br />
delle confessioni religiose ufficialmente registrate<br />
a Taiwan. Lo spirito di questa associazione<br />
ha spronato e promosso l’impegno della<br />
Chiesa cattolica nel campo del dialogo interreligioso.<br />
In seguito, la Chiesa fu naturalmente influenzata<br />
dalle direttive del Conc<strong>il</strong>io; nel 1990<br />
la Conferenza episcopale di Taiwan creò la propria<br />
Commissione per <strong>il</strong> dialogo interreligioso.<br />
La Chiesa di Taiwan si muove a due velocità.<br />
Mentre in via di principio <strong>il</strong> dialogo interreligioso<br />
è definito una priorità, la Chiesa locale<br />
non sempre riesce a trovare <strong>il</strong> personale e i<br />
mezzi per promuoverlo. Un serio impegno in<br />
questo campo nel clero e tra i laici locali è ostacolato<br />
dalle discussioni teologiche sul paradosso<br />
esistenziale tra la missione/proclamazione e<br />
<strong>il</strong> dialogo interreligioso. I religiosi e i sacerdoti<br />
nati a Taiwan nutrono dubbi sull’opportunità<br />
del dialogo con quelle tradizioni religiose che,<br />
una volta che essi si sono convertiti al cristianesimo,<br />
hanno allontanato dalla loro mente. Questa<br />
circostanza spiega <strong>il</strong> fatto che la maggior<br />
parte degli obiettivi della Commissione sono<br />
indirizzati verso i fedeli e i responsab<strong>il</strong>i delle<br />
comunità. Essa evidenzia inoltre le esitazioni in<br />
cui si dibatte una Chiesa nascente, che si trova<br />
nella necessità di tracciare i confini del mondo<br />
religioso che un convertito si lascia alle spalle.<br />
In effetti, <strong>il</strong> campo del dialogo interreligioso<br />
sembra attrarre più i religiosi che <strong>il</strong> clero locale.<br />
Un’altra difficoltà che <strong>il</strong> dialogo interreligioso<br />
incontra è l’unificazione in un solo ufficio<br />
diocesano, competente sia per <strong>il</strong> dialogo sia<br />
per l’ecumenismo. La ragione principale data<br />
per questa soluzione è la mancanza di personale.<br />
Il risultato è che le denominazioni protestanti,<br />
che sono a conoscenza di questa decisione, si<br />
sentono um<strong>il</strong>iate. Questa è una diffic<strong>il</strong>e controversia,<br />
se si considera che, a parte l’Australia,<br />
Taiwan era l’unico luogo al mondo dove la<br />
La Chiesa di<br />
Taiwan si muove<br />
a due velocità.<br />
Mentre in via di<br />
principio <strong>il</strong><br />
dialogo<br />
interreligioso è<br />
definito una<br />
priorità, la<br />
Chiesa locale<br />
non sempre<br />
riesce a trovare<br />
<strong>il</strong> personale<br />
e i mezzi per<br />
promuoverlo<br />
Nella pagina precedente:<br />
Taipei, manifestazione<br />
contro la corruzione<br />
politica;<br />
a fianco, dall’alto in basso:<br />
festa popolare a Taiwan;<br />
monaci buddhisti<br />
in metropolitana a Taipei.<br />
PER SAPERNE DI PIÙ<br />
presso:<br />
libreria@saveriani.bs.it<br />
verso <strong>il</strong> convegno<br />
Missione Oggi | maggio 2009 39
verso <strong>il</strong> convegno<br />
MO<br />
La Chiesa Cattolica di Taiwan ha una lunga<br />
storia di dialogo interreligioso, grazie al rispetto<br />
e all’amicizia tra i leader delle tradizioni religiose.<br />
L’amicizia e la comprensione reciproca<br />
tra i leader religiosi deve essere contagiosa ed<br />
espandersi ai fedeli delle rispettive tradizioni.<br />
Uno dei principali protagonisti di tale f<strong>il</strong>osofia<br />
è stato <strong>il</strong> gesuita p. Albert Poulet Mathis, che ha<br />
speso la vita visitando templi e personalità religiose.<br />
Egli è stato segretario esecutivo della<br />
commissione per <strong>il</strong> dialogo interreligioso della<br />
FABC (Federazione delle conferenze episcopali<br />
asiatiche), e ha avuto lo stesso incarico per la<br />
Conferenza episcopale di Taiwan fino al suo<br />
pensionamento. Durante questo periodo, egli ha<br />
creato una rete di amicizia tra i diversi leader<br />
religiosi di Taiwan. Il suo impegno è stato veramente<br />
notevole, e oggi è diffic<strong>il</strong>e apprezzare fino<br />
in fondo la sua opera e trovare un sostituto<br />
per <strong>il</strong> ruolo e la fiducia che p. Mathis aveva saputo<br />
guadagnarsi tra gli altri leader religiosi.<br />
Egli ha bussato alle porte delle maggiori istituzioni<br />
religiose di Taiwan proponendo loro un<br />
dialogo al quale si stanno ora aprendo, e perciò<br />
esse si aspettano di più da una Chiesa alla ricerca<br />
di un’ispirazione carismatica.<br />
