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® CSAM - 25121 BRESCIA, VIA PIAMARTA 9 • Poste Italiane S.p.A - Sped. D.L. 353/03 (conv. L. 27/02/04 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Brescia - contiene I.P.<br />

www.saveriani.bs.it/missioneoggi<br />

Esperienze di dialogo<br />

interreligioso<br />

DOSSIER<br />

F<strong>il</strong>m e missione<br />

Tra memoria e futuro


Sommario n. 5/2009<br />

Mens<strong>il</strong>e dei <strong>Missionari</strong> <strong>Saveriani</strong><br />

dal 1903 al 1978 Fede e Civ<strong>il</strong>tà<br />

Direttore<br />

Mario Menin<br />

Redattori<br />

Mauro Castagnaro, Franco Ferrari,<br />

Federico Tagliaferri<br />

Segreteria<br />

Salvatore Leardi<br />

Gruppo redazionale<br />

Michele Agosti, Giusy Baioni, Michela Bono, Maria<br />

Teresa Cobelli, Domenico Cortese, Roberto<br />

Cucchini, Flavio Dalla Vecchia, Lydia Keklikian,<br />

Piero Lanzi, Fausto Piazza, Marino Ruzzenenti,<br />

Anna Scalori, Gabriele Smussi, Franco Valenti,<br />

Annachiara Valle<br />

Hanno collaborato a questo numero<br />

Cesare Fabbris e Maria Letizia Giacometti, Fabrizio<br />

Tosolini, Stefano Vecchia, Mauro Castagnaro,<br />

Edgardo Lander, Marco Bertoni, Federico Tagliaferri,<br />

Lino Ferracin, Fiorenzo Raffaini, Maria Grazia<br />

Piredda, Franco Sottocornola, Giampiero Alberti,<br />

Paulin Batairwa, Yusuf Daud, Antonio Sottocornola,<br />

Marco Dal Corso<br />

Direzione<br />

Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia<br />

Tel. 0303772780 - Fax. 0303772781<br />

www.saveriani.bs.it/missioneoggi<br />

E-ma<strong>il</strong>:missioneoggi@saveriani.bs.it<br />

3 Editoriale<br />

Assisi... e Gerusalemme pellegrinaggi di pace<br />

4 Lettere<br />

L’importanza dell’annuncio (C. Fabbris e M.L. Giacometti)<br />

5 Parola e missione<br />

Paolo e le sue Chiese (Fabrizio Tosolini)<br />

7 Il fatto e <strong>il</strong> commento<br />

L’India alle urne (Stefano Vecchia)<br />

11 Interviste sul futuro<br />

Luci e ombre della rivoluzione bolivariana (Edgardo Lander)<br />

14 Campagne di Missione Oggi<br />

Pressione alle banche armate<br />

15 Comunicazione e sv<strong>il</strong>uppo<br />

Ciad: una radio per chi non ha parola (Marco Bertoni)<br />

17-32 | DOSSIER<br />

F<strong>il</strong>m e missione tra memoria e futuro<br />

a cura di Federico Tagliaferri e Fiorenzo Raffaini<br />

Amministrazione e abbonamenti<br />

Centro Saveriano Animazione <strong>Missionari</strong>a<br />

(C.S.A.M.)<br />

Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia<br />

Tel. 0303772780 - Fax. 0303772781<br />

abbonamenti@saveriani.bs.it<br />

Abbonamenti<br />

Italia € 26,00<br />

Europa € 36,00<br />

Extra Europa € 44,00<br />

Un numero separato € 3,00<br />

Missione Oggi è stampata interamente<br />

su carta riciclata.<br />

C.C.P. 11820255<br />

intestato a Missione Oggi<br />

Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia<br />

Grafica: Enzo Chisacchi / Paolo Mabellini<br />

Realizzazione: D.G.M. / Brescia<br />

Stampa: Squassina / Brescia<br />

ISNN 0392-6389<br />

Editore: Centro Saveriano Animazione <strong>Missionari</strong>a -<br />

CSAM - Soc. Coop. a R.L., Via Piamarta 9, 25121 Brescia,<br />

n. 50127 in data 19-2-1993. Direttore Responsab<strong>il</strong>e:<br />

Marcello Storgato. Registrato al Tribunale di Parma<br />

n. 399 del 7-3-1967<br />

33 Conc<strong>il</strong>io e missione<br />

Tensione missionaria e identità sacerdotale (Franco Sottocornola)<br />

35<br />

Verso <strong>il</strong> convegno<br />

M<strong>il</strong>ano, una Chiesa in dialogo (Giampiero Alberti)<br />

Il dialogo interreligioso a Taiwan (Paulin Batairwa)<br />

Il dialogo interreligioso a Giacarta (Yusuf Daud)<br />

43 Missione e inculturazione<br />

Il “Kimoci” cultura delle sfumature (Antonio Sottocornola)<br />

47 Un libro al mese<br />

“Il muro di vetro” (Marco Dal Corso)<br />

Foto di copertina: Donne di fede musulmana in dialogo con le Carmelitane del monastero di Sassuolo (Mo). FOTO/Gruppo<br />

“Camminare Insieme”- Fiorano/Sassuolo (Mo). Foto di apertura dossier: Bangladesh: padre Agostino Carlesso dietro<br />

la macchina da presa, 10 novembre 1994 - 26 gennaio 1995. FOTO/Archivio Videomission - CSAM (Bs).


Assisi...<br />

e Gerusalemme<br />

pellegrinaggi di pace<br />

editoriale<br />

Qualche settimana fa <strong>il</strong> noto scrittore cattolico, Vittorio Messori dalle pagine del “Corriere della Sera”<br />

(20 apr<strong>il</strong>e 2009) ha definito “parate sincretiste” gli incontri di preghiera per la pace di Assisi,<br />

voluti e realizzati da Giovanni Paolo II: <strong>il</strong> primo, <strong>il</strong> più celebre, <strong>il</strong> 27 ottobre 1986; l’ultimo nel 2002,<br />

dopo <strong>il</strong> tragico attentato alle Torri Gemelle di Nuova York. Sembra che le ragioni di questa stroncatura<br />

postuma di Assisi siano due: una, più superficiale, riguarda la spettacolarizzazione wojtyłana di momenti<br />

religiosi, che, stando a Messori, rischiano di trasformarli in vuote sf<strong>il</strong>ate di<br />

moda, in “parate” appunto; l’altra, più profonda, riguarda <strong>il</strong> convenire di rappresentanti<br />

di religioni diverse per pregare per la pace, che, sempre stando al saggista<br />

cattolico, corrisponderebbe a forme “sincretiste” di religione che fanno perdere<br />

ai cristiani <strong>il</strong> senso della Chiesa e di Gesù Cristo.<br />

In questa stroncatura di Assisi mi sembra che non si tenga sufficientemente<br />

conto della motivazione prima di quegli incontri, la ricerca della pace. L’Onu<br />

aveva proposto <strong>il</strong> 1986 come “anno internazionale della pace” e <strong>il</strong> Papa voleva<br />

associarvisi suscitando “un movimento mondiale di preghiera per la pace” che,<br />

superando le frontiere delle nazioni e unendo i credenti di tutte le religioni, arrivasse<br />

ad abbracciare <strong>il</strong> mondo intero. Se la guerra poteva essere decisa da pochi,<br />

la pace, secondo Giovanni Paolo II, presupponeva l’impegno di tutti, cristiani e<br />

non cristiani. E Assisi, la città del Poverello, aveva un alto valore simbolico, addirittura<br />

per i non credenti: offrire al mondo la prova che le religioni sono al servizio<br />

della pace. L’unico spettacolo che <strong>il</strong> Papa voleva offrire al mondo era quello<br />

dello stare insieme, per pregare, sulla base della convinzione che la pace è un<br />

dono di Dio più che un’opera dell’uomo.<br />

Forse è sfuggito a Messori, sempre così puntuale nelle sue analisi, che negli incontri<br />

di Assisi i rappresentanti delle diverse religioni non hanno mai pregato insieme,<br />

“sincretisticamente”, ma si sono trovati insieme per pregare ciascuno – in<br />

spazi e/o tempi diversi – con le formule della propria tradizione religiosa, nel rispetto dell’identità di ogni<br />

fede. Addirittura nel 2002, per evitare qualsiasi pericolo di sincretismo, sono state prese delle precauzioni<br />

particolari. Così solo i cristiani hanno pregato nelle chiese di Assisi, gli altri hanno avuto a loro disposizione<br />

degli spazi nei conventi dei francescani, al riparo da curiosi indiscreti.<br />

Se è vero che l’intenzione di Giovanni Paolo II nell’invitare i responsab<strong>il</strong>i religiosi ad Assisi era<br />

quella di prolungare e interpretare la lettera e lo spirito del Vaticano II – la Chiesa è “<strong>il</strong> segno e lo strumento<br />

dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto <strong>il</strong> genere umano” –, bollando così negativamente<br />

tali incontri non si rischia di censurare lo stesso Conc<strong>il</strong>io E che cosa dire allora del prossimo viaggio<br />

del Papa in Israele, Palestina e a Gerusalemme Sappiamo quanto sia incerta la situazione politica<br />

dell’area e quanto siano frag<strong>il</strong>i le prospettive di pacificazione. Ma <strong>il</strong> Papa si mette in cammino ugualmente,<br />

per parlare di pace e perché l’odio lasci finalmente <strong>il</strong> passo alla riconc<strong>il</strong>iazione. Commentando<br />

la “grande preghiera” di Assisi, Giovanni Paolo II ebbe a dire: “O impariamo a camminare insieme in<br />

pace e armonia, o andiamo alla deriva verso la rovina nostra e degli altri”.<br />

■<br />

AFP /SANTIAGO LYON<br />

Missione Oggi | maggio 2009 3


lettere in redazione<br />

SIAMO RIMASTI... ANNUNCIATI<br />

Carissimo Mario, stimolati dal tuo...<br />

corso di missionologia, vinciamo la<br />

pigrizia e l’impreparazione, per una risposta<br />

all’editoriale di MO 3/2009 sull’annuncio.<br />

Siamo una coppia di laici bolognesi<br />

tra i pochi che si occupano dell’argomento<br />

specifico: culto, catechesi, caritas,<br />

la fanno da padroni ovvero sono più<br />

gettonati. Abbiamo appena terminato<br />

una missione popolare chiamati da un<br />

raro prete che si fida di laici che parlano<br />

di Gesù (è un caso dieci anni fidei-donum<br />

in Tanzania). Accompagnati da seminaristi<br />

del 4°-5° anno del Seminario Regionale,<br />

anche questo è un esperimento interessante,<br />

in 15 giorni si è entrati in decine<br />

di famiglie per... l’annuncio.<br />

Che Dio ti vuol bene per quello che sei,<br />

che <strong>il</strong> tuo peccato di auto-sufficienza<br />

non ti permette spesso di capirlo, che<br />

nell’incontro personale con Gesù puoi<br />

aprire gli occhi, che per dargli fiducia devi<br />

conoscerlo meglio leggendo la Scrittura,<br />

sembra scontato e scolastico, ma non<br />

è così. Entrando in queste semplici case<br />

popolari del quartiere S. Donato, abbiamo<br />

scoperto che Dio ci aveva già preceduto<br />

e siamo rimasti... annunciati da<br />

chi ci ha accolto con dubbi e perplessità<br />

per le situazioni di sofferenza. Stiamo<br />

ora proseguendo la missione animando<br />

gruppi di lettura della Parola, formatisi<br />

in seguito a questi colloqui.<br />

Mi sembra una cosa povera, semplice,<br />

elementare quindi evangelica! Ancor<br />

più bella se condivisa con la moglie!<br />

Con affetto.<br />

CESARE FABBRIS<br />

E MARIA LETIZIA GIACOMETTI<br />

Bologna<br />

A PROPOSITO<br />

DI ANNUNCIO<br />

Carissimo P. Mario, desidero dirti tutta<br />

la mia soddisfazione per l’editoriale<br />

di MO 3/2009 e spero vivamente che<br />

la rivista si orienti coraggiosamente in<br />

questa direzione. Anzitutto, per dare<br />

maggior voce, spazio, attenzione al primo<br />

dei tre vocaboli che costituiscono <strong>il</strong><br />

sottotitolo della rivista: Annuncio. Ma,<br />

più ancora, penso io come saveriano,<br />

per rispondere meglio alla natura della<br />

rivista quale fu fondata e voluta dal<br />

Conforti (allora sotto <strong>il</strong> nome di Fede e<br />

Civ<strong>il</strong>tà, titolo che potrebbe oggi essere reinterpretato<br />

come invito ad un annuncio<br />

che si accompagna con <strong>il</strong> dialogo tra<br />

le culture o le civ<strong>il</strong>tà, di cui la religione è<br />

l’anima. Ciò aiuterebbe a dare più spazio<br />

anche al secondo vocabolo del sottotitolo!).<br />

E, soprattutto, perché, come cristiano,<br />

sono intimamente convinto che<br />

questa è tuttora la tematica vitale, decisiva,<br />

della MISSIONE OGGI, come tu -<br />

molto bene - affermi nella conclusione<br />

dell’editoriale. La liberazione che noi saveriani<br />

proponiamo e per la quale lavoriamo<br />

è la salvezza che Gesù Cristo ha<br />

rivelato e portato. Ciò - sia ben chiaro -<br />

non per sminuire l’importanza o tanto<br />

meno negare la necessità di altre componenti<br />

o forme di liberazione (politiche,<br />

economiche, sociali...) ma:<br />

1) per testimoniare - in quanto cristiani<br />

- la fondamentale necessità, la suprema<br />

bellezza, la novità radicale e trascendente<br />

del messaggio di Cristo per una liberazione<br />

o salvezza integrale, totale,<br />

dell’umanità, la quale deve includere e<br />

mettere al primo posto i valori spirituali,<br />

i doni della gratuita salvezza che Dio<br />

ci offre in Cristo invitandoci alla comunione<br />

di vita con Lui per mezzo della fede,<br />

l’orizzonte di una vita eterna che supera<br />

immensamente gli angusti confini<br />

del mondo visib<strong>il</strong>e e perituro in cui ora<br />

per breve tempo siamo;<br />

2) per portare avanti - in quanto saveriani<br />

- in collaborazione con altre forze<br />

operanti per questo scopo, alle quali<br />

competono altri campi e altre metodologie,<br />

<strong>il</strong> nostro specifico contributo alla<br />

liberazione/salvezza dell’umanità, <strong>il</strong><br />

quale, per noi saveriani, è definito dal<br />

fine unico ed esclusivo della nostra famiglia<br />

religiosa, ossia <strong>il</strong> “primo annuncio<br />

del Vangelo di Cristo a quanti ancora<br />

non lo conoscono”. Solo così - credo -<br />

la rivista saveriana MO potrà svolgere <strong>il</strong><br />

suo servizio proprio, quello per cui fu<br />

fondata, e coprire, anche, uno spazio<br />

suo proprio, importante, vitale, nel<br />

mondo della stampa cattolica in genere,<br />

e delle varie testate missionarie in<br />

particolare, e svolgere quello che tu giustamente,<br />

nel tuo editoriale, definisci “<strong>il</strong><br />

primo servizio che possiamo rendere al<br />

mondo!”.<br />

FRANCO SOTTOCORNOLA, SX<br />

<strong>Missionari</strong>o in Giappone<br />

UN INTERROGATIVO<br />

SUGLI ABBONAMENTI<br />

C<br />

arissimi (del gruppo redazionale),<br />

vorrei sollevarvi un interrogativo<br />

sugli abbonamenti di MO. Mi è capitato<br />

di discutere con un signore che conosco,<br />

per tanti anni abbonato a MO. Quest’anno<br />

non aveva rinnovato, perché essendo<br />

a conoscenza del cambio di gestione prima<br />

di farlo voleva vedere <strong>il</strong> numero di<br />

gennaio. Si é molto meravigliato, tanto<br />

perché <strong>il</strong> numero di gennaio non gli è<br />

pervenuto, quanto perché nessuno si è<br />

premurato di sollecitarlo ad abbonarsi.<br />

Avendo chiesto <strong>il</strong> mio parere, mi sono<br />

sentito parte in causa. Da parte mia non<br />

ho potuto che meravigliarmi a mia volta<br />

e confermargli che nei miei numerosi<br />

abbonamenti a riviste italiane ed estere<br />

non mi era mai capitata una cosa del<br />

genere… Con amicizia.<br />

GABRIELE SMUSSI<br />

Brescia<br />

Ho sottoposto <strong>il</strong> caso all’amministrazione,<br />

che mi ha confermato circa la prassi<br />

di MO: la rivista viene inviata per<br />

quattro mesi oltre la scadenza, gratuitamente.<br />

Al quarto mese all’abbonato viene inviato<br />

un invito a rinnovare. Soltanto in<br />

caso di non risposta l’amministrazione<br />

interrompe l’invio. (m. m.)<br />

4 Missione Oggi | maggio 2009


Fabrizio Tosolini,<br />

missionario<br />

saveriano,<br />

di Tricesimo (UD),<br />

licenziato<br />

in Sacra Scrittura<br />

al Pontificio Istituto<br />

Biblico di Roma,<br />

dottore<br />

in Teologia Biblica<br />

presso la Facoltà<br />

di Teologia<br />

della Fu Jen Catholic<br />

University<br />

di Taipei (Taiwan)<br />

con una tesi sulla<br />

Lettera ai Romani,<br />

insegna<br />

Sacra Scrittura<br />

a Taipei<br />

Paolo<br />

e le sue<br />

Chiese<br />

FABRIZIO TOSOLINI<br />

CONOSCIAMO POCO DELLE PRIME<br />

COMUNITÀ CRISTIANE<br />

Q<br />

uello che conosciamo della vita delle prime comunità<br />

cristiane è molto poco, limitato a<br />

quell’essenziale che è ut<strong>il</strong>e ai cristiani di tutti i<br />

tempi per conseguire la salvezza. Ad esempio, non<br />

sappiamo molto dei rapporti tra le comunità e i loro<br />

capi, delle comunità tra loro, dei rapporti tra le<br />

comunità e i loro fondatori, dei capi e dei fondatori<br />

tra loro.<br />

Ad esempio, cosa si può dedurre da quanto Paolo<br />

scrive in 1 Cor 9,1-6 Secondo questo testo, sulla base<br />

di due esperienze (l’aver visto Cristo risorto,<br />

l’aver fondato la comunità di Corinto) egli si equipara<br />

ad alcuni che sono chiamati apostoli, i quali<br />

viaggiano e fanno visita alle diverse Chiese, portando<br />

con sé delle donne che li servono, a spese del-<br />

le comunità che li ospitano. Insieme a questo gruppo<br />

di apostoli, e probab<strong>il</strong>mente anche come parte di<br />

esso, Paolo cita i fratelli del Signore e Cefa (Pietro).<br />

Che Pietro visitasse le Chiese risulta da At 9,32 e da<br />

Gal 2,11. At 18,27 ci parla poi di Apollo che va a Corinto;<br />

Rm 16,7 di Andronico e Giunia, parenti di<br />

Paolo, apostoli insigni e membri della Chiesa prima<br />

dello stesso Paolo. Per quanto riguarda Apollo,<br />

mentre è a Efeso viene istruito nella fede da Aqu<strong>il</strong>a<br />

e Prisc<strong>il</strong>la, la coppia che aveva aiutato Paolo a Corinto<br />

(At 18,2-3), e che poi a Roma riceve i suoi saluti<br />

(Rm 16,3): potremmo considerarli appartenenti<br />

al gruppo degli apostoli<br />

IL FONDAMENTO È SOLO CRISTO<br />

In questo contesto si pone la domanda su quale fosse<br />

<strong>il</strong> rapporto che Paolo instaurava con le sue Chiese.<br />

Anzi tutto, Paolo non chiama sue le comunità che<br />

ha fondato o dove ha lavorato. Di fatto, mentre<br />

chiama i discepoli “figli” e dice che essi sono<br />

la sua gioia, la sua corona di gloria, non ritiene<br />

mai che una Chiesa sia sua. Riconosce certo,<br />

e vuole che si riconosca, la funzione speciale<br />

che egli ha avuto nella loro<br />

nascita alla fede, ma sa che la<br />

loro vita è Cristo, essi appartengono<br />

a lui, e nega<br />

con forza che essi siano<br />

suoi (1 Cor 1,10-16).<br />

Nondimeno, la scelta di<br />

annunciare Cristo solo là<br />

dove non era ancora<br />

giunto <strong>il</strong> suo nome,<br />

“per non costruire<br />

su un fondamen-<br />

parola e missione<br />

ISPIRAZIONE PREPASQUALE<br />

Già al tempo di Gesù c’è un’incipiente organizzazione della comunità: l’esperienza di essere<br />

mandati (apostoli) a predicare, risale al tempo prepasquale. Era un comando del Signore, ma<br />

era anche un imitare e un continuare quanto lui faceva. Gesù è ospitato, insieme a coloro che<br />

lo accompagnano (non dovevano essere pochi), in case di amici, siano essi discepoli o persone<br />

interessate al suo messaggio; ci sono delle benefattrici insigni, tra cui Giovanna, moglie<br />

dell’amministratore di Erode; tra i Dodici c’è un economo incaricato anche della beneficenza.<br />

Ci si può chiedere se tale esperienza copia un modello già esistente. Sappiamo inoltre<br />

dal Nuovo Testamento che gruppi giudaici presenti a Gerusalemme o in Palestina hanno dei<br />

membri anche in altre regioni e città dell’impero romano: seguaci del Battista ad Efeso (At<br />

19,3), gruppi di sacerdoti nella provincia di Asia (At 19,14; 21,27), Giudei di Cirene, della C<strong>il</strong>icia,<br />

di Alessandria (At 6,9). E’ quindi possib<strong>il</strong>e che anche le prime comunità avessero non solo un’organizzazione<br />

interna (cf. F<strong>il</strong> 1,1), comprendente servizi di assistenza (At 9,39-41; 1 Tim 5,1-16),<br />

ma anche delle funzioni di collegamento tra loro, atte a mantenere e accrescere la loro unità.<br />

Missione Oggi | magio 2009 5


parola e missione<br />

to altrui” (Rm 15,20) richiede spiegazione.<br />

Sappiamo che, dopo un inizio in cui probab<strong>il</strong>mente<br />

evangelizza da solo, Paolo collabora<br />

con Barnaba, sotto l’egida della Chiesa di<br />

Antiochia, nel primo viaggio missionario in<br />

Asia Minore. Perché in seguito decide di continuare<br />

di nuovo da solo, o con altri, ma sotto<br />

la sua responsab<strong>il</strong>ità (At 15,40; 16:3)<br />

Sono possib<strong>il</strong>i alcune congetture, che si legano<br />

alla sua visione del Vangelo, e anche<br />

all’importanza che egli attribuisce al “porre<br />

Ci deve essere stata in Paolo una<br />

coscienza speciale dell’importanza<br />

della qualità dei rapporti sui quali si<br />

snoda <strong>il</strong> cammino di accesso alla<br />

fede, tale da suggerirgli di<br />

affrontare la sfida dell’annuncio<br />

soltanto quando era abbastanza<br />

sicuro di poter offrire un certo tipo<br />

di esperienza relazionale<br />

le fondamenta sapientemente”, come dice<br />

in 1 Cor 3,10, precisando che <strong>il</strong> fondamento<br />

è solo Cristo. Nello stesso tempo ci deve essere<br />

stata in Paolo una coscienza speciale<br />

dell’importanza della qualità dei rapporti<br />

sui quali si snoda <strong>il</strong> cammino di accesso alla<br />

fede, tale da suggerirgli di affrontare la<br />

sfida dell’annuncio soltanto quando era abbastanza<br />

sicuro di poter offrire un certo tipo<br />

di esperienza relazionale, quindi solo con<br />

dei collaboratori che avessero <strong>il</strong> suo stesso<br />

cuore (F<strong>il</strong> 2,20-21).<br />

IL CONTENUTO DEL VANGELO<br />

Per quanto riguarda <strong>il</strong> contenuto del Vangelo,<br />

sembra di poter dire che Paolo vuole un<br />

annuncio che evidenzi l’immediatezza della<br />

mediazione del Cristo. Ciò che salva è l’atto<br />

della sua donazione. In questo contesto<br />

ogni altra legge o miracolo o sapienza (1<br />

Cor 1,22-24) diventano secondari, e perfino<br />

possono ostacolare la semplice e limpida<br />

adesione di fede che Paolo sente e sa necessaria<br />

alla salvezza.<br />

Questo si rispecchia storicamente nelle forme<br />

di vita che propone ai cristiani che lo seguono,<br />

forme <strong>il</strong> cui archetipo sembra già<br />

presente nella comunità di Antiochia.<br />

In primo luogo, le comunità vivono nella<br />

consolazione dello Spirito e nell’abbondanza<br />

dei suoi doni, che probab<strong>il</strong>mente Paolo<br />

ha insegnato a riconoscere, a condividere e<br />

valorizzare. La lista di 1 Cor 12,28-30 deve<br />

aver un riscontro nell’esperienza della Chiesa<br />

di Corinto. In questo clima spirituale i<br />

credenti toccano con mano la vita del Risorto,<br />

la loro appartenenza a lui, l’essere insieme<br />

parte del suo corpo mistico. Questa atmosfera<br />

deve essere stata la forza capace di<br />

attrarre molti alla fede.<br />

In secondo luogo, Paolo propone la libertà e<br />

<strong>il</strong> rispetto per i modi in cui spontaneamente<br />

(<strong>il</strong> che significa anche: secondo la propria<br />

tradizione) ciascuno vive al servizio del Signore.<br />

Egli non omologa tutti sotto le stesse<br />

forme di vita, ma invita continuamente a<br />

scegliere “ciò che è degno e vi tiene uniti al<br />

Signore, senza distrazioni” (1 Cor 7,35, CEI<br />

1971). Su due punti Paolo è molto chiaro. Il<br />

primo è la necessità di condurre una vita<br />

santa, secondo la tradizione biblica: “Non <strong>il</strong>ludetevi:<br />

né immorali, né idolatri, né adulteri,<br />

né effeminati, né sodomiti, né ladri, né<br />

avari, né ubriaconi, né maldicenti né rapaci<br />

erediteranno <strong>il</strong> regno di Dio” (1 Cor 6,10,<br />

CEI 1971). Il secondo deriva dalla reciproca<br />

appartenenza, mediata da Cristo, vissuta<br />

all’interno della Chiesa. Per cui, se un comportamento,<br />

in sé possib<strong>il</strong>e, dà scandalo al<br />

fratello debole turbandone la coscienza,<br />

Paolo dice che è bene rinunciare al proprio<br />

diritto per <strong>il</strong> vantaggio del fratello, perché<br />

per lui Cristo ha rinunciato perfino alla propria<br />

vita (1 Cor 8,11; Rm 14,15).<br />

CHIESE COME ASTRI NEL MONDO<br />

PER SAPERNE DI PIÙ<br />

Per un approfondimento:<br />

Bruno Maggioni,<br />

Il Dio di Paolo.<br />

Il vangelo della grazia<br />

e della libertà,<br />

Paoline, M<strong>il</strong>ano 2008<br />

(seconda edizione).<br />

presso:<br />

libreria@saveriani.bs.it<br />

È fac<strong>il</strong>e vedere come queste comunità splendano<br />

come astri nel mondo (F<strong>il</strong> 2,15), e abbiano<br />

una grande forza di attrazione. Per questo<br />

Paolo non vuole costruire su fondamento altrui.<br />

Anche perché è cosciente che agli inizi<br />

dell’esperienza cristiana, come nel tempo<br />

dell’infanzia, è fac<strong>il</strong>e ricevere ferite le cui<br />

conseguenze si portano poi per tutta la vita.<br />

Questa consapevolezza lo rende cauto nell’entrare<br />

nel mondo spirituale di una comunità<br />

di cui non conosce la storia, quale quella<br />

dei Romani (cf. Rm 6,17; 16,17-20); e lo fa reagire<br />

quando qualcuno distoglie i pensieri dei<br />

suoi cristiani dalla loro semplicità e purezza<br />

nei riguardi di Cristo (2 Cor 11,3). Egli è anche<br />

sensib<strong>il</strong>e a come viene<br />

considerato dai suoi cristiani:<br />

non per un qualche<br />

senso di autorità e di<br />

orgoglio personale, ma<br />

perché sa che dimenticare<br />

la qualità dell’esperienza<br />

vissuta (2 Cor 12,11) significa<br />

allontanarsi dalla<br />

concretezza della fede e<br />

cominciare a perdersi nel<br />

labirinto di inconcludenti<br />

dialettiche dottrinali (cf. 1<br />

Cor 4,6-15).<br />

Quanto ai rapporti all’interno<br />

del gruppo dei collaboratori<br />

di Paolo, possiamo<br />

supporre che fossero<br />

molto profondi, e <strong>il</strong><br />

gruppo rappresentasse<br />

una sorta di bozzetto di<br />

quanto l’apostolo proclama.<br />

Diversamente non si<br />

spiegherebbe l’importanza<br />

attribuita al tema dell’imitazione: egli<br />

chiede ai cristiani di imitarlo, come lui imita<br />

Cristo, e propone i suoi collaboratori come<br />

visib<strong>il</strong>ità del suo tenore di vita (1 Cor<br />

4,17; 11,1; 2 Cor 7,13; 12,17-18; F<strong>il</strong> 2, 20-21;<br />

4,9). L’esperienza di Chiesa passa attraverso<br />

la percezione reale, vissuta nella concretezza<br />

delle relazioni interpersonali, della presenza<br />

del Risorto. FABRIZIO TOSOLINI<br />

6 Missione Oggi | maggio 2009


MO<br />

MO<br />

L’India<br />

STEFANO VECCHIA<br />

alle urne<br />

MO<br />

<strong>il</strong> fatto e <strong>il</strong> commento<br />

TRE MESI DI VOTAZIONI, 35 STATI E TERRITORI, OLTRE<br />

La grande macchina elettorale indiana è arrivata<br />

finalmente al primo traguardo, quello dell’apertura<br />

delle urne, <strong>il</strong> 16 apr<strong>il</strong>e, dopo una campagna<br />

