Propriet`a Ottiche Di Cristalli Fotonici Tridimensionali Infiltrati Con ...
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Proprietà <strong>Ottiche</strong> <strong>Di</strong> <strong>Cristalli</strong><br />
<strong>Fotonici</strong> <strong>Tridimensionali</strong><br />
<strong>Infiltrati</strong> <strong>Con</strong> <strong>Cristalli</strong> Liquidi<br />
Università degli studi di Firenze<br />
Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali<br />
Corso di Laurea in Fisica<br />
anno accademico 2003/2004<br />
Matteo Burresi<br />
22 Marzo 2005<br />
Relatore : Dr. <strong>Di</strong>ederik S. Wiersma<br />
Correlatore : Prof. Marcello Colocci
Spesso il male di vivere ho incontrato:<br />
era il rivo strozzato che gorgoglia,<br />
era l’incartocciarsi della foglia<br />
riarsa, era il cavallo stramazzato.<br />
Bene non seppi, fuori del prodigio<br />
che schiude la divina Indifferenza:<br />
era la statua nella sonnolenza<br />
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.<br />
Ossi di Seppia, Eugenio Montale<br />
Le passioni vanno contro ogni<br />
logica portano dove tu<br />
non ti saresti mai aspettato.<br />
Non c’è cosapiù bella che cercarle,<br />
scoprirle e seguirle.<br />
Umberto ha amato la sua moto e<br />
con lei è sfrecciato lontano.
Indice<br />
Introduzione 1<br />
1 Teoria 4<br />
1.1 Icristallifotonici ............................. 4<br />
1.1.1 Introduzione............................ 4<br />
1.1.2 Caratterizzazionedeimateriali.................. 11<br />
1.1.3 Ladispersionenon-linearedeicristallifotonici ......... 15<br />
1.2 <strong>Cristalli</strong>Liquidi.............................. 17<br />
1.2.1 Introduzione............................ 17<br />
1.2.2 Fasenematica........................... 18<br />
1.2.3 Orientamentodeldirettore.................... 21<br />
1.2.4 <strong>Cristalli</strong>liquidiecampomagnetico ............... 25<br />
2 Apparato strumentale e preparazione dei campioni 29<br />
2.1 StudiodellastrutturaabandetramiteriflessionidiBragg....... 29<br />
2.2 Apparatosperimentale .......................... 31<br />
2.3 Preparazionedegliopali ......................... 35<br />
3 Risultati sperimentali: Analisi della struttura a bande di cristalli<br />
fotonici 3D 40<br />
i
3.1 La struttura cristallina degli opali . . . ................. 40<br />
3.2 Opale diretto di silice . . . ........................ 44<br />
3.2.1 Misure al variare dell’angolo di incidenza . . .......... 48<br />
3.2.2 Analisi dello spettro nella regione a λ<br />
≥ 1 ............ 51<br />
3.2.3 Effettidifocalizzazione...................... 54<br />
3.3 Opale inverso di silicio . . ........................ 57<br />
3.3.1 Riflessione............................. 57<br />
3.3.2 Trasmissioneediffusione..................... 65<br />
4 Risultati sperimentali: Infiltrazione con cristalli liquidi 68<br />
4.1 Opalediretto ............................... 68<br />
4.1.1 Effetti di campo elettrico ..................... 70<br />
4.1.2 Cristallofotonicobirifrangente.................. 75<br />
4.1.3 Analisi sulla struttura cristallina ................. 83<br />
4.1.4 Allineamento del cristallo liquido nelle cavità .......... 87<br />
4.1.5 Campo elettrico e birifrangenza ................. 89<br />
4.2 Opaleinverso ............................... 95<br />
4.2.1 Misureconcampomagnetico .................. 96<br />
<strong>Con</strong>clusioni 99<br />
Bibliografia 106<br />
ii
Introduzione<br />
Negli ultimi decenni lo studio dell’interazione tra onde elettromagnetiche e materiali<br />
”dielettrici complessi”, in regime di urto elastico, ha ricevuto un forte impulso. Per<br />
dielettrici complessi si intendono strutture la cui costante dielettrica presenta una<br />
modulazione su distanze paragonabili alle lunghezze d’onda di interesse.<br />
Questo<br />
genere di ricerca considera tutti i tipi di struttura dielettrica, partendo da strutture<br />
ordinate fino a quelle disordinate. Questi materiali possono essere ottenuti partendo<br />
dagli stessi elementi costitutivi, disposti in maniera differente: in fig 1 sono riportate<br />
le schematizzazioni di queste due configurazioni opposte.<br />
Benché siano strutture<br />
molto differenti fra loro, i fenomeni ottici ad essi associati, prevalentemente legati<br />
ad effetti di interferenze, presentano forti analogie.<br />
Elemento costitutivo<br />
Campione disordinato<br />
(es. Random Laser)<br />
Campione ordinato<br />
(es. Cristallo fotonico)<br />
Figura 1: Schematizzazioni di due strutture complesse impacchettate in modo disordinato<br />
e ordinato.<br />
1
2<br />
In questa tesi ci occuperemo del caso ordinato: i cristalli fotonici. In questi materiali<br />
il perfetto ordinamento degli elementi costitutivi genera, a causa delle rifrazioni<br />
e delle riflessioni interne, fenomeni di interferenza tali da influenzare profondamente<br />
il meccanismo di propagazione di un’onda elettromagnetica all’interno del sistema.<br />
Questo genere di ricerca mette in evidenza le analogie tra il comportamento ondulatorio<br />
degli elettroni e quello dei fotoni attraverso una ”struttura” periodica: nel<br />
primo caso questa è associata al potenziale periodico offerto dagli atomi, nel secondo<br />
alla variazione della costante dielettrica. Effettivamente, come mostreremo in questa<br />
tesi, nei cristalli fotonici si creano, a causa dell’interferenza, alcune bande proibite<br />
al fotone, in perfetta analogia con quanto accade ad un elettrone in un cristallo. Da<br />
questo punto di vista, i cristalli fotonici possono essere considerati come l’analogo<br />
fotonico dei materiali semiconduttori.<br />
Possiamo considerare Yablonovitch e John come i padri fondatori di questo indirizzo<br />
di ricerca. Nel 1986 il primo presentò uno studio [1] sulla possibilità di produrre<br />
un materiale, che a causa della sua particolare geometria, inibisse la propagazione di<br />
un’onda elettromagnetica al suo interno. In questo lavoro si ipotizzava l’esistenza di<br />
strutture con una costante dielettrica periodica, che presentassero una regione di frequenze<br />
per in cui la densità degli stati del fotone fosse zero. Nel 1987 John propose<br />
[2] di creare un materiale ordinato, nel quale fosse introdotto un numero sufficiente<br />
di difetti da realizzare l’analogo fotonico della localizzazione di Anderson. Questo<br />
articolo risulta importante per capire le forti analogie presenti tra il comportamento<br />
di un’onda elettromagnetica in un mezzo disordinato e quello in uno ordinato.<br />
La particolare attenzione posta dalla comunità scientifica su questo campo di<br />
ricerca è, in parte, nata dall’interesse per le possibili applicazioni.<br />
L’avvento di<br />
Internet ha condotto ad un allargamento della banda nelle reti di telecomunicazioni,<br />
attraverso l’utilizzo delle fibre ottiche. Da questo punto di vista, i cristalli fotonici si<br />
propongono come materiali con cui realizzare dispositivi ottici capaci di velocizzare<br />
le comunicazioni, eliminando i processi di conversione tra il linguaggio fotonico delle
3<br />
fibre e quello elettronico di calcolatori.<br />
Oltre a questo tipo di materiali, in questa tesi saranno utilizzati i cristalli liquidi.<br />
Questi materiali, ormai ampiamente utilizzati per la creazione di display, presentano<br />
effetti di birifrangenza sensibili alla presenza di campi magnetici ed elettrici.<br />
Studieremo i cristalli fotonici infiltrati con cristalli liquidi, cercando di cambiare<br />
le proprietà ottiche del sistema, al variare dei parametri esterni. Nel capitolo 1,<br />
quindi, faremo un’introduzione sulle proprietà di questi due tipi di materiali:<br />
cristalli fotonici : verrà mostrato l’evoluzione spaziale delle soluzioni delle equazioni<br />
di Maxwell all’interno di queste strutture, le loro proprietà di non linearità e<br />
quale sia lo stato dell’arte di un cristallo fotonico;<br />
cristalli liquidi : verranno introdotte le varie fasi di un cristallo liquido, le loro<br />
proprietà ottiche e quelle di allineamento quando questo è soggetto ad effetti<br />
di campo.<br />
Nel capitolo 2 verrà descritto l’apparato strumentale utilizzato in questa tesi e<br />
le tecniche di crescita dei cristalli fotonici: una parte dei campioni studiati è stata<br />
preparata da noi stessi a Firenze e al Politecnico Torino, mentre un’altra parte è<br />
stata ottenuta in collaborazione con l’Università di Toronto e con il Politecnico di<br />
Torino.<br />
Nel capitolo 3, dopo un’introduzione alla struttura cristallina degli opali, mostreremo<br />
le misure in riflessione fatte su opali diretti di silice e su opali inversi di silicio:<br />
in particolare sui secondi verrà mostrata la presenza di una banda proibita di<br />
frequenze, inaccessibile per qualunque angolo di incidenza.<br />
Nel capitolo 4 verranno mostrate le proprietà ottiche di un cristallo fotonico<br />
infiltrato con un cristallo liquido: in particolare verranno effettuate misure di riflessione<br />
su un campione (opale diretto di silice) soggetto al campo elettrico e su un<br />
campione (opale inverso di silicio) soggetto al campo magnetico; verrà infine messo<br />
in evidenza come l’opale diretto di silice infiltrato risulti birifrangente, con un asse<br />
ottico parallelo alla direzione di crescita.
Capitolo 1<br />
Teoria<br />
1.1 I cristalli fotonici<br />
1.1.1 Introduzione<br />
Per spiegare che cosa è un cristallo fotonico proviamo ad analizzare un semplice<br />
esempio di scattering. Immaginiamo di avere un blocco di vetro omogeneo con una<br />
bolla di aria al suo interno ed un fascio di luce che si propaghi all’interno del blocco.<br />
L’interazione fra la luce e la bolla sarà descritta in maniera esauriente dalle equazioni<br />
di Maxwell. <strong>Con</strong>siderando il caso di scattering elastico e confrontando le dimensioni<br />
della bolla con la lunghezza d’onda della luce, la trattazione risulterà semplificata<br />
nei seguenti casi particolari: scattering geometrico se R ≫ λ, scattering di Mie per<br />
R ≃ λ e infine scattering di Rayleigh per R ≪ λ, doveR è il raggio della bolla<br />
e λ la lunghezza d’onda.<br />
Se adesso aggiungiamo un altra bolla identica avremo<br />
un comportamento analogo, ma con una maggiore complessità del cammino ottico<br />
ottenuto.<br />
Aggiungendo, quindi, un numero elevato di bolle organizzate in un sistema reticolare,<br />
otteniamo una struttura cristallina chiamata cristallo fotonico. Il comportamento<br />
della luce attraverso un tale sistema non dipenderà solo dall’interazione con<br />
la singola bolla, ma sarà descrivibile a partire da un’analisi che consideri il com-<br />
4
1.1. I cristalli fotonici 5<br />
portamento globale del sistema. <strong>Con</strong>siderando lunghezze d’onda paragonabili a R,<br />
la radiazione che si propaga nel mezzo sarà soggetta ad una serie di riflessioni e di<br />
trasmissioni, tali da produrre fenomeni di interferenza. In particolare, esisteranno<br />
delle direzioni per le quali, se la distanza tra i piani formati dalle bolle ètaledaprodurre<br />
uno sfasamento di (m+ 1 )π (con m intero) tra le onde incidenti e quelle riflesse,<br />
2<br />
otterremo un’interferenza distruttiva che inibirà la propagazione della radiazione nel<br />
mezzo per quelle direzioni.<br />
Il trasporto di onde in un ”potenziale” periodico, offerto dalla variazione della<br />
costante dielettrica del mezzo che abbiamo considerato sopra, ricorda il comportamento<br />
degli elettroni attraverso un potenziale periodico, descritto dal teorema di<br />
Bloch-Floquet. Questo teorema afferma che: un onda, con vettore d’onda k, soggetta<br />
ad un potenziale periodico U(r), tale che U(r)=U(r+R), dove R è il vettore che<br />
rappresenta la periodicità del sistema, sarà descritta da una funzione d’onda del<br />
tipo:<br />
Ψ(r + R) =exp(ik · R)Ψ(r) , (1.1)<br />
ovvero la funzione d’onda nel punto (r + R) sarà la stessa che nel punto R, ma<br />
corretta con un termine di fase. La Ψ(r) può anche essere scritta come un’onda<br />
piana corretta da una funzione periodica u k (r) =u k (r + R), ovvero con la stessa<br />
periodicità diU(r):<br />
Ψ k (r) =u k (r)exp(ik · r). (1.2)<br />
Quindi applicando questo teorema al caso degli elettroni, la cui equazione di Schrödinger<br />
risulta essere:<br />
]<br />
[− h2<br />
2m ∗ ∇2 + V (r) Ψ(r) =EΨ(r), (1.3)<br />
dove m ∗ è la massa efficace, E gli autovalori dell’energia e V(r) il potenziale periodico<br />
degli ioni del reticolo cristallino, si ottiene la ben nota struttura a bande che<br />
caratterizza la conduzione elettrica, con una finestra di frequenze (detta bandgap)<br />
non accessibile all’elettrone.