Nella<br />
delegazione<br />
saveriana lo<br />
spirito del<br />
dialogo<br />
interreligioso è<br />
vissuto in<br />
maniera diversa,<br />
a seconda degli<br />
incarichi e delle<br />
opportunità in<br />
cui ciascuno vive<br />
<strong>il</strong> proprio<br />
contesto<br />
Fedeli in preghiera<br />
in un tempio buddhista<br />
a Taipei.<br />
Chiesa cattolica era membro del Consiglio<br />
Mondiale delle Chiese e della Società Biblica<br />
Cristiana.<br />
IL CONTRIBUTO DEI RELIGIOSI<br />
AL DIALOGO INTERRELIGIOSO<br />
I SAVERIANI<br />
La delegazione cinese (dei saveriani –<br />
n.d.r.) ha preso in considerazione la possib<strong>il</strong>ità<br />
di un coinvolgimento più profondo nel campo<br />
del dialogo interreligioso, anche prima che ciò<br />
fosse esplicitamente annunciato nella Ratio<br />
Missionis Xaveriana (Guadalajara 2001). Nella<br />
delegazione, lo spirito del dialogo interreligioso<br />
è vissuto in maniera diversa, a seconda degli<br />
incarichi e delle opportunità in cui ciascuno vive<br />
<strong>il</strong> proprio contesto. Per coloro che vivono sul<br />
continente (la Repubblica Popolare Cinese –<br />
n.d.r.) è vissuto più nei termini della consapevolezza<br />
di una cultura caratterizzata dall’ateismo.<br />
In altre situazioni, l’assistenza ai malati e<br />
ai disab<strong>il</strong>i e la necessità di una fattiva collaborazione<br />
hanno consentito uno scambio ecumenico<br />
per coloro che sono impegnati nel sociale.<br />
A Taipei, invece, <strong>il</strong> dialogo interreligioso è parte<br />
della vita comunitaria, specialmente perché <strong>il</strong><br />
dialogo ha richiesto che un membro della comunità<br />
(<strong>il</strong> sottoscritto) si qualificasse a questo<br />
scopo. Fin dal mio arrivo a Taipei, ho cercato di<br />
acquisire una formazione in tal senso, al momento<br />
seguo un corso di dottorato nel dipartimento<br />
di studi religiosi dell’Università Fu Jen.<br />
Al completamento degli studi, <strong>il</strong> mio compito<br />
sarà di animare la comunità saveriana in questo<br />
campo. Uno degli impegni previsti dall’ultima<br />
assemblea è la consapevolezza che la pluralità<br />
dei mondi religiosi che ci circonda deve comparire<br />
nel linguaggio che adoperiamo con la<br />
gente e nel nostro st<strong>il</strong>e di vita. Desidero inoltre<br />
ricordare che da tre anni è attivo un “gruppo di<br />
riflessione” composto da cristiani interessati al<br />
dialogo interreligioso, che si sforza di incentivarne<br />
lo spirito. Le riunioni comprendono meditazioni<br />
su passi biblici e riflessioni su documenti<br />
della Chiesa. Si discute inoltre di questioni<br />
religiose connesse agli avvenimenti della vita<br />
(nascita, matrimonio, morte), situazioni in<br />
cui le credenze religiose possono diventare causa<br />
di divisioni.<br />
PAULIN BATAIRWA<br />
40 Missione Oggi | maggio 2009
L’ESPERIENZA DI UN MUSULMANO<br />
LA TENDENZA MISTICA, MANIFESTATASI<br />
FIN DAGLI INIZI NELL’ISLAM, COME IN<br />
ALTRE ESPERIENZE RELIGIOSE, PORTÒ MOLTI ASCETI A VESTIRSI DI PANNI DI RUVIDA LANA (SUF).<br />
PROPRIO DA TALE PRATICA SAREBBE DERIVATA LA PAROLA “SUFI” (CHE INDICA IL MISTICO ESOTE-<br />
RICO), E PURE IL TERMINE TASAWWUF (SUFISMO), LA SAGGEZZA CHE SUGGERISCE L’ITINERARIO PER<br />
ACCOSTARSI A DIO IN SPIRITO D’AMORE E TOTALE SOTTOMISSIONE.<br />
Il “Sufi Centre”<br />
e <strong>il</strong> dialogo<br />
interreligioso<br />
a Giacarta<br />
YUSUF DAUD<br />
verso <strong>il</strong> convegno<br />
LA “MISSION” DEL CENTRO SUFI<br />
“MYSKATUL ANWAR”<br />
La mission del Centro Sufi Myskatul Anwar di<br />
Giacarta è la promozione della consapevolezza<br />
dei valori comuni presenti nelle diverse tradizioni<br />
religiose: cristiane, musulmane e di altre<br />
religioni. Il Centro forma persone in grado di<br />
sv<strong>il</strong>uppare una migliore comprensione tra le diverse<br />
tradizioni religiose e culturali. Inoltre, introduce<br />
allo studio e alla pratica dei diritti umani.<br />
In questo modo, le diverse tradizioni religiose<br />
sono più preparate ad affrontare incomprensioni,<br />
stereotipi e intolleranze all’interno delle<br />
loro comunità, favorendo una genuina comprensione<br />
dell’altro, la convivenza e la collaborazione<br />
per una società più giusta e riconc<strong>il</strong>iata. Di<br />
fronte al drastico cambiamento del mondo,<br />
ovunque sempre più multiculturale e multireligioso,<br />
è fac<strong>il</strong>e cadere nelle tentazioni della xenofobia,<br />
