Ambiente_e_Sicurezza..
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INSERTO<br />
<strong>Sicurezza</strong> delle macchine<br />
La perforatrice: scheda di valutazione<br />
e check list per l'utilizzo<br />
ARTICOLI DA PAGINA<br />
II<br />
Per ulteriori informazioni<br />
rivolgersi al servizio<br />
clienti, telefono:<br />
02 o 06 30225680<br />
SPECIALE<br />
Igiene del lavoro<br />
Rischi da vibrazioni meccaniche:<br />
la direttiva 2002/44/CE e il suo recepimento<br />
ARTICOLI DA PAGINA<br />
23<br />
L'APPROFONDIMENTO<br />
Certificazione e qualità<br />
La nuova UNI EN ISO 14001:2004<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
ARTICOLI DA PAGINA<br />
DOCUMENTO A PAGINA<br />
62<br />
70<br />
<strong>Sicurezza</strong> del lavoro<br />
Il ruolo e la responsabilità<br />
degli organi di indirizzo politico nelle P.A.<br />
ARTICOLO A PAGINA<br />
82<br />
Novità: le anteprime on-line di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong><br />
Nella sezione «Anteprima articoli» del nuovo sito di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong><br />
http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com, è possibile consultare e scaricare<br />
in anteprima lo Speciale dedicato al nuovo D.Lgs. n. 133/2005, sull'incenerimento<br />
dei rifiuti, e il commento al D.M. 6 giugno 2005 sulle nuove norme antincendio per gli<br />
stadi, entrambi di prossima pubblicazione su <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>.<br />
In più nuove sezioni, una rinnovata organizzazione dei contenuti e della veste grafica e<br />
una documentazione sempre più ricca, per offrire agli abbonati ad <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> un<br />
aggiornamento ancora più tempestivo e un insostituibile strumento integrativo alla rivista.<br />
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L'accesso è gratuito, previa registrazione, per tutti gli abbonati ad <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>
NOVITÀ<br />
GAZZETTA UFFICIALE: GLI ULTIMI 30 GIORNI<br />
GAZZETTA UFFICIALE REPUBBLICA ITALIANA<br />
ARGOMENTO PROVVEDIMENTO TITOLO PUBBLICATO IN<br />
<strong>Sicurezza</strong><br />
dei prodotti<br />
<strong>Sicurezza</strong><br />
degli impianti<br />
<strong>Sicurezza</strong><br />
degli impianti<br />
<strong>Sicurezza</strong><br />
del lavoro<br />
<strong>Sicurezza</strong><br />
delle macchine<br />
Sostanze<br />
pericolose<br />
Acqua<br />
Appalti verdi<br />
Aria<br />
Decreto del Ministerodelle<br />
Attività produttive<br />
12 luglio 2005<br />
Legge 26 luglio 2005, n.<br />
148<br />
Circolare del Ministero<br />
delle Attività produttive<br />
27 luglio 2005<br />
Decreto del Ministero<br />
dell’Interno<br />
15 agosto 2005<br />
Comunicato del Ministero<br />
delle Attività produttive<br />
Decreto del Ministero<br />
della Salute<br />
28 luglio 2005<br />
Decreto del Ministero<br />
delle Politiche agricole e<br />
forestali<br />
6 luglio 2005<br />
Circolare del Ministero<br />
dell’<strong>Ambiente</strong> e della<br />
Tutela del territorio 19<br />
luglio 2005<br />
Comunicato del Ministero<br />
dell’<strong>Ambiente</strong> e<br />
della Tutela del territorio<br />
SICUREZZA<br />
«Elenco riepilogativo di norme armonizzate<br />
concernenti l’attuazione della direttiva<br />
89/106/CE relativa ai prodotti da costruzione,<br />
pubblicate dalla Gazzetta Ufficiale<br />
delle Comunità europee dal 26 giugno<br />
2001 al 26 ottobre 2004»<br />
«Conversione in legge, con modificazioni,<br />
del decretolegge 27 maggio 2005, n. 86,<br />
recante misure urgenti di sostegno nelle<br />
aree metropolitane per i conduttori di immobili<br />
in condizioni di particolare disagio<br />
abitativo conseguente a provvedimenti<br />
esecutivi di rilascio»<br />
«Utilizzazione di raccordi a pressare in reti<br />
di adduzione di gas per edifici civili»<br />
«Speciali limiti all’importazione, commercializzazione,<br />
trasporto e impiego di detonatori<br />
ad accensione elettrica a bassa e<br />
media intensità nonché all’impiego e al<br />
trasporto degli altri esplosivi di 2ª e 3ª categoria,<br />
ai sensi dell’articolo 8, comma 1,<br />
del decretolegge 27 luglio 2005, n. 144,<br />
convertito, con modificazioni, dalla legge<br />
31 luglio 2005, n. 155»<br />
«Ritiro dal mercato e divieto di immissione<br />
sul mercato, adottato nei confronti di alcune<br />
piattaforme aeree in applicazione dell’articolo<br />
7 della direttiva 98/37/CE»<br />
«Proroga temporanea dell’autorizzazione<br />
di prodotti fitosanitari contenenti sostanze<br />
attive iscritte in allegato I del decreto<br />
legislativo 17 marzo 1995, n. 194, ed aventi<br />
scadenza nel corso del 2005»<br />
AMBIENTE<br />
«Criteri e norme tecniche generali per la disciplina<br />
regionale dell’utilizzazione agronomica<br />
delle acque di vegetazione e degli scarichi dei<br />
frantoi oleari, di cui all’articolo 38 del decreto<br />
legislativo 11 maggio 1999, n. 152»<br />
«Indicazioni relative ai materiali riciclati e beni<br />
e manufatti ottenuti con materiale riciclato,<br />
proveniente da articoli in gomma, ai sensi<br />
del decreto ministeriale 8 maggio 2003, n.<br />
203»<br />
«Disposizioni di attuazione della decisione<br />
dellaCommissioneeuropeaC(2004)130del29<br />
gennaio 2004 che istituisce le linee guida per il<br />
monitoraggio e la comunicazione delle emissioni<br />
di gas a effetto serra, ai sensi della direttiva<br />
2003/87/CE del Parlamento europeo e del<br />
Consiglio»<br />
Gazzetta Ufficiale<br />
del 2 agosto 2005, n. 178<br />
Gazzetta Ufficiale<br />
del 29 luglio 2005, n. 175<br />
Gazzetta Ufficiale<br />
del 2 agosto 2005, n. 178<br />
In sintesi a pag. 81<br />
Gazzetta Ufficiale<br />
del 17 agosto 2005,<br />
n. 190<br />
In sintesi a pag. 81<br />
Gazzetta Ufficiale<br />
del 1° agosto 2005, n. 177<br />
Gazzetta Ufficiale<br />
del 27 agosto 2005,<br />
n. 199<br />
Gazzetta Ufficiale<br />
del 19 luglio 2005, n. 166<br />
In sintesi a pag. 95<br />
Gazzetta Ufficiale<br />
del 27 luglio 2005, n. 173<br />
Gazzetta Ufficiale<br />
del 30 luglio 2005, n. 176<br />
In sintesi a pag. 95<br />
8 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
20 settembre 2005 N. 18
NOVITÀ<br />
Energia<br />
Energia<br />
Energia<br />
Energia<br />
Energia<br />
Energia<br />
Finanziamenti<br />
Inquinamentoelettromagnetico<br />
Rifiuti<br />
Decreto del Ministero<br />
delle Infrastrutture e dei<br />
Trasporti<br />
27 luglio 2005<br />
Deliberazione dell’Autorità<br />
per l’energia elettrica<br />
e il gas<br />
7 luglio 2005, n. 138<br />
Decreto del Ministero<br />
delle Attività produttive<br />
28 luglio 2005<br />
Decreto del Ministero<br />
delle Attività produttive<br />
28 luglio 2005<br />
Deliberazione dell’Autorità<br />
per l’energia elettrica<br />
e il gas<br />
1° agosto 2005, n. 167<br />
Deliberazione dell’Autorità<br />
per l’energia elettrica<br />
e il gas<br />
25 luglio 2005, n. 154<br />
Decreto del Ministero<br />
dell’<strong>Ambiente</strong> e della<br />
Tutela del territorio<br />
12 luglio 2005<br />
Decreto del Ministero<br />
delle Infrastrutture e dei<br />
Trasporti<br />
6 giugno 2005<br />
Decreto legislativo<br />
25 luglio 2005, n. 151<br />
Rifiuti Legge 31 luglio 2005, n.<br />
160<br />
«Norma concernente il regolamento d’attuazione<br />
della legge 9 gennaio 1991, n. 10<br />
(articolo 4, commi 1 e 2), recante: “Norme<br />
per l’attuazione del Piano energetico nazionale<br />
in materia di uso razionale dell’energia,<br />
di risparmio energetico e di sviluppo<br />
delle fonti rinnovabili di energia”»<br />
«Avvio di procedimento per la formazione<br />
di provvedimenti aventi ad oggetto condizioni<br />
per la gestione della priorità di dispacciamento,<br />
relativa ad impianti di produzione<br />
da fonti rinnovabili in situazioni di criticità<br />
del sistema elettrico nazionale»<br />
«Criteri per l’incentivazione della produzione<br />
di energia elettrica mediante conversione<br />
fotovoltaica della fonte solare»<br />
«Criteri per l’incentivazione della produzione<br />
di energia elettrica mediante conversione<br />
fotovoltaica della fonte solare»<br />
«Adozione di garanzie di libero accesso al<br />
servizio di rigassificazione del gas naturale<br />
liquefatto e di norme per la predisposizione<br />
dei codici di rigassificazione»<br />
«Modalità di versamento del contributo dovuto<br />
dai soggetti regolati all’Autorità per<br />
l’energia elettrica ed il gas, per l’anno 2005,<br />
ai sensi della legge 14 novembre 1995, n.<br />
481»<br />
«Modalità di presentazione delle proposte<br />
relative al programma finanziario europeo<br />
LIFENATURA, per l’annualità 2006»<br />
«Recepimento della direttiva 2004/104/CE<br />
della Commissione del 14 ottobre 2004 che<br />
adegua al progresso tecnico la direttiva 72/<br />
245/CEE relativa alle perturbazioni radioelettriche<br />
(compatibilità elettromagnetica)<br />
dei veicoli e che modifica la direttiva 70/156/<br />
CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni<br />
degli Stati membri relative all’omologazione<br />
dei veicoli a motore e dei<br />
loro rimorchi, e della rettifica alla direttiva<br />
medesima»<br />
«Attuazione delle direttive 2002/95/CE, 2002/<br />
96/CE e 2003/108/CE, relative alla riduzione<br />
dell’uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature<br />
elettriche ed elettroniche, nonché allo<br />
smaltimento dei rifiuti»<br />
«Ratifica ed esecuzione dell’Accordo di cooperazione<br />
tra il Governo della Repubblica italiana<br />
ed il Governo della Federazione russa<br />
nel campo dello smantellamento dei sommergibili<br />
nucleari radiati dalla marina militare<br />
russa e della gestione sicura dei rifiuti radioattivi<br />
e del combustibile nucleare esaurito, fatto<br />
a Roma il 5 novembre 2003, con allegato e<br />
Scambio di Note effettuato a Roma il 2 aprile<br />
2004, a Mosca il 7 maggio 2004 e a Roma il 25<br />
maggio 2004»<br />
Gazzetta Ufficiale<br />
del 2 agosto 2005, n. 178<br />
Gazzetta Ufficiale<br />
del 2 agosto 2005, n. 178<br />
Gazzetta Ufficiale<br />
del 5 agosto 2005, n. 181<br />
Gazzetta Ufficiale<br />
del 5 agosto 2005, n. 181<br />
Gazzetta Ufficiale<br />
del 23 agosto 2005,<br />
n. 195<br />
Gazzetta Ufficiale<br />
del 25 agosto 2005,<br />
n. 197<br />
Gazzetta Ufficiale<br />
del 29 agosto 2005,<br />
n. 200<br />
S.O. n. 146 alla Gazzetta<br />
Ufficiale del 29 agosto<br />
2005,n. 200<br />
S.O. n. 135 alla Gazzetta<br />
Ufficiale del 29 luglio 2005,<br />
n. 175<br />
Gazzetta Ufficiale<br />
del 13 agosto 2005, n. 188<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
9
NOVITÀ<br />
Rifiuti Legge 17 agosto 2005,<br />
n. 168<br />
Rifiuti<br />
Sostanze<br />
pericolose<br />
«Conversione in legge, con modificazioni, del<br />
decretolegge 30 giugno 2005, n. 115, recante<br />
disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità<br />
di settori della pubblica amministrazione.<br />
Disposizioni in materia di organico del<br />
personale della carriera diplomatica, delega<br />
al Governo per l’attuazione della direttiva<br />
2000/53/CE in materia di veicoli fuori uso e<br />
proroghe di termini per l’esercizio di deleghe<br />
legislative»<br />
Decreto del Ministero «Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti<br />
in discarica»<br />
dell’<strong>Ambiente</strong> e della<br />
Tutela del territorio<br />
3 agosto 2005<br />
Decreto del Ministero<br />
delle Infrastrutture e dei<br />
Trasporti<br />
12 aprile 2005<br />
«Modifica ai decreti ministeriali 15 maggio<br />
1997 e 10 giugno 2004, recanti “Attuazione<br />
della direttiva 96/86/CE del Consiglio dell’Unione<br />
europea, che adegua al progresso<br />
tecnico la direttiva 94/55/CE”»<br />
GAZZETTA UFFICIALE DELLE COMUNITÀ EUROPEE<br />
Gazzetta Ufficiale del 22<br />
agosto 2005, n. 194<br />
In sintesi a pag. 96<br />
Gazzetta Ufficiale<br />
del 30 agosto 2005, n. 201<br />
In sintesi a pag. 98<br />
Gazzetta Ufficiale<br />
del 3 agosto 2005, n. 179<br />
ARGOMENTO PROVVEDIMENTO PUBBLICATO IN<br />
Antincendio<br />
SICUREZZA<br />
«Decisione 2005/610/CE della Commissione, del 9 agosto 2005, che determina<br />
le classi di reazione al fuoco di alcuni prodotti da costruzione» 2005, n.<br />
G.U.C.E. L dell’11 agosto<br />
208<br />
In sintesi a pag. 81<br />
Igiene del lavoro «Posizione comune (CE) n. 24/2005 definita dal Consiglio il 18 aprile<br />
2005, deliberando in conformità della procedura di cui all’artico<br />
n. 172E<br />
G.U.C.E. C del 12 luglio 2005,<br />
lo 251 del trattato che istituisce la Comunità europea, in vista dell’adozione<br />
di una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio<br />
sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione<br />
dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (radiazioni<br />
ottiche) (diciannovesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo<br />
16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE)»<br />
Aria<br />
Sostanze<br />
pericolose<br />
AMBIENTE<br />
«Decisione 2005/625/CE della Commissione, del 23 agosto 2005, che fissa G.U.C.E. L del 24 agosto<br />
i quantitativi di bromuro di metile consentiti per gli usi critici nell’Unione 2005, n. 219<br />
europea tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2005 ai sensi del regolamento<br />
(CE) n. 2037/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio sulle sostanze<br />
che riducono lo strato di ozono»<br />
«Decisione 2005/618/CE della Commissione, del 18 agosto 2005, che G.U.C.E. L del 19 agosto<br />
modifica la direttiva 2002/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio<br />
ai fini della fissazione dei valori massimi di concentrazione di al<br />
2005,n. 214<br />
cune sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche»<br />
Tutti i testi sono disponibili online all’indirizzo<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
Nell’articolo di Carmelo Catanoso, pubblicato in <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 17/2005, a pagina<br />
85, l’introduzione della tabella 1 è stata erroneamente inserita nel paragrafo “Il ruolo del<br />
coordinatore”. Ce ne scusiamo con l’autore e con i lettori.<br />
10 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
20 settembre 2005 N. 18
SOMMARIO<br />
RUBRICA<br />
In sintesi<br />
INSERTO .................................................................................................................................... p. 17<br />
SPECIALE .................................................................................................................................. p. 17<br />
L’APPROFONDIMENTO ................................................................................................................ p. 17<br />
IGIENE E SICUREZZA.................................................................................................................... p. 18<br />
AMBIENTE ................................................................................................................................. p. 19<br />
Approfondimenti<br />
Articoli<br />
l Perforatrice: misure di sicurezza e di ergonomia<br />
secondo la norma armonizzata UNI EN 791<br />
di Marco Vigone .................................................................................................................. p. II<br />
l Perforatrice: una macchina movimento terra<br />
per le attività di scavo e di trasporto<br />
di Claudio Conio.................................................................................................................. p. VI<br />
l La prevenzione e la sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti<br />
a vibrazioni meccaniche<br />
di Massimo Bovenzi ............................................................................................................ p. 23<br />
l Lo schema della direttiva n. 2002/44/CE per il recepimento<br />
nell’ordinamento italiano<br />
di Anna Maria Faventi e Mauro Franciosi............................................................................ p. 30<br />
l Prove standard e misurazioni in campo per la valutazione dell’esposizione<br />
di Marco Vigone, Francesco Furnari e Sabrina Parise........................................................ p. 33<br />
l La banca dati nazionale per la valutazione del rischio<br />
di Iole Pinto, Nicola Stacchini e Fabio Santini ..................................................................... p. 38<br />
l Le novità sugli adempimenti aziendali in vista del recepimento della direttiva<br />
di Omar Nicolini................................................................................................................... p. 42<br />
l Guanti antivibranti e sedili: la protezione secondo le norme<br />
di Pietro Nataletti................................................................................................................. p. 51<br />
l Impegno della direzione, rispetto delle leggi e valutazione<br />
della prestazione ambientale<br />
di Stefano Sibilio ................................................................................................................. p. 62<br />
l Aspetti ambientali e prescrizioni applicabili nella nuova ISO 14001<br />
di Paolo Piagneri................................................................................................................. p. 67<br />
l <strong>Sicurezza</strong> sul lavoro nelle PA: il ruolo e la responsabilità<br />
degli organi di indirizzo politico<br />
di Pierguido Soprani............................................................................................................ p. 82<br />
l Risarcimento del danno e illecito ambientale<br />
di Cesare Parodi ................................................................................................................. p. 99<br />
12 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
20 settembre 2005 N. 18
RUBRICA<br />
SOMMARIO<br />
Legislazione<br />
l<br />
l<br />
l<br />
l<br />
l<br />
Detonatori ad accensione elettrica<br />
Decreto del Ministero dell’Interno 15 agosto 2005 .............................................................. p. 81<br />
Acque di vegetazione e scarichi di frantoi oleari<br />
Decreto del Ministero delle Politiche agricole e forestali 6 luglio 2005 ............................... p. 95<br />
Veicoli fuori uso e discariche<br />
Legge 17 agosto 2005, n. 168............................................................................................. p. 96<br />
Riduzione di sostanze pericolose nei RAEE<br />
Decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151............................................................................ p. 96<br />
Rifiuti: criteri di ammissibilità in discarica<br />
Decreto del Ministero dell’<strong>Ambiente</strong> e della Tutela del territorio 3 agosto 2005 .................. p. 98<br />
Prassi<br />
l Aspetti ambientali e prescrizioni applicabili nella nuova ISO 14001<br />
Rapporto tecnico UNI TR 11157:2005.................................................................................................. p. 70<br />
l<br />
l<br />
l<br />
l<br />
Classi di resistenza al fuoco per i prodotti da costruzione<br />
Decisione della Commissione 9 agosto 2005, n. 2005/610/CE........................................... p. 81<br />
Raccordi a pressareS per reti di adduzione di gas<br />
Circolare del Ministero delle Attività produttive 27 luglio 2005 ............................................ p. 81<br />
Su controlli, qualità e comunicazione un Accordo tra Unionmaceri e Comieco<br />
Accordo Unionmaceri-Comieco 27 maggio 2005................................................................ p. 91<br />
Lotta all’effetto serra<br />
Comunicato del Ministero dell’<strong>Ambiente</strong> e della Tutela del territorio ................................... p. 95<br />
Giurisprudenza<br />
l<br />
l<br />
l<br />
l<br />
l<br />
Mobbing: l’indennizzo non è automatico<br />
TAR Lazio, 4 luglio 2005, n. 5454........................................................................................ p. 87<br />
Obbligo di informazione del lavoratore solo per i rischi a cui risulta esposto<br />
Tribunale di Bologna, 15 febbraio 2005, n. 2853................................................................. p. 87<br />
Le ordinanze sindacali non possono prescindere da una situazione<br />
di concreto pericolo<br />
TAR Calabria, 8 luglio 2005, n. 1154 .................................................................................. p. 104<br />
VIA: prescrizioni e condizioni non possono essere considerate vizi<br />
di incompletezza<br />
TAR Lazio, 14 aprile 2005, n. 2032 ..................................................................................... p. 104<br />
Tutela del diritto alla salute<br />
Tribunale di Mantova, sez. II, 5 novembre 2004.................................................................. p. 105<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
13
SOMMARIO<br />
RUBRICA<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
Direttore responsabile: FRANCESCO DEMURO<br />
Coordinatore editoriale: Massimo Cassani<br />
Redazione: Dario De Andrea (02/30223270),<br />
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Proprietario ed editore: IL SOLE 24 ORE S.p.A.<br />
Presidente: INNOCENZO CIPOLLETTA<br />
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Registrazione Tribunale di Milano n. 749 del 9 novembre<br />
1998.<br />
Sede legale: Via Monte Rosa, 91 20149 Milano.<br />
Amministrazione: Via Monte Rosa, 91 20149 Milano.<br />
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Nessuna parte di questo periodico può essere riprodotta<br />
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(S.S. n. 5) km 68,700 67061 Carsoli (AQ).<br />
Il SOLE 24 ORE EDILIO<br />
Una partnership su misura per il mondo dell’edilizia<br />
Con la sigla della partnership tra il Gruppo Sole 24 ORE e il Gruppo BolognaFiere, avvenuta di recente, si aprono nuovi<br />
scenari di collaborazione integrata in particolare nel campo dei servizi dedicati ai professionisti e alle imprese dell’edilizia.<br />
La partnership avrà la funzione di consolidare e rilanciare tale rapporto. In particolare attraverso le riviste del Sole 24 Ore<br />
Edilizia e Territorio, <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> e Il Consulente Immobiliare sono già attive su Edilio (65 mila utenti fra<br />
professionisti e imprese operanti nel settore) le nuove News normative in materia di edilizia, immobili, sicurezza del<br />
lavoro e nei cantieri, appalti, urbanistica, ambiente, insieme a una Rassegna della produzione normativa tecnica (UNI<br />
e CEI). Viene inoltre resa accessibile la consultazione dei Dossier tratti dalle riviste specializzate del Sole 24 ORE (Edilizia e<br />
Territorio, Consulente Immobiliare e <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>), una raccolta aggiornata di numeri monografici, inserti, supplementi<br />
e articoli di particolare interesse. Sempre in termini di contenuti, la collaborazione con il Sole 24 ORE consente di<br />
mettere a disposizione degli utenti di Edilio un utile servizio Faq: un archivio aggiornato bimestralmente di tutte le<br />
domande più frequenti, con relative risposte degli esperti in materia di edilizia, immobili, cantieristica, problematiche del<br />
lavoro, gare d’appalto, ambiente; il tutto organizzato per area tematica in modo da rendere agevole la consultazione. In<br />
materia legislativa, ogni professionista registrato su Edilio può accedere gratuitamente alle Leggi on line, una selezione<br />
di norme, decreti, circolari e altre fonti legislative tratte dalla banca dati del Sole 24 ORE (Codice degli Appalti, Repertorio<br />
di Edilizia e Urbanistica, Codice di <strong>Ambiente</strong> e <strong>Sicurezza</strong> e Codice degli Immobili) in materia di costruzioni, appalti e<br />
ambiente. Il Servizio appalti, invece, fornirà notizie sui bandi di gara e indicazioni utili sulle modalità di assegnazione dei<br />
lavori. La collaborazione EdilioSole 24 ORE avrà importanti ricadute anche nella sezione del portale “shoppingeditoria”,<br />
dove saranno disponibili per l’acquisto le riviste e le banche dati Sole 24 ORE e UNI, e la piattaforma ecommerce“ Edilio<br />
shopping” permetterà di scaricare con il pagamento di una fee accessibile articoli, approfondimenti e dossier. Infine, la<br />
partnership Sole 24 OREEdilio, già operante con alcune iniziative di sponsorizzazione, metterà a frutto le esperienze di<br />
successo dei due gruppi nel campo della Formazione, a tutto vantaggio dei professionisti e delle imprese che avranno a<br />
disposizione numerose opportunità di aggiornamento sui diversi aspetti della professione.<br />
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20 settembre 2005 N. 18
RUBRICA<br />
SCADENZARIO<br />
OBBLIGHI, ADEMPIMENTI, SCADENZE<br />
a cura di Marco Fabrizio, avvocato in Roma<br />
30<br />
SETTEMBRE<br />
CAMPIONAMENTO DELLE ACQUE DA BALNEAZIONE<br />
Entro il 30 settembre 2005 le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (ARPA) ovvero,<br />
se non istituite, i Presidi e servizi di prevenzione multizonali, devono trasmettere al Ministero<br />
della Salute i risultati dei campionamenti mensili relativi alla qualità delle acque da balneazione.<br />
(Art. 2, lettera c) e d), e art. 4, comma 3, D.P.R. 8 giugno 1982, n. 470; art. 18, comma<br />
1, lettera b), legge 29 dicembre 2000, n. 422)<br />
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA<br />
1<br />
OTTOBRE<br />
9<br />
OTTOBRE<br />
13<br />
OTTOBRE<br />
Regioni Mensile (stagione balneare) 31 ottobre 2005<br />
PESI, MISURE E STRUMENTI DI MISURAZIONE<br />
Il 1° ottobre 2005 entra in vigore la nuova disciplina in materia di utilizzo da parte delle<br />
Camere di commercio dei sigilli per la legalizzazione dei pesi, delle misure e degli strumenti<br />
di misurazione, come prevista dalla direttiva del Ministero delle Attività produttive<br />
11 febbraio 2005.<br />
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA<br />
Dipendenti Camere di commercio,<br />
industria e artigianato<br />
<br />
GIORNATA PER LE VITTIME DEGLI INCIDENTI SUL LAVORO<br />
Il 9 ottobre 2005 si celebra l’annuale “Giornata per le vittime degli incidenti sul lavoro”, come<br />
prevista dalla direttiva della Presidente del Consiglio dei Ministri 24 aprile 1998, differita alla<br />
seconda domenica di ogni anno a opera della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri<br />
del 7 marzo 2003.<br />
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA<br />
Annuale<br />
Seconda domenica<br />
di ottobre 2006<br />
RIESAME DEL RAPPORTO DI SICUREZZA SUI SITI A RISCHIO DI INCIDENTI RILEVANTI<br />
Il 13 ottobre 2005 scade il termine per effettuare il riesame periodico del Rapporto di<br />
<strong>Sicurezza</strong> a norma dell’art. 8, comma 6, lettera d), D.Lgs. n. 334/1999. Il “Rapporto di<br />
sicurezza” deve essere redatto dai gestori di tutti gli stabilimenti in cui sono presenti<br />
sostanze pericolose in quantità uguali o superiori a quelle indicate nell’Allegato I, parti<br />
1 e 2, colonna 3, D.Lgs. n. 334/1999, e dovrà contenere, oltre che il Manuale di attuazione<br />
del Sistema di Gestione <strong>Sicurezza</strong> (SGS) e relativa Politica di sicurezza, anche evidenze<br />
circa l’avvenuta adozione del sistema di gestione della sicurezza, l’avvenuta individuazione<br />
dei pericoli di incidenti rilevanti e correlata adozione delle misure necessarie<br />
per prevenirli e limitarne le conseguenze per l’uomo e per l’ambiente, il fatto che<br />
la progettazione, la costruzione, l’esercizio e la manutenzione di qualsiasi impianto,<br />
deposito, attrezzatura e infrastruttura, connessi con il funzionamento dello stabilimento<br />
e aventi un rapporto con i pericoli di incidenti rilevanti, sono sufficientemente<br />
sicuri e affidabili, l’avvenuta predisposizione di piani di emergenza interni e l’avvenuto<br />
invio alle autorità competenti degli elementi utili per l’elaborazione, da parte delle<br />
medesime, dei piani di emergenza esterni (Art. 8, commi 1, 2 e 6, D.Lgs. n. 334/1999).<br />
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA<br />
Gestori di tutti gli stabilimenti in<br />
cui sono presenti sostanze pericolose<br />
in quantità uguali o superiori<br />
a quelle indicate nell’Allegato I,<br />
parti 1 e 2, colonna 3, D.lgs. n. 334/<br />
1999<br />
Ogni cinque anni 13 ottobre 2010<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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15
SCADENZARIO<br />
RUBRICA<br />
15<br />
OTTOBRE<br />
RELAZIONE TRIMESTRALE SULLA QUALITÀ DEI COMBUSTIBILI PRODOTTI E IMPORTATI<br />
In relazione alle infrazioni previste dalla normativa che stabilisce la qualità dei combustibili<br />
ai fini della tutela della salute e dell’ambiente, gli uffici dell’Agenzia delle dogane<br />
devono trasmettere entro il 15 ottobre 2005 all’Agenzia per la protezione dell’ambiente<br />
e per i servizi tecnici (APAT) le informazioni circa gli accertamenti effettuati nei tre mesi<br />
precedenti, indicando gli impianti sottoposti ad accertamento, le infrazioni accertate<br />
nonché il tipo e l’entità delle difformità rilevate. Questa comunicazione deve essere effettuata<br />
per il tramite dell’Area verifiche e controlli tributi doganali e accise Laboratori<br />
chimici, Ufficio metodologie e tecnologie chimiche. (Art. 3, comma 1, D.M. 3 febbraio<br />
2005)<br />
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA<br />
Uffici dell’Agenzia delle dogane<br />
competenti per territorio per il tramite<br />
dell’Area verifiche e controlli<br />
tributi doganali e accise Laboratori<br />
chimici, Ufficio metodologie e<br />
tecnologie chimiche<br />
Trimestrale 15 gennaio 2006<br />
DENUNCIA DEGLI INFORTUNI NEL SETTORE ESTRATTIVO<br />
Entro il 15 ottobre 2005 il “titolare” ex art. 2, comma 1, lettera b), D.Lgs. n. 624/1996,<br />
deve trasmettere all’autorità di vigilanza un prospetto riassuntivo, anche se negativo,<br />
degli infortuni verificatisi nel mese precedente e che abbiano comportato un’assenza<br />
dal lavoro di almeno tre giorni. (Art. 25, comma 8, D.Lgs. 25 novembre 1996, n.<br />
624)<br />
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA<br />
Titolare ex art. 2, comma 1, lettera<br />
b), D.Lgs. n. 624/1996<br />
Mensile 15 novembre 2005<br />
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20 settembre 2005 N. 18
RUBRICA<br />
SINTESI<br />
IN SINTESI<br />
Inserto<br />
SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />
ARTICOLI ...........................................................................................................................................................................................da pag. II<br />
<strong>Sicurezza</strong> delle macchine da cantiere: la perforatrice Dopo una serie di approfondimenti dedicati alle terne (n. 18/2003), alle gru a<br />
torre (n. 22/2003), agli escavatori (n. 1/2004), alle gru a torre automontanti (n. 4/2004), ai dumper e agli autocarri (n. 6/2004), alle autogrù<br />
(n. 8/2004), ai rullo compattatori (n. 10/2004), alle vibrofinitrici (n. 13/2004), alle scarificatrici (n. 14/2004), alle motolivellatrici (n. 16/2004),<br />
alle autobetoniere (n. 18/2004), alle posatubi (n. 21/2004), alle motoruspe (n. 22/2004) e agli argani (n. 2/2005), alle pompe per il<br />
calcestruzzo (n. 4/2005), ai carrelli semoventi a braccio telescopico (n. 6/2005), alle pale caricatrici (n. 8/2005), agli apripista (n. 10/2005) alle<br />
piattaforme aeree sviluppabili (n. 12/2005), alle palificatrici a massa battente (n. 14/2005) e alla sega circolare da cantiere (n. 16/2005),<br />
<strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> prosegue la pubblicazione degli inserti dedicati alla sicurezza delle macchine da cantiere occupandosi della perforatrice.<br />
Composte da un carro cingolato o gommato con un motore diesel, le perforatrici sono macchine movimento terra impiegate nella<br />
perforazione del suolo in profondità e per la costruzione di gallerie. Queste macchine sono dotate di una cabina di guida, generalmente<br />
insonorizzata e munita di protezioni per il conduttore che lo riparano sia dalla caduta di materiale dall’alto e dalla proiezione dello stesso in<br />
caso di perforazioni orizzontali (nel caso di scavi in galleria), sia dalla possibilità di schianto, di rovesciamento e di ribaltamento (ROPS).<br />
L’Inserto propone un breve inquadramento normativo e un approfondimento che guida all’individuazione dei rischi mediante l’analisi delle<br />
principali caratteristiche e modalità di impiego, indica la documentazione necessaria a corredo della macchina, affronta il tema della<br />
formazione dell’operatore addetto alla conduzione. In chiusura, una check list per la verifica delle condizioni della macchina.<br />
Speciale<br />
IGIENE DEL LAVORO<br />
ARTICOLI ........................................................................................................................................................................................da pag. 23<br />
Rischi da vibrazioni meccaniche: la direttiva 2002/44/CE e il suo recepimento Una prolungata esposizione a elevati livelli di<br />
vibrazioni generate da macchinari e utensili portatili vibranti impiegati nell’industria manifatturiera, nel settore estrattivo, nell’industria delle<br />
costruzioni, nel settore agricoloforestale e nei servizi di pubblica utilità, può causare notevoli disturbi e lesioni a carico degli arti superiori,<br />
con un aumento dell’insorgenza di lesioni vascolari, neurologiche e muscoloscheletriche a carico del sistema manobraccio, e del rachide<br />
lombare, con un’alta incidenza di lombalgie, lombosciatalgie, alterazioni degenerative della colonna vertebrale, discopatie e ernie discali<br />
lombari e lombosacrali. Le disposizioni della direttiva della Commissione europea e del Consiglio 25 giugno 2002, n. 2002/44/CE,<br />
pubblicata in G.U.C.E. L del 6 luglio 2002, n. 177 e consultabile all’indirizzo http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com, nella<br />
sezione “Documentazione integrativa”, di prossimo recepimento all’interno dell’ordinamento italiano, impongono un miglioramento<br />
delle condizioni di sicurezza e di tutela della salute del lavoratore esposto a questo rischio. Per ciascuna tipologia di rischio, disturbi derivanti<br />
da vibrazioni trasmesse al sistema manobraccio e al corpo intero, il provvedimento europeo ha previsto sia un valore limite di esposizione,<br />
da non superare in nessun caso, sia un valore di esposizione che fa scattare l’azione di riduzione del fenomeno. Tra i diversi punti affrontati<br />
nella direttiva è importante evidenziare la differenza esistente tra la valutazione del rischio, che può essere effettuata tramite l’osservazione<br />
delle condizioni di lavoro specifiche, e la misurazione dello stesso, che richiede l’utilizzo di una strumentazione specifica e di una<br />
metodologia appropriata. Inoltre, sono indicati gli elementi a cui deve prestare particolare attenzione il datore di lavoro quando effettua la<br />
valutazione, quali, per esempio, il livello, il tipo e la durata dell’esposizione, la possibilità di impiegare attrezzature alternative progettate per<br />
ridurre il più possibile i livelli di esposizione, il prolungamento del periodo di esposizione oltre l’orario di lavoro nonché l’azione sinergica delle<br />
basse temperature.<br />
L’Approfondimento<br />
CERTIFICAZIONE E QUALITÀ<br />
ARTICOLI ........................................................................................................................................................................................da pag. 62<br />
DOCUMENTO ...................................................................................................................................................................................a pag. 70<br />
La nuova UNI EN ISO 14001:2004 La seconda edizione della norma UNI EN ISO 14001 sui sistemi di gestione ambientale (SGA),<br />
pubblicata di recente da UNI, merita sicuramente qualche approfondimento, quantomeno sulle premesse e sulla modalità del processo di<br />
revisione del testo, sui relativi obiettivi e sui cambiamenti attesi per l’applicazione al mercato nazionale. In particolare, il nuovo testo risulta<br />
essere complessivamente più chiaro e maggiormente compatibile con la ISO 9001 rispetto al passato, offrendo, inoltre, diverse possibilità di<br />
valutazione della conformità del sistema ai requisiti, da quella “di prima parte” fino a quella di terza, passando anche attraverso la verifica<br />
di seconda o terza parte di una attività di valutazione della conformità di prima parte. Rafforzato anche il ruolo della direzione<br />
dell’organizzazione che adotta un SGA, che deve mettere a disposizione le risorse per il miglioramento continuo ed è responsabile della<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
17
SINTESI<br />
RUBRICA<br />
fase finale del ciclo, il cosiddetto “riesame”. Quest’ultimo elemento, insieme al coinvolgimento dei soggetti terzi, enfatizza ai massimi livelli<br />
l’attenzione ai risultati prestazionali. Grande rilevanza assume, poi, il rispetto delle leggi, punto sul quale la nuova norma prevede un<br />
sottopunto ad hoc, il 4.5.2. Alla serie di norme internazionali ISO/IEC 17000 è affidato il compito di garantire l’affidabilità, la veridicità, la<br />
trasparenza e, soprattutto, la credibilità per tutte le tipologie di valutazione della conformità; parimenti, le altre norme della serie ISO 14000<br />
possono costituire utili supporti all’adozione di un SGA. Il notevole interesse suscitato dalla pubblicazione della UNI EN ISO 14001:2004,<br />
«Sistemi di gestione ambientale Requisiti e guida per l’uso» e, in particolare, la richiesta, proveniente da numerosi soggetti economici e<br />
sociali, di avere indicazioni chiare sulle modifiche intervenute nel testo rispetto all’edizione precedente, ha spinto l’UNI all’elaborazione di<br />
un Rapporto tecnico UNI TR 11157:2005, documento informativo che ha proprio lo scopo di fornire informazioni sulle differenze tra la<br />
nuova edizione della norma e la precedente edizione del 1996. Il documento, liberamente scaricabile in formato pdf dagli indirizzi<br />
www.uni.com, www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com (sezione “Documentazione integrativa”) e www.professionisti24.ilsole24ore.com<br />
(Area <strong>Ambiente</strong>), ha natura informativa e ha lo scopo di fornire informazioni sulle differenze tra la UNI EN ISO 14001:2004 e<br />
la sua precedente edizione del 1996 e, pertanto, non può essere utilizzato per aggiungere, ridurre o modificare i requisiti della UNI EN ISO<br />
14001.<br />
Igiene e sicurezza<br />
ANTINCENDIO<br />
SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 81<br />
Classi di resistenza al fuoco per i prodotti da costruzione La decisione della Commissione 9 agosto 2005, n. 2005/610/CE, reca, in<br />
allegato, tutti i prodotti da costruzione e/o i materiali che soddisfano tutti i requisiti della prestazione caratteristica “reazione al fuoco”,<br />
senza necessità di dover essere sottoposti a ulteriori prove, con pedisseque classi di appartenenza (in G.U.C.E. L dell’11 agosto 2005, n. 208<br />
e all’indirizzo http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com, nella sezione “Notizie normative”).<br />
IGIENE DEL LAVORO<br />
MASSIMA E NOTA ............................................................................................................................................................................a pag. 87<br />
Mobbing: l’indennizzo non è automatico Ai sensi dell’art. 139 del D.P.R. n. 1124/1965, è obbligatoria per ogni medico, che ne<br />
riconosca l’esistenza, la denuncia delle malattie professionali, come indicate nell’elenco approvato con decreto del Ministro del lavoro e delle<br />
politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute. Ora, in virtù dell’art. 10, c. 3 del D.Lgs. n. 38/2000, l’elenco ex art. 139 può<br />
contenere anche liste di malattie di probabile o di possibile origine lavorativa, da tenere sotto osservazione ai fini della revisione delle tabelle<br />
di cui agli artt. 3 e 211 dello stesso D.P.R. 1124/1965. La lista II) del D.M. 27 aprile 2004, emanato in forza dell’art. 10 del D.Lgs. n. 38/2000,<br />
indica le malattie psichiche o psicosomatiche da costrittività organizzativa tra quelle a limitata probabilità d’origine lavorativa. Ebbene, è di<br />
tutt’evidenza che detto D.M. non solo non legittima a posteriori la circ. INAIL n. 71/2003 giacché esso riguarda solo i casi ex art. 139 del<br />
D.P.R. n. 1124/1965 e non consente certo l’indennizzo automatico per i casi di mobbing contemplati, né tampoco in via generale ma<br />
soprattutto non ha altra funzione che quella della raccolta del dato epidemiologico, per verificare l’eventuale modificazione o integrazione<br />
di tali tabelle. (TAR Lazio, 4 luglio 2005, n. 5454)<br />
SICUREZZA DEGLI IMPIANTI<br />
SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 81<br />
Raccordi a pressare per reti di adduzione di gas La circolare del Ministero delle Attività produttive 27 luglio 2005, indirizzato alla<br />
Società di distribuzione gas negli edifici così come ai costruttori e importatori di raccordi a pressare per reti di adduzione gas per edifici civili,<br />
all’UNI e agli installatori di reti di adduzione di gas, ricorda come la norma UNI 11065 rilevi quale norma tecnica di riferimento per i raccordi<br />
a pressare in questione. La norma tecnica per l’installazione è, invece, la UNI TS 11147, emanata nel febbraio 2005 e di efficacia triennale, in<br />
forza della quale questi raccordi potranno essere installati soltanto all’esterno degli edifici. La circolare identifica, peraltro, anche la norma<br />
belga NBN D 51003, versione febbraio 2005, quale ulteriore norma tecnica per le installazioni di raccordi da effettuare all’interno degli<br />
edifici (in Gazzetta Ufficiale del 2 agosto 2005, n. 178 e all’indirizzo http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com, nella sezione<br />
“Notizie normative”).<br />
SICUREZZA DEL LAVORO<br />
SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 81<br />
Detonatori ad accensione elettrica Il decreto del Ministero dell’Interno 15 agosto 2005 introduce una disciplina restrittiva in<br />
ordine alla fabbricazione, l’importazione, l’esportazione, la detenzione, la commercializzazione, la cessione a qualsiasi titolo, il<br />
trasporto e l’impiego di detonatori ad accensione elettrica a bassa e media intensità, nonché dei prodotti bicomponenti realizzati in<br />
confezioni portatili specificamente destinate alla realizzazione di esplosivi. Fino al 31 dicembre 2007 queste attività saranno<br />
consentite soltanto per esigenze operative e di studio delle Forze armate e dei Corpi armati dello Stato. Fino al 31 ottobre 2005 questi<br />
materiali potranno essere, comunque, utilizzati per attività di posizionamento e sparo (per attività di cava, estrattive ecc.) qualora<br />
siano legittimamente detenuti e purché il brillamento avvenga secondo una procedura di controllo pubblico inserita per lo scopo (in<br />
18 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
20 settembre 2005 N. 18
RUBRICA<br />
SINTESI<br />
Gazzetta Ufficiale del 17 agosto 2005, n. 190 e all’indirizzo http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com, nella sezione<br />
“Notizie normative”).<br />
MASSIMA E NOTA ............................................................................................................................................................................a pag. 87<br />
Obbligo di formazione del lavoratore solo per i rischi a cui risulta esposto L’onere di formazione ed informazione da parte del<br />
datore di lavoro non può essere generico, ma deve esplicarsi in modo preciso e dettagliato in riferimento non solo al rischio ma anche<br />
alle specifiche misure e cautele alle quali conformare l’attività di lavoro così da coinvolgere gli stessi lavoratori nell’opera di prevenzione.<br />
Tale obbligo sussiste poi indipendentemente dall’esperienza specifica dei lavoratori e non può essere in nessun caso trasferito sugli stessi<br />
prestatori d’opera subordinati, beneficiari della tutela. (Tribunale di Bologna, 15 febbraio 2005, n. 2853)<br />
CASO ................................................................................................................................................................................................a pag. 82<br />
<strong>Sicurezza</strong> sul lavoro nelle PA: il ruolo e la responsabilità degli organi di indirizzo politico Con il varo del D.Lgs. n. 626/1994, entrato in<br />
vigore a regime definitivo il 1° gennaio 1997, l’individuazione della figura del datore di lavoro pubblico, a fini prevenzionali, ha acquisito un impulso<br />
via via sempre maggiore, anche per il fatto che questa non era codificata nel sistema normativo precedente. Allo stato attuale della legislazione, la<br />
responsabilità gestionale nell’ambito della Pubblica Amministrazione è affidata alla figura del dirigente pubblico, come definita, in via generale,<br />
nell’art. 4, comma 2, D.Lgs. n. 165/2001, e nell’art. 107, D.Lgs. n. 267/2000, in base ai quali, nell’ambito delle amministrazioni pubbliche, gli<br />
organi di governo sono titolari dei poteri di indirizzo politicoamministrativo, di dotazione organica, strumentale ed economicofinanziaria, e delle<br />
funzioni di controllo dell’ente; ai dirigenti spetta invece la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa delle risorse assegnate e la gestione del<br />
personale. Dall’esame della figura dei dirigenti pubblici si ricava la chiara indicazione che, per quanto attiene all’adempimento degli obblighi di<br />
sicurezza e di salute, essi non hanno vincoli di subordinazione gerarchica e funzionale, né devono sottostare alla decisione di altri organi di governo<br />
dell’ente; i dirigenti pubblici, quindi, non sono equiparabili ai “dirigenti” del settore privato, ma si caratterizzano piuttosto come datori di lavoro.<br />
<strong>Ambiente</strong><br />
ACQUA<br />
SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 95<br />
Acque di vegetazione e scarichi di frantoi oleari Il decreto del Ministero delle Politiche agricole e forestali 6 luglio 2005 riporta l’attesa<br />
normativa nazionale recante criteri uniformi a livello nazionale per l’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e delle sanse umide<br />
dei frantoi oleari, ai sensi e per gli effetti dell’art. 38, D.Lgs. n. 152/1999 e successive modifiche. Ulteriori approfondimenti sui prossimi<br />
numeri di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> (in Gazzetta Ufficiale del 19 luglio 2005, n. 166 del 19 agosto 2005, n. 214, e all’indirizzo http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com,<br />
nella sezione “Notizie normative”).<br />
ARIA<br />
SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 95<br />
Lotta all’effetto serra Con comunicato apparso sulla Gazzetta Ufficiale 30 luglio 2005, n. 176 il Ministero dell’<strong>Ambiente</strong> e della Tutela<br />
del territorio ha reso nota la pubblicazione sul suo sito web (http://www.minambiente.it) del decreto dei Ministeri dell’<strong>Ambiente</strong> e della<br />
Tutela del territorio e delle Attività produttive 1° luglio 2005, n. DEC/RAS854/2005, recante «Disposizioni di attuazione della decisione della<br />
Commissione europea C(2004)130 del 29 gennaio 2004 che istituisce le linee guida per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni<br />
di gas ad effetto serra ai sensi della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio» (in Gazzetta Ufficiale del 30 luglio 2005,<br />
n. 176 e all’indirizzo http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com, nella sezione “Notizie normative”).<br />
MASSIMA E NOTA ..........................................................................................................................................................................a pag. 105<br />
Tutela del diritto alla salute Il diritto alla salute va inteso come stato di benessere psicofisico la cui lesione viene determinata da ogni<br />
immissione idonea a provocare stress, esasperazione e tensione psicologica anche a prescindere dalla prova dell’esistenza di patologie.<br />
(Tribunale di Mantova, sez. II, 5 novembre 2004)<br />
RIFIUTI<br />
TESTO E NOTA ..................................................................................................................................................................................a pag. 91<br />
L’Accordo Comieco e Uniomaceri su controlli, qualità e comunicazione Rinnovato, in data 27 maggio 2005, l’Accordo tra Comieco<br />
(Consorzio nazionale recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica) e Unionmaceri (Associazione di imprese per la raccolta, il recupero<br />
e la valorizzazione dei rifiuti di carta e cartone), con l’obiettivo di definire un quadro di riferimento per gli operatori del recupero in relazione<br />
alle operazioni di accettazione e avvio a riciclaggio dei rifiuti di imballaggio a base cellulosica e della carta da macero nell’ambito<br />
dell’Accordo Quadro AnciConai, sottoscritto il 14 dicembre 2004. Il nuovo testo, entrato in vigore il 1° giugno 2005, sarà proposto a tutti<br />
gli operatori del recupero del macero e riguarderà sia le caratteristiche tecniche delle piattaforme sia l’adeguamento del corrispettivo per i<br />
servizi svolti sia altri aspetti come comunicazione dei dati, audit, ispezioni, certificazione di qualità, controllo dei ricevimenti da parte della<br />
piattaforma e gestione dei materiali estranei.<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
19
SINTESI<br />
RUBRICA<br />
SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 96<br />
Veicoli fuori uso e discariche L’articolo 1, legge di conversione n. 168/2005, reca, tra l’altro, al comma 5, una nuova delega a favore del<br />
Governo per l’adozione, entro sei mesi, di alcune disposizioni integrative o correttive del D.Lgs. n. 209/2003, già «Attuazione della direttiva<br />
2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso». Inoltre, all’art. 11, D.L. n. 115/2005, è stato aggiunto il comma 1bis, per effetto del quale la<br />
disposizione di cui al comma 1 (slittamento del termine di conferimento alle vecchie tipologie di discariche), «non si applica alle discariche di<br />
II categoria, di tipo A, cui si conferiscono materiali di matrice cementizia contenenti amianto, per le quali il termine di conferimento è fissato<br />
alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» (in Gazzetta Ufficiale del 22 agosto 2005, n. 194).<br />
SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 96<br />
Riduzione di sostanze pericolose nei RAEE Il decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, «Attuazione delle direttive 2002/95/CE,<br />
2002/96/CE e 2013/108/CE, relative alla riduzione dell’uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonché<br />
allo smaltimento dei rifiuti», reca misure e procedure finalizzate a prevenire la riduzione di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche<br />
(RAEE), promuovere il reimpiego, il riciclaggio e altre forme di recupero dei RAEE, migliorare da un punto di vista ambientale l’intervento<br />
di tutti i soggetti coinvolti nel ciclo di vita di queste apparecchiature (dai produttori fino ai consumatori) e, infine, ridurre l’uso di sostanze<br />
pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), di cui all’art. 1. Ulteriori approfondimenti sui prossimi numeri di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong><br />
e, a breve, anticipazioni all’indirizzo http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com, nella sezione “Anteprima articoli”<br />
(in S.O. n. 135 alla Gazzetta Ufficiale del 29 luglio 2005, n. 175 e all’indirizzo http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com, nella<br />
sezione “Notizie normative”).<br />
SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 98<br />
Rifiuti: criteri di ammissibilità in discarica Il decreto del Ministero dell’<strong>Ambiente</strong> e della Tutela del territorio 3 agosto 2005<br />
«Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica» riscrive i criteri di ammissibilità per il conferimento dei rifiuti in discarica, in<br />
precedenza già contenuti nel D.M. 13 marzo 2003 oggi abrogato. Ulteriori approfondimenti sui prossimi numeri di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong><br />
e, a breve, anticipazioni all’indirizzo http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com, nella sezione “Anteprima articoli” (in Gazzetta<br />
Ufficiale del 30 settembre 2005, n. 201 e all’indirizzo http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com, nella sezione “Notizie<br />
normative”).<br />
MASSIMA E NOTA ..........................................................................................................................................................................a pag. 104<br />
Le ordinanze sindacali non possono prescindere da una situazione di concreto pericolo Il potere sindacale di emanare ordinanze<br />
contingibili ed urgenti permette anche l’imposizione di obblighi di fare a carico dei destinatari, ma l’esercizio di tale potere non può<br />
prescindere dalla sussistenza di una situazione di effettivo e concreto pericolo per l’incolumità pubblica, la quale non sia fronteggiabile con<br />
gli ordinari strumenti di amministrazione attiva. (TAR Calabria 8 luglio 2005, n. 1154)<br />
TUTELA AMBIENTALE<br />
CASO ................................................................................................................................................................................................a pag. 99<br />
Risarcimento del danno L’organo sanzionatorio risulta essere lo strumento di tutela dell’ambiente di maggiore rilievo in relazione sia al<br />
quantum che il soggetto autore delle violazioni deve versare sia alla natura e tipologia di impegno che l’impresa stessa potrebbe dover<br />
assumere in funzione del ripristino del bene ambientale. Tuttavia, l’attivazione per il risarcimento del danno è tenuta in considerazione dalla<br />
normativa in modalità differenti; infatti, per chi causa un danno e provvede a ripararlo prima del giudizio penale o dell’ordinanzaingiunzione,<br />
le sanzioni penali e amministrative sono ridotte della metà o di due terzi. Di contro, la Suprema Corte ha ritenuto non applicabile<br />
l’attenuante della riparazione del danno nel momento in cui il risarcimento provenga da un ente assicuratore, poiché la stipula dell’assicurazione<br />
della polizza è antecedente al reato. Su questo punto non mancano, comunque, decisioni in senso opposto. Altro aspetto<br />
interessante sul tema è la possibilità di fruire della sospensione condizionale della pena che risulta essere subordinata, secondo l’art. 165<br />
c.p., all’«adempimento dell’obbligo delle restituzioni; al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno e alla<br />
pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno».<br />
VIA<br />
MASSIMA E NOTA ..........................................................................................................................................................................a pag. 104<br />
VIA: prescrizioni e condizioni non possono essere considerate vizi di incompletezza La presenza di prescrizioni e condizioni in<br />
seno ad una valutazione di impatto ambientale non può essere automaticamente assunta come indice, e tanto meno come prova da sola<br />
sufficiente, dell’esistenza di vizi di incompletezza ed insufficienza negli studi compiuti al riguardo dall’ente proponente, né vale di per sé a<br />
denotare l’inidoneità del progetto originario a ricevere una valutazione comunque sufficiente, poiché l’amministrazione, essendo titolare di<br />
un potere pieno di valutazione e di conformazione della decisione sull’opera, in presenza di manchevolezze del progetto per le quali l’opera<br />
appare di dubbia compatibilità ambientale non deve necessariamente esprimere una via negativa, ma deve, invece, valutare la possibilità di<br />
prescrivere misure mitigative o modifiche al progetto. (TAR Lazio, 14 aprile 2005, n. 2032)<br />
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20 settembre 2005 N. 18
RISCHI DA VIBRAZIONI MECCANICHE<br />
LA DIRETTIVA 2002/44/CE E IL SUO RECEPIMENTO<br />
In questo Speciale pubblichiamo una serie di contributi dedicati alla<br />
direttiva 25 giugno 2002, n. 2002/44/CE, la sedicesima ai sensi dell’articolo<br />
16, paragrafo 1, della direttiva n. 89/391/CEE, che stabilisce le prescrizioni<br />
minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi<br />
derivanti dalle vibrazioni meccaniche.<br />
In particolare si affrontano i seguenti aspetti:<br />
nuovi adempimenti aziendali;<br />
misure preventive;<br />
sorveglianza sanitaria;<br />
prove standard e misurazioni in campo.<br />
In Europa, i settori occupazionali a maggior rischio di esposizione sono<br />
rappresentati dall’industria delle costruzioni, dal settore metalmeccanico e<br />
metallurgico, dal comparto di cave e di miniere, dai trasporti terrestri,<br />
dall’agricoltura e dalla silvicolturaforeste.<br />
Le disposizioni della direttiva e, quindi, del decreto legislativo che le<br />
recepirà, consentono un miglioramento delle condizioni di sicurezza dei<br />
lavoratori.<br />
L’entrata in vigore della previsione normativa, la quale impone che i<br />
lavoratori non devono essere esposti a livelli di vibrazioni superiori al valore<br />
limite stabilito, prevede un periodo transitorio massimo di cinque anni, a<br />
decorrere dal 6 luglio 2005, per le attrezzature di lavoro messe a<br />
disposizione dei lavoratori anteriormente al 6 luglio 2007, mentre questo<br />
periodo può essere esteso di altri quattro anni per le attrezzature utilizzate<br />
nei settori agricolo e forestale. Pertanto, l’obbligo del rispetto dei valori<br />
limite di esposizione entra in vigore nel primo caso il 6 luglio 2010, nel<br />
secondo caso il 6 luglio 2014.<br />
Contributi di:<br />
• Massimo Bovenzi<br />
• Anna Maria Faventi<br />
• Mauro Franciosi<br />
• Francesco Furnari<br />
• Sabrina Parise<br />
• Iole Pinto<br />
• Pietro Nataletti<br />
• Omar Nicolini<br />
• Fabio Santini<br />
• Nicola Stacchini<br />
• Marco Vigone
SPECIALE<br />
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
Dalla Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale una linea guida per applicare la direttiva n. 2002/44/CE<br />
La prevenzione e la sorveglianza sanitaria<br />
dei lavoratori esposti a vibrazioni meccaniche<br />
di Massimo Bovenzi, Direttore dell’Unità Clinica Operativa di Medicina del Lavoro, Dipartimento<br />
di Scienze di Medicina Pubblica, Università degli Studi di Trieste<br />
Numerose attività lavorative<br />
comportano un’esposizione<br />
del lavoratore a elevati livelli di<br />
vibrazioni generate da macchine<br />
agricole e industriali, da veicoli<br />
di trasporto, da utensili portatili<br />
o da manufatti impugnati e<br />
lavorati su un macchinario fisso.<br />
Questo tipo di esposizione può<br />
provocare disturbi e lesioni agli<br />
arti superiori, con un aumentato<br />
rischio di insorgenza di lesioni<br />
vascolari, neurologiche e<br />
muscoloscheletriche a carico<br />
del sistema manobraccio,<br />
e al rachide lombare, come<br />
lombalgie, lombosciatalgie,<br />
alterazioni degenerative della<br />
colonna vertebrale, discopatie<br />
ed ernie discali lombari e<br />
lombosacrali. Per rispondere alla<br />
necessità di tutela del lavoratore<br />
interessato da queste patologie,<br />
la Commissione europea e il<br />
Consiglio hanno emanato la<br />
direttiva 25 giugno 2002, n.<br />
2002/44/CE per la protezione<br />
contro i rischi derivanti da<br />
vibrazioni meccaniche. La<br />
normativa europea stabilisce ,<br />
inoltre, che venga istituita una<br />
documentazione sanitaria,<br />
costantemente aggiornata<br />
e accessibile sia al lavoratore<br />
interessato sia alle autorità<br />
competenti che la richiedano.<br />
a vibrazioni<br />
meccaniche in ambiente lavorativo<br />
può essere dovuta a L’esposizione<br />
un’ampia varietà di processi e operazioni<br />
svolti nell’industria manifatturiera,<br />
nel comparto estrattivo,<br />
nell’industria delle costruzioni, nel<br />
settore agricolo-forestale e nei servizi<br />
di pubblica utilità. Una prolungata<br />
esposizione a elevati livelli di<br />
vibrazioni generate da macchine industriali<br />
e agricole, da veicoli di<br />
trasporto, da utensili portatili o da<br />
manufatti impugnati e lavorati su<br />
macchinario fisso, può provocare<br />
disturbi e lesioni a carico degli arti<br />
superiori e della colonna vertebrale.<br />
La direttiva comunitaria n.<br />
2002/44/CE [1] sulla protezione dei<br />
lavoratori contro i rischi da vibrazioni<br />