1.1. I cristalli fotonici 6<br />
In analogia a questo procedimento, è possibile applicare il teorema di Bloch-<br />
Floquet alle equazioni di Maxwell:<br />
−→ ∇×E = −μ<br />
∂H<br />
∂t<br />
−→ ∇×H = J + ε<br />
∂E<br />
∂t<br />
(1.4)<br />
(1.5)<br />
−→ ∇·H =0 (1.6)<br />
ε −→ ∇·E = ρ (1.7)<br />
dove E è il campo elettrico, H quello magnetico, J la densità di corrente, ρ la densità<br />
di carica, ε la costante dielettrica e μ la permeabilità magnetica.<br />
<strong>Con</strong>sideriamo un materiale la cui costante dielettrica relativa abbia un andamento<br />
periodico del tipo ε(r) =ε(r + R) e la cui permeabilità magnetica relativa sia<br />
μ r = 1 (abbiamo supposto il materiale diamagnetico). Se risolviamo in funzione di<br />
E la (1.4) e la (1.5) nell’ipotesi di assenza di corrente (J=0), otteniamo:<br />
−→ −→ ε(r) ∂ 2 E<br />
∇×( ∇×E) =−<br />
c 2 ∂t , (1.8)<br />
2<br />
1<br />
dove c = √ èlavelocità della luce nel vuoto. Introducendo l’ipotesi che la<br />
ε0 μ 0<br />
soluzione della (1.8) sia un’onda piana la cui dipendenza temporale sia del tipo<br />
exp(−iωt), possiamo riscrivere l’equazione nella forma:<br />
−∇ 2 (E)+ −→ ∇( −→ ∇·E) − ω2 ε flutt (r)<br />
E = ω2 ε medio<br />
E , (1.9)<br />
c 2<br />
c 2<br />
dove la costante dielettrica è stata separata nel suo valore medio ε medio e nel contributo<br />
della fluttuazione spaziale ε flutt (r), che tiene di conto della periodicità dielettrica<br />
del mezzo: ε(r) = ε medio + ε flutt (r). Se adesso supponiamo che ρ = 0,<br />
otteniamo<br />
−∇ 2 (E) − ω2 ε flutt (r)<br />
c 2 E = ω2 ε medio<br />
c 2 E . (1.10)
1.1. I cristalli fotonici 7<br />
Potenziale<br />
Elettrone<br />
Posizione<br />
Fotone<br />
Potenziale effettivo<br />
Posizione<br />
Figura 1.1: Schematizzazione che descrive il comportamento di un elettrone in un<br />
potenziale confinante (sopra) ed il caso analogo per il fotone (sotto).<br />
<strong>Con</strong>frontando l’equazione di Schrödinger per gli elettroni con la (1.10) sono evidenziabili<br />
delle analogie: possiamo considerare E come l’autofunzione del fotone e il<br />
termine ω2 ε medio<br />
come il suo autovalore; infine V f = − ω2 ε flutt (r)<br />
gioca il ruolo del<br />
c 2<br />
potenziale periodico. A questo punto vale la pena di fare alcune considerazioni di<br />
carattere generale confrontando il caso elettronico con quello fotonico:<br />
1. poiché nel caso fotonico ω2 ε medio<br />
c 2<br />
c 2<br />
> 0 sempre, non sarà possibile intrappolare<br />
il fotone in una buca di potenziale negativa e quindi ottenere uno stato legato,<br />
come accade nel caso dell’elettrone;<br />
2. mentre nel caso dell’elettrone abbassare la sua energia significa poter intrappolarlo<br />
all’interno di una buca di potenziale sufficientemente alta, essendo il<br />
potenziale indipendente dall’energia dell’elettrone stesso, nel caso fotonico abbassare<br />
l’energia (ω → 0) significa abbassare il valore del potenziale (V f → 0)<br />
fino ad annullare il meccanismo sopra descritto (fig 1.1);<br />
3. consideriamo la (1.10) nel caso in cui la fluttuazione della costante dielettrica<br />
ε flutt (r) abbia variazioni su un fattore di scala diverso: sia s il parametro<br />
di scala e definiamo ε ′ flutt (r) =ε flutt(r/s); se adesso facciamo un cambio di
1.1. I cristalli fotonici 8<br />
y<br />
E<br />
k<br />
a<br />
x<br />
Figura 1.2: Schematizzazione di un cristallo fotonico 1D con ε = ε(x) e passo reticolare<br />
a.<br />
variabili r = r ′ /s e quindi ∇ = s∇ ′ , otteniamo:<br />
( )) r<br />
−s 2 (∇ ′ )<br />
(E<br />
2 ′<br />
s<br />
− ω2 ε flutt (r ′ /s)<br />
E<br />
c 2<br />
( ) r<br />
′<br />
s<br />
= ω2 ε medio<br />
E<br />
c 2<br />
( r<br />
′<br />
s<br />
)<br />
; (1.11)<br />
dividendo tutto per s 2 , considerando che ε flutt (r ′ /s) =ε ′ flutt (r′ ) e ponendo<br />
ω ′ = ω/s e E ′ (r ′ )=E(r ′ /s), otteniamo:<br />
−(∇ ′ ) 2 (E ′ (r ′ ) − (ω′ ) 2 ε ′ flutt (r′ )<br />
E ′ (r ′ )= (ω′ ) 2 ε medio<br />
E ′ (r ′ ) , (1.12)<br />
c 2<br />
c 2<br />
che è l’analogo della (1.10) per un campo E ′ (r ′ ) con frequenza ω ′ = ω/s. In<br />
altre parole, cambiando la lunghezza di un fattore di scala s otteniamo lo stesso<br />
modo, ma con una frequenza corretta dallo stesso fattore s. A differenza<br />
del caso elettronico, in un cristallo fotonico il comportamento dell’onda elettromagnetica<br />
non dipende solo dalla lunghezza d’onda, ma dal rapporto fra<br />
questa e il passo reticolare del campione considerato.<br />
Proseguiamo adesso con un’analisi più dettagliata dell’equazioni di Maxwell. <strong>Con</strong>sideriamo<br />
un sistema con una struttura dielettrica la cui periodicità sia uno-dimensionale<br />
lungo l’asse x; un campione cioè costituito da strati di materiale dielettrico diverso<br />
....ABABAB.... (fig 1.2), di passo reticolare a, nel quale la luce si propaghi perpendicolarmente<br />
alle interfacce. Se scriviamo l’equazione delle onde per un sistema
1.1. I cristalli fotonici 9<br />
uno-dimensionale nella sua forma scalare, otteniamo:<br />
c 2 ∂ 2 E(x)<br />
ε r (x) ∂x 2<br />
= ∂2 E(x)<br />
∂t 2 , (1.13)<br />
dove abbiamo considerato la costante dielettrica relativa come funzione periodica<br />
ε r (x) =ε r (x + a). Periodica sarà anche la funzione ε r (x) −1 , che potremmo quindi<br />
sviluppare con una serie di Fourier:<br />
ε r (x) −1 =<br />
∞∑<br />
m=−∞<br />
dove m èuninteroel m sonoicoefficientidiFourier.<br />
l m exp (i 2πm x), (1.14)<br />
a<br />
Applicando il teorema di Bloch-Floquet, otteniamo per il campo elettrico:<br />
E(x, t) ≡ E k (x, t) =u k (x)expi(kx − ω k t) . (1.15)<br />
Sviluppando in serie di Fourier:<br />
E(x, t) =<br />
∞∑<br />
m=−∞<br />
E m exp [i(k + 2πm<br />
a )x − ω kt], (1.16)<br />
Assumendo per semplicità che solo i valori m = 0, ±1 nella (1.14) siano dominanti,<br />
possiamo reinserire la (1.14) e la (1.16) nella (1.13) e ottenere, per quanto<br />
riguarda i valori di k che soddisfano la condizione (k− π a ) ≪ π , le frequenze associate<br />
a<br />
agli autostati:<br />
ω ± ≈ πc √<br />
l0 ±|l 1 |±<br />
ac<br />
a<br />
π|l 1 | (l2 o − |l 1| 2<br />
2 )(k − π a )2 . (1.17)<br />
Quindi per k ≈± π a<br />
la curva non risulta continua (fig 1.3), ma si apre una finestra<br />
di frequenze proibita al fotone, pari a:<br />
ω 1 = πc<br />
a<br />
√<br />
l0 −|l 1 |
1.1. I cristalli fotonici 10<br />
<br />
vk<br />
}<br />
photonic gap<br />
-a<br />
0<br />
/a<br />
k<br />
Figura 1.3: Relazione di dispersione per un cristallo fotonico 1D nella prima zona di<br />
Brillouin (curva continua), confrontata con quella in un mezzo omogeneo, ω = vk (curva<br />
tratteggiata).<br />
In maniera assolutamente analoga al caso degli elettroni, per i fotoni, in una struttura<br />
periodica, si apre una banda proibita (bandgap) di frequenze non accessibile per<br />
lunghezze d’onda confrontabili con il passo reticolare del mezzo. In altri termini,<br />
per valori del vettore d’onda paragonabili alle dimensioni della zona di Brillouin,<br />
la periodicità della struttura deforma il diagramma ω − k disaccoppiando i modi<br />
k ≈ π a e k ≈−π . Quando la modulazione reticolare è trascurabile, ovvero nel caso<br />
a<br />
di un basso contrasto tra l’indice di rifrazione di A e quello di B, lo spettro torna<br />
ad essere quello del fotone in un mezzo omogeneo (ω ≈ vk): infatti se l 1 fosse zero,<br />
e quindi non ci fosse una variazione di ε, torneremo ad avere un cristallo omogeneo<br />
elabandgap scomparirebbe.<br />
In tale sistema la luce con frequenze all’interno di questa finestra non si potrà<br />
propagare; in particolare i fotoni di frequenza ω 1 e ω 2 avranno, come si vede dalla<br />
fig 1.3, v g = ∂ω<br />
∂k =0,conv g velocità di gruppo, e quindi si produrrà un’onda<br />
stazionaria. In conclusione possiamo affermare che un onda proveniente dall’esterno<br />
del campione, con lunghezza d’onda all’interno della gap, verrà riflessa come se il<br />
cristallo fotonico fosse uno specchio metallico.
1.1. I cristalli fotonici 11<br />
(a)<br />
(b)<br />
(c)<br />
(d)<br />
Figura 1.4: (a): Serie di microcavità accoppiate. (b): silicio macroporoso con una cella<br />
elementare triangolare. (c): Struttura a pila di legna ( woodpile) a 5 strati di GaAs. (d):<br />
opale diretto di SiO 2 .<br />
1.1.2 Caratterizzazione dei materiali<br />
Sistemi come quello descritto nel paragrafo precedente vengono comunemente utilizzati<br />
come specchi dielettrici. Un’applicazione differente per le strutture 1D sono le<br />
microcavità, formate da due specchi di Bragg e una cavità centrale (fig 1.4 (a)); questa<br />
struttura può essere considerata come un cristallo fotonico 1D, analogo a quello sopra<br />
analizzato, con un difetto che costituisca la cavità(...ABABABAABABABA....),<br />
creando così un sistema analogo ad una cavità laser: in questo modo possiamo ottenere<br />
una risonanza intrappolata tra i due specchi di Bragg (fig 1.5), esattamente<br />
Figura 1.5: Trasmittività diunamicrocavità laser: la microcavità si manifesta come un<br />
difetto all’interno della gap a λ = 1450 nm.