dell’intolleranza e dello scontro di civ<strong>il</strong>tà.<br />
Per questo <strong>il</strong> Sufi Centre si è impegnato,<br />
fin dalla fondazione, nel 1992, nella promozione<br />
del dialogo interreligioso, a partire dal principio<br />
del pluralismo religioso, inteso come occasione<br />
di unità e fratellanza nella famiglia umana,<br />
piuttosto che come causa di divisioni e guerre.<br />
LA SPIRITUALITÀ, IL LUOGO PIÙ ADATTO<br />
PER IL DIALOGO<br />
La spiritualità è <strong>il</strong> luogo più adatto per <strong>il</strong> dialogo<br />
interreligioso. Nel corso degli ultimi anni<br />
ci siamo vieppiù convinti che ciò che le altre religioni<br />
si aspettano dall’islam è una testimonianza<br />
pratica dell’amore che si incontra nel<br />
Corano (qur’ àn). Non è per caso che la regola<br />
d’oro “Non fare agli altri quello che non vorresti<br />
fosse fatto a te” è comune a tutte le grandi<br />
religioni. Essa ci richiede di “diventare una cosa<br />
sola con gli altri”, di “vivere l’altro”.<br />
Yusuf Daud,<br />
musulmano<br />
indonesiano del Sufi<br />
Centre Myskatul<br />
Anwar Padepokan<br />
Thaha, vive a Giacarta.<br />
Ha frequentato<br />
recentemente <strong>il</strong> PISAI<br />
(Pontificio Istituto<br />
Studi Arabi e<br />
Islamistica) e<br />
l’Università Gregoriana<br />
di Roma, con una<br />
borsa di studio offerta<br />
dal Pontificio Consiglio<br />
per <strong>il</strong> Dialogo<br />
Interreligioso del<br />
Vaticano<br />
Traduzione dall’inglese<br />
di Michela Bono<br />
Missione Oggi | maggio 2009 41
verso <strong>il</strong> convegno<br />
Yusuf Daud<br />
in udienza<br />
dal Papa a Roma.<br />
Non si tratta solo di gent<strong>il</strong>ezza, apertura e<br />
stima, ma anche di “svuotamento” di sé per diventare<br />
uno con gli altri, “entrare nella pelle<br />
dell’altro” e capire più in profondità cosa significa<br />
per l’altro essere cristiano, musulmano, indù,<br />
buddhista, ecc. L’effetto è duplice: a) l’uscita<br />
dai limiti di una singola cultura; b) la conoscenza<br />
della religione e del linguaggio dell’altro<br />
che predispone all’ascolto.<br />
Il Centro Myskatul Anwar Padepokan fu<br />
fondato per aiutare le attività di insegnamento<br />
Gli insegnamenti del Centro sono universalistici.<br />
Infatti, uno dei principali scopi dell’iniziazione è<br />
“comprendere l’islam come verità universale”;<br />
questo trova sostanza nell’accettazione non solo di<br />
musulmani, ma anche di cristiani, indù, buddhisti e<br />
persone di altre fedi per l’iniziazione<br />
religioso. Il termine “Padepokan” suggerisce<br />
un insegnamento tradizionale come quello dei<br />
collegi “pondok” o “pesantren”, dove i giovani,<br />
solitamente maschi, hanno un tutor spirituale<br />
personale per l’apprendimento delle scienze<br />
islamiche, inclusi gli insegnamenti esoterici<br />
Sufi. In ogni modo, a Giacarta <strong>il</strong> “Padepokan”<br />
non è residenziale, ma provvede ad un’ospitalità<br />
occasionale soprattutto per chi, dall’interno<br />
viene in città e sente <strong>il</strong> bisogno di un cammino<br />
spirituale personale.<br />
IL METODO E GLI STRUMENTI<br />
Myskatul Anwar ha lettori e mediatori. Il<br />
metodo d’insegnamento prevede la discussione,<br />
la condivisione tra <strong>il</strong> mediatore e i partecipanti<br />
del medesimo livello, e sessioni di do-<br />
Y. DUD<br />
mande e risposte immediatamente dopo la lezione.<br />
Chiaramente lo st<strong>il</strong>e dell’insegnamento<br />
vuole essere sim<strong>il</strong>e a quello che la maggior parte<br />
della clientela con istruzione superiore ha<br />
sperimentato all’università, uno st<strong>il</strong>e che afferma<br />
<strong>il</strong> loro desiderio di esercitare la loro stessa<br />
saggezza e che, tuttavia, non esclude l’aiuto<br />
spirituale di cui un neofita ha bisogno per affrontare<br />
le sorprese dell’ esperienza dopo l’iniziazione.<br />
Così <strong>il</strong> Centro ha acquisito una grande<br />
autorevolezza soprattutto agli occhi di coloro<br />
che immaginavano di avere a che fare con l’autoritarismo<br />
religioso del “vecchio st<strong>il</strong>e” Sufi. Il<br />
programma del Centro è costruito su una ferma<br />
base religiosa, ma che attinge a nozioni dell’auto-aiuto<br />
e dell’apprendimento attraverso la propria<br />
esperienza, centrali nell’educazione moderna.<br />
Confronti sul Corano e le tradizioni (hadìth),<br />
discussione su libri e f<strong>il</strong>m, lo studio della<br />