meccaniche definisce quelle<br />
trasmesse al sistema mano-braccio<br />
come «le vibrazioni meccaniche<br />
che, se trasmesse al sistema manobraccio<br />
nell’uomo, comportano un<br />
rischio per la salute e la sicurezza<br />
dei lavoratori, in particolare disturbi<br />
vascolari, osteoarticolari,<br />
neurologici o muscolari» e le vibrazioni<br />
trasmesse al corpo intero<br />
come «le vibrazioni meccaniche<br />
che, se trasmesse al corpo intero,<br />
comportano rischi per la salute e la<br />
sicurezza dei lavoratori, in particolare<br />
lombalgie e traumi del rachide».<br />
Sulla base delle rilevazioni del<br />
3 rd European Survey on Working<br />
Conditions (Dublino, 2000), è stato<br />
stimato che il 24% dei lavoratori<br />
europei è esposto a vibrazioni meccaniche.<br />
Per l’Italia questa stima è<br />
di circa il 26%. In Europa, i settori<br />
occupazionali a maggior rischio di<br />
esposizione a vibrazioni sono rappresentati<br />
dall’industria delle costruzioni,<br />
dall’industria metalmeccanica<br />
e metallurgica, dal comparto<br />
di cave e di miniere, dai trasporti<br />
terrestri, dall’agricoltura e dalla silvicoltura-foreste.<br />
Si riporta lo stato attuale delle<br />
conoscenze cliniche ed epidemiologiche<br />
sui disturbi e le patologie croniche<br />
causati dall’esposizione occupazionale<br />
sia a vibrazioni trasmesse<br />
al corpo intero con frequenze<br />
comprese tra 0.5 e 80 Hz (whole-body<br />
vibration, WBV) sia a vibrazioni<br />
trasmesse al sistema mano-braccio<br />
nell’intervallo di frequenze<br />
tra 5 e 1.500 Hz (handtransmitted<br />
vibration, HTV). Inoltre,<br />
verranno evidenziati gli aspetti<br />
relativi alla sorveglianza sanitaria<br />
dei lavoratori professionalmente<br />
esposti a vibrazioni meccaniche. In<br />
questo contesto, si esamineranno le<br />
disposizioni della direttiva europea<br />
n. 2002/44/CE sulle vibrazioni<br />
meccaniche e le linee guida della<br />
Società Italiana di Medicina del Lavoro<br />
e Igiene Industriale (SIMLII)<br />
dedicate ai «disturbi e patologie da<br />
esposizione a vibrazioni meccaniche<br />
negli ambienti di lavoro».<br />
[1] «Direttiva 2002/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 giugno 2002 sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute<br />
relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (vibrazioni) (sedicesima direttiva particolare ai sensi<br />
dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE)», in G.U.C.E. L del 6 luglio 2002, n. 177.<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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23
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
SPECIALE<br />
Disturbi e patologie da esposizione a vibrazioni meccaniche<br />
Le vibrazioni trasmesse<br />
al sistema manobraccio<br />
L’esposizione a vibrazioni generate<br />
da utensili portatili è associata a un<br />
aumentato rischio di insorgenza di lesioni<br />
vascolari, neurologiche e muscolo-scheletriche<br />
a carico del sistema<br />
mano-braccio. L’insieme di queste lesioni<br />
è definito “sindrome da vibrazioni<br />
mano-braccio”. La componente<br />
vascolare della sindrome è rappresentata<br />
da una forma secondaria di fenomeno<br />
di Raynaud definita “vibrationinduced<br />
white finger” (VWF) dagli<br />
autori anglosassoni; la componente<br />
neurologica è caratterizzata da una<br />
neuropatia periferica diffusa o multifocale<br />
prevalentemente sensitiva; la<br />
componente osteoarticolare comprende<br />
lesioni cronico-degenerative a carico<br />
dei segmenti ossei e articolari degli<br />
arti superiori (artrosi, osteofitosi), in<br />
particolare a livello dei polsi e dei gomiti.<br />
Alcuni studi hanno anche riportato<br />
un aumentato rischio di alterazioni<br />
muscolo-tendinee (tendiniti, peritendiniti,<br />
tenosinoviti, malattia di de-<br />
Quervain, morbo di Dupuytren) e di<br />
sindromi da intrappolamento dei tronchi<br />
nervosi (sindrome del tunnel carpale,<br />
sindrome di Guyon) nei lavoratori<br />
che usano utensili vibranti. È stato<br />
ipotizzato che nella etiopatogenesi di<br />
queste affezioni giochino un ruolo rilevante<br />
non solo il microtraumatismo<br />
vibratorio ma anche, e soprattutto, fattori<br />
ergonomici quali posture incongrue,<br />
movimenti ripetitivi, elevata forza<br />
di prensione e di spinta sull’impugnatura<br />
degli utensili.<br />
La sindrome<br />
da vibrazioni manobraccio<br />
La neuropatia da vibranti<br />
Vi è evidenza epidemiologica di<br />
una elevata occorrenza di parestesie<br />
(formicolii), riduzione della sensibilità<br />
tattile e termica, e limitazione della<br />
capacità di manipolazione fine nei lavoratori<br />
esposti a HTV rispetto a<br />
gruppi di controllo. Sono state segnalate<br />
in vari studi epidemiologici prevalenze<br />
di disturbi neurosensitivi periferici<br />
sino all’80%. In generale, i risultati<br />
degli studi clinici ed epidemiologici<br />
hanno evidenziato una tendenza a<br />
un progressivo deterioramento delle<br />
soglie estesiometriche, termiche e vibrotattili<br />
con l’aumentare del tempo di<br />
esposizione e della dose giornaliera o<br />
cumulativa di vibrazioni.<br />
In alcuni studi epidemiologici è<br />
stato rilevato un aumentato rischio di<br />
neuropatie da intrappolamento, in particolare<br />
la sindrome del tunnel carpale<br />
(STC), in gruppi di lavoratori che utilizzano<br />
strumenti vibranti. La STC è<br />
anche comune in categorie di operatori<br />
le cui mansioni lavorative comportano<br />
un notevole impegno muscolotendineo<br />
e frequenti movimenti ripetitivi<br />
del segmento mano-polso. È stato<br />
suggerito che i fattori di stress ergonomico<br />
giocano probabilmente un ruolo<br />
determinante nell’insorgenza e nella<br />
progressione della STC. Il contributo<br />
indipendente dell’esposizione a vibrazioni<br />
e del sovraccarico meccanico e<br />
la loro eventuale interazione nella patogenesi<br />
della STC nei lavoratori che<br />
usano utensili vibranti non è ancora<br />
stato completamente chiarito dagli<br />
studi sperimentali ed epidemiologici.<br />
In una recente revisione della letteratura<br />
epidemiologica, il National Institute<br />
for Occupational Safety and Health<br />
(NIOSH, USA) ha valutato come<br />
dotata di una sufficiente evidenza l’associazione<br />
tra sindrome del tunnel<br />
carpale e lavoro con utensili vibranti,<br />
mentre questa evidenza sembra insufficiente<br />
per altre patologie del distretto<br />
cervico-brachiale.<br />
L’Osteoartropatia da vibranti<br />
Le possibili alterazioni osteoarticolari<br />
causate da HTV rappresentano un<br />
tema controverso. Vari autori ritengono<br />
che le lesioni cronico-degenerative<br />
dei segmenti ossei e delle articolazioni<br />
degli arti superiori osservate negli<br />
esposti a vibranti siano di tipo aspecifico<br />
e simili a quelle dovute al lavoro<br />
manuale pesante o ai processi di invecchiamento.<br />
Le prime indagini radiologiche<br />
avevano riscontrato una<br />
elevata prevalenza di cisti e vacuoli<br />
nelle ossa carpali e metacarpali degli<br />
esposti a HTV, ma successivi studi<br />
non avevano confermato un eccesso<br />
di rischio per queste lesioni rispetto a<br />
gruppi di controllo costituiti da lavoratori<br />
manuali. Alcuni studi, tuttavia,<br />
hanno evidenziato un’aumentata prevalenza<br />
di artrosi dei polsi e di artrosi<br />
e osteofitosi dei gomiti nei minatori,<br />
lavoratori edili e operatori dell’industria<br />
dei metalli esposti a vibrazioni di<br />
bassa frequenza ed elevata ampiezza<br />
generate da utensili a movimento percussorio.<br />
È stato ipotizzato che, oltre<br />
allo stress vibratorio, vari altri fattori<br />
biomeccanici possano contribuire all’etiopatogenesi<br />
delle lesioni osteoarticolari<br />
negli esposti a utensili percussori,<br />
quali, per esempio, il sovraccarico<br />
articolare, lo sforzo muscolare intenso<br />
e le posture incongrue. Un’ipersuscettibilità<br />
individuale potrebbe anche<br />
avere un ruolo nell’insorgenza di<br />
alterazioni artrosiche precoci.<br />
L’Angiopatia da vibranti<br />
L’angiopatia da vibranti (vibrationinduced<br />
white finger, VWF) rappresenta<br />
una delle più frequenti malattie<br />
professionali indennizzate dall’INAIL<br />
nel nostro Paese.<br />
L’angiopatia da vibranti è caratterizzata<br />
da episodi di pallore ben demarcato<br />
a uno o a più dita delle mani<br />
provocati dall’esposizione a vibrazioni<br />
e a microclima freddo (fenomeno<br />
di Raynaud). Qualora la comparsa del<br />
primo episodio di pallore digitale sia<br />
avvenuta dopo l’inizio dell’esposizione<br />
a microtraumatismo vibratorio e<br />
non vi siano elementi clinico-anamnestici<br />
che possano far sospettare una<br />
familiarità per sindromi vasospastiche<br />
oppure un fenomeno di Raynaud primitivo<br />
o secondario ad altre cause, la<br />
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20 settembre 2005 N. 18
SPECIALE<br />
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
diagnosi anamnestica di angiopatia da<br />
vibranti può essere considerata altamente<br />
probabile.<br />
Negli esposti a vibranti, l’attacco di<br />
Raynaud di solito si limita alla fase<br />
del pallore digitale, mentre la classica<br />
triplice sequenza di pallore-cianosi<br />
(colorito bluastro)-iperemia (rossore)<br />
delle dita delle mani è più frequente<br />
nei soggetti affetti da fenomeno di<br />
Raynaud non occupazionale. Parimenti,<br />
la comparsa di disturbi trofici<br />
(gangrena) alle estremità distali delle<br />
dita è estremamente rara nei lavoratori<br />
con angiopatia da vibranti e ciò in relazione<br />
al predominante carattere funzionale<br />
dell’angiopatia stessa.<br />
Gli studi epidemiologici indicano<br />
che la prevalenza di VWF è estremamente<br />
variabile, dallo 0-5% nei lavoratori<br />
che operano in aree geografiche<br />
a clima caldo, all’80-100% in particolari<br />
gruppi occupazionali esposti a elevati<br />
livelli di vibrazioni nei paesi nordici.<br />
Nella popolazione generale di<br />
sesso maschile e nei gruppi di controllo<br />
non esposti a HTV, la prevalenza<br />
del fenomeno di Raynaud o di sindrome<br />
da ipersensibilità al freddo varia<br />
dall’1,5 al 14% e ciò sembra dovuto a<br />
differenze razziali, climatiche e microclimatiche.<br />
L’associazione tra fenomeno di<br />
Raynaud e attività lavorativa con<br />
utensili vibranti è stata ben documentata<br />
in studi epidemiologici di tipo sia<br />
trasversale sia longitudinale. Vi sono<br />
sufficienti dati epidemiologici che indicano<br />
un significativo aumento dell’occorrenza<br />
di VWF con l’aumentare<br />
dell’intensità e della durata dell’esposizione<br />
a HTV.<br />
Studi di follow up hanno evidenziato<br />
che l’introduzione di misure preventive<br />
per migliorare il lavoro con<br />
utensili vibranti ha determinato una<br />
riduzione della prevalenza e dell’incidenza<br />
di VWF in alcune categorie occupazionali,<br />
in particolare tra i lavoratori<br />
forestali. Questi effetti positivi<br />
sulla salute dei forestali sono stati attribuiti<br />
all’uso di motoseghe dotate di<br />
dispositivi anti-vibranti e all’adozione<br />
di misure amministrative che hanno<br />
consentito una riduzione del tempo di<br />
esposizione e un miglioramento dell’organizzazione<br />
del lavoro. I dati degli<br />
studi epidemiologici sembrano indicare<br />
che la frequenza di VWF è diminuita<br />
nell’ultimo decennio, almeno<br />
in quei gruppi di lavoratori che hanno<br />
impiegato utensili vibranti di nuova<br />
generazione sin dall’inizio dell’attività<br />
lavorativa.<br />
Altre possibili patologie da vibranti<br />
I risultati di alcuni studi epidemiologici<br />
sembrano indicare che l’esposizione<br />
a HTV può determinare una riduzione<br />
patologica della forza muscolare<br />
degli arti superiori, un incremento<br />
del rischio di ipoacusia da trauma acustico<br />
cronico, e l’insorgenza di disturbi<br />
a carico del sistema nervoso centrale.<br />
Si tratta di un numero limitato di<br />
studi, alcuni dei quali viziati da distorsioni<br />
e da errori metodologici, per cui<br />
risulta estremamente difficile, se non<br />
impossibile, ipotizzare eventuali relazioni<br />
dose-risposta per le patologie sopramenzionate.<br />
Le vibrazioni trasmesse<br />
al corpo intero<br />
Un’esposizione prolungata a elevati<br />
livelli di vibrazioni trasmesse a tutto<br />
il corpo da macchine e/o veicoli industriali,<br />
agricoli o per il trasporto pubblico<br />
è associata a un aumentato rischio<br />
di insorgenza di disturbi e di<br />
lesioni a carico del rachide lombare,<br />
quali lombalgie e lombosciatalgie, alterazioni<br />
degenerative della colonna<br />
vertebrale (spondiloartrosi, spondilosi,<br />
osteocondrosi intervertebrale), discopatie<br />
e ernie discali lombari e/o lombosacrali.<br />
Il rischio di insorgenza di<br />
patologie del rachide lombare sembra<br />
aumentare con l’aumentare della durata<br />
e dell’intensità dell’esposizione a<br />
vibrazioni trasmesse al corpo intero.<br />
In alcuni studi è stato anche segnalato<br />
che l’esposizione a vibrazioni trasmesse<br />
al corpo intero può causare<br />
alterazioni a carico del distretto cervico-brachiale,<br />
dell’apparato gastroenterico,<br />
del sistema venoso periferico,<br />
dell’apparato riproduttivo femminile e<br />
del sistema cocleo-vestibolare. Indagini<br />
di tipo trasversale e longitudinale<br />
hanno fornito una sufficiente evidenza<br />
epidemiologica per una significativa<br />
associazione tra esposizione professionale<br />
a vibrazioni trasmesse a tutto<br />
il corpo e patologia del rachide lombare,<br />
mentre l’associazione tra vibrazioni<br />
e lesioni ad altri organi o apparati<br />
non è stata ancora adeguatamente<br />
documentata. È su queste evidenze<br />
epidemiologiche che si basa la definizione<br />
di vibrazioni trasmesse a tutto il<br />
corpo della direttiva europea n. 2002/<br />
44/CE, «le vibrazioni meccaniche<br />
che, se trasmesse al corpo intero,<br />
comportano rischi per la salute e la<br />
sicurezza dei lavoratori, in particolare<br />
lombalgie e traumi del rachide».<br />
In un limitato numero di Stati<br />
membri dell’Unione europea (Belgio,<br />
Germania, Paesi Bassi, Francia), alcune<br />
patologie del rachide, in particolare<br />
del tratto lombare, sono considerate di<br />
origine professionale in presenza di<br />
specifici requisiti relativi all’intensità<br />
e alla durata dell’esposizione alle vibrazioni.<br />
Il ruolo delle vibrazioni nella etiopatogenesi<br />
delle alterazioni del rachide<br />
lombare non è ancora completamente<br />
chiarito poiché la guida di<br />
macchine o veicoli comporta non solo<br />
l’esposizione a vibrazioni potenzialmente<br />
dannose ma anche a fattori<br />
di stress ergonomico quali, per esempio,<br />
una prolungata postura assisa o<br />
frequenti movimenti di flessione e<br />
torsione del rachide. Inoltre, alcune<br />
categorie di autisti, come gli addetti a<br />
lavori di trasporto in vari settori commerciali,<br />
possono svolgere attività di<br />
sollevamento e spostamento di carichi<br />
manuali che rappresentano un’ulteriore<br />
fattore di stress per il tratto<br />
lombare del rachide. Alcune caratteristiche<br />
individuali (età, indice di massa<br />
corporea, abitudine al fumo di tabacco,<br />
aspetti costituzionali), fattori<br />
di natura psicosociale e pregressi<br />
traumatismi alla schiena sono anche<br />
riconosciuti come importanti variabili<br />
predittive della comparsa di disturbi<br />
al rachide, in particolare di lombalgie.<br />
Pertanto, i sintomi muscolo-scheletrici<br />
e le lesioni al rachide lombare negli<br />
autisti di macchine o veicoli rappre-<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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25
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
SPECIALE<br />
sentano un complesso di alterazioni<br />
di origine multifattoriale nella cui<br />
etiopatogenesi intervengono fattori di<br />
natura sia occupazionale sia extra-occupazionale.<br />
Ne deriva che risulta<br />
molto difficile separare il contributo<br />
delle vibrazioni da quello di altri fattori<br />
di rischio individuale ed ergonomico<br />
nell’insorgenza e/o aggravamento<br />
di turbe del rachide. Studi di<br />
biodinamica hanno tuttavia evidenziato<br />
i possibili meccanismi attraverso<br />
i quali le vibrazioni possono indurre<br />
lesioni all’apparato muscolo-scheletrico<br />
del rachide:<br />
l sovraccarico meccanico dovuto a<br />
fenomeni di risonanza della colonna<br />
vertebrale nell’intervallo di frequenze<br />
delle vibrazioni tra 3 e 10 Hz, con<br />
conseguente danno strutturale a carico<br />
dei corpi vertebrali, dischi e articolazioni<br />
intervertebrali;<br />
l eccessiva risposta contrattile dei<br />
muscoli paravertebrali causata da intenso<br />
stimolo vibratorio, con conseguenti<br />
fenomeni di strain e affaticamento<br />
muscolare.<br />
La sorveglianza sanitaria<br />
Le disposizioni<br />
della direttiva europea<br />
La direttiva europea n. 2002/44/<br />
CE sulle vibrazioni meccaniche afferma,<br />
all’art. 8, che «la sorveglianza<br />
sanitaria, i cui risultati sono considerati<br />
ai fini dell’applicazione di misure<br />
preventive sullo specifico luogo di<br />
lavoro, è tesa alla prevenzione e alla<br />
diagnosi precoce di ogni danno connesso<br />
all’esposizione a vibrazioni<br />
meccaniche. Tale sorveglianza è appropriata<br />
quando:<br />
(a) l’esposizione dei lavoratori alle<br />
vibrazioni è tale da rendere possibile<br />
l’individuazione di un nesso tra l’esposizione<br />
in questione e una malattia<br />
identificabile o effetti nocivi per la salute;<br />
(b) è probabile che la malattia o gli<br />
effetti sopraggiungano nelle particolari<br />
condizioni di lavoro del lavoratore;<br />
(c) esistono tecniche sperimentate<br />
che consentono di individuare la malattia<br />
o gli effetti nocivi per la salute.<br />
In ogni caso i lavoratori esposti<br />
ad un livello di vibrazioni meccaniche<br />
superiore ai valori di cui all’articolo<br />
3, paragrafo 1, lettera b) e paragrafo<br />
2, lettera b) [cioè i valori di<br />
azione, n.d.a.], hanno diritto ad essere<br />
sottoposti a sorveglianza sanitaria<br />
adeguata».<br />
I valori di azione stabiliti dalla direttiva<br />
europea sono 2,5 ms -2 rms per le<br />
vibrazioni mano-braccio e 0.5 ms -2 rms<br />
per le vibrazioni trasmesse al corpo intero,<br />
entrambi espressi in termini di accelerazione<br />
ponderata in frequenza<br />
equivalente a 8 ore di lavoro [A(8)].<br />
La direttiva europea prescrive che<br />
sia istituita e aggiornata una documentazione<br />
sanitaria individuale, conservata<br />
in forma idonea, a cui ha accesso il<br />
singolo lavoratore interessato e che dovrà<br />
essere fornita alle autorità competenti<br />
su richiesta.<br />
Nel caso il medico competente<br />
identifichi una malattia o affezione correlata<br />
con l’esposizione alle vibrazioni,<br />
il medico competente stesso dovrà informarne<br />
sia il lavoratore interessato,<br />
fornendogli il proprio parere sul controllo<br />
sanitario a cui dovrà sottoporsi<br />
nel periodo successivo all’esposizione,<br />
sia il datore di lavoro nel rispetto del<br />
segreto professionale. Al verificarsi di<br />
questa evenienza, scattano una serie di<br />
obblighi per il datore di lavoro che dovrà:<br />
l sottoporre a revisione la valutazione<br />
dei rischi;<br />
l sottoporre a revisione le misure predisposte<br />
per eliminare o ridurre i rischi;<br />
l tener conto del parere del medico<br />
competente o dell’autorità competente<br />
nell’attuazione delle misure necessarie<br />
per eliminare o ridurre il rischio, «compresa<br />
la possibilità di assegnare il lavoratore<br />
ad attività alternative che non<br />
comportano il rischio di ulteriore esposizione»;<br />
l organizzare «una sorveglianza sanitaria<br />
continua» e prendere «misure affinché<br />
sia riesaminato lo stato di salute<br />
di tutti gli altri lavoratori che hanno<br />
subito un’esposizione simile. In tali casi<br />
il medico competente o lo specialista<br />
in medicina del lavoro, ovvero l’autorità<br />
competente può proporre che i soggetti<br />
esposti siano sottoposti a esame<br />
medico». Anche in questo caso si evidenzia<br />
la stretta relazione esistente tra<br />
valutazione del rischio e sorveglianza<br />
sanitaria, essendo quest’ultima motivata<br />
dalla prima e nello stesso tempo<br />
chiamata a confermare, oppure a sottoporre<br />
a revisione, le procedure di accertamento<br />
del rischio.<br />
La direttiva n. 2002/44/CE non dà<br />
disposizioni sull’organizzazione della<br />
sorveglianza sanitaria in termini di visita<br />
medica preventiva, periodica o straordinaria,<br />
spetterà, pertanto, ai singoli<br />
Stati membri legiferare su questi adempimenti<br />
sulla base delle norme nazionali<br />
e delle direttive europee precedentemente<br />
adottate.<br />
È prevedibile che il recepimento<br />
delle disposizioni europee determinerà<br />
un ampliamento delle categorie di lavoratori<br />
esposti a vibrazioni meccaniche<br />
da sottoporre a sorveglianza sanitaria,<br />
in particolare quelli esposti a vibrazioni<br />
al corpo intero, per i quali non è<br />
attualmente obbligatoria alcuna forma<br />
di sorveglianza sanitaria.<br />
Le linee guida della SIMLII<br />
sulla sorveglianza sanitaria<br />
La SIMLII ha preparato una linea<br />
guida specifica allo scopo di gestire in<br />
modo appropriato le disposizioni della<br />
direttiva europea e le problematiche<br />
generali relative alla valutazione del<br />
rischio e alla sorveglianza sanitaria<br />
dei lavoratori esposti a vibrazioni<br />
meccaniche. Le linee guida della SI-<br />
MLII forniscono strumenti culturali e<br />
operativi per la conduzione dei controlli<br />
sanitari preventivi e periodici negli<br />
esposti a vibrazioni meccaniche;<br />
vengono, inoltre, suggeriti alcuni cri-<br />
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20 settembre 2005 N. 18
SPECIALE<br />
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
teri sia per la diagnosi delle malattie<br />
professionali causate dall’esposizione<br />
a vibrazioni, sia per la formulazione<br />
del giudizio di idoneità al rischio specifico.<br />
I lavoratori esposti a vibrazioni<br />
meccaniche generate da macchine,<br />
utensili o veicoli devono essere sottoposti<br />
a procedure di sorveglianza sanitaria<br />
che comprendono una visita<br />
medica preventiva e successive visite<br />
mediche periodiche a intervalli regolari.<br />
Poiché i sintomi e i segni clinici<br />
delle malattie causate dalle vibrazioni<br />
meccaniche non hanno caratteristiche<br />
di specificità e possono essere<br />
comuni ad altre condizioni patologiche,<br />
in occasione dei controlli sanitari<br />
il medico competente dovrà considerare<br />
la possibilità di utilizzare vari<br />
strumenti clinici e di laboratorio per<br />
poter formulare una corretta diagnosi<br />
differenziale.<br />
La visita medica preventiva<br />
Gli scopi della visita medica preventiva<br />
sono di:<br />
l informare il lavoratore sui rischi<br />
associati all’uso di veicoli, macchine<br />
e/o utensili vibranti e sui mezzi di prevenzione<br />
attualmente disponibili;<br />
l acquisire una documentazione sanitaria<br />
individuale di base da poter in<br />
seguito confrontare con i dati clinici<br />
raccolti nelle successive visite mediche<br />
periodiche;<br />
l individuare la pre-esistenza di condizioni<br />
patologiche che possono determinare<br />
un aumento del rischio di<br />
occorrenza di lesioni da vibrazioni<br />
meccaniche nel lavoratore portatore di<br />
queste affezioni.<br />
La visita medica preventiva deve<br />
essere eseguita in conformità ai<br />
principi e alle pratiche che disciplinano<br />
la medicina del lavoro e deve<br />
comprendere la storia (anamnesi)<br />
personale, lavorativa e sanitaria del<br />
soggetto, un esame obiettivo completo<br />
con particolare riferimento<br />
agli apparati vascolare, neurologico<br />
e muscoloscheletrico degli arti superiori<br />
in caso di esposizione a vibrazioni<br />
mano-braccio o alla colonna<br />
vertebrale in caso di esposizione a<br />
vibrazioni trasmesse al corpo intero.<br />
L’esecuzione di eventuali altre indagini<br />
specialistiche e di laboratorio<br />
sarà subordinata al giudizio clinico<br />
del medico competente.<br />
Le informazioni sulla storia personale,<br />
lavorativa e sanitaria dei lavoratori<br />
esposti a vibrazioni meccaniche<br />
possono essere raccolte mediante<br />
questionari standardizzati.<br />
Esempi di questi questionari sono<br />
disponibili per gli operatori sanitari<br />
su internet al sito http://www.humanvibration.com<br />
a cura del Vibration<br />
Injury Network (VINET). Nelle<br />
appendici H1B e W1B del rapporto<br />
finale di VINET alla Commissione<br />
europea, sono riportate le versioni in<br />
lingua italiana di quattro questionari<br />
per gli esposti a vibrazioni manobraccio<br />
e di due questionari per gli<br />
esposti a vibrazioni al corpo intero. I<br />
questionari possono essere utilizzati<br />
sia per la sorveglianza sanitaria sia<br />
per studi epidemiologici. Per le vibrazioni<br />
mano-braccio, due questionari<br />
(uno per il controllo sanitario<br />
preventivo e uno per il controllo sanitario<br />
periodico) sono disegnati per<br />
l’autosomministrazione, mentre gli<br />
altri due questionari (uno per il controllo<br />
sanitario preventivo e uno per<br />
il controllo sanitario periodico) vanno<br />
invece somministrati da personale<br />
sanitario esperto e contengono<br />
una sezione dedicata all’esame clinico<br />
obiettivo. Per le vibrazioni trasmesse<br />
al corpo intero, sono disponibili<br />
due questionari, dei quali uno<br />
è dedicato al controllo sanitario preventivo<br />
e l’altro al controllo sanitario<br />
periodico.<br />
La visita medica periodica<br />
I lavoratori che sono esposti a<br />
vibrazioni meccaniche e che alla visita<br />
medica preventiva hanno ricevuto<br />
un giudizio di idoneità, dovranno<br />
essere in seguito sottoposti a<br />
controlli sanitari con periodicità regolare.<br />
In occasione della visita periodica,<br />
il medico competente dovrà<br />
eseguire un raccordo anamnestico<br />
riportando nella cartella sanitaria del<br />
lavoratore qualsiasi nuovo evento<br />
accaduto nel periodo di tempo intercorrente<br />
dall’ultimo controllo, per<br />
quanto riguarda sia l’esposizione a<br />
vibrazioni (per esempio, variazioni<br />
nel tipo di veicoli, macchine o utensili<br />
usati e/o nel tempo di esposizione<br />
giornaliera), sia l’occorrenza di<br />
malattie o di eventi traumatici e la<br />
possibile comparsa di disturbi associati<br />
con l’esposizione a vibrazioni.<br />
Nella cartella sanitaria dovranno essere,<br />
inoltre, riportati eventuali cambiamenti<br />
nello stile di vita (per<br />
esempio, consumo di tabacco e alcool),<br />
variazioni nell’assunzione di<br />
farmaci, nonché i risultati dell’esame<br />
clinico obiettivo eseguito secondo<br />
i criteri standardizzati riportati<br />
nelle linee guida della SIMLII.<br />
Nel caso di esposizione a vibrazioni<br />
mano-braccio, per esempio, una accurata<br />
storia clinica, eseguita secondo<br />
i criteri dello Stockholm Workshop 94,<br />
rappresenta tuttora il gold standard<br />
per la diagnosi di fenomeno di Raynaud.<br />
Sono stati suggeriti i seguenti<br />
“requisiti anamnestici minimi” per la<br />
diagnosi di fenomeno di Raynaud secondario<br />
a esposizione a vibrazioni<br />
mano-braccio:<br />
l anamnesi positiva per episodi di<br />
pallore ben demarcato a uno o più dita<br />
delle mani provocati dall’esposizione<br />
a microclima freddo (una storia di sola<br />
cianosi non è sufficiente per una<br />
diagnosi di fenomeno di Raynaud di<br />
origine occupazionale);<br />
l comparsa del primo episodio di<br />
pallore digitale dopo l’inizio dell’esposizione<br />
a vibrazioni mano-braccio;<br />
l assenza di elementi clinico-anamnestici<br />
suggestivi per familiarità positiva<br />
per sindromi vasospastiche oppure<br />
per fenomeno di Raynaud primitivo<br />
o secondario ad altre patologie locali o<br />
sistemiche;<br />
l presenza di episodi di pallore digitale<br />
negli ultimi due anni durante i<br />
quali vi sia stata esposizione a vibrazioni<br />
mano-braccio (fenomeno di<br />
Raynaud da vibranti in fase attiva).<br />
Gli accertamenti strumentali<br />
Il ricorso a eventuali indagini spe-<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
cialistiche in occasione del controllo<br />
sanitario preventivo o periodico dovrà<br />
essere deciso dal medico competente<br />
sulla base dei sintomi riportati dal lavoratore<br />
e dei risultati dell’esame clinico<br />
obiettivo. Un supplemento di indagini<br />
specialistiche può rendersi necessario<br />
per:<br />
l formulare correttamente una diagnosi<br />
clinica di malattia da vibrazioni<br />
meccaniche;<br />
l studiare con accuratezza i disturbi<br />
riportati dal lavoratore;<br />
l procedere a una accurata valutazione<br />
funzionale e prognostica del caso;<br />
l acquisire elementi clinico-laboratoristici<br />
per la diagnosi differenziale;<br />
l valutare il danno biologico in sede<br />
medico-legale.<br />
Le linee guida della SIMLII riportano<br />
in dettaglio le procedure e le<br />
tecniche specialistiche per l’esecuzione<br />
di indagini vascolari, neurofisiologiche,<br />
radiologiche ed ematoimmunologiche<br />
nei lavoratori esposti<br />
a vibrazioni mano-braccio, nonché le<br />
indagini specialistiche (diagnostica<br />
per immagini, consulenza ortopedica,<br />
fisiatrica e neurologica) a cui,<br />
eventualmente, sottoporre i lavoratori<br />
esposti a vibrazioni trasmesse al<br />
corpo intero che evidenzino quadri<br />
clinici compatibili con la presenza di<br />
patologie a carico della colonna vertebrale.<br />
Queste ulteriori indagini diagnostiche<br />
possono essere effettuate dal medico<br />
competente stesso qualora ne abbia<br />
l’abilitazione e la comprovata capacità,<br />
oppure da specialisti nelle appropriate<br />
discipline mediche. Va sottolineata<br />
la necessità che gli operatori<br />
sanitari adottino strumentazione e procedure<br />
standardizzate per le indagini<br />
specialistiche.<br />
SPECIALE<br />
La denuncia<br />
di malattia professionale<br />
Nel D.M. 27 aprile 2004 [2] , che riporta<br />
l’aggiornamento dell’elenco delle<br />
malattie per le quali è obbligatoria<br />
la denuncia ai sensi dell’art. 139,<br />
D.P.R. n. 1124/1965 e seguenti modifiche,<br />
le patologie da vibrazioni trasmesse<br />
al sistema mano-braccio sono<br />
inserite nella lista I (gruppo 2 - malattie<br />
da agenti fisici), ovvero la lista<br />
contenente le malattie la cui origine<br />
lavorativa è considerata di elevata<br />
probabilità. In particolare, sono citate<br />
le seguenti patologie:<br />
l sindrome di Raynaud secondaria<br />
(angioneurosi delle dita delle mani);<br />
l osteoartropatie (polso, gomito,<br />
spalla);<br />
l sindrome del tunnel carpale;<br />
l altre neuropatie degli arti superiori;<br />
l tendiniti-tenosinoviti del segmento<br />
mano-polso.<br />
Nel medesimo D.M. 27 aprile<br />
2004, le patologie da vibrazioni trasmesse<br />
al corpo intero «per le attività<br />
di guida di automezzi pesanti e conduzione<br />
di mezzi meccanici» sono inserite<br />
nella lista II (gruppo 2 - malattie<br />
da agenti fisici), ovvero la lista contenente<br />
le malattie la cui origine lavorativa<br />
è considerata di limitata probabilità.<br />
In particolare, sono citate le seguenti<br />
patologie:<br />
l spondilodiscopatie del tratto lombare;<br />
l ernia discale lombare.<br />
È opportuno ricordare che l’elenco<br />
delle malattie incluse nel decreto, peraltro,<br />
già previsto dall’art. 10, D.Lgs.<br />
n. 38/2000, ha uno scopo ben preciso,<br />
cioè quello di elencare le patologie<br />
«da tenere sotto osservazione ai fini<br />
della revisione delle tabelle delle malattie<br />
professionali di cui agli articoli<br />
3 e 211 del testo unico».<br />
Gli artt. 3 e 211, D.P.R. n. 1124/<br />
1965, più volte modificati, riportano<br />
le malattie professionali tabellate<br />
(l’ultimo elenco [3] è quello approvato<br />
con il D.P.R. n. 336/1994 [4] ). Pertanto,<br />
la denuncia ai sensi dell’art. 139,<br />
D.P.R. n. 1124/1965 non equivale né<br />
al referto (art. 365 c.p.) né al primo<br />
certificato di malattia professionale<br />
(art. 52, D.P.R. n. 1124/1965), ma viene<br />
utilizzata solo a fini statistico-epidemiologici.<br />
Ne deriva che l’invio<br />
della denuncia di cui all’art. 139,<br />
D.P.R. n. 1124/1965 non implica l’avvio<br />
della procedura prevista all’invio<br />
del referto all’Autorità Giudiziaria, né<br />
che l’Istituto Assicuratore attiverà il<br />
percorso per il riconoscimento della<br />
patologia denunciata in quanto questo<br />
avviene solo dopo che il datore di lavoro<br />
ha provveduto a segnalarne l’esistenza<br />
ai sensi del citato art. 52, D.P.R.<br />
n. 1124/1965.<br />
Nella lista ufficiale delle malattie<br />
professionali riconosciute dall’Unione<br />
europea (raccomandazione della<br />
Commissione 19 settembre 2003, n.<br />
2003/670/CE) [5] sono inserite le malattie<br />
vascolari e osteoarticolari causate<br />
dall’esposizione a vibrazioni manobraccio<br />
(Allegato I, voci 505.01 e<br />
505.02), mentre le «discopatie della<br />
colonna dorsolombare provocate da<br />
vibrazioni verticali ripetute dell’insieme<br />
del corpo» (Allegato II, voce<br />
2.502) sono menzionate nell’elenco<br />
delle malattie di sospetta origine professionale<br />
che potrebbero essere inserite<br />
in futuro nell’Allegato I dell’elenco<br />
europeo.<br />
La legislazione italiana riconosce<br />
come indennizzabili solamente l’angiopatia<br />
e l’osteoartropatia da utensili<br />
vibranti [6] . La tabella delle malattie<br />
[2] In Gazzetta Ufficiale del 10 giugno 2004, n. 134.<br />
[3] L’ultimo elenco delle tabelle delle malattie professionali approvato con il D.P.R. n. 336/1994 è disponibile on line all’indirizzo<br />
www.inail.it.<br />
[4] In Gazzetta Ufficiale del 7 giugno 1994, n. 131.<br />
[5] In G.U.C.E. L 25 settembre 2003, n. 238.<br />
[6] Nel D.P.R. n. 336/1994:<br />
• voce 52 della tabella delle malattie professionali nell’industria;<br />
• voce 27 della tabella delle malattie professionali nell’agricoltura, limitatamente alle lavorazioni forestali con uso di motoseghe<br />
portatili).<br />
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20 settembre 2005 N. 18
SPECIALE<br />
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
professionali nell’industria e nell’agricoltura<br />
è attualmente in avanzata fase<br />
di revisione.<br />
Il giudizio di idoneità lavorativa<br />
È ben noto a ogni medico competente<br />
che il giudizio di idoneità lavorativa<br />
dipende dallo stato di salute generale<br />
del soggetto e da fattori legati alla<br />
variabilità biologica degli individui e<br />
a considerazioni di ordine socio-economico.<br />
I protocolli sanitari e le linee<br />
guida per l’idoneità lavorativa rappresentano<br />
un utile strumento di lavoro<br />
nelle mani del medico esperto, ma<br />
possono essere controproducenti se<br />
applicati meccanicamente senza adeguata<br />
considerazione delle caratteristiche<br />
dell’ambiente lavorativo e delle<br />
condizioni fisiopatologiche e psicologiche<br />
del soggetto da esaminare.<br />
Adottare rigidi criteri sanitari per<br />
l’idoneità all’esposizione a un rischio<br />
specifico non appare una prassi ragionevole<br />
quando l’innovazione tecnologica<br />
consente di implementare adeguate<br />
misure di prevenzione tecnica e<br />
personale. In questo contesto, vi sono<br />
alcune interessanti novità sul versante<br />
della prevenzione primaria del rischio<br />
da vibrazioni meccaniche. Il recepimento<br />
della Direttiva Macchine<br />
(D.P.R. n. 459/1996) e il contestuale<br />
obbligo per il produttore di riportare<br />
sulla scheda tecnica il valore dell’accelerazione<br />
delle vibrazioni degli<br />
utensili o dei veicoli, sta determinando<br />
l’immissione sul mercato di nuove<br />
macchine che generano livelli di vibrazioni<br />
compatibili con i valori di<br />
azione della direttiva europea n. 2002/<br />
44/CE. Nel contempo sono disponibili<br />
sul mercato i primi esemplari di guanti<br />
da lavoro dotati di effettive proprietà<br />
antivibranti certificate in accordo con<br />
le procedure indicate nello standard<br />
UNI EN ISO 10819 (1996).<br />
La limitazione dell’esposizione a<br />
vibrazioni meccaniche o l’allontanamento<br />
del lavoratore dall’esposizione<br />
stessa dovrà essere decisa dal medico<br />
competente sulla base di considerazioni<br />
relative alla severità dei sintomi<br />
e dei segni clinici, alle caratteristiche<br />
del processo lavorativo, e ad altri<br />
aspetti legati sia ad accordi contrattuali<br />
sia alla legislazione dell’Unione<br />
europea e italiana. Per esempio, per<br />
quanto riguarda le vibrazioni manobraccio,<br />
alcune istituzioni accademiche<br />
ed enti governativi hanno suggerito<br />
l’allontanamento dall’esposizione<br />
a vibrazioni mano-braccio per i<br />
lavoratori che risultano affetti da disturbi<br />
vascolari e/o neurologici di<br />
grado medio-severo. Poiché, tuttavia,<br />
vi sono evidenze cliniche ed epidemiologiche<br />
che i disturbi da vibrazioni<br />
mano-braccio, in particolare quelli<br />
vascolari, possono essere reversibili a<br />
seguito della riduzione o della cessazione<br />
dell’esposizione, il medico<br />
competente dovrà discutere con il lavoratore<br />
la possibilità di un suo reinserimento<br />
in mansioni che comportano<br />
l’uso di utensili vibranti qualora<br />
successive visite periodiche dimostrino<br />
un progressivo miglioramento o la<br />
scomparsa dei sintomi e dei segni clinici<br />
della sindrome da vibrazioni mano-braccio.<br />
l<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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29
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
SPECIALE<br />
Le deroghe per l’applicazione delle disposizioni comunitarie sono concesse dall’ASL per un periodo massimo di quattro anni<br />
Lo schema della direttiva n. 2002/44/CE<br />
per il recepimento nell’ordinamento italiano<br />
di Anna Maria Faventi, Dirigente Divisione VI della Direzione Generale della Tutela delle Condizioni<br />
di Lavoro del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, e Mauro Franciosi, Divisione VI della Direzione<br />
Generale Tutela delle Condizioni di Lavoro del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali<br />
La direttiva 25 giugno 2002,<br />
n. 2002/44/CE, che rappresenta la<br />
sedicesima direttiva particolare,<br />
ai sensi dell’art. 16, paragrafo 1,<br />
direttiva n. 89/391/CEE, stabilisce<br />
le prescrizioni minime di sicurezza<br />
e di salute relative all’esposizione<br />
dei lavoratori ai rischi derivanti<br />
da agenti fisici, le vibrazioni<br />
meccaniche. Nel Testo Unico<br />
di salute e sicurezza sul lavoro,<br />
nell’ambito del Titolo XI,<br />
“Agenti fisici”, era stato previsto<br />
il recepimento di questa direttiva,<br />
in un apposito Capo, (il terzo),<br />
con decorrenza al 15 febbraio<br />
2006, come previsto dalla<br />
direttiva stessa. La mancata<br />
approvazione della bozza di<br />
decreto attuativo della delega,<br />
di cui all’art. 3, legge n. 229/2003,<br />
ha reso necessaria<br />
la predisposizione e l’adozione<br />
di un decreto legislativo ad hoc,<br />
sulla base della delega prevista<br />
nella legge comunitaria per<br />
l’anno 2003 (legge 31 ottobre<br />
2003, n. 306). Fino ad allora<br />
continuerà ad applicarsi il Capo<br />
IV, D.Lgs. n. 277/1991, e una volta<br />
approvato, questo decreto<br />
integrerà le disposizioni del<br />
D.Lgs. n. 626/1994 in materia.<br />
Le disposizioni della direttiva del<br />
la Commissione europea e del<br />
Consiglio 25 giugno 2002, n.<br />
2002/44/CE e, quindi, del decreto legislativo<br />
che recepirà queste disposizioni,<br />
impongono un miglioramento<br />
delle condizioni di sicurezza dei lavoratori.<br />
Occorre, al riguardo, rilevare<br />
che l’attuale ordinamento prevede, all’art.<br />
24, D.P.R. n. 303/1956, genericamente,<br />
che nelle lavorazioni nelle<br />
quali si producono scuotimenti e vibrazioni<br />
dannose vige l’obbligo di<br />
adottare «i provvedimenti consigliati<br />
dalla tecnica per diminuirne l’intensità».<br />
Inoltre, è prevista la sorveglianza<br />
sanitaria, ex art. 33, D.P.R. n. 303/<br />
1956 e voce 48 della tabella a esso<br />
allegata, per alcune tipologie di lavoratori.<br />
Va, inoltre, sottolineato che, a livello<br />
europeo, è stata predisposta una<br />
linea-guida in materia, la cui versione<br />
ufficiale, in lingua inglese, si spera<br />
venga presto resa disponibile anche<br />
in italiano.<br />
Lo schema di decreto di recepimento<br />
è stato realizzato seguendo il<br />
più fedelmente possibile le disposizioni<br />
della direttiva e, di conseguenza,<br />
risulta costituito da 13 articoli e<br />
da un allegato tecnico, riportati nella<br />
tabella 1. Al riguardo, si ritiene opportuno<br />
riportare di seguito un breve<br />
commento su alcune previsioni normative,<br />
da ritenersi particolarmente<br />
importanti.<br />
Campo di applicazione<br />
Il campo di applicazione stabilisce,<br />
senza equivoci, che la normativa si<br />
applica, fermo restando quanto disposto<br />
dall’art. 1, decreto legislativo n.<br />
626/1994, alle attività lavorative che<br />
espongono o possono esporre a rischi<br />
derivanti da vibrazioni meccaniche.<br />
Nelle definizioni è chiaramente<br />
specificato che i lavoratori esposti a<br />
vibrazioni meccaniche vengono protetti<br />
dai seguenti effetti nocivi:<br />
l disturbi vascolari, osteoarticolari,<br />
neurologici o muscolari, per le vibrazioni<br />
trasmesse al sistema mano-braccia;<br />
l lombalgie e traumi del rachide,<br />
per le vibrazioni trasmesse al corpo.<br />
Per ciascuna delle tipologie di rischio<br />
sono stati previsti sia un valore<br />
limite di esposizione, che non può<br />
essere mai superato, sia un valore di<br />
esposizione che fa scattare l’azione,<br />
ambedue normalizzati su un periodo<br />
giornaliero di 8 ore lavorative, i cui<br />
valori numerici sono riportati nella<br />
tabella 2.<br />
Esposizione: valutazione<br />
e misurazione<br />
La valutazione o la misurazione<br />
del livello di esposizione dei lavoratori<br />
alle vibrazioni meccaniche sono<br />
realizzate sulla base delle modalità<br />
descritte nell’allegato tecnico e, in relazione<br />
ai valori riscontrati, ne discende<br />
l’adozione, da parte del datore<br />
di lavoro, di specifiche misure organizzative,<br />
procedurali e tecniche<br />
esplicitate negli appositi articoli.<br />
Viene stabilita la differenza che<br />
esiste tra valutazione e misurazione.<br />
La prima può essere effettuata<br />
mediante l’osservazione delle condizioni<br />
di lavoro specifiche e il riferi-<br />
30 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
20 settembre 2005 N. 18
SPECIALE<br />
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
TABELLA 1<br />
Schema di decreto di recepimento della direttiva n. 2002/44/CE<br />
Art. 1 Fissa il campo di applicazione che comprende tutte le attività in cui i lavoratori sono o possono essere esposti<br />
agli agenti fisici, le vibrazioni meccaniche<br />
Art. 2 Fornisce le definizioni di vibrazioni trasmesse al sistema manobraccio e al corpo intero, indicando i rischi<br />
per la salute e la sicurezza dei lavoratori che si intendono evitare<br />
Art. 3 Fissa i valori di azione e i valori limite di esposizione alle vibrazioni definite nel precedente art. 2<br />
Art. 4 Prevede l’obbligo per il datore di lavoro di valutare i rischi derivanti da esposizioni a vibrazioni, nell’ambito<br />
della valutazione dei rischi di cui all’art. 4, D.Lgs. n. 626/1994, nonché le modalità di questa valutazione con<br />
riferimento all’Allegato I, parte A, per il sistema manobraccia, e parte B, per il corpo intero<br />
Art. 5 Individualemisurediprevenzioneeprotezioneperlatuteladeilavoratorineiconfrontidellospecificorischio<br />
Art. 6 Stabilisce il contenuto, nel caso specifico, della formazione e informazione dei lavoratori previste dagli artt.<br />
21 e 22, D.Lgs. n. 626/1994<br />
Art. 7 Individua i casi in cui è obbligatoria la sorveglianza sanitaria nonché gli obblighi del datore di lavoro nei casi<br />
in cui questa sorveglianza riveli anomalie imputabili a esposizioni a vibrazioni<br />
Art. 8 Prevede l’obbligo di istituire e aggiornare la cartella sanitaria e di rischio e stabilisce le informazioni che deve<br />
contenere<br />
Art. 9 Concede deroghe, limitatamente al rispetto dei valori limite di esposizione al corpo intero, come previsto<br />
nella direttiva, nei settori della navigazione marittima e aerea e nei casi in cui l’esposizione varia sensibilmente<br />
da un momento all’altro e può occasionalmente superare i predetti valori limite. È previsto che la<br />
deroga sia concessa dagli organi di vigilanza territorialmente competenti<br />
Art. 10 Prevede che gli adeguamenti tecnici dell’allegato discendenti da direttive comunitarie possano essere effettuati<br />
con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro della Salute<br />
Art. 11 Contiene la clausola di cedevolezza<br />
Art. 12 Riservato alle sanzioni<br />
Art. 13 Fissa l’entrata in vigore in generale e in casi particolari, secondo quanto previsto dalla direttiva n. 2002/44/CE<br />
Allegato tecnico<br />
mento ad appropriate informazioni<br />
sulla probabile entità delle vibrazioni<br />
per le attrezzature o i tipi di attrezzature<br />
in particolari condizioni di uso<br />
reperibili in banche dati costituite<br />
presso l’ISPESL o le Regioni, oppure<br />
fornite dal costruttore; mentre, la<br />
seconda, richiede l’impiego di una<br />
strumentazione specifica e di una<br />
metodologia appropriata.<br />
Ambedue devono, comunque, essere<br />
programmate ed effettuate a intervalli<br />
idonei sulla base di quanto<br />
emerso dalla valutazione del rischio<br />
da personale adeguatamente qualificato<br />
nell’ambito del servizio di cui<br />
all’art. 8, decreto legislativo n. 626/<br />
1994 e, comunque, ogni qual volta si<br />
introducano modifiche all’attività lavorativa.<br />
Sono, inoltre, indicati gli elementi<br />
a cui deve porre particolare attenzione<br />
il datore di lavoro nell’effettuare<br />
la valutazione dei rischi.<br />
Tra questi, si segnalano il livello,<br />
il tipo e la durata dell’esposizione, la<br />
verifica dell’esistenza di attrezzature<br />
alternative progettate per ridurre i livelli<br />
di esposizione alle vibrazioni<br />
meccaniche, il prolungamento del<br />
periodo di esposizione a vibrazioni<br />
trasmesse al corpo intero al di là dell’orario<br />
di lavoro, sotto la responsabilità<br />
del datore di lavoro e l’azione<br />
sinergica delle basse temperature.<br />
Entrata in vigore<br />
Per quanto riguarda l’entrata in vigore<br />
della previsione normativa, la<br />
quale impone che i lavoratori non devono<br />
essere esposti a livelli di vibrazioni<br />
superiori al valore limite di<br />
esposizione stabilito, è previsto un periodo<br />
transitorio massimo di cinque<br />
anni a decorrere dal 6 luglio 2005 per<br />
le attrezzature di lavoro messe a disposizione<br />
dei lavoratori anteriormente<br />
al 6 luglio 2007, mentre questo periodo<br />
può essere esteso di altri quattro<br />
anni per le attrezzature utilizzate nei<br />
settori agricolo e forestale. Pertanto,<br />
l’obbligo del rispetto dei valori limite<br />
di esposizione entra in vigore nel primo<br />
caso il 6 luglio 2010, nel secondo<br />
caso il 6 luglio 2014.<br />
Infine, sono previste le seguenti<br />
deroghe:<br />
l per i settori della navigazione aerea<br />
e marittima per quanto riguarda<br />
le vibrazioni meccaniche trasmesse<br />
al corpo intero. Queste deroghe sono<br />
applicabili qualora, tenuto conto dello<br />
stato della tecnica e delle caratteristiche<br />
specifiche dei luoghi di lavoro,<br />
non sia possibile rispettare i valori<br />
limite di esposizione nonostante l’applicazione<br />
di misure tecniche e/o organizzative;<br />
l nel caso in cui l’esposizione di un<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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31
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
lavoratore a vibrazioni meccaniche è<br />
abitualmente inferiore ai valori di<br />
azione, ma varia sensibilmente da un<br />
momento all’altro e può occasionalmente<br />
superare il valore limite di<br />
esposizione. Tuttavia, il valore medio<br />
dell’esposizione, calcolata su una durata<br />
di 40 ore, deve restare inferiore al<br />
valore limite di esposizione ed elementi<br />
probanti devono dimostrare<br />
SPECIALE<br />
che i rischi derivanti dal periodo di<br />
esposizione a cui è sottoposto sono<br />
meno elevati di quelli derivanti da un<br />
livello di esposizione corrispondente<br />
al valore limite.<br />
Le predette deroghe sono concesse,<br />
per un periodo massimo di quattro<br />
anni, dall’ASL territorialmente<br />
competente che provvede a darne comunicazione,<br />
specificando le ragioni<br />
e le circostanze che hanno consentito<br />
la concessione delle deroghe stesse,<br />
al Ministero del Lavoro e delle Politiche<br />
Sociali, il quale trasmette, ogni<br />
quattro anni, alla Commissione della<br />
Unione europea un prospetto globale<br />
e motivato delle deroghe concesse.<br />
In ogni caso, la concessione delle deroghe<br />
è condizionata dall’intensificazione<br />
della sorveglianza sanitaria. l<br />
Valore limite dell’esposizione e valore d’azione<br />
TABELLA 2<br />
Vibrazioni trasmesse Valore limite di esposizione Valore che fa scattare l’azione<br />
Sistema manobraccia 5 m/s 2 2,5 m/s 2<br />
Corpo intero 1,15 m/s 2 0,5 m/s 2<br />
<strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> e ASE di Reggio Emilia<br />
ad <strong>Ambiente</strong>Lavoro<br />
con due seminari<br />
Nel corso della fiera <strong>Ambiente</strong>Lavoro, che si terrà a Bologna dal 13 al 15 settembre 2005, l’ASE di Reggio<br />
Emilia organizza due seminari per approfondire alcuni temi di particolare rilevanza per la gestione della<br />
sicurezza nei cantieri.<br />
Media partner dell’iniziativa, il quindicinale <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>.<br />
La programmazione delle due giornate è così suddivisa:<br />
martedì 13 e mercoledì 14 settembre 2005 dalle 9,30 alle 11,30<br />
IL PIANO OPERATIVO DI SICUREZZA<br />
Il documento complementare e di dettaglio del PSC ai sensi del D.P.R. n. 222/2004<br />
(il nuovo modello di ASE)<br />
martedì 13 e mercoledì 14 settembre 2005 dalle 11,30 alle 13,30<br />
LAVORI IN ALTEZZA NELL’EDILIZIA TRADIZIONALE<br />
Prevenzione e Protezione dal rischio di CADUTE DALL’ALTO<br />
Organizzazione: ASE Associazione per la <strong>Sicurezza</strong> nell’Edilizia Reggio Emilia<br />
Relatori: Susanna Zapparoli e Luca Mangiapane<br />
____________________________________________________________________________________________________<br />
Per ulteriori informazioni: ASE, Reggio Emilia, Tel. 0522 293003, fax 0522325253, email: ase@asere.it<br />
32 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
20 settembre 2005 N. 18
SPECIALE<br />
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
Una vera prevenzione dalle patologie può essere ottenuta con rilevazioni effettive dell’esposizione sul campo<br />
Prove standard e misurazioni in campo<br />
per la valutazione dell’esposizione<br />
di Marco Vigone, Francesco Furnari e Sabrina Parise, IEC Industrial Engineering Consultants Srl<br />
Ogni macchinario<br />
commercializzato deve possedere<br />
una dichiarazione dei livelli<br />
di vibrazione emessa fornita<br />
dal costruttore, al fine di fornire<br />
tutte le informazioni necessarie<br />
all’acquirente sulle caratteristiche<br />
di sicurezza del prodotto.<br />
Il costruttore, per poter<br />
adempiere a questo compito,<br />
sottopone le macchine a una<br />
prova standardizzata, introdotta<br />
dalla norma armonizzata UNI EN<br />
ISO 8662, che permetta di<br />
ottenere una valutazione<br />
del livello di vibrazioni emesse<br />
ripetibile e riproducibile, spesso,<br />
però, molto distante da quella<br />
effettuata in condizioni reali di<br />
utilizzo. Vista la necessità, però,<br />
di tutelare la salute del lavoratore<br />
che adopera la macchina<br />
vibrante, è necessario valutare<br />
in modo più attendibile il valore<br />
di emissione dell’utensile;<br />
la direttiva europea 25 giugno<br />
2002, n. 2002/44/CE, prescrive<br />
proprio questa valutazione<br />
del livello di esposizione<br />
alle vibrazioni del sistema<br />
manobraccio in condizioni reali,<br />
facendo riferimento per<br />
l’effettuazione delle misure alle<br />
norme ISO 5349/12 (2001).<br />
Di seguito saranno messi<br />
a confronto i risultati<br />
delle due procedure.<br />
Le norme di sicurezza attualmente in<br />
vigore che regolano la fornitura di<br />
macchinari, richiedono ai costruttori<br />
la dichiarazione dei livelli di vibrazione<br />
emessi dalle macchine stesse, al fine di<br />
fornire al potenziale acquirente tutte le<br />
informazioni relative alle caratteristiche<br />
di sicurezza del prodotto.<br />
Per rendere oggettiva questa dichiarazione,<br />
occorre effettuare per le varie<br />
macchine una prova standardizzata che<br />
fornisca una valutazione ripetibile e riproducibile<br />
del livello di vibrazioni generate<br />
dall’utensile, ma a causa delle difficoltà<br />
di mettere a punto procedure di prova<br />
che al tempo stesso riproducano condizioni<br />
reali di funzionamento e assicurino<br />
sufficiente ripetibilità, questi test si<br />
basano spesso su operazioni “artificiali”,<br />
così che i valori di emissioni di vibrazione<br />
misurati in un test standard possono<br />
non riflettere quelli prodotti durante il<br />
normale impiego dell’utensile, assolvendo<br />
l’unico scopo di rendere possibile il<br />
confronto fra differenti utensili dello<br />
stesso tipo in condizioni predefinite.<br />
La norma che definisce questa procedura<br />
standardizzata per la misura delle<br />
vibrazioni emesse dalle macchine portatili<br />
è la serie UNI EN ISO 8662.<br />
Contemporaneamente vi è, però,<br />
l’esigenza di tutelare la salute dei lavoratori<br />
valutando in modo attendibile e preciso<br />
il livello di vibrazioni a cui vengono<br />
esposti durante l’utilizzo di utensili vibranti;<br />
la «Direttiva Europea 2002/44/<br />
CE del 25 giugno 2002 sulle prescrizioni<br />
minime di sicurezza e di salute relative<br />
all’esposizione dei lavoratori ai rischi<br />
derivanti dagli agenti fisici (vibrazioni)»<br />
risponde a questa esigenza, prescrivendo<br />
la valutazione del livello di esposizione<br />
alle vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio<br />
nelle condizioni reali d’impiego<br />
in un periodo normalizzato di 8 ore<br />
lavorative e fa riferimento per l’esecuzione<br />
pratica delle misure alle norme ISO<br />
5349/1-2 (2001).<br />
Il caso<br />
Volendo valutare la corrispondenza<br />
fra i valori ricavati dalle prove standard e<br />
quelli effettivamente presenti sul lavoro<br />
si è ritenuto opportuno effettuare una serie<br />
di misure strumentali su delle smerigliatrici,<br />
in quanto costituiscono le macchine<br />
portatili più utilizzate in assoluto.<br />
La campagna di prove svolta è stata,<br />
quindi, articolata in due distinti momenti;<br />
una prima serie di prove è stata eseguita<br />
secondo la UNI EN ISO 8662-4, norma<br />
specifica per effettuare prove standardizzate<br />
sulle smerigliatrici, e i risultati ottenuti<br />
sono stati confrontati in seguito con<br />
quanto emerso da una seconda serie di<br />
rilievi eseguiti durante l’utilizzo reale<br />
della smerigliatrice e svolti in accordo<br />
con le ISO 5349/1-2 (2001).<br />
Si è ottenuta, in questo modo, la<br />
caratterizzazione completa di tutte le<br />
smerigliatrici, la verifica della funzionalità<br />
di eventuali dispositivi di attenuazione<br />
presenti sulle impugnature e<br />
la verifica della misura in cui le prove<br />
eseguite secondo uno standard teorico<br />
siano rappresentative del reale utilizzo<br />
delle macchine e possano dunque fornire<br />
un utile indicazione a un eventuale<br />
acquirente, guidandolo nella scelta dell’attrezzatura.<br />
La procedura standard<br />
Le prove standard sono state eseguite,<br />
come già riportato in precedenza, in<br />
accordo con quanto prescritto dalla UNI<br />
EN ISO 8662-4; si è utilizzato un disco<br />
di alluminio di peso, dimensioni e sbilanciamento<br />
prefissati montato sulla macchina<br />
al posto di un normale disco da<br />
lavoro e le smerigliatrici sono state testate<br />
alla velocità in cui sviluppano la potenza<br />
nominale.<br />
Le macchine, attrezzate con il disco<br />
di prova, sono state sospese a una intelaiatura<br />
metallica dotata di un sistema di<br />
carrucole e contrappesi corrispondenti al-<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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33
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
SPECIALE<br />
Standard test: livello di vibrazioni rilevato sulla maniglia laterale<br />
14A - METABO Modello WX 21-230<br />
1A - BOSCH Modello GWS 20-230 H<br />
14A - DeWalt Modello DW 490<br />
16A - METABO Modello WX 23-230<br />
15A - METABO Modello W 23-230<br />
25A - MILWAUKEE Modello AGV 23-230<br />
17A - METABO Modello WX 25-230<br />
26A - MILWAUKEE Modello AG 23-230 B<br />
13A - MAKITA Modello 9079 S<br />
20A - DeWalt Modello D 28411<br />
10A - MAKITA Modello 9059 S<br />
22A - DeWalt Modello D 28423<br />
24A - DeWalt Modello D 28750<br />
2A - BOSCH Modello GWS 21-230 H<br />
19A - DeWalt Modello D 28401<br />
21A - DeWalt Modello D 28421<br />
12A - MAKITA Modello 9049 S<br />
11A - MAKITA Modello 9069<br />
8M - BOSCH Modello GWS 21-230 JHV<br />
23A - DeWalt Modello D 28432 C<br />
9M - BOSCH Modello GWS 24-230 JBV<br />
7A - BOSCH Modello GWS 26-230 JB<br />
5A - BOSCH Modello GWS 24-230 JB<br />
4A - BOSCH Modello GWS 24-230 B<br />
6A - BOSCH Modello GWS 24-230 JBX<br />
2,22<br />
2,20<br />
2,09<br />
2,08<br />
2,04<br />
1,99<br />
1,91<br />
1,86<br />
1,82<br />
1,72<br />
1,70<br />
1,62<br />
1,57<br />
1,46<br />
1,41<br />
1,33<br />
2,96<br />
2,92<br />
2,91<br />
3,42<br />
3,31<br />
3,22<br />
Grafico 1<br />
3,73<br />
3,63<br />
1,00 1,50 2,00 2,50 3,00 3,50 4,00<br />
2,68<br />
accelerazione [m/s 2<br />
[<br />
l’applicazione, da parte dell’operatore, di<br />
una determinata forza di lavoro diretta<br />
verso il basso.<br />
Per ciascuna macchina in esame sono<br />
state eseguite quattro diverse misure per<br />
tre differenti operatori, al fine di minimizzare<br />
eventuali errori di misura.<br />
Il valore di emissione della vibrazione<br />
per ciascuna impugnatura è stato ottenuto<br />
calcolando il valore medio complessivo<br />
di tutte le misure svolte dopo aver<br />
applicato le opportune pesature in frequenza<br />
prescritte.<br />
La prova<br />
in condizioni reali<br />
Si è, quindi, proseguita la campagna<br />
di prove con un secondo tipo di test, che<br />
facendo riferimento alle indicazioni riportate<br />
nella direttiva europea n. 2002/<br />
44/CE e nelle norme ISO 5349/1-2, fornisse<br />
una valutazione del livello di vibrazioni<br />
prodotte dalle smerigliatrici in condizioni<br />
di normale utilizzo.<br />
Un disco abrasivo nuovo, di diametro<br />
e sbilanciamento noti, è stato montato su<br />
tutte le macchine da sottoporre al test, in<br />
modo tale che ciascuna smerigliatrice all’inizio<br />
della prima prova fosse equipaggiata<br />
con una mola nelle stesse condizioni<br />
di usura (nuova).<br />
I dischi utilizzati sono stati quelli generalmente<br />
utilizzati nelle normali condizioni<br />
di lavoro della macchina, provenienti<br />
da generici lotti di produzione. Si è<br />
deciso, inoltre, di utilizzare per questo<br />
tipo di test sempre lo stesso layout di<br />
prova su tutte le macchine testate, due<br />
trasduttori triassiali sull’impugnatura laterale<br />