dura e convulsa come può avvenire solo in<br />

un paese di dimensioni continentali, diviso in 35<br />

Stati e Territori e frazionato in centinaia di etnie,<br />

lingue, fedi; di interessi e velleità non sempre in<br />

armonia come la Costituzione e la tradizione<br />

vorrebbero. Obiettivo del voto, la formazione<br />

della nuova Lok Sabha (“Camera del Popolo”, la<br />

nostra Camera dei Deputati), di 545 membri, la<br />

vera fucina della democrazia indiana. A dominare<br />

sui temi della campagna, è <strong>il</strong> futuro stesso della<br />

democrazia, mentre <strong>il</strong> paese si smarrisce tra<br />

particolarismi, interessi, corruzione, dimenticando<br />

i suoi ideali di sv<strong>il</strong>uppo condiviso, nonviolenza<br />

e convivenza. Temi essenziali, questi ultimi,<br />

nei programmi dei partiti laicisti e progressisti,<br />

insieme a quelli dell’economia.<br />

Mai come in occasione delle elezioni l’India<br />

ricompatta le sue divisioni per accentuare <strong>il</strong><br />

ruolo della politica e mai come in tempi recenti<br />

le divisioni si sono approfondite. Dal Kashmir<br />

all’Orissa, dal Gujarat all’Assam, l’immenso<br />

800 MILA SEGGI, OLTRE MILLE I PARTITI POLITICI<br />

REGISTRATI: BASTEREBBERO QUESTE CIFRE A DARE UN’IDEA<br />

DELL’INCREDIBILE COMPLESSITÀ DELLA MACCHINA<br />

ELETTORALE INDIANA CHE SI È MESSA IN MOTO PER<br />

DESIGNARE I COMPONENTI DELLA “CAMERA DEL POPOLO”,<br />

IL PRINCIPALE ORGANO DELLA “DEMOCRAZIA PIÙ GRANDE<br />

DEL MONDO”. I PROBLEMI CHE CARATTERIZZANO LE<br />

ELEZIONI SONO ALTRETTANTO ENORMI: VIOLENZE,<br />

SETTARISMI, CORRUZIONE, STRUMENTALIZZAZIONE DELLE<br />

RELIGIONI: UN MISCUGLIO PERICOLOSO CHE VEDE<br />

CONTRAPPOSTI UNO SCHIERAMENTO LAICISTA E UNA<br />

COMPAGINE NAZIONALISTA<br />

paese è attraversato da profonde ingiustizie e da<br />

attività terroristiche, dal separatismo etnico e<br />

dalla violenza a sfondo religioso. Cinismo e<br />

corruzione minano le istituzioni e la società,<br />

mentre la crisi globale erode la fiducia nelle<br />

prospettive di sv<strong>il</strong>uppo.<br />

La vita politica del paese è stata polarizzata<br />

per cinque anni (l’intervallo di tempo tra<br />

Campagna<br />

elettorale in India,<br />

apr<strong>il</strong>e 2009.<br />

Missione Oggi | maggio 2009 7


<strong>il</strong> fatto e <strong>il</strong> commento<br />

MO<br />

Una gigantesca<br />

macchina elettorale<br />

714 m<strong>il</strong>ioni di aventi diritto di voto esprimono la<br />

loro preferenza in 828.804 seggi elettorali con<br />

l’aus<strong>il</strong>io di 1.368.430 apparecchiature automatiche;<br />

decine di migliaia di candidati proposti da 7<br />

partiti a livello nazionale e 36 a livello locale: nei<br />

numeri, una democrazia senza compromessi e<br />

senza confronti, quella indiana. Contemporaneamente<br />

al voto per <strong>il</strong> rinnovo della Lok Sabha,<br />

la Camera bassa del Parlamento, si vota negli<br />

Stati o nei distretti degli Stati non ancora interessati<br />

dalla fitta serie di scadenze elettorali iniziata<br />

lo scorso autunno. La consultazione elettorale<br />

per la Lok Sabha avviene in questa occasione<br />

in cinque diverse giornate (16, 23 e 30 apr<strong>il</strong>e;<br />

7 e 13 maggio), anche <strong>il</strong> voto negli Stati e Territori<br />

è variab<strong>il</strong>e e prevede fino a cinque fasi. Il<br />

Partiti maggiori e coalizioni si trovano tutti di<br />

fronte alla crescente frammentazione della vita<br />

politica. Il moltiplicarsi dei partiti e dei<br />

movimenti, un pregio della democrazia<br />

partecipativa, nel contesto indiano è sovente<br />

preludio all’ingovernab<strong>il</strong>ità.<br />

Sono oltre m<strong>il</strong>le i partiti politici registrati in India.<br />

Di questi, solo una trentina hanno dimensioni e<br />

velleità per influire sulla politica nazionale a<br />

fianco di sette partiti panindiani<br />

Campagna<br />

elettorale in India,<br />

apr<strong>il</strong>e 2009.<br />

un’elezione l’altra) tra uno schieramento laicista<br />

guidato dal Partito del Congresso, portabandiera<br />

(per la verità un po’ in affanno) degli ideali<br />

della lotta d’indipendenza, di nonviolenza e<br />

di sv<strong>il</strong>uppo condiviso per decenni fatti propri<br />

dalla dinastia Gandhi-Nehru oggi sotto la presidenza<br />

di Sonia Gandhi, e tra una compagine nazionalista<br />

con al centro <strong>il</strong> Bharatiya Janata<br />

Party (Bjp, “Partito del popolo indiano”) in cui<br />

maturano – insieme a istanze di conservazione<br />

di identità e valori – anche aspetti discriminatori<br />

e xenofobi dell’induismo.<br />

LA FRAMMENTAZIONE DELLA VITA<br />

POLITICA<br />

Partiti maggiori e coalizioni si trovano tutti<br />

di fronte alla crescente frammentazione della<br />

vita politica. Il moltiplicarsi dei partiti e dei<br />

movimenti, un pregio della democrazia partecipativa,<br />

nel contesto indiano è sovente preludio<br />

all’ingovernab<strong>il</strong>ità. Sono oltre m<strong>il</strong>le i partiti politici<br />

registrati in India. Di questi, solo una trentina<br />

hanno dimensioni e velleità per influire sulla<br />

politica nazionale a fianco di sette partiti panindiani.<br />

Ci sono Stati nella “più grande democrazia<br />

del mondo” governati da partiti che hanno<br />

raccolto solo <strong>il</strong> 15% dei voti. Tutto questo<br />

rende diffic<strong>il</strong>e governare da soli, problematiche<br />

le alleanze, quasi impossib<strong>il</strong>e la governab<strong>il</strong>ità<br />

sul lungo periodo.<br />

Il Congresso ha una vocazione unitaria e laicista,<br />

ma è un partito elefantiaco, inf<strong>il</strong>trato dalla<br />

corruzione e dai personalismi. A livello centrale,<br />

nell’ultimo quinquennio si è posto alla<br />

guida dell’Alleanza progressista unita (218 seggi<br />

nella Camera uscente, di cui 145 del partito<br />

della Gandhi), affiancata dal Fronte delle sinistre<br />

(59 seggi). Quest’ultimo ha abbandonato la<br />

maggioranza nel 2008, alla firma dell’accordo<br />

sulla condivisione di tecnologia nucleare a sco-<br />

8 Missione Oggi | maggio 2009


MO<br />

conteggio inizierà ovunque <strong>il</strong> 16 maggio. Per<br />

la Lok Sabha sono eleggib<strong>il</strong>i i cittadini che<br />

abbiano compiuto almeno 25 anni, mentre<br />

l’età minima del voto è di 18 anni.<br />

La Costituzione prevede che i membri della<br />

Lok Sabha possano arrivare a un massimo di<br />

552, di cui 530 eletti nei vari Stati e 20 nei Territori<br />

dell’Unione Indiana (questo <strong>il</strong> nome ufficiale<br />

dell’India), 2 indicati direttamente dal<br />

Presidente della Repubblica. La Camera uscente<br />

ha 545 membri: 530 eletti negli Stati, 13 nei<br />

Territori e due rappresentanti della comunità<br />

anglo-indiana di nomina presidenziale.<br />

Una caratteristica della Camera bassa del<br />

Parlamento è che un numero di seggi è riservato<br />

alle comunità riconosciute come storicamente<br />

discriminate. Attualmente sono 84<br />

le Caste registrate e 45 le Tribù registrate.<br />

Uno dei paradossi di questo paese, la cui Costituzione<br />

chiude la porta a ogni discriminazione<br />

per nascita, censo, fede e genere, ma<br />

che nella prassi prevede un complesso sistema<br />

di tutela legale di numerosi gruppi della<br />

popolazione. Tutela non riconosciuta a fedi<br />

minoritarie che non siano uscite in passato<br />

dall’alveo dell’induismo, come buddhisti e<br />

sikh, e che solo di recente i cristiani hanno<br />

iniziato a reclamare, pur se in modo non univoco.<br />

Il rischio, infatti, è di una ulteriore ghettizzazione,<br />

seppure sotto tutela ufficiale. Il<br />

prossimo governo – ha ricordato <strong>il</strong> cardinale<br />

Vithayath<strong>il</strong>, presidente della Conferenza episcopale<br />

dell’India – “dovrebbe immediatamente<br />

porre rimedio” alla condizione dei poveri<br />

e degli emarginati che devono “essere assim<strong>il</strong>ati<br />

nel complesso della società”.<br />

Perché si concretizzi questa aspirazione, come<br />

pure in generale una maggiore tutela e <strong>il</strong><br />

pieno riconoscimento dell’identità “indiana”<br />

dei cristiani (<strong>il</strong> 2% dei cittadini), occorre una<br />

loro maggiore partecipazione alla politica.<br />

Un’esigenza avanzata apertamente dai laici<br />

e sempre meno ostacolata dalla gerarchia.<br />

“Le minoranze religiose sono sempre state<br />

viste come banche di voti e noi vogliamo<br />

cambiare questo stato di cose” è la posizione<br />

del laicato cattolico, non più indirizzato a<br />

firmare un assegno in bianco per <strong>il</strong> Congresso,<br />

abituale calamita del voto cristiano a livello<br />

nazionale. (s.v.)<br />

<strong>il</strong> fatto e <strong>il</strong> commento<br />

MO<br />

po pacifico tra India e Stati Uniti, pur continuando<br />

a sostenerla dall’esterno.<br />

L’opposizione dell’Alleanza democratica nazionale<br />

(181 seggi) ha al centro <strong>il</strong> Bjp e i suoi<br />

138 parlamentari. Quest’ultimo, in particolare,<br />

ha dovuto imparare a proprie spese che una proposta<br />

efficace non può basarsi esclusivamente<br />

sul nazionalismo a sfondo religioso, rigettato come<br />

strumento politico persino dai possib<strong>il</strong>i alleati.<br />

Mai come in queste elezioni, <strong>il</strong> Bjp ha puntato<br />

la propria proposta sui temi dello sv<strong>il</strong>uppo e dell’economia,<br />

ed è chiaro <strong>il</strong> suo tentativo di raccogliere<br />

voti delle minoranze religiose – musulmani,<br />

cristiani e buddhisti – puntando sull’”indianità”,<br />

ovvero sull’orgoglio nazionale, più che sul<br />

pericoloso slogan dell’ “induità” (Hinduttva),<br />

ovvero dell’identità indù imposta su tutti.<br />

RISCHIO INGOVERNABILITÀ<br />

Per gli osservatori, <strong>il</strong> rischio che né <strong>il</strong> Congresso,<br />

né <strong>il</strong> Bjp arrivino alla maggioranza assoluta<br />

è quasi scontata e con esso la prospettiva<br />

dell’ingovernab<strong>il</strong>ità, salvo gli abituali giochi<br />

post-elettorali e uno spregiudicato incrociarsi<br />

delle alleanze. Con uno spunto d’interesse in<br />

più… La “Terza Forza”, che si presenta come<br />

outsider, è una coalizione ost<strong>il</strong>e alla politica<br />

tradizionale e ancor più verso i tradizionali<br />

schieramenti; una compagine pronta a raccogliere<br />

i consensi di coloro che non si sentono<br />

rappresentati dai maggiori schieramenti.<br />

Nell’incontro di presentazione ufficiale, <strong>il</strong><br />

suo ideatore Dewe Gowda, ha definito l’iniziativa<br />

un’“occasione storica per unire tutti i partiti<br />

democratici, laicisti e della sinistra nel paese”.<br />

A capo si è posta, con <strong>il</strong> peso della sua singolare<br />

esperienza, della sua popolarità e soprattutto dei<br />

120 m<strong>il</strong>ioni di elettori dell’Uttar Pradesh di cui è<br />

Stefano Vecchia,<br />

giornalista<br />

professionista, da<br />

alcuni anni risiede in<br />

Asia, con base a<br />

Bangkok, da dove<br />

svolge l’attività di<br />

corrispondente per<br />

quotidiani nazionali,<br />

agenzie e periodici di<br />

attualità.<br />

Nel dicembre 2008 ha<br />

visitato le zone<br />

dell’India in cui i<br />

cristiani sono vittime<br />

di aggressioni e<br />

violenze<br />

Missione Oggi | maggio 2009 9


<strong>il</strong> fatto e <strong>il</strong> commento<br />

Sono in molti a<br />

credere che mai<br />

come in questa<br />

tornata<br />

elettorale, l’India<br />

stia mettendo in<br />

gioco i suoi<br />

valori spirituali e<br />

la sua grandezza<br />

morale<br />

Sonia Gandhi,<br />

presidente del<br />

“Partito del Congresso”.<br />

primo ministro, la “regina degli intoccab<strong>il</strong>i”,<br />

Mayawati Naina Kumari. Il suo è stato un autaut,<br />

in st<strong>il</strong>e con la sua personalità: o capolista<br />

nella carica di premier, oppure la rinuncia a vincere<br />

la fiducia dei fuoricasta e di buona parte degli<br />

emarginati. Per quanti sono disposti a darle <strong>il</strong><br />

voto, essa rappresenta la speranza di riscatto per<br />

decine di m<strong>il</strong>ioni di emarginati. Autoritaria, con<br />

pochi scrupoli e con molti detrattori (che non<br />

mancano di ricordare i suoi rapporti conflittuali<br />

con <strong>il</strong> fisco), tra iniziative populiste e atteggiamenti<br />

messianici, la Mayawati ha convinto i dalit<br />

e non solo loro (anche buona parte dell’elettorato<br />

cristiano nel suo Stato) che sarà lei <strong>il</strong> premier<br />

della svolta nazionale. Più diffic<strong>il</strong>e sarà<br />

convincere eventuali alleati a credere in lei.<br />

I VALORI IN GIOCO E IL RUOLO<br />

DELLA CHIESA<br />

E a proposito di credenze… Sono in molti a<br />

credere che mai come in questa tornata elettorale,<br />

l’India stia mettendo in gioco i suoi valori spirituali<br />

e la sua grandezza morale. Arrivata alla fine<br />

di una campagna elettorale in cui violenze di<br />

ogni genere hanno affiancato e spesso sostituito<br />

comizi e raduni, <strong>il</strong> voto dirà anche quanto gli indiani<br />

credano ancora nell’integrazione delle genti<br />

e delle fedi in un’unica grande nazione.<br />

MO<br />

L’Orissa, da quarant’anni al centro dell’esperimento<br />

di “pulizia religiosa” attuato dall’induismo<br />

radicale associato a potentati economici<br />

e interessi politici, ha vissuto un anno<br />

drammatico e i suoi cristiani sono stati oggetto<br />

di vera e propria persecuzione, che nel periodo<br />

di maggior tensione, lo scorso anno, ha registrato<br />

70 morti, centinaia di feriti e 50 m<strong>il</strong>a profughi,<br />

in particolare tra la popolazione tribale<br />

del distretto di Kandhamal.<br />

Tra i primi ad aderire alla nuova formazione<br />

denominata “Terza Forza”, è stato <strong>il</strong> Bjd (Biju<br />

Janata Dal) guidato dal primo ministro dell’Orissa,<br />

Naveen Patnaik. Il partito, al governo<br />

nello Stato, era appena uscito dall’alleanza diffic<strong>il</strong>e<br />

con <strong>il</strong> Baharatiya Janata Party, denunciando<br />

proprio le violenze anticristiane avvenute<br />

tra <strong>il</strong> dicembre 2007 e <strong>il</strong> settembre 2008.<br />

Alla vig<strong>il</strong>ia della prima tornata elettorale del<br />

16 apr<strong>il</strong>e, a sette mesi dalle violenze, 3.200 cattolici<br />

erano ancora nei campi profughi e a molti<br />

che avevano perso <strong>il</strong> documento elettorale<br />

nelle violenze non ne erano stati forniti di nuovi.<br />

In molti v<strong>il</strong>laggi <strong>il</strong> boicottaggio contro i cattolici<br />

tribali rimaneva forte, al punto da impedirne<br />

<strong>il</strong> ritorno e l’esercizio regolare del voto.<br />

“18 m<strong>il</strong>a abitanti del Kandhamal vivono ancora<br />

a Bhubaneshwar, Cuttack e Berhampur. La<br />

Commissione elettorale può fac<strong>il</strong>mente giudicare<br />

come sia possib<strong>il</strong>e una libera e corretta<br />

consultazione elettorale nel distretto. Può altresì<br />

considerare le concrete possib<strong>il</strong>ità di rientro<br />

degli elettori in occasione del voto, oppure<br />

provvedere affinché coloro che vivono in altre<br />

parti dell’Orissa o dell’India votino per corrispondenza”,<br />

ricordava ancora nell’imminenza<br />

del voto mons. Raphael Cheenath, arcivescovo<br />

di Cuttack-Bhubaneshwar. “Se non sarà data<br />

una risposta ragionevole a queste domande, <strong>il</strong><br />

voto del Kandhamal sarà soltanto una finzione<br />

di democrazia”, ha aggiunto l’arcivescovo.<br />

Anche in questa occasione, la Chiesa non ha<br />

lasciato cadere un’opportunità importante per<br />

far sentire la propria voce e per chiedere ai cattolici<br />

un diverso impegno. “Sono momenti critici<br />

per <strong>il</strong> paese e la Chiesa, pur non sostenendo<br />

partiti politici, ha l’obbligo morale di assicurarsi<br />

che <strong>il</strong> nostro popolo voti per chi garantirà la<br />

sovranità democratica e le credenziali laiche<br />

della nostra amata patria”, ha ricordato <strong>il</strong> cardinale<br />

Varkey Vithayath<strong>il</strong>, presidente della Conferenza<br />

episcopale indiana in un suo messaggio<br />

in vista delle elezioni. STEFANO VECCHIA<br />

10 Missione Oggi | maggio 2009


Intervista a Edgardo Lander<br />

Luci e ombre<br />

della rivoluzione<br />

bolivariana<br />

A CURA DI MAURO CASTAGNARO<br />

MO<br />

Interviste sul futuro<br />

Edgardo Lander è docente<br />

al Dipartimento di Studi<br />

latinoamericani della Scuola di<br />

sociologia dell’Università<br />

Centrale del Venezuela e<br />

membro del Consiglio<br />

latinoamericano delle scienze<br />

sociali (Clacso)<br />

Tra dicembre del 2007 e febbraio del 2009 i<br />

venezuelani hanno prima respinto col<br />

51% la riforma costituzionale proposta<br />

dall’esecutivo, poi confermato la maggioranza<br />

di governo nelle amministrative del novembre<br />

2008 e infine approvato col 54%<br />

l’emendamento costituzionale che consente<br />

al capo dello Stato Hugo Chavez di ricandidarsi<br />

alla presidenza della Repubblica senza<br />

limiti nel numero dei mandati. Qual è <strong>il</strong> significato<br />

politico di queste consultazioni<br />

Il risultato del referendum del 2007 sorprese<br />

l’opposizione, che non sperava di vincere né si<br />

aspettava che Chavez riconoscesse la sconfitta.<br />

Nel chavismo si aprì un vivace dibattito sull’inefficienza<br />

delle politiche statali e sulla corruzione,<br />

che però si spense nel giro di due-tre mesi, di<br />

fronte all’incombere delle elezioni amministrative.<br />

Nel frattempo si è consolidato un nuovo<br />

orientamento dell’opposizione, molto eterogeneo,<br />

comprendendo settori di estrema destra, liberali<br />

e socialdemocratici. Fino al 2006 era stata<br />

l’ala golpista a egemonizzare l’opposizione, che<br />

puntava a rovesciare <strong>il</strong> governo con ogni mezzo:<br />

<strong>il</strong> colpo di Stato (2002), <strong>il</strong> blocco dell’industria<br />

petrolifera (2002-2003), <strong>il</strong> boicottaggio delle elezioni<br />

parlamentari (2005). In vista delle presidenziali<br />

del 2006, però, i settori più reazionari avevano<br />

perso peso e l’opposizione aveva presentato<br />

un candidato, Manuel Rosales, raccogliendo <strong>il</strong><br />

37% dei voti. Alle ultime amministrative ha orga-<br />

Missione Oggi | maggio 2009 11


interviste sul futuro<br />

Bisogna<br />

ricordare che<br />

solo la<br />

straordinaria<br />

mob<strong>il</strong>itazione<br />

dei settori<br />

popolari aveva<br />

permesso<br />

al governo<br />

di sopravvivere<br />

ai tentativi<br />

eversivi<br />

del 2002-2003<br />

MO<br />

nizzato un fronte unitario, riuscendo a conquistare<br />

i tre Stati più popolosi (Zulia, Miranda, Carabobo),<br />

nonché <strong>il</strong> municipio di Caracas. In molti<br />

posti ciò è dovuto al malcontento popolare, anche<br />

nelle f<strong>il</strong>e del chavismo, perché la gestione di alcuni<br />

sindaci e governatori era stata molto scadente.<br />

Ciò ha prodotto una ridefinizione del conflitto<br />

politico, che era stato costruito sulla polarizzazione<br />

governo-opposizione ovvero difesa-cacciata<br />

del presidente: ora l’opposizione ha capito<br />

che sul terreno dello scontro permanente Chavez<br />

vince, quindi ha cominciato a creare organizzazioni,<br />

elaborare programmi, in funzione delle<br />

presidenziali del 2012, cercando di ampliare la<br />

propria base, rafforzare la propria unità e dimostrare<br />

che ha capacità di governo risolvendo a livello<br />

locale i problemi della sicurezza o della<br />

raccolta dei rifiuti, in cui l’esecutivo risulta del<br />

tutto inefficace. Inoltre nel campo chavista la<br />

gente comincia a distinguere, per cui vota a favore<br />

di Chavez, ma contro un candidato sindaco<br />

sgradito o si astiene.<br />

In questo contesto che ruolo ha la questione<br />

della rieleggib<strong>il</strong>ità di Chavez<br />

Chavez e <strong>il</strong> chavismo sono coscienti della<br />

propria vulnerab<strong>il</strong>ità politico-elettorale, anche<br />

perché la crisi economica globale avrà un impatto<br />

sulla capacità di spesa pubblica del governo,<br />

tenendo conto che nel 2008 <strong>il</strong> 93% del valore<br />

delle esportazioni derivava dal petrolio e che le<br />

riserve valutarie accumulate permettono di compensare<br />

<strong>il</strong> calo del prezzo internazionale del<br />

greggio solo per <strong>il</strong> 2009. Bisogna ricordare che<br />

solo la straordinaria mob<strong>il</strong>itazione dei settori popolari<br />

aveva permesso al governo di sopravvive-<br />

re ai tentativi eversivi del 2002-2003, dopo i<br />

quali l’esecutivo ha sv<strong>il</strong>uppato una politica sociale<br />

estremamente attiva attraverso le “missioni”,<br />

come Barrio Adentro, che con l’aus<strong>il</strong>io di<br />

18m<strong>il</strong>a medici cubani ha garantito a m<strong>il</strong>ioni di<br />

poveri un medico disponib<strong>il</strong>e 24 ore su 24 e l’accesso<br />

gratuito alle medicine. Le “missioni” hanno<br />

innescato un processo di trasformazione nell’educazione,<br />

sanità, creazione di posti di lavoro,<br />

promozione di cooperative, che ha garantito alla<br />

“rivoluzione bolivariana” l’appoggio della maggioranza<br />

della popolazione. Tanto <strong>il</strong> governo<br />

quanto l’opposizione sono convinti che <strong>il</strong> miglior<br />

candidato per <strong>il</strong> chavismo nel 2012 sia Chavez.<br />

Da qui la scelta della maggioranza di eliminare i<br />

vincoli alla sua ricandidatura. Anch’io credo che<br />

non ci sia attualmente un leader alternativo a<br />

Chavez e un ritorno della destra al governo in<br />

Venezuela avrebbe conseguenze negative non<br />

solo per <strong>il</strong> paese, ma per tutta l’America latina.<br />

Ma questo non pone problemi a un processo<br />

di trasformazione che si vuole democratico<br />

C’è in effetti una contraddizione alla lunga<br />

insostenib<strong>il</strong>e tra un discorso e una pratica che<br />

enfatizzano la partecipazione democratica, soprattutto<br />

di base, attraverso Consigli comunali,<br />

Comitati di salute, Comitati di terra, e <strong>il</strong> fatto<br />

che le decisioni si concentrino soprattutto nelle<br />

mani del Presidente. La possib<strong>il</strong>ità per la gente<br />

di incidere nelle scelte di politica nazionale esige<br />

meccanismi che non esistono. Anche la creazione<br />

del Partito socialista unito del Venezuela<br />

(Psuv) per raggruppare i sostenitori del chavismo<br />

non è servita in questo senso, non solo perché<br />

esso comprende marxisti-leninisti ortodossi,<br />

correnti tecnocratiche, settori m<strong>il</strong>itari nazionalisti<br />

e una “boliborghesia” corrotta, ma perché<br />

continua a essere una cinghia di trasmissione<br />

delle decisioni che arrivano dall’alto.<br />

Inoltre la dipendenza da una singola persona<br />

rende la rivoluzione bolivariana assai vulnerab<strong>il</strong>e<br />

e più esposta a derive populiste. Chavez è riuscito<br />

a dare direzione e unità al malcontento popolare,<br />

avviando un processo di politicizzazione<br />

impensab<strong>il</strong>e pochi anni fa. Se però non si producono<br />

forme di istituzionalizzazione, non si creano<br />

meccanismi collettivi di presa di decisioni,<br />

non emergono nuovi dirigenti e una figura così<br />

potente potrebbe finire per frenare i processi di<br />

allargamento della partecipazione. Quando una<br />

leadership si prolunga, finisce per rendersi autonoma<br />

dalla società. Se la “rivoluzione boliva-


iana” non progredisce nella democrazia e nell’inclusione,<br />

rischia di perdere la possib<strong>il</strong>ità di<br />

costruire un’altra società, <strong>il</strong> che avrebbe un elevatissimo<br />

costo politico per le prospettive di trasformazione<br />

sociale in tutto <strong>il</strong> continente.<br />

Come si pone <strong>il</strong> rapporto tra Stato, partito<br />

e movimenti sociali<br />

A differenza della rivoluzione cubana, che<br />

ha conquistato l’apparato dello Stato e imposto<br />

Se la “rivoluzione bolivariana”<br />

non progredisce nella democrazia<br />

e nell’inclusione, rischia di perdere<br />

la possib<strong>il</strong>ità di costruire<br />

un’altra società<br />

con la forza una riorganizzazione della società,<br />

quella venezuelana è un processo di trasformazione<br />

che avviene per via elettorale e costituzionale,<br />

per cui richiede un consenso elettorale<br />

maggioritario. D’altro canto, sim<strong>il</strong>e è la concezione<br />

della relazione tra l’ambito pubblico-statale<br />

e quello politico-partitico: siccome si ritiene<br />

che queste siano separazioni liberali e non si<br />

è riflettuto sul piano teorico su una possib<strong>il</strong>e<br />

forma diversa di organizzazione dello Stato, la<br />

distinzione tra i due ambiti tende spesso a rarefarsi.<br />

Così si dice che la compagnia Petroleos<br />

de Venezuela S.A. (Pdvsa) risponde al chavismo,<br />

però non solo nel senso che la politica petrolifera<br />

è definita dal governo, ma le sue risorse<br />

sono dello Stato o del Psuv in forma relativamente<br />

indifferenziata. Oppure i Consigli comunali<br />

sono proposti come base dell’organizzazione<br />

della nuova società, in cui le comunità si riu-<br />

MO<br />

niscono e affrontano i problemi legati alla gestione<br />

dell’acqua, dell’assistenza sanitaria, ma<br />

se sono trasformati in organismi chavisti, resta<br />

fuori quasi la metà della popolazione. Pure tra<br />

organizzazione sociale e partito i confini non<br />

esistono o sono poco chiari. Stato-partitoorganizzazione<br />

sociale finiscono per essere una<br />

serie di ingranaggi senza autonomia reciproca,<br />

per cui sono forti i processi di cooptazione e<br />

controllo, anche perché buona parte dei movimenti<br />

popolari dipende da risorse pubbliche.<br />

Quello che manca è una riflessione sull’egemonia,<br />

perché un progetto di paese non esige solo<br />

l’inclusione di chi è sempre stato escluso, ma<br />

deve offrire una prospettiva a tutti i cittadini,<br />

compreso quel 40% che vota per l’opposizione e<br />

non è riducib<strong>il</strong>e all’alta borghesia: almeno <strong>il</strong> 15-<br />