lettura del Corano e un intenso dialogo con altre<br />
tradizioni religiose, servono a promuovere<br />
la ricerca accademica e l’educazione sul tema<br />
interreligioso e sul dialogo interculturale, sulla<br />
carità e sui lavori sociali.<br />
Gli insegnamenti del Centro sono universalistici.<br />
Infatti, uno dei principali scopi dell’iniziazione<br />
è “comprendere l’islam come verità<br />
universale”; questo trova sostanza nell’accettazione<br />
non solo di musulmani, ma anche di cristiani,<br />
indù, buddhisti e persone di altre fedi per<br />
l’iniziazione. Le fonti per conoscere Dio in modo<br />
diretto non si riducono al Corano, ma si allargano<br />
alla Torah, al Nuovo Testamento, al Gita<br />
e al Tao-Te-Ching. E riferendosi a tutte le tradizioni<br />
religiose, <strong>il</strong> maestro sottolinea che <strong>il</strong> vero<br />
islam, la vera consegna di sé stessi a Dio, è<br />
l’accettazione della Verità nella sua percezione<br />
ultima, mistica. Quindi, l’obbedienza alle leggi<br />
di una particolare religione, sia essa l’islam o<br />
meno, non è sufficiente per la salvezza. Attraverso<br />
l’iniziazione “si deve morire prima della<br />
morte”, lasciandosi dietro i limiti delle impressioni/conoscenze<br />
dedotte dalle formule verbali<br />
delle verità religiose, e aprendosi a una percezione<br />
mistica oltre tutti i credi e le dottrine.<br />
Oggi <strong>il</strong> centro sta prosperando e altri centri<br />
funzionanti sotto la guida del fondatore del Myskatul<br />
Anwar, Bapak Rachmat, in Indonesia,<br />
Singapore, Malesia, Australia, Nuova Zelanda.<br />
Speriamo di essere cresciuti nella reciproca<br />
comprensione delle nostre somiglianze come<br />
popolo di Dio, così come delle differenze e unicità<br />
delle nostre tradizioni. YUSUF DAUD<br />
42 Missione Oggi | maggio 2009
Cultura<br />
Il<br />
ANTONIO SOTTOCORNOLA<br />
kimoci<br />
delle sfumature<br />
MO<br />
missione e inculturazione<br />
Come comunità dedita all’annuncio è importante<br />
conoscere le caratteristiche della società<br />
a cui siamo mandati. Metterci in ascolto dei<br />
nostri ascoltatori, ciò che propriamente si chiama<br />
dialogo. Vogliamo conoscere meglio i nostri<br />
ascoltatori, nel nostro caso i giapponesi: come<br />
un giapponese sente e conosce in quanto vive<br />
esattamente in questa società e cultura. Prendiamo,<br />
perciò, come punto di riferimento <strong>il</strong> kimoci<br />
in quanto struttura della conoscenza propria dei<br />
giapponesi. Quando, al di là della splendida organizzazione,<br />
della gent<strong>il</strong>ezza e della poesia<br />
cerchiamo i valori che motivano <strong>il</strong> kimoci, restiamo<br />
spiazzati. In Giappone la morale c’è e<br />
non c’è. Il bene e <strong>il</strong> male ci sono, ma è più importante<br />
stare assieme in buona armonia che<br />
cercar di capire che cosa sono. Anche la morale,<br />
in altre parole, partecipa del pragmatismo<br />
del kimoci; cambia e si adatta; “i nemici di ieri<br />
sono gli amici di oggi”, dice <strong>il</strong> proverbio giapponese.<br />
Il kimoci stesso fa da morale e da valore.<br />
Se la morale è un modo per arrivare alla felicità,<br />
<strong>il</strong> kimoci promette questa felicità, e se per<br />
ora è piccola e comporta sacrifici, <strong>il</strong> kimoci insegnerà<br />
ad accontentarsi.<br />
UN’AMPIA FUNZIONE COMUNITARIA<br />
E SOCIALE<br />
Il kimoci sfuma i confini delle cose, e così,<br />
grazie al fatto di non definire, attutisce gli urti,<br />
assorbe ciò che gli resiste, non esaspera le<br />
differenze, e raccoglie tutto in un’armonia che<br />
mantiene in equ<strong>il</strong>ibrio anche gli opposti; assomigliando<br />
in ciò a una specie di carità cristiana<br />
che omnia suffert, omnia credit, omnia sperat,<br />
omnia sustinet, e nutre virtù opposte. Fat-<br />
Processione di sacerdoti<br />
shintoisti<br />
in abito cerimoniale.<br />
Missione Oggi | maggio 2009 43
missione e inculturazione<br />
to è che con questo modo sfumato, ma condiviso<br />
e radicato, <strong>il</strong> kimoci svolge una vasta funzione:<br />
psicologica, sociale, politica, estetica,<br />
religiosa ed anche etica: così che per i giapponesi<br />
l’agire in conformità con ciò che noi chiamiamo<br />
la coscienza si sovrappone e si confonde<br />
praticamente all’agire in conformità con <strong>il</strong><br />
kimoci. In particolare, <strong>il</strong> kimoci ha dato ansa e<br />
stimolo ad una cultura dell’intuizione, dell’allusione,<br />
del simbolo, del doppio senso, dell’ambiguità,<br />