e un solo trasduttore, sempre triassiale,<br />
sulla maniglia posteriore; si è voluto,<br />
in questo modo, minimizzare una<br />
eventuale fonte di incertezza aggiuntiva<br />
dovuta all’utilizzo di diversi layout di<br />
prova. I trasduttori (accelerometri) triassiali<br />
pesavano 4 grammi l’uno e, quindi,<br />
non hanno minimamente influenzato la<br />
misura stessa. Per ciascuna macchina in<br />
prova sono state svolte quattro diverse<br />
misure per tre differenti operatori i quali<br />
hanno eseguito normali operazioni di<br />
smerigliatura su un pezzo di acciaio appositamente<br />
predisposto.<br />
Gli operatori, prima dell’inizio dei rilievi,<br />
sono stati istruiti in modo tale da<br />
cercare di mantenere quanto più uniforme<br />
possibile la forza esercitata durante la<br />
smerigliatura con la macchina sul pezzo<br />
ed evitare di sollevare la smerigliatrice<br />
durante il rilievo, interrompendo così il<br />
contatto tra la mola e il metallo.<br />
Durante l’esecuzione della misura del<br />
livello di vibrazione prodotto, sono stati<br />
inoltre rilevati, simultaneamente all’acquisizione<br />
dei valori di accelerazione sulle<br />
maniglie, la corrente assorbita dalla smerigliatrice<br />
stessa durante la lavorazione e la<br />
forza esercitata dall’operatore sul pezzo.<br />
Volendo, inoltre, investigare l’eventuale<br />
influenza dell’usura della mola sul<br />
livello di vibrazioni presenti sulle maniglie<br />
della macchina, il disco abrasivo uti-<br />
34 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
20 settembre 2005 N. 18
SPECIALE<br />
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
lizzato è stato sottoposto a un periodo di<br />
consumo forzato prima di ripetere una<br />
nuova serie di dodici misure.<br />
L’operazione di usura è stata ripetuta<br />
per una seconda volta al termine della<br />
seconda serie di rilievi e, sempre con le<br />
medesime modalità, è stata eseguita una<br />
terza serie di misure.<br />
Al termine delle prove, il disco da<br />
smeriglio è stato sostituito con un disco<br />
da taglio nuovo e si è proceduto misurando<br />
le vibrazioni prodotte durante il taglio<br />
di un pezzo metallico.<br />
I risultati delle prove eseguite in accordo<br />
con la normativa di riferimento<br />
UNI EN ISO 8662-4, sono riportati nei<br />
grafici 1 e 2.<br />
I risultati delle prove eseguite simulando<br />
un impiego reale dell’attrezzatura,<br />
vengono riportati nei grafici 3 e 4.<br />
I risultati a confronto<br />
In base all’analisi dei dati ottenuti dalle<br />
prove eseguite secondo la norma UNI<br />
EN ISO 8662-4, cioè secondo condizioni<br />
standardizzate, è possibile effettuare alcune<br />
considerazioni:<br />
l il valore di vibrazioni più elevato tra<br />
le due impugnature è stato rilevato, in<br />
genere, sulla maniglia posteriore delle<br />
smerigliatrici, dove l’accelerazione media<br />
pesata complessiva è compresa tra<br />
1,53 e 4,76 m/s 2 ;<br />
l sull’impugnatura laterale i valori di<br />
accelerazione media pesata complessiva<br />
rilevati sono compresi tra 1,33 e 3,73<br />
m/s 2 ;<br />
l le macchine che utilizzano dispositivi<br />
antivibranti hanno evidenziato un ottimo<br />
comportamento durante l’esecuzione dei<br />
test; i valori di accelerazione rilevati durante<br />
il test sono tra i più bassi ottenuti<br />
su tutte le macchine testate e non dipendono<br />
dalla velocità di prova della macchina.<br />
A questo proposito, infatti, è doveroso<br />
precisare che per le macchine elettriche<br />
la norma sopra citata prevede, durante<br />
la prova, il funzionamento alla velocità<br />
alla quale viene erogata la potenza nominale<br />
di targa. Poiché questa velocità non<br />
è la stessa per tutte le macchine anche a<br />
parità di potenza, le velocità di prova<br />
delle varie macchine possono essere, come<br />
è stato verificato sperimentalmente,<br />
anche notevolmente diverse fra loro. Si<br />
potrebbe, pertanto, giungere, quasi per<br />
assurdo, a progettare una macchina che,<br />
erogando la sua potenza nominale a un<br />
numero di giri estremamente basso, fornisca<br />
valori di accelerazione “allettanti”<br />
per il mercato, nella prova standard, senza<br />
garantire nulla nelle reali condizioni di<br />
impiego. Poiché nella prova a vuoto, effettuata<br />
con uno sbilanciamento prefissato<br />
del disco, il valore dell’accelerazione è<br />
proporzionale al quadrato della velocità<br />
di rotazione, è evidente che due macchine<br />
che erogano la stessa potenza a numeri<br />
di giri diversi forniscano valori di<br />
accelerazione estremamente diversi fra<br />
Standard test: livello di vibrazioni rilevato sulla maniglia posteriore<br />
Grafico 2<br />
14A - DeWalt Modello DW 490<br />
2A - BOSCH Modello GWS 21-230 H<br />
25A - MILWAUKEE Modello AGV 23-230<br />
14A - METABO Modello WX 21-230<br />
26A - MILWAUKEE Modello AG 23-230 B<br />
1A - BOSCH Modello GWS 20-230 H<br />
16A - METABO Modello WX 23-230<br />
15A - METABO Modello W 23-230<br />
17A - METABO Modello WX 25-230<br />
13A - MAKITA Modello 9079 S<br />
4A - BOSCH Modello GWS 24-230 B<br />
10A - MAKITA Modello 9059 S<br />
19A - DeWalt Modello D 28401<br />
11A - MAKITA Modello 9069<br />
12A - MAKITA Modello 9049 S<br />
7A - BOSCH Modello GWS 26-230 JB<br />
5A - BOSCH Modello GWS 24-230 JB<br />
6A - BOSCH Modello GWS 24-230 JBX<br />
20A - DeWalt Modello D 28411<br />
22A - DeWalt Modello D 28423<br />
21A - DeWalt Modello D 28421<br />
8M - BOSCH Modello GWS 21-230 JHV<br />
24A - DeWalt Modello D 28750<br />
23A - DeWalt Modello D 28432 C<br />
9M - BOSCH Modello GWS 24-230 JBV<br />
2,17<br />
2,03<br />
1,95<br />
1,74<br />
1,72<br />
1,53<br />
2,99<br />
2,95<br />
2,88<br />
2,88<br />
2,84<br />
2,78<br />
2,72<br />
2,68<br />
2,55<br />
2,43<br />
3,39<br />
3,25<br />
3,21<br />
4,07<br />
4,04<br />
3,96<br />
3,90<br />
1,00 1,50 2,00 2,50 3,00 3,50 4,00 4,50 5,00<br />
accelerazione [m/s 2<br />
[<br />
4,37<br />
4,76<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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35
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
SPECIALE<br />
Prove di smerigliatura: livello di vibrazioni<br />
rilevato sulla maniglia laterale mola abrasiva SAIT<br />
12A - MAKITA Modello 9049 S<br />
1A - BOSCH Modello GWS 20-230 H<br />
19A - DeWalt Modello D 28401<br />
20A - DeWalt Modello D 28411<br />
21A - DeWalt Modello D 28421<br />
16A - METABO Modello WX 23-230<br />
17A - METABO Modello WX 25-230<br />
15A - METABO Modello W 23-230<br />
13A - MAKITA Modello 9079 S<br />
18A - DeWalt Modello DW 490<br />
26A - MILWAUKEE Modello AG 23-230 B<br />
24A - DeWalt Modello D 28750<br />
22A - DeWalt Modello D 28423<br />
11A - MAKITA Modello 9069<br />
14A - DeWalt Modello DW 490<br />
25A - MILWAUKEE Modello AGV 23-230<br />
23B - DeWalt Modello D 28432 C<br />
10B - MAKITA Modello 9059 S<br />
8M - BOSCH Modello GWS 21-230 JHV<br />
4A - BOSCH Modello GWS 24-230 B<br />
2A - BOSCH Modello GWS 21-230 H<br />
9M - BOSCH Modello GWS 24-230 JBV<br />
7A - BOSCH Modello GWS 26-230 JB<br />
6B - BOSCH Modello GWS 24-230 JBX<br />
5A - BOSCH Modello GWS 24-230 JB<br />
9,68<br />
9,29<br />
9,24<br />
9,19<br />
9,15<br />
9,06<br />
9,04<br />
8,46<br />
8,45<br />
8,39<br />
7,81<br />
7,67<br />
7,33<br />
7,31<br />
6,84<br />
6,76<br />
6,75<br />
6,29<br />
5,68<br />
5,63<br />
5,36<br />
5,00<br />
Grafico 3<br />
12,19<br />
11,19<br />
10,69<br />
1,00 3,00 5,00 7,00 9,00 11,00 13,00<br />
accelerazione [m/s 2<br />
[<br />
loro. Confrontando, inoltre, i risultati ottenuti<br />
dall’esecuzione delle prove standardcon<br />
quelli ricavati dalle prove svolte<br />
sul campo si può facilmente notare che i<br />
risultati dei test standard non riflettono i<br />
risultati emersi dalle misurazioni svolte<br />
in condizioni di reale utilizzo (si veda la<br />
tabella 1). Alla luce di quanto sopra, sarebbe<br />
opportuna una revisione della norma<br />
standard nel senso di ridefinire le<br />
condizioni di prova in modo tale da essere<br />
le più aderenti possibili alla realtà lavorativa.<br />
Analizzando i risultati dei test svolti<br />
durante l’esecuzione di reali operazioni<br />
di smerigliatura si può osservare, inoltre,<br />
che la presenza di un dispositivo antivibrante<br />
sulla maniglia della macchina produce<br />
un effettivo abbassamento del livello<br />
di vibrazioni prodotte durante l’impiego<br />
reale.<br />
Confronto tra prove standard e prove su campo<br />
TABELLA 1<br />
Min. standard 1.53 m/sec 2 Maniglia posteriore<br />
1.33 m/sec 2 Maniglia laterale<br />
Min. reale 5.05 m/sec 2 Maniglia posteriore<br />
4.15 m/sec 2 Maniglia laterale<br />
Max standard 4.76 m/sec 2 Maniglia posteriore<br />
3.70 m/sec 2 Maniglia laterale<br />
Max reale 14.03 m/sec 2 Maniglia posteriore<br />
12.19 m/sec 2 Maniglia laterale<br />
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20 settembre 2005 N. 18
SPECIALE<br />
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
I dati ottenuti mostrano che i valori di<br />
vibrazioni sulla maniglia laterale delle<br />
macchine equipaggiate con dispositivo<br />
antivibrante sono generalmente il 30% più<br />
bassi di quelli rilevati sugli altri modelli.<br />
Lo stesso buon comportamento può<br />
essere osservato sulle macchine che<br />
montano un dispositivo antivibrante sulla<br />
maniglia posteriore. Come era prevedibile,<br />
è stato, inoltre, possibile osservare una<br />
certa dispersione dei dati sperimentali,<br />
dovuta all’influenza di molti diversi fattori<br />
non controllabili durante l’esecuzione<br />
dei test.<br />
Il consumo del disco da smerigliatura,<br />
per esempio, che è la fonte principale<br />
della variazione dello sbilanciamento del<br />
disco stesso durante l’esecuzione delle<br />
misure, dipende, in primo luogo, dal modo<br />
di lavorare dell’operatore; la forza applicata,<br />
infatti, ma anche l’angolo tipico<br />
con cui si orienta la macchina rispetto al<br />
pezzo metallico in lavorazione, possono<br />
influenzare la velocità e le caratteristiche<br />
con cui il disco si usura durante il suo<br />
utilizzo.<br />
Sebbene gli operatori impiegati per<br />
l’esecuzione dei test siano stati istruiti<br />
riguardo il mantenere quanto più costante<br />
possibile la forza applicata e il cercare<br />
di mantenere le operazioni di smerigliatura<br />
sul pezzo il più omogenee e uniformi<br />
possibile, ciò non è stato sempre facile<br />
da ottenere.<br />
Dall’analisi dei valori registrati di:<br />
l potenza assorbita dalle macchine;<br />
l sbilanciamento del disco;<br />
l forza applicata;<br />
l peso del materiale asportato durante<br />
le operazioni di smerigliatura,<br />
non è emersa nessuna correlazione<br />
univoca tra l’andamento di uno di questi<br />
valori e il valore di vibrazione rilevato<br />
sulle impugnature. La complessità del fenomeno<br />
in analisi e il reciproco influenzarsi<br />
nelle grandezze in oggetto rendono,<br />
probabilmente, molto difficile individuare<br />
una dipendenza oggettiva ed esplicita<br />
tra le vibrazioni prodotte e una delle<br />
grandezze su elencate. In generale, è,<br />
quindi, possibile affermare che i risultati<br />
ottenuti sembrano non dipendere in modo<br />
significativo dal grado di usura della<br />
mola montata sulla macchina o dalla<br />
marca di mola utilizzata.<br />
In conclusione, è doveroso segnalare,<br />
inoltre, che l’utilizzatore di un’attrezzatura<br />
manuale che produce vibrazioni deve<br />
attentamente valutare i dati forniti dai costruttori<br />
in quanto se questi provengono<br />
da misurazioni effettuate secondo le modalità<br />
descritte nelle prove standard, norme<br />
ovviamente legittimamente utilizzate,<br />
nulla hanno poi a che vedere con la reale<br />
esposizione dei lavoratori durante l’utilizzo<br />
di queste apparecchiature.<br />
Una vera prevenzione dalle patologie<br />
da vibrazioni può unicamente essere ottenuta<br />
effettuando reali misurazioni sul<br />
campo delle vibrazioni trasmesse, nel caso<br />
specifico, al sistema mano-braccio<br />
dell’operatore.<br />
l<br />
Prove di smerigliatura: livello di vibrazioni<br />
rilevato sulla maniglia posteriore mola abrasiva SAIT<br />
18A - DeWalt Modello DW 490<br />
12A - MAKITA Modello 9049 S<br />
19A - DeWalt Modello D 28401<br />
1A - BOSCH Modello GWS 20-230 H<br />
20A - DeWalt Modello D 28411<br />
4A - BOSCH Modello GWS 24-230 B<br />
17A - METABO Modello WX 25-230<br />
22A - DeWalt Modello D 28423<br />
6B - BOSCH Modello GWS 24-230 JBX<br />
2A - BOSCH Modello GWS 21-230 H<br />
14A - DeWalt Modello DW 490<br />
5A - BOSCH Modello GWS 24-230 JB<br />
7A - BOSCH Modello GWS 26-230 JB<br />
15A - METABO Modello W 23-230<br />
21A - DeWalt Modello D 28421<br />
26A - MILWAUKEE Modello AG 23-230<br />
23B - DeWalt Modello D 28432 C<br />
10B - MAKITA Modello 9059 S<br />
25A - MILWAUKEE Modello AGV 23-230<br />
24A - DeWalt Modello D 28750<br />
11A - MAKITA Modello 9069<br />
16A - METABO Modello WX 23-230<br />
13A - MAKITA Modello 9079 S<br />
9M - BOSCH Modello GWS 24-230 JBV<br />
8M - BOSCH Modello GWS 21-230 JHV<br />
5,96<br />
5,38<br />
7,30<br />
8,54<br />
8,51<br />
8,33<br />
8,31<br />
8,30<br />
10,26<br />
9,69<br />
9,65<br />
9,50<br />
9,27<br />
9,24<br />
9,21<br />
9,20<br />
11,66<br />
11,05<br />
10,93<br />
10,54<br />
10,52<br />
Grafico 4<br />
14,03<br />
13,97<br />
13,53<br />
12,87<br />
1,00 3,00 5,00 7,00 9,00 11,00 13,00 15,00<br />
accelerazione [m/s 2<br />
[<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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37
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
SPECIALE<br />
Il prototipo italiano è nato da un progetto di ricerca dell’ISPESL in collaborazione con la ASL 7 di Siena e la ASL 9 di Grosseto<br />
La banca dati nazionale<br />
per la valutazione del rischio<br />
di Iole Pinto, Nicola Stacchini, AUSL 7 Siena, Dipartimento di Prevenzione, UF Igiene e Tossicologia,<br />
Laboratorio Agenti Fisici, e Fabio Santini, AUSL 9 Grosseto, Dipartimento di Prevenzione, UF Igiene<br />
e Salute Luoghi Lavoro Zona Colline Metallifere, Massa Marittima<br />
La direttiva europea 25 giugno<br />
2002, n. 2002/44/CE, ha rafforzato<br />
l’obbligo, da parte dei datori di<br />
lavoro, della tutela dei lavoratori<br />
dagli effetti nocivi derivanti<br />
dall’esposizione a vibrazioni<br />
e ha previsto una valutazione<br />
del rischio basata sia su<br />
misurazioni effettuate durante<br />
l’utilizzo di utensili vibranti,<br />
secondo standard prescritti<br />
in alcune norme armonizzate,<br />
sia su dati non misurati ma<br />
provenienti da informazioni<br />
fornite dal costruttore.<br />
Considerando che non esistono<br />
DPI antivibrazioni, risulta, quindi,<br />
necessario che la riduzione<br />
del rischio avvenga alla fonte,<br />
con una opportuna scelta<br />
dei mezzi che dovranno essere<br />
utilizzati dal lavoratore, in modo<br />
tale che l’esposizione dello stesso<br />
venga riportata nei limiti previsti<br />
dalla direttiva. Per agevolare<br />
il più possibile l’attuazione<br />
di interventi di riduzione del<br />
rischio alla fonte, si sta<br />
agevolando lo sviluppo di banche<br />
dati nazionali che garantiscano<br />
un’agevole reperibilità dei dati<br />
necessari al datore di lavoro<br />
per una opportuna pianificazione<br />
dell’ambiente di lavoro destinato<br />
ai suoi dipendenti.<br />
Aseguito dell’emanazione della<br />
direttiva della Commissione<br />
europea e del Consiglio 25<br />
giugno 2002, n. 2002/44/CE «sulle<br />
prescrizioni minime di sicurezza e salute<br />
relative all’esposizione dei lavoratori<br />
ai rischi derivanti dagli agenti<br />
fisici (vibrazioni)» è emersa in Europa<br />
l’esigenza di poter disporre di banche<br />
dati [1] ove siano riportati i livelli di<br />
esposizione alle vibrazioni trasmesse<br />
al sistema mano-braccio (HTV) e al<br />
corpo intero (WBV) prodotte dalle<br />
differenti tipologie di macchinari utilizzati<br />
in ambito lavorativo. Ciò, soprattutto,<br />
in considerazione del fatto<br />
che l’art. 4 della direttiva prescrive<br />
l’obbligo, da parte dei datori di lavoro,<br />
di valutare il rischio da esposizione a<br />
vibrazioni dei lavoratori durante la loro<br />
attività ed è previsto che questa<br />
valutazione dei rischi venga effettuata<br />
sia senza misurazioni, sulla base di<br />
appropriate informazioni reperibili,<br />
incluse le informazioni fornite dal costruttore,<br />
sia con misurazioni, in accordo<br />
con le metodiche di misura prescritte<br />
da specifici standard ISO-EN.<br />
A questo riguardo è importante rilevare<br />
che l’analisi delle possibilità di riduzione<br />
del rischio rappresenta parte<br />
integrante del processo della sua individuazione<br />
e valutazione prescritto<br />
dalla direttiva n. 2002/44/CE. Questa<br />
prescrizione è di particolare rilevanza<br />
nel caso del rischio vibrazioni, in<br />
quanto, sia nel caso dell’esposizione<br />
del sistema mano-braccio, sia nel caso<br />
dell’esposizione del corpo intero, non<br />
esistono DPI anti-vibrazioni in grado<br />
di proteggere adeguatamente i lavoratori<br />
e riportare, comunque, i livelli di<br />
esposizione dello stesso al di sotto dei<br />
valori limite fissati dalla direttiva, come,<br />
per esempio, avviene nel caso dei<br />
protettori auricolari in relazione al rischio<br />
rumore; nella maggior parte dei<br />
casi la riduzione del rischio alla fonte<br />
è l’unica misura da adottare al fine di<br />
riportare l’esposizione a valori inferiori<br />
ai limiti prescritti dalle disposizioni<br />
europee.<br />
L’obiettivo dello sviluppo di banche<br />
dati nazionali è, pertanto, quello<br />
di garantire un’agevole reperibilità dei<br />
valori di esposizione a vibrazioni prodotte<br />
dai macchinari comunemente<br />
utilizzati in ambito industriale. Ciò al<br />
fine di favorire il più possibile l’attuazione<br />
immediata di interventi di riduzione<br />
del rischio alla fonte, già in sede<br />
di valutazione del rischio, senza dover<br />
necessariamente ricorrere a misure<br />
onerose e talvolta complesse.<br />
Il primo prototipo di banca dati italiana<br />
è stato sviluppato nell’ambito di<br />
uno specifico progetto di ricerca<br />
ISPESL condotto in collaborazione<br />
con la ASL 7 di Siena e la ASL 9 di<br />
Grosseto.<br />
Banca dati nazionale<br />
Vibrazioni: criteri di sviluppo<br />
Il progetto sperimentale della ban-<br />
[1] Si vedano, sull’argomento, le Linee Guida ISPESL per la prevenzione del Rischio Vibrazioni (2001), on-line all’indirizzo www.ispesl.it,<br />
e, di R. Lundstrom, P. Holmund, B. Jacobsson, Hand-arm data base on the Internet VIII International Conference on Hand-Arm<br />
Vibration, Umea, giugno 1998.<br />
38 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
20 settembre 2005 N. 18
SPECIALE<br />
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
TABELLA 1<br />
Rispondenza tra dati di emissione dichiarati dai costruttori e risultati ottenuti<br />
in campo nelle reali condizioni di impiego di utensili manuali di comune impiego<br />
Tipologia macchinario<br />
Motoseghe,<br />
decespugliatori<br />
Utensili di tipo percussorio:<br />
martelli, scalpelli<br />
Smerigliatrici, levigatrici<br />
Attendibilità dei valori di accelerazione<br />
dichiarati dai produttori<br />
Generalmente attendibili.<br />
Attendibili per individuare utensili ad<br />
elevati livelli di vibrazioni (> 12 m/s 2 ).<br />
Generalmente attendibili per valori dichiarati<br />
a w > 5 m/s 2 .<br />
Criticità<br />
Cattive condizioni di manutenzione incrementano<br />
l’esposizione.<br />
In relazione alle particolari modalità di<br />
lavoro i dati dichiarati talvolta sottostimano<br />
il rischio.<br />
Nel caso di sistemi ad autobilanciamento<br />
e valori dichiarati inferiori a 2,5 m/s 2 possibile<br />
sottostima del rischio.<br />
ca dati italiana nasce dall’esperienza<br />
della banca dati europea Vibrazioni [2]<br />
sviluppata nell’ambito del progetto<br />
europeo “VINET” (Vibration Injury<br />
Network: 1997-2001), a cui hanno<br />
partecipato ISPESL e ASL 7 di Siena.<br />
In accordo con i criteri definiti nell’ambito<br />
dello sviluppo della banca<br />
dati europea, la banca dati Nazionale<br />
Vibrazioni BDV è stata sviluppata in<br />
maniera da rispondere ai seguenti requisiti:<br />
l facilità di accesso e consultazione;<br />
l controllo di qualità dei dati immessi;<br />
l rilevazione dei dati in campo secondo<br />
specifici protocolli di misura e<br />
requisiti di qualità;<br />
l agevole aggiornamento periodico<br />
della banca dati.<br />
La banca dati è consultabile separatamente<br />
per vibrazioni trasmesse al sistema<br />
mano-braccio (HAV) e al corpo<br />
intero (WBV). Per ciascun macchinario<br />
è riportata una scheda tecnica contenente<br />
le caratteristiche costruttive essenziali<br />
del macchinario, quali marca,<br />
modello, tipo di alimentazione, potenza,<br />
peso ecc., una foto dello stesso e<br />
due tipologie di dati di esposizione a<br />
vibrazioni, dati dichiarati dal produttore<br />
ai sensi della direttiva macchine (se<br />
disponibili) e dati misurati in campo<br />
(qualora disponibili), in accordo con<br />
specifici protocolli di misura che garantiscano<br />
il controllo dell’incertezza<br />
dei risultati. In tal caso sono, inoltre,<br />
specificate le condizioni di misura in<br />
campo e il referente delle misurazioni.<br />
Al momento gli unici centri autorizzati<br />
all’inserimento e alla verifica dei dati<br />
immessi sono il Laboratorio Agenti Fisici<br />
dell’ISPESL, il Laboratorio Agenti<br />
Fisici della ASL 7 di Siena e l’INAIL<br />
di Firenze. Al momento il primo prototipo<br />
di banca dati nazionale è distribuita<br />
su CD dimostrativo realizzato<br />
con il pacchetto MSDeveloper per una<br />
distribuzione in versione run-time. Per<br />
il 2005-2006 si prevede la migrazione<br />
su web server della banca dati per un<br />
suo agevole aggiornamento e consultazione<br />
via web.<br />
Limiti di impiego<br />
delle banche dati<br />
La banca dati fornisce due tipologie<br />
di dati:<br />
l i valori di emissione dichiarati dal<br />
produttore ai sensi della Direttiva<br />
Macchine;<br />
l i valori di vibrazione misurati in<br />
campo secondo specifici standard internazionali<br />
di misura (ISO 5349, parte<br />
1, 2 [3] ; ISO 2631-1:1997 [4] ).<br />
Va, a questo proposito, ricordato<br />
che la direttiva macchine (D.P.R. 24<br />
luglio 1996, n. 459), impone ai costruttori<br />
di macchine portatili, tenute o<br />
condotte a mano, di dichiarare, tra le<br />
altre informazioni incluse nelle istruzioni<br />
per l’uso, «il valore medio quadratico<br />
ponderato in frequenza dell’accelerazione<br />
cui sono esposte le<br />
membra superiori quando superi i 2.5<br />
m/s 2 . Se l’accelerazione non supera i<br />
2.5 m/s 2 occorre segnalarlo». Per<br />
quanto riguarda le vibrazioni trasmesse<br />
al corpo intero i costruttori hanno<br />
l’obbligo di dichiarare «il valore medio<br />
quadratico ponderato in frequenza<br />
dell’accelerazione cui è esposto il<br />
corpo (piedi o parte seduta) quando<br />
superi i 0.5 m/s 2 . Se l’accelerazione<br />
non supera i 0.5 m/s 2 occorre segnalarlo».<br />
Ciò significa che tutti i macchinari<br />
conformi alla direttiva macchine,<br />
che siano in grado di produrre<br />
esposizioni a vibrazioni superiori ai<br />
livelli di azione prescritti dalla direttiva<br />
vibrazioni, devono essere corredati<br />
della certificazione dei livelli di vibrazione<br />
emessi. Generalmente, le certificazioni<br />
sono effettuate per ciascun<br />
macchinario in condizioni di impiego<br />
standardizzate, conformemente a specifiche<br />
procedure di misura definite<br />
[2] La banca dati europea è consultabile in internet, in lingua inglese, all’indirizzo: http://umetech.niwl.se/Vibration/.<br />
[3] International Organization for Standardization Mechanical Vibration «Guidelines for the measurement and the assessment of human<br />
exposure to hand-transmitted vibration».<br />
[4] International Organization for Standardization. Mechanical Vibration and skock «Evaluation of human exposure to whole-body<br />
vibration Part 1: General requirements».<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
SPECIALE<br />
Confronto tra i risultati di misura ottenuti in condizioni<br />
di certificazione e rilevati in campo per due differenti<br />
tipologie di martelli scalpellatori pneumatici<br />
per ciascun macchinario dagli standard<br />
contenuti nelle UNI EN<br />
12096:2000 e UNI EN 28662-1:1993.<br />
Essendo i dati di emissione dichiarati<br />
dal produttore in accordo con questi<br />
standard misurati in condizioni operative<br />
non necessariamente corrispondenti<br />
a quelle di reale impiego di ciascun<br />
macchinario, è legittimo porsi<br />
l’interrogativo se, e in che misura, essi<br />
siano utilizzabili nella valutazione e<br />
prevenzione del rischio vibrazioni.<br />
Per ciò che concerne l’esposizione<br />
a vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio,<br />
sulla base degli studi finora<br />
svolti [5] sulla attendibilità dei dati di<br />
emissione forniti dal costruttore ai fini<br />
della prevenzione del rischio vibrazioni,<br />
è possibile fornire le indicazioni di<br />
massima riportate nella tabella 1. In<br />
essa si indicano come attendibili i valori<br />
di certificazione per le categorie di<br />
Figura 1<br />
macchinari per cui è stato dimostrato<br />
che il dato dichiarato non sottostima<br />
l’esposizione riscontrabile nelle tipiche<br />
condizioni operative di impiego<br />
del macchinario. Nel grafico di figura<br />
1 si riporta un confronto tra valori misurati<br />
in campo e valori misurati in<br />
condizione di certificazione per alcune<br />
tipologie di martelli scalpellatori<br />
pneumatici.<br />
Dal grafico di figura 1 si evidenzia<br />
che i valori misurati in campo presentano<br />
generalmente una maggiore variabilità<br />
e, in media, i valori di certificazione<br />
sottostimano l’esposizione rilevata<br />
in campo.<br />
L’esempio è utile per dimostrare<br />
come i dati dichiarati dal produttore<br />
consentano, comunque, di individuare<br />
tipologie di utensili in grado di produrre<br />
una minore esposizione a vibrazioni.<br />
Dall’analisi dello stesso grafico<br />
si evidenzia, inoltre, che, sommando<br />
al valore misurato in condizioni di<br />
certificazione la deviazione standard<br />
dei risultati ottenuti in campo, si ottiene<br />
una stima dell’esposizione più realistica<br />
e maggiormente cautelativa rispetto<br />
a quella ottenuta utilizzando il<br />
dato di certificazione tal quale.<br />
Per quanto riguarda le vibrazioni<br />
trasmesse al corpo intero va detto che<br />
allo stato attuale è piuttosto difficile<br />
reperire i dati di emissione forniti dal<br />
costruttore.<br />
Inoltre, la disponibilità di valori di<br />
certificazione è prevista solo per quei<br />
veicoli industriali che rientrano nell’ambito<br />
di applicazione della direttiva<br />
macchine.<br />
Pertanto, i valori di vibrazioni non<br />
sono dichiarati per numerose categorie<br />
di veicoli che espongono a vibrazioni<br />
WBV, quali mezzi di trasporto,<br />
motoscafi, elicotteri, motociclette, autoambulanze<br />
ecc.<br />
Va, peraltro, constatato che le vibrazioni<br />
trasmesse al corpo intero risentono<br />
fortemente delle condizioni<br />
operative, quali velocità di avanzamento<br />
del mezzo, tipologia di fondo<br />
stradale, condizioni di manutenzione<br />
del veicolo, caratteristiche individuali<br />
dei soggetti esposti ecc., pertanto, i<br />
valori dichiarati dai produttori vanno a<br />
maggior ragione utilizzati con estrema<br />
cautela, valutando attentamente le<br />
condizioni operative e le modalità di<br />
impiego dei veicoli.<br />
A titolo illustrativo, nella figura 2<br />
si riportano le tipiche incertezze di misura<br />
riscontrate per sei differenti categorie<br />
di veicoli nel corso di rilevazioni<br />
effettuate in campo dagli autori [6] .<br />
Appare, dunque, estremamente rilevante,<br />
nell’effettuazione della valu-<br />
[5] Per ulteriori informazioni si veda di Iole Pinto e Nicola Stacchini, La riduzione dell’esposizione a vibrazioni trasmesse al sistema<br />
mano-braccio nelle lavorazioni forestali, atti del Convegno Lavoro e Salute in Foresta, Trento, 31 maggio 2002, pag. 123; di T.<br />
Ward, Vibration emission of road breakers: Comparison of emission test data with vibration in real use, VIII international<br />
Conference on Hand-Arm Vibration, Umea, giugno 1998 e, infine, di Iole Pinto, Nicola Stacchini e Massimo Bovenzi, Vibrazioni<br />
mano-braccio: la certificazione delle emissioni nell’ambito delle Direttiva macchine, nel Giornale degli Igienisti Industriali n. 23,<br />
pag. 105, Usefulness of vibration emission declaration in the management of hand-armvibration risk at the workplace: grinding<br />
machines, VIII international Conference on Hand-Arm Vibration, Umea, giugno 1998, e La riduzione del rischio da esposizione a<br />
vibrazioni mano-braccio nel comparto dei materiali lapidei, dBA 94, Modena, ottobre 1994.<br />
[6] Si veda, di Iole Pinto e Nicola Stacchini, Uncertainty in the evaluation of occupational exposure to Whole-Body Vibration, III<br />
International Conference on Whole Body Vibration, Nancy, France, giugno 2005.<br />
40 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
20 settembre 2005 N. 18
SPECIALE<br />
Analisi dell'incertezza di misura (%) per differenti<br />
categorie di veicoli misurata in campo*<br />
tazione del rischio vibrazioni, tenere<br />
in debito conto l’incertezza di misura,<br />
al fine di tutelare i lavoratori nelle differenti<br />
condizioni di esposizione, sia<br />
che si utilizzino dati forniti dalla banca<br />
dati, sia che si effettuino rilevazioni<br />
in campo.<br />
Al fine di poter avere informazioni<br />
complete e il più possibile rispondenti<br />
alle condizioni di utilizzo dei<br />
macchinari in differenti ambiti produttivi,<br />
risulta, pertanto, importante<br />
che l’utente della banca dati possa<br />
disporre, oltre che dei dati dichiarati<br />
dai produttori, anche di una serie di<br />
dati attendibili rilevati nelle diverse<br />
condizioni di impiego del macchinario.<br />
È a tal fine che i due progetti di<br />
banca dati, sia europea, sia nazionale,<br />
prevedono che esse contengano,<br />
per differenti tipologie di macchinari,<br />
i risultati di rilevazioni effettuate<br />
in campo in accordo con protocolli<br />
di misura conformi a specifici requisiti<br />
di qualità, consentendo, inoltre,<br />
di ottenere una stima dell’incertezza<br />
di misura riscontrabile nelle differenti<br />
condizioni di impiego dei macchinari.<br />
Figura 2<br />
Conclusioni<br />
È possibile, quindi, trarre alcune<br />
conclusioni sulle potenzialità offerte<br />
dalle banche dati ai fini della prevenzione<br />
del rischio vibrazioni.<br />
La banca dati è stata sviluppata per<br />
consentire un agevole reperimento dei<br />
valori di vibrazione prodotte dai macchinari,<br />
misurati sia in accordo agli<br />
standard di certificazione sia in condizioni<br />
operative.<br />
Va sottolineato, in proposito, che i<br />
valori di certificazione non sono generalmente<br />
contenuti nei cataloghi illustrativi<br />
dei macchinari, il più delle<br />
volte essi sono reperibili unicamente<br />
all’interno della documentazione tecnica<br />
di accompagnamento del macchinario,<br />
una volta che questo sia stato<br />
acquistato. Essi, pertanto, risultano di<br />
difficile, se non impossibile, reperimento<br />
al fine di individuare le tecnologie<br />
a minor rischio disponibili, già<br />
in fase di valutazione del rischio o<br />
scelta del macchinario, secondo quanto<br />
previsto dalla Direttiva Vibrazioni.<br />
A tal riguardo, è importante tenere<br />
presente che, anche se in alcuni casi i<br />
dati dichiarati dai costruttori ai sensi<br />
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
della direttiva macchine tendono a<br />
sottostimare l’esposizione nelle reali<br />
condizioni di impiego di alcuni macchinari<br />
(si vedano la tabella 1 e la<br />
figura 1), ciononostante essi consentono,<br />
comunque, di individuare, per<br />
ciascuna tipologia di macchinario, i<br />
modelli a basso livello di vibrazioni. È<br />
verosimile ritenere che il continuo aggiornamento<br />
a cui sono sottoposti gli<br />
standard internazionali consentirà, in<br />
futuro, di poter disporre di dati di certificazione<br />
maggiormente rispondenti<br />
alle vibrazioni emesse nelle reali condizioni<br />
di impiego dei macchinari. Va<br />
sottolineato che, a livello europeo, sono<br />
allo studio metodiche standardizzate<br />
di valutazione che consentano di<br />
ottenere stime realistiche dei livelli di<br />
esposizione riscontrabili in campo a<br />
partire dai dati di certificazione.<br />
Sulla base di queste considerazioni<br />
si comprende come la banca dati possa<br />
essere uno strumento utile ai fini<br />
dell’attuazione delle fondamentali<br />
azioni di tutela prescritte dalla direttiva,<br />
quali la riduzione del rischio alla<br />
fonte e l’adozione di «misure immediate<br />
per riportare l’esposizione al di<br />
sotto del valore limite di esposizione»,<br />
nei casi in cui si riscontri il superamento<br />
dei valori limite prescritti dalla<br />
direttiva stessa. Si ricorda, in proposito,<br />
che la riduzione del rischio alla<br />
fonte è in numerosi casi l’unica misura<br />
da adottare al fine di riportare<br />
l’esposizione a vibrazioni entro valori<br />
inferiori ai limiti prescritti dalla direttiva,<br />
non esistendo, generalmente, dispositivi<br />
di protezione dalle vibrazioni<br />
idonei a garantire il conseguimento di<br />
livelli di esposizione accettabili sotto<br />
il profilo igienistico [7] .<br />
Infine, per poter essere uno strumento<br />
informativo efficace, la banca dati<br />
dovrà essere periodicamente aggiornata,<br />
soprattutto in relazione all’immissione<br />
sul mercato di nuovi macchinari a<br />
basso livello di vibrazioni. l<br />
[7] Per ulteriori informazioni si veda, di Iole Pinto, G.S. Paddan, Nicola Stacchini e M.J. Griffin, Protection effectiveness of<br />
anti-vibration gloves: field evaluation and laboratory performance assessment, IX International Conference on Han-Arm Vibration,<br />
Nancy, 2001; di Iole Pinto, Massimo Bovenzi e Nicola Stacchini, Valutazione dell’efficacia di guanti anti-vibranti, atti del 18°<br />
Congresso Nazionale AIDII, Trento, giugno 2002, e, infine, di Iole Pinto, Nicola Stacchini, Criteri di valutazione, scelta dei guanti<br />
antivibranti e livelli di protezione attesa, atti DPI 2000, Modena, pag. 257.<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
SPECIALE<br />
La valutazione del rischio assume ancor più valore nella ricerca delle cause dei rischi per la salute nell’ambiente di lavoro<br />
Le novità sugli adempimenti aziendali<br />
in vista del recepimento della direttiva<br />
diOmarNicolini, Servizio Prevenzione <strong>Sicurezza</strong> Ambienti Lavoro, Dipartimento di Sanità pubblica, AUSL di Modena<br />
Il quadro normativo italiano<br />
vigente in materia di tutela del<br />
lavoratore dai rischi derivanti<br />
dall’esposizione dello stesso alle<br />
vibrazioni è riferibile, oltre al<br />
D.Lgs. n. 626/1994, anche al D.P.R.<br />
n. 303/1956 e ad alcune norme<br />
tecniche, quali, per esempio, la<br />
ISO 5349, inerente al sistema<br />
manobraccio, e la ISO 2631,<br />
applicabile nel caso l’esposizione<br />
interessi tutto il corpo; in questo<br />
ambito legislativo l’obbligo della<br />
valutazione del rischio da<br />
vibrazioni, posto in capo al<br />
datore di lavoro, discende da<br />
disposizioni molto generali<br />
(Titolo I, D.Lgs. n. 626/1994) che<br />
non forniscono regole precise alle<br />
quali attenersi. Con il<br />
recepimento della direttiva della<br />
Commissione europea e del<br />
Consiglio 25 giugno 2005, n.<br />
2002/44/CE, l’esposizione a<br />
vibrazioni sarà interessata da<br />
particolari indicazioni sulle<br />
modalità e sugli obiettivi che<br />
dovranno essere propri della<br />
valutazione del rischio,<br />
assumendo, così, ancora più che<br />
in passato, il ruolo di oggetto<br />
principale necessario alla ricerca<br />
delle cause dei rischi per la salute<br />
del lavoratore.<br />
Il D.Lgs. n. 626/1994, recepimento<br />
della direttiva quadro n. 89/<br />
391/CEE e di altre direttive applicative<br />
della stessa, ha avuto un forte<br />
impatto sulle aziende italiane in quanto<br />
ha avviato un metodo di gestione<br />
aziendale della sicurezza imperniato<br />
su procedure verificabili che prevede<br />
una importante serie di elementi innovativi<br />
riconducibili essenzialmente a<br />
due capitoli:<br />
l un sistema di relazioni più strutturato<br />
basato anche sulla partecipazione<br />
attiva di tutti i soggetti che operano in<br />
azienda e che contempla, accanto alle<br />
classiche figure di datore di lavoro-dirigenti-preposti-lavoratori,<br />
il servizio<br />
di prevenzione e protezione con un<br />
suo responsabile, il rappresentante dei<br />
lavoratori per la sicurezza e il medico<br />
competente;<br />
l un metodo di gestione della sicurezza<br />
attuato mediante l’adozione delle<br />
misure generali di tutela indicate<br />
all’art. 3, comma 1, D.Lgs. n. 626/<br />
1994, e complessivamente più attento<br />
alle procedure.<br />
Relativamente a questo secondo<br />
punto e in estrema sintesi, il percorso<br />
operativo delineato dall’art. 3, D.Lgs.<br />
n. 626/1994 può essere così schematizzato:<br />
l effettuazione della valutazione dei<br />
rischi;<br />
l eliminazione o controllo dei rischi<br />
mediante l’adozione di tutte le misure<br />
tecniche, organizzative e procedurali<br />
concretamente attuabili e il ricorso ai<br />
dispositivi di protezione individuali;<br />
l attuazione del controllo sanitario;<br />
l informazione e formazione degli<br />
addetti.<br />
Con specifico riferimento alle vibrazioni,<br />
però, l’analisi dei documenti<br />
di valutazione disponibili presso le<br />
aziende risulta fortemente lacunoso.<br />
Pur in presenza di un rischio ben<br />
avvertibile ai sensi e che rappresenta<br />
la quarta causa di malattia professionale<br />
indennizzata dall’INAIL, spesso<br />
non si è andati al di là dell’apporre un<br />
segno negativo su di una lista di pericoli,<br />
ignorando la presenza di rischi<br />
per la salute tanto al sistema manobraccio<br />
(HAV) quanto al corpo intero<br />
(WBV).<br />
Nei pochi casi, poi, in cui si è provveduto<br />
a effettuare rilievi strumentali,<br />
questi si sono quasi sempre limitati<br />
alla sola quantificazione del rischio,<br />
raramente affrontando il tema della<br />
sua riduzione.<br />
L’assenza di una valutazione corretta<br />
ha determinato a ricaduta elementi<br />
negativi all’applicazione delle altre<br />
grandi procedure della prevenzione.<br />
L’attuazione di misure di prevenzione<br />
e protezione resta, inoltre, quasi<br />
sempre ispirata a criteri molto approssimativi,<br />
il controllo sanitario specifico<br />
è spesso disatteso né si dà peso alla<br />
formazione e all’informazione per<br />
promuovere i comportamenti di sicurezza<br />
che tutelano dal rischio.<br />
Si procederà a una disamina delle<br />
“grandi procedure della prevenzione”<br />
applicate alle specificità del rischio vibrazioni<br />
e, a partire dall’osservazione<br />
dei principali limiti riscontrati sul<br />
campo nella loro applicazione, per<br />
enucleare gli adempimenti che derivano<br />
al datore di lavoro dalla legislazione<br />
vigente con l’integrazione dell’imminente<br />
recepimento della direttiva n.<br />
2002/44/CE.<br />
La valutazione del rischio<br />
nel D.Lgs. n. 626/1994<br />
La valutazione del rischio, così come<br />
prevista dall’art. 4, D.Lgs. n. 626/<br />
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20 settembre 2005 N. 18
SPECIALE<br />
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
Procedura generale per la Valutazione<br />
e la redazione del Documento<br />
TABELLA 1<br />
1 Identificazione dei pericoli;<br />
2 identificazione dei lavoratori esposti;<br />
3 stima dell’entità delle esposizioni;<br />
4 stima della gravità degli effetti che ne possono derivare;<br />
5 stima della probabilità che questi effetti si manifestino;<br />
6 verifica della disponibilità delle misure per eliminare o ridurre l’esposizione e/o il numero di esposti;<br />
7 verifica dell’applicabilità di queste misure;<br />
8 piano delle misure di prevenzione e protezione e sua attuazione;<br />
9 verifica dell’efficacia delle misure in atto;<br />
10 redazione del documento;<br />
11 revisione/aggiornamento della valutazione.<br />
1994, va intesa come l’insieme di tutte<br />
le operazioni necessarie alla conoscenza<br />
dei rischi di danni per la salute<br />
e per la sicurezza degli addetti derivanti<br />
dall’esposizione ai pericoli durante<br />
il lavoro.<br />
È finalizzata a controllare se le misure<br />
in essere sono adeguate, a stabilire<br />
le ulteriori misure generali di tutela<br />
formulando giudizi sulla loro priorità,<br />
ad applicare e, in ultima analisi, a testimoniare<br />
al sistema azienda, ai lavoratori<br />
e ai loro rappresentanti nonché<br />
all’organo di vigilanza, che i pericoli<br />
sono sotto controllo.<br />
Riprendendo gli specifici orientamenti<br />
comunitari, si veda anche che la<br />
valutazione deve:<br />
l essere un processo partecipato pur<br />
nella chiarezza della responsabilità del<br />
Datore di lavoro; essa è solitamente<br />
gestita dal Responsabile del Servizio<br />
di Prevenzione e Protezione (quasi<br />
sempre con l’ausilio di consulenti<br />
esterni) in collaborazione con i quadri<br />
aziendali, in rapporto col Medico<br />
competente ed è preceduta dalla consultazione<br />
del Rappresentante dei lavoratori<br />
per la sicurezza (RLS);<br />
l interessare tutti i potenziali esposti<br />
al rischio (dipendenti in attività di produzione/servizio/ufficio<br />
ecc., anche<br />
esercitate all’esterno dell’azienda;<br />
personale con contratto di lavoro “atipico”<br />
ecc.), ivi compresi i gruppi a<br />
maggior rischio (per esempio, lavoratori<br />
portatori di handicap; molto giovani<br />
o anziani; inesperti, quali neoassunti<br />
o stagionali; donne incinte e madri<br />
che allattano ecc.);<br />
l considerare tutte le potenziali cause<br />
di rischio (ambiente di lavoro; infrastrutture;<br />
tecnologie e attrezzature;<br />
prodotti/sostanze utilizzate; movimentazione<br />
di mezzi/materiali/persone;<br />
protezioni collettive; dispositivi di<br />
protezione individuali ecc.).<br />
Circa la metodologia con cui effettuare<br />
la valutazione del rischio, volendo<br />
fornire uno schema di riferimento<br />
generale, si può fare ancora riferimento<br />
agli specifici orientamenti comunitari<br />
secondo i quali un percorso logico,<br />
completo e approfondito, prevede almeno<br />
le fasi indicate nella tabella 1.<br />
Nel caso la valutazione rilevi rischi<br />
connessi con lo svolgimento delle lavorazioni,<br />
occorrerà superare le eventuali<br />
inadempienze alla legislazione<br />
vigente e, comunque, programmare le<br />
misure ritenute opportune per garantire<br />
il miglioramento nel tempo dei livelli<br />
di sicurezza secondo la scala di<br />
priorità prevista dall’art. 3, D.Lgs. n.<br />
626/1994 preoccupandosi, poi, di<br />
mantenere nel tempo la situazione sotto<br />
controllo.<br />
In ogni caso, secondo l’art. 4, comma<br />
2, D.Lgs. n. 626/1994, all’esito<br />
della valutazione del rischio il datore<br />
di lavoro elabora un documento contenente:<br />
a) «una relazione sulla valutazione<br />
dei rischi per la sicurezza e la salute<br />
durante il lavoro, nella quale sono<br />
specificati i criteri adottati per la valutazione<br />
stessa;<br />
b) l’individuazione delle misure di<br />
prevenzione e di protezione e dei dispositivi<br />
di protezione individuale,<br />
conseguente alla valutazione di cui<br />
alla lettera a);<br />
c) il programma delle misure ritenute<br />
opportune per garantire il miglioramento<br />
nel tempo dei livelli di<br />
sicurezza».<br />
Il documento relativo alla valutazione<br />
dei rischi (che non è obbligatorio<br />
per le aziende fino a 10 occupati, anche<br />
se resta, comunque, obbligatoria la<br />
valutazione del rischio) deve, quindi,<br />
innanzitutto costituire il riferimento<br />
aziendale su quanto è stato intrapreso o<br />
è stato programmato in materia di tutela<br />
della salute e della sicurezza dei lavoratori.<br />
Deve, pertanto, essere fruibile,<br />
sia per linguaggio, sia per completezza<br />
(procedura seguita, indicazione<br />
degli impegni programmati), da tutti<br />
gli attori aziendali della prevenzione e<br />
dall’organo di vigilanza.<br />
Infine, la legislazione vigente sot-<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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43
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
SPECIALE<br />
Obiettivi della valutazione dei rischi da vibrazioni<br />
TABELLA 2<br />
1 Verificare se esiste un rischio per l’esposizione al sistema manobraccio (HandArmVibration: HAV) o per<br />
esposizioni dell’intero corpo (WholeBodyVibration: WBV);<br />
2 identificare le sorgenti/attività/luoghi di lavoro sui quali attuare misure tecniche e/o organizzative per il controllo<br />
del rischio e identificare le modalità ottimali di intervento;<br />
3 identificare le persone alle quali applicare protocolli specifici di prevenzione (DPI, formazione/informazione,<br />
controlli sanitari).<br />
tolinea che la valutazione del rischio<br />
non è un processo una tantum, ma va<br />
revisionato in occasione di modifiche<br />
dei luoghi di lavoro o del processo<br />
produttivo significative ai fini della sicurezza<br />
e della salute dei lavoratori<br />
oppure in relazione al grado di evoluzione<br />
della tecnica, della prevenzione<br />
e della protezione.<br />
La valutazione<br />
del rischio vibrazioni<br />
Il quadro legislativo e normativo<br />
italiano specificamente riferibile alla<br />
tutela della salute rispetto al rischio<br />
vibrazioni, in attesa di essere aggiornato<br />
dal recepimento della direttiva n.<br />
2002/44/CE, oltre che sul più volte<br />
richiamato D.Lgs. n. 626/1994 (artt. 3<br />
e 4) si basa anche sul D.P.R. n. 303/<br />
1956 (art. 24) e sulle norme UNI-<br />
ENV 25349:1992 (desunte dalla ISO<br />
5349, per HAV) e quelle della serie<br />
ISO 2631 (per WBV) per quanto riguarda<br />
la tutela della salute dei lavoratori.<br />
Esistono, poi, tutta una serie di<br />
norme UNI, alcune di derivazione internazionale<br />
e altre a valenza specificamente<br />
italiana, nelle quali sono affrontate<br />
tematiche riguardanti la strumentazione<br />
o le specifiche di misure<br />
per macchine particolari o in condizioni<br />
specifiche.<br />
Con il recepimento della direttiva<br />
n. 2002/44/CE ci si deve attendere<br />
che venga superato (verrà fatto decadere)<br />
il riferimento all’art. 24, D.P.R.<br />
n. 303/1956.<br />
Nella attuale legislazione italiana in<br />
materia di salute e sicurezza sui luoghi<br />
di lavoro, l’obbligo alla valutazione<br />
dei rischi da vibrazioni discende dagli<br />
obblighi generali che il Titolo I, D.Lgs.<br />
n. 626/1994 pone in capo al datore di<br />
lavoro, senza che questi indichino regole<br />
precise alle quali attenersi.<br />
Con il recepimento della direttiva<br />
n. 2002/44/CE, che doveva avvenire<br />
entro il 6 luglio 2005, l’esposizione a<br />
vibrazioni diverrà, invece, oggetto di<br />
specifiche indicazioni sulle modalità<br />
alle quali attenersi e sugli obiettivi<br />
della valutazione.<br />
In questo nuovo contesto la valutazione<br />
dovrebbe assumere, ancor più<br />
che in passato, il significato primario<br />
della ricerca delle cause dei rischi per<br />
la salute nell’ambiente di lavoro, finalizzata<br />
al loro superamento (si veda la<br />
tabella 2).<br />
Nel caso in cui dalla valutazione<br />
emergano potenziali cause di danno<br />
alla salute, la valutazione si dovrà,<br />
pertanto, cimentare nella ricerca delle<br />
possibili soluzioni e della loro praticabilità.<br />
Sotto la propria responsabilità<br />
penale il datore di lavoro, assunte le<br />
risultanze della valutazione, indicherà<br />
nel programma degli interventi le<br />
azioni che metterà in campo per eliminare<br />
o contenere i rischi evidenziati<br />
e la loro tempistica di attuazione.<br />
Già a una prima lettura della direttiva<br />
n. 2002/44/CE si può osservare<br />
come questa, per l’esecuzione della<br />
valutazione dei rischi da vibrazioni,<br />
prefiguri tre successivi livelli di approfondimento<br />
(o di analisi):<br />
l l’osservazione e la conoscenza delle<br />
modalità di lavoro, delle tecnologie<br />
utilizzate e del giudizio degli altri attori<br />
aziendali della sicurezza;<br />
l la ricostruzione dei presumibili livelli<br />
espositivi sulla base di dati forniti<br />
da altri (tipicamente, dai costruttori o<br />
da banche-dati sperimentali)<br />
l la misurazione dei livelli di rischio<br />
con attrezzature specifiche, modalità<br />
appropriate e personale competente.<br />
In maniera assolutamente schematica<br />
possiamo definire il primo livello<br />
di approfondimento come quello che<br />
consente di decidere sull’esistenza o<br />
meno di un rischio sostanzialmente<br />
trascurabile, vale a dire di un rischio<br />
certamente tanto basso da permettere<br />
di concludere la valutazione con quella<br />
che la direttiva stessa definisce una<br />
“giustificazione” di mancati ulteriori<br />
approfondimenti.<br />
In presenza di un rischio i cui effetti<br />
sono apprezzati dai sensi degli individui<br />
e la cui origine è normalmente<br />
dovuta a tecnologie o attrezzature di<br />
lavoro volutamente introdotte, questo<br />
primo livello di analisi può basarsi su<br />
di un approccio estremamente snello.<br />
Mediante semplicissime liste di primo<br />
controllo, il valutatore può accertare la<br />
presenza o l’assenza del rischio verificando,<br />
di conseguenza, l’esigenza di<br />
provvedere agli ulteriori approfondimenti<br />
tecnici che tipicamente consistono<br />
nel ricorso a dati rilevati da altri<br />
(dai produttori o dalle cosiddette banche-dati)<br />
o a rilevazioni strumentali.<br />
Nella pratica, la “giustificazione”<br />
potrebbe concretizzarsi col riportare<br />
sul Documento di valutazione, ex<br />
D.Lgs. n. 626/1994, la lista di controllo<br />
adottata con il relativo esito.<br />
Sull’opportunità o meno che la stima<br />
dell’entità delle esposizioni a vibrazioni<br />
sia basata sul ricorso a rilievi<br />
effettuati da altri e sull’attendibilità<br />
dei dati disponibili si è molto discusso<br />
e ancora si continua a farlo. Si ritiene,<br />
quindi, opportuno cercare di fare chiarezza<br />
e sollecitare ad avere le dovute<br />
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20 settembre 2005 N. 18
SPECIALE<br />
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
Esempi di sorgenti di rischio vibrazioni<br />
per il sistema manobraccio<br />
TABELLA 3<br />
Tipologia di utensile<br />
Martelli scalpellatori e scrostatori:<br />
Martelli perforatori:<br />
Martelli demolitori e picconatori:<br />
Trapani a percussione:<br />
Avvitatori a impulso:<br />
Martelli sabbiatori:<br />
Cesoie e roditrici per metalli:<br />
Levigatrici orbitali e rotoorbitali:<br />
Seghe circolari o alternative:<br />
Smerigliatrici angolari o diritte:<br />
Motoseghe:<br />
Decespugliatori:<br />
Tagliaerba:<br />
Motocoltivatori:<br />
Chiodatrici:<br />
Compattatori vibrocemento:<br />
Limatrici rotative ad asse flessibile:<br />
Manubri di motociclette:<br />
Cubettatrici:<br />
Ribattitrici:<br />
Trapani da dentista:<br />
Principali settori di utilizzo<br />
Utensili di tipo percussorio<br />
lavorazione lapidei fonderie.<br />
edilizia lavorazioni lapidei.<br />
edilizia estrazione lapidei.<br />
metalmeccanica.<br />
metalmeccanica, autocarrozzerie.<br />
fonderie metalmeccanica.<br />
metalmeccanica.<br />
Utensili di tipo rotativo<br />
metalmeccanica lapidei legno.<br />
metalmeccanica lapidei legno.<br />
metalmeccanica lapidei legno.<br />
lavorazioni agricoloforestali.<br />
manutenzione aree verdi.<br />
Altri macchinari<br />
manutenzione aree verdi.<br />
lavorazioni agricoloforestali.<br />
palletts, legno.<br />
produzione vibrati in cemento.<br />
metalmeccanica lavorazioni artistiche.<br />
trasporti.<br />
lavorazioni lapidei (porfido).<br />
calzaturifici.<br />
odontoiatria.<br />
attenzioni, soprattutto perché l’errata<br />
valutazione del rischio si traduce in<br />
una mancata prevenzione per i lavoratori<br />
esposti e in sanzioni tutte a carico<br />
del datore di lavoro.<br />
In generale, il ricorso a rilievi effettuati<br />
da altri è ammesso dalla legislazione<br />
e accettabile se:<br />
l la legislazione non richiede esplicitamente<br />
rilievi propri;<br />
l le misurazioni effettuate in proprio<br />
sono sufficientemente complesse, sia<br />
per la strumentazione, sia per l’esecuzione<br />
delle misure stesse;<br />
l i dati rilevati dagli altri soggetti descrivono<br />
effettivamente le attrezzature<br />
e le modalità d’uso presenti nella propria<br />
realtà produttiva.<br />
Queste affermazioni, che appaiono<br />
sostanzialmente scontate e che per le<br />
vibrazioni sono certamente vere nei<br />
primi 2 punti, si scontrano con la situazione<br />
attuale relativamente al terzo<br />
punto, vale a dire con la qualità e la<br />
pertinenza dei dati forniti dai cosiddetti<br />
“altri”.<br />
Per un complesso insieme di situazioni,<br />
che vede la presenza tanto di<br />
motivazioni oggettive quanto di meccanismi<br />
di deresponsabilizzazione,<br />
raramente i produttori, che debbono<br />
produrre valori vibrometrici, ex<br />
D.P.R. n. 459/1996 (recepimento italiano<br />
della cosiddetta “direttiva macchine”),<br />
forniscono valori affidabili<br />
(con valori ricavati in condizioni operative<br />
sovrapponibili a quelle di effettivo<br />
utilizzo) ai fini della valutazione<br />
del rischio e questo, purtroppo, riduce<br />
di molto le disponibilità informative<br />
per le aziende. Anche nelle banchedati<br />
sperimentali, sia per la limitatezza<br />
delle attrezzature indagate, sia per<br />
la difficoltà a prevederne le svariate<br />
modalità di utilizzo, è spesso difficile<br />
riscontrare le proprie macchine valutate<br />
nelle proprie, specifiche, condizioni<br />
d’uso.<br />
Non si può, inoltre, dimenticare<br />
che attingendo a dati valutati dai produttori<br />
o dai tecnici, alle proprie macchine<br />
saranno attribuiti gli stessi livelli<br />
indipendentemente dalla loro condizione<br />
manutentiva, dal degrado dei si-<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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45
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
SPECIALE<br />
TABELLA 4<br />
Lista di controllo per evidenziare la presenza di un rischio da HAV<br />
N. HAV QUESITI Modalità di adempimento<br />
1 Nelle attività dell’azienda si fa uso di attrezzature portatili<br />
(per esempio, avvitatori, chiodatrici ecc.) o fisse (rivettatori,<br />
cesoie ecc.) che espongono a vibrazioni<br />
2 Nell’azienda si effettuano attività manuali (per esempio,<br />
scalpellatura) che espongono a vibrazioni<br />
3 Il RLS ha segnalato esposizioni a vibrazioni o ci sono addetti<br />
che lamentano intorpidimenti e formicolii alle mani<br />
o alle braccia<br />
4<br />
Il Medico competente, durante la valutazione o i suoi sopralluoghi<br />
periodici in azienda, ha segnalato la possibile<br />
presenza di esposizione a HAV<br />
Se le risposte sono tutte negative,<br />
“giustificare” i mancati ulteriori approfondimenti<br />
sul Documento di valutazione dei rischi<br />
oppure<br />
(con qualche risposta positiva)<br />
approfondire la valutazione del rischio,<br />
identificare e adottare le adeguate misure<br />
di prevenzione e protezione, classificare<br />
le situazioni espositive e adottare i dovuti<br />
protocolli di prevenzione e protezione.<br />
stemi di smorzamento e di isolamento<br />
delle vibrazioni ecc.<br />
La valutazione del rischio mediante<br />
dati forniti da altri non permette,<br />
quindi, di acquisire informazioni per<br />
la (fondamentale) finalità dell’identificazione<br />
delle cause del rischio ai fini<br />
della sua bonifica e controllo.<br />
Da notare che, in questo contesto<br />
l’utilizzo di dati misurati da altri può<br />
divenire un’arma a doppio taglio se<br />
induce a bypassare fittiziamente le dovute<br />
misure preventive e protettive in<br />
quanto espone il datore di lavoro alla<br />
gestione della malattia professionale e<br />
alla sanzione dell’organo di vigilanza.<br />
Con le dovute cautele e chiarezza,<br />
tuttavia, il ricorso alle banche-dati può<br />
essere una risposta realistica (economicamente<br />
e igienisticamente accettabile)<br />
per la conoscenza orientativa dei rischi<br />
per il lavoratore in tutti i casi in cui si<br />
possa comprensibilmente classificarli<br />
rispetto ai valori di riferimento (livelli<br />
di azione/livelli limite ecc.) e già si conoscano<br />
le modalità di intervento adottabili<br />
per la riduzione del rischio.<br />
Il ricorso alle banche-dati nulla toglie,<br />
poi, al valore della misurazione<br />
che, ovviamente, non può che restare<br />
il metodo di riferimento per la soluzione<br />
di dubbi circa la presenza o meno<br />
del rischio o la sua classificazione<br />
o per il dimensionamento degli interventi<br />
di bonifica.<br />
Nell’affrontare la valutazione del<br />
rischio vibrazioni negli ambienti di lavoro<br />
occorre distinguere tra esposizioni<br />
al sistema mano-braccio o esposizioni<br />
al corpo intero.<br />
Vibrazioni al sistema mano-braccio<br />
È noto che lavorazioni in cui si<br />
impugnino utensili vibranti o materiali<br />
sottoposti a vibrazioni o impatti, possono<br />
indurre un insieme di disturbi<br />
neurologici e circolatori digitali e lesioni<br />
osteoarticolari a carico degli arti<br />
superiori, definito con termine unitario<br />
“Sindrome da Vibrazioni Mano-<br />
Braccio”.<br />
L’esposizione a vibrazioni al sistema<br />
mano-braccio è generalmente causata<br />
dal contatto delle mani con l’impugnatura<br />
di utensili manuali o di<br />
macchinari condotti a mano. Nella tabella<br />
3 si fornisce un elenco di alcuni<br />
utensili il cui impiego abituale comporta,<br />
nella grande maggioranza dei<br />
casi, un rischio apprezzabile di esposizione<br />
a vibrazioni del sistema manobraccio<br />
per il lavoratore.<br />
Come già anticipato, la valutazione<br />
sulla presenza o l’assenza di un rischio<br />
apprezzabile, può avere luogo (e anche<br />
esaurirsi) con una valutazione preliminare,<br />
che accerti qualitativamente<br />
il non uso di strumentazione vibrante e<br />
recuperi le valutazioni soggettive degli<br />
addetti per possibili esposizioni non<br />
legate a utensili specifici.<br />
La valutazione preliminare potrebbe,<br />
quindi, utilizzare la banale lista di<br />
controllo evidenziata nella tabella 4.<br />
Qualora questi quesiti avessero tutte<br />
risposte negative, la valutazione potrebbe<br />
esaurirsi senza tradursi in alcuna<br />
misura specifica mentre, qualora si<br />
rilevassero elementi oggettivi o soggettivi<br />
di rischio, il datore di lavoro<br />
dovrà valutarne la rilevanza o mediante<br />
il ricorso a dati misurati da altri<br />
(produttori o banche dati) oppure con<br />
rilevazioni strumentali da lui commissionate.<br />
L’indicazione a non avvalersi necessariamente<br />
di misurazioni, oltre al<br />
fatto che non è espressamente richiesta<br />
dalla legislazione, discende dalla<br />
pur discreta casistica di situazioni che:<br />
l sul versante della diagnosi dell’entità<br />
del rischio possono essere risolte<br />
con discreto grado di precisione ben<br />
interpretando i dati di banche-dati<br />
qualificate e specifiche o, purtroppo<br />
più raramente, di dati forniti dai produttori;<br />
l sul versante del contenimento del rischio,<br />
possono essere risolte con la<br />
semplice, ma attenta osservazione del<br />
contesto ambientale, presenza di strumenti<br />
vetusti che abbisognano di sostituzione,<br />
esigenza di provvedere alla<br />
manutenzione dell’apparecchiatura, esigenza<br />
di definire procedure per la limitazione<br />
del tempo d’esposizione ecc.<br />
