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Ambiente_e_Sicurezza..

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<strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong><br />

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"nuovo utente", e ricordandosi<br />

che per completare<br />

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il "codice utente"<br />

stampato sul cellophane<br />

della rivista.<br />

INSERTO<br />

<strong>Sicurezza</strong> delle macchine<br />

La perforatrice: scheda di valutazione<br />

e check list per l'utilizzo<br />

ARTICOLI DA PAGINA<br />

II<br />

Per ulteriori informazioni<br />

rivolgersi al servizio<br />

clienti, telefono:<br />

02 o 06 30225680<br />

SPECIALE<br />

Igiene del lavoro<br />

Rischi da vibrazioni meccaniche:<br />

la direttiva 2002/44/CE e il suo recepimento<br />

ARTICOLI DA PAGINA<br />

23<br />

L'APPROFONDIMENTO<br />

Certificazione e qualità<br />

La nuova UNI EN ISO 14001:2004<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

ARTICOLI DA PAGINA<br />

DOCUMENTO A PAGINA<br />

62<br />

70<br />

<strong>Sicurezza</strong> del lavoro<br />

Il ruolo e la responsabilità<br />

degli organi di indirizzo politico nelle P.A.<br />

ARTICOLO A PAGINA<br />

82<br />

Novità: le anteprime on-line di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong><br />

Nella sezione «Anteprima articoli» del nuovo sito di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong><br />

http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com, è possibile consultare e scaricare<br />

in anteprima lo Speciale dedicato al nuovo D.Lgs. n. 133/2005, sull'incenerimento<br />

dei rifiuti, e il commento al D.M. 6 giugno 2005 sulle nuove norme antincendio per gli<br />

stadi, entrambi di prossima pubblicazione su <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>.<br />

In più nuove sezioni, una rinnovata organizzazione dei contenuti e della veste grafica e<br />

una documentazione sempre più ricca, per offrire agli abbonati ad <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> un<br />

aggiornamento ancora più tempestivo e un insostituibile strumento integrativo alla rivista.<br />

<br />

L'accesso è gratuito, previa registrazione, per tutti gli abbonati ad <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>


NOVITÀ<br />

GAZZETTA UFFICIALE: GLI ULTIMI 30 GIORNI<br />

GAZZETTA UFFICIALE REPUBBLICA ITALIANA<br />

ARGOMENTO PROVVEDIMENTO TITOLO PUBBLICATO IN<br />

<strong>Sicurezza</strong><br />

dei prodotti<br />

<strong>Sicurezza</strong><br />

degli impianti<br />

<strong>Sicurezza</strong><br />

degli impianti<br />

<strong>Sicurezza</strong><br />

del lavoro<br />

<strong>Sicurezza</strong><br />

delle macchine<br />

Sostanze<br />

pericolose<br />

Acqua<br />

Appalti verdi<br />

Aria<br />

Decreto del Ministerodelle<br />

Attività produttive<br />

12 luglio 2005<br />

Legge 26 luglio 2005, n.<br />

148<br />

Circolare del Ministero<br />

delle Attività produttive<br />

27 luglio 2005<br />

Decreto del Ministero<br />

dell’Interno<br />

15 agosto 2005<br />

Comunicato del Ministero<br />

delle Attività produttive<br />

Decreto del Ministero<br />

della Salute<br />

28 luglio 2005<br />

Decreto del Ministero<br />

delle Politiche agricole e<br />

forestali<br />

6 luglio 2005<br />

Circolare del Ministero<br />

dell’<strong>Ambiente</strong> e della<br />

Tutela del territorio 19<br />

luglio 2005<br />

Comunicato del Ministero<br />

dell’<strong>Ambiente</strong> e<br />

della Tutela del territorio<br />

SICUREZZA<br />

«Elenco riepilogativo di norme armonizzate<br />

concernenti l’attuazione della direttiva<br />

89/106/CE relativa ai prodotti da costruzione,<br />

pubblicate dalla Gazzetta Ufficiale<br />

delle Comunità europee dal 26 giugno<br />

2001 al 26 ottobre 2004»<br />

«Conversione in legge, con modificazioni,<br />

del decreto­legge 27 maggio 2005, n. 86,<br />

recante misure urgenti di sostegno nelle<br />

aree metropolitane per i conduttori di immobili<br />

in condizioni di particolare disagio<br />

abitativo conseguente a provvedimenti<br />

esecutivi di rilascio»<br />

«Utilizzazione di raccordi a pressare in reti<br />

di adduzione di gas per edifici civili»<br />

«Speciali limiti all’importazione, commercializzazione,<br />

trasporto e impiego di detonatori<br />

ad accensione elettrica a bassa e<br />

media intensità nonché all’impiego e al<br />

trasporto degli altri esplosivi di 2ª e 3ª categoria,<br />

ai sensi dell’articolo 8, comma 1,<br />

del decreto­legge 27 luglio 2005, n. 144,<br />

convertito, con modificazioni, dalla legge<br />

31 luglio 2005, n. 155»<br />

«Ritiro dal mercato e divieto di immissione<br />

sul mercato, adottato nei confronti di alcune<br />

piattaforme aeree in applicazione dell’articolo<br />

7 della direttiva 98/37/CE»<br />

«Proroga temporanea dell’autorizzazione<br />

di prodotti fitosanitari contenenti sostanze<br />

attive iscritte in allegato I del decreto<br />

legislativo 17 marzo 1995, n. 194, ed aventi<br />

scadenza nel corso del 2005»<br />

AMBIENTE<br />

«Criteri e norme tecniche generali per la disciplina<br />

regionale dell’utilizzazione agronomica<br />

delle acque di vegetazione e degli scarichi dei<br />

frantoi oleari, di cui all’articolo 38 del decreto<br />

legislativo 11 maggio 1999, n. 152»<br />

«Indicazioni relative ai materiali riciclati e beni<br />

e manufatti ottenuti con materiale riciclato,<br />

proveniente da articoli in gomma, ai sensi<br />

del decreto ministeriale 8 maggio 2003, n.<br />

203»<br />

«Disposizioni di attuazione della decisione<br />

dellaCommissioneeuropeaC(2004)130del29<br />

gennaio 2004 che istituisce le linee guida per il<br />

monitoraggio e la comunicazione delle emissioni<br />

di gas a effetto serra, ai sensi della direttiva<br />

2003/87/CE del Parlamento europeo e del<br />

Consiglio»<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 2 agosto 2005, n. 178<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 29 luglio 2005, n. 175<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 2 agosto 2005, n. 178<br />

In sintesi a pag. 81<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 17 agosto 2005,<br />

n. 190<br />

In sintesi a pag. 81<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 1° agosto 2005, n. 177<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 27 agosto 2005,<br />

n. 199<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 19 luglio 2005, n. 166<br />

In sintesi a pag. 95<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 27 luglio 2005, n. 173<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 30 luglio 2005, n. 176<br />

In sintesi a pag. 95<br />

8 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18


NOVITÀ<br />

Energia<br />

Energia<br />

Energia<br />

Energia<br />

Energia<br />

Energia<br />

Finanziamenti<br />

Inquinamentoelettromagnetico<br />

Rifiuti<br />

Decreto del Ministero<br />

delle Infrastrutture e dei<br />

Trasporti<br />

27 luglio 2005<br />

Deliberazione dell’Autorità<br />

per l’energia elettrica<br />

e il gas<br />

7 luglio 2005, n. 138<br />

Decreto del Ministero<br />

delle Attività produttive<br />

28 luglio 2005<br />

Decreto del Ministero<br />

delle Attività produttive<br />

28 luglio 2005<br />

Deliberazione dell’Autorità<br />

per l’energia elettrica<br />

e il gas<br />

1° agosto 2005, n. 167<br />

Deliberazione dell’Autorità<br />

per l’energia elettrica<br />

e il gas<br />

25 luglio 2005, n. 154<br />

Decreto del Ministero<br />

dell’<strong>Ambiente</strong> e della<br />

Tutela del territorio<br />

12 luglio 2005<br />

Decreto del Ministero<br />

delle Infrastrutture e dei<br />

Trasporti<br />

6 giugno 2005<br />

Decreto legislativo<br />

25 luglio 2005, n. 151<br />

Rifiuti Legge 31 luglio 2005, n.<br />

160<br />

«Norma concernente il regolamento d’attuazione<br />

della legge 9 gennaio 1991, n. 10<br />

(articolo 4, commi 1 e 2), recante: “Norme<br />

per l’attuazione del Piano energetico nazionale<br />

in materia di uso razionale dell’energia,<br />

di risparmio energetico e di sviluppo<br />

delle fonti rinnovabili di energia”»<br />

«Avvio di procedimento per la formazione<br />

di provvedimenti aventi ad oggetto condizioni<br />

per la gestione della priorità di dispacciamento,<br />

relativa ad impianti di produzione<br />

da fonti rinnovabili in situazioni di criticità<br />

del sistema elettrico nazionale»<br />

«Criteri per l’incentivazione della produzione<br />

di energia elettrica mediante conversione<br />

fotovoltaica della fonte solare»<br />

«Criteri per l’incentivazione della produzione<br />

di energia elettrica mediante conversione<br />

fotovoltaica della fonte solare»<br />

«Adozione di garanzie di libero accesso al<br />

servizio di rigassificazione del gas naturale<br />

liquefatto e di norme per la predisposizione<br />

dei codici di rigassificazione»<br />

«Modalità di versamento del contributo dovuto<br />

dai soggetti regolati all’Autorità per<br />

l’energia elettrica ed il gas, per l’anno 2005,<br />

ai sensi della legge 14 novembre 1995, n.<br />

481»<br />

«Modalità di presentazione delle proposte<br />

relative al programma finanziario europeo<br />

LIFE­NATURA, per l’annualità 2006»<br />

«Recepimento della direttiva 2004/104/CE<br />

della Commissione del 14 ottobre 2004 che<br />

adegua al progresso tecnico la direttiva 72/<br />

245/CEE relativa alle perturbazioni radioelettriche<br />

(compatibilità elettromagnetica)<br />

dei veicoli e che modifica la direttiva 70/156/<br />

CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni<br />

degli Stati membri relative all’omologazione<br />

dei veicoli a motore e dei<br />

loro rimorchi, e della rettifica alla direttiva<br />

medesima»<br />

«Attuazione delle direttive 2002/95/CE, 2002/<br />

96/CE e 2003/108/CE, relative alla riduzione<br />

dell’uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature<br />

elettriche ed elettroniche, nonché allo<br />

smaltimento dei rifiuti»<br />

«Ratifica ed esecuzione dell’Accordo di cooperazione<br />

tra il Governo della Repubblica italiana<br />

ed il Governo della Federazione russa<br />

nel campo dello smantellamento dei sommergibili<br />

nucleari radiati dalla marina militare<br />

russa e della gestione sicura dei rifiuti radioattivi<br />

e del combustibile nucleare esaurito, fatto<br />

a Roma il 5 novembre 2003, con allegato e<br />

Scambio di Note effettuato a Roma il 2 aprile<br />

2004, a Mosca il 7 maggio 2004 e a Roma il 25<br />

maggio 2004»<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 2 agosto 2005, n. 178<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 2 agosto 2005, n. 178<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 5 agosto 2005, n. 181<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 5 agosto 2005, n. 181<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 23 agosto 2005,<br />

n. 195<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 25 agosto 2005,<br />

n. 197<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 29 agosto 2005,<br />

n. 200<br />

S.O. n. 146 alla Gazzetta<br />

Ufficiale del 29 agosto<br />

2005,n. 200<br />

S.O. n. 135 alla Gazzetta<br />

Ufficiale del 29 luglio 2005,<br />

n. 175<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 13 agosto 2005, n. 188<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

9


NOVITÀ<br />

Rifiuti Legge 17 agosto 2005,<br />

n. 168<br />

Rifiuti<br />

Sostanze<br />

pericolose<br />

«Conversione in legge, con modificazioni, del<br />

decreto­legge 30 giugno 2005, n. 115, recante<br />

disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità<br />

di settori della pubblica amministrazione.<br />

Disposizioni in materia di organico del<br />

personale della carriera diplomatica, delega<br />

al Governo per l’attuazione della direttiva<br />

2000/53/CE in materia di veicoli fuori uso e<br />

proroghe di termini per l’esercizio di deleghe<br />

legislative»<br />

Decreto del Ministero «Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti<br />

in discarica»<br />

dell’<strong>Ambiente</strong> e della<br />

Tutela del territorio<br />

3 agosto 2005<br />

Decreto del Ministero<br />

delle Infrastrutture e dei<br />

Trasporti<br />

12 aprile 2005<br />

«Modifica ai decreti ministeriali 15 maggio<br />

1997 e 10 giugno 2004, recanti “Attuazione<br />

della direttiva 96/86/CE del Consiglio dell’Unione<br />

europea, che adegua al progresso<br />

tecnico la direttiva 94/55/CE”»<br />

GAZZETTA UFFICIALE DELLE COMUNITÀ EUROPEE<br />

Gazzetta Ufficiale del 22<br />

agosto 2005, n. 194<br />

In sintesi a pag. 96<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 30 agosto 2005, n. 201<br />

In sintesi a pag. 98<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 3 agosto 2005, n. 179<br />

ARGOMENTO PROVVEDIMENTO PUBBLICATO IN<br />

Antincendio<br />

SICUREZZA<br />

«Decisione 2005/610/CE della Commissione, del 9 agosto 2005, che determina<br />

le classi di reazione al fuoco di alcuni prodotti da costruzione» 2005, n.<br />

G.U.C.E. L dell’11 agosto<br />

208<br />

In sintesi a pag. 81<br />

Igiene del lavoro «Posizione comune (CE) n. 24/2005 definita dal Consiglio il 18 aprile<br />

2005, deliberando in conformità della procedura di cui all’artico­<br />

n. 172E<br />

G.U.C.E. C del 12 luglio 2005,<br />

lo 251 del trattato che istituisce la Comunità europea, in vista dell’adozione<br />

di una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio<br />

sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione<br />

dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (radiazioni<br />

ottiche) (diciannovesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo<br />

16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE)»<br />

Aria<br />

Sostanze<br />

pericolose<br />

AMBIENTE<br />

«Decisione 2005/625/CE della Commissione, del 23 agosto 2005, che fissa G.U.C.E. L del 24 agosto<br />

i quantitativi di bromuro di metile consentiti per gli usi critici nell’Unione 2005, n. 219<br />

europea tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2005 ai sensi del regolamento<br />

(CE) n. 2037/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio sulle sostanze<br />

che riducono lo strato di ozono»<br />

«Decisione 2005/618/CE della Commissione, del 18 agosto 2005, che G.U.C.E. L del 19 agosto<br />

modifica la direttiva 2002/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio<br />

ai fini della fissazione dei valori massimi di concentrazione di al­<br />

2005,n. 214<br />

cune sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche»<br />

Tutti i testi sono disponibili on­line all’indirizzo<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

Nell’articolo di Carmelo Catanoso, pubblicato in <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 17/2005, a pagina<br />

85, l’introduzione della tabella 1 è stata erroneamente inserita nel paragrafo “Il ruolo del<br />

coordinatore”. Ce ne scusiamo con l’autore e con i lettori.<br />

10 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18


SOMMARIO<br />

RUBRICA<br />

In sintesi<br />

INSERTO .................................................................................................................................... p. 17<br />

SPECIALE .................................................................................................................................. p. 17<br />

L’APPROFONDIMENTO ................................................................................................................ p. 17<br />

IGIENE E SICUREZZA.................................................................................................................... p. 18<br />

AMBIENTE ................................................................................................................................. p. 19<br />

Approfondimenti<br />

Articoli<br />

l Perforatrice: misure di sicurezza e di ergonomia<br />

secondo la norma armonizzata UNI EN 791<br />

di Marco Vigone .................................................................................................................. p. II<br />

l Perforatrice: una macchina movimento terra<br />

per le attività di scavo e di trasporto<br />

di Claudio Conio.................................................................................................................. p. VI<br />

l La prevenzione e la sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti<br />

a vibrazioni meccaniche<br />

di Massimo Bovenzi ............................................................................................................ p. 23<br />

l Lo schema della direttiva n. 2002/44/CE per il recepimento<br />

nell’ordinamento italiano<br />

di Anna Maria Faventi e Mauro Franciosi............................................................................ p. 30<br />

l Prove standard e misurazioni in campo per la valutazione dell’esposizione<br />

di Marco Vigone, Francesco Furnari e Sabrina Parise........................................................ p. 33<br />

l La banca dati nazionale per la valutazione del rischio<br />

di Iole Pinto, Nicola Stacchini e Fabio Santini ..................................................................... p. 38<br />

l Le novità sugli adempimenti aziendali in vista del recepimento della direttiva<br />

di Omar Nicolini................................................................................................................... p. 42<br />

l Guanti antivibranti e sedili: la protezione secondo le norme<br />

di Pietro Nataletti................................................................................................................. p. 51<br />

l Impegno della direzione, rispetto delle leggi e valutazione<br />

della prestazione ambientale<br />

di Stefano Sibilio ................................................................................................................. p. 62<br />

l Aspetti ambientali e prescrizioni applicabili nella nuova ISO 14001<br />

di Paolo Piagneri................................................................................................................. p. 67<br />

l <strong>Sicurezza</strong> sul lavoro nelle PA: il ruolo e la responsabilità<br />

degli organi di indirizzo politico<br />

di Pierguido Soprani............................................................................................................ p. 82<br />

l Risarcimento del danno e illecito ambientale<br />

di Cesare Parodi ................................................................................................................. p. 99<br />

12 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18


RUBRICA<br />

SOMMARIO<br />

Legislazione<br />

l<br />

l<br />

l<br />

l<br />

l<br />

Detonatori ad accensione elettrica<br />

Decreto del Ministero dell’Interno 15 agosto 2005 .............................................................. p. 81<br />

Acque di vegetazione e scarichi di frantoi oleari<br />

Decreto del Ministero delle Politiche agricole e forestali 6 luglio 2005 ............................... p. 95<br />

Veicoli fuori uso e discariche<br />

Legge 17 agosto 2005, n. 168............................................................................................. p. 96<br />

Riduzione di sostanze pericolose nei RAEE<br />

Decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151............................................................................ p. 96<br />

Rifiuti: criteri di ammissibilità in discarica<br />

Decreto del Ministero dell’<strong>Ambiente</strong> e della Tutela del territorio 3 agosto 2005 .................. p. 98<br />

Prassi<br />

l Aspetti ambientali e prescrizioni applicabili nella nuova ISO 14001<br />

Rapporto tecnico UNI TR 11157:2005.................................................................................................. p. 70<br />

l<br />

l<br />

l<br />

l<br />

Classi di resistenza al fuoco per i prodotti da costruzione<br />

Decisione della Commissione 9 agosto 2005, n. 2005/610/CE........................................... p. 81<br />

Raccordi a pressareS per reti di adduzione di gas<br />

Circolare del Ministero delle Attività produttive 27 luglio 2005 ............................................ p. 81<br />

Su controlli, qualità e comunicazione un Accordo tra Unionmaceri e Comieco<br />

Accordo Unionmaceri-Comieco 27 maggio 2005................................................................ p. 91<br />

Lotta all’effetto serra<br />

Comunicato del Ministero dell’<strong>Ambiente</strong> e della Tutela del territorio ................................... p. 95<br />

Giurisprudenza<br />

l<br />

l<br />

l<br />

l<br />

l<br />

Mobbing: l’indennizzo non è automatico<br />

TAR Lazio, 4 luglio 2005, n. 5454........................................................................................ p. 87<br />

Obbligo di informazione del lavoratore solo per i rischi a cui risulta esposto<br />

Tribunale di Bologna, 15 febbraio 2005, n. 2853................................................................. p. 87<br />

Le ordinanze sindacali non possono prescindere da una situazione<br />

di concreto pericolo<br />

TAR Calabria, 8 luglio 2005, n. 1154 .................................................................................. p. 104<br />

VIA: prescrizioni e condizioni non possono essere considerate vizi<br />

di incompletezza<br />

TAR Lazio, 14 aprile 2005, n. 2032 ..................................................................................... p. 104<br />

Tutela del diritto alla salute<br />

Tribunale di Mantova, sez. II, 5 novembre 2004.................................................................. p. 105<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

13


SOMMARIO<br />

RUBRICA<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

Direttore responsabile: FRANCESCO DEMURO<br />

Coordinatore editoriale: Massimo Cassani<br />

Redazione: Dario De Andrea (02/30223270),<br />

Donatella Bollani (02/30223272)<br />

Proprietario ed editore: IL SOLE 24 ORE S.p.A.<br />

Presidente: INNOCENZO CIPOLLETTA<br />

Amministratore Delegato: GIUSEPPE CERBONE<br />

Registrazione Tribunale di Milano n. 749 del 9 novembre<br />

1998.<br />

Sede legale: Via Monte Rosa, 91 ­ 20149 Milano.<br />

Amministrazione: Via Monte Rosa, 91 ­ 20149 Milano.<br />

Direzione, redazione: Via Monte Rosa, 91 ­ 20149 Milano<br />

­ Fax 02/30223992.<br />

IL SOLE 24 ORE S.p.A. Tutti i diritti sono riservati.<br />

Nessuna parte di questo periodico può essere riprodotta<br />

con mezzi grafici e meccanici quali la fotoriproduzione e<br />

la registrazione. Manoscritti e fotografie su qualsiasi supporto<br />

veicolati, anche se non pubblicati, non si restituiscono.<br />

Servizio clienti periodici: IL SOLE 24 ORE S.p.A. Via<br />

Tiburtina Valeria (S.S. n. 5) km 68,700 ­ 67061 Carsoli (AQ).<br />

Tel. 3022 5680 (prefisso 02 oppure 06)<br />

Fax 3022 5400 (prefisso 02 oppure 06)<br />

I numeri non pervenuti potranno essere richiesti via fax al<br />

n. 02­06/30225402­06 o via e­mail a servizioclienti.periodici@ilsole24ore.com<br />

entro 2 mesi dall’uscita del numero<br />

stesso.<br />

Abbonamento per 12 mesi (Italia): 155 euro<br />

Gli abbonamenti possono essere sottoscritti telefonando<br />

direttamente e inviando una fotocopia della ricevuta di<br />

pagamento sul c.c.p. n. 31481203.<br />

La ricevuta di pagamento tramite c.c.p. può essere inviata<br />

per posta a Il Sole 24 ORE, Via Tiburtina Valeria Km<br />

68,700 ­ 67061 Carsoli (AQ) o via fax ai numeri 06/<br />

30225406 ­ 02/30225406 (in questo ultimo caso non<br />

inviare la ricevuta per posta).<br />

Pubblicità: Il Sole 24 ORE Edagricole s.r.l. ­ Via Goito 13<br />

­ 40126 Bologna ­ Tel.: 051/65751<br />

Stampa: IL SOLE 24 ORE S.p.A. ­ Via Tiburtina Valeria<br />

(S.S. n. 5) km 68,700 ­ 67061 Carsoli (AQ).<br />

Il SOLE 24 ORE ­ EDILIO<br />

Una partnership su misura per il mondo dell’edilizia<br />

Con la sigla della partnership tra il Gruppo Sole 24 ORE e il Gruppo BolognaFiere, avvenuta di recente, si aprono nuovi<br />

scenari di collaborazione integrata in particolare nel campo dei servizi dedicati ai professionisti e alle imprese dell’edilizia.<br />

La partnership avrà la funzione di consolidare e rilanciare tale rapporto. In particolare ­ attraverso le riviste del Sole 24 Ore<br />

Edilizia e Territorio, <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> e Il Consulente Immobiliare ­ sono già attive su Edilio (65 mila utenti fra<br />

professionisti e imprese operanti nel settore) le nuove News normative in materia di edilizia, immobili, sicurezza del<br />

lavoro e nei cantieri, appalti, urbanistica, ambiente, insieme a una Rassegna della produzione normativa tecnica (UNI<br />

e CEI). Viene inoltre resa accessibile la consultazione dei Dossier tratti dalle riviste specializzate del Sole 24 ORE (Edilizia e<br />

Territorio, Consulente Immobiliare e <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>), una raccolta aggiornata di numeri monografici, inserti, supplementi<br />

e articoli di particolare interesse. Sempre in termini di contenuti, la collaborazione con il Sole 24 ORE consente di<br />

mettere a disposizione degli utenti di Edilio un utile servizio Faq: un archivio aggiornato bimestralmente di tutte le<br />

domande più frequenti, con relative risposte degli esperti in materia di edilizia, immobili, cantieristica, problematiche del<br />

lavoro, gare d’appalto, ambiente; il tutto organizzato per area tematica in modo da rendere agevole la consultazione. In<br />

materia legislativa, ogni professionista registrato su Edilio può accedere gratuitamente alle Leggi on line, una selezione<br />

di norme, decreti, circolari e altre fonti legislative tratte dalla banca dati del Sole 24 ORE (Codice degli Appalti, Repertorio<br />

di Edilizia e Urbanistica, Codice di <strong>Ambiente</strong> e <strong>Sicurezza</strong> e Codice degli Immobili) in materia di costruzioni, appalti e<br />

ambiente. Il Servizio appalti, invece, fornirà notizie sui bandi di gara e indicazioni utili sulle modalità di assegnazione dei<br />

lavori. La collaborazione Edilio­Sole 24 ORE avrà importanti ricadute anche nella sezione del portale “shopping­editoria”,<br />

dove saranno disponibili per l’acquisto le riviste e le banche dati Sole 24 ORE e UNI, e la piattaforma e­commerce“ Edilio<br />

shopping” permetterà di scaricare ­ con il pagamento di una fee accessibile ­ articoli, approfondimenti e dossier. Infine, la<br />

partnership Sole 24 ORE­Edilio, già operante con alcune iniziative di sponsorizzazione, metterà a frutto le esperienze di<br />

successo dei due gruppi nel campo della Formazione, a tutto vantaggio dei professionisti e delle imprese che avranno a<br />

disposizione numerose opportunità di aggiornamento sui diversi aspetti della professione.<br />

14 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18


RUBRICA<br />

SCADENZARIO<br />

OBBLIGHI, ADEMPIMENTI, SCADENZE<br />

a cura di Marco Fabrizio, avvocato in Roma<br />

30<br />

SETTEMBRE<br />

CAMPIONAMENTO DELLE ACQUE DA BALNEAZIONE<br />

Entro il 30 settembre 2005 le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (ARPA) ovvero,<br />

se non istituite, i Presidi e servizi di prevenzione multizonali, devono trasmettere al Ministero<br />

della Salute i risultati dei campionamenti mensili relativi alla qualità delle acque da balneazione.<br />

(Art. 2, lettera c) e d), e art. 4, comma 3, D.P.R. 8 giugno 1982, n. 470; art. 18, comma<br />

1, lettera b), legge 29 dicembre 2000, n. 422)<br />

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA<br />

1<br />

OTTOBRE<br />

9<br />

OTTOBRE<br />

13<br />

OTTOBRE<br />

Regioni Mensile (stagione balneare) 31 ottobre 2005<br />

PESI, MISURE E STRUMENTI DI MISURAZIONE<br />

Il 1° ottobre 2005 entra in vigore la nuova disciplina in materia di utilizzo da parte delle<br />

Camere di commercio dei sigilli per la legalizzazione dei pesi, delle misure e degli strumenti<br />

di misurazione, come prevista dalla direttiva del Ministero delle Attività produttive<br />

11 febbraio 2005.<br />

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA<br />

Dipendenti Camere di commercio,<br />

industria e artigianato<br />

­ ­<br />

GIORNATA PER LE VITTIME DEGLI INCIDENTI SUL LAVORO<br />

Il 9 ottobre 2005 si celebra l’annuale “Giornata per le vittime degli incidenti sul lavoro”, come<br />

prevista dalla direttiva della Presidente del Consiglio dei Ministri 24 aprile 1998, differita alla<br />

seconda domenica di ogni anno a opera della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri<br />

del 7 marzo 2003.<br />

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA<br />

­ Annuale<br />

Seconda domenica<br />

di ottobre 2006<br />

RIESAME DEL RAPPORTO DI SICUREZZA SUI SITI A RISCHIO DI INCIDENTI RILEVANTI<br />

Il 13 ottobre 2005 scade il termine per effettuare il riesame periodico del Rapporto di<br />

<strong>Sicurezza</strong> a norma dell’art. 8, comma 6, lettera d), D.Lgs. n. 334/1999. Il “Rapporto di<br />

sicurezza” deve essere redatto dai gestori di tutti gli stabilimenti in cui sono presenti<br />

sostanze pericolose in quantità uguali o superiori a quelle indicate nell’Allegato I, parti<br />

1 e 2, colonna 3, D.Lgs. n. 334/1999, e dovrà contenere, oltre che il Manuale di attuazione<br />

del Sistema di Gestione <strong>Sicurezza</strong> (SGS) e relativa Politica di sicurezza, anche evidenze<br />

circa l’avvenuta adozione del sistema di gestione della sicurezza, l’avvenuta individuazione<br />

dei pericoli di incidenti rilevanti e correlata adozione delle misure necessarie<br />

per prevenirli e limitarne le conseguenze per l’uomo e per l’ambiente, il fatto che<br />

la progettazione, la costruzione, l’esercizio e la manutenzione di qualsiasi impianto,<br />

deposito, attrezzatura e infrastruttura, connessi con il funzionamento dello stabilimento<br />

e aventi un rapporto con i pericoli di incidenti rilevanti, sono sufficientemente<br />

sicuri e affidabili, l’avvenuta predisposizione di piani di emergenza interni e l’avvenuto<br />

invio alle autorità competenti degli elementi utili per l’elaborazione, da parte delle<br />

medesime, dei piani di emergenza esterni (Art. 8, commi 1, 2 e 6, D.Lgs. n. 334/1999).<br />

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA<br />

Gestori di tutti gli stabilimenti in<br />

cui sono presenti sostanze pericolose<br />

in quantità uguali o superiori<br />

a quelle indicate nell’Allegato I,<br />

parti 1 e 2, colonna 3, D.lgs. n. 334/<br />

1999<br />

Ogni cinque anni 13 ottobre 2010<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

15


SCADENZARIO<br />

RUBRICA<br />

15<br />

OTTOBRE<br />

RELAZIONE TRIMESTRALE SULLA QUALITÀ DEI COMBUSTIBILI PRODOTTI E IMPORTATI<br />

In relazione alle infrazioni previste dalla normativa che stabilisce la qualità dei combustibili<br />

ai fini della tutela della salute e dell’ambiente, gli uffici dell’Agenzia delle dogane<br />

devono trasmettere entro il 15 ottobre 2005 all’Agenzia per la protezione dell’ambiente<br />

e per i servizi tecnici (APAT) le informazioni circa gli accertamenti effettuati nei tre mesi<br />

precedenti, indicando gli impianti sottoposti ad accertamento, le infrazioni accertate<br />

nonché il tipo e l’entità delle difformità rilevate. Questa comunicazione deve essere effettuata<br />

per il tramite dell’Area verifiche e controlli tributi doganali e accise ­ Laboratori<br />

chimici, Ufficio metodologie e tecnologie chimiche. (Art. 3, comma 1, D.M. 3 febbraio<br />

2005)<br />

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA<br />

Uffici dell’Agenzia delle dogane<br />

competenti per territorio per il tramite<br />

dell’Area verifiche e controlli<br />

tributi doganali e accise ­ Laboratori<br />

chimici, Ufficio metodologie e<br />

tecnologie chimiche<br />

Trimestrale 15 gennaio 2006<br />

DENUNCIA DEGLI INFORTUNI NEL SETTORE ESTRATTIVO<br />

Entro il 15 ottobre 2005 il “titolare” ex art. 2, comma 1, lettera b), D.Lgs. n. 624/1996,<br />

deve trasmettere all’autorità di vigilanza un prospetto riassuntivo, anche se negativo,<br />

degli infortuni verificatisi nel mese precedente e che abbiano comportato un’assenza<br />

dal lavoro di almeno tre giorni. (Art. 25, comma 8, D.Lgs. 25 novembre 1996, n.<br />

624)<br />

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA<br />

Titolare ex art. 2, comma 1, lettera<br />

b), D.Lgs. n. 624/1996<br />

Mensile 15 novembre 2005<br />

16 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18


RUBRICA<br />

SINTESI<br />

IN SINTESI<br />

Inserto<br />

SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

ARTICOLI ...........................................................................................................................................................................................da pag. II<br />

<strong>Sicurezza</strong> delle macchine da cantiere: la perforatrice ­ Dopo una serie di approfondimenti dedicati alle terne (n. 18/2003), alle gru a<br />

torre (n. 22/2003), agli escavatori (n. 1/2004), alle gru a torre automontanti (n. 4/2004), ai dumper e agli autocarri (n. 6/2004), alle autogrù<br />

(n. 8/2004), ai rullo compattatori (n. 10/2004), alle vibrofinitrici (n. 13/2004), alle scarificatrici (n. 14/2004), alle motolivellatrici (n. 16/2004),<br />

alle autobetoniere (n. 18/2004), alle posatubi (n. 21/2004), alle motoruspe (n. 22/2004) e agli argani (n. 2/2005), alle pompe per il<br />

calcestruzzo (n. 4/2005), ai carrelli semoventi a braccio telescopico (n. 6/2005), alle pale caricatrici (n. 8/2005), agli apripista (n. 10/2005) alle<br />

piattaforme aeree sviluppabili (n. 12/2005), alle palificatrici a massa battente (n. 14/2005) e alla sega circolare da cantiere (n. 16/2005),<br />

<strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> prosegue la pubblicazione degli inserti dedicati alla sicurezza delle macchine da cantiere occupandosi della perforatrice.<br />

Composte da un carro cingolato o gommato con un motore diesel, le perforatrici sono macchine movimento terra impiegate nella<br />

perforazione del suolo in profondità e per la costruzione di gallerie. Queste macchine sono dotate di una cabina di guida, generalmente<br />

insonorizzata e munita di protezioni per il conduttore che lo riparano sia dalla caduta di materiale dall’alto e dalla proiezione dello stesso in<br />

caso di perforazioni orizzontali (nel caso di scavi in galleria), sia dalla possibilità di schianto, di rovesciamento e di ribaltamento (ROPS).<br />

L’Inserto propone un breve inquadramento normativo e un approfondimento che guida all’individuazione dei rischi mediante l’analisi delle<br />

principali caratteristiche e modalità di impiego, indica la documentazione necessaria a corredo della macchina, affronta il tema della<br />

formazione dell’operatore addetto alla conduzione. In chiusura, una check list per la verifica delle condizioni della macchina.<br />

Speciale<br />

IGIENE DEL LAVORO<br />

ARTICOLI ........................................................................................................................................................................................da pag. 23<br />

Rischi da vibrazioni meccaniche: la direttiva 2002/44/CE e il suo recepimento ­ Una prolungata esposizione a elevati livelli di<br />

vibrazioni generate da macchinari e utensili portatili vibranti impiegati nell’industria manifatturiera, nel settore estrattivo, nell’industria delle<br />

costruzioni, nel settore agricolo­forestale e nei servizi di pubblica utilità, può causare notevoli disturbi e lesioni a carico degli arti superiori,<br />

con un aumento dell’insorgenza di lesioni vascolari, neurologiche e muscolo­scheletriche a carico del sistema mano­braccio, e del rachide<br />

lombare, con un’alta incidenza di lombalgie, lombosciatalgie, alterazioni degenerative della colonna vertebrale, discopatie e ernie discali<br />

lombari e lombosacrali. Le disposizioni della direttiva della Commissione europea e del Consiglio 25 giugno 2002, n. 2002/44/CE,<br />

pubblicata in G.U.C.E. L del 6 luglio 2002, n. 177 e consultabile all’indirizzo http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com, nella<br />

sezione “Documentazione integrativa”, di prossimo recepimento all’interno dell’ordinamento italiano, impongono un miglioramento<br />

delle condizioni di sicurezza e di tutela della salute del lavoratore esposto a questo rischio. Per ciascuna tipologia di rischio, disturbi derivanti<br />

da vibrazioni trasmesse al sistema mano­braccio e al corpo intero, il provvedimento europeo ha previsto sia un valore limite di esposizione,<br />

da non superare in nessun caso, sia un valore di esposizione che fa scattare l’azione di riduzione del fenomeno. Tra i diversi punti affrontati<br />

nella direttiva è importante evidenziare la differenza esistente tra la valutazione del rischio, che può essere effettuata tramite l’osservazione<br />

delle condizioni di lavoro specifiche, e la misurazione dello stesso, che richiede l’utilizzo di una strumentazione specifica e di una<br />

metodologia appropriata. Inoltre, sono indicati gli elementi a cui deve prestare particolare attenzione il datore di lavoro quando effettua la<br />

valutazione, quali, per esempio, il livello, il tipo e la durata dell’esposizione, la possibilità di impiegare attrezzature alternative progettate per<br />

ridurre il più possibile i livelli di esposizione, il prolungamento del periodo di esposizione oltre l’orario di lavoro nonché l’azione sinergica delle<br />

basse temperature.<br />

L’Approfondimento<br />

CERTIFICAZIONE E QUALITÀ<br />

ARTICOLI ........................................................................................................................................................................................da pag. 62<br />

DOCUMENTO ...................................................................................................................................................................................a pag. 70<br />

La nuova UNI EN ISO 14001:2004 ­ La seconda edizione della norma UNI EN ISO 14001 sui sistemi di gestione ambientale (SGA),<br />

pubblicata di recente da UNI, merita sicuramente qualche approfondimento, quantomeno sulle premesse e sulla modalità del processo di<br />

revisione del testo, sui relativi obiettivi e sui cambiamenti attesi per l’applicazione al mercato nazionale. In particolare, il nuovo testo risulta<br />

essere complessivamente più chiaro e maggiormente compatibile con la ISO 9001 rispetto al passato, offrendo, inoltre, diverse possibilità di<br />

valutazione della conformità del sistema ai requisiti, da quella “di prima parte” fino a quella di terza, passando anche attraverso la verifica<br />

di seconda o terza parte di una attività di valutazione della conformità di prima parte. Rafforzato anche il ruolo della direzione<br />

dell’organizzazione che adotta un SGA, che deve mettere a disposizione le risorse per il miglioramento continuo ed è responsabile della<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

17


SINTESI<br />

RUBRICA<br />

fase finale del ciclo, il cosiddetto “riesame”. Quest’ultimo elemento, insieme al coinvolgimento dei soggetti terzi, enfatizza ai massimi livelli<br />

l’attenzione ai risultati prestazionali. Grande rilevanza assume, poi, il rispetto delle leggi, punto sul quale la nuova norma prevede un<br />

sotto­punto ad hoc, il 4.5.2. Alla serie di norme internazionali ISO/IEC 17000 è affidato il compito di garantire l’affidabilità, la veridicità, la<br />

trasparenza e, soprattutto, la credibilità per tutte le tipologie di valutazione della conformità; parimenti, le altre norme della serie ISO 14000<br />

possono costituire utili supporti all’adozione di un SGA. Il notevole interesse suscitato dalla pubblicazione della UNI EN ISO 14001:2004,<br />

«Sistemi di gestione ambientale ­ Requisiti e guida per l’uso» e, in particolare, la richiesta, proveniente da numerosi soggetti economici e<br />

sociali, di avere indicazioni chiare sulle modifiche intervenute nel testo rispetto all’edizione precedente, ha spinto l’UNI all’elaborazione di<br />

un Rapporto tecnico UNI TR 11157:2005, documento informativo che ha proprio lo scopo di fornire informazioni sulle differenze tra la<br />

nuova edizione della norma e la precedente edizione del 1996. Il documento, liberamente scaricabile in formato pdf dagli indirizzi<br />

www.uni.com, www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com (sezione “Documentazione integrativa”) e www.professionisti24.ilsole24ore.com<br />

(Area <strong>Ambiente</strong>), ha natura informativa e ha lo scopo di fornire informazioni sulle differenze tra la UNI EN ISO 14001:2004 e<br />

la sua precedente edizione del 1996 e, pertanto, non può essere utilizzato per aggiungere, ridurre o modificare i requisiti della UNI EN ISO<br />

14001.<br />

Igiene e sicurezza<br />

ANTINCENDIO<br />

SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 81<br />

Classi di resistenza al fuoco per i prodotti da costruzione ­ La decisione della Commissione 9 agosto 2005, n. 2005/610/CE, reca, in<br />

allegato, tutti i prodotti da costruzione e/o i materiali che soddisfano tutti i requisiti della prestazione caratteristica “reazione al fuoco”,<br />

senza necessità di dover essere sottoposti a ulteriori prove, con pedisseque classi di appartenenza (in G.U.C.E. L dell’11 agosto 2005, n. 208<br />

e all’indirizzo http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com, nella sezione “Notizie normative”).<br />

IGIENE DEL LAVORO<br />

MASSIMA E NOTA ............................................................................................................................................................................a pag. 87<br />

Mobbing: l’indennizzo non è automatico ­ Ai sensi dell’art. 139 del D.P.R. n. 1124/1965, è obbligatoria per ogni medico, che ne<br />

riconosca l’esistenza, la denuncia delle malattie professionali, come indicate nell’elenco approvato con decreto del Ministro del lavoro e delle<br />

politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute. Ora, in virtù dell’art. 10, c. 3 del D.Lgs. n. 38/2000, l’elenco ex art. 139 può<br />

contenere anche liste di malattie di probabile o di possibile origine lavorativa, da tenere sotto osservazione ai fini della revisione delle tabelle<br />

di cui agli artt. 3 e 211 dello stesso D.P.R. 1124/1965. La lista II) del D.M. 27 aprile 2004, emanato in forza dell’art. 10 del D.Lgs. n. 38/2000,<br />

indica le malattie psichiche o psicosomatiche da costrittività organizzativa tra quelle a limitata probabilità d’origine lavorativa. Ebbene, è di<br />

tutt’evidenza che detto D.M. non solo non legittima a posteriori la circ. INAIL n. 71/2003 ­ giacché esso riguarda solo i casi ex art. 139 del<br />

D.P.R. n. 1124/1965 e non consente certo l’indennizzo automatico per i casi di mobbing contemplati, né tampoco in via generale ­ ma<br />

soprattutto non ha altra funzione che quella della raccolta del dato epidemiologico, per verificare l’eventuale modificazione o integrazione<br />

di tali tabelle. (TAR Lazio, 4 luglio 2005, n. 5454)<br />

SICUREZZA DEGLI IMPIANTI<br />

SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 81<br />

Raccordi a pressare per reti di adduzione di gas ­ La circolare del Ministero delle Attività produttive 27 luglio 2005, indirizzato alla<br />

Società di distribuzione gas negli edifici così come ai costruttori e importatori di raccordi a pressare per reti di adduzione gas per edifici civili,<br />

all’UNI e agli installatori di reti di adduzione di gas, ricorda come la norma UNI 11065 rilevi quale norma tecnica di riferimento per i raccordi<br />

a pressare in questione. La norma tecnica per l’installazione è, invece, la UNI TS 11147, emanata nel febbraio 2005 e di efficacia triennale, in<br />

forza della quale questi raccordi potranno essere installati soltanto all’esterno degli edifici. La circolare identifica, peraltro, anche la norma<br />

belga NBN D 51­003, versione febbraio 2005, quale ulteriore norma tecnica per le installazioni di raccordi da effettuare all’interno degli<br />

edifici (in Gazzetta Ufficiale del 2 agosto 2005, n. 178 e all’indirizzo http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com, nella sezione<br />

“Notizie normative”).<br />

SICUREZZA DEL LAVORO<br />

SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 81<br />

Detonatori ad accensione elettrica ­ Il decreto del Ministero dell’Interno 15 agosto 2005 introduce una disciplina restrittiva in<br />

ordine alla fabbricazione, l’importazione, l’esportazione, la detenzione, la commercializzazione, la cessione a qualsiasi titolo, il<br />

trasporto e l’impiego di detonatori ad accensione elettrica a bassa e media intensità, nonché dei prodotti bi­componenti realizzati in<br />

confezioni portatili specificamente destinate alla realizzazione di esplosivi. Fino al 31 dicembre 2007 queste attività saranno<br />

consentite soltanto per esigenze operative e di studio delle Forze armate e dei Corpi armati dello Stato. Fino al 31 ottobre 2005 questi<br />

materiali potranno essere, comunque, utilizzati per attività di posizionamento e sparo (per attività di cava, estrattive ecc.) qualora<br />

siano legittimamente detenuti e purché il brillamento avvenga secondo una procedura di controllo pubblico inserita per lo scopo (in<br />

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20 settembre 2005 ­ N. 18


RUBRICA<br />

SINTESI<br />

Gazzetta Ufficiale del 17 agosto 2005, n. 190 e all’indirizzo http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com, nella sezione<br />

“Notizie normative”).<br />

MASSIMA E NOTA ............................................................................................................................................................................a pag. 87<br />

Obbligo di formazione del lavoratore solo per i rischi a cui risulta esposto ­ L’onere di formazione ed informazione da parte del<br />

datore di lavoro non può essere generico, ma deve esplicarsi in modo preciso e dettagliato in riferimento non solo al rischio ma anche<br />

alle specifiche misure e cautele alle quali conformare l’attività di lavoro così da coinvolgere gli stessi lavoratori nell’opera di prevenzione.<br />

Tale obbligo sussiste poi indipendentemente dall’esperienza specifica dei lavoratori e non può essere in nessun caso trasferito sugli stessi<br />

prestatori d’opera subordinati, beneficiari della tutela. (Tribunale di Bologna, 15 febbraio 2005, n. 2853)<br />

CASO ................................................................................................................................................................................................a pag. 82<br />

<strong>Sicurezza</strong> sul lavoro nelle PA: il ruolo e la responsabilità degli organi di indirizzo politico ­ Con il varo del D.Lgs. n. 626/1994, entrato in<br />

vigore a regime definitivo il 1° gennaio 1997, l’individuazione della figura del datore di lavoro pubblico, a fini prevenzionali, ha acquisito un impulso<br />

via via sempre maggiore, anche per il fatto che questa non era codificata nel sistema normativo precedente. Allo stato attuale della legislazione, la<br />

responsabilità gestionale nell’ambito della Pubblica Amministrazione è affidata alla figura del dirigente pubblico, come definita, in via generale,<br />

nell’art. 4, comma 2, D.Lgs. n. 165/2001, e nell’art. 107, D.Lgs. n. 267/2000, in base ai quali, nell’ambito delle amministrazioni pubbliche, gli<br />

organi di governo sono titolari dei poteri di indirizzo politico­amministrativo, di dotazione organica, strumentale ed economico­finanziaria, e delle<br />

funzioni di controllo dell’ente; ai dirigenti spetta invece la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa delle risorse assegnate e la gestione del<br />

personale. Dall’esame della figura dei dirigenti pubblici si ricava la chiara indicazione che, per quanto attiene all’adempimento degli obblighi di<br />

sicurezza e di salute, essi non hanno vincoli di subordinazione gerarchica e funzionale, né devono sottostare alla decisione di altri organi di governo<br />

dell’ente; i dirigenti pubblici, quindi, non sono equiparabili ai “dirigenti” del settore privato, ma si caratterizzano piuttosto come datori di lavoro.<br />

<strong>Ambiente</strong><br />

ACQUA<br />

SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 95<br />

Acque di vegetazione e scarichi di frantoi oleari ­ Il decreto del Ministero delle Politiche agricole e forestali 6 luglio 2005 riporta l’attesa<br />

normativa nazionale recante criteri uniformi a livello nazionale per l’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e delle sanse umide<br />

dei frantoi oleari, ai sensi e per gli effetti dell’art. 38, D.Lgs. n. 152/1999 e successive modifiche. Ulteriori approfondimenti sui prossimi<br />

numeri di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> (in Gazzetta Ufficiale del 19 luglio 2005, n. 166 del 19 agosto 2005, n. 214, e all’indirizzo http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com,<br />

nella sezione “Notizie normative”).<br />

ARIA<br />

SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 95<br />

Lotta all’effetto serra ­ Con comunicato apparso sulla Gazzetta Ufficiale 30 luglio 2005, n. 176 il Ministero dell’<strong>Ambiente</strong> e della Tutela<br />

del territorio ha reso nota la pubblicazione sul suo sito web (http://www.minambiente.it) del decreto dei Ministeri dell’<strong>Ambiente</strong> e della<br />

Tutela del territorio e delle Attività produttive 1° luglio 2005, n. DEC/RAS854/2005, recante «Disposizioni di attuazione della decisione della<br />

Commissione europea C(2004)130 del 29 gennaio 2004 che istituisce le linee guida per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni<br />

di gas ad effetto serra ai sensi della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio» (in Gazzetta Ufficiale del 30 luglio 2005,<br />

n. 176 e all’indirizzo http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com, nella sezione “Notizie normative”).<br />

MASSIMA E NOTA ..........................................................................................................................................................................a pag. 105<br />

Tutela del diritto alla salute ­ Il diritto alla salute va inteso come stato di benessere psicofisico la cui lesione viene determinata da ogni<br />

immissione idonea a provocare stress, esasperazione e tensione psicologica anche a prescindere dalla prova dell’esistenza di patologie.<br />

(Tribunale di Mantova, sez. II, 5 novembre 2004)<br />

RIFIUTI<br />

TESTO E NOTA ..................................................................................................................................................................................a pag. 91<br />

L’Accordo Comieco e Uniomaceri su controlli, qualità e comunicazione ­ Rinnovato, in data 27 maggio 2005, l’Accordo tra Comieco<br />

(Consorzio nazionale recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica) e Unionmaceri (Associazione di imprese per la raccolta, il recupero<br />

e la valorizzazione dei rifiuti di carta e cartone), con l’obiettivo di definire un quadro di riferimento per gli operatori del recupero in relazione<br />

alle operazioni di accettazione e avvio a riciclaggio dei rifiuti di imballaggio a base cellulosica e della carta da macero nell’ambito<br />

dell’Accordo Quadro Anci­Conai, sottoscritto il 14 dicembre 2004. Il nuovo testo, entrato in vigore il 1° giugno 2005, sarà proposto a tutti<br />

gli operatori del recupero del macero e riguarderà sia le caratteristiche tecniche delle piattaforme sia l’adeguamento del corrispettivo per i<br />

servizi svolti sia altri aspetti come comunicazione dei dati, audit, ispezioni, certificazione di qualità, controllo dei ricevimenti da parte della<br />

piattaforma e gestione dei materiali estranei.<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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19


SINTESI<br />

RUBRICA<br />

SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 96<br />

Veicoli fuori uso e discariche ­ L’articolo 1, legge di conversione n. 168/2005, reca, tra l’altro, al comma 5, una nuova delega a favore del<br />

Governo per l’adozione, entro sei mesi, di alcune disposizioni integrative o correttive del D.Lgs. n. 209/2003, già «Attuazione della direttiva<br />

2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso». Inoltre, all’art. 11, D.L. n. 115/2005, è stato aggiunto il comma 1­bis, per effetto del quale la<br />

disposizione di cui al comma 1 (slittamento del termine di conferimento alle vecchie tipologie di discariche), «non si applica alle discariche di<br />

II categoria, di tipo A, cui si conferiscono materiali di matrice cementizia contenenti amianto, per le quali il termine di conferimento è fissato<br />

alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» (in Gazzetta Ufficiale del 22 agosto 2005, n. 194).<br />

SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 96<br />

Riduzione di sostanze pericolose nei RAEE ­ Il decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, «Attuazione delle direttive 2002/95/CE,<br />

2002/96/CE e 2013/108/CE, relative alla riduzione dell’uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonché<br />

allo smaltimento dei rifiuti», reca misure e procedure finalizzate a prevenire la riduzione di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche<br />

(RAEE), promuovere il reimpiego, il riciclaggio e altre forme di recupero dei RAEE, migliorare ­ da un punto di vista ambientale ­ l’intervento<br />

di tutti i soggetti coinvolti nel ciclo di vita di queste apparecchiature (dai produttori fino ai consumatori) e, infine, ridurre l’uso di sostanze<br />

pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), di cui all’art. 1. Ulteriori approfondimenti sui prossimi numeri di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong><br />

e, a breve, anticipazioni all’indirizzo http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com, nella sezione “Anteprima articoli”<br />

(in S.O. n. 135 alla Gazzetta Ufficiale del 29 luglio 2005, n. 175 e all’indirizzo http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com, nella<br />

sezione “Notizie normative”).<br />

SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 98<br />

Rifiuti: criteri di ammissibilità in discarica ­ Il decreto del Ministero dell’<strong>Ambiente</strong> e della Tutela del territorio 3 agosto 2005<br />

«Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica» riscrive i criteri di ammissibilità per il conferimento dei rifiuti in discarica, in<br />

precedenza già contenuti nel D.M. 13 marzo 2003 oggi abrogato. Ulteriori approfondimenti sui prossimi numeri di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong><br />

e, a breve, anticipazioni all’indirizzo http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com, nella sezione “Anteprima articoli” (in Gazzetta<br />

Ufficiale del 30 settembre 2005, n. 201 e all’indirizzo http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com, nella sezione “Notizie<br />

normative”).<br />

MASSIMA E NOTA ..........................................................................................................................................................................a pag. 104<br />

Le ordinanze sindacali non possono prescindere da una situazione di concreto pericolo ­ Il potere sindacale di emanare ordinanze<br />

contingibili ed urgenti permette anche l’imposizione di obblighi di fare a carico dei destinatari, ma l’esercizio di tale potere non può<br />

prescindere dalla sussistenza di una situazione di effettivo e concreto pericolo per l’incolumità pubblica, la quale non sia fronteggiabile con<br />

gli ordinari strumenti di amministrazione attiva. (TAR Calabria 8 luglio 2005, n. 1154)<br />

TUTELA AMBIENTALE<br />

CASO ................................................................................................................................................................................................a pag. 99<br />

Risarcimento del danno ­ L’organo sanzionatorio risulta essere lo strumento di tutela dell’ambiente di maggiore rilievo in relazione sia al<br />

quantum che il soggetto autore delle violazioni deve versare sia alla natura e tipologia di impegno che l’impresa stessa potrebbe dover<br />

assumere in funzione del ripristino del bene ambientale. Tuttavia, l’attivazione per il risarcimento del danno è tenuta in considerazione dalla<br />

normativa in modalità differenti; infatti, per chi causa un danno e provvede a ripararlo prima del giudizio penale o dell’ordinanza­ingiunzione,<br />

le sanzioni penali e amministrative sono ridotte della metà o di due terzi. Di contro, la Suprema Corte ha ritenuto non applicabile<br />

l’attenuante della riparazione del danno nel momento in cui il risarcimento provenga da un ente assicuratore, poiché la stipula dell’assicurazione<br />

della polizza è antecedente al reato. Su questo punto non mancano, comunque, decisioni in senso opposto. Altro aspetto<br />

interessante sul tema è la possibilità di fruire della sospensione condizionale della pena che risulta essere subordinata, secondo l’art. 165<br />

c.p., all’«adempimento dell’obbligo delle restituzioni; al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno e alla<br />

pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno».<br />

VIA<br />

MASSIMA E NOTA ..........................................................................................................................................................................a pag. 104<br />

VIA: prescrizioni e condizioni non possono essere considerate vizi di incompletezza ­ La presenza di prescrizioni e condizioni in<br />

seno ad una valutazione di impatto ambientale non può essere automaticamente assunta come indice, e tanto meno come prova da sola<br />

sufficiente, dell’esistenza di vizi di incompletezza ed insufficienza negli studi compiuti al riguardo dall’ente proponente, né vale di per sé a<br />

denotare l’inidoneità del progetto originario a ricevere una valutazione comunque sufficiente, poiché l’amministrazione, essendo titolare di<br />

un potere pieno di valutazione e di conformazione della decisione sull’opera, in presenza di manchevolezze del progetto per le quali l’opera<br />

appare di dubbia compatibilità ambientale non deve necessariamente esprimere una via negativa, ma deve, invece, valutare la possibilità di<br />

prescrivere misure mitigative o modifiche al progetto. (TAR Lazio, 14 aprile 2005, n. 2032)<br />

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20 settembre 2005 ­ N. 18


RISCHI DA VIBRAZIONI MECCANICHE<br />

LA DIRETTIVA 2002/44/CE E IL SUO RECEPIMENTO<br />

In questo Speciale pubblichiamo una serie di contributi dedicati alla<br />

direttiva 25 giugno 2002, n. 2002/44/CE, la sedicesima ai sensi dell’articolo<br />

16, paragrafo 1, della direttiva n. 89/391/CEE, che stabilisce le prescrizioni<br />

minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi<br />

derivanti dalle vibrazioni meccaniche.<br />

In particolare si affrontano i seguenti aspetti:<br />

­ nuovi adempimenti aziendali;<br />

­ misure preventive;<br />

­ sorveglianza sanitaria;<br />

­ prove standard e misurazioni in campo.<br />

In Europa, i settori occupazionali a maggior rischio di esposizione sono<br />

rappresentati dall’industria delle costruzioni, dal settore metalmeccanico e<br />

metallurgico, dal comparto di cave e di miniere, dai trasporti terrestri,<br />

dall’agricoltura e dalla silvicoltura­foreste.<br />

Le disposizioni della direttiva e, quindi, del decreto legislativo che le<br />

recepirà, consentono un miglioramento delle condizioni di sicurezza dei<br />

lavoratori.<br />

L’entrata in vigore della previsione normativa, la quale impone che i<br />

lavoratori non devono essere esposti a livelli di vibrazioni superiori al valore<br />

limite stabilito, prevede un periodo transitorio massimo di cinque anni, a<br />

decorrere dal 6 luglio 2005, per le attrezzature di lavoro messe a<br />

disposizione dei lavoratori anteriormente al 6 luglio 2007, mentre questo<br />

periodo può essere esteso di altri quattro anni per le attrezzature utilizzate<br />

nei settori agricolo e forestale. Pertanto, l’obbligo del rispetto dei valori<br />

limite di esposizione entra in vigore nel primo caso il 6 luglio 2010, nel<br />

secondo caso il 6 luglio 2014.<br />

Contributi di:<br />

• Massimo Bovenzi<br />

• Anna Maria Faventi<br />

• Mauro Franciosi<br />

• Francesco Furnari<br />

• Sabrina Parise<br />

• Iole Pinto<br />

• Pietro Nataletti<br />

• Omar Nicolini<br />

• Fabio Santini<br />

• Nicola Stacchini<br />

• Marco Vigone


SPECIALE<br />

IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

Dalla Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale una linea guida per applicare la direttiva n. 2002/44/CE<br />

La prevenzione e la sorveglianza sanitaria<br />

dei lavoratori esposti a vibrazioni meccaniche<br />

di Massimo Bovenzi, Direttore dell’Unità Clinica Operativa di Medicina del Lavoro, Dipartimento<br />

di Scienze di Medicina Pubblica, Università degli Studi di Trieste<br />

Numerose attività lavorative<br />

comportano un’esposizione<br />

del lavoratore a elevati livelli di<br />

vibrazioni generate da macchine<br />

agricole e industriali, da veicoli<br />

di trasporto, da utensili portatili<br />

o da manufatti impugnati e<br />

lavorati su un macchinario fisso.<br />

Questo tipo di esposizione può<br />

provocare disturbi e lesioni agli<br />

arti superiori, con un aumentato<br />

rischio di insorgenza di lesioni<br />

vascolari, neurologiche e<br />

muscolo­scheletriche a carico<br />

del sistema mano­braccio,<br />

e al rachide lombare, come<br />

lombalgie, lombosciatalgie,<br />

alterazioni degenerative della<br />

colonna vertebrale, discopatie<br />

ed ernie discali lombari e<br />

lombosacrali. Per rispondere alla<br />

necessità di tutela del lavoratore<br />

interessato da queste patologie,<br />

la Commissione europea e il<br />

Consiglio hanno emanato la<br />

direttiva 25 giugno 2002, n.<br />

2002/44/CE per la protezione<br />

contro i rischi derivanti da<br />

vibrazioni meccaniche. La<br />

normativa europea stabilisce ,<br />

inoltre, che venga istituita una<br />

documentazione sanitaria,<br />

costantemente aggiornata<br />

e accessibile sia al lavoratore<br />

interessato sia alle autorità<br />

competenti che la richiedano.<br />

a vibrazioni<br />

meccaniche in ambiente lavorativo<br />

può essere dovuta a L’esposizione<br />

un’ampia varietà di processi e operazioni<br />

svolti nell’industria manifatturiera,<br />

nel comparto estrattivo,<br />

nell’industria delle costruzioni, nel<br />

settore agricolo-forestale e nei servizi<br />

di pubblica utilità. Una prolungata<br />

esposizione a elevati livelli di<br />

vibrazioni generate da macchine industriali<br />

e agricole, da veicoli di<br />

trasporto, da utensili portatili o da<br />

manufatti impugnati e lavorati su<br />

macchinario fisso, può provocare<br />

disturbi e lesioni a carico degli arti<br />

superiori e della colonna vertebrale.<br />

La direttiva comunitaria n.<br />

2002/44/CE [1] sulla protezione dei<br />

lavoratori contro i rischi da vibrazioni<br />

meccaniche definisce quelle<br />

trasmesse al sistema mano-braccio<br />

come «le vibrazioni meccaniche<br />

che, se trasmesse al sistema manobraccio<br />

nell’uomo, comportano un<br />

rischio per la salute e la sicurezza<br />

dei lavoratori, in particolare disturbi<br />

vascolari, osteoarticolari,<br />

neurologici o muscolari» e le vibrazioni<br />

trasmesse al corpo intero<br />

come «le vibrazioni meccaniche<br />

che, se trasmesse al corpo intero,<br />

comportano rischi per la salute e la<br />

sicurezza dei lavoratori, in particolare<br />

lombalgie e traumi del rachide».<br />

Sulla base delle rilevazioni del<br />

3 rd European Survey on Working<br />

Conditions (Dublino, 2000), è stato<br />

stimato che il 24% dei lavoratori<br />

europei è esposto a vibrazioni meccaniche.<br />

Per l’Italia questa stima è<br />

di circa il 26%. In Europa, i settori<br />

occupazionali a maggior rischio di<br />

esposizione a vibrazioni sono rappresentati<br />

dall’industria delle costruzioni,<br />

dall’industria metalmeccanica<br />

e metallurgica, dal comparto<br />

di cave e di miniere, dai trasporti<br />

terrestri, dall’agricoltura e dalla silvicoltura-foreste.<br />

Si riporta lo stato attuale delle<br />

conoscenze cliniche ed epidemiologiche<br />

sui disturbi e le patologie croniche<br />

causati dall’esposizione occupazionale<br />

sia a vibrazioni trasmesse<br />

al corpo intero con frequenze<br />

comprese tra 0.5 e 80 Hz (whole-body<br />

vibration, WBV) sia a vibrazioni<br />

trasmesse al sistema mano-braccio<br />

nell’intervallo di frequenze<br />

tra 5 e 1.500 Hz (handtransmitted<br />

vibration, HTV). Inoltre,<br />

verranno evidenziati gli aspetti<br />

relativi alla sorveglianza sanitaria<br />

dei lavoratori professionalmente<br />

esposti a vibrazioni meccaniche. In<br />

questo contesto, si esamineranno le<br />

disposizioni della direttiva europea<br />

n. 2002/44/CE sulle vibrazioni<br />

meccaniche e le linee guida della<br />

Società Italiana di Medicina del Lavoro<br />

e Igiene Industriale (SIMLII)<br />

dedicate ai «disturbi e patologie da<br />

esposizione a vibrazioni meccaniche<br />

negli ambienti di lavoro».<br />

[1] «Direttiva 2002/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 giugno 2002 sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute<br />

relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (vibrazioni) (sedicesima direttiva particolare ai sensi<br />

dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE)», in G.U.C.E. L del 6 luglio 2002, n. 177.<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