1.1. I cristalli fotonici 12<br />
1D 2D 3D<br />
Figura 1.6: Schematizzazione delle strutture 1D, 2D e 3D<br />
come un Fabry-Perot.<br />
Naturalmente si può estendere il concetto di cristallo fotonico anche per sistemi<br />
2D e 3D, imponendo la periodicità dielettrica anche nelle altre due direzioni dello<br />
spazio (fig 1.6). Strutture 2D vengono generalmente realizzate facendo dei fori cilindrici<br />
(solitamente tramite attacchi chimici) su materiali omogenei: cristalli come<br />
quello in fig 1.4 (b) vengono ormai prodotti e studiati da qualche anno [3]. La ricerca<br />
adesso è indirizzata sullo studio delle guide d’onda 2D. In genere (fig 1.7) queste<br />
Figura 1.7: Guida d’onda 2D con passo reticolare di 500nm.<br />
sono ottenute partendo da una struttura del tipo di fig 1.4 (b) e introducendo una<br />
serie di difetti nella struttura: si crea così un ”canale” nel quale non c’è struttura<br />
periodica, ma solo il mezzo omogeneo. Quindi un fotone con frequenza all’interno<br />
della bandgap potrà propagarsi lungo la direzione del canale ma non al di fuori di<br />
esso, rimanendo confinato lateralmente [4].
1.1. I cristalli fotonici 13<br />
Figura 1.8: Schema per la preparazione della Yablonovite.<br />
<strong>Cristalli</strong> fotonici 3D, che presentino quella che viene detta una bandgap completa,<br />
cioè una finestra di frequenze che sia proibita per ogni direzione del vettore k, sono<br />
stati prodotti su frequenze delle microonde.<br />
Il primo esempio di questi è stato<br />
prodotto dal gruppo di Yablonovitch nel 1991 [5]: praticando dei fori in un supporto<br />
di silicio con angoli prestabiliti, il gruppo è riuscito a fare una struttura cubica a facce<br />
centrate (FCC), producendo un materiale che adesso viene chiamato Yablonovite (fig<br />
1.8). Un’alternativa per produrre una bandgap può essere una struttura 3D prodotta<br />
sovrapponendo vari strati di barre di materiale dielettrico come una pila di legna<br />
(woodpile photonic crystal) (fig 1.4 (c)).<br />
L’attuale obbiettivo è quello di produrre un cristallo fotonico 3D con una bandgap<br />
completa nel visibile o nel vicino infrarosso; ciò complica ulteriormente la produzione<br />
di questi materiali che devono avere un passo reticolare paragonabile alla lunghezza<br />
d’onda stessa ( a λ<br />
≈ 1) e quindi, nel nostro caso, minore di 1μm.<br />
Per realizzare<br />
questo genere di materiali, i migliori candidati sembrano essere gli opali. Un opale<br />
(fig 1.4 (d)) è una struttura cristallina che prevede l’impacchettamento ravvicinato<br />
dei suoi costituenti, che nel nostro caso sono sfere dielettriche il cui diametro è<br />
dell’ordine delle centinaia di nanometri. Questi cristalli hanno il vantaggio di essere<br />
auto-assemblanti: sfruttando processi di sedimentazione, le sfere si dispongono su
1.1. I cristalli fotonici 14<br />
a) b)<br />
Figura 1.9: (a): Rappresentazione di un opale diretto a FCC; (b): Rappresentazione di<br />
un opale inverso, ottenuto riempiendo i ”vuoti” di un opale diretto con un altro materiale<br />
e poi rimuovendo le sfere.<br />
vari strati ricercando il minimo del potenziale, cioè occupando i ”vuoti” presenti fra<br />
una sfera e l’altra degli strati adiacenti (fig 1.9(a)). Il risultato finale è una struttura<br />
a FCC che poggia sul piano i cui indici di Miller sono [111] (vedi paragrafo 3.1). Lo<br />
svantaggio principale in questi materiali è che non è possibile controllarne la crescita<br />
e quindi si creano delle crepe nella struttura (i motivi verranno descritti nel prossimo<br />
capitolo). Lo stato dell’arte della produzione degli opali permette di crescere una<br />
struttura cristallina perfetta con domini la cui superficie è ∼ 50μm × 50μm [6].<br />
Promettenti sono anche gli opali inversi, cristalli i cui vuoti siano stati riempiti<br />
con opportuni materiali e le cui sfere siano state rimosse in modo da avere una<br />
strutture inversa appunto, rispetto a quella diretta degli opali sopra descritti (fig<br />
1.9(b)). La proprietà che rende quest’ultimi particolarmente interessanti è la possibiltà<br />
di ottenere una bandgap completa: dalla teoria si può mostrare che, per questi<br />
opali, è necessario che il contrasto dell’indice di rifrazione dei due costituenti sia<br />
sufficientemente alto, Δn = n 1<br />
n 2<br />
> 2, 8. Per questo generalmente viene scelto come<br />
materiale il silicio (Si), che presenta un’indice di rifrazione attorno a 3,5. Per gli<br />
opali diretti invece non è possibile ottenere un contrasto sufficiente: generalmente<br />
i materiali utilizzati sono la silice (SiO 2 ) e il polistirene, che hanno un indice di<br />
rifrazione (per il primo 1,46 e per il secondo 1,52) tale da non riuscire produrre una<br />
bandgap completa, ma solo una stopband, ovvero una bandgap incompleta.<br />
Dalle previsioni teoriche si evince che per aprire una bandgap in un cristallo
1.1. I cristalli fotonici 15<br />
fotonico 3D bisogna che la polidispersione sia sotto la soglia del 5% [7]. Sia R il raggio<br />
medio delle sfere e ΔR la sua deviazione, allora la definizione di polidispersione è<br />
P = ΔR . Questo fattore non influenza solo la possibilità che si apra una bandgap,<br />
R<br />
ma anche la qualità del campione: minore è il valore di P, minori sono le rotture sul<br />
campione, soprattutto nei campioni inversi che sono molto fragili.<br />
Ultima ma non trascurabile condizione per avere un buon cristallo è che il<br />
materiale costituente assorba in maniera trascurabile nel intervallo di frequenze di<br />
interesse; nel caso del silicio dobbiamo considerare lunghezze d’onda λ>1μm, soglia<br />
sotto la quale il silicio assorbe, mentre per la silice sopra i 300 nm.<br />
1.1.3 La dispersione non-lineare dei cristalli fotonici<br />
Un cristallo fotonico ha la proprietà di modificare la relazione di dispersione del<br />
fotone. Per meglio capirne l’importanza è bene soffermarsi alcuni istanti sulla densità<br />
degli stati per il fotone. Nel caso più generico possibile, considerando una radiazione<br />
elettromagnetica che occupi uno spazio di volume V, questa sarà:<br />
D(ω) = ω2 V<br />
π 2 c 2 dk<br />
dω . (1.19)<br />
Quindi la D(ω) dipende dalla relazione di dispersione, che nel caso del fotone nel<br />
vuoto è ω = ck così che la (1.19) diventa:<br />
D(ω) = ω2 V<br />
π 2 c 3 . (1.20)<br />
In un mezzo omogeneo (ε = cost) avremo solo una correzione data dall’indice di<br />
rifrazione n, ricordando che la relazione di dispersione è ω = vk, dovev = c n ,eche<br />
n non dipende dalla frequenza, perché siamo in assenza di assorbimento da parte<br />
del materiale. In un cristallo fotonico invece il cambiamento è radicale a causa della<br />
relazione di dispersione non lineare (ω = ω(k)). In alcune regioni la struttura a<br />
bande può perfino cambiare curvatura e quindi il segno della velocità di gruppo:
1.1. I cristalli fotonici 16<br />
la creazione stessa della bandgap completa produce una zona nella quale la densità<br />
degli stati è nulla (vedi paragrafo 3.3.1), mentre, vicino al bordo della gap, siha<br />
v g = dω → 0 e quindi D(ω) può assumere valori che tendono all’infinito.<br />
dk<br />
La realizzazione di materiali che abbiano un densità degli stati modificabile ci offre<br />
la possibilità di variare le caratteristiche ottiche di un mezzo e di poterle sfruttare.<br />
Per fare un esempio possiamo verificare con un cristallo fotonico il così detto effetto<br />
Purcell [8]. <strong>Con</strong>sideriamo un atomo eccitato con una frequenza di emissione ω 0<br />
immerso in un sistema con D(ω 0 )=0: poiché l’emissione di un fotone con frequenza<br />
ω 0 è inibita, l’atomo deve rimanere eccitato per un tempo infinito annullando<br />
l’effetto del decadimento spontaneo. In effetti lo scopo per cui sono stati proposti<br />
i cristalli fotonici da Yablonovitch [1] era proprio quello di verificare questa teoria.<br />
Sono stati fatti vari esperimenti sui cristalli fotonici con questo scopo con ottimi<br />
risultati: in particolare recentemente è stato verificato che è possibile variare il tempo<br />
di vita medio della fluorescenza di un punto quantico (quantum dot), inserito in<br />
un cristallo fotonico (un opale inverso di T i O 2 ) [9], variandone la costante reticolare.<br />
Il processo di fluorescenza è governato dal coefficiente di emissione spontanea, che è<br />
proporzionale alla densità degli stati: A ∝ ω · D(ω). Produrre un materiale che abbia<br />
D(ω) = 0 significa, teoricamente, annullare l’effetto del decadimento spontaneo<br />
e quindi, nel caso della fluorescenza del dot, fare in modo che il tempo di vita medio<br />
tenda all’infinito. Se invece utilizziamo un materiale che presenta solo una stopband<br />
(D(ω 0 ) > 0), come nel caso dell’opale inverso di T i O 2 , possiamo soltanto abbassare<br />
la probabilità di decadimento, allungando così iltempodivitamedio.