Con le dovute chiarezze e cautele<br />
già enunciate, quindi, il ricorso a banche-dati<br />
può essere una risposta realistica,<br />
economicamente e tecnicamente<br />
accettabile, per la conoscenza orienta-<br />
46 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
20 settembre 2005 N. 18
SPECIALE<br />
Formula per il calcolo del livello di esposizione a HAV,<br />
da normalizzare successivamente a 8 ore sulla base<br />
del “principio dell'uguale energia”<br />
A (w)sum<br />
=<br />
tiva di rischi complessi a essere misurati.<br />
Qualora il ricorso alle banche-dati<br />
non risolva i dubbi circa la presenza o<br />
meno del rischio e la classificazione<br />
della condizione espositiva, occorrerà,<br />
invece, rivolgersi alla misurazione<br />
strumentale. In questo caso vanno seguite<br />
le metodologie indicate dal recepimento<br />
della direttiva n. 2002/44/CE<br />
che fanno riferimento alla UNI-ENV<br />
25349:1992 (a sua volta desunta dalla<br />
ISO 5349:1986).<br />
I risultati della valutazione del rischio,<br />
tanto se effettuata col ricorso a<br />
banche-dati quanto con misurazioni,<br />
vanno calcolati (si veda il riquadro 1)<br />
e interpretati nello stesso modo.<br />
I valori di riferimento per le azioni<br />
da adottare andranno desunti dal recepimento<br />
della direttiva n. 2002/44/CE<br />
che sull’argomento adotta valori normalmente<br />
condivisi dalla letteratura.<br />
In definitiva e in sintesi, la chiave<br />
di lettura con cui andare all’interpretazione<br />
dei risultati delle valutazioni si<br />
baserà su due livelli di riferimento,<br />
denominati “livello di azione” e “livello<br />
limite”, che identificano tre possibili<br />
collocazioni della misura:<br />
- al di sotto del livello di azione,<br />
con A(8) ≤ 2,5 m/s 2 , ove si collocano<br />
le situazioni a rischio contenuto e sulle<br />
quali è sostanzialmente sufficiente<br />
mantenere attive le generiche attenzioni<br />
di chi si occupa di prevenzione<br />
(per esempio, far controllare al medico<br />
competente il lavoratore che evidenziasse<br />
problemi ricollegabili all’esposizione<br />
HAV, ricercare il miglioramento<br />
in fase di acquisto di nuove<br />
attrezzature ecc.);<br />
- tra il livello di azione ed il livello<br />
a 2 wx + a 2 wy + a 2 wz<br />
Riquadro 1<br />
limite, con 2,5 m/s 2 ≤ A(8) ≤ 5,0 m/s 2 ,<br />
ci si trova nella fascia nella quale i già<br />
elevati livelli di esposizione comportano<br />
l’esigenza di intervenire (in tempi<br />
tecnici) per ricondurre, ovunque possibile,<br />
il rischio al di sotto del livello di<br />
azione. In questa fascia, per la direttiva<br />
n. 2002/44/CE diviene obbligatorio redigere<br />
il programma di bonifica, attivare<br />
l’informazione e la formazione<br />
nonché la sorveglianza sanitaria;<br />
- oltre il livello limite, con A(8) ><br />
5,0 m/s 2 , la situazione richiede interventi<br />
immediati (in primo luogo e sino<br />
a interventi tecnici di provata efficacia,<br />
di introdurre pause) per ricondurre<br />
le condizioni espositive quanto meno<br />
a valori inferiori al livello limite.<br />
Riguardo alle indicazioni tecniche<br />
che il consulente dovrà fornire per le<br />
misure di bonifica adottabili, il problema<br />
è ovviamente molto complesso e<br />
sviluppato nei trattati ingegneristici di<br />
meccanica, acustica e vibrazioni a cui<br />
si rimanda per gli approfondimenti teorici<br />
del caso.<br />
Una indicazione pratica per le aziende<br />
che si rivolgono ai consulenti sul<br />
mercato è quella di non dare per scontato<br />
che i tecnici che si propongono per la<br />
misurazione del rischio siano in grado<br />
di suggerire interventi efficaci.<br />
Particolarmente in questo settore<br />
della consulenza vale il suggerimento<br />
di affidarsi a tecnici di aziende altamente<br />
specializzate.<br />
Vibrazioni al corpo intero<br />
Le attività lavorative svolte a bordo<br />
di mezzi di trasporto o di movimentazione,<br />
quali ruspe, pale meccaniche,<br />
trattori, macchine agricole, autobus,<br />
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
carrelli elevatori, camion, imbarcazioni<br />
ecc., ma anche la permanenza su<br />
solai, piattaforme o sedili collegati<br />
con macchine-sorgenti (per esempio,<br />
molini, vibrovagli, confezionatrici<br />
ecc.), espongono il corpo a vibrazioni<br />
che possono risultare nocive per i soggetti<br />
esposti.<br />
Dai numerosi studi epidemiologici<br />
pubblicati in letteratura sugli effetti<br />
dell’esposizione del corpo intero a vibrazioni<br />
(Whole Body Vibration -<br />
WBV), appare che, per quanto sia stato<br />
documentato che alcuni disturbi si<br />
riscontrino con maggior frequenza tra<br />
lavoratori esposti a vibrazioni, piuttosto<br />
che tra soggetti non esposti, non è<br />
al momento possibile individuare patologie<br />
o danni prettamente associabili<br />
all’esposizione del corpo a vibrazioni.<br />
Inoltre, lo stato attuale delle conoscenze<br />
sulla risposta del corpo umano all’esposizione<br />
a vibrazioni è ancora alquanto<br />
incompleto e lacunoso per poter<br />
consentire la formulazione di modelli<br />
biomeccanici idonei alla definizione<br />
di criteri di valutazione del rischio<br />
esaustivi. Questo in quanto molteplici<br />
fattori di natura fisica, fisiologica<br />
e psicofisica (per esempio, intensità,<br />
frequenza, direzione delle vibrazioni,<br />
incidenti, costituzione corporea,<br />
postura, suscettibilità individuale) risultano<br />
rilevanti in relazione alla salute<br />
e al benessere dei soggetti esposti.<br />
Inoltre, alcuni degli effetti possono riscontrarsi<br />
in concomitanza di altri e<br />
influenzarne l’insorgenza.<br />
La nuova edizione dello standard<br />
ISO 2631-1:1997, che definisce metodiche<br />
standardizzate di misura delle vibrazioni<br />
trasmesse al corpo e fornisce<br />
alcune linee guida ai fini della valutazione<br />
degli effetti sulla salute, dichiara<br />
in proposito che «non esistono dati<br />
sufficienti alla definizione di una relazione<br />
quantitativa tra esposizione a vibrazioni<br />
e rischio di effetti sulla salute.<br />
Pertanto non è possibile valutare le<br />
vibrazioni trasmesse al corpo in termini<br />
di probabilità di rischio per esposizioni<br />
di differenti entità e durata».<br />
Nonostante queste carenze conoscitive,<br />
l’adozione di criteri igienistici<br />
in riferimento alla normativa e alla let-<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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47
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
SPECIALE<br />
TABELLA 5<br />
Lista di controllo per evidenziare la presenza di un rischio da WBV<br />
N. WBV QUESITI Modalità di adempimento<br />
1 Nelle attività dell’azienda si fa uso di veicoli, di macchine<br />
o di attrezzature di lavoro che espongono a vibrazioni<br />
l’intero corpo (per esempio, da sedili, da<br />
piattaforme o piani)<br />
2 Il RLS ha segnalato (o ci sono addetti che lamentano)<br />
esposizioni eccessive a vibrazioni al corpo intero<br />
3<br />
Il Medico competente, durante la valutazione o i<br />
suoi sopralluoghi periodici in azienda, ha segnalato<br />
la possibile presenza di esposizioni alle WBV<br />
Se le risposte sono tutte negative,<br />
“giustificare” i mancati ulteriori approfondimenti<br />
sul Documento di valutazione dei rischi<br />
oppure<br />
(con qualche risposta positiva)<br />
approfondire la valutazione del rischio, identificare e<br />
adottare le adeguate misure di prevenzione e protezione,<br />
classificare le situazioni espositive ed adottare<br />
i dovuti protocolli di prevenzione e protezione.<br />
teratura (e oggi anche specifica alla<br />
direttiva comunitaria), in materia di<br />
tutela dei lavoratori dall’esposizione a<br />
vibrazioni, rappresenta un elemento<br />
fondamentale ai fini della tutela della<br />
salute dei lavoratori e della riduzione<br />
del rischio da esposizione a vibrazioni<br />
trasmesse al corpo.<br />
Come già visto a proposito delle<br />
HAV, la valutazione sulla presenza o<br />
l’assenza del rischio nei luoghi di lavoro,<br />
può avere luogo (e anche esaurirsi)<br />
con una valutazione preliminare<br />
che accerti qualitativamente il non uso<br />
di attrezzature che sollecitano con vibrazioni<br />
l’intero corpo (generalmente,<br />
veicoli, macchine semoventi) o la permanenza<br />
dei lavoratori in posizioni a<br />
rischio (piani, piattaforme, sedili eccitati<br />
da macchine), recuperando anche<br />
le valutazioni soggettive degli addetti.<br />
La valutazione preliminare potrebbe<br />
quindi utilizzare una banale<br />
lista di controllo quale quella evidenziata<br />
nella tabella 5.<br />
Con risposte tutte negative, la valutazione<br />
potrebbe esaurirsi senza tradursi<br />
in alcuna misura specifica, invece,<br />
qualora si rilevassero elementi oggettivi<br />
o soggettivi di rischio, anche<br />
nel caso dell’esposizione a WBV il<br />
datore di lavoro dovrà valutarne la rilevanza<br />
o mediante il ricorso a dati<br />
misurati da altri (produttori o banche<br />
dati) oppure con rilevazioni strumentali<br />
da lui commissionate.<br />
Come per le HAV l’indicazione a<br />
non avvalersi necessariamente di misurazioni,<br />
oltre al fatto che non è<br />
espressamente richiesta dalla legislazione,<br />
discende dalla presenza di una<br />
casistica che:<br />
l sul versante della diagnosi dell’entità<br />
del rischio possono essere risolte<br />
con discreto grado di precisione ben<br />
interpretando le informazioni di banche-dati<br />
qualificate e specifiche o,<br />
purtroppo più raramente, di dati forniti<br />
dai produttori;<br />
l sul versante del contenimento del<br />
rischio, possono essere risolte con la<br />
semplice, ma attenta, osservazione del<br />
contesto ambientale, presenza di strumenti<br />
vetusti che abbisognano di sostituzione,<br />
esigenza di provvedere alla<br />
manutenzione dell’apparecchiatura,<br />
esigenza di definire procedure per la<br />
limitazione del tempo d’esposizione<br />
ecc.<br />
Il ricorso a banche-dati può, quindi,<br />
essere una risposta realistica (economicamente<br />
e igienisticamente accettabile)<br />
per la conoscenza orientativa di<br />
rischi, riservando le misurazioni strumentali<br />
ai casi oggettivamente più<br />
complessi.<br />
In quest’ultimo caso le metodologie<br />
da seguire per la quantificazione<br />
del rischio sono dettate dalla direttiva<br />
n. 2002/44/CE, che richiama la ISO<br />
2631-1:1997.<br />
I risultati della valutazione del rischio,<br />
tanto se effettuata col ricorso a<br />
banche-dati quanto con misurazioni,<br />
vanno calcolati (si veda la tabella 6) e<br />
interpretati nello stesso modo.<br />
I valori di riferimento per le azioni<br />
da adottare andranno desunti dal recepimento<br />
della direttiva n. 2002/44/CE.<br />
La chiave con cui andare all’interpretazione<br />
dei risultati delle valutazioni<br />
si baserà, anche nel caso delle<br />
WBV, su due livelli di riferimento, denominati<br />
“livello di azione” e “livello<br />
limite”, che identificano tre possibili<br />
collocazioni della misura:<br />
l al di sotto del livello di azione, con<br />
A(8) ≤ 0,5 m/s 2 , ove si collocano le<br />
situazioni a rischio contenuto e sulle<br />
quali è sufficiente mantenere attive le<br />
generiche attenzioni di chi si occupa<br />
di prevenzione (per esempio, far controllare<br />
al medico competente il lavoratore<br />
che dichiarasse problemi alla<br />
salute, soprattutto al rachide lombare,<br />
ricollegabili all’esposizione WBV);<br />
l tra il livello di azione ed il livello<br />
limite, con 0,5 m/s 2 ≤ A(8) ≤ 1,15 m/s 2 ,<br />
fascia nella quale i già elevati livelli di<br />
esposizione comportano l’esigenza di<br />
intervenire (in tempi tecnici) per ricondurre,<br />
ovunque possibile, il rischio<br />
al di sotto del livello di azione. In questa<br />
fascia, per la direttiva n. 2002/44/<br />
CE diviene obbligatorio redigere il<br />
programma di bonifica, attivare l’informazione<br />
e la formazione nonché la<br />
sorveglianza sanitaria;<br />
l oltre il livello limite, con A(8) ><br />
1,15 m/s 2 , situazione che richiede interventi<br />
immediati (in primo luogo e<br />
sino a interventi tecnici di provata efficacia,<br />
di introdurre pause) per ricondurre<br />
le condizioni espositive quanto<br />
meno a valori inferiori al livello limite.<br />
Infine, circa le indicazioni tecniche<br />
che il consulente dovrà fornire per le<br />
48 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
20 settembre 2005 N. 18
misure di bonifica adottabili, si ribadisce<br />
che il problema è molto complesso<br />
e si rimanda ai trattati ingegneristici<br />
e suggerendo di affidarsi a tecnici di<br />
aziende altamente specializzate.<br />
Il rapporto di valutazione<br />
Quando la valutazione si risolve<br />
con sole risposte negative nella somministrazione<br />
della lista di controllo<br />
preliminare, la “giustificazione” potrebbe<br />
semplicemente concretizzarsi<br />
col riportare sul Documento di valutazione,<br />
ex D.Lgs. n. 626/1994 la lista di<br />
controllo adottata con il relativo esito.<br />
Quando, invece, la valutazione non<br />
riesce a esaurirsi nella “giustificazione”,<br />
occorrerà prevedere un resoconto<br />
del processo valutativo che, similmente<br />
a quanto avviene per il rumore, possiamo<br />
immaginare consista in una Relazione<br />
tecnica che si accompagna a<br />
uno specifico approfondimento sul<br />
Documento di valutazione ex D.Lgs.<br />
n. 626/1994.<br />
La Relazione tecnica sarà una relazione<br />
sul “percorso” effettuato (fonte<br />
di riferimento, valori e condizioni dichiarati<br />
dall’autore, tempi di esposizione<br />
dei lavoratori dell’azienda ecc.)<br />
e sui suoi risultati ottenuti (livelli di<br />
esposizione) nel caso la valutazione<br />
del rischio sia stata effettuata attingendo<br />
dai dati dei produttori o da banchedati<br />
sperimentali ovvero una relazione<br />
delle misure effettuate (condizioni di<br />
misura, valori rilevati ecc.) e dei risultati<br />
ottenuti (livelli di esposizione misurati<br />
o calcolati). In entrambi i casi il<br />
tecnico competente dovrà anche indicare<br />
le possibili soluzioni per il controllo<br />
del rischio.<br />
Nel Documento di valutazione dei<br />
SPECIALE<br />
TABELLA 6<br />
Meccanismo per il calcolo del livello di esposizione<br />
a WBV, da normalizzare successivamente ad 8 ore<br />
sulla base del “principio dell’uguale energia”<br />
A (w)max = la max tra :<br />
1,4 × a wx<br />
1,4 × a wy<br />
a wz<br />
rischi ex D.Lgs. n. 626/1994 da conservarsi<br />
in azienda anche a disposizione<br />
dell’organo di vigilanza, andranno,<br />
in particolare, indicate le misure preventive<br />
e protettive programmate dall’azienda<br />
per eliminare o ridurre le<br />
esposizioni.<br />
Premesso che tra Relazione tecnica<br />
e Documento sono ipotizzabili diversi<br />
livelli di integrazione e che qualora<br />
l’una risultasse priva di alcune informazioni<br />
queste dovrebbero essere indicate<br />
nell’altro e viceversa, nel Documento<br />
e nei suoi allegati ci si attende<br />
siano indicati almeno i seguenti<br />
elementi:<br />
l data/e di effettuazione della valutazione<br />
con approfondimenti (misurazioni<br />
o confronto con banche-dati);<br />
l dati identificativi di chi ha provveduto<br />
alla valutazione con approfondimenti;<br />
l dati identificativi della Relazione<br />
tecnica allegata (per esempio, numero<br />
di protocollo, data);<br />
l dati identificativi dei RLS o, in loro<br />
assenza, dei lavoratori, consultati ai<br />
sensi del D.Lgs. n. 626/1994, modalità<br />
della loro consultazione e informazione;<br />
l numero degli occupati totali dell’unità<br />
produttiva, suddivisi per mansione;<br />
l nome e livello di esposizione degli<br />
occupati con valori superiori al livello<br />
di azione;<br />
l programma delle misure/azioni ritenute<br />
opportune, per meglio controllare<br />
il rischio, individuate a seguito<br />
della valutazione;<br />
l dati identificativi del medico competente<br />
che è informato dei risultati<br />
del controllo dell’esposizione della<br />
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
stessa.<br />
Quanto indicato nel Documento<br />
prevede la responsabilità diretta e indelegabile<br />
del datore di lavoro ed è,<br />
pertanto, naturale che sia da questi firmata.<br />
In calce al Rapporto di Valutazione<br />
è, poi, opportuno che compaia<br />
la firma di “presa visione” dei RLS o,<br />
in loro assenza, dei lavoratori, informati<br />
ai sensi del D.Lgs. n. 626/1994 e<br />
quella del medico competente, se previsto.<br />
Infine, si può prevedere un Foglio<br />
degli aggiornamenti per raccordare la<br />
situazione descritta nella Relazione<br />
tecnica con i cambiamenti che via via<br />
intervengono sulla realtà produttiva.<br />
Ci si riferisce, in particolare, a quei<br />
cambiamenti non in grado di modificare<br />
in modo significativo il quadro di<br />
rischio (situazione che richiede una<br />
nuova valutazione), ma che pur sempre<br />
comportano azioni specificamente<br />
previste dal D.Lgs. n. 626/1994. In<br />
particolare, su questo Foglio potranno<br />
essere annotate le assegnazioni alle<br />
classi di rischio dei nuovi assunti, degli<br />
operatori adibiti ex novo a mansioni<br />
a rischio nonché degli operatori che<br />
abbiano nel frattempo cambiato mansione.<br />
Si potranno anche annotare le dimissioni<br />
di operatori e l’acquisto di<br />
nuove macchine se espongono a HAV<br />
con A(8) > 2,5 m/s 2 e a WBV con<br />
A(8) > 0,5 m/s 2 (macchine soggette<br />
all’obbligo informativo del produttore<br />
ai sensi del D.P.R. n. 459/1996).<br />
Il legislatore non ha voluto formalizzarne<br />
uno specifico Rapporto di valutazione<br />
(sostanzialmente, il capitolo<br />
dedicato alle vibrazioni da inserire nel<br />
Documento di valutazione del rischio)<br />
né uno schema di Relazione tecnica;<br />
negli Allegati 2, 3, 5, e 6 delle «Linee<br />
Guida per la valutazione del rischio<br />
da vibrazioni negli ambienti di lavoro»<br />
redatte dall’ISPESL e dal CTIPL<br />
(Coordinamento Tecnico Interregionale<br />
della Prevenzione nei luoghi di<br />
Lavoro) vengono proposti modelli per<br />
la redazione della Relazione tecnica<br />
con misure e del Rapporto di Valutazione<br />
per esposizioni, rispettivamente,<br />
a HAV e WBV.<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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49
IGIENE DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
Orientamenti<br />
per il controllo del rischio<br />
Non esistono, attualmente, riferimenti<br />
legislativi che forniscano indicazioni<br />
sulle metodologie di controllo<br />
del rischio.<br />
Le possibilità di intervento per la<br />
riduzione del rischio vibrazioni nelle<br />
attrezzature di lavoro sono spesso<br />
sviluppate nei trattati di acustica e vibrazioni<br />
e a essi si rimanda per una<br />
analisi dettagliata delle disponibilità<br />
tecnologiche. Qualche prima indicazione<br />
può, tuttavia, essere tratta dalle<br />
Linee Guida redatte dall’ISPESL e<br />
dal Coordinamento Tecnico Interregionale<br />
della Prevenzione nei luoghi<br />
di lavoro.<br />
Relativamente all’esposizione a<br />
HAV vi si afferma:<br />
«Qualora risulti superato il livello<br />
di esposizione giornaliera A(8) di 2,5<br />
m/s 2 dovranno essere attuate le seguenti<br />
misure di tutela per i lavoratori<br />
esposti:<br />
l adozione di sistemi di lavoro ergonomici<br />
che consentano di ridurre al<br />
minimo la forza di prensione o spinta<br />
da applicare all’utensile.<br />
l sostituzione dei macchinari che<br />
producono elevati livelli di vibrazioni<br />
con macchinari che espongano a minori<br />
livelli di vibrazioni. Essa è assolutamente<br />
prioritaria qualora risulti<br />
A(8) > 5 m/s 2 (es. sostituzione di martelli<br />
perforatori di tipo tradizionale<br />
con perforatori dotati di sistemi antireattivi).<br />
l effettuazione di manutenzione regolare<br />
e periodica degli utensili.<br />
l adozione di cicli di lavoro che consentano<br />
di alternare periodi di esposizione<br />
a vibrazioni a periodi in cui il<br />
lavoratore non sia esposto a vibrazioni.<br />
l impiego di DPI (guanti antivibranti).<br />
l informazione sul rischio da esposizione<br />
a vibrazioni e formazione specifica<br />
sulle corrette procedure di lavoro<br />
ai fini della prevenzione e riduzione<br />
del rischio da esposizione a vibrazioni<br />
mano-braccio, ed in particolare :<br />
- corrette modalità di prensione e<br />
di impugnatura degli utensili;<br />
- impiego dei guanti durante le<br />
SPECIALE<br />
operazioni che espongono a vibrazioni;<br />
- adozione di procedure di lavoro<br />
idonee al riscaldamento delle mani<br />
prima e durante il turno di lavoro;<br />
- incremento di rischio da danni da<br />
vibrazioni dovuto al fumo;<br />
- esercizi e massaggi alle mani da<br />
effettuare durante le pause di lavoro.<br />
l effettuazione di controlli sanitari<br />
preventivi e periodici da parte del<br />
medico competente»<br />
Con riferimento all’esposizione a<br />
WBV, invece, si dice:<br />
«Il superamento del livello d’azione<br />
consigliato in queste Linee Guida<br />
comporta la predisposizione delle seguenti<br />
misure di tutela:<br />
- Programma di organizzazione<br />
tecnica e/o di lavoro con le misure<br />
destinate a ridurre l’esposizione. Tra<br />
tali misure prioritaria importanza rivestono:<br />
l pianificare una regolare manutenzione<br />
dei macchinari, con particolare<br />
riguardo alle sospensioni, ai sedili ed<br />
al posto di guida degli automezzi;<br />
l identificare le condizioni operative<br />
o i veicoli che espongono ai più alti<br />
livelli di vibrazioni ed organizzare<br />
laddove possibile turni di lavoro tra<br />
operatori e conducenti idonei a ridurre<br />
le esposizioni individuali;<br />
l pianificare laddove possibile i percorsi<br />
di lavoro scegliendo quelli meno<br />
accidentati; oppure, dove possibile, effettuare<br />
lavori di livellamento stradale.<br />
- Pianificazione di una politica<br />
aziendale di aggiornamento del parco<br />
macchine, che privilegi l’acquisto di<br />
macchinari a basso livello di vibrazioni<br />
e rispondenti a criteri generali<br />
di ergonomia del posto di guida.<br />
- Sorveglianza sanitaria con esami<br />
di routine.<br />
- Informazione dei lavoratori potenzialmente<br />
esposti a tali livelli e formazione<br />
ai fini dell’applicazione di<br />
idonee misure di tutela. In particolare,<br />
la formazione dovrà essere orientata<br />
verso i seguenti contenuti:<br />
l metodi corretti di guida al fine di<br />
ridurre le vibrazioni: ad es. necessità<br />
di evitare alte velocità in particolare<br />
su strade accidentate;<br />
l posture di guida e corretta regolazione<br />
del sedile;<br />
l ulteriori fattori di rischio per disturbi<br />
a carico della colonna;<br />
l come prevenire il mal di schiena»<br />
Conclusioni<br />
e prossimi sviluppi<br />
La valutazione e il controllo del<br />
rischio da vibrazioni, tanto per l’esposizione<br />
a HAV quanto a WBV, abbisognano<br />
di maggiori attenzioni da<br />
parte dei datori di lavoro nell’ambito<br />
della tutela della salute nei luoghi di<br />
lavoro.<br />
Debbono, in particolare, imporsi<br />
alcuni principi elementari la cui inosservanza<br />
segnala la non applicazione<br />
dei principi di prevenzione e di ricerca<br />
del miglioramento delle condizioni di<br />
lavoro introdotti dal DLgs. n. 626/<br />
1994; valutare il rischio non può significare<br />
solo apporre un segno di<br />
spunta in un elenco di pericoli per la<br />
salute e concludersi nel riporre il documento<br />
di valutazione in un dossier<br />
conservato solo per essere mostrato<br />
all’organo di vigilanza.<br />
Si è cercato di esaminare, alla luce<br />
dell’imminente modifica del quadro<br />
legislativo di riferimento, la metodologia<br />
della valutazione aziendale del<br />
rischio secondo un’ottica non sempre<br />
utilizzata dagli specialisti e che, se applicata,<br />
potrebbero estendere significativamente<br />
la conoscenza e, quindi,<br />
il controllo del rischio.<br />
Con l’auspicio di aver portato un<br />
contributo all’analisi di un rischio<br />
troppo spesso dimenticato, si è cercato<br />
di fornire, sempre con linguaggio elementare,<br />
primissimi elementi orientativi<br />
sulle misure tecniche organizzative<br />
e procedurali che possono essere<br />
messe in campo nelle realtà aziendali<br />
in cui si presentano i rischi.<br />
I dati INAIL dimostrano che il rischio<br />
da vibrazioni è un problema<br />
reale e che occorre pertanto dare sostanza<br />
ai principi di prevenzione con<br />
valutazioni che davvero si sincerino<br />
della presenza o meno dei rischi per<br />
la salute e si concretizzino nelle necessarie<br />
misure di prevenzione e protezione.<br />
l<br />
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20 settembre 2005 N. 18
SPECIALE<br />
IGIENE DEL LAVORO<br />
Osservatorio ISPESL Articolo<br />
Guanti antivibranti e sedili:<br />
la protezione secondo le norme<br />
di Pietro Nataletti<br />
Dipartimento di Igiene del Lavoro - Centro Ricerche ISPESL di Monteporzio Catone<br />
ISPESL<br />
Nel 2002 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea L del 6 luglio 2002, n. 177, la direttiva n. 2002/44/CE «sulle<br />
prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (vibrazioni)». Questa<br />
direttiva riguarda l’esposizione professionale alle vibrazioni meccaniche trasmesse al sistema manobraccio e al corpo intero, e si<br />
inquadra nell’ambito delle direttive sociali emesse in applicazione della direttiva quadro sui luoghi di lavoro n. 89/391/CEE. Doveva<br />
essere recepita in legge nazionale entro il 6 luglio 2005; il relativo decreto legislativo è in fase di avanzata definizione da parte del<br />
Ministero del Lavoro. Va anche ricordato che questa direttiva è stata già in parte recepita dal D.P.R. n. 459/1996 “direttiva macchine”<br />
(recepimento della direttiva comunitaria n. 89/392/CEE), che adotta per le vibrazioni trasmesse al corpo intero e al sistema manobraccio<br />
gli stessi livelli di azione assunti nella direttiva n. 2002/44/CE pari, rispettivamente, a 0,5 m/s2 e a 2,5 m/s2.<br />
Osservatorio a cura dell’Ufficio Relazioni con il Pubblico<br />
La legge di recepimento della direttiva<br />
europea n. 2002/44/CE colmerà l’attuale<br />
carenza a livello normativo, in cui<br />
non esistono ancora disposizioni specifiche<br />
per l’esposizione professionale alle vibrazioni<br />
che stabiliscano, analogamente a quanto fa<br />
il D.Lgs. n. 277/1991 per il rumore, una politica<br />
generale di prevenzione (tecnica, organizzativa<br />
e procedurale) e di protezione collettiva<br />
e personale. Ciononostante, l’obbligo<br />
della valutazione del rischio e delle relative<br />
misure di prevenzione, protezione e sorveglianza<br />
sanitaria, stabilite in generale per tutti<br />
gli agenti di rischio dal D.Lgs. n. 626/1994 e<br />
successive modificazioni, vale anche per<br />
l’esposizione professionale alle vibrazioni.<br />
Da un punto di vista tecnico, il principale riferimento<br />
per la misurazione e la valutazione del<br />
rischio di esposizione professionale delle vibrazioni<br />
meccaniche trasmesse al sistema manobraccio<br />
e al corpo intero è costituito, rispettivamente,<br />
dagli standard UNI EN ISO<br />
53491: 2001 [1] , UNI EN ISO 53492: 2001 [2] e<br />
ISO 26311:1997 [3] . Inoltre, è possibile fare riferimento<br />
alle Linee Guida tecniche [4] presentate<br />
nel 2000, realizzate dall’ISPESL in collaborazione<br />
con il Coordinamento delle Regioni e<br />
delle Province autonome. Entro l’autunno<br />
2005 sarà disponibile [5] anche la nuova banca<br />
dati nazionale riguardante i valori di esposizione<br />
professionale alle vibrazioni meccaniche riguardanti<br />
un notevole numero di attrezzi e<br />
macchine promossa dall’ISPESL e realizzata in<br />
collaborazione con la ASL 7 di Siena [6] .<br />
Mezzi di prevenzione tecnica<br />
e dispositivi di protezione<br />
I possibili interventi di prevenzione (primaria<br />
e secondaria) e di protezione dalle vibrazioni<br />
meccaniche trasmesse all’uomo si possono<br />
classificare, secondo un ordine di efficacia,<br />
secondo il seguente schema:<br />
• automazione e/o remotizzazione della lavorazione,<br />
con il risultato di azzerare l’esposizione<br />
tramite l’allontanamento del lavoratore<br />
dalla sorgente di vibrazioni;<br />
• scelta di attrezzi/macchine ergonomiche,<br />
con il risultato di ridurre l’esposizione; da questo<br />
punto di vista le banche dati sono un ausilio<br />
prezioso in fase di progettazione del posto<br />
di lavoro o di programmazione degli acquisti;<br />
• modifica degli attrezzi/macchine esistenti,<br />
tramite, per esempio, il rivestimento o la<br />
sostituzione dei manici degli attrezzi con<br />
materiali antivibranti o la sostituzione degli<br />
ammortizzatori delle macchine, con il risultato<br />
di ridurre l’esposizione;<br />
[1] «Vibrazioni meccaniche. Misurazione e valutazione dell’esposizione dell’uomo alle vibrazioni trasmesse alla mano - Parte 1:<br />
Requisiti generali», Ente Nazionale Italiano di Unificazione, Milano, 2004.<br />
[2] «Vibrazioni meccaniche. Misurazione e valutazione dell’esposizione dell’uomo alle vibrazioni trasmesse alla mano - Parte 2: Guida<br />
pratica per la misurazione al posto di lavoro», Ente Nazionale Italiano di Unificazione, Milano, 2004.<br />
[3] «Mechanical vibration and shock - Evaluation of human exposure to whole-body vibration. Part. 1: General requirements».<br />
International Organization for Standardization, Geneve, 1997.<br />
[4] «Le Linee Guida per la valutazione del rischio da vibrazioni in ambiente di lavoro», Atti del Seminario dBA incontri 2000, Modena<br />
20 settembre 2000. La versione aggiornata è consultabile on-line all’indirizzo: http://www.ispesl.it/linee_guida/fattore_di_rischio/<br />
vibrazioni.htm.<br />
[5] La nuova banca dati nazionale riguardante i valori di esposizione professionale alle vibrazioni meccaniche sarà on-line all’indirizzo<br />
www.ispesl.it.<br />
[6] Per maggiori informazioni, di Iole Pinto, Una banca dati nazionale per la valutazione del rischio e la scelta della attrezzature di<br />
lavoro. I risultati del progetto; come e quando fruirne, Atti del Seminario dBA incontri-Vibrazioni 2004, Modena, 13 ottobre 2004.<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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51
IGIENE DEL LAVORO<br />
Osservatorio ISPESL Articolo<br />
SPECIALE<br />
• l’utilizzo di DPI (guanti antivibranti) o di<br />
sedili antivibranti, con il risultato di ridurre<br />
(quando possibile) l’esposizione.<br />
Le attuali tecnologie<br />
consentono di progettare<br />
e realizzare sedili<br />
in grado di attenuare efficacemente<br />
le vibrazioni trasmesse dal mezzo,<br />
purché si tenga conto<br />
dell’accoppiamento meccanico<br />
tra macchina, sedile e operatore<br />
nelle situazioni reali<br />
generate in campo<br />
Guanti antivibranti: certificazione<br />
e disponibilità commerciale<br />
Per quanto riguarda i dispositivi di protezione<br />
individuale, esistono in commercio<br />
numerosi guanti cosiddetti antivibranti,<br />
certificati secondo la norma europea armonizzata<br />
EN ISO 10819:1996 [7] , che è di<br />
supporto ai requisiti essenziali di sicurezza<br />
e salute previsti dalla direttiva UE n. 89/<br />
686/CEE «Apparecchiature per la protezione<br />
della persona», e recepita in Italia<br />
dalla UNI EN ISO 10819:1998. Infatti, oltre<br />
ai benefici in termini di protezione<br />
delle mani dai rischi meccanici (abrasioni,<br />
tagli), dalle temperature estreme, dai rischi<br />
chimici e dall’umidità, i guanti possono<br />
potenzialmente ridurre la trasmissione<br />
delle vibrazioni alle mani e quindi assumere<br />
il ruolo di dispositivi di protezione<br />
individuale (DPI) anche per questo specifico<br />
agente di rischio fisico. La stessa direttiva<br />
n. 2002/44/CE prevede espressamente<br />
l’utilizzo di questi dispositivi (Allegato<br />
A, «Vibrazioni trasmesse al sistema manobraccio,<br />
punto 5. Attrezzature di protezione<br />
individuale: Attrezzature di protezione<br />
individuale contro le vibrazioni trasmesse<br />
al sistema manobraccio possono<br />
contribuire al programma di misure di cui<br />
all’articolo 5 (Disposizioni miranti a escludere<br />
o a ridurre l’esposizione), paragrafo<br />
2»). Questo ha costituito uno stimolo per<br />
le aziende produttrici di guanti, anche italiane,<br />
le quali, negli ultimi anni, hanno<br />
iniziato a produrre dei modelli rivestiti internamente<br />
con materiali dotati di proprietà<br />
di assorbimento dell’energia meccanica<br />
nell’intervallo di frequenze di interesse<br />
prevenzionistico (6,3 ÷ 1.600 Hz).<br />
La norma armonizzata EN ISO<br />
10819:1996, tratta dall’omonimo standard<br />
ISO 10819: 1996, prescrive un metodo<br />
di laboratorio per la misura delle proprietà<br />
dinamiche dei guanti e ne fissa i<br />
requisiti prestazionali nella gamma di frequenza<br />
tra 31,5 e 1.250 Hz. Vengono definiti<br />
due differenti spettri di vibrazione:<br />
• lo spettro M (medie frequenze), che si<br />
estende fra 16 e 400 Hz;<br />
• lo spettro H (alte frequenze), che si estende<br />
fra 100 e 1.600 Hz.<br />
Entrambi gli spettri producono accelerazioni<br />
efficaci ponderate di circa 3 m/s 2 sull’impugnatura,<br />
una speciale maniglia dotata<br />
di sensori per la rilevazione della forza<br />
di spinta e di prensione, montata su uno<br />
shaker (tavola vibrante elettrodinamica)<br />
orientato orizzontalmente. Il soggetto impugna<br />
la maniglia a mano nuda e a mano<br />
guantata, mantenendo sempre una determinata<br />
forza di spinta (50 N) e di prensione<br />
(30 N) sulla maniglia durante le prove. Il<br />
soggetto deve osservare una determinata<br />
configurazione del corpo e del sistema<br />
manobraccio, deve stare in piedi durante<br />
le prove, con l’avambraccio lungo l’asse di<br />
vibrazione e il gomito deve formare un<br />
angolo di circa 90°.<br />
Per entrambi gli spettri (M e H), la cosiddetta<br />
trasmissibilità del guanto si determina<br />
misurando l’accelerazione equivalente<br />
ponderata in frequenza sulla manopola a<br />
mano nuda e su uno speciale adattatore<br />
tenuto nel palmo della mano dentro il<br />
guanto. Lo standard fornisce le specifiche<br />
di massima di questo adattatore all’interno<br />
del quale possono essere ospitati fino a tre<br />
accelerometri. La trasmissibilità TR è data<br />
sostanzialmente dal rapporto tra l’accelerazione<br />
ponderata misurata sull’adattatore<br />
a mano guantata e l’accelerazione ponderata<br />
misurata sulla manopola a mano nuda,<br />
per ognuno dei due spettri. I valori di<br />
trasmissibilità da riportare nel rapporto di<br />
prova, chiamati trasmissibilità media corretta<br />
TR M e TR H , sono dati dalla media di<br />
sei misure ottenute da due ripetute effettuate<br />
su tre soggetti adulti con dimensioni<br />
delle mani nell’intervallo tra 7 e 9 come<br />
definite nella norma europea EN 420:<br />
1994 [8] .<br />
Dalla definizione di trasmissibilità si deduce<br />
che, affinché un materiale attenui le vibrazioni,<br />
la trasmissibilità TR deve essere minore<br />
di 1. In generale, alle frequenze medioalte<br />
non è difficile, con i moderni materiali<br />
resilienti, ottenere trasmissibilità dell’ordine<br />
di 0,50,6; alle basse frequenze, invece,<br />
questi valori si ottengono solo con spessori<br />
tali che renderebbero i guanti ingombranti<br />
e privi di sensibilità tattile. La norma EN ISO<br />
10819 afferma:<br />
«Un guanto non va considerato “guanto<br />
antivibrazione” secondo la presente norma<br />
se non rispetta entrambi i seguenti criteri:<br />
TR M < 1.0 e TR H < 0.6<br />
Nota: il soddisfacimento di questi criteri<br />
non implica che l’uso di tale guanto elimina<br />
il rischio di esposizione alle vibrazioni.<br />
Inoltre un guanto va considerato “guanto<br />
antivibrazione” secondo la presente norma<br />
soltanto se le dita del guanto hanno le stesse<br />
proprietà (materiali e spessore) della parte<br />
di guanto che copre il palmo della mano».<br />
La norma consiglia, infine, di determinare<br />
la trasmissibilità in funzione della frequenza,<br />
in modo da consentire la stima dell’effetto<br />
del guanto sulla vibrazione ponderata<br />
in frequenza nei casi in cui è noto lo<br />
spettro di vibrazione della sorgente (attrezzo<br />
vibrante o altro), analogamente a quanto<br />
avviene per i DPI uditivi in cui il costruttore<br />
fornisce i valori di APVf dell’otoprotettore<br />
(Valori di Attenuazione Presunta nelle<br />
bande di ottava f).<br />
Questa norma, nonostante lo standard ISO<br />
[7] «Vibrazioni meccaniche e urti. Vibrazioni al sistema mano-braccio. Metodo per la misurazione e la valutazione della trasmissibilità<br />
delle vibrazioni dai guanti al palmo della mano». Comitato Europeo di Normazione, Bruxelles, 1996.<br />
[8] «Requisiti generali per i guanti». Comitato Europeo di Normazione, Bruxelles, 1994.<br />
52 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
20 settembre 2005 N. 18
SPECIALE<br />
IGIENE DEL LAVORO<br />
Osservatorio ISPESL Articolo<br />
da cui è tratta sia non privo di controindicazioni<br />
e di problemi tecnici [9] , tra i quali è<br />
da citare la non facile reperibilità sul mercato<br />
di apparecchi commerciali di misurazione<br />
della trasmissibilità [10] è diventata<br />
norma armonizzata nell’ambito delle direttive<br />
di prodotto per i DPI, e, di conseguenza,<br />
viene utilizzata dai costruttori e dagli<br />
organismi notificati per la certificazione<br />
CE. I guanti antivibranti, quindi, devono<br />
riportare, vicino al marchio CE, l’indicazione<br />
della norma EN ISO 10819:1996, e nella<br />
documentazione tecnica devono essere<br />
indicati i valori di TR M e TR H .<br />
Guanti antivibranti sottoposti a sperimentazione<br />
N. guanto Costruttore/modello<br />
1 Ansell Edmont;<br />
2 Atlas Copco;<br />
3 Impacto U2;<br />
4 North Zorber;<br />
5 Ergodine Proplex;<br />
6 Ergo Air;<br />
7 2G 2002;<br />
8 2G 2022;<br />
9 2G 2013;<br />
10 2G 2016.<br />
Efficacia sul campo<br />
dei guanti antivibranti<br />
Il Laboratorio Agenti Fisici del Dipartimento<br />
Igiene del Lavoro dell’ISPESL ha condotto,<br />
negli ultimi anni, numerosi studi e sperimentazioni<br />
sull’esposizione professionale a<br />
vibrazioni meccaniche [11] . In questa sede<br />
viene riportata una sintesi dei risultati sulla<br />
reale efficacia dei guanti cosiddetti antivibranti,<br />
sia per verificarne in laboratorio la<br />
rispondenza ai requisiti di certificazione, sia<br />
per sperimentare sul campo l’effettiva capacità<br />
di attenuare le vibrazioni trasmesse al<br />
palmo della mano, nelle reali condizioni di<br />
uso di alcune delle principali categorie di<br />
attrezzi utilizzati in Italia e durante le normali<br />
condizioni di lavoro.<br />
Nell’ambito delle sperimentazioni sul<br />
campo sono stati utilizzati 10 diversi tipi<br />
di guanti antivibranti attualmente disponibili<br />
in commercio in Italia, riportati nella<br />
tabella 1. Le prove di efficacia sono state<br />
effettuate, a campione secondo un criterio<br />
di maggiore rappresentatività sul campo,<br />
sulle seguenti categorie di attrezzi:<br />
• 4 differenti motoseghe (secondo lo standard<br />
di prodotto UNI ISO 7505:1989);<br />
• 5 differenti decespugliatrici (secondo lo<br />
standard UNI ISO 7916:1994);<br />
• 5 differenti martelli demolitori e rotoperforatori<br />
(secondo lo standard UNI EN ISO<br />
286623:1997);<br />
• 7 differenti smerigliatrici palmari (secondo<br />
lo standard UNI EN ISO 86628:1999).<br />
Le prove sono state effettuate durante le<br />
normali operazioni di lavoro da operatori<br />
dei comparti forestale, lapideo e del legno.<br />
Nelle tabelle 2, 3, 4 e 6 sono riportati, in<br />
sintesi, i risultati delle prove di efficacia sul<br />
campo dei guanti riportati nella tabella 1,<br />
effettuate, rispettivamente, sulle decespugliatrici,<br />
sulle motoseghe, sui martelli e sulle<br />
smerigliatrici.<br />
Le rilevazioni di accelerazione sono state<br />
realizzate tramite 6 miniaccelerometri alloggiati<br />
in due speciali adattatori palmari;<br />
un adattatore veniva fissato sull’impugnatura<br />
dell’attrezzo esattamente sotto il<br />
guanto; l’altro veniva fissato nel palmo<br />
della mano dell’operatore sotto il guanto.<br />
In questo modo è stato possibile registrare<br />
in tempo reale la trasmissibilità del singolo<br />
guanto TF. Ripetendo la misura sullo stesso<br />
guanto per un certo numero di prove (almeno<br />
3) e utilizzando tre operatori di caratteristiche<br />
antropometriche diverse, è<br />
stato possibile calcolare la “trasmissibilità<br />
Tabella 1<br />
del guanto sul campo” T F definita dalla<br />
relazione:<br />
T F = a 1 / a 2<br />
dove a 1 e a 2 sono, rispettivamente, le accelerazioni<br />
globali equivalenti ponderate in<br />
frequenza dentro e fuori il guanto, mediate<br />
sugli operatori e sulle prove ripetute.<br />
Su alcuni dei guanti sottoposti a sperimentazione<br />
sono state effettuate anche prove<br />
di laboratorio, utilizzando lo speciale<br />
shaker elettrodinamico a un grado di libertà<br />
in dotazione al Laboratorio Agenti Fisici,<br />
allo scopo di verificare in condizioni controllate<br />
la trasmissibilità ottenuta in campo<br />
tramite la modalità FDR (Field Data Replicator)<br />
dello shaker, che consente di replicare<br />
sulla maniglia lo spettro in bande di<br />
terzi d’ottava rilevato sul campo di un attrezzo<br />
vibrante (si veda la tabella 5). Questa<br />
modalità di importazione di dati reali in<br />
laboratorio ha consentito di effettuare<br />
un’ulteriore sperimentazione volta a ottenere,<br />
grazie alla collaborazione di una ditta<br />
italiana, guanti antivibranti in grado di attenuare<br />
effettivamente le vibrazioni tra<br />
[9] Per maggiori informazioni, si veda, di M.J. Griffin, Evaluating the effectiveness of gloves in reducing the hazards of hand-transmitted<br />
vibration, Occup. Environ. Medicine 55, 1998, pag. 340, e gli atti della 8 th International Conference on Hand-Arm Vibration,<br />
Eds. R. Lundstrom, L. Lundstrom, T. Nilsson, S.H. Bylund, Umea (Svezia), 1998.<br />
[10] Per maggiori informazioni sull’argomento, si veda, dello stesso autore, Stato attuale della certificazione in materia di guanti<br />
antivibranti, Atti del Seminario dBA incontri 2000, Modena, 20 settembre 2000.<br />
[11] Si veda, per ulteriori informazioni sull’argomento, di Pietro Nataletti, A. Pieroni, T. Poian, B. Alessandrini, E. Marchetti,<br />
Valutazione dell’esposizione alle vibrazioni meccaniche degli addetti del comparto industriale della sedia della provincia di Udine,<br />
Atti del Convegno dBA 2002, Modena 25-27 settembre 2002, e, di Pietro Nataletti, A. Pieroni, A. Darra, L. Caneppele, A.<br />
Cristofolini, E. Marchetti, Valutazione dell’esposizione alle vibrazioni meccaniche degli operatori del servizio foreste e del servizio<br />
sistemazione montana della provincia autonoma di Trento, Atti del Convegno dBA 2002, Modena 25-27 settembre 2002.<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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IGIENE DEL LAVORO<br />
Osservatorio ISPESL Articolo<br />
SPECIALE<br />
Guanto<br />
Valori di trasmissibilità dei guanti antivibranti<br />
rilevati in campo sulle decespugliatrici<br />
Alpina<br />
Vip52<br />
Husqvarna<br />
240RBD<br />
smesse al palmo della mano quando si<br />
utilizzano martelli demolitori e rotoperforatori.<br />
Decespugliatrici<br />
I guanti antivibranti attualmente in commercio<br />
funzionano generalmente bene sulle<br />
decespugliatrici esaminate, con valori di<br />
trasmissibilità TF riportati nella tabella 2 che<br />
vanno da un minimo di 0,1 a un massimo di<br />
0,7 corrispondenti ad attenuazioni dell’accelerazione<br />
globale equivalente ponderata<br />
pari, rispettivamente, al 90% e al 30%. Dai<br />
valori in frequenza della trasmissibilità relativi<br />
agli attrezzi esaminati è risultato che i<br />
valori di TF in bande di terzi d’ottava si mantengono<br />
sempre ben al di sotto dell’unità,<br />
tranne i guanti 2 e 3, in tutto l’intervallo di<br />
frequenze di interesse prevenzionistico.<br />
Motoseghe<br />
Sulle motoseghe i guanti antivibranti funzionano<br />
meno bene che sulle decespugliatrici<br />
ma sono comunque efficaci, con valori<br />
di trasmissibilità T F riportati nella tabella 3<br />
che vanno da un minimo di 0,3 a un massimo<br />
di 0,7 corrispondenti ad attenuazioni<br />
dell’accelerazione globale equivalente ponderata<br />
pari, rispettivamente, al 70% e al<br />
30%. Dai valori in frequenza della trasmissibilità<br />
relativi agli attrezzi esaminati è risultato<br />
che i valori di T F in bande di terzi d’ottava<br />
nella regione centrale dello spettro si mantengono<br />
sempre intorno all’unità.<br />
Martelli demolitori e rotoperforatori<br />
I guanti antivibranti attualmente in commercio<br />
non funzionano affatto sui martelli<br />
[13] , con valori di trasmissibilità T F riportati<br />
in tabella 4 che vanno da un minimo di 1,1<br />
Attrezzo<br />
Jonsered<br />
GR50<br />
Kaaz<br />
VRX540<br />
Tabella 2<br />
Stihl<br />
FS550<br />
T F T F T F T F T F<br />
1 0,1 0,5 0,6 0,2 0,7<br />
2 0,2 0,5 0,6 0,2 0,7<br />
3 0,2 0,6 0,7 0,4 0,6<br />
4 0,1 0,8 0,6 0,2 0,7<br />
ad un massimo di 1,9 corrispondenti ad<br />
amplificazioni dell’accelerazione globale<br />
equivalente ponderata pari, rispettivamente,<br />
al 10% e al 90%. Dai valori in<br />
frequenza della trasmissibilità relativi agli<br />
attrezzi esaminati è risultato che solo il<br />
guanto sperimentale 10 dà dei valori di T F<br />
in bande di terzi d’ottava che si mantengono<br />
sempre al di sotto dell’unità in tutto<br />
lo spettro di frequenze, giustificando il valore<br />
complessivo pari a 0,7 della trasmissibilità.<br />
A riprova di questo risultato sul campo,<br />
sono stati effettuati test in laboratorio su<br />
questo guanto con lo shaker elettrodinamico<br />
in modalità FDR e il valore di T L riportato<br />
nella tabella 5 ne ha confermato l’efficacia.<br />
Guanto<br />
Smerigliatrici palmari<br />
A conclusione di questa rassegna sperimentale,<br />
i dati riepilogativi dello studio effettuato<br />
sulle smerigliatrici palmari riportati nella<br />
tabella 6 mostrano che i guanti antivibranti<br />
hanno scarsa efficacia, con valori di trasmissibilità<br />
T F che vanno da un minimo di 0,6 a<br />
un massimo di 1,0 corrispondenti ad attenuazioni<br />
dell’accelerazione globale equivalente<br />
ponderata pari, rispettivamente, al<br />
40% e allo 0%. Dai valori in frequenza<br />
della trasmissibilità relativi agli attrezzi esaminati<br />
è risultato che in questo caso tutti i<br />
guanti esaminati hanno valori di T F in bande<br />
di terzi d’ottava che si mantengono sempre<br />
intorno all’unità fino a 400 Hz.<br />
La lieve discrepanza tra i valori ottenuti<br />
sul campo e quelli riprodotti con lo shaker<br />
per il guanto 10 è da addebitarsi al maggiore<br />
controllo che si ha in laboratorio dei<br />
parametri ambientali e posturali, oltre che<br />
della forza di prensione e di spinta. Il monitoraggio<br />
costante di questi parametri<br />
permette di ridurre la dispersione delle<br />
misure per singolo soggetto e tra soggetti<br />
diversi.<br />
Sedili antivibranti<br />
Nonostante non siano classificabili come<br />
DPI, i sedili possono costituire un valido<br />
presidio prevenzionistico in quanto, contrariamente<br />
ai guanti che, come abbiamo<br />
visto, attenuano assai poco le vibrazioni,<br />
per le loro caratteristiche meccaniche (dimensioni,<br />
spessori dei materiali di rivestimento,<br />
possibilità di inserire molle, ammortizzatori<br />
ad aria, a fluido ecc.) sono<br />
potenzialmente in grado di offrire notevoli<br />
attenuazioni delle vibrazioni meccaniche<br />
trasmesse dal pianale della macchina al<br />
corpo del conducente.<br />
Purtroppo, dall’esperienza sul campo del<br />
Laboratorio Agenti Fisici risulta che i sedili<br />
normalmente montati sui mezzi in commercio<br />
non sono generalmente adeguati<br />
allo scopo di ridurre le vibrazioni trasmesse<br />
Valori di trasmissibilità dei guanti antivibranti<br />
rilevati in campo sulle motoseghe<br />
Husqvarna<br />
262XP<br />
Husqvarna<br />
362XP<br />
Attrezzo<br />
Husqvarna<br />
365<br />
Tabella 3<br />
Jonsered<br />
2055T<br />
T F T F T F T F<br />
1 0,5 0,4 0,5 0,5<br />
2 0,5 0,5 0,5 0,5<br />
3 0,6 0,4 0,6 0,3<br />
4 0,5 0,7 0,7 0,5<br />
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20 settembre 2005 N. 18
SPECIALE<br />
IGIENE DEL LAVORO<br />
Osservatorio ISPESL Articolo<br />
al conducente; anzi, nell’intervallo 1 Hz ÷<br />
20 Hz amplificano, talvolta, anche di un<br />
fattore 23 e oltre le vibrazioni, con delle<br />
risonanze molto pericolose nella regione 2<br />
Hz – 4 Hz in cui il corpo umano è molto<br />
sensibile [12] . A titolo di esempio si riporta<br />
nella figura 1 la trasmissibilità in frequenza<br />
di un trattore di una casa molto diffusa sul<br />
mercato italiano. La trasmissibilità TR è data<br />
dal rapporto tra l’accelerazione equivalente<br />
ponderata misurata sul sedile e l’accelerazione<br />
equivalente ponderata misurata<br />
sul pianale del trattore lungo l’asse verticale<br />
(z).<br />
Il motivo di questo comportamento anomalo<br />
riscontrato su un elevato numero di<br />
sedili montati sulle principali categorie di<br />
macchine (trattori, macchine movimento<br />
terra, macchine industriali, mezzi di trasporto<br />
ecc.) risiede nel fatto che i progettisti e i<br />
costruttori di sedili non tengono conto della<br />
trasmissione delle vibrazioni al conducente<br />
nell’intervallo di frequenze igienisticamente<br />
rilevanti per la salute degli operatori. Anche<br />
le normative di prodotto per la verifica dell’efficacia<br />
delle sospensioni dei sedili nella<br />
riduzione delle vibrazioni verticali trasmesse<br />
al corpo dell’operatore risentono di questa<br />
lacuna. Attualmente, le uniche categorie di<br />
macchine regolamentate da questo punto<br />
di vista sono le seguenti:<br />
• trattrici agricole (direttiva europea n. 78/<br />
64/CEE modificata dalle direttive n. 83/190/<br />
CEE e n. 88/465/CEE); sono suddivise in<br />
due categorie A e B, per la prima la verifica<br />
della trasmissibilità dei sedili deve essere effettuata<br />
in laboratorio, per la seconda la<br />
verifica deve essere effettuata sul campo<br />
tramite piste di prova standardizzate;<br />
• le macchine movimento terra (Norma UNI<br />
EN ISO 7096:2002); sono suddivise in nove<br />
gruppi di macchine (autoribaltabili, motoruspe,<br />
caricatori, motolivellatrici, apripista, costipatori,<br />
terne, skidsteer loader) per le<br />
Tabella 4<br />
Valori di trasmissibilità dei guanti antivibranti rilevati in campo<br />
sui martelli demolitori e roto-perforatori<br />
Guanto<br />
Atlas<br />
Copco<br />
BBD12<br />
Atlas<br />
Copco<br />
RH571<br />
Attrezzo<br />
Atlas<br />
Copco<br />
TEX32<br />
Boheler<br />
B190<br />
1 1,3 1,6 1,5 1,7<br />
2 1,2 1,2 1,9 1,6<br />
3 1,1 1,1 1,3 1,3<br />
4 1,1 1,1 1,3 1,3<br />
Boheler BH16<br />
(ergonomico)<br />
10 0,7 0,7<br />
Tabella 5<br />
Valori di trasmissibilità dei guanti 2G sperimentali rilevati<br />
in laboratorio su uno spettro di martello pneumatico riprodotto<br />
e sugli spettri M e H di certificazione<br />
Guanto<br />
Shaker (FDR)<br />
T L<br />
TR M TR H<br />
9 0,6 0,9 0,6<br />
10 0,5 0,8 0,5<br />
quali la verifica della trasmissibilità dei sedili<br />
deve essere effettuata in laboratorio;<br />
• carrelli industriali (Norma UNI EN<br />
13490:2003); sono suddivisi in sette gruppi<br />
di macchine per le quali la verifica della<br />
trasmissibilità dei sedili deve essere effettuata<br />
in laboratorio.<br />
Ebbene, queste normative per la verifica<br />
della trasmissibilità delle vibrazioni dei sedili<br />
sul campo o in laboratorio stabiliscono dei<br />
requisiti prestazionali che nulla hanno a che<br />
fare con la valutazione dell’esposizione dei<br />
conducenti, con il risultato di amplificare in<br />
alcuni casi e non di attenuare le vibrazioni<br />
trasmesse al corpo, secondo la metodologia<br />
stabilita dalla norma sociale ISO 2631<br />
1:1997. Si tratta, quindi, di una palese contraddizione<br />
tra norme di prodotto e norme<br />
sociali che andrebbe rapidamente sanata in<br />
sede CEN e ISO.<br />
D’altra parte, le attuali tecnologie consentono<br />
di progettare e realizzare sedili<br />
antivibranti in grado di attenuare efficacemente<br />
le vibrazioni trasmesse dal pianale<br />
del mezzo, purché si tenga conto<br />
dell’accoppiamento meccanico tra macchina,<br />
sedile e operatore nelle situazioni<br />
reali generate in campo. Due sono, in<br />
generale, i sistemi di intervento per la<br />
riduzione delle vibrazioni trasmesse dal<br />
sedile, i sistemi cosiddetti passivi, basati<br />
sulla interposizione tra pianale e seduta<br />
del conducente di sistemi di attenuazione<br />
passiva delle vibrazioni trasmesse tramite<br />
molle elastiche, ammortizzatori<br />
idraulici o pneumatici; inoltre, cominciano<br />
a essere disponibili sul mercato anche<br />
sedili antivibranti che si basano sul controllo<br />
elettronico attivo delle vibrazioni<br />
(AVC, Active Vibration Control); essi si<br />
basano su un sistema elettronico che<br />
analizza le vibrazioni presenti sul pianale<br />
e genera in tempo reale un segnale<br />
uguale ma in controfase che, inviato a<br />
speciali attuatori elettromeccanici, annulla<br />
la vibrazione trasmessa alla seduta<br />
del conducente.<br />
Conclusioni<br />
Ora che esistono sul mercato guanti marca<br />
12] Per maggiori informazioni sull’argomento, si veda, di E. Marchetti, A. Pieroni, A. Lunghi e Pietro Nataletti, Seat effectiveness of<br />
industrial vehicles, in field tests and critical review of certification standards, Proc. 3 th Int. Conf. On Whole-Body Vibration Injuries,<br />
Nancy (France), 7-9 giugno 2005.<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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IGIENE DEL LAVORO<br />
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SPECIALE<br />
Tabella 6<br />
Valori di trasmissibilità dei guanti antivibranti rilevati in campo<br />
sulle smerigliatrici palmari mediati su 7 modelli diversi<br />
Guanto<br />
1 0,6<br />
3 0,9<br />
4 0,7<br />
5 0,8<br />
6 1,0<br />
7 0,7<br />
8 0,8<br />
ti CE classificati come antivibranti, è chiaro<br />
che, dopo aver esperito tutti i possibili interventi<br />
tecnici di prevenzione (primaria e secondaria),<br />
organizzativi e procedurali, il datore<br />
di lavoro può e deve fornire questo<br />
tipo di DPI, almeno a quei lavoratori esposti<br />
T F<br />
a livelli di vibrazioni trasmesse al sistema<br />
manobraccio superiori al limite di azione,<br />
pari ad A(8) = 2,5 ms 2 , come previsto dalla<br />
direttiva n. 2002/44/CE.<br />
Dai dati di efficacia sul campo sulle quattro<br />
tipologie di attrezzi riportati, risulta evidente<br />
che non è sufficiente che il guanto<br />
sia antivibrante per essere sicuri che questo<br />
garantisca una reale attenuazione delle<br />
vibrazioni trasmesse al palmo della mano<br />
dell’operatore. Il caso dei martelli è emblematico:<br />
si è visto come la maggior parte<br />
dei guanti antivibranti in commercio non<br />
attenuano, anzi, amplificano le vibrazioni<br />
a causa della risonanza dei materiali resilienti<br />
utilizzati per i rivestimenti interni nella<br />
regione di frequenze in cui i martelli<br />
emettono la maggior parte dell’energia<br />
meccanica.<br />
Occorrerebbe, a questo proposito, nell’ambito<br />
del rapporto di valutazione del<br />
rischio, una attenta stima da parte del datore<br />
di lavoro o del consulente tecnico dell’effettiva<br />
attenuazione garantita dal<br />
guanto, a partire dai valori di trasmissibilità<br />
TR in funzione della frequenza certificati<br />
dal costruttore e dallo spettro in frequenza<br />
dell’accelerazione trasmesso dall’attrezzo<br />
Valori di trasmissibilità del sedile di un trattore rilevati sul campo<br />
durante la lavorazione con attrezzi e in autodislocamento<br />
3.5<br />
Trattore Antares 100 con sedile tipo MT<br />
Figura 1<br />
3.0<br />
Indice di trasmissibilità - TRsg<br />
2.5<br />
2.0<br />
1.5<br />
1.0<br />
lenta-liscio-lavorazione-benna<br />
lenta-sconnesso-lavorazione-aratro<br />
lenta-sconnesso-scarico<br />
0.5<br />
0.0<br />
0.5<br />
1<br />
1<br />
2<br />
3<br />
5<br />
8<br />
13<br />
20<br />
32<br />
50<br />
80<br />
125<br />
200<br />
315<br />
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IGIENE DEL LAVORO<br />
Osservatorio ISPESL Articolo<br />
alla mano dell’operatore nelle reali condizioni<br />
d’uso.<br />
È necessario, quindi, che venga emanata<br />
una norma armonizzata [13] , analoga alla<br />
EN 458 (1993) per i protettori auricolari,<br />
che fornisca le linee guida per la selezione,<br />
l’uso, la cura e la manutenzione dei guanti<br />
antivibranti. In questo modo sarà possibile<br />
stimare con un metodo standardizzato la<br />
protezione offerta da un dato modello di<br />
guanti, a partire dai valori di trasmissibilità<br />
certificati, quando sono indossati nella<br />
conduzione manuale di un determinato<br />
strumento di cui si è rilevato lo spettro di<br />
vibrazione. Questa norma è tanto più necessaria<br />
se si tiene conto del fatto che, a<br />
differenza dei protettori auricolari, la trasmissibilità<br />
dei guanti, ovvero il grado di<br />
protezione, dipende in una certa misura<br />
dal soggetto che li indossa (caratteristiche<br />
antropometriche, postura, forza di prensione<br />
e di spinta ecc.). Inoltre, la norma<br />
dovrà stabilire i requisiti ergonomici per la<br />
selezione dei guanti, fattori molto importanti<br />
a parità di attenuazione. Basti pensare<br />
alla sensibilità tattile che devono garantire<br />
in mansioni che richiedono un’elevata<br />
manualità; oppure alla protezione termica<br />
e igrometrica che i guanti devono offrire in<br />
ambienti termici severi e/o umidi. In questi<br />
casi, tra l’altro, è fondamentale lasciare la<br />
scelta ultima dei guanti agli operatori che<br />
poi li dovranno indossare, come, tra l’altro,<br />
previsto espressamente dal D.Lgs. n. 626/<br />
1994 in generale per i DPI.<br />
Analogamente, anche nel caso dei sedili,<br />
è necessario che nell’ambito del rapporto<br />
di valutazione del rischio il datore di lavoro<br />
o il consulente tecnico effettui una attenta<br />
stima dell’effettiva attenuazione<br />
garantita dal sedile montato sul mezzo, a<br />
partire dai valori di trasmissibilità TR in<br />
funzione della frequenza certificati dal<br />
costruttore o di quelli ricavati sperimentalmente<br />
sul campo e dallo spettro in frequenza<br />
dell’accelerazione trasmesso dal<br />
pianale al sedile dell’operatore nelle reali<br />
condizioni d’uso. Appare valida la stessa<br />
analogia per quanto riguarda la necessità<br />
dell’emanazione in sede CEN di una norma<br />
armonizzata che fornisca le linee guida<br />
per la selezione, l’uso, la cura e la<br />
manutenzione dei sedili antivibranti, oltre<br />
alla necessaria armonizzazione delle norme<br />
di prodotto esistenti per la certificazione<br />
dei sedili con la norma sociale per la<br />
valutazione del rischio vibrazioni. In questo<br />
modo sarà possibile stimare con un<br />
metodo standardizzato la protezione offerta<br />
da un dato modello di sedile, a partire<br />
dai valori di trasmissibilità certificati,<br />
quando è montato a bordo di un determinato<br />
mezzo di cui si è rilevato lo spettro<br />
di vibrazione sul pianale. Sarà, inoltre,<br />
possibile sfruttare appieno le capacità di<br />
attenuazione delle vibrazioni consentite<br />
dai sedili e ridurre così significativamente<br />
il rischio di esposizione degli operatori addetti.<br />
l<br />
13] Si veda, di Pietro Nataletti, A. Lunghi, A. Pieroni, E. Marchetti, Anti-vibration gloves effectiveness: in field and laboratory tests and<br />
proposal for a new standard, Proceedings of 10 th International Conference on Hand-Arm Vibration, Las Vegas (USA), 2004.<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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57