20% è costituito da settori popolari, c’è la maggior<br />

parte del ceto medio, un gruppo di intellettuali,<br />

tutti gli imprenditori privati, una quota di<br />

studenti universitari. Un processo di trasformazione<br />

intacca interessi e cambia le relazioni di<br />

potere, perché nel passaggio da una straordinaria<br />

disuguaglianza a una maggiore equità si devono<br />

perdere priv<strong>il</strong>egi, che nessuno cede volontariamente.<br />

Tuttavia <strong>il</strong> chavismo usa un discorso molto<br />

settario e conflittuale, per cui, per esempio, gli<br />

imprenditori, che pure in questi anni hanno guadagnato<br />

moltissimo, vivono costantemente<br />

nell’attesa di essere cacciati, perciò non investono,<br />

non fanno programmi per <strong>il</strong> futuro.<br />

Come entra in questo progetto di cambiamento<br />

la questione ambientale<br />

Dopo la fine dell’esperienza sovietica, un<br />

“socialismo del XXI secolo” deve essere profondamente<br />

e radicalmente democratico nonché<br />

assumere come priorità storica immediata <strong>il</strong><br />

tema della vita nella sua integralità (<strong>il</strong> riscaldamento<br />

globale, la difesa dell’acqua, ecc.). Qui<br />

la “rivoluzione bolivariana” vive una contraddizione<br />

di fondo: riconosce l’urgenza di un modello<br />

di civ<strong>il</strong>tà che non sia in guerra permanente<br />

contro la natura (e che quello basato sul consumo<br />

petrolifero minaccia a breve termine la<br />

possib<strong>il</strong>ità della vita sul pianeta), ma fonda le<br />

politiche sociali e i progetti d’integrazione col<br />

resto del continente sulle entrate provenienti<br />

dal greggio. Ovviamente non si può cambiare<br />

da un giorno all’altro, ma riproporre l’idea del<br />

“Venezuela, potenza energetica mondiale” e investire<br />

nello sfruttamento dei giacimenti della<br />

fascia dell’Orinoco consolida un modello che si<br />

critica.<br />

A CURA DI MAURO CASTAGNARO<br />

Quello che<br />

manca è una<br />

riflessione<br />

sull’egemonia,<br />

perché un<br />

progetto di<br />

paese non esige<br />

solo l’inclusione<br />

di chi è sempre<br />

stato escluso,<br />

ma deve offrire<br />

una prospettiva<br />

a tutti i cittadini,<br />

compreso quel<br />

40% che vota<br />

per l’opposizione<br />

e non è<br />

riducib<strong>il</strong>e all’alta<br />

borghesia:<br />

almeno <strong>il</strong> 15-<br />

20% è costituito<br />

da settori<br />

popolari<br />

Il presidente<br />

del Venezuela<br />

Hugo Chavez.<br />

interviste sul futuro<br />

Missione Oggi | maggio 2009 13


campagne mo<br />

Pressione<br />

alle Banche armate<br />

La Campagna di pressione alle “banche<br />

armate” (promossa dalle riviste<br />

Missione Oggi, Mosaico di pace e Nigrizia,)<br />

– pur apprezzando la pubblicazione<br />

anche quest’anno del Rapporto del<br />

Presidente del Consiglio sui lineamenti<br />

di Politica del Governo sull’esportazione<br />

e <strong>il</strong> transito di materiale d’armamento<br />

e la sua accessib<strong>il</strong>ità attraverso la pubblicazione<br />

sul sito della presidenza del<br />

consiglio (www.governo.it/Presidenza/<br />

UCPMA/rapporto_2008.html) – è fortemente<br />

preoccupata per <strong>il</strong> consistente incremento<br />

delle autorizzazioni alle<br />

esportazioni di armamenti, che nel<br />

2008 hanno raggiunto la cifra record di<br />

oltre 3 m<strong>il</strong>iardi di euro, con un crescita<br />

di quasi <strong>il</strong> 29% rispetto al 2007. Senza<br />

dire che <strong>il</strong> valore delle autorizzazioni<br />

delle transazioni bancarie ha superato i<br />

4 m<strong>il</strong>iardi di euro. «In particolar modo –<br />

denunciano padre Alex Zanotelli, padre<br />

Mario Menin e padre Franco Moretti, direttori<br />

delle riviste Mosaico di Pace, Missione<br />

Oggi e Nigrizia – ci preoccupano,<br />

e crediamo che non possano essere<br />

lasciate senza spiegazioni, le<br />

autorizzazioni verso paesi in conflitto<br />

(tra cui Israele), in zone di forte tensione<br />

(Medio Oriente, Africa e Asia), dove le organizzazioni<br />

internazionali segnalano<br />

“gravi violazioni dei diritti umani”, e,<br />

più in generale, verso i paesi del sud del<br />

mondo, a cui, nell’insieme, lo scorso anno<br />

è stato destinato più del 30% dell’esportazione<br />

m<strong>il</strong>itare italiana, pari a<br />

quasi 928 m<strong>il</strong>ioni di euro».<br />

La campagna, inoltre, nel valutare la volontà<br />

espressa dalla presidenza del Consiglio<br />

di «incrementare ulteriormente la<br />

trasparenza sulle attività», non ritiene<br />

giustificata la mancanza nel Rapporto<br />

della tabella riassuntiva del “Valore degli<br />

importi autorizzati” agli istituti di<br />

credito che forniscono servizi d’appoggio<br />

al commercio di armi. «Una tabella<br />

che – sottolineano i direttori – non dovrebbe<br />

mancare dalla più ampia Relazione<br />

che la presidenza del consiglio ha<br />

consegnato al parlamento: una tabella<br />

la cui pubblicazione, contestualmente al<br />

Rapporto, avrebbe indicato una chiara<br />

volontà di trasparenza su tutti i settori<br />

dell’esportazione di armamenti».<br />

«Ricordiamo – prosegue la nota dei tre<br />

direttori – che nel giugno 2008 la nostra<br />

Campagna, con una lettera ufficiale<br />

alla presidenza del Consiglio e<br />

MO<br />

alle amministrazioni competenti, ha segnalato<br />

la mancanza nell’allegato alla<br />

Relazione del ministro dell’economia e<br />

delle finanze (dipartimento del tesoro)<br />

del “Riep<strong>il</strong>ogo in dettaglio suddiviso per<br />

Istituti di Credito”: un documento voluminoso<br />

che <strong>il</strong> suddetto ministero ha sostituito<br />

– senza alcuna spiegazione –<br />

con un “Riep<strong>il</strong>ogo in dettaglio suddiviso<br />

per Aziende” (Documento E), che, di fatto,<br />

ha sottratto al controllo parlamentare<br />

e della società civ<strong>il</strong>e informazioni di<br />

decisiva r<strong>il</strong>evanza circa l’operato in materia<br />

degli istituti di credito. Stiamo ancora<br />

aspettando risposta a quella lettera<br />

inviata alla presidenza del Consiglio<br />

e alle amministrazioni competenti».<br />

«Vogliamo, perciò, credere che la volontà<br />

espressa dalla presidenza del Consiglio<br />

nell’attuale Rapporto di porre “ogni<br />

sforzo per continuare <strong>il</strong> dialogo con i<br />

rappresentanti delle organizzazioni<br />

non governative interessate al controllo<br />

delle esportazioni e dei trasferimenti<br />

dei materiali d’armamento, con la finalità<br />

di favorire una più puntuale e trasparente<br />

informazione nei temi d’interesse”,<br />

intenda comprendere anche un<br />

confronto approfondito sui temi delle<br />

informazioni che riguardano le<br />

operazioni bancarie. Operazioni che<br />

sono l’unico modo per garantire un riscontro<br />

ufficiale e preciso agli istituti di<br />

credito che hanno messo in atto politiche<br />

restrittive in materia, e consentono<br />

alla società civ<strong>il</strong>e di valutare l’operato<br />

delle banche con <strong>il</strong> rigore e l’attenzione<br />

che sono indispensab<strong>il</strong>i».<br />

«Ci associamo, pertanto, alla richiesta<br />

della Rete Italiana Disarmo – di<br />

cui la nostra campagna è parte – nel<br />

chiedere un incontro urgente con la presidenza<br />

del consiglio e le amministrazioni<br />

competenti per poter valutare nel<br />

merito l’attuale Rapporto e, più in generale,<br />

la politica del governo sull’esportazione<br />

materiale d’armamento, e chiediamo<br />

fin d’ora che <strong>il</strong> parlamento analizzi<br />

l’attuale Rapporto e la Relazione<br />

che gli è stata inviata anche con un dibattito<br />

finale in aula che preveda una<br />

votazione esplicita su un tema così delicato<br />

come quello dell’esportazione m<strong>il</strong>itare<br />

italiana».<br />

Missione Oggi,<br />

Mosaico di pace e Nigrizia<br />

14 Missione Oggi | maggio 2009


Ciad<br />

MARCO BERTONI<br />

una radio<br />

per chi non ha parola<br />

A. CAUSIN<br />

LA LINEA EDITORIALE<br />

DELLA RTN<br />

La linea editoriale della RTN è impostata su<br />

quattro punti principali:<br />

❚ Informare la popolazione e la comunità di<br />

tutta la regione sulla situazione locale,<br />

nazionale ed internazionale. Fornire<br />

un’informazione che crea un legame tra le<br />

differenti comunità presenti sul territorio.<br />

❚ Formare gli ascoltatori attraverso dei<br />

programmi a carattere pedagogico.<br />

❚ La promozione integrale dell’uomo attraverso<br />

delle emissioni su salute, agricoltura, ambiente,<br />

giustizia e pace, diritti dell’uomo, promozione<br />

della donna, ecc.<br />

❚ Promozione della cultura locale e nazionale<br />

attraverso la musica folk, gli artisti locali e i<br />

racconti (favole in 3 lingue) o i dibattiti nelle<br />

varie lingue.<br />

comunicazione e sv<strong>il</strong>uppo<br />

STORIA ED OBIETTIVI<br />

Radio Terre Nouvelle (RTN) è la radio della<br />

diocesi di Pala (Ciad) che ha iniziato ad<br />

emettere a Bongor sui 98.4 FM nell’anno 2000 e<br />

poi ha aggiunto un ripetitore a Pala nel 2003.<br />

Trasmette in 9 lingue (Francese, Arabo locale,<br />

Masa, Musey, Tupuri, Mundang, Zimé, Ngambay,<br />

Fufuldé). Questa è una scelta che, nonostante<br />

le difficoltà, ci permette di parlare a tutta la popolazione<br />

della regione nella loro lingua e quindi<br />

di avere una comunicazione più diretta. Come<br />

obiettivo, che è anche lo slogan, la RTN ha “La<br />

comunicazione a servizio dello sv<strong>il</strong>uppo”, e più<br />

precisamente una radio a servizio dell’uomo e di<br />

ogni uomo. Una radio che cerca lo sv<strong>il</strong>uppo integrale<br />

di ogni uomo e che tiene conto degli strati<br />

più deboli dando spazio alle donne e ai giovani.<br />

Normalmente trasmettiamo 2h e 30m al mattino<br />

(dalle 6 alle 8:30) e 5 ore la sera (dalle 16<br />

alle 21). I programmi prevedono al mattino una<br />

griglia di informazione (giornale in francese) e<br />

spazio “sanità” che nel corso della settimana sono<br />

riprodotti nelle varie lingue. Al pomeriggio i<br />

programmi sono più variati ma <strong>il</strong> f<strong>il</strong>o conduttore<br />

è l’animazione portata avanti con un programma<br />

sull’ambiente e lo sv<strong>il</strong>uppo, uno sui diritti,<br />

le leggi o altri temi di educazione civica.<br />

RADIO ED EVANGELIZZAZIONE<br />

La radio, pur essendo della diocesi, si rivolge<br />

a tutti e quindi <strong>il</strong> primo approccio è <strong>il</strong> dialogo<br />

e l’attenzione a tutti gli ascoltatori.<br />

La RTN vorrebbe essere una presenza cristiana<br />

reperib<strong>il</strong>e ed effettiva tra i vari media, ma<br />

con uno spirito libero che rivolge <strong>il</strong> suo messaggio<br />

al maggior numero possib<strong>il</strong>e di ascoltatori.<br />

Senza essere una radio religiosa, i giornalisti<br />

analizzano alcuni avvenimenti alla luce della fede<br />

e, anche se la priorità è data ai cattolici, non<br />

si dimenticano le feste musulmane. Più complesso<br />

è <strong>il</strong> rapporto con la religione tradizionale<br />

La radio, pur<br />

essendo della<br />

diocesi, si<br />

rivolge a tutti e<br />

quindi <strong>il</strong> primo<br />

approccio è <strong>il</strong><br />

dialogo e<br />

l’attenzione a<br />

tutti gli<br />

ascoltatori<br />

Uno speaker<br />

della RTN.<br />

Missione Oggi | maggio 2009 15


comunicazione e sv<strong>il</strong>uppo<br />

Lo spazio<br />

religioso copre<br />

<strong>il</strong> 4% delle<br />

emissioni e<br />

comprende <strong>il</strong><br />

Vangelo del<br />

mattino ed<br />

un’emissione<br />

“Vangelo e<br />

società” la<br />

domenica. Si<br />

sta facendo uno<br />

sforzo per avere<br />

un maggiore<br />

legame<br />

con le comunità<br />

di base<br />

Andrea Causin (al centro),<br />

consigliere regionale<br />

del Veneto,<br />

in visita a Bongor nel Ciad;<br />

Padre Marco Bertoni,<br />

saveriano,<br />

direttore della RTN.<br />

A. CAUSIN<br />

che non possiede grandi culti né santuari e le cui<br />

feste sono cicliche e lunari. Purtroppo in questo<br />

senso oggi vi è la tendenza alla folclorizzazione<br />

e si moltiplicano i festival o i revival (st<strong>il</strong>e ritorno<br />

alle radici e alla tradizione) che cerchiamo di<br />

“coprire” mediaticamente portando uno sguardo<br />

rivolto al futuro e adattando i valori tradizionali<br />

ai tempi attuali. L’evangelizzazione passa attraverso<br />

una sensib<strong>il</strong>ità che <strong>il</strong> giornalista fa trasparire<br />

come tela di fondo e come apertura all’altro<br />

e alle diverse sensib<strong>il</strong>ità religiose. Lo spazio religioso<br />

copre <strong>il</strong> 4% delle emissioni e comprende<br />

<strong>il</strong> Vangelo del mattino ed un’emissione “Vangelo<br />

e società” la domenica. Si sta facendo uno<br />

sforzo per avere un maggiore legame con le comunità<br />

di base che potrebbero aiutare la radio<br />

sia nelle trasmissioni sia nella proposizione di<br />

temi da trattare, dando spazio ai loro problemi o<br />

alla formazione partendo dai loro bisogni e dalla<br />

vita concreta.<br />

RADIO E “NEW MEDIA”<br />

Il Ciad, come quasi tutti i paesi del Sud, conosce<br />

uno sv<strong>il</strong>uppo della telefonia mob<strong>il</strong>e che<br />

offre anche servizi Internet. Per la radio è un<br />

buon servizio, ma, come per tutta la popolazione,<br />

è pagato a caro prezzo e crea dipendenza. Il<br />

telefono è diventato uno status symbol e tanta<br />

gente si procura un telefono pur di “apparire”,<br />

rinunciando spesso al mangiare. Le ricariche<br />

normali sono di 500 franchi Cfa (meno di un euro).<br />

Internet è ut<strong>il</strong>izzato da pochissima gente ed<br />

anche noi abbiamo problemi di connessione, per<br />

cui preferiamo prendere tante notizie dalla televisione<br />

satellitare o attraverso la radio World<br />

Space. In questo campo <strong>il</strong> Ciad, che non aveva<br />

una televisione nazionale, quest’anno è riuscito<br />

A. CAUSIN<br />

OBIETTIVI DELLA RTN<br />

Lo scopo di ogni programma e di tutta l’animazione<br />

mira a:<br />

❚ Responsab<strong>il</strong>izzare la popolazione per trovare assieme<br />

delle soluzioni ai problemi causati dalla povertà e dal<br />

sottosv<strong>il</strong>uppo;<br />

❚ Cercare di risolvere i conflitti intercomunitari e promuovere<br />

una buona coabitazione; dibattere dei problemi<br />

sociali come l’Aids o l’alcolismo, ecc.<br />

❚ Offrire uno spazio per un divertimento sano e soddisfacente.<br />

❚ Essere una radio al servizio di quelli che, nella società,<br />

non hanno mai la parola.<br />

❚ Una delle caratteristiche della radio è la “prossimità”,<br />

<strong>il</strong> fatto di essere vicina alla gente ed ai suoi problemi, cercando<br />

di raggiungerla parlando <strong>il</strong> suo linguaggio.<br />

ad ottenere uno spazio su un satellite arabo per<br />

trasmettere alcuni programmi giornalieri.<br />

LE SFIDE DELLA COMUNICAZIONE<br />

Le sfide della comunicazione, in una regione<br />

multietnica e multiculturale, sono di arrivare<br />

a tutti gli ascoltatori parlando la loro lingua e<br />

ut<strong>il</strong>izzando <strong>il</strong> loro linguaggio per essere al centro<br />

di tutti i cambiamenti ed aiutare ad un vero<br />

sv<strong>il</strong>uppo dell’uomo e della società.<br />

In un paese marcato dalla guerra e dai conflitti,<br />

la radio vuole essere la voce che porta la<br />

pace, la gioia e la speranza. La comunicazione<br />

è soprattutto dare buone notizie ed aiutare la<br />

crescita del paese per <strong>il</strong> bene di tutti senza nessuna<br />

distinzione. Una delle sfide maggiori è la<br />

lotta contro le ingiustizie ed informare sui propri<br />

diritti e doveri, sia come uomo sia come cittadino.<br />

In questo senso <strong>il</strong> sogno è di dare voce<br />

a chi non ha voce, ai deboli e a tutti quelli che<br />

subiscono ingiustizia o non sono rispettati nei<br />

loro diritti per costruire una società dove regni<br />

la pace.<br />

MARCO BERTONI<br />

16 Missione Oggi | maggio 2009


dossier<br />

F<strong>il</strong>m<br />

e missione<br />

tra memoria<br />

e futuro<br />

Se <strong>il</strong> cinema è la “settima arte”, come<br />

ormai anche i più restii sono disposti ad<br />

a cura di FEDERICO TAGLIAFERRI e FIORENZO RAFFAINI<br />

ammettere, allora non c’è da stupirsi se<br />

a pochi anni dalla sua nascita esso abbia intrecciato la sua storia con i temi religiosi e, in particolare, con quelli missionari. Come in altri campi<br />

più tradizionali (letteratura, pittura, scultura, architettura), lo spirito religioso ha bisogno dell’arte per esprimersi e per portare <strong>il</strong> suo messaggio.<br />

Ecco dunque la nascita del cinema “missionario”, un piccolo ma ricco f<strong>il</strong>one produttivo che ha interessato sia f<strong>il</strong>m, sia documentari.<br />

Alcuni istituti missionari hanno abbracciato presto la nuova arte, tra questi i saveriani sono stati dei precursori, impegnandovi alcuni dei migliori<br />

ingegni a disposizione. Avviare oggi una riflessione sul ruolo prezioso che ancora possono svolgere f<strong>il</strong>m e pellicole (con la loro incredib<strong>il</strong>e<br />

modernizzazione tecnologica) è forse inevitab<strong>il</strong>e, in una società, come quella contemporanea, che si basa sull’immagine a tutti i livelli<br />

e proprio per questo è sazia, disincantata e smaliziata. Ma, forse, ancor più s’impone la domanda su quali temi, personaggi ed esperienze<br />

basarsi nell’offrire allo spettatore una storia che sia raccontata in maniera professionale e di livello qualitativo elevato. Riusciranno i missionari<br />

a “bucare” schermi e video e a far giungere ancora <strong>il</strong> loro messaggio C’è da augurarselo: sarebbe davvero un peccato se <strong>il</strong> fascino<br />

delle vecchie pellicole dovesse svanire definitivamente, archiviate negli schedari della storia del cinema, senza essere rimpiazzate da nuove,<br />

dinamiche, coraggiose opere al servizio del messaggio evangelico.<br />

Missione Oggi | maggio 2009 17


dossier<br />

Storia<br />

del cinema<br />

missionario<br />

LA FIGURA DEL MISSIONARIO È STATA TRATTEGGIATA IN DIVERSI FILM, DOVE<br />

RICORRONO ALCUNI CLICHÉ CHE A VOLTE NE RENDONO UN’IMMAGINE STE-<br />

REOTIPATA. LINO FERRACIN, ESPERTO DI CINEMA E AUTORE DI MOLTE PUB-<br />

BLICAZIONI, DA ANNI CURA LE PRESENTAZIONI DI FILM AD ALTO VALORE IN-<br />

TERCULTURALE SULLE PAGINE DI “CEM MONDIALITÀ”. IN QUESTA PANORA-<br />

MICA CI OFFRE UN’INTERESSANTE ANALISI DEI TEMI AFFRONTATI E UNA SCEL-<br />

TA CRITICA DELLE PRINCIPALI PELLICOLE CHE HANNO PER PROTAGONISTI IL<br />

MISSIONARIO E LA MISSIONE.<br />

Il missionario<br />

che eroe!<br />

LINO FERRACIN<br />

Padri <strong>Saveriani</strong><br />

dietro la macchina<br />

da presa a Loyang<br />

(Cina, anni ’30).<br />

Diversamente da quanto istintivamente valutavo,<br />

non sono molti i f<strong>il</strong>m, prodotti per <strong>il</strong><br />

grande pubblico, che nella storia del cinema sono<br />

stati dedicati alla figura di un missionario.<br />

Intendo quello che parte dall’Occidente cristiano<br />

e civ<strong>il</strong>izzato per portare a popoli lontani la<br />

parola del Signore, non ci interessano cioè tutte<br />

quelle altre storie ambientate in periferie malfamate,<br />

in carceri violenti, in agnostici salotti borghesi<br />

o in fabbriche senza Dio; non si parla di<br />

sacerdoti o pastori in missione qui ma di missionari<br />

al lavoro là. Una quindicina Pochi pare,<br />

perché un f<strong>il</strong>m, che abbia come protagonista<br />

un missionario o che ricostruisca una vicenda<br />

legata alla presenza di missionari in terre lontane,<br />

è fac<strong>il</strong>e e allettante, infatti le qualità e la storia<br />

di chi parte per annunciare Cristo sono naturalmente<br />

cinematografiche e l’idea romantica<br />

che <strong>il</strong> pubblico ha del missionario ben si adatta<br />

alla più classica delle sceneggiature.<br />

LA FIGURA DEL MISSIONARIO-EROE<br />

Al centro di un buon f<strong>il</strong>m di massa deve esserci<br />

un eroe in una situazione diffic<strong>il</strong>e e <strong>il</strong> missionario<br />

