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FRATRUM MINORUM - OFM

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200 AN. CXXIV – MAII-AUGUSTI 2005 – FASC. II<br />

dedicano in modo prioritario allo studio, alla<br />

ricerca e all’insegnamento.<br />

Dobbiamo ammettere che il lavoro intellettuale<br />

non appare del tutto integrato nella<br />

nostra vita francescana. Spesso è considerato<br />

per la sua utilità pratica, ma senza essere<br />

ritenuto un elemento necessario: al contrario<br />

resterebbe al margine. Mi sembra che<br />

possiamo ripensare un modello francescano<br />

di vita intellettuale: perché da una parte la<br />

vita francescana si può nutrire del lavoro intellettuale<br />

e dall’altra lo illumina e sostiene.<br />

Che cosa intendiamo per “vocazione intellettuale”<br />

Con questa espressione intendo<br />

anzitutto il gusto della ricerca della Vita,<br />

della Verità e del Bene18. Oso dire questa<br />

parola. Vorrei pronunziarla non come affermazione<br />

di una verità che noi possediamo<br />

per poi darla agli altri, quanto piuttosto come<br />

cammino mai compiuto di ricerca e di<br />

desiderio (cfr. RS 9.13.15).<br />

a. Cammino di espropriazione<br />

La ricerca della Vita, della Verità e del Bene,<br />

sconfinato oceano di luce, richiede un’intelligenza<br />

appassionata e insieme attenta e rispettosa<br />

perché, dato che il manifestarsi della<br />

verità non è mai immediato, la ricerca non<br />

può essere che insonne ermeneutica. Se non<br />

siamo noi ad andare alla verità ma è la verità<br />

che viene a noi in modi diversi, l’atteggiamento<br />

preliminare e preminente per accoglierla<br />

è l’apertura all’ascolto, a cui seguirà<br />

l’inquieto interrogare.<br />

Sono convinto che abbiamo urgente bisogno<br />

di questo dinamismo, per non fermarci<br />

nella ripetizione stanca e sterile di parole<br />

e di formule ormai esauste (cfr. FP 1.3;<br />

Sdp 6) e, quindi, per ascoltare e incontrare<br />

l’uomo di oggi attraverso un atteggiamento<br />

nutrito di simpatia e d’interesse (cfr. CCGG<br />

162). Credo che per noi francescani il problema<br />

non dovrebbe essere tanto quello di<br />

studiare per trovare punti di contatto tra la<br />

Parola e la cultura, ma desiderare di ascoltare<br />

e conoscere (studio) il mondo e l’uomo<br />

per “ri-conoscere” in esso le «orme di Cristo»<br />

- sia nella forma della presenza che,<br />

specialmente oggi, dell’assenza - e poter<br />

quindi lodare Dio (cfr. RFF 32.90). Il Cantico<br />

delle creature non può essere letto forse<br />

come un’espressione della forma sapienziale<br />

francescana di andare al e nel mondo<br />

In questo senso il mondo non è una sfida<br />

da vincere, ma un’occasione da cogliere, un<br />

kairos (cfr. FP 2). Dinanzi all’accelerazione<br />

della storia e al confronto, spesso teso e<br />

violento, tra culture e religioni, ci chiediamo<br />

inquieti per quali vie sia ancora possibile<br />

rinvenire queste tracce di Cristo nel mondo.<br />

Ci confrontiamo con molti “segni dei<br />

tempi” non immediatamente intelligibili e<br />

interpretabili (cfr. Sdp 7-9). Spesso siamo<br />

costretti a fermarci in un silenzio non rassegnato,<br />

ma rispettoso e denso di ricerca. Lo<br />

studio è allora un itinerario teso a non spegnere<br />

questa ricerca. È un esercizio di umanità<br />

e di fede, di dialogo e di confronto con<br />

chi è diverso da noi, di intelligenza e di contemplazione<br />

del mistero più grande che abita<br />

il mondo e la persona umana.<br />

Lo studio è allora innanzitutto «dono» e<br />

«ricerca di Dio», «rendimento di grazie»,<br />

atto del «ricondurre» tutto a Lui: in una parola,<br />

via alla santità. Con san Bonaventura<br />

parliamo di impegno «affinché diventiamo<br />

buoni (ut boni fiamus)»19.<br />

In questo senso avverto una profonda affinità<br />

tra la povertà francescana e l’umiltà di<br />

una ricerca disinteressata della verità, in continuità<br />

con la determinazione effettiva di non<br />

appropriarsi di nulla e di restare umili. Lo studio<br />

e la ricerca sono espropriazione permanente<br />

del sapere. Significa in un certo senso<br />

liberarsi, purificarsi dalle proprie precomprensioni<br />

per accogliere la realtà nella sua diversità<br />

e leggerla criticamente (cfr. RS 26). È<br />

una versione di ciò che Francesco chiama<br />

“restare sottomessi a ogni creatura”20. È la necessaria<br />

coscienza della propria «docta ignorantia»21,<br />

del socratico “non-sapere”. I limiti<br />

della conoscenza s’impongono a qualsiasi<br />

pretesa prometeica di possedere il reale, anche<br />

nelle scienze. Un vero cammino di studio<br />

e di ricerca trasforma questa presunzione in<br />

desiderio e spogliamento: è una forte esperienza<br />

esistenziale di povertà che ci fa mendicanti.<br />

b. Senza fissa dimora<br />

Questa ricerca della Vita, della Verità e<br />

del Bene è un movimento permanente che

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