Informazione<br />
commerciale<br />
Tecnologia e sicurezza:<br />
l’esperienza Bosch per la tutela dei lavoratori<br />
di Marco Arnaboldi, Service Elettroutensili, Robert Bosch S.p.a.<br />
Nell’ambito delle iniziative atte a migliorare la qualità, la sicurezza e l’uso di macchine che, proprio per le loro<br />
caratteristiche, producono vibrazioni al gruppo mano braccio, la nostra azienda ha sviluppato una linea innovativa di<br />
smerigliatrici progettate con l’obiettivo di contenere, il più possibile, le vibrazioni trasmesse all’operatore.<br />
Le smerigliatrici, nel novero delle famiglie che compongono gli elettroutensili, così come i martelli demolitori,<br />
producono probabilmente il più alto livello di vibrazioni proprio a causa delle lavorazioni svolte con questi<br />
apparecchi.<br />
Tenendo conto che il comparto delle smerigliatrici è quello a più alta diffusione e impiego la nostra azienda è<br />
intervenuta, in modo radicale, introducendo soluzioni costruttive nuove.<br />
Il primo intervento è stato quello di modificare radicalmente l’impugnatura supplementare interponendo un<br />
elemento smorzante atto a “tagliare le vibrazioni”.<br />
L’impugnatura vibration control è stata commercializzata dal 2001, primo brevetto al mondo, ed è impiegabile su tutti i<br />
modelli di smerigliatrici presenti sul mercato; l’attacco dell’impugnatura all’utensile è universale.<br />
Il suo impiego riduce fino all’80% le vibrazioni trasmesse alla mano dell’operatore.<br />
Forti dei risultati ottenuti si è poi adottata la medesima soluzione, pur con criteri tecnologici diversi, all’impugnatura<br />
principale.<br />
Attraverso questi interventi particolarmente innovativi, si è raggiunto l’obiettivo primario di abbattere le vibrazioni<br />
meccaniche, prodotte durante le lavorazioni e trasmesse all’operatore, specificatamente al gruppo mano braccio. Tali<br />
vibrazioni assumono particolare importanza nei disturbi e nelle patologie relative alle malattie professionali dei<br />
lavoratori; una di esse è il cosiddetto fenomeno di Raynaud o del dito bianco.<br />
Attraverso la collaborazione con la IEC Industrial Engineering Consultants di Torino abbiamo provveduto ad<br />
effettuare molteplici prove, sia a vuoto che a carico, per confermare, attraverso un laboratorio indipendente, i dati<br />
da noi rilevati in fase di progettazione delle macchine.<br />
Questi risultati sono particolarmente importanti e significativi e confermano la validità delle scelte intraprese<br />
dall’azienda.<br />
La tabella allegata riporta informazioni particolarmente significative tratte dalle analisi effettuate presso la IEC, quali:<br />
l i valori medi di vibrazioni calcolati per ogni macchina sottoposta ai test sulle impugnature laterali e posteriori;<br />
l le ore di lavoro consentite con una esposizione giornaliera a 5 m/sec 2 , livello limite di esposizione giornaliera<br />
previsto dalla direttiva 2002/44/CE.<br />
Se l’aspetto riguardante la riduzione delle vibrazioni trasmesse all’operatore è stato l’obiettivo primario, le tematiche<br />
relative alla sicurezza non sono state sottovalutate e, attraverso soluzioni atte a tutelare il lavoratore, si sono<br />
pienamente rispettati i dettami legislativi di cui al D.Lgs. n. 626/1994.<br />
Gli interventi adottati sulle smerigliatrici sono particolarmente evidenti ed importanti.<br />
Riepiloghiamo qui di seguito le migliorie introdotte:<br />
il freno elettromeccanico, presente dal 2003, denominato Break System è in grado di ridurre la velocità<br />
periferica del disco abrasivo da 280 km/h a 0 in 2,5 secondi (meccanismo brevettato). Questa soluzione ha portato a<br />
ridurre drasticamente i rischi di infortunio che possono essere provocati dal prosieguo della rotazione del disco a<br />
motore fermo.<br />
il coprimola del disco con sicurezza verticale evita che lo stesso possa scivolare sul disco in rotazione;<br />
l’avvio lento con limitatore di spunto evita i contraccolpi alla partenza della smerigliatrice;<br />
il meccanismo automatico di spegnimento del motore in caso di blocco del disco abrasivo, denominato<br />
Kick Back Stop, è derivato dalla tecnologia dei sistemi ABS e primo sistema applicato alle smerigliatrici. Questo
Informazione<br />
commerciale<br />
dispositivo di sicurezza è particolarmente importante per tutelare l’operatore nel caso in cui durante l’operazione di<br />
taglio il disco si blocchi nel materiale; la macchina, se sprovvista di questo dispositivo, inizia a girare in direzione<br />
opposta in meno di un secondo, scivolando via dalle mani con gravi rischi per l’operatore. Il suo funzionamento è<br />
molto simile a quello dei sistemi ABS impiegati per le autovetture; il microprocessore rileva una improvvisa<br />
diminuzione del numero dei giri e spegne immediatamente la macchina. Per il suo riavvio è necessario manualmente<br />
premere l’interruttore on/off. Il meccanismo Kick Back Stop, inoltre, riconosce se la macchina è soggetta ad un uso<br />
gravoso oppure se il disco si è bloccato così da evitare interventi inopportuni del dispositivo stesso. L’interruttore<br />
on/off è anche in grado di impedire l’azionamento accidentale nel caso di sospensione e ripristino dell’alimentazione<br />
elettrica. Gli interventi di cui sopra, particolarmente utili, raggiungono l’importante obiettivo di tutelare i lavoratori<br />
per consentire loro di svolgere le attività in tutta sicurezza.<br />
Marca<br />
Modello<br />
Potenza<br />
[W]<br />
Valori medi calcolati su tutte le prove<br />
svolte con dischi abrasivi BOSCH/SAIT<br />
Maniglia posteriore<br />
m/sec 2<br />
Maniglia laterale<br />
m/sec 2<br />
Esposizione<br />
giornaliera<br />
di 5 m/sec 2<br />
Ore di lavoro<br />
permesso<br />
BOSCH GWS 21-230 JHV 2100 5,21 5,64 6,30<br />
BOSCH GWS 24-230 JHV 2400 6,00 6,02 5,53<br />
METABO WX 23-230 2300 7,38 7,44 3,61<br />
DEWALT D 28750 2400 7,48 7,45 3,58<br />
MILWAUKEE AG 23-230 B 2300 7,66 6,94 3,41<br />
MAKITA 9096 2000 7,72 7,48 3,35<br />
MAKITA 9079 S 2100 6,66 7,80 3,28<br />
METABO W 23-230 2300 7,97 7,48 3,15<br />
DEWALT D 28432 C 2600 8,09 6,65 3,06<br />
MAKITA 9059 S 2500 8,88 7,10 2,54<br />
MILWAUKEE AGV 23-230 2300 8,99 7,60 2,48<br />
BOSCH GWS 26-230 JB 2600 9,02 5,32 2,46<br />
BOSCH GWS 24-230 JBX 2400 9,04 4,76 2,45<br />
BOSCH GWS 24-230 B 2400 9,22 5,78 2,36<br />
DEWALT D 28423 2400 9,50 8,03 2,21<br />
DEWALT D 28421 2000 9,72 9,47 2,12<br />
METABO WX 21-230 2100 9,73 8,23 2,11<br />
BOSCH GWS 21-230 H 2100 10,05 5,48 1,98<br />
MAKITA 9049 S 2300 10,07 8,88 1,97<br />
BOSCH GWS 24-230 JB 2400 10,23 5,21 1,91<br />
METABO WX 25-230 2500 10,36 8,48 1,86<br />
BOSCH GWS 20-230 H 2000 10,36 9,42 1,86<br />
DEWALT D 28411 2100 10,89 9,18 1,69<br />
DEWALT D 28401 2000 10,89 9,14 1,69<br />
DEWALT DW 490 2000 11,36 9,01 1,55
LA NUOVA NORMA<br />
UNI EN ISO 14001:2004<br />
Nel mese di dicembre 2004 UNI ha pubblicato la nuova edizione della norma UNI<br />
EN ISO 14001:2004 «Sistemi di gestione ambientale Requisiti e guida per l’uso» al<br />
termine di un processo di revisione iniziato nel 1999 nel corso del quale l’ISO/TC<br />
207 ha riconosciuto la validità della norma e l’applicabilità dei suoi requisiti a<br />
qualsiasi tipo di organizzazione e ha impostato la revisione del testo tenendo<br />
conto di questa premessa.<br />
La struttura del sistema di gestione ambientale secondo la ISO 14001:2004 risulta<br />
così sostanzialmente invariata rispetto all’edizione precedente della norma,<br />
conservandone gli stessi requisiti con modifiche di minore rilevanza, ma con un<br />
testo complessivamente più chiaro e maggiormente compatibile con la ISO 9001<br />
rispetto al passato.<br />
Tra i temi affrontati nell’Approfondimento:<br />
l l’impegno della direzione;<br />
l il rispetto delle leggi;<br />
l la valutazione della prestazione ambientale;<br />
l gli aspetti ambientali e le prescrizioni applicabili;<br />
l le competenze degli appaltatori.<br />
Inoltre, visto il notevole interesse suscitato dalla pubblicazione della nuova<br />
versione della norma UNI EN ISO 14001:2004 sui sistemi di gestione ambientale e<br />
in considerazione della richiesta proveniente da numerosi soggetti economico/<br />
sociali di avere indicazioni chiare sulle modifiche introdotte dalla norma UNI ha<br />
messo a punto il Rapporto tecnico UNI TR 11157:2005, un documento<br />
informativo che ha proprio lo scopo di fornire informazioni sulle differenze tra la<br />
nuova edizione della norma e la precedente edizione del 1996 e che, quindi, non<br />
può essere utilizzato per aggiungere, ridurre o modificare i requisiti della UNI EN<br />
ISO 14001.<br />
La riproduzione del documento UNI TR 11157:2005 è stata autorizzata da UNI<br />
Ente Nazionale Italiano di Unificazione, Via Battistotti Sassi 11/b 20133 Milano, tel<br />
02700241, fax 0270105992, diffusione@uni.com, www.uni.com<br />
A cura di<br />
Contributi di:<br />
• Stefano Sibilio<br />
• Paolo Piagneri<br />
• Daniele Pernigotti
CERTIFICAZIONE E QUALITÀ<br />
Articolo<br />
L'APPROFONDIMENTO<br />
Impegno della direzione, rispetto delle leggi<br />
e valutazione della prestazione ambientale<br />
di Stefano Sibilio<br />
coordinatore del Comparto UNI “Impresa&Società” e segretario della Commissione <strong>Ambiente</strong> dell’UNI<br />
UNI<br />
Impegno della direzione, rispetto delle leggi e valutazione della prestazione ambientale. Queste le tre parole chiave della<br />
nuova UNI EN ISO 14001:2004, seconda edizione della norma sui sistemi di gestione ambientale (SGA), che ha visto la luce,<br />
originariamente, nel 1996. In particolare, la norma presenta diverse possibilità di valutazione della conformità del sistema ai<br />
requisiti , da quella “di prima parte” fino a quella di terza, passando anche attraverso la verifica di seconda o terza parte di una<br />
attività di valutazione della conformità di prima parte. In ogni caso, alla serie di norme internazionali ISO/IEC 17000 è affidato il<br />
compito di garantire l’affidabilità, la veridicità, la trasparenza e, soprattutto, la credibilità per tutte le tipologie di valutazione<br />
della conformità; parimenti, le altre norme della serie ISO 14000 possono costituire utili supporti all’adozione di un SGA. Altra<br />
novità è il rafforzamento del ruolo della direzione dell’organizzazione che adotta un SGA, che deve mettere a disposizione le<br />
risorse per il miglioramento continuo ed è responsabile della fase finale del ciclo, il cosiddetto “riesame”; quest’ultimo<br />
elemento, insieme al coinvolgimento dei soggetti terzi, enfatizza ai massimi livelli l’attenzione ai risultati prestazionali. Grande<br />
rilevanza assume, poi, il rispetto delle leggi, punto sul quale la nuova norma prevede un sottopunto adhoc, il 4.5.2. Visti il<br />
notevole interesse suscitato dalla pubblicazione della nuova versione e in considerazione della richiesta proveniente da<br />
numerosi soggetti economicosociali di avere indicazioni chiare sulle modifiche introdotte dalla norma, la Commissione<br />
<strong>Ambiente</strong> dell’UNI e, in particolare, il gruppo di lavoro GL1 “Sistemi di gestione ambientale”, ha realizzato un documento di<br />
confronto tra i due testi, pubblicato con la sigla UNI/TR 11157 (rapporto tecnico UNI), disponibile gratuitamente agli indirizzi<br />
www.uni.com, www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com (sezione “Documentazione integrativa”) e www.professionisti24.ilsole24ore.com<br />
(Area “<strong>Ambiente</strong>”), oltre che a pagina 70.<br />
L’applicazione della norma<br />
e la valutazione della conformità<br />
Alla fine del 2004, l’UNI ha pubblicato la<br />
seconda edizione della norma UNI EN ISO<br />
14001 sui sistemi di gestione ambientale<br />
(SGA), con la novità editoriale di una versione<br />
bilingue con il testo inglese, di origine<br />
ISO (Organizzazione internazionale per la<br />
normazione), e quello italiano, consolidato<br />
nella traduzione ufficiale UNI, l’uno di fronte<br />
all’altro per permetterne il confronto anche<br />
al lettore.<br />
Questa pubblicazione, molto attesa dagli<br />
operatori interessati alla gestione ambientale,<br />
merita sicuramente qualche approfondimento:<br />
l sulle premesse alla base del processo di<br />
revisione del testo;<br />
l sulle modalità di revisione dello stesso;<br />
l sui relativi obiettivi;<br />
l su cosa realmente cambierà nell’applicazione<br />
di questa norma per il mercato nazionale,<br />
anche nell’intento di evitare interpretazioni<br />
scorrette, fughe in avanti, tentativi di puntare<br />
al “rialzo” o al “ribasso” a seconda dei<br />
diversi interessi.<br />
Riguardo ai tempi di pubblicazione e di applicazione,<br />
la norma ISO 14001:2004 in ambito<br />
internazionale è datata 15 novembre<br />
2004, giorno in cui è anche stata registrata<br />
per la sua adozione europea come EN ISO<br />
14001 presso il CEN (Comitato europeo di<br />
normazione) secondo l’accordo tra ISO e<br />
CEN che va sotto il nome di “Accordo di<br />
Vienna”. A partire da questa data, gli enti<br />
normatori europei, UNI per l’Italia, hanno<br />
avuto a disposizione sei mesi per il recepimento<br />
della norma nel proprio catalogo e il<br />
ritiro della versione precedente datata 1996,<br />
recepimento che, per le regole del CEN, è<br />
obbligatorio per tutti i Paesi membri.<br />
In Italia la scelta dell’UNI è stata quella di<br />
recepire nel minor tempo possibile la nuova<br />
norma, pubblicata come UNI EN ISO<br />
14001:2004 nel dicembre 2004, senza per<br />
questo ritirare immediatamente la precedente,<br />
in modo da consentire un passaggio graduale<br />
e non traumatico nell’adozione della<br />
norma da parte delle organizzazioni; per<br />
questo motivo, la UNI EN ISO 14001:1996 ha<br />
cessato di essere “in vigore” nel catalogo UNI<br />
dal mese di giugno 2005.<br />
Tutto questo da un punto di vista normativo;<br />
diversi sono, invece, i tempi della certificazione,<br />
che prevedono una transizione,<br />
dalle vecchie certificazioni a fronte della ISO<br />
14001:1996 alle nuove, complessivamente<br />
di un anno e mezzo (fino a maggio 2006),<br />
con casistiche diverse a seconda del proprio<br />
programma di visite da parte dell’organismo<br />
di certificazione, dalle regole dell’organismo<br />
stesso e dagli accordi tra certificatore e organizzazione<br />
certificata.<br />
Un primo approfondimento riguarda proprio<br />
la differenza tra applicazione delle<br />
norme e relativa certificazione. Si tratta<br />
infatti di due processi separati, il primo propedeutico<br />
per il secondo e non viceversa.<br />
Applicare una norma è una scelta volontaria<br />
che qualsiasi organizzazione può fare, chiederne<br />
la certificazione a un organismo<br />
esterno indipendente è una (la più diffusa,<br />
naturalmente) delle possibili modalità di valutazione<br />
della conformità del proprio siste<br />
62 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
20 settembre 2005 N. 18
L'APPROFONDIMENTO<br />
CERTIFICAZIONE E QUALITÀ<br />
Articolo<br />
Norme della serie ISO 14000 sulla gestione ambientale<br />
e della serie ISO/IEC 17000 sulla valutazione della conformità<br />
TABELLA 1<br />
Riferimento<br />
UNI EN ISO 14001:2004<br />
UNI TR 11157:2005<br />
UNI ISO 14004:2005<br />
UNI ISO 14050<br />
UNI EN ISO 19011<br />
UNI EN ISO 14031<br />
ISO/TR 14032<br />
ISO 14015<br />
ISO/TR 14061<br />
Sistemi di gestione ambientale, audit e indicatori di prestazione<br />
Titolo<br />
Sistemi di gestione ambientale Requisiti e guida per l’uso<br />
Sistemi di gestione ambientale Modifiche introdotte dalla UNI EN ISO 14001:2004 rispetto<br />
all’edizione precedente<br />
Sistemi di gestione ambientale Linee guida generali su principi, sistemi e tecniche di<br />
supporto<br />
Gestione ambientale Vocabolario<br />
Linee guida per gli audit dei sistemi di gestione per la qualità e/o di gestione ambientale<br />
Gestione ambientale Valutazione della prestazione ambientale Linee guida<br />
Gestione ambientale Esempi di valutazione della prestazione ambientale<br />
Gestione ambientale Valutazione ambientale di siti ed organizzazioni<br />
Gestione ambientale Informazioni di supporto per le organizzazioni forestali nell’uso<br />
delle norme ISO 14001 e ISO 14004 sui sistemi di gestione ambientale<br />
Asserzioni ambientali, valutazione del ciclo di vita e altri documenti relativi al prodotto<br />
Riferimento<br />
UNI EN ISO 14020<br />
UNI EN ISO 14021<br />
UNI EN ISO 14024<br />
ISO/TR 14025<br />
UNI EN ISO 14040<br />
UNI EN ISO 14041<br />
UNI EN ISO 14042<br />
UNI EN ISO 14043<br />
ISO/TR 14047<br />
ISO/TS 14048<br />
ISO/TR 14049<br />
ISO/TR 14062<br />
ISO Guide 64<br />
Riferimento<br />
Titolo<br />
Etichette e dichiarazioni ambientali Principi generali<br />
Etichette e dichiarazioni ambientali Asserzioni ambientali autodichiarate (Etichettatura<br />
ambientale di Tipo II)<br />
Etichette e dichiarazioni ambientali Etichettatura ambientale di Tipo I Principi e procedure<br />
Etichette e dichiarazioni ambientali Dichiarazioni ambientali di Tipo III<br />
Gestione ambientale Valutazione del ciclo di vita Principi e quadro di riferimento<br />
Gestione ambientale Valutazione del ciclo di vita Definizione dell’obiettivo e del campo<br />
di applicazione e analisi dell’inventario<br />
Gestione ambientale Valutazione del ciclo di vita Valutazione dell’impatto del ciclo<br />
di vita<br />
Gestione ambientale Valutazione del ciclo di vita Interpretazione del ciclo di vita<br />
Gestione ambientale Valutazione del ciclo di vita Esempi di applicazione della ISO<br />
14042<br />
Gestione ambientale Valutazione del ciclo di vita Formato della documentazione dei<br />
dati<br />
Gestione ambientale Valutazione del ciclo di vita Esempi di applicazione della ISO<br />
14041 per la definizione dell’obiettivo e campo di applicazione e l’analisi dell’inventario<br />
Gestione ambientale Integrazione degli aspetti ambientali nella progettazione e nello<br />
sviluppo del prodotto<br />
Guida per l’inclusione degli aspetti ambientali nelle norme di prodotto<br />
Valutazione della conformità (alcune norme di potenziale interesse per i SGA)<br />
Titolo<br />
UNICEIENISO/IEC17000 Valutazione della conformità Vocabolario e principi generali<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
63
CERTIFICAZIONE E QUALITÀ<br />
Articolo<br />
L'APPROFONDIMENTO<br />
UNICEIENISO/IEC17011 Requisiti generali per gli organismi di accreditamento che accreditano organismi di valutazione<br />
della conformità<br />
UNI CEI EN ISO/IEC Valutazione della conformità Dichiarazione di conformità rilasciata dal fornitore Parte<br />
1: Requisiti generali Parte 2: Documentazione di supporto<br />
170501 e 2<br />
UNI EN ISO/IEC 17040 Requisiti generali per la valutazione tra pari degli organismi di valutazione della conformità e<br />
degli organismi di accreditamento<br />
ISO/IEC Guide 66 Requisiti generali per gli organismi che operano la valutazione e la certificazione/registrazione<br />
dei sistemi di gestione ambientale<br />
Documenti ISO attualmente allo studio<br />
Riferimento<br />
Titolo<br />
ISO/DIS 14025 Draft di norma ISO 14025 sulle dichiarazioni ambientali di prodotto che sostituirà il TR<br />
14025<br />
ISO/DIS 14040 Draft di revisione delle norme della serie ISO 14040<br />
ISO/DIS 14044 Draft di revisione delle norme della serie ISO 14040<br />
ISO/DIS 14063 Draft di norma ISO 14063 sulla comunicazione ambientale<br />
ISO/DIS 14064 Draft di norma ISO 140641, 2 e 3 sui gas serra<br />
ISO/WD 14065 Draft di norma ISO 14065 sui requisiti per gli organismi di verifica dei gas serra<br />
ISO/IEC DIS 17021 Draft di norma ISO IEC 17021 che sostituirà le Guide ISO sui requisiti per gli organismi di certificazione<br />
dei sistemi di gestione<br />
Legenda:<br />
ISO (o ISO/IEC) = Norma internazionale<br />
EN = Norma europea<br />
UNI (o UNI CEI) = Norma nazionale<br />
TS = Specifica tecnica<br />
TR = Rapporto tecnico<br />
WD = Working Draft<br />
DIS = Draft International Standard<br />
ma di gestione ambientale rispetto ai requisiti<br />
della norma.<br />
Per questo motivo, l’obiettivo delle organizzazioni<br />
non dovrebbe essere in modo esclusivo<br />
la ricerca del certificato, ma l’adozione<br />
consapevole di una norma gestionale volontaria<br />
nell’ottica di migliorare la propria gestione<br />
ambientale, ridurre i propri costi e<br />
cogliere le opportunità di crescita e di maggiore<br />
competitività offerte da una gestione<br />
sistematica. È poi una conseguenza quasi<br />
naturale volerne dare visibilità e garanzia all’esterno,<br />
attraverso una certificazione indipendente<br />
che può fornire ulteriori vantaggi<br />
di immagine; tuttavia, spesso, questa logica<br />
viene capovolta e la certificazione diventa<br />
l’obiettivo unico, tanto da parlare spesso di<br />
“certificazione ambientale” e non più di gestione<br />
ambientale.<br />
Riguardo alle problematiche specifiche della<br />
valutazione della conformità del sistema<br />
ai requisiti della norma, la stessa UNI EN ISO<br />
14001 presenta, al suo primo punto, le diverse<br />
seguenti possibilità di valutazione della<br />
conformità di un SGA:<br />
l effettuare un’autovalutazione o un’autodichiarazione<br />
(attività di valutazione della<br />
conformità “di prima parte”);<br />
l richiedere la conferma della propria conformità<br />
ad altri soggetti che hanno un interesse<br />
nell’organizzazione stessa, come per<br />
esempio dei clienti (attività di valutazione<br />
della conformità “di seconda parte”);<br />
l richiedere a una parte esterna rispetto all’organizzazione<br />
la conferma della propria autodichiarazione<br />
(potrebbe trattarsi di una verifica<br />
di seconda o terza parte di una attività di<br />
valutazione della conformità di prima parte);<br />
l richiedere la certificazione/registrazione<br />
del proprio sistema di gestione ambientale<br />
presso un organismo esterno (attività di valutazione<br />
della conformità “di terza parte”).<br />
In ogni caso, le “regole” che il sistema volontario<br />
si è dato per garantire affidabilità,<br />
veridicità, trasparenza e, soprattutto, credibilità<br />
per tutte le tipologie di valutazione<br />
della conformità, sono riportate nella serie<br />
di norme internazionali ISO/IEC 17000 (si<br />
veda la tabella 1).<br />
La ISO 14001, applicabile in qualsiasi organizzazione,<br />
definisce i requisiti che andrebbero<br />
rispettati per strutturare un SGA, attuarlo<br />
in modo corretto, verificarlo periodicamente<br />
e migliorarlo in continuo. Proprio<br />
per garantire uniformità di applicazione<br />
in tutto il mondo e in tutti i settori del mercato,<br />
non soltanto ad aziende private, ma<br />
anche a organismi pubblici, la ISO 14001 è<br />
volutamente sintetica nella presentazione<br />
dei suoi requisiti e nella spiegazione fornita<br />
nell’appendice informativa della norma, evitando<br />
di calarsi troppo in un “vestito” che<br />
invece andrebbe cucito di volta in volta da<br />
chi deve applicare la norma nel proprio contesto<br />
lavorativo. Possono, però, costituire<br />
utili supporti all’adozione di un SGA le altre<br />
norme della serie ISO 14000 (si veda la tabella<br />
1), per esempio, la UNI ISO 14050,<br />
che definisce in modo univoco e chiaro i<br />
concetti che sottendono i termini utilizzati,<br />
la UNI EN ISO 14031, che fornisce un procedimento<br />
per valutare la propria prestazione<br />
ambientale, in modo da poter «misurare<br />
il miglioramento continuo» e, soprattutto,<br />
la UNI ISO 14004. Questa ultima è la norma<br />
storicamente nata in parallelo alla ISO<br />
14001, proprio per fornire maggiori indicazioni<br />
su come impostare un SGA, con esem<br />
64 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
20 settembre 2005 N. 18
L'APPROFONDIMENTO<br />
CERTIFICAZIONE E QUALITÀ<br />
Articolo<br />
Modello del sistema di gestione ambientale<br />
per la norma UNI EN ISO 14001:2004<br />
(Fonte: UNI EN ISO 14001:2004)<br />
Figura 1<br />
pi, consigli e chiarimenti, e che, così come la<br />
ISO 14001, è appena stata revisionata ed è<br />
ora disponibile anche in italiano in sostituzione<br />
della precedente edizione. Non si tratta<br />
di una norma utile a fini di certificazione,<br />
trattandosi di un documento che fornisce<br />
linee guida e, quindi, consigli non vincolanti<br />
a fini contrattuali, ma di un supporto utilissimo<br />
per costruire un buona gestione ambientale<br />
all’interno dell’azienda.<br />
Il processo di revisione<br />
della ISO 14001<br />
Riguardo alle premesse e agli obiettivi della<br />
revisione della ISO 14001, bisogna dire che<br />
la scelta concordata in sede ISO, sin dalle<br />
prime valutazioni e dall’approvazione della<br />
opportunità di revisionare la norma, è stata<br />
quella di confermare in pieno la struttura del<br />
SGA già definita dalla ISO 14001:1996, ritenuta<br />
valida e applicabile a qualsiasi tipo di<br />
organizzazione. Con questa scelta il sottocomitato<br />
internazionale ISO/TC 207/SC1<br />
“Environmental management system”, già<br />
responsabile dell’elaborazione della prima<br />
versione della ISO 14001, escludeva tutte le<br />
proposte di modifica ai requisiti della norma<br />
o di aggiunta di nuovi, indirizzando il processo<br />
di revisione esclusivamente sul miglioramento<br />
del testo, soprattutto in quei punti<br />
su cui si erano prodotte interpretazioni diverse<br />
e applicazioni discordanti, e sulla maggiore<br />
compatibilità strutturale e concettuale<br />
con la serie di norme ISO 9000 sui sistema di<br />
gestione per la qualità, in modo da rendere<br />
più semplice un’eventuale integrazione dei<br />
sistemi per le aziende interessate a costruire<br />
un unico sistema gestionale integrato.<br />
Riguardo ai contenuti, dunque, non è cambiato<br />
nulla di sostanziale; tuttavia, da un’analisi<br />
attenta del testo e soprattutto da un esame<br />
comparato dello stesso con quello precedente,<br />
alcune differenze significative emergono; è<br />
per questo motivo che nella Commissione<br />
<strong>Ambiente</strong> dell’UNI e, in particolare, nel gruppo<br />
di lavoro GL1 “Sistemi di gestione ambientale”,<br />
si è deciso di redigere un documento di<br />
confronto tra i due testi pubblicato con la sigla<br />
UNI/TR 11157 (rapporto tecnico UNI), riportatoa<br />
pagina 70 e disponibile gratuitamente anche<br />
agli indirizzi www.uni.com [1] , www.am<br />
[1] Allo stesso indirizzo è disponibile il catalogo on-line contenente l’elenco completo delle norme UNI. Il documento è anche presente<br />
agli indirizzi www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com e www.professionisti24.ilsole24ore.com (Area <strong>Ambiente</strong>).<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
65
CERTIFICAZIONE E QUALITÀ<br />
Articolo<br />
L'APPROFONDIMENTO<br />
bientesicurezza.ilsole24ore.com (sezione “Documentazione<br />
integrativa”) e www.professionisti24.ilsole24ore.com<br />
(Area “<strong>Ambiente</strong>”).<br />
Le modifiche che in UNI sono apparse più<br />
importanti (ma, come sempre, sarà la pratica<br />
e l’orientamento del mercato a dire se le<br />
previsioni degli esperti saranno o meno rispettate)<br />
sono ben commentate attraverso i<br />
contributi degli esperti più attivi nell’ambito<br />
del GL1 UNI.<br />
In via preliminare, alla luce di tutti i passaggi<br />
della revisione del testo della norma, è possibile<br />
sottolineare quali siano state le linee direttrici<br />
che hanno poi portato al testo finale.<br />
C’è stata grande soddisfazione in UNI nel notare<br />
che la revisione della norma ha effettivamente<br />
rispettato le indicazioni concordate in<br />
Italia come posizione nazionale, confermando<br />
un approccio corretto ed equilibrato tra<br />
rigidezza formale e flessibilità nell’applicazione,<br />
che ha contraddistinto, in questi anni, le<br />
scelte del sistema italiano della normazione,<br />
della certificazione, della pubblica amministrazione<br />
e, soprattutto, dell’imprenditoria,<br />
cioè di coloro che rappresentano i destinatari<br />
del lavoro degli altri soggetti. Senza dimenticare<br />
la società civile che, almeno nel caso<br />
delle organizzazioni non governative o comunque<br />
del mondo dell’associazionismo,<br />
sembra guardare di buon occhio alle pratiche<br />
volontarie di gestione ambientale, cercando<br />
quindi di trovare in esse garanzia di efficacia e<br />
di trasparenza.<br />
Queste linee direttrici si sono orientate, in<br />
particolare, verso un ruolo sempre più attento<br />
e impegnato da parte della direzione<br />
dell’organizzazione che adotta un<br />
SGA, che:<br />
l deve mettere a disposizione le risorse<br />
per il miglioramento continuo;<br />
l deve fare delle scelte in questo senso;<br />
l è responsabile della fase finale del ciclo,<br />
il “riesame”, che origina in seguito il miglioramento<br />
e un nuovo ciclo del SGA, e che,<br />
nella nuova norma, viene dettagliato ulteriormente.<br />
Del resto, essendo volontaria la<br />
scelta di adottare un SGA, è chiaro che<br />
questa scelta debba essere fortemente voluta<br />
dall’alta direzione.<br />
Altra caratteristica che permea il testo e che<br />
si ritrova in diversi punti della norma è la<br />
volontà di maggiore coinvolgimento di<br />
soggetti che operano insieme all’organizzazione,<br />
o per conto di essa, e che possono<br />
influire sulla prestazione della stessa (si veda<br />
oltre sul coinvolgimento degli appaltatori<br />
critici sia nella fase di pianificazione che di<br />
attuazione del SGA).<br />
Questi due elementi, l’impegno della direzione<br />
e il coinvolgimento dei soggetti<br />
terzi, vanno nella stessa direzione della<br />
massima attenzione ai risultati prestazionali.<br />
Se in certi casi il SGA è stato interpretato<br />
come uno strumento perfetto sulla<br />
carta, ma non nella sostanza, ora, invece,<br />
si rafforza la linea a favore di un SGA<br />
che mira al miglioramento delle prestazioni<br />
dell’azienda, senza il quale perde<br />
senso qualsiasi sforzo organizzativo e gestionale.<br />
Ciò è confermato anche dal tentativo<br />
di snellimento burocratico, ulteriore<br />
obiettivo dichiarato di questa revisione<br />
della norma, al fine di andare incontro<br />
alle esigenze delle piccole e medie imprese,<br />
che devono trarre giovamento da un<br />
SGA e non, al contrario, vederlo come un<br />
aggravio di sterile burocrazia. Ultimo, ma<br />
non meno importante, il rispetto delle<br />
leggi, su cui si insiste nella nuova norma<br />
prevedendo un sottopunto ad hoc, il<br />
4.5.2, precedentemente esplicitato all’interno<br />
del 4.5.1, contribuendo così a risolvere<br />
qualsiasi possibile dubbio su questo<br />
aspetto. È evidente che chi ha difficoltà a<br />
rispettare un insieme di leggi spesso complesso<br />
e non del tutto armonico può trovare<br />
nel SGA un aiuto importante proprio<br />
per raggiungere la sospirata conformità<br />
normativa. Ma è del tutto fuori luogo ritenere<br />
che all’interno di un SGA non vi sia<br />
un controllo attento ed efficace del rispetto<br />
delle leggi ambientali; sarebbe come<br />
adottare norme volontarie di gestione<br />
della sicurezza senza prima rispettare i<br />
dettami del D.Lgs. n. 626/1994. La normazione<br />
tecnica è proprio uno strumento<br />
per andare al di là della legge e per promuovere<br />
pratiche volontarie virtuose ed è<br />
del tutto evidente che il rispetto della legge<br />
non può essere altro che la base di<br />
partenza sulla quale strutturare il proprio<br />
SGA, costruire i propri obiettivi di miglioramento<br />
e poter così realmente misurare<br />
le proprie prestazioni ambientali in un<br />
percorso di crescita costante. l<br />
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20 settembre 2005 N. 18
L'APPROFONDIMENTO<br />
CERTIFICAZIONE E QUALITÀ<br />
Articolo<br />
Aspetti ambientali e prescrizioni applicabili<br />
nella nuova ISO 14001<br />
di Paolo Piagneri<br />
Servizio Ecogestione - Unione Industriale di Torino e membro del GL1 “Sistemi di Gestione Ambientale”<br />
della Commissione <strong>Ambiente</strong> dell’UNI<br />
UNI<br />
All’interno del modello di sistema di gestione ambientale (SGA) proposto dalla ISO 14001, che ruota intorno al flusso<br />
logico “conoscenza gestione monitoraggio miglioramento”, è possibile individuare alcuni temi di particolare<br />
rilevanza; tra questi, in particolare, gli aspetti ambientali, sui quali l’edizione 2004, riconfermando l’impostazione<br />
dell’edizione 1996, continua a lasciare alla singola organizzazione, in un’ottica di flessibilità, l’onere di definire la<br />
metodologia di definizione e le prescrizioni legali, sulle quali viene sottolineato come, una volta individuate e determinato<br />
come debbano essere applicate agli aspetti ambientali, debbono essere tenute in considerazione nell’ambito dello<br />
sviluppo del SGA.<br />
Altro punto rilevante è la riscrittura del punto «Politica ambientale» (4.2) e «Competenza, formazione e consapevolezza»<br />
(4.4.2), con la finalità di estendere quanto in precedenza richiesto per il “personale” (1996) a «tutte le persone che<br />
lavorano per l’organizzazione o per conto di essa» (punto 4.2, ed. 2004), adeguando così la norma alla sostanziale<br />
modifica del mondo del lavoro, intercorsa negli ultimi otto anni.<br />
La nuova edizione della norma ISO<br />
14001, pubblicata al termine del 2004,<br />
ribadisce, per quanto riguarda i punti relativi<br />
agli aspetti ambientali e alle prescrizioni<br />
applicabili, i concetti presenti nella<br />
precedente edizione, in coerenza con uno<br />
dei presupposti del processo di revisione<br />
che voleva i requisiti richiesti dalla norma<br />
immutati.<br />
Una riflessione sulla nuova formulazione<br />
dei due punti della norma può essere<br />
l’occasione per affrontare, anche alle luce<br />
delle esperienze applicative degli anni<br />
passati, uno dei passaggi chiave della logica<br />
alla base del modello di sistema di<br />
gestione ambientale (SGA) proposto dalla<br />
ISO 14001, che ruota intorno al flusso<br />
logico “conoscenza gestione monitoraggio<br />
miglioramento”:<br />
l Conoscenza Nell’accezione proposta<br />
dalla norma, consiste nell’avere una consapevolezza<br />
puntuale degli aspetti ambientali<br />
correlati alle attività, ai prodotti e ai servizi<br />
compresi nel campo di applicazione definito<br />
dall’organizzazione, nonché dei vincoli<br />
ambientali da rispettare che possono derivare<br />
sia dalla legislazione applicabile che da<br />
accordi volontari sottoscritti dall’organizzazione.<br />
l Gestione vuol dire attuare concretamente<br />
una prassi di prevenzione dell’impatto<br />
ambientale. Partendo cioè dalla conoscenza<br />
degli aspetti ambientali significativi e<br />
dei vincoli, si tratta di definire modalità operative,<br />
ruoli e responsabilità per tutti quei<br />
casi in cui omissioni o comportamenti difformi<br />
provocherebbero violazione dei vincoli<br />
o dei principi contenuti nella politica<br />
ambientale dell’organizzazione. Un tipo<br />
particolare di controllo ancora più spiccatamente<br />
preventivo è quello che si concretizza<br />
nella pianificazione della risposta alle<br />
emergenze ambientali in tutti quei casi in<br />
cui, in fase di analisi, venga evidenziata la<br />
possibilità di incidenti o emergenze con ripercussioni<br />
di carattere ambientale.<br />
l Monitoraggio è il terzo anello della<br />
catena, sempre a partire dalla conoscenza<br />
degli aspetti ambientali e dei vincoli,<br />
nonché dalle considerazioni relative<br />
alla specifica significatività; comporta la<br />
pianificazione di un’attività di verifica<br />
che permetta all’organizzazione di verificare<br />
le prestazioni ambientali e, di conseguenza,<br />
l’efficacia del proprio controllo<br />
gestionale.<br />
l Miglioramento in questa voce sono<br />
comprese tutte le attività e gli strumenti<br />
previsti dalla norma che a partire dai tre<br />
passaggi precedenti promuovono il miglioramento<br />
delle prestazioni del SGA.<br />
In particolare, sulla fase di conoscenza vale<br />
la pena di fare due considerazioni:<br />
l questa fase è propedeutica, dal punto di<br />
vista funzionale, a quelle successive; infatti,<br />
una volta individuati da un’organizzazione<br />
aspetti ambientali significativi e vincoli ambientali,<br />
ci si aspetta che questi siano gestiti<br />
e monitorati con adeguati strumenti di sistema.<br />
La qualità della conoscenza influenza<br />
la qualità di tutto il SGA;<br />
l la norma richiede che questa conoscenza<br />
non sia statica ma bensì dinamica, e cioè<br />
che si mantenga aggiornata nel tempo.<br />
Questo permette al SGA di evolversi in funzione<br />
delle modifiche degli aspetti ambientali<br />
significativi dell’impresa (nuove attività,<br />
prodotti, modifiche di organizzazione, variazione<br />
di materie prime), nonché della variazione<br />
dei vincoli esterni (nuove leggi ambientali,<br />
modifiche, prescrizioni legate a<br />
provvedimenti amministrativi, impegni assunti<br />
con clienti).<br />
Aspetti ambientali (4.3.1)<br />
La formulazione riconferma l’impostazione<br />
dell’edizione 1996, a proposito degli aspetti<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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67
CERTIFICAZIONE E QUALITÀ<br />
Articolo<br />
L'APPROFONDIMENTO<br />
ambientali delle proprie attività, prodotti e<br />
servizi all’interno del campo di applicazione<br />
definito che l’organizzazione può tenere<br />
sotto controllo e di quelli su cui può esercitare<br />
un’influenza.<br />
La norma continua a lasciare alla singola<br />
organizzazione, in un’ottica di flessibilità,<br />
l’onere di definire la metodologia con cui<br />
identificare gli aspetti ambientali e con cui<br />
definirne la significatività.<br />
Il tema degli aspetti ambientali su cui l’organizzazione<br />
può avere un’influenza ha<br />
generato un dibattito, in particolare, in<br />
relazione all’argomento dei beni e servizi<br />
utilizzati dalla organizzazione, tema che<br />
meriterebbe uno specifico approfondimento.<br />
Visto il collegamento logico, descritto in<br />
precedenza, che intercorre tra l’identificazione<br />
degli aspetti ambientali significativi e<br />
delle prescrizioni applicabili e il relativo controllo<br />
operativo, la chiave di lettura della<br />
questione può essere fornita dal dettato del<br />
punto norma 4.4.6, lettera c), che richiede<br />
la definizione di procedure concernenti gli<br />
aspetti ambientali significativi dei beni e dei<br />
servizi utilizzati dall’organizzazione, nonché<br />
la comunicazione ai fornitori, compresi gli<br />
appaltatori, delle procedure e dei requisiti a<br />
essi applicabili.<br />
Su questo argomento, in passato, l’equilibrio<br />
è stato trovato facilmente da chi ha<br />
operato con buon senso evitando interpretazioni<br />
di comodo. Una prassi frequentemente<br />
adottata dalle organizzazioni prevede<br />
un approccio che è possibile schematizzare<br />
in tre passaggi:<br />
l il primo prevede l’identificazione dei beni<br />
e servizi utilizzati dall’organizzazione che<br />
hanno ripercussioni su aspetti ambientali significativi<br />
sotto il profilo ambientale. È possibile<br />
citare fornitori di servizi, quali ad<br />
esempio:<br />
gli appaltatori operanti nel sito dell’organizzazione;<br />
i laboratori a cui vengono affidate analisi<br />
ambientali;<br />
i consulenti in materia ambientale;<br />
le imprese che effettuano nel sito manutenzioni<br />
ambientali;<br />
i fornitori di beni quali gli impianti finalizzati<br />
all’abbattimento delle emissioni o i reagenti<br />
utilizzati negli impianti di depurazione;<br />
…<br />
l il secondo prevede l’identificazione dei<br />
beni e servizi utilizzati dall’organizzazione<br />
sottoposti a vincoli legislativi applicabili all’organizzazione<br />
od oggetto di accordi volontari.<br />
Sempre a titolo di esempio, si può<br />
trattare di:<br />
fornitori di servizi quali gli smaltitori di<br />
rifiuti;<br />
tecnici a cui si affida la manutenzione di<br />
centrali termiche;<br />
vettori utilizzati per trasporti di merci sottoposte<br />
alla normativa ADR;<br />
tecnici abilitati al rilievo del rumore emesso<br />
nell’ambiente;<br />
esecuzione di analisi chimiche vincolate<br />
alla conformità a standard definiti;<br />
utilizzo di materie prime esenti da talune<br />
sostanze proibite per legge o per cui l’organizzazione<br />
ha assunto volontariamente impegni<br />
specifici;<br />
…<br />
l il terzo consiste nella definizione e nell’applicazione<br />
dei requisiti di acquisto per<br />
beni e servizi utilizzati dall’organizzazione<br />
ritenuti significativi sotto il profilo ambientale<br />
ai sensi dei due passaggi precedenti e,<br />
se ritenuto necessario, nella qualifica dei<br />
fornitori in funzione della capacità di soddisfare<br />
i requisiti definiti.<br />
Questo approccio, focalizzandosi sulle caratteristiche<br />
dei beni e servizi acquistati dall’organizzazione<br />
stimola la crescita di un’offerta<br />
di maggiore qualità ambientale senza<br />
interferire nella sfera di autonomia gestionale<br />
e organizzativa propria dei fornitori,<br />
permettendo di attuare azioni concrete, verificabili<br />
e in linea con la logica di mercato.<br />
Azioni che, però, salvaguardano il principio<br />
di volontarietà alla base della norma ISO<br />
14001 e di conseguenza favoriscono una<br />
diffusione “di qualità” dei sistemi di gestione<br />
ambientale.<br />
Prescrizioni legali<br />
e di altro tipo (4.3.2)<br />
Anche in questo caso, la nuova formulazione<br />
del punto norma ribadisce i concetti<br />
dell’edizione precedente, anche se viene<br />
sottolineato come, una volta che le prescrizioni<br />
ambientali applicabili siano state<br />
individuate dall’organizzazione e che sia<br />
stato determinato come le prescrizioni si<br />
applichino agli aspetti ambientali, queste<br />
debbono essere tenute in considerazione<br />
nell’ambito dello sviluppo del SGA.<br />
È, cioè, richiamato il flusso logico del SGA e<br />
il collegamento tra i punti norma 4.3.2 e il<br />
punto norma 4.4.6 relativo al controllo<br />
operativo. Una volta estrapolate le singole<br />
prescrizioni dalla legislazione applicabile,<br />
dagli atti amministrativi in possesso dell’organizzazione<br />
e dagli accordi volontari sottoscritti,<br />
il controllo operativo diventa lo strumento<br />
fornito dal SGA alle organizzazioni<br />
per gestire la conformità a questi vincoli.<br />
È necessario dire, sulla base dell’esperienza<br />
applicativa, che il SGA si è rivelato, sin<br />
dalle prime esperienze sperimentali, un<br />
ottimo strumento per presidiare la conformità<br />
legislativa [1] . In questo senso e anche<br />
in funzione della capillarità e della<br />
complessità del quadro nazionale dei vincoli<br />
ambientali, questo è stato uno dei<br />
maggiori benefici percepiti dalle imprese.<br />
A complemento di questo indirizzo la nuova<br />
edizione della norma ISO 14001 enfatizza<br />
maggiormente l’importanza della valutazione<br />
periodica del rispetto delle prescrizioni,<br />
già previsto nell’edizione precedente<br />
all’interno del punto norma 4.5.1,<br />
dedicando al requisito un punto norma autonomo<br />
e richiedendo la registrazione delle<br />
verifiche effettuate.<br />
Conclusioni<br />
I punti 4.3.1 e 4.3.2 della norma ISO 14001<br />
forniscono alle organizzazioni, per tutte le<br />
ragioni evidenziate, un utile strumento operativo,<br />
che permette di conoscere in modo<br />
sistematico e dinamico le relazioni tra attività,<br />
prodotti e servizi dell’organizzazione e<br />
l’ambiente in cui opera, nonché di presidiare<br />
e avere un atteggiamento proattivo nei confronti<br />
dei vincoli ambientali siano essi di fonte<br />
legislativa o volontaria.<br />
Anche su questo tema specifico, ma fondamentale,<br />
sulla base dell’analisi sopra esposta<br />
e dell’esperienza, ci si attende una transizione<br />
morbida verso la nuova edizione<br />
della norma, che potrà, tuttavia, essere occasione<br />
per le organizzazioni per consolidare<br />
i propri SGA.<br />
l<br />
[1] Sul tema si veda il contributo di S. Sibilio a pag. 62.<br />
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20 settembre 2005 N. 18
L'APPROFONDIMENTO<br />
CERTIFICAZIONE E QUALITÀ<br />
Articolo<br />
La competenza degli appaltatori<br />
nella UNI EN ISO 14001:2004<br />
a cura di Daniele Pernigotti, Aequilibria, Membro del GL1 “Sistemi di Gestione Ambientale” della Commissione<br />
<strong>Ambiente</strong> dell’UNI e delegato italiano ai lavori dell’ISO/TC 207<br />
Il processo di realizzazione delle norme volontarie pubblicate da organismi riconosciuti a livello internazionale<br />
(ISO) e nazionale (UNI) è basato sull’ottenimento del consenso dei vari soggetti che saranno in seguito<br />
interessati all’applicazione della norma stessa. Ne consegue che il contenuto della norma verrà sviluppato a<br />
partire dal contesto di riferimento esistente in quel determinato momento.<br />
Così per i Sistemi di Gestione aziendale in generale e, quindi, anche per quello Ambientale (SGA), è<br />
inevitabile che si presti particolare attenzione ai temi di organizzazione del lavoro e alla loro evoluzione nel<br />
tempo.<br />
È in quest’ottica che deve essere intesa la riscrittura dei punti «Politica ambientale» (4.2) e «Competenza,<br />
formazione e consapevolezza» (4.4.2) nella edizione del 2004 della ISO 14001, rispetto a quella del 1996.<br />
In sostanza, la variazione del testo ha esteso quanto in precedenza richiesto per il «personale» (ed. 1996) a<br />
«tutte le persone che lavorano per l’organizzazione o per conto di essa» (punto 4.2, ed. 2004).<br />
Andando oltre la semplice analisi comparata della modifica testuale, è possibile leggere la diversa formulazione<br />
adottata nella versione 2004 come un formale adeguamento della medesima prescrizione a una<br />
sostanziale modifica del mondo del lavoro, intercorsa in questi ultimi otto anni.<br />
Nello scorso decennio, quando venne pubblicata la vecchia versione della UNI EN ISO 14001, la realtà<br />
produttiva era decisamente diversa e i termini “interinale”, “terziarizzazione” e “flessibilità” probabilmente<br />
erano sconosciuti ai più o comunque non dell’uso comune che oggi contraddistingue le aziende del<br />
cosiddetto “mercato globale”.<br />
Un cambiamento di questa portata doveva necessariamente essere considerato nel processo di revisione<br />
della ISO 14001, anche perché molto spesso tra le attività e i servizi terziarizzati ricadono proprio quelli che<br />
hanno potenzialmente un maggiore impatto ambientale.<br />
È frequente, ad esempio, trovare imprese manifatturiere che affidano a ditte esterne la manutenzione degli<br />
impianti o la movimentazione interna dei propri rifiuti. Talvolta, ci si può addirittura trovare nella situazione<br />
in cui il personale di queste ditte di manutenzione, in precedenza dipendente della stessa impresa manifatturiera,<br />
viene trasferito in toto nella nuova ditta di servizi per scelte “strategiche”.<br />
In questo contesto è evidente l’importanza di coinvolgere anche il personale della ditta esterna di manutenzione<br />
nel SGA dell’impresa manifatturiera.<br />
Non avrebbe alcun senso tagliare fuori dal SGA figure così critiche per una corretta gestione delle problematiche<br />
ambientali, solo perché esterne all’organico pur continuando a svolgere le stesse importanti attività<br />
dal punto di vista ambientale in azienda.<br />
Ovviamente la situazione non è sempre così eclatante come nel caso precedentemente descritto e, per<br />
contro, non si deve cadere nell’errore di estendere in modo ottuso e indiscriminato la prescrizione relativa<br />
alla competenza a chiunque operi per nome e per conto dell’organizzazione, dovendo, invece, concentrare<br />
l’attenzione alle aziende critiche dal punto di vista ambientale.<br />
La richiesta «L’organizzazione deve assicurare che qualsiasi persona che esegua, per l’organizzazione stessa<br />
o per conto di essa, compiti che possono causare uno o più impatti ambientali significativi identificati<br />
dall’organizzazione, abbia acquisito la competenza necessaria» non lascia dubbi sulla necessità di coinvolgere<br />
nel proprio SGA chi svolge attività che possono comportare impatti ambientali significativi.<br />
Una volta individuati i soggetti che debbono essere competenti nello svolgere attività con una significativa<br />
ricaduta ambientale, è necessario decidere le modalità con cui ottenere la competenza richiesta.<br />
I percorsi ipotizzati possono focalizzarsi sulla sola istruzione, formazione o esperienza o essere articolati<br />
nelle diverse combinazioni delle stesse.<br />
Pertanto, la norma non obbliga necessariamente a erogare la formazione a tutti gli appaltatori critici per il<br />
SGA, come talora viene affermato, anche se questo percorso è sicuramente possibile ed efficace.<br />
In conclusione, è possibile ribadire che la nuova edizione del 2004 della UNI EN ISO 14001 non introduce<br />
niente più di quanto un approccio logico e attento richiedeva per gli appaltatori anche nell’applicazione<br />
dell‘edizione del 1996, ovvero che chi lavora per conto di un’azienda lo faccia con un livello di competenza<br />
minima reputata dalla direzione come “adeguata e necessaria” per svolgere attività per conto dell’azienda<br />
stessa, con un taglio della UNI EN ISO 14001 che, per l’ennesima volta, si dimostra estremamente pratico e<br />
orientato alla reale gestione dei problemi ambientali.<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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CERTIFICAZIONE E QUALITÀ<br />
Documento<br />
L'APPROFONDIMENTO<br />
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Documento<br />
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77
In occasione della Fiera AMBIENTELAVORO (Bologna, 13-15 settembre 2005)<br />
organizza il convegno nazionale<br />
DIRETTIVA CANTIERI RSPP<br />
Commenti alle sentenze per responsabilità derivanti dal D.Lgs. n. 494/1996,<br />
al D.Lgs. n. 195/2003 e alle sentenze per responsabilità del RSPP<br />
15 settembre 2005, ore 9 13<br />
Bologna, Quartiere fieristico, Sala F, Meeting Area<br />
Programma<br />
9.30 Registrazione partecipanti<br />
Moderatore: Donatella Bollani, redattore del quindicinale <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>, Il Sole 24 ORE<br />
10.00 Disamina del D.Lgs. n. 195/2003 (RSPP). Presentazione e commenti alle sentenze in materia di<br />
sicurezza ed igiene sul lavoro (DDLgs. 626/1994 e 494/1996), Pierguido Soprani, Avvocato<br />
11.00 Individuazione di strumenti operativi in relazione ai casi presentati, Nicola Belloni e Davide<br />
Biasco, Polistudio Spa Società di Ingegneria<br />
11.30 Dibattito<br />
13.00 Chiusura dei lavori<br />
Con la collaborazione di<br />
_______________________________________________________________________________________________<br />
Per maggiori informazioni: Polistudio Spa, Elena Bergamini, Tel. 04254728, info@polistudio.it,<br />
www.polistudio.it
IGIENE E SICUREZZA<br />
LEGISLAZIONE<br />
In breve<br />
ASSEGNA DI LEGISLAZIONE<br />
a cura di Marco Fabrizio, avvocato in Roma<br />
EUROPA<br />
CLASSI DI RESISTENZA AL FUOCO<br />
PER I PRODOTTI DA COSTRUZIONE<br />
Decisione della Commissione<br />
9 agosto 2005, n. 2005/610/CE<br />
«Decisione (2005/610/CE) della Commissione del 9<br />
agosto 2005 che determina le classi di reazione al<br />
fuoco di alcuni prodotti da costruzione» (G.U.C.E. L<br />
dell’11 agosto 2005, n. 208)<br />
La decisione della Commissione 9 agosto 2005, n. 2005/<br />
610/CE, reca, in allegato, tutti i prodotti da costruzione<br />
e/o i materiali che soddisfano tutti i requisiti della prestazione<br />
caratteristica “reazione al fuoco”, senza necessità<br />
di dover essere sottoposti a ulteriori prove, con<br />
pedisseque classi di appartenenza.<br />
ITALIA<br />
RACCORDI A PRESSARE PER RETI<br />
DI ADDUZIONE DI GAS<br />
Circolare del Ministero<br />
delle Attività produttive 27 luglio 2005<br />
«Utilizzazione di raccordi a pressare in reti di adduzione<br />
di gas per edifici civili» (G.U. del 2 agosto<br />
2005, n. 178)<br />
La circolare del Ministero delle Attività produttive 27<br />
luglio 2005, indirizzato alla Società di distribuzione gas<br />
negli edifici così come ai costruttori e importatori di<br />
raccordi a pressare per reti di adduzione gas per edifici<br />
civili, all’UNI e agli installatori di reti di adduzione di gas,<br />
ricorda come la norma UNI 11065 rilevi quale norma<br />
tecnica di riferimento per i raccordi a pressare in questione.<br />
La pedissequa norma tecnica per l’installazione<br />
è, invece, la UNI TS 11147, emanata nel febbraio 2005 e<br />
di efficacia triennale, in forza della quale questi raccordi<br />
potranno essere installati soltanto all’esterno degli edifici.<br />
La circolare identifica, peraltro, anche la norma belga<br />
NBN D 51003, versione febbraio 2005, quale ulteriore<br />
norma tecnica per le installazioni di raccordi da effettuare<br />
all’interno degli edifici.<br />
Tutti gli impianti di adduzione realizzati prima del febbraio<br />
2005 dovranno essere sottoposti a verifica secondo<br />
la norma UNI 111371, mentre per i raccordi a pressare<br />
utilizzati prima di questa data la circolare sollecita<br />
i produttori italiani o gli importatori a inviare una “Dichiarazione<br />
di aspettativa di vita della guarnizione utilizzata”<br />
, da inviarsi all’Ispettorato tecnico Ufficio 2,<br />
del Ministero delle Attività produttive.<br />
DETONATORI AD ACCENSIONE ELETTRICA<br />
Decreto del Ministero dell’Interno<br />
15 agosto 2005<br />
«Speciali limiti all’importazione, commercializzazione,<br />
trasporto e impiego di detonatori ad accensione<br />
elettrica a bassa e media intensità nonché all’impiego e<br />
al trasporto degli altri esplosivi di II e III categoria, ai sensi<br />
dell’articolo 8, comma 1, del decretolegge 27 luglio<br />
2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge<br />
31 luglio 2005, n. 155» (G.U. del 17 agosto 2005, n. 190)<br />
Il decreto del Ministero dell’Interno 15 agosto 2005 introduce<br />
una disciplina restrittiva in ordine alla fabbricazione,<br />
l’importazione, l’esportazione, la detenzione, la commercializzazione,<br />
la cessione a qualsiasi titolo, il trasporto<br />
e l’impiego di detonatori ad accensione elettrica a bassa<br />
e media intensità, nonché dei prodotti bicomponenti<br />
realizzati in confezioni portatili specificamente destinate<br />
alla realizzazione di esplosivi. D’ora in avanti (fino al 31<br />
dicembre 2007) queste attività saranno consentite soltanto<br />
per esigenze operative e di studio delle Forze armate e<br />
dei Corpi armati dello Stato. Fino al 31 ottobre 2005<br />
questi materiali potranno essere, comunque, utilizzati<br />
per attività di posizionamento e sparo qualora siano legittimamente<br />
detenuti in forza di autorizzazioni di polizia<br />
preesistenti al decreto e purché il brillamento avvenga<br />
secondo una procedura di controllo pubblico inserita<br />
per lo scopo. Decorso il suddetto termine, tutti i materiali<br />
non utilizzati dovranno essere distrutti o consegnati a un<br />
deposito delle Forze armate o di polizia o autorizzato dal<br />
prefetto, senza diritto ad alcun rimborso. Ulteriori restrizioni<br />
risultano, inoltre, inserite in tema di trasporto su<br />
strada di esplosivi destinati a impieghi civili.<br />
Il regolamento inserisce, infine, un sistema di marcatura<br />
dei detonatori elettrici a bassa e media intensità, finalizzato<br />
a migliorarne la tracciabilità, così come ulteriori prescrizioni<br />
che dovranno comparire, per legge, sulle licenze e<br />
autorizzazioni di polizia.<br />
l<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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81
LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
IL CASO<br />
di Pierguido Soprani, avvocato<br />
SICUREZZA SUL LAVORO NELLE P.A.:<br />
IL RUOLO E LA RESPONSABILITÀ<br />
DEGLI ORGANI DI INDIRIZZO POLITICO<br />
A seguito della riforma dell’assetto gestionale<br />
delle amministrazioni pubbliche, con conseguente<br />
affermazione del cosiddetto “principio<br />
della separazione” tra potere politico e potere<br />
gestionale, qual è l’ambito nel quale potere riconoscere<br />
la responsabilità, a titolo residuale, degli<br />
organi di indirizzo politico<br />
È noto che, con il varo del D.Lgs. n. 626/1994,<br />
entrato in vigore a regime definitivo il 1°<br />
gennaio 1997, l’individuazione della figura del<br />
datore di lavoro pubblico, a fini prevenzionali<br />
(problematica per molto tempo affrontata raramente<br />
ex professo e in profondità, sia dalla<br />
dottrina, sia dalla Giurisprudenza), ha acquisito<br />
un impulso via via sempre maggiore, anche<br />
per il fatto che questa nozione definita con<br />
valenza generale nell’art. 2, comma 1, lettera<br />
b), secondo periodo del D.Lgs. n. 626/1994, e<br />
convenzionalmente individuata con «il dirigente<br />
al quale spettano i poteri di gestione,<br />
ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale,<br />
nei soli casi in cui quest’ultimo sia<br />
preposto a un ufficio avente autonomia gestionale»<br />
non era codificata nel sistema normativo<br />
precedente.<br />
Allo stato attuale della legislazione, la responsabilità<br />
gestionale nell’ambito della Pubblica<br />
Amministrazione è affidata alla figura del dirigente<br />
pubblico, come definita in via generale<br />
nell’art. 4, comma 2, D.Lgs. n. 165/2001 (Testo<br />
unico del pubblico impiego), e nell’art. 107,<br />
D.Lgs. n. 267/2000 (Testo unico degli enti locali),<br />
in base ai quali, nell’ambito delle amministrazioni<br />
pubbliche, gli organi di governo (ed<br />
elettivi, ove esistenti) sono titolari dei poteri di<br />
indirizzo politicoamministrativo, di dotazione<br />
organica, strumentale ed economicofinanziaria,<br />
e delle funzioni di controllo dell’ente; ai<br />
dirigenti spetta invece la gestione finanziaria,<br />
tecnica e amministrativa delle risorse assegnate<br />
e la gestione del personale.<br />
Il principio della distinzioneseparazione tra la<br />
funzione di governo (riservata alla competenza<br />
dei vertici delle amministrazioni pubbliche)<br />
e la funzione di gestione (demandata agli organi<br />
burocratici dell’apparato amministrativo),<br />
assume una valenza fondamentale nella regolamentazione<br />
e nella delimitazione dei rispettivi<br />
ambiti di azione. Va detto ulteriormente<br />
che ai dirigenti pubblici è riconosciuta per<br />
diretta attribuzione di legge la titolarità degli<br />
stessi poteri di autonomia decisionale e di spesa<br />
propri dei datori di lavoro del settore privato,<br />
sintetizzati nel cosiddetto “potere di gestione”.<br />
Il fatto che, rispetto agli obiettivi, alle<br />
priorità, ai piani di programma e alle direttive<br />
generali fissati dagli organi di governo dell’ente,<br />
essi siano soggetti a un controllo di gestione<br />
e di risultato (e, dunque, esplichino un’azione<br />
che, sia pure impropriamente, potremmo<br />
definire “esecutiva”), non deve ingenerare<br />
equivoci; giacché questo rapporto di dipendenza<br />
funzionale vale solo e unicamente per<br />
gli obiettivi definiti a livello di azione politicoamministrativa,<br />
non anche per quegli altri<br />
obiettivi (tra cui quello della “tutela della sicurezza<br />
e della salute dei lavoratori sul luogo di<br />
lavoro”) che è la legge stessa (segnatamente il<br />
D.Lgs. n. 626/1994 e la restante normativa prevenzionale)<br />
a definire e a imporre, in maniera<br />
indifferenziata, a tutte le imprese pubbliche e<br />
private.<br />
Dall’esame della figura dei dirigenti pubblici si<br />
ricava, in definitiva, la chiara indicazione che,<br />
per quanto attiene all’adempimento degli obblighi<br />
di sicurezza e di salute, essi non hanno<br />
vincoli di subordinazione gerarchica e funzionale,<br />
né devono sottostare alla decisione di<br />
altri organi di governo dell’ente; i dirigenti<br />
pubblici, pertanto, non sono equiparabili ai<br />
“dirigenti” del settore privato, ma si caratterizzano<br />
piuttosto e come tali il D.Lgs. n. 626/<br />
1994 li qualifica (rectius, convenzionalmente li<br />
“intende”) come datori di lavoro. Resta fermo<br />
il poteredovere di controllo sul loro operato,<br />
nell’ambito di un sistema di valutazione<br />
interna, da parte degli organi di vertice di ciascuna<br />
amministrazione (cosiddetta valutazione<br />
della dirigenza), che discende più in generale<br />
dal rapporto di servizio che li lega all’ente.<br />
82 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