del non so che, della sensazione,<br />
in onore la bellezza e gli altri: onorando cioè gli<br />
altri con semplici regole di buona educazione, <strong>il</strong><br />
kimoci coltiva a modo suo valori etici. A noi può<br />
a volte sembrare solo esteriorità e mania di regolamenti,<br />
ma in realtà ciò a cui mira è l’armonia<br />
dei rapporti all’interno del kimoci. Da queste piccolezze<br />
dipende la pace, la serenità e la forza della<br />
società e del kimoci individuale. Afferrare in<br />
concreto questa moralità è possib<strong>il</strong>e solo in proporzione<br />
del nostro partecipare di fatto alla vita<br />
del kimoci: etichetta e regolamenti compresi.<br />
MO<br />
Per capire l’altro non bastano le<br />
parole o le intenzioni: se ne<br />
devono pesare le sfumature ed<br />
entrare di intuito nel contesto<br />
dell’altro. Un minimo gesto in<br />
Giappone dice già tutta una<br />
relazione sociale.<br />
Tutto: gesti, parole, cose,<br />
situazioni si trovano impastati<br />
assieme nel kimoci, <strong>il</strong> cui sapore<br />
decide alla fine la moralità<br />
del tutto<br />
Cattedrale<br />
di Tokyo.<br />
del presentimento, del forse, dell’indefinito,<br />
del contradittorio, dell’eco e del s<strong>il</strong>enzio in cui<br />
tutti però sanno quello che gli altri pensano. È<br />
dentro questo sott<strong>il</strong>e e delicato intrico di relazioni<br />
che vive e si manifesta la moralità: <strong>il</strong> bene<br />
e <strong>il</strong> male. La difficoltà stessa della lingua è<br />
dovuta in gran parte al fatto che deve seguire<br />
le curve e le sfumature del kimoci, <strong>il</strong> quale ha<br />
piegato non solo le schiene ma anche grammatica<br />
e sintassi per onorare le relazioni sociali.<br />
Non credo ci sia lingua al mondo capace di<br />
mettere gli altri a proprio agio come i termini<br />
e le circonlocuzioni onorifiche della lingua<br />
giapponese, dove anche le cose materiali vengono<br />
nominate in modo da renderle dignitose<br />
e onorate. Neglette dalle nuove generazioni,<br />
queste forme di linguaggio onorifico vengono<br />
oggi recuperate nei circoli culturali e nelle<br />
scuole e fanno sempre parte della estetica di<br />
questa società.<br />
Questa gent<strong>il</strong>ezza mira ad un’ut<strong>il</strong>ità, è cioè<br />
calcolo, ma questo calcolo è esatto perché tiene<br />
UNA MORALE DELLA SITUAZIONE<br />
I giapponesi sono con noi stranieri molto<br />
comprensivi: non vogliono cioè imporci pesi<br />
che loro stessi faticano a portare. Non si meravigliano,<br />
ad esempio, che uno straniero ignori tante<br />
sfumature o parli come può, perché sanno che<br />
ciò comporta appunto condividere vita, situazioni,<br />
costumi; ma se da una parte apprezzano<br />
molto la nostra buona volontà, reagiscono però<br />
vivacemente se si urta <strong>il</strong> kimoci. È rimasto famoso<br />
l’episodio del padre Furetto che aspettava<br />
una sera a un semaforo di Sennan, e quando un<br />
uomo gli ha chiesto la strada ha risposto innocentemente:<br />
shiranai (non lo so), prendendosi<br />
un pugno in faccia. In quel momento shiranai<br />
esprimeva infatti un esplicito e urtante rifiuto di<br />
relazioni: “Va fuori dai piedi!”, diremmo in italiano.<br />
Questo però non lo insegnava la grammatica<br />
ma <strong>il</strong> kimoci. In questo caso un giapponese<br />
si sarebbe dato da fare, e solo dopo aver mostrato<br />
che da parte sua aveva fatto <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e, o co-<br />
44 Missione Oggi | maggio 2009
MO<br />
La dinamica<br />
della coscienza<br />
Dal punto di vista di ciò che noi chiamiamo la coscienza,<br />
tutto ciò a noi pare e forse è segno di una società<br />
permissiva. Ma se noi vogliamo identificare la<br />
coscienza morale del kimoci, è esattamente nel kimoci<br />
che dobbiamo cercarla: allorché questo o quel<br />
comportamento metterà i vantaggi dell’individuo al<br />
di sopra del gruppo, allora scatterà la sanzione: “Non<br />
si deve! Mi metti nei guai! Non far più assolutamente<br />
una cosa del genere!”; che significa: non stai agli<br />
impegni presi nel gruppo. La moralità si esprime cioè<br />
non nella coscienza individuale a se stante, ma nelle<br />
relazioni che essa ha con gli altri, e <strong>il</strong> cui nodo è<br />
espresso dalla promessa fatta e ripetuta nel gruppo,<br />
la cui anima e autorità è sempre <strong>il</strong> kimoci sociale. Capiamo<br />
da qui come <strong>il</strong> riconoscimento del lavoro fatto,<br />