è un personaggio che può avere tutte le<br />

18 Missione Oggi | maggio 2009


caratteristiche di un eroe. Ha una fede per cui è<br />

disposto a morire, non ha paura di lasciare agiatezze<br />

e sicurezze per buttarsi verso l’ignoto; è<br />

solitamente solo a guardare dalla tolda di una<br />

nave <strong>il</strong> mare immenso o a cercare dall’alto di un<br />

dirupo tracce lontane di anime da convertire; è<br />

“uno” in mezzo a molti, lontano dalla patria e<br />

dai suoi cari, disarmato in mezzo a nemici spesso<br />

fanatici. Di lui conosciamo le motivazioni del<br />

suo fare, del suo partire, del suo rischiare. Alle<br />

spalle lascia storie di affetti e sentimenti: genitori<br />

e parenti lontani, a volte amori giovan<strong>il</strong>i; con<br />

sé porta amore per gli altri, odio per lo sfruttamento<br />

e la schiavitù materiale o morale. È per<br />

definizione dalla parte del bene; Dio è con lui e<br />

anche la sconfitta è vittoria nel Regno dei Cieli.<br />

La vicenda di un’esperienza missionaria è<br />

già quasi scritta: vi è una partenza, variamente<br />

motivab<strong>il</strong>e, vi è un viaggio di avvicinamento, a<br />

volte diffic<strong>il</strong>e e pericoloso, vi è un incontro con<br />

l’altro, a cui seguono difficoltà di comprensione<br />

e accettazione, affrontate con l’arma della<br />

bontà e del sacrificio. C’è poi l’accoglienza e la<br />

fondazione di una nuova piccola società positiva<br />

e aperta al futuro, che saprà affrontare i problemi<br />

che verranno perché la speranza è molto<br />

più di un sogno. Se invece vi è sconfitta, affrontata<br />

con coraggio ed eroismo fino al martirio,<br />

questa non dipende dal nostro eroe ma è opera<br />

dell’“altro”, selvaggio violento, nemico della<br />

fede, o potente egoista.<br />

Sul piano degli ideali <strong>il</strong> nostro eroe non è<br />

partito per i potenti, che generalmente lo vedono<br />

con diffidenza e lo rifiutano appena si accorgono<br />

che <strong>il</strong> suo fare e <strong>il</strong> suo st<strong>il</strong>e di vita metto-<br />

no in discussione <strong>il</strong> loro potere, ma per la sua<br />

gente, i più deboli, i più poveri, i rifiutati. Le<br />

sue armi sono la fede, la tenacia, la capacità di<br />

ascolto, la forza delle sue scelte.<br />

L’ambiente dove <strong>il</strong> missionario opera è, naturalmente,<br />

esotico e bellissimo, se al contrario<br />

è diffic<strong>il</strong>e, povero o al limite dell’inumano, comunque<br />

ha la forza di attrazione del lontano e<br />

del diverso. Offrendo, inoltre, le vicende della<br />

diffusione del cristianesimo, spesso legate ad<br />

avvenimenti storici decisivi per i popoli e le nazioni<br />

che per prime accolsero i missionari, la<br />

possib<strong>il</strong>ità di inserire le vicende missionarie<br />

nella Storia e di poterle in qualche modo adattare<br />

o piegare a motivazioni ideologiche, non importa<br />

se lontane dal messaggio evangelico, fac<strong>il</strong>ita<br />

la programmazione di pellicole per <strong>il</strong> grande<br />

pubblico. Insomma, gli ingredienti ci sono<br />

tutti per un bel f<strong>il</strong>m di avventura con buone<br />

possib<strong>il</strong>ità di cassetta.<br />

IL RISCHIO DELLO STEREOTIPO<br />

Il rischio, dopo quanto detto sopra, è che <strong>il</strong><br />

fatto missionario, l’essenza di quella storia che<br />

l’ha fondato e lo sostiene, rimanga di pura superficie<br />

o talmente stereotipata da risultare accessoria.<br />

Ne vogliamo una prova Riguardiamo Abuna<br />

Messias di Alessandrini, vincitore della<br />

Coppa Mussolini come Miglior F<strong>il</strong>m alla Mostra<br />

di Venezia del 1939. Il f<strong>il</strong>m, anche se voluto<br />

da don Alberione con la collaborazione dei<br />

Cappuccini del Piemonte, relega in secondo<br />

piano la figura del Cardinal Massaia, le cui vicende<br />

sembrano essere solo occasione per la<br />

propaganda e <strong>il</strong> sostegno, con motivazioni di<br />

civ<strong>il</strong>tà anche religiosa, di una politica di espansione<br />

coloniale. Tema centrale del f<strong>il</strong>m non è<br />

tanto l’opera del missionario Massaia quanto<br />

l’invidia per la sua opera e i giochi di potere attorno<br />

alla sua missione: la nazione etiopica è<br />

presentata sotto cattiva luce, essendo infatti<br />

governata da uomini interessati solo al potere e<br />

a prevalere sugli altri, anche <strong>il</strong> capo della Chiesa<br />

copta è connotato in modo fortemente negativo.<br />

Che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m mostri qualcosa di diverso rispetto<br />

al soggetto suggerito dal titolo è colto<br />

subito dall’inviato del Corriere della Sera a Venezia.<br />

Leggiamo infatti nel numero del 1° settembre<br />

1939: “Peccato che sia andata sacrificata<br />

la figura del padre Massaia, le sue vicende,<br />

le sue lotte, la sua vita intima, la vita delle co-<br />

Sul piano degli<br />

ideali <strong>il</strong> nostro<br />

eroe non è<br />

partito per i<br />

potenti, che<br />

generalmente<br />

lo vedono con<br />

diffidenza e lo<br />

rifiutano<br />

appena si<br />

accorgono che<br />

<strong>il</strong> suo fare e <strong>il</strong><br />

suo st<strong>il</strong>e di vita<br />

mettono in<br />

discussione <strong>il</strong><br />

loro potere, ma<br />

per la sua<br />

gente,<br />

i più deboli,<br />

i più poveri,<br />

i rifiutati<br />

Padre Alessandro<br />

Maria Chiarel<br />

e la sua<br />

macchina fotografica.<br />

dossier<br />

Missione Oggi | maggio 2009 19


dossier<br />

Proprio<br />

rivedendo i<br />

f<strong>il</strong>m del nostro<br />

elenco ci<br />

possiamo<br />

accorgere di<br />

come negli<br />

anni è<br />

cambiato<br />

l’immaginario<br />

sul<br />

missionario,<br />

sulla sua vita,<br />

sul suo operare<br />

e sul suo porsi<br />

in relazione<br />

con l’altro<br />

Cinepresa Bolex Pa<strong>il</strong>lard<br />

H16 reflex, 16mm a molla,<br />

ut<strong>il</strong>izzata da p. Carlesso<br />

come macchina di riserva.<br />

Nella pagina successiva,<br />

dall’alto in basso,<br />

don Giacomo Alberione,<br />

p. V.C. Vanzin.<br />

munità che aveva suscitato con la sua parola,<br />

dei compagni che egli aveva guidato con <strong>il</strong> suo<br />

esempio; tal che, alla fine, tutta la sua vita di<br />

trent’anni di apostolato pare ridursi per lo spettatore<br />

alla consacrazione di un solo prete, alla<br />

fondazione di una sola missione e alla guarigione<br />

di qualche caso di vaiolo”.<br />

Ma <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m di Alessandrini non è l’unico nel<br />

quale cogliamo una presenza condizionante<br />

della propaganda, pensiamo ad esempio ai f<strong>il</strong>m<br />

degli anni 50/60 ambientati in Cina oppure a<br />

Mission, dove si respira una forte contestazione<br />

nei riguardi di una Chiesa istituzionale<br />

schierata dalla parte dei potenti e, di contro, un<br />

deciso schierarsi (m<strong>il</strong>itarmente anche) dalla<br />

parte degli ultimi, posizione mutuata dalle teologie<br />

della liberazione. È naturale che sia così,<br />

perché i f<strong>il</strong>m respirano l’aria del loro tempo,<br />

sono in parte specchio del loro pubblico e sempre<br />

hanno uno sguardo ideologicamente condizionato<br />

sulla realtà che ricostruiscono e sull’uomo<br />

che rappresentano.<br />

Proprio rivedendo i f<strong>il</strong>m del nostro elenco ci<br />

possiamo accorgere di come negli anni è cambiato<br />

l’immaginario sul missionario, sulla sua vita,<br />

sul suo operare e sul suo porsi in relazione<br />

con l’altro. Riflettiamo anche solo sul diverso<br />

sguardo e spazio che è dato a<br />

quelli che sono oggetto della<br />

missione, “i selvaggi” sono<br />

passati da comparse indistinte o<br />

stereotipate dei primi f<strong>il</strong>m a<br />

comprimari portatori di una identità,<br />

orgoglio e appartenenza culturale<br />

e di conseguenza da un atteggiamento<br />

del missionario di tutto buono/tutto<br />

cattivo ad un mettersi prima<br />

di tutto in ascolto e in discussione.<br />

Certamente è anche cambiato lo<br />

sguardo sulle esperienze passate e<br />

sulle giustificazioni ideologiche, dal<br />

“Dio-lo-vuole” a riflessioni più attente<br />

e amare in merito al connubio,<br />

inevitab<strong>il</strong>e forse, tra fede e cultura e a<br />

quello, obbligatoriamente evitab<strong>il</strong>e,<br />

tra crocifisso e spada.<br />

D’altra parte ogni spettatore guarda<br />

e vive con sensib<strong>il</strong>ità e reazioni diverse le<br />

immagini dello schermo e ha le sue graduatorie<br />

e i suoi preferiti. Dalla prima volta ho<br />

sempre amato Le chiavi del Paradiso e ancora<br />

adesso è sempre <strong>il</strong> mio preferito, anche dopo<br />

la visione di Mission. LINO FERRACIN<br />

Origini<br />

e vicende<br />

della<br />

produzione<br />

saveriana<br />

20 Missione Oggi | maggio 2009


N<br />

el 1924 <strong>il</strong> missionario saveriano p. Lorenzo<br />

Fontana, con <strong>il</strong> caldo incoraggiamento<br />

di mons. Guido Maria Conforti, fondatore<br />

dei <strong>Missionari</strong> <strong>Saveriani</strong>, girava Il Nido<br />

degli Aqu<strong>il</strong>otti, <strong>il</strong> primo f<strong>il</strong>m missionario in<br />

assoluto realizzato in Italia. Il f<strong>il</strong>m narrava<br />

la storia di una vocazione e riscosse un ampio<br />

successo.<br />

P. Fontana si ripeté nel 1928 con Fiamme, un<br />

drammatico episodio di vita missionaria tra<br />

i pellerossa. In seguito arrivò Africa Nostra<br />

(1931): la trama si ispirava alla vita di Charles<br />

de Foucauld, le riprese furono realizzate<br />

in Africa settentrionale.<br />

Figura di r<strong>il</strong>ievo nel gruppo dei registi saveriani<br />

di quel tempo fu p. Mario Frassinetti<br />

che aveva doti non comuni di regista, soggettista<br />

e operatore.<br />

Dopo questi primi tentativi andati a buon fine,<br />

l’Istituto Saveriano pensò di ricorrere alla<br />

collaborazione di specialisti. Nacque Abuna<br />

Messias, su soggetto dei pp. Vittorino C. Vanzin<br />

e Luigi Bernardi e la regia di Goffredo<br />

Alessandrini. Il f<strong>il</strong>m, sovvenzionato e distribuito<br />

dalla Sampaolo F<strong>il</strong>m, fu premiato con<br />

la Coppa Mussolini (diventata dopo la guerra<br />

<strong>il</strong> Leone d’oro) alla mostra cinematografica<br />

di Venezia nel 1939. Incentrato sulla figura<br />

del card. Guglielmo Massaia, di cui metteva<br />

in evidenza i caratteri missionari, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m entusiasmò<br />

soprattutto <strong>il</strong> pubblico dei giovani<br />

per i suoi spunti avventurosi ed umani.<br />

La guerra interruppe ma non fiaccò i progetti<br />

cinematografici dei <strong>Saveriani</strong>. Nel 1950 p.<br />

Frassinetti realizzò Il grande alveare. Il tema<br />

era, ancora una volta, la storia di una vocazione<br />

missionaria. Si ispirava alla figura di<br />

p. Giovanni Botton, ucciso dai giapponesi in<br />

Cina nel 1944. Sereno e vivace affresco dello<br />

st<strong>il</strong>e saveriano, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m offre una galleria di<br />

personaggi simpaticamente entusiasti, colmi<br />

di un gran desiderio di donarsi in un’apertura<br />

mentale e di cuore che riproduceva <strong>il</strong> ritratto<br />

del missionario voluto dal fondatore.<br />

La produzione cinematografica saveriana fu<br />

affiancata da un’intensa attività di propaganda<br />

sulla stampa per la creazione di una<br />

cinematografia missionaria di vasto respiro<br />

e d’interesse nazionale: alcuni articoli dei<br />

pp. Vanzin e Bernardi apparirono su L’Osservatore<br />

Romano, Primi Piani, Missioni Illustrate,<br />

e La Rivista del Cinematografo. P. Bernardi<br />

ricoprì in seguito <strong>il</strong> ruolo di primo direttore<br />

del Sottosegretariato internazionale<br />

Cinema e Missioni.<br />

Gli anni ‘50 videro l’affermazione in Italia<br />

della grande cinematografia internazionale<br />

e di quella statunitense in particolare: per la<br />

produzione missionaria, vivace ma povera<br />

di mezzi, fu impossib<strong>il</strong>e reggere <strong>il</strong> confronto.<br />

I <strong>Saveriani</strong> si dedicarono alla realizzazione di<br />

documentari, di mediometraggi e del doppiaggio<br />

di alcuni f<strong>il</strong>m che rispondevano alle<br />

finalità dell’animazione missionaria. Le<br />

campane di Nagasaki (1952), Una lettera per<br />

Tetsuò (1956), Maria del v<strong>il</strong>laggio delle formiche<br />

(1963) e Hokkaido (1969) furono i f<strong>il</strong>m<br />

scelti per la versione italiana. È di particolare<br />

r<strong>il</strong>ievo che i registi di queste opere non fossero<br />

cristiani.<br />

dossier<br />

Nel 1924 <strong>il</strong> missionario saveriano p. Lorenzo Fontana,<br />

con <strong>il</strong> caldo incoraggiamento di mons. Guido Maria<br />

Conforti, fondatore dei <strong>Missionari</strong> <strong>Saveriani</strong>,<br />

girava “Il Nido degli Aqu<strong>il</strong>otti”, <strong>il</strong> primo<br />

f<strong>il</strong>m missionario in assoluto realizzato in Italia.<br />

Il f<strong>il</strong>m narrava la storia di una vocazione e riscosse<br />

un ampio successo.<br />

Missione Oggi | maggio 2009 21


dossier<br />

Dodici pellicole<br />

a cinque stelle<br />

Abuna Messias. Vendetta africana<br />

Regia: Goffredo Alessandrini, Italia, 1939. 96 min.<br />

Nell’Etiopia della metà Ottocento <strong>il</strong> Cardinal<br />

Massaia, chiamato dagli etiopi Abuna Messias,<br />

La locanda della sesta felicità<br />

(The Inn of the Sixth Happiness)<br />

Regia: Mark Robson, USA, 1958. 158min.<br />

Gladys Aylward, giovane inglese, è fortemente<br />

decisa a partire come missionaria per la Cina e,<br />

nonostante la sua congregazione non l’aiuti, dopo<br />

un lungo periodo di attesa vi riesce. In missione<br />

si industria in ogni modo per annunciare la<br />

Parola e per aiutare tutti, anche se l’essere donna<br />

non le fac<strong>il</strong>ita <strong>il</strong> lavoro, ma con gli anni la sua<br />

dedizione e determinazione ottiene rispetto e le<br />

conversioni arrivano. L’invasione giapponese la<br />

Foto dal set del f<strong>il</strong>m<br />

“Abuna Messias”<br />

di Goffredo Alessandrini,<br />

su soggetto dei saveriani<br />

p. Vittorino C. Vanzin<br />

e p. Luigi Bernardi.<br />

fonda una missione con l’appoggio interessato<br />

del ras Menelik, in lotta per <strong>il</strong> potere contro <strong>il</strong><br />

Negus Joannes. Il capo della chiesa copta,<br />

l’Abuna Atanasio, fortemente contrario all’opera<br />

del Massaia, grazie al suo potere religioso<br />

sulle masse costringe <strong>il</strong> Negus a espellere<br />

l’Abuna Messias. Il Massaia lascia così la terra<br />

etiopica: ha perduto <strong>il</strong> confratello ma ha consacrato<br />

un giovane sacerdote, speranza di un futuro<br />

migliore.<br />

Le chiavi del Paradiso<br />

(The Keys of the Kingdom)<br />

Regia: John M. Stahl, USA, 1944. 137min.<br />

Francis Chisholm è un sacerdote serenamente<br />

libero nell’affrontare i problemi dei suoi parrocchiani,<br />

ma non piace ai suoi superiori che lo<br />

convincono a partire per la missione in Cina.<br />

Qui saprà, anche nei momenti diffic<strong>il</strong>i della<br />

guerra, allacciare relazioni positive con <strong>il</strong> potere<br />

locale, con i missionari di altre confessioni, con<br />

la madre superiora del piccolo convento, con la<br />

gente più um<strong>il</strong>e. Il suo diario, b<strong>il</strong>ancio di una vita,<br />

aiuterà <strong>il</strong> suo vescovo a guardare in modo<br />

nuovo nel proprio cuore e in quello dei fedeli.<br />

obbliga però a lasciare tutto e portare in salvo<br />

centinaia di bimbi con una lunga marcia.<br />

Molokai, l’isola maledetta<br />

Regia: Luis Lucia. Spagna, 1959. 91min.<br />

Padre Damiano de Veuster accetta di stab<strong>il</strong>irsi<br />

nell’isola di Molokai, nell’arcipelago delle Hawaii,<br />

per aiutare i lebbrosi che vi sono prigionieri<br />

e vivono in situazioni tragiche, abbandonati<br />

da tutti e soggetti ai soprusi dei più violenti.<br />

Il religioso, con un gruppo di ammalati, si<br />

prodiga per alleviare le sofferenze di tutti. Colpito<br />

anch’egli dalla lebbra si rifiuta di lasciare<br />

l’isola e vi muore in fama di santità.<br />

Hawaii<br />

Regia: George Roy H<strong>il</strong>l. USA, 1966. 130min.<br />

Nel 1820 padre Abner, pastore calvinista, arriva<br />

su un’isola dell’arcipelago hawaiano per aprire<br />

una missione. Nei suoi confronti da parte degli<br />

indigeni e da parte dei marinai delle navi di passaggio,<br />

abituati ad ogni tipo di libertà con gli<br />

abitanti delle isole, vi è una forte ost<strong>il</strong>ità a causa<br />

del suo rigore morale che lo porta al rifiuto<br />

22 Missione Oggi | maggio 2009


della cultura locale e al tentativo di imporre<br />

nuove rigide regole di comportamento. Con gli<br />

anni la situazione sembra migliorare, ma Abner<br />

viene rimosso per l’età, ciò appare come una<br />

sconfitta, ma la richiesta di aiuto di un giovane<br />

dà nuove speranze.<br />

Mission<br />

Regia: Roland Joffè, Gran Bretagna 1986. 124min.<br />

Dalla metà del XVII secolo nelle terre di confine<br />

tra Argentina, Paraguay e Bras<strong>il</strong>e prosperano<br />

con <strong>il</strong> lavoro agricolo e artigianale le riduzioni,<br />

comunità di indios fondate dai padri gesuiti.<br />

Queste realtà sono però di ostacolo agli interessi<br />

economici e schiavistici dei governi spagnolo<br />

e portoghese, che ne richiedono la soppressione.<br />

Nel 1750 <strong>il</strong> Papa dà incarico di dirimere<br />

la questione al cardinale Altamirano, <strong>il</strong> quale,<br />

prima di cedere ai due governi, visita la missione<br />

di padre Rodrigo e di padre Gabriel, restandone<br />

affascinato. Alla notizia dell’arrivo di soldati<br />

per sottometterli, padre Gabriel decide di<br />

resistere con la preghiera, padre Rodrigo di difendere<br />

<strong>il</strong> v<strong>il</strong>laggio con le armi. È una strage. Al<br />

cardinale non restano che i dubbi, l’amarezza e<br />

la coscienza di una sconfitta.<br />

Giocando nei campi del Signore<br />

(At Play in the Fields of the Lord)<br />

Regia: Hector Babenco, USA, 1991. 186min.<br />

In un v<strong>il</strong>laggio sperduto dell’Amazzonia atterrano<br />

due avventurieri e vengono coinvolti dal<br />

poliziotto locale per cacciare dal loro ricco territorio<br />

la tribù degli indios Niaruna, che vive<br />

isolata nella foresta. Uno dei due, Lewin Moon,<br />

americano di origini cheyenne, affascinato da<br />

quella vita primitiva, decide di calarsi col para-<br />

P. Mario Francesco Frassinetti<br />

Regista dei primi f<strong>il</strong>m missionari, missionario in Cina<br />

Nato a Faenza (Ra) nel 1901, entrò tra i Save riani a Parma nel 1923, fu ordinato<br />

sacerdote da mons. Con forti nel 1928. Collaborò alla realizzazione del f<strong>il</strong>m Il Nido<br />

degli Aqu<strong>il</strong>otti (1924); realizzò Fiamme (1928), Africa Nostra (1931) ed Il Grande<br />

Alveare (1950). Fu missionario in Cina, nella Diocesi di Loyang, dal 1931 al<br />

1946; morì a Roma nel 1952. P. De Martino ne tratteggiò l’impegno e l’opera sul<br />

mens<strong>il</strong>e saveriano Fede e Civ<strong>il</strong>tà (l’attuale Missione Oggi) con un articolo intitolato<br />

Portò sullo schermo <strong>il</strong> mondo missionario.<br />

È morto <strong>il</strong> p. Mario Frassinetti: portò a termine quattro f<strong>il</strong>m missionari,<br />

stava curando <strong>il</strong> doppiaggio del f<strong>il</strong>m giapponese Le Campane di Nagasaki<br />

e prepa rando un nuovo soggetto, La Madre. La notizia della sua morte<br />

provoca uno schian to, una frana nel nostro cuore e nel nostro lavoro.<br />

Venne nell’Istituto Saveriano dall’Università di Bologna, dove studiava<br />

legge. Un suo fratello, p. Enrico, l’aveva preceduto; egli venne a Parma a<br />

vedere e ci restò: era un bel giovane, solido, elegante, con un eloquio fac<strong>il</strong>e<br />

ed avvincente. Due attività lo interessarono subito: la cinematografia<br />

e la stampa missionaria. Per la cinematografia aveva trovato nell’Istituto<br />

Saveriano la prima idea, l’em brione di questa attività che stava<br />

concretandosi nel primo f<strong>il</strong>m, Il Nido degli A qu<strong>il</strong>otti. Egli se ne innamorò<br />

e completò <strong>il</strong> lavoro. Poi ne cominciò un altro e lo condusse a termine,<br />

lavorando con entusiasmo: Fiamme. È un f<strong>il</strong>m realizzato con pochi<br />

mezzi e senza artisti, precedendo con felice intuito gli insegnamenti<br />

della scuola realistica italiana in materia di cinematografia.<br />

Con queste esperienze ten tò un<br />

lavoro più ambizioso, Africa Nostra, che girò in<br />

Africa e che ebbe giudizi as sai lusinghieri. La<br />

seconda attività fu la stampa. Al periodico Fede<br />

e Civ<strong>il</strong>tà, che diresse per parecchi anni, diede<br />

un’impronta seria ed elegante. Dotato di indole<br />

oratoria, nelle conferenze e nelle prediche trascinava<br />

<strong>il</strong> pub blico dove voleva: avvinceva e<br />

convinceva.<br />

Durante <strong>il</strong> tempo che fu in Cina si trovò in situazioni<br />

socio-politiche diffic<strong>il</strong>i e tragiche; per<br />

evitare che l’Ospedale della Missione fosse confiscato e quindi distrutto<br />

dal Governo (perché appartenente a sudditi dell’Italia, in guerra contro<br />

la Cina), d’intesa con i Confratelli, trovò lo stratagemma nel giro di pochi<br />

giorni di passarlo in proprietà ad un generale d’armata suo amico. Il<br />

Governo, aggirato, desistette. Quando l’esercito giapponese avanzò e occupò<br />

tutto <strong>il</strong> territorio della Missione, p. M. Frassinetti, cercato dai giapponesi,<br />

dovette ritirarsi a Ciung-king; termi nata la guerra fu invitato in<br />

America, dal Governo degli U.S.A. come esperto orga nizzatore di aiuti in<br />

favore della Cina. Vi rimase poco.<br />

Nel 1946 rientrò in Italia per cure e, sottoposto all’operazione per ulcera,<br />

si riebbe in modo sorprendente. Ancora convalescente ritornò ad occuparsi<br />

di cinemato grafia e realizzò Il Grande Alveare, che fu accettato con<br />

favore dal pubblico e che egli invece chiamava “un tentativo”.<br />

Il messaggio più bello ci viene dal suo carattere: gioiva come un bambino<br />

man mano che scopriva i segreti di Dio ed i misteri della Grazia; gli<br />

parevano sue sco perte e nelle confidenze fraterne ne parlava con calore,<br />

da commuovere a sentirlo.<br />

Da “Fede e Civ<strong>il</strong>tà” (1952), pp.75-76.<br />

dossier<br />

Missione Oggi | maggio 2009 23


dossier<br />

cadute sul v<strong>il</strong>laggio e di diventare membro della<br />

tribù per meglio aiutarli. Con la tribù entrano<br />

in contatto anche due predicatori evangelici:<br />

uno è saldo nelle proprie certezze, l’altro più timoroso<br />

e più attento a non offendere le diversità.<br />

I tre tentativi di salvare quel mondo sperduto<br />

sembrano all’inizio un gioco, ma si trasformano<br />

inesorab<strong>il</strong>mente in tragedia e genocidio.<br />

Manto nero (Black Robe)<br />

Regia: Bruce Beresdorf, Canada, 1991. 110min.<br />

Quebec, Canada, 1634. Il Padre gesuita Laforgue,<br />

accompagnato da un giovane seminarista e<br />

dal capo Chonina con alcuni guerrieri, deve risalire<br />

un fiume per raggiungere una missione da<br />

anni insediata presso una tribù urone. Padre Laforgue<br />

è soprannominato “Manto nero” a sottolinearne<br />

<strong>il</strong> rigore morale, la fede profonda e la<br />

spinta missionaria. Durante <strong>il</strong> viaggio, che si rivela<br />

insidioso per la durezza dell’ambiente e la<br />

violenza delle tribù incontrate, sono attaccati,<br />

massacrati e dispersi; <strong>il</strong> solo Laforgue arriva alla<br />

missione dove infuria la febbre. Il battesimo<br />

chiesto e donato sembra aprire al futuro, ma la<br />

Storia ricorda la tragica fine di quel tentativo.<br />

Molokai: the Story of Father Damien<br />

Regia: Paul Cox, Belgio, 1999.<br />

Nel f<strong>il</strong>m si ripercorre, con un occhio più attento<br />

alla sensib<strong>il</strong>ità di oggi, la vicenda di Padre Damiano<br />

de Veuster, beatificato nel 1995 da Giovanni<br />

Paolo II.<br />

Muzungu<br />

Regia: Massimo Martelli. Italia, 1999. 100min<br />

Dodò, Freddy e Soraya atterrano con l’aereo in<br />

panne vicino ad una missione in Kenya dove sono<br />

soccorsi dall’anziano padre Luca e costretti,<br />

per l’assenza di trasporti, a rimanervi. Mentre<br />

Freddy e Soraya passano in fretta dal fascino dell’avventura<br />

alla noia, Dodò si lascia coinvolgere<br />

dalla nuova vita, fino ad accettare di sostituire<br />

l’anziano missionario ammalato, proprio quando<br />

<strong>il</strong> nuovo vescovo viene in visita alla missione.<br />

Dodò sembra riuscirci, ma <strong>il</strong> vescovo ha visto e<br />

capito tutto. Il giorno della partenza Dodò decide<br />

di fermarsi nella missione. Un f<strong>il</strong>m leggero, ma<br />

con sorridenti buoni spunti di riflessione.<br />

Parola e utopia (Palavra e utopia)<br />

Regia: Manoel de Oliveira. Portogallo / Francia / Bras<strong>il</strong>e/Spagna,<br />

2000. 133min.<br />

Portogallo, 1663. Padre Antonio Vieira, gesuita,<br />

è convocato dal Tribunale dell’Inquisizione<br />

per difendersi dalle denunce sulla sua predicazione<br />

durante gli anni di missione in Bras<strong>il</strong>e.<br />

Condannato a non poter più predicare si trasferisce<br />

a Roma, ma <strong>il</strong> cuore lo riporta in Bras<strong>il</strong>e<br />

dove muore. Padre Vieira, difensore degli indios<br />

e nemico della schiavitù, è stato uno dei<br />

più grandi predicatori del Settecento.<br />

La punta della lancia (End of the Spear)<br />

Regia: Jim Hanon. USA, 2005. 107min.<br />

Nella foresta dell’Ecuador vivono tribù di indios<br />

che per la loro violenza rischiano l’estinzione.<br />

Nel 1953 quattro missionari evangelici<br />

americani riescono ad entrare in contatto con un<br />

piccolo gruppo. La diffidenza degli indigeni è<br />

forte, l’abitudine alla violenza radicata, <strong>il</strong> ricordo<br />

di altri tragici incontri con i bianchi ancor viva,<br />

così <strong>il</strong> minimo errore diventa una strage.<br />

Anni dopo, <strong>il</strong> figlio di uno dei martirizzati giunge<br />

sullo stesso lembo di terra in visita ad alcuni<br />

missionari amici, invitato dagli indios a fermarsi<br />

con loro tenta di resistere, ma la confessione/verità<br />

sulla morte di suo padre lo porta a<br />

nuove scelte (l.f.).<br />

Cinepresa Arriflex 16 SR,<br />

con la quale<br />

p. Agostino Carlesso<br />

ha girato quasi tutti<br />

i suoi numerosi<br />

documentari.<br />

Nell’elenco i f<strong>il</strong>m sono dodici ma possiamo ancora ricordare<br />