1.2. <strong>Cristalli</strong> Liquidi 17<br />
1.2 <strong>Cristalli</strong> Liquidi<br />
1.2.1 Introduzione<br />
n<br />
Nematica Smettica a Colonna<br />
Figura 1.10: Schematizzazione di un cristallo liquido nelle tre fasi: nematico uni-assiale,<br />
smettico e a colonna.<br />
Il cristallo liquido è una fase intermedia della materia (più correttamente dovremmo<br />
chiamarla ”fase mesomorfica”) tra lo stato solido e quello liquido.<br />
Questa si<br />
verifica in liquidi complessi che presentano particolari interazioni fra le molecole, a<br />
causa delle quali il liquidi risultano anisotropi. Da questo punto di vista, un cristallo<br />
liquido può essere considerato come un sistema in cui sia presente un comportamento<br />
analogo ad un liquido isotropo per almeno una direzione, ma abbia una forma di<br />
anisotropia per almeno un’altra direzione [10]. In natura esistono tre fasi distinte<br />
per i cristalli liquidi, descritte in fig 1.10:<br />
1. consideriamo un liquido le cui molecole siano anisotrope, e che risentano del<br />
reciproco allineamento; questo produce, a causa della sua anisotropia, una<br />
nuova fase detta ”nematica”;<br />
2. consideriamo un liquido anisotropo, analogo al punto precedente, ed imponendo<br />
un ordine posizionale in un sola direzione; questo produce una struttura che<br />
può essere considerata come una serie di strati di cristalli liquidi sovrapposti<br />
(fase ”smettica”);
1.2. <strong>Cristalli</strong> Liquidi 18<br />
3. consideriamo un liquido isotropo ma imponendo un ordine posizionale in due<br />
direzioni; si possono considerare come tubi di liquido accatastati (fase a ”colonna”);<br />
ovviamente queste fasi sono determinate da condizioni termodinamiche specifiche,<br />
al di fuori delle quali ritroviamo un liquido isotropo oppure lo stato solido.<br />
Benché questa fase della materia sia stata scoperta alla fine del 1800, studi approfonditi<br />
svolti per possibili applicazioni sono cominciati solo a partire dal 1960.<br />
L’applicazione più importante delle proprietà dei cristalli liquidi sono gli schermi<br />
LCD (Liquid Crystals <strong>Di</strong>splay): questi sono realizzati sfruttando la loro birifrangenza<br />
(nata dall’anisotropia del sistema) e gli effetti di allienamento dati dal campo<br />
elettrico (entrambe le proprietà veranno analizzate dettagliatamente più avanti). Al<br />
momento la ricerca sui cristalli liquidi è indirizzata verso applicazioni per dispositivi<br />
ottici, i quali, sfruttando la birifrangenza di questo materiale, siano sintonizzabili su<br />
ampio intervallo di frequenze.<br />
1.2.2 Fase nematica<br />
In questa tesi studieremo solo la fase nematica di un cristallo liquido con molecole<br />
allungate, che possono essere approssimate con delle ”barre”di dimensione di qualche<br />
nm (fig 1.10). Poiché durante la trattazione utilizzeremo sempre a cristalli liquidi<br />
nematici, ci riferiremo ad essi senza specificare la loro fase. A causa della loro forma,<br />
possiamo affermare che esiste un ordine direzionale (come in un liquido isotropo),<br />
benché non sia presente un ordine posizionale (come in un cristallo): infatti le molecole<br />
tendono a disporsi tutte nella stessa direzione (indicata con il direttore n). La<br />
presenza di una tale anisotropia introduce un asse ottico nel mezzo, che risulta così<br />
birifrangente. Il direttore per un cristallo liquido ideale ha una direzione fissa nello<br />
spazio ed è dovuto da forze a corto raggio tra le molecole. In un cristallo liquido<br />
reale, però, si possono formare alcuni regioni dello spazio (domini) che presentano<br />
direttori diversi: questo può essere dovuto a sollecitazioni meccaniche, fluttuazioni
1.2. <strong>Cristalli</strong> Liquidi 19<br />
termiche e, più in generale, interazioni con forze esterne. Infine, come ultima proprietà<br />
associata all’anisotropia, il verso del direttore non è definito, cioè n non è<br />
distinguibile da -n, a causa della simmetria delle molecole.<br />
Da un punto di vista microscopico, queste proprietà comportano una particolare<br />
distribuzione nell’orientazione delle molecole. Poichéè preferibile descrivere l’allineamento<br />
del sistema con un parametro numerico, si introduce un parametro d’ordine<br />
tensoriale, che abbia una struttura analoga al momento di quadrupolo medio in funzione<br />
della direzione di ogni molecola rispetto al direttore medio del cristallo liquido<br />
[11]:<br />
Q i,j = 3 2 S(n in j − δ i,j /3) , (1.21)<br />
dove i, j = x, y, z, δ i,j è la delta di Kronecker e S è detto parametro scalare uniassiale:<br />
questo parametro tiene conto della direzione di ciascuna molecola rispetto<br />
a n.<br />
Da un punto di vista macroscopico, e quindi più adatto ad una trattazione sperimentale,<br />
è conveniente introdurre un parametro che dipenda da una grandezza misurabile:<br />
la scelta di tale parametro cade per convenzione sulla costante dielettrica<br />
(con un procedimento analogo avremmo potuto utilizzare la suscettività magnetica),<br />
descritta dalla relazione:<br />
D α = ε αβ E β , (1.22)<br />
dove α, β = x, y, z, D è il vettore spostamento elettrico e E è il campo elettrico. In<br />
fase isotropa ε αβ = εδ αβ , mentre in quella nematica (ricordandosi che la trattazione<br />
vale per un sistema uni-assiale)<br />
⎛<br />
ε αβ = ⎜<br />
⎝<br />
⎞<br />
ε ⊥ 0 0<br />
0 ε ⊥ 0 ⎟<br />
⎠<br />
0 0 ε ‖<br />
sulla base (e 1 ,e 2 ,n).
1.2. <strong>Cristalli</strong> Liquidi 20<br />
Per descrivere l’allineamento del sistema e le proprietà fisiche da esso derivanti,<br />
viene scelto un parametro d’ordine tensoriale che descriva la transizione di fase da<br />
nematica a isotropa: per convenzione la scelta cade sulla parte anisotropa della<br />
costante dielettrica [10]:<br />
Q αβ = ε αβ − 1 3 δ ∑<br />
αβ ε γγ , (1.23)<br />
dove γ = x, y, z. Nel caso nematico, in un opportuno sistema di riferimento che<br />
diagonalizzi il tensore, otteniamo:<br />
γ<br />
⎛<br />
Q αβ = ⎜<br />
⎝<br />
1<br />
(ε 3 ⊥ − ε ‖ ) 0 0<br />
0<br />
1<br />
3 ⊥ − ε ‖ ) 0<br />
0 0<br />
2<br />
3 ‖ − ε ⊥ ) .<br />
⎞<br />
⎟<br />
⎠<br />
Si osservi che quando avviene una transizione di fase da nematico ad isotropo,<br />
ponendo cioè ε αβ = εδ αβ , otteniamo Q αβ =0.<br />
L’anisotropia della fase nematica si ripercuote in maniera assolutamente analoga<br />
sull’indice di rifrazione, essendo n αβ = √ ε αβ . Dunque un cristallo liquido in fase<br />
nematica è birifrangente e per convenzione parleremo di indice di rifrazione ordinario<br />
(n o ) e straordinario (n e ), associati rispettivamente a n ⊥ e n ‖ . Da un punto di vista<br />
macroscopico, considerando l’esistenza di vari domini, possiamo definire anche un<br />
indice di rifrazione medio, dato da:<br />
n m =<br />
√<br />
n<br />
2<br />
e<br />
3 + 2n2 o<br />
3 , (1.24)<br />
cioè la media geometrica tra indici di rifrazione, pesata sulle direzioni dello spazio;<br />
valori tipici sono n e =1.7 en o =1.5 e per la fase nematica, mentre per quella<br />
isotropa, quando il materiale non èpiù birifrangente, l’indice di rifrazione è n ≃ 1.57.
1.2. <strong>Cristalli</strong> Liquidi 21<br />
1.2.3 Orientamento del direttore<br />
In un cristallo liquido reale la direzione delle molecole non segue esattamente quella<br />
del direttore, ma subisce delle fluttuazioni attorno ad essa. Per descrivere questo<br />
fenomeno possiamo analizzare la densità di energia libera F nella fase nematica,<br />
supponendo che questa dipenda dal parametro d’ordine Q αβ , dalla sua variazione<br />
spaziale Q αβγ = ∂Q αβ<br />
, dagli effetti di superficie e da quelli indotti da un campo magnetico<br />
o elettrico. <strong>Con</strong>siderando l’equazione (1.21) e supponendo che la variazione<br />
∂x γ<br />
spaziale di Q αβ sia debole (Q αβ ≫ Q αβγ ), possiamo sviluppare F:<br />
F (Q αβ ,Q αβγ )=F u (Q αβ )+F e (Q αβγ )+F s + F C , (1.25)<br />
dove F u rappresenta la densità di energia libera di un cristallo liquido ideale (nessuna<br />
dipendenza spaziale ma solo di temperatura), F e il contributo elastico all’energia<br />
libera, F s e F C i contributi, rispettivamente, della superficie e di eventuali campi.<br />
Ipotizzando il caso semplificato di un cristallo liquido non confinato e in assenza<br />
di campo (F s ,F C = 0), possiamo considerare solo F e (F u non dipende da n) e<br />
svilupparla in serie di potenze, ottenendo (fino al secondo ordine):<br />
F e (Q αβγ )=A αβγ Q αβγ + 1 2 B αβγlmnQ αβγ Q lmn + ...... (1.26)<br />
doveAeBdescrivonoleinterazionielastiche. Sipuò dimostrare che se A ≠0la<br />
densità di energia libera diventa tale da produrre una avvitamento nella direzione di<br />
n( 1 ). Poiché noi siamo interessati ad un cristallo liquido in fase nematica, possiamo<br />
porre A = 0 e ottenere, sostituendo la (1.21) in ipotesi di S = cost., laseguente<br />
legge di Frank [13]:<br />
F e = 1 2 [K 11(divn) 2 + K 22 (n · rotn) 2 + K 33 (n × rotn) 2 ] . (1.27)<br />
1 In questo caso si produce un cristallo liquido detto colesterico.
1.2. <strong>Cristalli</strong> Liquidi 22<br />
Molecole<br />
Inclinato<br />
Torsione<br />
Curvato<br />
Figura 1.11: Schematizzazione dei tre tipi di deformazione che avvengono nella direzione<br />
del direttore: K 11 (divn ≠0) descrive la configurazione inclinato; K 22 (n · rotn ≠0)<br />
descrive la configurazione di torsione; K 33 (n × rotn ≠ 0) descrive la configurazione<br />
curvato.<br />
I K ij<br />
sono gli elementi del tensore di deformazione e corrispondono alle tre deformazioni<br />
fondamentali di n: in fig 1.11 sono riportate queste tre deformazioni<br />
associate ad ogni K ij .Poiché valori tipici per i K ij sono simili tra loro (si aggirano<br />
attorno a ∼ 10 −11 N) solitamente si approssimano le tre K ij ad un unico K in modo<br />
da semplificare la (1.27) ed ottenere:<br />
F e = 1 2 K[(divn)2 +(rotn) 2 ]. (1.28)<br />
<strong>Con</strong>sideriamo gli effetti dati dalla superficie, che, come vedremo, ha una grande<br />
influenza sul comportamento di un cristallo liquido. Ogni superfice a contatto con<br />
un cristallo liquido tende ad allineare le molecole in una direzione preferenziale e<br />
questo allineamento influenza quello del cristallo liquido massivo.<br />
In generale la<br />
disposizione delle molecole sulla superficie dipende dal tipo di materiale di cui è<br />
fatta:<br />
1. se il mezzo esterno è un cristallo e l’interfaccia corrisponde a uno dei piani di<br />
Miller (per la definizione vedi paragrafo 3.1), le molecole tendono a disporsi<br />
parallelamente ad esso seguendo le direzioni degli assi cristallografici;
1.2. <strong>Cristalli</strong> Liquidi 23<br />
z<br />
Superficie<br />
Superficie<br />
<br />
(y)<br />
a<br />
a<br />
y<br />
b<br />
Y<br />
x<br />
a<br />
a) b)<br />
Figura 1.12: a): Schematizzazione della torsione della direzione del direttore in funzione<br />
della distanza dalla superficie: entro una distanza a la rotazione èpiù rapida, mentre per<br />
y > a la rotazione èpiù lenta; b): variazione di φ in funzione di y: si può notare la<br />
differenza di pendenza della curva tra ya.<br />
2. se il mezzo esterno è isotropo (liquido, vetro etc..) le molecole si dispongono<br />
formando in certo angolo con la perpendicolare alla superficie, compresi i casi<br />
limite parallelo e perpendicolare ad essa;<br />
3. infine se le superfici, solitamente di vetro, vengono strofinate preventivamente<br />
in un particolare direzione, le molecole tendono a disporsi lungo la stessa 2 .<br />
<strong>Con</strong>sideriamo un caso semplice di deformazione della direzione di n, per evidenziare<br />
l’influenza della superficie della cella sul cristallo liquido. Supponiamo che la deformazione<br />
sia una semplice torsione e trascuriamo momentaneamente l’effetto della<br />
superficie. La (1.27) diventa:<br />
F e = 1 2 [K 22(n · rotn) 2 ] (1.29)<br />
epoiché possiamo scrivere n in funzione dell’angolo di rotazione, riferendosi alla fig<br />
1.12 (a):<br />
n z =cos[ϕ(y)]; n x =sin[ϕ(y)], (1.30)<br />
2 Questo fenomeno viene ampiamente utilizzato per la realizzazione di schermi a cristalli liquidi.
1.2. <strong>Cristalli</strong> Liquidi 24<br />
otteniamo:<br />
F e = 1 2 K 22( ∂ϕ<br />
∂y )2 . (1.31)<br />
Daquisipuò risalire all’energia libera per unità di superficie F e =<br />
minima quando:<br />
∂ϕ<br />
∂y<br />
∫ y<br />
0<br />
F e dy, cheè<br />
= cost. ; (1.32)<br />
questa dunque è la condizione di equilibrio. Se adesso introduciamo l’effetto della<br />
superficie F s (ponendo due pareti piane e parallele distanti, una sul piano z − x e<br />
l’altra distante d dalla prima, fig 1.12 (a)), possiamo definire una nuova densità di<br />
energia libera F ′ e = F e + F s . La variazione di ϕ in funzione di y, ricavatadaF ′ e<br />
è rappresentata da un grafico analogo a quello di fig 1.12 (b): esiste una distanza<br />
a dalla superficie (lunghezza di coerenza associata alla superficie), tale che, per<br />
y ≫ a, l’unica interazione che le molecole subiscono è quella con le molecole vicine,<br />
mentre per y ∼ a la variazione spaziale di ϕ incrementa rapidamente per adattare<br />
n alla direzione preferenziale presente sulla superficie.<br />
Partendo dalle equazioni<br />
sopra mostrate, è possibile dimostrare che molte informazioni su questo genere di<br />
interazioni sono contenute in b, definito come la ”lunghezza di estrapolazione” [14].<br />
Si può mostrare infatti che:<br />
• se a ∼ b allora si parla di ”ancoraggio forte”, cioè l’interazione fra la superficie<br />
e le molecole ècosì intensa che la sua influenza sulla posizione delle molecole<br />
si sentirà a grande distanza dalla superficie;<br />
• se a ≪ b allora si parla di ”ancoraggio debole”, cioè l’interazione fra la superficie<br />
e le molecole ècosì debole da influire su una regione trascurabile del cristallo<br />
liquido.