SPECIALE<br />

Disturbi e patologie da esposizione a vibrazioni meccaniche<br />

Le vibrazioni trasmesse<br />

al sistema mano­braccio<br />

L’esposizione a vibrazioni generate<br />

da utensili portatili è associata a un<br />

aumentato rischio di insorgenza di lesioni<br />

vascolari, neurologiche e muscolo-scheletriche<br />

a carico del sistema<br />

mano-braccio. L’insieme di queste lesioni<br />

è definito “sindrome da vibrazioni<br />

mano-braccio”. La componente<br />

vascolare della sindrome è rappresentata<br />

da una forma secondaria di fenomeno<br />

di Raynaud definita “vibrationinduced<br />

white finger” (VWF) dagli<br />

autori anglosassoni; la componente<br />

neurologica è caratterizzata da una<br />

neuropatia periferica diffusa o multifocale<br />

prevalentemente sensitiva; la<br />

componente osteoarticolare comprende<br />

lesioni cronico-degenerative a carico<br />

dei segmenti ossei e articolari degli<br />

arti superiori (artrosi, osteofitosi), in<br />

particolare a livello dei polsi e dei gomiti.<br />

Alcuni studi hanno anche riportato<br />

un aumentato rischio di alterazioni<br />

muscolo-tendinee (tendiniti, peritendiniti,<br />

tenosinoviti, malattia di de-<br />

Quervain, morbo di Dupuytren) e di<br />

sindromi da intrappolamento dei tronchi<br />

nervosi (sindrome del tunnel carpale,<br />

sindrome di Guyon) nei lavoratori<br />

che usano utensili vibranti. È stato<br />

ipotizzato che nella etiopatogenesi di<br />

queste affezioni giochino un ruolo rilevante<br />

non solo il microtraumatismo<br />

vibratorio ma anche, e soprattutto, fattori<br />

ergonomici quali posture incongrue,<br />

movimenti ripetitivi, elevata forza<br />

di prensione e di spinta sull’impugnatura<br />

degli utensili.<br />

La sindrome<br />

da vibrazioni mano­braccio<br />

La neuropatia da vibranti<br />

Vi è evidenza epidemiologica di<br />

una elevata occorrenza di parestesie<br />

(formicolii), riduzione della sensibilità<br />

tattile e termica, e limitazione della<br />

capacità di manipolazione fine nei lavoratori<br />

esposti a HTV rispetto a<br />

gruppi di controllo. Sono state segnalate<br />

in vari studi epidemiologici prevalenze<br />

di disturbi neurosensitivi periferici<br />

sino all’80%. In generale, i risultati<br />

degli studi clinici ed epidemiologici<br />

hanno evidenziato una tendenza a<br />

un progressivo deterioramento delle<br />

soglie estesiometriche, termiche e vibrotattili<br />

con l’aumentare del tempo di<br />

esposizione e della dose giornaliera o<br />

cumulativa di vibrazioni.<br />

In alcuni studi epidemiologici è<br />

stato rilevato un aumentato rischio di<br />

neuropatie da intrappolamento, in particolare<br />

la sindrome del tunnel carpale<br />

(STC), in gruppi di lavoratori che utilizzano<br />

strumenti vibranti. La STC è<br />

anche comune in categorie di operatori<br />

le cui mansioni lavorative comportano<br />

un notevole impegno muscolotendineo<br />

e frequenti movimenti ripetitivi<br />

del segmento mano-polso. È stato<br />

suggerito che i fattori di stress ergonomico<br />

giocano probabilmente un ruolo<br />

determinante nell’insorgenza e nella<br />

progressione della STC. Il contributo<br />

indipendente dell’esposizione a vibrazioni<br />

e del sovraccarico meccanico e<br />

la loro eventuale interazione nella patogenesi<br />

della STC nei lavoratori che<br />

usano utensili vibranti non è ancora<br />

stato completamente chiarito dagli<br />

studi sperimentali ed epidemiologici.<br />

In una recente revisione della letteratura<br />

epidemiologica, il National Institute<br />

for Occupational Safety and Health<br />

(NIOSH, USA) ha valutato come<br />

dotata di una sufficiente evidenza l’associazione<br />

tra sindrome del tunnel<br />

carpale e lavoro con utensili vibranti,<br />

mentre questa evidenza sembra insufficiente<br />

per altre patologie del distretto<br />

cervico-brachiale.<br />

L’Osteoartropatia da vibranti<br />

Le possibili alterazioni osteoarticolari<br />

causate da HTV rappresentano un<br />

tema controverso. Vari autori ritengono<br />

che le lesioni cronico-degenerative<br />

dei segmenti ossei e delle articolazioni<br />

degli arti superiori osservate negli<br />

esposti a vibranti siano di tipo aspecifico<br />

e simili a quelle dovute al lavoro<br />

manuale pesante o ai processi di invecchiamento.<br />

Le prime indagini radiologiche<br />

avevano riscontrato una<br />

elevata prevalenza di cisti e vacuoli<br />

nelle ossa carpali e metacarpali degli<br />

esposti a HTV, ma successivi studi<br />

non avevano confermato un eccesso<br />

di rischio per queste lesioni rispetto a<br />

gruppi di controllo costituiti da lavoratori<br />

manuali. Alcuni studi, tuttavia,<br />

hanno evidenziato un’aumentata prevalenza<br />

di artrosi dei polsi e di artrosi<br />

e osteofitosi dei gomiti nei minatori,<br />

lavoratori edili e operatori dell’industria<br />

dei metalli esposti a vibrazioni di<br />

bassa frequenza ed elevata ampiezza<br />

generate da utensili a movimento percussorio.<br />

È stato ipotizzato che, oltre<br />

allo stress vibratorio, vari altri fattori<br />

biomeccanici possano contribuire all’etiopatogenesi<br />

delle lesioni osteoarticolari<br />

negli esposti a utensili percussori,<br />

quali, per esempio, il sovraccarico<br />

articolare, lo sforzo muscolare intenso<br />

e le posture incongrue. Un’ipersuscettibilità<br />

individuale potrebbe anche<br />

avere un ruolo nell’insorgenza di<br />

alterazioni artrosiche precoci.<br />

L’Angiopatia da vibranti<br />

L’angiopatia da vibranti (vibrationinduced<br />

white finger, VWF) rappresenta<br />

una delle più frequenti malattie<br />

professionali indennizzate dall’INAIL<br />

nel nostro Paese.<br />

L’angiopatia da vibranti è caratterizzata<br />

da episodi di pallore ben demarcato<br />

a uno o a più dita delle mani<br />

provocati dall’esposizione a vibrazioni<br />

e a microclima freddo (fenomeno<br />

di Raynaud). Qualora la comparsa del<br />

primo episodio di pallore digitale sia<br />

avvenuta dopo l’inizio dell’esposizione<br />

a microtraumatismo vibratorio e<br />

non vi siano elementi clinico-anamnestici<br />

che possano far sospettare una<br />

familiarità per sindromi vasospastiche<br />

oppure un fenomeno di Raynaud primitivo<br />

o secondario ad altre cause, la<br />

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20 settembre 2005 ­ N. 18


SPECIALE<br />

IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

diagnosi anamnestica di angiopatia da<br />

vibranti può essere considerata altamente<br />

probabile.<br />

Negli esposti a vibranti, l’attacco di<br />

Raynaud di solito si limita alla fase<br />

del pallore digitale, mentre la classica<br />

triplice sequenza di pallore-cianosi<br />

(colorito bluastro)-iperemia (rossore)<br />

delle dita delle mani è più frequente<br />

nei soggetti affetti da fenomeno di<br />

Raynaud non occupazionale. Parimenti,<br />

la comparsa di disturbi trofici<br />

(gangrena) alle estremità distali delle<br />

dita è estremamente rara nei lavoratori<br />

con angiopatia da vibranti e ciò in relazione<br />

al predominante carattere funzionale<br />

dell’angiopatia stessa.<br />

Gli studi epidemiologici indicano<br />

che la prevalenza di VWF è estremamente<br />

variabile, dallo 0-5% nei lavoratori<br />

che operano in aree geografiche<br />

a clima caldo, all’80-100% in particolari<br />

gruppi occupazionali esposti a elevati<br />

livelli di vibrazioni nei paesi nordici.<br />

Nella popolazione generale di<br />

sesso maschile e nei gruppi di controllo<br />

non esposti a HTV, la prevalenza<br />

del fenomeno di Raynaud o di sindrome<br />

da ipersensibilità al freddo varia<br />

dall’1,5 al 14% e ciò sembra dovuto a<br />

differenze razziali, climatiche e microclimatiche.<br />

L’associazione tra fenomeno di<br />

Raynaud e attività lavorativa con<br />

utensili vibranti è stata ben documentata<br />

in studi epidemiologici di tipo sia<br />

trasversale sia longitudinale. Vi sono<br />

sufficienti dati epidemiologici che indicano<br />

un significativo aumento dell’occorrenza<br />

di VWF con l’aumentare<br />

dell’intensità e della durata dell’esposizione<br />

a HTV.<br />

Studi di follow up hanno evidenziato<br />

che l’introduzione di misure preventive<br />

per migliorare il lavoro con<br />

utensili vibranti ha determinato una<br />

riduzione della prevalenza e dell’incidenza<br />

di VWF in alcune categorie occupazionali,<br />

in particolare tra i lavoratori<br />

forestali. Questi effetti positivi<br />

sulla salute dei forestali sono stati attribuiti<br />

all’uso di motoseghe dotate di<br />

dispositivi anti-vibranti e all’adozione<br />

di misure amministrative che hanno<br />

consentito una riduzione del tempo di<br />

esposizione e un miglioramento dell’organizzazione<br />

del lavoro. I dati degli<br />

studi epidemiologici sembrano indicare<br />

che la frequenza di VWF è diminuita<br />

nell’ultimo decennio, almeno<br />

in quei gruppi di lavoratori che hanno<br />

impiegato utensili vibranti di nuova<br />

generazione sin dall’inizio dell’attività<br />

lavorativa.<br />

Altre possibili patologie da vibranti<br />

I risultati di alcuni studi epidemiologici<br />

sembrano indicare che l’esposizione<br />

a HTV può determinare una riduzione<br />

patologica della forza muscolare<br />

degli arti superiori, un incremento<br />

del rischio di ipoacusia da trauma acustico<br />

cronico, e l’insorgenza di disturbi<br />

a carico del sistema nervoso centrale.<br />

Si tratta di un numero limitato di<br />

studi, alcuni dei quali viziati da distorsioni<br />

e da errori metodologici, per cui<br />

risulta estremamente difficile, se non<br />

impossibile, ipotizzare eventuali relazioni<br />

dose-risposta per le patologie sopramenzionate.<br />

Le vibrazioni trasmesse<br />

al corpo intero<br />

Un’esposizione prolungata a elevati<br />

livelli di vibrazioni trasmesse a tutto<br />

il corpo da macchine e/o veicoli industriali,<br />

agricoli o per il trasporto pubblico<br />

è associata a un aumentato rischio<br />

di insorgenza di disturbi e di<br />

lesioni a carico del rachide lombare,<br />

quali lombalgie e lombosciatalgie, alterazioni<br />

degenerative della colonna<br />

vertebrale (spondiloartrosi, spondilosi,<br />

osteocondrosi intervertebrale), discopatie<br />

e ernie discali lombari e/o lombosacrali.<br />

Il rischio di insorgenza di<br />

patologie del rachide lombare sembra<br />

aumentare con l’aumentare della durata<br />

e dell’intensità dell’esposizione a<br />

vibrazioni trasmesse al corpo intero.<br />

In alcuni studi è stato anche segnalato<br />

che l’esposizione a vibrazioni trasmesse<br />

al corpo intero può causare<br />

alterazioni a carico del distretto cervico-brachiale,<br />

dell’apparato gastroenterico,<br />

del sistema venoso periferico,<br />

dell’apparato riproduttivo femminile e<br />

del sistema cocleo-vestibolare. Indagini<br />

di tipo trasversale e longitudinale<br />

hanno fornito una sufficiente evidenza<br />

epidemiologica per una significativa<br />

associazione tra esposizione professionale<br />

a vibrazioni trasmesse a tutto<br />

il corpo e patologia del rachide lombare,<br />

mentre l’associazione tra vibrazioni<br />

e lesioni ad altri organi o apparati<br />

non è stata ancora adeguatamente<br />

documentata. È su queste evidenze<br />

epidemiologiche che si basa la definizione<br />

di vibrazioni trasmesse a tutto il<br />

corpo della direttiva europea n. 2002/<br />

44/CE, «le vibrazioni meccaniche<br />

che, se trasmesse al corpo intero,<br />

comportano rischi per la salute e la<br />

sicurezza dei lavoratori, in particolare<br />

lombalgie e traumi del rachide».<br />

In un limitato numero di Stati<br />

membri dell’Unione europea (Belgio,<br />

Germania, Paesi Bassi, Francia), alcune<br />

patologie del rachide, in particolare<br />

del tratto lombare, sono considerate di<br />

origine professionale in presenza di<br />

specifici requisiti relativi all’intensità<br />

e alla durata dell’esposizione alle vibrazioni.<br />

Il ruolo delle vibrazioni nella etiopatogenesi<br />

delle alterazioni del rachide<br />

lombare non è ancora completamente<br />

chiarito poiché la guida di<br />

macchine o veicoli comporta non solo<br />

l’esposizione a vibrazioni potenzialmente<br />

dannose ma anche a fattori<br />

di stress ergonomico quali, per esempio,<br />

una prolungata postura assisa o<br />

frequenti movimenti di flessione e<br />

torsione del rachide. Inoltre, alcune<br />

categorie di autisti, come gli addetti a<br />

lavori di trasporto in vari settori commerciali,<br />

possono svolgere attività di<br />

sollevamento e spostamento di carichi<br />

manuali che rappresentano un’ulteriore<br />

fattore di stress per il tratto<br />

lombare del rachide. Alcune caratteristiche<br />

individuali (età, indice di massa<br />

corporea, abitudine al fumo di tabacco,<br />

aspetti costituzionali), fattori<br />

di natura psicosociale e pregressi<br />

traumatismi alla schiena sono anche<br />

riconosciuti come importanti variabili<br />

predittive della comparsa di disturbi<br />

al rachide, in particolare di lombalgie.<br />

Pertanto, i sintomi muscolo-scheletrici<br />

e le lesioni al rachide lombare negli<br />

autisti di macchine o veicoli rappre-<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

25


IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

SPECIALE<br />

sentano un complesso di alterazioni<br />

di origine multifattoriale nella cui<br />

etiopatogenesi intervengono fattori di<br />

natura sia occupazionale sia extra-occupazionale.<br />

Ne deriva che risulta<br />

molto difficile separare il contributo<br />

delle vibrazioni da quello di altri fattori<br />

di rischio individuale ed ergonomico<br />

nell’insorgenza e/o aggravamento<br />

di turbe del rachide. Studi di<br />

biodinamica hanno tuttavia evidenziato<br />

i possibili meccanismi attraverso<br />

i quali le vibrazioni possono indurre<br />

lesioni all’apparato muscolo-scheletrico<br />

del rachide:<br />

l sovraccarico meccanico dovuto a<br />

fenomeni di risonanza della colonna<br />

vertebrale nell’intervallo di frequenze<br />

delle vibrazioni tra 3 e 10 Hz, con<br />

conseguente danno strutturale a carico<br />

dei corpi vertebrali, dischi e articolazioni<br />

intervertebrali;<br />

l eccessiva risposta contrattile dei<br />

muscoli paravertebrali causata da intenso<br />

stimolo vibratorio, con conseguenti<br />

fenomeni di strain e affaticamento<br />

muscolare.<br />

La sorveglianza sanitaria<br />

Le disposizioni<br />

della direttiva europea<br />

La direttiva europea n. 2002/44/<br />

CE sulle vibrazioni meccaniche afferma,<br />

all’art. 8, che «la sorveglianza<br />

sanitaria, i cui risultati sono considerati<br />

ai fini dell’applicazione di misure<br />

preventive sullo specifico luogo di<br />

lavoro, è tesa alla prevenzione e alla<br />

diagnosi precoce di ogni danno connesso<br />

all’esposizione a vibrazioni<br />

meccaniche. Tale sorveglianza è appropriata<br />

quando:<br />

(a) l’esposizione dei lavoratori alle<br />

vibrazioni è tale da rendere possibile<br />

l’individuazione di un nesso tra l’esposizione<br />

in questione e una malattia<br />

identificabile o effetti nocivi per la salute;<br />

(b) è probabile che la malattia o gli<br />

effetti sopraggiungano nelle particolari<br />

condizioni di lavoro del lavoratore;<br />

(c) esistono tecniche sperimentate<br />

che consentono di individuare la malattia<br />

o gli effetti nocivi per la salute.<br />

In ogni caso i lavoratori esposti<br />

ad un livello di vibrazioni meccaniche<br />

superiore ai valori di cui all’articolo<br />

3, paragrafo 1, lettera b) e paragrafo<br />

2, lettera b) [cioè i valori di<br />

azione, n.d.a.], hanno diritto ad essere<br />

sottoposti a sorveglianza sanitaria<br />

adeguata».<br />

I valori di azione stabiliti dalla direttiva<br />

europea sono 2,5 ms -2 rms per le<br />

vibrazioni mano-braccio e 0.5 ms -2 rms<br />

per le vibrazioni trasmesse al corpo intero,<br />

entrambi espressi in termini di accelerazione<br />

ponderata in frequenza<br />

equivalente a 8 ore di lavoro [A(8)].<br />

La direttiva europea prescrive che<br />

sia istituita e aggiornata una documentazione<br />

sanitaria individuale, conservata<br />

in forma idonea, a cui ha accesso il<br />

singolo lavoratore interessato e che dovrà<br />

essere fornita alle autorità competenti<br />

su richiesta.<br />

Nel caso il medico competente<br />

identifichi una malattia o affezione correlata<br />

con l’esposizione alle vibrazioni,<br />

il medico competente stesso dovrà informarne<br />

sia il lavoratore interessato,<br />

fornendogli il proprio parere sul controllo<br />

sanitario a cui dovrà sottoporsi<br />

nel periodo successivo all’esposizione,<br />

sia il datore di lavoro nel rispetto del<br />

segreto professionale. Al verificarsi di<br />

questa evenienza, scattano una serie di<br />

obblighi per il datore di lavoro che dovrà:<br />

l sottoporre a revisione la valutazione<br />

dei rischi;<br />

l sottoporre a revisione le misure predisposte<br />

per eliminare o ridurre i rischi;<br />

l tener conto del parere del medico<br />

competente o dell’autorità competente<br />

nell’attuazione delle misure necessarie<br />

per eliminare o ridurre il rischio, «compresa<br />

la possibilità di assegnare il lavoratore<br />

ad attività alternative che non<br />

comportano il rischio di ulteriore esposizione»;<br />

l organizzare «una sorveglianza sanitaria<br />

continua» e prendere «misure affinché<br />

sia riesaminato lo stato di salute<br />

di tutti gli altri lavoratori che hanno<br />

subito un’esposizione simile. In tali casi<br />

il medico competente o lo specialista<br />

in medicina del lavoro, ovvero l’autorità<br />

competente può proporre che i soggetti<br />

esposti siano sottoposti a esame<br />

medico». Anche in questo caso si evidenzia<br />

la stretta relazione esistente tra<br />

valutazione del rischio e sorveglianza<br />

sanitaria, essendo quest’ultima motivata<br />

dalla prima e nello stesso tempo<br />

chiamata a confermare, oppure a sottoporre<br />

a revisione, le procedure di accertamento<br />

del rischio.<br />

La direttiva n. 2002/44/CE non dà<br />

disposizioni sull’organizzazione della<br />

sorveglianza sanitaria in termini di visita<br />

medica preventiva, periodica o straordinaria,<br />

spetterà, pertanto, ai singoli<br />

Stati membri legiferare su questi adempimenti<br />

sulla base delle norme nazionali<br />

e delle direttive europee precedentemente<br />

adottate.<br />

È prevedibile che il recepimento<br />

delle disposizioni europee determinerà<br />

un ampliamento delle categorie di lavoratori<br />

esposti a vibrazioni meccaniche<br />

da sottoporre a sorveglianza sanitaria,<br />

in particolare quelli esposti a vibrazioni<br />

al corpo intero, per i quali non è<br />

attualmente obbligatoria alcuna forma<br />

di sorveglianza sanitaria.<br />

Le linee guida della SIMLII<br />

sulla sorveglianza sanitaria<br />

La SIMLII ha preparato una linea<br />

guida specifica allo scopo di gestire in<br />

modo appropriato le disposizioni della<br />

direttiva europea e le problematiche<br />

generali relative alla valutazione del<br />

rischio e alla sorveglianza sanitaria<br />

dei lavoratori esposti a vibrazioni<br />

meccaniche. Le linee guida della SI-<br />

MLII forniscono strumenti culturali e<br />

operativi per la conduzione dei controlli<br />

sanitari preventivi e periodici negli<br />

esposti a vibrazioni meccaniche;<br />

vengono, inoltre, suggeriti alcuni cri-<br />

26 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18


SPECIALE<br />

IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

teri sia per la diagnosi delle malattie<br />

professionali causate dall’esposizione<br />

a vibrazioni, sia per la formulazione<br />

del giudizio di idoneità al rischio specifico.<br />

I lavoratori esposti a vibrazioni<br />

meccaniche generate da macchine,<br />

utensili o veicoli devono essere sottoposti<br />

a procedure di sorveglianza sanitaria<br />

che comprendono una visita<br />

medica preventiva e successive visite<br />

mediche periodiche a intervalli regolari.<br />

Poiché i sintomi e i segni clinici<br />

delle malattie causate dalle vibrazioni<br />

meccaniche non hanno caratteristiche<br />

di specificità e possono essere<br />

comuni ad altre condizioni patologiche,<br />

in occasione dei controlli sanitari<br />

il medico competente dovrà considerare<br />

la possibilità di utilizzare vari<br />

strumenti clinici e di laboratorio per<br />

poter formulare una corretta diagnosi<br />

differenziale.<br />

La visita medica preventiva<br />

Gli scopi della visita medica preventiva<br />

sono di:<br />

l informare il lavoratore sui rischi<br />

associati all’uso di veicoli, macchine<br />

e/o utensili vibranti e sui mezzi di prevenzione<br />

attualmente disponibili;<br />

l acquisire una documentazione sanitaria<br />

individuale di base da poter in<br />

seguito confrontare con i dati clinici<br />

raccolti nelle successive visite mediche<br />

periodiche;<br />

l individuare la pre-esistenza di condizioni<br />

patologiche che possono determinare<br />

un aumento del rischio di<br />

occorrenza di lesioni da vibrazioni<br />

meccaniche nel lavoratore portatore di<br />

queste affezioni.<br />

La visita medica preventiva deve<br />

essere eseguita in conformità ai<br />

principi e alle pratiche che disciplinano<br />

la medicina del lavoro e deve<br />

comprendere la storia (anamnesi)<br />

personale, lavorativa e sanitaria del<br />

soggetto, un esame obiettivo completo<br />

con particolare riferimento<br />

agli apparati vascolare, neurologico<br />

e muscoloscheletrico degli arti superiori<br />

in caso di esposizione a vibrazioni<br />

mano-braccio o alla colonna<br />

vertebrale in caso di esposizione a<br />

vibrazioni trasmesse al corpo intero.<br />

L’esecuzione di eventuali altre indagini<br />

specialistiche e di laboratorio<br />

sarà subordinata al giudizio clinico<br />

del medico competente.<br />

Le informazioni sulla storia personale,<br />

lavorativa e sanitaria dei lavoratori<br />

esposti a vibrazioni meccaniche<br />

possono essere raccolte mediante<br />

questionari standardizzati.<br />

Esempi di questi questionari sono<br />

disponibili per gli operatori sanitari<br />

su internet al sito http://www.humanvibration.com<br />

a cura del Vibration<br />

Injury Network (VINET). Nelle<br />

appendici H1B e W1B del rapporto<br />

finale di VINET alla Commissione<br />

europea, sono riportate le versioni in<br />

lingua italiana di quattro questionari<br />

per gli esposti a vibrazioni manobraccio<br />

e di due questionari per gli<br />

esposti a vibrazioni al corpo intero. I<br />

questionari possono essere utilizzati<br />

sia per la sorveglianza sanitaria sia<br />

per studi epidemiologici. Per le vibrazioni<br />

mano-braccio, due questionari<br />

(uno per il controllo sanitario<br />

preventivo e uno per il controllo sanitario<br />

periodico) sono disegnati per<br />

l’autosomministrazione, mentre gli<br />

altri due questionari (uno per il controllo<br />

sanitario preventivo e uno per<br />

il controllo sanitario periodico) vanno<br />

invece somministrati da personale<br />

sanitario esperto e contengono<br />

una sezione dedicata all’esame clinico<br />

obiettivo. Per le vibrazioni trasmesse<br />

al corpo intero, sono disponibili<br />

due questionari, dei quali uno<br />

è dedicato al controllo sanitario preventivo<br />

e l’altro al controllo sanitario<br />

periodico.<br />

La visita medica periodica<br />

I lavoratori che sono esposti a<br />

vibrazioni meccaniche e che alla visita<br />

medica preventiva hanno ricevuto<br />

un giudizio di idoneità, dovranno<br />

essere in seguito sottoposti a<br />

controlli sanitari con periodicità regolare.<br />

In occasione della visita periodica,<br />

il medico competente dovrà<br />

eseguire un raccordo anamnestico<br />

riportando nella cartella sanitaria del<br />

lavoratore qualsiasi nuovo evento<br />

accaduto nel periodo di tempo intercorrente<br />

dall’ultimo controllo, per<br />

quanto riguarda sia l’esposizione a<br />

vibrazioni (per esempio, variazioni<br />

nel tipo di veicoli, macchine o utensili<br />

usati e/o nel tempo di esposizione<br />

giornaliera), sia l’occorrenza di<br />

malattie o di eventi traumatici e la<br />

possibile comparsa di disturbi associati<br />

con l’esposizione a vibrazioni.<br />

Nella cartella sanitaria dovranno essere,<br />

inoltre, riportati eventuali cambiamenti<br />

nello stile di vita (per<br />

esempio, consumo di tabacco e alcool),<br />

variazioni nell’assunzione di<br />

farmaci, nonché i risultati dell’esame<br />

clinico obiettivo eseguito secondo<br />

i criteri standardizzati riportati<br />

nelle linee guida della SIMLII.<br />

Nel caso di esposizione a vibrazioni<br />

mano-braccio, per esempio, una accurata<br />

storia clinica, eseguita secondo<br />

i criteri dello Stockholm Workshop 94,<br />

rappresenta tuttora il gold standard<br />

per la diagnosi di fenomeno di Raynaud.<br />

Sono stati suggeriti i seguenti<br />

“requisiti anamnestici minimi” per la<br />

diagnosi di fenomeno di Raynaud secondario<br />

a esposizione a vibrazioni<br />

mano-braccio:<br />

l anamnesi positiva per episodi di<br />

pallore ben demarcato a uno o più dita<br />

delle mani provocati dall’esposizione<br />

a microclima freddo (una storia di sola<br />

cianosi non è sufficiente per una<br />

diagnosi di fenomeno di Raynaud di<br />

origine occupazionale);<br />

l comparsa del primo episodio di<br />

pallore digitale dopo l’inizio dell’esposizione<br />

a vibrazioni mano-braccio;<br />

l assenza di elementi clinico-anamnestici<br />

suggestivi per familiarità positiva<br />

per sindromi vasospastiche oppure<br />

per fenomeno di Raynaud primitivo<br />

o secondario ad altre patologie locali o<br />

sistemiche;<br />

l presenza di episodi di pallore digitale<br />

negli ultimi due anni durante i<br />

quali vi sia stata esposizione a vibrazioni<br />

mano-braccio (fenomeno di<br />

Raynaud da vibranti in fase attiva).<br />

Gli accertamenti strumentali<br />

Il ricorso a eventuali indagini spe-<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

27


IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

cialistiche in occasione del controllo<br />

sanitario preventivo o periodico dovrà<br />

essere deciso dal medico competente<br />

sulla base dei sintomi riportati dal lavoratore<br />

e dei risultati dell’esame clinico<br />

obiettivo. Un supplemento di indagini<br />

specialistiche può rendersi necessario<br />

per:<br />

l formulare correttamente una diagnosi<br />

clinica di malattia da vibrazioni<br />

meccaniche;<br />

l studiare con accuratezza i disturbi<br />

riportati dal lavoratore;<br />

l procedere a una accurata valutazione<br />

funzionale e prognostica del caso;<br />

l acquisire elementi clinico-laboratoristici<br />

per la diagnosi differenziale;<br />

l valutare il danno biologico in sede<br />

medico-legale.<br />

Le linee guida della SIMLII riportano<br />

in dettaglio le procedure e le<br />

tecniche specialistiche per l’esecuzione<br />

di indagini vascolari, neurofisiologiche,<br />

radiologiche ed ematoimmunologiche<br />

nei lavoratori esposti<br />

a vibrazioni mano-braccio, nonché le<br />

indagini specialistiche (diagnostica<br />

per immagini, consulenza ortopedica,<br />

fisiatrica e neurologica) a cui,<br />

eventualmente, sottoporre i lavoratori<br />

esposti a vibrazioni trasmesse al<br />

corpo intero che evidenzino quadri<br />

clinici compatibili con la presenza di<br />

patologie a carico della colonna vertebrale.<br />

Queste ulteriori indagini diagnostiche<br />

possono essere effettuate dal medico<br />

competente stesso qualora ne abbia<br />

l’abilitazione e la comprovata capacità,<br />

oppure da specialisti nelle appropriate<br />

discipline mediche. Va sottolineata<br />

la necessità che gli operatori<br />

sanitari adottino strumentazione e procedure<br />

standardizzate per le indagini<br />

specialistiche.<br />

SPECIALE<br />

La denuncia<br />

di malattia professionale<br />

Nel D.M. 27 aprile 2004 [2] , che riporta<br />

l’aggiornamento dell’elenco delle<br />

malattie per le quali è obbligatoria<br />

la denuncia ai sensi dell’art. 139,<br />

D.P.R. n. 1124/1965 e seguenti modifiche,<br />

le patologie da vibrazioni trasmesse<br />

al sistema mano-braccio sono<br />

inserite nella lista I (gruppo 2 - malattie<br />

da agenti fisici), ovvero la lista<br />

contenente le malattie la cui origine<br />

lavorativa è considerata di elevata<br />

probabilità. In particolare, sono citate<br />

le seguenti patologie:<br />

l sindrome di Raynaud secondaria<br />

(angioneurosi delle dita delle mani);<br />

l osteoartropatie (polso, gomito,<br />

spalla);<br />

l sindrome del tunnel carpale;<br />

l altre neuropatie degli arti superiori;<br />

l tendiniti-tenosinoviti del segmento<br />

mano-polso.<br />

Nel medesimo D.M. 27 aprile<br />

2004, le patologie da vibrazioni trasmesse<br />

al corpo intero «per le attività<br />

di guida di automezzi pesanti e conduzione<br />

di mezzi meccanici» sono inserite<br />

nella lista II (gruppo 2 - malattie<br />

da agenti fisici), ovvero la lista contenente<br />

le malattie la cui origine lavorativa<br />

è considerata di limitata probabilità.<br />

In particolare, sono citate le seguenti<br />

patologie:<br />

l spondilodiscopatie del tratto lombare;<br />

l ernia discale lombare.<br />

È opportuno ricordare che l’elenco<br />

delle malattie incluse nel decreto, peraltro,<br />

già previsto dall’art. 10, D.Lgs.<br />

n. 38/2000, ha uno scopo ben preciso,<br />

cioè quello di elencare le patologie<br />

«da tenere sotto osservazione ai fini<br />

della revisione delle tabelle delle malattie<br />

professionali di cui agli articoli<br />

3 e 211 del testo unico».<br />

Gli artt. 3 e 211, D.P.R. n. 1124/<br />

1965, più volte modificati, riportano<br />

le malattie professionali tabellate<br />

(l’ultimo elenco [3] è quello approvato<br />

con il D.P.R. n. 336/1994 [4] ). Pertanto,<br />

la denuncia ai sensi dell’art. 139,<br />

D.P.R. n. 1124/1965 non equivale né<br />

al referto (art. 365 c.p.) né al primo<br />

certificato di malattia professionale<br />

(art. 52, D.P.R. n. 1124/1965), ma viene<br />

utilizzata solo a fini statistico-epidemiologici.<br />

Ne deriva che l’invio<br />

della denuncia di cui all’art. 139,<br />

D.P.R. n. 1124/1965 non implica l’avvio<br />

della procedura prevista all’invio<br />

del referto all’Autorità Giudiziaria, né<br />

che l’Istituto Assicuratore attiverà il<br />

percorso per il riconoscimento della<br />

patologia denunciata in quanto questo<br />

avviene solo dopo che il datore di lavoro<br />

ha provveduto a segnalarne l’esistenza<br />

ai sensi del citato art. 52, D.P.R.<br />

n. 1124/1965.<br />

Nella lista ufficiale delle malattie<br />

professionali riconosciute dall’Unione<br />

europea (raccomandazione della<br />

Commissione 19 settembre 2003, n.<br />

2003/670/CE) [5] sono inserite le malattie<br />

vascolari e osteoarticolari causate<br />

dall’esposizione a vibrazioni manobraccio<br />

(Allegato I, voci 505.01 e<br />

505.02), mentre le «discopatie della<br />

colonna dorsolombare provocate da<br />

vibrazioni verticali ripetute dell’insieme<br />

del corpo» (Allegato II, voce<br />

2.502) sono menzionate nell’elenco<br />

delle malattie di sospetta origine professionale<br />

che potrebbero essere inserite<br />

in futuro nell’Allegato I dell’elenco<br />

europeo.<br />

La legislazione italiana riconosce<br />

come indennizzabili solamente l’angiopatia<br />

e l’osteoartropatia da utensili<br />

vibranti [6] . La tabella delle malattie<br />

[2] In Gazzetta Ufficiale del 10 giugno 2004, n. 134.<br />

[3] L’ultimo elenco delle tabelle delle malattie professionali approvato con il D.P.R. n. 336/1994 è disponibile on line all’indirizzo<br />

www.inail.it.<br />

[4] In Gazzetta Ufficiale del 7 giugno 1994, n. 131.<br />

[5] In G.U.C.E. L 25 settembre 2003, n. 238.<br />

[6] Nel D.P.R. n. 336/1994:<br />

• voce 52 della tabella delle malattie professionali nell’industria;<br />

• voce 27 della tabella delle malattie professionali nell’agricoltura, limitatamente alle lavorazioni forestali con uso di motoseghe<br />

portatili).<br />

28 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18


SPECIALE<br />

IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

professionali nell’industria e nell’agricoltura<br />

è attualmente in avanzata fase<br />

di revisione.<br />

Il giudizio di idoneità lavorativa<br />

È ben noto a ogni medico competente<br />

che il giudizio di idoneità lavorativa<br />

dipende dallo stato di salute generale<br />

del soggetto e da fattori legati alla<br />

variabilità biologica degli individui e<br />

a considerazioni di ordine socio-economico.<br />

I protocolli sanitari e le linee<br />

guida per l’idoneità lavorativa rappresentano<br />

un utile strumento di lavoro<br />

nelle mani del medico esperto, ma<br />

possono essere controproducenti se<br />

applicati meccanicamente senza adeguata<br />

considerazione delle caratteristiche<br />

dell’ambiente lavorativo e delle<br />

condizioni fisiopatologiche e psicologiche<br />

del soggetto da esaminare.<br />

Adottare rigidi criteri sanitari per<br />

l’idoneità all’esposizione a un rischio<br />

specifico non appare una prassi ragionevole<br />

quando l’innovazione tecnologica<br />

consente di implementare adeguate<br />

misure di prevenzione tecnica e<br />

personale. In questo contesto, vi sono<br />

alcune interessanti novità sul versante<br />

della prevenzione primaria del rischio<br />

da vibrazioni meccaniche. Il recepimento<br />

della Direttiva Macchine<br />

(D.P.R. n. 459/1996) e il contestuale<br />

obbligo per il produttore di riportare<br />

sulla scheda tecnica il valore dell’accelerazione<br />

delle vibrazioni degli<br />

utensili o dei veicoli, sta determinando<br />

l’immissione sul mercato di nuove<br />

macchine che generano livelli di vibrazioni<br />

compatibili con i valori di<br />

azione della direttiva europea n. 2002/<br />

44/CE. Nel contempo sono disponibili<br />

sul mercato i primi esemplari di guanti<br />

da lavoro dotati di effettive proprietà<br />

antivibranti certificate in accordo con<br />

le procedure indicate nello standard<br />

UNI EN ISO 10819 (1996).<br />

La limitazione dell’esposizione a<br />

vibrazioni meccaniche o l’allontanamento<br />

del lavoratore dall’esposizione<br />

stessa dovrà essere decisa dal medico<br />

competente sulla base di considerazioni<br />

relative alla severità dei sintomi<br />

e dei segni clinici, alle caratteristiche<br />

del processo lavorativo, e ad altri<br />

aspetti legati sia ad accordi contrattuali<br />

sia alla legislazione dell’Unione<br />

europea e italiana. Per esempio, per<br />

quanto riguarda le vibrazioni manobraccio,<br />

alcune istituzioni accademiche<br />

ed enti governativi hanno suggerito<br />

l’allontanamento dall’esposizione<br />

a vibrazioni mano-braccio per i<br />

lavoratori che risultano affetti da disturbi<br />

vascolari e/o neurologici di<br />

grado medio-severo. Poiché, tuttavia,<br />

vi sono evidenze cliniche ed epidemiologiche<br />

che i disturbi da vibrazioni<br />

mano-braccio, in particolare quelli<br />

vascolari, possono essere reversibili a<br />

seguito della riduzione o della cessazione<br />

dell’esposizione, il medico<br />

competente dovrà discutere con il lavoratore<br />

la possibilità di un suo reinserimento<br />

in mansioni che comportano<br />

l’uso di utensili vibranti qualora<br />

successive visite periodiche dimostrino<br />

un progressivo miglioramento o la<br />

scomparsa dei sintomi e dei segni clinici<br />

della sindrome da vibrazioni mano-braccio.<br />

l<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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29


IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

SPECIALE<br />

Le deroghe per l’applicazione delle disposizioni comunitarie sono concesse dall’ASL per un periodo massimo di quattro anni<br />

Lo schema della direttiva n. 2002/44/CE<br />

per il recepimento nell’ordinamento italiano<br />

di Anna Maria Faventi, Dirigente Divisione VI della Direzione Generale della Tutela delle Condizioni<br />

di Lavoro del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, e Mauro Franciosi, Divisione VI della Direzione<br />

Generale Tutela delle Condizioni di Lavoro del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali<br />

La direttiva 25 giugno 2002,<br />

n. 2002/44/CE, che rappresenta la<br />

sedicesima direttiva particolare,<br />

ai sensi dell’art. 16, paragrafo 1,<br />

direttiva n. 89/391/CEE, stabilisce<br />

le prescrizioni minime di sicurezza<br />

e di salute relative all’esposizione<br />

dei lavoratori ai rischi derivanti<br />

da agenti fisici, le vibrazioni<br />

meccaniche. Nel Testo Unico<br />

di salute e sicurezza sul lavoro,<br />

nell’ambito del Titolo XI,<br />

“Agenti fisici”, era stato previsto<br />

il recepimento di questa direttiva,<br />

in un apposito Capo, (il terzo),<br />

con decorrenza al 15 febbraio<br />

2006, come previsto dalla<br />

direttiva stessa. La mancata<br />

approvazione della bozza di<br />

decreto attuativo della delega,<br />

di cui all’art. 3, legge n. 229/2003,<br />

ha reso necessaria<br />

la predisposizione e l’adozione<br />

di un decreto legislativo ad hoc,<br />

sulla base della delega prevista<br />

nella legge comunitaria per<br />

l’anno 2003 (legge 31 ottobre<br />

2003, n. 306). Fino ad allora<br />

continuerà ad applicarsi il Capo<br />

IV, D.Lgs. n. 277/1991, e una volta<br />

approvato, questo decreto<br />

integrerà le disposizioni del<br />

D.Lgs. n. 626/1994 in materia.<br />

Le disposizioni della direttiva del<br />

la Commissione europea e del<br />

Consiglio 25 giugno 2002, n.<br />

2002/44/CE e, quindi, del decreto legislativo<br />

che recepirà queste disposizioni,<br />

impongono un miglioramento<br />

delle condizioni di sicurezza dei lavoratori.<br />

Occorre, al riguardo, rilevare<br />

che l’attuale ordinamento prevede, all’art.<br />

24, D.P.R. n. 303/1956, genericamente,<br />

che nelle lavorazioni nelle<br />

quali si producono scuotimenti e vibrazioni<br />

dannose vige l’obbligo di<br />

adottare «i provvedimenti consigliati<br />

dalla tecnica per diminuirne l’intensità».<br />

Inoltre, è prevista la sorveglianza<br />

sanitaria, ex art. 33, D.P.R. n. 303/<br />

1956 e voce 48 della tabella a esso<br />

allegata, per alcune tipologie di lavoratori.<br />

Va, inoltre, sottolineato che, a livello<br />

europeo, è stata predisposta una<br />

linea-guida in materia, la cui versione<br />

ufficiale, in lingua inglese, si spera<br />

venga presto resa disponibile anche<br />

in italiano.<br />

Lo schema di decreto di recepimento<br />

è stato realizzato seguendo il<br />

più fedelmente possibile le disposizioni<br />

della direttiva e, di conseguenza,<br />

risulta costituito da 13 articoli e<br />

da un allegato tecnico, riportati nella<br />

tabella 1. Al riguardo, si ritiene opportuno<br />

riportare di seguito un breve<br />

commento su alcune previsioni normative,<br />

da ritenersi particolarmente<br />

importanti.<br />

Campo di applicazione<br />

Il campo di applicazione stabilisce,<br />

senza equivoci, che la normativa si<br />

applica, fermo restando quanto disposto<br />

dall’art. 1, decreto legislativo n.<br />

626/1994, alle attività lavorative che<br />

espongono o possono esporre a rischi<br />

derivanti da vibrazioni meccaniche.<br />

Nelle definizioni è chiaramente<br />

specificato che i lavoratori esposti a<br />

vibrazioni meccaniche vengono protetti<br />

dai seguenti effetti nocivi:<br />

l disturbi vascolari, osteoarticolari,<br />

neurologici o muscolari, per le vibrazioni<br />

trasmesse al sistema mano-braccia;<br />

l lombalgie e traumi del rachide,<br />

per le vibrazioni trasmesse al corpo.<br />

Per ciascuna delle tipologie di rischio<br />

sono stati previsti sia un valore<br />

limite di esposizione, che non può<br />

essere mai superato, sia un valore di<br />

esposizione che fa scattare l’azione,<br />

ambedue normalizzati su un periodo<br />

giornaliero di 8 ore lavorative, i cui<br />

valori numerici sono riportati nella<br />

tabella 2.<br />

Esposizione: valutazione<br />

e misurazione<br />

La valutazione o la misurazione<br />

del livello di esposizione dei lavoratori<br />

alle vibrazioni meccaniche sono<br />

realizzate sulla base delle modalità<br />

descritte nell’allegato tecnico e, in relazione<br />

ai valori riscontrati, ne discende<br />

l’adozione, da parte del datore<br />

di lavoro, di specifiche misure organizzative,<br />

procedurali e tecniche<br />

esplicitate negli appositi articoli.<br />

Viene stabilita la differenza che<br />

esiste tra valutazione e misurazione.<br />

La prima può essere effettuata<br />

mediante l’osservazione delle condizioni<br />

di lavoro specifiche e il riferi-<br />

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20 settembre 2005 ­ N. 18


SPECIALE<br />

IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

TABELLA 1<br />

Schema di decreto di recepimento della direttiva n. 2002/44/CE<br />

Art. 1 Fissa il campo di applicazione che comprende tutte le attività in cui i lavoratori sono o possono essere esposti<br />

agli agenti fisici, le vibrazioni meccaniche<br />

Art. 2 Fornisce le definizioni di vibrazioni trasmesse al sistema mano­braccio e al corpo intero, indicando i rischi<br />

per la salute e la sicurezza dei lavoratori che si intendono evitare<br />

Art. 3 Fissa i valori di azione e i valori limite di esposizione alle vibrazioni definite nel precedente art. 2<br />

Art. 4 Prevede l’obbligo per il datore di lavoro di valutare i rischi derivanti da esposizioni a vibrazioni, nell’ambito<br />

della valutazione dei rischi di cui all’art. 4, D.Lgs. n. 626/1994, nonché le modalità di questa valutazione con<br />

riferimento all’Allegato I, parte A, per il sistema mano­braccia, e parte B, per il corpo intero<br />

Art. 5 Individualemisurediprevenzioneeprotezioneperlatuteladeilavoratorineiconfrontidellospecificorischio<br />

Art. 6 Stabilisce il contenuto, nel caso specifico, della formazione e informazione dei lavoratori previste dagli artt.<br />

21 e 22, D.Lgs. n. 626/1994<br />

Art. 7 Individua i casi in cui è obbligatoria la sorveglianza sanitaria nonché gli obblighi del datore di lavoro nei casi<br />

in cui questa sorveglianza riveli anomalie imputabili a esposizioni a vibrazioni<br />

Art. 8 Prevede l’obbligo di istituire e aggiornare la cartella sanitaria e di rischio e stabilisce le informazioni che deve<br />

contenere<br />

Art. 9 Concede deroghe, limitatamente al rispetto dei valori limite di esposizione al corpo intero, come previsto<br />

nella direttiva, nei settori della navigazione marittima e aerea e nei casi in cui l’esposizione varia sensibilmente<br />

da un momento all’altro e può occasionalmente superare i predetti valori limite. È previsto che la<br />

deroga sia concessa dagli organi di vigilanza territorialmente competenti<br />

Art. 10 Prevede che gli adeguamenti tecnici dell’allegato discendenti da direttive comunitarie possano essere effettuati<br />

con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro della Salute<br />

Art. 11 Contiene la clausola di cedevolezza<br />

Art. 12 Riservato alle sanzioni<br />

Art. 13 Fissa l’entrata in vigore in generale e in casi particolari, secondo quanto previsto dalla direttiva n. 2002/44/CE<br />

Allegato tecnico<br />

mento ad appropriate informazioni<br />

sulla probabile entità delle vibrazioni<br />

per le attrezzature o i tipi di attrezzature<br />

in particolari condizioni di uso<br />

reperibili in banche dati costituite<br />

presso l’ISPESL o le Regioni, oppure<br />

fornite dal costruttore; mentre, la<br />

seconda, richiede l’impiego di una<br />

strumentazione specifica e di una<br />

metodologia appropriata.<br />

Ambedue devono, comunque, essere<br />

programmate ed effettuate a intervalli<br />

idonei sulla base di quanto<br />

emerso dalla valutazione del rischio<br />

da personale adeguatamente qualificato<br />

nell’ambito del servizio di cui<br />

all’art. 8, decreto legislativo n. 626/<br />

1994 e, comunque, ogni qual volta si<br />

introducano modifiche all’attività lavorativa.<br />

Sono, inoltre, indicati gli elementi<br />

a cui deve porre particolare attenzione<br />

il datore di lavoro nell’effettuare<br />

la valutazione dei rischi.<br />

Tra questi, si segnalano il livello,<br />

il tipo e la durata dell’esposizione, la<br />

verifica dell’esistenza di attrezzature<br />

alternative progettate per ridurre i livelli<br />

di esposizione alle vibrazioni<br />

meccaniche, il prolungamento del<br />

periodo di esposizione a vibrazioni<br />

trasmesse al corpo intero al di là dell’orario<br />

di lavoro, sotto la responsabilità<br />

del datore di lavoro e l’azione<br />

sinergica delle basse temperature.<br />

Entrata in vigore<br />

Per quanto riguarda l’entrata in vigore<br />

della previsione normativa, la<br />

quale impone che i lavoratori non devono<br />

essere esposti a livelli di vibrazioni<br />

superiori al valore limite di<br />

esposizione stabilito, è previsto un periodo<br />

transitorio massimo di cinque<br />

anni a decorrere dal 6 luglio 2005 per<br />

le attrezzature di lavoro messe a disposizione<br />

dei lavoratori anteriormente<br />

al 6 luglio 2007, mentre questo periodo<br />

può essere esteso di altri quattro<br />

anni per le attrezzature utilizzate nei<br />

settori agricolo e forestale. Pertanto,<br />

l’obbligo del rispetto dei valori limite<br />

di esposizione entra in vigore nel primo<br />

caso il 6 luglio 2010, nel secondo<br />

caso il 6 luglio 2014.<br />

Infine, sono previste le seguenti<br />

deroghe:<br />

l per i settori della navigazione aerea<br />

e marittima per quanto riguarda<br />

le vibrazioni meccaniche trasmesse<br />

al corpo intero. Queste deroghe sono<br />

applicabili qualora, tenuto conto dello<br />

stato della tecnica e delle caratteristiche<br />

specifiche dei luoghi di lavoro,<br />

non sia possibile rispettare i valori<br />

limite di esposizione nonostante l’applicazione<br />

di misure tecniche e/o organizzative;<br />

l nel caso in cui l’esposizione di un<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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31


IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

lavoratore a vibrazioni meccaniche è<br />

abitualmente inferiore ai valori di<br />

azione, ma varia sensibilmente da un<br />

momento all’altro e può occasionalmente<br />

superare il valore limite di<br />

esposizione. Tuttavia, il valore medio<br />

dell’esposizione, calcolata su una durata<br />

di 40 ore, deve restare inferiore al<br />

valore limite di esposizione ed elementi<br />

probanti devono dimostrare<br />

SPECIALE<br />

che i rischi derivanti dal periodo di<br />

esposizione a cui è sottoposto sono<br />

meno elevati di quelli derivanti da un<br />

livello di esposizione corrispondente<br />

al valore limite.<br />

Le predette deroghe sono concesse,<br />

per un periodo massimo di quattro<br />

anni, dall’ASL territorialmente<br />

competente che provvede a darne comunicazione,<br />

specificando le ragioni<br />

e le circostanze che hanno consentito<br />

la concessione delle deroghe stesse,<br />

al Ministero del Lavoro e delle Politiche<br />

Sociali, il quale trasmette, ogni<br />

quattro anni, alla Commissione della<br />

Unione europea un prospetto globale<br />

e motivato delle deroghe concesse.<br />

In ogni caso, la concessione delle deroghe<br />

è condizionata dall’intensificazione<br />

della sorveglianza sanitaria. l<br />

Valore limite dell’esposizione e valore d’azione<br />

TABELLA 2<br />

Vibrazioni trasmesse Valore limite di esposizione Valore che fa scattare l’azione<br />

Sistema mano­braccia 5 m/s 2 2,5 m/s 2<br />

Corpo intero 1,15 m/s 2 0,5 m/s 2<br />

<strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> e ASE di Reggio Emilia<br />

ad <strong>Ambiente</strong>Lavoro<br />

con due seminari<br />

Nel corso della fiera <strong>Ambiente</strong>Lavoro, che si terrà a Bologna dal 13 al 15 settembre 2005, l’ASE di Reggio<br />

Emilia organizza due seminari per approfondire alcuni temi di particolare rilevanza per la gestione della<br />

sicurezza nei cantieri.<br />

Media partner dell’iniziativa, il quindicinale <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>.<br />

La programmazione delle due giornate è così suddivisa:<br />

martedì 13 e mercoledì 14 settembre 2005 ­ dalle 9,30 alle 11,30<br />

IL PIANO OPERATIVO DI SICUREZZA<br />

Il documento complementare e di dettaglio del PSC ai sensi del D.P.R. n. 222/2004<br />

(il nuovo modello di ASE)<br />

martedì 13 e mercoledì 14 settembre 2005 ­ dalle 11,30 alle 13,30<br />

LAVORI IN ALTEZZA NELL’EDILIZIA TRADIZIONALE<br />

Prevenzione e Protezione dal rischio di CADUTE DALL’ALTO<br />

Organizzazione: ASE ­ Associazione per la <strong>Sicurezza</strong> nell’Edilizia ­ Reggio Emilia<br />

Relatori: Susanna Zapparoli e Luca Mangiapane<br />

____________________________________________________________________________________________________<br />

Per ulteriori informazioni: ASE, Reggio Emilia, Tel. 0522 293003, fax 0522325253, e­mail: ase@asere.it<br />

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20 settembre 2005 ­ N. 18


SPECIALE<br />

IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

Una vera prevenzione dalle patologie può essere ottenuta con rilevazioni effettive dell’esposizione sul campo<br />

Prove standard e misurazioni in campo<br />

per la valutazione dell’esposizione<br />

di Marco Vigone, Francesco Furnari e Sabrina Parise, IEC ­ Industrial Engineering Consultants Srl<br />

Ogni macchinario<br />

commercializzato deve possedere<br />

una dichiarazione dei livelli<br />

di vibrazione emessa fornita<br />

dal costruttore, al fine di fornire<br />

tutte le informazioni necessarie<br />

all’acquirente sulle caratteristiche<br />

di sicurezza del prodotto.<br />

Il costruttore, per poter<br />

adempiere a questo compito,<br />

sottopone le macchine a una<br />

prova standardizzata, introdotta<br />

dalla norma armonizzata UNI EN<br />

ISO 8662, che permetta di<br />

ottenere una valutazione<br />

del livello di vibrazioni emesse<br />

ripetibile e riproducibile, spesso,<br />

però, molto distante da quella<br />

effettuata in condizioni reali di<br />

utilizzo. Vista la necessità, però,<br />

di tutelare la salute del lavoratore<br />

che adopera la macchina<br />

vibrante, è necessario valutare<br />

in modo più attendibile il valore<br />

di emissione dell’utensile;<br />

la direttiva europea 25 giugno<br />

2002, n. 2002/44/CE, prescrive<br />

proprio questa valutazione<br />

del livello di esposizione<br />

alle vibrazioni del sistema<br />

mano­braccio in condizioni reali,<br />

facendo riferimento per<br />

l’effettuazione delle misure alle<br />

norme ISO 5349/1­2 (2001).<br />

Di seguito saranno messi<br />

a confronto i risultati<br />

delle due procedure.<br />

Le norme di sicurezza attualmente in<br />

vigore che regolano la fornitura di<br />

macchinari, richiedono ai costruttori<br />

la dichiarazione dei livelli di vibrazione<br />

emessi dalle macchine stesse, al fine di<br />

fornire al potenziale acquirente tutte le<br />

informazioni relative alle caratteristiche<br />

di sicurezza del prodotto.<br />

Per rendere oggettiva questa dichiarazione,<br />

occorre effettuare per le varie<br />

macchine una prova standardizzata che<br />

fornisca una valutazione ripetibile e riproducibile<br />

del livello di vibrazioni generate<br />

dall’utensile, ma a causa delle difficoltà<br />

di mettere a punto procedure di prova<br />

che al tempo stesso riproducano condizioni<br />

reali di funzionamento e assicurino<br />

sufficiente ripetibilità, questi test si<br />

basano spesso su operazioni “artificiali”,<br />

così che i valori di emissioni di vibrazione<br />

misurati in un test standard possono<br />

non riflettere quelli prodotti durante il<br />

normale impiego dell’utensile, assolvendo<br />

l’unico scopo di rendere possibile il<br />

confronto fra differenti utensili dello<br />

stesso tipo in condizioni predefinite.<br />

La norma che definisce questa procedura<br />

standardizzata per la misura delle<br />

vibrazioni emesse dalle macchine portatili<br />

è la serie UNI EN ISO 8662.<br />

Contemporaneamente vi è, però,<br />

l’esigenza di tutelare la salute dei lavoratori<br />

valutando in modo attendibile e preciso<br />

il livello di vibrazioni a cui vengono<br />

esposti durante l’utilizzo di utensili vibranti;<br />

la «Direttiva Europea 2002/44/<br />

CE del 25 giugno 2002 sulle prescrizioni<br />

minime di sicurezza e di salute relative<br />

all’esposizione dei lavoratori ai rischi<br />

derivanti dagli agenti fisici (vibrazioni)»<br />

risponde a questa esigenza, prescrivendo<br />

la valutazione del livello di esposizione<br />

alle vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio<br />

nelle condizioni reali d’impiego<br />

in un periodo normalizzato di 8 ore<br />

lavorative e fa riferimento per l’esecuzione<br />

pratica delle misure alle norme ISO<br />

5349/1-2 (2001).<br />

Il caso<br />

Volendo valutare la corrispondenza<br />

fra i valori ricavati dalle prove standard e<br />

quelli effettivamente presenti sul lavoro<br />

si è ritenuto opportuno effettuare una serie<br />

di misure strumentali su delle smerigliatrici,<br />

in quanto costituiscono le macchine<br />

portatili più utilizzate in assoluto.<br />

La campagna di prove svolta è stata,<br />

quindi, articolata in due distinti momenti;<br />

una prima serie di prove è stata eseguita<br />

secondo la UNI EN ISO 8662-4, norma<br />

specifica per effettuare prove standardizzate<br />

sulle smerigliatrici, e i risultati ottenuti<br />

sono stati confrontati in seguito con<br />

quanto emerso da una seconda serie di<br />

rilievi eseguiti durante l’utilizzo reale<br />

della smerigliatrice e svolti in accordo<br />

con le ISO 5349/1-2 (2001).<br />

Si è ottenuta, in questo modo, la<br />

caratterizzazione completa di tutte le<br />

smerigliatrici, la verifica della funzionalità<br />

di eventuali dispositivi di attenuazione<br />

presenti sulle impugnature e<br />

la verifica della misura in cui le prove<br />

eseguite secondo uno standard teorico<br />

siano rappresentative del reale utilizzo<br />

delle macchine e possano dunque fornire<br />

un utile indicazione a un eventuale<br />

acquirente, guidandolo nella scelta dell’attrezzatura.<br />

La procedura standard<br />

Le prove standard sono state eseguite,<br />

come già riportato in precedenza, in<br />

accordo con quanto prescritto dalla UNI<br />

EN ISO 8662-4; si è utilizzato un disco<br />

di alluminio di peso, dimensioni e sbilanciamento<br />

prefissati montato sulla macchina<br />

al posto di un normale disco da<br />

lavoro e le smerigliatrici sono state testate<br />

alla velocità in cui sviluppano la potenza<br />

nominale.<br />

Le macchine, attrezzate con il disco<br />

di prova, sono state sospese a una intelaiatura<br />

metallica dotata di un sistema di<br />

carrucole e contrappesi corrispondenti al-<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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33


IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

SPECIALE<br />

Standard test: livello di vibrazioni rilevato sulla maniglia laterale<br />

14A - METABO Modello WX 21-230<br />

1A - BOSCH Modello GWS 20-230 H<br />

14A - DeWalt Modello DW 490<br />

16A - METABO Modello WX 23-230<br />

15A - METABO Modello W 23-230<br />

25A - MILWAUKEE Modello AGV 23-230<br />

17A - METABO Modello WX 25-230<br />

26A - MILWAUKEE Modello AG 23-230 B<br />

13A - MAKITA Modello 9079 S<br />

20A - DeWalt Modello D 28411<br />

10A - MAKITA Modello 9059 S<br />

22A - DeWalt Modello D 28423<br />

24A - DeWalt Modello D 28750<br />

2A - BOSCH Modello GWS 21-230 H<br />

19A - DeWalt Modello D 28401<br />

21A - DeWalt Modello D 28421<br />

12A - MAKITA Modello 9049 S<br />

11A - MAKITA Modello 9069<br />

8M - BOSCH Modello GWS 21-230 JHV<br />

23A - DeWalt Modello D 28432 C<br />

9M - BOSCH Modello GWS 24-230 JBV<br />

7A - BOSCH Modello GWS 26-230 JB<br />

5A - BOSCH Modello GWS 24-230 JB<br />

4A - BOSCH Modello GWS 24-230 B<br />

6A - BOSCH Modello GWS 24-230 JBX<br />

2,22<br />

2,20<br />

2,09<br />

2,08<br />

2,04<br />

1,99<br />

1,91<br />

1,86<br />

1,82<br />

1,72<br />

1,70<br />

1,62<br />

1,57<br />

1,46<br />

1,41<br />

1,33<br />

2,96<br />

2,92<br />

2,91<br />

3,42<br />

3,31<br />

3,22<br />

Grafico 1<br />

3,73<br />

3,63<br />

1,00 1,50 2,00 2,50 3,00 3,50 4,00<br />

2,68<br />

accelerazione [m/s 2<br />

[<br />

l’applicazione, da parte dell’operatore, di<br />

una determinata forza di lavoro diretta<br />

verso il basso.<br />

Per ciascuna macchina in esame sono<br />

state eseguite quattro diverse misure per<br />

tre differenti operatori, al fine di minimizzare<br />

eventuali errori di misura.<br />

Il valore di emissione della vibrazione<br />

per ciascuna impugnatura è stato ottenuto<br />

calcolando il valore medio complessivo<br />

di tutte le misure svolte dopo aver<br />

applicato le opportune pesature in frequenza<br />

prescritte.<br />

La prova<br />

in condizioni reali<br />

Si è, quindi, proseguita la campagna<br />

di prove con un secondo tipo di test, che<br />

facendo riferimento alle indicazioni riportate<br />

nella direttiva europea n. 2002/<br />

44/CE e nelle norme ISO 5349/1-2, fornisse<br />

una valutazione del livello di vibrazioni<br />

prodotte dalle smerigliatrici in condizioni<br />

di normale utilizzo.<br />

Un disco abrasivo nuovo, di diametro<br />

e sbilanciamento noti, è stato montato su<br />

tutte le macchine da sottoporre al test, in<br />

modo tale che ciascuna smerigliatrice all’inizio<br />

della prima prova fosse equipaggiata<br />

con una mola nelle stesse condizioni<br />

di usura (nuova).<br />

I dischi utilizzati sono stati quelli generalmente<br />

utilizzati nelle normali condizioni<br />

di lavoro della macchina, provenienti<br />

da generici lotti di produzione. Si è<br />

deciso, inoltre, di utilizzare per questo<br />

tipo di test sempre lo stesso layout di<br />

prova su tutte le macchine testate, due<br />

trasduttori triassiali sull’impugnatura laterale<br />

e un solo trasduttore, sempre triassiale,<br />

sulla maniglia posteriore; si è voluto,<br />

in questo modo, minimizzare una<br />

eventuale fonte di incertezza aggiuntiva<br />

dovuta all’utilizzo di diversi layout di<br />

prova. I trasduttori (accelerometri) triassiali<br />

pesavano 4 grammi l’uno e, quindi,<br />

non hanno minimamente influenzato la<br />

misura stessa. Per ciascuna macchina in<br />

prova sono state svolte quattro diverse<br />

misure per tre differenti operatori i quali<br />

hanno eseguito normali operazioni di<br />

smerigliatura su un pezzo di acciaio appositamente<br />

predisposto.<br />

Gli operatori, prima dell’inizio dei rilievi,<br />

sono stati istruiti in modo tale da<br />

cercare di mantenere quanto più uniforme<br />

possibile la forza esercitata durante la<br />

smerigliatura con la macchina sul pezzo<br />

ed evitare di sollevare la smerigliatrice<br />

durante il rilievo, interrompendo così il<br />

contatto tra la mola e il metallo.<br />

Durante l’esecuzione della misura del<br />

livello di vibrazione prodotto, sono stati<br />

inoltre rilevati, simultaneamente all’acquisizione<br />

dei valori di accelerazione sulle<br />

maniglie, la corrente assorbita dalla smerigliatrice<br />

stessa durante la lavorazione e la<br />

forza esercitata dall’operatore sul pezzo.<br />

Volendo, inoltre, investigare l’eventuale<br />

influenza dell’usura della mola sul<br />

livello di vibrazioni presenti sulle maniglie<br />

della macchina, il disco abrasivo uti-<br />

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20 settembre 2005 ­ N. 18


SPECIALE<br />

IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

lizzato è stato sottoposto a un periodo di<br />

consumo forzato prima di ripetere una<br />

nuova serie di dodici misure.<br />

L’operazione di usura è stata ripetuta<br />

per una seconda volta al termine della<br />

seconda serie di rilievi e, sempre con le<br />

medesime modalità, è stata eseguita una<br />

terza serie di misure.<br />

Al termine delle prove, il disco da<br />

smeriglio è stato sostituito con un disco<br />

da taglio nuovo e si è proceduto misurando<br />

le vibrazioni prodotte durante il taglio<br />

di un pezzo metallico.<br />

I risultati delle prove eseguite in accordo<br />

con la normativa di riferimento<br />

UNI EN ISO 8662-4, sono riportati nei<br />

grafici 1 e 2.<br />

I risultati delle prove eseguite simulando<br />

un impiego reale dell’attrezzatura,<br />

vengono riportati nei grafici 3 e 4.<br />

I risultati a confronto<br />

In base all’analisi dei dati ottenuti dalle<br />

prove eseguite secondo la norma UNI<br />

EN ISO 8662-4, cioè secondo condizioni<br />

standardizzate, è possibile effettuare alcune<br />

considerazioni:<br />

l il valore di vibrazioni più elevato tra<br />

le due impugnature è stato rilevato, in<br />

genere, sulla maniglia posteriore delle<br />

smerigliatrici, dove l’accelerazione media<br />

pesata complessiva è compresa tra<br />

1,53 e 4,76 m/s 2 ;<br />

l sull’impugnatura laterale i valori di<br />

accelerazione media pesata complessiva<br />

rilevati sono compresi tra 1,33 e 3,73<br />

m/s 2 ;<br />

l le macchine che utilizzano dispositivi<br />

antivibranti hanno evidenziato un ottimo<br />

comportamento durante l’esecuzione dei<br />

test; i valori di accelerazione rilevati durante<br />

il test sono tra i più bassi ottenuti<br />

su tutte le macchine testate e non dipendono<br />

dalla velocità di prova della macchina.<br />

A questo proposito, infatti, è doveroso<br />

precisare che per le macchine elettriche<br />

la norma sopra citata prevede, durante<br />

la prova, il funzionamento alla velocità<br />

alla quale viene erogata la potenza nominale<br />

di targa. Poiché questa velocità non<br />

è la stessa per tutte le macchine anche a<br />

parità di potenza, le velocità di prova<br />

delle varie macchine possono essere, come<br />

è stato verificato sperimentalmente,<br />

anche notevolmente diverse fra loro. Si<br />

potrebbe, pertanto, giungere, quasi per<br />

assurdo, a progettare una macchina che,<br />

erogando la sua potenza nominale a un<br />

numero di giri estremamente basso, fornisca<br />

valori di accelerazione “allettanti”<br />

per il mercato, nella prova standard, senza<br />

garantire nulla nelle reali condizioni di<br />

impiego. Poiché nella prova a vuoto, effettuata<br />

con uno sbilanciamento prefissato<br />

del disco, il valore dell’accelerazione è<br />

proporzionale al quadrato della velocità<br />

di rotazione, è evidente che due macchine<br />

che erogano la stessa potenza a numeri<br />

di giri diversi forniscano valori di<br />

accelerazione estremamente diversi fra<br />

Standard test: livello di vibrazioni rilevato sulla maniglia posteriore<br />

Grafico 2<br />

14A - DeWalt Modello DW 490<br />

2A - BOSCH Modello GWS 21-230 H<br />

25A - MILWAUKEE Modello AGV 23-230<br />

14A - METABO Modello WX 21-230<br />

26A - MILWAUKEE Modello AG 23-230 B<br />

1A - BOSCH Modello GWS 20-230 H<br />

16A - METABO Modello WX 23-230<br />

15A - METABO Modello W 23-230<br />

17A - METABO Modello WX 25-230<br />

13A - MAKITA Modello 9079 S<br />

4A - BOSCH Modello GWS 24-230 B<br />

10A - MAKITA Modello 9059 S<br />

19A - DeWalt Modello D 28401<br />

11A - MAKITA Modello 9069<br />

12A - MAKITA Modello 9049 S<br />

7A - BOSCH Modello GWS 26-230 JB<br />

5A - BOSCH Modello GWS 24-230 JB<br />

6A - BOSCH Modello GWS 24-230 JBX<br />

20A - DeWalt Modello D 28411<br />

22A - DeWalt Modello D 28423<br />

21A - DeWalt Modello D 28421<br />

8M - BOSCH Modello GWS 21-230 JHV<br />

24A - DeWalt Modello D 28750<br />

23A - DeWalt Modello D 28432 C<br />

9M - BOSCH Modello GWS 24-230 JBV<br />

2,17<br />

2,03<br />

1,95<br />

1,74<br />

1,72<br />

1,53<br />

2,99<br />

2,95<br />

2,88<br />

2,88<br />

2,84<br />

2,78<br />

2,72<br />

2,68<br />

2,55<br />

2,43<br />

3,39<br />

3,25<br />

3,21<br />

4,07<br />

4,04<br />

3,96<br />

3,90<br />

1,00 1,50 2,00 2,50 3,00 3,50 4,00 4,50 5,00<br />

accelerazione [m/s 2<br />

[<br />

4,37<br />

4,76<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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35


IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

SPECIALE<br />

Prove di smerigliatura: livello di vibrazioni<br />

rilevato sulla maniglia laterale mola abrasiva SAIT<br />

12A - MAKITA Modello 9049 S<br />

1A - BOSCH Modello GWS 20-230 H<br />

19A - DeWalt Modello D 28401<br />

20A - DeWalt Modello D 28411<br />

21A - DeWalt Modello D 28421<br />

16A - METABO Modello WX 23-230<br />

17A - METABO Modello WX 25-230<br />

15A - METABO Modello W 23-230<br />

13A - MAKITA Modello 9079 S<br />

18A - DeWalt Modello DW 490<br />

26A - MILWAUKEE Modello AG 23-230 B<br />

24A - DeWalt Modello D 28750<br />

22A - DeWalt Modello D 28423<br />

11A - MAKITA Modello 9069<br />

14A - DeWalt Modello DW 490<br />

25A - MILWAUKEE Modello AGV 23-230<br />

23B - DeWalt Modello D 28432 C<br />

10B - MAKITA Modello 9059 S<br />

8M - BOSCH Modello GWS 21-230 JHV<br />

4A - BOSCH Modello GWS 24-230 B<br />

2A - BOSCH Modello GWS 21-230 H<br />

9M - BOSCH Modello GWS 24-230 JBV<br />

7A - BOSCH Modello GWS 26-230 JB<br />

6B - BOSCH Modello GWS 24-230 JBX<br />

5A - BOSCH Modello GWS 24-230 JB<br />

9,68<br />

9,29<br />

9,24<br />

9,19<br />

9,15<br />

9,06<br />

9,04<br />

8,46<br />

8,45<br />

8,39<br />

7,81<br />

7,67<br />

7,33<br />

7,31<br />

6,84<br />

6,76<br />

6,75<br />

6,29<br />

5,68<br />

5,63<br />

5,36<br />

5,00<br />

Grafico 3<br />

12,19<br />

11,19<br />

10,69<br />

1,00 3,00 5,00 7,00 9,00 11,00 13,00<br />

accelerazione [m/s 2<br />

[<br />

loro. Confrontando, inoltre, i risultati ottenuti<br />

dall’esecuzione delle prove standardcon<br />

quelli ricavati dalle prove svolte<br />

sul campo si può facilmente notare che i<br />

risultati dei test standard non riflettono i<br />

risultati emersi dalle misurazioni svolte<br />

in condizioni di reale utilizzo (si veda la<br />

tabella 1). Alla luce di quanto sopra, sarebbe<br />

opportuna una revisione della norma<br />

standard nel senso di ridefinire le<br />

condizioni di prova in modo tale da essere<br />

le più aderenti possibili alla realtà lavorativa.<br />

Analizzando i risultati dei test svolti<br />

durante l’esecuzione di reali operazioni<br />

di smerigliatura si può osservare, inoltre,<br />

che la presenza di un dispositivo antivibrante<br />

sulla maniglia della macchina produce<br />

un effettivo abbassamento del livello<br />

di vibrazioni prodotte durante l’impiego<br />

reale.<br />

Confronto tra prove standard e prove su campo<br />

TABELLA 1<br />

Min. standard 1.53 m/sec 2 Maniglia posteriore<br />

1.33 m/sec 2 Maniglia laterale<br />

Min. reale 5.05 m/sec 2 Maniglia posteriore<br />

4.15 m/sec 2 Maniglia laterale<br />

Max standard 4.76 m/sec 2 Maniglia posteriore<br />

3.70 m/sec 2 Maniglia laterale<br />

Max reale 14.03 m/sec 2 Maniglia posteriore<br />

12.19 m/sec 2 Maniglia laterale<br />

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20 settembre 2005 ­ N. 18


SPECIALE<br />

IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

I dati ottenuti mostrano che i valori di<br />

vibrazioni sulla maniglia laterale delle<br />

macchine equipaggiate con dispositivo<br />

antivibrante sono generalmente il 30% più<br />

bassi di quelli rilevati sugli altri modelli.<br />

Lo stesso buon comportamento può<br />

essere osservato sulle macchine che<br />

montano un dispositivo antivibrante sulla<br />

maniglia posteriore. Come era prevedibile,<br />

è stato, inoltre, possibile osservare una<br />

certa dispersione dei dati sperimentali,<br />

dovuta all’influenza di molti diversi fattori<br />

non controllabili durante l’esecuzione<br />

dei test.<br />

Il consumo del disco da smerigliatura,<br />

per esempio, che è la fonte principale<br />

della variazione dello sbilanciamento del<br />

disco stesso durante l’esecuzione delle<br />

misure, dipende, in primo luogo, dal modo<br />

di lavorare dell’operatore; la forza applicata,<br />

infatti, ma anche l’angolo tipico<br />

con cui si orienta la macchina rispetto al<br />

pezzo metallico in lavorazione, possono<br />

influenzare la velocità e le caratteristiche<br />

con cui il disco si usura durante il suo<br />

utilizzo.<br />

Sebbene gli operatori impiegati per<br />

l’esecuzione dei test siano stati istruiti<br />

riguardo il mantenere quanto più costante<br />

possibile la forza applicata e il cercare<br />

di mantenere le operazioni di smerigliatura<br />

sul pezzo il più omogenee e uniformi<br />

possibile, ciò non è stato sempre facile<br />

da ottenere.<br />

Dall’analisi dei valori registrati di:<br />

l potenza assorbita dalle macchine;<br />

l sbilanciamento del disco;<br />

l forza applicata;<br />

l peso del materiale asportato durante<br />

le operazioni di smerigliatura,<br />

non è emersa nessuna correlazione<br />

univoca tra l’andamento di uno di questi<br />

valori e il valore di vibrazione rilevato<br />

sulle impugnature. La complessità del fenomeno<br />

in analisi e il reciproco influenzarsi<br />

nelle grandezze in oggetto rendono,<br />

probabilmente, molto difficile individuare<br />

una dipendenza oggettiva ed esplicita<br />

tra le vibrazioni prodotte e una delle<br />

grandezze su elencate. In generale, è,<br />

quindi, possibile affermare che i risultati<br />

ottenuti sembrano non dipendere in modo<br />

significativo dal grado di usura della<br />

mola montata sulla macchina o dalla<br />

marca di mola utilizzata.<br />

In conclusione, è doveroso segnalare,<br />

inoltre, che l’utilizzatore di un’attrezzatura<br />

manuale che produce vibrazioni deve<br />

attentamente valutare i dati forniti dai costruttori<br />

in quanto se questi provengono<br />

da misurazioni effettuate secondo le modalità<br />

descritte nelle prove standard, norme<br />

ovviamente legittimamente utilizzate,<br />

nulla hanno poi a che vedere con la reale<br />

esposizione dei lavoratori durante l’utilizzo<br />

di queste apparecchiature.<br />

Una vera prevenzione dalle patologie<br />

da vibrazioni può unicamente essere ottenuta<br />

effettuando reali misurazioni sul<br />

campo delle vibrazioni trasmesse, nel caso<br />

specifico, al sistema mano-braccio<br />

dell’operatore.<br />

l<br />

Prove di smerigliatura: livello di vibrazioni<br />

rilevato sulla maniglia posteriore mola abrasiva SAIT<br />

18A - DeWalt Modello DW 490<br />

12A - MAKITA Modello 9049 S<br />

19A - DeWalt Modello D 28401<br />

1A - BOSCH Modello GWS 20-230 H<br />

20A - DeWalt Modello D 28411<br />

4A - BOSCH Modello GWS 24-230 B<br />

17A - METABO Modello WX 25-230<br />

22A - DeWalt Modello D 28423<br />

6B - BOSCH Modello GWS 24-230 JBX<br />

2A - BOSCH Modello GWS 21-230 H<br />

14A - DeWalt Modello DW 490<br />

5A - BOSCH Modello GWS 24-230 JB<br />

7A - BOSCH Modello GWS 26-230 JB<br />

15A - METABO Modello W 23-230<br />

21A - DeWalt Modello D 28421<br />

26A - MILWAUKEE Modello AG 23-230<br />

23B - DeWalt Modello D 28432 C<br />

10B - MAKITA Modello 9059 S<br />

25A - MILWAUKEE Modello AGV 23-230<br />

24A - DeWalt Modello D 28750<br />

11A - MAKITA Modello 9069<br />

16A - METABO Modello WX 23-230<br />

13A - MAKITA Modello 9079 S<br />

9M - BOSCH Modello GWS 24-230 JBV<br />

8M - BOSCH Modello GWS 21-230 JHV<br />

5,96<br />

5,38<br />

7,30<br />

8,54<br />

8,51<br />

8,33<br />

8,31<br />

8,30<br />

10,26<br />

9,69<br />

9,65<br />

9,50<br />

9,27<br />

9,24<br />

9,21<br />

9,20<br />

11,66<br />

11,05<br />

10,93<br />

10,54<br />

10,52<br />

Grafico 4<br />

14,03<br />

13,97<br />

13,53<br />

12,87<br />

1,00 3,00 5,00 7,00 9,00 11,00 13,00 15,00<br />

accelerazione [m/s 2<br />

[<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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37


IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

SPECIALE<br />

Il prototipo italiano è nato da un progetto di ricerca dell’ISPESL in collaborazione con la ASL 7 di Siena e la ASL 9 di Grosseto<br />

La banca dati nazionale<br />

per la valutazione del rischio<br />

di Iole Pinto, Nicola Stacchini, AUSL 7 Siena, Dipartimento di Prevenzione, UF Igiene e Tossicologia,<br />

Laboratorio Agenti Fisici, e Fabio Santini, AUSL 9 Grosseto, Dipartimento di Prevenzione, UF Igiene<br />

e Salute Luoghi Lavoro Zona Colline Metallifere, Massa Marittima<br />

La direttiva europea 25 giugno<br />

2002, n. 2002/44/CE, ha rafforzato<br />

l’obbligo, da parte dei datori di<br />

lavoro, della tutela dei lavoratori<br />

dagli effetti nocivi derivanti<br />

dall’esposizione a vibrazioni<br />

e ha previsto una valutazione<br />

del rischio basata sia su<br />

misurazioni effettuate durante<br />

l’utilizzo di utensili vibranti,<br />

secondo standard prescritti<br />

in alcune norme armonizzate,<br />

sia su dati non misurati ma<br />

provenienti da informazioni<br />

fornite dal costruttore.<br />

Considerando che non esistono<br />

DPI anti­vibrazioni, risulta, quindi,<br />

necessario che la riduzione<br />

del rischio avvenga alla fonte,<br />

con una opportuna scelta<br />

dei mezzi che dovranno essere<br />

utilizzati dal lavoratore, in modo<br />

tale che l’esposizione dello stesso<br />

venga riportata nei limiti previsti<br />

dalla direttiva. Per agevolare<br />

il più possibile l’attuazione<br />

di interventi di riduzione del<br />

rischio alla fonte, si sta<br />

agevolando lo sviluppo di banche<br />

dati nazionali che garantiscano<br />

un’agevole reperibilità dei dati<br />

necessari al datore di lavoro<br />

per una opportuna pianificazione<br />

dell’ambiente di lavoro destinato<br />

ai suoi dipendenti.<br />

Aseguito dell’emanazione della<br />

direttiva della Commissione<br />

europea e del Consiglio 25<br />

giugno 2002, n. 2002/44/CE «sulle<br />

prescrizioni minime di sicurezza e salute<br />

relative all’esposizione dei lavoratori<br />

ai rischi derivanti dagli agenti<br />

fisici (vibrazioni)» è emersa in Europa<br />

l’esigenza di poter disporre di banche<br />

dati [1] ove siano riportati i livelli di<br />

esposizione alle vibrazioni trasmesse<br />

al sistema mano-braccio (HTV) e al<br />

corpo intero (WBV) prodotte dalle<br />

differenti tipologie di macchinari utilizzati<br />

in ambito lavorativo. Ciò, soprattutto,<br />

in considerazione del fatto<br />

che l’art. 4 della direttiva prescrive<br />

l’obbligo, da parte dei datori di lavoro,<br />

di valutare il rischio da esposizione a<br />

vibrazioni dei lavoratori durante la loro<br />

attività ed è previsto che questa<br />

valutazione dei rischi venga effettuata<br />

sia senza misurazioni, sulla base di<br />

appropriate informazioni reperibili,<br />

incluse le informazioni fornite dal costruttore,<br />

sia con misurazioni, in accordo<br />

con le metodiche di misura prescritte<br />

da specifici standard ISO-EN.<br />

A questo riguardo è importante rilevare<br />

che l’analisi delle possibilità di riduzione<br />

del rischio rappresenta parte<br />

integrante del processo della sua individuazione<br />

e valutazione prescritto<br />

dalla direttiva n. 2002/44/CE. Questa<br />

prescrizione è di particolare rilevanza<br />

nel caso del rischio vibrazioni, in<br />

quanto, sia nel caso dell’esposizione<br />

del sistema mano-braccio, sia nel caso<br />

dell’esposizione del corpo intero, non<br />

esistono DPI anti-vibrazioni in grado<br />

di proteggere adeguatamente i lavoratori<br />

e riportare, comunque, i livelli di<br />

esposizione dello stesso al di sotto dei<br />

valori limite fissati dalla direttiva, come,<br />

per esempio, avviene nel caso dei<br />

protettori auricolari in relazione al rischio<br />

rumore; nella maggior parte dei<br />

casi la riduzione del rischio alla fonte<br />

è l’unica misura da adottare al fine di<br />

riportare l’esposizione a valori inferiori<br />

ai limiti prescritti dalle disposizioni<br />

europee.<br />

L’obiettivo dello sviluppo di banche<br />

dati nazionali è, pertanto, quello<br />

di garantire un’agevole reperibilità dei<br />

valori di esposizione a vibrazioni prodotte<br />

dai macchinari comunemente<br />

utilizzati in ambito industriale. Ciò al<br />

fine di favorire il più possibile l’attuazione<br />

immediata di interventi di riduzione<br />

del rischio alla fonte, già in sede<br />

di valutazione del rischio, senza dover<br />

necessariamente ricorrere a misure<br />

onerose e talvolta complesse.<br />

Il primo prototipo di banca dati italiana<br />

è stato sviluppato nell’ambito di<br />

uno specifico progetto di ricerca<br />

ISPESL condotto in collaborazione<br />

con la ASL 7 di Siena e la ASL 9 di<br />

Grosseto.<br />

Banca dati nazionale<br />

Vibrazioni: criteri di sviluppo<br />

Il progetto sperimentale della ban-<br />

[1] Si vedano, sull’argomento, le Linee Guida ISPESL per la prevenzione del Rischio Vibrazioni (2001), on-line all’indirizzo www.ispesl.it,<br />

e, di R. Lundstrom, P. Holmund, B. Jacobsson, Hand-arm data base on the Internet VIII International Conference on Hand-Arm<br />

Vibration, Umea, giugno 1998.<br />

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20 settembre 2005 ­ N. 18


SPECIALE<br />

IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

TABELLA 1<br />

Rispondenza tra dati di emissione dichiarati dai costruttori e risultati ottenuti<br />

in campo nelle reali condizioni di impiego di utensili manuali di comune impiego<br />

Tipologia macchinario<br />

Motoseghe,<br />

decespugliatori<br />

Utensili di tipo percussorio:<br />

martelli, scalpelli<br />

Smerigliatrici, levigatrici<br />

Attendibilità dei valori di accelerazione<br />

dichiarati dai produttori<br />

Generalmente attendibili.<br />

Attendibili per individuare utensili ad<br />

elevati livelli di vibrazioni (> 12 m/s 2 ).<br />

Generalmente attendibili per valori dichiarati<br />

a w > 5 m/s 2 .<br />

Criticità<br />

Cattive condizioni di manutenzione incrementano<br />

l’esposizione.<br />

In relazione alle particolari modalità di<br />

lavoro i dati dichiarati talvolta sottostimano<br />

il rischio.<br />

Nel caso di sistemi ad autobilanciamento<br />

e valori dichiarati inferiori a 2,5 m/s 2 possibile<br />

sottostima del rischio.<br />

ca dati italiana nasce dall’esperienza<br />

della banca dati europea Vibrazioni [2]<br />

sviluppata nell’ambito del progetto<br />

europeo “VINET” (Vibration Injury<br />

Network: 1997-2001), a cui hanno<br />

partecipato ISPESL e ASL 7 di Siena.<br />

In accordo con i criteri definiti nell’ambito<br />

dello sviluppo della banca<br />

dati europea, la banca dati Nazionale<br />

Vibrazioni BDV è stata sviluppata in<br />

maniera da rispondere ai seguenti requisiti:<br />

l facilità di accesso e consultazione;<br />

l controllo di qualità dei dati immessi;<br />

l rilevazione dei dati in campo secondo<br />

specifici protocolli di misura e<br />

requisiti di qualità;<br />

l agevole aggiornamento periodico<br />

della banca dati.<br />

La banca dati è consultabile separatamente<br />

per vibrazioni trasmesse al sistema<br />

mano-braccio (HAV) e al corpo<br />

intero (WBV). Per ciascun macchinario<br />

è riportata una scheda tecnica contenente<br />

le caratteristiche costruttive essenziali<br />

del macchinario, quali marca,<br />

modello, tipo di alimentazione, potenza,<br />

peso ecc., una foto dello stesso e<br />

due tipologie di dati di esposizione a<br />

vibrazioni, dati dichiarati dal produttore<br />

ai sensi della direttiva macchine (se<br />

disponibili) e dati misurati in campo<br />

(qualora disponibili), in accordo con<br />

specifici protocolli di misura che garantiscano<br />

il controllo dell’incertezza<br />

dei risultati. In tal caso sono, inoltre,<br />

specificate le condizioni di misura in<br />

campo e il referente delle misurazioni.<br />

Al momento gli unici centri autorizzati<br />

all’inserimento e alla verifica dei dati<br />

immessi sono il Laboratorio Agenti Fisici<br />

dell’ISPESL, il Laboratorio Agenti<br />

Fisici della ASL 7 di Siena e l’INAIL<br />

di Firenze. Al momento il primo prototipo<br />

di banca dati nazionale è distribuita<br />

su CD dimostrativo realizzato<br />

con il pacchetto MSDeveloper per una<br />

distribuzione in versione run-time. Per<br />

il 2005-2006 si prevede la migrazione<br />

su web server della banca dati per un<br />

suo agevole aggiornamento e consultazione<br />

via web.<br />

Limiti di impiego<br />

delle banche dati<br />

La banca dati fornisce due tipologie<br />

di dati:<br />

l i valori di emissione dichiarati dal<br />

produttore ai sensi della Direttiva<br />

Macchine;<br />

l i valori di vibrazione misurati in<br />

campo secondo specifici standard internazionali<br />

di misura (ISO 5349, parte<br />

1, 2 [3] ; ISO 2631-1:1997 [4] ).<br />

Va, a questo proposito, ricordato<br />

che la direttiva macchine (D.P.R. 24<br />

luglio 1996, n. 459), impone ai costruttori<br />

di macchine portatili, tenute o<br />

condotte a mano, di dichiarare, tra le<br />

altre informazioni incluse nelle istruzioni<br />

per l’uso, «il valore medio quadratico<br />

ponderato in frequenza dell’accelerazione<br />

cui sono esposte le<br />

membra superiori quando superi i 2.5<br />

m/s 2 . Se l’accelerazione non supera i<br />

2.5 m/s 2 occorre segnalarlo». Per<br />

quanto riguarda le vibrazioni trasmesse<br />

al corpo intero i costruttori hanno<br />

l’obbligo di dichiarare «il valore medio<br />

quadratico ponderato in frequenza<br />

dell’accelerazione cui è esposto il<br />

corpo (piedi o parte seduta) quando<br />

superi i 0.5 m/s 2 . Se l’accelerazione<br />

non supera i 0.5 m/s 2 occorre segnalarlo».<br />

Ciò significa che tutti i macchinari<br />

conformi alla direttiva macchine,<br />

che siano in grado di produrre<br />

esposizioni a vibrazioni superiori ai<br />

livelli di azione prescritti dalla direttiva<br />

vibrazioni, devono essere corredati<br />

della certificazione dei livelli di vibrazione<br />

emessi. Generalmente, le certificazioni<br />

sono effettuate per ciascun<br />

macchinario in condizioni di impiego<br />

standardizzate, conformemente a specifiche<br />

procedure di misura definite<br />

[2] La banca dati europea è consultabile in internet, in lingua inglese, all’indirizzo: http://umetech.niwl.se/Vibration/.<br />

[3] International Organization for Standardization Mechanical Vibration «Guidelines for the measurement and the assessment of human<br />

exposure to hand-transmitted vibration».<br />

[4] International Organization for Standardization. Mechanical Vibration and skock «Evaluation of human exposure to whole-body<br />

vibration Part 1: General requirements».<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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39


IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

SPECIALE<br />

Confronto tra i risultati di misura ottenuti in condizioni<br />

di certificazione e rilevati in campo per due differenti<br />

tipologie di martelli scalpellatori pneumatici<br />

per ciascun macchinario dagli standard<br />

contenuti nelle UNI EN<br />

12096:2000 e UNI EN 28662-1:1993.<br />

Essendo i dati di emissione dichiarati<br />

dal produttore in accordo con questi<br />

standard misurati in condizioni operative<br />

non necessariamente corrispondenti<br />

a quelle di reale impiego di ciascun<br />

macchinario, è legittimo porsi<br />

l’interrogativo se, e in che misura, essi<br />

siano utilizzabili nella valutazione e<br />

prevenzione del rischio vibrazioni.<br />

Per ciò che concerne l’esposizione<br />

a vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio,<br />

sulla base degli studi finora<br />

svolti [5] sulla attendibilità dei dati di<br />

emissione forniti dal costruttore ai fini<br />

della prevenzione del rischio vibrazioni,<br />

è possibile fornire le indicazioni di<br />

massima riportate nella tabella 1. In<br />

essa si indicano come attendibili i valori<br />

di certificazione per le categorie di<br />

Figura 1<br />

macchinari per cui è stato dimostrato<br />

che il dato dichiarato non sottostima<br />

l’esposizione riscontrabile nelle tipiche<br />

condizioni operative di impiego<br />

del macchinario. Nel grafico di figura<br />

1 si riporta un confronto tra valori misurati<br />

in campo e valori misurati in<br />

condizione di certificazione per alcune<br />

tipologie di martelli scalpellatori<br />

pneumatici.<br />

Dal grafico di figura 1 si evidenzia<br />

che i valori misurati in campo presentano<br />

generalmente una maggiore variabilità<br />

e, in media, i valori di certificazione<br />

sottostimano l’esposizione rilevata<br />

in campo.<br />

L’esempio è utile per dimostrare<br />

come i dati dichiarati dal produttore<br />

consentano, comunque, di individuare<br />

tipologie di utensili in grado di produrre<br />

una minore esposizione a vibrazioni.<br />

Dall’analisi dello stesso grafico<br />

si evidenzia, inoltre, che, sommando<br />

al valore misurato in condizioni di<br />

certificazione la deviazione standard<br />

dei risultati ottenuti in campo, si ottiene<br />

una stima dell’esposizione più realistica<br />

e maggiormente cautelativa rispetto<br />

a quella ottenuta utilizzando il<br />

dato di certificazione tal quale.<br />

Per quanto riguarda le vibrazioni<br />

trasmesse al corpo intero va detto che<br />

allo stato attuale è piuttosto difficile<br />

reperire i dati di emissione forniti dal<br />

costruttore.<br />

Inoltre, la disponibilità di valori di<br />

certificazione è prevista solo per quei<br />

veicoli industriali che rientrano nell’ambito<br />

di applicazione della direttiva<br />

macchine.<br />

Pertanto, i valori di vibrazioni non<br />

sono dichiarati per numerose categorie<br />

di veicoli che espongono a vibrazioni<br />

WBV, quali mezzi di trasporto,<br />

motoscafi, elicotteri, motociclette, autoambulanze<br />

ecc.<br />

Va, peraltro, constatato che le vibrazioni<br />

trasmesse al corpo intero risentono<br />

fortemente delle condizioni<br />

operative, quali velocità di avanzamento<br />

del mezzo, tipologia di fondo<br />

stradale, condizioni di manutenzione<br />

del veicolo, caratteristiche individuali<br />

dei soggetti esposti ecc., pertanto, i<br />

valori dichiarati dai produttori vanno a<br />

maggior ragione utilizzati con estrema<br />

cautela, valutando attentamente le<br />

condizioni operative e le modalità di<br />

impiego dei veicoli.<br />

A titolo illustrativo, nella figura 2<br />

si riportano le tipiche incertezze di misura<br />

riscontrate per sei differenti categorie<br />

di veicoli nel corso di rilevazioni<br />

effettuate in campo dagli autori [6] .<br />

Appare, dunque, estremamente rilevante,<br />

nell’effettuazione della valu-<br />

[5] Per ulteriori informazioni si veda di Iole Pinto e Nicola Stacchini, La riduzione dell’esposizione a vibrazioni trasmesse al sistema<br />

mano-braccio nelle lavorazioni forestali, atti del Convegno Lavoro e Salute in Foresta, Trento, 31 maggio 2002, pag. 123; di T.<br />

Ward, Vibration emission of road breakers: Comparison of emission test data with vibration in real use, VIII international<br />

Conference on Hand-Arm Vibration, Umea, giugno 1998 e, infine, di Iole Pinto, Nicola Stacchini e Massimo Bovenzi, Vibrazioni<br />

mano-braccio: la certificazione delle emissioni nell’ambito delle Direttiva macchine, nel Giornale degli Igienisti Industriali n. 23,<br />

pag. 105, Usefulness of vibration emission declaration in the management of hand-armvibration risk at the workplace: grinding<br />

machines, VIII international Conference on Hand-Arm Vibration, Umea, giugno 1998, e La riduzione del rischio da esposizione a<br />

vibrazioni mano-braccio nel comparto dei materiali lapidei, dBA 94, Modena, ottobre 1994.<br />

[6] Si veda, di Iole Pinto e Nicola Stacchini, Uncertainty in the evaluation of occupational exposure to Whole-Body Vibration, III<br />

International Conference on Whole Body Vibration, Nancy, France, giugno 2005.<br />

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20 settembre 2005 ­ N. 18


SPECIALE<br />

Analisi dell'incertezza di misura (%) per differenti<br />

categorie di veicoli misurata in campo*<br />

tazione del rischio vibrazioni, tenere<br />

in debito conto l’incertezza di misura,<br />

al fine di tutelare i lavoratori nelle differenti<br />

condizioni di esposizione, sia<br />

che si utilizzino dati forniti dalla banca<br />

dati, sia che si effettuino rilevazioni<br />

in campo.<br />

Al fine di poter avere informazioni<br />

complete e il più possibile rispondenti<br />

alle condizioni di utilizzo dei<br />

macchinari in differenti ambiti produttivi,<br />

risulta, pertanto, importante<br />

che l’utente della banca dati possa<br />

disporre, oltre che dei dati dichiarati<br />

dai produttori, anche di una serie di<br />

dati attendibili rilevati nelle diverse<br />

condizioni di impiego del macchinario.<br />

È a tal fine che i due progetti di<br />

banca dati, sia europea, sia nazionale,<br />

prevedono che esse contengano,<br />

per differenti tipologie di macchinari,<br />

i risultati di rilevazioni effettuate<br />

in campo in accordo con protocolli<br />

di misura conformi a specifici requisiti<br />

di qualità, consentendo, inoltre,<br />

di ottenere una stima dell’incertezza<br />

di misura riscontrabile nelle differenti<br />

condizioni di impiego dei macchinari.<br />

Figura 2<br />

Conclusioni<br />

È possibile, quindi, trarre alcune<br />

conclusioni sulle potenzialità offerte<br />

dalle banche dati ai fini della prevenzione<br />

del rischio vibrazioni.<br />

La banca dati è stata sviluppata per<br />

consentire un agevole reperimento dei<br />

valori di vibrazione prodotte dai macchinari,<br />

misurati sia in accordo agli<br />

standard di certificazione sia in condizioni<br />

operative.<br />

Va sottolineato, in proposito, che i<br />

valori di certificazione non sono generalmente<br />

contenuti nei cataloghi illustrativi<br />

dei macchinari, il più delle<br />

volte essi sono reperibili unicamente<br />

all’interno della documentazione tecnica<br />

di accompagnamento del macchinario,<br />

una volta che questo sia stato<br />

acquistato. Essi, pertanto, risultano di<br />

difficile, se non impossibile, reperimento<br />

al fine di individuare le tecnologie<br />

a minor rischio disponibili, già<br />

in fase di valutazione del rischio o<br />

scelta del macchinario, secondo quanto<br />

previsto dalla Direttiva Vibrazioni.<br />

A tal riguardo, è importante tenere<br />

presente che, anche se in alcuni casi i<br />

dati dichiarati dai costruttori ai sensi<br />

IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

della direttiva macchine tendono a<br />

sottostimare l’esposizione nelle reali<br />

condizioni di impiego di alcuni macchinari<br />

(si vedano la tabella 1 e la<br />

figura 1), ciononostante essi consentono,<br />

comunque, di individuare, per<br />

ciascuna tipologia di macchinario, i<br />

modelli a basso livello di vibrazioni. È<br />

verosimile ritenere che il continuo aggiornamento<br />

a cui sono sottoposti gli<br />

standard internazionali consentirà, in<br />

futuro, di poter disporre di dati di certificazione<br />

maggiormente rispondenti<br />

alle vibrazioni emesse nelle reali condizioni<br />

di impiego dei macchinari. Va<br />

sottolineato che, a livello europeo, sono<br />

allo studio metodiche standardizzate<br />

di valutazione che consentano di<br />

ottenere stime realistiche dei livelli di<br />

esposizione riscontrabili in campo a<br />

partire dai dati di certificazione.<br />

Sulla base di queste considerazioni<br />

si comprende come la banca dati possa<br />

essere uno strumento utile ai fini<br />

dell’attuazione delle fondamentali<br />

azioni di tutela prescritte dalla direttiva,<br />

quali la riduzione del rischio alla<br />

fonte e l’adozione di «misure immediate<br />

per riportare l’esposizione al di<br />

sotto del valore limite di esposizione»,<br />

nei casi in cui si riscontri il superamento<br />

dei valori limite prescritti dalla<br />

direttiva stessa. Si ricorda, in proposito,<br />

che la riduzione del rischio alla<br />

fonte è in numerosi casi l’unica misura<br />

da adottare al fine di riportare<br />

l’esposizione a vibrazioni entro valori<br />

inferiori ai limiti prescritti dalla direttiva,<br />

non esistendo, generalmente, dispositivi<br />

di protezione dalle vibrazioni<br />

idonei a garantire il conseguimento di<br />

livelli di esposizione accettabili sotto<br />

il profilo igienistico [7] .<br />

Infine, per poter essere uno strumento<br />

informativo efficace, la banca dati<br />

dovrà essere periodicamente aggiornata,<br />

soprattutto in relazione all’immissione<br />

sul mercato di nuovi macchinari a<br />

basso livello di vibrazioni. l<br />

[7] Per ulteriori informazioni si veda, di Iole Pinto, G.S. Paddan, Nicola Stacchini e M.J. Griffin, Protection effectiveness of<br />

anti-vibration gloves: field evaluation and laboratory performance assessment, IX International Conference on Han-Arm Vibration,<br />

Nancy, 2001; di Iole Pinto, Massimo Bovenzi e Nicola Stacchini, Valutazione dell’efficacia di guanti anti-vibranti, atti del 18°<br />

Congresso Nazionale AIDII, Trento, giugno 2002, e, infine, di Iole Pinto, Nicola Stacchini, Criteri di valutazione, scelta dei guanti<br />

antivibranti e livelli di protezione attesa, atti DPI 2000, Modena, pag. 257.<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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41


IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

SPECIALE<br />

La valutazione del rischio assume ancor più valore nella ricerca delle cause dei rischi per la salute nell’ambiente di lavoro<br />

Le novità sugli adempimenti aziendali<br />

in vista del recepimento della direttiva<br />

diOmarNicolini, Servizio Prevenzione <strong>Sicurezza</strong> Ambienti Lavoro, Dipartimento di Sanità pubblica, AUSL di Modena<br />

Il quadro normativo italiano<br />

vigente in materia di tutela del<br />

lavoratore dai rischi derivanti<br />

dall’esposizione dello stesso alle<br />

vibrazioni è riferibile, oltre al<br />

D.Lgs. n. 626/1994, anche al D.P.R.<br />

n. 303/1956 e ad alcune norme<br />

tecniche, quali, per esempio, la<br />

ISO 5349, inerente al sistema<br />

mano­braccio, e la ISO 2631,<br />

applicabile nel caso l’esposizione<br />

interessi tutto il corpo; in questo<br />

ambito legislativo l’obbligo della<br />

valutazione del rischio da<br />

vibrazioni, posto in capo al<br />

datore di lavoro, discende da<br />

disposizioni molto generali<br />

(Titolo I, D.Lgs. n. 626/1994) che<br />

non forniscono regole precise alle<br />

quali attenersi. Con il<br />

recepimento della direttiva della<br />

Commissione europea e del<br />

Consiglio 25 giugno 2005, n.<br />

2002/44/CE, l’esposizione a<br />

vibrazioni sarà interessata da<br />

particolari indicazioni sulle<br />

modalità e sugli obiettivi che<br />

dovranno essere propri della<br />

valutazione del rischio,<br />

assumendo, così, ancora più che<br />

in passato, il ruolo di oggetto<br />

principale necessario alla ricerca<br />

delle cause dei rischi per la salute<br />

del lavoratore.<br />

Il D.Lgs. n. 626/1994, recepimento<br />

della direttiva quadro n. 89/<br />

391/CEE e di altre direttive applicative<br />

della stessa, ha avuto un forte<br />

impatto sulle aziende italiane in quanto<br />

ha avviato un metodo di gestione<br />

aziendale della sicurezza imperniato<br />

su procedure verificabili che prevede<br />

una importante serie di elementi innovativi<br />

riconducibili essenzialmente a<br />

due capitoli:<br />

l un sistema di relazioni più strutturato<br />

basato anche sulla partecipazione<br />

attiva di tutti i soggetti che operano in<br />

azienda e che contempla, accanto alle<br />

classiche figure di datore di lavoro-dirigenti-preposti-lavoratori,<br />

il servizio<br />

di prevenzione e protezione con un<br />

suo responsabile, il rappresentante dei<br />

lavoratori per la sicurezza e il medico<br />

competente;<br />

l un metodo di gestione della sicurezza<br />

attuato mediante l’adozione delle<br />

misure generali di tutela indicate<br />

all’art. 3, comma 1, D.Lgs. n. 626/<br />

1994, e complessivamente più attento<br />

alle procedure.<br />

Relativamente a questo secondo<br />

punto e in estrema sintesi, il percorso<br />

operativo delineato dall’art. 3, D.Lgs.<br />

n. 626/1994 può essere così schematizzato:<br />

l effettuazione della valutazione dei<br />

rischi;<br />

l eliminazione o controllo dei rischi<br />

mediante l’adozione di tutte le misure<br />

tecniche, organizzative e procedurali<br />

concretamente attuabili e il ricorso ai<br />

dispositivi di protezione individuali;<br />

l attuazione del controllo sanitario;<br />

l informazione e formazione degli<br />

addetti.<br />

Con specifico riferimento alle vibrazioni,<br />

però, l’analisi dei documenti<br />

di valutazione disponibili presso le<br />

aziende risulta fortemente lacunoso.<br />

Pur in presenza di un rischio ben<br />

avvertibile ai sensi e che rappresenta<br />

la quarta causa di malattia professionale<br />

indennizzata dall’INAIL, spesso<br />

non si è andati al di là dell’apporre un<br />

segno negativo su di una lista di pericoli,<br />

ignorando la presenza di rischi<br />

per la salute tanto al sistema manobraccio<br />

(HAV) quanto al corpo intero<br />

(WBV).<br />

Nei pochi casi, poi, in cui si è provveduto<br />

a effettuare rilievi strumentali,<br />

questi si sono quasi sempre limitati<br />

alla sola quantificazione del rischio,<br />

raramente affrontando il tema della<br />

sua riduzione.<br />

L’assenza di una valutazione corretta<br />

ha determinato a ricaduta elementi<br />

negativi all’applicazione delle altre<br />

grandi procedure della prevenzione.<br />

L’attuazione di misure di prevenzione<br />

e protezione resta, inoltre, quasi<br />

sempre ispirata a criteri molto approssimativi,<br />

il controllo sanitario specifico<br />

è spesso disatteso né si dà peso alla<br />

formazione e all’informazione per<br />

promuovere i comportamenti di sicurezza<br />

che tutelano dal rischio.<br />

Si procederà a una disamina delle<br />

“grandi procedure della prevenzione”<br />

applicate alle specificità del rischio vibrazioni<br />

e, a partire dall’osservazione<br />

dei principali limiti riscontrati sul<br />

campo nella loro applicazione, per<br />

enucleare gli adempimenti che derivano<br />

al datore di lavoro dalla legislazione<br />

vigente con l’integrazione dell’imminente<br />

recepimento della direttiva n.<br />

2002/44/CE.<br />

La valutazione del rischio<br />

nel D.Lgs. n. 626/1994<br />

La valutazione del rischio, così come<br />

prevista dall’art. 4, D.Lgs. n. 626/<br />

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20 settembre 2005 ­ N. 18


SPECIALE<br />

IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

Procedura generale per la Valutazione<br />

e la redazione del Documento<br />

TABELLA 1<br />

1 Identificazione dei pericoli;<br />

2 identificazione dei lavoratori esposti;<br />

3 stima dell’entità delle esposizioni;<br />

4 stima della gravità degli effetti che ne possono derivare;<br />

5 stima della probabilità che questi effetti si manifestino;<br />

6 verifica della disponibilità delle misure per eliminare o ridurre l’esposizione e/o il numero di esposti;<br />

7 verifica dell’applicabilità di queste misure;<br />

8 piano delle misure di prevenzione e protezione e sua attuazione;<br />

9 verifica dell’efficacia delle misure in atto;<br />

10 redazione del documento;<br />

11 revisione/aggiornamento della valutazione.<br />

1994, va intesa come l’insieme di tutte<br />

le operazioni necessarie alla conoscenza<br />

dei rischi di danni per la salute<br />

e per la sicurezza degli addetti derivanti<br />

dall’esposizione ai pericoli durante<br />

il lavoro.<br />

È finalizzata a controllare se le misure<br />

in essere sono adeguate, a stabilire<br />

le ulteriori misure generali di tutela<br />

formulando giudizi sulla loro priorità,<br />

ad applicare e, in ultima analisi, a testimoniare<br />

al sistema azienda, ai lavoratori<br />

e ai loro rappresentanti nonché<br />

all’organo di vigilanza, che i pericoli<br />

sono sotto controllo.<br />

Riprendendo gli specifici orientamenti<br />

comunitari, si veda anche che la<br />

valutazione deve:<br />

l essere un processo partecipato pur<br />

nella chiarezza della responsabilità del<br />

Datore di lavoro; essa è solitamente<br />

gestita dal Responsabile del Servizio<br />

di Prevenzione e Protezione (quasi<br />

sempre con l’ausilio di consulenti<br />

esterni) in collaborazione con i quadri<br />

aziendali, in rapporto col Medico<br />

competente ed è preceduta dalla consultazione<br />

del Rappresentante dei lavoratori<br />

per la sicurezza (RLS);<br />

l interessare tutti i potenziali esposti<br />

al rischio (dipendenti in attività di produzione/servizio/ufficio<br />

ecc., anche<br />

esercitate all’esterno dell’azienda;<br />

personale con contratto di lavoro “atipico”<br />

ecc.), ivi compresi i gruppi a<br />

maggior rischio (per esempio, lavoratori<br />

portatori di handicap; molto giovani<br />

o anziani; inesperti, quali neoassunti<br />

o stagionali; donne incinte e madri<br />

che allattano ecc.);<br />

l considerare tutte le potenziali cause<br />

di rischio (ambiente di lavoro; infrastrutture;<br />

tecnologie e attrezzature;<br />

prodotti/sostanze utilizzate; movimentazione<br />

di mezzi/materiali/persone;<br />

protezioni collettive; dispositivi di<br />

protezione individuali ecc.).<br />

Circa la metodologia con cui effettuare<br />

la valutazione del rischio, volendo<br />

fornire uno schema di riferimento<br />

generale, si può fare ancora riferimento<br />

agli specifici orientamenti comunitari<br />

secondo i quali un percorso logico,<br />

completo e approfondito, prevede almeno<br />

le fasi indicate nella tabella 1.<br />

Nel caso la valutazione rilevi rischi<br />

connessi con lo svolgimento delle lavorazioni,<br />

occorrerà superare le eventuali<br />

inadempienze alla legislazione<br />

vigente e, comunque, programmare le<br />

misure ritenute opportune per garantire<br />

il miglioramento nel tempo dei livelli<br />

di sicurezza secondo la scala di<br />

priorità prevista dall’art. 3, D.Lgs. n.<br />

626/1994 preoccupandosi, poi, di<br />

mantenere nel tempo la situazione sotto<br />

controllo.<br />

In ogni caso, secondo l’art. 4, comma<br />

2, D.Lgs. n. 626/1994, all’esito<br />

della valutazione del rischio il datore<br />

di lavoro elabora un documento contenente:<br />

a) «una relazione sulla valutazione<br />

dei rischi per la sicurezza e la salute<br />

durante il lavoro, nella quale sono<br />

specificati i criteri adottati per la valutazione<br />

stessa;<br />

b) l’individuazione delle misure di<br />

prevenzione e di protezione e dei dispositivi<br />

di protezione individuale,<br />

conseguente alla valutazione di cui<br />

alla lettera a);<br />

c) il programma delle misure ritenute<br />

opportune per garantire il miglioramento<br />

nel tempo dei livelli di<br />

sicurezza».<br />

Il documento relativo alla valutazione<br />

dei rischi (che non è obbligatorio<br />

per le aziende fino a 10 occupati, anche<br />

se resta, comunque, obbligatoria la<br />

valutazione del rischio) deve, quindi,<br />

innanzitutto costituire il riferimento<br />

aziendale su quanto è stato intrapreso o<br />

è stato programmato in materia di tutela<br />

della salute e della sicurezza dei lavoratori.<br />

Deve, pertanto, essere fruibile,<br />

sia per linguaggio, sia per completezza<br />

(procedura seguita, indicazione<br />

degli impegni programmati), da tutti<br />

gli attori aziendali della prevenzione e<br />

dall’organo di vigilanza.<br />

Infine, la legislazione vigente sot-<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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43


IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

SPECIALE<br />

Obiettivi della valutazione dei rischi da vibrazioni<br />

TABELLA 2<br />

1 Verificare se esiste un rischio per l’esposizione al sistema mano­braccio (Hand­Arm­Vibration: HAV) o per<br />

esposizioni dell’intero corpo (Whole­Body­Vibration: WBV);<br />

2 identificare le sorgenti/attività/luoghi di lavoro sui quali attuare misure tecniche e/o organizzative per il controllo<br />

del rischio e identificare le modalità ottimali di intervento;<br />

3 identificare le persone alle quali applicare protocolli specifici di prevenzione (DPI, formazione/informazione,<br />

controlli sanitari).<br />

tolinea che la valutazione del rischio<br />

non è un processo una tantum, ma va<br />

revisionato in occasione di modifiche<br />

dei luoghi di lavoro o del processo<br />

produttivo significative ai fini della sicurezza<br />

e della salute dei lavoratori<br />

oppure in relazione al grado di evoluzione<br />

della tecnica, della prevenzione<br />

e della protezione.<br />

La valutazione<br />

del rischio vibrazioni<br />

Il quadro legislativo e normativo<br />

italiano specificamente riferibile alla<br />

tutela della salute rispetto al rischio<br />

vibrazioni, in attesa di essere aggiornato<br />

dal recepimento della direttiva n.<br />

2002/44/CE, oltre che sul più volte<br />

richiamato D.Lgs. n. 626/1994 (artt. 3<br />

e 4) si basa anche sul D.P.R. n. 303/<br />

1956 (art. 24) e sulle norme UNI-<br />

ENV 25349:1992 (desunte dalla ISO<br />

5349, per HAV) e quelle della serie<br />

ISO 2631 (per WBV) per quanto riguarda<br />

la tutela della salute dei lavoratori.<br />

Esistono, poi, tutta una serie di<br />

norme UNI, alcune di derivazione internazionale<br />

e altre a valenza specificamente<br />

italiana, nelle quali sono affrontate<br />

tematiche riguardanti la strumentazione<br />

o le specifiche di misure<br />

per macchine particolari o in condizioni<br />

specifiche.<br />

Con il recepimento della direttiva<br />

n. 2002/44/CE ci si deve attendere<br />

che venga superato (verrà fatto decadere)<br />

il riferimento all’art. 24, D.P.R.<br />

n. 303/1956.<br />

Nella attuale legislazione italiana in<br />

materia di salute e sicurezza sui luoghi<br />

di lavoro, l’obbligo alla valutazione<br />

dei rischi da vibrazioni discende dagli<br />

obblighi generali che il Titolo I, D.Lgs.<br />

n. 626/1994 pone in capo al datore di<br />

lavoro, senza che questi indichino regole<br />

precise alle quali attenersi.<br />

Con il recepimento della direttiva<br />

n. 2002/44/CE, che doveva avvenire<br />

entro il 6 luglio 2005, l’esposizione a<br />

vibrazioni diverrà, invece, oggetto di<br />

specifiche indicazioni sulle modalità<br />

alle quali attenersi e sugli obiettivi<br />

della valutazione.<br />

In questo nuovo contesto la valutazione<br />

dovrebbe assumere, ancor più<br />

che in passato, il significato primario<br />

della ricerca delle cause dei rischi per<br />

la salute nell’ambiente di lavoro, finalizzata<br />

al loro superamento (si veda la<br />

tabella 2).<br />

Nel caso in cui dalla valutazione<br />

emergano potenziali cause di danno<br />

alla salute, la valutazione si dovrà,<br />

pertanto, cimentare nella ricerca delle<br />

possibili soluzioni e della loro praticabilità.<br />

Sotto la propria responsabilità<br />

penale il datore di lavoro, assunte le<br />

risultanze della valutazione, indicherà<br />

nel programma degli interventi le<br />

azioni che metterà in campo per eliminare<br />

o contenere i rischi evidenziati<br />

e la loro tempistica di attuazione.<br />

Già a una prima lettura della direttiva<br />

n. 2002/44/CE si può osservare<br />

come questa, per l’esecuzione della<br />

valutazione dei rischi da vibrazioni,<br />

prefiguri tre successivi livelli di approfondimento<br />

(o di analisi):<br />

l l’osservazione e la conoscenza delle<br />

modalità di lavoro, delle tecnologie<br />

utilizzate e del giudizio degli altri attori<br />

aziendali della sicurezza;<br />

l la ricostruzione dei presumibili livelli<br />

espositivi sulla base di dati forniti<br />

da altri (tipicamente, dai costruttori o<br />

da banche-dati sperimentali)<br />

l la misurazione dei livelli di rischio<br />

con attrezzature specifiche, modalità<br />

appropriate e personale competente.<br />

In maniera assolutamente schematica<br />

possiamo definire il primo livello<br />

di approfondimento come quello che<br />

consente di decidere sull’esistenza o<br />

meno di un rischio sostanzialmente<br />

trascurabile, vale a dire di un rischio<br />

certamente tanto basso da permettere<br />

di concludere la valutazione con quella<br />

che la direttiva stessa definisce una<br />

“giustificazione” di mancati ulteriori<br />

approfondimenti.<br />

In presenza di un rischio i cui effetti<br />

sono apprezzati dai sensi degli individui<br />

e la cui origine è normalmente<br />

dovuta a tecnologie o attrezzature di<br />

lavoro volutamente introdotte, questo<br />

primo livello di analisi può basarsi su<br />

di un approccio estremamente snello.<br />

Mediante semplicissime liste di primo<br />

controllo, il valutatore può accertare la<br />

presenza o l’assenza del rischio verificando,<br />

di conseguenza, l’esigenza di<br />

provvedere agli ulteriori approfondimenti<br />

tecnici che tipicamente consistono<br />

nel ricorso a dati rilevati da altri<br />

(dai produttori o dalle cosiddette banche-dati)<br />

o a rilevazioni strumentali.<br />

Nella pratica, la “giustificazione”<br />

potrebbe concretizzarsi col riportare<br />

sul Documento di valutazione, ex<br />

D.Lgs. n. 626/1994, la lista di controllo<br />

adottata con il relativo esito.<br />

Sull’opportunità o meno che la stima<br />

dell’entità delle esposizioni a vibrazioni<br />

sia basata sul ricorso a rilievi<br />

effettuati da altri e sull’attendibilità<br />

dei dati disponibili si è molto discusso<br />

e ancora si continua a farlo. Si ritiene,<br />

quindi, opportuno cercare di fare chiarezza<br />

e sollecitare ad avere le dovute<br />

44 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18


SPECIALE<br />

IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

Esempi di sorgenti di rischio vibrazioni<br />

per il sistema mano­braccio<br />

TABELLA 3<br />

Tipologia di utensile<br />

Martelli scalpellatori e scrostatori:<br />

Martelli perforatori:<br />

Martelli demolitori e picconatori:<br />

Trapani a percussione:<br />

Avvitatori a impulso:<br />

Martelli sabbiatori:<br />

Cesoie e roditrici per metalli:<br />

Levigatrici orbitali e roto­orbitali:<br />

Seghe circolari o alternative:<br />

Smerigliatrici angolari o diritte:<br />

Motoseghe:<br />

Decespugliatori:<br />

Tagliaerba:<br />

Motocoltivatori:<br />

Chiodatrici:<br />

Compattatori vibro­cemento:<br />

Limatrici rotative ad asse flessibile:<br />

Manubri di motociclette:<br />

Cubettatrici:<br />

Ribattitrici:<br />

Trapani da dentista:<br />

Principali settori di utilizzo<br />

Utensili di tipo percussorio<br />

lavorazione lapidei ­ fonderie.<br />

edilizia ­ lavorazioni lapidei.<br />

edilizia ­ estrazione lapidei.<br />

metalmeccanica.<br />

metalmeccanica, autocarrozzerie.<br />

fonderie ­ metalmeccanica.<br />

metalmeccanica.<br />

Utensili di tipo rotativo<br />

metalmeccanica ­ lapidei ­ legno.<br />

metalmeccanica ­ lapidei ­ legno.<br />

metalmeccanica ­ lapidei ­ legno.<br />

lavorazioni agricolo­forestali.<br />

manutenzione aree verdi.<br />

Altri macchinari<br />

manutenzione aree verdi.<br />

lavorazioni agricolo­forestali.<br />

palletts, legno.<br />

produzione vibrati in cemento.<br />

metalmeccanica ­ lavorazioni artistiche.<br />

trasporti.<br />

lavorazioni lapidei (porfido).<br />

calzaturifici.<br />

odontoiatria.<br />

attenzioni, soprattutto perché l’errata<br />

valutazione del rischio si traduce in<br />

una mancata prevenzione per i lavoratori<br />

esposti e in sanzioni tutte a carico<br />

del datore di lavoro.<br />

In generale, il ricorso a rilievi effettuati<br />

da altri è ammesso dalla legislazione<br />

e accettabile se:<br />

l la legislazione non richiede esplicitamente<br />

rilievi propri;<br />

l le misurazioni effettuate in proprio<br />

sono sufficientemente complesse, sia<br />

per la strumentazione, sia per l’esecuzione<br />

delle misure stesse;<br />

l i dati rilevati dagli altri soggetti descrivono<br />

effettivamente le attrezzature<br />

e le modalità d’uso presenti nella propria<br />

realtà produttiva.<br />

Queste affermazioni, che appaiono<br />

sostanzialmente scontate e che per le<br />

vibrazioni sono certamente vere nei<br />

primi 2 punti, si scontrano con la situazione<br />

attuale relativamente al terzo<br />

punto, vale a dire con la qualità e la<br />

pertinenza dei dati forniti dai cosiddetti<br />

“altri”.<br />

Per un complesso insieme di situazioni,<br />

che vede la presenza tanto di<br />

motivazioni oggettive quanto di meccanismi<br />

di deresponsabilizzazione,<br />

raramente i produttori, che debbono<br />

produrre valori vibrometrici, ex<br />

D.P.R. n. 459/1996 (recepimento italiano<br />

della cosiddetta “direttiva macchine”),<br />

forniscono valori affidabili<br />

(con valori ricavati in condizioni operative<br />

sovrapponibili a quelle di effettivo<br />

utilizzo) ai fini della valutazione<br />

del rischio e questo, purtroppo, riduce<br />

di molto le disponibilità informative<br />

per le aziende. Anche nelle banchedati<br />

sperimentali, sia per la limitatezza<br />

delle attrezzature indagate, sia per<br />

la difficoltà a prevederne le svariate<br />

modalità di utilizzo, è spesso difficile<br />

riscontrare le proprie macchine valutate<br />

nelle proprie, specifiche, condizioni<br />

d’uso.<br />

Non si può, inoltre, dimenticare<br />

che attingendo a dati valutati dai produttori<br />

o dai tecnici, alle proprie macchine<br />

saranno attribuiti gli stessi livelli<br />

indipendentemente dalla loro condizione<br />

manutentiva, dal degrado dei si-<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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45


IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

SPECIALE<br />

TABELLA 4<br />

Lista di controllo per evidenziare la presenza di un rischio da HAV<br />

N. HAV ­ QUESITI Modalità di adempimento<br />

1 Nelle attività dell’azienda si fa uso di attrezzature portatili<br />

(per esempio, avvitatori, chiodatrici ecc.) o fisse (rivettatori,<br />

cesoie ecc.) che espongono a vibrazioni<br />

2 Nell’azienda si effettuano attività manuali (per esempio,<br />

scalpellatura) che espongono a vibrazioni<br />

3 Il RLS ha segnalato esposizioni a vibrazioni o ci sono addetti<br />

che lamentano intorpidimenti e formicolii alle mani<br />

o alle braccia<br />

4<br />

Il Medico competente, durante la valutazione o i suoi sopralluoghi<br />

periodici in azienda, ha segnalato la possibile<br />

presenza di esposizione a HAV<br />

Se le risposte sono tutte negative,<br />

“giustificare” i mancati ulteriori approfondimenti<br />

sul Documento di valutazione dei rischi<br />

oppure<br />

(con qualche risposta positiva)<br />

approfondire la valutazione del rischio,<br />

identificare e adottare le adeguate misure<br />

di prevenzione e protezione, classificare<br />

le situazioni espositive e adottare i dovuti<br />

protocolli di prevenzione e protezione.<br />

stemi di smorzamento e di isolamento<br />

delle vibrazioni ecc.<br />

La valutazione del rischio mediante<br />

dati forniti da altri non permette,<br />

quindi, di acquisire informazioni per<br />

la (fondamentale) finalità dell’identificazione<br />

delle cause del rischio ai fini<br />

della sua bonifica e controllo.<br />

Da notare che, in questo contesto<br />

l’utilizzo di dati misurati da altri può<br />

divenire un’arma a doppio taglio se<br />

induce a bypassare fittiziamente le dovute<br />

misure preventive e protettive in<br />

quanto espone il datore di lavoro alla<br />

gestione della malattia professionale e<br />

alla sanzione dell’organo di vigilanza.<br />

Con le dovute cautele e chiarezza,<br />

tuttavia, il ricorso alle banche-dati può<br />

essere una risposta realistica (economicamente<br />

e igienisticamente accettabile)<br />

per la conoscenza orientativa dei rischi<br />

per il lavoratore in tutti i casi in cui si<br />

possa comprensibilmente classificarli<br />

rispetto ai valori di riferimento (livelli<br />

di azione/livelli limite ecc.) e già si conoscano<br />

le modalità di intervento adottabili<br />

per la riduzione del rischio.<br />

Il ricorso alle banche-dati nulla toglie,<br />

poi, al valore della misurazione<br />

che, ovviamente, non può che restare<br />

il metodo di riferimento per la soluzione<br />

di dubbi circa la presenza o meno<br />

del rischio o la sua classificazione<br />

o per il dimensionamento degli interventi<br />

di bonifica.<br />

Nell’affrontare la valutazione del<br />

rischio vibrazioni negli ambienti di lavoro<br />

occorre distinguere tra esposizioni<br />

al sistema mano-braccio o esposizioni<br />

al corpo intero.<br />

Vibrazioni al sistema mano-braccio<br />

È noto che lavorazioni in cui si<br />

impugnino utensili vibranti o materiali<br />

sottoposti a vibrazioni o impatti, possono<br />

indurre un insieme di disturbi<br />

neurologici e circolatori digitali e lesioni<br />

osteoarticolari a carico degli arti<br />

superiori, definito con termine unitario<br />

“Sindrome da Vibrazioni Mano-<br />

Braccio”.<br />

L’esposizione a vibrazioni al sistema<br />

mano-braccio è generalmente causata<br />

dal contatto delle mani con l’impugnatura<br />

di utensili manuali o di<br />

macchinari condotti a mano. Nella tabella<br />

3 si fornisce un elenco di alcuni<br />

utensili il cui impiego abituale comporta,<br />

nella grande maggioranza dei<br />

casi, un rischio apprezzabile di esposizione<br />

a vibrazioni del sistema manobraccio<br />

per il lavoratore.<br />

Come già anticipato, la valutazione<br />

sulla presenza o l’assenza di un rischio<br />

apprezzabile, può avere luogo (e anche<br />

esaurirsi) con una valutazione preliminare,<br />

che accerti qualitativamente<br />

il non uso di strumentazione vibrante e<br />

recuperi le valutazioni soggettive degli<br />

addetti per possibili esposizioni non<br />

legate a utensili specifici.<br />

La valutazione preliminare potrebbe,<br />

quindi, utilizzare la banale lista di<br />

controllo evidenziata nella tabella 4.<br />

Qualora questi quesiti avessero tutte<br />

risposte negative, la valutazione potrebbe<br />

esaurirsi senza tradursi in alcuna<br />

misura specifica mentre, qualora si<br />

rilevassero elementi oggettivi o soggettivi<br />

di rischio, il datore di lavoro<br />

dovrà valutarne la rilevanza o mediante<br />

il ricorso a dati misurati da altri<br />

(produttori o banche dati) oppure con<br />

rilevazioni strumentali da lui commissionate.<br />

L’indicazione a non avvalersi necessariamente<br />

di misurazioni, oltre al<br />

fatto che non è espressamente richiesta<br />

dalla legislazione, discende dalla<br />

pur discreta casistica di situazioni che:<br />

l sul versante della diagnosi dell’entità<br />

del rischio possono essere risolte<br />

con discreto grado di precisione ben<br />

interpretando i dati di banche-dati<br />

qualificate e specifiche o, purtroppo<br />

più raramente, di dati forniti dai produttori;<br />

l sul versante del contenimento del rischio,<br />

possono essere risolte con la<br />

semplice, ma attenta osservazione del<br />

contesto ambientale, presenza di strumenti<br />

vetusti che abbisognano di sostituzione,<br />

esigenza di provvedere alla<br />

manutenzione dell’apparecchiatura, esigenza<br />

di definire procedure per la limitazione<br />

del tempo d’esposizione ecc.<br />

Con le dovute chiarezze e cautele<br />

già enunciate, quindi, il ricorso a banche-dati<br />

può essere una risposta realistica,<br />

economicamente e tecnicamente<br />

accettabile, per la conoscenza orienta-<br />

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20 settembre 2005 ­ N. 18


SPECIALE<br />

Formula per il calcolo del livello di esposizione a HAV,<br />

da normalizzare successivamente a 8 ore sulla base<br />

del “principio dell'uguale energia”<br />

A (w)sum<br />

=<br />

tiva di rischi complessi a essere misurati.<br />

Qualora il ricorso alle banche-dati<br />

non risolva i dubbi circa la presenza o<br />

meno del rischio e la classificazione<br />

della condizione espositiva, occorrerà,<br />

invece, rivolgersi alla misurazione<br />

strumentale. In questo caso vanno seguite<br />

le metodologie indicate dal recepimento<br />

della direttiva n. 2002/44/CE<br />

che fanno riferimento alla UNI-ENV<br />

25349:1992 (a sua volta desunta dalla<br />

ISO 5349:1986).<br />

I risultati della valutazione del rischio,<br />

tanto se effettuata col ricorso a<br />

banche-dati quanto con misurazioni,<br />

vanno calcolati (si veda il riquadro 1)<br />

e interpretati nello stesso modo.<br />

I valori di riferimento per le azioni<br />

da adottare andranno desunti dal recepimento<br />

della direttiva n. 2002/44/CE<br />

che sull’argomento adotta valori normalmente<br />

condivisi dalla letteratura.<br />

In definitiva e in sintesi, la chiave<br />

di lettura con cui andare all’interpretazione<br />

dei risultati delle valutazioni si<br />

baserà su due livelli di riferimento,<br />

denominati “livello di azione” e “livello<br />

limite”, che identificano tre possibili<br />

collocazioni della misura:<br />

- al di sotto del livello di azione,<br />

con A(8) ≤ 2,5 m/s 2 , ove si collocano<br />

le situazioni a rischio contenuto e sulle<br />

quali è sostanzialmente sufficiente<br />

mantenere attive le generiche attenzioni<br />

di chi si occupa di prevenzione<br />

(per esempio, far controllare al medico<br />

competente il lavoratore che evidenziasse<br />

problemi ricollegabili all’esposizione<br />

HAV, ricercare il miglioramento<br />

in fase di acquisto di nuove<br />

attrezzature ecc.);<br />

- tra il livello di azione ed il livello<br />

a 2 wx + a 2 wy + a 2 wz<br />

Riquadro 1<br />

limite, con 2,5 m/s 2 ≤ A(8) ≤ 5,0 m/s 2 ,<br />

ci si trova nella fascia nella quale i già<br />

elevati livelli di esposizione comportano<br />

l’esigenza di intervenire (in tempi<br />

tecnici) per ricondurre, ovunque possibile,<br />

il rischio al di sotto del livello di<br />

azione. In questa fascia, per la direttiva<br />

n. 2002/44/CE diviene obbligatorio redigere<br />

il programma di bonifica, attivare<br />

l’informazione e la formazione<br />

nonché la sorveglianza sanitaria;<br />

- oltre il livello limite, con A(8) ><br />

5,0 m/s 2 , la situazione richiede interventi<br />

immediati (in primo luogo e sino<br />

a interventi tecnici di provata efficacia,<br />

di introdurre pause) per ricondurre<br />

le condizioni espositive quanto meno<br />

a valori inferiori al livello limite.<br />

Riguardo alle indicazioni tecniche<br />

che il consulente dovrà fornire per le<br />

misure di bonifica adottabili, il problema<br />

è ovviamente molto complesso e<br />

sviluppato nei trattati ingegneristici di<br />

meccanica, acustica e vibrazioni a cui<br />

si rimanda per gli approfondimenti teorici<br />

del caso.<br />

Una indicazione pratica per le aziende<br />

che si rivolgono ai consulenti sul<br />

mercato è quella di non dare per scontato<br />

che i tecnici che si propongono per la<br />

misurazione del rischio siano in grado<br />

di suggerire interventi efficaci.<br />

Particolarmente in questo settore<br />

della consulenza vale il suggerimento<br />

di affidarsi a tecnici di aziende altamente<br />

specializzate.<br />

Vibrazioni al corpo intero<br />

Le attività lavorative svolte a bordo<br />

di mezzi di trasporto o di movimentazione,<br />

quali ruspe, pale meccaniche,<br />

trattori, macchine agricole, autobus,<br />

IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

carrelli elevatori, camion, imbarcazioni<br />

ecc., ma anche la permanenza su<br />

solai, piattaforme o sedili collegati<br />

con macchine-sorgenti (per esempio,<br />

molini, vibrovagli, confezionatrici<br />

ecc.), espongono il corpo a vibrazioni<br />

che possono risultare nocive per i soggetti<br />

esposti.<br />

Dai numerosi studi epidemiologici<br />

pubblicati in letteratura sugli effetti<br />

dell’esposizione del corpo intero a vibrazioni<br />

(Whole Body Vibration -<br />

WBV), appare che, per quanto sia stato<br />

documentato che alcuni disturbi si<br />

riscontrino con maggior frequenza tra<br />

lavoratori esposti a vibrazioni, piuttosto<br />

che tra soggetti non esposti, non è<br />

al momento possibile individuare patologie<br />

o danni prettamente associabili<br />

all’esposizione del corpo a vibrazioni.<br />

Inoltre, lo stato attuale delle conoscenze<br />

sulla risposta del corpo umano all’esposizione<br />

a vibrazioni è ancora alquanto<br />

incompleto e lacunoso per poter<br />

consentire la formulazione di modelli<br />

biomeccanici idonei alla definizione<br />

di criteri di valutazione del rischio<br />

esaustivi. Questo in quanto molteplici<br />

fattori di natura fisica, fisiologica<br />

e psicofisica (per esempio, intensità,<br />

frequenza, direzione delle vibrazioni,<br />

incidenti, costituzione corporea,<br />

postura, suscettibilità individuale) risultano<br />

rilevanti in relazione alla salute<br />

e al benessere dei soggetti esposti.<br />

Inoltre, alcuni degli effetti possono riscontrarsi<br />

in concomitanza di altri e<br />

influenzarne l’insorgenza.<br />

La nuova edizione dello standard<br />

ISO 2631-1:1997, che definisce metodiche<br />

standardizzate di misura delle vibrazioni<br />

trasmesse al corpo e fornisce<br />

alcune linee guida ai fini della valutazione<br />

degli effetti sulla salute, dichiara<br />

in proposito che «non esistono dati<br />

sufficienti alla definizione di una relazione<br />

quantitativa tra esposizione a vibrazioni<br />

e rischio di effetti sulla salute.<br />

Pertanto non è possibile valutare le<br />

vibrazioni trasmesse al corpo in termini<br />

di probabilità di rischio per esposizioni<br />

di differenti entità e durata».<br />

Nonostante queste carenze conoscitive,<br />

l’adozione di criteri igienistici<br />

in riferimento alla normativa e alla let-<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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47


IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

SPECIALE<br />

TABELLA 5<br />

Lista di controllo per evidenziare la presenza di un rischio da WBV<br />

N. WBV ­ QUESITI Modalità di adempimento<br />

1 Nelle attività dell’azienda si fa uso di veicoli, di macchine<br />

o di attrezzature di lavoro che espongono a vibrazioni<br />

l’intero corpo (per esempio, da sedili, da<br />

piattaforme o piani)<br />

2 Il RLS ha segnalato (o ci sono addetti che lamentano)<br />

esposizioni eccessive a vibrazioni al corpo intero<br />

3<br />

Il Medico competente, durante la valutazione o i<br />

suoi sopralluoghi periodici in azienda, ha segnalato<br />

la possibile presenza di esposizioni alle WBV<br />

Se le risposte sono tutte negative,<br />

“giustificare” i mancati ulteriori approfondimenti<br />

sul Documento di valutazione dei rischi<br />

oppure<br />

(con qualche risposta positiva)<br />

approfondire la valutazione del rischio, identificare e<br />

adottare le adeguate misure di prevenzione e protezione,<br />

classificare le situazioni espositive ed adottare<br />

i dovuti protocolli di prevenzione e protezione.<br />

teratura (e oggi anche specifica alla<br />

direttiva comunitaria), in materia di<br />

tutela dei lavoratori dall’esposizione a<br />

vibrazioni, rappresenta un elemento<br />

fondamentale ai fini della tutela della<br />

salute dei lavoratori e della riduzione<br />

del rischio da esposizione a vibrazioni<br />

trasmesse al corpo.<br />

Come già visto a proposito delle<br />

HAV, la valutazione sulla presenza o<br />

l’assenza del rischio nei luoghi di lavoro,<br />

può avere luogo (e anche esaurirsi)<br />

con una valutazione preliminare<br />

che accerti qualitativamente il non uso<br />

di attrezzature che sollecitano con vibrazioni<br />

l’intero corpo (generalmente,<br />

veicoli, macchine semoventi) o la permanenza<br />

dei lavoratori in posizioni a<br />

rischio (piani, piattaforme, sedili eccitati<br />

da macchine), recuperando anche<br />

le valutazioni soggettive degli addetti.<br />

La valutazione preliminare potrebbe<br />

quindi utilizzare una banale<br />

lista di controllo quale quella evidenziata<br />

nella tabella 5.<br />

Con risposte tutte negative, la valutazione<br />

potrebbe esaurirsi senza tradursi<br />

in alcuna misura specifica, invece,<br />

qualora si rilevassero elementi oggettivi<br />

o soggettivi di rischio, anche<br />

nel caso dell’esposizione a WBV il<br />

datore di lavoro dovrà valutarne la rilevanza<br />

o mediante il ricorso a dati<br />

misurati da altri (produttori o banche<br />

dati) oppure con rilevazioni strumentali<br />

da lui commissionate.<br />

Come per le HAV l’indicazione a<br />

non avvalersi necessariamente di misurazioni,<br />

oltre al fatto che non è<br />

espressamente richiesta dalla legislazione,<br />

discende dalla presenza di una<br />

casistica che:<br />

l sul versante della diagnosi dell’entità<br />

del rischio possono essere risolte<br />

con discreto grado di precisione ben<br />

interpretando le informazioni di banche-dati<br />

qualificate e specifiche o,<br />

purtroppo più raramente, di dati forniti<br />

dai produttori;<br />

l sul versante del contenimento del<br />

rischio, possono essere risolte con la<br />

semplice, ma attenta, osservazione del<br />

contesto ambientale, presenza di strumenti<br />

vetusti che abbisognano di sostituzione,<br />

esigenza di provvedere alla<br />

manutenzione dell’apparecchiatura,<br />

esigenza di definire procedure per la<br />

limitazione del tempo d’esposizione<br />

ecc.<br />

Il ricorso a banche-dati può, quindi,<br />

essere una risposta realistica (economicamente<br />

e igienisticamente accettabile)<br />

per la conoscenza orientativa di<br />

rischi, riservando le misurazioni strumentali<br />

ai casi oggettivamente più<br />

complessi.<br />

In quest’ultimo caso le metodologie<br />

da seguire per la quantificazione<br />

del rischio sono dettate dalla direttiva<br />

n. 2002/44/CE, che richiama la ISO<br />

2631-1:1997.<br />

I risultati della valutazione del rischio,<br />

tanto se effettuata col ricorso a<br />

banche-dati quanto con misurazioni,<br />

vanno calcolati (si veda la tabella 6) e<br />

interpretati nello stesso modo.<br />

I valori di riferimento per le azioni<br />

da adottare andranno desunti dal recepimento<br />

della direttiva n. 2002/44/CE.<br />

La chiave con cui andare all’interpretazione<br />

dei risultati delle valutazioni<br />

si baserà, anche nel caso delle<br />

WBV, su due livelli di riferimento, denominati<br />

“livello di azione” e “livello<br />

limite”, che identificano tre possibili<br />

collocazioni della misura:<br />

l al di sotto del livello di azione, con<br />

A(8) ≤ 0,5 m/s 2 , ove si collocano le<br />

situazioni a rischio contenuto e sulle<br />

quali è sufficiente mantenere attive le<br />

generiche attenzioni di chi si occupa<br />

di prevenzione (per esempio, far controllare<br />

al medico competente il lavoratore<br />

che dichiarasse problemi alla<br />

salute, soprattutto al rachide lombare,<br />

ricollegabili all’esposizione WBV);<br />

l tra il livello di azione ed il livello<br />

limite, con 0,5 m/s 2 ≤ A(8) ≤ 1,15 m/s 2 ,<br />

fascia nella quale i già elevati livelli di<br />

esposizione comportano l’esigenza di<br />

intervenire (in tempi tecnici) per ricondurre,<br />

ovunque possibile, il rischio<br />

al di sotto del livello di azione. In questa<br />

fascia, per la direttiva n. 2002/44/<br />

CE diviene obbligatorio redigere il<br />

programma di bonifica, attivare l’informazione<br />

e la formazione nonché la<br />

sorveglianza sanitaria;<br />

l oltre il livello limite, con A(8) ><br />

1,15 m/s 2 , situazione che richiede interventi<br />

immediati (in primo luogo e<br />

sino a interventi tecnici di provata efficacia,<br />

di introdurre pause) per ricondurre<br />

le condizioni espositive quanto<br />

meno a valori inferiori al livello limite.<br />

Infine, circa le indicazioni tecniche<br />

che il consulente dovrà fornire per le<br />

48 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18


misure di bonifica adottabili, si ribadisce<br />

che il problema è molto complesso<br />

e si rimanda ai trattati ingegneristici<br />

e suggerendo di affidarsi a tecnici di<br />

aziende altamente specializzate.<br />

Il rapporto di valutazione<br />

Quando la valutazione si risolve<br />

con sole risposte negative nella somministrazione<br />

della lista di controllo<br />

preliminare, la “giustificazione” potrebbe<br />

semplicemente concretizzarsi<br />

col riportare sul Documento di valutazione,<br />

ex D.Lgs. n. 626/1994 la lista di<br />

controllo adottata con il relativo esito.<br />

Quando, invece, la valutazione non<br />

riesce a esaurirsi nella “giustificazione”,<br />

occorrerà prevedere un resoconto<br />

del processo valutativo che, similmente<br />

a quanto avviene per il rumore, possiamo<br />

immaginare consista in una Relazione<br />

tecnica che si accompagna a<br />

uno specifico approfondimento sul<br />

Documento di valutazione ex D.Lgs.<br />

n. 626/1994.<br />

La Relazione tecnica sarà una relazione<br />

sul “percorso” effettuato (fonte<br />

di riferimento, valori e condizioni dichiarati<br />

dall’autore, tempi di esposizione<br />

dei lavoratori dell’azienda ecc.)<br />

e sui suoi risultati ottenuti (livelli di<br />

esposizione) nel caso la valutazione<br />

del rischio sia stata effettuata attingendo<br />

dai dati dei produttori o da banchedati<br />

sperimentali ovvero una relazione<br />

delle misure effettuate (condizioni di<br />

misura, valori rilevati ecc.) e dei risultati<br />

ottenuti (livelli di esposizione misurati<br />

o calcolati). In entrambi i casi il<br />

tecnico competente dovrà anche indicare<br />

le possibili soluzioni per il controllo<br />

del rischio.<br />

Nel Documento di valutazione dei<br />

SPECIALE<br />

TABELLA 6<br />

Meccanismo per il calcolo del livello di esposizione<br />

a WBV, da normalizzare successivamente ad 8 ore<br />

sulla base del “principio dell’uguale energia”<br />

A (w)max = la max tra :<br />

1,4 × a wx<br />

1,4 × a wy<br />

a wz<br />

rischi ex D.Lgs. n. 626/1994 da conservarsi<br />

in azienda anche a disposizione<br />

dell’organo di vigilanza, andranno,<br />

in particolare, indicate le misure preventive<br />

e protettive programmate dall’azienda<br />

per eliminare o ridurre le<br />

esposizioni.<br />

Premesso che tra Relazione tecnica<br />

e Documento sono ipotizzabili diversi<br />

livelli di integrazione e che qualora<br />

l’una risultasse priva di alcune informazioni<br />

queste dovrebbero essere indicate<br />

nell’altro e viceversa, nel Documento<br />

e nei suoi allegati ci si attende<br />

siano indicati almeno i seguenti<br />

elementi:<br />

l data/e di effettuazione della valutazione<br />

con approfondimenti (misurazioni<br />

o confronto con banche-dati);<br />

l dati identificativi di chi ha provveduto<br />

alla valutazione con approfondimenti;<br />

l dati identificativi della Relazione<br />

tecnica allegata (per esempio, numero<br />

di protocollo, data);<br />

l dati identificativi dei RLS o, in loro<br />

assenza, dei lavoratori, consultati ai<br />

sensi del D.Lgs. n. 626/1994, modalità<br />

della loro consultazione e informazione;<br />

l numero degli occupati totali dell’unità<br />

produttiva, suddivisi per mansione;<br />

l nome e livello di esposizione degli<br />

occupati con valori superiori al livello<br />

di azione;<br />

l programma delle misure/azioni ritenute<br />

opportune, per meglio controllare<br />

il rischio, individuate a seguito<br />

della valutazione;<br />

l dati identificativi del medico competente<br />

che è informato dei risultati<br />

del controllo dell’esposizione della<br />

IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

stessa.<br />

Quanto indicato nel Documento<br />

prevede la responsabilità diretta e indelegabile<br />

del datore di lavoro ed è,<br />

pertanto, naturale che sia da questi firmata.<br />

In calce al Rapporto di Valutazione<br />

è, poi, opportuno che compaia<br />

la firma di “presa visione” dei RLS o,<br />

in loro assenza, dei lavoratori, informati<br />

ai sensi del D.Lgs. n. 626/1994 e<br />

quella del medico competente, se previsto.<br />

Infine, si può prevedere un Foglio<br />

degli aggiornamenti per raccordare la<br />

situazione descritta nella Relazione<br />

tecnica con i cambiamenti che via via<br />

intervengono sulla realtà produttiva.<br />

Ci si riferisce, in particolare, a quei<br />

cambiamenti non in grado di modificare<br />

in modo significativo il quadro di<br />

rischio (situazione che richiede una<br />

nuova valutazione), ma che pur sempre<br />

comportano azioni specificamente<br />

previste dal D.Lgs. n. 626/1994. In<br />

particolare, su questo Foglio potranno<br />

essere annotate le assegnazioni alle<br />

classi di rischio dei nuovi assunti, degli<br />

operatori adibiti ex novo a mansioni<br />

a rischio nonché degli operatori che<br />

abbiano nel frattempo cambiato mansione.<br />

Si potranno anche annotare le dimissioni<br />

di operatori e l’acquisto di<br />

nuove macchine se espongono a HAV<br />

con A(8) > 2,5 m/s 2 e a WBV con<br />

A(8) > 0,5 m/s 2 (macchine soggette<br />

all’obbligo informativo del produttore<br />

ai sensi del D.P.R. n. 459/1996).<br />

Il legislatore non ha voluto formalizzarne<br />

uno specifico Rapporto di valutazione<br />

(sostanzialmente, il capitolo<br />

dedicato alle vibrazioni da inserire nel<br />

Documento di valutazione del rischio)<br />

né uno schema di Relazione tecnica;<br />

negli Allegati 2, 3, 5, e 6 delle «Linee<br />

Guida per la valutazione del rischio<br />

da vibrazioni negli ambienti di lavoro»<br />

redatte dall’ISPESL e dal CTIPL<br />

(Coordinamento Tecnico Interregionale<br />

della Prevenzione nei luoghi di<br />

Lavoro) vengono proposti modelli per<br />

la redazione della Relazione tecnica<br />

con misure e del Rapporto di Valutazione<br />

per esposizioni, rispettivamente,<br />

a HAV e WBV.<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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49


IGIENE DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

Orientamenti<br />

per il controllo del rischio<br />

Non esistono, attualmente, riferimenti<br />

legislativi che forniscano indicazioni<br />

sulle metodologie di controllo<br />

del rischio.<br />

Le possibilità di intervento per la<br />

riduzione del rischio vibrazioni nelle<br />

attrezzature di lavoro sono spesso<br />

sviluppate nei trattati di acustica e vibrazioni<br />

e a essi si rimanda per una<br />

analisi dettagliata delle disponibilità<br />

tecnologiche. Qualche prima indicazione<br />

può, tuttavia, essere tratta dalle<br />

Linee Guida redatte dall’ISPESL e<br />

dal Coordinamento Tecnico Interregionale<br />

della Prevenzione nei luoghi<br />

di lavoro.<br />

Relativamente all’esposizione a<br />

HAV vi si afferma:<br />

«Qualora risulti superato il livello<br />

di esposizione giornaliera A(8) di 2,5<br />

m/s 2 dovranno essere attuate le seguenti<br />

misure di tutela per i lavoratori<br />

esposti:<br />

l adozione di sistemi di lavoro ergonomici<br />

che consentano di ridurre al<br />

minimo la forza di prensione o spinta<br />

da applicare all’utensile.<br />

l sostituzione dei macchinari che<br />

producono elevati livelli di vibrazioni<br />

con macchinari che espongano a minori<br />

livelli di vibrazioni. Essa è assolutamente<br />

prioritaria qualora risulti<br />

A(8) > 5 m/s 2 (es. sostituzione di martelli<br />

perforatori di tipo tradizionale<br />

con perforatori dotati di sistemi antireattivi).<br />

l effettuazione di manutenzione regolare<br />

e periodica degli utensili.<br />

l adozione di cicli di lavoro che consentano<br />

di alternare periodi di esposizione<br />

a vibrazioni a periodi in cui il<br />

lavoratore non sia esposto a vibrazioni.<br />

l impiego di DPI (guanti antivibranti).<br />

l informazione sul rischio da esposizione<br />

a vibrazioni e formazione specifica<br />

sulle corrette procedure di lavoro<br />

ai fini della prevenzione e riduzione<br />

del rischio da esposizione a vibrazioni<br />

mano-braccio, ed in particolare :<br />

- corrette modalità di prensione e<br />

di impugnatura degli utensili;<br />

- impiego dei guanti durante le<br />

SPECIALE<br />

operazioni che espongono a vibrazioni;<br />

- adozione di procedure di lavoro<br />

idonee al riscaldamento delle mani<br />

prima e durante il turno di lavoro;<br />

- incremento di rischio da danni da<br />

vibrazioni dovuto al fumo;<br />

- esercizi e massaggi alle mani da<br />

effettuare durante le pause di lavoro.<br />

l effettuazione di controlli sanitari<br />

preventivi e periodici da parte del<br />

medico competente»<br />

Con riferimento all’esposizione a<br />

WBV, invece, si dice:<br />

«Il superamento del livello d’azione<br />

consigliato in queste Linee Guida<br />

comporta la predisposizione delle seguenti<br />

misure di tutela:<br />

- Programma di organizzazione<br />

tecnica e/o di lavoro con le misure<br />

destinate a ridurre l’esposizione. Tra<br />

tali misure prioritaria importanza rivestono:<br />

l pianificare una regolare manutenzione<br />

dei macchinari, con particolare<br />

riguardo alle sospensioni, ai sedili ed<br />

al posto di guida degli automezzi;<br />

l identificare le condizioni operative<br />

o i veicoli che espongono ai più alti<br />

livelli di vibrazioni ed organizzare<br />

laddove possibile turni di lavoro tra<br />

operatori e conducenti idonei a ridurre<br />

le esposizioni individuali;<br />

l pianificare laddove possibile i percorsi<br />

di lavoro scegliendo quelli meno<br />

accidentati; oppure, dove possibile, effettuare<br />

lavori di livellamento stradale.<br />

- Pianificazione di una politica<br />

aziendale di aggiornamento del parco<br />

macchine, che privilegi l’acquisto di<br />

macchinari a basso livello di vibrazioni<br />

e rispondenti a criteri generali<br />

di ergonomia del posto di guida.<br />

- Sorveglianza sanitaria con esami<br />

di routine.<br />

- Informazione dei lavoratori potenzialmente<br />

esposti a tali livelli e formazione<br />

ai fini dell’applicazione di<br />

idonee misure di tutela. In particolare,<br />

la formazione dovrà essere orientata<br />

verso i seguenti contenuti:<br />

l metodi corretti di guida al fine di<br />

ridurre le vibrazioni: ad es. necessità<br />

di evitare alte velocità in particolare<br />

su strade accidentate;<br />

l posture di guida e corretta regolazione<br />

del sedile;<br />

l ulteriori fattori di rischio per disturbi<br />

a carico della colonna;<br />

l come prevenire il mal di schiena»<br />

Conclusioni<br />

e prossimi sviluppi<br />

La valutazione e il controllo del<br />

rischio da vibrazioni, tanto per l’esposizione<br />

a HAV quanto a WBV, abbisognano<br />

di maggiori attenzioni da<br />

parte dei datori di lavoro nell’ambito<br />

della tutela della salute nei luoghi di<br />

lavoro.<br />

Debbono, in particolare, imporsi<br />

alcuni principi elementari la cui inosservanza<br />

segnala la non applicazione<br />

dei principi di prevenzione e di ricerca<br />

del miglioramento delle condizioni di<br />

lavoro introdotti dal DLgs. n. 626/<br />

1994; valutare il rischio non può significare<br />

solo apporre un segno di<br />

spunta in un elenco di pericoli per la<br />

salute e concludersi nel riporre il documento<br />

di valutazione in un dossier<br />

conservato solo per essere mostrato<br />

all’organo di vigilanza.<br />

Si è cercato di esaminare, alla luce<br />

dell’imminente modifica del quadro<br />

legislativo di riferimento, la metodologia<br />

della valutazione aziendale del<br />

rischio secondo un’ottica non sempre<br />

utilizzata dagli specialisti e che, se applicata,<br />

potrebbero estendere significativamente<br />

la conoscenza e, quindi,<br />

il controllo del rischio.<br />

Con l’auspicio di aver portato un<br />

contributo all’analisi di un rischio<br />

troppo spesso dimenticato, si è cercato<br />

di fornire, sempre con linguaggio elementare,<br />

primissimi elementi orientativi<br />

sulle misure tecniche organizzative<br />

e procedurali che possono essere<br />

messe in campo nelle realtà aziendali<br />

in cui si presentano i rischi.<br />

I dati INAIL dimostrano che il rischio<br />

da vibrazioni è un problema<br />

reale e che occorre pertanto dare sostanza<br />

ai principi di prevenzione con<br />

valutazioni che davvero si sincerino<br />

della presenza o meno dei rischi per<br />

la salute e si concretizzino nelle necessarie<br />

misure di prevenzione e protezione.<br />

l<br />

50 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18


SPECIALE<br />

IGIENE DEL LAVORO<br />

Osservatorio ISPESL ­ Articolo<br />

Guanti antivibranti e sedili:<br />

la protezione secondo le norme<br />

di Pietro Nataletti<br />

Dipartimento di Igiene del Lavoro - Centro Ricerche ISPESL di Monteporzio Catone<br />

ISPESL<br />

Nel 2002 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea L del 6 luglio 2002, n. 177, la direttiva n. 2002/44/CE «sulle<br />

prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (vibrazioni)». Questa<br />

direttiva riguarda l’esposizione professionale alle vibrazioni meccaniche trasmesse al sistema mano­braccio e al corpo intero, e si<br />

inquadra nell’ambito delle direttive sociali emesse in applicazione della direttiva quadro sui luoghi di lavoro n. 89/391/CEE. Doveva<br />

essere recepita in legge nazionale entro il 6 luglio 2005; il relativo decreto legislativo è in fase di avanzata definizione da parte del<br />

Ministero del Lavoro. Va anche ricordato che questa direttiva è stata già in parte recepita dal D.P.R. n. 459/1996 “direttiva macchine”<br />

(recepimento della direttiva comunitaria n. 89/392/CEE), che adotta per le vibrazioni trasmesse al corpo intero e al sistema mano­braccio<br />

gli stessi livelli di azione assunti nella direttiva n. 2002/44/CE pari, rispettivamente, a 0,5 m/s2 e a 2,5 m/s2.<br />

Osservatorio a cura dell’Ufficio Relazioni con il Pubblico<br />

La legge di recepimento della direttiva<br />

europea n. 2002/44/CE colmerà l’attuale<br />

carenza a livello normativo, in cui<br />

non esistono ancora disposizioni specifiche<br />

per l’esposizione professionale alle vibrazioni<br />

che stabiliscano, analogamente a quanto fa<br />

il D.Lgs. n. 277/1991 per il rumore, una politica<br />

generale di prevenzione (tecnica, organizzativa<br />

e procedurale) e di protezione collettiva<br />

e personale. Ciononostante, l’obbligo<br />

della valutazione del rischio e delle relative<br />

misure di prevenzione, protezione e sorveglianza<br />

sanitaria, stabilite in generale per tutti<br />

gli agenti di rischio dal D.Lgs. n. 626/1994 e<br />

successive modificazioni, vale anche per<br />

l’esposizione professionale alle vibrazioni.<br />

Da un punto di vista tecnico, il principale riferimento<br />

per la misurazione e la valutazione del<br />

rischio di esposizione professionale delle vibrazioni<br />

meccaniche trasmesse al sistema mano­braccio<br />

e al corpo intero è costituito, rispettivamente,<br />

dagli standard UNI EN ISO<br />

5349­1: 2001 [1] , UNI EN ISO 5349­2: 2001 [2] e<br />

ISO 2631­1:1997 [3] . Inoltre, è possibile fare riferimento<br />

alle Linee Guida tecniche [4] presentate<br />

nel 2000, realizzate dall’ISPESL in collaborazione<br />

con il Coordinamento delle Regioni e<br />

delle Province autonome. Entro l’autunno<br />

2005 sarà disponibile [5] anche la nuova banca<br />

dati nazionale riguardante i valori di esposizione<br />

professionale alle vibrazioni meccaniche riguardanti<br />

un notevole numero di attrezzi e<br />

macchine promossa dall’ISPESL e realizzata in<br />

collaborazione con la ASL 7 di Siena [6] .<br />

Mezzi di prevenzione tecnica<br />

e dispositivi di protezione<br />

I possibili interventi di prevenzione (primaria<br />

e secondaria) e di protezione dalle vibrazioni<br />

meccaniche trasmesse all’uomo si possono<br />

classificare, secondo un ordine di efficacia,<br />

secondo il seguente schema:<br />

• automazione e/o remotizzazione della lavorazione,<br />

con il risultato di azzerare l’esposizione<br />

tramite l’allontanamento del lavoratore<br />

dalla sorgente di vibrazioni;<br />

• scelta di attrezzi/macchine ergonomiche,<br />

con il risultato di ridurre l’esposizione; da questo<br />

punto di vista le banche dati sono un ausilio<br />

prezioso in fase di progettazione del posto<br />

di lavoro o di programmazione degli acquisti;<br />

• modifica degli attrezzi/macchine esistenti,<br />

tramite, per esempio, il rivestimento o la<br />

sostituzione dei manici degli attrezzi con<br />

materiali antivibranti o la sostituzione degli<br />

ammortizzatori delle macchine, con il risultato<br />

di ridurre l’esposizione;<br />

[1] «Vibrazioni meccaniche. Misurazione e valutazione dell’esposizione dell’uomo alle vibrazioni trasmesse alla mano - Parte 1:<br />

Requisiti generali», Ente Nazionale Italiano di Unificazione, Milano, 2004.<br />

[2] «Vibrazioni meccaniche. Misurazione e valutazione dell’esposizione dell’uomo alle vibrazioni trasmesse alla mano - Parte 2: Guida<br />

pratica per la misurazione al posto di lavoro», Ente Nazionale Italiano di Unificazione, Milano, 2004.<br />

[3] «Mechanical vibration and shock - Evaluation of human exposure to whole-body vibration. Part. 1: General requirements».<br />

International Organization for Standardization, Geneve, 1997.<br />

[4] «Le Linee Guida per la valutazione del rischio da vibrazioni in ambiente di lavoro», Atti del Seminario dBA incontri 2000, Modena<br />

20 settembre 2000. La versione aggiornata è consultabile on-line all’indirizzo: http://www.ispesl.it/linee_guida/fattore_di_rischio/<br />

vibrazioni.htm.<br />

[5] La nuova banca dati nazionale riguardante i valori di esposizione professionale alle vibrazioni meccaniche sarà on-line all’indirizzo<br />

www.ispesl.it.<br />

[6] Per maggiori informazioni, di Iole Pinto, Una banca dati nazionale per la valutazione del rischio e la scelta della attrezzature di<br />

lavoro. I risultati del progetto; come e quando fruirne, Atti del Seminario dBA incontri-Vibrazioni 2004, Modena, 13 ottobre 2004.<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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51


IGIENE DEL LAVORO<br />

Osservatorio ISPESL ­ Articolo<br />

SPECIALE<br />

• l’utilizzo di DPI (guanti antivibranti) o di<br />

sedili antivibranti, con il risultato di ridurre<br />

(quando possibile) l’esposizione.<br />

Le attuali tecnologie<br />

consentono di progettare<br />

e realizzare sedili<br />

in grado di attenuare efficacemente<br />

le vibrazioni trasmesse dal mezzo,<br />

purché si tenga conto<br />

dell’accoppiamento meccanico<br />

tra macchina, sedile e operatore<br />

nelle situazioni reali<br />

generate in campo<br />

Guanti antivibranti: certificazione<br />

e disponibilità commerciale<br />

Per quanto riguarda i dispositivi di protezione<br />

individuale, esistono in commercio<br />

numerosi guanti cosiddetti antivibranti,<br />

certificati secondo la norma europea armonizzata<br />

EN ISO 10819:1996 [7] , che è di<br />

supporto ai requisiti essenziali di sicurezza<br />

e salute previsti dalla direttiva UE n. 89/<br />

686/CEE «Apparecchiature per la protezione<br />

della persona», e recepita in Italia<br />

dalla UNI EN ISO 10819:1998. Infatti, oltre<br />

ai benefici in termini di protezione<br />

delle mani dai rischi meccanici (abrasioni,<br />

tagli), dalle temperature estreme, dai rischi<br />

chimici e dall’umidità, i guanti possono<br />

potenzialmente ridurre la trasmissione<br />

delle vibrazioni alle mani e quindi assumere<br />

il ruolo di dispositivi di protezione<br />

individuale (DPI) anche per questo specifico<br />

agente di rischio fisico. La stessa direttiva<br />

n. 2002/44/CE prevede espressamente<br />

l’utilizzo di questi dispositivi (Allegato<br />

A, «Vibrazioni trasmesse al sistema mano­braccio,<br />

punto 5. Attrezzature di protezione<br />

individuale: Attrezzature di protezione<br />

individuale contro le vibrazioni trasmesse<br />

al sistema mano­braccio possono<br />

contribuire al programma di misure di cui<br />

all’articolo 5 (Disposizioni miranti a escludere<br />

o a ridurre l’esposizione), paragrafo<br />

2»). Questo ha costituito uno stimolo per<br />

le aziende produttrici di guanti, anche italiane,<br />

le quali, negli ultimi anni, hanno<br />

iniziato a produrre dei modelli rivestiti internamente<br />

con materiali dotati di proprietà<br />

di assorbimento dell’energia meccanica<br />

nell’intervallo di frequenze di interesse<br />

prevenzionistico (6,3 ÷ 1.600 Hz).<br />

La norma armonizzata EN ISO<br />

10819:1996, tratta dall’omonimo standard<br />

ISO 10819: 1996, prescrive un metodo<br />

di laboratorio per la misura delle proprietà<br />

dinamiche dei guanti e ne fissa i<br />

requisiti prestazionali nella gamma di frequenza<br />

tra 31,5 e 1.250 Hz. Vengono definiti<br />

due differenti spettri di vibrazione:<br />

• lo spettro M (medie frequenze), che si<br />

estende fra 16 e 400 Hz;<br />

• lo spettro H (alte frequenze), che si estende<br />

fra 100 e 1.600 Hz.<br />

Entrambi gli spettri producono accelerazioni<br />

efficaci ponderate di circa 3 m/s 2 sull’impugnatura,<br />

una speciale maniglia dotata<br />

di sensori per la rilevazione della forza<br />

di spinta e di prensione, montata su uno<br />

shaker (tavola vibrante elettrodinamica)<br />

orientato orizzontalmente. Il soggetto impugna<br />

la maniglia a mano nuda e a mano<br />

guantata, mantenendo sempre una determinata<br />

forza di spinta (50 N) e di prensione<br />

(30 N) sulla maniglia durante le prove. Il<br />

soggetto deve osservare una determinata<br />

configurazione del corpo e del sistema<br />

mano­braccio, deve stare in piedi durante<br />

le prove, con l’avambraccio lungo l’asse di<br />

vibrazione e il gomito deve formare un<br />

angolo di circa 90°.<br />

Per entrambi gli spettri (M e H), la cosiddetta<br />

trasmissibilità del guanto si determina<br />

misurando l’accelerazione equivalente<br />

ponderata in frequenza sulla manopola a<br />

mano nuda e su uno speciale adattatore<br />

tenuto nel palmo della mano dentro il<br />

guanto. Lo standard fornisce le specifiche<br />

di massima di questo adattatore all’interno<br />

del quale possono essere ospitati fino a tre<br />

accelerometri. La trasmissibilità TR è data<br />

sostanzialmente dal rapporto tra l’accelerazione<br />

ponderata misurata sull’adattatore<br />

a mano guantata e l’accelerazione ponderata<br />

misurata sulla manopola a mano nuda,<br />

per ognuno dei due spettri. I valori di<br />

trasmissibilità da riportare nel rapporto di<br />

prova, chiamati trasmissibilità media corretta<br />

TR M e TR H , sono dati dalla media di<br />

sei misure ottenute da due ripetute effettuate<br />

su tre soggetti adulti con dimensioni<br />

delle mani nell’intervallo tra 7 e 9 come<br />

definite nella norma europea EN 420:<br />

1994 [8] .<br />

Dalla definizione di trasmissibilità si deduce<br />

che, affinché un materiale attenui le vibrazioni,<br />

la trasmissibilità TR deve essere minore<br />

di 1. In generale, alle frequenze medioalte<br />

non è difficile, con i moderni materiali<br />

resilienti, ottenere trasmissibilità dell’ordine<br />

di 0,5­0,6; alle basse frequenze, invece,<br />

questi valori si ottengono solo con spessori<br />

tali che renderebbero i guanti ingombranti<br />

e privi di sensibilità tattile. La norma EN ISO<br />

10819 afferma:<br />

«Un guanto non va considerato “guanto<br />

antivibrazione” secondo la presente norma<br />

se non rispetta entrambi i seguenti criteri:<br />

TR M < 1.0 e TR H < 0.6<br />

Nota: il soddisfacimento di questi criteri<br />

non implica che l’uso di tale guanto elimina<br />

il rischio di esposizione alle vibrazioni.<br />

Inoltre un guanto va considerato “guanto<br />

antivibrazione” secondo la presente norma<br />

soltanto se le dita del guanto hanno le stesse<br />

proprietà (materiali e spessore) della parte<br />

di guanto che copre il palmo della mano».<br />

La norma consiglia, infine, di determinare<br />

la trasmissibilità in funzione della frequenza,<br />

in modo da consentire la stima dell’effetto<br />

del guanto sulla vibrazione ponderata<br />

in frequenza nei casi in cui è noto lo<br />

spettro di vibrazione della sorgente (attrezzo<br />

vibrante o altro), analogamente a quanto<br />

avviene per i DPI uditivi in cui il costruttore<br />

fornisce i valori di APVf dell’otoprotettore<br />

(Valori di Attenuazione Presunta nelle<br />

bande di ottava f).<br />

Questa norma, nonostante lo standard ISO<br />

[7] «Vibrazioni meccaniche e urti. Vibrazioni al sistema mano-braccio. Metodo per la misurazione e la valutazione della trasmissibilità<br />

delle vibrazioni dai guanti al palmo della mano». Comitato Europeo di Normazione, Bruxelles, 1996.<br />

[8] «Requisiti generali per i guanti». Comitato Europeo di Normazione, Bruxelles, 1994.<br />

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20 settembre 2005 ­ N. 18


SPECIALE<br />

IGIENE DEL LAVORO<br />

Osservatorio ISPESL ­ Articolo<br />

da cui è tratta sia non privo di controindicazioni<br />

e di problemi tecnici [9] , tra i quali è<br />

da citare la non facile reperibilità sul mercato<br />

di apparecchi commerciali di misurazione<br />

della trasmissibilità [10] è diventata<br />

norma armonizzata nell’ambito delle direttive<br />

di prodotto per i DPI, e, di conseguenza,<br />

viene utilizzata dai costruttori e dagli<br />

organismi notificati per la certificazione<br />

CE. I guanti antivibranti, quindi, devono<br />

riportare, vicino al marchio CE, l’indicazione<br />

della norma EN ISO 10819:1996, e nella<br />

documentazione tecnica devono essere<br />

indicati i valori di TR M e TR H .<br />

Guanti antivibranti sottoposti a sperimentazione<br />

N. guanto Costruttore/modello<br />

1 Ansell ­Edmont;<br />

2 Atlas Copco;<br />

3 Impacto U2;<br />

4 North ­ Zorber;<br />

5 Ergodine Proplex;<br />

6 Ergo Air;<br />

7 2G 2002;<br />

8 2G 2022;<br />

9 2G 2013;<br />

10 2G 2016.<br />

Efficacia sul campo<br />

dei guanti antivibranti<br />

Il Laboratorio Agenti Fisici del Dipartimento<br />

Igiene del Lavoro dell’ISPESL ha condotto,<br />

negli ultimi anni, numerosi studi e sperimentazioni<br />

sull’esposizione professionale a<br />

vibrazioni meccaniche [11] . In questa sede<br />

viene riportata una sintesi dei risultati sulla<br />

reale efficacia dei guanti cosiddetti antivibranti,<br />

sia per verificarne in laboratorio la<br />

rispondenza ai requisiti di certificazione, sia<br />

per sperimentare sul campo l’effettiva capacità<br />

di attenuare le vibrazioni trasmesse al<br />

palmo della mano, nelle reali condizioni di<br />

uso di alcune delle principali categorie di<br />

attrezzi utilizzati in Italia e durante le normali<br />

condizioni di lavoro.<br />

Nell’ambito delle sperimentazioni sul<br />

campo sono stati utilizzati 10 diversi tipi<br />

di guanti antivibranti attualmente disponibili<br />

in commercio in Italia, riportati nella<br />

tabella 1. Le prove di efficacia sono state<br />

effettuate, a campione secondo un criterio<br />

di maggiore rappresentatività sul campo,<br />

sulle seguenti categorie di attrezzi:<br />

• 4 differenti motoseghe (secondo lo standard<br />

di prodotto UNI ISO 7505:1989);<br />

• 5 differenti decespugliatrici (secondo lo<br />

standard UNI ISO 7916:1994);<br />

• 5 differenti martelli demolitori e roto­perforatori<br />

(secondo lo standard UNI EN ISO<br />

28662­3:1997);<br />

• 7 differenti smerigliatrici palmari (secondo<br />

lo standard UNI EN ISO 8662­8:1999).<br />

Le prove sono state effettuate durante le<br />

normali operazioni di lavoro da operatori<br />

dei comparti forestale, lapideo e del legno.<br />

Nelle tabelle 2, 3, 4 e 6 sono riportati, in<br />

sintesi, i risultati delle prove di efficacia sul<br />

campo dei guanti riportati nella tabella 1,<br />

effettuate, rispettivamente, sulle decespugliatrici,<br />

sulle motoseghe, sui martelli e sulle<br />

smerigliatrici.<br />

Le rilevazioni di accelerazione sono state<br />

realizzate tramite 6 mini­accelerometri alloggiati<br />

in due speciali adattatori palmari;<br />

un adattatore veniva fissato sull’impugnatura<br />

dell’attrezzo esattamente sotto il<br />

guanto; l’altro veniva fissato nel palmo<br />

della mano dell’operatore sotto il guanto.<br />

In questo modo è stato possibile registrare<br />

in tempo reale la trasmissibilità del singolo<br />

guanto TF. Ripetendo la misura sullo stesso<br />

guanto per un certo numero di prove (almeno<br />

3) e utilizzando tre operatori di caratteristiche<br />

antropometriche diverse, è<br />

stato possibile calcolare la “trasmissibilità<br />

Tabella 1<br />

del guanto sul campo” T F definita dalla<br />

relazione:<br />

T F = a 1 / a 2<br />

dove a 1 e a 2 sono, rispettivamente, le accelerazioni<br />

globali equivalenti ponderate in<br />

frequenza dentro e fuori il guanto, mediate<br />

sugli operatori e sulle prove ripetute.<br />

Su alcuni dei guanti sottoposti a sperimentazione<br />

sono state effettuate anche prove<br />

di laboratorio, utilizzando lo speciale<br />

shaker elettrodinamico a un grado di libertà<br />

in dotazione al Laboratorio Agenti Fisici,<br />

allo scopo di verificare in condizioni controllate<br />

la trasmissibilità ottenuta in campo<br />

tramite la modalità FDR (Field Data Replicator)<br />

dello shaker, che consente di replicare<br />

sulla maniglia lo spettro in bande di<br />

terzi d’ottava rilevato sul campo di un attrezzo<br />

vibrante (si veda la tabella 5). Questa<br />

modalità di importazione di dati reali in<br />

laboratorio ha consentito di effettuare<br />

un’ulteriore sperimentazione volta a ottenere,<br />

grazie alla collaborazione di una ditta<br />

italiana, guanti antivibranti in grado di attenuare<br />

effettivamente le vibrazioni tra­<br />

[9] Per maggiori informazioni, si veda, di M.J. Griffin, Evaluating the effectiveness of gloves in reducing the hazards of hand-transmitted<br />

vibration, Occup. Environ. Medicine 55, 1998, pag. 340, e gli atti della 8 th International Conference on Hand-Arm Vibration,<br />

Eds. R. Lundstrom, L. Lundstrom, T. Nilsson, S.H. Bylund, Umea (Svezia), 1998.<br />

[10] Per maggiori informazioni sull’argomento, si veda, dello stesso autore, Stato attuale della certificazione in materia di guanti<br />

antivibranti, Atti del Seminario dBA incontri 2000, Modena, 20 settembre 2000.<br />

[11] Si veda, per ulteriori informazioni sull’argomento, di Pietro Nataletti, A. Pieroni, T. Poian, B. Alessandrini, E. Marchetti,<br />

Valutazione dell’esposizione alle vibrazioni meccaniche degli addetti del comparto industriale della sedia della provincia di Udine,<br />

Atti del Convegno dBA 2002, Modena 25-27 settembre 2002, e, di Pietro Nataletti, A. Pieroni, A. Darra, L. Caneppele, A.<br />

Cristofolini, E. Marchetti, Valutazione dell’esposizione alle vibrazioni meccaniche degli operatori del servizio foreste e del servizio<br />

sistemazione montana della provincia autonoma di Trento, Atti del Convegno dBA 2002, Modena 25-27 settembre 2002.<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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53


IGIENE DEL LAVORO<br />

Osservatorio ISPESL ­ Articolo<br />

SPECIALE<br />

Guanto<br />

Valori di trasmissibilità dei guanti antivibranti<br />

rilevati in campo sulle decespugliatrici<br />

Alpina<br />

Vip52<br />

Husqvarna<br />

240RBD<br />

smesse al palmo della mano quando si<br />

utilizzano martelli demolitori e roto­perforatori.<br />

Decespugliatrici<br />

I guanti antivibranti attualmente in commercio<br />

funzionano generalmente bene sulle<br />

decespugliatrici esaminate, con valori di<br />

trasmissibilità TF riportati nella tabella 2 che<br />

vanno da un minimo di 0,1 a un massimo di<br />

0,7 corrispondenti ad attenuazioni dell’accelerazione<br />

globale equivalente ponderata<br />

pari, rispettivamente, al 90% e al 30%. Dai<br />

valori in frequenza della trasmissibilità relativi<br />

agli attrezzi esaminati è risultato che i<br />

valori di TF in bande di terzi d’ottava si mantengono<br />

sempre ben al di sotto dell’unità,<br />

tranne i guanti 2 e 3, in tutto l’intervallo di<br />

frequenze di interesse prevenzionistico.<br />

Motoseghe<br />

Sulle motoseghe i guanti antivibranti funzionano<br />

meno bene che sulle decespugliatrici<br />

ma sono comunque efficaci, con valori<br />

di trasmissibilità T F riportati nella tabella 3<br />

che vanno da un minimo di 0,3 a un massimo<br />

di 0,7 corrispondenti ad attenuazioni<br />

dell’accelerazione globale equivalente ponderata<br />

pari, rispettivamente, al 70% e al<br />

30%. Dai valori in frequenza della trasmissibilità<br />

relativi agli attrezzi esaminati è risultato<br />

che i valori di T F in bande di terzi d’ottava<br />

nella regione centrale dello spettro si mantengono<br />

sempre intorno all’unità.<br />

Martelli demolitori e roto­perforatori<br />

I guanti antivibranti attualmente in commercio<br />

non funzionano affatto sui martelli<br />

[13] , con valori di trasmissibilità T F riportati<br />

in tabella 4 che vanno da un minimo di 1,1<br />

Attrezzo<br />

Jonsered<br />

GR50<br />

Kaaz<br />

VRX540<br />

Tabella 2<br />

Stihl<br />

FS550<br />

T F T F T F T F T F<br />

1 0,1 0,5 0,6 0,2 0,7<br />

2 0,2 0,5 0,6 0,2 0,7<br />

3 0,2 0,6 0,7 0,4 0,6<br />

4 0,1 0,8 0,6 0,2 0,7<br />

ad un massimo di 1,9 corrispondenti ad<br />

amplificazioni dell’accelerazione globale<br />

equivalente ponderata pari, rispettivamente,<br />

al 10% e al 90%. Dai valori in<br />

frequenza della trasmissibilità relativi agli<br />

attrezzi esaminati è risultato che solo il<br />

guanto sperimentale 10 dà dei valori di T F<br />

in bande di terzi d’ottava che si mantengono<br />

sempre al di sotto dell’unità in tutto<br />

lo spettro di frequenze, giustificando il valore<br />

complessivo pari a 0,7 della trasmissibilità.<br />

A riprova di questo risultato sul campo,<br />

sono stati effettuati test in laboratorio su<br />

questo guanto con lo shaker elettrodinamico<br />

in modalità FDR e il valore di T L riportato<br />

nella tabella 5 ne ha confermato l’efficacia.<br />

Guanto<br />

Smerigliatrici palmari<br />

A conclusione di questa rassegna sperimentale,<br />

i dati riepilogativi dello studio effettuato<br />

sulle smerigliatrici palmari riportati nella<br />

tabella 6 mostrano che i guanti antivibranti<br />

hanno scarsa efficacia, con valori di trasmissibilità<br />

T F che vanno da un minimo di 0,6 a<br />

un massimo di 1,0 corrispondenti ad attenuazioni<br />

dell’accelerazione globale equivalente<br />

ponderata pari, rispettivamente, al<br />

40% e allo 0%. Dai valori in frequenza<br />

della trasmissibilità relativi agli attrezzi esaminati<br />

è risultato che in questo caso tutti i<br />

guanti esaminati hanno valori di T F in bande<br />

di terzi d’ottava che si mantengono sempre<br />

intorno all’unità fino a 400 Hz.<br />

La lieve discrepanza tra i valori ottenuti<br />

sul campo e quelli riprodotti con lo shaker<br />

per il guanto 10 è da addebitarsi al maggiore<br />

controllo che si ha in laboratorio dei<br />

parametri ambientali e posturali, oltre che<br />

della forza di prensione e di spinta. Il monitoraggio<br />

costante di questi parametri<br />

permette di ridurre la dispersione delle<br />

misure per singolo soggetto e tra soggetti<br />

diversi.<br />

Sedili antivibranti<br />

Nonostante non siano classificabili come<br />

DPI, i sedili possono costituire un valido<br />

presidio prevenzionistico in quanto, contrariamente<br />

ai guanti che, come abbiamo<br />

visto, attenuano assai poco le vibrazioni,<br />

per le loro caratteristiche meccaniche (dimensioni,<br />

spessori dei materiali di rivestimento,<br />

possibilità di inserire molle, ammortizzatori<br />

ad aria, a fluido ecc.) sono<br />

potenzialmente in grado di offrire notevoli<br />

attenuazioni delle vibrazioni meccaniche<br />

trasmesse dal pianale della macchina al<br />

corpo del conducente.<br />

Purtroppo, dall’esperienza sul campo del<br />

Laboratorio Agenti Fisici risulta che i sedili<br />

normalmente montati sui mezzi in commercio<br />

non sono generalmente adeguati<br />

allo scopo di ridurre le vibrazioni trasmesse<br />

Valori di trasmissibilità dei guanti antivibranti<br />

rilevati in campo sulle motoseghe<br />

Husqvarna<br />

262XP<br />

Husqvarna<br />

362XP<br />

Attrezzo<br />

Husqvarna<br />

365<br />

Tabella 3<br />

Jonsered<br />

2055T<br />

T F T F T F T F<br />

1 0,5 0,4 0,5 0,5<br />

2 0,5 0,5 0,5 0,5<br />

3 0,6 0,4 0,6 0,3<br />

4 0,5 0,7 0,7 0,5<br />

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SPECIALE<br />

IGIENE DEL LAVORO<br />

Osservatorio ISPESL ­Articolo<br />

al conducente; anzi, nell’intervallo 1 Hz ÷<br />

20 Hz amplificano, talvolta, anche di un<br />

fattore 2­3 e oltre le vibrazioni, con delle<br />

risonanze molto pericolose nella regione 2<br />

Hz – 4 Hz in cui il corpo umano è molto<br />

sensibile [12] . A titolo di esempio si riporta<br />

nella figura 1 la trasmissibilità in frequenza<br />

di un trattore di una casa molto diffusa sul<br />

mercato italiano. La trasmissibilità TR è data<br />

dal rapporto tra l’accelerazione equivalente<br />

ponderata misurata sul sedile e l’accelerazione<br />

equivalente ponderata misurata<br />

sul pianale del trattore lungo l’asse verticale<br />

(z).<br />

Il motivo di questo comportamento anomalo<br />

riscontrato su un elevato numero di<br />

sedili montati sulle principali categorie di<br />

macchine (trattori, macchine movimento<br />

terra, macchine industriali, mezzi di trasporto<br />

ecc.) risiede nel fatto che i progettisti e i<br />

costruttori di sedili non tengono conto della<br />

trasmissione delle vibrazioni al conducente<br />

nell’intervallo di frequenze igienisticamente<br />

rilevanti per la salute degli operatori. Anche<br />

le normative di prodotto per la verifica dell’efficacia<br />

delle sospensioni dei sedili nella<br />

riduzione delle vibrazioni verticali trasmesse<br />

al corpo dell’operatore risentono di questa<br />

lacuna. Attualmente, le uniche categorie di<br />

macchine regolamentate da questo punto<br />

di vista sono le seguenti:<br />

• trattrici agricole (direttiva europea n. 78/<br />

64/CEE modificata dalle direttive n. 83/190/<br />

CEE e n. 88/465/CEE); sono suddivise in<br />

due categorie A e B, per la prima la verifica<br />

della trasmissibilità dei sedili deve essere effettuata<br />

in laboratorio, per la seconda la<br />

verifica deve essere effettuata sul campo<br />

tramite piste di prova standardizzate;<br />

• le macchine movimento terra (Norma UNI<br />

EN ISO 7096:2002); sono suddivise in nove<br />

gruppi di macchine (autoribaltabili, motoruspe,<br />

caricatori, motolivellatrici, apripista, costipatori,<br />

terne, skid­steer loader) per le<br />

Tabella 4<br />

Valori di trasmissibilità dei guanti antivibranti rilevati in campo<br />

sui martelli demolitori e roto-perforatori<br />

Guanto<br />

Atlas<br />

Copco<br />

BBD12<br />

Atlas<br />

Copco<br />

RH571<br />

Attrezzo<br />

Atlas<br />

Copco<br />

TEX32<br />

Boheler<br />

B190<br />

1 1,3 1,6 1,5 1,7<br />

2 1,2 1,2 1,9 1,6<br />

3 1,1 1,1 1,3 1,3<br />

4 1,1 1,1 1,3 1,3<br />

Boheler BH16<br />

(ergonomico)<br />

10 0,7 0,7<br />

Tabella 5<br />

Valori di trasmissibilità dei guanti 2G sperimentali rilevati<br />

in laboratorio su uno spettro di martello pneumatico riprodotto<br />

e sugli spettri M e H di certificazione<br />

Guanto<br />

Shaker (FDR)<br />

T L<br />

TR M TR H<br />

9 0,6 0,9 0,6<br />

10 0,5 0,8 0,5<br />

quali la verifica della trasmissibilità dei sedili<br />

deve essere effettuata in laboratorio;<br />

• carrelli industriali (Norma UNI EN<br />

13490:2003); sono suddivisi in sette gruppi<br />

di macchine per le quali la verifica della<br />

trasmissibilità dei sedili deve essere effettuata<br />

in laboratorio.<br />

Ebbene, queste normative per la verifica<br />

della trasmissibilità delle vibrazioni dei sedili<br />

sul campo o in laboratorio stabiliscono dei<br />

requisiti prestazionali che nulla hanno a che<br />

fare con la valutazione dell’esposizione dei<br />

conducenti, con il risultato di amplificare in<br />

alcuni casi e non di attenuare le vibrazioni<br />

trasmesse al corpo, secondo la metodologia<br />

stabilita dalla norma sociale ISO 2631­<br />

1:1997. Si tratta, quindi, di una palese contraddizione<br />

tra norme di prodotto e norme<br />

sociali che andrebbe rapidamente sanata in<br />

sede CEN e ISO.<br />

D’altra parte, le attuali tecnologie consentono<br />

di progettare e realizzare sedili<br />

antivibranti in grado di attenuare efficacemente<br />

le vibrazioni trasmesse dal pianale<br />

del mezzo, purché si tenga conto<br />

dell’accoppiamento meccanico tra macchina,<br />

sedile e operatore nelle situazioni<br />

reali generate in campo. Due sono, in<br />

generale, i sistemi di intervento per la<br />

riduzione delle vibrazioni trasmesse dal<br />

sedile, i sistemi cosiddetti passivi, basati<br />

sulla interposizione tra pianale e seduta<br />

del conducente di sistemi di attenuazione<br />

passiva delle vibrazioni trasmesse tramite<br />

molle elastiche, ammortizzatori<br />

idraulici o pneumatici; inoltre, cominciano<br />

a essere disponibili sul mercato anche<br />

sedili antivibranti che si basano sul controllo<br />

elettronico attivo delle vibrazioni<br />

(AVC, Active Vibration Control); essi si<br />

basano su un sistema elettronico che<br />

analizza le vibrazioni presenti sul pianale<br />

e genera in tempo reale un segnale<br />

uguale ma in controfase che, inviato a<br />

speciali attuatori elettromeccanici, annulla<br />

la vibrazione trasmessa alla seduta<br />

del conducente.<br />

Conclusioni<br />

Ora che esistono sul mercato guanti marca­<br />

12] Per maggiori informazioni sull’argomento, si veda, di E. Marchetti, A. Pieroni, A. Lunghi e Pietro Nataletti, Seat effectiveness of<br />

industrial vehicles, in field tests and critical review of certification standards, Proc. 3 th Int. Conf. On Whole-Body Vibration Injuries,<br />

Nancy (France), 7-9 giugno 2005.<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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IGIENE DEL LAVORO<br />

Osservatorio ISPESL ­Articolo<br />

SPECIALE<br />

Tabella 6<br />

Valori di trasmissibilità dei guanti antivibranti rilevati in campo<br />

sulle smerigliatrici palmari mediati su 7 modelli diversi<br />

Guanto<br />

1 0,6<br />

3 0,9<br />

4 0,7<br />

5 0,8<br />

6 1,0<br />

7 0,7<br />

8 0,8<br />

ti CE classificati come antivibranti, è chiaro<br />

che, dopo aver esperito tutti i possibili interventi<br />

tecnici di prevenzione (primaria e secondaria),<br />

organizzativi e procedurali, il datore<br />

di lavoro può e deve fornire questo<br />

tipo di DPI, almeno a quei lavoratori esposti<br />

T F<br />

a livelli di vibrazioni trasmesse al sistema<br />

mano­braccio superiori al limite di azione,<br />

pari ad A(8) = 2,5 ms ­2 , come previsto dalla<br />

direttiva n. 2002/44/CE.<br />

Dai dati di efficacia sul campo sulle quattro<br />

tipologie di attrezzi riportati, risulta evidente<br />

che non è sufficiente che il guanto<br />

sia antivibrante per essere sicuri che questo<br />

garantisca una reale attenuazione delle<br />

vibrazioni trasmesse al palmo della mano<br />

dell’operatore. Il caso dei martelli è emblematico:<br />

si è visto come la maggior parte<br />

dei guanti antivibranti in commercio non<br />

attenuano, anzi, amplificano le vibrazioni<br />

a causa della risonanza dei materiali resilienti<br />

utilizzati per i rivestimenti interni nella<br />

regione di frequenze in cui i martelli<br />

emettono la maggior parte dell’energia<br />

meccanica.<br />

Occorrerebbe, a questo proposito, nell’ambito<br />

del rapporto di valutazione del<br />

rischio, una attenta stima da parte del datore<br />

di lavoro o del consulente tecnico dell’effettiva<br />

attenuazione garantita dal<br />

guanto, a partire dai valori di trasmissibilità<br />

TR in funzione della frequenza certificati<br />

dal costruttore e dallo spettro in frequenza<br />

dell’accelerazione trasmesso dall’attrezzo<br />

Valori di trasmissibilità del sedile di un trattore rilevati sul campo<br />

durante la lavorazione con attrezzi e in autodislocamento<br />

3.5<br />

Trattore Antares 100 con sedile tipo MT<br />

Figura 1<br />

3.0<br />

Indice di trasmissibilità - TRsg<br />

2.5<br />

2.0<br />

1.5<br />

1.0<br />

lenta-liscio-lavorazione-benna<br />

lenta-sconnesso-lavorazione-aratro<br />

lenta-sconnesso-scarico<br />

0.5<br />

0.0<br />

0.5<br />

1<br />

1<br />

2<br />

3<br />

5<br />

8<br />

13<br />

20<br />

32<br />

50<br />

80<br />

125<br />

200<br />

315<br />

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SPECIALE<br />

IGIENE DEL LAVORO<br />

Osservatorio ISPESL ­Articolo<br />

alla mano dell’operatore nelle reali condizioni<br />

d’uso.<br />

È necessario, quindi, che venga emanata<br />

una norma armonizzata [13] , analoga alla<br />

EN 458 (1993) per i protettori auricolari,<br />

che fornisca le linee guida per la selezione,<br />

l’uso, la cura e la manutenzione dei guanti<br />

antivibranti. In questo modo sarà possibile<br />

stimare con un metodo standardizzato la<br />

protezione offerta da un dato modello di<br />

guanti, a partire dai valori di trasmissibilità<br />

certificati, quando sono indossati nella<br />

conduzione manuale di un determinato<br />

strumento di cui si è rilevato lo spettro di<br />

vibrazione. Questa norma è tanto più necessaria<br />

se si tiene conto del fatto che, a<br />

differenza dei protettori auricolari, la trasmissibilità<br />

dei guanti, ovvero il grado di<br />

protezione, dipende in una certa misura<br />

dal soggetto che li indossa (caratteristiche<br />

antropometriche, postura, forza di prensione<br />

e di spinta ecc.). Inoltre, la norma<br />

dovrà stabilire i requisiti ergonomici per la<br />

selezione dei guanti, fattori molto importanti<br />

a parità di attenuazione. Basti pensare<br />

alla sensibilità tattile che devono garantire<br />

in mansioni che richiedono un’elevata<br />

manualità; oppure alla protezione termica<br />

e igrometrica che i guanti devono offrire in<br />

ambienti termici severi e/o umidi. In questi<br />

casi, tra l’altro, è fondamentale lasciare la<br />

scelta ultima dei guanti agli operatori che<br />

poi li dovranno indossare, come, tra l’altro,<br />

previsto espressamente dal D.Lgs. n. 626/<br />

1994 in generale per i DPI.<br />

Analogamente, anche nel caso dei sedili,<br />

è necessario che nell’ambito del rapporto<br />

di valutazione del rischio il datore di lavoro<br />

o il consulente tecnico effettui una attenta<br />

stima dell’effettiva attenuazione<br />

garantita dal sedile montato sul mezzo, a<br />

partire dai valori di trasmissibilità TR in<br />

funzione della frequenza certificati dal<br />

costruttore o di quelli ricavati sperimentalmente<br />

sul campo e dallo spettro in frequenza<br />

dell’accelerazione trasmesso dal<br />

pianale al sedile dell’operatore nelle reali<br />

condizioni d’uso. Appare valida la stessa<br />

analogia per quanto riguarda la necessità<br />

dell’emanazione in sede CEN di una norma<br />

armonizzata che fornisca le linee guida<br />

per la selezione, l’uso, la cura e la<br />

manutenzione dei sedili antivibranti, oltre<br />

alla necessaria armonizzazione delle norme<br />

di prodotto esistenti per la certificazione<br />

dei sedili con la norma sociale per la<br />

valutazione del rischio vibrazioni. In questo<br />

modo sarà possibile stimare con un<br />

metodo standardizzato la protezione offerta<br />

da un dato modello di sedile, a partire<br />

dai valori di trasmissibilità certificati,<br />

quando è montato a bordo di un determinato<br />

mezzo di cui si è rilevato lo spettro<br />

di vibrazione sul pianale. Sarà, inoltre,<br />

possibile sfruttare appieno le capacità di<br />

attenuazione delle vibrazioni consentite<br />

dai sedili e ridurre così significativamente<br />

il rischio di esposizione degli operatori addetti.<br />

l<br />

13] Si veda, di Pietro Nataletti, A. Lunghi, A. Pieroni, E. Marchetti, Anti-vibration gloves effectiveness: in field and laboratory tests and<br />

proposal for a new standard, Proceedings of 10 th International Conference on Hand-Arm Vibration, Las Vegas (USA), 2004.<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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57