Il diavolo alle 4 (The Dev<strong>il</strong> at 4 o’Clock) di Mervyn LeRoy del 1961 o<br />

ancora La mano sinistra di Dio (The Left Hand of God) di Edward Dmytryk<br />

del 1955 e sappiamo di certo di avere dimenticato qualche opera o<br />

di avere letto male <strong>il</strong> contenuto di altre.<br />

24 Missione Oggi | maggio 2009


dossier<br />

L’uomo che cerca parole<br />

Regia: Gigi Dall’Aglio. Italia, 2008. 93min.<br />

Per avere un’idea della trama del f<strong>il</strong>m è sufficiente riportare i titoletti che accompagnano<br />

le nove parti più i due intermezzi di cui è composta l’opera. Sono situazioni<br />

e cose tutte molto serie, ma raccontate con leggerezza, sorriso e ironia come se non lo<br />

fossero. 1. Dove si descrive un sardo e la sua casa nella savana africana. Niente più. 2.<br />

Dove si vede <strong>il</strong> sardo che va al mercato alla ricerca di parole. 3. Dove si attiva un collegamento<br />

radio con Mauro di Oristano. 4. Dove si parla di un viaggio, di porri, di una<br />

scatolina e di insetti stercorari. 1° Intermezzo [Domande sul passato, sul secchiello<br />

per <strong>il</strong> superfluo, sulla vocazione...]. 5. Dove si parla di motociclette,<br />

flauti e Gesù Cristo. 6. Dove si racconta di una trasferta con i giovani del v<strong>il</strong>laggio.<br />

E di altre cose. 7. Dove si racconta della ricerca di un’anima,<br />

perché una persona senz’anima non è una persona. 2°<br />

Intermezzo [Lettera di lavoro di un’amica]. 8. Dove si<br />

parla di cibo, registrazioni e pastori. 9. Dove si racconta<br />

di un granaio davvero speciale. Fine.<br />

Un uomo che cerca parole e lo fa in modo serio, con<br />

attenzione, badando ai particolari (perché le parole<br />

sono particolari) e ogni tanto cerca di forzare la<br />

materialità delle cose per far sì che le parole siano<br />

obbligate a dirsi, come quando mette un secchiello<br />

in mezzo allo spiazzo del v<strong>il</strong>laggio per vedere di<br />

che cosa si riempie, perché <strong>il</strong> suo problema è come si<br />

dice superfluo in lingua Masa, nella quale la parola sembra<br />

non esistere. Ma siccome certamente esistono cose superflue,<br />

basta scovarle e si arriva al concetto. La parola non l’abbiamo<br />

trovata, <strong>il</strong> secchiello è rimasto vuoto, abbiamo scoperto che<br />

<strong>il</strong> superfluo è nel nostro cervello e che <strong>il</strong> secchiello adesso qualcuno<br />

lo usa per farci fermentare la birra.<br />

E in modo serio fa cento altre cose, come <strong>il</strong> missionario, ma se<br />

glielo dici fa spallucce come a non crederci e a convincere noi<br />

di non crederci. Che ventata di aria fresca, di sereno impegno,<br />

di vita vissuta e gustata in questi quasi cento minuti dedicati a<br />

La parola non<br />

l’abbiamo<br />

trovata, <strong>il</strong><br />

secchiello è<br />

rimasto vuoto,<br />

abbiamo<br />

scoperto che<br />

<strong>il</strong> superfluo<br />

è nel nostro<br />

cervello e che<br />

<strong>il</strong> secchiello<br />

adesso qualcuno<br />

lo usa per farci<br />

fermentare<br />

la birra<br />

Missione Oggi | maggio 2009 25


dossier<br />

presentarci Antonino Melis, <strong>il</strong> ricercatore di parole,<br />

<strong>il</strong> primo ad aver messo per iscritto una lingua<br />

fino a quel momento solo orale, approntando<br />

così uno strumento fondamentale per difenderla,<br />

per metterla al sicuro, per poterla tirare<br />

fuori nei momenti di carestia, un dizionario come<br />

<strong>il</strong> granaio che alla fine si costruisce e su cui<br />

conta un v<strong>il</strong>laggio intero per i momenti duri.<br />

Inizio del f<strong>il</strong>m: l’obiettivo scorre sulla parete dove<br />

sta <strong>il</strong> crocifisso, poi scende su alcune maschere<br />

tradizionali del Ciad e della Sardegna, poi passa<br />

sul dizionario di francese e sul dizionario italiano-sardo<br />

e su una carta delle lingue tribali del<br />

LO SCENEGGIATORE<br />

Mario Ghiretti Nasce nel 1946 a Parma. Nel 1970<br />

si laurea in Economia. Dal 1964 è attore del<br />

Teatro Universitario di Parma, di cui diventa<br />

direttore nel 1969. Produce video per eventi<br />

commissionati da enti pubblici e da aziende<br />

private. Nel 1996 e nel 2008 progetta due grandi<br />

mostre itineranti dedicate al continente africano.<br />

IL REGISTA<br />

Gigi Dall’Aglio nasce a Parma nel 1943. Inizia la<br />

sua lunga carriera come attore e regista al<br />

Centro Universitario Teatrale, del quale è<br />

direttore dal 1969 al 1971. È tra i fondatori della<br />

Compagnia del Collettivo. Regista e autore si è<br />

cimentato anche in opere musicali, conducendo<br />

nel 1995 un interessante progetto a tre con<br />

Mario Martone e Giorgio Barberio Corsetti:<br />

L’historie du soldat.<br />

La fotografia<br />

di Pier Paolo<br />

Pessini ha<br />

momenti<br />

umanissimi e <strong>il</strong><br />

commento<br />

musicale a<br />

tratti porta<br />

dentro un coro<br />

sardo che canta<br />

una liturgia<br />

latina in st<strong>il</strong>e<br />

tradizionale<br />

Scene dal f<strong>il</strong>m “L’uomo<br />

che cerca parole”.<br />

A destra:<br />

<strong>il</strong> saveriano padre<br />

Antonino Melis,<br />

protagonista del f<strong>il</strong>m.<br />

Ciad. Poi la foto di gruppo dei compagni di corso,<br />

una zumata sul volto di padre Antonino Melis<br />

in primo piano mentre dorme, prime tracce di<br />

bianco sulla barba, i capelli radi, maschera tra le<br />

maschere. Una zanzariera che si muove al girare<br />

di un vent<strong>il</strong>atore. C’è <strong>il</strong> disordine ordinato di un<br />

single con la testa in cento cose.<br />

È una presentazione per immagini e non è necessaria<br />

spiegarla se non per quel crocifisso<br />

senza braccia e senza gambe, un Cristo che ancor<br />

più degli altri ha bisogno di braccia per accogliere<br />

e di gambe per andare incontro. Un<br />

Cristo diversamente ab<strong>il</strong>e, inut<strong>il</strong>e e quasi irriconoscib<strong>il</strong>e<br />

se Antonino non ci mettesse le sue<br />

braccia e le sue gambe. Dopo <strong>il</strong> caffè padre Melis<br />

sceglie le ciabatte giuste e si avvia verso <strong>il</strong><br />

mercato in cerca di parole. E noi seguiamo<br />

quell’uomo che accompagna altri uomini lungo<br />

la strada per <strong>il</strong> mercato: è come un’indicazione<br />

di metodologia missionaria e cristiana.<br />

PADRE ANTONINO MELIS<br />

Autopresentazione di padre Melis, di fronte alla<br />

luna: e se avessi fatto <strong>il</strong> biologo, punto e basta<br />

Adesso avrei fatto due figli, due femmine come<br />

tradizione di famiglia; i Melis fanno più femmi-<br />

ne che maschi. Io sono <strong>il</strong> primo Melis che non fa<br />

figli, che fa <strong>il</strong> prete; <strong>il</strong> primo Melis che parla<br />

africano; <strong>il</strong> primo Melis che scrive un libro: Tradizioni<br />

orali Masa nella savana del Ciad; sono<br />

<strong>il</strong> primo che scrive un vocabolario masa-francese;<br />

<strong>il</strong> primo che sta cercando <strong>il</strong> superfluo. Sono<br />

un prete che ha cento fedeli per parrocchia, che<br />

sono un po’ cristiani e un po’ qualcos’altro; che<br />

ha cento casini uno per fedele.<br />

La fotografia di Pier Paolo Pessini ha momenti<br />

umanissimi e <strong>il</strong> commento musicale a tratti porta<br />

dentro un coro sardo che canta una liturgia latina<br />

in st<strong>il</strong>e tradizionale.<br />

Ma non è un id<strong>il</strong>lio, anche se la chiacchierata di<br />

Antonino con la luna, seduto sul tetto di lamiera<br />

della missione, può sembrarlo, perché c’è<br />

Bernadette che sta male, ha l’Aids e domani<br />

Antonino andrà a trovarla e lui, uomo delle parole,<br />

non è sicuro di saper trovare quelle giuste<br />

da dirle... è vero che <strong>il</strong> crocifisso sulla parete<br />

della stanza di sotto è senza braccia e gambe,<br />

ma <strong>il</strong> cuore... ce l’ha tutto. (l.f.)<br />

26 Missione Oggi | maggio 2009


dossier<br />

Intervista a<br />

Padre Fiorenzo Raffaini<br />

direttore di Videomission<br />

Tra<br />

Oltremare f<strong>il</strong>m<br />

Videomission<br />

e<br />

A CURA DI FEDERICO TAGLIAFERRI<br />

Negli ultimi anni la Chiesa ha fatto un notevole<br />

sforzo per adeguare <strong>il</strong> suo messaggio<br />

ai moderni mezzi di comunicazione di<br />

massa, in particolare nel campo degli audiovisivi<br />

e dei “new media”. A che punto siamo<br />

È passata molta acqua sotto i ponti da quando<br />

Papa Gregorio XVI con la Mirari vos, <strong>il</strong> 15<br />

agosto 1832, condannò la libertà di stampa, seguito<br />

in questo anche da Pio X nel 1906, con la<br />

Pieni l’animo. Solo più tardi Pio XII intuì la<br />

grande potenzialità del cinema, distinguendo<br />

tra mezzi e contenuti. Fu infine <strong>il</strong> Conc<strong>il</strong>io Vaticano<br />

II ad affermare la libertà di stampa e d’informazione:<br />

“Appartiene dunque alla società<br />

umana <strong>il</strong> diritto all’informazione su quanto, secondo<br />

le rispettive condizioni, convenga alle<br />

persone, sia singole sia associate” (Inter mirifica,<br />

4 dicembre 1963).<br />

Credo che la distinzione tra mezzo e contenuto<br />

sia necessaria ancora oggi. Ogni mezzo in<br />

sé è neutro, si tratta di vedere come lo si vuole<br />

usare, dei contenuti che si vuole veicolare e delle<br />

finalità per raggiungere le quali si vuole veicolare<br />

tali contenuti. Se parlando di Chiesa s’intende<br />

la Santa Sede, ci sono state aperture notevoli<br />

sull’uso dei nuovi mezzi di comunicazione.<br />

Si è cercato di “strizzare l’occhio” ai giovani, di<br />

essere un poco cool, sostenendo ad esempio che<br />

<strong>il</strong> fenomeno di Facebook, “in fondo incarna<br />

un’utopia: quella di stare sempre vicini alle persone<br />

a cui teniamo in un modo o nell’altro, e di<br />

conoscerne altre che siano compatib<strong>il</strong>i con<br />

noi...”. La Conferenza episcopale italiana, invece,<br />

è più prudente: “Oggi, nell’era del così detto<br />

Web 2.0, la Chiesa è consapevole delle potenzialità,<br />

ma anche dei rischi di Internet”.<br />

Davanti al proprio computer, ciascuno rimane<br />

apparentemente in contatto col mondo, ma<br />

in realtà questo mondo rimane distante, non<br />

coinvolgente, asettico, e non “compromette” <strong>il</strong><br />

Padre Fiorenzo Raffaini<br />

in Colombia<br />

nel Parco del caffè (2001).<br />

Missione Oggi | maggio 2009 27


dossier<br />

I documentari<br />

missionari,<br />

anche senza i<br />

mezzi e la<br />

tecnologia<br />

dei grandi<br />

“network”,<br />

possono<br />

portare ad un<br />

vasto pubblico<br />

una visione<br />

del mondo<br />

(in particolare<br />

del Sud del<br />

mondo) libera<br />

da condizionamenti<br />

politici<br />

ed economici<br />

Padre Aldo Rottini,<br />

iniziatore nel 1987<br />

di “Videomission”.<br />

fruitore dei new media e questi a sua volta non<br />

si misura con la realtà in un rapporto incarnato.<br />

Quale spazio trova l’annuncio missionario<br />

in questi sv<strong>il</strong>uppi<br />

Limitandosi alla breve storia dei <strong>Missionari</strong><br />

<strong>Saveriani</strong>, tra la fine dell’’800 e gli inizi del<br />

’900 <strong>il</strong> fondatore Guido Maria Conforti vide<br />

nelle immagini e nelle pellicole un potente<br />

mezzo far vivere la realtà missionaria alla gente<br />

comune, facendo conoscere luoghi e personaggi<br />

della missione, suscitando interesse, affetto<br />

ed entusiasmo. Oggi i reportage sulle realtà<br />

del Sud del mondo sono debitori dei documentari<br />

missionari. Non solo in molti casi registi<br />

e produttori si appoggiano alle strutture missionarie,<br />

ma si servono dell’esperienza e della<br />

conoscenza della storia e del territorio da parte<br />

dei missionari per realizzare <strong>il</strong> loro lavoro. Non<br />

sempre le loro intenzioni sono limpide: si cerca<br />

una storia, un personaggio che possa colpire la<br />

sensib<strong>il</strong>ità della gente e poi si fa “passare” tutto<br />

quello che si vuole. I<br />

reportage della Rai<br />

sulla guerra del Congo,<br />

ad esempio, hanno mostrato<br />

di non aver capito<br />

le vere ragioni di<br />

quella guerra. Al contrario,<br />

la documentaristica<br />

missionaria, anche<br />

senza i mezzi e la<br />

tecnologia dei grandi<br />

network, può portare<br />

ad un vasto pubblico<br />

una visione del mondo<br />

(in particolare del Sud del mondo) libera da<br />

condizionamenti politici ed economici.<br />

Quali sono gli istituti o le organizzazioni<br />

che più si sono impegnati in questo settore<br />

Si dedicavano alla documentaristica missionaria<br />

soprattutto i Comboniani, <strong>il</strong> Pime, la Consolata,<br />

i <strong>Saveriani</strong>, per quanto riguarda gli istituti<br />

esclusivamente missionari. Certo esistono<br />

ancora i Salesiani, la NovaT dei Cappuccini, i<br />

Paolini e le Paoline che producono audiovisivi.<br />

Ma, per usare un’espressione della “formula<br />

uno”, di scuderie che producono tutto in casa ne<br />

sono rimaste pochissime. Le ragioni Molte: i<br />

costi, la concorrenza con prodotti all’apparenza<br />

sim<strong>il</strong>ari, la difficoltà di raggiungere <strong>il</strong> grande<br />

pubblico, un certo disinteresse del clero diocesano.<br />

I gruppi missionari, super impegnati, non<br />

riescono ad organizzarsi anche nell’annuncio<br />

ad gentes. Su di essi si riversa una valanga di<br />

messaggi e di immagini che vanno dalla f<strong>il</strong>antropia<br />

all’ecologia passando per <strong>il</strong> pacifismo, <strong>il</strong><br />

mercato equo e solidale la democrazia, i diritti<br />

dell’uomo, <strong>il</strong> debito estero dei paesi del Sud del<br />

mondo, ecc. La nostra voce diventa poco udib<strong>il</strong>e,<br />

poco interessante perché ormai ciò che veicolavamo,<br />

come giustizia, solidarietà, democrazia,<br />

libertà, tanti altri lo fanno, con mezzi più<br />

importanti.<br />

E allora Quale strada percorrere<br />

C’è una scarsa conoscenza e considerazione<br />

del mezzo audiovisivo. Nonostante l’era di Internet<br />

e della velocità, l’immagine nel mondo<br />

religioso è ancora vista come l’ancella della<br />

carta stampata. È percepita come una cosa bella,<br />

ma superflua, perché ciò che conta è “altro”.<br />

Manca una strategia che abbia come obiettivo<br />

l’educazione all’audiovisivo di coloro che vivono<br />

in prima linea l’animazione missionaria.<br />

È dunque necessario capire <strong>il</strong> linguaggio di<br />

questi mezzi per renderli flessib<strong>il</strong>i nell’annunciare<br />

<strong>il</strong> Vangelo.<br />

Quali sono i temi trattati e quali si potrebbe<br />

ancora toccare<br />

Agli inizi del cinema missionario, <strong>il</strong> tema<br />

era la vita del missionario. A volte ciò si traduceva<br />

in veri e propri f<strong>il</strong>m, ma dagli anni ’50 in<br />

poi del secolo scorso l’avvento del colore e del<br />

cinema statunitense ci ha costretti a ripiegare<br />

sul documentario, più ag<strong>il</strong>e e meno costoso.<br />

Negli ultimi vent’anni anche questa strada è diventata<br />

diffic<strong>il</strong>e, perché molti hanno iniziato a<br />

produrre documentari sullo st<strong>il</strong>e dei nostri. Oggi<br />

differenziarsi è più diffic<strong>il</strong>e ed entusiasmare<br />

la gente è un’impresa ardua. Pur rivolgendoci a<br />

tutti, chi si interessa è una sempre più una sparuta<br />

minoranza. I temi trattati sono legati all’annuncio<br />

del Vangelo, e di conseguenza ai temi<br />

della giustizia sociale, della pace, dello sv<strong>il</strong>uppo,<br />

del debito estero dei paesi del Sud del mondo,<br />

del rispetto degli altri.<br />

Che cos’è “Videomission” e come definirebbe<br />

<strong>il</strong> suo lavoro<br />

Videomission s’inserisce nel lungo cammino<br />

saveriano nel mondo dell’immagine. Il fondatore<br />

ha sempre voluto che i missionari riportassero<br />

degli oggetti dai luoghi di missione per<br />

creare un museo perché la gente potesse avvici-<br />

28 Missione Oggi | maggio 2009


dossier<br />

Internet<br />

“straordinario<br />

potenziale”<br />

Nel suo Messaggio per la 43 a Giornata Mondiale<br />

delle Comunicazioni Sociali, Benedetto<br />

XVI considera come internet stia determinando<br />

cambiamenti fondamentali nei modelli di<br />

comunicazione e nei rapporti umani, specialmente<br />

tra i giovani, la “generazione digitale”,<br />

che - scrive <strong>il</strong> Pontefice - sa approfittare dello<br />

“straordinario potenziale delle nuove tecnologie”,<br />

da lui definite “un vero dono per l’umanità”.<br />

La Rete è una rivoluzione antica: replica<br />

forme di trasmissione del sapere e di vivere<br />

civ<strong>il</strong>e, ostenta nostalgie, dà forma a desideri<br />

antichi. In particolare <strong>il</strong> desiderio di comunicazione<br />

e amicizia “è radicato nella nostra<br />

stessa natura di esseri umani” e risponde alla<br />

chiamata di Dio “che vuol fare dell’umanità<br />

un’unica famiglia”. Quando la Rete, chiamata<br />

a connettere, finisce invece per isolare, allora<br />

tradisce se stessa.<br />

narsi a culture diverse. Foto e f<strong>il</strong>m completavano<br />

questa strategia di animazione agli ideali<br />

missionari.<br />

Oggi non stupisce che dei missionari s’impegnino<br />

in settori che non sono considerati<br />

“classici” della pastorale, anzi stupirebbe forse<br />

<strong>il</strong> contrario. Ma non è stato sempre così. La<br />

stampa, la radio, <strong>il</strong> cinema e la televisione hanno<br />

spesso suscitato diffidenza, se non ost<strong>il</strong>ità,<br />

nelle gerarchie ecclesiastiche, soprattutto a partire<br />

dalla metà del XIX secolo. Ma grazie al<br />

contributo particolare di personaggi come don<br />

Giacomo Alberione, anche nel mondo, inizialmente<br />

diffidente, di chi aveva la responsab<strong>il</strong>ità<br />

di guidare <strong>il</strong> popolo di Dio, si è fatta strada la<br />

certezza che la positività o negatività degli strumenti<br />

di comunicazione non stava nel mezzo in<br />

sé, ma nel suo uso. Queste invenzioni sono un<br />

“dono” che Dio ha messo alla portata dell’uomo<br />

per la ricerca e la diffusione del bene (Pio<br />

XII, Miranda prorsus, 8 settembre 1957).<br />

Videomission è nata nel 1987 per iniziativa<br />

di p. Aldo Rottini, che aveva intuito le nuove<br />

potenzialità espressive del mezzo magnetico<br />

(telecamere e videoregistratori in sostituzione<br />

della pellicola) per le riprese. Allo stesso tempo<br />

continuava comunque anche <strong>il</strong> f<strong>il</strong>one video su<br />

pellicola iniziato da p. Agostino Carlesso, che a<br />

sua volta continuava l’opera dei padri Bonari,<br />

Frassinetti e Serra. Scomparso p. Carlesso, ho<br />

ricevuto io l’incarico di recuperare <strong>il</strong> materiale<br />

f<strong>il</strong>mico precedente. Ora continuo l’opera di approccio<br />

al mondo missionario non solo dal punto<br />

di vista religioso, ma anche umano e sociale.<br />

Quali sono le ultime produzioni di “Videomission”<br />

Che soggetti presentano e a chi<br />

sono destinate<br />

Abbiamo ultimato un video su Annalena Tonelli,<br />

uno su Guido Maria Conforti, fondatore<br />

dei <strong>Missionari</strong> <strong>Saveriani</strong>, un altro su p. Piero<br />

Uccelli, un altro ancora sui Martiri Giapponesi.<br />

Abbiamo inoltre completato un video sulla parrocchia<br />

missionaria, inserendovi storie dal Congo,<br />

dal Bangladesh e dal Bras<strong>il</strong>e, mentre un altro<br />

lavoro è dedicato ai martiri saveriani del Burundi,<br />

del Congo e del Bangledesh (quest’ultimo in<br />

fase di ultimazione). FEDERICO TAGLIAFERRI<br />

Oggi non<br />

stupisce che<br />

dei missionari<br />

s’impegnino in<br />

settori che non<br />

sono<br />

considerati<br />

“classici” della<br />

pastorale, anzi<br />

stupirebbe<br />

forse <strong>il</strong><br />

contrario.<br />

Ma non è stato<br />

sempre così<br />

Padre Fiorenzo Raffaini,<br />

con <strong>il</strong> fratello p. Leonardo,<br />

missionario saveriano,<br />

sullo sfondo di Bogotà.<br />

Missione Oggi | maggio 2009 29


dossier<br />

F<strong>il</strong>m&<br />

Intervista a<br />

mission<br />

Maria Grazia Piredda<br />

PER SAPERNE DI PIÙ<br />

Maria Grazia Piredda,<br />

F<strong>il</strong>m & Mission.<br />

Per una storia<br />

del cinema missionario.<br />

EdS, Roma 2005.<br />

presso:<br />

libreria@saveriani.bs.it<br />

MARIA FRANCESCA PIREDDA È LAUREATA IN<br />

STORIA E CRITICA DEL CINEMA ALL’UNIVERSITÀ<br />

CATTOLICA DI MILANO CON UNA TESI SUL CINE-<br />

MA COLONIALE ITALIANO. ATTUALMENTE È AS-<br />

SEGNISTA DI RICERCA NELLA SEZIONE CINEMA<br />

DEL DIPARTIMENTO MUSICA E SPETTACOLO<br />

DELL’UNIVERSITÀ DI BOLOGNA. LE ABBIAMO<br />

RIVOLTO ALCUNE DOMANDE SUL RAPPORTO TRA<br />

CINEMA E MISSIONE.<br />

Lei ha pubblicato di recente “F<strong>il</strong>m & Mission.<br />

Per una storia del cinema missionario”<br />

(EdS, Roma 2005). Quale rapporto esiste<br />

tra evangelizzazione e comunicazione Si<br />

può comunicare la missione con <strong>il</strong> cinema<br />

È abbastanza fac<strong>il</strong>e immaginare come la<br />

questione dell’evangelizzazione si accompagni<br />

da sempre al problema della corretta forma comunicazionale<br />

da adottare. L’attività missionaria,<br />

alla quale è stata in gran parte demandato <strong>il</strong><br />

compito di diffondere la religione cristiana nel<br />

mondo, si è dovuta confrontare nei secoli con<br />

problemi concreti quali la difficoltà di avvicinare<br />

popolazioni aventi lingua, usi e culture differenti<br />

da quelli dei religiosi, nonché con l’esigenza<br />

di informare i fedeli in Europa sull’attività<br />

dei missionari oltreoceano. Una delle soluzioni<br />

frequentemente adottate è stata quella di<br />

affidarsi alle immagini (dipinti, cartoline, fotografie<br />

ecc.), per la fac<strong>il</strong>ità e piacevolezza di apprendimento<br />

che queste garantirebbero e per <strong>il</strong><br />

fascino in grado di esercitare su un pubblico<br />

eterogeneo. Le immagini, dunque, hanno costituito<br />

spesso <strong>il</strong> primo canale comunicativo tra i<br />

missionari e le popolazioni oggetto dell’attività<br />

di evangelizzazione e insieme la “prova” dell’operato<br />

dei missionari.<br />

Le immagini cinematografiche si inseriscono,<br />

appunto, all’interno del rapporto secolare<br />

che la Chiesa intesse con le arti rappresentative:<br />

esse affascinano, informano, educano. I missionari<br />

lo capirono molto presto e se ne servirono<br />

sin dai primi anni del XX secolo. Tuttavia, <strong>il</strong> cinema<br />

non comunica necessariamente la realtà<br />

della missione, piuttosto la mette in forma. Un<br />

documentario girato negli anni Trenta, per<br />

esempio, è inevitab<strong>il</strong>mente figlio della cultura<br />

imperialista dell’Italia del fascismo. Questo non<br />

diminuisce l’importanza delle immagini cinematografiche<br />

rispetto alla possib<strong>il</strong>ità che queste<br />

possiedono di comunicare la missione; anzi, ci<br />

dicono qualcosa non solo sull’oggetto rappresentato<br />

(appunto, la missione), ma anche su chi<br />

lo ha rappresentato (i missionari e, ritornando al<br />

mio esempio, <strong>il</strong> rapporto con <strong>il</strong> colonialismo).<br />