la lode, la critica fatti in pubblico siano per <strong>il</strong> giapponese<br />
assolutamente determinanti per <strong>il</strong> suo comportamento,<br />
perché lo collocano dentro o fuori della sua<br />
stessa coscienza: fuori o dentro cioè dello stesso kimoci<br />
(identità, diremmo noi); mentre per un occidentale,<br />
ad esempio, lodi e critiche hanno <strong>il</strong> valore di opinioni<br />
e non costituiscono certo la sua coscienza morale.<br />
Poichè “morale” qui si identifica con “sociale”,<br />
la coscienza personale perde secondo noi di autorità<br />
e probab<strong>il</strong>mente di responsab<strong>il</strong>ità in senso morale.<br />
Per i giapponesi tuttavia, questo abbandonare la coscienza<br />
privata a se stessa è in fondo anche onesto.<br />
Dire infatti, da parte di un kimoci che tutto pervade<br />
e decide: “Per quanto riguarda <strong>il</strong> tuo interno, ti abbandono<br />
a te stesso”, significa ammettere dei limiti e<br />
porre dei confini tra sé e le singole persone, rispettando<br />
indirettamente <strong>il</strong> cuore o coscienza dell’individuo.<br />
Ovviamente <strong>il</strong> kimoci agisce anche qui per motivi<br />
pratici: la piramide dei doveri sociali, che mette<br />
gli uni al di sopra degli altri, logora tanto che se un<br />
superiore potesse far pressione anche sulle coscienze<br />
<strong>il</strong> peso diverrebbe insopportab<strong>il</strong>e.<br />
Mentre onora la persona con l’etichetta, <strong>il</strong> kimoci sa<br />
che ci sono in essa profondità che esso non può raggiungere:<br />
l’orgoglio, la vendetta, la crudeltà, l’odio,<br />
la rivalità, ma anche l’amore del cuore umano lo sfidano<br />
sempre. Il valore della individualità che esso<br />
tenta di sfumare nel tutto sociale, resta una minaccia:<br />
relegata nell’individuo e tenuta pragmaticamente<br />
a bada, ma sempre una minaccia. Ma appunto<br />
per ciò esso vale, perché tenta di salvare <strong>il</strong> salvab<strong>il</strong>e:<br />
tenta di domare, almeno dall’esterno, quella furia<br />
che è l’egoismo. Per quanto si dia arie assolutiste,<br />
la sua funzione è quella del pedagogo biblico: una<br />
salvezza per <strong>il</strong> momento, in attesa di una salvezza<br />
migliore.<br />
missione e inculturazione<br />
me minimo dopo aver mostrato che era veramente<br />
dispiaciuto di non poter aiutare, avrebbe<br />
detto non un freddo shiranai ma un qualcosa di<br />
più gent<strong>il</strong>e e meno urtante. Avrebbe insomma<br />
pensato soprattutto al kimoci dell’altro.<br />
Per capire l’altro non bastano le parole o le<br />
intenzioni: se ne devono pesare le sfumature ed<br />
entrare di intuito nel contesto dell’altro. Un minimo<br />
gesto in Giappone dice già tutta una relazione<br />
sociale.<br />
Tutto: gesti, parole, cose, situazioni si trovano<br />
impastati assieme nel kimoci, <strong>il</strong> cui sapore<br />
decide alla fine la moralità del tutto. Mazui significa<br />
sia sgradevole al gusto, sia mal fatto dal<br />
punto di vista delle relazioni. E in questo saper<br />
cogliere uniti in una sola percezione i vari<br />
aspetti delle cose, gioca molto anche <strong>il</strong> senso di<br />
concretezza proprio dei giapponesi. La moralità<br />
dell’atto, voglio dire, non discende tanto da<br />
un precetto, né esce dalla coscienza, ma viene<br />
percepita dall’insieme delle cose in quell’istante.<br />
Naturalmente la comunità fa da catalizzatore.<br />
È questa la coscienza morale: una morale di<br />
ordine comunitario ed estetico, fatto cioè di<br />
percezioni che tengono in armonia col gruppo;<br />
e chi vive nel kimoci capisce. Noi diremmo:<br />
una morale della situazione a briglia sciolta. E<br />
tuttavia questo atteggiamento non è, come a noi<br />
parrebbe, indifferenza morale.<br />
Se mai per i giapponesi è rispetto della persona<br />
in quanto lascia a ognuno di decidere, distinguendo<br />
tra la situazione che uno vive individualmente<br />
e gli interessi del gruppo in generale.<br />
L’importante è che pur partendo diversi si<br />
concluda assieme.<br />
I TEMPI LUNGHI DI UN’ELABORAZIONE<br />
DI GRUPPO<br />
Camminare a passo con la morale del kimoci<br />
esige una vera immersione nella loro cultura.<br />
Si tratta solo di abbandonare per un momento la<br />
sicurezza che ci viene dalle idee chiare e distinte<br />
per affidarci al vago del kimoci, <strong>il</strong> quale nella<br />
Monaco buddhista<br />
che chiede la carità.<br />
Missione Oggi | maggio 2009 45