1.2. <strong>Cristalli</strong> Liquidi 25<br />
1.2.4 <strong>Cristalli</strong> liquidi e campo magnetico<br />
Introduciamo adesso gli effetti di campo nello studio della (1.25). Generalmente la<br />
magnetizzazione M indotta in un materiale diamagnetico omogeneo da un campo<br />
magnetico H è data da:<br />
M = μ 0 χH , (1.33)<br />
dove χ è la suscettibilità magnetica del mezzo. Nel caso di un cristallo liquido in<br />
fase nematica otteniamo un tensore che la descrive χ:<br />
⎛<br />
χ αβ = ⎜<br />
⎝<br />
⎞<br />
χ ⊥ 0 0<br />
0 χ ⊥ 0 ⎟<br />
⎠ ,<br />
0 0 χ ‖<br />
dove χ ⊥ e χ ‖ sono quantità negative, essendo un materiale diamagnetico, e piccole<br />
(∼ −10 −7 ). Quindi per un campo H parallelo a n otteniamo M = μ 0 χ ‖ H,per<br />
uno ortogonale M = μ 0 χ ⊥ H, mentre per una direzione arbitraria, rispetto ad n,<br />
otteniamo:<br />
M = μ 0 {χ ⊥ H + χ a (H · n)n} , (1.34)<br />
dove χ a = χ ‖ − χ ⊥ > 0è la suscettività magnetica anisotropa. La densità dienergia<br />
libera diventa, trascurando momentaneamente gli effetti di superficie:<br />
∫<br />
F = F u + F e −<br />
0<br />
H<br />
M · dH = F u + F e − μ 0<br />
2 [χ ⊥H 2 + χ a (n · H) 2 ] , (1.35)<br />
dove il terzo membro non dipende da n e quindi viene generalmente trascurato nello<br />
studio della direzione del direttore, esattamente come F u , mentre l’ultimo (essendo<br />
χ a > 0) rende minima l’energia quando n è parallelo a H.<br />
Riassumendo, abbiamo due forze esterne che interagiscono con il direttore influenzandone<br />
la direzione: quella nata dagli effetti di campo e quella dagli effetti<br />
di superficie. Quindi un’espressione per la densità dell’energia libera che consideri
1.2. <strong>Cristalli</strong> Liquidi 26<br />
Figura 1.13: Schematizzazione della torsione della direzione del direttore in funzione<br />
della distanza dalla superficie: entro una distanza pari ad ζ le molecole risentono solo<br />
degli effetti di superficie, mentre per y>ζrisentono solo degli effetti del campo H.<br />
tutte le interazioni fino a qui considerate, è descritta da:<br />
F = F u + F e + F s − μ 0<br />
2 [χ ⊥H 2 + χ a (n · H) 2 ] . (1.36)<br />
D’altronde, quando studiamo un cristallo liquido questo è sempre confinato in una<br />
cella: se le dimensioni di questa sono paragonabili alla lunghezza di coerenza a,<br />
allora l’orientazione delle molecole è interamente decisa dalla direzione preferenziale<br />
della superficie. Se a questo punto introduciamo un campo magnetico, questo induce<br />
un momento magnetico sulle molecole del tipo:<br />
Γ M = μ 0 χ a (n · H)n × H , (1.37)<br />
che tende ad orientare le molecole: in fig 1.13 viene schematizzato l’effetto complessivo.<br />
Si genera quindi una competizione tra i due effetti tale da introdurre una nuova<br />
lunghezza di coerenza che dipende dall’intensità del campo. In approssimazione di<br />
una sola costante elastica (K = K ij ) e di ancoraggio forte, ci calcoliamo l’energia<br />
libera F d perturbativa, integrando le componenti F e ,F s e quella, dipendente da n,
1.2. <strong>Cristalli</strong> Liquidi 27<br />
che descrive l’effetto del campo magnetico:<br />
F d =<br />
∫ [<br />
K( −→ ∇·n) 2 +( −→ ]<br />
∇×n)<br />
V∫<br />
+ F s dV ,<br />
V<br />
− μ 0<br />
2 χ a(n · H) 2 dV (1.38)<br />
dove F s → 0perché in ipotesi di ancoraggio forte [15]. Ponendo adesso la condizione<br />
che la perturbazione sia nulla (F d = 0) e considerando il cristallo liquido tra due facce<br />
piane e parallele, otteniamo l’espressione per la lunghezza di coerenza dipendente<br />
da B:<br />
ζ(B) = 1 B<br />
√<br />
Kμ 0<br />
χ a<br />
, (1.39)<br />
che ètantopiù piccola, quanto maggiore è il modulo di B. Per fare una stima,<br />
considerando un campo da 1 T, otteniamo ζ(B) ∼ 1μm, che significa che in celle<br />
più piccole di 1μm c’è bisogno di un campo relativamente intenso per produrre<br />
un’allineamento delle molecole.<br />
Possiamo definire anche un campo critico B c<br />
come il campo per cui la ζ(B)<br />
diventa minore della distanza massima tra le pareti della cella che contiene il cristallo<br />
liquido, ovvero il campo per cui le molecole cominciano ad allinearsi. Da questa<br />
definizione si deduce che il campo critico deve dipendere dalle proprietà elastiche<br />
del cristallo liquido e dalla geometria del sistema; ponendoci nelle stesse ipotesi in<br />
cui è stata ricavata la (1.39), è possibile risalire ad un’espressione per il campo critico<br />
[16];<br />
B c = π d<br />
√<br />
Kμ 0<br />
χ a<br />
, (1.40)<br />
dove d è la distanza tra le pareti. È possibile collegare B c e ζ: sostituendo la (1.39)<br />
nella (1.40), ovvero ponendo B = B c , otteniamo ζ(B c )= d π .<br />
Essendo un cristallo liquido una materiale dielettrico, possiamo procedere in<br />
maniera assolutamente analoga al caso magnetico, utilizzando un campo elettrico,
1.2. <strong>Cristalli</strong> Liquidi 28<br />
per studiare i sui effetti sui cristalli liquidi. Partendo dalla definizione tensoriale<br />
della costante dielettrica (vedi paragrafo 1.2.2), otteniamo l’espressione del vettore<br />
spostamento elettrico D in funzione di un campo elettrico E, che forma un angolo<br />
arbitrario con il direttore n:<br />
D = ε 0 (ε ⊥ E + ε a (n · E)n) , (1.41)<br />
dove ε a = ε ‖ − ε ⊥ > 0è la costante dielettrica anisotropa. L’espressione per la<br />
densità di energia libera F , considerando anche l’effetto dalla superficie, diventa:<br />
∫<br />
F = F u + F e + F s −<br />
0<br />
E<br />
D · dE = F u + F e + F s − ε o<br />
2 [ε ⊥E 2 + ε a (n · E) 2 ] ; (1.42)<br />
quindi il minimo dell’energia libera viene raggiunto quando il direttore è parallelo<br />
al campo E e quindi le molecole tenderanno ad allinearsi sotto l’effetto del campo.<br />
Ponendosi nelle stesse condizioni in cui abbiamo ricavato la (1.38), possiamo ottenere<br />
l’analogo per il caso del campo elettrico:<br />
F d =<br />
∫ [<br />
K( −→ ∇·n) 2 +( −→ ]<br />
∇×n) − 1<br />
V<br />
2 (ε aε o (n · E) 2 dV (1.43)<br />
∫<br />
+ F s dV ,<br />
V<br />
dove F s → 0perché in ipostesi di ancoraggio forte. <strong>Con</strong> le stesse ipotesi fatte per<br />
ricavarsi la (1.39) e la (1.40), possiamo ricavarci il campo critico ζ(E) e la lunghezza<br />
di coerenza E c :<br />
ζ(E) = 1 E<br />
√<br />
K<br />
ε a ε o<br />
E c = π d<br />
√<br />
K<br />
ε a ε o<br />
. (1.44)<br />
Infine anche in questo caso possiamo mettere in relazione queste due grandezze,<br />
ricavandosi che ζ(E c )= d ,cheè perfettamente consistente con formula trovata per<br />
π<br />
il campo magnetico.
Capitolo 2<br />
Apparato strumentale e preparazione dei<br />
campioni<br />
2.1 Studio della struttura a bande tramite riflessioni di Bragg<br />
Come spiegato nel paragrafo 1.1.1, un cristallo fotonico presenta alcune bande proibite<br />
per un’onda elettromagnetica che si propaghi in esso: nel caso 1D l’analisi della<br />
struttura a bande è molto semplificata e sono evidenti le regioni in qui si verifica tale<br />
inibizione (fig 1.3). Nel caso 3D invece la relazione di dispersione, come mostreremo<br />
più avanti,è molto complicata a causa dei diversi comportamenti del fotone al<br />
variare della sua direzione di propagazione. Qualunque di esse si consideri, un’onda<br />
elettromagnetica proveniente dall’esterno, con frequenza all’interno della bandgap<br />
associata a quella particolare direzione, non potrà propagarsi all’interno del mezzo.<br />
Poiché si deve conservare il vettore di Poynting (I = E × H) ed essendo escluso<br />
l’assorbimento, l’onda elettromagnetica verrà riflessa secondo le leggi dell’ottica classica.<br />
Analizzare, quindi, in un ampio intervallo di frequenze, quali di queste vengano<br />
riflesse e quali trasmesse, ci permette di studiare la struttura a bande del sistema<br />
e quindi le proprietà ottiche del mezzo. Per fare questo genere di analisi, studiamo<br />
la riflessione dei cristalli fotonici con la legge di Bragg, che è stata sviluppata per<br />
29
2.1. Studio della struttura a bande tramite riflessioni di Bragg 30<br />
Iin<br />
<br />
Iout<br />
d<br />
d cos<br />
Figura 2.1: Riflessione di Bragg per una famiglia di piani, separati di una distanza d.<br />
studiare la diffrazione dei raggi X su i ”cristalli atomici”:<br />
mλ =2d cos θ, (2.1)<br />
dove m è l’ordine della riflessione e θ l’angolo di incidenza del fascio. La (2.1)<br />
descrive l’interazione fra una radiazione monocromatica e un cristallo perfetto di<br />
corpi puntiformi, i cui piani siano distanziati di una quantità d: in altri termini<br />
la differenza di cammino ottico fra i due fasci di fig 2.1 deve essere uguale alla<br />
loro lunghezza d’onda (o multipli interi di essa), per ottenere che la luce riflessa<br />
interferisca costruttivamente.<br />
Nel caso di un opale cresciuto con sfere dielettriche di dimensioni di qualche<br />
centinaio di nm e quindi con una bandgap nelle frequenze del visibile e del vicino<br />
infrarosso, si deve attuare qualche modifica alla (2.1). Per prima cosa dobbiamo<br />
aggiungere il contributo dato dall’indice di rifrazione. Abbiamo visto nel paragrafo<br />
1.1.3 come sia importante la relazione di dispersione in un cristallo fotonico: a causa<br />
della non linearità di quest’ultima, l’indice di rifrazione che il mezzo offre alla luce<br />
dipende fortemente dalla frequenza. Possiamo quindi definire un indice di rifrazione<br />
effettivo n eff che descriva, per ogni frequenza e per ogni direzione di propagazione,<br />
l’indice di rifrazione realmente ”visto” dalla luce. A causa della complessità della relazione<br />
di dispersione siamo costretti a fare un’approssimazione: invece di utilizzare
2.2. Apparato sperimentale 31<br />
l’indice di rifrazione effettivo possiamo utilizzare in prima approssimazione la media<br />
geometrica:<br />
= n sfere φ sfere + n air φ air . (2.2)<br />
dove n sfere e n air sono gli indici di rifrazione delle sfere e dell’aria, mentre φ sfere<br />
e φ air sono le percentuali di volume del campione occupate dalle sfere e dall’aria 1 .<br />
In secondo luogo bisogna porre attenzione al calcolo di d, che varia a seconda dei<br />
piani che scegliamo.<br />
I campioni da noi studiati sono cresciuti sul piano [111] di<br />
una struttura a FCC, quindi nella schematizzazione di fig 2.1 ci dobbiamo riferire a<br />
a<br />
piani paralleli a questo. Poiché in generale vale d = √ dove i,j,k sono gli<br />
i2 + j 2 + k2 indici di Miller del piano a cui ci stiamo riferendo e a la costante reticolare, otteniamo<br />
d =<br />
a √<br />
3<br />
. Infine il valore di a per un cristallo costituito da sfere impacchettate in<br />
modo da ottenere una struttura FCC, èdatodaa = D √ 2, dove D è il diametro<br />
delle sfere. Si ottiene quindi per la legge di Bragg:<br />
2<br />
λ =2D√<br />
cos θ. (2.3)<br />
3<br />
<strong>Con</strong>seguenza diretta della (2.3) è la caratteristica iridescenza degli opali, che cambiano<br />
colore secondo l’angolo di incidenza, ovvero si verifica uno spostamento della<br />
frequenza del picco di riflessione al variare dell’angolo di incidenza.<br />
2.2 Apparato sperimentale<br />
L’apparato strumentale è semplice ma preciso. Per prima cosa la sorgente luminosa<br />
deve avere un ampio spettro di emissione (la larghezza dei picchi di riflessione è sulle<br />
centinaia di nanometri) con un andamento paragonabile a quello di corpo nero. La<br />
lampada a nostra disposizione è un filamento di tungsteno con uno spettro di corpo<br />
1 Come mostreremo più avanti, questa approssimazione vale solo per il primo ordine della legge<br />
di Bragg: infatti a frequenze superiori n eff è molto diverso da .