Che cos’è <strong>il</strong> “cinema missionario”. Quali<br />

sono le sue chiavi di lettura<br />

Con l’espressione “cinema missionario” ho<br />

voluto indicare tutte le pellicole cinematografiche<br />

che prevedono <strong>il</strong> coinvolgimento dei missionari<br />

in fase di realizzazione e di distribuzione.<br />

Dunque, sia le opere girate espressamente dai religiosi,<br />

sia quelle commissionate da questi a professionisti,<br />

i lavori firmati dai missionari in fase<br />

di ideazione e quelli distribuiti con marchi legati<br />

agli Istituti. All’interno di questo gruppo, inoltre,<br />

30 Missione Oggi | maggio 2009


è possib<strong>il</strong>e riconoscere sia f<strong>il</strong>m di finzione (racconti<br />

che tematizzano la vita in missione) sia documentari,<br />

questi ultimi ulteriormente distinguib<strong>il</strong>i<br />

per i contenuti che spaziano dalla pred<strong>il</strong>ezione<br />

per la dimensione naturalistica e etnografica<br />

dei popoli indigeni all’attività missionaria, dall’informazione<br />

giornalistica alla didattica. Si<br />

tratta, dunque, di un corpus di opere molto vario<br />

e consistente, che si muove nei punti di intersezione<br />

di settori differenti – l’industria cinematografica<br />

e l’amatoriale, la propaganda missionaria,<br />

l’inchiesta giornalistica, l’antropologia ecc.,<br />

dei quali bisogna tener conto per tentare un’analisi<br />

profonda del materiale f<strong>il</strong>mico.<br />

Quali sono i percorsi del cinema missionario<br />

fino ai nostri giorni<br />

I missionari iniziano ad ut<strong>il</strong>izzare le immagini<br />

del cinematografo dai primi anni del XX secolo,<br />

servendosi soprattutto dei f<strong>il</strong>m che danno<br />

rappresentazione della Passione di Cristo e i documentari<br />

di tipo naturalistico realizzati da importanti<br />

case di produzione. A partire dagli anni<br />

Dieci del secolo scorso, tuttavia, anche i missionari<br />

si mettono dietro la macchina da presa con<br />

l’intento di informare sulla propria attività e sulle<br />

realtà incontrate nel corso dei proprio viaggi.<br />

In base ai dati che finora sono emersi dagli<br />

studi sull’argomento, <strong>il</strong> primo lavoro prodotto<br />

da missionari italiani è un documentario piuttosto<br />

lungo, circa sei ore, girato in Eritrea nel 1922<br />

dai missionari Cappuccini, che dà rappresenta-<br />

dossier<br />

P. Agostino Carlesso<br />

e la “Oltremare F<strong>il</strong>m”<br />

Dopo l’ordinazione sacerdotale (1953), p. Carlesso fu destinato a Parma<br />

col compito di seguire la cinematografia. Una destinazione indovinata,<br />

vista la mole di lavoro che portò a termine. P. Carlesso frequentò<br />

<strong>il</strong> CIAC (Centro Italiano Addestramento Cinematografico) per<br />

i corsi di regia e di direttore della fotografia. Fu incaricato da p. Vanzin<br />

di organizzare la settimana INCOM, basandosi su una serie di documentari<br />

girati in Indonesia, Giappone, Sierra Leone e Bangladesh<br />

da alcuni confratelli muniti di cinepresa, di un manuale pratico e soprattutto<br />

di tanta passione ed entusiasmo. L’iniziativa si fermò al decimo<br />

documentario per mancanza di tempo da parte dei cineamatori<br />

e da difficoltà logistiche, nonché per mancanza di fondi.<br />

Nel 1959 fu mandato a Roma dove restò fino a pochi giorni dalla morte,<br />

avvenuta nel 1996.<br />

Nel 1967 fece <strong>il</strong> suo primo viaggio da regista-cineoperatore in Sierra<br />

Leone. In seguito ne intraprese altri 14. Trascorse 41 anni dietro una<br />

cinepresa o davanti ad una moviola con l’intento di comunicare con<br />

suoni ed immagini la vita dei missionari e della loro gente. Dai suoi<br />

lavori emergeva viva anche l’atmosfera culturale nella quale i protagonisti<br />

si muovevano.<br />

P. Agostino sentiva che le richieste erano al limite delle possib<strong>il</strong>ità<br />

culturali dell’Istituto e allora si arrangiava partecipando a concorsi,<br />

chiedendo aiuti “per finire <strong>il</strong> lavoro”.<br />

La sua produzione fu enorme, girò 60 documentari e scattò decine di<br />

migliaia di diapositive. Le sue opere non furono di denuncia politica<br />

o religiosa, ma si concentravano sulla gente e sulle sue reazioni di<br />

fronte alle avversità della vita, ai disagi del clima e delle situazioni<br />

politiche. Non si interessò mai di politica internazionale. La sua scelta<br />

fu quella di cogliere <strong>il</strong> missionario nel suo farsi prossimo. Lo mostrò<br />

nel dare risposte concrete per alleviare la sofferenza della gente<br />

senza però ricorrere alla violenza, ai movimenti di massa, alla guerriglia<br />

o alle rivoluzioni, se non quella del cuore. Piccole storie quotidiane<br />

di lavoro, di fatica, di difficoltà, dove ciò che conta per <strong>il</strong> regista<br />

è la figura di questo “eroe” um<strong>il</strong>e che è <strong>il</strong> missionario, amato dai<br />

bambini e dai poveri. Un “eroe”, a volte solitario, che lascia i posti di<br />

prestigio alle realtà ecclesiali locali per lavorare nelle periferie, nelle<br />

contrade sperdute delle foreste equatoriali, mai sprecato, mai inut<strong>il</strong>e<br />

perché porta con sé la Buona Novella da annunciare ai poveri che appunto<br />

abitano la periferia di questo mondo.<br />

Le sue opere avevano fondamentalmente lo scopo di rappresentare<br />

un sussidio per l’animazione vocazionale e missionaria. Esse evidenziano<br />

<strong>il</strong> fascino delle tradizioni orientali, dai colori alle danze ai costumi,<br />

che formano una cornice affascinante in cui si svolge <strong>il</strong> lavoro<br />

del missionario. Appare così evidente l’intento di suscitare interesse,<br />

risvegliare vocazioni dimenticate da qualche parte nel cuore dei<br />

giovani.<br />

Missione Oggi | maggio 2009 31


dossier<br />

I <strong>Missionari</strong><br />

<strong>Saveriani</strong> di<br />

Parma hanno<br />

dimostrato<br />

un’attenzione<br />

duratura nel<br />

tempo per <strong>il</strong><br />

cinematografo.<br />

È sufficiente<br />

dire che <strong>il</strong><br />

primo lavoro da<br />

essi realizzato<br />

risale al 1924<br />

zione della colonia italiana e della missione cappuccina<br />

in loco. È necessario sottolineare come<br />

i religiosi non avessero una preparazione professionale,<br />

dunque i lavori di questo periodo risentono<br />

di un certo d<strong>il</strong>ettantismo (riprese incerte,<br />

pellicole e macchinari di fortuna, scarsa originalità<br />

rispetto agli argomenti trattati), ma nonostante<br />

questo è encomiab<strong>il</strong>e la sensib<strong>il</strong>ità fotografica,<br />

<strong>il</strong> desiderio di sperimentazione, la fiducia<br />

riposta nelle capacità comunicative del cinematografo,<br />

cosa insolita visto <strong>il</strong> contemporaneo<br />

scetticismo espresso dalla Chiesa di Roma.<br />

La fase per così dire “pionieristica” ha termine<br />

con la seconda guerra mondiale: dalla fine degli<br />

anni Quaranta si assiste alla proliferazione di<br />

iniziative (come festival e concorsi), di case di<br />

produzione promosse dagli Istituti missionari, di<br />

dibattiti ospitati all’interno delle riviste missionarie<br />

circa <strong>il</strong> corretto ut<strong>il</strong>izzo del cinema nell’attività<br />

evangelica. L’insieme di questi fenomeni sta a<br />

testimoniare come <strong>il</strong> cinematografo avesse ormai<br />

conquistato un posto importante nell’attività missionaria;<br />

sempre come aus<strong>il</strong>io della parola, ma<br />

non necessariamente in forma d<strong>il</strong>ettantistica.<br />

Questi dati si confermano nei decenni successivi,<br />

caratterizzati da un incremento esponenziale<br />

della produzione audiovisiva. Tuttavia,<br />

mentre alcuni missionari continuarono ad<br />

impegnarsi in prima persona nella realizzazione<br />

di f<strong>il</strong>m e documentari, la maggior parte degli<br />

Istituti preferì dare vita a realtà produttive gestite<br />

da laici, professionisti del settore. L’avvento<br />

della tecnologia digitale e l’ampliarsi del<br />

mercato dell’audiovisivo a partire dagli anni<br />

Ottanta, infatti, hanno portato alla nascita di numerose<br />

case di produzione nel mondo, mentre<br />

la concorrenza della televisione e di Internet ha<br />

avuto come conseguenza l’ut<strong>il</strong>izzo del cinema<br />

quale strumento di approfondimento e informazione,<br />

piuttosto che didattico o di cronaca.<br />

Quale parte hanno avuto i <strong>Missionari</strong> <strong>Saveriani</strong><br />

nella storia del cinema missionario<br />

Può indicare un caso significativo<br />

I <strong>Missionari</strong> <strong>Saveriani</strong> di Parma hanno dimostrato<br />

un’attenzione duratura nel tempo per<br />

<strong>il</strong> cinematografo. È sufficiente dire che <strong>il</strong> primo<br />

lavoro da essi realizzato risale al 1924 (Il nido<br />

degli aqu<strong>il</strong>otti, un f<strong>il</strong>m purtroppo perduto, ma<br />

che doveva servire a suscitare nuove vocazioni<br />

tra i suoi spettatori) e ancora è operativa Videomission,<br />

nata nel 1987 per iniziativa di padre<br />

Ottorino Maule, con sede a Brescia. In qualche<br />

modo, insomma, <strong>il</strong> rapporto tra <strong>Saveriani</strong> e cinema<br />

potrebbe essere assunto come esempio<br />

del percorso di tutto <strong>il</strong> cinema missionario italiano<br />

lungo <strong>il</strong> XX secolo: da amatori a professionisti<br />

del settore. Oltre, poi, che registi e produttori,<br />

tra i <strong>Saveriani</strong> si possono annoverare alcune<br />

delle figure che più hanno animato e approfondito<br />

la discussione in merito al rapporto<br />

tra cinema e attività missionaria: a titolo di<br />

esempio ricordo i nomi dei padri Vittorino C.<br />

Vanzin e Francesco De Zen, di cui è possib<strong>il</strong>e<br />

ancora oggi constatare la passione degli interventi<br />

espressi in varie occasioni.<br />

Il caso certamente più emblematico del cinema<br />

missionario saveriano è dato da un f<strong>il</strong>m<br />

realizzato nel 1929 e dal titolo Fiamme, regia di<br />

padre Mario Frassinetti. Numerose le particolarità<br />

di questo prodotto, a partire dalla scelta di<br />

girare un’opera di finzione e non un documentario<br />

come era stato abituale fino ad allora. La<br />

vicenda raccontata, inoltre, costruisce uno<br />

schema narrativo imitato da molte opere successive:<br />

la figura del missionario – in opposizione<br />

a quella dello stregone – si pone quale difensore<br />

degli indigeni messi in pericolo dalla<br />

loro stessa ignoranza, fino al compiersi della<br />

conversione alla religione cristiana. In più<br />

Fiamme decide di ambientare la vicenda in<br />

America, mettendo in scena uno scontro tra indiani<br />

e rangers, cioè adatta alcune caratteristiche<br />

del genere cinematografico western ai valori<br />

e alle esigenze dell’attività missionaria. Questo<br />

dimostra non solo un’apertura e un apprezzamento<br />

per <strong>il</strong> linguaggio cinematografico che<br />

sono assolutamente atipici per <strong>il</strong> periodo, ma<br />

anche una profonda conoscenza dell’immaginario<br />

popolare, amante delle storie avventurose<br />

ed esotiche. Il f<strong>il</strong>m viene realizzato in brevissimo<br />

tempo, da d<strong>il</strong>ettanti, che così trascorrono le<br />

vacanze estive sugli Appennini intorno a Parma,<br />

tra inseguimenti a cavallo e benedizioni<br />

della macchina da presa; dunque non possiede<br />

velleità artistiche e tuttavia ancora oggi stupisce<br />

per l’originalità di concezione e di realizzazione.<br />

Il valore di Fiamme, inoltre, è dato dal<br />

fatto che resta a tutt’oggi <strong>il</strong> primo f<strong>il</strong>m missionario<br />

di cui possediamo le immagini, <strong>il</strong> cui apprezzamento,<br />

insomma, non si costruisce unicamente<br />

tramite fonti indirette (per esempio, la<br />

stampa del periodo). Con queste premesse, sembra<br />

quasi naturale che i <strong>Saveriani</strong> abbiano continuato<br />

nella produzione cinematografica, aggiornando<br />

ovviamente tecniche e linguaggi fino ai<br />

nostri giorni (a cura di m.m.).<br />

MISSIONE OGGI - N. 5/2009 - CSAM - VIA PIAMARTA 9 - 25121 BRESCIA - missioneoggi@saveriani.bs.it<br />

32 Missione Oggi | maggio 2009


P. Franco Sottocornola,<br />

missionario saveriano,<br />

di Bergamo,<br />

è fondatore<br />

e direttore del Centro<br />

di spiritualità<br />

e dialogo<br />

interreligioso<br />

Shinmeizan<br />

a Tamana-gun<br />

(Kumamoto,<br />

Giappone), nonché<br />

consultore<br />

del Pontificio<br />

Consiglio<br />

per <strong>il</strong> dialogo<br />

interreligioso<br />

Tensione<br />

missionaria<br />

e identità<br />

sacerdotale<br />

MO<br />

AFP<br />

CRISI DI IDENTITÀ<br />

Tra i grandi mutamenti e, perché no, turbamenti,<br />

che hanno accompagnato <strong>il</strong> rinnovamento della<br />

Chiesa chiesto dal Conc<strong>il</strong>io, occorre senz’altro annoverare<br />

anche una crisi di identità dei presbiteri o<br />

sacerdoti. Questa è stata condizionata certamente<br />

dalle concomitanti grandi trasformazioni avvenute<br />

nella società e ripercossesi nella stessa Chiesa<br />

durante la “rivoluzione culturale” che ebbe <strong>il</strong> suo<br />

apice negli eventi del ‘68. Ma, in un certo senso, essa<br />

è stata anche indirettamente provocata dal<br />

Conc<strong>il</strong>io Vaticano II che, chiedendo ai ministri tutti<br />

della Chiesa cambiamenti non piccoli nel modo<br />

di auto-comprendersi, ha contribuito a questa “crisi<br />

di identità” dalla quale solo ora, sembra, ci si<br />

stia lentamente riprendendo. Prove dolorose di<br />

questa crisi sono state, tra l’altro, le molte defezioni,<br />

la diminuzione nel numero di candidati al sacerdozio<br />

(sebbene anche qui le cause siano molteplici),<br />

oltre ad una inusitata difficoltà a perseverare<br />

nel mandato ricevuto e nell’impegno assunto.<br />

ROVESCIAMENTO DI PROSPETTIVA<br />

Mentre <strong>il</strong> Conc<strong>il</strong>io di Trento, a motivo della sua finalità<br />

propria e dei compiti concreti e urgenti con<br />

cui doveva confrontarsi, partiva dalla riaffermazione<br />

della verità di fede del sacrificio eucaristico<br />

per ribadire ed esprimere la identità del “sacerdote”<br />

(come <strong>il</strong> “presbitero” era definito in senso reconc<strong>il</strong>io<br />

e missione<br />

FRANCO SOTTOCORNOLA<br />

Volendo riflettere sul mistero della Chiesa, la sua<br />

natura e struttura, la sua ragion d’essere profonda,<br />

<strong>il</strong> Conc<strong>il</strong>io Vaticano II si è occupato in modo<br />

specifico e dettagliato dei ministeri che sono elemento<br />

essenziale della sua identità. Tra i 16 documenti<br />

discussi, approvati e offerti come autorevole<br />

insegnamento e guida per la vita della Chiesa, troviamo<br />

infatti un decreto sull’ufficio pastorale dei<br />

vescovi, e ben due decreti che riguardano i presbiteri:<br />

uno sulla loro formazione e l’altro sul loro ministero<br />

e la loro forma di vita. Vorremmo qui soffermarci<br />

sulle indicazioni che <strong>il</strong> Conc<strong>il</strong>io ha dato<br />

per comprendere <strong>il</strong> servizio ministeriale e per viverlo<br />

fruttuosamente all’interno del grande mistero<br />

che è la Chiesa, corpo di Cristo, sua presenza viva<br />

nella storia del mondo e strumento della sua<br />

azione di salvezza.<br />

strittivo), e, inoltre, trattava del ministero nella<br />

Chiesa a partire appunto dai sacerdoti, <strong>il</strong> Vaticano<br />

II, con una intenzione più ampia e generale, nella<br />

Costituzione sulla Chiesa (“Lumen gentium”) colloca<br />

<strong>il</strong> discorso sui ministeri all’interno del più vasto<br />

discorso sulla Chiesa tutta, partendo dal ministero<br />

dei vescovi, successori degli Apostoli, e all’interno<br />

di questo ministero coglie e delinea l’identità del<br />

presbitero. Di conseguenza, l’identità del presbitero<br />

Missione Oggi | maggio 2009 33


conc<strong>il</strong>io e missione<br />

Superamento della crisi<br />

Per un superamento felice della crisi di identità del ministero presbiterale,<br />

è necessario che quanti vi sono chiamati assumano con consapevolezza<br />

e con entusiasmo i tratti di questa identità come delineati dal<br />

Conc<strong>il</strong>io, trasformandoli in forma di vita e facendone <strong>il</strong> proprio orizzonte<br />

spirituale. Si può ben capire che questo cambio di prospettiva<br />

possa salutarmene mettere in crisi molti sacerdoti, ma anche aiutarli<br />

a superare questa crisi con una chiara e gioiosa consapevolezza della<br />

propria vera identità. Essa li unisce intimamente a Cristo, in modo<br />

nuovo e speciale; ma ciò avviene nella Chiesa, attraverso una concreta<br />

e vissuta comunione di missione con <strong>il</strong> vescovo e con la comunità<br />

dei fedeli, e nella prospettiva della salvezza di tutta l’umanità. E’ questa<br />

la prospettiva che domina anche la conclusione del decreto conc<strong>il</strong>iare<br />

sui presbiteri (Cf. n. 22).<br />

Papa Benedetto XVI, in occasione del 150mo anniversario della morte<br />

del santo curato d’Ars, Jean Marie Vianney, ha recentemente proclamato<br />

un “anno sacerdotale”, che inizierà <strong>il</strong> 19 giugno 2009, solennità<br />

del “Cuore”, ossia del mistero di amore misericordioso, di Cristo. La<br />

massima “estensione” della missione del presbitero non può non essere<br />

radicata e sostenuta dalla massima “intensità” della sua percezione<br />

e appropriazione in una identificazione mistica con questo<br />

“Cuore”, questo amore, di Cristo, fonte e luogo di vita e di salvezza per<br />

<strong>il</strong> mondo intero.<br />

viene vista nel suo insieme, come collaboratore<br />

del vescovo in tutto <strong>il</strong> suo servizio alla<br />

Chiesa e al mondo, servizio definito tradizionalmente<br />

dal triplice ambito, del governo<br />

o guida pastorale, della predicazione della<br />

parola di Dio, e della celebrazione dei segni<br />

sacramentali della presenza e dell’azione<br />

salvifica di Cristo nella sua Chiesa.<br />

IL DECRETO SUI PRESBITERI<br />

Non potendo qui analizzare in dettaglio tutto<br />

<strong>il</strong> ricco testo del decreto “Presbyterorum<br />

ordinis”, ci soffermiamo sulla impostazione<br />

generale del discorso sui presbiteri e sulla<br />

precisa e chiara affermazione della loro<br />

missione universale come elemento costitutivo<br />

della loro identità.<br />

Il decreto, sulla scia della “Lumen gentium”,<br />

inizia descrivendo <strong>il</strong> ministero presbiterale<br />

come partecipazione al ministero dei vescovi,<br />

e definendo questi come continuatori del<br />

ministero apostolico nella Chiesa. Ne consegue<br />

una concezione del ministero presbiterale<br />

ricca e feconda, radicata nel ministero<br />

degli Apostoli, ampia, universale, aperta<br />

sul mondo intero. Con una felice citazione<br />

di un bellissimo e denso testo paolino, <strong>il</strong><br />

MO<br />

Conc<strong>il</strong>io afferma: “Dato che i Presbiteri hanno<br />

una loro partecipazione nella funzione<br />

degli Apostoli, ad essi è concessa da Dio la<br />

grazia per poter essere ministri di Cristo Gesù<br />

fra le genti mediante <strong>il</strong> sacro ministero<br />

del Vangelo, affinché l’oblazione delle genti<br />

sia accettab<strong>il</strong>e, santificata nello Spirito Santo<br />

(cfr. Rom. 15, 16 gr.)... Effettivamente, <strong>il</strong><br />

loro servizio, che comincia con l’annuncio<br />

del Vangelo, deriva la propria forza e la propria<br />

efficacia dal Sacrificio di Cristo, e ha<br />

come scopo che ‘tutta la città redenta, cioè<br />

la riunione e società dei santi, offra a Dio un<br />

sacrificio universale per mezzo del Gran Sacerdote,<br />

<strong>il</strong> quale ha offerto se stesso per noi<br />

con la sua Passione, per farci diventare corpo<br />

di così eccelso Capo’ (Agostino, De Civ.Dei<br />

10,6). Pertanto, <strong>il</strong> fine cui tendono i Presbiteri<br />

con <strong>il</strong> loro ministero e la loro vita è la gloria<br />

di Dio Padre in Cristo. E tale gloria si dà<br />

quando gli uomini accolgono con consapevolezza,<br />

con libertà, e con gratitudine,<br />

l’opera di Dio realizzata in Cristo e la manifestano<br />

in tutta la loro vita” (n. 2). Il termine<br />

“uomini” (homines) qui sarebbe meglio<br />

tradotto, in italiano, con “l’umanità tutta”!<br />

Il n. 10, con cui inizia <strong>il</strong> cap. III, riafferma<br />

esplicitamente questa prospettiva universale<br />

del ministero presbiterale: “Il dono spirituale<br />

che i Presbiteri hanno ricevuto nell’Ordinazione<br />

non li prepara a una missione limitata<br />

e ristretta, bensì a una vastissima e<br />

universale missione di salvezza, ‘fino agli<br />

ultimi confini della terra’ (Atti, 1,8), dato che<br />

qualunque ministero sacerdotale partecipa<br />

della stessa ampiezza universale della missione<br />

affidata da Cristo agli Apostoli. Infatti<br />

<strong>il</strong> sacerdozio di Cristo, di cui i Presbiteri sono<br />

resi realmente partecipi, si dirige a tutti i popoli<br />

e a tutti i tempi, né può subire limite alcuno<br />

di stirpe, nazione o età...”.<br />

LA PREGHIERA DI ORDINAZIONE<br />

Queste indicazioni conc<strong>il</strong>iari sono state accolte<br />

e come condensate nella più importante<br />

delle modifiche introdotte dalla riforma<br />

liturgica post-conc<strong>il</strong>iare nel rito di<br />

ordinazione dei presbiteri, nella stessa preghiera<br />

di ordinazione pronunciata dal vescovo,<br />

che si conclude con una visione<br />

grandiosa, missionaria, universale, del loro<br />

ministero:<br />

“Siano degni cooperatori dell’ordine episcopale,<br />

perché la parola del Vangelo mediante<br />

la loro predicazione, con la grazia dello Spirito<br />

Santo, fruttifichi nel cuore degli uomini,<br />

e raggiunga i confini della terra [...] Siano<br />

uniti a noi, o Signore, nell’implorare la<br />

tua misericordia per <strong>il</strong> popolo a loro affidato<br />

e per <strong>il</strong> mondo intero. Così la moltitudine<br />

delle genti, riunita a Cristo, diventi <strong>il</strong> tuo<br />

unico popolo, che avrà <strong>il</strong> compimento nel<br />

tuo regno”. FRANCO SOTTOCORNOLA<br />

34 Missione Oggi | maggio 2009


M<strong>il</strong>ano<br />

GRAZIE AL PAZIENTE IMPEGNO DI<br />

QUESTI ANNI, ORA POSSIAMO DIRE<br />

DI ESSERE PASSATI DALLA FASE<br />

DELLA “PRIMA CONOSCENZA” A<br />

QUELLA DELLA “FIDUCIA”, ALMENO<br />

CON LA MAGGIOR PARTE DELLE<br />

REALTÀ MUSULMANE PRESENTI<br />

NELLA DIOCESI AMBROSIANA. ORA<br />

LE RELAZIONI SONO PIÙ FACILI, CI<br />

SI CONOSCE MEGLIO, CI SI FIDA GLI<br />

UNI DEGLI ALTRI, I RAPPORTI SONO<br />

PIÙ SCIOLTI, NON SI TEME DI<br />

AFFRONTARE LE DIFFERENZE E LE<br />

DIVERGENZE<br />

Una Chiesa in dialogo<br />

GIAMPIERO ALBERTI<br />

AP PHOTO/CORRADO GIAMBALVO<br />

verso <strong>il</strong> convegno<br />

Ho già descritto, in “Missione Oggi” del mese<br />

di ottobre 2007, la pastorale per <strong>il</strong> dialogo<br />

interreligioso della Chiesa di M<strong>il</strong>ano. Racconterò<br />

ora degli sv<strong>il</strong>uppi del nostro lavoro, anche<br />

a livello di Forum delle Religioni, che avevo<br />

solo citato nel precedente articolo.<br />

DALLA “CONOSCENZA” ALLA “FIDUCIA”,<br />

UN PASSO AVANTI<br />

Grazie al paziente impegno di questi anni,<br />

ora possiamo dire di essere passati dalla fase<br />

della “prima conoscenza” a quella della “fiducia”,<br />

almeno con la maggior parte delle realtà<br />

musulmane presenti nella diocesi ambrosiana.<br />

Ora le relazioni sono più fac<strong>il</strong>i, ci si conosce<br />

meglio, ci si fida gli uni degli altri, i rapporti sono<br />

più sciolti, non si teme di affrontare le differenze<br />

e le divergenze.<br />

Questa reciproca fiducia permette e richiede<br />

un lavoro più approfondito ai vari livelli. Si cerca<br />

cioè di capire sempre meglio, al di là dei termini<br />

che possono sembrare uguali nelle due religioni,<br />

ciò che ogni religione intende, professa<br />

e vive realmente. Ad esempio ci si confronta su<br />

cosa musulmani e cristiani rispettivamente intendono<br />

quando si parla di Dio, di Gesù Cristo,<br />

di libertà religiosa, di democrazia di laicità e sim<strong>il</strong>i.<br />

Questa ricerca di chiarezza avviene da<br />

sempre, altrimenti non ci sarebbe mai stato incontro,<br />

dialogo. Ora, instaurata la fiducia, si<br />

può lavorare sempre più in profondità e soprattutto<br />

con maggiore libertà.<br />

E non è poco, se si tiene presente la confusione<br />

che spesso ancora si riscontra a proposito<br />

dei valori accennati, anche nei media. Il significato<br />

dato ai termini, la comunicazione, intesa<br />

come vera comprensione del pensiero, generano<br />

ancora confusione che ostacola <strong>il</strong> dialogo<br />

creando incomprensione e favorendo superficialità<br />

e sincretismo. Anche lo sforzo formativo<br />

è volto a rendere capaci di chiarezza e approfondimento,<br />

nella massima reciproca libertà.<br />

Così che ogni operatore pastorale o semplice<br />

Giampiero Alberti,<br />

sacerdote di M<strong>il</strong>ano,<br />

specializzato in<br />

Islamistica presso <strong>il</strong><br />

PISAI (Pontificio<br />

istituto studi arabi e<br />

islamistica) di Roma,<br />

esperto di islam<br />

dell’Ufficio<br />

ecumenismo e dialogo<br />

dell’arcidiocesi<br />

ambrosiana, membro<br />

del CADR (Centro<br />

ambrosiano di<br />

documentazione sulle<br />

Religioni) e del<br />

Comitato scientifico<br />

della rivista“Ad<br />

Gentes” dell’EMI<br />

di Bologna<br />

Missione Oggi | maggio 2009 35


verso <strong>il</strong> convegno<br />

fedele possa essere ab<strong>il</strong>itato ad aprirsi ad un vero<br />

dialogo nell’ambito in cui svolge <strong>il</strong> suo impegno<br />

o semplicemente là dove si trova a vivere,<br />

testimoniando la sua fede.<br />

IL “FORUM DELLE RELIGIONI” DI MILANO<br />

La costituzione del Forum delle Religioni<br />

a M<strong>il</strong>ano intende offrire alla città<br />

la presenza e <strong>il</strong> servizio di un organismo<br />

interreligioso, in cui le religioni siano<br />

rappresentate attraverso l’adesione non<br />

di singole persone, ma delle stesse<br />

organizzazioni e comunità religiose<br />

formalmente costituite<br />

ligioni a M<strong>il</strong>ano risale però al 25 ottobre 2000,<br />

quando per l’annuale appuntamento, organizzato<br />

anche a M<strong>il</strong>ano per rivivere l’indimenticab<strong>il</strong>e<br />