Informazione<br />

commerciale<br />

Tecnologia e sicurezza:<br />

l’esperienza Bosch per la tutela dei lavoratori<br />

di Marco Arnaboldi, Service Elettroutensili, Robert Bosch S.p.a.<br />

Nell’ambito delle iniziative atte a migliorare la qualità, la sicurezza e l’uso di macchine che, proprio per le loro<br />

caratteristiche, producono vibrazioni al gruppo mano braccio, la nostra azienda ha sviluppato una linea innovativa di<br />

smerigliatrici progettate con l’obiettivo di contenere, il più possibile, le vibrazioni trasmesse all’operatore.<br />

Le smerigliatrici, nel novero delle famiglie che compongono gli elettroutensili, così come i martelli demolitori,<br />

producono probabilmente il più alto livello di vibrazioni proprio a causa delle lavorazioni svolte con questi<br />

apparecchi.<br />

Tenendo conto che il comparto delle smerigliatrici è quello a più alta diffusione e impiego la nostra azienda è<br />

intervenuta, in modo radicale, introducendo soluzioni costruttive nuove.<br />

Il primo intervento è stato quello di modificare radicalmente l’impugnatura supplementare interponendo un<br />

elemento smorzante atto a “tagliare le vibrazioni”.<br />

L’impugnatura vibration control è stata commercializzata dal 2001, primo brevetto al mondo, ed è impiegabile su tutti i<br />

modelli di smerigliatrici presenti sul mercato; l’attacco dell’impugnatura all’utensile è universale.<br />

Il suo impiego riduce fino all’80% le vibrazioni trasmesse alla mano dell’operatore.<br />

Forti dei risultati ottenuti si è poi adottata la medesima soluzione, pur con criteri tecnologici diversi, all’impugnatura<br />

principale.<br />

Attraverso questi interventi particolarmente innovativi, si è raggiunto l’obiettivo primario di abbattere le vibrazioni<br />

meccaniche, prodotte durante le lavorazioni e trasmesse all’operatore, specificatamente al gruppo mano braccio. Tali<br />

vibrazioni assumono particolare importanza nei disturbi e nelle patologie relative alle malattie professionali dei<br />

lavoratori; una di esse è il cosiddetto fenomeno di Raynaud o del dito bianco.<br />

Attraverso la collaborazione con la IEC ­ Industrial Engineering Consultants ­ di Torino abbiamo provveduto ad<br />

effettuare molteplici prove, sia a vuoto che a carico, per confermare, attraverso un laboratorio indipendente, i dati<br />

da noi rilevati in fase di progettazione delle macchine.<br />

Questi risultati sono particolarmente importanti e significativi e confermano la validità delle scelte intraprese<br />

dall’azienda.<br />

La tabella allegata riporta informazioni particolarmente significative tratte dalle analisi effettuate presso la IEC, quali:<br />

l i valori medi di vibrazioni calcolati per ogni macchina sottoposta ai test sulle impugnature laterali e posteriori;<br />

l le ore di lavoro consentite con una esposizione giornaliera a 5 m/sec 2 , livello limite di esposizione giornaliera<br />

previsto dalla direttiva 2002/44/CE.<br />

Se l’aspetto riguardante la riduzione delle vibrazioni trasmesse all’operatore è stato l’obiettivo primario, le tematiche<br />

relative alla sicurezza non sono state sottovalutate e, attraverso soluzioni atte a tutelare il lavoratore, si sono<br />

pienamente rispettati i dettami legislativi di cui al D.Lgs. n. 626/1994.<br />

Gli interventi adottati sulle smerigliatrici sono particolarmente evidenti ed importanti.<br />

Riepiloghiamo qui di seguito le migliorie introdotte:<br />

­ il freno elettromeccanico, presente dal 2003, denominato Break System è in grado di ridurre la velocità<br />

periferica del disco abrasivo da 280 km/h a 0 in 2,5 secondi (meccanismo brevettato). Questa soluzione ha portato a<br />

ridurre drasticamente i rischi di infortunio che possono essere provocati dal prosieguo della rotazione del disco a<br />

motore fermo.<br />

­ il coprimola del disco con sicurezza verticale evita che lo stesso possa scivolare sul disco in rotazione;<br />

­ l’avvio lento con limitatore di spunto evita i contraccolpi alla partenza della smerigliatrice;<br />

­ il meccanismo automatico di spegnimento del motore in caso di blocco del disco abrasivo, denominato<br />

Kick Back Stop, è derivato dalla tecnologia dei sistemi ABS e primo sistema applicato alle smerigliatrici. Questo


Informazione<br />

commerciale<br />

dispositivo di sicurezza è particolarmente importante per tutelare l’operatore nel caso in cui durante l’operazione di<br />

taglio il disco si blocchi nel materiale; la macchina, se sprovvista di questo dispositivo, inizia a girare in direzione<br />

opposta in meno di un secondo, scivolando via dalle mani con gravi rischi per l’operatore. Il suo funzionamento è<br />

molto simile a quello dei sistemi ABS impiegati per le autovetture; il microprocessore rileva una improvvisa<br />

diminuzione del numero dei giri e spegne immediatamente la macchina. Per il suo riavvio è necessario manualmente<br />

premere l’interruttore on/off. Il meccanismo Kick Back Stop, inoltre, riconosce se la macchina è soggetta ad un uso<br />

gravoso oppure se il disco si è bloccato così da evitare interventi inopportuni del dispositivo stesso. L’interruttore<br />

on/off è anche in grado di impedire l’azionamento accidentale nel caso di sospensione e ripristino dell’alimentazione<br />

elettrica. Gli interventi di cui sopra, particolarmente utili, raggiungono l’importante obiettivo di tutelare i lavoratori<br />

per consentire loro di svolgere le attività in tutta sicurezza.<br />

Marca<br />

Modello<br />

Potenza<br />

[W]<br />

Valori medi calcolati su tutte le prove<br />

svolte con dischi abrasivi BOSCH/SAIT<br />

Maniglia posteriore<br />

m/sec 2<br />

Maniglia laterale<br />

m/sec 2<br />

Esposizione<br />

giornaliera<br />

di 5 m/sec 2<br />

Ore di lavoro<br />

permesso<br />

BOSCH GWS 21-230 JHV 2100 5,21 5,64 6,30<br />

BOSCH GWS 24-230 JHV 2400 6,00 6,02 5,53<br />

METABO WX 23-230 2300 7,38 7,44 3,61<br />

DEWALT D 28750 2400 7,48 7,45 3,58<br />

MILWAUKEE AG 23-230 B 2300 7,66 6,94 3,41<br />

MAKITA 9096 2000 7,72 7,48 3,35<br />

MAKITA 9079 S 2100 6,66 7,80 3,28<br />

METABO W 23-230 2300 7,97 7,48 3,15<br />

DEWALT D 28432 C 2600 8,09 6,65 3,06<br />

MAKITA 9059 S 2500 8,88 7,10 2,54<br />

MILWAUKEE AGV 23-230 2300 8,99 7,60 2,48<br />

BOSCH GWS 26-230 JB 2600 9,02 5,32 2,46<br />

BOSCH GWS 24-230 JBX 2400 9,04 4,76 2,45<br />

BOSCH GWS 24-230 B 2400 9,22 5,78 2,36<br />

DEWALT D 28423 2400 9,50 8,03 2,21<br />

DEWALT D 28421 2000 9,72 9,47 2,12<br />

METABO WX 21-230 2100 9,73 8,23 2,11<br />

BOSCH GWS 21-230 H 2100 10,05 5,48 1,98<br />

MAKITA 9049 S 2300 10,07 8,88 1,97<br />

BOSCH GWS 24-230 JB 2400 10,23 5,21 1,91<br />

METABO WX 25-230 2500 10,36 8,48 1,86<br />

BOSCH GWS 20-230 H 2000 10,36 9,42 1,86<br />

DEWALT D 28411 2100 10,89 9,18 1,69<br />

DEWALT D 28401 2000 10,89 9,14 1,69<br />

DEWALT DW 490 2000 11,36 9,01 1,55


LA NUOVA NORMA<br />

UNI EN ISO 14001:2004<br />

Nel mese di dicembre 2004 UNI ha pubblicato la nuova edizione della norma UNI<br />

EN ISO 14001:2004 «Sistemi di gestione ambientale ­ Requisiti e guida per l’uso» al<br />

termine di un processo di revisione iniziato nel 1999 nel corso del quale l’ISO/TC<br />

207 ha riconosciuto la validità della norma e l’applicabilità dei suoi requisiti a<br />

qualsiasi tipo di organizzazione e ha impostato la revisione del testo tenendo<br />

conto di questa premessa.<br />

La struttura del sistema di gestione ambientale secondo la ISO 14001:2004 risulta<br />

così sostanzialmente invariata rispetto all’edizione precedente della norma,<br />

conservandone gli stessi requisiti con modifiche di minore rilevanza, ma con un<br />

testo complessivamente più chiaro e maggiormente compatibile con la ISO 9001<br />

rispetto al passato.<br />

Tra i temi affrontati nell’Approfondimento:<br />

l l’impegno della direzione;<br />

l il rispetto delle leggi;<br />

l la valutazione della prestazione ambientale;<br />

l gli aspetti ambientali e le prescrizioni applicabili;<br />

l le competenze degli appaltatori.<br />

Inoltre, visto il notevole interesse suscitato dalla pubblicazione della nuova<br />

versione della norma UNI EN ISO 14001:2004 sui sistemi di gestione ambientale ­ e<br />

in considerazione della richiesta proveniente da numerosi soggetti economico/<br />

sociali di avere indicazioni chiare sulle modifiche introdotte dalla norma ­ UNI ha<br />

messo a punto il Rapporto tecnico UNI TR 11157:2005, un documento<br />

informativo che ha proprio lo scopo di fornire informazioni sulle differenze tra la<br />

nuova edizione della norma e la precedente edizione del 1996 e che, quindi, non<br />

può essere utilizzato per aggiungere, ridurre o modificare i requisiti della UNI EN<br />

ISO 14001.<br />

La riproduzione del documento UNI TR 11157:2005 è stata autorizzata da UNI<br />

Ente Nazionale Italiano di Unificazione, Via Battistotti Sassi 11/b 20133 Milano, tel<br />

02700241, fax 0270105992, diffusione@uni.com, www.uni.com<br />

A cura di<br />

Contributi di:<br />

• Stefano Sibilio<br />

• Paolo Piagneri<br />

• Daniele Pernigotti


CERTIFICAZIONE E QUALITÀ<br />

Articolo<br />

L'APPROFONDIMENTO<br />

Impegno della direzione, rispetto delle leggi<br />

e valutazione della prestazione ambientale<br />

di Stefano Sibilio<br />

coordinatore del Comparto UNI “Impresa&Società” e segretario della Commissione <strong>Ambiente</strong> dell’UNI<br />

UNI<br />

Impegno della direzione, rispetto delle leggi e valutazione della prestazione ambientale. Queste le tre parole chiave della<br />

nuova UNI EN ISO 14001:2004, seconda edizione della norma sui sistemi di gestione ambientale (SGA), che ha visto la luce,<br />

originariamente, nel 1996. In particolare, la norma presenta diverse possibilità di valutazione della conformità del sistema ai<br />

requisiti , da quella “di prima parte” fino a quella di terza, passando anche attraverso la verifica di seconda o terza parte di una<br />

attività di valutazione della conformità di prima parte. In ogni caso, alla serie di norme internazionali ISO/IEC 17000 è affidato il<br />

compito di garantire l’affidabilità, la veridicità, la trasparenza e, soprattutto, la credibilità per tutte le tipologie di valutazione<br />

della conformità; parimenti, le altre norme della serie ISO 14000 possono costituire utili supporti all’adozione di un SGA. Altra<br />

novità è il rafforzamento del ruolo della direzione dell’organizzazione che adotta un SGA, che deve mettere a disposizione le<br />

risorse per il miglioramento continuo ed è responsabile della fase finale del ciclo, il cosiddetto “riesame”; quest’ultimo<br />

elemento, insieme al coinvolgimento dei soggetti terzi, enfatizza ai massimi livelli l’attenzione ai risultati prestazionali. Grande<br />

rilevanza assume, poi, il rispetto delle leggi, punto sul quale la nuova norma prevede un sotto­punto ad­hoc, il 4.5.2. Visti il<br />

notevole interesse suscitato dalla pubblicazione della nuova versione e in considerazione della richiesta proveniente da<br />

numerosi soggetti economico­sociali di avere indicazioni chiare sulle modifiche introdotte dalla norma, la Commissione<br />

<strong>Ambiente</strong> dell’UNI e, in particolare, il gruppo di lavoro GL1 “Sistemi di gestione ambientale”, ha realizzato un documento di<br />

confronto tra i due testi, pubblicato con la sigla UNI/TR 11157 (rapporto tecnico UNI), disponibile gratuitamente agli indirizzi<br />

www.uni.com, www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com (sezione “Documentazione integrativa”) e www.professionisti24.ilsole24ore.com<br />

(Area “<strong>Ambiente</strong>”), oltre che a pagina 70.<br />

L’applicazione della norma<br />

e la valutazione della conformità<br />

Alla fine del 2004, l’UNI ha pubblicato la<br />

seconda edizione della norma UNI EN ISO<br />

14001 sui sistemi di gestione ambientale<br />

(SGA), con la novità editoriale di una versione<br />

bilingue con il testo inglese, di origine<br />

ISO (Organizzazione internazionale per la<br />

normazione), e quello italiano, consolidato<br />

nella traduzione ufficiale UNI, l’uno di fronte<br />

all’altro per permetterne il confronto anche<br />

al lettore.<br />

Questa pubblicazione, molto attesa dagli<br />

operatori interessati alla gestione ambientale,<br />

merita sicuramente qualche approfondimento:<br />

l sulle premesse alla base del processo di<br />

revisione del testo;<br />

l sulle modalità di revisione dello stesso;<br />

l sui relativi obiettivi;<br />

l su cosa realmente cambierà nell’applicazione<br />

di questa norma per il mercato nazionale,<br />

anche nell’intento di evitare interpretazioni<br />

scorrette, fughe in avanti, tentativi di puntare<br />

al “rialzo” o al “ribasso” a seconda dei<br />

diversi interessi.<br />

Riguardo ai tempi di pubblicazione e di applicazione,<br />

la norma ISO 14001:2004 in ambito<br />

internazionale è datata 15 novembre<br />

2004, giorno in cui è anche stata registrata<br />

per la sua adozione europea come EN ISO<br />

14001 presso il CEN (Comitato europeo di<br />

normazione) secondo l’accordo tra ISO e<br />

CEN che va sotto il nome di “Accordo di<br />

Vienna”. A partire da questa data, gli enti<br />

normatori europei, UNI per l’Italia, hanno<br />

avuto a disposizione sei mesi per il recepimento<br />

della norma nel proprio catalogo e il<br />

ritiro della versione precedente datata 1996,<br />

recepimento che, per le regole del CEN, è<br />

obbligatorio per tutti i Paesi membri.<br />

In Italia la scelta dell’UNI è stata quella di<br />

recepire nel minor tempo possibile la nuova<br />

norma, pubblicata come UNI EN ISO<br />

14001:2004 nel dicembre 2004, senza per<br />

questo ritirare immediatamente la precedente,<br />

in modo da consentire un passaggio graduale<br />

e non traumatico nell’adozione della<br />

norma da parte delle organizzazioni; per<br />

questo motivo, la UNI EN ISO 14001:1996 ha<br />

cessato di essere “in vigore” nel catalogo UNI<br />

dal mese di giugno 2005.<br />

Tutto questo da un punto di vista normativo;<br />

diversi sono, invece, i tempi della certificazione,<br />

che prevedono una transizione,<br />

dalle vecchie certificazioni a fronte della ISO<br />

14001:1996 alle nuove, complessivamente<br />

di un anno e mezzo (fino a maggio 2006),<br />

con casistiche diverse a seconda del proprio<br />

programma di visite da parte dell’organismo<br />

di certificazione, dalle regole dell’organismo<br />

stesso e dagli accordi tra certificatore e organizzazione<br />

certificata.<br />

Un primo approfondimento riguarda proprio<br />

la differenza tra applicazione delle<br />

norme e relativa certificazione. Si tratta<br />

infatti di due processi separati, il primo propedeutico<br />

per il secondo e non viceversa.<br />

Applicare una norma è una scelta volontaria<br />

che qualsiasi organizzazione può fare, chiederne<br />

la certificazione a un organismo<br />

esterno indipendente è una (la più diffusa,<br />

naturalmente) delle possibili modalità di valutazione<br />

della conformità del proprio siste­<br />

62 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18


L'APPROFONDIMENTO<br />

CERTIFICAZIONE E QUALITÀ<br />

Articolo<br />

Norme della serie ISO 14000 sulla gestione ambientale<br />

e della serie ISO/IEC 17000 sulla valutazione della conformità<br />

TABELLA 1<br />

Riferimento<br />

UNI EN ISO 14001:2004<br />

UNI TR 11157:2005<br />

UNI ISO 14004:2005<br />

UNI ISO 14050<br />

UNI EN ISO 19011<br />

UNI EN ISO 14031<br />

ISO/TR 14032<br />

ISO 14015<br />

ISO/TR 14061<br />

Sistemi di gestione ambientale, audit e indicatori di prestazione<br />

Titolo<br />

Sistemi di gestione ambientale ­ Requisiti e guida per l’uso<br />

Sistemi di gestione ambientale ­ Modifiche introdotte dalla UNI EN ISO 14001:2004 rispetto<br />

all’edizione precedente<br />

Sistemi di gestione ambientale ­ Linee guida generali su principi, sistemi e tecniche di<br />

supporto<br />

Gestione ambientale ­ Vocabolario<br />

Linee guida per gli audit dei sistemi di gestione per la qualità e/o di gestione ambientale<br />

Gestione ambientale ­ Valutazione della prestazione ambientale ­ Linee guida<br />

Gestione ambientale ­ Esempi di valutazione della prestazione ambientale<br />

Gestione ambientale ­ Valutazione ambientale di siti ed organizzazioni<br />

Gestione ambientale ­ Informazioni di supporto per le organizzazioni forestali nell’uso<br />

delle norme ISO 14001 e ISO 14004 sui sistemi di gestione ambientale<br />

Asserzioni ambientali, valutazione del ciclo di vita e altri documenti relativi al prodotto<br />

Riferimento<br />

UNI EN ISO 14020<br />

UNI EN ISO 14021<br />

UNI EN ISO 14024<br />

ISO/TR 14025<br />

UNI EN ISO 14040<br />

UNI EN ISO 14041<br />

UNI EN ISO 14042<br />

UNI EN ISO 14043<br />

ISO/TR 14047<br />

ISO/TS 14048<br />

ISO/TR 14049<br />

ISO/TR 14062<br />

ISO Guide 64<br />

Riferimento<br />

Titolo<br />

Etichette e dichiarazioni ambientali ­ Principi generali<br />

Etichette e dichiarazioni ambientali ­ Asserzioni ambientali auto­dichiarate (Etichettatura<br />

ambientale di Tipo II)<br />

Etichette e dichiarazioni ambientali ­ Etichettatura ambientale di Tipo I ­ Principi e procedure<br />

Etichette e dichiarazioni ambientali ­ Dichiarazioni ambientali di Tipo III<br />

Gestione ambientale ­ Valutazione del ciclo di vita ­ Principi e quadro di riferimento<br />

Gestione ambientale ­ Valutazione del ciclo di vita ­ Definizione dell’obiettivo e del campo<br />

di applicazione e analisi dell’inventario<br />

Gestione ambientale ­ Valutazione del ciclo di vita ­ Valutazione dell’impatto del ciclo<br />

di vita<br />

Gestione ambientale ­ Valutazione del ciclo di vita ­ Interpretazione del ciclo di vita<br />

Gestione ambientale ­ Valutazione del ciclo di vita ­ Esempi di applicazione della ISO<br />

14042<br />

Gestione ambientale ­ Valutazione del ciclo di vita ­ Formato della documentazione dei<br />

dati<br />

Gestione ambientale ­ Valutazione del ciclo di vita ­ Esempi di applicazione della ISO<br />

14041 per la definizione dell’obiettivo e campo di applicazione e l’analisi dell’inventario<br />

Gestione ambientale ­ Integrazione degli aspetti ambientali nella progettazione e nello<br />

sviluppo del prodotto<br />

Guida per l’inclusione degli aspetti ambientali nelle norme di prodotto<br />

Valutazione della conformità (alcune norme di potenziale interesse per i SGA)<br />

Titolo<br />

UNICEIENISO/IEC17000 Valutazione della conformità ­ Vocabolario e principi generali<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

63


CERTIFICAZIONE E QUALITÀ<br />

Articolo<br />

L'APPROFONDIMENTO<br />

UNICEIENISO/IEC17011 Requisiti generali per gli organismi di accreditamento che accreditano organismi di valutazione<br />

della conformità<br />

UNI CEI EN ISO/IEC Valutazione della conformità ­ Dichiarazione di conformità rilasciata dal fornitore ­ Parte<br />

1: Requisiti generali ­ Parte 2: Documentazione di supporto<br />

17050­1 e ­2<br />

UNI EN ISO/IEC 17040 Requisiti generali per la valutazione tra pari degli organismi di valutazione della conformità e<br />

degli organismi di accreditamento<br />

ISO/IEC Guide 66 Requisiti generali per gli organismi che operano la valutazione e la certificazione/registrazione<br />

dei sistemi di gestione ambientale<br />

Documenti ISO attualmente allo studio<br />

Riferimento<br />

Titolo<br />

ISO/DIS 14025 Draft di norma ISO 14025 sulle dichiarazioni ambientali di prodotto che sostituirà il TR<br />

14025<br />

ISO/DIS 14040 Draft di revisione delle norme della serie ISO 14040<br />

ISO/DIS 14044 Draft di revisione delle norme della serie ISO 14040<br />

ISO/DIS 14063 Draft di norma ISO 14063 sulla comunicazione ambientale<br />

ISO/DIS 14064 Draft di norma ISO 14064­1, ­2 e ­ 3 sui gas serra<br />

ISO/WD 14065 Draft di norma ISO 14065 sui requisiti per gli organismi di verifica dei gas serra<br />

ISO/IEC DIS 17021 Draft di norma ISO IEC 17021 che sostituirà le Guide ISO sui requisiti per gli organismi di certificazione<br />

dei sistemi di gestione<br />

Legenda:<br />

ISO (o ISO/IEC) = Norma internazionale<br />

EN = Norma europea<br />

UNI (o UNI CEI) = Norma nazionale<br />

TS = Specifica tecnica<br />

TR = Rapporto tecnico<br />

WD = Working Draft<br />

DIS = Draft International Standard<br />

ma di gestione ambientale rispetto ai requisiti<br />

della norma.<br />

Per questo motivo, l’obiettivo delle organizzazioni<br />

non dovrebbe essere in modo esclusivo<br />

la ricerca del certificato, ma l’adozione<br />

consapevole di una norma gestionale volontaria<br />

nell’ottica di migliorare la propria gestione<br />

ambientale, ridurre i propri costi e<br />

cogliere le opportunità di crescita e di maggiore<br />

competitività offerte da una gestione<br />

sistematica. È poi una conseguenza quasi<br />

naturale volerne dare visibilità e garanzia all’esterno,<br />

attraverso una certificazione indipendente<br />

che può fornire ulteriori vantaggi<br />

di immagine; tuttavia, spesso, questa logica<br />

viene capovolta e la certificazione diventa<br />

l’obiettivo unico, tanto da parlare spesso di<br />

“certificazione ambientale” e non più di gestione<br />

ambientale.<br />

Riguardo alle problematiche specifiche della<br />

valutazione della conformità del sistema<br />

ai requisiti della norma, la stessa UNI EN ISO<br />

14001 presenta, al suo primo punto, le diverse<br />

seguenti possibilità di valutazione della<br />

conformità di un SGA:<br />

l effettuare un’auto­valutazione o un’auto­dichiarazione<br />

(attività di valutazione della<br />

conformità “di prima parte”);<br />

l richiedere la conferma della propria conformità<br />

ad altri soggetti che hanno un interesse<br />

nell’organizzazione stessa, come per<br />

esempio dei clienti (attività di valutazione<br />

della conformità “di seconda parte”);<br />

l richiedere a una parte esterna rispetto all’organizzazione<br />

la conferma della propria auto­dichiarazione<br />

(potrebbe trattarsi di una verifica<br />

di seconda o terza parte di una attività di<br />

valutazione della conformità di prima parte);<br />

l richiedere la certificazione/registrazione<br />

del proprio sistema di gestione ambientale<br />

presso un organismo esterno (attività di valutazione<br />

della conformità “di terza parte”).<br />

In ogni caso, le “regole” che il sistema volontario<br />

si è dato per garantire affidabilità,<br />

veridicità, trasparenza e, soprattutto, credibilità<br />

per tutte le tipologie di valutazione<br />

della conformità, sono riportate nella serie<br />

di norme internazionali ISO/IEC 17000 (si<br />

veda la tabella 1).<br />

La ISO 14001, applicabile in qualsiasi organizzazione,<br />

definisce i requisiti che andrebbero<br />

rispettati per strutturare un SGA, attuarlo<br />

in modo corretto, verificarlo periodicamente<br />

e migliorarlo in continuo. Proprio<br />

per garantire uniformità di applicazione<br />

in tutto il mondo e in tutti i settori del mercato,<br />

non soltanto ad aziende private, ma<br />

anche a organismi pubblici, la ISO 14001 è<br />

volutamente sintetica nella presentazione<br />

dei suoi requisiti e nella spiegazione fornita<br />

nell’appendice informativa della norma, evitando<br />

di calarsi troppo in un “vestito” che<br />

invece andrebbe cucito di volta in volta da<br />

chi deve applicare la norma nel proprio contesto<br />

lavorativo. Possono, però, costituire<br />

utili supporti all’adozione di un SGA le altre<br />

norme della serie ISO 14000 (si veda la tabella<br />

1), per esempio, la UNI ISO 14050,<br />

che definisce in modo univoco e chiaro i<br />

concetti che sottendono i termini utilizzati,<br />

la UNI EN ISO 14031, che fornisce un procedimento<br />

per valutare la propria prestazione<br />

ambientale, in modo da poter «misurare<br />

il miglioramento continuo» e, soprattutto,<br />

la UNI ISO 14004. Questa ultima è la norma<br />

storicamente nata in parallelo alla ISO<br />

14001, proprio per fornire maggiori indicazioni<br />

su come impostare un SGA, con esem­<br />

64 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18


L'APPROFONDIMENTO<br />

CERTIFICAZIONE E QUALITÀ<br />

Articolo<br />

Modello del sistema di gestione ambientale<br />

per la norma UNI EN ISO 14001:2004<br />

(Fonte: UNI EN ISO 14001:2004)<br />

Figura 1<br />

pi, consigli e chiarimenti, e che, così come la<br />

ISO 14001, è appena stata revisionata ed è<br />

ora disponibile anche in italiano in sostituzione<br />

della precedente edizione. Non si tratta<br />

di una norma utile a fini di certificazione,<br />

trattandosi di un documento che fornisce<br />

linee guida e, quindi, consigli non vincolanti<br />

a fini contrattuali, ma di un supporto utilissimo<br />

per costruire un buona gestione ambientale<br />

all’interno dell’azienda.<br />

Il processo di revisione<br />

della ISO 14001<br />

Riguardo alle premesse e agli obiettivi della<br />

revisione della ISO 14001, bisogna dire che<br />

la scelta concordata in sede ISO, sin dalle<br />

prime valutazioni e dall’approvazione della<br />

opportunità di revisionare la norma, è stata<br />

quella di confermare in pieno la struttura del<br />

SGA già definita dalla ISO 14001:1996, ritenuta<br />

valida e applicabile a qualsiasi tipo di<br />

organizzazione. Con questa scelta il sottocomitato<br />

internazionale ISO/TC 207/SC1<br />

“Environmental management system”, già<br />

responsabile dell’elaborazione della prima<br />

versione della ISO 14001, escludeva tutte le<br />

proposte di modifica ai requisiti della norma<br />

o di aggiunta di nuovi, indirizzando il processo<br />

di revisione esclusivamente sul miglioramento<br />

del testo, soprattutto in quei punti<br />

su cui si erano prodotte interpretazioni diverse<br />

e applicazioni discordanti, e sulla maggiore<br />

compatibilità strutturale e concettuale<br />

con la serie di norme ISO 9000 sui sistema di<br />

gestione per la qualità, in modo da rendere<br />

più semplice un’eventuale integrazione dei<br />

sistemi per le aziende interessate a costruire<br />

un unico sistema gestionale integrato.<br />

Riguardo ai contenuti, dunque, non è cambiato<br />

nulla di sostanziale; tuttavia, da un’analisi<br />

attenta del testo e soprattutto da un esame<br />

comparato dello stesso con quello precedente,<br />

alcune differenze significative emergono; è<br />

per questo motivo che nella Commissione<br />

<strong>Ambiente</strong> dell’UNI e, in particolare, nel gruppo<br />

di lavoro GL1 “Sistemi di gestione ambientale”,<br />

si è deciso di redigere un documento di<br />

confronto tra i due testi pubblicato con la sigla<br />

UNI/TR 11157 (rapporto tecnico UNI), riportatoa<br />

pagina 70 e disponibile gratuitamente anche<br />

agli indirizzi www.uni.com [1] , www.am­<br />

[1] Allo stesso indirizzo è disponibile il catalogo on-line contenente l’elenco completo delle norme UNI. Il documento è anche presente<br />

agli indirizzi www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com e www.professionisti24.ilsole24ore.com (Area <strong>Ambiente</strong>).<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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CERTIFICAZIONE E QUALITÀ<br />

Articolo<br />

L'APPROFONDIMENTO<br />

bientesicurezza.ilsole24ore.com (sezione “Documentazione<br />

integrativa”) e www.professionisti24.ilsole24ore.com<br />

(Area “<strong>Ambiente</strong>”).<br />

Le modifiche che in UNI sono apparse più<br />

importanti (ma, come sempre, sarà la pratica<br />

e l’orientamento del mercato a dire se le<br />

previsioni degli esperti saranno o meno rispettate)<br />

sono ben commentate attraverso i<br />

contributi degli esperti più attivi nell’ambito<br />

del GL1 UNI.<br />

In via preliminare, alla luce di tutti i passaggi<br />

della revisione del testo della norma, è possibile<br />

sottolineare quali siano state le linee direttrici<br />

che hanno poi portato al testo finale.<br />

C’è stata grande soddisfazione in UNI nel notare<br />

che la revisione della norma ha effettivamente<br />

rispettato le indicazioni concordate in<br />

Italia come posizione nazionale, confermando<br />

un approccio corretto ed equilibrato tra<br />

rigidezza formale e flessibilità nell’applicazione,<br />

che ha contraddistinto, in questi anni, le<br />

scelte del sistema italiano della normazione,<br />

della certificazione, della pubblica amministrazione<br />

e, soprattutto, dell’imprenditoria,<br />

cioè di coloro che rappresentano i destinatari<br />

del lavoro degli altri soggetti. Senza dimenticare<br />

la società civile che, almeno nel caso<br />

delle organizzazioni non governative o comunque<br />

del mondo dell’associazionismo,<br />

sembra guardare di buon occhio alle pratiche<br />

volontarie di gestione ambientale, cercando<br />

quindi di trovare in esse garanzia di efficacia e<br />

di trasparenza.<br />

Queste linee direttrici si sono orientate, in<br />

particolare, verso un ruolo sempre più attento<br />

e impegnato da parte della direzione<br />

dell’organizzazione che adotta un<br />

SGA, che:<br />

l deve mettere a disposizione le risorse<br />

per il miglioramento continuo;<br />

l deve fare delle scelte in questo senso;<br />

l è responsabile della fase finale del ciclo,<br />

il “riesame”, che origina in seguito il miglioramento<br />

e un nuovo ciclo del SGA, e che,<br />

nella nuova norma, viene dettagliato ulteriormente.<br />

Del resto, essendo volontaria la<br />

scelta di adottare un SGA, è chiaro che<br />

questa scelta debba essere fortemente voluta<br />

dall’alta direzione.<br />

Altra caratteristica che permea il testo e che<br />

si ritrova in diversi punti della norma è la<br />

volontà di maggiore coinvolgimento di<br />

soggetti che operano insieme all’organizzazione,<br />

o per conto di essa, e che possono<br />

influire sulla prestazione della stessa (si veda<br />

oltre sul coinvolgimento degli appaltatori<br />

critici sia nella fase di pianificazione che di<br />

attuazione del SGA).<br />

Questi due elementi, l’impegno della direzione<br />

e il coinvolgimento dei soggetti<br />

terzi, vanno nella stessa direzione della<br />

massima attenzione ai risultati prestazionali.<br />

Se in certi casi il SGA è stato interpretato<br />

come uno strumento perfetto sulla<br />

carta, ma non nella sostanza, ora, invece,<br />

si rafforza la linea a favore di un SGA<br />

che mira al miglioramento delle prestazioni<br />

dell’azienda, senza il quale perde<br />

senso qualsiasi sforzo organizzativo e gestionale.<br />

Ciò è confermato anche dal tentativo<br />

di snellimento burocratico, ulteriore<br />

obiettivo dichiarato di questa revisione<br />

della norma, al fine di andare incontro<br />

alle esigenze delle piccole e medie imprese,<br />

che devono trarre giovamento da un<br />

SGA e non, al contrario, vederlo come un<br />

aggravio di sterile burocrazia. Ultimo, ma<br />

non meno importante, il rispetto delle<br />

leggi, su cui si insiste nella nuova norma<br />

prevedendo un sotto­punto ad hoc, il<br />

4.5.2, precedentemente esplicitato all’interno<br />

del 4.5.1, contribuendo così a risolvere<br />

qualsiasi possibile dubbio su questo<br />

aspetto. È evidente che chi ha difficoltà a<br />

rispettare un insieme di leggi spesso complesso<br />

e non del tutto armonico può trovare<br />

nel SGA un aiuto importante proprio<br />

per raggiungere la sospirata conformità<br />

normativa. Ma è del tutto fuori luogo ritenere<br />

che all’interno di un SGA non vi sia<br />

un controllo attento ed efficace del rispetto<br />

delle leggi ambientali; sarebbe come<br />

adottare norme volontarie di gestione<br />

della sicurezza senza prima rispettare i<br />

dettami del D.Lgs. n. 626/1994. La normazione<br />

tecnica è proprio uno strumento<br />

per andare al di là della legge e per promuovere<br />

pratiche volontarie virtuose ed è<br />

del tutto evidente che il rispetto della legge<br />

non può essere altro che la base di<br />

partenza sulla quale strutturare il proprio<br />

SGA, costruire i propri obiettivi di miglioramento<br />

e poter così realmente misurare<br />

le proprie prestazioni ambientali in un<br />

percorso di crescita costante. l<br />

66 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18


L'APPROFONDIMENTO<br />

CERTIFICAZIONE E QUALITÀ<br />

Articolo<br />

Aspetti ambientali e prescrizioni applicabili<br />

nella nuova ISO 14001<br />

di Paolo Piagneri<br />

Servizio Ecogestione - Unione Industriale di Torino e membro del GL1 “Sistemi di Gestione Ambientale”<br />

della Commissione <strong>Ambiente</strong> dell’UNI<br />

UNI<br />

All’interno del modello di sistema di gestione ambientale (SGA) proposto dalla ISO 14001, che ruota intorno al flusso<br />

logico “conoscenza ­ gestione ­ monitoraggio ­ miglioramento”, è possibile individuare alcuni temi di particolare<br />

rilevanza; tra questi, in particolare, gli aspetti ambientali, sui quali l’edizione 2004, riconfermando l’impostazione<br />

dell’edizione 1996, continua a lasciare alla singola organizzazione, in un’ottica di flessibilità, l’onere di definire la<br />

metodologia di definizione e le prescrizioni legali, sulle quali viene sottolineato come, una volta individuate e determinato<br />

come debbano essere applicate agli aspetti ambientali, debbono essere tenute in considerazione nell’ambito dello<br />

sviluppo del SGA.<br />

Altro punto rilevante è la riscrittura del punto «Politica ambientale» (4.2) e «Competenza, formazione e consapevolezza»<br />

(4.4.2), con la finalità di estendere quanto in precedenza richiesto per il “personale” (1996) a «tutte le persone che<br />

lavorano per l’organizzazione o per conto di essa» (punto 4.2, ed. 2004), adeguando così la norma alla sostanziale<br />

modifica del mondo del lavoro, intercorsa negli ultimi otto anni.<br />

La nuova edizione della norma ISO<br />

14001, pubblicata al termine del 2004,<br />

ribadisce, per quanto riguarda i punti relativi<br />

agli aspetti ambientali e alle prescrizioni<br />

applicabili, i concetti presenti nella<br />

precedente edizione, in coerenza con uno<br />

dei presupposti del processo di revisione<br />

che voleva i requisiti richiesti dalla norma<br />

immutati.<br />

Una riflessione sulla nuova formulazione<br />

dei due punti della norma può essere<br />

l’occasione per affrontare, anche alle luce<br />

delle esperienze applicative degli anni<br />

passati, uno dei passaggi chiave della logica<br />

alla base del modello di sistema di<br />

gestione ambientale (SGA) proposto dalla<br />

ISO 14001, che ruota intorno al flusso<br />

logico “conoscenza ­ gestione ­ monitoraggio<br />

­ miglioramento”:<br />

l Conoscenza ­ Nell’accezione proposta<br />

dalla norma, consiste nell’avere una consapevolezza<br />

puntuale degli aspetti ambientali<br />

correlati alle attività, ai prodotti e ai servizi<br />

compresi nel campo di applicazione definito<br />

dall’organizzazione, nonché dei vincoli<br />

ambientali da rispettare che possono derivare<br />

sia dalla legislazione applicabile che da<br />

accordi volontari sottoscritti dall’organizzazione.<br />

l Gestione ­ vuol dire attuare concretamente<br />

una prassi di prevenzione dell’impatto<br />

ambientale. Partendo cioè dalla conoscenza<br />

degli aspetti ambientali significativi e<br />

dei vincoli, si tratta di definire modalità operative,<br />

ruoli e responsabilità per tutti quei<br />

casi in cui omissioni o comportamenti difformi<br />

provocherebbero violazione dei vincoli<br />

o dei principi contenuti nella politica<br />

ambientale dell’organizzazione. Un tipo<br />

particolare di controllo ancora più spiccatamente<br />

preventivo è quello che si concretizza<br />

nella pianificazione della risposta alle<br />

emergenze ambientali in tutti quei casi in<br />

cui, in fase di analisi, venga evidenziata la<br />

possibilità di incidenti o emergenze con ripercussioni<br />

di carattere ambientale.<br />

l Monitoraggio ­ è il terzo anello della<br />

catena, sempre a partire dalla conoscenza<br />

degli aspetti ambientali e dei vincoli,<br />

nonché dalle considerazioni relative<br />

alla specifica significatività; comporta la<br />

pianificazione di un’attività di verifica<br />

che permetta all’organizzazione di verificare<br />

le prestazioni ambientali e, di conseguenza,<br />

l’efficacia del proprio controllo<br />

gestionale.<br />

l Miglioramento ­ in questa voce sono<br />

comprese tutte le attività e gli strumenti<br />

previsti dalla norma che a partire dai tre<br />

passaggi precedenti promuovono il miglioramento<br />

delle prestazioni del SGA.<br />

In particolare, sulla fase di conoscenza vale<br />

la pena di fare due considerazioni:<br />

l questa fase è propedeutica, dal punto di<br />

vista funzionale, a quelle successive; infatti,<br />

una volta individuati da un’organizzazione<br />

aspetti ambientali significativi e vincoli ambientali,<br />

ci si aspetta che questi siano gestiti<br />

e monitorati con adeguati strumenti di sistema.<br />

La qualità della conoscenza influenza<br />

la qualità di tutto il SGA;<br />

l la norma richiede che questa conoscenza<br />

non sia statica ma bensì dinamica, e cioè<br />

che si mantenga aggiornata nel tempo.<br />

Questo permette al SGA di evolversi in funzione<br />

delle modifiche degli aspetti ambientali<br />

significativi dell’impresa (nuove attività,<br />

prodotti, modifiche di organizzazione, variazione<br />

di materie prime), nonché della variazione<br />

dei vincoli esterni (nuove leggi ambientali,<br />

modifiche, prescrizioni legate a<br />

provvedimenti amministrativi, impegni assunti<br />

con clienti).<br />

Aspetti ambientali (4.3.1)<br />

La formulazione riconferma l’impostazione<br />

dell’edizione 1996, a proposito degli aspetti<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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67


CERTIFICAZIONE E QUALITÀ<br />

Articolo<br />

L'APPROFONDIMENTO<br />

ambientali delle proprie attività, prodotti e<br />

servizi all’interno del campo di applicazione<br />

definito che l’organizzazione può tenere<br />

sotto controllo e di quelli su cui può esercitare<br />

un’influenza.<br />

La norma continua a lasciare alla singola<br />

organizzazione, in un’ottica di flessibilità,<br />

l’onere di definire la metodologia con cui<br />

identificare gli aspetti ambientali e con cui<br />

definirne la significatività.<br />

Il tema degli aspetti ambientali su cui l’organizzazione<br />

può avere un’influenza ha<br />

generato un dibattito, in particolare, in<br />

relazione all’argomento dei beni e servizi<br />

utilizzati dalla organizzazione, tema che<br />

meriterebbe uno specifico approfondimento.<br />

Visto il collegamento logico, descritto in<br />

precedenza, che intercorre tra l’identificazione<br />

degli aspetti ambientali significativi e<br />

delle prescrizioni applicabili e il relativo controllo<br />

operativo, la chiave di lettura della<br />

questione può essere fornita dal dettato del<br />

punto norma 4.4.6, lettera c), che richiede<br />

la definizione di procedure concernenti gli<br />

aspetti ambientali significativi dei beni e dei<br />

servizi utilizzati dall’organizzazione, nonché<br />

la comunicazione ai fornitori, compresi gli<br />

appaltatori, delle procedure e dei requisiti a<br />

essi applicabili.<br />

Su questo argomento, in passato, l’equilibrio<br />

è stato trovato facilmente da chi ha<br />

operato con buon senso evitando interpretazioni<br />

di comodo. Una prassi frequentemente<br />

adottata dalle organizzazioni prevede<br />

un approccio che è possibile schematizzare<br />

in tre passaggi:<br />

l il primo prevede l’identificazione dei beni<br />

e servizi utilizzati dall’organizzazione che<br />

hanno ripercussioni su aspetti ambientali significativi<br />

sotto il profilo ambientale. È possibile<br />

citare fornitori di servizi, quali ad<br />

esempio:<br />

­ gli appaltatori operanti nel sito dell’organizzazione;<br />

­ i laboratori a cui vengono affidate analisi<br />

ambientali;<br />

­ i consulenti in materia ambientale;<br />

­ le imprese che effettuano nel sito manutenzioni<br />

ambientali;<br />

­ i fornitori di beni quali gli impianti finalizzati<br />

all’abbattimento delle emissioni o i reagenti<br />

utilizzati negli impianti di depurazione;<br />

­ …<br />

l il secondo prevede l’identificazione dei<br />

beni e servizi utilizzati dall’organizzazione<br />

sottoposti a vincoli legislativi applicabili all’organizzazione<br />

od oggetto di accordi volontari.<br />

Sempre a titolo di esempio, si può<br />

trattare di:<br />

­ fornitori di servizi quali gli smaltitori di<br />

rifiuti;<br />

­ tecnici a cui si affida la manutenzione di<br />

centrali termiche;<br />

­ vettori utilizzati per trasporti di merci sottoposte<br />

alla normativa ADR;<br />

­ tecnici abilitati al rilievo del rumore emesso<br />

nell’ambiente;<br />

­ esecuzione di analisi chimiche vincolate<br />

alla conformità a standard definiti;<br />

­ utilizzo di materie prime esenti da talune<br />

sostanze proibite per legge o per cui l’organizzazione<br />

ha assunto volontariamente impegni<br />

specifici;<br />

­ …<br />

l il terzo consiste nella definizione e nell’applicazione<br />

dei requisiti di acquisto per<br />

beni e servizi utilizzati dall’organizzazione<br />

ritenuti significativi sotto il profilo ambientale<br />

ai sensi dei due passaggi precedenti e,<br />

se ritenuto necessario, nella qualifica dei<br />

fornitori in funzione della capacità di soddisfare<br />

i requisiti definiti.<br />

Questo approccio, focalizzandosi sulle caratteristiche<br />

dei beni e servizi acquistati dall’organizzazione<br />

stimola la crescita di un’offerta<br />

di maggiore qualità ambientale senza<br />

interferire nella sfera di autonomia gestionale<br />

e organizzativa propria dei fornitori,<br />

permettendo di attuare azioni concrete, verificabili<br />

e in linea con la logica di mercato.<br />

Azioni che, però, salvaguardano il principio<br />

di volontarietà alla base della norma ISO<br />

14001 e di conseguenza favoriscono una<br />

diffusione “di qualità” dei sistemi di gestione<br />

ambientale.<br />

Prescrizioni legali<br />

e di altro tipo (4.3.2)<br />

Anche in questo caso, la nuova formulazione<br />

del punto norma ribadisce i concetti<br />

dell’edizione precedente, anche se viene<br />

sottolineato come, una volta che le prescrizioni<br />

ambientali applicabili siano state<br />

individuate dall’organizzazione e che sia<br />

stato determinato come le prescrizioni si<br />

applichino agli aspetti ambientali, queste<br />

debbono essere tenute in considerazione<br />

nell’ambito dello sviluppo del SGA.<br />

È, cioè, richiamato il flusso logico del SGA e<br />

il collegamento tra i punti norma 4.3.2 e il<br />

punto norma 4.4.6 relativo al controllo<br />

operativo. Una volta estrapolate le singole<br />

prescrizioni dalla legislazione applicabile,<br />

dagli atti amministrativi in possesso dell’organizzazione<br />

e dagli accordi volontari sottoscritti,<br />

il controllo operativo diventa lo strumento<br />

fornito dal SGA alle organizzazioni<br />

per gestire la conformità a questi vincoli.<br />

È necessario dire, sulla base dell’esperienza<br />

applicativa, che il SGA si è rivelato, sin<br />

dalle prime esperienze sperimentali, un<br />

ottimo strumento per presidiare la conformità<br />

legislativa [1] . In questo senso e anche<br />

in funzione della capillarità e della<br />

complessità del quadro nazionale dei vincoli<br />

ambientali, questo è stato uno dei<br />

maggiori benefici percepiti dalle imprese.<br />

A complemento di questo indirizzo la nuova<br />

edizione della norma ISO 14001 enfatizza<br />

maggiormente l’importanza della valutazione<br />

periodica del rispetto delle prescrizioni,<br />

già previsto nell’edizione precedente<br />

all’interno del punto norma 4.5.1,<br />

dedicando al requisito un punto norma autonomo<br />

e richiedendo la registrazione delle<br />

verifiche effettuate.<br />

Conclusioni<br />

I punti 4.3.1 e 4.3.2 della norma ISO 14001<br />

forniscono alle organizzazioni, per tutte le<br />

ragioni evidenziate, un utile strumento operativo,<br />

che permette di conoscere in modo<br />

sistematico e dinamico le relazioni tra attività,<br />

prodotti e servizi dell’organizzazione e<br />

l’ambiente in cui opera, nonché di presidiare<br />

e avere un atteggiamento proattivo nei confronti<br />

dei vincoli ambientali siano essi di fonte<br />

legislativa o volontaria.<br />

Anche su questo tema specifico, ma fondamentale,<br />

sulla base dell’analisi sopra esposta<br />

e dell’esperienza, ci si attende una transizione<br />

morbida verso la nuova edizione<br />

della norma, che potrà, tuttavia, essere occasione<br />

per le organizzazioni per consolidare<br />

i propri SGA.<br />

l<br />

[1] Sul tema si veda il contributo di S. Sibilio a pag. 62.<br />

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20 settembre 2005 ­ N. 18


L'APPROFONDIMENTO<br />

CERTIFICAZIONE E QUALITÀ<br />

Articolo<br />

La competenza degli appaltatori<br />

nella UNI EN ISO 14001:2004<br />

a cura di Daniele Pernigotti, Aequilibria, Membro del GL1 “Sistemi di Gestione Ambientale” della Commissione<br />

<strong>Ambiente</strong> dell’UNI e delegato italiano ai lavori dell’ISO/TC 207<br />

Il processo di realizzazione delle norme volontarie pubblicate da organismi riconosciuti a livello internazionale<br />

(ISO) e nazionale (UNI) è basato sull’ottenimento del consenso dei vari soggetti che saranno in seguito<br />

interessati all’applicazione della norma stessa. Ne consegue che il contenuto della norma verrà sviluppato a<br />

partire dal contesto di riferimento esistente in quel determinato momento.<br />

Così per i Sistemi di Gestione aziendale in generale e, quindi, anche per quello Ambientale (SGA), è<br />

inevitabile che si presti particolare attenzione ai temi di organizzazione del lavoro e alla loro evoluzione nel<br />

tempo.<br />

È in quest’ottica che deve essere intesa la riscrittura dei punti «Politica ambientale» (4.2) e «Competenza,<br />

formazione e consapevolezza» (4.4.2) nella edizione del 2004 della ISO 14001, rispetto a quella del 1996.<br />

In sostanza, la variazione del testo ha esteso quanto in precedenza richiesto per il «personale» (ed. 1996) a<br />

«tutte le persone che lavorano per l’organizzazione o per conto di essa» (punto 4.2, ed. 2004).<br />

Andando oltre la semplice analisi comparata della modifica testuale, è possibile leggere la diversa formulazione<br />

adottata nella versione 2004 come un formale adeguamento della medesima prescrizione a una<br />

sostanziale modifica del mondo del lavoro, intercorsa in questi ultimi otto anni.<br />

Nello scorso decennio, quando venne pubblicata la vecchia versione della UNI EN ISO 14001, la realtà<br />

produttiva era decisamente diversa e i termini “interinale”, “terziarizzazione” e “flessibilità” probabilmente<br />

erano sconosciuti ai più o comunque non dell’uso comune che oggi contraddistingue le aziende del<br />

cosiddetto “mercato globale”.<br />

Un cambiamento di questa portata doveva necessariamente essere considerato nel processo di revisione<br />

della ISO 14001, anche perché molto spesso tra le attività e i servizi terziarizzati ricadono proprio quelli che<br />

hanno potenzialmente un maggiore impatto ambientale.<br />

È frequente, ad esempio, trovare imprese manifatturiere che affidano a ditte esterne la manutenzione degli<br />

impianti o la movimentazione interna dei propri rifiuti. Talvolta, ci si può addirittura trovare nella situazione<br />

in cui il personale di queste ditte di manutenzione, in precedenza dipendente della stessa impresa manifatturiera,<br />

viene trasferito in toto nella nuova ditta di servizi per scelte “strategiche”.<br />

In questo contesto è evidente l’importanza di coinvolgere anche il personale della ditta esterna di manutenzione<br />

nel SGA dell’impresa manifatturiera.<br />

Non avrebbe alcun senso tagliare fuori dal SGA figure così critiche per una corretta gestione delle problematiche<br />

ambientali, solo perché esterne all’organico pur continuando a svolgere le stesse importanti attività<br />

dal punto di vista ambientale in azienda.<br />

Ovviamente la situazione non è sempre così eclatante come nel caso precedentemente descritto e, per<br />

contro, non si deve cadere nell’errore di estendere in modo ottuso e indiscriminato la prescrizione relativa<br />

alla competenza a chiunque operi per nome e per conto dell’organizzazione, dovendo, invece, concentrare<br />

l’attenzione alle aziende critiche dal punto di vista ambientale.<br />

La richiesta «L’organizzazione deve assicurare che qualsiasi persona che esegua, per l’organizzazione stessa<br />

o per conto di essa, compiti che possono causare uno o più impatti ambientali significativi identificati<br />

dall’organizzazione, abbia acquisito la competenza necessaria» non lascia dubbi sulla necessità di coinvolgere<br />

nel proprio SGA chi svolge attività che possono comportare impatti ambientali significativi.<br />

Una volta individuati i soggetti che debbono essere competenti nello svolgere attività con una significativa<br />

ricaduta ambientale, è necessario decidere le modalità con cui ottenere la competenza richiesta.<br />

I percorsi ipotizzati possono focalizzarsi sulla sola istruzione, formazione o esperienza o essere articolati<br />

nelle diverse combinazioni delle stesse.<br />

Pertanto, la norma non obbliga necessariamente a erogare la formazione a tutti gli appaltatori critici per il<br />

SGA, come talora viene affermato, anche se questo percorso è sicuramente possibile ed efficace.<br />

In conclusione, è possibile ribadire che la nuova edizione del 2004 della UNI EN ISO 14001 non introduce<br />

niente più di quanto un approccio logico e attento richiedeva per gli appaltatori anche nell’applicazione<br />

dell‘edizione del 1996, ovvero che chi lavora per conto di un’azienda lo faccia con un livello di competenza<br />

minima reputata dalla direzione come “adeguata e necessaria” per svolgere attività per conto dell’azienda<br />

stessa, con un taglio della UNI EN ISO 14001 che, per l’ennesima volta, si dimostra estremamente pratico e<br />

orientato alla reale gestione dei problemi ambientali.<br />

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CERTIFICAZIONE E QUALITÀ<br />

Documento<br />

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Documento<br />

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In occasione della Fiera AMBIENTELAVORO (Bologna, 13-15 settembre 2005)<br />

organizza il convegno nazionale<br />

DIRETTIVA CANTIERI ­ RSPP<br />

Commenti alle sentenze per responsabilità derivanti dal D.Lgs. n. 494/1996,<br />

al D.Lgs. n. 195/2003 e alle sentenze per responsabilità del RSPP<br />

15 settembre 2005, ore 9 ­13<br />

Bologna, Quartiere fieristico, Sala F, Meeting Area<br />

Programma<br />

9.30 Registrazione partecipanti<br />

Moderatore: Donatella Bollani, redattore del quindicinale <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>, Il Sole 24 ORE<br />

10.00 Disamina del D.Lgs. n. 195/2003 (RSPP). Presentazione e commenti alle sentenze in materia di<br />

sicurezza ed igiene sul lavoro (DDLgs. 626/1994 e 494/1996), Pierguido Soprani, Avvocato<br />

11.00 Individuazione di strumenti operativi in relazione ai casi presentati, Nicola Belloni e Davide<br />

Biasco, Polistudio Spa Società di Ingegneria<br />

11.30 Dibattito<br />

13.00 Chiusura dei lavori<br />

Con la collaborazione di<br />

_______________________________________________________________________________________________<br />

Per maggiori informazioni: Polistudio Spa, Elena Bergamini, Tel. 04254728, info@polistudio.it,<br />

www.polistudio.it


IGIENE E SICUREZZA<br />

LEGISLAZIONE<br />

In breve<br />

ASSEGNA DI LEGISLAZIONE<br />

a cura di Marco Fabrizio, avvocato in Roma<br />

EUROPA<br />

CLASSI DI RESISTENZA AL FUOCO<br />

PER I PRODOTTI DA COSTRUZIONE<br />

Decisione della Commissione<br />

9 agosto 2005, n. 2005/610/CE<br />

«Decisione (2005/610/CE) della Commissione del 9<br />

agosto 2005 che determina le classi di reazione al<br />

fuoco di alcuni prodotti da costruzione» (G.U.C.E. L<br />

dell’11 agosto 2005, n. 208)<br />

La decisione della Commissione 9 agosto 2005, n. 2005/<br />

610/CE, reca, in allegato, tutti i prodotti da costruzione<br />

e/o i materiali che soddisfano tutti i requisiti della prestazione<br />

caratteristica “reazione al fuoco”, senza necessità<br />

di dover essere sottoposti a ulteriori prove, con<br />

pedisseque classi di appartenenza.<br />

ITALIA<br />

RACCORDI A PRESSARE PER RETI<br />

DI ADDUZIONE DI GAS<br />

Circolare del Ministero<br />

delle Attività produttive 27 luglio 2005<br />

«Utilizzazione di raccordi a pressare in reti di adduzione<br />

di gas per edifici civili» (G.U. del 2 agosto<br />

2005, n. 178)<br />

La circolare del Ministero delle Attività produttive 27<br />

luglio 2005, indirizzato alla Società di distribuzione gas<br />

negli edifici così come ai costruttori e importatori di<br />

raccordi a pressare per reti di adduzione gas per edifici<br />

civili, all’UNI e agli installatori di reti di adduzione di gas,<br />

ricorda come la norma UNI 11065 rilevi quale norma<br />

tecnica di riferimento per i raccordi a pressare in questione.<br />

La pedissequa norma tecnica per l’installazione<br />

è, invece, la UNI TS 11147, emanata nel febbraio 2005 e<br />

di efficacia triennale, in forza della quale questi raccordi<br />

potranno essere installati soltanto all’esterno degli edifici.<br />

La circolare identifica, peraltro, anche la norma belga<br />

NBN D 51­003, versione febbraio 2005, quale ulteriore<br />

norma tecnica per le installazioni di raccordi da effettuare<br />

all’interno degli edifici.<br />

Tutti gli impianti di adduzione realizzati prima del febbraio<br />

2005 dovranno essere sottoposti a verifica secondo<br />

la norma UNI 11137­1, mentre per i raccordi a pressare<br />

utilizzati prima di questa data la circolare sollecita<br />

i produttori italiani o gli importatori a inviare una “Dichiarazione<br />

di aspettativa di vita della guarnizione utilizzata”<br />

, da inviarsi all’Ispettorato tecnico ­ Ufficio 2,<br />

del Ministero delle Attività produttive.<br />

DETONATORI AD ACCENSIONE ELETTRICA<br />

Decreto del Ministero dell’Interno<br />

15 agosto 2005<br />

«Speciali limiti all’importazione, commercializzazione,<br />

trasporto e impiego di detonatori ad accensione<br />

elettrica a bassa e media intensità nonché all’impiego e<br />

al trasporto degli altri esplosivi di II e III categoria, ai sensi<br />

dell’articolo 8, comma 1, del decreto­legge 27 luglio<br />

2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge<br />

31 luglio 2005, n. 155» (G.U. del 17 agosto 2005, n. 190)<br />

Il decreto del Ministero dell’Interno 15 agosto 2005 introduce<br />

una disciplina restrittiva in ordine alla fabbricazione,<br />

l’importazione, l’esportazione, la detenzione, la commercializzazione,<br />

la cessione a qualsiasi titolo, il trasporto<br />

e l’impiego di detonatori ad accensione elettrica a bassa<br />

e media intensità, nonché dei prodotti bi­componenti<br />

realizzati in confezioni portatili specificamente destinate<br />

alla realizzazione di esplosivi. D’ora in avanti (fino al 31<br />

dicembre 2007) queste attività saranno consentite soltanto<br />

per esigenze operative e di studio delle Forze armate e<br />

dei Corpi armati dello Stato. Fino al 31 ottobre 2005<br />

questi materiali potranno essere, comunque, utilizzati<br />

per attività di posizionamento e sparo qualora siano legittimamente<br />

detenuti in forza di autorizzazioni di polizia<br />

preesistenti al decreto e purché il brillamento avvenga<br />

secondo una procedura di controllo pubblico inserita<br />

per lo scopo. Decorso il suddetto termine, tutti i materiali<br />

non utilizzati dovranno essere distrutti o consegnati a un<br />

deposito delle Forze armate o di polizia o autorizzato dal<br />

prefetto, senza diritto ad alcun rimborso. Ulteriori restrizioni<br />

risultano, inoltre, inserite in tema di trasporto su<br />

strada di esplosivi destinati a impieghi civili.<br />

Il regolamento inserisce, infine, un sistema di marcatura<br />

dei detonatori elettrici a bassa e media intensità, finalizzato<br />

a migliorarne la tracciabilità, così come ulteriori prescrizioni<br />

che dovranno comparire, per legge, sulle licenze e<br />

autorizzazioni di polizia.<br />

l<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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81


LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

IL CASO<br />

di Pierguido Soprani, avvocato<br />

SICUREZZA SUL LAVORO NELLE P.A.:<br />

IL RUOLO E LA RESPONSABILITÀ<br />

DEGLI ORGANI DI INDIRIZZO POLITICO<br />

A seguito della riforma dell’assetto gestionale<br />

delle amministrazioni pubbliche, con conseguente<br />

affermazione del cosiddetto “principio<br />

della separazione” tra potere politico e potere<br />

gestionale, qual è l’ambito nel quale potere riconoscere<br />

la responsabilità, a titolo residuale, degli<br />

organi di indirizzo politico<br />

È noto che, con il varo del D.Lgs. n. 626/1994,<br />

entrato in vigore a regime definitivo il 1°<br />

gennaio 1997, l’individuazione della figura del<br />

datore di lavoro pubblico, a fini prevenzionali<br />

(problematica per molto tempo affrontata raramente<br />

ex professo e in profondità, sia dalla<br />

dottrina, sia dalla Giurisprudenza), ha acquisito<br />

un impulso via via sempre maggiore, anche<br />

per il fatto che questa nozione ­ definita con<br />

valenza generale nell’art. 2, comma 1, lettera<br />

b), secondo periodo del D.Lgs. n. 626/1994, e<br />

convenzionalmente individuata con «il dirigente<br />

al quale spettano i poteri di gestione,<br />

ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale,<br />

nei soli casi in cui quest’ultimo sia<br />

preposto a un ufficio avente autonomia gestionale»<br />

­ non era codificata nel sistema normativo<br />

precedente.<br />

Allo stato attuale della legislazione, la responsabilità<br />

gestionale nell’ambito della Pubblica<br />

Amministrazione è affidata alla figura del dirigente<br />

pubblico, come definita in via generale<br />

nell’art. 4, comma 2, D.Lgs. n. 165/2001 (Testo<br />

unico del pubblico impiego), e nell’art. 107,<br />

D.Lgs. n. 267/2000 (Testo unico degli enti locali),<br />

in base ai quali, nell’ambito delle amministrazioni<br />

pubbliche, gli organi di governo (ed<br />

elettivi, ove esistenti) sono titolari dei poteri di<br />

indirizzo politico­amministrativo, di dotazione<br />

organica, strumentale ed economico­finanziaria,<br />

e delle funzioni di controllo dell’ente; ai<br />

dirigenti spetta invece la gestione finanziaria,<br />

tecnica e amministrativa delle risorse assegnate<br />

e la gestione del personale.<br />

Il principio della distinzione­separazione tra la<br />

funzione di governo (riservata alla competenza<br />

dei vertici delle amministrazioni pubbliche)<br />

e la funzione di gestione (demandata agli organi<br />

burocratici dell’apparato amministrativo),<br />

assume una valenza fondamentale nella regolamentazione<br />

e nella delimitazione dei rispettivi<br />

ambiti di azione. Va detto ulteriormente<br />

che ai dirigenti pubblici è riconosciuta ­ per<br />

diretta attribuzione di legge ­ la titolarità degli<br />

stessi poteri di autonomia decisionale e di spesa<br />

propri dei datori di lavoro del settore privato,<br />

sintetizzati nel cosiddetto “potere di gestione”.<br />

Il fatto che, rispetto agli obiettivi, alle<br />

priorità, ai piani di programma e alle direttive<br />

generali fissati dagli organi di governo dell’ente,<br />

essi siano soggetti a un controllo di gestione<br />

e di risultato (e, dunque, esplichino un’azione<br />

che, sia pure impropriamente, potremmo<br />

definire “esecutiva”), non deve ingenerare<br />

equivoci; giacché questo rapporto di dipendenza<br />

funzionale vale solo e unicamente per<br />

gli obiettivi definiti a livello di azione politicoamministrativa,<br />

non anche per quegli altri<br />

obiettivi (tra cui quello della “tutela della sicurezza<br />

e della salute dei lavoratori sul luogo di<br />

lavoro”) che è la legge stessa (segnatamente il<br />

D.Lgs. n. 626/1994 e la restante normativa prevenzionale)<br />

a definire e a imporre, in maniera<br />

indifferenziata, a tutte le imprese pubbliche e<br />

private.<br />

Dall’esame della figura dei dirigenti pubblici si<br />

ricava, in definitiva, la chiara indicazione che,<br />

per quanto attiene all’adempimento degli obblighi<br />

di sicurezza e di salute, essi non hanno<br />

vincoli di subordinazione gerarchica e funzionale,<br />

né devono sottostare alla decisione di<br />

altri organi di governo dell’ente; i dirigenti<br />

pubblici, pertanto, non sono equiparabili ai<br />

“dirigenti” del settore privato, ma si caratterizzano<br />

piuttosto ­ e come tali il D.Lgs. n. 626/<br />

1994 li qualifica (rectius, convenzionalmente li<br />

“intende”) ­ come datori di lavoro. Resta fermo<br />

il potere­dovere di controllo sul loro operato,<br />

nell’ambito di un sistema di valutazione<br />

interna, da parte degli organi di vertice di ciascuna<br />

amministrazione (cosiddetta valutazione<br />

della dirigenza), che discende più in generale<br />

dal rapporto di servizio che li lega all’ente.<br />

82 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18


IGIENE E SICUREZZA<br />

LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />

È, dunque, ormai imprescindibile tener conto,<br />

nell’esame dell’assetto funzionale di tutte le<br />

amministrazioni pubbliche, e in particolare, di<br />

quello degli enti locali, della cennata distinzione<br />

tra organi di indirizzo politico, e organi di<br />

gestione finanziaria, tecnica e amministrativa.<br />

Il suddetto nuovo assetto organizzativo e funzionale<br />

degli enti pubblici fa sì che alcuni precedenti<br />

indirizzi giurisprudenziali, attributivi<br />

della responsabilità a titolo esclusivo o concorrente<br />

agli organi di indirizzo politico, siano<br />

divenuti ormai inattuali (si veda, tra le altre,<br />

Cass. pen., sez. III, 13 maggio 1994; Cass. pen.,<br />

sez. III, 4 febbraio 1992; Cass. pen., sez. III, 7<br />

novembre 1995; in particolare Cass. pen., sez.<br />

III, 24 febbraio 1993, secondo cui «In un comune,<br />

specialmente se piccolo, al sindaco compete<br />

dirigere, mentre all’assessore delegato spetta<br />

sovrintendere alle attività svolte dai lavoratori<br />

dipendenti nel cimitero comunale, sicchè<br />

entrambi sono responsabili in concorso tra loro<br />

delle infrazioni alle disposizioni antinfortunistiche<br />

poste a tutela dei lavoratori subordinati:<br />

il sindaco, quale destinatario ex lege dell’obbligo<br />

di prevenzione, può liberarsi dalla relativa<br />

responsabilità solo delegando specificamente<br />

all’assessore competente o ad altro sovrintendente<br />

il compito di osservare l’obbligo a lui<br />

incombente»).<br />

Ciò detto, è indubbio che, a seguito delle riforme<br />

della P.A. conclusesi con l’emanazione del<br />

D.Lgs. n. 267/2000 e del D.Lgs. n. 165/2001, la<br />

responsabilità degli organi di governo delle<br />

amministrazioni pubbliche (e ciò vale, ovviamente,<br />

anche in sede di applicazione della normativa<br />

prevenzionistica e di igiene del lavoro,<br />

e di attribuzione dei correlati profili di responsabilità)<br />

operi con valenza del tutto residuale.<br />

Peraltro, non può non considerarsi che il conferimento<br />

degli incarichi dirigenziali è di esclusiva<br />

competenza degli organi di governo di ciascuna<br />

amministrazione pubblica (art. 19, D.Lgs.<br />

n. 165/2001 e art. 50, D.Lgs. n. 267/2000), così<br />

come lo sono la verifica dei risultati dell’attività<br />

amministrativa e della gestione e, in caso di<br />

negatività dei risultati, l’adozione dei provvedimenti<br />

ablativi della revoca dell’incarico, dell’interdizione<br />

dal conferimento di ulteriori incarichi<br />

di livello dirigenziale, del recesso dal<br />

rapporto di lavoro (art. 21, D.Lgs. n. 165/2001).<br />

Ciò spiega come, già prima del varo della legislazione<br />

di riforma del pubblico impiego e delle<br />

autonomie locali, la Giurisprudenza riteneva<br />

sussistere, in capo agli organi di indirizzo politico<br />

e di governo dell’ente pubblico, una specifica<br />

posizione di garanzia (significativa sul tema<br />

è la pronuncia di Cass. pen., sez. III, 4 febbraio<br />

1992, secondo la quale «Il sindaco, delegando<br />

l’assessore all’uopo designato, gli trasferisce<br />

l’esercizio di poteri­doveri nella materia<br />

delegata e, con essi, anche la responsabilità<br />

per la mancata adozione delle misure di prevenzione<br />

degli infortuni sul lavoro e per le<br />

relative contravvenzioni; tuttavia il sindaco,<br />

quale destinatario delle norme per la prevenzione<br />

degli infortuni sul lavoro ex art. 4 D.P.R.<br />

27 aprile 1955, n. 547, è responsabile delle contravvenzioni<br />

in materia, anche nel caso in cui<br />

abbia delegato l’esercizio dei poteri ad assessore<br />

all’uopo designato, quando sia stato, esso<br />

sindaco, personalmente sollecitato circa i pericoli<br />

che derivano agli interessati dalla mancata<br />

adozione delle misure di prevenzione degli infortuni<br />

sul lavoro e ciò nondimeno abbia<br />

omesso i poteri di autorità delegante ­ di vigilanza,<br />

di direttive, e, al limite, di revoca della<br />

delega nei confronti dell’assessore delegato ­ e<br />

comunque di intervenire per porre rimedio alla<br />

situazione di pericolo lamentata»).<br />

Dopo il varo del D.Lgs. n. 626/1994 e il contestuale<br />

avvio del cosiddetto “nuovo corso” della<br />

sicurezza, la Giurisprudenza della Cassazione si<br />

è pronunciata sul ruolo e sulla responsabilità<br />

degli organi di indirizzo politico in un’importante<br />

pronuncia (Cass. pen., sez. III, 27 marzo<br />

1998), inerente alla vicenda infortunistica di un<br />

dipendente comunale. Muovendo dalla considerazione<br />

che il sindaco (ma lo stesso vale ­<br />

mutatis mutandis ­ per il presidente della Provincia)<br />

è il soggetto responsabile dell’amministrazione<br />

comunale, e in questa veste ha il dovere<br />

di «sovrintendere agli uffici ed alle istituzioni<br />

comunali, e di vigilare, dunque, a che gli<br />

amministratori ed i funzionari sottoposti<br />

adempiano ai compiti ed agli specifici obblighi<br />

istituzionali loro demandati», i Giudici di legittimità<br />

hanno affermato che, sebbene egli non<br />

sia tenuto a controllare personalmente ogni<br />

tipologia di intervento (per esempio, di ordinaria<br />

manutenzione) sul territorio e sugli edifici<br />

in carico gestionale all’ente, tuttavia «allorché<br />

sia informato delle inadempienze dei preposti<br />

alla ripartizione ed al servizio, proprio per la<br />

funzione apicale ricoperta nell’ambito dell’amministrazione<br />

comunale, ha l’obbligo di intervenire<br />

anche con provvedimenti disciplinari», e<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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83


LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

«perfino con il ritiro della delega ove le relative<br />

responsabilità siano imputabili anche all’assessore<br />

di riferimento». Il ragionamento consequenziale<br />

svolto dalla Cassazione è stato che,<br />

qualora il sindaco (come nel caso di specie), pur<br />

edotto della situazione di fatto, relativa alle<br />

«gravi e precarie condizioni igienico­sanitarie<br />

dei locali», ometta di intervenire, rimanendo<br />

totalmente inerte nonostante le plurime sollecitazioni<br />

«a porre rimedio alla grave situazione<br />

di degrado lamentata», egli non è esente da<br />

responsabilità «a titolo di concorso con quella<br />

dei funzionari preposti alle ripartizioni competenti<br />

e degli assessori di riferimento, cui erano<br />

addebitabili le singole violazioni».<br />

Lo spunto di stimolante riflessione indotto dalla<br />

sentenza in esame, è che in capo al sindaco<br />

sussiste un dovere di attivazione e di intervento,<br />

in presenza di situazioni di mala gestio, da<br />

parte dei funzionari preposti alle ripartizioni<br />

competenti, da lui comunque conosciute. In<br />

che modo il sindaco sia tenuto a intervenire<br />

per ovviare alle situazioni antigiuridiche derivanti<br />

da violazioni penalmente rilevanti la Corte<br />

non lo ha detto, salvo il riferimento al possibile<br />

esercizio del potere disciplinare. Vediamo<br />

allora, prendendo il dictum della Cassazione a<br />

paradigma significativo, e riferendolo più in<br />

generale al ruolo degli organi di governo e di<br />

indirizzo politico degli enti pubblici, di fare il<br />

punto della situazione.<br />

In primo luogo è indubbio che il dovere di<br />

attivazione e di intervento degli organi di indirizzo<br />

politico dell’ente investa non solo le situazioni<br />

di illiceità penale conosciute, ma anche<br />

quelle doverosamente conoscibili. Infatti,<br />

la quasi totalità delle contravvenzioni in materia<br />

di prevenzione degli infortuni e di igiene<br />

del lavoro si caratterizza come reati omissivi,<br />

rispetto ai quali il legislatore, proprio al fine di<br />

condizionare positivamente all’azione i soggetti<br />

obbligati, ha connotato il precetto come<br />

“dovere di adempimento”. Se, dunque, sono le<br />

condotte omissive, negligenti di questo dovere<br />

a essere assoggettate a pena, ciò significa, sul<br />

piano comportamentale, che il fondamento<br />

della responsabilità è proprio l’inerzia rispetto<br />

al dovere di attivazione legislativamente imposto.<br />

Ma, trattandosi di responsabilità attribuita<br />

a titolo di colpa, ed essendo il fondamento<br />

della colpa la prevedibilità (non la previsione)<br />

dell’evento del reato, si deve fare riferimento<br />

non alla conoscenza effettiva, bensì alla mera<br />

conoscibilità (intesa quale dovere­potere di conoscere).<br />

In secondo luogo va detto che, in applicazione<br />

dei principi generali in tema di imputazione<br />

della colpa nei reati contravvenzionali omissivi,<br />

l’inerzia colpevole è misurata con il criterio del<br />

“consenso”. In presenza di una condotta omissiva<br />

tenuta di fronte a una situazione conoscibile<br />

e in contrasto con l’imposizione di legge, il<br />

consenso al permanere, al perdurare di questa<br />

situazione si trae per induzione, per inevitabile<br />

logica conseguenza, tanto più considerando<br />

che molte delle violazioni antinfortunistiche e<br />

di igiene del lavoro assumono la struttura di<br />

reati permanenti. Nel caso di specie il sindaco,<br />

«pur edotto da funzionari ed altri dipendenti<br />

delle gravi e precarie condizioni igienico­sanitarie<br />

dei locali della polizia urbana» aveva<br />

omesso di intervenire; così come era «rimasto<br />

totalmente inerte dopo le numerose relazioni<br />

inviategli dagli ispettori della AUSL e perfino<br />

dopo gli incontri con le organizzazioni sindacali<br />

che più volte lo (avevano) sollecitato a porre<br />

rimedio alla grave situazione di degrado<br />

lamentata». La condivisibile conclusione a cui è<br />

giunta la Corte di cassazione, di ipotizzare<br />

«una responsabilità del sindaco a titolo di concorso<br />

con quella dei funzionari preposti alle<br />

ripartizioni competenti e degli assessori di riferimento,<br />

cui erano addebitabili le singole violazioni»,<br />

concerne ovviamente quel particolare<br />

profilo di responsabilità, codificato nell’art. 40,<br />

comma 2, del Codice penale («Non impedire<br />

un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire,<br />

equivale a cagionarlo»), conseguente<br />

all’assunzione di una posizione di “garanzia”<br />

che l’ordinamento assegna a un soggetto per<br />

la tutela del bene o dell’interesse protetto dalla<br />

norma che si assume violata.<br />

Considerando che, negli enti locali, sono gli<br />

organi di governo quelli a cui, nell’esercizio<br />

delle funzioni attribuitegli dalle leggi, dallo<br />

statuto e dai regolamenti, compete la nomina<br />

dei responsabili degli uffici e dei servizi, l’attribuzione<br />

e la definizione degli incarichi dirigenziali<br />

e di quelli di collaborazione esterna, nonché<br />

il potere­dovere di controllo e di verifica<br />

dell’attività di gestione, siffatte prerogative<br />

funzionali appaiono idonee a ingenerare<br />

un’esposizione al profilo della responsabilità<br />

concorrente, riconducibile alla previsione del<br />

secondo comma dell’art. 40 del Codice penale.<br />

In fondo non si tratta che di trasporre alcuni di<br />

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20 settembre 2005 ­ N. 18


IGIENE E SICUREZZA<br />

LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />

quei principi che presiedono all’istituto della<br />

delega e che ne costituiscono, anzi, secondo<br />

l’insegnamento Giurisprudenziale, requisiti essenziali.<br />

Tra questi quello per il quale il delegante<br />

non deve essere a conoscenza dell’inefficienza<br />

del delegato ed è, altresì, tenuto a predisporre<br />

un sistema di controllo e di verifica<br />

periodica della sua attività. Tanto della prima<br />

condizione (principio di “non connivenza” o di<br />

“non acquiescenza”), quanto della seconda<br />

(principio dell’assenza di “culpa in vigilando”)<br />

è stata data chiara indicazione da parte della<br />

Giurisprudenza.<br />

Il dato di sintesi è, dunque, che, nel settore<br />

della normativa di prevenzione degli infortuni<br />

e di igiene del lavoro, il profilo di responsabilità<br />

degli organi di indirizzo politico degli enti<br />

pubblici, quali figure apicali di ciascuna amministrazione<br />

pubblica, può essere fondato, indipendentemente<br />

dall’esistenza di una delega,<br />

nella condotta di mancato assolvimento di<br />

quel potere­dovere di controllo che li obbliga,<br />

di fronte alle situazioni antigiuridiche doverosamente<br />

conoscibili, a intervenire per porvi<br />

tempestivo rimedio. Il contenuto della censura<br />

mosso dalla Cassazione al sindaco nella vicenda<br />

infortunistica de qua (di non essere intervenuto<br />

«anche con provvedimenti disciplinari»)<br />

sembra poi escludere che si tratti di un dovere<br />

di controllo sostitutivo; come dire che non<br />

spetta in ogni caso all’organo di governo (qual<br />

è, per esempio, il sindaco o il presidente della<br />

Provincia) di sostituirsi personalmente al dirigente<br />

o al funzionario pubblico inadempiente;<br />

dovendosi invece ­ più efficacemente ­ richiamarlo<br />

ai propri doveri (anche attraverso<br />

l’esercizio del potere disciplinare), ovvero<br />

provvedere alla sua rimozione dall’incarico<br />

(con altra destinazione funzionale) e alla sua<br />

sostituzione.<br />

Questa posizione di “garanzia” e di “controllo”<br />

trova ora esplicito riconoscimento e amplificazione<br />

nell’art. 20, comma 2, D.Lgs. n. 758/<br />

1994. Questa norma, con lo stabilire, nell’ambito<br />

del meccanismo sanzionatorio applicabile<br />

alle contravvenzioni alla normativa di prevenzione<br />

degli infortuni e di igiene del lavoro, che<br />

«Copia della prescrizione è notificata o comunicata<br />

anche al rappresentante legale dell’ente<br />

nell’ambito o al servizio del quale opera il contravventore»,<br />

ha infatti la finalità di «mettere<br />

in mora» il vertice dell’ente, affinché si attivi<br />

tempestivamente per porre rimedio alla violazione<br />

commessa dai suoi delegati, a fini di regolarizzazione.<br />

Per di più, con il meccanismo<br />

della notifica del verbale di prescrizione, la situazione<br />

antigiuridica non è più solo conoscibile<br />

ma addirittura conosciuta; in modo che,<br />

se, ciò nonostante, nulla si faccia per rimuoverla,<br />

la condotta omissiva potrebbe essere addirittura<br />

valutata sotto il profilo della cosiddetta<br />

“colpa cosciente”, la quale si caratterizza, come<br />

già detto, per l’avere il reo «agito nonostante<br />

la previsione dell’evento».<br />

La notifica al rappresentante legale ha, dunque,<br />

il senso di renderlo, se non partecipe, almeno<br />

garante funzionale dell’attuazione degli<br />

adempimenti imposti dalla “prescrizione” impartita<br />

dall’organo di vigilanza e ciò in ragione<br />

dei suoi specifici poteri decisionali, anche di<br />

ordine economico, all’interno dell’impresa.<br />

Dunque se il legale rappresentante dell’ente<br />

pubblico dovesse rimanere colposamente inerte<br />

e non intervenire (al più tardi allo scadere<br />

del termine fissato dall’organo di vigilanza) a<br />

controllare l’adempimento della prescrizione<br />

da parte del dirigente/funzionario contravventore,<br />

nonché a sostituirvisi in caso di sua inerzia,<br />

non potrà non assumere anch’egli la responsabilità<br />

del protrarsi della situazione antigiuridica<br />

e anche delle eventuali conseguenze<br />

lesive che, in caso di infortunio sul lavoro o di<br />

malattia professionale, si possano verificare,<br />

determinando in questo modo il sorgere a suo<br />

carico di un profilo autonomo di colpa per<br />

omesso impedimento dell’evento dannoso (ex<br />

art. 40, c.p.v., c.p.).<br />

Nel tempo la Giurisprudenza ha confermato<br />

l’impostazione che fa leva sul ruolo di garanzia<br />

degli organi di indirizzo politico. Tra le pronunce<br />

più significative, per lo più attinenti a<br />

vicende giudiziarie in cui veniva in gioco il profilo<br />

di responsabilità degli organi comunali,<br />

possiamo citare quella di Cass. pen., sez. III, 23<br />

febbraio 1999, secondo cui «In tema di norme<br />

per la prevenzione dagli infortuni non si può<br />

ascrivere al sindaco, anche se di un comune di<br />

modeste dimensioni, quale organo politico,<br />

ogni violazione di specifiche norme antinfortunistiche,<br />

quando esse non si riferiscono a carenze<br />

strutturali, addebitabili ai vertici dell’ente,<br />

e quando esista un apposito ufficio tecnico,<br />

con relativo dirigente ad esso preposto, deputato<br />

ex lege alla vigilanza e controllo del patrimonio<br />

immobiliare del comune. Sussisterà responsabilità<br />

per il sindaco solo se risulti che<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

questi fosse a conoscenza della situazione antigiuridica,<br />

e ciò nondimeno abbia omesso di<br />

intervenire, con i suoi autonomi poteri, per<br />

porvi rimedio», e quella di Cass. pen., sez. III,<br />

28 luglio 2000, per la quale «In materia di prevenzione<br />

infortuni ed igiene sul lavoro nell’ambito<br />

di un ente pubblico territoriale, quale<br />

un Comune, attesa la posizione di garanzia del<br />

Sindaco ­ e degli assessori ­ la delega di funzioni<br />

in favore di altri soggetti, quale il dirigente<br />

o il funzionario preposto, assume valore, al<br />

fine di escludere la responsabilità in capo ai<br />

deleganti, solo ove gli organi elettivi siano incolpevolmente<br />

estranei alle inadempienze del<br />

delegato, e non siano neppure stati informati<br />

di tali inadempienze, così da escludere un atteggiamento<br />

di inerzia e di colpevole tolleranza».<br />

Più recentemente la Corte di cassazione è<br />

intervenuta nuovamente sul tema (Cass. pen.,<br />

sez. III, 15 gennaio 2001), affermando che «In<br />

tema di norme per la prevenzione dagli infortuni,<br />

non si può ascrivere al dirigente ogni violazione<br />

di specifiche norme antinfortunistiche<br />

atteso che, sebbene l’art. 2, lett. b), seconda<br />

parte, D.Lgs. n. 626/l 1994, individua la nozione<br />

di datore di lavoro pubblico nel dirigente al<br />

quale spettano i poteri di gestione, l’art. 4,<br />

comma 12, D.Lgs. citato ribadisce il principio<br />

fondamentale in materia di delega di funzioni<br />

secondo cui, attesa la posizione di garanzia<br />

assunta dal Sindaco e dagli assessori in materia<br />

di prevenzione, la delega in favore del dirigente<br />

assume valore solo ove gli organi elettivi e<br />

politici siano incolpevolmente estranei alle inadempienze<br />

del delegato e non siano stati informati,<br />

assumendo un atteggiamento di inerzia<br />

e di colpevole tolleranza. (Nella specie la<br />

Corte ha ritenuto corretta la decisione dei giudici<br />

di merito i quali avevano affermato, oltre<br />

quella del dirigente che non si era avvalso dei<br />

dipendenti comunali per effettuare le opere<br />

minimali necessarie, anche la responsabilità<br />

penale del Sindaco il quale, messo a conoscenza<br />

delle violazioni esistenti e delle misure da<br />

adottare, non aveva provveduto a richiedere le<br />

necessarie variazioni in bilancio per una partita<br />

relativa a poche opere provvisionali e neppure<br />

azionato i poteri di impegnativa di spese del<br />

cd. fondo di riserva)». Risultano conformi le<br />

pronunce di Cass. pen., sez. III, 7 agosto 2001,<br />

di Cass. pen., sez. III, 20 febbraio 2002, e di<br />

Cass. pen., sez. III, 9 gennaio 2003.<br />

Oltre a condotte di colpevole inerzia rispetto a<br />

situazioni antigiuridiche conosciute o conoscibili,<br />

la responsabilità degli organi di governo<br />

degli enti pubblici può trovare giuridico fondamento<br />

in condotte di ingerenza nelle aree<br />

esposte alla sanzione penale. L’ingerenza quale<br />

meccanismo di autoassunzione di responsabilità<br />

è un fenomeno noto nel campo della responsabilità<br />

colposa, giacché uno dei requisiti di efficacia<br />

della delega di funzioni è proprio il divieto<br />

di ingerenza (o dovere di astensione) del<br />

delegante nell’attività oggetto di delega. Ma vi<br />

sono anche condotte di autonoma ingerenza<br />

che prescindono pur essendo svincolate dallo<br />

schema della delega, producendo anch’esse il<br />

“fenomeno” giuridicamente rilevante della responsabilità<br />

cosiddetta “per assunzione”.<br />

In linea generale, l’area della responsabilità per<br />

assunzione è conseguente a una condotta di<br />

volontaria e consapevole ingerenza in un’area<br />

funzionale esposta al profilo della responsabilità<br />

penale, e può comportare, con riguardo al<br />

tema trattato in questa sede, il sorgere di responsabilità<br />

in capo all’organo di indirizzo politico<br />

dell’ente pubblico, ogniqualvolta egli assuma<br />

atti di contenuto tecnico gestionale.<br />

Sebbene la responsabilità “per assunzione”<br />

debba essere valutata con estremo rigore fattuale<br />

(si veda, per tutte, la pronuncia di Cass.<br />

pen., sez. IV, 24 giugno 2000), nondimeno, nel<br />

diritto penale del lavoro applicato agli enti pubblici,<br />

l’ingerenza dell’organo di indirizzo politico<br />

è tendenzialmente un fattore per l’imputazione<br />

al medesimo della responsabilità penale.<br />

È così che si può conclusivamente affermare<br />

che l’esame dell’assetto gestionale delle amministrazioni<br />

pubbliche, con particolare riferimento<br />

agli enti locali, induce alla doverosa<br />

“presa d’atto” che la separazione tra potere<br />

politico e potere gestionale, con l’attribuzione<br />

ai dirigenti pubblici di tutti i compiti di attuazione<br />

degli obiettivi e dei programmi definiti<br />

con gli atti adottati dagli organi di governo e<br />

di indirizzo politico, è stata ormai portata a<br />

compimento ed è divenuta principio informatore<br />

di tutta l’organizzazione e l’azione delle<br />

amministrazioni pubbliche, al fine di consentire<br />

a tutti gli enti, indipendentemente dalle dimensioni,<br />

di «gestire in modo flessibile» ­ come<br />

afferma la circolare del Ministero dell’Interno<br />

n. 1/1997 ­ «in relazione alle proprie peculiarità<br />

e caratteristiche, il modello organizzatorio di<br />

cui hanno deciso di dotarsi».<br />

l<br />

86 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18


IGIENE E SICUREZZA<br />

GIURISPRUDENZA<br />

Massime<br />

RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA<br />

a cura di Alessandro Jazzetti, avvocato<br />

MOBBING: L’INDENNIZZO NON È AUTOMATICO<br />

TAR Lazio,<br />

4 luglio 2005, n. 5454,<br />

Pres. Corsaro, Rel. Russo<br />

Malattie professionali - Elenco - Mobbing<br />

Ai sensi dell’art. 139 del D.P.R. n. 1124/1965, è<br />

obbligatoria per ogni medico, che ne riconosca<br />

l’esistenza, la denuncia delle malattie professionali,<br />

come indicate nell’elenco approvato<br />

con decreto del Ministro del Lavoro e delle<br />

Politiche sociali, di concerto con il Ministro<br />

della Salute. Ora, in virtù dell’art. 10, comma<br />

3, del D.Lgs. n. 38/2000, l’elenco ex art. 139<br />

può contenere anche liste di malattie di probabile<br />

o di possibile origine lavorativa, da tenere<br />

sotto osservazione ai fini della revisione<br />

delle tabelle di cui agli artt. 3 e 211 dello<br />

stesso D.P.R. n. 1124/1965. La lista II) del D.M.<br />

27 aprile 2004, emanato in forza dell’art. 10<br />

del D.Lgs. n. 38/2000, indica le malattie psichiche<br />

o psicosomatiche da costrittività organizzativa<br />

tra quelle a limitata probabilità d’origine<br />

lavorativa. Ebbene, è di tutta evidenza che<br />

detto D.M. non solo non legittima a posteriori<br />

la circ. INAIL n. 71/2003 ­ giacché esso riguarda<br />

solo i casi ex art. 139 del D.P.R. 1124/1965 e<br />

non consente certo l’indennizzo automatico<br />

per i casi di mobbing contemplati, né tampoco<br />

in via generale ­ ma soprattutto non ha altra<br />

funzione che quella della raccolta del dato<br />

epidemiologico, per verificare l’eventuale modificazione<br />

o integrazione di tali tabelle.<br />

Nota<br />

In relazione al sistema delle malattie professionali,<br />

si veda Cass. 10 dicembre 2001, n. 15591,<br />

secondo cui, a seguito della sentenza n. 179/<br />

1988 della Corte Costituzionale, si è instaurato<br />

un sistema di tutela delle malattie professionali<br />

di natura mista, uno tabellare e a rischio<br />

specifico, che prevede la tutela per determinate<br />

lavorazioni e per determinate malattie indicate<br />

nelle tabelle annesse al D.P.R. n. 1124/<br />

1965, in relazione alle quali il lavoratore si giova<br />

della presunzione legale del nesso eziologico<br />

tra l’attività lavorativa svolta e l’agente patogeno<br />

a cui egli è stato esposto; un altro non<br />

tabellare e a rischio generico, il quale consente<br />

e richiede al lavoratore di fornire la prova sia<br />

della esistenza della malattia sia delle caratteristiche<br />

morbigene della lavorazione svolta,<br />

sia, infine, del nesso eziologico tra questa e la<br />

tecnopatia.<br />

Il merito<br />

OBBLIGO DI INFORMAZIONE DEL LAVORATORE<br />

SOLO PER I RISCHI A CUI RISULTA ESPOSTO<br />

Tribunale di Bologna, 15 febbraio 2005, n.<br />

2853, Giudice Agrimi<br />

<strong>Sicurezza</strong> sul lavoro - Obbligo di informazione<br />

e formazione - Natura<br />

L’onere di formazione ed informazione da parte<br />

del datore di lavoro non può essere generico,<br />

ma deve esplicarsi in modo preciso e dettagliato<br />

in riferimento non solo al rischio ma anche<br />

alle specifiche misure e cautele alle quali<br />

conformare l’attività di lavoro così da coinvolgere<br />

gli stessi lavoratori nell’opera di prevenzione.<br />

Tale obbligo sussiste poi indipendentemente<br />

dall’esperienza specifica dei lavoratori e<br />

non può essere in nessun caso trasferito sugli<br />

stessi prestatori d’opera subordinati, beneficiari<br />

della tutela.<br />

Nota<br />

Si veda, in tema di obbligo di informazione, Corte<br />

di Cassazione, 19 gennaio 2005, n. 1238, Pres.<br />

Marzano, Rel. Brusco, secondo la quale il dovere<br />

di informazione concerne solo i rischi a cui è<br />

esposto il lavoratore nell’ambito delle sue specifiche<br />

mansioni (sia pure con riferimento alle<br />

operazioni a lui non direttamente affidate ma<br />

che comunque in qualche modo interessino la<br />

sfera di quelle), con esclusione, quindi, di ogni<br />

altro settore che comunque rimanga estraneo al<br />

campo di azione nel quale si esplicano le mansioni<br />

di sua specifica competenza.<br />

l<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

87


v a l u t a r e e g e s t i r e l ’ a m b i e n t e<br />

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GRE5


AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />

RIFIUTI<br />

Documento<br />

Istituito un comitato paritetico sulle questioni legate all’interpretazione e all’applicazione<br />

Su controlli, qualità e comunicazione<br />

un Accordo tra Unionmaceri e Comieco<br />

a cura di Corrado Scapino, Presidente Unire ­ Unione imprese recupero<br />

Il 27 maggio 2005 è stato siglato tra Comieco (Consorzio nazionale per il recupero ed il riciclaggio degli<br />

imballaggi cellulosici) e Unionmaceri (l’associazione dei recuperatori del macero aderente a FISE Unire ­ Unione<br />

imprese recupero) un accordo per la valorizzazione del macero conferito alle piattaforme di recupero e avviato a<br />

riciclaggio presso le cartiere.<br />

Il nuovo testo (precedentemente ne era stato concluso un altro, con lo stesso oggetto, scaduto a febbraio 2001)<br />

ha l’obiettivo di definire un quadro di riferimento per gli operatori del recupero in relazione alle operazioni di<br />

accettazione e avvio a riciclaggio dei rifiuti di imballaggio a base cellulosica e della carta da macero nell’ambito<br />

dell’Accordo quadro Anci­Conai, sottoscritto il 14 dicembre 2004. I contenuti dell’Accordo, entrato in vigore il 1°<br />

giugno 2005, saranno proposti a tutti gli operatori del recupero del macero e riguardano sia le caratteristiche<br />

tecniche delle piattaforme sia l’adeguamento del corrispettivo per i servizi svolti sia altri aspetti come comunicazione<br />

dei dati, audit, ispezioni, certificazione di qualità, controllo dei ricevimenti da parte della piattaforma e<br />

gestione dei materiali estranei.<br />

Punto qualificante e innovativo è la previsione di un meccanismo ulteriore per garantire l’avvio a riciclo, ovvero la<br />

cessione graduale di quote del materiale alle piattaforme da parte delle cartiere. Ciò rappresenta un importante<br />

strumento per l’apertura del mercato; in questo modo, pur mantenendosi all’interno del sistema esistente<br />

regolato dall’Accordo quadro, il documento del 27 maggio 2005 “liberalizza” parte del materiale raccolto dal<br />

Comune nell’ambito della convenzione. Va detto che comunque, sempre in base al citato Accordo quadro, i<br />

Comuni sono liberi di trattenere le f.m.s. (carta grafica) del macero raccolto e di metterle sul mercato al di fuori<br />

della convenzione; a questo fine, le amministrazioni comunali dovranno scegliere in via definitiva entro il 30<br />

settembre 2005 l’opzione di convenzionamento con Comieco tra le due previste, ovvero:<br />

­ l’avvio a riciclaggio dei soli rifiuti di imballaggio provenienti da raccolta selettiva e da raccolta congiunta (previa<br />

separazione della carta grafica);<br />

­ l’avvio a riciclaggio della raccolta congiunta (imballaggi + carta grafica) e della raccolta selettiva, ove attivata.<br />

L’Accordo Comieco­Unionmaceri resterà in vigore fino alla scadenza dell’Accordo quadro; le parti hanno istituito<br />

un comitato paritetico per le questioni connesse alla sua interpretazione e applicazione.<br />

Accordo Unionmaceri-Comieco 27 maggio 2005<br />

Premesso che<br />

A) Il presente Accordo vuole rappresentare un elemento di<br />

continuità rispetto all’intesa precedente, sottoscritta tra le parti, in<br />

data 2 Febbraio 1999, alla luce delle novità tecnico-economiche<br />

introdotte dal rinnovato Accordo Quadro ANCI-CONAI e al relativo<br />

Allegato Tecnico ANCI-Comieco.<br />

B) Il presente Accordo ha l’obiettivo di definire un quadro di<br />

riferimento per gli operatori del recupero in relazione alle operazioni<br />

di accettazione e avvio al riciclaggio dei rifiuti di imballaggio a<br />

base cellulosica e della carta da macero, nell’ambito del suddetto<br />

Allegato Tecnico.<br />

C) La legislazione vigente prevede la garanzia del riciclo e del<br />

recupero degli imballaggi da parte dei produttori secondo criteri di<br />

efficacia, efficienza e economicità, oltre a specifici obiettivi di<br />

raccolta differenziata per i Comuni e la consistente diminuzione dei<br />

rifiuti biodegradabili smaltiti in discarica.<br />

D) In considerazione del costante incremento quantitativo delle<br />

raccolte di carta da macero, sia attuale che potenziale, si pone la<br />

necessità di ricercare nuove possibilità e opportunità di utilizzi<br />

industriali, tali da assorbire la suddetta crescita.<br />

E) In considerazione del fatto che raccolta e utilizzo industriale<br />

hanno dinamiche diverse, tali da suggerire un miglior utilizzo delle<br />

capacità logistiche esistenti sul territorio, le parti ritengono opportuno<br />

ricercare adeguate forme di collaborazione, per quanto di rispettiva<br />

competenza e nel rispetto delle specifiche professionalità.<br />

Le premesse sono parti integranti del presente<br />

Accordo<br />

1) Articolazione territoriale<br />

In sede di stipula della Convenzione Locale Comieco concorda<br />

con il convenzionato le piattaforme presso le quali conferire il<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

91


RIFIUTI<br />

Documento<br />

AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />

ateriale raccolto, secondo quanto previsto dall’Allegato Tecnico<br />

nci-Comieco.<br />

Nell’indicare le piattaforme, Comieco tiene conto delle indicaioni<br />

fornite dalle cartiere responsabili del riciclo del materiale<br />

accolto, fermo restando che la scelta delle piattaforme deve essere<br />

oncordata con il convenzionato.<br />

Il rapporto fra cartiera e piattaforma è regolato da appositi<br />

ccordi posti in essere fra costoro, anche in deroga a quanto previto<br />

nel presente Accordo.<br />

Le Piattaforme individuate sono indicate nella convenzione loale<br />

e l’individuazione si estende per tutta la durata della Convenione<br />

salvo richiesta di modifica e/o di inserimento di nuove Piattaorme,<br />

adeguatamente motivate.<br />

Ai sensi di quanto previsto dall’Allegato Tecnico Anci-Comieo,<br />

la piattaforma sottoscrive l’addendum della convenzione locale<br />

oncernente la gestione delle frazioni estranee.<br />

2) Caratteristiche delle piattaforme<br />

Al fine di favorire la crescita industriale del settore, sia sotto il<br />

rofilo qualitativo sia sotto quello quantitativo, si definiscono le<br />

aratteristiche minime per l’individuazione della piattaforma.<br />

Potranno essere previste deroghe a tali caratteristiche in contesti<br />

articolari e sotto il profilo logistico, fermo restando la necessità di<br />

ssicurare l’avvio a riciclo della raccolta.<br />

Si individuano 2 diversi livelli di piattaforma:<br />

- Livello 1) piattaforme senza impianto di selezione.<br />

- Livello 2) piattaforme con impianto di selezione.<br />

I bacini di riferimento per singola piattaforma vengono indiviuati<br />

secondo i seguenti parametri:<br />

- Piattaforma livello 1): fino a 300.000 abitanti la piattaforma<br />

ovrà avere una capacità di selezione di almeno 10.000 ton/anno;<br />

- Piattaforma livello 2): superiore a 300.000 abitanti la piattafora<br />

dovrà avere una capacità di selezione di almeno 20.000 ton/ano.<br />

Il possesso da parte della piattaforma di certificazione ai sensi<br />

elle norme ISO 9000, ISO 14000, EMAS costituisce titolo prefeenziale<br />

nella individuazione della piattaforma. Entro l’anno 2008<br />

utte le piattaforme aderenti ad Unionmaceri dovranno essere in<br />

ossesso di detta certificazione.<br />

Le parti concordano di studiare forme di incentivazione (ad<br />

sempio per mezzo di flussi di materiale) per le piattaforme che<br />

imostrino di effettuare investimenti nei seguenti settori: impiantistia<br />

ed automatizzazione dei processi di selezione e di cernita; gestioe<br />

in qualità; informatizzazione e gestione dei dati.<br />

3) Dati audit ed ispezioni<br />

Con cadenza almeno mensile le piattaforme provvederanno a<br />

ornire a Comieco e alle cartiere i dati relativi alle operazioni di cui<br />

i punti successivi; le procedure di comunicazione dei dati verranno<br />

oncordate nei contratti fra cartiera e piattaforma. La reiterata inoservanza,<br />

totale o parziale, di quanto precede può comportare l’inerruzione<br />

del rapporto con la cartiera.<br />

La piattaforma garantisce a Comieco e alle cartiere l’effettuaione<br />

delle verifiche qualitative, audit ed ispezioni necessarie nonhé<br />

il supporto operativo secondo le modalità definite a livello<br />

ocale.<br />

4) Servizio di selezione<br />

In funzione di quanto espresso al punto C) delle Premesse al<br />

resente Accordo, le Parti concordano sulla opportunità di effettuae<br />

operazioni di selezione e valorizzazione dei materiali raccolti, al<br />

ine di ottenere prodotti di qualità più facilmente utilizzabili dall’inustria<br />

cartaria.<br />

I servizi prestati dagli operatori del recupero convenzionati<br />

riguardano i seguenti elementi operativi:<br />

ð Ricevimento e controllo delle specifiche in ingresso<br />

ð Respinta dei conferimenti con frazioni estranee superiori ai<br />

limiti indicati dall’Allegato tecnico Anci-Comieco………<br />

ð Pesatura<br />

ð Tenuta delle evidenze contabili<br />

ð Selezione ai sensi della norma UNI EN 643<br />

ð Pressatura in balle e imballaggio<br />

ð Caricamento su automezzo<br />

ð Avvio al riciclaggio per la quota valorizzata<br />

Eventuali servizi non ricompresi dal seguente accordo, saranno<br />

disciplinati direttamente tra piattaforma e cartiera.<br />

Fermo restando la garanzia di riciclo da parte delle cartiere, le<br />

piattaforme si impegnano a ricevere dalle cartiere quantitativi di<br />

materiale non inferiori al 20% del quantitativo totale che tali cartiere<br />

ricevono nell’ambito delle Convenzioni Locali stipulate da Comieco.<br />

Unitamente alla cessione del materiale, le cartiere trasferiranno<br />

alle piattaforme gli oneri derivanti dall’attuazione dell’Allegato<br />

Tecnico Anci-Comieco e dal contratto di mandato con Comieco,<br />

nonché gli eventuali costi di gestione da esse sostenuti in<br />

relazione al materiale (ad esempio servizi resi da terzi, trasporto,<br />

oneri ulteriori conseguenti dall’attuazione dell’Accordo e dall’Allegato<br />

Tecnico).<br />

Le piattaforme si impegnano a raggiungere l’indicata percentuale<br />

del 20% in maniera graduale, secondo la seguente progressione:<br />

- 10% nel primo anno di vigenza del presente Accordo;<br />

- 15% nel secondo anno di vigenza del presente Accordo;<br />

- 20% nel terzo anno di vigenza del presente Accordo.<br />

Al fine della garanzia del riciclo, Comieco effettua un monitoraggio<br />

delle modalità di avvio a riciclo e delle quantità cedute dalle<br />

cartiere. A tal fine, le piattaforme forniscono alle cartiere documentazione<br />

idonea a comprovare l’avvio a riciclo. Cartiera e piattaforma<br />

provvederanno altresì a disciplinare le modalità e condizioni per garantire<br />

l’avvio al riciclo del materiale, anche in ragione delle esigenze di<br />

certificazione dei dati riguardanti Comieco.<br />

5) Corrispettivi<br />

In relazione ai corrispettivi per i servizi di selezione prestati<br />

dalla piattaforma, Comieco ed Unionmaceri individuano nel 5%<br />

la misura ottimale di aggiornamento delle condizioni del precedente<br />

Accordo del 1999 come modificate nel 2000.<br />

In assenza di specifici accordi fra cartiera e piattaforma, il<br />

termine di pagamento dei corrispettivi per i servizi resi dalla piattaforma<br />

è pari a 45 giorni d.f.f.m. In caso di immotivata inosservanza<br />

di tale termine da parte della cartiera, è in facoltà di Comieco -<br />

su segnalazione della piattaforma - sostituire la cartiera nella Convenzione<br />

Locale.<br />

6) Presenza di imballaggi<br />

Le parti si danno reciprocamente atto che, in base a quanto<br />

previsto nell’Allegato Tecnico ANCI-Comieco la presenza di imballaggi<br />

nel materiale proveniente dalla raccolta differenziata è convenzionalmente<br />

definita secondo le seguenti percentuali:<br />

A) Materiale proveniente da raccolta differenziata congiunta di<br />

imballaggi cellulosici e frazioni merceologiche similari:<br />

- il 22% del materiale conferito per l’anno 2004;<br />

- il 23% del materiale conferito per l’anno 2005;<br />

- il 24% del materiale conferito per l’anno 2006;<br />

- il 25% del materiale conferito per gli anni 2007 e 2008.<br />

B) Materiale proveniente da raccolta differenziata selettiva dei<br />

soli imballaggi cellulosici: 100% del Materiale conferito.<br />

92 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18


AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />

RIFIUTI<br />

Documento<br />

Le tipologie di raccolta differenziata sono quelle definite all’art.<br />

dell’Allegato Tecnico Anci-Comieco.<br />

7) Controllo dei ricevimenti e gestione dei materiali estranei<br />

In conformità a quanto previsto nell’Allegato Tecnico Anci-Coieco,<br />

all’atto del conferimento del materiale da parte del convenionato<br />

la Piattaforma valuta la congruità e rispondenza di quanto<br />

onferito rispetto alla tipologia di raccolta ed alle risultanze del<br />

ocumento di trasporto. Nel caso in cui accerti difformità, la Piattaorma<br />

potrà effettuare le rettifiche del caso con riferimento alla<br />

ipologia di raccolta riscontrata e al peso in presenza di umidità ><br />

0%, e potrà altresì respingere integralmente il conferimento in<br />

aso di frazioni estranee superiori ai limiti previsti nell’Allegato<br />

ecnico ANCI-Comieco.La piattaforma si impegna a informare e<br />

oinvolgere tempestivamente il convenzionato delle difformità ricontrate.<br />

Ai fini della gestione delle frazioni estranee superiori ai limiti<br />

revisti nell’Allegato Tecnico Anci-Comieco, nell’ambito della<br />

onvenzione locale viene definito un addendum, sottoscritto anche<br />

alla cartiera destinataria e dalla piattaforma, indicante la modalità<br />

dottata dal convenzionato per la gestione delle frazioni estranee.<br />

8) Qualità<br />

Le parti si impegnano alla definizione di un documento tecnico<br />

unico per la gestione dei controlli qualità (scarti e umidità) al fine<br />

di conseguire un effettivo miglioramento qualitativo dell’intero<br />

sistema.<br />

9) Applicazione ed estensione dell’Accordo<br />

I contenuti del presente Accordo verranno proposti a tutti gli<br />

operatori del recupero.<br />

L’elenco degli operatori aderenti al presente Accordo verrà reso<br />

pubblico da ciascuna delle parti nei modi più opportuno (ad esempio,<br />

attraverso il proprio sito web).<br />

10) Durata<br />

Il presente Accordo decorre dal 1 giugno 2005 e resta in vigore<br />

fino a quando resta in vigore l’Accordo Quadro ANCI-CONAI<br />

sottoscritto il 14 dicembre 2004.<br />

11) Comitato di verifica<br />

Le parti concordano di costituire un comitato paritetico al quale<br />

sottoporre le questioni operative concernenti l’interpretazione, l’attuazione<br />

e l’esecuzione del presente Accordo. Detto comitato si<br />

riunirà con periodicità almeno semestrale.<br />

l<br />

AREA<br />

SPECIFICHE TECNICHE (salvo deroghe locali)<br />

SUPERFICIE AREA<br />

PAVIMENTATA<br />

RECINTATA<br />

COPERTURA<br />

IMPIANTI IN DOTAZIONE<br />

PRESSA IDRAULICA IMBALLATRICE<br />

TRITURATURE<br />

3000 mq<br />

1000 mq<br />

SI<br />

1000 mq<br />

DENSITÀ MIN (KG/MC) 500<br />

NASTRO DI ALIMENTAZIONE<br />

LUNGHEZZA BALLE > 2,20<br />

ATTREZZATURE PER LA MOVIMENTAZIONE<br />

CARICATORE SEMOVENTE IDRAULICO (RAGNO)<br />

CARRELLO ELEVATORE (MULETTO)**<br />

MOTRICE CON IMPIANTO SCARRABILE PER MOVIMENTAZIONE CONTAINERS<br />

ALTRE ATTREZZATURE<br />

IMPIANTO DI PESATURA<br />

CONTAINERS PER STOCCAGGIO<br />

INFRASTRUTTURE PER IL PERSONALE A NORMA DI LEGGE<br />

ALTRE CARATTERISTICHE<br />

ELABORAZIONE E INVIO DATI TRAMITE SUPPORTO INFORMATICO<br />

POSSESSO COMUNICAZIONE/AUTORIZZAZIONE<br />

RICEVIMENTO ALTRE TIPOLOGIE DI RIFIUTI DI IMBALLAGGIO (PLURIMATERIALE)<br />

SPECIFICHE DI RICEVIMENTO<br />

CODICI RICEVIMENTO MATERIALI<br />

SI<br />

SI<br />

SI<br />

Preferibile<br />

SI<br />

SI<br />

SI<br />

SI<br />

SI<br />

SI<br />

SI<br />

SI<br />

SI<br />

Preferibile<br />

20.01.01<br />

15.01.01<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

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AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />

LEGISLAZIONE<br />

In breve<br />

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE<br />

a cura di Marco Fabrizio, avvocato in Roma<br />

ITALIA<br />

ACQUE DI VEGETAZIONE<br />

E SCARICHI DI FRANTOI OLEARI<br />

Decreto del Ministero delle Politiche<br />

agricole e forestali 6 luglio 2005<br />

«Criteri e norme tecniche generali per la disciplina<br />

regionale dell’utilizzazione agronomica<br />

delle acque di vegetazione e degli scarichi dei frantoi<br />

oleari, di cui all’articolo 38 del decreto legislativo<br />

11 maggio 1999, n. 152». (G.U. del 19 luglio 2005, n.<br />

166)<br />

Il decreto reca l’attesa normativa nazionale recante<br />

criteri uniformi a livello nazionale per l’utilizzazione<br />

agronomica delle acque di vegetazione e delle<br />

sanse umide dei frantoi oleari, ai sensi e per gli<br />

effetti dell’art. 38, D.Lgs. n. 152/1999 e successive<br />

modifiche. Rilevano, innanzitutto, alcuni principi<br />

generali di fondamentale importanza quali l’obbligo<br />

di praticare lo spandimento delle acque di vegetazione<br />

e delle sanse umide nel rispetto dei criteri<br />

generali di utilizzazione delle sostanze nutritive e<br />

ammendanti e dell’acqua in esse contenute in modo<br />

da tener conto delle caratteristiche geomorfologiche,<br />

idrogeologiche e ambientali del sito, nonché<br />

nel rispetto delle norme igienico­sanitarie, di<br />

tutela ambientale e urbanistiche (art. 1, comma 2).<br />

L’altra precisazione di estrema importanza (ancor<br />

più importante alla luce di contraddittorie pronunce<br />

giurisprudenziali in materia e di altrettanto diversificate<br />

interpretazioni da parte degli organi di<br />

controllo regionali) è che l’utilizzazione agronomica<br />

delle acque di vegetazione e delle sanse umide<br />

già disciplinata dalla legge n. 574/1996 è esclusa dal<br />

campo di applicazione del cosiddetto “Decreto<br />

Ronchi”, in forza, ribadisce l’attuale regolamento,<br />

dello stesso art. 8, comma 1, D.Lgs. n. 22/1997 medesimo<br />

(art. 1, comma 3, D.M. 6 luglio 2005).<br />

In ossequio ai principi contenuti nell’art. 38, D.Lgs.<br />

n. 152/1999, l’attuale decreto fissa le modalità e il<br />

contenuto della comunicazione preventiva che<br />

l’interessato doveva effettuare già ai sensi dell’art.<br />

3, legge n. 574/1996, inviandola al sindaco del<br />

comune nel quale risulta localizzato il terreno in<br />

questione, con un contenuto differenziato a seconda<br />

che si tratti del primo spandimento o di<br />

quelli successivi (Allegato I). La nuova disciplina<br />

fissa, inoltre, un elenco di casi nei quali risulta<br />

vietato, in via generale, lo spandimento (dalla localizzazione<br />

dei terreni in prossimità di corsi d’acqua<br />

a pendenze superiori al 15%, fino a particolari<br />

tipologie di terreni quali boschi, giardini o cave)<br />

e determina in dettaglio le modalità di stoccaggio<br />

e trasporto delle acque di vegetazione o delle<br />

sanse umide (tipologia dei contenitori, adempimenti<br />

documentali ecc.). Sono previste, in chiusura,<br />

una serie di relazioni periodiche a carico delle<br />

amministrazioni interessate, volte a tracciare una<br />

mappa di questa pratica agricola (art. 7) e una<br />

norma in materia di sanzioni irrogabili da parte<br />

delle amministrazioni locali interessate (limitazione<br />

o sospensione dello spandimento in ipotesi di<br />

mancato rispetto dei criteri e delle norme tecniche),<br />

con rinvio alle regioni per l’approntamento<br />

di un più approfondito quadro sanzionatorio (art.<br />

8). Ulteriori approfondimenti sui prossimi numeri<br />

di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>.<br />

LOTTA ALL’EFFETTO SERRA<br />

Comunicato del Ministero<br />

dell’<strong>Ambiente</strong> e della Tutela del territorio<br />

«Disposizioni di attuazione della decisione<br />

della Commissione europea C(2004) 130 del<br />

29 gennaio 2004 che istituisce le linee guida per il<br />

monitoraggio e la comunicazione delle emissioni<br />

di gas a effetto serra, ai sensi della direttiva 2003/<br />

87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio».<br />

(G.U. del 30 luglio 2005, n. 176)<br />

Con comunicato apparso nella Gazzetta Ufficiale<br />

del 30 luglio 2005 il Ministero dell’<strong>Ambiente</strong> e<br />

della Tutela del territorio ha reso nota la pubblicazione<br />

sul suo sito web (http://www.Minambiente.it)<br />

del decreto dei Ministeri dell’<strong>Ambiente</strong> e<br />

della Tutela del territorio e delle Attività produtti­<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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95


LEGISLAZIONE<br />

In breve<br />

AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />

ve 1° luglio 2005, n. DEC/RAS854/2005, recante<br />

«Disposizioni di attuazione della decisione della<br />

Commissione europea C(2004)130 del 29 gennaio<br />

2004 che istituisce le linee guida per il monitoraggio<br />

e la comunicazione delle emissioni di gas ad<br />

effetto serra ai sensi della direttiva 2003/87/CE del<br />

Parlamento europeo e del Consiglio». Il decreto<br />

rinvia a un proprio allegato quanto alle disposizioni<br />

di attuazione della citata decisione comunitaria,<br />

con termine di 90 giorni (dall’emanazione<br />

del decreto medesimo) entro il quale i gestori degli<br />

impianti in possesso delle autorizzazioni a<br />

emettere gas serra dovranno effettuare il monitoraggio<br />

in questione «secondo le disposizioni di cui<br />

alla decisione» medesima. Decorsi i citati 90 giorni<br />

si intenderanno revocati gli artt. 3 dei precedenti<br />

provvedimenti interministeriali n. DEC/RAS/013/<br />

05, n. DEC/RAS/2215/04 e n. DEC/RAS/2179/2004.<br />

VEICOLI FUORI USO E DISCARICHE<br />

Legge 17 agosto 2005, n. 168<br />

«Conversione in legge, con modificazioni, del decreto­legge<br />

30 giugno 2005, n. 115, recante disposizioni<br />

urgenti per assicurare la funzionalità di settori<br />

della pubblica amministrazione. Disposizioni<br />

in materia di organico del personale della carriera<br />

diplomatica, delega al Governo per l’attuazione<br />

della direttiva 2000/53/CE in materia di veicoli fuori<br />

uso e proroghe di termini per l’esercizio di deleghe<br />

legislative» (G.U. del 22 agosto 2005, n. 194)<br />

L’art. 1, legge di conversione n. 168/2005 reca, tra<br />

l’altro, al comma 5, una nuova delega a favore del<br />

Governo per l’adozione, entro sei mesi, di alcune<br />

disposizioni integrative o correttive del D.Lgs. n.<br />

209/2003, «Attuazione della direttiva 2000/53/CE<br />

relativa ai veicoli fuori uso». La delega si rende<br />

necessaria al fine di superare la procedura di infrazione<br />

comunitaria avviata dalla Commissione europea<br />

contro l’Italia, per non corretta trasposizione<br />

della direttiva n. 2000/53/CE citata. Inoltre,<br />

all’art. 11, D.L. n. 115/2005, è stato aggiunto il<br />

comma 1­bis, per effetto del quale la disposizione<br />

di cui al comma 1 (slittamento del termine di conferimento<br />

nella vecchie tipologie di discariche),<br />

«non si applica alle discariche di II categoria, di<br />

tipo A, cui si conferiscono materiali di matrice cementizia<br />

contenenti amianto, per le quali il termine<br />

di conferimento è fissato alla data di entrata in<br />

vigore della legge di conversione del presente decreto».<br />

l<br />

Le norme in primo piano<br />

RIDUZIONE DI SOSTANZE PERICOLOSE NEI RAEE<br />

Decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151<br />

«Attuazione delle direttive 2002/95/CE, 2002/96/CE e 2013/108/CE, relative alla riduzione dell’uso di sostanze<br />

pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonché allo smaltimento dei rifiuti» (S.O. n. 135 alla<br />

G.U. del 29 luglio 2005, n. 175)<br />

Si tratta dell’atteso decreto, attuativo della normativa comunitaria indicata al titolo, recante misure e procedure<br />

finalizzate a prevenire la riduzione di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), promuovere il<br />

reimpiego, il riciclaggio e altre forme di recupero dei RAEE, migliorare ­ da un punto di vista ambientale ­<br />

l’intervento di tutti i soggetti coinvolti nel ciclo di vita di queste apparecchiature (dai produttori fino ai consumatori)<br />

e, infine, ridurre l’uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), di cui<br />

all’art. 1.<br />

L’ambito di applicazione della nuova disciplina risulta oltremodo vasto, basti considerare l’ampia definizione di<br />

96 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18


AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />

LEGISLAZIONE<br />

In breve<br />

«rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche» indicata all’art. 3, comma 1, lettera b), «le apparecchiature<br />

elettriche ed elettroniche che sono considerate rifiuti ai sensi dell’art. 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo<br />

5 febbraio 1997, n. 22, e succ. modd., inclusi tutti i componenti, i sottosistemi ed i materiali di consumo che sono<br />

parte integrante del prodotto nel momento in cui si assume la decisione di disfarsene». Reiterando la pedissequa<br />

disciplina comunitaria, il decreto reca, in tal senso, un elenco di categorie di apparecchiature elettriche ed<br />

elettroniche soggette alle nuove procedure di gestione (gli elettrodomestici grandi o piccoli, le apparecchiature<br />

informatiche e per telecomunicazione, le apparecchiature di consumo e quelle di illuminazione, gli strumenti<br />

elettrici ed elettronici ­ fatta eccezione per gli utensili industriali fissi di grandi dimensioni ­ i giocattoli e le<br />

apparecchiature per lo sport e tempo libero, i dispositivi medici, gli strumenti di monitoraggio e controllo e i<br />

distributori automatici, Allegato 1/A), a cui segue, per ciascuna categoria, un ulteriore elenco, non esaustivo, di<br />

prodotti assoggettati al decreto (per esempio, i frigoriferi o i congelatori, appartenenti alla categoria “Grandi<br />

elettrodomestici”, Allegato 1/B). Ne consegue come la disciplina del D.Lgs. n. 151/2005 sarà, in linea teorica,<br />

applicabile a qualsiasi apparecchiatura appartenente alle categorie sopra elencate, anche complessa, di cui il<br />

detentore palesi l’intenzione di “disfarsi”, anche se in parte ancora servibile, purché si tratti sempre di un<br />

elettrodomestico alimentato a correnti elettriche o da campi elettromagnetici, ovvero di un’apparecchiatura di<br />

generazione, di trasferimento e di misura di questi campi e correnti, appartenente a una categoria di cui<br />

all’allegato 1/A e progettata per essere usata con tensione non superiore a 1000 volt per corrente alternata o a<br />

1500 volt per corrente continua (definizione di «Apparecchiatura elettriche od elettronica ­ AEE», ex art. 3,<br />

comma 1, lettera a), D.Lgs. citato).<br />

Per raggiungere gli scopi sopra elencati, il decreto reca una regolamentazione omnicomprensiva delle fasi di vita<br />

dei prodotti in questione, fin dalla progettazione e dalla fabbricazione, che dovranno avvenire in modo da<br />

agevolare lo smontaggio, il recupero, il reimpego e il riciclaggio dei RAEE e dei loro componenti e materiali (dovrà<br />

essere emanato in tal senso un decreto interministeriale, concertato tra dicastero dell’<strong>Ambiente</strong> e della Tutela del<br />

territorio e quello delle Attività produttive). Parimenti, i prodotti in questione non potranno contenere particolari<br />

tipologie di sostanze pericolose (art. 5), dovrà essere garantita da parte delle amministrazioni locali la raccolta<br />

differenziata dei RAEE, mentre sui distributori di AEE graverà l’obbligo di ritirare gratuitamente il vecchio<br />

apparecchio al momento di acquisto di una nuova apparecchiatura elettrica o elettronica destinata a nucleo<br />

domestico. Oltre che sui distributori, gran parte delle nuove disposizioni nella gestione degli apparecchi (e relativi<br />

rifiuti) in questione graverà sui produttori. A far data dal 13 agosto 2006 (un anno dall’entrata in vigore del nuovo<br />

decreto) i produttori potranno organizzare sistemi di raccolta dei RAEE provenienti dai nuclei domestici, e<br />

saranno, inoltre, obbligati a organizzare analoghi sistemi di raccolta dei «RAEE professionali» (RAEE prodotti dalle<br />

attività amministrative ed economiche diversi da quelli al contrario originati dai nuclei domestici ovvero che, pur<br />

provenendo da attività commerciali, industriali o, istituzionali, siano, tuttavia, per natura e per quantità analoghi<br />

a quelli originati dai nuclei domestici «RAEE provenienti dai nuclei domestici», art. 3, comma 1, lettera p) e o),<br />