missione e inculturazione<br />
sua aleatorietà è in realtà più disponib<strong>il</strong>e a un<br />
atteggiamento di fede di quanto sembri.<br />
Il meglio che possiamo fare è di stare con<br />
loro, soprattutto là dove ancora vivono le antiche<br />
usanze, i riti, le feste, le tradizioni, ma anche<br />
in certi incontri quotidiani come <strong>il</strong> furo (bagno<br />
casalingo), soprattutto <strong>il</strong> sento (bagno pubblico),<br />
o negli onsen (acque termali), dove ci si<br />
immerge assieme non tanto nell’acqua calda<br />
quanto in un kimoci. Lì i giapponesi rinascono,<br />
attingono motivi di vivere. In queste occasioni,<br />
come <strong>il</strong> bagno è ristoro e spia della salute fisica,<br />
pragmatico, non teoretico o sistematico; sfuma<br />
e attutisce ma per tenere assieme gli opposti. È<br />
vero che la sua libertà fluida e contraddittoria<br />
accontenta tutti e tutto alla semplice condizione<br />
di non “disturbare <strong>il</strong> prossimo”. Ma proprio in<br />
quanto prassi, <strong>il</strong> kimoci è anche storia. In altre<br />
parole, è consapevole dei propri limiti, sa che<br />
deve arrangiarsi con i mezzi che ha e che non ha<br />
sufficiente spazio sociale e culturale per esprimere<br />
i profondi drammi interiori della persona.<br />
Esso tuttavia, pur presentandosi esternamente<br />
come un tutto, quasi un assoluto che funge da<br />
MO<br />
MO<br />
Il Torii, l’arco che delimita<br />
lo spazio sacro.<br />
Padre Antonio Sottocornola<br />
e Padre Pier Giorgio Manni<br />
(a destra),<br />
superiore provinciale<br />
dei saveriani in Giappone.<br />
Il meglio che possiamo fare è di stare<br />
con loro, soprattutto là dove ancora<br />
vivono le antiche usanze, i riti, le<br />
feste, le tradizioni, ma anche in certi<br />
incontri quotidiani come <strong>il</strong> “furo”<br />
(bagno casalingo), soprattutto<br />
<strong>il</strong> “sento” (bagno pubblico), o negli<br />
“onsen” (acque termali), dove ci si<br />
immerge assieme non tanto nell’acqua<br />
calda quanto in un “kimoci”.<br />
Lì i giapponesi rinascono, attingono<br />
motivi di vivere.<br />
così <strong>il</strong> kimoci fa da rivelatore e da lubrificante<br />
delle complicazioni e degli attriti sociali.<br />
A forza di sfumare, la morale del kimoci parrebbe<br />
aver d<strong>il</strong>uito perfino la grande protagonista<br />
dell’esistenza che è la libertà delle persone e<br />
quindi la responsab<strong>il</strong>ità morale. Ma non è possib<strong>il</strong>e<br />
che <strong>il</strong> kimoci escluda un estremo così decisivo<br />
del dramma umano. Il suo equ<strong>il</strong>ibrio è<br />
morale e da religione (<strong>il</strong> Nihonkyoo, come lo<br />
chiamavano quarant’anni fa), sarebbe pronto io<br />
penso ad accogliere qualsiasi morale o religione<br />
purché si dimostrasse alla prova dei fatti ut<strong>il</strong>e<br />
al bene della società. È spiritualmente disponib<strong>il</strong>e:<br />
soltanto non si cura di esprimersi sulle<br />
problematiche a tavolino.<br />
La mia impressione è che si tratti di mancanza<br />
di mezzi per esprimersi teologicamente,<br />
più che di una mentalità che esplicitamente eviti<br />
di misurarsi con una responsab<strong>il</strong>ità radicale<br />
verso <strong>il</strong> bene e <strong>il</strong> male. Da qui l’incapacità di<br />
confrontarsi in modo radicale con <strong>il</strong> problema<br />
del male, e non solo del dolore.<br />
Le reazioni del kimoci obbediscono a ritmi<br />
di gruppo, dicevamo, in cui nessuno pare prendere<br />
l’iniziativa e dove nulla pare muoversi, ma<br />
dove tuttavia, alla lunga, appare una decisione<br />
unanime. Mentre sembra fluida e superficiale<br />
l’opinione pubblica si cerca, si saggia e si organizza.<br />
La mancanza di riferimento a principi la<br />
fa apparire insicura, e invece è solo in paziente<br />
attesa che <strong>il</strong> convincimento comune arrivi a maturazione.<br />
Naturalmente si tratta di tempi lunghi;<br />
in ogni caso bisogna intuire i segni dei tempi,<br />
ossia del kimoci. ANTONIO SOTTOCORNOLA<br />
46 Missione Oggi | maggio 2009
Il muro di vetro<br />
l’Italia delle religioni<br />
Questo lavoro si propone come un primo rapporto<br />
sul pluralismo religioso in Italia, mentre è in atto<br />
una profonda trasformazione del campo religioso, non<br />
è più così monolitico, eppure sempre più presente nel<br />
discorso pubblico. Plurale sia ad intra, in un mondo<br />
cattolico sempre più diversamente “appartenente”, come<br />