20 settembre 2005 N. 18
IGIENE E SICUREZZA<br />
LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />
È, dunque, ormai imprescindibile tener conto,<br />
nell’esame dell’assetto funzionale di tutte le<br />
amministrazioni pubbliche, e in particolare, di<br />
quello degli enti locali, della cennata distinzione<br />
tra organi di indirizzo politico, e organi di<br />
gestione finanziaria, tecnica e amministrativa.<br />
Il suddetto nuovo assetto organizzativo e funzionale<br />
degli enti pubblici fa sì che alcuni precedenti<br />
indirizzi giurisprudenziali, attributivi<br />
della responsabilità a titolo esclusivo o concorrente<br />
agli organi di indirizzo politico, siano<br />
divenuti ormai inattuali (si veda, tra le altre,<br />
Cass. pen., sez. III, 13 maggio 1994; Cass. pen.,<br />
sez. III, 4 febbraio 1992; Cass. pen., sez. III, 7<br />
novembre 1995; in particolare Cass. pen., sez.<br />
III, 24 febbraio 1993, secondo cui «In un comune,<br />
specialmente se piccolo, al sindaco compete<br />
dirigere, mentre all’assessore delegato spetta<br />
sovrintendere alle attività svolte dai lavoratori<br />
dipendenti nel cimitero comunale, sicchè<br />
entrambi sono responsabili in concorso tra loro<br />
delle infrazioni alle disposizioni antinfortunistiche<br />
poste a tutela dei lavoratori subordinati:<br />
il sindaco, quale destinatario ex lege dell’obbligo<br />
di prevenzione, può liberarsi dalla relativa<br />
responsabilità solo delegando specificamente<br />
all’assessore competente o ad altro sovrintendente<br />
il compito di osservare l’obbligo a lui<br />
incombente»).<br />
Ciò detto, è indubbio che, a seguito delle riforme<br />
della P.A. conclusesi con l’emanazione del<br />
D.Lgs. n. 267/2000 e del D.Lgs. n. 165/2001, la<br />
responsabilità degli organi di governo delle<br />
amministrazioni pubbliche (e ciò vale, ovviamente,<br />
anche in sede di applicazione della normativa<br />
prevenzionistica e di igiene del lavoro,<br />
e di attribuzione dei correlati profili di responsabilità)<br />
operi con valenza del tutto residuale.<br />
Peraltro, non può non considerarsi che il conferimento<br />
degli incarichi dirigenziali è di esclusiva<br />
competenza degli organi di governo di ciascuna<br />
amministrazione pubblica (art. 19, D.Lgs.<br />
n. 165/2001 e art. 50, D.Lgs. n. 267/2000), così<br />
come lo sono la verifica dei risultati dell’attività<br />
amministrativa e della gestione e, in caso di<br />
negatività dei risultati, l’adozione dei provvedimenti<br />
ablativi della revoca dell’incarico, dell’interdizione<br />
dal conferimento di ulteriori incarichi<br />
di livello dirigenziale, del recesso dal<br />
rapporto di lavoro (art. 21, D.Lgs. n. 165/2001).<br />
Ciò spiega come, già prima del varo della legislazione<br />
di riforma del pubblico impiego e delle<br />
autonomie locali, la Giurisprudenza riteneva<br />
sussistere, in capo agli organi di indirizzo politico<br />
e di governo dell’ente pubblico, una specifica<br />
posizione di garanzia (significativa sul tema<br />
è la pronuncia di Cass. pen., sez. III, 4 febbraio<br />
1992, secondo la quale «Il sindaco, delegando<br />
l’assessore all’uopo designato, gli trasferisce<br />
l’esercizio di poteridoveri nella materia<br />
delegata e, con essi, anche la responsabilità<br />
per la mancata adozione delle misure di prevenzione<br />
degli infortuni sul lavoro e per le<br />
relative contravvenzioni; tuttavia il sindaco,<br />
quale destinatario delle norme per la prevenzione<br />
degli infortuni sul lavoro ex art. 4 D.P.R.<br />
27 aprile 1955, n. 547, è responsabile delle contravvenzioni<br />
in materia, anche nel caso in cui<br />
abbia delegato l’esercizio dei poteri ad assessore<br />
all’uopo designato, quando sia stato, esso<br />
sindaco, personalmente sollecitato circa i pericoli<br />
che derivano agli interessati dalla mancata<br />
adozione delle misure di prevenzione degli infortuni<br />
sul lavoro e ciò nondimeno abbia<br />
omesso i poteri di autorità delegante di vigilanza,<br />
di direttive, e, al limite, di revoca della<br />
delega nei confronti dell’assessore delegato e<br />
comunque di intervenire per porre rimedio alla<br />
situazione di pericolo lamentata»).<br />
Dopo il varo del D.Lgs. n. 626/1994 e il contestuale<br />
avvio del cosiddetto “nuovo corso” della<br />
sicurezza, la Giurisprudenza della Cassazione si<br />
è pronunciata sul ruolo e sulla responsabilità<br />
degli organi di indirizzo politico in un’importante<br />
pronuncia (Cass. pen., sez. III, 27 marzo<br />
1998), inerente alla vicenda infortunistica di un<br />
dipendente comunale. Muovendo dalla considerazione<br />
che il sindaco (ma lo stesso vale <br />
mutatis mutandis per il presidente della Provincia)<br />
è il soggetto responsabile dell’amministrazione<br />
comunale, e in questa veste ha il dovere<br />
di «sovrintendere agli uffici ed alle istituzioni<br />
comunali, e di vigilare, dunque, a che gli<br />
amministratori ed i funzionari sottoposti<br />
adempiano ai compiti ed agli specifici obblighi<br />
istituzionali loro demandati», i Giudici di legittimità<br />
hanno affermato che, sebbene egli non<br />
sia tenuto a controllare personalmente ogni<br />
tipologia di intervento (per esempio, di ordinaria<br />
manutenzione) sul territorio e sugli edifici<br />
in carico gestionale all’ente, tuttavia «allorché<br />
sia informato delle inadempienze dei preposti<br />
alla ripartizione ed al servizio, proprio per la<br />
funzione apicale ricoperta nell’ambito dell’amministrazione<br />
comunale, ha l’obbligo di intervenire<br />
anche con provvedimenti disciplinari», e<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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83
LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
«perfino con il ritiro della delega ove le relative<br />
responsabilità siano imputabili anche all’assessore<br />
di riferimento». Il ragionamento consequenziale<br />
svolto dalla Cassazione è stato che,<br />
qualora il sindaco (come nel caso di specie), pur<br />
edotto della situazione di fatto, relativa alle<br />
«gravi e precarie condizioni igienicosanitarie<br />
dei locali», ometta di intervenire, rimanendo<br />
totalmente inerte nonostante le plurime sollecitazioni<br />
«a porre rimedio alla grave situazione<br />
di degrado lamentata», egli non è esente da<br />
responsabilità «a titolo di concorso con quella<br />
dei funzionari preposti alle ripartizioni competenti<br />
e degli assessori di riferimento, cui erano<br />
addebitabili le singole violazioni».<br />
Lo spunto di stimolante riflessione indotto dalla<br />
sentenza in esame, è che in capo al sindaco<br />
sussiste un dovere di attivazione e di intervento,<br />
in presenza di situazioni di mala gestio, da<br />
parte dei funzionari preposti alle ripartizioni<br />
competenti, da lui comunque conosciute. In<br />
che modo il sindaco sia tenuto a intervenire<br />
per ovviare alle situazioni antigiuridiche derivanti<br />
da violazioni penalmente rilevanti la Corte<br />
non lo ha detto, salvo il riferimento al possibile<br />
esercizio del potere disciplinare. Vediamo<br />
allora, prendendo il dictum della Cassazione a<br />
paradigma significativo, e riferendolo più in<br />
generale al ruolo degli organi di governo e di<br />
indirizzo politico degli enti pubblici, di fare il<br />
punto della situazione.<br />
In primo luogo è indubbio che il dovere di<br />
attivazione e di intervento degli organi di indirizzo<br />
politico dell’ente investa non solo le situazioni<br />
di illiceità penale conosciute, ma anche<br />
quelle doverosamente conoscibili. Infatti,<br />
la quasi totalità delle contravvenzioni in materia<br />
di prevenzione degli infortuni e di igiene<br />
del lavoro si caratterizza come reati omissivi,<br />
rispetto ai quali il legislatore, proprio al fine di<br />
condizionare positivamente all’azione i soggetti<br />
obbligati, ha connotato il precetto come<br />
“dovere di adempimento”. Se, dunque, sono le<br />
condotte omissive, negligenti di questo dovere<br />
a essere assoggettate a pena, ciò significa, sul<br />
piano comportamentale, che il fondamento<br />
della responsabilità è proprio l’inerzia rispetto<br />
al dovere di attivazione legislativamente imposto.<br />
Ma, trattandosi di responsabilità attribuita<br />
a titolo di colpa, ed essendo il fondamento<br />
della colpa la prevedibilità (non la previsione)<br />
dell’evento del reato, si deve fare riferimento<br />
non alla conoscenza effettiva, bensì alla mera<br />
conoscibilità (intesa quale doverepotere di conoscere).<br />
In secondo luogo va detto che, in applicazione<br />
dei principi generali in tema di imputazione<br />
della colpa nei reati contravvenzionali omissivi,<br />
l’inerzia colpevole è misurata con il criterio del<br />
“consenso”. In presenza di una condotta omissiva<br />
tenuta di fronte a una situazione conoscibile<br />
e in contrasto con l’imposizione di legge, il<br />
consenso al permanere, al perdurare di questa<br />
situazione si trae per induzione, per inevitabile<br />
logica conseguenza, tanto più considerando<br />
che molte delle violazioni antinfortunistiche e<br />
di igiene del lavoro assumono la struttura di<br />
reati permanenti. Nel caso di specie il sindaco,<br />
«pur edotto da funzionari ed altri dipendenti<br />
delle gravi e precarie condizioni igienicosanitarie<br />
dei locali della polizia urbana» aveva<br />
omesso di intervenire; così come era «rimasto<br />
totalmente inerte dopo le numerose relazioni<br />
inviategli dagli ispettori della AUSL e perfino<br />
dopo gli incontri con le organizzazioni sindacali<br />
che più volte lo (avevano) sollecitato a porre<br />
rimedio alla grave situazione di degrado<br />
lamentata». La condivisibile conclusione a cui è<br />
giunta la Corte di cassazione, di ipotizzare<br />
«una responsabilità del sindaco a titolo di concorso<br />
con quella dei funzionari preposti alle<br />
ripartizioni competenti e degli assessori di riferimento,<br />
cui erano addebitabili le singole violazioni»,<br />
concerne ovviamente quel particolare<br />
profilo di responsabilità, codificato nell’art. 40,<br />
comma 2, del Codice penale («Non impedire<br />
un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire,<br />
equivale a cagionarlo»), conseguente<br />
all’assunzione di una posizione di “garanzia”<br />
che l’ordinamento assegna a un soggetto per<br />
la tutela del bene o dell’interesse protetto dalla<br />
norma che si assume violata.<br />
Considerando che, negli enti locali, sono gli<br />
organi di governo quelli a cui, nell’esercizio<br />
delle funzioni attribuitegli dalle leggi, dallo<br />
statuto e dai regolamenti, compete la nomina<br />
dei responsabili degli uffici e dei servizi, l’attribuzione<br />
e la definizione degli incarichi dirigenziali<br />
e di quelli di collaborazione esterna, nonché<br />
il poteredovere di controllo e di verifica<br />
dell’attività di gestione, siffatte prerogative<br />
funzionali appaiono idonee a ingenerare<br />
un’esposizione al profilo della responsabilità<br />
concorrente, riconducibile alla previsione del<br />
secondo comma dell’art. 40 del Codice penale.<br />
In fondo non si tratta che di trasporre alcuni di<br />
84 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
20 settembre 2005 N. 18
IGIENE E SICUREZZA<br />
LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />
quei principi che presiedono all’istituto della<br />
delega e che ne costituiscono, anzi, secondo<br />
l’insegnamento Giurisprudenziale, requisiti essenziali.<br />
Tra questi quello per il quale il delegante<br />
non deve essere a conoscenza dell’inefficienza<br />
del delegato ed è, altresì, tenuto a predisporre<br />
un sistema di controllo e di verifica<br />
periodica della sua attività. Tanto della prima<br />
condizione (principio di “non connivenza” o di<br />
“non acquiescenza”), quanto della seconda<br />
(principio dell’assenza di “culpa in vigilando”)<br />
è stata data chiara indicazione da parte della<br />
Giurisprudenza.<br />
Il dato di sintesi è, dunque, che, nel settore<br />
della normativa di prevenzione degli infortuni<br />
e di igiene del lavoro, il profilo di responsabilità<br />
degli organi di indirizzo politico degli enti<br />
pubblici, quali figure apicali di ciascuna amministrazione<br />
pubblica, può essere fondato, indipendentemente<br />
dall’esistenza di una delega,<br />
nella condotta di mancato assolvimento di<br />
quel poteredovere di controllo che li obbliga,<br />
di fronte alle situazioni antigiuridiche doverosamente<br />
conoscibili, a intervenire per porvi<br />
tempestivo rimedio. Il contenuto della censura<br />
mosso dalla Cassazione al sindaco nella vicenda<br />
infortunistica de qua (di non essere intervenuto<br />
«anche con provvedimenti disciplinari»)<br />
sembra poi escludere che si tratti di un dovere<br />
di controllo sostitutivo; come dire che non<br />
spetta in ogni caso all’organo di governo (qual<br />
è, per esempio, il sindaco o il presidente della<br />
Provincia) di sostituirsi personalmente al dirigente<br />
o al funzionario pubblico inadempiente;<br />
dovendosi invece più efficacemente richiamarlo<br />
ai propri doveri (anche attraverso<br />
l’esercizio del potere disciplinare), ovvero<br />
provvedere alla sua rimozione dall’incarico<br />
(con altra destinazione funzionale) e alla sua<br />
sostituzione.<br />
Questa posizione di “garanzia” e di “controllo”<br />
trova ora esplicito riconoscimento e amplificazione<br />
nell’art. 20, comma 2, D.Lgs. n. 758/<br />
1994. Questa norma, con lo stabilire, nell’ambito<br />
del meccanismo sanzionatorio applicabile<br />
alle contravvenzioni alla normativa di prevenzione<br />
degli infortuni e di igiene del lavoro, che<br />
«Copia della prescrizione è notificata o comunicata<br />
anche al rappresentante legale dell’ente<br />
nell’ambito o al servizio del quale opera il contravventore»,<br />
ha infatti la finalità di «mettere<br />
in mora» il vertice dell’ente, affinché si attivi<br />
tempestivamente per porre rimedio alla violazione<br />
commessa dai suoi delegati, a fini di regolarizzazione.<br />
Per di più, con il meccanismo<br />
della notifica del verbale di prescrizione, la situazione<br />
antigiuridica non è più solo conoscibile<br />
ma addirittura conosciuta; in modo che,<br />
se, ciò nonostante, nulla si faccia per rimuoverla,<br />
la condotta omissiva potrebbe essere addirittura<br />
valutata sotto il profilo della cosiddetta<br />
“colpa cosciente”, la quale si caratterizza, come<br />
già detto, per l’avere il reo «agito nonostante<br />
la previsione dell’evento».<br />
La notifica al rappresentante legale ha, dunque,<br />
il senso di renderlo, se non partecipe, almeno<br />
garante funzionale dell’attuazione degli<br />
adempimenti imposti dalla “prescrizione” impartita<br />
dall’organo di vigilanza e ciò in ragione<br />
dei suoi specifici poteri decisionali, anche di<br />
ordine economico, all’interno dell’impresa.<br />
Dunque se il legale rappresentante dell’ente<br />
pubblico dovesse rimanere colposamente inerte<br />
e non intervenire (al più tardi allo scadere<br />
del termine fissato dall’organo di vigilanza) a<br />
controllare l’adempimento della prescrizione<br />
da parte del dirigente/funzionario contravventore,<br />
nonché a sostituirvisi in caso di sua inerzia,<br />
non potrà non assumere anch’egli la responsabilità<br />
del protrarsi della situazione antigiuridica<br />
e anche delle eventuali conseguenze<br />
lesive che, in caso di infortunio sul lavoro o di<br />
malattia professionale, si possano verificare,<br />
determinando in questo modo il sorgere a suo<br />
carico di un profilo autonomo di colpa per<br />
omesso impedimento dell’evento dannoso (ex<br />
art. 40, c.p.v., c.p.).<br />
Nel tempo la Giurisprudenza ha confermato<br />
l’impostazione che fa leva sul ruolo di garanzia<br />
degli organi di indirizzo politico. Tra le pronunce<br />
più significative, per lo più attinenti a<br />
vicende giudiziarie in cui veniva in gioco il profilo<br />
di responsabilità degli organi comunali,<br />
possiamo citare quella di Cass. pen., sez. III, 23<br />
febbraio 1999, secondo cui «In tema di norme<br />
per la prevenzione dagli infortuni non si può<br />
ascrivere al sindaco, anche se di un comune di<br />
modeste dimensioni, quale organo politico,<br />
ogni violazione di specifiche norme antinfortunistiche,<br />
quando esse non si riferiscono a carenze<br />
strutturali, addebitabili ai vertici dell’ente,<br />
e quando esista un apposito ufficio tecnico,<br />
con relativo dirigente ad esso preposto, deputato<br />
ex lege alla vigilanza e controllo del patrimonio<br />
immobiliare del comune. Sussisterà responsabilità<br />
per il sindaco solo se risulti che<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
questi fosse a conoscenza della situazione antigiuridica,<br />
e ciò nondimeno abbia omesso di<br />
intervenire, con i suoi autonomi poteri, per<br />
porvi rimedio», e quella di Cass. pen., sez. III,<br />
28 luglio 2000, per la quale «In materia di prevenzione<br />
infortuni ed igiene sul lavoro nell’ambito<br />
di un ente pubblico territoriale, quale<br />
un Comune, attesa la posizione di garanzia del<br />
Sindaco e degli assessori la delega di funzioni<br />
in favore di altri soggetti, quale il dirigente<br />
o il funzionario preposto, assume valore, al<br />
fine di escludere la responsabilità in capo ai<br />
deleganti, solo ove gli organi elettivi siano incolpevolmente<br />
estranei alle inadempienze del<br />
delegato, e non siano neppure stati informati<br />
di tali inadempienze, così da escludere un atteggiamento<br />
di inerzia e di colpevole tolleranza».<br />
Più recentemente la Corte di cassazione è<br />
intervenuta nuovamente sul tema (Cass. pen.,<br />
sez. III, 15 gennaio 2001), affermando che «In<br />
tema di norme per la prevenzione dagli infortuni,<br />
non si può ascrivere al dirigente ogni violazione<br />
di specifiche norme antinfortunistiche<br />
atteso che, sebbene l’art. 2, lett. b), seconda<br />
parte, D.Lgs. n. 626/l 1994, individua la nozione<br />
di datore di lavoro pubblico nel dirigente al<br />
quale spettano i poteri di gestione, l’art. 4,<br />
comma 12, D.Lgs. citato ribadisce il principio<br />
fondamentale in materia di delega di funzioni<br />
secondo cui, attesa la posizione di garanzia<br />
assunta dal Sindaco e dagli assessori in materia<br />
di prevenzione, la delega in favore del dirigente<br />
assume valore solo ove gli organi elettivi e<br />
politici siano incolpevolmente estranei alle inadempienze<br />
del delegato e non siano stati informati,<br />
assumendo un atteggiamento di inerzia<br />
e di colpevole tolleranza. (Nella specie la<br />
Corte ha ritenuto corretta la decisione dei giudici<br />
di merito i quali avevano affermato, oltre<br />
quella del dirigente che non si era avvalso dei<br />
dipendenti comunali per effettuare le opere<br />
minimali necessarie, anche la responsabilità<br />
penale del Sindaco il quale, messo a conoscenza<br />
delle violazioni esistenti e delle misure da<br />
adottare, non aveva provveduto a richiedere le<br />
necessarie variazioni in bilancio per una partita<br />
relativa a poche opere provvisionali e neppure<br />
azionato i poteri di impegnativa di spese del<br />
cd. fondo di riserva)». Risultano conformi le<br />
pronunce di Cass. pen., sez. III, 7 agosto 2001,<br />
di Cass. pen., sez. III, 20 febbraio 2002, e di<br />
Cass. pen., sez. III, 9 gennaio 2003.<br />
Oltre a condotte di colpevole inerzia rispetto a<br />
situazioni antigiuridiche conosciute o conoscibili,<br />
la responsabilità degli organi di governo<br />
degli enti pubblici può trovare giuridico fondamento<br />
in condotte di ingerenza nelle aree<br />
esposte alla sanzione penale. L’ingerenza quale<br />
meccanismo di autoassunzione di responsabilità<br />
è un fenomeno noto nel campo della responsabilità<br />
colposa, giacché uno dei requisiti di efficacia<br />
della delega di funzioni è proprio il divieto<br />
di ingerenza (o dovere di astensione) del<br />
delegante nell’attività oggetto di delega. Ma vi<br />
sono anche condotte di autonoma ingerenza<br />
che prescindono pur essendo svincolate dallo<br />
schema della delega, producendo anch’esse il<br />
“fenomeno” giuridicamente rilevante della responsabilità<br />
cosiddetta “per assunzione”.<br />
In linea generale, l’area della responsabilità per<br />
assunzione è conseguente a una condotta di<br />
volontaria e consapevole ingerenza in un’area<br />
funzionale esposta al profilo della responsabilità<br />
penale, e può comportare, con riguardo al<br />
tema trattato in questa sede, il sorgere di responsabilità<br />
in capo all’organo di indirizzo politico<br />
dell’ente pubblico, ogniqualvolta egli assuma<br />
atti di contenuto tecnico gestionale.<br />
Sebbene la responsabilità “per assunzione”<br />
debba essere valutata con estremo rigore fattuale<br />
(si veda, per tutte, la pronuncia di Cass.<br />
pen., sez. IV, 24 giugno 2000), nondimeno, nel<br />
diritto penale del lavoro applicato agli enti pubblici,<br />
l’ingerenza dell’organo di indirizzo politico<br />
è tendenzialmente un fattore per l’imputazione<br />
al medesimo della responsabilità penale.<br />
È così che si può conclusivamente affermare<br />
che l’esame dell’assetto gestionale delle amministrazioni<br />
pubbliche, con particolare riferimento<br />
agli enti locali, induce alla doverosa<br />
“presa d’atto” che la separazione tra potere<br />
politico e potere gestionale, con l’attribuzione<br />
ai dirigenti pubblici di tutti i compiti di attuazione<br />
degli obiettivi e dei programmi definiti<br />
con gli atti adottati dagli organi di governo e<br />
di indirizzo politico, è stata ormai portata a<br />
compimento ed è divenuta principio informatore<br />
di tutta l’organizzazione e l’azione delle<br />
amministrazioni pubbliche, al fine di consentire<br />
a tutti gli enti, indipendentemente dalle dimensioni,<br />
di «gestire in modo flessibile» come<br />
afferma la circolare del Ministero dell’Interno<br />
n. 1/1997 «in relazione alle proprie peculiarità<br />
e caratteristiche, il modello organizzatorio di<br />
cui hanno deciso di dotarsi».<br />
l<br />
86 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
20 settembre 2005 N. 18
IGIENE E SICUREZZA<br />
GIURISPRUDENZA<br />
Massime<br />
RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA<br />
a cura di Alessandro Jazzetti, avvocato<br />
MOBBING: L’INDENNIZZO NON È AUTOMATICO<br />
TAR Lazio,<br />
4 luglio 2005, n. 5454,<br />
Pres. Corsaro, Rel. Russo<br />
Malattie professionali - Elenco - Mobbing<br />
Ai sensi dell’art. 139 del D.P.R. n. 1124/1965, è<br />
obbligatoria per ogni medico, che ne riconosca<br />
l’esistenza, la denuncia delle malattie professionali,<br />
come indicate nell’elenco approvato<br />
con decreto del Ministro del Lavoro e delle<br />
Politiche sociali, di concerto con il Ministro<br />
della Salute. Ora, in virtù dell’art. 10, comma<br />
3, del D.Lgs. n. 38/2000, l’elenco ex art. 139<br />
può contenere anche liste di malattie di probabile<br />
o di possibile origine lavorativa, da tenere<br />
sotto osservazione ai fini della revisione<br />
delle tabelle di cui agli artt. 3 e 211 dello<br />
stesso D.P.R. n. 1124/1965. La lista II) del D.M.<br />
27 aprile 2004, emanato in forza dell’art. 10<br />
del D.Lgs. n. 38/2000, indica le malattie psichiche<br />
o psicosomatiche da costrittività organizzativa<br />
tra quelle a limitata probabilità d’origine<br />
lavorativa. Ebbene, è di tutta evidenza che<br />
detto D.M. non solo non legittima a posteriori<br />
la circ. INAIL n. 71/2003 giacché esso riguarda<br />
solo i casi ex art. 139 del D.P.R. 1124/1965 e<br />
non consente certo l’indennizzo automatico<br />
per i casi di mobbing contemplati, né tampoco<br />
in via generale ma soprattutto non ha altra<br />
funzione che quella della raccolta del dato<br />
epidemiologico, per verificare l’eventuale modificazione<br />
o integrazione di tali tabelle.<br />
Nota<br />
In relazione al sistema delle malattie professionali,<br />
si veda Cass. 10 dicembre 2001, n. 15591,<br />
secondo cui, a seguito della sentenza n. 179/<br />
1988 della Corte Costituzionale, si è instaurato<br />
un sistema di tutela delle malattie professionali<br />
di natura mista, uno tabellare e a rischio<br />
specifico, che prevede la tutela per determinate<br />
lavorazioni e per determinate malattie indicate<br />
nelle tabelle annesse al D.P.R. n. 1124/<br />
1965, in relazione alle quali il lavoratore si giova<br />
della presunzione legale del nesso eziologico<br />
tra l’attività lavorativa svolta e l’agente patogeno<br />
a cui egli è stato esposto; un altro non<br />
tabellare e a rischio generico, il quale consente<br />
e richiede al lavoratore di fornire la prova sia<br />
della esistenza della malattia sia delle caratteristiche<br />
morbigene della lavorazione svolta,<br />
sia, infine, del nesso eziologico tra questa e la<br />
tecnopatia.<br />
Il merito<br />
OBBLIGO DI INFORMAZIONE DEL LAVORATORE<br />
SOLO PER I RISCHI A CUI RISULTA ESPOSTO<br />
Tribunale di Bologna, 15 febbraio 2005, n.<br />
2853, Giudice Agrimi<br />
<strong>Sicurezza</strong> sul lavoro - Obbligo di informazione<br />
e formazione - Natura<br />
L’onere di formazione ed informazione da parte<br />
del datore di lavoro non può essere generico,<br />
ma deve esplicarsi in modo preciso e dettagliato<br />
in riferimento non solo al rischio ma anche<br />
alle specifiche misure e cautele alle quali<br />
conformare l’attività di lavoro così da coinvolgere<br />
gli stessi lavoratori nell’opera di prevenzione.<br />
Tale obbligo sussiste poi indipendentemente<br />
dall’esperienza specifica dei lavoratori e<br />
non può essere in nessun caso trasferito sugli<br />
stessi prestatori d’opera subordinati, beneficiari<br />
della tutela.<br />
Nota<br />
Si veda, in tema di obbligo di informazione, Corte<br />
di Cassazione, 19 gennaio 2005, n. 1238, Pres.<br />
Marzano, Rel. Brusco, secondo la quale il dovere<br />
di informazione concerne solo i rischi a cui è<br />
esposto il lavoratore nell’ambito delle sue specifiche<br />
mansioni (sia pure con riferimento alle<br />
operazioni a lui non direttamente affidate ma<br />
che comunque in qualche modo interessino la<br />
sfera di quelle), con esclusione, quindi, di ogni<br />
altro settore che comunque rimanga estraneo al<br />
campo di azione nel quale si esplicano le mansioni<br />
di sua specifica competenza.<br />
l<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
87
v a l u t a r e e g e s t i r e l ’ a m b i e n t e<br />
ESTIMO E<br />
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GRE5
AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />
RIFIUTI<br />
Documento<br />
Istituito un comitato paritetico sulle questioni legate all’interpretazione e all’applicazione<br />
Su controlli, qualità e comunicazione<br />
un Accordo tra Unionmaceri e Comieco<br />
a cura di Corrado Scapino, Presidente Unire Unione imprese recupero<br />
Il 27 maggio 2005 è stato siglato tra Comieco (Consorzio nazionale per il recupero ed il riciclaggio degli<br />
imballaggi cellulosici) e Unionmaceri (l’associazione dei recuperatori del macero aderente a FISE Unire Unione<br />
imprese recupero) un accordo per la valorizzazione del macero conferito alle piattaforme di recupero e avviato a<br />
riciclaggio presso le cartiere.<br />
Il nuovo testo (precedentemente ne era stato concluso un altro, con lo stesso oggetto, scaduto a febbraio 2001)<br />
ha l’obiettivo di definire un quadro di riferimento per gli operatori del recupero in relazione alle operazioni di<br />
accettazione e avvio a riciclaggio dei rifiuti di imballaggio a base cellulosica e della carta da macero nell’ambito<br />
dell’Accordo quadro AnciConai, sottoscritto il 14 dicembre 2004. I contenuti dell’Accordo, entrato in vigore il 1°<br />
giugno 2005, saranno proposti a tutti gli operatori del recupero del macero e riguardano sia le caratteristiche<br />
tecniche delle piattaforme sia l’adeguamento del corrispettivo per i servizi svolti sia altri aspetti come comunicazione<br />
dei dati, audit, ispezioni, certificazione di qualità, controllo dei ricevimenti da parte della piattaforma e<br />
gestione dei materiali estranei.<br />
Punto qualificante e innovativo è la previsione di un meccanismo ulteriore per garantire l’avvio a riciclo, ovvero la<br />
cessione graduale di quote del materiale alle piattaforme da parte delle cartiere. Ciò rappresenta un importante<br />
strumento per l’apertura del mercato; in questo modo, pur mantenendosi all’interno del sistema esistente<br />
regolato dall’Accordo quadro, il documento del 27 maggio 2005 “liberalizza” parte del materiale raccolto dal<br />
Comune nell’ambito della convenzione. Va detto che comunque, sempre in base al citato Accordo quadro, i<br />
Comuni sono liberi di trattenere le f.m.s. (carta grafica) del macero raccolto e di metterle sul mercato al di fuori<br />
della convenzione; a questo fine, le amministrazioni comunali dovranno scegliere in via definitiva entro il 30<br />
settembre 2005 l’opzione di convenzionamento con Comieco tra le due previste, ovvero:<br />
l’avvio a riciclaggio dei soli rifiuti di imballaggio provenienti da raccolta selettiva e da raccolta congiunta (previa<br />
separazione della carta grafica);<br />
l’avvio a riciclaggio della raccolta congiunta (imballaggi + carta grafica) e della raccolta selettiva, ove attivata.<br />
L’Accordo ComiecoUnionmaceri resterà in vigore fino alla scadenza dell’Accordo quadro; le parti hanno istituito<br />
un comitato paritetico per le questioni connesse alla sua interpretazione e applicazione.<br />
Accordo Unionmaceri-Comieco 27 maggio 2005<br />
Premesso che<br />
A) Il presente Accordo vuole rappresentare un elemento di<br />
continuità rispetto all’intesa precedente, sottoscritta tra le parti, in<br />
data 2 Febbraio 1999, alla luce delle novità tecnico-economiche<br />
introdotte dal rinnovato Accordo Quadro ANCI-CONAI e al relativo<br />
Allegato Tecnico ANCI-Comieco.<br />
B) Il presente Accordo ha l’obiettivo di definire un quadro di<br />
riferimento per gli operatori del recupero in relazione alle operazioni<br />
di accettazione e avvio al riciclaggio dei rifiuti di imballaggio a<br />
base cellulosica e della carta da macero, nell’ambito del suddetto<br />
Allegato Tecnico.<br />
C) La legislazione vigente prevede la garanzia del riciclo e del<br />
recupero degli imballaggi da parte dei produttori secondo criteri di<br />
efficacia, efficienza e economicità, oltre a specifici obiettivi di<br />
raccolta differenziata per i Comuni e la consistente diminuzione dei<br />
rifiuti biodegradabili smaltiti in discarica.<br />
D) In considerazione del costante incremento quantitativo delle<br />
raccolte di carta da macero, sia attuale che potenziale, si pone la<br />
necessità di ricercare nuove possibilità e opportunità di utilizzi<br />
industriali, tali da assorbire la suddetta crescita.<br />
E) In considerazione del fatto che raccolta e utilizzo industriale<br />
hanno dinamiche diverse, tali da suggerire un miglior utilizzo delle<br />
capacità logistiche esistenti sul territorio, le parti ritengono opportuno<br />
ricercare adeguate forme di collaborazione, per quanto di rispettiva<br />
competenza e nel rispetto delle specifiche professionalità.<br />
Le premesse sono parti integranti del presente<br />
Accordo<br />
1) Articolazione territoriale<br />
In sede di stipula della Convenzione Locale Comieco concorda<br />
con il convenzionato le piattaforme presso le quali conferire il<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
91
RIFIUTI<br />
Documento<br />
AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />
ateriale raccolto, secondo quanto previsto dall’Allegato Tecnico<br />
nci-Comieco.<br />
Nell’indicare le piattaforme, Comieco tiene conto delle indicaioni<br />
fornite dalle cartiere responsabili del riciclo del materiale<br />
accolto, fermo restando che la scelta delle piattaforme deve essere<br />
oncordata con il convenzionato.<br />
Il rapporto fra cartiera e piattaforma è regolato da appositi<br />
ccordi posti in essere fra costoro, anche in deroga a quanto previto<br />
nel presente Accordo.<br />
Le Piattaforme individuate sono indicate nella convenzione loale<br />
e l’individuazione si estende per tutta la durata della Convenione<br />
salvo richiesta di modifica e/o di inserimento di nuove Piattaorme,<br />
adeguatamente motivate.<br />
Ai sensi di quanto previsto dall’Allegato Tecnico Anci-Comieo,<br />
la piattaforma sottoscrive l’addendum della convenzione locale<br />
oncernente la gestione delle frazioni estranee.<br />
2) Caratteristiche delle piattaforme<br />
Al fine di favorire la crescita industriale del settore, sia sotto il<br />
rofilo qualitativo sia sotto quello quantitativo, si definiscono le<br />
aratteristiche minime per l’individuazione della piattaforma.<br />
Potranno essere previste deroghe a tali caratteristiche in contesti<br />
articolari e sotto il profilo logistico, fermo restando la necessità di<br />
ssicurare l’avvio a riciclo della raccolta.<br />
Si individuano 2 diversi livelli di piattaforma:<br />
- Livello 1) piattaforme senza impianto di selezione.<br />
- Livello 2) piattaforme con impianto di selezione.<br />
I bacini di riferimento per singola piattaforma vengono indiviuati<br />
secondo i seguenti parametri:<br />
- Piattaforma livello 1): fino a 300.000 abitanti la piattaforma<br />
ovrà avere una capacità di selezione di almeno 10.000 ton/anno;<br />
- Piattaforma livello 2): superiore a 300.000 abitanti la piattafora<br />
dovrà avere una capacità di selezione di almeno 20.000 ton/ano.<br />
Il possesso da parte della piattaforma di certificazione ai sensi<br />
elle norme ISO 9000, ISO 14000, EMAS costituisce titolo prefeenziale<br />
nella individuazione della piattaforma. Entro l’anno 2008<br />
utte le piattaforme aderenti ad Unionmaceri dovranno essere in<br />
ossesso di detta certificazione.<br />
Le parti concordano di studiare forme di incentivazione (ad<br />
sempio per mezzo di flussi di materiale) per le piattaforme che<br />
imostrino di effettuare investimenti nei seguenti settori: impiantistia<br />
ed automatizzazione dei processi di selezione e di cernita; gestioe<br />
in qualità; informatizzazione e gestione dei dati.<br />
3) Dati audit ed ispezioni<br />
Con cadenza almeno mensile le piattaforme provvederanno a<br />
ornire a Comieco e alle cartiere i dati relativi alle operazioni di cui<br />
i punti successivi; le procedure di comunicazione dei dati verranno<br />
oncordate nei contratti fra cartiera e piattaforma. La reiterata inoservanza,<br />
totale o parziale, di quanto precede può comportare l’inerruzione<br />
del rapporto con la cartiera.<br />
La piattaforma garantisce a Comieco e alle cartiere l’effettuaione<br />
delle verifiche qualitative, audit ed ispezioni necessarie nonhé<br />
il supporto operativo secondo le modalità definite a livello<br />
ocale.<br />
4) Servizio di selezione<br />
In funzione di quanto espresso al punto C) delle Premesse al<br />
resente Accordo, le Parti concordano sulla opportunità di effettuae<br />
operazioni di selezione e valorizzazione dei materiali raccolti, al<br />
ine di ottenere prodotti di qualità più facilmente utilizzabili dall’inustria<br />
cartaria.<br />
I servizi prestati dagli operatori del recupero convenzionati<br />
riguardano i seguenti elementi operativi:<br />
ð Ricevimento e controllo delle specifiche in ingresso<br />
ð Respinta dei conferimenti con frazioni estranee superiori ai<br />
limiti indicati dall’Allegato tecnico Anci-Comieco………<br />
ð Pesatura<br />
ð Tenuta delle evidenze contabili<br />
ð Selezione ai sensi della norma UNI EN 643<br />
ð Pressatura in balle e imballaggio<br />
ð Caricamento su automezzo<br />
ð Avvio al riciclaggio per la quota valorizzata<br />
Eventuali servizi non ricompresi dal seguente accordo, saranno<br />
disciplinati direttamente tra piattaforma e cartiera.<br />
Fermo restando la garanzia di riciclo da parte delle cartiere, le<br />
piattaforme si impegnano a ricevere dalle cartiere quantitativi di<br />
materiale non inferiori al 20% del quantitativo totale che tali cartiere<br />
ricevono nell’ambito delle Convenzioni Locali stipulate da Comieco.<br />
Unitamente alla cessione del materiale, le cartiere trasferiranno<br />
alle piattaforme gli oneri derivanti dall’attuazione dell’Allegato<br />
Tecnico Anci-Comieco e dal contratto di mandato con Comieco,<br />
nonché gli eventuali costi di gestione da esse sostenuti in<br />
relazione al materiale (ad esempio servizi resi da terzi, trasporto,<br />
oneri ulteriori conseguenti dall’attuazione dell’Accordo e dall’Allegato<br />
Tecnico).<br />
Le piattaforme si impegnano a raggiungere l’indicata percentuale<br />
del 20% in maniera graduale, secondo la seguente progressione:<br />
- 10% nel primo anno di vigenza del presente Accordo;<br />
- 15% nel secondo anno di vigenza del presente Accordo;<br />
- 20% nel terzo anno di vigenza del presente Accordo.<br />
Al fine della garanzia del riciclo, Comieco effettua un monitoraggio<br />
delle modalità di avvio a riciclo e delle quantità cedute dalle<br />
cartiere. A tal fine, le piattaforme forniscono alle cartiere documentazione<br />
idonea a comprovare l’avvio a riciclo. Cartiera e piattaforma<br />
provvederanno altresì a disciplinare le modalità e condizioni per garantire<br />
l’avvio al riciclo del materiale, anche in ragione delle esigenze di<br />
certificazione dei dati riguardanti Comieco.<br />
5) Corrispettivi<br />
In relazione ai corrispettivi per i servizi di selezione prestati<br />
dalla piattaforma, Comieco ed Unionmaceri individuano nel 5%<br />
la misura ottimale di aggiornamento delle condizioni del precedente<br />
Accordo del 1999 come modificate nel 2000.<br />
In assenza di specifici accordi fra cartiera e piattaforma, il<br />
termine di pagamento dei corrispettivi per i servizi resi dalla piattaforma<br />
è pari a 45 giorni d.f.f.m. In caso di immotivata inosservanza<br />
di tale termine da parte della cartiera, è in facoltà di Comieco -<br />
su segnalazione della piattaforma - sostituire la cartiera nella Convenzione<br />
Locale.<br />
6) Presenza di imballaggi<br />
Le parti si danno reciprocamente atto che, in base a quanto<br />
previsto nell’Allegato Tecnico ANCI-Comieco la presenza di imballaggi<br />
nel materiale proveniente dalla raccolta differenziata è convenzionalmente<br />
definita secondo le seguenti percentuali:<br />
A) Materiale proveniente da raccolta differenziata congiunta di<br />
imballaggi cellulosici e frazioni merceologiche similari:<br />
- il 22% del materiale conferito per l’anno 2004;<br />
- il 23% del materiale conferito per l’anno 2005;<br />
- il 24% del materiale conferito per l’anno 2006;<br />
- il 25% del materiale conferito per gli anni 2007 e 2008.<br />
B) Materiale proveniente da raccolta differenziata selettiva dei<br />
soli imballaggi cellulosici: 100% del Materiale conferito.<br />
92 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
20 settembre 2005 N. 18
AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />
RIFIUTI<br />
Documento<br />
Le tipologie di raccolta differenziata sono quelle definite all’art.<br />
dell’Allegato Tecnico Anci-Comieco.<br />
7) Controllo dei ricevimenti e gestione dei materiali estranei<br />
In conformità a quanto previsto nell’Allegato Tecnico Anci-Coieco,<br />
all’atto del conferimento del materiale da parte del convenionato<br />
la Piattaforma valuta la congruità e rispondenza di quanto<br />
onferito rispetto alla tipologia di raccolta ed alle risultanze del<br />
ocumento di trasporto. Nel caso in cui accerti difformità, la Piattaorma<br />
potrà effettuare le rettifiche del caso con riferimento alla<br />
ipologia di raccolta riscontrata e al peso in presenza di umidità ><br />
0%, e potrà altresì respingere integralmente il conferimento in<br />
aso di frazioni estranee superiori ai limiti previsti nell’Allegato<br />
ecnico ANCI-Comieco.La piattaforma si impegna a informare e<br />
oinvolgere tempestivamente il convenzionato delle difformità ricontrate.<br />
Ai fini della gestione delle frazioni estranee superiori ai limiti<br />
revisti nell’Allegato Tecnico Anci-Comieco, nell’ambito della<br />
onvenzione locale viene definito un addendum, sottoscritto anche<br />
alla cartiera destinataria e dalla piattaforma, indicante la modalità<br />
dottata dal convenzionato per la gestione delle frazioni estranee.<br />
8) Qualità<br />
Le parti si impegnano alla definizione di un documento tecnico<br />
unico per la gestione dei controlli qualità (scarti e umidità) al fine<br />
di conseguire un effettivo miglioramento qualitativo dell’intero<br />
sistema.<br />
9) Applicazione ed estensione dell’Accordo<br />
I contenuti del presente Accordo verranno proposti a tutti gli<br />
operatori del recupero.<br />
L’elenco degli operatori aderenti al presente Accordo verrà reso<br />
pubblico da ciascuna delle parti nei modi più opportuno (ad esempio,<br />
attraverso il proprio sito web).<br />
10) Durata<br />
Il presente Accordo decorre dal 1 giugno 2005 e resta in vigore<br />
fino a quando resta in vigore l’Accordo Quadro ANCI-CONAI<br />
sottoscritto il 14 dicembre 2004.<br />
11) Comitato di verifica<br />
Le parti concordano di costituire un comitato paritetico al quale<br />
sottoporre le questioni operative concernenti l’interpretazione, l’attuazione<br />
e l’esecuzione del presente Accordo. Detto comitato si<br />
riunirà con periodicità almeno semestrale.<br />
l<br />
AREA<br />
SPECIFICHE TECNICHE (salvo deroghe locali)<br />
SUPERFICIE AREA<br />
PAVIMENTATA<br />
RECINTATA<br />
COPERTURA<br />
IMPIANTI IN DOTAZIONE<br />
PRESSA IDRAULICA IMBALLATRICE<br />
TRITURATURE<br />
3000 mq<br />
1000 mq<br />
SI<br />
1000 mq<br />
DENSITÀ MIN (KG/MC) 500<br />
NASTRO DI ALIMENTAZIONE<br />
LUNGHEZZA BALLE > 2,20<br />
ATTREZZATURE PER LA MOVIMENTAZIONE<br />
CARICATORE SEMOVENTE IDRAULICO (RAGNO)<br />
CARRELLO ELEVATORE (MULETTO)**<br />
MOTRICE CON IMPIANTO SCARRABILE PER MOVIMENTAZIONE CONTAINERS<br />
ALTRE ATTREZZATURE<br />
IMPIANTO DI PESATURA<br />
CONTAINERS PER STOCCAGGIO<br />
INFRASTRUTTURE PER IL PERSONALE A NORMA DI LEGGE<br />
ALTRE CARATTERISTICHE<br />
ELABORAZIONE E INVIO DATI TRAMITE SUPPORTO INFORMATICO<br />
POSSESSO COMUNICAZIONE/AUTORIZZAZIONE<br />
RICEVIMENTO ALTRE TIPOLOGIE DI RIFIUTI DI IMBALLAGGIO (PLURIMATERIALE)<br />
SPECIFICHE DI RICEVIMENTO<br />
CODICI RICEVIMENTO MATERIALI<br />
SI<br />
SI<br />
SI<br />
Preferibile<br />
SI<br />
SI<br />
SI<br />
SI<br />
SI<br />
SI<br />
SI<br />
SI<br />
SI<br />
Preferibile<br />
20.01.01<br />
15.01.01<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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93
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la complessa disciplina normativa in materia di sicurezza<br />
del lavoro e tutela dell’ambiente.<br />
• Legislazione nazionale, comunitaria e regionale, classificata articolo<br />
per articolo e riferita a tutte le altre tipologie documentali<br />
• Giurisprudenza: sia in forma integrale che massimata<br />
• Prassi: interpretazioni e chiarimenti dei Ministeri e degli altri<br />
organi e autorità competenti<br />
• Normativa Tecnica: tutti gli abstract e i testi integrali delle<br />
più importanti norme UNI e una ricca selezione di norme CEI<br />
• Commenti: approfondimenti, schemi, tabelle riepilogative<br />
e immagini esplicative tratte dalle riviste specializzate<br />
del Sole 24 ORE<br />
• Quesiti: le soluzioni pratiche suggerite dalla rubrica<br />
“L’Esperto Risponde”<br />
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AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />
LEGISLAZIONE<br />
In breve<br />
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE<br />
a cura di Marco Fabrizio, avvocato in Roma<br />
ITALIA<br />
ACQUE DI VEGETAZIONE<br />
E SCARICHI DI FRANTOI OLEARI<br />
Decreto del Ministero delle Politiche<br />
agricole e forestali 6 luglio 2005<br />
«Criteri e norme tecniche generali per la disciplina<br />
regionale dell’utilizzazione agronomica<br />
delle acque di vegetazione e degli scarichi dei frantoi<br />
oleari, di cui all’articolo 38 del decreto legislativo<br />
11 maggio 1999, n. 152». (G.U. del 19 luglio 2005, n.<br />
166)<br />
Il decreto reca l’attesa normativa nazionale recante<br />
criteri uniformi a livello nazionale per l’utilizzazione<br />
agronomica delle acque di vegetazione e delle<br />
sanse umide dei frantoi oleari, ai sensi e per gli<br />
effetti dell’art. 38, D.Lgs. n. 152/1999 e successive<br />
modifiche. Rilevano, innanzitutto, alcuni principi<br />
generali di fondamentale importanza quali l’obbligo<br />
di praticare lo spandimento delle acque di vegetazione<br />
e delle sanse umide nel rispetto dei criteri<br />
generali di utilizzazione delle sostanze nutritive e<br />
ammendanti e dell’acqua in esse contenute in modo<br />
da tener conto delle caratteristiche geomorfologiche,<br />
idrogeologiche e ambientali del sito, nonché<br />
nel rispetto delle norme igienicosanitarie, di<br />
tutela ambientale e urbanistiche (art. 1, comma 2).<br />
L’altra precisazione di estrema importanza (ancor<br />
più importante alla luce di contraddittorie pronunce<br />
giurisprudenziali in materia e di altrettanto diversificate<br />
interpretazioni da parte degli organi di<br />
controllo regionali) è che l’utilizzazione agronomica<br />
delle acque di vegetazione e delle sanse umide<br />
già disciplinata dalla legge n. 574/1996 è esclusa dal<br />
campo di applicazione del cosiddetto “Decreto<br />
Ronchi”, in forza, ribadisce l’attuale regolamento,<br />
dello stesso art. 8, comma 1, D.Lgs. n. 22/1997 medesimo<br />
(art. 1, comma 3, D.M. 6 luglio 2005).<br />
In ossequio ai principi contenuti nell’art. 38, D.Lgs.<br />
n. 152/1999, l’attuale decreto fissa le modalità e il<br />
contenuto della comunicazione preventiva che<br />
l’interessato doveva effettuare già ai sensi dell’art.<br />
3, legge n. 574/1996, inviandola al sindaco del<br />
comune nel quale risulta localizzato il terreno in<br />
questione, con un contenuto differenziato a seconda<br />
che si tratti del primo spandimento o di<br />
quelli successivi (Allegato I). La nuova disciplina<br />
fissa, inoltre, un elenco di casi nei quali risulta<br />
vietato, in via generale, lo spandimento (dalla localizzazione<br />
dei terreni in prossimità di corsi d’acqua<br />
a pendenze superiori al 15%, fino a particolari<br />
tipologie di terreni quali boschi, giardini o cave)<br />
e determina in dettaglio le modalità di stoccaggio<br />
e trasporto delle acque di vegetazione o delle<br />
sanse umide (tipologia dei contenitori, adempimenti<br />
documentali ecc.). Sono previste, in chiusura,<br />
una serie di relazioni periodiche a carico delle<br />
amministrazioni interessate, volte a tracciare una<br />
mappa di questa pratica agricola (art. 7) e una<br />
norma in materia di sanzioni irrogabili da parte<br />
delle amministrazioni locali interessate (limitazione<br />
o sospensione dello spandimento in ipotesi di<br />
mancato rispetto dei criteri e delle norme tecniche),<br />
con rinvio alle regioni per l’approntamento<br />
di un più approfondito quadro sanzionatorio (art.<br />
8). Ulteriori approfondimenti sui prossimi numeri<br />
di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>.<br />
LOTTA ALL’EFFETTO SERRA<br />
Comunicato del Ministero<br />
dell’<strong>Ambiente</strong> e della Tutela del territorio<br />
«Disposizioni di attuazione della decisione<br />
della Commissione europea C(2004) 130 del<br />
29 gennaio 2004 che istituisce le linee guida per il<br />
monitoraggio e la comunicazione delle emissioni<br />
di gas a effetto serra, ai sensi della direttiva 2003/<br />
87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio».<br />
(G.U. del 30 luglio 2005, n. 176)<br />
Con comunicato apparso nella Gazzetta Ufficiale<br />
del 30 luglio 2005 il Ministero dell’<strong>Ambiente</strong> e<br />
della Tutela del territorio ha reso nota la pubblicazione<br />
sul suo sito web (http://www.Minambiente.it)<br />
del decreto dei Ministeri dell’<strong>Ambiente</strong> e<br />
della Tutela del territorio e delle Attività produtti<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
95
LEGISLAZIONE<br />
In breve<br />
AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />
ve 1° luglio 2005, n. DEC/RAS854/2005, recante<br />
«Disposizioni di attuazione della decisione della<br />
Commissione europea C(2004)130 del 29 gennaio<br />
2004 che istituisce le linee guida per il monitoraggio<br />
e la comunicazione delle emissioni di gas ad<br />
effetto serra ai sensi della direttiva 2003/87/CE del<br />
Parlamento europeo e del Consiglio». Il decreto<br />
rinvia a un proprio allegato quanto alle disposizioni<br />
di attuazione della citata decisione comunitaria,<br />
con termine di 90 giorni (dall’emanazione<br />
del decreto medesimo) entro il quale i gestori degli<br />
impianti in possesso delle autorizzazioni a<br />
emettere gas serra dovranno effettuare il monitoraggio<br />
in questione «secondo le disposizioni di cui<br />
alla decisione» medesima. Decorsi i citati 90 giorni<br />
si intenderanno revocati gli artt. 3 dei precedenti<br />
provvedimenti interministeriali n. DEC/RAS/013/<br />
05, n. DEC/RAS/2215/04 e n. DEC/RAS/2179/2004.<br />
VEICOLI FUORI USO E DISCARICHE<br />
Legge 17 agosto 2005, n. 168<br />
«Conversione in legge, con modificazioni, del decretolegge<br />
30 giugno 2005, n. 115, recante disposizioni<br />
urgenti per assicurare la funzionalità di settori<br />
della pubblica amministrazione. Disposizioni<br />
in materia di organico del personale della carriera<br />
diplomatica, delega al Governo per l’attuazione<br />
della direttiva 2000/53/CE in materia di veicoli fuori<br />
uso e proroghe di termini per l’esercizio di deleghe<br />
legislative» (G.U. del 22 agosto 2005, n. 194)<br />
L’art. 1, legge di conversione n. 168/2005 reca, tra<br />
l’altro, al comma 5, una nuova delega a favore del<br />
Governo per l’adozione, entro sei mesi, di alcune<br />
disposizioni integrative o correttive del D.Lgs. n.<br />
209/2003, «Attuazione della direttiva 2000/53/CE<br />
relativa ai veicoli fuori uso». La delega si rende<br />
necessaria al fine di superare la procedura di infrazione<br />
comunitaria avviata dalla Commissione europea<br />
contro l’Italia, per non corretta trasposizione<br />
della direttiva n. 2000/53/CE citata. Inoltre,<br />
all’art. 11, D.L. n. 115/2005, è stato aggiunto il<br />
comma 1bis, per effetto del quale la disposizione<br />
di cui al comma 1 (slittamento del termine di conferimento<br />
nella vecchie tipologie di discariche),<br />
«non si applica alle discariche di II categoria, di<br />
tipo A, cui si conferiscono materiali di matrice cementizia<br />
contenenti amianto, per le quali il termine<br />
di conferimento è fissato alla data di entrata in<br />
vigore della legge di conversione del presente decreto».<br />
l<br />
Le norme in primo piano<br />
RIDUZIONE DI SOSTANZE PERICOLOSE NEI RAEE<br />
Decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151<br />
«Attuazione delle direttive 2002/95/CE, 2002/96/CE e 2013/108/CE, relative alla riduzione dell’uso di sostanze<br />
pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonché allo smaltimento dei rifiuti» (S.O. n. 135 alla<br />
G.U. del 29 luglio 2005, n. 175)<br />
Si tratta dell’atteso decreto, attuativo della normativa comunitaria indicata al titolo, recante misure e procedure<br />
finalizzate a prevenire la riduzione di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), promuovere il<br />
reimpiego, il riciclaggio e altre forme di recupero dei RAEE, migliorare da un punto di vista ambientale <br />
l’intervento di tutti i soggetti coinvolti nel ciclo di vita di queste apparecchiature (dai produttori fino ai consumatori)<br />
e, infine, ridurre l’uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), di cui<br />
all’art. 1.<br />
L’ambito di applicazione della nuova disciplina risulta oltremodo vasto, basti considerare l’ampia definizione di<br />
96 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
20 settembre 2005 N. 18
AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />
LEGISLAZIONE<br />
In breve<br />
«rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche» indicata all’art. 3, comma 1, lettera b), «le apparecchiature<br />
elettriche ed elettroniche che sono considerate rifiuti ai sensi dell’art. 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo<br />
5 febbraio 1997, n. 22, e succ. modd., inclusi tutti i componenti, i sottosistemi ed i materiali di consumo che sono<br />
parte integrante del prodotto nel momento in cui si assume la decisione di disfarsene». Reiterando la pedissequa<br />
disciplina comunitaria, il decreto reca, in tal senso, un elenco di categorie di apparecchiature elettriche ed<br />
elettroniche soggette alle nuove procedure di gestione (gli elettrodomestici grandi o piccoli, le apparecchiature<br />
informatiche e per telecomunicazione, le apparecchiature di consumo e quelle di illuminazione, gli strumenti<br />
elettrici ed elettronici fatta eccezione per gli utensili industriali fissi di grandi dimensioni i giocattoli e le<br />
apparecchiature per lo sport e tempo libero, i dispositivi medici, gli strumenti di monitoraggio e controllo e i<br />
distributori automatici, Allegato 1/A), a cui segue, per ciascuna categoria, un ulteriore elenco, non esaustivo, di<br />
prodotti assoggettati al decreto (per esempio, i frigoriferi o i congelatori, appartenenti alla categoria “Grandi<br />
elettrodomestici”, Allegato 1/B). Ne consegue come la disciplina del D.Lgs. n. 151/2005 sarà, in linea teorica,<br />
applicabile a qualsiasi apparecchiatura appartenente alle categorie sopra elencate, anche complessa, di cui il<br />
detentore palesi l’intenzione di “disfarsi”, anche se in parte ancora servibile, purché si tratti sempre di un<br />
elettrodomestico alimentato a correnti elettriche o da campi elettromagnetici, ovvero di un’apparecchiatura di<br />
generazione, di trasferimento e di misura di questi campi e correnti, appartenente a una categoria di cui<br />
all’allegato 1/A e progettata per essere usata con tensione non superiore a 1000 volt per corrente alternata o a<br />
1500 volt per corrente continua (definizione di «Apparecchiatura elettriche od elettronica AEE», ex art. 3,<br />
comma 1, lettera a), D.Lgs. citato).<br />
Per raggiungere gli scopi sopra elencati, il decreto reca una regolamentazione omnicomprensiva delle fasi di vita<br />
dei prodotti in questione, fin dalla progettazione e dalla fabbricazione, che dovranno avvenire in modo da<br />
agevolare lo smontaggio, il recupero, il reimpego e il riciclaggio dei RAEE e dei loro componenti e materiali (dovrà<br />
essere emanato in tal senso un decreto interministeriale, concertato tra dicastero dell’<strong>Ambiente</strong> e della Tutela del<br />
territorio e quello delle Attività produttive). Parimenti, i prodotti in questione non potranno contenere particolari<br />
tipologie di sostanze pericolose (art. 5), dovrà essere garantita da parte delle amministrazioni locali la raccolta<br />
differenziata dei RAEE, mentre sui distributori di AEE graverà l’obbligo di ritirare gratuitamente il vecchio<br />
apparecchio al momento di acquisto di una nuova apparecchiatura elettrica o elettronica destinata a nucleo<br />
domestico. Oltre che sui distributori, gran parte delle nuove disposizioni nella gestione degli apparecchi (e relativi<br />
rifiuti) in questione graverà sui produttori. A far data dal 13 agosto 2006 (un anno dall’entrata in vigore del nuovo<br />
decreto) i produttori potranno organizzare sistemi di raccolta dei RAEE provenienti dai nuclei domestici, e<br />
saranno, inoltre, obbligati a organizzare analoghi sistemi di raccolta dei «RAEE professionali» (RAEE prodotti dalle<br />
attività amministrative ed economiche diversi da quelli al contrario originati dai nuclei domestici ovvero che, pur<br />
provenendo da attività commerciali, industriali o, istituzionali, siano, tuttavia, per natura e per quantità analoghi<br />
a quelli originati dai nuclei domestici «RAEE provenienti dai nuclei domestici», art. 3, comma 1, lettera p) e o),<br />
D.Lgs. citato). Sempre a partire dal 13 agosto 2006 sui produttori (o terzi agenti in loro nome) graverà l’obbligo di<br />
ritiro e invio a trattamento dei RAEE raccolti in modo separato, fatta eccezione di quelli «effettivamente e<br />
totalmente reimpiegati», approntando, entro la stessa data, adeguati sistemi di trattamento, di recupero e di<br />
riclaggio. Rileva, sotto questo ultimo profilo, il rinvio a un apposito decreto quanto alla previsione di misure di<br />
incentivazione allo sviluppo di sistemi di gestione ambientali conformi al regolamento (CE) n. 761/2001 (EMAS)<br />
presso le suddette imprese di trattamento (art. 8, comma 11). Conformemente ai generali principi regolatori della<br />
materia (art. 2, D.Lgs. n. 22/1997) dovrà, peraltro, essere favorito il recupero dei RAEE oggetto di raccolta<br />
differenziata, con percentuali minime da raggiungere in tal senso entro il 31 dicembre 2006, a seconda della<br />
categoria di apparecchiatura elettrica o elettronica.<br />
A parte i profili finanziari circa i soggetti gravati dei costi del sistema di ritiro, raccolta differenziata e recupero,<br />
rilevano, in particolare, tra le altre disposizioni, i nuovi obblighi di informazioni gravanti ancora una volta sui<br />
produttori delle apparecchiature in questione. Al riguardo, l’art. 13 prevede su questi soggetti, l’obbligo di inserire<br />
all’interno delle istruzioni delle apparecchiature adeguate segnalazioni circa l’obbligo di non smaltire i RAEE<br />
come rifiuti urbani (bensì da avviare a raccolta separata), l’esistenza del circuito di raccolta (unitamente alla<br />
possibilità di riconsegnare al distributore l’apparecchiatura all’atto di acquisto di una nuova), nonché indicazioni<br />
relative agli effetti potenziali sull’ambiente e sulla salute umana derivanti dalla presenza di sostanze pericolose<br />
nelle apparecchiature de quo. Dovrà essere, altresì, indicata un’informazione circa il significato del simbolo del<br />
divieto di abbandono nel normale circuito di raccolta e dovranno essere indicate le sanzioni previste a carico degli<br />
smaltitori abusivi di questi rifiuti. Rileva, in tal senso, un articolato sistema sanzionatorio, fondato su diversificate<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
97
LEGISLAZIONE<br />
In breve<br />
AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />
sanzioni amministrative pecuniarie a carico dei distributori o dei produttori delle apparecchiature in questione e<br />
che non si adegueranno alla disciplina sinteticamente tracciata (art. 16). Il decreto prevede in chiusura brevi termini<br />
per l’adeguamento, da parte dei soggetti interessati, ai nuovi obblighi, con applicazione della generalità delle<br />
nuove regole a far data da un anno dalla data di entrata in vigore del decreto medesimo. Ulteriori approfondimenti<br />
sull’argomento sui prossimi numeri di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>.<br />
RIFIUTI: CRITERI DI AMMISSIBILITÀ IN DISCARICA<br />
Decreto del Ministero dell’<strong>Ambiente</strong> e della Tutela del territorio 3 agosto 2005<br />
«Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica» (G.U. del 30 settembre 2005, n. 201)<br />
Il decreto riscrive i criteri di ammissibilità per il conferimento dei rifiuti in discarica, in precedenza già contenuti nel<br />
D.M. 13 marzo 2003 oggi abrogato.<br />
Rilevano, innanzitutto, alcuni principi generali, invero non dissimili da quanto precedentemente previsto; in<br />
particolare, i rifiuti potranno essere ammessi in discarica esclusivamente se conformi ai criteri di ammissibilità della<br />
corrispondente categoria di discarica; per accertare l’ammissibilità dei rifiuti nelle discariche dovranno essere<br />
utilizzate soltanto le metodologie di campionamento e analisi previste (indicate dell’Allegato 3); sarà ammissibile<br />
il conferimento di rifiuti conformi ai criteri per l'ammissione a ogni categoria di discarica in discariche aventi un<br />
livello di tutela superiore (chiarimento inedito).<br />
Conformemente alla disciplina prevista dall’art. 11, D.Lgs. n. 36/2003 (cosiddetto “Decreto discariche”) il conferimento<br />
dei rifiuti in discarica dovrà avvenire attraverso una triplice serie di verifiche, da porre in essere da parte<br />
del produttore del rifiuto e dal gestore della discarica. Al primo, in particolare, spetterà quella che l’art. 2 del<br />
nuovo decreto definisce la «caratterizzazione di base» del rifiuto, ovvero lo svolgimento della caratterizzazione<br />