D.Lgs. citato). Sempre a partire dal 13 agosto 2006 sui produttori (o terzi agenti in loro nome) graverà l’obbligo di<br />

ritiro e invio a trattamento dei RAEE raccolti in modo separato, fatta eccezione di quelli «effettivamente e<br />

totalmente reimpiegati», approntando, entro la stessa data, adeguati sistemi di trattamento, di recupero e di<br />

riclaggio. Rileva, sotto questo ultimo profilo, il rinvio a un apposito decreto quanto alla previsione di misure di<br />

incentivazione allo sviluppo di sistemi di gestione ambientali conformi al regolamento (CE) n. 761/2001 (EMAS)<br />

presso le suddette imprese di trattamento (art. 8, comma 11). Conformemente ai generali principi regolatori della<br />

materia (art. 2, D.Lgs. n. 22/1997) dovrà, peraltro, essere favorito il recupero dei RAEE oggetto di raccolta<br />

differenziata, con percentuali minime da raggiungere in tal senso entro il 31 dicembre 2006, a seconda della<br />

categoria di apparecchiatura elettrica o elettronica.<br />

A parte i profili finanziari circa i soggetti gravati dei costi del sistema di ritiro, raccolta differenziata e recupero,<br />

rilevano, in particolare, tra le altre disposizioni, i nuovi obblighi di informazioni gravanti ancora una volta sui<br />

produttori delle apparecchiature in questione. Al riguardo, l’art. 13 prevede su questi soggetti, l’obbligo di inserire<br />

all’interno delle istruzioni delle apparecchiature adeguate segnalazioni circa l’obbligo di non smaltire i RAEE<br />

come rifiuti urbani (bensì da avviare a raccolta separata), l’esistenza del circuito di raccolta (unitamente alla<br />

possibilità di riconsegnare al distributore l’apparecchiatura all’atto di acquisto di una nuova), nonché indicazioni<br />

relative agli effetti potenziali sull’ambiente e sulla salute umana derivanti dalla presenza di sostanze pericolose<br />

nelle apparecchiature de quo. Dovrà essere, altresì, indicata un’informazione circa il significato del simbolo del<br />

divieto di abbandono nel normale circuito di raccolta e dovranno essere indicate le sanzioni previste a carico degli<br />

smaltitori abusivi di questi rifiuti. Rileva, in tal senso, un articolato sistema sanzionatorio, fondato su diversificate<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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97


LEGISLAZIONE<br />

In breve<br />

AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />

sanzioni amministrative pecuniarie a carico dei distributori o dei produttori delle apparecchiature in questione e<br />

che non si adegueranno alla disciplina sinteticamente tracciata (art. 16). Il decreto prevede in chiusura brevi termini<br />

per l’adeguamento, da parte dei soggetti interessati, ai nuovi obblighi, con applicazione della generalità delle<br />

nuove regole a far data da un anno dalla data di entrata in vigore del decreto medesimo. Ulteriori approfondimenti<br />

sull’argomento sui prossimi numeri di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>.<br />

RIFIUTI: CRITERI DI AMMISSIBILITÀ IN DISCARICA<br />

Decreto del Ministero dell’<strong>Ambiente</strong> e della Tutela del territorio 3 agosto 2005<br />

«Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica» (G.U. del 30 settembre 2005, n. 201)<br />

Il decreto riscrive i criteri di ammissibilità per il conferimento dei rifiuti in discarica, in precedenza già contenuti nel<br />

D.M. 13 marzo 2003 oggi abrogato.<br />

Rilevano, innanzitutto, alcuni principi generali, invero non dissimili da quanto precedentemente previsto; in<br />

particolare, i rifiuti potranno essere ammessi in discarica esclusivamente se conformi ai criteri di ammissibilità della<br />

corrispondente categoria di discarica; per accertare l’ammissibilità dei rifiuti nelle discariche dovranno essere<br />

utilizzate soltanto le metodologie di campionamento e analisi previste (indicate dell’Allegato 3); sarà ammissibile<br />

il conferimento di rifiuti conformi ai criteri per l'ammissione a ogni categoria di discarica in discariche aventi un<br />

livello di tutela superiore (chiarimento inedito).<br />

Conformemente alla disciplina prevista dall’art. 11, D.Lgs. n. 36/2003 (cosiddetto “Decreto discariche”) il conferimento<br />

dei rifiuti in discarica dovrà avvenire attraverso una triplice serie di verifiche, da porre in essere da parte<br />

del produttore del rifiuto e dal gestore della discarica. Al primo, in particolare, spetterà quella che l’art. 2 del<br />

nuovo decreto definisce la «caratterizzazione di base» del rifiuto, ovvero lo svolgimento della caratterizzazione<br />

di base di ciascuna tipologia di rifiuti da conferire in discarica, prima del conferimento medesimo ovvero dopo<br />

l’ultimo trattamento effettuato. Si tratta di un adempimento obbligatorio e fondamentale, da ripetere in<br />

corrispondenza del primo conferimento di rifiuti e a ogni variazione significativa del processo che origina i rifiuti<br />

e, comunque, con cadenza almeno annuale. Questa caratterizzazione dovrà essere condotta al fine di determinare<br />

tutte le caratteristiche dei rifiuti attraverso la raccolta delle informazioni necessarie per lo smaltimento<br />

finale in condizioni di sicurezza e, per l’effetto, tale da fornire informazioni relative oltre che ai rifiuti in sé (tipo<br />

e origine, composizione, consistenza, tendenza a produrre percolato e dove necessario e dove possibile, altre<br />

caratteristiche) anche tali da permettere una comprensione del comportamento dei rifiuti nelle discariche<br />

(individuare le eventuali possibilità di trattamento), fornendo, inoltre, una loro valutazione alla luce dei valori<br />

limite e individuando le variabili principali (parametri critici) per la «verifica di conformità», ulteriore adempimento<br />

previsto dal nuovo decreto sui criteri di ammissibilità per lo smaltimento dei rifiuti in discarica (art. 2 e<br />

allegato I).<br />

La «verifica di conformità» è un ulteriore passaggio chiave per lo smaltimento “sicuro” dei rifiuti in discarica.<br />

Essa dovrà essere condotta dal gestore della discarica sui rifiuti giudicati “ammissibili”, al fine di stabilire il<br />

possesso, effettivo, delle caratteristiche di categoria corrispondenti (oltre che per contro­verificare la corrispondenza<br />

ai nuovi criteri di ammissibilità). La verifica di conformità dovrà avvenire con la medesima frequenza<br />

della caratterizzazione di base e in funzione alle metodologie di campionamento e analisi previste dall’Allegato<br />

III del nuovo decreto. Parimenti, sul gestore graverà, inoltre, la «verifica in loco» dei rifiuti, ispezionando<br />

ciascun carico prima e dopo lo scarico, nonché controllando la documentazione di legge attestante la conformità<br />

del rifiuto ai nuovi criteri (art. 3). Analogamente all’impostazione del precedente decreto del 13 marzo 2003,<br />

il D.M. 3 agosto 2005 descrive analiticamente le tipologie di rifiuti ammissibili in ciascuna tipologia di discarica, a<br />

seconda che si tratti di discarica per rifiuti inerti, non pericolosi o pericolosi, se del caso indicando le tipologie di<br />

rifiuti per le quali non è necessaria la preventiva caratterizzazione (per esempio, tabella 1 per gli inerti) ovvero i<br />

valori limite di concentrazione (per esempio, tabella 3 per i composti organici in discariche per rifiuti inerti).<br />

Anche la nuova disciplina fissa, infine, i criteri di ammissibilità per il deposito sotterraneo (art. 9), previa<br />

valutazione di sicurezza e valutazione del rischio in ordine al sito prescelto, da condursi secondo i dettami<br />

dell’allegato IV.<br />

Come detto a far data dall’entrata in vigore del nuovo decreto risulta abrogata la precedente disciplina di cui al D.M.<br />

13 marzo 2003. Ulteriori approfondimenti sull’argomento sui prossimi numeri di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>.<br />

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20 settembre 2005 ­ N. 18


AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />

LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />

IL CASO<br />

di Cesare Parodi Procura della Repubblica di Torino, Docente a contratto Diritto dell’<strong>Ambiente</strong>,<br />

Università di Torino, Facoltà Scienze MFN<br />

RISARCIMENTO DEL DANNO<br />

E ILLECITO AMBIENTALE<br />

In quali termini il risarcimento del danno<br />

può riflettersi anche sulle conseguenze penali<br />

della violazione della normativa ambientale<br />

In particolare, è possibile che il mancato<br />

risarcimento possa condizionare anche la concreta<br />

fruibilità del beneficio della sospensione<br />

condizionale della pena<br />

Il sistema giuridico prevede, ormai da molti<br />

anni, per la tutela dell’ambiente in senso<br />

lato, un apparato di strumenti di tutela variegato<br />

e complesso; tra essi certamente il momento<br />

sanzionatorio “tipico”, costituito dalla<br />

espressa previsione di fattispecie aventi rilevanza<br />

penale o amministrativa, rappresenta, sul<br />

piano qualitativo come su quello quantitativo,<br />

il profilo di maggiore rilievo. Nondimeno, la<br />

consapevolezza che la violazione ambientale<br />

trova frequentemente ­ anzi, si potrebbe dire<br />

quasi esclusivamente ­ luogo in un contesto imprenditoriale,<br />

impone di prendere in considerazione,<br />

sul piano della concreta afflittività, anche<br />

la valenza strettamente economico­patrimoniale<br />

dei comportamenti tenuti e delle conseguenze<br />

“negative”, in termini di spesa, che<br />

gli stessi possono comportare.<br />

A fronte di un insieme di sanzioni in materia<br />

ambientale che certamente non si contraddistinguono<br />

per una particolare entità, quantomeno<br />

se considerate in rapporto a quelle previste<br />

a tutela di altri beni, i profili risarcitori che<br />

possono scaturire dalle condotte sanzionate<br />

possono assumere un particolare rilievo, sia in<br />

relazione al quantum che il soggetto autore<br />

della violazioni (e in concreto più frequentemente<br />

l’impresa nell’ambito della quale quest’ultimo<br />

svolge le proprie funzioni) potrebbe<br />

dover versare,sia alla natura e tipologia di impegno<br />

che l’impresa stessa potrebbe dover assumere<br />

in funzione del “ripristino” del bene<br />

ambientale.<br />

Non è indispensabile entrare in questa sede<br />

nella valutazione delle voci di danno risarcibili,<br />

in relazione ai singoli soggetti che potenzialmente<br />

possono essere pregiudicate da condotte<br />

[1] ; si tratta, in particolare, del danno ambientale<br />

in senso stretto, ex art. 18, legge n. 349/<br />

1986, nonché dei profili di responsabilità conseguenti<br />

all’applicazione del principio generale<br />

di cui all’art. 2043 c.c. La legge n. 349/1986,<br />

introducendo il concetto di danno ambientale,<br />

ha attribuito al medesimo una funzione non<br />

soltanto repressiva e sanzionatoria, ma anche<br />

preventiva, «qualunque fatto doloso o colposo<br />

in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti<br />

adottati in base a legge che compromette<br />

l’ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo,<br />

deteriorandolo o distruggendolo in<br />

tutto o in parte, obbliga l’autore del fatto al<br />

risarcimento del danno».<br />

La legge n. 349/1986 non prevede, a fianco del<br />

diritto dell’ente “pubblico” al risarcimento del<br />

danno, un analogo diritto di risarcimento per i<br />

singoli cittadini, ammessi solo a denunciare i<br />

fatti dannosi. La mancata previsione nella legge<br />

speciale del diritto di risarcimento non vale,<br />

tuttavia, a negare la tutela civile dei singoli,<br />

sancita dalle norme comuni sull’illecito. L’inquinamento<br />

non lede, infatti, semplicemente<br />

un interesse dello stato, ma colpisce individualmente<br />

tutti coloro che sono costretti a<br />

vivere in una situazione di degrado ambientale.<br />

In questi casi una specifica domanda di risarcimento<br />

può tuttavia trovare accoglimento<br />

solo laddove il singolo fornisca la prova di avere<br />

subìto un danno particolare, eccedente<br />

quello sofferto dalla generalità degli abitanti<br />

della zona colpita.<br />

Proprio l’attivazione per il risarcimento del<br />

[1] Per ulteriori informazioni, si veda, dello stesso autore, Profili di tutela civilistica in tema di danno ambientale, in <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong><br />

n. 21/2000, pag. 100, e Danno esistenziale e inquinamento ambientale: la giurisprudenza riconosce il<br />

legame, in <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 6/2004, pag. 26.<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />

AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />

danno viene presa in considerazione sotto differenti<br />

profili dalla normativa in materia ambientale.<br />

In primo luogo, l’art. 61, D.Lgs. n. 152/<br />

1999, in tema di tutela delle acque, ha introdotto<br />

una specifica circostanza, applicabile «nei<br />

confronti di chi, prima del giudizio penale o<br />

dell’ordinanza­ingiunzione, ha riparato interamente<br />

il danno»;circostanza in base alla quale<br />

le sanzioni penali e amministrative previste nel<br />

decreto in oggetto sono diminuite dalla metà a<br />

due terzi. Con questa norma è stata introdotta<br />

una circostanza attenuante a effetto speciale<br />

(ossia tale da comportare una riduzione della<br />

pena maggiore di un terzo), di forte impatto<br />

premiale e destinata a incentivare l’attivazione<br />

in favore del bene ambientale “offeso”.<br />

La norma deve considerarsi speciale rispetto all’attenuante<br />

di carattere generale di cui all’art.<br />

62, punto 6 c.p.; secondo quest’ultima disposizione<br />

«attenuano il reato, quando non ne sono<br />

elemento costitutivo o circostanze attenuanti<br />

speciali, le circostanze seguenti: l’avere, prima<br />

del giudizio, riparato interamente il danno,<br />

mediante il risarcimento di esso, e quando sia<br />

possibile, mediante le restituzioni; o l’essersi,<br />

prima del giudizio e fuori dal caso preveduto<br />

dall’art. 56, adoperato spontaneamente ed efficacemente<br />

per elidere o attenuare le conseguenze<br />

dannose o pericolo del reato».<br />

In particolare, l’attenuante in oggetto deve essere<br />

letta sintonicamente rispetto al disposto<br />

dell’art. 60, D.Lgs. n. 152/1999 e, quindi, nei casi<br />

in cui intervenga una “riparazione del danno”<br />

con le modalità particolari previste da quest’ultima<br />

norma, ossia con l’esecuzione degli interventi<br />

di messa in sicurezza, bonifica e ripristino<br />

di cui all’art. 58 del citato decreto e con il risarcimento<br />

dell’eventuale ulteriore danno ambientale<br />

non eliminabile ­ da computarsi, se<br />

necessario, a mezzo del meccanismo speciale di<br />

ragguaglio di cui all’art. 58 sopra menzionato.<br />

Questa norma prevede che, nel caso in cui non<br />

sia possibile una precisa quantificazione del<br />

danno, lo stesso si presume, salvo prova contraria,<br />

di ammontare non inferiore alla somma<br />

corrispondente alla sanzione pecuniaria amministrativa,<br />

ovvero alla sanzione penale, in concreto<br />

applicata. Nel caso in cui sia stata irrogata<br />

una pena detentiva, solo al fine della quantificazione<br />

del danno, il ragguaglio fra la stessa e<br />

la pena pecuniaria, ha luogo calcolando quattrocentomila<br />

lire (da computarsi oggi in euro),<br />

per un giorno di pena detentiva.<br />

Si tratta, quindi, di uno stimolo ulteriore rispetto<br />

a quello di natura “cogente” introdotto dall’art.<br />

61, D.Lgs n. 152/1999, dalla cui azione<br />

combinata il legislatore confida possa essere<br />

determinata in concreto una tempestiva ed efficace<br />

attivazione e “responsabilizzazione“,<br />

quantomeno postuma, degli autori di illeciti<br />

ambientali.<br />

Significativo sul punto è il fatto che l’attenuante,<br />

con i conseguenti effetti “premiali” sulla<br />

somma da irrogare, sia stata prevista sia in relazione<br />

alla sanzione penale sia a quella amministrativa;<br />

in questo senso, per entrambe le procedure,<br />

il legislatore ­ analogamente a quanto<br />

previsto dall’art. 62, punto 6 c.p. ­ ha stabilito<br />

un rigoroso sbarramento temporale, individuato<br />

con l’inizio del giudizio penale (ossia prima<br />

dell’esercizio dell’azione penale) per le sanzioni<br />

penali e nell’ordinanza­ingiunzione (ossia del<br />

termine della procedura amministrativa di applicazione)<br />

per quelle amministrative.<br />

Ovviamente, la norma in oggetto ripropone la<br />

tematica di carattere generale, affrontata dalla<br />

S.C. in relazione all’art. 62, punto 6 c.p. con<br />

riguardo all’applicabilità dell’attenuante nei<br />

casi di soggetti per i quali terzi, in forza di<br />

obblighi contrattuali o per altre ragioni, intervengano<br />

a provvedere alle varie forme di risarcimento<br />

o di ripristino. Una situazione riscontrabile<br />

nei numerosi casi in cui le imprese stipulano<br />

forme di assicurazione dirette a garantire<br />

il ristoro di danni arrecati a terzi in conseguenza,<br />

o quantomeno in occasione delle attività<br />

svolte.<br />

Al proposito, secondo la S.C., l’attenuante della<br />

riparazione del danno non sarebbe applicabile<br />

qualora il risarcimento venga effettuato da un<br />

ente assicuratore, anche se il contratto di assicurazione<br />

sia stato stipulato dall’imputato per<br />

la propria responsabilità civile, perché essendo<br />

questo contratto stipulato prima della commissione<br />

del reato e dovendosi individuare la ragione<br />

ispiratrice della circostanza nella resipiscenza<br />

che si esprime con l’atto di riparazione,<br />

il comportamento risarcitorio, per integrare la<br />

[2] Si veda Cass., sezioni unite, 23 novembre 1988, CED 181084.<br />

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AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />

LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />

previsione normativa, dovrebbe essere posto in<br />

essere dall’imputato dopo l’esaurimento del<br />

reato e non potrebbe essere sostituito da una<br />

condotta antecedente al reato stesso, concepita<br />

solo in previsione e a titolo di garanzia per<br />

le conseguenze dannose che esso potrebbe<br />

produrre, cioè per sfuggire all’adempimento<br />

dell’obbligo di integrale risarcimento [2] .<br />

Pur trattandosi della tesi maggioritaria in giurisprudenza,<br />

non mancano decisioni in senso opposto;<br />

si è ritenuto, al proposito, che la circostanza<br />

attenuante della riparazione del danno<br />

di cui alla prima parte dell’art. 62, punto 6 c.p.,<br />

non sarebbe collegata necessariamente con la<br />

cosiddetta resipiscenza del reo, potendo trovare<br />

la sua giustificazione in una mera utilità<br />

del danneggiante o soltanto nelle ampie disponibilità<br />

di quest’ultimo. Essa, quindi, avrebbe<br />

natura oggettiva ed effetti soggettivi, così che,<br />

a fronte di un risarcimento effettuato da un<br />

terzo (ente assicuratore), la circostanza dovrebbe<br />

essere applicata nel caso in cui la riparazione<br />

sia riferibile al colpevole, nel senso che questi<br />

ne abbia coscienza e mostri la volontà di far<br />

proprio il risarcimento stesso [3] .<br />

Il secondo aspetto che emerge come conseguenza<br />

diretta delle opzioni risarcitorie riguarda<br />

il sempre attualissimo tema della possibilità<br />

di fruire della sospensione condizionale della<br />

pena. In termini generali, l’art. 165 c.p., stabilisce<br />

al proposito che «La sospensione condizionale<br />

della pena può essere subordinata all’adempimento<br />

dell’obbligo delle restituzioni,<br />

al pagamento della somma liquidata a titolo di<br />

risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata<br />

sull’ammontare di esso e alla pubblicazione<br />

della sentenza a titolo di riparazione del<br />

danno; può altresì essere subordinata, salvo<br />

che la legge disponga altrimenti, all’eliminazione<br />

delle conseguenze dannose o pericolose del<br />

reato, secondo le modalità indicate dal giudice<br />

nella sentenza di condanna».<br />

Un’enunciazione di principio che assume particolare<br />

rilievo per i soggetti che hanno già riportato<br />

condanne, tenendo conto che i commi 2 e<br />

4 del medesimo art. 165 c.p. stabiliscono che<br />

«La sospensione condizionale della pena, quando<br />

è concessa a persona che ne ha già fruito,<br />

deve essere subordinata all’adempimento di<br />

uno degli obblighi previsti nel comma precedente»<br />

e che «il giudice nella sentenza stabilisce<br />

il termine entro il quale gli obblighi devono<br />

essere adempiuti». Allo stato, la soppressione a<br />

opera dell’art. 2, lettera b) della recente legge<br />

n. 145/2004, di quella che era la formula di<br />

chiusura del comma 2 citato, «salvo che ciò sia<br />

impossibile», rende ancora più rilevante in concreto<br />

l’eventuale indicazione del risarcimento.<br />

Rilevanza desumibile, altresì, dalla menzionata<br />

legge n. 145/2005, che ha aggiunto all’art. 165<br />

c.p., un quarto comma che prevede che «qualora<br />

la pena inflitta non sia superiore ad un anno e<br />

sia stato riparato interamente il danno, prima<br />

che sia stata pronunciata la sentenza di primo<br />

grado, mediante il risarcimento di esso, e quando<br />

sia possibile, mediante le restituzioni si sia<br />

adoperato spontanamente ed efficacemente<br />

per elidere o attenuare le conseguenze dannose<br />

del reato da lui eliminabili, il giudice può ordinare<br />

che l’esecuzione della pena rimanga sospesa<br />

per il termine di un anno». Un incentivo, quindi,<br />

di non poco conto che viene a rafforzare ulteriormente<br />

gli stimoli all’attivazione risarcitoria.<br />

La subordinazione del beneficio della sospensione<br />

della pena all’esatto adempimento degli<br />

obblighi stabiliti nella sentenza, è divenuto un<br />

istituto di carattere generale in forza dell’art.<br />

128, legge n. 689/1981. Si tratta di un principio<br />

che può trovare applicazione in relazione ai<br />

reati urbanistici e a tutte le ipotesi di inquinamento<br />

dell’ambiente, oltre i casi previsti in specifici<br />

settori, come le acque (art. 24, legge n.<br />

319/1976) e i rifiuti (art. 30, D.P.R. n. 915/1982)<br />

ove lo stesso era stato già previsto [4] . Proprio in<br />

materia di tutela delle acque, già l’art. 24, legge<br />

n. 319/1976, consentiva al giudice di subordinare<br />

il beneficio della sospensione della pena<br />

all’esatto adempimento di quanto stabilito nella<br />

sentenza di condanna. Secondo la S.C. la nor­<br />

[3] Si veda Cass., sez. III, 18 ottobre 1991, n. 12760, CED 188730; nella specie, si trattava di omicidio colposo per infortunio sul<br />

lavoro. La riparazione era stata posta in essere dall’ente assicuratore del datore di lavoro. La Corte, dopo avere osservato<br />

che sarebbe stato assurdo discriminare tra imputato che esegua la riparazione facendosi successivamente tenere indenne<br />

dalla società assicuratrice e altro che direttamente ne chieda e ottenga l’intervento ad avere affermato il principio innanzi<br />

trascritto, ha annullato la decisione di merito con rinvio per l’applicazione della attenuante.<br />

[4] Si veda Cass., sez. III, 21 febbraio 1984, n. 2944, CED 162773.<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />

AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />

ma, avente una importante finalità di prevenzione<br />

e ripristino della qualità delle risorse ambientali<br />

e di attivo coinvolgimento degli obbligati,<br />

non sempre richiedeva dal giudice una<br />

specificazione delle modalità dell’adempimento<br />

degli obblighi, potendo il giudice medesimo<br />

limitarsi a imporre al condannato l’osservanza<br />

degli standard fissati dalla legge [5] .<br />

Ancora la S.C. ha autorevolmente rimarcato<br />

che, anche in tema di protezione delle bellezze<br />

naturali, deve ritenersi legittima la subordinazione<br />

della sospensione condizionale della pena<br />

all’ordine di rimessione in pristino previsto<br />

dall’art. 1­sexies, legge n. 431/1985. In questo<br />

senso sarebbe sicuramente possibile l’utilizzazione<br />

del disposto dell’art. 165 c.p., rivolto a<br />

rafforzare il ravvedimento del condannato,<br />

poiché la non autorizzata immutazione dello<br />

stato dei luoghi, in zona sottoposta a vincolo<br />

paesaggistico, ben può comportare conseguenze<br />

dannose o pericolose; inoltre, la sanzione<br />

specifica della rimessione ha una funzione<br />

direttamente ripristinatoria del bene offeso e,<br />

quindi, si riconnette al preminente interesse di<br />

giustizia sotteso all’esercizio dell’azione penale.<br />

Peraltro, l’obbligo di ripristino si colloca su<br />

un piano diverso e autonomo rispetto a quello<br />

dei poteri della pubblica amministrazione e<br />

delle valutazioni della stessa, configurandosi<br />

come conseguenza necessaria sia dell’esigenza<br />

di recuperare l’integrità dell’interesse tutelato,<br />

sia del giudizio di disvalore che il legislatore ha<br />

dato all’attuazione di interventi modificativi<br />

del territorio in zone di particolare interesse<br />

ambientale [6] .<br />

La previsione dell’art. 165 c.p. è stata anche<br />

valutata in un’ottica di costituzionalità, proprio<br />

in relazione alla tematica ambientale; la S.C. ha<br />

ritenuto manifestamente infondata la eccezione<br />

di illegittimità costituzionale dell’art.<br />

165 c.p., in relazione all’art. 3 della Costituzione,<br />

laddove il beneficio della sospensione condizionale<br />

della pena sarebbe subordinato all’eliminazione<br />

delle conseguenze dannose o<br />

pericolose del reato, in quanto questa norma<br />

non prenderebbe in considerazione l’eventuale<br />

incapacità economica del condannato ad affrontare<br />

gli oneri conseguenti, atteso che rientrano<br />

nel potere discrezionale del legislatore<br />

opzioni normative di questo genere. Secondo<br />

la Corte, in realtà, l’istituto si configura in<br />

questo specifico settore quale proiezione del<br />

principio comunitario «chi inquina paga», e<br />

che, essendo la portata economica della reintegrazione<br />

ambientale generalmente proporzionata<br />

a quella dell’inquinamento, si presuppone<br />

nel soggetto che inquina una capacità economica<br />

tale da consentirgli di affrontare le spese<br />

del ripristino e/o risanamento ambientale [7] .<br />

Il principio generale, anche in questo caso, è<br />

stato rielaborato nell’ambito della normativa in<br />

tema di tutela delle acque di cui al D.Lgs. n.<br />

152/1999. L’art. 60 di quest’ultimo decreto prevede<br />

in effetti che «con la sentenza di condanna<br />

per i reati previsti nel presente decreto, o<br />

con la decisione emessa ai sensi dell’articolo<br />

444 del codice di procedura penale, il beneficio<br />

della sospensione condizionale della pena può<br />

essere subordinato al risarcimento del danno e<br />

all’esecuzione degli interventi di messa in sicurezza,<br />

bonifica e ripristino di cui all’articolo<br />

58». Si tratta di una disposizione analoga a<br />

quella contenuta nell’art. 24, legge n. 319/<br />

1976, che prevedeva che con la sentenza di condanna,<br />

il beneficio della sospensione condizionale<br />

della pena poteva essere subordinato all’esatto<br />

adempimento di quanto stabilito nella<br />

sentenza stessa, specificando che a questo scopo<br />

il giudice poteva richiedere, all’occorrenza,<br />

le opportune indicazioni all’autorità amministrativa.<br />

Si rileva come l’attuale previsione comporti<br />

una “tipizzazione” delle condizioni alle<br />

quali il giudice poteva, già in base all’art. 24,<br />

legge n. 319/1976, subordinare l’applicazione<br />

della sospensione condizionale; in concreto, di<br />

fatto, queste indicazioni venivano a corrispondere<br />

frequentemente a quanto stabilito dal<br />

D.Lgs. n. 152/1999. Era prevista la possibilità,<br />

[5] Si veda Cass., sez. III, 13 dicembre 1984, n. 10974, CED 167010; nell’affermare questo principio la S.C. aveva precisato che,<br />

se l’impianto di depurazione non è tecnicamente idoneo, il condannato avrà il consequenziale obbligo di provvedere senza<br />

indugio alla sua attivazione; se l’impianto manca, dovrà essere sostituito; se l’impianto sopporta un carico determinato in<br />

relazione al ciclo produttivo, l’imprenditore dovrà controllare tempi e modalità del ciclo produttivo medesimo.<br />

[6] Si veda Cass., sez. III, 3 aprile 1998, n. 4135, CED 210504.<br />

[7] Si veda Cass., sez III, 16 settembre 2003, n. 35501, CED 225880.<br />

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AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />

LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />

per il giudice, ove necessario, di richiedere, al<br />

fine di individuare gli adempimenti opportuni,<br />

di rivolgersi all’autorità amministrativa [8] .<br />

La previsione dell’art. 60, D.Lgs. n. 152/1999,<br />

che viene a costituire un “incentivo” particolarmente<br />

stringente nei confronti dei soggetti nei<br />

confronti dei quali è stata esercitata l’azione<br />

penale, risulta analoga a quanto stabilito in<br />

tema di rifiuti; in questo senso la legge n. 426/<br />

1998 [9] modificando sul punto l’art. 51­bis,<br />

D.Lgs. n. 22/1997, ha aggiunto a questo articolo<br />

un ultimo, significativo comma, «Con la sentenza<br />

di condanna per la contravvenzione di<br />

cui al presente comma, o con la decisione emessa<br />

ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura<br />

penale, il beneficio della sospensione condizionale<br />

della pena può essere subordinato alla<br />

esecuzione degli interventi di messa in sicurezza,<br />

bonifica e ripristino ambientale».<br />

Proprio in tema di rifiuti, secondo la Cassazione,<br />

anche dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 22/<br />

1997, il giudice, con la sentenza di condanna, può<br />

subordinare la sospensione condizionale della pena<br />

all’eliminazione delle conseguenze dannose o<br />

pericolose nascenti dal reato, con l’unica precisazione<br />

che, in caso di inquinamento o di pericolo<br />

concreto e attuale di inquinamento di un sito, la<br />

sospensione condizionale della pena potrà essere<br />

subordinata all’esecuzione degli interventi di messa<br />

in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale<br />

previsti e proceduralizzati dall’art. 17 dello stesso<br />

decreto n. 22/1997, stante l’espressa previsione<br />

contenuta nel successivo art. 51­bis del decreto;<br />

per gli altri reati previsti dal decreto n. 22/1997,<br />

strutturalmente diversi, anche se talvolta prodromici,<br />

da quello di inquinamento di un sito, il giudice<br />

può applicare la previsione codicistica di cui<br />

all’art. 165 e, quindi, subordinare il beneficio all’eliminazione<br />

delle conseguenze secondo le modalità<br />

da lui stesso stabilite nella sentenza di condanna<br />

[10] .<br />

Sul tema è opportuno segnalare che alcuni<br />

principi espressi dalla S.C. in relazione all’art.<br />

24, legge n. 319/1976 paiono senza dubbio ancora<br />

applicabili; in questo senso il beneficio potrebbe<br />

risultare condizionato solo nei casi in cui<br />

l’esatto adempimento richiesto ricada nella disponibilità<br />

del condannato, con particolare riguardo<br />

ai casi di responsabilità di pubblici amministratori,<br />

che, per evidenti ragioni, non possono<br />

“disporre” in termini aziendalistici, soprattutto<br />

in relazione a tempi e modalità di<br />

spesa, degli “impianti” e dei beni da loro formalmente<br />

amministrati [11] .<br />

Di notevole interesse deve essere, infine, considerato<br />

il rapporto tra il principio espresso dalla<br />

norma in oggetto e quello di carattere generale<br />

di cui all’art. 165, comma 1 c.p. Non vi sono<br />

ragioni per ritenere che il disposto dell’art. 60,<br />

D.Lgs. n. 152/1999 costituisca norma speciale<br />

rispetto al principio dell’art. 165 c.p., che, anzi,<br />

ben può integrare, a discrezione del giudice, e<br />

affiancare, con previsioni di differente natura,<br />

gli obblighi specifici indicati dal decreto in oggetto.<br />

Certamente gli obblighi di cui all’art.<br />

165, comma 1 c.p. non sono applicabili, a differenza<br />

di quanto previsto dall’art. 60, D.Lgs. n.<br />

152/1999, a una decisione ex art. 444 c.p.<br />

Al contrario, le ulteriori indicazioni specifiche di<br />

cui ai commi 2, «La sospensione condizionale<br />

della pena, quando è concessa a persona che ne<br />

abbia già usufruito, deve essere subordinata all’adempimento<br />

di uno degli obblighi previsti dal<br />

comma precedente, salvo che ciò sia impossibile»,<br />

e 3 «Il giudice della sentenza stabilisce il<br />

termine entro il quale gli obblighi devono essere<br />

adempiuti», dell’art. 165 c.p. possono certamente<br />

essere, nell’ambito dei poteri indicati in forma<br />

“libera” in relazione alle caratteristiche soggettive<br />

degli imputati e ai tempi di realizzazione<br />

degli obblighi, indicati dal giudice nell’ambito<br />

della determinazione in concreto degli adempimenti<br />

previsti dall’art. 60, D.Lgs. n. 152/1999. l<br />

[8] In questo senso, Cass., sez. III, 19 luglio 1991, n. 7704, CED, 187804; sul tema, ancora, la S.C., sez. III, 22 febbraio 1993, n.<br />

1599, CED 193054, aveva per altro osservato che, in materia di tutela delle acque dall’inquinamento, non è possibile<br />

subordinare la sospensione condizionale della pena a controlli successivi da parte della USL circa il rispetto dei limiti di<br />

accettabilità. La menzionata subordinazione non può, infatti, dipendere dal comportamento di altro soggetto, poiché la<br />

libertà personale o, comunque, l’esecuzione della pena può essere affidata soltanto alla volontà dell’interessato e non a<br />

quella di un estraneo alla vicenda processuale. Si realizzerebbe, inoltre, una indebita invasione nell’attività propria della<br />

P.A., che sarebbe tenuta - al di fuori dei casi tipici - a osservare un provvedimento giurisdizionale, che viene a estendere<br />

arbitrariamente l’attività di indagine, dettando ordini che sconfinano oltre i limiti propri del singolo procedimento.<br />

[9] «Nuovi interventi in campo ambientale», in Gazzetta Ufficiale del 14 dicembre 1998, n. 291.<br />

[10] Si veda Cass., sez. III, 16 settembre 2003, n. 35501, CED 225881.<br />

[11] Si veda Cass., sez. III, 5 aprile 1990, n. 5181, CED 183961.<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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103


GIURISPRUDENZA<br />

Massime<br />

AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />

RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA<br />

a cura di Alessandro Jazzetti, avvocato<br />

LE ORDINANZE SINDACALI NON POSSONO<br />

PRESCINDERE DA UNA SITUAZIONE<br />

DI CONCRETO PERICOLO<br />

TAR Calabria,<br />

8 luglio 2005, n. 1154,<br />

Pres. Esposito, Rel. Chinè<br />

Il potere sindacale di emanare ordinanze contingibili<br />

ed urgenti permette anche l’imposizione di<br />

obblighi di fare a carico dei destinatari, ma l’esercizio<br />

di tale potere non può prescindere dalla<br />

sussistenza di una situazione di effettivo e concreto<br />

pericolo per l’incolumità pubblica, la quale<br />

non sia fronteggiabile con gli ordinari strumenti<br />

di amministrazione attiva. Affinché tale situazione<br />

non sia meramente putativa, è necessario che<br />

l’ordinanza contingibile ed urgente deve sempre<br />

essere preceduta da una approfondita istruttoria,<br />

la quale soltanto può permettere l’accertamento<br />

di una eventuale situazione di pericolo imminente<br />

per l’incolumità pubblica di cui all’art. 54, comma<br />

2, D.Lgs. n. 267/2000.<br />

Nota<br />

Si veda, in senso conforme alla massima, CdS n.<br />

1904/2001, secondo cui è indispensabile che l’ordinanza<br />

sindacale sia destinata a porre rimedio<br />

a una situazione di «grave pericolo» per l’«incolumità<br />

dei cittadini», non evitabile mediante il<br />

ricorso agli ordinari mezzi dell’amministrazione.<br />

Non è sufficiente, quindi, che il provvedimento<br />

miri, genericamente, a realizzare un miglioramento<br />

delle condizioni igieniche e ambientali,<br />

occorrendo anche la dimostrazione<br />

dell’esistenza di una effettiva situazione di pericolo.<br />

La particolare finalità dell’ordinanza, che<br />

non svolge una funzione sanzionatoria di comportamenti<br />

od omissioni, ma mira esclusivamente<br />

a salvaguardare le esigenze primarie della<br />

collettività, spiega perché essa è idonea a sacrificare<br />

anche interessi giuridicamente protetti di<br />

soggetti determinati, entro ragionevoli limiti<br />

oggettivi e temporali, e con il rispetto di rigorose<br />

garanzie sostanziali (i principi generali dell’ordinamento)<br />

e formali (la motivazione e<br />

l’adeguata istruttoria).<br />

All’interno di queste coordinate ermeneutiche, il<br />

potere di ordinanza può svolgersi con una relativa<br />

ampiezza, correlata, fra l’altro, alla possibilità<br />

di intendere la tutela dell’igiene e della salute<br />

pubblica in senso estensivo ed evolutivo come<br />

protezione dell’ambiente in tutte le sue componenti<br />

essenziali. Per le stesse ragioni, la proiezione<br />

finalistica verso la salvaguardia dei valori essenziali<br />

della comunità locale rende superflua<br />

l’individuazione delle cause del pericolo e delle<br />

responsabilità individuali dei destinatari del<br />

provvedimento. Non è nemmeno necessario che<br />

la situazione pregiudizievole si sia verificata in<br />

epoca prossima all’adozione dell’ordinanza; il requisito<br />

dell’urgenza è riferito al pericolo e non al<br />

fatto generatore del rischio. Pertanto, non è illegittimo<br />

un provvedimento contingibile in relazione<br />

a una situazione di pericolo già in atto da<br />

tempo.<br />

VIA: PRESCRIZIONI E CONDIZIONI<br />

NON POSSONO ESSERE CONSIDERATE<br />

VIZI DI INCOMPLETEZZA<br />

TAR Lazio,<br />

14 aprile 2005, n. 2032,<br />

Pes. Giulia, Rel. Quiligotti<br />

Valutazione d’impatto ambientale ­ Prescrizioni<br />

La presenza di prescrizioni e condizioni in seno<br />

ad una valutazione di impatto ambientale non<br />

può essere automaticamente assunta come indice,<br />

e tanto meno come prova da sola sufficiente,<br />

dell’esistenza di vizi di incompletezza<br />

ed insufficienza negli studi compiuti al riguardo<br />

dall’ente proponente, né vale di per sé a<br />

denotare l’inidoneità del progetto originario a<br />

ricevere una valutazione comunque sufficiente,<br />

poiché l’amministrazione, essendo titolare di<br />

un potere pieno di valutazione e di conformazione<br />

della decisione sull’opera, in presenza di<br />

manchevolezze del progetto per le quali l’opera<br />

appare di dubbia compatibilità ambientale<br />

non deve necessariamente esprimere una via<br />

negativa, ma deve, invece, valutare la possibilità<br />

di prescrivere misure mitigative o modifiche<br />

al progetto.<br />

104 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18


AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />

GIURISPRUDENZA<br />

Massime<br />

Nota<br />

Si veda TAR Lazio, sez. I, 31 maggio 2004, n. 5118,<br />

secondo cui le richieste di approfondimenti fatte<br />

in sede di valutazione d’impatto ambientale potrebbero<br />

essere dettate anche soltanto da ragioni<br />

di semplice opportunità, al cospetto di lacune inesistenti<br />

come tali o comunque inessenziali; d’altronde,<br />

la legge stessa specificamente prevede la<br />

possibilità che il provvedimento di compatibilità<br />

ambientale rechi, a parte il proprio contenuto essenziale,<br />

delle specifiche prescrizioni a valere sulla<br />

elaborazione del progetto definitivo, delle quali<br />

nel prosieguo dovrà essere puntualmente verificata<br />

l’ottemperanza (precisando le stesse norme,<br />

benché il provvedimento di compatibilità ambientale<br />

sia previsto come contestuale all’approvazione<br />

del progetto preliminare, che il relativo procedimento<br />

debba essere concluso, secondo le previsioni<br />

del relativo capo del decreto legislativo, “prima<br />

dell’avvio dei lavori”, di cui agli artt. 20, comma<br />

4, 18, comma 6, e 17, comma 2, D.Lgs. n. 190).<br />

Ne consegue che la presenza delle prescrizioni richiamate<br />

non può essere assunta automaticamente<br />

come indice ­ e tanto meno come prova da sola<br />

sufficiente dell’esistenza ­ dei vizi dedotti, rispetto<br />

ai quali non possiede alcun valore sintomatico (si<br />

veda, in relazione a una situazione analoga, anche<br />

CdS, sez. VI, n. 1/2004, nella quale è stato<br />

affermato con nettezza, appunto, che la formulazione<br />

di condizioni, in questa materia, non può<br />

affatto essere apprezzata quale dimostrazione<br />

dell’inidoneità del progetto originario a ricevere<br />

una valutazione positiva).<br />

Il merito<br />

TUTELA DEL DIRITTO ALLA SALUTE<br />

Tribunale di Mantova, sez. II,<br />

5 novembre 2004,<br />

Giudice Unico Bernardi<br />

Immissioni di odori provenienti da attività<br />

produttive ­ Normale tollerabilità ­ Limiti ­<br />

Diritto alla salute<br />

Il diritto alla salute va inteso come stato di benessere<br />

psicofisico la cui lesione viene determinata<br />

da ogni immissione idonea a provocare stress,<br />

esasperazione e tensione psicologica anche a prescindere<br />

dalla prova dell’esistenza di patologie.<br />

Al riguardo va evidenziato, da un lato, che il<br />

rispetto delle disposizioni pubblicistiche in tema<br />

di emissioni non esclude l’applicabilità delle norme<br />

che tutelano la salute nei rapporti interprivati<br />

le quali richiedono l’accertamento, caso per<br />

caso, della tollerabilità o meno delle immissioni<br />

e della loro concreta lesività per il riposo e la<br />

quiete di ogni soggetto interessato e, dall’altro,<br />

che, ove risultino superati i limiti della normale<br />

tollerabilità, si è in presenza di un’attività illegittima<br />

e non sono applicabili i criteri previsti dall’art.<br />

844 c.c. ma, venendo in considerazione<br />

unicamente l’illiceità del danno arrecato a terzi,<br />

si rientra nello schema dell’azione generale di<br />

risarcimento danni di cui all’art. 2043 c.c. ovvero<br />

di cui all’art. 2059 c.c. secondo la nuova prospettazione<br />

giurisprudenziale con riguardo al bene<br />

della salute.<br />

Nota<br />

Sulla irrilevanza dei limiti pubblici in tema di<br />

emissioni, allorché sia provata la concreta nocività<br />

delle stesse, si veda Cass. 3 febbraio 1999, n.<br />

915, secondo cui, in materia di immissioni rumorose,<br />

la circostanza che queste siano di livello inferiore<br />

a quello minimo previsto dai regolamenti<br />

locali non esclude l’applicabilità dell’art. 844 c.c. o<br />

delle altre norme poste a tutela della salute, ove<br />

in concreto sia accertata la nocività delle suddette<br />

immissioni per la salute dell’individuo.<br />

Sul rapporto tra l’azione di risarcimento del danno<br />

ex art. 2043 e quella di cui all’art. 844 c.c., si<br />

veda Cass. 7 agosto 2002, n. 11915, secondo cui in<br />

materia di immissioni, le due azioni di cui agli<br />

artt. 844 e 2043 c.c. hanno diverso ambito operativo,<br />

atteso che la prima norma impone, nei limiti<br />

della normale tollerabilità e dell’eventuale contemperamento<br />

delle esigenze della produzione<br />

con le ragioni della proprietà, l’obbligo di sopportazione<br />

delle propagazioni inevitabili determinate<br />

dall’uso della proprietà attuato nel contesto<br />

delle norme generali e speciali che ne disciplinano<br />

l’esercizio. Ove risultino superati questi limiti,<br />

si è in presenza di un’attività illegittima, di<br />

fronte alla quale non ha ragion d’essere l’imposizione<br />

di un sacrificio all’altrui diritto di proprietà<br />

o di godimento e non sono quindi applicabili i<br />

criteri dettati da questa norma ma, venendo in<br />

considerazione in questa ipotesi unicamente l’illiceità<br />

del fatto generatore del danno arrecato a<br />

terzi, si rientra nello schema dell’azione generale<br />

di risarcimento danni di cui all’art. 2043 c.c., che<br />

può essere proposta anche cumulativamente con<br />

l’azione ex art. 844 c.c.<br />

l<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

105


SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

DA CANTIERE: LA PERFORATRICE<br />

22<br />

<strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>, dopo una serie di approfondimenti dedicati a:<br />

­ terne (n. 18/2003);<br />

­ gru a torre (n. 22/2003);<br />

­ escavatori (n. 1/2004);<br />

­ gru a torre automontanti (n. 4/2004);<br />

­ dumper e autocarri (n. 6/2004);<br />

­ autogrù (n. 8/2004);<br />

­ rullo compattatore (n. 10/2004);<br />

­ vibrofinitrici (n. 13/2004);<br />

­ scarificatrici (n. 14/2004);<br />

­ motolivellatrici (n. 16/2004);<br />

­ autobetoniere (n. 18/2004);<br />

­ posatubi (n. 21/2004);<br />

­ motoruspe (n. 22/2004);<br />

­ argani (n. 2/2005);<br />

­ pompa per il calcestruzzo (n. 4/2005);<br />

­ sollevatori telescopici (n. 6/2005);<br />

­ pale caricatrici (n. 8/2005);<br />

­ apripista (n. 10/2005);<br />

­ piattaforme aeree sviluppabili (n. 12/2005);<br />

­ palificatrici a massa battente (n. 14/2005);<br />

­ seghe circolari (n. 16/2005);<br />

prosegue la pubblicazione degli inserti dedicati alla sicurezza delle macchine da cantiere<br />

occupandosi delle perforatrici.<br />

Destinata all’esecuzione di attività di scavo, di carico e di trasporto di terra o di materiali<br />

simili, la perforatrice, detta anche trivellatrice o trivella, è una macchina spesso di grandi<br />

dimensioni specializzata nella perforazione del terreno per fori di vario diametro non<br />

superiori, generalmente, ai 180 mm. Le modalità di perforazione sono sostanzialmente di<br />

due tipi, a percussione, dove il foro è realizzato sminuzzando la terra o la roccia del fondo<br />

battendola con l’utensile di percussione, o a rotazione, dove l’utensile di perforazione è di<br />

tipo rotante.<br />

L’Inserto propone un breve inquadramento normativo e un approfondimento che guida<br />

all’individuazione dei rischi mediante l’analisi delle principali caratteristiche e modalità di<br />

impiego, indica la documentazione necessaria a corredo della macchina, affronta il tema<br />

della formazione dell’operatore addetto alla conduzione. In chiusura, una check list per la<br />

verifica delle condizioni della macchina.<br />

Contributi di:<br />

• Marco Vigone<br />

• Claudio Conio


SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

INSERTO<br />

L’avviamento della macchina deve essere possibile solo mediante azionamento volontario del dispositivo di comando<br />

Perforatrice: misure di sicurezza e di ergonomia<br />

secondo la norma armonizzata UNI EN 791<br />

di Marco Vigone ingegnere, Presidente della Commissione <strong>Sicurezza</strong> UNI ­ Milano, CEN ­ Occupational<br />

Health and Safety Rapporteur ­ Bruxelles, Amministratore delegato IEC s.r.l. ­ Torino<br />

Utilizzato nell’industria delle<br />

costruzioni, della perforazione di<br />

pozzi d’acqua, in quella mineraria<br />

ed estrattiva e per la costruzione<br />

delle gallerie, le macchine<br />

perforatrici sono distinguibili<br />

tra loro secondo le modalità<br />

di impiego, il metodo di<br />

perforazione usato,<br />

a percussione o a rotazione,<br />

e quello di evacuazione del<br />

materiale scavato nonché il tipo<br />

di costruzione da effettuare.<br />

Questa macchina è fissa durante<br />

la lavorazione e può essere<br />

spostata mediante un sistema<br />

propulsivo indipendente. Devono<br />

essere provviste di una cabina che<br />

protegge l’operatore dal rumore,<br />

dalle polveri e dalle avverse<br />

condizioni meteorologiche,<br />

inoltre devono essere progettate<br />

ed equipaggiate con una<br />

struttura di protezione dalla<br />

caduta di oggetti (FOPS) e con<br />

una protezione che ripari dalla<br />

proiezione di oggetti in direzione<br />

orizzontale. L’utilizzo in sicurezza<br />

e i criteri di ergonomia di queste<br />

macchine sono contenuti nella<br />

norma armonizzata UNI EN 791.<br />

Il termine generale “Macchine perforatrici”<br />

include parecchi tipi di macchine<br />

usate nell’industria delle costruzioni,<br />

nell’industria della perforazione<br />

di pozzi d’acqua, nell’industria mineraria<br />

ed estrattiva, sia per l’uso a livello<br />

del suolo sia nel sottosuolo, e per la costruzione<br />

di gallerie. I differenti impieghi<br />

determinano la scelta del metodo di perforazione<br />

e il tipo di macchina. Per questa<br />

ragione esistono molti modi possibili<br />

per classificare le macchine perforatrici<br />

in gruppi differenti, per esempio secondo:<br />

l l’impiego;<br />

l il metodo di perforazione usato;<br />

l il metodo di evacuazione del materiale<br />

scavato;<br />

l il tipo di costruzione.<br />

I metodi usati per la perforazione possono<br />

essere fondamentalmente divisi in sistemi<br />

a percussione e in sistemi a rotazione.<br />

La perforazione a percussione è un<br />

metodo con il quale il foro viene realizzato<br />

frantumando la terra o la roccia sul<br />

fondo del foro di perforazione, battendola<br />

con l’utensile di perforazione ed evacuando<br />

il materiale scavato fuori dal foro.<br />

La perforazione a rotazione è un metodo<br />

in cui l’utensile di perforazione sul<br />

fondo del foro è rotante e, nello stesso<br />

momento, viene applicata una forza di<br />

avanzamento per mezzo di un dispositivo<br />

di avanzamento o di un appesantitore. La<br />

terra o la roccia sul fondo del foro di<br />

trivellazione viene frantumata o tagliata<br />

per pressione, per sforzo di taglio o di<br />

trazione esercitato dai differenti utensili<br />

di perforazione. Il materiale scavato viene<br />

rimosso saltuariamente o continuamente<br />

dal foro.<br />

La perforazione a roto-percussione<br />

viene realizzata da un pistone che agisce<br />

direttamente sull’utensile (perforatori a<br />

martello di fondo foro) o mediante energia<br />

di percussione trasmessa all’utensile<br />

attraverso un sistema di aste. Il pistone<br />

viene azionato o da un fluido idraulico o<br />

da aria compressa.<br />

Nello stesso momento l’utensile di<br />

perforazione viene fatto ruotare continuamente<br />

oppure a intermittenza.<br />

Il materiale scavato viene continuamente<br />

rimosso dal foro di trivellazione<br />

mediante un mezzo di lavaggio, aria o<br />

altro fluido, fatti giungere all’utensile.<br />

Esempi tipici di macchine perforatrici<br />

sono:<br />

l macchine perforatrici a percussione a<br />

fune;<br />

l macchine perforatrici per pali;<br />

l macchine perforatrici in testa al palo;<br />

l macchine perforatrici in sollevamento;<br />

l macchine perforatrici a circolazione<br />

inversa;<br />

l macchine perforatrici a rotazione e<br />

roto-percussione per perforazioni sotterranee;<br />

l macchine perforatrici a rotazione e a<br />

roto-percussione per perforazioni in superficie;<br />

l macchine perforatrici a rotazione con<br />

testa di rotazione;<br />

l macchine perforatrici a mandrino rotante;<br />

l macchine perforatrici per uso sotterraneo.<br />

Può essere utilizzato un rivestimento<br />

o un fluido di perforazione per stabilizzare<br />

il foro di trivellazione.<br />

Le macchine perforatrici sono fisse<br />

durante la perforazione; possono spostarsi<br />

da un posto all’altro mediante un sistema<br />

propulsivo indipendente. Le macchine<br />

che possiedono un sistema propulsivo<br />

indipendente possono includere quelle<br />

montate su camion, su rimorchi, su trattori,<br />

su cingoli, su pattini (tirati da verricelli).<br />

Quando le macchine perforatrici<br />

sono montate su camion, trattori e rimorchi,<br />

oppure sono su ruote, il trasporto<br />

può essere condotto a velocità superiore<br />

e su strade pubbliche. Quando si proget-<br />

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20 settembre 2005 ­ N. 18


INSERTO<br />

SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

tano e si costruiscono queste unità, deve<br />

essere prestata attenzione sia alle norme<br />

che trattano le macchine perforatrici sia a<br />

quelle di circolazione.<br />

Le questioni di sicurezza e i criteri di<br />

ergonomia di queste macchine sono contenuti<br />

nella norma armonizzata UNI EN 791<br />

e si riferiscono soprattutto alla parte principale<br />

dell’impiego, per esempio, quando la<br />

macchina è fissa e sta perforando.<br />

Per quanto riguarda l’emissione di rumore<br />

di queste macchine si deve fare<br />

riferimento alla direttiva europea n.<br />

2000/14/CE che la definisce alla voce 17<br />

come: «Perforatrici - Macchine utilizzate<br />

per l’esecuzione di fori in cantiere mediante:<br />

l percussione;<br />

l<br />

l<br />

rotazione;<br />

percussione - rotazione;<br />

I carri di perforazione sono stazionari<br />

durante la perforazione, ma possono spostarsi<br />

da un punto all’altro in quanto semoventi.<br />

Possono essere montati su autocarro,<br />

su autotelaio, su trattore, su cingoli,<br />

su slitta (trainata da argano). I carri di<br />

perforazione montati su autocarro, trattore<br />

o rimorchio, o comunque gommati,<br />

possono muoversi anche su strada».<br />

Postazione dell’operatore<br />

Le macchine perforatrici devono essere<br />

provviste di una cabina per proteggere<br />

l’operatore dal rumore, dalle polveri<br />

e dalle avverse condizioni meteorologiche.<br />

Possono, comunque, esistere anche<br />

tipi di macchine perforatrici oppure condizioni<br />

operative in cui non è possibile<br />

od opportuno fornire una cabina.<br />

Le macchine perforatrici devono essere<br />

progettate ed equipaggiate con una<br />

struttura di protezione dalla caduta di oggetti<br />

(FOPS) se sono specifiche per l’utilizzo<br />

in applicazioni che possono presentare<br />

il pericolo di caduta di massi.<br />

Le macchine perforatrici per pali devono,<br />

in ogni caso, essere provviste di un<br />

tetto di protezione.<br />

Bisogna tenere in considerazione anche<br />

la protezione dalla proiezione di oggetti<br />

in direzione orizzontale, per esempio<br />

nel caso di trivelle e perforazione di pali.<br />

La cabina deve fornire all’operatore:<br />

l ventilazione con adeguato filtraggio<br />

delle polveri, qualora necessario e opportuno,<br />

riscaldamento e/o raffreddamento;<br />

l protezione contro il rumore; il livello<br />

sonoro non deve superare gli 85 dB(A)<br />

all’interno della cabina;<br />

l isolamento dalle vibrazioni del pavimento;<br />

l un mezzo di evacuazione rapida dalla<br />

cabina;<br />

l un’uscita di emergenza, per esempio,<br />

sotto forma di finestre o pannelli staccabili,<br />

su un lato della cabina differente da<br />

quello sul quale è situata l’uscita normale,<br />

oppure un attrezzo per rompere il<br />

vetro;<br />

l un sedile, a meno che l’operatore non<br />

debba lavorare in posizione eretta. Il sedile<br />

deve assicurare all’operatore una posizione<br />

di lavoro confortevole e stabile e<br />

deve essere facilmente adattabile a operatori<br />

di peso e altezza differenti. Inoltre,<br />

deve essere progettato in modo da ridurre<br />

le vibrazione trasmesse all’operatore<br />

al livello più basso ragionevolmente ottenibile;<br />

l un dispositivo di pulizia del parabrezza.<br />

I pannelli trasparenti delle porte e delle<br />

finestre devono essere realizzati in vetro<br />

di sicurezza stratificato o di materiale<br />

equivalente.<br />

Visibilità<br />

La visibilità dalla postazione del conducente<br />

e/o dell’operatore deve essere tale<br />

che durante la perforazione o la manovra,<br />

il conducente o l’operatore possano<br />

azionare la macchina perforatrice senza<br />

causare danno a se stessi o ad altre persone.<br />

Se necessario, devono essere forniti<br />

aiuti ottici o altri mezzi.<br />

Comandi<br />

Avviamento<br />

L’avviamento della fonte principale di<br />

energia della macchina perforatrice deve<br />

essere possibile solo mediante azionamento<br />

volontario del dispositivo di comando<br />

d’avviamento.<br />

Ciò si applica anche dopo un arresto<br />

dovuto a qualsiasi causa.<br />

L’avviamento non autorizzato deve<br />

essere evitato fornendo adatte protezioni,<br />

per esempio cabine bloccabili a chiave,<br />

interruttori di avviamento bloccabili a<br />

chiave o interruttori di isolamento elettrico<br />

bloccabili a chiave.<br />

Se la macchina perforatrice ha diversi<br />

comandi di avviamento, essi devono essere<br />

bloccabili tra loro in modo che l’avviamento<br />

possa essere effettuato da uno<br />

solo di essi.<br />

In una macchina perforatrice ad azionamento<br />

pneumatico deve essere fornito<br />

un dispositivo di arresto principale sulla<br />

macchina, il quale colleghi la macchina<br />

perforatrice all’alimentazione di aria oppure,<br />

nella posizione di chiuso, interrompa<br />

l’alimentazione di aria e ne faccia sfogare<br />

la pressione presente all’interno della<br />

macchina.<br />

Arresto normale<br />

La macchina perforatrice deve essere<br />

equipaggiata con un dispositivo di arresto<br />

mediante il quale la perforazione possa<br />

essere portata a termine in modo sicuro<br />

fino all’arresto completo.<br />

Arresto di emergenza<br />

Al fine di poter prevenire rapidamente<br />

un pericolo effettivo o potenziale, devono<br />

essere forniti dei dispositivi di arresto<br />

di emergenza. Essi devono arrestare il<br />

più velocemente possibile qualsiasi movimento<br />

pericoloso, per evitare lo svilupparsi<br />

di una situazione di emergenza senza<br />

però creare pericoli aggiuntivi. In ogni<br />

postazione di azionamento o di conduzione<br />

deve esserci un dispositivo di arresto<br />

di emergenza.<br />

Un dispositivo di arresto di emergenza<br />

con effetto locale deve arrestare una<br />

specifica e limitata funzione, per esempio<br />

rotazione e avanzamento.<br />

Dispositivi di comando<br />

I dispositivi di comando devono essere<br />

marcati senza ambiguità, e posizionati<br />

per consentire un funzionamento sicuro,<br />

rapido e comodo.<br />

I dispositivi di comando devono essere<br />

progettati in modo che i loro movimenti<br />

siano coerenti con i loro effetti.<br />

Tutti i comandi, a parte quelli che<br />

comandano operazioni continuative, quali<br />

per esempio le operazioni di perforazione<br />

e di intubaggio, devono essere del<br />

tipo a rilascio automatico.<br />

I dispositivi di comando devono essere:<br />

l comodamente raggiungili quando sono<br />

di primaria importanza;<br />

l normalmente raggiungibili, quando<br />

sono di secondaria importanza;<br />

l quando possibile collocati al di fuori<br />

della zona di pericolo.<br />

Qualora ci sia più di una postazione<br />

per l’operatore, la macchina perforatrice<br />

deve essere provvista di un selettore che<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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III


SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

INSERTO<br />

permetta di selezionare volontariamente<br />

la posizione di comando da utilizzare. Ciò<br />

non si applica ai dispositivi di arresto di<br />

emergenza o ai dispositivi di sicurezza.<br />

Dispositivi di arresto di emergenza<br />

e dispositivi di sicurezza<br />

I dispositivi di arresto di emergenza<br />

devono essere collocati in posizioni facilmente<br />

raggiungibili dall’operatore.<br />

L’arresto di emergenza, dopo l’azionamento,<br />

deve restare attivo finché non venga<br />

riarmato manualmente. Questo riarmo<br />

manuale non deve avviare la macchina,<br />

ma deve solo permettere il riavviamento<br />

mediante la normale procedura.<br />

Le macchine perforatrici con una guida<br />

di avanzamento, qualora vi sia il pericolo<br />

che il personale possa rimanere impigliato<br />

e ferito dall’elemento rotante,<br />

devono essere provviste di dispositivi<br />

sensibili supplementari, nelle immediate<br />

vicinanze del sistema di aste del perforatore<br />

rotante, accessibili al personale. I dispositivi<br />

sensibili devono essere installati<br />

ed equipaggiati in modo che essi vengano<br />

automaticamente azionati in situazione<br />

di emergenza dal corpo, o da parti del<br />

corpo, senza alcun ritardo o difficoltà.<br />

Gli attuatori del dispositivo sensibile devono<br />

essere chiaramente marcati.<br />

Se la macchina perforatrice è equipaggiata<br />

con un sistema meccanico di<br />

movimentazione del tubo o dell’asta di<br />

perforazione, è sufficiente che sia presente<br />

un dispositivo sensibile sul lato libero<br />

del tubo o dell’asta di perforazione.<br />

Quando viene azionato il dispositivo<br />

sensibile, qualsiasi energia residua nel sistema<br />

deve essere contenuta o dissipata<br />

in modo da non causare movimenti pericolosi.<br />

Il dispositivo sensibile, dopo l’azionamento,<br />

deve rimanere attivo fino al riarmo<br />

manuale.<br />

Questo riarmo manuale non deve avviare<br />

la macchina ma deve solo permettere<br />

il riavviamento mediante la normale<br />

procedura.<br />

Se questo dispositivo sensibile non è<br />

realizzabile, a causa di motivi operativi,<br />

la zona pericolosa deve essere ad accesso<br />

proibito durante la perforazione e durante<br />

l’esecuzione di altre operazioni pericolose.<br />

L’area ad accesso proibito deve essere<br />

indicata da un cartello di “Vietato l’accesso”.<br />

Occorre, inoltre, che, se l’azionamento<br />

accidentale dei comandi può causare<br />

un pericolo, sui pannelli di comando deve<br />

essere posizionata una protezione per<br />

prevenire questa possibilità.<br />

Nel caso in cui la macchina perforatrice<br />

possa operare senza operatore a bordo<br />

occorre che l’avviamento e la fermata<br />

della macchina perforatrice siano possibili<br />

soltanto agendo sui comandi della macchina<br />

stessa, oppure da una postazione di<br />

comando con sufficiente visibilità sull’area<br />

di lavoro, per esempio per mezzo<br />

di una telecamera a circuito chiuso. La<br />

macchina perforatrice deve essere equipaggiata<br />

con un segnale visivo e/o acustico<br />

che entri in funzione automaticamente<br />

prima dell’avviamento, indicando che la<br />

macchina perforatrice sta funzionando<br />

comandata a distanza o automatizzata.<br />

In questo caso la macchina perforatrice<br />

deve essere equipaggiata con un dispositivo<br />

di arresto di emergenza, situato<br />

sul pannello dei comandi nella postazione<br />

di comando/controllo, e dispositivi<br />

supplementari di arresto di emergenza<br />

devono essere collocati sulla macchina<br />

perforatrice ed essere accessibili facilmente<br />

e in modo sicuro dall’esterno della<br />

macchina stessa.<br />

I circuiti di comando di una perforatrice<br />

che può essere comandata a distanza<br />

o automatizzata devono essere progettati<br />

in modo che il funzionamento si interrompa<br />

automaticamente in caso di interruzione<br />

o rottura del collegamento tra<br />

l’operatore e la macchina, oppure quando<br />

la sequenza di operazioni iniziata è stata<br />

completata.<br />

Il sistema di comando in una macchina<br />

senza operatore che funzioni automaticamente<br />

deve essere progettato con un<br />

sistema integrato di diagnosi, che interrompa<br />

il funzionamento nel momento in<br />

cui rileva un guasto oppure un funzionamento<br />

anormale.<br />

Il riarmo, dopo un guasto in una parte<br />

del sistema, non deve rimettere in azione<br />

nessuna funzione automatica.<br />

La rimessa in moto deve essere possibile<br />

soltanto in modo intenzionale da<br />

parte dell’operatore.<br />

La macchina perforatrice deve essere<br />

fornita di un interruttore per selezionare<br />

il modo di comando locale o a distanza.<br />

Il comando locale deve sempre avere<br />

priorità rispetto al comando a distanza.<br />

Dispositivi di allarme<br />

I dispositivi di allarme quali, per<br />

esempio, i segnali, devono essere chiari e<br />

facilmente percepibili.<br />

L’operatore deve poter verificare il<br />

funzionamento di tutti i dispositivi essenziali<br />

di allarme in qualsiasi momento.<br />

Deve essere presente un segnale di<br />

allarme acustico ad azionamento manuale<br />

per avvertire il personale nell’area<br />

di lavoro di un pericolo imminente. Deve<br />

essere possibile azionare il segnale<br />

acustico da ogni postazione di conduzione<br />

o di azionamento, compresa (se<br />

pertinente) una postazione di controllo a<br />

distanza. Il livello sonoro del segnale di<br />

allarme deve essere almeno 5 dB più<br />

alto del rumore prodotto dalla macchina<br />

perforatrice a una distanza di 2 m.<br />

Deve essere presente anche un segnale<br />

di allarme automatico, acustico o visivo,<br />

azionato in caso di marcia indietro.<br />

Una macchina perforatrice comandata<br />

a distanza e/o senza operatore, che<br />

funzioni automaticamente, deve essere<br />

fornita di un segnale luminoso di allarme<br />

che deve essere azionato automaticamente<br />

prima dell’avviamento e quando la<br />

macchina perforatrice lavora comandata<br />

a distanza o automaticamente.<br />

Questo requisito può non essere rispettato<br />

per una macchina perforatrice<br />

comandata a distanza con il pannello di<br />

comando situato nei pressi della macchina<br />

perforatrice stessa e nel caso in cui vi<br />

sia contatto visivo diretto tra l’operatore<br />

e la macchina.<br />

Informazioni per l’uso<br />

La norma in esame fornisce precise<br />

disposizioni per il manuale d’uso che deve<br />

essere consegnato con la macchina. Si<br />

riportano solo le principali, rimandando<br />

alla norma UNI EN 791 per un loro esame<br />

completo.<br />

Con ogni macchina perforatrice devono<br />

essere forniti i seguenti manuali di<br />

istruzioni:<br />

l istruzioni per l’operatore;<br />

l istruzioni per la manutenzione;<br />

l lista dei pezzi di ricambio;<br />

l istruzioni di trasporto e montaggio, se<br />

pertinenti.<br />

Le istruzioni per l’operatore devono<br />

essere disponibili sulla macchina in un<br />

luogo appositamente predisposto, devono<br />

informare l’operatore stesso sul modo<br />

di utilizzare la macchina e devono essere<br />

incluse tutte le istruzioni importanti per il<br />

funzionamento sicuro della macchina.<br />

Devono, inoltre, contenere, nella prima<br />

pagina e/o nella copertina, le seguenti<br />

informazioni:<br />

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20 settembre 2005 ­ N. 18


INSERTO<br />

SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

l il titolo delle istruzioni;<br />

l la designazione del tipo di macchina<br />

perforatrice interessata, insieme a informazioni<br />

sul tipo, sul modello e sul numero<br />

di serie, se pertinenti;<br />

l il nome e l’indirizzo completo del costruttore<br />

e del venditore, del distributore<br />

o del rivenditore autorizzato.<br />

Le istruzioni devono contenere almeno<br />

le seguenti informazioni e direttive<br />

per l’utilizzo sicuro della macchina perforatrice:<br />

l le stesse informazioni della targa dati;<br />

l i nomi e gli indirizzi oppure un riferimento<br />

a una lista di agenti autorizzati per<br />

le riparazione e il servizio;<br />

l le istruzioni sull’utilizzo previsto della<br />

macchina;<br />

l le istruzioni complete per il funzionamento<br />

della macchina;<br />

l una lista delle situazioni - prevedibili<br />

in base all’esperienza - nelle quali la macchina<br />

perforatrice non deve essere utilizzata<br />

e altri prevedibili utilizzi scorretti;<br />

l una descrizione dei comandi per<br />

l’operatore e il senso di movimento degli<br />

elementi mobili;<br />

l la necessità di verificare il corretto<br />

funzionamento dei dispositivi di arresto<br />

di emergenza e dei dispositivi di spostamento<br />

prima dell’inizio di ogni turno e<br />

dopo la manovra;<br />

l informazioni complete riguardo la<br />

stabilità in modo da consentire il corretto<br />

stazionamento, conduzione e funzionamento<br />

della macchina perforatrice. I<br />

massimi angoli di inclinazione ammissibili<br />

devono essere stabiliti per le condizioni<br />

di stazionamento, di perforazione e<br />

di manovra;<br />

l definire la velocità minima del vento<br />

che rende necessaria l’interruzione della<br />

perforazione e la collocazione della macchina<br />

perforatrice in posizione di stazionamento;<br />

l definire le misure da prendere quando<br />

la forza del vento supera il valore ammissibile<br />

per la condizione di macchina stazionaria<br />

e fuori servizio;<br />

l se necessario, devono essere forniti i<br />

limiti delle condizioni di manovra;<br />

l la massima inclinazione ammissibile<br />

per la macchina perforatrice con i margini<br />

di stabilità fissati durante la manovra<br />

in pendenza;<br />

l la spiegazione dei simboli utilizzati;<br />

l una vista generale della macchina<br />

perforatrice e dei suoi accessori;<br />

l i necessari disegni, diagrammi e illustrazioni,<br />

di dimensioni sufficienti a mostrare<br />

chiaramente la designazione dei<br />

componenti principali, le loro funzioni,<br />

le loro collocazioni e relazioni con l’intera<br />

macchina perforatrice;<br />

l un diagramma carico/velocità per i<br />

verricelli e gli argani;<br />

l la massima pressione al suolo che si<br />

verifica in condizioni di funzionamento;<br />

l avvertenze speciali riguardo ad azioni<br />

che possono causare infortuni all’operatore<br />

o ad altro personale;<br />

l istruzioni per azionare le macchine<br />

perforatrici in zone delimitate, in modo<br />

che i gas di scarico vengano indirizzati in<br />

modo da non ritornare nell’area di lavoro<br />

e creare così un pericolo;<br />

l informazioni sulla zona ad accesso<br />

vietato, necessaria per una macchina perforatrice<br />

comandata a distanza e/o senza<br />

operatore, che funziona automaticamente;<br />

l informazioni sull’area sicura dalla<br />

quale l’operatore può comandare la macchina<br />

perforatrice con la scatola di controllo<br />

a distanza, per esempio la distanza<br />

di sicurezza tra l’operatore e la macchina<br />

perforatrice;<br />

l informazioni sui pericoli residui che<br />

possono presentarsi in seguito a insufficienza<br />

del sistema di protezione, per<br />

esempio la necessità di pulire la trivella;<br />

l istruzioni sull’uso delle imbragature<br />

di sicurezza e dell’equipaggiamento di<br />

evacuazione;<br />

l le precauzioni di sicurezza da prendere<br />

durante il trasporto, il montaggio e lo<br />

smantellamento della macchina perforatrice<br />

e di sue parti e accessori, con particolare<br />

attenzione al montaggio e al fissaggio<br />

delle antenne di perforazione, delle<br />

torri di perforazione e delle guide di<br />

avanzamento;<br />

l la collocazione e l’uso degli estintori;<br />

l i limiti delle temperature ambiente<br />

per le quali la macchina perforatrice è<br />

stata progettata;<br />

l il livello sonoro ponderato A nella postazione<br />

dell’operatore se supera i 70 dB.<br />

Se il livello sonoro non dovesse superare<br />

i 70 dB, ciò deve essere indicato;<br />

l il livello di potenza sonora ponderata<br />

A continua emesso dalla macchina, se il<br />

livello sonoro in qualsiasi postazione di<br />

lavoro dovesse superare gli 85 dB;<br />

l la media quadratica ponderata dell’accelerazione<br />

alla quale il corpo è sottoposto<br />

se supera 0,5 m/s 2 , se invece non supera<br />

questo valore, ciò deve essere riportato.<br />

Al fine di assicurare un soddisfacente<br />

livello di sicurezza, le seguenti istruzioni<br />

devono essere fornite in una voce a parte:<br />

l dove si presentano i maggiori pericoli,<br />

e quali misure vanno prese per rendere<br />

sicuro il funzionamento;<br />

l le figure che mostrano le zone pericolose<br />

della macchina perforatrice, sia durante<br />

la perforazione sia durante la manovra;<br />

l devono essere fornite istruzioni su<br />

come sostituire in modo sicuro le aste e i<br />

tubi di perforazione con l’aiuto di meccanismi<br />

rotanti e altri mezzi ausiliari che<br />

si rendessero disponibili;<br />

l devono essere fornite istruzioni su come<br />

sono stati installati e su come funzionano<br />

i dispositivi di arresto di emergenza<br />

e di spostamento;<br />

l la necessità di verificare il corretto<br />

funzionamento dei dispositivi di arresto<br />

di emergenza e dei dispositivi di spostamento<br />

prima dell’inizio di ogni turno e<br />

dopo la manovra;<br />

l le istruzioni devono specificare che<br />

gli operatori devono ricevere un addestramento<br />

pratico sul funzionamento della<br />

macchina perforatrice, con particolare<br />

enfasi sulle precauzioni di sicurezza sopra<br />

citate;<br />

l le istruzioni per l’uso di impianti per<br />

controllare le condizioni atmosferiche<br />

ambientali, in caso di lavoro in uno spazio<br />

confinato;<br />

l le istruzioni e le informazioni sul<br />

montaggio e sullo smontaggio modulare<br />

della macchina perforatrice;<br />

l le istruzioni per rimuovere il ghiaccio<br />

in caso di temperature sotto lo zero.<br />

Il rumore emesso<br />

Le macchine perforatrici richiedono<br />

la dichiarazione da parte del costruttore<br />

del livello sonoro garantito di emissione<br />

ma non è necessario l’intervento, per<br />

questa dichiarazione, di un Organismo<br />

terzo, i cosiddetti Organismi Notificati,<br />

in quanto non sono soggetti a ben determinati<br />

limiti di emissione acustica.<br />

Il fabbricante deve, pertanto, consegnare<br />

all’acquirente una dichiarazione<br />

contenente questo livello di emissione,<br />

secondo quanto richiesto dall’Allegato II<br />

alla direttiva n. 2000/14/CE e apporre<br />

sulla macchina il simbolo recante la marcatura<br />

CE e l’indicazione della potenza<br />

sonora garantita.<br />

Inoltre, deve, ovviamente, indicare nel<br />

manuale d’istruzione, come richiesto dal<br />

punto 1.7.4 dell’allegato I alla Direttiva<br />

Macchine, il livello sonoro esistente sul<br />

posto di lavoro occupato dal lavoratore,<br />

come già evidenziato precedentemente. l<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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V


SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

INSERTO<br />

Nei modelli di piccolissime dimensioni l’operatore utilizza la macchina da terra tramite un comando a distanza<br />

Perforatrice: una macchina movimento terra<br />

per le attività di scavo e di trasporto<br />

di Claudio Conio, architetto, Area Progettazione, Ricerca, Sviluppo di ESEM ­ Ente Scuola Edile Milanese<br />

La macchina perforatrice è una<br />

delle più fortemente specializzate<br />

tra quelle destinate alla<br />

movimentazione della terra.<br />

È utilizzata nelle attività agricole,<br />

edili e produttive per le attività<br />

di scavo, di carico e di trasporto<br />

di terra e materiali simili.<br />

Costituita da un carro gommato<br />

o cingolato, è dotata di una<br />

cabina di guida e uno o più<br />

gruppi di mast di perforazione<br />

orientabili nello spazio con testa<br />

di perforazione e dispositivi<br />

di bloccaggio. Esistono due<br />

diverse tipologie distinte in<br />

funzione delle modalità<br />

di utilizzo, i jumbo, progettati<br />

per ottimizzare il rendimento<br />

della macchina nella perforazione<br />

orizzontale e impiegate<br />

prevalentemente in galleria,<br />

e i wagon drill, di maggiori<br />

dimensioni per supportare<br />

un solo braccio di perforazione<br />

di grandi proporzioni, presentano<br />

una eccellente capacità di<br />

perforazione verticale.<br />

Tra le macchine movimento<br />

terra, ovvero i mezzi semoventi<br />

che, nelle attività agricole,<br />

edili e produttive in generale,<br />

sono adibiti all’esecuzione delle<br />

attività di scavo, di carico e di<br />

trasporto di terra o di materiali a<br />

essa assimilati (roccia, sabbia,<br />

ghiaia ecc.), le perforatrici rappresentano<br />

una delle tipologie più<br />

fortemente specializzate.<br />

Le perforatrici, chiamate in<br />

gergo anche trivellatrici o trivelle,<br />

sono macchine, spesso di grandi<br />

dimensioni, specializzate nella<br />

perforazione, che vengono utilizzate<br />

per l’esecuzione di fori di vario<br />

diametro generalmente non superiori<br />

ai 180 mm.<br />

Queste macchine sono composte<br />

da un carro cingolato o gommato<br />

con motore diesel, una cabina<br />

di guida, uno o più gruppi mast<br />

di perforazione orientabili nello<br />

spazio e dotati di testa di perforazione<br />

e dispositivi di bloccaggio;<br />

alcune tipologie tipicamente utilizzate<br />

per gli scavi in galleria e caratterizzate<br />

da particolare potenza,<br />

sono anche chiamate jumbo per le<br />

loro enormi dimensioni.<br />

Il gruppo di perforazione è movimentato<br />

da un sistema idraulico<br />

oleodinamico che permette alla<br />

trivella di posizionarsi come desiderato<br />

regolando, in massima libertà<br />

e precisione, direzione, altezza<br />

e profondità della perforazione,<br />

in casi particolari o per<br />

macchine di piccola dimensione è<br />

possibile utilizzare anche l’aria<br />

compressa come fonte di energia<br />

del gruppo di trivellazione.<br />

Adatte a un uso intensivo su<br />

qualsiasi tipo di terreno sono in<br />

grado di perforare qualsiasi tipo di<br />

terreno anche roccioso, conglomerati<br />

e tutti gli altri materiali di<br />

consistenza analoga.<br />

Nei cantieri edili tradizionali<br />

vengono impiegate per la realizzazione<br />

di pozzi verticali e l’infissione<br />

di micropali, mentre nelle<br />

cave e nella realizzazione di gallerie<br />

e scavi minerari sono spesso<br />

utilizzate per preparare i fori e le<br />

sedi per la volata di esplosivo.<br />

Principali tipologie<br />

in commercio<br />

La famiglia delle perforatrici<br />

raggruppa principalmente due distinte<br />

tipologie di macchinari, di<br />

concezione molto simile tecnologicamente,<br />

ma di impiego sostanzialmente<br />

diverso:<br />

l i jumbo;<br />

l i wagon drill (trivellatrici verticali).<br />

I jumbo sono macchine semoventi<br />

generalmente gommati attrezzati<br />

con un numero variabile<br />

di bracci in grado di movimentare<br />

ognuno una slitta di perforazione.<br />

Sono progettati per ottimizzare il<br />

rendimento della macchina nella<br />

perforazione orizzontale pertanto<br />

vengono utilizzati prevalentemente<br />

negli scavi in galleria dove è<br />

possibile sfruttare il numero e la<br />

grande agilità dei bracci coprendo<br />

una significativa area di lavoro<br />

senza richiedere il riposizionamento<br />

del carro.<br />

Spesso utilizzati per la preparazione<br />

di una volata di esplosivo,<br />

possono essere accessoriati con<br />

bracci e cestelli adibiti al carico<br />

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20 settembre 2005 ­ N. 18


INSERTO<br />

SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

dell’esplosivo nei fori di volata.<br />

I wagon drill, o trivellatrici, sono<br />

macchine più frequentemente<br />

cingolate adibite al supporto di un<br />

solo braccio di grande dimensione<br />

con slitta e perforatrice. Queste<br />

macchine hanno una capacità di<br />

movimentazione del carro e del<br />

braccio generalmente più limitata<br />

rispetto a un jumbo, ma offrono<br />

una eccellente capacità di perforazione<br />

verticale, inoltre, all’occorrenza,<br />

anche loro possono arrivare<br />

a perforare in orizzontale o lungo<br />

tutti gli angoli intermedi.<br />

Spesso le trivellatrici cingolate<br />

sono accessoriate con serbatoi e<br />

caricatori automatici di aste per<br />

eseguire fori notevolmente lunghi;<br />

inoltre, le perforatrici possono<br />

portare anche martelli fondo foro<br />

per eseguire fori di maggior diametro.<br />

Tutte le perforatrici possono<br />

essere distinte in funzione della<br />

potenza impiegata e delle dimensioni<br />

del carro.<br />

Le più potenti raggiungono i<br />

120 kW e possono essere utilizzate<br />

solo all’esterno o in opere di<br />

grande dimensione; un gruppo intermedio<br />

compreso tra i 70 e 120<br />

kW è particolarmente idoneo per<br />

il lavoro in sotterraneo e per la<br />

realizzazione di gallerie stradali e<br />

ferroviarie; le più piccole, con<br />

potenze tra i 20 e i 70 kW, possono<br />

lavorare anche in ambienti di<br />

dimensione ridotta come sotterranei,<br />

garage, cunicoli e camere per<br />

la manutenzione tecnica di impianti.<br />

Caratteristiche tecniche<br />

La caratteristica peculiare di<br />

questa attrezzatura è chiaramente<br />

la potenza di perforazione che la<br />

macchina è in grado di garantire.<br />

Generalmente questa potenza è<br />

identificata con quella del motore,<br />

ma anche altre caratteristiche,<br />

quali il peso del mezzo, la capacità<br />

di movimentazione del braccio<br />

con la slitta di perforazione e altri<br />

parametri geometrico-strutturali<br />

della macchina concorrono al raggiungimento<br />

della prestazione.<br />

I wagon drill, tipicamente assemblate<br />

su carro cingolato, oltre<br />

alla potenza di perforazione, vengono<br />

scelti dagli operatori che si<br />

orientano all’acquisto, per la profondità<br />

di trivellazione che il dispositivo<br />

riesce a raggiungere. Il<br />

gruppo di perforazione, generalmente,<br />

può lavorare sia con sistemi<br />

a rotazione sia con dispositivi<br />

di rotopercussione in relazione alle<br />

caratteristiche geologiche del<br />

terreno. Le dimensioni della macchina<br />

possono raggiungere una<br />

notevole rilevanza nei modelli più<br />

potenti.<br />

I jumbo, tipicamente assemblati<br />

su carro gommato, raramente vengono<br />

impiegati al di fuori delle<br />

opere in galleria e per la realizzazione<br />

di fori di lunghezza superiore<br />

ai 5 metri anche se sono in<br />

grado di garantire la prestazione<br />

aggiungendo adeguatamente le<br />

aste di perforazione. Pertanto, uno<br />

dei principali requisiti è rappresentato<br />

dalla capacità di movimentazione<br />

della macchina e soprattutto<br />

dal numero e dall’ampiezza<br />

di posizioni garantite dai<br />

bracci di sostegno delle slitte di<br />

perforazione.<br />

Nei modelli di grande dimensione<br />

con cabina di guida, la postazione<br />

di comando è generalmente<br />

insonorizzata e protetta da<br />

una struttura ROPS (Roll Over<br />

Protective Structure - ISO 3471-1,<br />

15 settembre 1980) di protezione<br />

contro lo schianto, il rovesciamento<br />

e il ribaltamento, analogamente<br />

per le macchine destinate al<br />

lavoro in galleria è opportuno disporre<br />

delle protezioni dalla caduta<br />

di oggetti dall’alto FOPS (Falling<br />

Object Protective Structure -<br />

ISO 3449, 15 aprile 1984).<br />

Il posto di guida, dotato di cinture<br />

di sicurezza (la struttura di<br />

protezione ROPS risulta assolutamente<br />

inefficace in assenza di sistemi<br />

di ritenzione dell’operatore)<br />

è del tipo antivibrante.<br />

I principali accessori di uso comune<br />

per una macchina di perforazione<br />

sono ovviamente i dispositivi<br />

che ottimizzano la capacità<br />

di penetrazione della macchina,<br />

quali:<br />

l le slitte di varia lunghezza necessarie<br />

per praticare fori di diversa<br />

profondità o per contenere il<br />

numero delle aggiunte di aste necessarie;<br />

l le aste di perforazione di diverso<br />

diametro in relazione alle esigenze;<br />

l i serbatoi e i caricatori automatici<br />

di aste;<br />

l i martelli fondo foro per la realizzazione<br />

di fonometrie di grande<br />

diametro.<br />

Inoltre, sono disponibili dispositivi<br />

per l’aspirazione e l’abbattimento<br />

delle polveri e altri accessori<br />

specialistici per particolari situazioni<br />

di lavoro.<br />

Normalmente, i dispositivi per<br />

il puntamento delle slitte di perforazione<br />

che permettono di mantenere<br />

automaticamente il parallelismo<br />

dei fori e il disincaglio automatico<br />

sono accessori che accompagnano<br />

sempre le perforatrici<br />

jumbo; inoltre, si possono avere<br />

anche dispositivi di puntamento<br />

computerizzati per il posizionamento<br />

dei bracci rispetto a uno<br />

schema di volata prefissato.<br />

In galleria e negli spazi confinati<br />

poco ventilati, qualora i jumbo<br />

siano privi di sistema di aspirazione<br />

delle polveri, è necessario<br />

che abbiano un sistema di perforazione<br />

a umido, nel quale la trivellazione<br />

della roccia avviene sotto<br />

la costante irrorazione di opportuni<br />

spruzzatori d’acqua che mantengono<br />

costantemente bagnata<br />

l’area di lavoro. Sia in caso di<br />

aspirazione sia in caso di irrorazione,<br />

i dispositivi a questo preposti<br />

devono essere azionati automaticamente<br />

all’avvio delle lavorazioni<br />

e devono rimanere in funzione<br />

per tutta la loro durata.<br />

Le perforatrici semoventi sono<br />

dotate di dispositivi acustici e lu-<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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VII


SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

minosi di segnalazione e avvertimento<br />

nonché di dispositivi di illuminazione<br />

del campo di manovra,<br />

tuttavia, in caso di lavoro in<br />

sotterraneo o in notturna, occorre<br />

verificare preventivamente la possibilità<br />

di illuminare correttamente<br />

l’area di lavoro.<br />

Principali caratteristiche<br />

e modalità di impiego<br />

L’operatore, nei modelli di piccolissima<br />

dimensione, controlla la<br />

macchina da terra tramite un comando<br />

a distanza, mentre per i<br />

lavori in sotterraneo, che espongono<br />

l’operatore a pericoli di crolli<br />

e caduta di materiale dall’alto,<br />

si deve ricorrere a modelli con posto<br />

di comando protetto da cabina<br />

antischiacciamento.<br />

Nelle attività di trivellazione<br />

verticale, essendo opportuno l’ausilio<br />

di un operatore a terra per il<br />

controllo del corretto infilaggio<br />

delle aste di perforazione, si dovrà<br />

coordinare adeguatamente<br />

l’operato del conduttore macchina<br />

e l’intervento del personale a<br />

terra. Solo dopo che l’addetto alle<br />

aste di perforazione si è allontanato<br />

e ha dato segnale di via libera<br />

l’operatore potrà dare inizio all’attività<br />

di perforazione.<br />

Le operazioni di manutenzione<br />

devono essere operate ribaltando<br />

il mast di perforazione ed evitando<br />

di accedervi con scale o mezzi<br />

di fortuna. Durante gli spostamenti<br />

si deve tenere il mast di perforazione<br />

in posizione di riposo.<br />

ocumentazione a corredo<br />

della macchina<br />

Generalmente, le grandi macchine<br />

perforatrici non sono automezzi<br />

immatricolati e targati idonei<br />

per la circolazione su strada;<br />

quindi, sono dispensati dall’avere<br />

un libretto di circolazione e un<br />

foglio complementare, però devono<br />

essere sempre provvisti di targa<br />

riportante, in modo facilmente<br />

leggibile e indelebile, almeno le<br />

seguenti indicazioni:<br />

INSERTO<br />

l nome ed indirizzo del fabbricante;<br />

l designazione della serie e del<br />

tipo;<br />

l anno di fabbricazione;<br />

l eventuale numero di serie;<br />

l marcatura CE e altri marchi di<br />

conformità;<br />

l principali caratteristiche tecniche<br />

della macchina.<br />

Attualmente, tutte le macchine<br />

per movimento terra sono soggette<br />

alla marcatura CE, alla dichiarazione<br />

di conformità, al rilascio<br />

del libretto di istruzioni circa<br />

l’uso e la manutenzione. Pertanto,<br />

la macchina deve essere dotata di<br />

un documento riportante le informazioni<br />

di carattere tecnico, le<br />

istruzioni d’uso e manutenzione<br />

ordinaria, straordinaria e preventiva,<br />

e le indicazioni necessarie per<br />

eseguire in sicurezza la messa in<br />

funzione, l’utilizzazione, il trasporto,<br />

l’installazione, il montaggio<br />

e lo smontaggio, la regolazione,<br />

la manutenzione e la riparazione<br />

della macchina.<br />

È necessario leggere attentamente<br />

il libretto d’istruzioni che<br />

deve comprendere tutte le informazioni<br />

necessarie a un uso e una<br />

manutenzione adeguata, compresa<br />

la possibilità di montare accessori.<br />

Gli stessi accessori sono, a loro<br />

volta, “macchine” e devono, quindi,<br />

essere marcati CE. I rispettivi<br />

documenti di accompagnamento<br />

devono specificare a quali macchine<br />

(costruttore, tipo e modello)<br />

possono essere applicati. È vietato<br />

assemblare macchine e accessori<br />

che non siano esplicitamente compatibili.<br />

Le perforatrici, sia gommate<br />

sia cingolate, sono macchine soggette<br />

a marcatura secondo quanto<br />

previsto dall’Allegato I, parte C,<br />

D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 262,<br />

relativo all’emissione acustica<br />

ambientale delle macchine e delle<br />

attrezzature destinate a funzionare<br />

all’aperto.<br />

La documentazione che accompagna<br />

la macchina deve, quindi,<br />

fornire informazioni sull’emissione<br />

sonora e sulle vibrazioni prodotte.<br />

Il Livello di Potenza Sonora<br />

emesso dalla macchina durante le<br />

verifiche di legge deve essere riportato<br />

sulla macchina in modo<br />

leggibile e indelebile secondo<br />

quanto disposto dall’Allegato IV<br />

al decreto citato. Il parametro da<br />

indicare nella dichiarazione di<br />

conformità è la potenza (netta) installata<br />

espressa in kW.<br />

Le tubazioni flessibili dell’impianto<br />

oleodinamico devono recare<br />

stampigliata l’indicazione della<br />

classe di esercizio.<br />

Operatore addetto<br />

alla conduzione<br />

La legislazione nazionale non<br />

prevede alcuna formazione obbligatoria<br />

per l’utilizzo e la manutenzione<br />

delle macchine movimento<br />

terra e dei dispositivi di<br />

scavo e di carico dei bracci meccanici.<br />

Tuttavia, con l’entrata in vigore<br />

del D.Lgs. 19 settembre 1994,<br />

n. 626, il legislatore ha introdotto<br />

il principio per cui queste macchine,<br />

così come tutte le attrezzature<br />

speciali, debbano essere utilizzate<br />

dall’operatore solo dopo<br />

una formazione adeguata e specifica.<br />

Questa formazione deve garantire<br />

che l’uso delle macchine<br />

avvenga in modo corretto, in relazione<br />

ai rischi che possono essere<br />

causati a se stessi o ad altre persone.<br />

La conduzione di una qualsiasi<br />

macchina movimento terra richiede<br />

sempre una particolare abilità e<br />

preparazione tecnica, nonché un<br />

elevato senso di responsabilità.<br />

Quindi, l’operatore deve possedere<br />

specifici requisiti psicofisici<br />

per essere idoneo a svolgere questo<br />

lavoro.<br />

Pertanto, l’uso di questi mezzi<br />

deve essere riservato solo a personale<br />

incaricato.<br />

Gli operatori debbono essere<br />

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20 settembre 2005 ­ N. 18


INSERTO<br />

SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

opportunamente addestrati sull’uso<br />

della macchina e informati<br />

su eventuali rischi particolari presenti<br />

nei luoghi di lavoro.<br />

È consigliato un corso di formazione<br />

che preveda l’insegnamento<br />

di un uso efficace e sicuro<br />

della macchina e una conoscenza<br />

specifica del funzionamento del<br />

motore e dell’impianto idraulico<br />

per gli interventi di pulizia e manutenzione.<br />

L’operatore deve porsi alla guida<br />

del mezzo con un abbigliamento<br />

da lavoro adeguato, consistente<br />

in una tuta idonea, che gli consenta<br />

libertà nei movimenti e scarpe<br />

antinfortunistiche con suola antisdrucciolo.<br />

Se la macchina è abilitata al<br />

transito stradale, l’autista deve<br />

avere idoneo permesso a condurre<br />

(patente di guida).<br />

Individuazione<br />

e analisi dei rischi<br />

Durante l’uso di macchine movimento<br />

terra e da scavo, quali le<br />

perforatrici, si possono riscontrare<br />

principalmente i seguenti rischi<br />

particolari:<br />

l rovesciamento o ribaltamento [1]<br />

del mezzo con il rischio di schiacciamento<br />

di persone estranee o<br />

dello stesso operatore;<br />

l rischio di investimento con lo<br />

schiacciamento di persone o cose<br />

in marcia avanti o indietro del<br />

mezzo nella zona di lavoro (gallerie,<br />

cantieri ecc.);<br />

l seppellimenti e sprofondamenti<br />

dovuti al crollo del fronte di scavo<br />

o al cedimento del terreno;<br />

l rischi derivanti dalla proiezione<br />

di materiale e dalla caduta di materiale<br />

dall’alto;<br />

l elettrocuzione per contatto con<br />

linee elettriche aeree o interrate;<br />

l incendio ed esplosioni per contatto<br />

con servizi interrati;<br />

l rischi derivanti da urti, colpi,<br />

impatti, compressioni, schiacciamento<br />

e cesoiamento causati dal<br />

contatto con gli organi di lavoro,<br />

durante lo scavo e la movimentazione<br />

del terreno e durante i lavori<br />

di manutenzione o riparazione;<br />

l rischi derivanti dal cattivo funzionamento<br />

o stato di manutenzione<br />

del mezzo ovvero dalle specificità<br />

della lavorazione (vibrazioni,<br />

rumore, polvere ecc.);<br />

l scivolamenti, cadute a livello<br />

durante la salita e la discesa dal<br />

mezzo;<br />

l salita e discesa del mezzo sul<br />

carrellone e relativo ribaltamento<br />

per mancanza della specifica attrezzatura<br />

come le rampe o utilizzando<br />

strutture di fortuna o in presenza<br />

di ghiaccio (cingoli o ruote<br />

in gomma che scivolano) ecc.;<br />

l rischi derivanti da un uso improprio<br />

del mezzo;<br />

l rischi derivanti dal contatto con<br />

oli minerali e derivati (gasolio e<br />

liquidi per impianti oleodinamici);<br />

l incendio, durante il rifornimento;<br />

l rischi indotti dalle caratteristiche<br />

del terreno;<br />

l rischi indotti dall’abbandono<br />

del mezzo;<br />

l rischi indotti da malfunzionamenti.<br />

Valutazione del rischio,<br />

prevenzione e protezione<br />

Le macchine utilizzate debbono<br />

possedere, funzionanti, tutti i dispositivi<br />

di sicurezza previsti dalla<br />

legge e debbono essere mantenute<br />

in efficienza mediante regolare<br />

manutenzione.<br />

Le attività di seguito illustrate<br />

debbono intendersi come presidio<br />

minimo alla buona realizzazione<br />

in sicurezza delle diverse fasi di<br />

lavorazione.<br />

La valutazione del rischio dovrà<br />

essere opportunamente integrata<br />

in relazione al contesto operativo<br />

nel quale si è chiamati a<br />

operare.<br />

Si prefigura la necessità di ricorrere<br />

all’utilizzo di Dispositivi<br />

di Protezione Individuale per minimizzare<br />

il rischio residuo a livelli<br />

accettabili.<br />

I DPI da considerarsi in via<br />

preliminare per l’operatore macchina<br />

sono:<br />

l calzature di sicurezza con puntale<br />

in acciaio, soletta antiforo,<br />

suola antisdrucciolo (UNI EN<br />

345-S3);<br />

l indumenti protettivi e/o tute di<br />

lavoro (UNI EN 340);<br />

l guanti per la protezione da rischi<br />

meccanici (UNI EN 388) per<br />

le attività di manutenzione;<br />

l occhiali di sicurezza o visiere<br />

per la protezione meccanica<br />

(EN166) per le attività di manutenzione;<br />

l mascherine monouso antipolvere<br />

(EN149-FFP2) se si lavora<br />

con la cabina aperta;<br />

l otoprotettori (EN352-1, EN352-<br />

2, EN352-3) se si lavora con la cabina<br />

aperta.<br />

I DPI da considerarsi in via<br />

preliminare per l’operatore ausiliario<br />

a terra sono:<br />

l casco di sicurezza (UNI EN<br />

397);<br />

l calzature di sicurezza con puntale<br />

in acciaio, soletta antiforo,<br />

suola antisdrucciolo (UNI EN<br />

345-S3);<br />

l indumenti protettivi e/o tute di<br />

lavoro (UNI EN 340);<br />

l indumenti ad alta visibilità<br />

(UNI EN 471);<br />

l otoprotettori (EN352-1, EN352-<br />

2, EN352-3);<br />

l occhiali di sicurezza o visiere<br />

per la protezione meccanica<br />

(EN166) per le attività di scavo e<br />

demolizione;<br />

l mascherine monouso antipolvere<br />

(EN149-FFP2).<br />

l<br />

[1] Rovesciamento: rotazione laterale o longitudinale o in una direzione combinata fra le due di non più di 90 gradi.<br />

Ribaltamento: rotazione laterale o longitudinale o in una direzione combinata fra le due superiore a 90 gradi.<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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IX


SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

INSERTO<br />

Utilizzo della perforatrice:<br />

individuazione e analisi dei rischi<br />

Rischio<br />

Magnitudo<br />

Misure<br />

di Prevenzionee<br />

e Protezione<br />

Rischio<br />

Magnitudo<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

Rischio<br />

Magnitudo<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

Rovesciamento e Ribaltamento<br />

Grave<br />

• l’operatore deve conoscere bene prestazioni, peso e carico massimo sollevabile dalla macchina<br />

riferiti alle condizioni del terreno (piano, compatto, aspro, in pendenza);<br />

• controllare che i percorsi di cantiere siano adeguati e le aree di lavoro siano libere ed idonee<br />

per il transito del mezzo e per la sua stabilità;<br />

• considerare le caratteristiche del terreno in modo complementare rispetto a quelle della<br />

macchina; variabili controllate dall’operatore come velocità, angolo di attacco delle pendenze,<br />

posizione degli attrezzi e dei bracci operatori sono determinanti per minimizzare il rischio<br />

di ribaltamento;<br />

• evitare di raggiungere le condizioni limite ed in genere comportarsi con prudenza: adeguando<br />

velocità e percorsi al terreno ed alle condizioni di visibilità, evitando brusche frenate<br />

ed accelerazioni, repentini cambi di direzione e senso di marcia;<br />

• negli spostamenti, prestare attenzione a buche, terreno soffice, massi, pendenze eccessive,<br />

non transitare presso scavi o cigli di cava;<br />

• il mezzo può essere utilizzato su terreni in pendenza solo nei limiti indicati dal costruttore;<br />

• in presenza di terreni particolarmente scoscesi ed impervi è consigliabile affidare il mezzo<br />

ad operatori molto esperti;<br />

• il ribaltamento può prodursi anche a causa di irregolarità del percorso, di franamento del<br />

fondo (soprattutto operando presso il ciglio della strada o del piano di manovra) scivolamento<br />

su fondi bagnati o fangosi, esecuzione di manovre errate o imprudenti (brusche accelerazioni<br />

o sterzate, carico sbilanciato, velocità eccessiva, ecc.);<br />

• adottare particolari precauzioni qualora si lavori in prossimità di fossati, trincee e scarpate<br />

affinché il mezzo non rischi di precipitare nello scavo;<br />

• le macchine movimento terra devono essere dotate di cabina di sicurezza ROPS e/o FOPS.<br />

Nel caso del ribaltamento è necessario però che l’operatore sia allacciato con le cinture di<br />

sicurezza, altrimenti verrà proiettato all’esterno e correrà il rischio di rimanere schiacciato<br />

dal mezzo.<br />

Investimento e schiacciamento di persone<br />

Grave<br />

• verificare l’efficienza dei comandi e in particolare dei dispositivi frenanti;<br />

• controllare l’efficienza del girofaro e dell’avvisatore acustico della retromarcia;<br />

• segnalare l’operatività del mezzo col girofaro;<br />

• prima di utilizzare la macchina bisogna accertarsi dell’esistenza di eventuali impedimenti<br />

derivanti da: ostacoli (in altezza ed in larghezza), limiti d’ingombro, ecc.;<br />

• dal posto di guida deve essere garantita la completa visibilità della zona di lavoro e di spostamento<br />

del mezzo, ciò anche mediante l’ausilio di specchi, dispositivi video, fari e fanali per<br />

lavori notturni ed in galleria;<br />

• richiedere l’assistenza di personale a terra per eseguire lavorazioni in spazi ristretti o con<br />

visibilità insufficiente;<br />

• adeguare la velocità ai limiti stabiliti per le diverse zone del cantiere, non superare mai i 15<br />

km/h e transitare a passo d’uomo nelle vicinanze delle postazioni di lavoro;<br />

• durante le manovre deve essere vietata la presenza delle persone nell’area di lavoro dei<br />

mezzi, mediante idonea segnaletica e delimitazione dell’area. L’operatore (o persona incaricata<br />

di ciò) deve far rispettare tale divieto anche sospendendo il lavoro;<br />

• se vi fosse la necessità di contattare il conducente durante il lavoro, avvicinarsi alla cabina<br />

da posizione visibile all’operatore e solo previo suo cenno di assenso;<br />

• le condizioni del terreno devono permettere il tempestivo arresto della macchina;<br />

• non guidare mai la macchina con scarpe bagnate o unte di olio o grasso.<br />

Caduta del carico e di materiale dall’alto e proiezione di materiale<br />

Media<br />

• rischio possibile durante le fasi di trivellazione specialmente in galleria;<br />

• mantenere distanze di sicurezza dai diversi mezzi d’opera;<br />

• la caduta di materiale che interessi il posto di guida deve essere impedita da adeguate<br />

strutture (FOPS per caduta dall’alto e TOPS per le penetrazioni laterali);<br />

• non tutte le macchine, specialmente quelle di più modeste dimensioni, sono dotate di posti<br />

di guida protetti contro il rischio di caduta dei materiali dall’alto. In questo caso deve essere<br />

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20 settembre 2005 ­ N. 18


INSERTO<br />

SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

Rischio<br />

Magnitudo<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

Rischio<br />

Magnitudo<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

Rischio<br />

Magnitudo<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

assolutamente vietata l’operatività del mezzo in sovrapposizione con altre lavorazioni che<br />

potrebbero innescare l’evento;<br />

• è possibile che si verifichino situazioni di rischio prodotte dalla proiezione di pietre o di altri<br />

elementi rigidi per effetto dell’azione delle aste di perforazione sul terreno. Mantenersi a<br />

distanza di sicurezza dalla macchina in movimento;<br />

• gli operatori a terra e nelle vicinanze della macchina devono avere casco e visiera di<br />

protezione per proteggersi dai rischi residui dovuti alla proiezione di materiale perforato.<br />

Seppellimenti e sprofondamenti<br />

Grave<br />

• nel caso di lavori in galleria è obbligatorio assicurarsi che le pareti dello scavo siano consolidate<br />

o puntellate in maniera corretta onde prevenire franamenti;<br />

• prima di dare inizio alle operazioni di perforazione verificare la stabilità e la consistenza del<br />

terreno e progettare le forometrie da realizzare;<br />

• vietare l’avvicinamento delle persone al fronte di perforazione a mezzo di avvisi e sbarramenti;<br />

• prima di far posizionare i mezzi meccanici verificare la stabilità del terreno e mantenere, di<br />

conseguenza, una adeguata distanza di sicurezza dal fronte di perforazione. Il materiale sovrastante<br />

potrebbe cadere improvvisamente sul mezzo stesso danneggiandolo o addirittura<br />

seppellendolo;<br />

• gli operatori a terra devono sempre essere ricoverati in area sicura prima di dare inizio alle<br />

fasi di perforazione meccanica al fine di prevenire incidenti dovuti al distacco indesiderato di<br />

materiale dalla volta della galleria in conseguenza delle vibrazioni indotte dalle aste di perforazione.<br />

Elettrocuzione per contatto con linee elettriche aeree<br />

Media<br />

• incidente assai raro per questo tipo di macchina in considerazione della modesta mobilità<br />

della slitta di scavo dei modelli wagon drill e del raro utilizzo di jumbo in terreno aperto;<br />

• verificare che nelle vicinanze della zona di lavoro non vi siano linee elettriche aeree che<br />

possano interferire con le manovre del mezzo;<br />

• non possono essere eseguiti lavori in prossimità di linee elettriche aeree a distanza minore<br />

di m 5, a meno che non vi sia segnalazione all’esercente le linee elettriche e non si provveda<br />

ad una adeguata protezione per evitare contatti accidentali o pericolosi avvicinamenti ai<br />

conduttori delle linee stesse;<br />

• durante le lavorazioni l’operatore dovrà fare particolare attenzione nel manovrare il braccio<br />

o la slitta di perforazione, per non andare a toccare le linee elettriche aeree.<br />

Incendio ed esplosioni per contatto con servizi interrati<br />

Grave<br />

• verificare che non vi siano servizi interrati interferenti con l’attività di scavo (gas, luce, acqua,<br />

ecc.);<br />

• durante il lavoro va tenuta una opportuna distanza di sicurezza dalle linee di servizi pubblici<br />

aeree e interrate;<br />

• in caso si debba operare in vicinanza di una linea di servizi, contattare preventivamente il<br />

gestore per riconoscere l’esatto posizionamento (in particolare per le linee interrate), per ricevere<br />

assistenza durante l’opera di ricerca ed eventualmente per far disattivare il servizio;<br />

• se sono presenti dei sottoservizi, prima di procedere alla perforazione occorre operare scavi<br />

a mano per l’individuazione del tracciato e contrassegnare la zona di interdizione (larga 75<br />

cm da entrambi i lati dell’asse del sottoservizio);<br />

• in caso di contatti con tubazioni del gas, avvisare l’Ente fornitore e la Pubblica <strong>Sicurezza</strong>,<br />

allontanare le persone presenti in zona di pericolo e, per quanto possibile, evitare possibili<br />

inneschi;<br />

• in caso di contatto accidentale con linee elettriche interrate, l’addetto alla macchina (se ancora<br />

cosciente) non deve abbandonare il mezzo, né muoversi dalla posizione in cui si trova.<br />

Nessuno deve avvicinarsi alla macchina, né ai cavi; è invece necessario avvisare rapidamente<br />

il proprietario della linea affinché sia subito disattivata la sua alimentazione;<br />

• qualora si debbano eseguire scavi in prossimità di insediamenti che in passato possono<br />

essere stati oggetto di azioni belliche, come stazioni ferroviarie, ponti, caserme, depositi,<br />

ecc. occorre eseguire una ”bonifica” preventiva per rilevare la presenza di ordigni bellici<br />

interrati.<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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XI


SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

INSERTO<br />

Rischio<br />

Magnitudo<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

Rischio<br />

Magnitudo<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

Rischio<br />

Magnitudo<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

Magnitudo<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

Urti, colpi, impatti e cesoiamento con organi in movimento<br />

Grave<br />

• gli elementi delle macchine devono essere protetti o segregati o provvisti di dispositivi di<br />

sicurezza quando sono fonte di pericolo;<br />

• dal posto di guida non si devono poter raggiungere le ruote, i cingoli o gli organi di lavoro<br />

pericolosi (distanze adeguate, parafanghi, carter, griglie, cabina di protezione);<br />

• non deve essere possibile condurre la macchina, né comandare gli organi lavoratori da posizioni<br />

diverse del posto di guida o da posizioni appositamente predisposte;<br />

• delimitare la zona di lavoro nel raggio d’azione della macchina è necessario predisporre<br />

sbarramenti e segnaletica di sicurezza;<br />

• mantenersi a distanza di sicurezza dalla aste di perforazione durante l’attività di trivellazione;<br />

• nelle fasi di inattività abbassare a terra l’organo di scavo;<br />

• è buona norma tenersi a distanza di sicurezza dai mezzi operativi in movimento;<br />

• non sporgere le gambe o le braccia fuori dalla sagoma della macchina, ne potrebbe derivare<br />

un infortunio grave andando a sbattere contro ostacoli;<br />

• è necessario prestare attenzione alle segnalazioni acustiche e/o luminose ed alla segnaletica<br />

di sicurezza;<br />

• operare la manutenzione e i tagliandi di revisione secondo le indicazioni fornite dal produttore;<br />

• è assolutamente vietato operare manutenzione o pulizia su organi in movimento;<br />

• nel caso si adoperi aria compressa per la pulizia ed il lavaggio della macchina, si devono<br />

utilizzare pressioni di esercizio basse (max 2 atmosfere) ed utilizzare il caso, gli occhiali o le<br />

visiere protettive.<br />

Polvere<br />

Media<br />

• utilizzare quando necessari (lavorazioni in galleria e in spazi confinati scarsamente ventilati)<br />

i dispositivi di aspirazione delle polveri o i sistemi di perforazione ad umido con irrorazione<br />

d’acqua;<br />

• gli operatori esposti a rischi di inalazioni pericolose di gas, polveri o fumi nocivi devono essere<br />

muniti di maschere respiratorie o altri dispositivi idonei.<br />

Vibrazioni<br />

Media<br />

• l’esecuzione programmata della manutenzione, la verifica periodica dell’idoneità della<br />

macchina permettono di intervenire tempestivamente per prevenire il rischio;<br />

• le attrezzature (sedili, comandi, ecc.) dovranno essere dotate di dispositivi antivibranti (manopole,<br />

ecc.);<br />

• i sedili devono essere ergonomici, regolabili e idonei a ridurre la trasmissione delle vibrazioni;<br />

• una scorretta posizione di guida durante il lavoro può affaticare l’operatore portandolo a<br />

compiere operazioni non corrette;<br />

• il posto di guida ed i comandi devono consentire l’agevole esecuzione di tutte le manovre<br />

necessarie alla guida del mezzo e all’uso degli accessori;<br />

• nei lavori dove vengono impiegate macchine che producono forti vibrazioni, devono essere<br />

ridotti i turni di lavoro.<br />

Rumore<br />

Grave<br />

• l’esecuzione programmata della manutenzione, la verifica periodica dell’idoneità della<br />

macchina e la verifica della rumorosità della stessa permettono di intervenire tempestivamente<br />

per prevenire il rischio;<br />

• le perforatrici, devono attestare il livello di potenza sonora garantita, secondo quanto previsto<br />

dal D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 262;<br />

• controllare che gli sportelli del vano motore siano tutti correttamente chiusi;<br />

• tenere chiusi gli sportelli della cabina di comando. Qualora si tengano i finestrini aperti si<br />

dovrà indossare le cuffie o tappi di protezione auricolare;<br />

• per le lavorazioni in galleria ed in luoghi segregati predisporre sempre una adeguata analisi<br />

fonometrica del rumore ambientale;<br />

• durante le operazioni di demolizione o scavo in roccia gli assistenti a terra devono allontanarsi<br />

a causa dell’eccessivo rumore nonché del pericolo di proiezione di schegge e materiali.<br />

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20 settembre 2005 ­ N. 18


INSERTO<br />

SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

Rischio<br />

Magnitudo<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

Rischio<br />

Magnitudo<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

Rischio<br />

Magnitudo<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

Rischio<br />

Magnitudo<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

Scivolamenti e cadute a livello<br />

Media<br />

• prima di iniziare qualsiasi attività lavorativa bisogna organizzare le aree di lavoro, gli spazi<br />

da adibire a deposito, gli spazi da destinare alle attrezzature, in maniera tale da consentire<br />

tutti gli spostamenti sul piano di lavoro in sicurezza;<br />

• il posto di guida deve essere raggiungibile agevolmente ed in piena sicurezza; ciò significa<br />

che devono essere predisposti punti di presa per le mani (maniglie, corrimani) e punti di appoggio<br />

con superficie antiscivolo per i piedi (scalini, grigliati, barre sporgenti, ribaltine, ecc.);<br />

• pulire sempre dal grasso od olio le maniglie o gli scalini di accesso alla cabina;<br />

• l’accesso alle macchine deve avvenire con l’operatore rivolto verso la macchina;<br />

• non salire o scendere se la macchina è in movimento: attendere sempre che essa sia ferma;<br />

• non usare le leve di comando in cabina come maniglia da afferrare per scendere o salire;<br />

• si sono verificati gravi infortuni a causa di accaduti contatti durante la caduta con leve<br />

e pedali di comando; se tali contatti avvengono quando il motore è in moto determinano<br />

infatti il pericoloso movimento della macchina o del braccio. Per prevenire tali casi è<br />

indispensabile che la macchina sia corredata da un dispositivo di sicurezza (barre guardacorpo<br />

imbottite, cintura di sicurezza dotata di interblocco, ecc.) che impedisca il funzionamento<br />

del motore e blocchi in modo certo la macchina se l’addetto non è al posto di<br />

guida;<br />

• non ammettere a bordo del mezzo altre persone.<br />

Ribaltamento durante le operazioni di salita e discesa del mezzo dal carrellone<br />

Grave<br />

• situazioni di elevato pericolo si verificano durante il carico e lo scarico dagli autocarri, per<br />

caduta dalla rampa o per cedimenti di rampe improvvisate;<br />

• utilizzare solamente rampe certificate con portata superiore al peso del mezzo, sistemarle<br />

con accortezza e bloccare l’autocarro (marcia e freno a mano);<br />

• si raccomanda di porsi su terreno piano e compatto;<br />

• attenersi fedelmente alle indicazioni contenute su libretto d’uso e manutenzione per il carico<br />

e lo scarico del mezzo dal carrellone;<br />

• il conduttore deve avvicinarsi lentamente alle rampe per la salita della perforatrice sul pianale<br />

del carrellone;<br />

• salire con il mezzo lentamente sulle rampe;<br />

• quando lo sbalzo dei cingoli, durante la salita del mezzo, raggiunge il baricentro della macchina,<br />

procedere con la massima cautela;<br />

• legare con le apposite catene tutte le parti mobili della macchina. Nel caso di mezzi gommati,<br />

apporre dei blocchi sotto le coperture. Alzare verticalmente le rampe e fissarle;<br />

• nelle operazioni di discesa avanzare lentamente con il mezzo;<br />

• se cingolato, avvicinarsi lentamente con i cingoli alle rampe di carico, fin tanto che si raggiunge<br />

il baricentro del mezzo. Adagiare lentamente e con cautela i cingoli sulle rampe.<br />

Quando i cingoli sono sulle rampe, scendere lentamente fino a raggiungere il terreno circostante<br />

ed allontanarsi dal carrellone.<br />

Uso improprio del mezzo<br />

Bassa<br />

• la macchina deve essere utilizzata in modo rispondente alle sue caratteristiche, senza subire<br />

modificazioni o essere utilizzata per usi impropri;<br />

• non avviare mai le leve di comando senza conoscere a cosa servono;<br />

• è assolutamente vietato trasportare persone su cassoni o altre parti della macchina non attrezzate<br />

per tale scopo.<br />

Contatto con oli minerali e derivati<br />

Bassa<br />

• per la pulizia degli organi meccanici non vanno mai utilizzati liquidi infiammabili come gasolio,<br />

nafta, benzina, ecc., ma appositi liquidi detergenti non infiammabili e non tossici;<br />

• non disperdere oli o altri liquidi inquinanti nell’ambiente;<br />

• prima di intervenire su parti dell’impianto oleodinamico della macchina verificare che la<br />

pressione sia nulla. Le fughe di fluido sotto pressione anche se pressoché invisibili possono<br />

avere la forza sufficiente per ferire gli operatori nelle vicinanze (300 bar);<br />

• prima di procedere alla verifica delle perdite è molto importante proteggere le mani con<br />

guanti e gli occhi con occhiali di sicurezza provvisti di visiera.<br />

20 settembre 2005 ­ N. 18<br />

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XIII


SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

INSERTO<br />

Rischio<br />

Magnitudo<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

Rischio<br />

Magnitudo<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

Rischio<br />

Magnitudo<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

Rischio<br />

Magnitudo<br />

Misure<br />

di Prevenzione<br />

e Protezione<br />

Incendio, durante il rifornimento<br />

Media<br />

• il carburante dovrà essere trasportato in recipienti adeguati, dotati delle prescritte etichettature;<br />

• quando si effettua il rifornimento di carburante o la ricarica delle batterie, è da evitare accuratamente<br />

la presenza di fiamme libere o la produzione di scintille;<br />

• durante i rifornimenti di carburante, spegnere i motori e non fumare;<br />

• non disperdere oli o altri liquidi inquinanti nell’ambiente.<br />

Rischi indotti dalle caratteristiche del terreno<br />

Media<br />

• accertarsi sempre prima di iniziare il lavoro che l’area di appoggio di ruote e cingoli sia sufficientemente<br />

solida e atta a sostenere il peso del mezzo meccanico;<br />

• adottare particolari precauzioni qualora si lavori in prossimità di fossati, trincee e scarpate;<br />

• qualora si intenda procedere al guado del corso d’acqua, si deve tenere in considerazione<br />

l’andamento irregolare che può avere il fondo del letto, per evitare che il mezzo meccanico<br />

finisca sommerso dall’acqua;<br />

• qualora si operi con il mezzo in spazi ristretti o dovendo transitare attraverso portoni di<br />

ingresso o strutture delimitate, manovrare con cautela e prudenza onde evitare di andare a<br />

sbattere contro di essi;<br />

• dovendo operare con il mezzo meccanico nelle gallerie, assicurarsi sempre che i fari e i dispositivi<br />

di segnalazione (girofaro e cicalino di retromarcia) siano efficienti.<br />

Rischi indotti dall’abbandono del mezzo<br />

Bassa<br />

• si devono predisporre adeguate aree per il parcheggio di automezzi e macchine operatrici;<br />

• il terreno deve garantire il fermo durante la sosta;<br />

• posizionare la macchina nelle zone di sosta previste;<br />

• quando si abbandona la cabina di guida inserire il dispositivo di blocco dei comandi;<br />

• prima di lasciare la cabina applicare il freno di stazionamento e abbassare al suolo i dispositivi<br />

di perforazione, arrestare il motore e asportare la chiave di accensione;<br />

• l’operatore deve stazionare il mezzo possibilmente su un terreno pianeggiante. Se ciò fosse<br />

inevitabile, è necessario affondare l’organo di scavo nel terreno e applicare dei blocchi sotto<br />

le ruote o i cingoli;<br />

• non stazionare il mezzo meccanico, a fine turno o giornata lavorativa, negli argini o alvei<br />

dei corsi d’acqua.<br />

Rischi indotti da malfunzionamenti<br />

Bassa<br />

• segnalare tempestivamente eventuali anomalie o guasti di funzionamento o situazioni pericolose;<br />

• operare la manutenzione e i tagliandi di revisione secondo le indicazioni fornite dal produttore.<br />

Check list per lavorare in sicurezza<br />

con la perforatrice<br />

Verificare le condizioni del mezzo:<br />

• effettuare un controllo visivo di tutto il mezzo, eventualmente compiendo un giro completo;<br />

• esaminare attentamente tutta la struttura osservando eventuali danni strutturali evidenti;<br />

• provvedere alla pulizia periodica del mezzo meccanico, compresi i cingoli e le ruote;<br />

• verificare lo stato di usura delle coperture se il mezzo è gommato, togliendo eventuali schegge metalliche o<br />

altro materiale rimasto incastrato nelle gomme, e controllarne la pressione;<br />

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INSERTO<br />

SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

• se il mezzo è dotato di cingoli, controllare il loro stato di conservazione e l’esatta tensione delle catenarie;<br />

• controllare che non vi siano trafilamenti o perdite di olio motore, pistoni, rotture ecc.;<br />

• verificare che non vi siano manomissioni dei carter di protezione e i sistemi di sicurezza;<br />

• provvedere alla lubrificazione delle varie parti secondo quanto prescritto dal costruttore nel libretto d’uso e<br />

manutenzione;<br />

• verificare il livello del carburante nel serbatoio, l’acqua del radiatore e l’olio motore.<br />

Impianto idraulico:<br />

• controllare che non vi siano trafilamenti o perdite di olio idraulico;<br />

• controllare lo stato di usura delle tubazioni idrauliche;<br />

• controllare il livello dell’olio idraulico;<br />

• all’inizio di ogni turno di lavoro verificare l’integrità dei tubi flessibili dell’impianto oleodinamico.<br />

Cabina di guida:<br />

• verificare l’efficienza dei comandi;<br />

• sollevare e abbassare il braccio di supporto della slitta di perforazione;<br />

• effettuare una breve marcia in avanti e indietro;<br />

• provare i freni;<br />

• verificare l’efficienza dei dispositivi di arresto d’emergenza;<br />

• liberare la cabina di guida da qualunque oggetto o materiale non pertinente o necessario al servizio;<br />

• regolare opportunamente la posizione del sedile e gli specchietti retrovisori, in modo da ottenere la massima<br />

confortevolezza di guida ed agibilità dei comandi;<br />

• verificare che i dispositivi antivibranti installati siano attivi ed in perfetto ordine;<br />

• verificare l’efficienza degli impianti, del motore e dell’insonorizzazione.<br />

Dispositivi di segnalazione:<br />

• controllare l’efficienza del segnalatore acustico;<br />

• controllare l’efficienza del segnalatore luminoso;<br />

• controllare l’efficienza dello stop;<br />

• controllare l’efficienza dei fari e dei segnalatori di posizione.<br />

Prima di iniziare il turno di lavoro:<br />

• verificare l’efficienza delle protezioni del tamburo di sollevamento;<br />

• verificare l’efficienza del sistema di aggancio dell’organo perforatore;<br />

• verificare che sia garantita una buona visibilità dall’abitacolo,<br />

• verificare che le linee elettriche aeree o eventuali sottoservizi, nella zona di lavoro, non interferiscano con<br />

operazioni e manovre della macchina;<br />

• verificare che non vi siano servizi interrati interferenti con l’attività di scavo (gas, luce, acqua, ecc.). Se sono<br />

presenti dei sottoservizi, prima di procedere alla perforazione occorre operare scavi a mano per l’individuazione<br />

del tracciato e contrassegnare la zona di interdizione (larga 75 cm da entrambi i lati dell’asse del sottoservizio);<br />

• ispezione preliminare del raggio d’azione della macchina finalizzata ad assicurarsi che non vi siano persone<br />

intorno alla macchina;<br />

• prima di utilizzare la macchina in operazioni di perforazione delle volte di una galleria verificare che la stessa<br />

sia munita di cabina capace di resistere alla eventuale caduta di distacchi e rocce anche di grosse dimensioni;<br />

• nei lavori in sotterraneo con macchine alimentate da motore a scoppio, predisporre opportuni dispositivi di<br />

ventilazione e ricambio d’aria;<br />

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XV


SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />

Articolo<br />

INSERTO<br />

• verificare che i filtri anti­polvere del dispositivo di aspirazione del jumbo siano puliti ed efficienti o se dotati<br />

di sistema ad iniezione d’acqua verificare l’efficienza del dispositivo;<br />

• stabilizzare efficacemente la macchina;<br />

• segnalare l’area operativa esposta a livello di rumorosità elevata;<br />

• pulizia e controllo degli scalini, delle maniglie e degli appigli necessari per la salita in cabina.<br />

Durante il lavoro:<br />

• adottare tutte le misure di sicurezza e precauzioni prescritte dal manuale d’uso della macchina;<br />

• seguire le istruzioni di guida per il suo corretto utilizzo;<br />

• segnalare il mezzo in movimento mediante girofaro;<br />

• considerare attentamente la morfologia del terreno;<br />

• verificare che i tratti da percorrere siano liberi ed idonei a garantire la stabilità del mezzo;<br />

• durante gli spostamenti della macchina abbassare il mast di perforazione in posizione di riposo;<br />

• non superare i limiti di velocità stabiliti e in cantiere procedere a passo d’uomo nelle vicinanze delle postazioni<br />

di lavoro;<br />

• richiedere l’assistenza di personale a terra per le manovre in spazi ristretti e con visibilità parziale od ostruita;<br />

• lavorare con gli sportelli della cabina chiusi;<br />

• se la lavorazione o la macchina sottopongono l’operatore a vibrazioni intense e/o prolungate predisporre<br />

turni di lavoro brevi, intervallati da pause o con turnazione dei lavoratori;<br />

• mantenere a distanza adeguata il personale durante la lavorazione;<br />

• allontanare il personale che si dovesse trovare all’interno degli spazi operativi della macchina;<br />

• non attuare ed impedire qualsiasi utilizzo improprio della macchina;<br />

• non ammettere a bordo del mezzo altre persone;<br />

• durante i rifornimenti è obbligatorio spegnere il motore e non fumare;<br />

• mantenere chiusi gli sportelli della cabina e vietare la salita a bordo di altre persone;<br />

• rispettare i regolamenti locali in merito alle ore di silenzio;<br />

• utilizzare i dispositivi di protezione individuale e collettivi;<br />

• durante le pause di lavoro ricordarsi di bloccare i comandi prima di spegnere il motore;<br />

• sospendere immediatamente il lavoro in caso di gravi anomalie di funzionamento;<br />

• segnalare tempestivamente al preposto eventuali difetti di funzionamento ed eventuali situazioni pericolose<br />

o incidenti verificatisi;<br />

• non attendere la fine del proprio turno di lavoro per segnalare quanto sopra.<br />

Al termine del turno di lavoro:<br />

• parcheggiare la macchina nei posti prestabiliti, assicurandosi della stabilità del mezzo, abbassare a terra i dispositivi<br />

di perforazione, inserire il freno di stazionamento e il dispositivo di blocco dei comandi;<br />

• verificare l’efficienza dei comandi e degli impianti prima di parcheggiare il mezzo;<br />

• eseguire il ciclo di manutenzione e pulizia come descritto nel manuale;<br />

• pulire il mezzo e gli organi di comando. È assolutamente vietato operare manutenzione o pulizia su organi in<br />

movimento;<br />

• operare la manutenzione e i tagliandi di revisione secondo le indicazioni fornite dal produttore;<br />

• nel caso si adoperi aria compressa per la pulizia ed il lavaggio della macchina, si devono utilizzare pressioni di<br />

esercizio basse (max 2 atmosfere);<br />

• per la pulizia degli organi meccanici non vanno mai utilizzati liquidi infiammabili come gasolio, nafta, benzina,<br />

ecc., ma appositi liquidi detergenti non infiammabili e non tossici;<br />

• non disperdere oli o altri liquidi inquinanti nell’ambiente;<br />

• conservare la macchina utensile in perfetta efficenza.<br />

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