2.2. Apparato sperimentale 32<br />
Supporto ruotante<br />
Emettitore<br />
Collettore<br />
Figura 2.2: Parte dell’apparato strumentale per misure di riflessione: nella foto sono<br />
presenti il collettore, l’emettitore, il motore per la rotazione e le slitte per muovere il<br />
campione dopo aver allineato il sistema.<br />
nero ad una temperatura di 3000 K nell’intervallo da 400 nm a 2700 nm circa, con il<br />
picco di emissione attorno a 1100 nm e una potenza media per lunghezza d’onda ∼<br />
40μW/nm. La lampada è raffreddata da una ventola e può essere accoppiata ad una<br />
fibra ottica che raccoglie il segnale. La luce emessa viene raccolta da una fibra ottica<br />
multimodo, per frequenze nel visibile e nell’infrarosso, e portata ad un apparato che<br />
permette di fare misure al variare dell’angolo di incidenza (fig 2.2). L’apparato è<br />
composto da un emettitore ed un collettore, al cui interno è presente un sistema di<br />
lenti, composto da un collimatore e una lente cilindrica (focale f = 4 cm), che hanno<br />
la possibilità di ruotare (con una precisione Δθ =0.1 ◦ ) di 360 ◦ attorno ad un asse( 2 ),<br />
sul quale viene posto il campione. <strong>Con</strong> questo apparato non è possibile fare misure<br />
in riflessione ad angolo zero: affinché il fascio riflesso sia raccolto interamente dal<br />
collettore, senza che l’emettitore lo schermi, non è possibile fare misure per angoli<br />
di incidenza inferiori a 8 ◦ . La fibra dell’emettitore determina la dimensione dello<br />
spot che si forma sul campione, a causa del rapporto di magnificazione (M ≃ 4) del<br />
sistema di lenti: nel caso in cui la fibra sia di diametro pari a 50μm, lo spot sarà di<br />
2 È possibile dunque utilizzare questa l’apparato anche in trasmissione ad angolo variabile.
2.2. Apparato sperimentale 33<br />
circa 200μm, mentre nel caso di una fibra da 8μm, lo spot sarà dicirca40μm. Le<br />
dimensioni dello spot sono un dato molto importante, perché, non essendo cristalli<br />
perfetti quelli che analizziamo, ottenerne uno il più piccolo possibile, ci fa analizzare<br />
una porzione omogenea del campione, diminuendo effetti medi dati dall’imperfezione<br />
del campione. Il problema di lavorare con una fibra più piccola ovviamente sta nella<br />
diminuzione della potenza della luce incidente: in questo lavoro generalmente viene<br />
utilizzata la fibra da 50μm, a meno che non sia diversamente specificato. Per la<br />
raccolta viene utilizzata una fibra di grandi dimensioni per ottenere più segnale<br />
possibile, solitamente da 200μm.<br />
Come rivelatori vengono utilizzati tre diversi apparecchi per coprire un ampio<br />
intervallo di frequenze:<br />
• per il visibile e parte del vicino infrarosso abbiamo utilizzato due spettrografi<br />
con rilevatore a CCD al silicio, con la stessa precisione Δλ =0.5 nm; il reticolo<br />
(numero di righe 600) è tale che l’intervallo di lunghezze d’onda per uno èda<br />
(250 ÷ 850) nm, mentre l’altro da (550 ÷ 1100) nm;<br />
• per misure con λ>1000 nm, abbiamo utilizzato un monocromatore con reticolo<br />
con 600 righe centrato a 2μm, la cui precisione, che dipende dall’apertura<br />
delle slitte in ingresso ed in uscita, può spingersi fino a 0.05 nm (nelle nostre<br />
misure abbiamo dovuto utilizzare una grande apertura delle slitte per mancanza<br />
di segnale, quindi la precisione era sempre di 2 o 3 nm). Accoppiato al<br />
monocromatore è stato posto come rilevatore un fotodiodo di PbS (900 ÷ 2800<br />
nm).<br />
Per diminuire il rumore della secondo apparato strumentale è stata utilizzata la<br />
tecnica del lock-in: il segnale viene reso intermittente ad una frequenza di 160 Hz<br />
ed acquisito da un apposito amplificatore, che rileva solo il segnale con la frequenza<br />
scelta, escludendo qualunque altra fonte di rumore ad eccezione di quello elettronico.<br />
Il nostro apparato prevede anche una rotazione motorizzata del campione stesso:<br />
in questo modo è possibile ruotare il campione (con una precisione 0.1 ◦ ed una
2.2. Apparato sperimentale 34<br />
nutazione così bassa da trascurarne gli effetti) attorno ad un asse ortogonale alla<br />
superficie del campione.<br />
Questo apparato ci permette teoricamente, anche se è<br />
molto complesso riuscire ad allineare così bene il sistema, di misurare la riflettivitàin<br />
tutte le direzioni accessibili dall’esterno del campione, coprendo un ampio intervallo<br />
di vettori k. In oltre il supporto è dotato di un montaggio inclinabile e di slitte per<br />
facilitare l’allineamento del sistema.<br />
Apparato per misure con campo<br />
Una parte considerevole di questa tesi si basa sull’interazione tra cristalli fotonici<br />
infiltrati con cristalli liquidi ed i campi esterni, sia elettrico che magnetico.<br />
Per<br />
generare il campo elettrico abbiamo utilizzato un generatore di funzione impostato<br />
su una frequenze di 500 Hz( 3 ).<br />
Il segnale è stato successivamente inviato ad un<br />
amplificatore, che ha il picco di guadagno a 500 Hz con un valore massimo in uscita<br />
par a 12 kV. Per misurare il campo applicato abbiamo utilizzato un oscilloscopio<br />
che presenta una precisione del 3% su tutti i fondo scala (da 5 mV/div a 5 V/div).<br />
Per quanto riguarda le misure con il campo magnetico, abbiamo utilizzato un<br />
elettromagnete (Varian 4005) che genera un campo massimo di 16 kGauss quando le<br />
espansioni polari (piane e parallele di diametro 10 cm) sono accostate (≃ 1cm). Per<br />
misurare il campo applicato abbiamo utilizzato una sonda di Hall (SV210, Siemens)<br />
e misurato la tensione generata per effetto Hall con un voltmetro digitale con precisione<br />
di qualche μV. Tutto l’apparato è stato tarato con una sonda di Felici con una<br />
precisione del 2%. Da questa taratura si risale al rapporto di linearità (20 kGauss/V<br />
2%) tra la tensione misurata ed il campo magnetico: per queste misure la stima del<br />
campo magnetico presenta un errore relativo di 3%.<br />
3 Come spiegheremo nel capitolo 4, il campo elettrico agisce sulle molecole di cristallo liquido,<br />
il cui tempo di riallineamento èdi∼ 10 ms: possiamo quindi considerare il campo costante.
2.3. Preparazione degli opali 35<br />
2.3 Preparazione degli opali<br />
La tecnica utilizzata per la creazione delle sfere di silice è quella proposta da Stöber<br />
[17], che si basa sulla reazione di 4 reagenti chimici: TEOS (Si(OCH 2 CH 3 ) 4 ), acqua<br />
distillata (H 2 O), ammoniaca (NH 3 )edetanolo(CH 3 CH 2 OH).<br />
I primi due<br />
sono i veri e propri reagenti che formano le molecole di silice, l’ammoniaca viene<br />
utilizzata come catalizzatore, mentre l’etanolo è il solvente in cui viene prodotta<br />
la reazione. Le sfere si formano per nucleazione delle molecole di silice, quindi per<br />
ottenere una bassa polidispersione l’ambiente deve essere il più pulito possibile, per<br />
evitare che la polvere si comporti come centro di nucleazione. Poiché i tempi della<br />
reazione sono molto rapidi, si preparano due soluzioni, una composta di acqua e<br />
ammoniaca e l’altra con TEOS e etanolo, che successivamente vengono mescolate<br />
velocemente insieme, in modo da ottenere una soluzione omogenea. Le condizioni<br />
termodinamiche e le concentrazioni dei composti cambiano le dimensioni delle sfere<br />
e la loro polidispersione. Il beaker che contiene la soluzione deve quindi stare in<br />
un bagno termico (con acqua) per rendere stabile la temperatura e al suo interno<br />
poniamo un ancoretta magnetica che mescoli continuamente la soluzione, in maniera<br />
che rimanga omogenea per tutto il tempo della reazione. Poiché l’ammoniaca tende<br />
ad evaporare molto rapidamente, si deve coprire il beaker con un pellicola. Per ottenere<br />
le sfere da 460 nm, che sono quelle con la migliore polidispersione tra quelle<br />
da noi ottenute, la preparazione è avvenuta a temperatura ambiente, con le seguenti<br />
quantità per i composti: 23.6 g di ammoniaca al 33%, 36.4 g di acqua, 99.216 g di<br />
etanolo al 96,4% e 9.2 g di TEOS al 98%.<br />
Successivamente si deve separare le sfere di silice prodotte dalla soluzione in cui<br />
sono sospese. Per fare questo ci sono vari metodi: quello da noi utilizzato è stato<br />
quello di centrifugare la soluzione in modo da separare le sfere dal liquido; successivamente<br />
queste sono state diluite nuovamente in acqua distillata 4 . Abbiamo ripetuto<br />
4 Per fare questo abbiamo dovuto mettere le sfere in un bagno ad ultrasuoni perché la centrifuga<br />
li aveva compattati e non era possibile disperderli solo con l’acqua.
2.3. Preparazione degli opali 36<br />
Menisco<br />
<strong>Di</strong>rezione del menisco<br />
Figura 2.3: Schematizzazione della tecnica di sedimentazione verticale.<br />
questo processo varie volte e poi le abbiamo riportate nuovamente in sospensione in<br />
acqua con una concentrazione volumetrica pari allo 0.7% di sfere.<br />
Dopo aver ottenuto le sfere, le abbiamo impacchettate utilizzando la tecnica della<br />
deposizione verticale (dip coating) [18]: si pone un vetrino da laboratorio nel beaker<br />
in posizione verticale e si fa evaporare l’acqua della soluzione. In questo modo le sfere<br />
si depositano sul vetro, a causa delle forze di capillarità presenti tra il menisco ed il<br />
vetro stesso, e vengono trascinate verso il basso dal livello dell’acqua, che si abbassa<br />
a causa dell’evaporazione, impacchettandole (fig 2.3). Nel caso delle sfere da 460 nm<br />
abbiamo messo il beaker in un forno a 65 ◦ C fino alla totale evaporazione dell’acqua.<br />
Il prodotto finale è un opale diretto di 20μm di spessore, ma con una superficie<br />
omogenea è priva di difetti 5 . A questo punto le sfere sono legate fra loro solo da<br />
forze di van der Waals e basterebbe immergerle in un liquido per ridisperderle. Per<br />
renderlo più facile da manipolare, il campione è stato sinterizzato a 900 ◦ Cper3<br />
ore, facendo in modo che le sfere si fondano tra loro rendendolo più resistente, ma<br />
senza danneggiare la struttura periodica.<br />
Le fasi delicate della preparazione, ovvero quelle che fortemente determinano la<br />
qualità del cristallo, sono tre:<br />
• la sinterizzazione, se fatta ad una temperatura troppo elevata e per troppo<br />
5 <strong>Con</strong> altre tecniche, ad esempio la sedimentazione naturale, invece si formano degli agglomerati<br />
di sfere sulla superficie che peggiorano la qualità del campione.