di base di ciascuna tipologia di rifiuti da conferire in discarica, prima del conferimento medesimo ovvero dopo<br />
l’ultimo trattamento effettuato. Si tratta di un adempimento obbligatorio e fondamentale, da ripetere in<br />
corrispondenza del primo conferimento di rifiuti e a ogni variazione significativa del processo che origina i rifiuti<br />
e, comunque, con cadenza almeno annuale. Questa caratterizzazione dovrà essere condotta al fine di determinare<br />
tutte le caratteristiche dei rifiuti attraverso la raccolta delle informazioni necessarie per lo smaltimento<br />
finale in condizioni di sicurezza e, per l’effetto, tale da fornire informazioni relative oltre che ai rifiuti in sé (tipo<br />
e origine, composizione, consistenza, tendenza a produrre percolato e dove necessario e dove possibile, altre<br />
caratteristiche) anche tali da permettere una comprensione del comportamento dei rifiuti nelle discariche<br />
(individuare le eventuali possibilità di trattamento), fornendo, inoltre, una loro valutazione alla luce dei valori<br />
limite e individuando le variabili principali (parametri critici) per la «verifica di conformità», ulteriore adempimento<br />
previsto dal nuovo decreto sui criteri di ammissibilità per lo smaltimento dei rifiuti in discarica (art. 2 e<br />
allegato I).<br />
La «verifica di conformità» è un ulteriore passaggio chiave per lo smaltimento “sicuro” dei rifiuti in discarica.<br />
Essa dovrà essere condotta dal gestore della discarica sui rifiuti giudicati “ammissibili”, al fine di stabilire il<br />
possesso, effettivo, delle caratteristiche di categoria corrispondenti (oltre che per controverificare la corrispondenza<br />
ai nuovi criteri di ammissibilità). La verifica di conformità dovrà avvenire con la medesima frequenza<br />
della caratterizzazione di base e in funzione alle metodologie di campionamento e analisi previste dall’Allegato<br />
III del nuovo decreto. Parimenti, sul gestore graverà, inoltre, la «verifica in loco» dei rifiuti, ispezionando<br />
ciascun carico prima e dopo lo scarico, nonché controllando la documentazione di legge attestante la conformità<br />
del rifiuto ai nuovi criteri (art. 3). Analogamente all’impostazione del precedente decreto del 13 marzo 2003,<br />
il D.M. 3 agosto 2005 descrive analiticamente le tipologie di rifiuti ammissibili in ciascuna tipologia di discarica, a<br />
seconda che si tratti di discarica per rifiuti inerti, non pericolosi o pericolosi, se del caso indicando le tipologie di<br />
rifiuti per le quali non è necessaria la preventiva caratterizzazione (per esempio, tabella 1 per gli inerti) ovvero i<br />
valori limite di concentrazione (per esempio, tabella 3 per i composti organici in discariche per rifiuti inerti).<br />
Anche la nuova disciplina fissa, infine, i criteri di ammissibilità per il deposito sotterraneo (art. 9), previa<br />
valutazione di sicurezza e valutazione del rischio in ordine al sito prescelto, da condursi secondo i dettami<br />
dell’allegato IV.<br />
Come detto a far data dall’entrata in vigore del nuovo decreto risulta abrogata la precedente disciplina di cui al D.M.<br />
13 marzo 2003. Ulteriori approfondimenti sull’argomento sui prossimi numeri di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>.<br />
98 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
20 settembre 2005 N. 18
AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />
LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />
IL CASO<br />
di Cesare Parodi Procura della Repubblica di Torino, Docente a contratto Diritto dell’<strong>Ambiente</strong>,<br />
Università di Torino, Facoltà Scienze MFN<br />
RISARCIMENTO DEL DANNO<br />
E ILLECITO AMBIENTALE<br />
In quali termini il risarcimento del danno<br />
può riflettersi anche sulle conseguenze penali<br />
della violazione della normativa ambientale<br />
In particolare, è possibile che il mancato<br />
risarcimento possa condizionare anche la concreta<br />
fruibilità del beneficio della sospensione<br />
condizionale della pena<br />
Il sistema giuridico prevede, ormai da molti<br />
anni, per la tutela dell’ambiente in senso<br />
lato, un apparato di strumenti di tutela variegato<br />
e complesso; tra essi certamente il momento<br />
sanzionatorio “tipico”, costituito dalla<br />
espressa previsione di fattispecie aventi rilevanza<br />
penale o amministrativa, rappresenta, sul<br />
piano qualitativo come su quello quantitativo,<br />
il profilo di maggiore rilievo. Nondimeno, la<br />
consapevolezza che la violazione ambientale<br />
trova frequentemente anzi, si potrebbe dire<br />
quasi esclusivamente luogo in un contesto imprenditoriale,<br />
impone di prendere in considerazione,<br />
sul piano della concreta afflittività, anche<br />
la valenza strettamente economicopatrimoniale<br />
dei comportamenti tenuti e delle conseguenze<br />
“negative”, in termini di spesa, che<br />
gli stessi possono comportare.<br />
A fronte di un insieme di sanzioni in materia<br />
ambientale che certamente non si contraddistinguono<br />
per una particolare entità, quantomeno<br />
se considerate in rapporto a quelle previste<br />
a tutela di altri beni, i profili risarcitori che<br />
possono scaturire dalle condotte sanzionate<br />
possono assumere un particolare rilievo, sia in<br />
relazione al quantum che il soggetto autore<br />
della violazioni (e in concreto più frequentemente<br />
l’impresa nell’ambito della quale quest’ultimo<br />
svolge le proprie funzioni) potrebbe<br />
dover versare,sia alla natura e tipologia di impegno<br />
che l’impresa stessa potrebbe dover assumere<br />
in funzione del “ripristino” del bene<br />
ambientale.<br />
Non è indispensabile entrare in questa sede<br />
nella valutazione delle voci di danno risarcibili,<br />
in relazione ai singoli soggetti che potenzialmente<br />
possono essere pregiudicate da condotte<br />
[1] ; si tratta, in particolare, del danno ambientale<br />
in senso stretto, ex art. 18, legge n. 349/<br />
1986, nonché dei profili di responsabilità conseguenti<br />
all’applicazione del principio generale<br />
di cui all’art. 2043 c.c. La legge n. 349/1986,<br />
introducendo il concetto di danno ambientale,<br />
ha attribuito al medesimo una funzione non<br />
soltanto repressiva e sanzionatoria, ma anche<br />
preventiva, «qualunque fatto doloso o colposo<br />
in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti<br />
adottati in base a legge che compromette<br />
l’ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo,<br />
deteriorandolo o distruggendolo in<br />
tutto o in parte, obbliga l’autore del fatto al<br />
risarcimento del danno».<br />
La legge n. 349/1986 non prevede, a fianco del<br />
diritto dell’ente “pubblico” al risarcimento del<br />
danno, un analogo diritto di risarcimento per i<br />
singoli cittadini, ammessi solo a denunciare i<br />
fatti dannosi. La mancata previsione nella legge<br />
speciale del diritto di risarcimento non vale,<br />
tuttavia, a negare la tutela civile dei singoli,<br />
sancita dalle norme comuni sull’illecito. L’inquinamento<br />
non lede, infatti, semplicemente<br />
un interesse dello stato, ma colpisce individualmente<br />
tutti coloro che sono costretti a<br />
vivere in una situazione di degrado ambientale.<br />
In questi casi una specifica domanda di risarcimento<br />
può tuttavia trovare accoglimento<br />
solo laddove il singolo fornisca la prova di avere<br />
subìto un danno particolare, eccedente<br />
quello sofferto dalla generalità degli abitanti<br />
della zona colpita.<br />
Proprio l’attivazione per il risarcimento del<br />
[1] Per ulteriori informazioni, si veda, dello stesso autore, Profili di tutela civilistica in tema di danno ambientale, in <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong><br />
n. 21/2000, pag. 100, e Danno esistenziale e inquinamento ambientale: la giurisprudenza riconosce il<br />
legame, in <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 6/2004, pag. 26.<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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99
LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />
AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />
danno viene presa in considerazione sotto differenti<br />
profili dalla normativa in materia ambientale.<br />
In primo luogo, l’art. 61, D.Lgs. n. 152/<br />
1999, in tema di tutela delle acque, ha introdotto<br />
una specifica circostanza, applicabile «nei<br />
confronti di chi, prima del giudizio penale o<br />
dell’ordinanzaingiunzione, ha riparato interamente<br />
il danno»;circostanza in base alla quale<br />
le sanzioni penali e amministrative previste nel<br />
decreto in oggetto sono diminuite dalla metà a<br />
due terzi. Con questa norma è stata introdotta<br />
una circostanza attenuante a effetto speciale<br />
(ossia tale da comportare una riduzione della<br />
pena maggiore di un terzo), di forte impatto<br />
premiale e destinata a incentivare l’attivazione<br />
in favore del bene ambientale “offeso”.<br />
La norma deve considerarsi speciale rispetto all’attenuante<br />
di carattere generale di cui all’art.<br />
62, punto 6 c.p.; secondo quest’ultima disposizione<br />
«attenuano il reato, quando non ne sono<br />
elemento costitutivo o circostanze attenuanti<br />
speciali, le circostanze seguenti: l’avere, prima<br />
del giudizio, riparato interamente il danno,<br />
mediante il risarcimento di esso, e quando sia<br />
possibile, mediante le restituzioni; o l’essersi,<br />
prima del giudizio e fuori dal caso preveduto<br />
dall’art. 56, adoperato spontaneamente ed efficacemente<br />
per elidere o attenuare le conseguenze<br />
dannose o pericolo del reato».<br />
In particolare, l’attenuante in oggetto deve essere<br />
letta sintonicamente rispetto al disposto<br />
dell’art. 60, D.Lgs. n. 152/1999 e, quindi, nei casi<br />
in cui intervenga una “riparazione del danno”<br />
con le modalità particolari previste da quest’ultima<br />
norma, ossia con l’esecuzione degli interventi<br />
di messa in sicurezza, bonifica e ripristino<br />
di cui all’art. 58 del citato decreto e con il risarcimento<br />
dell’eventuale ulteriore danno ambientale<br />
non eliminabile da computarsi, se<br />
necessario, a mezzo del meccanismo speciale di<br />
ragguaglio di cui all’art. 58 sopra menzionato.<br />
Questa norma prevede che, nel caso in cui non<br />
sia possibile una precisa quantificazione del<br />
danno, lo stesso si presume, salvo prova contraria,<br />
di ammontare non inferiore alla somma<br />
corrispondente alla sanzione pecuniaria amministrativa,<br />
ovvero alla sanzione penale, in concreto<br />
applicata. Nel caso in cui sia stata irrogata<br />
una pena detentiva, solo al fine della quantificazione<br />
del danno, il ragguaglio fra la stessa e<br />
la pena pecuniaria, ha luogo calcolando quattrocentomila<br />
lire (da computarsi oggi in euro),<br />
per un giorno di pena detentiva.<br />
Si tratta, quindi, di uno stimolo ulteriore rispetto<br />
a quello di natura “cogente” introdotto dall’art.<br />
61, D.Lgs n. 152/1999, dalla cui azione<br />
combinata il legislatore confida possa essere<br />
determinata in concreto una tempestiva ed efficace<br />
attivazione e “responsabilizzazione“,<br />
quantomeno postuma, degli autori di illeciti<br />
ambientali.<br />
Significativo sul punto è il fatto che l’attenuante,<br />
con i conseguenti effetti “premiali” sulla<br />
somma da irrogare, sia stata prevista sia in relazione<br />
alla sanzione penale sia a quella amministrativa;<br />
in questo senso, per entrambe le procedure,<br />
il legislatore analogamente a quanto<br />
previsto dall’art. 62, punto 6 c.p. ha stabilito<br />
un rigoroso sbarramento temporale, individuato<br />
con l’inizio del giudizio penale (ossia prima<br />
dell’esercizio dell’azione penale) per le sanzioni<br />
penali e nell’ordinanzaingiunzione (ossia del<br />
termine della procedura amministrativa di applicazione)<br />
per quelle amministrative.<br />
Ovviamente, la norma in oggetto ripropone la<br />
tematica di carattere generale, affrontata dalla<br />
S.C. in relazione all’art. 62, punto 6 c.p. con<br />
riguardo all’applicabilità dell’attenuante nei<br />
casi di soggetti per i quali terzi, in forza di<br />
obblighi contrattuali o per altre ragioni, intervengano<br />
a provvedere alle varie forme di risarcimento<br />
o di ripristino. Una situazione riscontrabile<br />
nei numerosi casi in cui le imprese stipulano<br />
forme di assicurazione dirette a garantire<br />
il ristoro di danni arrecati a terzi in conseguenza,<br />
o quantomeno in occasione delle attività<br />
svolte.<br />
Al proposito, secondo la S.C., l’attenuante della<br />
riparazione del danno non sarebbe applicabile<br />
qualora il risarcimento venga effettuato da un<br />
ente assicuratore, anche se il contratto di assicurazione<br />
sia stato stipulato dall’imputato per<br />
la propria responsabilità civile, perché essendo<br />
questo contratto stipulato prima della commissione<br />
del reato e dovendosi individuare la ragione<br />
ispiratrice della circostanza nella resipiscenza<br />
che si esprime con l’atto di riparazione,<br />
il comportamento risarcitorio, per integrare la<br />
[2] Si veda Cass., sezioni unite, 23 novembre 1988, CED 181084.<br />
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20 settembre 2005 N. 18
AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />
LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />
previsione normativa, dovrebbe essere posto in<br />
essere dall’imputato dopo l’esaurimento del<br />
reato e non potrebbe essere sostituito da una<br />
condotta antecedente al reato stesso, concepita<br />
solo in previsione e a titolo di garanzia per<br />
le conseguenze dannose che esso potrebbe<br />
produrre, cioè per sfuggire all’adempimento<br />
dell’obbligo di integrale risarcimento [2] .<br />
Pur trattandosi della tesi maggioritaria in giurisprudenza,<br />
non mancano decisioni in senso opposto;<br />
si è ritenuto, al proposito, che la circostanza<br />
attenuante della riparazione del danno<br />
di cui alla prima parte dell’art. 62, punto 6 c.p.,<br />
non sarebbe collegata necessariamente con la<br />
cosiddetta resipiscenza del reo, potendo trovare<br />
la sua giustificazione in una mera utilità<br />
del danneggiante o soltanto nelle ampie disponibilità<br />
di quest’ultimo. Essa, quindi, avrebbe<br />
natura oggettiva ed effetti soggettivi, così che,<br />
a fronte di un risarcimento effettuato da un<br />
terzo (ente assicuratore), la circostanza dovrebbe<br />
essere applicata nel caso in cui la riparazione<br />
sia riferibile al colpevole, nel senso che questi<br />
ne abbia coscienza e mostri la volontà di far<br />
proprio il risarcimento stesso [3] .<br />
Il secondo aspetto che emerge come conseguenza<br />
diretta delle opzioni risarcitorie riguarda<br />
il sempre attualissimo tema della possibilità<br />
di fruire della sospensione condizionale della<br />
pena. In termini generali, l’art. 165 c.p., stabilisce<br />
al proposito che «La sospensione condizionale<br />
della pena può essere subordinata all’adempimento<br />
dell’obbligo delle restituzioni,<br />
al pagamento della somma liquidata a titolo di<br />
risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata<br />
sull’ammontare di esso e alla pubblicazione<br />
della sentenza a titolo di riparazione del<br />
danno; può altresì essere subordinata, salvo<br />
che la legge disponga altrimenti, all’eliminazione<br />
delle conseguenze dannose o pericolose del<br />
reato, secondo le modalità indicate dal giudice<br />
nella sentenza di condanna».<br />
Un’enunciazione di principio che assume particolare<br />
rilievo per i soggetti che hanno già riportato<br />
condanne, tenendo conto che i commi 2 e<br />
4 del medesimo art. 165 c.p. stabiliscono che<br />
«La sospensione condizionale della pena, quando<br />
è concessa a persona che ne ha già fruito,<br />
deve essere subordinata all’adempimento di<br />
uno degli obblighi previsti nel comma precedente»<br />
e che «il giudice nella sentenza stabilisce<br />
il termine entro il quale gli obblighi devono<br />
essere adempiuti». Allo stato, la soppressione a<br />
opera dell’art. 2, lettera b) della recente legge<br />
n. 145/2004, di quella che era la formula di<br />
chiusura del comma 2 citato, «salvo che ciò sia<br />
impossibile», rende ancora più rilevante in concreto<br />
l’eventuale indicazione del risarcimento.<br />
Rilevanza desumibile, altresì, dalla menzionata<br />
legge n. 145/2005, che ha aggiunto all’art. 165<br />
c.p., un quarto comma che prevede che «qualora<br />
la pena inflitta non sia superiore ad un anno e<br />
sia stato riparato interamente il danno, prima<br />
che sia stata pronunciata la sentenza di primo<br />
grado, mediante il risarcimento di esso, e quando<br />
sia possibile, mediante le restituzioni si sia<br />
adoperato spontanamente ed efficacemente<br />
per elidere o attenuare le conseguenze dannose<br />
del reato da lui eliminabili, il giudice può ordinare<br />
che l’esecuzione della pena rimanga sospesa<br />
per il termine di un anno». Un incentivo, quindi,<br />
di non poco conto che viene a rafforzare ulteriormente<br />
gli stimoli all’attivazione risarcitoria.<br />
La subordinazione del beneficio della sospensione<br />
della pena all’esatto adempimento degli<br />
obblighi stabiliti nella sentenza, è divenuto un<br />
istituto di carattere generale in forza dell’art.<br />
128, legge n. 689/1981. Si tratta di un principio<br />
che può trovare applicazione in relazione ai<br />
reati urbanistici e a tutte le ipotesi di inquinamento<br />
dell’ambiente, oltre i casi previsti in specifici<br />
settori, come le acque (art. 24, legge n.<br />
319/1976) e i rifiuti (art. 30, D.P.R. n. 915/1982)<br />
ove lo stesso era stato già previsto [4] . Proprio in<br />
materia di tutela delle acque, già l’art. 24, legge<br />
n. 319/1976, consentiva al giudice di subordinare<br />
il beneficio della sospensione della pena<br />
all’esatto adempimento di quanto stabilito nella<br />
sentenza di condanna. Secondo la S.C. la nor<br />
[3] Si veda Cass., sez. III, 18 ottobre 1991, n. 12760, CED 188730; nella specie, si trattava di omicidio colposo per infortunio sul<br />
lavoro. La riparazione era stata posta in essere dall’ente assicuratore del datore di lavoro. La Corte, dopo avere osservato<br />
che sarebbe stato assurdo discriminare tra imputato che esegua la riparazione facendosi successivamente tenere indenne<br />
dalla società assicuratrice e altro che direttamente ne chieda e ottenga l’intervento ad avere affermato il principio innanzi<br />
trascritto, ha annullato la decisione di merito con rinvio per l’applicazione della attenuante.<br />
[4] Si veda Cass., sez. III, 21 febbraio 1984, n. 2944, CED 162773.<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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101
LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />
AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />
ma, avente una importante finalità di prevenzione<br />
e ripristino della qualità delle risorse ambientali<br />
e di attivo coinvolgimento degli obbligati,<br />
non sempre richiedeva dal giudice una<br />
specificazione delle modalità dell’adempimento<br />
degli obblighi, potendo il giudice medesimo<br />
limitarsi a imporre al condannato l’osservanza<br />
degli standard fissati dalla legge [5] .<br />
Ancora la S.C. ha autorevolmente rimarcato<br />
che, anche in tema di protezione delle bellezze<br />
naturali, deve ritenersi legittima la subordinazione<br />
della sospensione condizionale della pena<br />
all’ordine di rimessione in pristino previsto<br />
dall’art. 1sexies, legge n. 431/1985. In questo<br />
senso sarebbe sicuramente possibile l’utilizzazione<br />
del disposto dell’art. 165 c.p., rivolto a<br />
rafforzare il ravvedimento del condannato,<br />
poiché la non autorizzata immutazione dello<br />
stato dei luoghi, in zona sottoposta a vincolo<br />
paesaggistico, ben può comportare conseguenze<br />
dannose o pericolose; inoltre, la sanzione<br />
specifica della rimessione ha una funzione<br />
direttamente ripristinatoria del bene offeso e,<br />
quindi, si riconnette al preminente interesse di<br />
giustizia sotteso all’esercizio dell’azione penale.<br />
Peraltro, l’obbligo di ripristino si colloca su<br />
un piano diverso e autonomo rispetto a quello<br />
dei poteri della pubblica amministrazione e<br />
delle valutazioni della stessa, configurandosi<br />
come conseguenza necessaria sia dell’esigenza<br />
di recuperare l’integrità dell’interesse tutelato,<br />
sia del giudizio di disvalore che il legislatore ha<br />
dato all’attuazione di interventi modificativi<br />
del territorio in zone di particolare interesse<br />
ambientale [6] .<br />
La previsione dell’art. 165 c.p. è stata anche<br />
valutata in un’ottica di costituzionalità, proprio<br />
in relazione alla tematica ambientale; la S.C. ha<br />
ritenuto manifestamente infondata la eccezione<br />
di illegittimità costituzionale dell’art.<br />
165 c.p., in relazione all’art. 3 della Costituzione,<br />
laddove il beneficio della sospensione condizionale<br />
della pena sarebbe subordinato all’eliminazione<br />
delle conseguenze dannose o<br />
pericolose del reato, in quanto questa norma<br />
non prenderebbe in considerazione l’eventuale<br />
incapacità economica del condannato ad affrontare<br />
gli oneri conseguenti, atteso che rientrano<br />
nel potere discrezionale del legislatore<br />
opzioni normative di questo genere. Secondo<br />
la Corte, in realtà, l’istituto si configura in<br />
questo specifico settore quale proiezione del<br />
principio comunitario «chi inquina paga», e<br />
che, essendo la portata economica della reintegrazione<br />
ambientale generalmente proporzionata<br />
a quella dell’inquinamento, si presuppone<br />
nel soggetto che inquina una capacità economica<br />
tale da consentirgli di affrontare le spese<br />
del ripristino e/o risanamento ambientale [7] .<br />
Il principio generale, anche in questo caso, è<br />
stato rielaborato nell’ambito della normativa in<br />
tema di tutela delle acque di cui al D.Lgs. n.<br />
152/1999. L’art. 60 di quest’ultimo decreto prevede<br />
in effetti che «con la sentenza di condanna<br />
per i reati previsti nel presente decreto, o<br />
con la decisione emessa ai sensi dell’articolo<br />
444 del codice di procedura penale, il beneficio<br />
della sospensione condizionale della pena può<br />
essere subordinato al risarcimento del danno e<br />
all’esecuzione degli interventi di messa in sicurezza,<br />
bonifica e ripristino di cui all’articolo<br />
58». Si tratta di una disposizione analoga a<br />
quella contenuta nell’art. 24, legge n. 319/<br />
1976, che prevedeva che con la sentenza di condanna,<br />
il beneficio della sospensione condizionale<br />
della pena poteva essere subordinato all’esatto<br />
adempimento di quanto stabilito nella<br />
sentenza stessa, specificando che a questo scopo<br />
il giudice poteva richiedere, all’occorrenza,<br />
le opportune indicazioni all’autorità amministrativa.<br />
Si rileva come l’attuale previsione comporti<br />
una “tipizzazione” delle condizioni alle<br />
quali il giudice poteva, già in base all’art. 24,<br />
legge n. 319/1976, subordinare l’applicazione<br />
della sospensione condizionale; in concreto, di<br />
fatto, queste indicazioni venivano a corrispondere<br />
frequentemente a quanto stabilito dal<br />
D.Lgs. n. 152/1999. Era prevista la possibilità,<br />
[5] Si veda Cass., sez. III, 13 dicembre 1984, n. 10974, CED 167010; nell’affermare questo principio la S.C. aveva precisato che,<br />
se l’impianto di depurazione non è tecnicamente idoneo, il condannato avrà il consequenziale obbligo di provvedere senza<br />
indugio alla sua attivazione; se l’impianto manca, dovrà essere sostituito; se l’impianto sopporta un carico determinato in<br />
relazione al ciclo produttivo, l’imprenditore dovrà controllare tempi e modalità del ciclo produttivo medesimo.<br />
[6] Si veda Cass., sez. III, 3 aprile 1998, n. 4135, CED 210504.<br />
[7] Si veda Cass., sez III, 16 settembre 2003, n. 35501, CED 225880.<br />
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20 settembre 2005 N. 18
AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />
LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI<br />
per il giudice, ove necessario, di richiedere, al<br />
fine di individuare gli adempimenti opportuni,<br />
di rivolgersi all’autorità amministrativa [8] .<br />
La previsione dell’art. 60, D.Lgs. n. 152/1999,<br />
che viene a costituire un “incentivo” particolarmente<br />
stringente nei confronti dei soggetti nei<br />
confronti dei quali è stata esercitata l’azione<br />
penale, risulta analoga a quanto stabilito in<br />
tema di rifiuti; in questo senso la legge n. 426/<br />
1998 [9] modificando sul punto l’art. 51bis,<br />
D.Lgs. n. 22/1997, ha aggiunto a questo articolo<br />
un ultimo, significativo comma, «Con la sentenza<br />
di condanna per la contravvenzione di<br />
cui al presente comma, o con la decisione emessa<br />
ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura<br />
penale, il beneficio della sospensione condizionale<br />
della pena può essere subordinato alla<br />
esecuzione degli interventi di messa in sicurezza,<br />
bonifica e ripristino ambientale».<br />
Proprio in tema di rifiuti, secondo la Cassazione,<br />
anche dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 22/<br />
1997, il giudice, con la sentenza di condanna, può<br />
subordinare la sospensione condizionale della pena<br />
all’eliminazione delle conseguenze dannose o<br />
pericolose nascenti dal reato, con l’unica precisazione<br />
che, in caso di inquinamento o di pericolo<br />
concreto e attuale di inquinamento di un sito, la<br />
sospensione condizionale della pena potrà essere<br />
subordinata all’esecuzione degli interventi di messa<br />
in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale<br />
previsti e proceduralizzati dall’art. 17 dello stesso<br />
decreto n. 22/1997, stante l’espressa previsione<br />
contenuta nel successivo art. 51bis del decreto;<br />
per gli altri reati previsti dal decreto n. 22/1997,<br />
strutturalmente diversi, anche se talvolta prodromici,<br />
da quello di inquinamento di un sito, il giudice<br />
può applicare la previsione codicistica di cui<br />
all’art. 165 e, quindi, subordinare il beneficio all’eliminazione<br />
delle conseguenze secondo le modalità<br />
da lui stesso stabilite nella sentenza di condanna<br />
[10] .<br />
Sul tema è opportuno segnalare che alcuni<br />
principi espressi dalla S.C. in relazione all’art.<br />
24, legge n. 319/1976 paiono senza dubbio ancora<br />
applicabili; in questo senso il beneficio potrebbe<br />
risultare condizionato solo nei casi in cui<br />
l’esatto adempimento richiesto ricada nella disponibilità<br />
del condannato, con particolare riguardo<br />
ai casi di responsabilità di pubblici amministratori,<br />
che, per evidenti ragioni, non possono<br />
“disporre” in termini aziendalistici, soprattutto<br />
in relazione a tempi e modalità di<br />
spesa, degli “impianti” e dei beni da loro formalmente<br />
amministrati [11] .<br />
Di notevole interesse deve essere, infine, considerato<br />
il rapporto tra il principio espresso dalla<br />
norma in oggetto e quello di carattere generale<br />
di cui all’art. 165, comma 1 c.p. Non vi sono<br />
ragioni per ritenere che il disposto dell’art. 60,<br />
D.Lgs. n. 152/1999 costituisca norma speciale<br />
rispetto al principio dell’art. 165 c.p., che, anzi,<br />
ben può integrare, a discrezione del giudice, e<br />
affiancare, con previsioni di differente natura,<br />
gli obblighi specifici indicati dal decreto in oggetto.<br />
Certamente gli obblighi di cui all’art.<br />
165, comma 1 c.p. non sono applicabili, a differenza<br />
di quanto previsto dall’art. 60, D.Lgs. n.<br />
152/1999, a una decisione ex art. 444 c.p.<br />
Al contrario, le ulteriori indicazioni specifiche di<br />
cui ai commi 2, «La sospensione condizionale<br />
della pena, quando è concessa a persona che ne<br />
abbia già usufruito, deve essere subordinata all’adempimento<br />
di uno degli obblighi previsti dal<br />
comma precedente, salvo che ciò sia impossibile»,<br />
e 3 «Il giudice della sentenza stabilisce il<br />
termine entro il quale gli obblighi devono essere<br />
adempiuti», dell’art. 165 c.p. possono certamente<br />
essere, nell’ambito dei poteri indicati in forma<br />
“libera” in relazione alle caratteristiche soggettive<br />
degli imputati e ai tempi di realizzazione<br />
degli obblighi, indicati dal giudice nell’ambito<br />
della determinazione in concreto degli adempimenti<br />
previsti dall’art. 60, D.Lgs. n. 152/1999. l<br />
[8] In questo senso, Cass., sez. III, 19 luglio 1991, n. 7704, CED, 187804; sul tema, ancora, la S.C., sez. III, 22 febbraio 1993, n.<br />
1599, CED 193054, aveva per altro osservato che, in materia di tutela delle acque dall’inquinamento, non è possibile<br />
subordinare la sospensione condizionale della pena a controlli successivi da parte della USL circa il rispetto dei limiti di<br />
accettabilità. La menzionata subordinazione non può, infatti, dipendere dal comportamento di altro soggetto, poiché la<br />
libertà personale o, comunque, l’esecuzione della pena può essere affidata soltanto alla volontà dell’interessato e non a<br />
quella di un estraneo alla vicenda processuale. Si realizzerebbe, inoltre, una indebita invasione nell’attività propria della<br />
P.A., che sarebbe tenuta - al di fuori dei casi tipici - a osservare un provvedimento giurisdizionale, che viene a estendere<br />
arbitrariamente l’attività di indagine, dettando ordini che sconfinano oltre i limiti propri del singolo procedimento.<br />
[9] «Nuovi interventi in campo ambientale», in Gazzetta Ufficiale del 14 dicembre 1998, n. 291.<br />
[10] Si veda Cass., sez. III, 16 settembre 2003, n. 35501, CED 225881.<br />
[11] Si veda Cass., sez. III, 5 aprile 1990, n. 5181, CED 183961.<br />
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103
GIURISPRUDENZA<br />
Massime<br />
AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />
RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA<br />
a cura di Alessandro Jazzetti, avvocato<br />
LE ORDINANZE SINDACALI NON POSSONO<br />
PRESCINDERE DA UNA SITUAZIONE<br />
DI CONCRETO PERICOLO<br />
TAR Calabria,<br />
8 luglio 2005, n. 1154,<br />
Pres. Esposito, Rel. Chinè<br />
Il potere sindacale di emanare ordinanze contingibili<br />
ed urgenti permette anche l’imposizione di<br />
obblighi di fare a carico dei destinatari, ma l’esercizio<br />
di tale potere non può prescindere dalla<br />
sussistenza di una situazione di effettivo e concreto<br />
pericolo per l’incolumità pubblica, la quale<br />
non sia fronteggiabile con gli ordinari strumenti<br />
di amministrazione attiva. Affinché tale situazione<br />
non sia meramente putativa, è necessario che<br />
l’ordinanza contingibile ed urgente deve sempre<br />
essere preceduta da una approfondita istruttoria,<br />
la quale soltanto può permettere l’accertamento<br />
di una eventuale situazione di pericolo imminente<br />
per l’incolumità pubblica di cui all’art. 54, comma<br />
2, D.Lgs. n. 267/2000.<br />
Nota<br />
Si veda, in senso conforme alla massima, CdS n.<br />
1904/2001, secondo cui è indispensabile che l’ordinanza<br />
sindacale sia destinata a porre rimedio<br />
a una situazione di «grave pericolo» per l’«incolumità<br />
dei cittadini», non evitabile mediante il<br />
ricorso agli ordinari mezzi dell’amministrazione.<br />
Non è sufficiente, quindi, che il provvedimento<br />
miri, genericamente, a realizzare un miglioramento<br />
delle condizioni igieniche e ambientali,<br />
occorrendo anche la dimostrazione<br />
dell’esistenza di una effettiva situazione di pericolo.<br />
La particolare finalità dell’ordinanza, che<br />
non svolge una funzione sanzionatoria di comportamenti<br />
od omissioni, ma mira esclusivamente<br />
a salvaguardare le esigenze primarie della<br />
collettività, spiega perché essa è idonea a sacrificare<br />
anche interessi giuridicamente protetti di<br />
soggetti determinati, entro ragionevoli limiti<br />
oggettivi e temporali, e con il rispetto di rigorose<br />
garanzie sostanziali (i principi generali dell’ordinamento)<br />
e formali (la motivazione e<br />
l’adeguata istruttoria).<br />
All’interno di queste coordinate ermeneutiche, il<br />
potere di ordinanza può svolgersi con una relativa<br />
ampiezza, correlata, fra l’altro, alla possibilità<br />
di intendere la tutela dell’igiene e della salute<br />
pubblica in senso estensivo ed evolutivo come<br />
protezione dell’ambiente in tutte le sue componenti<br />
essenziali. Per le stesse ragioni, la proiezione<br />
finalistica verso la salvaguardia dei valori essenziali<br />
della comunità locale rende superflua<br />
l’individuazione delle cause del pericolo e delle<br />
responsabilità individuali dei destinatari del<br />
provvedimento. Non è nemmeno necessario che<br />
la situazione pregiudizievole si sia verificata in<br />
epoca prossima all’adozione dell’ordinanza; il requisito<br />
dell’urgenza è riferito al pericolo e non al<br />
fatto generatore del rischio. Pertanto, non è illegittimo<br />
un provvedimento contingibile in relazione<br />
a una situazione di pericolo già in atto da<br />
tempo.<br />
VIA: PRESCRIZIONI E CONDIZIONI<br />
NON POSSONO ESSERE CONSIDERATE<br />
VIZI DI INCOMPLETEZZA<br />
TAR Lazio,<br />
14 aprile 2005, n. 2032,<br />
Pes. Giulia, Rel. Quiligotti<br />
Valutazione d’impatto ambientale Prescrizioni<br />
La presenza di prescrizioni e condizioni in seno<br />
ad una valutazione di impatto ambientale non<br />
può essere automaticamente assunta come indice,<br />
e tanto meno come prova da sola sufficiente,<br />
dell’esistenza di vizi di incompletezza<br />
ed insufficienza negli studi compiuti al riguardo<br />
dall’ente proponente, né vale di per sé a<br />
denotare l’inidoneità del progetto originario a<br />
ricevere una valutazione comunque sufficiente,<br />
poiché l’amministrazione, essendo titolare di<br />
un potere pieno di valutazione e di conformazione<br />
della decisione sull’opera, in presenza di<br />
manchevolezze del progetto per le quali l’opera<br />
appare di dubbia compatibilità ambientale<br />
non deve necessariamente esprimere una via<br />
negativa, ma deve, invece, valutare la possibilità<br />
di prescrivere misure mitigative o modifiche<br />
al progetto.<br />
104 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
20 settembre 2005 N. 18
AMBIENTE E INQUINAMENTO<br />
GIURISPRUDENZA<br />
Massime<br />
Nota<br />
Si veda TAR Lazio, sez. I, 31 maggio 2004, n. 5118,<br />
secondo cui le richieste di approfondimenti fatte<br />
in sede di valutazione d’impatto ambientale potrebbero<br />
essere dettate anche soltanto da ragioni<br />
di semplice opportunità, al cospetto di lacune inesistenti<br />
come tali o comunque inessenziali; d’altronde,<br />
la legge stessa specificamente prevede la<br />
possibilità che il provvedimento di compatibilità<br />
ambientale rechi, a parte il proprio contenuto essenziale,<br />
delle specifiche prescrizioni a valere sulla<br />
elaborazione del progetto definitivo, delle quali<br />
nel prosieguo dovrà essere puntualmente verificata<br />
l’ottemperanza (precisando le stesse norme,<br />
benché il provvedimento di compatibilità ambientale<br />
sia previsto come contestuale all’approvazione<br />
del progetto preliminare, che il relativo procedimento<br />
debba essere concluso, secondo le previsioni<br />
del relativo capo del decreto legislativo, “prima<br />
dell’avvio dei lavori”, di cui agli artt. 20, comma<br />
4, 18, comma 6, e 17, comma 2, D.Lgs. n. 190).<br />
Ne consegue che la presenza delle prescrizioni richiamate<br />
non può essere assunta automaticamente<br />
come indice e tanto meno come prova da sola<br />
sufficiente dell’esistenza dei vizi dedotti, rispetto<br />
ai quali non possiede alcun valore sintomatico (si<br />
veda, in relazione a una situazione analoga, anche<br />
CdS, sez. VI, n. 1/2004, nella quale è stato<br />
affermato con nettezza, appunto, che la formulazione<br />
di condizioni, in questa materia, non può<br />
affatto essere apprezzata quale dimostrazione<br />
dell’inidoneità del progetto originario a ricevere<br />
una valutazione positiva).<br />
Il merito<br />
TUTELA DEL DIRITTO ALLA SALUTE<br />
Tribunale di Mantova, sez. II,<br />
5 novembre 2004,<br />
Giudice Unico Bernardi<br />
Immissioni di odori provenienti da attività<br />
produttive Normale tollerabilità Limiti <br />
Diritto alla salute<br />
Il diritto alla salute va inteso come stato di benessere<br />
psicofisico la cui lesione viene determinata<br />
da ogni immissione idonea a provocare stress,<br />
esasperazione e tensione psicologica anche a prescindere<br />
dalla prova dell’esistenza di patologie.<br />
Al riguardo va evidenziato, da un lato, che il<br />
rispetto delle disposizioni pubblicistiche in tema<br />
di emissioni non esclude l’applicabilità delle norme<br />
che tutelano la salute nei rapporti interprivati<br />
le quali richiedono l’accertamento, caso per<br />
caso, della tollerabilità o meno delle immissioni<br />
e della loro concreta lesività per il riposo e la<br />
quiete di ogni soggetto interessato e, dall’altro,<br />
che, ove risultino superati i limiti della normale<br />
tollerabilità, si è in presenza di un’attività illegittima<br />
e non sono applicabili i criteri previsti dall’art.<br />
844 c.c. ma, venendo in considerazione<br />
unicamente l’illiceità del danno arrecato a terzi,<br />
si rientra nello schema dell’azione generale di<br />
risarcimento danni di cui all’art. 2043 c.c. ovvero<br />
di cui all’art. 2059 c.c. secondo la nuova prospettazione<br />
giurisprudenziale con riguardo al bene<br />
della salute.<br />
Nota<br />
Sulla irrilevanza dei limiti pubblici in tema di<br />
emissioni, allorché sia provata la concreta nocività<br />
delle stesse, si veda Cass. 3 febbraio 1999, n.<br />
915, secondo cui, in materia di immissioni rumorose,<br />
la circostanza che queste siano di livello inferiore<br />
a quello minimo previsto dai regolamenti<br />
locali non esclude l’applicabilità dell’art. 844 c.c. o<br />
delle altre norme poste a tutela della salute, ove<br />
in concreto sia accertata la nocività delle suddette<br />
immissioni per la salute dell’individuo.<br />
Sul rapporto tra l’azione di risarcimento del danno<br />
ex art. 2043 e quella di cui all’art. 844 c.c., si<br />
veda Cass. 7 agosto 2002, n. 11915, secondo cui in<br />
materia di immissioni, le due azioni di cui agli<br />
artt. 844 e 2043 c.c. hanno diverso ambito operativo,<br />
atteso che la prima norma impone, nei limiti<br />
della normale tollerabilità e dell’eventuale contemperamento<br />
delle esigenze della produzione<br />
con le ragioni della proprietà, l’obbligo di sopportazione<br />
delle propagazioni inevitabili determinate<br />
dall’uso della proprietà attuato nel contesto<br />
delle norme generali e speciali che ne disciplinano<br />
l’esercizio. Ove risultino superati questi limiti,<br />
si è in presenza di un’attività illegittima, di<br />
fronte alla quale non ha ragion d’essere l’imposizione<br />
di un sacrificio all’altrui diritto di proprietà<br />
o di godimento e non sono quindi applicabili i<br />
criteri dettati da questa norma ma, venendo in<br />
considerazione in questa ipotesi unicamente l’illiceità<br />
del fatto generatore del danno arrecato a<br />
terzi, si rientra nello schema dell’azione generale<br />
di risarcimento danni di cui all’art. 2043 c.c., che<br />
può essere proposta anche cumulativamente con<br />
l’azione ex art. 844 c.c.<br />
l<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
105
SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />
DA CANTIERE: LA PERFORATRICE<br />
22<br />
<strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>, dopo una serie di approfondimenti dedicati a:<br />
terne (n. 18/2003);<br />
gru a torre (n. 22/2003);<br />
escavatori (n. 1/2004);<br />
gru a torre automontanti (n. 4/2004);<br />
dumper e autocarri (n. 6/2004);<br />
autogrù (n. 8/2004);<br />
rullo compattatore (n. 10/2004);<br />
vibrofinitrici (n. 13/2004);<br />
scarificatrici (n. 14/2004);<br />
motolivellatrici (n. 16/2004);<br />
autobetoniere (n. 18/2004);<br />
posatubi (n. 21/2004);<br />
motoruspe (n. 22/2004);<br />
argani (n. 2/2005);<br />
pompa per il calcestruzzo (n. 4/2005);<br />
sollevatori telescopici (n. 6/2005);<br />
pale caricatrici (n. 8/2005);<br />
apripista (n. 10/2005);<br />
piattaforme aeree sviluppabili (n. 12/2005);<br />
palificatrici a massa battente (n. 14/2005);<br />
seghe circolari (n. 16/2005);<br />
prosegue la pubblicazione degli inserti dedicati alla sicurezza delle macchine da cantiere<br />
occupandosi delle perforatrici.<br />
Destinata all’esecuzione di attività di scavo, di carico e di trasporto di terra o di materiali<br />
simili, la perforatrice, detta anche trivellatrice o trivella, è una macchina spesso di grandi<br />
dimensioni specializzata nella perforazione del terreno per fori di vario diametro non<br />
superiori, generalmente, ai 180 mm. Le modalità di perforazione sono sostanzialmente di<br />
due tipi, a percussione, dove il foro è realizzato sminuzzando la terra o la roccia del fondo<br />
battendola con l’utensile di percussione, o a rotazione, dove l’utensile di perforazione è di<br />
tipo rotante.<br />
L’Inserto propone un breve inquadramento normativo e un approfondimento che guida<br />
all’individuazione dei rischi mediante l’analisi delle principali caratteristiche e modalità di<br />
impiego, indica la documentazione necessaria a corredo della macchina, affronta il tema<br />
della formazione dell’operatore addetto alla conduzione. In chiusura, una check list per la<br />
verifica delle condizioni della macchina.<br />
Contributi di:<br />
• Marco Vigone<br />
• Claudio Conio
SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />
Articolo<br />
INSERTO<br />
L’avviamento della macchina deve essere possibile solo mediante azionamento volontario del dispositivo di comando<br />
Perforatrice: misure di sicurezza e di ergonomia<br />
secondo la norma armonizzata UNI EN 791<br />
di Marco Vigone ingegnere, Presidente della Commissione <strong>Sicurezza</strong> UNI Milano, CEN Occupational<br />
Health and Safety Rapporteur Bruxelles, Amministratore delegato IEC s.r.l. Torino<br />
Utilizzato nell’industria delle<br />
costruzioni, della perforazione di<br />
pozzi d’acqua, in quella mineraria<br />
ed estrattiva e per la costruzione<br />
delle gallerie, le macchine<br />
perforatrici sono distinguibili<br />
tra loro secondo le modalità<br />
di impiego, il metodo di<br />
perforazione usato,<br />
a percussione o a rotazione,<br />
e quello di evacuazione del<br />
materiale scavato nonché il tipo<br />
di costruzione da effettuare.<br />
Questa macchina è fissa durante<br />
la lavorazione e può essere<br />
spostata mediante un sistema<br />
propulsivo indipendente. Devono<br />
essere provviste di una cabina che<br />
protegge l’operatore dal rumore,<br />
dalle polveri e dalle avverse<br />
condizioni meteorologiche,<br />
inoltre devono essere progettate<br />
ed equipaggiate con una<br />
struttura di protezione dalla<br />
caduta di oggetti (FOPS) e con<br />
una protezione che ripari dalla<br />
proiezione di oggetti in direzione<br />
orizzontale. L’utilizzo in sicurezza<br />
e i criteri di ergonomia di queste<br />
macchine sono contenuti nella<br />
norma armonizzata UNI EN 791.<br />
Il termine generale “Macchine perforatrici”<br />
include parecchi tipi di macchine<br />
usate nell’industria delle costruzioni,<br />
nell’industria della perforazione<br />
di pozzi d’acqua, nell’industria mineraria<br />
ed estrattiva, sia per l’uso a livello<br />
del suolo sia nel sottosuolo, e per la costruzione<br />
di gallerie. I differenti impieghi<br />
determinano la scelta del metodo di perforazione<br />
e il tipo di macchina. Per questa<br />
ragione esistono molti modi possibili<br />
per classificare le macchine perforatrici<br />
in gruppi differenti, per esempio secondo:<br />
l l’impiego;<br />
l il metodo di perforazione usato;<br />
l il metodo di evacuazione del materiale<br />
scavato;<br />
l il tipo di costruzione.<br />
I metodi usati per la perforazione possono<br />
essere fondamentalmente divisi in sistemi<br />
a percussione e in sistemi a rotazione.<br />
La perforazione a percussione è un<br />
metodo con il quale il foro viene realizzato<br />
frantumando la terra o la roccia sul<br />
fondo del foro di perforazione, battendola<br />
con l’utensile di perforazione ed evacuando<br />
il materiale scavato fuori dal foro.<br />
La perforazione a rotazione è un metodo<br />
in cui l’utensile di perforazione sul<br />
fondo del foro è rotante e, nello stesso<br />
momento, viene applicata una forza di<br />
avanzamento per mezzo di un dispositivo<br />
di avanzamento o di un appesantitore. La<br />
terra o la roccia sul fondo del foro di<br />
trivellazione viene frantumata o tagliata<br />
per pressione, per sforzo di taglio o di<br />
trazione esercitato dai differenti utensili<br />
di perforazione. Il materiale scavato viene<br />
rimosso saltuariamente o continuamente<br />
dal foro.<br />
La perforazione a roto-percussione<br />
viene realizzata da un pistone che agisce<br />
direttamente sull’utensile (perforatori a<br />
martello di fondo foro) o mediante energia<br />
di percussione trasmessa all’utensile<br />
attraverso un sistema di aste. Il pistone<br />
viene azionato o da un fluido idraulico o<br />
da aria compressa.<br />
Nello stesso momento l’utensile di<br />
perforazione viene fatto ruotare continuamente<br />
oppure a intermittenza.<br />
Il materiale scavato viene continuamente<br />
rimosso dal foro di trivellazione<br />
mediante un mezzo di lavaggio, aria o<br />
altro fluido, fatti giungere all’utensile.<br />
Esempi tipici di macchine perforatrici<br />
sono:<br />
l macchine perforatrici a percussione a<br />
fune;<br />
l macchine perforatrici per pali;<br />
l macchine perforatrici in testa al palo;<br />
l macchine perforatrici in sollevamento;<br />
l macchine perforatrici a circolazione<br />
inversa;<br />
l macchine perforatrici a rotazione e<br />
roto-percussione per perforazioni sotterranee;<br />
l macchine perforatrici a rotazione e a<br />
roto-percussione per perforazioni in superficie;<br />
l macchine perforatrici a rotazione con<br />
testa di rotazione;<br />
l macchine perforatrici a mandrino rotante;<br />
l macchine perforatrici per uso sotterraneo.<br />
Può essere utilizzato un rivestimento<br />
o un fluido di perforazione per stabilizzare<br />
il foro di trivellazione.<br />
Le macchine perforatrici sono fisse<br />
durante la perforazione; possono spostarsi<br />
da un posto all’altro mediante un sistema<br />
propulsivo indipendente. Le macchine<br />
che possiedono un sistema propulsivo<br />
indipendente possono includere quelle<br />
montate su camion, su rimorchi, su trattori,<br />
su cingoli, su pattini (tirati da verricelli).<br />
Quando le macchine perforatrici<br />
sono montate su camion, trattori e rimorchi,<br />
oppure sono su ruote, il trasporto<br />
può essere condotto a velocità superiore<br />
e su strade pubbliche. Quando si proget-<br />
II www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
20 settembre 2005 N. 18
INSERTO<br />
SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />
Articolo<br />
tano e si costruiscono queste unità, deve<br />
essere prestata attenzione sia alle norme<br />
che trattano le macchine perforatrici sia a<br />
quelle di circolazione.<br />
Le questioni di sicurezza e i criteri di<br />
ergonomia di queste macchine sono contenuti<br />
nella norma armonizzata UNI EN 791<br />
e si riferiscono soprattutto alla parte principale<br />
dell’impiego, per esempio, quando la<br />
macchina è fissa e sta perforando.<br />
Per quanto riguarda l’emissione di rumore<br />
di queste macchine si deve fare<br />
riferimento alla direttiva europea n.<br />
2000/14/CE che la definisce alla voce 17<br />
come: «Perforatrici - Macchine utilizzate<br />
per l’esecuzione di fori in cantiere mediante:<br />
l percussione;<br />
l<br />
l<br />
rotazione;<br />
percussione - rotazione;<br />
I carri di perforazione sono stazionari<br />
durante la perforazione, ma possono spostarsi<br />
da un punto all’altro in quanto semoventi.<br />
Possono essere montati su autocarro,<br />
su autotelaio, su trattore, su cingoli,<br />
su slitta (trainata da argano). I carri di<br />
perforazione montati su autocarro, trattore<br />
o rimorchio, o comunque gommati,<br />
possono muoversi anche su strada».<br />
Postazione dell’operatore<br />
Le macchine perforatrici devono essere<br />
provviste di una cabina per proteggere<br />
l’operatore dal rumore, dalle polveri<br />
e dalle avverse condizioni meteorologiche.<br />
Possono, comunque, esistere anche<br />
tipi di macchine perforatrici oppure condizioni<br />
operative in cui non è possibile<br />
od opportuno fornire una cabina.<br />
Le macchine perforatrici devono essere<br />
progettate ed equipaggiate con una<br />
struttura di protezione dalla caduta di oggetti<br />
(FOPS) se sono specifiche per l’utilizzo<br />
in applicazioni che possono presentare<br />
il pericolo di caduta di massi.<br />
Le macchine perforatrici per pali devono,<br />
in ogni caso, essere provviste di un<br />
tetto di protezione.<br />
Bisogna tenere in considerazione anche<br />
la protezione dalla proiezione di oggetti<br />
in direzione orizzontale, per esempio<br />
nel caso di trivelle e perforazione di pali.<br />
La cabina deve fornire all’operatore:<br />
l ventilazione con adeguato filtraggio<br />
delle polveri, qualora necessario e opportuno,<br />
riscaldamento e/o raffreddamento;<br />
l protezione contro il rumore; il livello<br />
sonoro non deve superare gli 85 dB(A)<br />
all’interno della cabina;<br />
l isolamento dalle vibrazioni del pavimento;<br />
l un mezzo di evacuazione rapida dalla<br />
cabina;<br />
l un’uscita di emergenza, per esempio,<br />
sotto forma di finestre o pannelli staccabili,<br />
su un lato della cabina differente da<br />
quello sul quale è situata l’uscita normale,<br />
oppure un attrezzo per rompere il<br />
vetro;<br />
l un sedile, a meno che l’operatore non<br />
debba lavorare in posizione eretta. Il sedile<br />
deve assicurare all’operatore una posizione<br />
di lavoro confortevole e stabile e<br />
deve essere facilmente adattabile a operatori<br />
di peso e altezza differenti. Inoltre,<br />
deve essere progettato in modo da ridurre<br />
le vibrazione trasmesse all’operatore<br />
al livello più basso ragionevolmente ottenibile;<br />
l un dispositivo di pulizia del parabrezza.<br />
I pannelli trasparenti delle porte e delle<br />
finestre devono essere realizzati in vetro<br />
di sicurezza stratificato o di materiale<br />
equivalente.<br />
Visibilità<br />
La visibilità dalla postazione del conducente<br />
e/o dell’operatore deve essere tale<br />
che durante la perforazione o la manovra,<br />
il conducente o l’operatore possano<br />
azionare la macchina perforatrice senza<br />
causare danno a se stessi o ad altre persone.<br />
Se necessario, devono essere forniti<br />
aiuti ottici o altri mezzi.<br />
Comandi<br />
Avviamento<br />
L’avviamento della fonte principale di<br />
energia della macchina perforatrice deve<br />
essere possibile solo mediante azionamento<br />
volontario del dispositivo di comando<br />
d’avviamento.<br />
Ciò si applica anche dopo un arresto<br />
dovuto a qualsiasi causa.<br />
L’avviamento non autorizzato deve<br />
essere evitato fornendo adatte protezioni,<br />
per esempio cabine bloccabili a chiave,<br />
interruttori di avviamento bloccabili a<br />
chiave o interruttori di isolamento elettrico<br />
bloccabili a chiave.<br />
Se la macchina perforatrice ha diversi<br />
comandi di avviamento, essi devono essere<br />
bloccabili tra loro in modo che l’avviamento<br />
possa essere effettuato da uno<br />
solo di essi.<br />
In una macchina perforatrice ad azionamento<br />
pneumatico deve essere fornito<br />
un dispositivo di arresto principale sulla<br />
macchina, il quale colleghi la macchina<br />
perforatrice all’alimentazione di aria oppure,<br />
nella posizione di chiuso, interrompa<br />
l’alimentazione di aria e ne faccia sfogare<br />
la pressione presente all’interno della<br />
macchina.<br />
Arresto normale<br />
La macchina perforatrice deve essere<br />
equipaggiata con un dispositivo di arresto<br />
mediante il quale la perforazione possa<br />
essere portata a termine in modo sicuro<br />
fino all’arresto completo.<br />
Arresto di emergenza<br />
Al fine di poter prevenire rapidamente<br />
un pericolo effettivo o potenziale, devono<br />
essere forniti dei dispositivi di arresto<br />
di emergenza. Essi devono arrestare il<br />
più velocemente possibile qualsiasi movimento<br />
pericoloso, per evitare lo svilupparsi<br />
di una situazione di emergenza senza<br />
però creare pericoli aggiuntivi. In ogni<br />
postazione di azionamento o di conduzione<br />
deve esserci un dispositivo di arresto<br />
di emergenza.<br />
Un dispositivo di arresto di emergenza<br />
con effetto locale deve arrestare una<br />
specifica e limitata funzione, per esempio<br />
rotazione e avanzamento.<br />
Dispositivi di comando<br />
I dispositivi di comando devono essere<br />
marcati senza ambiguità, e posizionati<br />
per consentire un funzionamento sicuro,<br />
rapido e comodo.<br />
I dispositivi di comando devono essere<br />
progettati in modo che i loro movimenti<br />
siano coerenti con i loro effetti.<br />
Tutti i comandi, a parte quelli che<br />
comandano operazioni continuative, quali<br />
per esempio le operazioni di perforazione<br />
e di intubaggio, devono essere del<br />
tipo a rilascio automatico.<br />
I dispositivi di comando devono essere:<br />
l comodamente raggiungili quando sono<br />
di primaria importanza;<br />
l normalmente raggiungibili, quando<br />
sono di secondaria importanza;<br />
l quando possibile collocati al di fuori<br />
della zona di pericolo.<br />
Qualora ci sia più di una postazione<br />
per l’operatore, la macchina perforatrice<br />
deve essere provvista di un selettore che<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
III
SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />
Articolo<br />
INSERTO<br />
permetta di selezionare volontariamente<br />
la posizione di comando da utilizzare. Ciò<br />
non si applica ai dispositivi di arresto di<br />
emergenza o ai dispositivi di sicurezza.<br />
Dispositivi di arresto di emergenza<br />
e dispositivi di sicurezza<br />
I dispositivi di arresto di emergenza<br />
devono essere collocati in posizioni facilmente<br />
raggiungibili dall’operatore.<br />
L’arresto di emergenza, dopo l’azionamento,<br />
deve restare attivo finché non venga<br />
riarmato manualmente. Questo riarmo<br />
manuale non deve avviare la macchina,<br />
ma deve solo permettere il riavviamento<br />
mediante la normale procedura.<br />
Le macchine perforatrici con una guida<br />
di avanzamento, qualora vi sia il pericolo<br />
che il personale possa rimanere impigliato<br />
e ferito dall’elemento rotante,<br />
devono essere provviste di dispositivi<br />
sensibili supplementari, nelle immediate<br />
vicinanze del sistema di aste del perforatore<br />
rotante, accessibili al personale. I dispositivi<br />
sensibili devono essere installati<br />
ed equipaggiati in modo che essi vengano<br />
automaticamente azionati in situazione<br />
di emergenza dal corpo, o da parti del<br />
corpo, senza alcun ritardo o difficoltà.<br />
Gli attuatori del dispositivo sensibile devono<br />
essere chiaramente marcati.<br />
Se la macchina perforatrice è equipaggiata<br />
con un sistema meccanico di<br />
movimentazione del tubo o dell’asta di<br />
perforazione, è sufficiente che sia presente<br />
un dispositivo sensibile sul lato libero<br />
del tubo o dell’asta di perforazione.<br />
Quando viene azionato il dispositivo<br />
sensibile, qualsiasi energia residua nel sistema<br />
deve essere contenuta o dissipata<br />
in modo da non causare movimenti pericolosi.<br />
Il dispositivo sensibile, dopo l’azionamento,<br />
deve rimanere attivo fino al riarmo<br />
manuale.<br />
Questo riarmo manuale non deve avviare<br />
la macchina ma deve solo permettere<br />
il riavviamento mediante la normale<br />
procedura.<br />
Se questo dispositivo sensibile non è<br />
realizzabile, a causa di motivi operativi,<br />
la zona pericolosa deve essere ad accesso<br />
proibito durante la perforazione e durante<br />
l’esecuzione di altre operazioni pericolose.<br />
L’area ad accesso proibito deve essere<br />
indicata da un cartello di “Vietato l’accesso”.<br />
Occorre, inoltre, che, se l’azionamento<br />
accidentale dei comandi può causare<br />
un pericolo, sui pannelli di comando deve<br />
essere posizionata una protezione per<br />
prevenire questa possibilità.<br />
Nel caso in cui la macchina perforatrice<br />
possa operare senza operatore a bordo<br />
occorre che l’avviamento e la fermata<br />
della macchina perforatrice siano possibili<br />
soltanto agendo sui comandi della macchina<br />
stessa, oppure da una postazione di<br />
comando con sufficiente visibilità sull’area<br />
di lavoro, per esempio per mezzo<br />
di una telecamera a circuito chiuso. La<br />
macchina perforatrice deve essere equipaggiata<br />
con un segnale visivo e/o acustico<br />
che entri in funzione automaticamente<br />
prima dell’avviamento, indicando che la<br />
macchina perforatrice sta funzionando<br />
comandata a distanza o automatizzata.<br />
In questo caso la macchina perforatrice<br />
deve essere equipaggiata con un dispositivo<br />
di arresto di emergenza, situato<br />
sul pannello dei comandi nella postazione<br />
di comando/controllo, e dispositivi<br />
supplementari di arresto di emergenza<br />
devono essere collocati sulla macchina<br />
perforatrice ed essere accessibili facilmente<br />
e in modo sicuro dall’esterno della<br />
macchina stessa.<br />
I circuiti di comando di una perforatrice<br />
che può essere comandata a distanza<br />
o automatizzata devono essere progettati<br />
in modo che il funzionamento si interrompa<br />
automaticamente in caso di interruzione<br />
o rottura del collegamento tra<br />
l’operatore e la macchina, oppure quando<br />
la sequenza di operazioni iniziata è stata<br />
completata.<br />
Il sistema di comando in una macchina<br />
senza operatore che funzioni automaticamente<br />
deve essere progettato con un<br />
sistema integrato di diagnosi, che interrompa<br />
il funzionamento nel momento in<br />
cui rileva un guasto oppure un funzionamento<br />
anormale.<br />
Il riarmo, dopo un guasto in una parte<br />
del sistema, non deve rimettere in azione<br />
nessuna funzione automatica.<br />
La rimessa in moto deve essere possibile<br />
soltanto in modo intenzionale da<br />
parte dell’operatore.<br />
La macchina perforatrice deve essere<br />
fornita di un interruttore per selezionare<br />
il modo di comando locale o a distanza.<br />
Il comando locale deve sempre avere<br />
priorità rispetto al comando a distanza.<br />
Dispositivi di allarme<br />
I dispositivi di allarme quali, per<br />
esempio, i segnali, devono essere chiari e<br />
facilmente percepibili.<br />
L’operatore deve poter verificare il<br />
funzionamento di tutti i dispositivi essenziali<br />
di allarme in qualsiasi momento.<br />
Deve essere presente un segnale di<br />
allarme acustico ad azionamento manuale<br />
per avvertire il personale nell’area<br />
di lavoro di un pericolo imminente. Deve<br />
essere possibile azionare il segnale<br />
acustico da ogni postazione di conduzione<br />
o di azionamento, compresa (se<br />
pertinente) una postazione di controllo a<br />
distanza. Il livello sonoro del segnale di<br />
allarme deve essere almeno 5 dB più<br />
alto del rumore prodotto dalla macchina<br />
perforatrice a una distanza di 2 m.<br />
Deve essere presente anche un segnale<br />
di allarme automatico, acustico o visivo,<br />
azionato in caso di marcia indietro.<br />
Una macchina perforatrice comandata<br />
a distanza e/o senza operatore, che<br />
funzioni automaticamente, deve essere<br />
fornita di un segnale luminoso di allarme<br />
che deve essere azionato automaticamente<br />
prima dell’avviamento e quando la<br />
macchina perforatrice lavora comandata<br />
a distanza o automaticamente.<br />
Questo requisito può non essere rispettato<br />
per una macchina perforatrice<br />
comandata a distanza con il pannello di<br />
comando situato nei pressi della macchina<br />
perforatrice stessa e nel caso in cui vi<br />
sia contatto visivo diretto tra l’operatore<br />
e la macchina.<br />