incontro interreligioso del 1986 ad Assisi,<br />

l’arcidiocesi m<strong>il</strong>anese rivolse ad ogni comunità<br />

ed organizzazione religiosa presente in città e<br />

alle altre confessioni cristiane, l’invito di potersi<br />

ritrovare tutti allo stesso titolo e intorno allo<br />

stesso tavolo, allo scopo di pensare e programmare,<br />

promuovere e realizzare un’iniziativa a<br />

livello cittadino, che fosse “interreligiosa” fin<br />

dal suo inizio e dalla sua impostazione.<br />

In piena e paritetica collaborazione venne<br />

elaborato un programma di incontro pubblico<br />

(con interventi su L’accoglienza dell’altro via<br />

alla pace di D. Teundrup, R. Sirat, M. Bashir al-<br />

Bani, C.M. Martini, in rappresentanza di buddhisti,<br />

ebrei, musulmani e cristiani) e fu redatto un<br />

Appello alla città, che sulla civica piazza di S.<br />

Angelo venne solennemente firmato da diversi<br />

leader religiosi di M<strong>il</strong>ano e consegnato al Sindaco.<br />

Il positivo risultato dell’evento e la fecondi-<br />

LO STATUTO IN SINTESI<br />

Le Comunità religiose e le Organizzazioni<br />

religiose presenti a M<strong>il</strong>ano di tradizione<br />

buddhista, cristiana, ebraica e musulmana,<br />

che sottoscrivono <strong>il</strong> presente documento<br />

si costituiscono in Forum delle Religioni<br />

a M<strong>il</strong>ano (FRM).<br />

SCOPI<br />

1. Approfondire la mutua relazione e<br />

progredire nella reciproca accoglienza,<br />

nella conoscenza dei fondamenti<br />

teorici e delle prassi di ciascuna comunità.<br />

2. Promuovere la cultura del dialogo,<br />

della solidarietà e della pace.<br />

3. Favorire <strong>il</strong> confronto sulle tematiche<br />

di comune interesse in rapporto all’interazione<br />

con la società civ<strong>il</strong>e.<br />

4. Esprimere un punto di riferimento significativo<br />

delle tradizioni religiose presso<br />

gli enti locali e le istituzioni civ<strong>il</strong>i.<br />

5. Promuovere la tutela della libertà di<br />

culto, di religione e di fede e impegnarsi<br />

contro ogni forma di discriminazione<br />

religiosa.<br />

ADERENTI<br />

La partecipazione al FRM avviene in<br />

rappresentanza delle singole Organizzazioni<br />

e Comunità religiose e non a titolo<br />

personale.<br />

Sulla scia di altre iniziative sim<strong>il</strong>i, sia pure<br />

con genesi e fisionomie diverse, già presenti in<br />

altre città italiane, gli operatori pastorali del settore<br />

hanno sentito <strong>il</strong> desiderio e la necessità di<br />

un Forum delle Religioni anche per M<strong>il</strong>ano.<br />

Così, dopo anni di contatti, incontri, riunioni,<br />

preghiera e collaborazione si è giunti <strong>il</strong> 21 marzo<br />

2006 alla firma dello Statuto del Forum delle<br />

Religioni a M<strong>il</strong>ano. L’avvenimento che ha<br />

segnato l’inizio della storia del Forum delle Retà<br />

del metodo sperimentato hanno confermato la<br />

volontà di continuare sulla strada intrapresa: già<br />

<strong>il</strong> giorno successivo fu offerta ai leader religiosi<br />

di M<strong>il</strong>ano una qualificata presentazione di<br />

World Conference on Religion and Peace, cui si<br />

è ispirato <strong>il</strong> successivo cammino. Infatti, soprattutto<br />

nel periodo 2001-2004, si è priv<strong>il</strong>egiato <strong>il</strong><br />

processo di costituzione di una sezione m<strong>il</strong>anese<br />

di Religions for Peace. Con essa è stato possib<strong>il</strong>e<br />

promuovere alcune iniziative qualificate<br />

nella loro dimensione interreligiosa. In questa<br />

ottica si possono menzionare alcune veglie interreligiose<br />

di preghiera, a cominciare da quella<br />

intitolata Religioni a M<strong>il</strong>ano per la Pace e organizzata<br />

l’11 ottobre 2001, un mese dopo gli attentati<br />

terroristici negli Usa. Gli stessi annuali<br />

incontri del 27 ottobre e diverse altre iniziative<br />

36 Missione Oggi | maggio 2009


AP PHOTO/CORRADO GIAMBALVO<br />

verso <strong>il</strong> convegno<br />

si sono avvalse della collaborazione interreligiosa<br />

dapprima di Religions for Peace e poi del<br />

gruppo di lavoro impegnato nella costituzione<br />

del Forum delle Religioni a M<strong>il</strong>ano.<br />

Infatti dal giugno 2004 si è dato l’avvio al<br />

processo di costituzione del Forum con lo scopo<br />

di integrare le funzioni della sezione m<strong>il</strong>anese di<br />

Religions for Peace, alla quale i soci, anche se<br />

qualificati rappresentanti delle proprie religioni,<br />

aderiscono solo a titolo personale. Con la costituzione<br />

del Forum delle Religioni a M<strong>il</strong>ano si<br />

intende invece offrire alla città la presenza e <strong>il</strong><br />

servizio di un organismo interreligioso, in cui le<br />

religioni siano rappresentate attraverso l’adesione<br />

non di singole persone, ma delle stesse organizzazioni<br />

e comunità religiose formalmente costituite.<br />

Per questo lo statuto, inteso come carta<br />

d’intenti, viene sottoscritto da ogni firmatario a<br />

nome del singolo soggetto di cui è responsab<strong>il</strong>e<br />

o che lo ha deputato a rappresentarlo.<br />

Hanno aderito: la Comunità ebraica, alcune<br />

Associazioni buddhiste, Cristiani cattolici, alcune<br />

Associazione cattoliche, Avventisti, Evangelici,<br />

Protestanti, alcune Comunità musulmane.<br />

La cerimonia della firma è stata ricca di simboli,<br />

<strong>il</strong> più significativo <strong>il</strong> gesto dell’acqua: all’inizio<br />

<strong>il</strong> rappresentante di ogni area religiosa ha<br />

versato dell’acqua in un recipiente, quindi le acque<br />

si sono mescolate, al termine, ognuno ha ripreso<br />

l’acqua così mescolata da portare come<br />

segno nella propria comunità. Ogni anno si ricorda<br />

la data della firma dello Statuto in una cerimonia<br />

pubblica e si cambiano i simboli. Dall’acqua<br />

si è passati all’ulivo (ai presenti è stato<br />

dato un ulivo-bonsai) e poi all’aria (è stato distribuito<br />

un flauto), quest’anno saranno i frutti. I<br />

simboli sono eloquenti, non richiedono spiegazioni<br />

e sono adatti per ogni area religiosa.<br />

Ogni anno <strong>il</strong> 27 ottobre, presso <strong>il</strong> Convento di<br />

Sant’Angelo dei Frati Francescani in M<strong>il</strong>ano, <strong>il</strong><br />

Forum, e relativi fedeli sempre più numerosi, si<br />

ritrova per ricordare e rivivere lo spirito del famoso<br />

Incontro Interreligioso di Assisi, e ogni anno<br />

si sv<strong>il</strong>uppa un tema, che viene presentato, e<br />

per <strong>il</strong> quale si prega. È evidente l’importanza che<br />

in una grande città come M<strong>il</strong>ano gli esponenti<br />

delle varie Religioni presenti in città e dintorni<br />

abbiano aderito a questo organismo così specifico<br />

e davvero interreligioso, che è diventato un significativo<br />

referente anche per la società civ<strong>il</strong>e.<br />

Ad esempio, abbiamo iniziato, insieme, a metterci<br />

a disposizione di scuole e enti che desiderano<br />

conoscere meglio le religioni presenti sul nostro<br />

territorio. Abbiamo altresì risposto alla richiesta<br />

del Sindaco di M<strong>il</strong>ano accettando di collaborare<br />

al progetto di un incontro internazionale<br />

per celebrare nel 2013 i 1700 anni del Rescritto<br />

di Licinio e Costantino (M<strong>il</strong>ano 313 d.C.).<br />

Inoltre i fedeli delle singole aree religiose<br />

vengono “formati” a vivere gli scopi del Forum<br />

nella vita quotidiana, nelle loro relazioni fam<strong>il</strong>iari<br />

e sociali. È <strong>il</strong> dialogo dei “piccoli passi”,<br />

della gente comune che forma <strong>il</strong> tessuto della<br />

società e che realizza la Pace. GIAMPIERO ALBERTI<br />

Ogni anno si<br />

ricorda la data<br />

della firma dello<br />

Statuto in una<br />

cerimonia<br />

pubblica e si<br />

cambiano i<br />

simboli.<br />

Quest’anno<br />

saranno i frutti.<br />

I simboli sono<br />

eloquenti, non<br />

richiedono<br />

spiegazioni e<br />

sono adatti per<br />

ogni area<br />

religiosa<br />

Missione Oggi | maggio 2009 37


verso <strong>il</strong> convegno<br />

MO<br />

Il dialogo<br />

interreligioso<br />

a Taiwan<br />

PAULIN BATAIRWA<br />

Paulin Batairwa<br />

Kubuya, missionario<br />

saveriano della R.D.<br />

Congo, ordinato<br />

sacerdote nel 2000, è<br />

stato destinato alla<br />

Delegazione Cinese<br />

dei saveriani a Taipei<br />

(Taiwan), dove sta<br />

concludendo <strong>il</strong><br />

dottorato in<br />

Interreligious dialogue<br />

presso la Fu Jen<br />

University. L’articolo<br />

che qui pubblichiamo<br />

era già apparso su<br />

“Quaderni del Centro<br />

Studi Asiatico” 3/2008<br />

IL MIRACOLO RELIGIOSO DI TAIWAN<br />

La pacifica convivenza delle religioni è uno<br />

dei miracoli di Taiwan. La società taiwanese<br />

è molto religiosa, ci sono templi dappertutto e<br />

le attività e le celebrazioni religiose si svolgono<br />

durante tutto l’anno. Può accadere che membri<br />

della stessa famiglia venerino divinità differenti,<br />

ma ciò non sembra essere fonte di contrasti<br />

né di conflitti sociali. Nell’isola vi è un proliferare<br />

di templi piccoli e grandi, nei v<strong>il</strong>laggi, sulle<br />

montagne, in città. A Taiwan sono 26 le confessioni<br />

religiose ufficialmente registrate, la<br />

maggior parte dei gruppi buddhisti più influenti<br />

sono registrati come “fondazioni”. La legge<br />

sulle registrazioni è molto severa, ma <strong>il</strong> governo<br />

non interferisce nell’amministrazione interna<br />

di queste istituzioni. Naturalmente, vi è<br />

un’interazione di potere tra i partiti politici e<br />

queste importanti istituzioni religiose. Da un lato,<br />

gli uomini politici cercano <strong>il</strong> patrocinio di<br />

autorevoli maestri spirituali, dall’altro, le organizzazioni<br />

religiose possono disporre di migliori<br />

informazioni su come ricevere fondi dal governo.<br />

Inoltre, nel contesto di emarginazione<br />

politica in cui si trova Taiwan a livello internazionale,<br />

alcuni uomini politici hanno messo in<br />

evidenza <strong>il</strong> sostegno ricevuto dalle organizzazioni<br />

religiose nel dar voce alla propria causa. È<br />

per questo motivo che Taiwan presta particolare<br />

attenzione alle attività religiose internazionali:<br />

ciascuna di esse offre l’opportunità di farsi<br />

notare e di reclamare con forza quello “spazio”<br />

che le viene negato in molte altre situazioni. Il<br />

governo è sempre molto interessato.<br />

IL DIALOGO INTERRELIGIOSO<br />

NELLA CHIESA CATTOLICA DI TAIWAN<br />

Nel 1943 <strong>il</strong> cardinal Yu Bing fondò a Chongqing<br />

(Cina) l’Associazione cinese dei credenti,<br />

38 Missione Oggi | maggio 2009


Il futuro<br />

Per quanto riguarda <strong>il</strong> futuro del dialogo<br />

interreligioso, ci sono motivi per ben sperare,<br />

soprattutto nella diocesi di Taipei. Il nuovo<br />

vescovo (nominato nel dicembre 2007) ha<br />

posto <strong>il</strong> dialogo interreligioso tra le priorità del<br />

suo impegno pastorale. Si tratta di vedere<br />

come ciò potrà verificarsi. Anzi tutto, egli ha<br />

incaricato un giovane prete locale di presiedere<br />

la commissione che conduce incontri consultivi<br />

finalizzati a chiarire gli obiettivi e le priorità<br />

della commissione stessa. Uno dei compiti di<br />

tale commissione diocesana è di chiarire e<br />

selezionare le differenti necessità provenienti<br />

dal dialogo ecumenico e dal dialogo<br />

interreligioso. Inoltre, la commissione si<br />

propone di coordinare le iniziative e le energie<br />

sparse di vari gruppi e congregazioni religiose<br />

che, per mancanza di coinvolgimento della<br />

Chiesa locale, appaiono lontane dall’essere uno<br />

sforzo cattolico per <strong>il</strong> dialogo interreligioso.<br />

La ricerca è un campo interessante in cui <strong>il</strong><br />

dialogo interreligioso viene portato avanti, in<br />

particolare da parte del Teologato Gesuita e<br />

dell’Università Fu Jen. La proposta della<br />

commissione diocesana per <strong>il</strong> dialogo<br />

interreligioso è di tenere un convegno annuale<br />

o semestrale con specialisti di queste due<br />

istituzioni cattoliche. La collaborazione con<br />

questo ambiente accademico contribuisce a<br />

ricordare e a far emergere le questioni e le aree<br />

che richiedono più dialogo.<br />

MO MO<br />

quale punto di partenza di un percorso di pace.<br />

Si tratta della prima organizzazione interreligiosa<br />

sponsorizzata e promossa dalla Chiesa cattolica<br />

in Cina, molto tempo prima del Conc<strong>il</strong>io<br />

Vaticano II. Al momento della fondazione, <strong>il</strong><br />

cardinal Yu Bing accettava come membri dell’associazione<br />

soltanto i rappresentanti delle religioni<br />

mondiali. Ma una volta trasferitosi a Taiwan<br />

(dopo la proclamazione della Repubblica<br />

Popolare Cinese, 1° ottobre 1949 – n.d.r.), allargò<br />

i criteri di ammissione per far spazio alle religioni<br />

locali. Alla sua morte, l’associazione era<br />

diventata un organismo che comprendeva 18<br />

delle confessioni religiose ufficialmente registrate<br />

a Taiwan. Lo spirito di questa associazione<br />

ha spronato e promosso l’impegno della<br />

Chiesa cattolica nel campo del dialogo interreligioso.<br />

In seguito, la Chiesa fu naturalmente influenzata<br />

dalle direttive del Conc<strong>il</strong>io; nel 1990<br />

la Conferenza episcopale di Taiwan creò la propria<br />

Commissione per <strong>il</strong> dialogo interreligioso.<br />

La Chiesa di Taiwan si muove a due velocità.<br />

Mentre in via di principio <strong>il</strong> dialogo interreligioso<br />

è definito una priorità, la Chiesa locale<br />

non sempre riesce a trovare <strong>il</strong> personale e i<br />

mezzi per promuoverlo. Un serio impegno in<br />

questo campo nel clero e tra i laici locali è ostacolato<br />

dalle discussioni teologiche sul paradosso<br />

esistenziale tra la missione/proclamazione e<br />

<strong>il</strong> dialogo interreligioso. I religiosi e i sacerdoti<br />

nati a Taiwan nutrono dubbi sull’opportunità<br />

del dialogo con quelle tradizioni religiose che,<br />

una volta che essi si sono convertiti al cristianesimo,<br />

hanno allontanato dalla loro mente. Questa<br />

circostanza spiega <strong>il</strong> fatto che la maggior<br />

parte degli obiettivi della Commissione sono<br />

indirizzati verso i fedeli e i responsab<strong>il</strong>i delle<br />

comunità. Essa evidenzia inoltre le esitazioni in<br />

cui si dibatte una Chiesa nascente, che si trova<br />

nella necessità di tracciare i confini del mondo<br />

religioso che un convertito si lascia alle spalle.<br />

In effetti, <strong>il</strong> campo del dialogo interreligioso<br />

sembra attrarre più i religiosi che <strong>il</strong> clero locale.<br />

Un’altra difficoltà che <strong>il</strong> dialogo interreligioso<br />

incontra è l’unificazione in un solo ufficio<br />

diocesano, competente sia per <strong>il</strong> dialogo sia<br />

per l’ecumenismo. La ragione principale data<br />

per questa soluzione è la mancanza di personale.<br />

Il risultato è che le denominazioni protestanti,<br />

che sono a conoscenza di questa decisione, si<br />

sentono um<strong>il</strong>iate. Questa è una diffic<strong>il</strong>e controversia,<br />

se si considera che, a parte l’Australia,<br />

Taiwan era l’unico luogo al mondo dove la<br />

La Chiesa di<br />

Taiwan si muove<br />

a due velocità.<br />

Mentre in via di<br />

principio <strong>il</strong><br />

dialogo<br />

interreligioso è<br />

definito una<br />

priorità, la<br />

Chiesa locale<br />

non sempre<br />

riesce a trovare<br />

<strong>il</strong> personale<br />

e i mezzi per<br />

promuoverlo<br />

Nella pagina precedente:<br />

Taipei, manifestazione<br />

contro la corruzione<br />

politica;<br />

a fianco, dall’alto in basso:<br />

festa popolare a Taiwan;<br />

monaci buddhisti<br />

in metropolitana a Taipei.<br />

PER SAPERNE DI PIÙ<br />

presso:<br />

libreria@saveriani.bs.it<br />

verso <strong>il</strong> convegno<br />

Missione Oggi | maggio 2009 39


verso <strong>il</strong> convegno<br />

MO<br />

La Chiesa Cattolica di Taiwan ha una lunga<br />

storia di dialogo interreligioso, grazie al rispetto<br />

e all’amicizia tra i leader delle tradizioni religiose.<br />

L’amicizia e la comprensione reciproca<br />

tra i leader religiosi deve essere contagiosa ed<br />

espandersi ai fedeli delle rispettive tradizioni.<br />

Uno dei principali protagonisti di tale f<strong>il</strong>osofia<br />

è stato <strong>il</strong> gesuita p. Albert Poulet Mathis, che ha<br />

speso la vita visitando templi e personalità religiose.<br />

Egli è stato segretario esecutivo della<br />

commissione per <strong>il</strong> dialogo interreligioso della<br />

FABC (Federazione delle conferenze episcopali<br />

asiatiche), e ha avuto lo stesso incarico per la<br />

Conferenza episcopale di Taiwan fino al suo<br />

pensionamento. Durante questo periodo, egli ha<br />

creato una rete di amicizia tra i diversi leader<br />

religiosi di Taiwan. Il suo impegno è stato veramente<br />

notevole, e oggi è diffic<strong>il</strong>e apprezzare fino<br />

in fondo la sua opera e trovare un sostituto<br />

per <strong>il</strong> ruolo e la fiducia che p. Mathis aveva saputo<br />

guadagnarsi tra gli altri leader religiosi.<br />

Egli ha bussato alle porte delle maggiori istituzioni<br />

religiose di Taiwan proponendo loro un<br />

dialogo al quale si stanno ora aprendo, e perciò<br />

esse si aspettano di più da una Chiesa alla ricerca<br />

di un’ispirazione carismatica.<br />

Nella<br />

delegazione<br />

saveriana lo<br />

spirito del<br />

dialogo<br />

interreligioso è<br />

vissuto in<br />

maniera diversa,<br />

a seconda degli<br />

incarichi e delle<br />

opportunità in<br />

cui ciascuno vive<br />

<strong>il</strong> proprio<br />

contesto<br />

Fedeli in preghiera<br />

in un tempio buddhista<br />

a Taipei.<br />

Chiesa cattolica era membro del Consiglio<br />

Mondiale delle Chiese e della Società Biblica<br />

Cristiana.<br />

IL CONTRIBUTO DEI RELIGIOSI<br />

AL DIALOGO INTERRELIGIOSO<br />

I SAVERIANI<br />

La delegazione cinese (dei saveriani –<br />

n.d.r.) ha preso in considerazione la possib<strong>il</strong>ità<br />

di un coinvolgimento più profondo nel campo<br />

del dialogo interreligioso, anche prima che ciò<br />

fosse esplicitamente annunciato nella Ratio<br />

Missionis Xaveriana (Guadalajara 2001). Nella<br />

delegazione, lo spirito del dialogo interreligioso<br />

è vissuto in maniera diversa, a seconda degli<br />

incarichi e delle opportunità in cui ciascuno vive<br />

<strong>il</strong> proprio contesto. Per coloro che vivono sul<br />

continente (la Repubblica Popolare Cinese –<br />

n.d.r.) è vissuto più nei termini della consapevolezza<br />

di una cultura caratterizzata dall’ateismo.<br />

In altre situazioni, l’assistenza ai malati e<br />

ai disab<strong>il</strong>i e la necessità di una fattiva collaborazione<br />

hanno consentito uno scambio ecumenico<br />

per coloro che sono impegnati nel sociale.<br />

A Taipei, invece, <strong>il</strong> dialogo interreligioso è parte<br />

della vita comunitaria, specialmente perché <strong>il</strong><br />

dialogo ha richiesto che un membro della comunità<br />

(<strong>il</strong> sottoscritto) si qualificasse a questo<br />

scopo. Fin dal mio arrivo a Taipei, ho cercato di<br />

acquisire una formazione in tal senso, al momento<br />

seguo un corso di dottorato nel dipartimento<br />

di studi religiosi dell’Università Fu Jen.<br />

Al completamento degli studi, <strong>il</strong> mio compito<br />

sarà di animare la comunità saveriana in questo<br />

campo. Uno degli impegni previsti dall’ultima<br />

assemblea è la consapevolezza che la pluralità<br />

dei mondi religiosi che ci circonda deve comparire<br />

nel linguaggio che adoperiamo con la<br />

gente e nel nostro st<strong>il</strong>e di vita. Desidero inoltre<br />

ricordare che da tre anni è attivo un “gruppo di<br />

riflessione” composto da cristiani interessati al<br />

dialogo interreligioso, che si sforza di incentivarne<br />

lo spirito. Le riunioni comprendono meditazioni<br />

su passi biblici e riflessioni su documenti<br />

della Chiesa. Si discute inoltre di questioni<br />

religiose connesse agli avvenimenti della vita<br />

(nascita, matrimonio, morte), situazioni in<br />

cui le credenze religiose possono diventare causa<br />

di divisioni.<br />

PAULIN BATAIRWA<br />

40 Missione Oggi | maggio 2009


L’ESPERIENZA DI UN MUSULMANO<br />

LA TENDENZA MISTICA, MANIFESTATASI<br />

FIN DAGLI INIZI NELL’ISLAM, COME IN<br />

ALTRE ESPERIENZE RELIGIOSE, PORTÒ MOLTI ASCETI A VESTIRSI DI PANNI DI RUVIDA LANA (SUF).<br />

PROPRIO DA TALE PRATICA SAREBBE DERIVATA LA PAROLA “SUFI” (CHE INDICA IL MISTICO ESOTE-<br />

RICO), E PURE IL TERMINE TASAWWUF (SUFISMO), LA SAGGEZZA CHE SUGGERISCE L’ITINERARIO PER<br />

ACCOSTARSI A DIO IN SPIRITO D’AMORE E TOTALE SOTTOMISSIONE.<br />

Il “Sufi Centre”<br />

e <strong>il</strong> dialogo<br />

interreligioso<br />

a Giacarta<br />

YUSUF DAUD<br />

verso <strong>il</strong> convegno<br />

LA “MISSION” DEL CENTRO SUFI<br />

“MYSKATUL ANWAR”<br />

La mission del Centro Sufi Myskatul Anwar di<br />

Giacarta è la promozione della consapevolezza<br />

dei valori comuni presenti nelle diverse tradizioni<br />

religiose: cristiane, musulmane e di altre<br />

religioni. Il Centro forma persone in grado di<br />

sv<strong>il</strong>uppare una migliore comprensione tra le diverse<br />

tradizioni religiose e culturali. Inoltre, introduce<br />

allo studio e alla pratica dei diritti umani.<br />

In questo modo, le diverse tradizioni religiose<br />

sono più preparate ad affrontare incomprensioni,<br />

stereotipi e intolleranze all’interno delle<br />

loro comunità, favorendo una genuina comprensione<br />

dell’altro, la convivenza e la collaborazione<br />

per una società più giusta e riconc<strong>il</strong>iata. Di<br />

fronte al drastico cambiamento del mondo,<br />

ovunque sempre più multiculturale e multireligioso,<br />

è fac<strong>il</strong>e cadere nelle tentazioni della xenofobia,<br />

dell’intolleranza e dello scontro di civ<strong>il</strong>tà.<br />

Per questo <strong>il</strong> Sufi Centre si è impegnato,<br />

fin dalla fondazione, nel 1992, nella promozione<br />

del dialogo interreligioso, a partire dal principio<br />

del pluralismo religioso, inteso come occasione<br />

di unità e fratellanza nella famiglia umana,<br />

piuttosto che come causa di divisioni e guerre.<br />

LA SPIRITUALITÀ, IL LUOGO PIÙ ADATTO<br />

PER IL DIALOGO<br />

La spiritualità è <strong>il</strong> luogo più adatto per <strong>il</strong> dialogo<br />