2.3. Preparazione degli opali 37<br />
a)<br />
b)<br />
Figura 2.4: a: Foto SEM di un opale diretto di SiO 2 con sfere di 240 nm: sono evidenti<br />
le spaccature (anche se entità modesta) e la deformazione delle sfere causata dal processo<br />
di fusione. b): Foto SEM di un opale diretto di SiO 2 con sfere di 390 nm: le frecce fanno<br />
notare sfere di diametro sensibilmente diverso (causato dall’elevata polidispersione), che<br />
generano una deformazione nella struttura.<br />
tempo, rischia di fondere eccessivamente le sfere oppure di creare delle fatture<br />
nella struttura (fig 2.4 (a));<br />
• la velocità con cui il menisco si abbassa deve essere sufficiente per evitare che<br />
le sfere decantino sul fondo del beaker, ma non troppo veloce affinché cisiaun<br />
buon impacchettamento;<br />
• la polidispersione delle sfere deve essere buona per evitare che la struttura<br />
risulti danneggiata (fig 2.4 (b)).<br />
<strong>Con</strong> questo sistema abbiamo ottenuto un ottimo campione con sfere da 460 nm con<br />
domini di grandi dimensioni, come si può vedere in fig 2.5.<br />
Per quanto riguarda la preparazione di un opale inverso di silicio, invece, il procedimento<br />
èpiù delicato e necessita di macchinari particolarmente costosi. Per i<br />
nostri studi sugli opali inversi di silicio abbiamo utilizzato i campioni prodotti in collaborazione<br />
con l’Università di Toronto. Riportiamo qui le principali operazioni da<br />
compiere per ottenere un buon cristallo fotonico. Prima di tutto, dopo aver prodotto<br />
un opale diretto di silice, dobbiamo infiltrare questo cristallo fotonico con il silicio e
2.3. Preparazione degli opali 38<br />
2 m<br />
Figura 2.5: Foto SEM di un campione di opale diretto di SiO 2 con sfere di 460 nm: si<br />
può notare la buona qualità della struttura.<br />
per fare ciò si utilizza la dissociazione termica del silano (SiH 4 ). Il campione (posto<br />
in una camera a vuoto) viene infiltrato con silano per deposizione da vapore chimico<br />
(CVD, Chemical Vapor Deposition). La temperatura del campione viene mantenuta<br />
a 550 ◦ C, che è la temperatura di dissociazione del silano: il risultato è che il silicio<br />
si lega con la silice e rimane all’interno del campione, mentre l’idrogeno passa in fase<br />
gassosa. Il procedimento prevede un tempo di infiltrazione che varia a seconda della<br />
macchina, ma tipicamente si aggira attorno a 1 ora. L’infiltrazione di Si èunoperazione<br />
non semplice ed è difficile ottenerla in maniera completa e omogenea su tutto<br />
il campione: se a questa difficoltà si aggiunge una pessima qualità del campione di<br />
silice, abbassiamo ulteriormente la possibilità di ottenere un buon campione di opale<br />
inverso di silicio. Alla fine di questo processo, si forma sulla superficie del campione<br />
uno strato si silicio, creatosi durante la deposizione, che deve essere rimosso: per<br />
fare questo si utilizza la tecnica dell’attacco chimico con ioni reagenti (RIE, Reactive<br />
Ion Etching).<br />
Il passo finale da compiere è la rimozione delle sfere di silice attraverso attacco<br />
chimico. Poiché il silicio è meno soggetto all’azione corrosiva dell’acido fluoridrico<br />
(HF), al contrario della silice, si immerge il campione in una soluzione di acqua e HF.<br />
Il tempo di esposizione dipende dalla concentrazione di HF utilizzata. Questa parte
2.3. Preparazione degli opali 39<br />
b [110]<br />
1 m<br />
c<br />
[111]<br />
1.5 m<br />
a)<br />
Figura 2.6: a): Spettri in riflessione di un opale di silice infiltrato con Si, al variare del<br />
tempo di attacco chimico con HF; b) e c): foto SEM di un campione di opale inverso di<br />
Si con sfere di 840 nm prodotto dall’Università di Toronto.<br />
della preparazione del campione è stata da noi studiata su un campione prodotto in<br />
collaborazione con il Politecnico di Torino. Abbiamo utilizzato una concentrazione<br />
di HF pari all’1%, studiando l’effetto della rimozione della silice sullo spettro di<br />
riflessione del campione. In fig 2.6 (a) è riportata l’evoluzione di questi spettri dopo<br />
2, 4 e 6 ore di attacco chimico. Lo spostamento dei picchi di riflessione è sempre verso<br />
lunghezze d’onda inferiori e solitamente questo comportamento è associato ad un<br />
incremento del contrasto di indice di rifrazione: quindi possiamo interpretare questo<br />
effetto come se la silice venisse rimossa uniformemente su tutto il campione. A titolo<br />
di esempio, i fig 2.6 (b) e (c) sono riportate due immagini SEM (rispettivamente il<br />
piano [110] e quello [111]) di un opale inverso di silicio prodotto in collaborazione<br />
con l’Università di Toronto.
Capitolo 3<br />
Risultati sperimentali: Analisi della<br />
struttura a bande di cristalli fotonici 3D<br />
3.1 La struttura cristallina degli opali<br />
Come accennato nel paragrafo 2.1, per studiare i cristalli atomici e la loro struttura<br />
si sfrutta lo scattering di raggi X: la loro lunghezza d’onda è paragonabile alle dimensioni<br />
degli atomi (circa 1 Å), che sono quindi sperimentati dall’onda elettromagnetica<br />
come singoli centri di diffusione. Analogamente, poiché i nostri cristalli fotonici sono<br />
costituiti da sfere di dimensioni circa 10 3 − 10 4 Å, analizzeremo la struttura con luce<br />
visibile e nel vicino infrarosso.<br />
I cristalli fotonici che abbiamo analizzato sono opali che hanno un reticolo di<br />
Bravais cubico a facce centrate (FCC) (fig 3.1 (a)).<br />
Si dice reticolo di Bravais<br />
l’insieme dei punti il cui vettore posizione R èdeltipoR = n 1 a 1 + n 2 a 2 + n 3 a 3 ,<br />
dove n i sono multipli interi e a i sono detti vettori primitivi. Questi ultimi generano<br />
la cella primitiva (al cui interno c’è un solo elemento del reticolo), ovvero un volume<br />
di spazio che, traslato su tutti i vettori posizione del reticolo di Bravais, riempie<br />
completamente la struttura. Le possibili combinazioni che soddisfano queste due<br />
ultime definizioni sono molte, ma di solito si sceglie come vettori primitivi per un<br />
40
3.1. La struttura cristallina degli opali 41<br />
a 1<br />
a 2<br />
a 3<br />
a) b)<br />
c)<br />
Figura 3.1: a): Struttura cristallina a FCC; b) Vettori primitivi che formano una base<br />
per la struttura a FCC; c) Cella di Wigner-Seitz per una struttura a FCC.<br />
FCC quelli in fig 3.1 (b) e come cella primitiva la cella di Wigner-Seitz (fig 3.1<br />
(c)). Per meglio comprendere l’interazione fra la luce e il cristallo fotonico viene<br />
utilizzato il reticolo reciproco: attraverso un oppportuna trasformazione si passa da<br />
un reticolo di Bravais nello spazio reale ad uno nello spazio delle fasi. In generale,<br />
fissati i vettori primitivi dello spazio reale a 1 , a 2 e a 3 , i vettori primitivi del reticolo<br />
reciproco sono:<br />
a 2 × a 3<br />
b 1 =2π<br />
a 1 · (a 2 × a 3 ) , (3.1)<br />
a 3 × a 1<br />
b 2 =2π<br />
a 2 · (a 3 × a 1 ) , (3.2)<br />
a 1 × a 2<br />
b 3 =2π<br />
a 3 · (a 1 × a 2 )<br />
(3.3)<br />
e la cella di Wigner-Seitz del reticolo reciproco viene detta prima zona di Brillouin,<br />
che nel caso di un FCC appare come in fig 3.2. A questo punto possiamo definire il<br />
piano con indici di Miller [h,k,l] come quel piano ortogonale al vettore del reticolo<br />
reciproco hb 1 + kb 2 + lb 3 .<br />
Esattamente come nel caso elettronico per un cristallo atomico, è possibile descrivere<br />
tutta la struttura a bande di un cristallo fotonico considerando solo il diagramma<br />
della zona-ridotta di Brillouin. Essendo una struttura tridimensionale conviene<br />
definire alcuni punti di simmetria ai quali riferirsi. In fig 3.2 (a) sono riportati i<br />
punti ad alta simmetria: Γ (centro della zona di Brillouin per cui k ha coordinate
3.1. La struttura cristallina degli opali 42<br />
[111]<br />
W<br />
k<br />
W<br />
L<br />
<br />
U<br />
K<br />
[111]<br />
L<br />
<br />
U<br />
K<br />
X<br />
X<br />
a) b)<br />
[200]<br />
[200]<br />
Figura 3.2: Prima zona di Brillouin per una struttura a FCC. a): sono visibili i punti di<br />
simmetria Γ, L,U,K,WeX.b):è evidenziata la circonferenza centrata in L che indica<br />
le possibili direzioni del vettore k al variare dell’angolo di incidenza.<br />
(0,0,0)), L e X (punti sulla superficie della zona di Brillouin al centro dei piani,<br />
rispettivamente, [111] e [200]), K, U e W (sul bordo delle facce).<br />
Poiché il cristallo fotonico è cresciuto su piani paralleli al piano [111], dovremo<br />
riferirsi a questo piano quando facciamo misure di riflessione. Se il fascio di luce è<br />
ortogonale alla superficie del campione, il picco di riflessione sarà associato al vettore<br />
k=(L-Γ); allargando l’angolo di incidenza, il vettore k associato inciderà sempre sulla<br />
superficie del piano [111], ma leggermente spostato verso il bordo dell’esagono (fig<br />
3.2 (b)).<br />
Solitamente i campioni che si riescono a produrre attualmente non si presentano<br />
come un’unica struttura cristallina, ma con vari domini con diverse orientazioni.<br />
I queste condizioni non è possibile illuminare un unico dominio (in particolare ad<br />
angoli larghi dove lo spot si allunga sensibilmente (fig 3.3)) e quindi la zona di<br />
Brillouin non sarà come quella di fig 3.2, ma risulterà essere la media di tutte le zone<br />
di Brillouin associate ad ogni dominio che illuminiamo. D’altrocanto considerando<br />
un cristallo fotonico di buona qualità (ovvero con domini con superficie superiore<br />
ai 50μm×50μm), è corretto considerare una zona Brillouin come quella di fig 3.2.
3.1. La struttura cristallina degli opali 43<br />
Angoli 5-45 Angoli 50-65<br />
Angoli 65-85 Angoli 89<br />
Figura 3.3: Schematizzazione dell’allargamento a cui lo spot è soggetto incrementando<br />
l’angolo di incidenza: come si può vedere l’effetto è particolarmente evidente per angoli<br />
superiori a 65 ◦ .<br />
Poiché nonè nota l’orientazione del domino, non possiamo sapere esattamente in<br />
che direzione ci stiamo muovendo allargando l’angolo di incidenza, ma possiamo<br />
supporre che la nostra posizione sia all’interno di una circonferenza centrata in L<br />
(fig 3.2 (b)). Per capire come è orientato il dominio possiamo cercare di raggiungere<br />
il bordo del piano [111] e dedurre la nostra posizione confrontando gli spettri in<br />
riflessione e l’angolo di incidenza corrispondente (vedi paragrafo 3.2.1).