ad extra, per la presenza di religioni altre “portate”<br />
da popolazioni immigrate. E quando non sono religioni<br />
diverse, diversi sono i modi di viverle.<br />
Accanto ad una breve ricognizione sociologica, l’opera<br />
avanza alcune piste d’interpretazione della realtà plurireligiosa<br />
italiana. Lo fa servendosi di esperti che scandagliano<br />
<strong>il</strong> tema da diversi punti di vista. Il risultato è<br />
un “rapporto” sull’Italia delle religioni che indaga la realtà<br />
e le sue contraddizioni (prima parte: analisi), fa<br />
memoria di figure che si sono spese e si spendono per la<br />
“città del dialogo” (seconda parte: prof<strong>il</strong>i) come di eventi<br />
ed iniziative che concorrono a costruire, nonostante<br />
Per richieste di libri e DVD:<br />
libreria@saveriani.bs.it | Tel. 030.3772780<br />
tutti i problemi, la storia civ<strong>il</strong>e e religiosa di questo paese<br />
(terza parte: documenti e dati).<br />
Ora, se <strong>il</strong> pluralismo “di fatto” è un’evidenza inconfutab<strong>il</strong>e,<br />
meno evidente è, invece, accogliere le indicazioni<br />
che la realtà multi religiosa offre. La prima è la pluralizzazione<br />
dei riferimenti religiosi che la “consistenza”<br />
storica della religione islamica pone al cittadino<br />
italiano. L’islam, misurato sui dati statistici, è la seconda<br />
religione d’Italia (oltre che d’Europa). Abbiamo imparato<br />
ad essere plurali, anche dal punto di vista religioso,<br />
con l’islam. I buddhisti, invece, se mai si arriverà<br />
all’Intesa con lo Stato, sono coloro che insegnano al<br />
cittadino italiano ad andare oltre <strong>il</strong> “confine” giudaicocristiano,<br />
mentre la presenza plurim<strong>il</strong>lenaria, per<br />
quanto numericamente piccola, della comunità ebraica<br />
chiede che l’educazione alla cittadinanza sia interreligiosa.<br />
Queste le indicazioni del pluralismo religioso.<br />
È la stessa realtà che denuncia alcuni nodi. Accanto a<br />
quello culturale-politico, ad oggi incapace di proporre<br />
una legge sulla libertà religiosa che superi la legislazione<br />
del Ventennio, anche quello culturale-comunicativo<br />
di un paese che si “percepisce” ancora come “cattolico”.<br />
Al mondo dell’informazione “religiosa” è dedicato uno<br />
dei lavori che compongono <strong>il</strong> rapporto e che conclude<br />
con la severa osservazione di trovarsi di fronte ad un<br />
“paese a bassa laicità”.<br />
L’indagine continua segnalando pluralismi evidenti come<br />
quello rappresentato dall’immigrazione, dalle chiese<br />
evangeliche africane, dalla religiosità popolare come<br />
dal nomadismo spirituale che chiede, quest’ultimo, di<br />
“elaborare una approfondita teologia del pluralismo<br />
religioso” (p. 154). Ma anche pluralismi “nascosti” come<br />
quello che sta dentro <strong>il</strong> meccanismo dell’otto per<br />
m<strong>il</strong>le, quello della galassia musulmana, che invece appare<br />
omogenea agli occhi dell’opinione pubblica, oppure<br />
quello dei blog religiosi o delle pratiche e percorsi di<br />
insegnamento della religione a scuola. Tutti argomenti,<br />
questi, studiati all’interno di rispettivi articoli che<br />
compongono <strong>il</strong> rapporto. Al quale non potevano mancare<br />
i riferimenti a persone e figure che, nel corso dell’anno<br />
passato, hanno partecipato, a vario titolo, ad un<br />
“discorso pubblico” sulla religione contribuendo a “vedere”<br />
ed accogliere <strong>il</strong> pluralismo religioso. Che, come<br />
documentato nella parte conclusiva del lavoro, è rintracciab<strong>il</strong>e<br />
anche negli eventi e nei dati. Tra le mani, allora,<br />
un “documento” che indica un percorso: quello di<br />
rompere <strong>il</strong> “muro di vetro” che fa vedere (<strong>il</strong> vetro) gli altri,<br />
ma con i quali non permette (<strong>il</strong> muro) di relazionarsi<br />
e mettersi in rapporto. Ma, questa la tesi degli autori,<br />
i muri, di qualsiasi materiale, non favoriscono la<br />
maturazione della democrazia e non aiutano <strong>il</strong> cammino<br />
delle chiese e delle comunità umane e religiose.<br />
Un progetto, quello del rapporto, che si propone con cadenza<br />
biennale e del quale si sentiva la necessità.<br />
MARCO DAL CORSO<br />
un libro al mese<br />
Paolo Naso<br />
Brunetto Salvarani<br />
Il muro di vetro<br />
l’Italia delle religioni<br />
primo rapporto 2009<br />
EMI, Bologna 2009<br />
pp. 220, Euro 13,00<br />
Missione Oggi | maggio 2009 47