interreligioso. Nel corso degli ultimi anni<br />

ci siamo vieppiù convinti che ciò che le altre religioni<br />

si aspettano dall’islam è una testimonianza<br />

pratica dell’amore che si incontra nel<br />

Corano (qur’ àn). Non è per caso che la regola<br />

d’oro “Non fare agli altri quello che non vorresti<br />

fosse fatto a te” è comune a tutte le grandi<br />

religioni. Essa ci richiede di “diventare una cosa<br />

sola con gli altri”, di “vivere l’altro”.<br />

Yusuf Daud,<br />

musulmano<br />

indonesiano del Sufi<br />

Centre Myskatul<br />

Anwar Padepokan<br />

Thaha, vive a Giacarta.<br />

Ha frequentato<br />

recentemente <strong>il</strong> PISAI<br />

(Pontificio Istituto<br />

Studi Arabi e<br />

Islamistica) e<br />

l’Università Gregoriana<br />

di Roma, con una<br />

borsa di studio offerta<br />

dal Pontificio Consiglio<br />

per <strong>il</strong> Dialogo<br />

Interreligioso del<br />

Vaticano<br />

Traduzione dall’inglese<br />

di Michela Bono<br />

Missione Oggi | maggio 2009 41


verso <strong>il</strong> convegno<br />

Yusuf Daud<br />

in udienza<br />

dal Papa a Roma.<br />

Non si tratta solo di gent<strong>il</strong>ezza, apertura e<br />

stima, ma anche di “svuotamento” di sé per diventare<br />

uno con gli altri, “entrare nella pelle<br />

dell’altro” e capire più in profondità cosa significa<br />

per l’altro essere cristiano, musulmano, indù,<br />

buddhista, ecc. L’effetto è duplice: a) l’uscita<br />

dai limiti di una singola cultura; b) la conoscenza<br />

della religione e del linguaggio dell’altro<br />

che predispone all’ascolto.<br />

Il Centro Myskatul Anwar Padepokan fu<br />

fondato per aiutare le attività di insegnamento<br />

Gli insegnamenti del Centro sono universalistici.<br />

Infatti, uno dei principali scopi dell’iniziazione è<br />

“comprendere l’islam come verità universale”;<br />

questo trova sostanza nell’accettazione non solo di<br />

musulmani, ma anche di cristiani, indù, buddhisti e<br />

persone di altre fedi per l’iniziazione<br />

religioso. Il termine “Padepokan” suggerisce<br />

un insegnamento tradizionale come quello dei<br />

collegi “pondok” o “pesantren”, dove i giovani,<br />

solitamente maschi, hanno un tutor spirituale<br />

personale per l’apprendimento delle scienze<br />

islamiche, inclusi gli insegnamenti esoterici<br />

Sufi. In ogni modo, a Giacarta <strong>il</strong> “Padepokan”<br />

non è residenziale, ma provvede ad un’ospitalità<br />

occasionale soprattutto per chi, dall’interno<br />

viene in città e sente <strong>il</strong> bisogno di un cammino<br />

spirituale personale.<br />

IL METODO E GLI STRUMENTI<br />

Myskatul Anwar ha lettori e mediatori. Il<br />

metodo d’insegnamento prevede la discussione,<br />

la condivisione tra <strong>il</strong> mediatore e i partecipanti<br />

del medesimo livello, e sessioni di do-<br />

Y. DUD<br />

mande e risposte immediatamente dopo la lezione.<br />

Chiaramente lo st<strong>il</strong>e dell’insegnamento<br />

vuole essere sim<strong>il</strong>e a quello che la maggior parte<br />

della clientela con istruzione superiore ha<br />

sperimentato all’università, uno st<strong>il</strong>e che afferma<br />

<strong>il</strong> loro desiderio di esercitare la loro stessa<br />

saggezza e che, tuttavia, non esclude l’aiuto<br />

spirituale di cui un neofita ha bisogno per affrontare<br />

le sorprese dell’ esperienza dopo l’iniziazione.<br />

Così <strong>il</strong> Centro ha acquisito una grande<br />

autorevolezza soprattutto agli occhi di coloro<br />

che immaginavano di avere a che fare con l’autoritarismo<br />

religioso del “vecchio st<strong>il</strong>e” Sufi. Il<br />

programma del Centro è costruito su una ferma<br />

base religiosa, ma che attinge a nozioni dell’auto-aiuto<br />

e dell’apprendimento attraverso la propria<br />

esperienza, centrali nell’educazione moderna.<br />

Confronti sul Corano e le tradizioni (hadìth),<br />

discussione su libri e f<strong>il</strong>m, lo studio della<br />

lettura del Corano e un intenso dialogo con altre<br />

tradizioni religiose, servono a promuovere<br />

la ricerca accademica e l’educazione sul tema<br />

interreligioso e sul dialogo interculturale, sulla<br />

carità e sui lavori sociali.<br />

Gli insegnamenti del Centro sono universalistici.<br />

Infatti, uno dei principali scopi dell’iniziazione<br />

è “comprendere l’islam come verità<br />

universale”; questo trova sostanza nell’accettazione<br />

non solo di musulmani, ma anche di cristiani,<br />

indù, buddhisti e persone di altre fedi per<br />

l’iniziazione. Le fonti per conoscere Dio in modo<br />

diretto non si riducono al Corano, ma si allargano<br />

alla Torah, al Nuovo Testamento, al Gita<br />

e al Tao-Te-Ching. E riferendosi a tutte le tradizioni<br />

religiose, <strong>il</strong> maestro sottolinea che <strong>il</strong> vero<br />

islam, la vera consegna di sé stessi a Dio, è<br />

l’accettazione della Verità nella sua percezione<br />

ultima, mistica. Quindi, l’obbedienza alle leggi<br />

di una particolare religione, sia essa l’islam o<br />

meno, non è sufficiente per la salvezza. Attraverso<br />

l’iniziazione “si deve morire prima della<br />

morte”, lasciandosi dietro i limiti delle impressioni/conoscenze<br />

dedotte dalle formule verbali<br />

delle verità religiose, e aprendosi a una percezione<br />

mistica oltre tutti i credi e le dottrine.<br />

Oggi <strong>il</strong> centro sta prosperando e altri centri<br />

funzionanti sotto la guida del fondatore del Myskatul<br />

Anwar, Bapak Rachmat, in Indonesia,<br />

Singapore, Malesia, Australia, Nuova Zelanda.<br />

Speriamo di essere cresciuti nella reciproca<br />

comprensione delle nostre somiglianze come<br />

popolo di Dio, così come delle differenze e unicità<br />

delle nostre tradizioni. YUSUF DAUD<br />

42 Missione Oggi | maggio 2009


Cultura<br />

Il<br />

ANTONIO SOTTOCORNOLA<br />

kimoci<br />

delle sfumature<br />

MO<br />

missione e inculturazione<br />

Come comunità dedita all’annuncio è importante<br />

conoscere le caratteristiche della società<br />

a cui siamo mandati. Metterci in ascolto dei<br />

nostri ascoltatori, ciò che propriamente si chiama<br />

dialogo. Vogliamo conoscere meglio i nostri<br />

ascoltatori, nel nostro caso i giapponesi: come<br />

un giapponese sente e conosce in quanto vive<br />

esattamente in questa società e cultura. Prendiamo,<br />

perciò, come punto di riferimento <strong>il</strong> kimoci<br />

in quanto struttura della conoscenza propria dei<br />

giapponesi. Quando, al di là della splendida organizzazione,<br />

della gent<strong>il</strong>ezza e della poesia<br />

cerchiamo i valori che motivano <strong>il</strong> kimoci, restiamo<br />

spiazzati. In Giappone la morale c’è e<br />

non c’è. Il bene e <strong>il</strong> male ci sono, ma è più importante<br />

stare assieme in buona armonia che<br />

cercar di capire che cosa sono. Anche la morale,<br />

in altre parole, partecipa del pragmatismo<br />

del kimoci; cambia e si adatta; “i nemici di ieri<br />

sono gli amici di oggi”, dice <strong>il</strong> proverbio giapponese.<br />

Il kimoci stesso fa da morale e da valore.<br />

Se la morale è un modo per arrivare alla felicità,<br />

<strong>il</strong> kimoci promette questa felicità, e se per<br />

ora è piccola e comporta sacrifici, <strong>il</strong> kimoci insegnerà<br />

ad accontentarsi.<br />

UN’AMPIA FUNZIONE COMUNITARIA<br />

E SOCIALE<br />

Il kimoci sfuma i confini delle cose, e così,<br />

grazie al fatto di non definire, attutisce gli urti,<br />

assorbe ciò che gli resiste, non esaspera le<br />

differenze, e raccoglie tutto in un’armonia che<br />

mantiene in equ<strong>il</strong>ibrio anche gli opposti; assomigliando<br />

in ciò a una specie di carità cristiana<br />

che omnia suffert, omnia credit, omnia sperat,<br />

omnia sustinet, e nutre virtù opposte. Fat-<br />

Processione di sacerdoti<br />

shintoisti<br />

in abito cerimoniale.<br />

Missione Oggi | maggio 2009 43


missione e inculturazione<br />

to è che con questo modo sfumato, ma condiviso<br />

e radicato, <strong>il</strong> kimoci svolge una vasta funzione:<br />

psicologica, sociale, politica, estetica,<br />

religiosa ed anche etica: così che per i giapponesi<br />

l’agire in conformità con ciò che noi chiamiamo<br />

la coscienza si sovrappone e si confonde<br />

praticamente all’agire in conformità con <strong>il</strong><br />

kimoci. In particolare, <strong>il</strong> kimoci ha dato ansa e<br />

stimolo ad una cultura dell’intuizione, dell’allusione,<br />

del simbolo, del doppio senso, dell’ambiguità,<br />

del non so che, della sensazione,<br />

in onore la bellezza e gli altri: onorando cioè gli<br />

altri con semplici regole di buona educazione, <strong>il</strong><br />

kimoci coltiva a modo suo valori etici. A noi può<br />

a volte sembrare solo esteriorità e mania di regolamenti,<br />

ma in realtà ciò a cui mira è l’armonia<br />

dei rapporti all’interno del kimoci. Da queste piccolezze<br />

dipende la pace, la serenità e la forza della<br />

società e del kimoci individuale. Afferrare in<br />

concreto questa moralità è possib<strong>il</strong>e solo in proporzione<br />

del nostro partecipare di fatto alla vita<br />

del kimoci: etichetta e regolamenti compresi.<br />

MO<br />

Per capire l’altro non bastano le<br />

parole o le intenzioni: se ne<br />

devono pesare le sfumature ed<br />

entrare di intuito nel contesto<br />

dell’altro. Un minimo gesto in<br />

Giappone dice già tutta una<br />

relazione sociale.<br />

Tutto: gesti, parole, cose,<br />

situazioni si trovano impastati<br />

assieme nel kimoci, <strong>il</strong> cui sapore<br />

decide alla fine la moralità<br />

del tutto<br />

Cattedrale<br />

di Tokyo.<br />

del presentimento, del forse, dell’indefinito,<br />

del contradittorio, dell’eco e del s<strong>il</strong>enzio in cui<br />

tutti però sanno quello che gli altri pensano. È<br />

dentro questo sott<strong>il</strong>e e delicato intrico di relazioni<br />

che vive e si manifesta la moralità: <strong>il</strong> bene<br />

e <strong>il</strong> male. La difficoltà stessa della lingua è<br />

dovuta in gran parte al fatto che deve seguire<br />

le curve e le sfumature del kimoci, <strong>il</strong> quale ha<br />

piegato non solo le schiene ma anche grammatica<br />

e sintassi per onorare le relazioni sociali.<br />

Non credo ci sia lingua al mondo capace di<br />

mettere gli altri a proprio agio come i termini<br />

e le circonlocuzioni onorifiche della lingua<br />

giapponese, dove anche le cose materiali vengono<br />

nominate in modo da renderle dignitose<br />

e onorate. Neglette dalle nuove generazioni,<br />

queste forme di linguaggio onorifico vengono<br />

oggi recuperate nei circoli culturali e nelle<br />

scuole e fanno sempre parte della estetica di<br />

questa società.<br />

Questa gent<strong>il</strong>ezza mira ad un’ut<strong>il</strong>ità, è cioè<br />

calcolo, ma questo calcolo è esatto perché tiene<br />

UNA MORALE DELLA SITUAZIONE<br />

I giapponesi sono con noi stranieri molto<br />

comprensivi: non vogliono cioè imporci pesi<br />

che loro stessi faticano a portare. Non si meravigliano,<br />

ad esempio, che uno straniero ignori tante<br />

sfumature o parli come può, perché sanno che<br />

ciò comporta appunto condividere vita, situazioni,<br />

costumi; ma se da una parte apprezzano<br />

molto la nostra buona volontà, reagiscono però<br />

vivacemente se si urta <strong>il</strong> kimoci. È rimasto famoso<br />

l’episodio del padre Furetto che aspettava<br />

una sera a un semaforo di Sennan, e quando un<br />

uomo gli ha chiesto la strada ha risposto innocentemente:<br />

shiranai (non lo so), prendendosi<br />

un pugno in faccia. In quel momento shiranai<br />

esprimeva infatti un esplicito e urtante rifiuto di<br />

relazioni: “Va fuori dai piedi!”, diremmo in italiano.<br />

Questo però non lo insegnava la grammatica<br />

ma <strong>il</strong> kimoci. In questo caso un giapponese<br />

si sarebbe dato da fare, e solo dopo aver mostrato<br />

che da parte sua aveva fatto <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e, o co-<br />

44 Missione Oggi | maggio 2009


MO<br />

La dinamica<br />

della coscienza<br />

Dal punto di vista di ciò che noi chiamiamo la coscienza,<br />

tutto ciò a noi pare e forse è segno di una società<br />

permissiva. Ma se noi vogliamo identificare la<br />

coscienza morale del kimoci, è esattamente nel kimoci<br />

che dobbiamo cercarla: allorché questo o quel<br />

comportamento metterà i vantaggi dell’individuo al<br />

di sopra del gruppo, allora scatterà la sanzione: “Non<br />

si deve! Mi metti nei guai! Non far più assolutamente<br />

una cosa del genere!”; che significa: non stai agli<br />

impegni presi nel gruppo. La moralità si esprime cioè<br />

non nella coscienza individuale a se stante, ma nelle<br />

relazioni che essa ha con gli altri, e <strong>il</strong> cui nodo è<br />

espresso dalla promessa fatta e ripetuta nel gruppo,<br />

la cui anima e autorità è sempre <strong>il</strong> kimoci sociale. Capiamo<br />

da qui come <strong>il</strong> riconoscimento del lavoro fatto,<br />

la lode, la critica fatti in pubblico siano per <strong>il</strong> giapponese<br />

assolutamente determinanti per <strong>il</strong> suo comportamento,<br />

perché lo collocano dentro o fuori della sua<br />

stessa coscienza: fuori o dentro cioè dello stesso kimoci<br />

(identità, diremmo noi); mentre per un occidentale,<br />

ad esempio, lodi e critiche hanno <strong>il</strong> valore di opinioni<br />

e non costituiscono certo la sua coscienza morale.<br />

Poichè “morale” qui si identifica con “sociale”,<br />

la coscienza personale perde secondo noi di autorità<br />

e probab<strong>il</strong>mente di responsab<strong>il</strong>ità in senso morale.<br />

Per i giapponesi tuttavia, questo abbandonare la coscienza<br />

privata a se stessa è in fondo anche onesto.<br />

Dire infatti, da parte di un kimoci che tutto pervade<br />

e decide: “Per quanto riguarda <strong>il</strong> tuo interno, ti abbandono<br />

a te stesso”, significa ammettere dei limiti e<br />

porre dei confini tra sé e le singole persone, rispettando<br />

indirettamente <strong>il</strong> cuore o coscienza dell’individuo.<br />

Ovviamente <strong>il</strong> kimoci agisce anche qui per motivi<br />

pratici: la piramide dei doveri sociali, che mette<br />

gli uni al di sopra degli altri, logora tanto che se un<br />

superiore potesse far pressione anche sulle coscienze<br />

<strong>il</strong> peso diverrebbe insopportab<strong>il</strong>e.<br />

Mentre onora la persona con l’etichetta, <strong>il</strong> kimoci sa<br />

che ci sono in essa profondità che esso non può raggiungere:<br />

l’orgoglio, la vendetta, la crudeltà, l’odio,<br />

la rivalità, ma anche l’amore del cuore umano lo sfidano<br />

sempre. Il valore della individualità che esso<br />

tenta di sfumare nel tutto sociale, resta una minaccia:<br />

relegata nell’individuo e tenuta pragmaticamente<br />

a bada, ma sempre una minaccia. Ma appunto<br />

per ciò esso vale, perché tenta di salvare <strong>il</strong> salvab<strong>il</strong>e:<br />

tenta di domare, almeno dall’esterno, quella furia<br />

che è l’egoismo. Per quanto si dia arie assolutiste,<br />

la sua funzione è quella del pedagogo biblico: una<br />

salvezza per <strong>il</strong> momento, in attesa di una salvezza<br />

migliore.<br />

missione e inculturazione<br />

me minimo dopo aver mostrato che era veramente<br />

dispiaciuto di non poter aiutare, avrebbe<br />

detto non un freddo shiranai ma un qualcosa di<br />

più gent<strong>il</strong>e e meno urtante. Avrebbe insomma<br />

pensato soprattutto al kimoci dell’altro.<br />

Per capire l’altro non bastano le parole o le<br />

intenzioni: se ne devono pesare le sfumature ed<br />

entrare di intuito nel contesto dell’altro. Un minimo<br />

gesto in Giappone dice già tutta una relazione<br />

sociale.<br />

Tutto: gesti, parole, cose, situazioni si trovano<br />

impastati assieme nel kimoci, <strong>il</strong> cui sapore<br />

decide alla fine la moralità del tutto. Mazui significa<br />

sia sgradevole al gusto, sia mal fatto dal<br />

punto di vista delle relazioni. E in questo saper<br />

cogliere uniti in una sola percezione i vari<br />

aspetti delle cose, gioca molto anche <strong>il</strong> senso di<br />

concretezza proprio dei giapponesi. La moralità<br />

dell’atto, voglio dire, non discende tanto da<br />

un precetto, né esce dalla coscienza, ma viene<br />

percepita dall’insieme delle cose in quell’istante.<br />

Naturalmente la comunità fa da catalizzatore.<br />

È questa la coscienza morale: una morale di<br />

ordine comunitario ed estetico, fatto cioè di<br />

percezioni che tengono in armonia col gruppo;<br />

e chi vive nel kimoci capisce. Noi diremmo:<br />

una morale della situazione a briglia sciolta. E<br />

tuttavia questo atteggiamento non è, come a noi<br />

parrebbe, indifferenza morale.<br />

Se mai per i giapponesi è rispetto della persona<br />

in quanto lascia a ognuno di decidere, distinguendo<br />

tra la situazione che uno vive individualmente<br />

e gli interessi del gruppo in generale.<br />

L’importante è che pur partendo diversi si<br />

concluda assieme.<br />

I TEMPI LUNGHI DI UN’ELABORAZIONE<br />

DI GRUPPO<br />

Camminare a passo con la morale del kimoci<br />

esige una vera immersione nella loro cultura.<br />

Si tratta solo di abbandonare per un momento la<br />

sicurezza che ci viene dalle idee chiare e distinte<br />

per affidarci al vago del kimoci, <strong>il</strong> quale nella<br />

Monaco buddhista<br />

che chiede la carità.<br />

Missione Oggi | maggio 2009 45


missione e inculturazione<br />

sua aleatorietà è in realtà più disponib<strong>il</strong>e a un<br />

atteggiamento di fede di quanto sembri.<br />

Il meglio che possiamo fare è di stare con<br />

loro, soprattutto là dove ancora vivono le antiche<br />

usanze, i riti, le feste, le tradizioni, ma anche<br />

in certi incontri quotidiani come <strong>il</strong> furo (bagno<br />

casalingo), soprattutto <strong>il</strong> sento (bagno pubblico),<br />

o negli onsen (acque termali), dove ci si<br />

immerge assieme non tanto nell’acqua calda<br />

quanto in un kimoci. Lì i giapponesi rinascono,<br />

attingono motivi di vivere. In queste occasioni,<br />

come <strong>il</strong> bagno è ristoro e spia della salute fisica,<br />

pragmatico, non teoretico o sistematico; sfuma<br />

e attutisce ma per tenere assieme gli opposti. È<br />

vero che la sua libertà fluida e contraddittoria<br />

accontenta tutti e tutto alla semplice condizione<br />

di non “disturbare <strong>il</strong> prossimo”. Ma proprio in<br />

quanto prassi, <strong>il</strong> kimoci è anche storia. In altre<br />

parole, è consapevole dei propri limiti, sa che<br />

deve arrangiarsi con i mezzi che ha e che non ha<br />

sufficiente spazio sociale e culturale per esprimere<br />

i profondi drammi interiori della persona.<br />

Esso tuttavia, pur presentandosi esternamente<br />

come un tutto, quasi un assoluto che funge da<br />

MO<br />

MO<br />

Il Torii, l’arco che delimita<br />

lo spazio sacro.<br />

Padre Antonio Sottocornola<br />

e Padre Pier Giorgio Manni<br />

(a destra),<br />

superiore provinciale<br />

dei saveriani in Giappone.<br />

Il meglio che possiamo fare è di stare<br />

con loro, soprattutto là dove ancora<br />

vivono le antiche usanze, i riti, le<br />

feste, le tradizioni, ma anche in certi<br />

incontri quotidiani come <strong>il</strong> “furo”<br />

(bagno casalingo), soprattutto<br />

<strong>il</strong> “sento” (bagno pubblico), o negli<br />

“onsen” (acque termali), dove ci si<br />

immerge assieme non tanto nell’acqua<br />

calda quanto in un “kimoci”.<br />

Lì i giapponesi rinascono, attingono<br />

motivi di vivere.<br />

così <strong>il</strong> kimoci fa da rivelatore e da lubrificante<br />

delle complicazioni e degli attriti sociali.<br />

A forza di sfumare, la morale del kimoci parrebbe<br />

aver d<strong>il</strong>uito perfino la grande protagonista<br />

dell’esistenza che è la libertà delle persone e<br />

quindi la responsab<strong>il</strong>ità morale. Ma non è possib<strong>il</strong>e<br />

che <strong>il</strong> kimoci escluda un estremo così decisivo<br />

del dramma umano. Il suo equ<strong>il</strong>ibrio è<br />

morale e da religione (<strong>il</strong> Nihonkyoo, come lo<br />

chiamavano quarant’anni fa), sarebbe pronto io<br />

penso ad accogliere qualsiasi morale o religione<br />

purché si dimostrasse alla prova dei fatti ut<strong>il</strong>e<br />

al bene della società. È spiritualmente disponib<strong>il</strong>e:<br />

soltanto non si cura di esprimersi sulle<br />

problematiche a tavolino.<br />

La mia impressione è che si tratti di mancanza<br />

di mezzi per esprimersi teologicamente,<br />

più che di una mentalità che esplicitamente eviti<br />

di misurarsi con una responsab<strong>il</strong>ità radicale<br />

verso <strong>il</strong> bene e <strong>il</strong> male. Da qui l’incapacità di<br />

confrontarsi in modo radicale con <strong>il</strong> problema<br />

del male, e non solo del dolore.<br />

Le reazioni del kimoci obbediscono a ritmi<br />

di gruppo, dicevamo, in cui nessuno pare prendere<br />

l’iniziativa e dove nulla pare muoversi, ma<br />

dove tuttavia, alla lunga, appare una decisione<br />

unanime. Mentre sembra fluida e superficiale<br />

l’opinione pubblica si cerca, si saggia e si organizza.<br />

La mancanza di riferimento a principi la<br />

fa apparire insicura, e invece è solo in paziente<br />

attesa che <strong>il</strong> convincimento comune arrivi a maturazione.<br />

Naturalmente si tratta di tempi lunghi;<br />

in ogni caso bisogna intuire i segni dei tempi,<br />

ossia del kimoci. ANTONIO SOTTOCORNOLA<br />

46 Missione Oggi | maggio 2009


Il muro di vetro<br />

l’Italia delle religioni<br />

Questo lavoro si propone come un primo rapporto<br />

sul pluralismo religioso in Italia, mentre è in atto<br />

una profonda trasformazione del campo religioso, non<br />

è più così monolitico, eppure sempre più presente nel<br />

discorso pubblico. Plurale sia ad intra, in un mondo<br />

cattolico sempre più diversamente “appartenente”, come<br />

ad extra, per la presenza di religioni altre “portate”<br />

da popolazioni immigrate. E quando non sono religioni<br />

diverse, diversi sono i modi di viverle.<br />

Accanto ad una breve ricognizione sociologica, l’opera<br />

avanza alcune piste d’interpretazione della realtà plurireligiosa<br />

italiana. Lo fa servendosi di esperti che scandagliano<br />

<strong>il</strong> tema da diversi punti di vista. Il risultato è<br />

un “rapporto” sull’Italia delle religioni che indaga la realtà<br />

e le sue contraddizioni (prima parte: analisi), fa<br />

memoria di figure che si sono spese e si spendono per la<br />

“città del dialogo” (seconda parte: prof<strong>il</strong>i) come di eventi<br />

ed iniziative che concorrono a costruire, nonostante<br />

Per richieste di libri e DVD:<br />

libreria@saveriani.bs.it | Tel. 030.3772780<br />

tutti i problemi, la storia civ<strong>il</strong>e e religiosa di questo paese<br />

(terza parte: documenti e dati).<br />

Ora, se <strong>il</strong> pluralismo “di fatto” è un’evidenza inconfutab<strong>il</strong>e,<br />

meno evidente è, invece, accogliere le indicazioni<br />

che la realtà multi religiosa offre. La prima è la pluralizzazione<br />

dei riferimenti religiosi che la “consistenza”<br />

storica della religione islamica pone al cittadino<br />

italiano. L’islam, misurato sui dati statistici, è la seconda<br />

religione d’Italia (oltre che d’Europa). Abbiamo imparato<br />

ad essere plurali, anche dal punto di vista religioso,<br />

con l’islam. I buddhisti, invece, se mai si arriverà<br />

all’Intesa con lo Stato, sono coloro che insegnano al<br />

cittadino italiano ad andare oltre <strong>il</strong> “confine” giudaicocristiano,<br />

mentre la presenza plurim<strong>il</strong>lenaria, per<br />

quanto numericamente piccola, della comunità ebraica<br />

chiede che l’educazione alla cittadinanza sia interreligiosa.<br />

Queste le indicazioni del pluralismo religioso.<br />

È la stessa realtà che denuncia alcuni nodi. Accanto a<br />

quello culturale-politico, ad oggi incapace di proporre<br />

una legge sulla libertà religiosa che superi la legislazione<br />

del Ventennio, anche quello culturale-comunicativo<br />

di un paese che si “percepisce” ancora come “cattolico”.<br />

Al mondo dell’informazione “religiosa” è dedicato uno<br />

dei lavori che compongono <strong>il</strong> rapporto e che conclude<br />

con la severa osservazione di trovarsi di fronte ad un<br />

“paese a bassa laicità”.<br />

L’indagine continua segnalando pluralismi evidenti come<br />

quello rappresentato dall’immigrazione, dalle chiese<br />

evangeliche africane, dalla religiosità popolare come<br />

dal nomadismo spirituale che chiede, quest’ultimo, di<br />

“elaborare una approfondita teologia del pluralismo<br />

religioso” (p. 154). Ma anche pluralismi “nascosti” come<br />

quello che sta dentro <strong>il</strong> meccanismo dell’otto per<br />

m<strong>il</strong>le, quello della galassia musulmana, che invece appare<br />

omogenea agli occhi dell’opinione pubblica, oppure<br />

quello dei blog religiosi o delle pratiche e percorsi di<br />

insegnamento della religione a scuola. Tutti argomenti,<br />

questi, studiati all’interno di rispettivi articoli che<br />

compongono <strong>il</strong> rapporto. Al quale non potevano mancare<br />

i riferimenti a persone e figure che, nel corso dell’anno<br />

passato, hanno partecipato, a vario titolo, ad un<br />

“discorso pubblico” sulla religione contribuendo a “vedere”<br />

ed accogliere <strong>il</strong> pluralismo religioso. Che, come<br />

documentato nella parte conclusiva del lavoro, è rintracciab<strong>il</strong>e<br />

anche negli eventi e nei dati. Tra le mani, allora,<br />

un “documento” che indica un percorso: quello di<br />

rompere <strong>il</strong> “muro di vetro” che fa vedere (<strong>il</strong> vetro) gli altri,<br />

ma con i quali non permette (<strong>il</strong> muro) di relazionarsi<br />

e mettersi in rapporto. Ma, questa la tesi degli autori,<br />

i muri, di qualsiasi materiale, non favoriscono la<br />

maturazione della democrazia e non aiutano <strong>il</strong> cammino<br />

delle chiese e delle comunità umane e religiose.<br />

Un progetto, quello del rapporto, che si propone con cadenza<br />

biennale e del quale si sentiva la necessità.<br />

MARCO DAL CORSO<br />

un libro al mese<br />

Paolo Naso<br />

Brunetto Salvarani<br />

Il muro di vetro<br />

l’Italia delle religioni<br />

primo rapporto 2009<br />

EMI, Bologna 2009<br />

pp. 220, Euro 13,00<br />

Missione Oggi | maggio 2009 47

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