Informazioni per l’uso<br />
La norma in esame fornisce precise<br />
disposizioni per il manuale d’uso che deve<br />
essere consegnato con la macchina. Si<br />
riportano solo le principali, rimandando<br />
alla norma UNI EN 791 per un loro esame<br />
completo.<br />
Con ogni macchina perforatrice devono<br />
essere forniti i seguenti manuali di<br />
istruzioni:<br />
l istruzioni per l’operatore;<br />
l istruzioni per la manutenzione;<br />
l lista dei pezzi di ricambio;<br />
l istruzioni di trasporto e montaggio, se<br />
pertinenti.<br />
Le istruzioni per l’operatore devono<br />
essere disponibili sulla macchina in un<br />
luogo appositamente predisposto, devono<br />
informare l’operatore stesso sul modo<br />
di utilizzare la macchina e devono essere<br />
incluse tutte le istruzioni importanti per il<br />
funzionamento sicuro della macchina.<br />
Devono, inoltre, contenere, nella prima<br />
pagina e/o nella copertina, le seguenti<br />
informazioni:<br />
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20 settembre 2005 N. 18
INSERTO<br />
SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />
Articolo<br />
l il titolo delle istruzioni;<br />
l la designazione del tipo di macchina<br />
perforatrice interessata, insieme a informazioni<br />
sul tipo, sul modello e sul numero<br />
di serie, se pertinenti;<br />
l il nome e l’indirizzo completo del costruttore<br />
e del venditore, del distributore<br />
o del rivenditore autorizzato.<br />
Le istruzioni devono contenere almeno<br />
le seguenti informazioni e direttive<br />
per l’utilizzo sicuro della macchina perforatrice:<br />
l le stesse informazioni della targa dati;<br />
l i nomi e gli indirizzi oppure un riferimento<br />
a una lista di agenti autorizzati per<br />
le riparazione e il servizio;<br />
l le istruzioni sull’utilizzo previsto della<br />
macchina;<br />
l le istruzioni complete per il funzionamento<br />
della macchina;<br />
l una lista delle situazioni - prevedibili<br />
in base all’esperienza - nelle quali la macchina<br />
perforatrice non deve essere utilizzata<br />
e altri prevedibili utilizzi scorretti;<br />
l una descrizione dei comandi per<br />
l’operatore e il senso di movimento degli<br />
elementi mobili;<br />
l la necessità di verificare il corretto<br />
funzionamento dei dispositivi di arresto<br />
di emergenza e dei dispositivi di spostamento<br />
prima dell’inizio di ogni turno e<br />
dopo la manovra;<br />
l informazioni complete riguardo la<br />
stabilità in modo da consentire il corretto<br />
stazionamento, conduzione e funzionamento<br />
della macchina perforatrice. I<br />
massimi angoli di inclinazione ammissibili<br />
devono essere stabiliti per le condizioni<br />
di stazionamento, di perforazione e<br />
di manovra;<br />
l definire la velocità minima del vento<br />
che rende necessaria l’interruzione della<br />
perforazione e la collocazione della macchina<br />
perforatrice in posizione di stazionamento;<br />
l definire le misure da prendere quando<br />
la forza del vento supera il valore ammissibile<br />
per la condizione di macchina stazionaria<br />
e fuori servizio;<br />
l se necessario, devono essere forniti i<br />
limiti delle condizioni di manovra;<br />
l la massima inclinazione ammissibile<br />
per la macchina perforatrice con i margini<br />
di stabilità fissati durante la manovra<br />
in pendenza;<br />
l la spiegazione dei simboli utilizzati;<br />
l una vista generale della macchina<br />
perforatrice e dei suoi accessori;<br />
l i necessari disegni, diagrammi e illustrazioni,<br />
di dimensioni sufficienti a mostrare<br />
chiaramente la designazione dei<br />
componenti principali, le loro funzioni,<br />
le loro collocazioni e relazioni con l’intera<br />
macchina perforatrice;<br />
l un diagramma carico/velocità per i<br />
verricelli e gli argani;<br />
l la massima pressione al suolo che si<br />
verifica in condizioni di funzionamento;<br />
l avvertenze speciali riguardo ad azioni<br />
che possono causare infortuni all’operatore<br />
o ad altro personale;<br />
l istruzioni per azionare le macchine<br />
perforatrici in zone delimitate, in modo<br />
che i gas di scarico vengano indirizzati in<br />
modo da non ritornare nell’area di lavoro<br />
e creare così un pericolo;<br />
l informazioni sulla zona ad accesso<br />
vietato, necessaria per una macchina perforatrice<br />
comandata a distanza e/o senza<br />
operatore, che funziona automaticamente;<br />
l informazioni sull’area sicura dalla<br />
quale l’operatore può comandare la macchina<br />
perforatrice con la scatola di controllo<br />
a distanza, per esempio la distanza<br />
di sicurezza tra l’operatore e la macchina<br />
perforatrice;<br />
l informazioni sui pericoli residui che<br />
possono presentarsi in seguito a insufficienza<br />
del sistema di protezione, per<br />
esempio la necessità di pulire la trivella;<br />
l istruzioni sull’uso delle imbragature<br />
di sicurezza e dell’equipaggiamento di<br />
evacuazione;<br />
l le precauzioni di sicurezza da prendere<br />
durante il trasporto, il montaggio e lo<br />
smantellamento della macchina perforatrice<br />
e di sue parti e accessori, con particolare<br />
attenzione al montaggio e al fissaggio<br />
delle antenne di perforazione, delle<br />
torri di perforazione e delle guide di<br />
avanzamento;<br />
l la collocazione e l’uso degli estintori;<br />
l i limiti delle temperature ambiente<br />
per le quali la macchina perforatrice è<br />
stata progettata;<br />
l il livello sonoro ponderato A nella postazione<br />
dell’operatore se supera i 70 dB.<br />
Se il livello sonoro non dovesse superare<br />
i 70 dB, ciò deve essere indicato;<br />
l il livello di potenza sonora ponderata<br />
A continua emesso dalla macchina, se il<br />
livello sonoro in qualsiasi postazione di<br />
lavoro dovesse superare gli 85 dB;<br />
l la media quadratica ponderata dell’accelerazione<br />
alla quale il corpo è sottoposto<br />
se supera 0,5 m/s 2 , se invece non supera<br />
questo valore, ciò deve essere riportato.<br />
Al fine di assicurare un soddisfacente<br />
livello di sicurezza, le seguenti istruzioni<br />
devono essere fornite in una voce a parte:<br />
l dove si presentano i maggiori pericoli,<br />
e quali misure vanno prese per rendere<br />
sicuro il funzionamento;<br />
l le figure che mostrano le zone pericolose<br />
della macchina perforatrice, sia durante<br />
la perforazione sia durante la manovra;<br />
l devono essere fornite istruzioni su<br />
come sostituire in modo sicuro le aste e i<br />
tubi di perforazione con l’aiuto di meccanismi<br />
rotanti e altri mezzi ausiliari che<br />
si rendessero disponibili;<br />
l devono essere fornite istruzioni su come<br />
sono stati installati e su come funzionano<br />
i dispositivi di arresto di emergenza<br />
e di spostamento;<br />
l la necessità di verificare il corretto<br />
funzionamento dei dispositivi di arresto<br />
di emergenza e dei dispositivi di spostamento<br />
prima dell’inizio di ogni turno e<br />
dopo la manovra;<br />
l le istruzioni devono specificare che<br />
gli operatori devono ricevere un addestramento<br />
pratico sul funzionamento della<br />
macchina perforatrice, con particolare<br />
enfasi sulle precauzioni di sicurezza sopra<br />
citate;<br />
l le istruzioni per l’uso di impianti per<br />
controllare le condizioni atmosferiche<br />
ambientali, in caso di lavoro in uno spazio<br />
confinato;<br />
l le istruzioni e le informazioni sul<br />
montaggio e sullo smontaggio modulare<br />
della macchina perforatrice;<br />
l le istruzioni per rimuovere il ghiaccio<br />
in caso di temperature sotto lo zero.<br />
Il rumore emesso<br />
Le macchine perforatrici richiedono<br />
la dichiarazione da parte del costruttore<br />
del livello sonoro garantito di emissione<br />
ma non è necessario l’intervento, per<br />
questa dichiarazione, di un Organismo<br />
terzo, i cosiddetti Organismi Notificati,<br />
in quanto non sono soggetti a ben determinati<br />
limiti di emissione acustica.<br />
Il fabbricante deve, pertanto, consegnare<br />
all’acquirente una dichiarazione<br />
contenente questo livello di emissione,<br />
secondo quanto richiesto dall’Allegato II<br />
alla direttiva n. 2000/14/CE e apporre<br />
sulla macchina il simbolo recante la marcatura<br />
CE e l’indicazione della potenza<br />
sonora garantita.<br />
Inoltre, deve, ovviamente, indicare nel<br />
manuale d’istruzione, come richiesto dal<br />
punto 1.7.4 dell’allegato I alla Direttiva<br />
Macchine, il livello sonoro esistente sul<br />
posto di lavoro occupato dal lavoratore,<br />
come già evidenziato precedentemente. l<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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V
SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />
Articolo<br />
INSERTO<br />
Nei modelli di piccolissime dimensioni l’operatore utilizza la macchina da terra tramite un comando a distanza<br />
Perforatrice: una macchina movimento terra<br />
per le attività di scavo e di trasporto<br />
di Claudio Conio, architetto, Area Progettazione, Ricerca, Sviluppo di ESEM Ente Scuola Edile Milanese<br />
La macchina perforatrice è una<br />
delle più fortemente specializzate<br />
tra quelle destinate alla<br />
movimentazione della terra.<br />
È utilizzata nelle attività agricole,<br />
edili e produttive per le attività<br />
di scavo, di carico e di trasporto<br />
di terra e materiali simili.<br />
Costituita da un carro gommato<br />
o cingolato, è dotata di una<br />
cabina di guida e uno o più<br />
gruppi di mast di perforazione<br />
orientabili nello spazio con testa<br />
di perforazione e dispositivi<br />
di bloccaggio. Esistono due<br />
diverse tipologie distinte in<br />
funzione delle modalità<br />
di utilizzo, i jumbo, progettati<br />
per ottimizzare il rendimento<br />
della macchina nella perforazione<br />
orizzontale e impiegate<br />
prevalentemente in galleria,<br />
e i wagon drill, di maggiori<br />
dimensioni per supportare<br />
un solo braccio di perforazione<br />
di grandi proporzioni, presentano<br />
una eccellente capacità di<br />
perforazione verticale.<br />
Tra le macchine movimento<br />
terra, ovvero i mezzi semoventi<br />
che, nelle attività agricole,<br />
edili e produttive in generale,<br />
sono adibiti all’esecuzione delle<br />
attività di scavo, di carico e di<br />
trasporto di terra o di materiali a<br />
essa assimilati (roccia, sabbia,<br />
ghiaia ecc.), le perforatrici rappresentano<br />
una delle tipologie più<br />
fortemente specializzate.<br />
Le perforatrici, chiamate in<br />
gergo anche trivellatrici o trivelle,<br />
sono macchine, spesso di grandi<br />
dimensioni, specializzate nella<br />
perforazione, che vengono utilizzate<br />
per l’esecuzione di fori di vario<br />
diametro generalmente non superiori<br />
ai 180 mm.<br />
Queste macchine sono composte<br />
da un carro cingolato o gommato<br />
con motore diesel, una cabina<br />
di guida, uno o più gruppi mast<br />
di perforazione orientabili nello<br />
spazio e dotati di testa di perforazione<br />
e dispositivi di bloccaggio;<br />
alcune tipologie tipicamente utilizzate<br />
per gli scavi in galleria e caratterizzate<br />
da particolare potenza,<br />
sono anche chiamate jumbo per le<br />
loro enormi dimensioni.<br />
Il gruppo di perforazione è movimentato<br />
da un sistema idraulico<br />
oleodinamico che permette alla<br />
trivella di posizionarsi come desiderato<br />
regolando, in massima libertà<br />
e precisione, direzione, altezza<br />
e profondità della perforazione,<br />
in casi particolari o per<br />
macchine di piccola dimensione è<br />
possibile utilizzare anche l’aria<br />
compressa come fonte di energia<br />
del gruppo di trivellazione.<br />
Adatte a un uso intensivo su<br />
qualsiasi tipo di terreno sono in<br />
grado di perforare qualsiasi tipo di<br />
terreno anche roccioso, conglomerati<br />
e tutti gli altri materiali di<br />
consistenza analoga.<br />
Nei cantieri edili tradizionali<br />
vengono impiegate per la realizzazione<br />
di pozzi verticali e l’infissione<br />
di micropali, mentre nelle<br />
cave e nella realizzazione di gallerie<br />
e scavi minerari sono spesso<br />
utilizzate per preparare i fori e le<br />
sedi per la volata di esplosivo.<br />
Principali tipologie<br />
in commercio<br />
La famiglia delle perforatrici<br />
raggruppa principalmente due distinte<br />
tipologie di macchinari, di<br />
concezione molto simile tecnologicamente,<br />
ma di impiego sostanzialmente<br />
diverso:<br />
l i jumbo;<br />
l i wagon drill (trivellatrici verticali).<br />
I jumbo sono macchine semoventi<br />
generalmente gommati attrezzati<br />
con un numero variabile<br />
di bracci in grado di movimentare<br />
ognuno una slitta di perforazione.<br />
Sono progettati per ottimizzare il<br />
rendimento della macchina nella<br />
perforazione orizzontale pertanto<br />
vengono utilizzati prevalentemente<br />
negli scavi in galleria dove è<br />
possibile sfruttare il numero e la<br />
grande agilità dei bracci coprendo<br />
una significativa area di lavoro<br />
senza richiedere il riposizionamento<br />
del carro.<br />
Spesso utilizzati per la preparazione<br />
di una volata di esplosivo,<br />
possono essere accessoriati con<br />
bracci e cestelli adibiti al carico<br />
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20 settembre 2005 N. 18
INSERTO<br />
SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />
Articolo<br />
dell’esplosivo nei fori di volata.<br />
I wagon drill, o trivellatrici, sono<br />
macchine più frequentemente<br />
cingolate adibite al supporto di un<br />
solo braccio di grande dimensione<br />
con slitta e perforatrice. Queste<br />
macchine hanno una capacità di<br />
movimentazione del carro e del<br />
braccio generalmente più limitata<br />
rispetto a un jumbo, ma offrono<br />
una eccellente capacità di perforazione<br />
verticale, inoltre, all’occorrenza,<br />
anche loro possono arrivare<br />
a perforare in orizzontale o lungo<br />
tutti gli angoli intermedi.<br />
Spesso le trivellatrici cingolate<br />
sono accessoriate con serbatoi e<br />
caricatori automatici di aste per<br />
eseguire fori notevolmente lunghi;<br />
inoltre, le perforatrici possono<br />
portare anche martelli fondo foro<br />
per eseguire fori di maggior diametro.<br />
Tutte le perforatrici possono<br />
essere distinte in funzione della<br />
potenza impiegata e delle dimensioni<br />
del carro.<br />
Le più potenti raggiungono i<br />
120 kW e possono essere utilizzate<br />
solo all’esterno o in opere di<br />
grande dimensione; un gruppo intermedio<br />
compreso tra i 70 e 120<br />
kW è particolarmente idoneo per<br />
il lavoro in sotterraneo e per la<br />
realizzazione di gallerie stradali e<br />
ferroviarie; le più piccole, con<br />
potenze tra i 20 e i 70 kW, possono<br />
lavorare anche in ambienti di<br />
dimensione ridotta come sotterranei,<br />
garage, cunicoli e camere per<br />
la manutenzione tecnica di impianti.<br />
Caratteristiche tecniche<br />
La caratteristica peculiare di<br />
questa attrezzatura è chiaramente<br />
la potenza di perforazione che la<br />
macchina è in grado di garantire.<br />
Generalmente questa potenza è<br />
identificata con quella del motore,<br />
ma anche altre caratteristiche,<br />
quali il peso del mezzo, la capacità<br />
di movimentazione del braccio<br />
con la slitta di perforazione e altri<br />
parametri geometrico-strutturali<br />
della macchina concorrono al raggiungimento<br />
della prestazione.<br />
I wagon drill, tipicamente assemblate<br />
su carro cingolato, oltre<br />
alla potenza di perforazione, vengono<br />
scelti dagli operatori che si<br />
orientano all’acquisto, per la profondità<br />
di trivellazione che il dispositivo<br />
riesce a raggiungere. Il<br />
gruppo di perforazione, generalmente,<br />
può lavorare sia con sistemi<br />
a rotazione sia con dispositivi<br />
di rotopercussione in relazione alle<br />
caratteristiche geologiche del<br />
terreno. Le dimensioni della macchina<br />
possono raggiungere una<br />
notevole rilevanza nei modelli più<br />
potenti.<br />
I jumbo, tipicamente assemblati<br />
su carro gommato, raramente vengono<br />
impiegati al di fuori delle<br />
opere in galleria e per la realizzazione<br />
di fori di lunghezza superiore<br />
ai 5 metri anche se sono in<br />
grado di garantire la prestazione<br />
aggiungendo adeguatamente le<br />
aste di perforazione. Pertanto, uno<br />
dei principali requisiti è rappresentato<br />
dalla capacità di movimentazione<br />
della macchina e soprattutto<br />
dal numero e dall’ampiezza<br />
di posizioni garantite dai<br />
bracci di sostegno delle slitte di<br />
perforazione.<br />
Nei modelli di grande dimensione<br />
con cabina di guida, la postazione<br />
di comando è generalmente<br />
insonorizzata e protetta da<br />
una struttura ROPS (Roll Over<br />
Protective Structure - ISO 3471-1,<br />
15 settembre 1980) di protezione<br />
contro lo schianto, il rovesciamento<br />
e il ribaltamento, analogamente<br />
per le macchine destinate al<br />
lavoro in galleria è opportuno disporre<br />
delle protezioni dalla caduta<br />
di oggetti dall’alto FOPS (Falling<br />
Object Protective Structure -<br />
ISO 3449, 15 aprile 1984).<br />
Il posto di guida, dotato di cinture<br />
di sicurezza (la struttura di<br />
protezione ROPS risulta assolutamente<br />
inefficace in assenza di sistemi<br />
di ritenzione dell’operatore)<br />
è del tipo antivibrante.<br />
I principali accessori di uso comune<br />
per una macchina di perforazione<br />
sono ovviamente i dispositivi<br />
che ottimizzano la capacità<br />
di penetrazione della macchina,<br />
quali:<br />
l le slitte di varia lunghezza necessarie<br />
per praticare fori di diversa<br />
profondità o per contenere il<br />
numero delle aggiunte di aste necessarie;<br />
l le aste di perforazione di diverso<br />
diametro in relazione alle esigenze;<br />
l i serbatoi e i caricatori automatici<br />
di aste;<br />
l i martelli fondo foro per la realizzazione<br />
di fonometrie di grande<br />
diametro.<br />
Inoltre, sono disponibili dispositivi<br />
per l’aspirazione e l’abbattimento<br />
delle polveri e altri accessori<br />
specialistici per particolari situazioni<br />
di lavoro.<br />
Normalmente, i dispositivi per<br />
il puntamento delle slitte di perforazione<br />
che permettono di mantenere<br />
automaticamente il parallelismo<br />
dei fori e il disincaglio automatico<br />
sono accessori che accompagnano<br />
sempre le perforatrici<br />
jumbo; inoltre, si possono avere<br />
anche dispositivi di puntamento<br />
computerizzati per il posizionamento<br />
dei bracci rispetto a uno<br />
schema di volata prefissato.<br />
In galleria e negli spazi confinati<br />
poco ventilati, qualora i jumbo<br />
siano privi di sistema di aspirazione<br />
delle polveri, è necessario<br />
che abbiano un sistema di perforazione<br />
a umido, nel quale la trivellazione<br />
della roccia avviene sotto<br />
la costante irrorazione di opportuni<br />
spruzzatori d’acqua che mantengono<br />
costantemente bagnata<br />
l’area di lavoro. Sia in caso di<br />
aspirazione sia in caso di irrorazione,<br />
i dispositivi a questo preposti<br />
devono essere azionati automaticamente<br />
all’avvio delle lavorazioni<br />
e devono rimanere in funzione<br />
per tutta la loro durata.<br />
Le perforatrici semoventi sono<br />
dotate di dispositivi acustici e lu-<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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VII
SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />
Articolo<br />
minosi di segnalazione e avvertimento<br />
nonché di dispositivi di illuminazione<br />
del campo di manovra,<br />
tuttavia, in caso di lavoro in<br />
sotterraneo o in notturna, occorre<br />
verificare preventivamente la possibilità<br />
di illuminare correttamente<br />
l’area di lavoro.<br />
Principali caratteristiche<br />
e modalità di impiego<br />
L’operatore, nei modelli di piccolissima<br />
dimensione, controlla la<br />
macchina da terra tramite un comando<br />
a distanza, mentre per i<br />
lavori in sotterraneo, che espongono<br />
l’operatore a pericoli di crolli<br />
e caduta di materiale dall’alto,<br />
si deve ricorrere a modelli con posto<br />
di comando protetto da cabina<br />
antischiacciamento.<br />
Nelle attività di trivellazione<br />
verticale, essendo opportuno l’ausilio<br />
di un operatore a terra per il<br />
controllo del corretto infilaggio<br />
delle aste di perforazione, si dovrà<br />
coordinare adeguatamente<br />
l’operato del conduttore macchina<br />
e l’intervento del personale a<br />
terra. Solo dopo che l’addetto alle<br />
aste di perforazione si è allontanato<br />
e ha dato segnale di via libera<br />
l’operatore potrà dare inizio all’attività<br />
di perforazione.<br />
Le operazioni di manutenzione<br />
devono essere operate ribaltando<br />
il mast di perforazione ed evitando<br />
di accedervi con scale o mezzi<br />
di fortuna. Durante gli spostamenti<br />
si deve tenere il mast di perforazione<br />
in posizione di riposo.<br />
ocumentazione a corredo<br />
della macchina<br />
Generalmente, le grandi macchine<br />
perforatrici non sono automezzi<br />
immatricolati e targati idonei<br />
per la circolazione su strada;<br />
quindi, sono dispensati dall’avere<br />
un libretto di circolazione e un<br />
foglio complementare, però devono<br />
essere sempre provvisti di targa<br />
riportante, in modo facilmente<br />
leggibile e indelebile, almeno le<br />
seguenti indicazioni:<br />
INSERTO<br />
l nome ed indirizzo del fabbricante;<br />
l designazione della serie e del<br />
tipo;<br />
l anno di fabbricazione;<br />
l eventuale numero di serie;<br />
l marcatura CE e altri marchi di<br />
conformità;<br />
l principali caratteristiche tecniche<br />
della macchina.<br />
Attualmente, tutte le macchine<br />
per movimento terra sono soggette<br />
alla marcatura CE, alla dichiarazione<br />
di conformità, al rilascio<br />
del libretto di istruzioni circa<br />
l’uso e la manutenzione. Pertanto,<br />
la macchina deve essere dotata di<br />
un documento riportante le informazioni<br />
di carattere tecnico, le<br />
istruzioni d’uso e manutenzione<br />
ordinaria, straordinaria e preventiva,<br />
e le indicazioni necessarie per<br />
eseguire in sicurezza la messa in<br />
funzione, l’utilizzazione, il trasporto,<br />
l’installazione, il montaggio<br />
e lo smontaggio, la regolazione,<br />
la manutenzione e la riparazione<br />
della macchina.<br />
È necessario leggere attentamente<br />
il libretto d’istruzioni che<br />
deve comprendere tutte le informazioni<br />
necessarie a un uso e una<br />
manutenzione adeguata, compresa<br />
la possibilità di montare accessori.<br />
Gli stessi accessori sono, a loro<br />
volta, “macchine” e devono, quindi,<br />
essere marcati CE. I rispettivi<br />
documenti di accompagnamento<br />
devono specificare a quali macchine<br />
(costruttore, tipo e modello)<br />
possono essere applicati. È vietato<br />
assemblare macchine e accessori<br />
che non siano esplicitamente compatibili.<br />
Le perforatrici, sia gommate<br />
sia cingolate, sono macchine soggette<br />
a marcatura secondo quanto<br />
previsto dall’Allegato I, parte C,<br />
D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 262,<br />
relativo all’emissione acustica<br />
ambientale delle macchine e delle<br />
attrezzature destinate a funzionare<br />
all’aperto.<br />
La documentazione che accompagna<br />
la macchina deve, quindi,<br />
fornire informazioni sull’emissione<br />
sonora e sulle vibrazioni prodotte.<br />
Il Livello di Potenza Sonora<br />
emesso dalla macchina durante le<br />
verifiche di legge deve essere riportato<br />
sulla macchina in modo<br />
leggibile e indelebile secondo<br />
quanto disposto dall’Allegato IV<br />
al decreto citato. Il parametro da<br />
indicare nella dichiarazione di<br />
conformità è la potenza (netta) installata<br />
espressa in kW.<br />
Le tubazioni flessibili dell’impianto<br />
oleodinamico devono recare<br />
stampigliata l’indicazione della<br />
classe di esercizio.<br />
Operatore addetto<br />
alla conduzione<br />
La legislazione nazionale non<br />
prevede alcuna formazione obbligatoria<br />
per l’utilizzo e la manutenzione<br />
delle macchine movimento<br />
terra e dei dispositivi di<br />
scavo e di carico dei bracci meccanici.<br />
Tuttavia, con l’entrata in vigore<br />
del D.Lgs. 19 settembre 1994,<br />
n. 626, il legislatore ha introdotto<br />
il principio per cui queste macchine,<br />
così come tutte le attrezzature<br />
speciali, debbano essere utilizzate<br />
dall’operatore solo dopo<br />
una formazione adeguata e specifica.<br />
Questa formazione deve garantire<br />
che l’uso delle macchine<br />
avvenga in modo corretto, in relazione<br />
ai rischi che possono essere<br />
causati a se stessi o ad altre persone.<br />
La conduzione di una qualsiasi<br />
macchina movimento terra richiede<br />
sempre una particolare abilità e<br />
preparazione tecnica, nonché un<br />
elevato senso di responsabilità.<br />
Quindi, l’operatore deve possedere<br />
specifici requisiti psicofisici<br />
per essere idoneo a svolgere questo<br />
lavoro.<br />
Pertanto, l’uso di questi mezzi<br />
deve essere riservato solo a personale<br />
incaricato.<br />
Gli operatori debbono essere<br />
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20 settembre 2005 N. 18
INSERTO<br />
SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />
Articolo<br />
opportunamente addestrati sull’uso<br />
della macchina e informati<br />
su eventuali rischi particolari presenti<br />
nei luoghi di lavoro.<br />
È consigliato un corso di formazione<br />
che preveda l’insegnamento<br />
di un uso efficace e sicuro<br />
della macchina e una conoscenza<br />
specifica del funzionamento del<br />
motore e dell’impianto idraulico<br />
per gli interventi di pulizia e manutenzione.<br />
L’operatore deve porsi alla guida<br />
del mezzo con un abbigliamento<br />
da lavoro adeguato, consistente<br />
in una tuta idonea, che gli consenta<br />
libertà nei movimenti e scarpe<br />
antinfortunistiche con suola antisdrucciolo.<br />
Se la macchina è abilitata al<br />
transito stradale, l’autista deve<br />
avere idoneo permesso a condurre<br />
(patente di guida).<br />
Individuazione<br />
e analisi dei rischi<br />
Durante l’uso di macchine movimento<br />
terra e da scavo, quali le<br />
perforatrici, si possono riscontrare<br />
principalmente i seguenti rischi<br />
particolari:<br />
l rovesciamento o ribaltamento [1]<br />
del mezzo con il rischio di schiacciamento<br />
di persone estranee o<br />
dello stesso operatore;<br />
l rischio di investimento con lo<br />
schiacciamento di persone o cose<br />
in marcia avanti o indietro del<br />
mezzo nella zona di lavoro (gallerie,<br />
cantieri ecc.);<br />
l seppellimenti e sprofondamenti<br />
dovuti al crollo del fronte di scavo<br />
o al cedimento del terreno;<br />
l rischi derivanti dalla proiezione<br />
di materiale e dalla caduta di materiale<br />
dall’alto;<br />
l elettrocuzione per contatto con<br />
linee elettriche aeree o interrate;<br />
l incendio ed esplosioni per contatto<br />
con servizi interrati;<br />
l rischi derivanti da urti, colpi,<br />
impatti, compressioni, schiacciamento<br />
e cesoiamento causati dal<br />
contatto con gli organi di lavoro,<br />
durante lo scavo e la movimentazione<br />
del terreno e durante i lavori<br />
di manutenzione o riparazione;<br />
l rischi derivanti dal cattivo funzionamento<br />
o stato di manutenzione<br />
del mezzo ovvero dalle specificità<br />
della lavorazione (vibrazioni,<br />
rumore, polvere ecc.);<br />
l scivolamenti, cadute a livello<br />
durante la salita e la discesa dal<br />
mezzo;<br />
l salita e discesa del mezzo sul<br />
carrellone e relativo ribaltamento<br />
per mancanza della specifica attrezzatura<br />
come le rampe o utilizzando<br />
strutture di fortuna o in presenza<br />
di ghiaccio (cingoli o ruote<br />
in gomma che scivolano) ecc.;<br />
l rischi derivanti da un uso improprio<br />
del mezzo;<br />
l rischi derivanti dal contatto con<br />
oli minerali e derivati (gasolio e<br />
liquidi per impianti oleodinamici);<br />
l incendio, durante il rifornimento;<br />
l rischi indotti dalle caratteristiche<br />
del terreno;<br />
l rischi indotti dall’abbandono<br />
del mezzo;<br />
l rischi indotti da malfunzionamenti.<br />
Valutazione del rischio,<br />
prevenzione e protezione<br />
Le macchine utilizzate debbono<br />
possedere, funzionanti, tutti i dispositivi<br />
di sicurezza previsti dalla<br />
legge e debbono essere mantenute<br />
in efficienza mediante regolare<br />
manutenzione.<br />
Le attività di seguito illustrate<br />
debbono intendersi come presidio<br />
minimo alla buona realizzazione<br />
in sicurezza delle diverse fasi di<br />
lavorazione.<br />
La valutazione del rischio dovrà<br />
essere opportunamente integrata<br />
in relazione al contesto operativo<br />
nel quale si è chiamati a<br />
operare.<br />
Si prefigura la necessità di ricorrere<br />
all’utilizzo di Dispositivi<br />
di Protezione Individuale per minimizzare<br />
il rischio residuo a livelli<br />
accettabili.<br />
I DPI da considerarsi in via<br />
preliminare per l’operatore macchina<br />
sono:<br />
l calzature di sicurezza con puntale<br />
in acciaio, soletta antiforo,<br />
suola antisdrucciolo (UNI EN<br />
345-S3);<br />
l indumenti protettivi e/o tute di<br />
lavoro (UNI EN 340);<br />
l guanti per la protezione da rischi<br />
meccanici (UNI EN 388) per<br />
le attività di manutenzione;<br />
l occhiali di sicurezza o visiere<br />
per la protezione meccanica<br />
(EN166) per le attività di manutenzione;<br />
l mascherine monouso antipolvere<br />
(EN149-FFP2) se si lavora<br />
con la cabina aperta;<br />
l otoprotettori (EN352-1, EN352-<br />
2, EN352-3) se si lavora con la cabina<br />
aperta.<br />
I DPI da considerarsi in via<br />
preliminare per l’operatore ausiliario<br />
a terra sono:<br />
l casco di sicurezza (UNI EN<br />
397);<br />
l calzature di sicurezza con puntale<br />
in acciaio, soletta antiforo,<br />
suola antisdrucciolo (UNI EN<br />
345-S3);<br />
l indumenti protettivi e/o tute di<br />
lavoro (UNI EN 340);<br />
l indumenti ad alta visibilità<br />
(UNI EN 471);<br />
l otoprotettori (EN352-1, EN352-<br />
2, EN352-3);<br />
l occhiali di sicurezza o visiere<br />
per la protezione meccanica<br />
(EN166) per le attività di scavo e<br />
demolizione;<br />
l mascherine monouso antipolvere<br />
(EN149-FFP2).<br />
l<br />
[1] Rovesciamento: rotazione laterale o longitudinale o in una direzione combinata fra le due di non più di 90 gradi.<br />
Ribaltamento: rotazione laterale o longitudinale o in una direzione combinata fra le due superiore a 90 gradi.<br />
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IX
SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />
Articolo<br />
INSERTO<br />
Utilizzo della perforatrice:<br />
individuazione e analisi dei rischi<br />
Rischio<br />
Magnitudo<br />
Misure<br />
di Prevenzionee<br />
e Protezione<br />
Rischio<br />
Magnitudo<br />
Misure<br />
di Prevenzione<br />
e Protezione<br />
Rischio<br />
Magnitudo<br />
Misure<br />
di Prevenzione<br />
e Protezione<br />
Rovesciamento e Ribaltamento<br />
Grave<br />
• l’operatore deve conoscere bene prestazioni, peso e carico massimo sollevabile dalla macchina<br />
riferiti alle condizioni del terreno (piano, compatto, aspro, in pendenza);<br />
• controllare che i percorsi di cantiere siano adeguati e le aree di lavoro siano libere ed idonee<br />
per il transito del mezzo e per la sua stabilità;<br />
• considerare le caratteristiche del terreno in modo complementare rispetto a quelle della<br />
macchina; variabili controllate dall’operatore come velocità, angolo di attacco delle pendenze,<br />
posizione degli attrezzi e dei bracci operatori sono determinanti per minimizzare il rischio<br />
di ribaltamento;<br />
• evitare di raggiungere le condizioni limite ed in genere comportarsi con prudenza: adeguando<br />
velocità e percorsi al terreno ed alle condizioni di visibilità, evitando brusche frenate<br />
ed accelerazioni, repentini cambi di direzione e senso di marcia;<br />
• negli spostamenti, prestare attenzione a buche, terreno soffice, massi, pendenze eccessive,<br />
non transitare presso scavi o cigli di cava;<br />
• il mezzo può essere utilizzato su terreni in pendenza solo nei limiti indicati dal costruttore;<br />
• in presenza di terreni particolarmente scoscesi ed impervi è consigliabile affidare il mezzo<br />
ad operatori molto esperti;<br />
• il ribaltamento può prodursi anche a causa di irregolarità del percorso, di franamento del<br />
fondo (soprattutto operando presso il ciglio della strada o del piano di manovra) scivolamento<br />
su fondi bagnati o fangosi, esecuzione di manovre errate o imprudenti (brusche accelerazioni<br />
o sterzate, carico sbilanciato, velocità eccessiva, ecc.);<br />
• adottare particolari precauzioni qualora si lavori in prossimità di fossati, trincee e scarpate<br />
affinché il mezzo non rischi di precipitare nello scavo;<br />
• le macchine movimento terra devono essere dotate di cabina di sicurezza ROPS e/o FOPS.<br />
Nel caso del ribaltamento è necessario però che l’operatore sia allacciato con le cinture di<br />
sicurezza, altrimenti verrà proiettato all’esterno e correrà il rischio di rimanere schiacciato<br />
dal mezzo.<br />
Investimento e schiacciamento di persone<br />
Grave<br />
• verificare l’efficienza dei comandi e in particolare dei dispositivi frenanti;<br />
• controllare l’efficienza del girofaro e dell’avvisatore acustico della retromarcia;<br />
• segnalare l’operatività del mezzo col girofaro;<br />
• prima di utilizzare la macchina bisogna accertarsi dell’esistenza di eventuali impedimenti<br />
derivanti da: ostacoli (in altezza ed in larghezza), limiti d’ingombro, ecc.;<br />
• dal posto di guida deve essere garantita la completa visibilità della zona di lavoro e di spostamento<br />
del mezzo, ciò anche mediante l’ausilio di specchi, dispositivi video, fari e fanali per<br />
lavori notturni ed in galleria;<br />
• richiedere l’assistenza di personale a terra per eseguire lavorazioni in spazi ristretti o con<br />
visibilità insufficiente;<br />
• adeguare la velocità ai limiti stabiliti per le diverse zone del cantiere, non superare mai i 15<br />
km/h e transitare a passo d’uomo nelle vicinanze delle postazioni di lavoro;<br />
• durante le manovre deve essere vietata la presenza delle persone nell’area di lavoro dei<br />
mezzi, mediante idonea segnaletica e delimitazione dell’area. L’operatore (o persona incaricata<br />
di ciò) deve far rispettare tale divieto anche sospendendo il lavoro;<br />
• se vi fosse la necessità di contattare il conducente durante il lavoro, avvicinarsi alla cabina<br />
da posizione visibile all’operatore e solo previo suo cenno di assenso;<br />
• le condizioni del terreno devono permettere il tempestivo arresto della macchina;<br />
• non guidare mai la macchina con scarpe bagnate o unte di olio o grasso.<br />
Caduta del carico e di materiale dall’alto e proiezione di materiale<br />
Media<br />
• rischio possibile durante le fasi di trivellazione specialmente in galleria;<br />
• mantenere distanze di sicurezza dai diversi mezzi d’opera;<br />
• la caduta di materiale che interessi il posto di guida deve essere impedita da adeguate<br />
strutture (FOPS per caduta dall’alto e TOPS per le penetrazioni laterali);<br />
• non tutte le macchine, specialmente quelle di più modeste dimensioni, sono dotate di posti<br />
di guida protetti contro il rischio di caduta dei materiali dall’alto. In questo caso deve essere<br />
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20 settembre 2005 N. 18
INSERTO<br />
SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />
Articolo<br />
Rischio<br />
Magnitudo<br />
Misure<br />
di Prevenzione<br />
e Protezione<br />
Rischio<br />
Magnitudo<br />
Misure<br />
di Prevenzione<br />
e Protezione<br />
Rischio<br />
Magnitudo<br />
Misure<br />
di Prevenzione<br />
e Protezione<br />
assolutamente vietata l’operatività del mezzo in sovrapposizione con altre lavorazioni che<br />
potrebbero innescare l’evento;<br />
• è possibile che si verifichino situazioni di rischio prodotte dalla proiezione di pietre o di altri<br />
elementi rigidi per effetto dell’azione delle aste di perforazione sul terreno. Mantenersi a<br />
distanza di sicurezza dalla macchina in movimento;<br />
• gli operatori a terra e nelle vicinanze della macchina devono avere casco e visiera di<br />
protezione per proteggersi dai rischi residui dovuti alla proiezione di materiale perforato.<br />
Seppellimenti e sprofondamenti<br />
Grave<br />
• nel caso di lavori in galleria è obbligatorio assicurarsi che le pareti dello scavo siano consolidate<br />
o puntellate in maniera corretta onde prevenire franamenti;<br />
• prima di dare inizio alle operazioni di perforazione verificare la stabilità e la consistenza del<br />
terreno e progettare le forometrie da realizzare;<br />
• vietare l’avvicinamento delle persone al fronte di perforazione a mezzo di avvisi e sbarramenti;<br />
• prima di far posizionare i mezzi meccanici verificare la stabilità del terreno e mantenere, di<br />
conseguenza, una adeguata distanza di sicurezza dal fronte di perforazione. Il materiale sovrastante<br />
potrebbe cadere improvvisamente sul mezzo stesso danneggiandolo o addirittura<br />
seppellendolo;<br />
• gli operatori a terra devono sempre essere ricoverati in area sicura prima di dare inizio alle<br />
fasi di perforazione meccanica al fine di prevenire incidenti dovuti al distacco indesiderato di<br />
materiale dalla volta della galleria in conseguenza delle vibrazioni indotte dalle aste di perforazione.<br />
Elettrocuzione per contatto con linee elettriche aeree<br />
Media<br />
• incidente assai raro per questo tipo di macchina in considerazione della modesta mobilità<br />
della slitta di scavo dei modelli wagon drill e del raro utilizzo di jumbo in terreno aperto;<br />
• verificare che nelle vicinanze della zona di lavoro non vi siano linee elettriche aeree che<br />
possano interferire con le manovre del mezzo;<br />
• non possono essere eseguiti lavori in prossimità di linee elettriche aeree a distanza minore<br />
di m 5, a meno che non vi sia segnalazione all’esercente le linee elettriche e non si provveda<br />
ad una adeguata protezione per evitare contatti accidentali o pericolosi avvicinamenti ai<br />
conduttori delle linee stesse;<br />
• durante le lavorazioni l’operatore dovrà fare particolare attenzione nel manovrare il braccio<br />
o la slitta di perforazione, per non andare a toccare le linee elettriche aeree.<br />
Incendio ed esplosioni per contatto con servizi interrati<br />
Grave<br />
• verificare che non vi siano servizi interrati interferenti con l’attività di scavo (gas, luce, acqua,<br />
ecc.);<br />
• durante il lavoro va tenuta una opportuna distanza di sicurezza dalle linee di servizi pubblici<br />
aeree e interrate;<br />
• in caso si debba operare in vicinanza di una linea di servizi, contattare preventivamente il<br />
gestore per riconoscere l’esatto posizionamento (in particolare per le linee interrate), per ricevere<br />
assistenza durante l’opera di ricerca ed eventualmente per far disattivare il servizio;<br />
• se sono presenti dei sottoservizi, prima di procedere alla perforazione occorre operare scavi<br />
a mano per l’individuazione del tracciato e contrassegnare la zona di interdizione (larga 75<br />
cm da entrambi i lati dell’asse del sottoservizio);<br />
• in caso di contatti con tubazioni del gas, avvisare l’Ente fornitore e la Pubblica <strong>Sicurezza</strong>,<br />
allontanare le persone presenti in zona di pericolo e, per quanto possibile, evitare possibili<br />
inneschi;<br />
• in caso di contatto accidentale con linee elettriche interrate, l’addetto alla macchina (se ancora<br />
cosciente) non deve abbandonare il mezzo, né muoversi dalla posizione in cui si trova.<br />
Nessuno deve avvicinarsi alla macchina, né ai cavi; è invece necessario avvisare rapidamente<br />
il proprietario della linea affinché sia subito disattivata la sua alimentazione;<br />
• qualora si debbano eseguire scavi in prossimità di insediamenti che in passato possono<br />
essere stati oggetto di azioni belliche, come stazioni ferroviarie, ponti, caserme, depositi,<br />
ecc. occorre eseguire una ”bonifica” preventiva per rilevare la presenza di ordigni bellici<br />
interrati.<br />
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XI
SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />
Articolo<br />
INSERTO<br />
Rischio<br />
Magnitudo<br />
Misure<br />
di Prevenzione<br />
e Protezione<br />
Rischio<br />
Magnitudo<br />
Misure<br />
di Prevenzione<br />
e Protezione<br />
Rischio<br />
Magnitudo<br />
Misure<br />
di Prevenzione<br />
e Protezione<br />
Magnitudo<br />
Misure<br />
di Prevenzione<br />
e Protezione<br />
Urti, colpi, impatti e cesoiamento con organi in movimento<br />
Grave<br />
• gli elementi delle macchine devono essere protetti o segregati o provvisti di dispositivi di<br />
sicurezza quando sono fonte di pericolo;<br />
• dal posto di guida non si devono poter raggiungere le ruote, i cingoli o gli organi di lavoro<br />
pericolosi (distanze adeguate, parafanghi, carter, griglie, cabina di protezione);<br />
• non deve essere possibile condurre la macchina, né comandare gli organi lavoratori da posizioni<br />
diverse del posto di guida o da posizioni appositamente predisposte;<br />
• delimitare la zona di lavoro nel raggio d’azione della macchina è necessario predisporre<br />
sbarramenti e segnaletica di sicurezza;<br />
• mantenersi a distanza di sicurezza dalla aste di perforazione durante l’attività di trivellazione;<br />
• nelle fasi di inattività abbassare a terra l’organo di scavo;<br />
• è buona norma tenersi a distanza di sicurezza dai mezzi operativi in movimento;<br />
• non sporgere le gambe o le braccia fuori dalla sagoma della macchina, ne potrebbe derivare<br />
un infortunio grave andando a sbattere contro ostacoli;<br />
• è necessario prestare attenzione alle segnalazioni acustiche e/o luminose ed alla segnaletica<br />
di sicurezza;<br />
• operare la manutenzione e i tagliandi di revisione secondo le indicazioni fornite dal produttore;<br />
• è assolutamente vietato operare manutenzione o pulizia su organi in movimento;<br />
• nel caso si adoperi aria compressa per la pulizia ed il lavaggio della macchina, si devono<br />
utilizzare pressioni di esercizio basse (max 2 atmosfere) ed utilizzare il caso, gli occhiali o le<br />
visiere protettive.<br />
Polvere<br />
Media<br />
• utilizzare quando necessari (lavorazioni in galleria e in spazi confinati scarsamente ventilati)<br />
i dispositivi di aspirazione delle polveri o i sistemi di perforazione ad umido con irrorazione<br />
d’acqua;<br />
• gli operatori esposti a rischi di inalazioni pericolose di gas, polveri o fumi nocivi devono essere<br />
muniti di maschere respiratorie o altri dispositivi idonei.<br />
Vibrazioni<br />
Media<br />
• l’esecuzione programmata della manutenzione, la verifica periodica dell’idoneità della<br />
macchina permettono di intervenire tempestivamente per prevenire il rischio;<br />
• le attrezzature (sedili, comandi, ecc.) dovranno essere dotate di dispositivi antivibranti (manopole,<br />
ecc.);<br />
• i sedili devono essere ergonomici, regolabili e idonei a ridurre la trasmissione delle vibrazioni;<br />
• una scorretta posizione di guida durante il lavoro può affaticare l’operatore portandolo a<br />
compiere operazioni non corrette;<br />
• il posto di guida ed i comandi devono consentire l’agevole esecuzione di tutte le manovre<br />
necessarie alla guida del mezzo e all’uso degli accessori;<br />
• nei lavori dove vengono impiegate macchine che producono forti vibrazioni, devono essere<br />
ridotti i turni di lavoro.<br />
Rumore<br />
Grave<br />
• l’esecuzione programmata della manutenzione, la verifica periodica dell’idoneità della<br />
macchina e la verifica della rumorosità della stessa permettono di intervenire tempestivamente<br />
per prevenire il rischio;<br />
• le perforatrici, devono attestare il livello di potenza sonora garantita, secondo quanto previsto<br />
dal D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 262;<br />
• controllare che gli sportelli del vano motore siano tutti correttamente chiusi;<br />
• tenere chiusi gli sportelli della cabina di comando. Qualora si tengano i finestrini aperti si<br />
dovrà indossare le cuffie o tappi di protezione auricolare;<br />
• per le lavorazioni in galleria ed in luoghi segregati predisporre sempre una adeguata analisi<br />
fonometrica del rumore ambientale;<br />
• durante le operazioni di demolizione o scavo in roccia gli assistenti a terra devono allontanarsi<br />
a causa dell’eccessivo rumore nonché del pericolo di proiezione di schegge e materiali.<br />
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20 settembre 2005 N. 18
INSERTO<br />
SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />
Articolo<br />
Rischio<br />
Magnitudo<br />
Misure<br />
di Prevenzione<br />
e Protezione<br />
Rischio<br />
Magnitudo<br />
Misure<br />
di Prevenzione<br />
e Protezione<br />
Rischio<br />
Magnitudo<br />
Misure<br />
di Prevenzione<br />
e Protezione<br />
Rischio<br />
Magnitudo<br />
Misure<br />
di Prevenzione<br />
e Protezione<br />
Scivolamenti e cadute a livello<br />
Media<br />
• prima di iniziare qualsiasi attività lavorativa bisogna organizzare le aree di lavoro, gli spazi<br />
da adibire a deposito, gli spazi da destinare alle attrezzature, in maniera tale da consentire<br />
tutti gli spostamenti sul piano di lavoro in sicurezza;<br />
• il posto di guida deve essere raggiungibile agevolmente ed in piena sicurezza; ciò significa<br />
che devono essere predisposti punti di presa per le mani (maniglie, corrimani) e punti di appoggio<br />
con superficie antiscivolo per i piedi (scalini, grigliati, barre sporgenti, ribaltine, ecc.);<br />
• pulire sempre dal grasso od olio le maniglie o gli scalini di accesso alla cabina;<br />
• l’accesso alle macchine deve avvenire con l’operatore rivolto verso la macchina;<br />
• non salire o scendere se la macchina è in movimento: attendere sempre che essa sia ferma;<br />
• non usare le leve di comando in cabina come maniglia da afferrare per scendere o salire;<br />
• si sono verificati gravi infortuni a causa di accaduti contatti durante la caduta con leve<br />
e pedali di comando; se tali contatti avvengono quando il motore è in moto determinano<br />
infatti il pericoloso movimento della macchina o del braccio. Per prevenire tali casi è<br />
indispensabile che la macchina sia corredata da un dispositivo di sicurezza (barre guardacorpo<br />
imbottite, cintura di sicurezza dotata di interblocco, ecc.) che impedisca il funzionamento<br />
del motore e blocchi in modo certo la macchina se l’addetto non è al posto di<br />
guida;<br />
• non ammettere a bordo del mezzo altre persone.<br />
Ribaltamento durante le operazioni di salita e discesa del mezzo dal carrellone<br />
Grave<br />
• situazioni di elevato pericolo si verificano durante il carico e lo scarico dagli autocarri, per<br />
caduta dalla rampa o per cedimenti di rampe improvvisate;<br />
• utilizzare solamente rampe certificate con portata superiore al peso del mezzo, sistemarle<br />
con accortezza e bloccare l’autocarro (marcia e freno a mano);<br />
• si raccomanda di porsi su terreno piano e compatto;<br />
• attenersi fedelmente alle indicazioni contenute su libretto d’uso e manutenzione per il carico<br />
e lo scarico del mezzo dal carrellone;<br />
• il conduttore deve avvicinarsi lentamente alle rampe per la salita della perforatrice sul pianale<br />
del carrellone;<br />
• salire con il mezzo lentamente sulle rampe;<br />
• quando lo sbalzo dei cingoli, durante la salita del mezzo, raggiunge il baricentro della macchina,<br />
procedere con la massima cautela;<br />
• legare con le apposite catene tutte le parti mobili della macchina. Nel caso di mezzi gommati,<br />
apporre dei blocchi sotto le coperture. Alzare verticalmente le rampe e fissarle;<br />
• nelle operazioni di discesa avanzare lentamente con il mezzo;<br />
• se cingolato, avvicinarsi lentamente con i cingoli alle rampe di carico, fin tanto che si raggiunge<br />
il baricentro del mezzo. Adagiare lentamente e con cautela i cingoli sulle rampe.<br />
Quando i cingoli sono sulle rampe, scendere lentamente fino a raggiungere il terreno circostante<br />
ed allontanarsi dal carrellone.<br />
Uso improprio del mezzo<br />
Bassa<br />
• la macchina deve essere utilizzata in modo rispondente alle sue caratteristiche, senza subire<br />
modificazioni o essere utilizzata per usi impropri;<br />
• non avviare mai le leve di comando senza conoscere a cosa servono;<br />
• è assolutamente vietato trasportare persone su cassoni o altre parti della macchina non attrezzate<br />
per tale scopo.<br />
Contatto con oli minerali e derivati<br />
Bassa<br />
• per la pulizia degli organi meccanici non vanno mai utilizzati liquidi infiammabili come gasolio,<br />
nafta, benzina, ecc., ma appositi liquidi detergenti non infiammabili e non tossici;<br />
• non disperdere oli o altri liquidi inquinanti nell’ambiente;<br />
• prima di intervenire su parti dell’impianto oleodinamico della macchina verificare che la<br />
pressione sia nulla. Le fughe di fluido sotto pressione anche se pressoché invisibili possono<br />
avere la forza sufficiente per ferire gli operatori nelle vicinanze (300 bar);<br />
• prima di procedere alla verifica delle perdite è molto importante proteggere le mani con<br />
guanti e gli occhi con occhiali di sicurezza provvisti di visiera.<br />
20 settembre 2005 N. 18<br />
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XIII
SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />
Articolo<br />
INSERTO<br />
Rischio<br />
Magnitudo<br />
Misure<br />
di Prevenzione<br />
e Protezione<br />
Rischio<br />
Magnitudo<br />
Misure<br />
di Prevenzione<br />
e Protezione<br />
Rischio<br />
Magnitudo<br />
Misure<br />
di Prevenzione<br />
e Protezione<br />
Rischio<br />
Magnitudo<br />
Misure<br />
di Prevenzione<br />
e Protezione<br />
Incendio, durante il rifornimento<br />
Media<br />
• il carburante dovrà essere trasportato in recipienti adeguati, dotati delle prescritte etichettature;<br />
• quando si effettua il rifornimento di carburante o la ricarica delle batterie, è da evitare accuratamente<br />
la presenza di fiamme libere o la produzione di scintille;<br />
• durante i rifornimenti di carburante, spegnere i motori e non fumare;<br />
• non disperdere oli o altri liquidi inquinanti nell’ambiente.<br />
Rischi indotti dalle caratteristiche del terreno<br />
Media<br />
• accertarsi sempre prima di iniziare il lavoro che l’area di appoggio di ruote e cingoli sia sufficientemente<br />
solida e atta a sostenere il peso del mezzo meccanico;<br />
• adottare particolari precauzioni qualora si lavori in prossimità di fossati, trincee e scarpate;<br />
• qualora si intenda procedere al guado del corso d’acqua, si deve tenere in considerazione<br />
l’andamento irregolare che può avere il fondo del letto, per evitare che il mezzo meccanico<br />
finisca sommerso dall’acqua;<br />
• qualora si operi con il mezzo in spazi ristretti o dovendo transitare attraverso portoni di<br />
ingresso o strutture delimitate, manovrare con cautela e prudenza onde evitare di andare a<br />
sbattere contro di essi;<br />
• dovendo operare con il mezzo meccanico nelle gallerie, assicurarsi sempre che i fari e i dispositivi<br />
di segnalazione (girofaro e cicalino di retromarcia) siano efficienti.<br />
Rischi indotti dall’abbandono del mezzo<br />
Bassa<br />
• si devono predisporre adeguate aree per il parcheggio di automezzi e macchine operatrici;<br />
• il terreno deve garantire il fermo durante la sosta;<br />
• posizionare la macchina nelle zone di sosta previste;<br />
• quando si abbandona la cabina di guida inserire il dispositivo di blocco dei comandi;<br />
• prima di lasciare la cabina applicare il freno di stazionamento e abbassare al suolo i dispositivi<br />
di perforazione, arrestare il motore e asportare la chiave di accensione;<br />
• l’operatore deve stazionare il mezzo possibilmente su un terreno pianeggiante. Se ciò fosse<br />
inevitabile, è necessario affondare l’organo di scavo nel terreno e applicare dei blocchi sotto<br />
le ruote o i cingoli;<br />
• non stazionare il mezzo meccanico, a fine turno o giornata lavorativa, negli argini o alvei<br />
dei corsi d’acqua.<br />
Rischi indotti da malfunzionamenti<br />
Bassa<br />
• segnalare tempestivamente eventuali anomalie o guasti di funzionamento o situazioni pericolose;<br />
• operare la manutenzione e i tagliandi di revisione secondo le indicazioni fornite dal produttore.<br />
Check list per lavorare in sicurezza<br />
con la perforatrice<br />
Verificare le condizioni del mezzo:<br />
• effettuare un controllo visivo di tutto il mezzo, eventualmente compiendo un giro completo;<br />
• esaminare attentamente tutta la struttura osservando eventuali danni strutturali evidenti;<br />
• provvedere alla pulizia periodica del mezzo meccanico, compresi i cingoli e le ruote;<br />
• verificare lo stato di usura delle coperture se il mezzo è gommato, togliendo eventuali schegge metalliche o<br />
altro materiale rimasto incastrato nelle gomme, e controllarne la pressione;<br />
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INSERTO<br />
SICUREZZA DELLE MACCHINE<br />
Articolo<br />
• se il mezzo è dotato di cingoli, controllare il loro stato di conservazione e l’esatta tensione delle catenarie;<br />
• controllare che non vi siano trafilamenti o perdite di olio motore, pistoni, rotture ecc.;<br />
• verificare che non vi siano manomissioni dei carter di protezione e i sistemi di sicurezza;<br />
• provvedere alla lubrificazione delle varie parti secondo quanto prescritto dal costruttore nel libretto d’uso e<br />
manutenzione;<br />
• verificare il livello del carburante nel serbatoio, l’acqua del radiatore e l’olio motore.<br />
Impianto idraulico:<br />
• controllare che non vi siano trafilamenti o perdite di olio idraulico;<br />
• controllare lo stato di usura delle tubazioni idrauliche;<br />
• controllare il livello dell’olio idraulico;<br />
• all’inizio di ogni turno di lavoro verificare l’integrità dei tubi flessibili dell’impianto oleodinamico.<br />
Cabina di guida:<br />
• verificare l’efficienza dei comandi;<br />
• sollevare e abbassare il braccio di supporto della slitta di perforazione;<br />
• effettuare una breve marcia in avanti e indietro;<br />
• provare i freni;<br />
• verificare l’efficienza dei dispositivi di arresto d’emergenza;<br />
• liberare la cabina di guida da qualunque oggetto o materiale non pertinente o necessario al servizio;<br />
• regolare opportunamente la posizione del sedile e gli specchietti retrovisori, in modo da ottenere la massima<br />
confortevolezza di guida ed agibilità dei comandi;<br />
• verificare che i dispositivi antivibranti installati siano attivi ed in perfetto ordine;<br />
• verificare l’efficienza degli impianti, del motore e dell’insonorizzazione.<br />
Dispositivi di segnalazione:<br />
• controllare l’efficienza del segnalatore acustico;<br />
• controllare l’efficienza del segnalatore luminoso;<br />
• controllare l’efficienza dello stop;<br />
• controllare l’efficienza dei fari e dei segnalatori di posizione.<br />
Prima di iniziare il turno di lavoro:<br />
• verificare l’efficienza delle protezioni del tamburo di sollevamento;<br />
• verificare l’efficienza del sistema di aggancio dell’organo perforatore;<br />
• verificare che sia garantita una buona visibilità dall’abitacolo,<br />
• verificare che le linee elettriche aeree o eventuali sottoservizi, nella zona di lavoro, non interferiscano con<br />
operazioni e manovre della macchina;<br />
• verificare che non vi siano servizi interrati interferenti con l’attività di scavo (gas, luce, acqua, ecc.). Se sono<br />
presenti dei sottoservizi, prima di procedere alla perforazione occorre operare scavi a mano per l’individuazione<br />
del tracciato e contrassegnare la zona di interdizione (larga 75 cm da entrambi i lati dell’asse del sottoservizio);<br />
• ispezione preliminare del raggio d’azione della macchina finalizzata ad assicurarsi che non vi siano persone<br />
intorno alla macchina;<br />
• prima di utilizzare la macchina in operazioni di perforazione delle volte di una galleria verificare che la stessa<br />
sia munita di cabina capace di resistere alla eventuale caduta di distacchi e rocce anche di grosse dimensioni;<br />
• nei lavori in sotterraneo con macchine alimentate da motore a scoppio, predisporre opportuni dispositivi di<br />
ventilazione e ricambio d’aria;<br />
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XV
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Articolo<br />
INSERTO<br />
• verificare che i filtri antipolvere del dispositivo di aspirazione del jumbo siano puliti ed efficienti o se dotati<br />
di sistema ad iniezione d’acqua verificare l’efficienza del dispositivo;<br />
• stabilizzare efficacemente la macchina;<br />
• segnalare l’area operativa esposta a livello di rumorosità elevata;<br />
• pulizia e controllo degli scalini, delle maniglie e degli appigli necessari per la salita in cabina.<br />
Durante il lavoro:<br />
• adottare tutte le misure di sicurezza e precauzioni prescritte dal manuale d’uso della macchina;<br />
• seguire le istruzioni di guida per il suo corretto utilizzo;<br />
• segnalare il mezzo in movimento mediante girofaro;<br />
• considerare attentamente la morfologia del terreno;<br />
• verificare che i tratti da percorrere siano liberi ed idonei a garantire la stabilità del mezzo;<br />
• durante gli spostamenti della macchina abbassare il mast di perforazione in posizione di riposo;<br />
• non superare i limiti di velocità stabiliti e in cantiere procedere a passo d’uomo nelle vicinanze delle postazioni<br />
di lavoro;<br />
• richiedere l’assistenza di personale a terra per le manovre in spazi ristretti e con visibilità parziale od ostruita;<br />
• lavorare con gli sportelli della cabina chiusi;<br />
• se la lavorazione o la macchina sottopongono l’operatore a vibrazioni intense e/o prolungate predisporre<br />
turni di lavoro brevi, intervallati da pause o con turnazione dei lavoratori;<br />
• mantenere a distanza adeguata il personale durante la lavorazione;<br />
• allontanare il personale che si dovesse trovare all’interno degli spazi operativi della macchina;<br />
• non attuare ed impedire qualsiasi utilizzo improprio della macchina;<br />
• non ammettere a bordo del mezzo altre persone;<br />
• durante i rifornimenti è obbligatorio spegnere il motore e non fumare;<br />
• mantenere chiusi gli sportelli della cabina e vietare la salita a bordo di altre persone;<br />
• rispettare i regolamenti locali in merito alle ore di silenzio;<br />
• utilizzare i dispositivi di protezione individuale e collettivi;<br />
• durante le pause di lavoro ricordarsi di bloccare i comandi prima di spegnere il motore;<br />
• sospendere immediatamente il lavoro in caso di gravi anomalie di funzionamento;<br />
• segnalare tempestivamente al preposto eventuali difetti di funzionamento ed eventuali situazioni pericolose<br />
o incidenti verificatisi;<br />
• non attendere la fine del proprio turno di lavoro per segnalare quanto sopra.<br />
Al termine del turno di lavoro:<br />
• parcheggiare la macchina nei posti prestabiliti, assicurandosi della stabilità del mezzo, abbassare a terra i dispositivi<br />
di perforazione, inserire il freno di stazionamento e il dispositivo di blocco dei comandi;<br />
• verificare l’efficienza dei comandi e degli impianti prima di parcheggiare il mezzo;<br />
• eseguire il ciclo di manutenzione e pulizia come descritto nel manuale;<br />
• pulire il mezzo e gli organi di comando. È assolutamente vietato operare manutenzione o pulizia su organi in<br />
movimento;<br />
• operare la manutenzione e i tagliandi di revisione secondo le indicazioni fornite dal produttore;<br />
• nel caso si adoperi aria compressa per la pulizia ed il lavaggio della macchina, si devono utilizzare pressioni di<br />
esercizio basse (max 2 atmosfere);<br />
• per la pulizia degli organi meccanici non vanno mai utilizzati liquidi infiammabili come gasolio, nafta, benzina,<br />
ecc., ma appositi liquidi detergenti non infiammabili e non tossici;<br />
• non disperdere oli o altri liquidi inquinanti nell’ambiente;<br />
• conservare la macchina utensile in perfetta efficenza.<br />
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