3.2. Opale diretto di silice 44<br />
3.2 Opale diretto di silice<br />
Figura 3.4: Struttura a bande di un opale diretto perfetto di S i O 2 con indice di rifrazione<br />
1.42; sono evidenziate con le frecce verdi le direzioni che corrispondono ad un incremento<br />
dell’angolo di incidenza e le zone in corrispondenza del primo e del secondo picco di Bragg.<br />
Per studiare il comportamento di un cristallo fotonico in maniera esauriente non<br />
è sufficiente la legge di Bragg, ma si deve utilizzare la struttura a bande fornita dal<br />
calcolo numerico: in fig 3.4 è riportato questo tipo di grafico (sulle ascisse le direzioni<br />
del vettore k e sulle ordinate la lunghezza d’onda normalizzata ( a λ = ωa )) di un<br />
2πc<br />
opale perfetto, quindi il 75% è composto di silice e il 25% di aria, con indice di<br />
rifrazione per la silice pari a 1.42. Fissato il rapporto fra il volume occupato dai vari<br />
costituenti (filling ratio) ed il loro indice di rifrazione, il grafico non dipende dalle dimensioni<br />
delle sfere ma è perfettamente scalabile, come mostrato nel paragrafo 1.1.1:<br />
quello che conta quindi è il rapporto fra la lunghezza d’onda e il diametro delle sfere.<br />
La struttura a bande riportata in fig 3.4, come tutte quelle che verranno mostrate<br />
in questa tesi, sono state da noi calcolate con il programma (MIT Photonic-Bands)
3.2. Opale diretto di silice 45<br />
Figura 3.5: Picco di riflessione con angolo di incidenza a 8 ◦ di due campioni di opale<br />
diretto con lo stesso indice di rifrazione ma differenti dimensioni delle sfere; la riflettività<br />
del campione dipende dalla qualità del punto: maggiori sono il numero di domini illuminati<br />
minore è la riflettività.<br />
fornito gratuitamente dall’Istituto di Tecnologia del Massachusetts: una volta descritta<br />
la struttura cristallina del campione che stiamo analizzando (le dimensione<br />
delle sfere, la loro disposizione spaziale e l’indice di rifrazione dei vari costituenti), il<br />
programma risolve per via numerica l’equazione (1.10) in approssimazione di onde<br />
piane, fornendo, fra le altre cose, il grafico della relazione di dispersione [19].<br />
Analizziamo la prima gap (primo picco di Bragg) che si forma sul punto L a<br />
a<br />
=0.665 riferendosi alla fig 3.5: questi spettri rappresentano la riflettività assoluta<br />
λ<br />
misurata con l’apparato descritto nel Capitolo 2, con uno spot di 200μm edun<br />
angolo di incidenza ad 8 ◦ ; il picco di riflessione cambia lunghezza d’onda al variare<br />
delle dimensioni delle sfere seguendo, in prima approssimazione, il rapporto sopra<br />
descritto( 1 ). Generalmente il rapporto a λ<br />
per i dati raccolti differisce del (2 ÷ 5)%<br />
da quello teorico. Il leggero disaccordo presente fra teoria ed esperimento nasce da:<br />
1. imperfezioni della struttura cristallina, come polidispersione, fratture, etc., già<br />
1 La riflettività è una delle caratteristiche che descrivono la qualità di un campione: poiché per<br />
un cristallo perfetto R = 1 all’interno della bandgap, più alta è la riflettività misurata migliore sarà<br />
la qualità del cristallo.
3.2. Opale diretto di silice 46<br />
descritte nel paragrafo 2.3;<br />
2. dal fatto che l’indice di rifrazione delle sfere non sia noto con precisione, ma<br />
dedotto dalle misure di riflessione invece che con misurazioni appropriate.<br />
<strong>Con</strong>fronto tra diverse tecniche di crescita<br />
1 m<br />
Figura 3.6: A sinistra un’immagine SEM di un opale diretto di SiO 2 ottenuto per sedimentazione<br />
naturale; a destra lo spettro di riflessione di tale campione, con un angolo di<br />
incidenza di circa 25 ◦ .<br />
<strong>Di</strong>fferenti tecniche di crescita comportano differenti risultati nella qualità del<br />
campione. In effetti le principali tecniche di crescita per ottenere degli opali diretti<br />
sono due: la tecnica di Stöber, descritta nel paragrafo 2.3, e quella di sedimentazione<br />
naturale, che sfrutta la forza di gravità. Poiché per ottenere una struttura compatta<br />
con la seconda tecnica, si deve aspettare qualche mese affinché le sfere in sospensione<br />
nella soluzione decantino completamente, si preferisce utilizzare la centrifuga<br />
per accelerare i tempi. In questo caso il campione risulta più spesso e quindi più<br />
resistente rispetto alla tecnica di Stöber, ma in realtà la qualità non migliora: infatti<br />
solo gli strati centrali del campione presentano un buon impacchettamento, mentre<br />
quelli esterni, i primi con cui la luce interagisce, sono di pessima qualità. Per fare un<br />
esempio su come questo si ripercuota sulle proprietà ottiche riferiamoci alla fig 3.6.<br />
Questo campione è stato preparato attraverso la deposizione naturale utilizzando
3.2. Opale diretto di silice 47<br />
1 m<br />
Figura 3.7: A sinistra un’immagine SEM di un opale diretto di SiO 2 ottenuto con la<br />
tecnica di Stöber; a destra lo spettro di riflessione di tale campione, con un angolo di<br />
incidenza di circa 25 ◦ .<br />
le stesse sfere, ottenute attraverso la tecnica di Stöber (diametro 390 nm), utilizzate<br />
per la sedimentazione verticale. Come si può vedere, il campione così ottenuto<br />
presenta in superficie alcuni agglomerati di sfere che ne compromettono la qualità,<br />
ma la geometria sottostante è molto buona, con poche fratture e pochi domini 2 .Il<br />
risultato da punto di vista ottico però nonè molto soddisfacente a causa della bassa<br />
riflettività (fig 3.6): per ottenere risultati migliori dovremmo quindi rimuovere i<br />
primi strati.<br />
<strong>Con</strong>sideriamo adesso la fig 3.7: il campione riportato in figura ha sfere dello<br />
stesso diametro di quello sopra descritto, ma è stato ottenuto con la tecnica di sedimentazione<br />
verticale. Come si può vedere il numero di agglomerati sulla superficie è<br />
sensibilmente minore e, anche se ci sono un numero maggiore di domini e di fratture,<br />
il risultato dal punto di vista ottico è migliore, con una riflettività superiore.<br />
2 Questo è uno dei punti migliori nei quali è possibile vedere gli strati sottostanti: ci sono regioni<br />
nelle quali si può vedere solo gli agglomerati in superficie.
3.2. Opale diretto di silice 48<br />
3.2.1 Misure al variare dell’angolo di incidenza<br />
Allargando l’angolo di incidenza, come ègià stato detto, ci muoveremo dal punto L<br />
verso il bordo della zona di Brillouin. Per poter fare un confronto fra la struttura<br />
a bande ed i dati sperimentali, si deve sostituire l’angolo di incidenza esterno con<br />
quello interno al cristallo dato dalla rifrazione della luce; per fare una stima si può<br />
utilizzare la legge di Snell sfruttando la stessa approssimazione utilizzata per la<br />
riflessione di Bragg, ovvero utilizzare l’indice di riflessione medio invece di quello<br />
effettivo:<br />
sin(θ r )=n e sin(θ e ), (3.4)<br />
dove è l’indice di rifrazione medio del campione, n e è quello esterno (nel<br />
nostro caso è quello dell’aria n air = 1), mentre θ r e θ e sono rispettivamente l’angolo<br />
di rifrazione e quello di incidenza. Usando la media geometrica per ,vedi<br />
paragrafo 2.1, otteniamo =0.75n SiO2 +0.25n air =1.32. Poiché l’angolo minimo<br />
che riusciamo a sondare con questo apparato è8 ◦ mentre quello massimo è80 ◦ ,<br />
gli angoli interni a cui possiamo arrivare variano tra circa 6 ◦ e48 ◦ . Quindi teoricamente,<br />
conoscendo l’orientazione del dominio che stiamo illuminando ed avendo<br />
un cristallo perfetto che soddisfi la nostra approssimazione, è possibile raggiungere<br />
i punti si simmetria U, K e W: le direzioni U-Γ e K-Γ formano con la direzione L-Γ<br />
un angolo di 34 ◦ , mentre la direzione W-Γ un angolo di 39 ◦ . In fig 3.8 è riportata<br />
la riflettività in funzione della lunghezza d’onda al variare dell’angolo interno, da 6 ◦<br />
a 45.4 ◦ , in modo da evidenziare come l’incremento dell’angolo di incidenza porti ad<br />
uno spostamento del picco di Bragg; questo spostamento ècosì pronunciato da non<br />
poter creare una regione, nel grafico di fig 3.8, in cui ci sia sovrapposizione di tutti i<br />
picchi: se questo avvenisse vorrebbe dire che saremmo in presenza di una bandgap.<br />
Questo d’altronde non ci stupisce perché la struttura a bande non presenta né una<br />
bandgap completa né una parziale per le direzioni sondate. Poiché stiamo incrementando<br />
l’angolo di incidenza, dobbiamo confrontare i dati sperimentali con le direzioni
3.2. Opale diretto di silice 49<br />
Figura 3.8: Picchi di riflessione, per il campione da 460 nm di diametro, al variare<br />
dell’angolo interno (da 6 ◦ a 45.4 ◦ ).<br />
(L−K), (L−U) e(W −L) in fig 3.4, riferendosi al primo picco di Bragg; per queste<br />
direzioni e a queste frequenze la gap tende a salire in frequenza (o a scendere il<br />
lunghezza d’onda) all’aumentare dell’angolo, in accordo con l’andamento dei nostri<br />
dati sperimentali.<br />
Compiendo un analisi più dettagliata fra 32.1 ◦ e 34.4 ◦ interni (fig 3.9), notiamo<br />
un interessante comportamento nella riflessione: il picco di Bragg sparisce e viene<br />
sostituito da un altro picco.<br />
La spiegazione di questo fenomeno è comprensibile<br />
confrontando l’angolo interno, stimato con la legge di Snell, con quello teorico del<br />
bordo della zona di Brillouin: l’angolo K̂ΓL èdi34 ◦ gradi rispetto alla normale al<br />
piano, mentre W ̂ΓL èdi39 ◦ . Possiamo supporre che lo sdoppiamento del picco sia<br />
un effetto nato dall’illuminazione contemporanea di due facce della zona di Brillouin,<br />
ovvero di aver allargato così tanto l’angolo da raggiungere il bordo della faccia [111].<br />
La discrepanza fra i valori degli angoli calcolati teoricamente (il bordo più vicino è<br />
a34 ◦ ) e quelli misurati (circa 33 ◦ ) sono spiegabili considerando che:
3.2. Opale diretto di silice 50<br />
Figura 3.9: Picchi di riflessione, per il campione da 460 nm di diametro, al variare<br />
dell’angolo interno (da 32.1 ◦ a 34.4 ◦ ).<br />
• stiamo illuminando vari domini del campione, che possono contribuire in maniera<br />
diversa, sia per orientazione che per inclinazione rispetto al piano [111];<br />
• abbiamo utilizzato per la legge di Snell l’indice rifrazione medio invece di quello<br />
effettivo, e quindi la stima ottenuta per l’angolo interno è approssimativa.<br />
Il doppio picco è prodotto dalla focalizzazione del fascio: la luce non è collimata<br />
e quindi presenta vari k con direzione diversa; ciò significa che non stiamo sondando<br />
una sola direzione della zona di Brillouin, ma un cono il cui vertice è il punto Γ e la<br />
cui base è sulla superficie del solido. In definitiva allargando l’angolo di incidenza la<br />
base del cono sarà in parte su una faccia ed in parte su un’altra (fig 3.10): alcuni k<br />
incideranno sul piano [111], mentre altri su un’altro piano.<br />
Riferendosi nuovamente alla fig 3.8, possiamo interpretare i picchi di riflessione<br />
con λ>800 nm, come riflessioni di Bragg associate al piano [111], mentre quelli<br />
con λ
3.2. Opale diretto di silice 51<br />
W<br />
L<br />
<br />
U<br />
K<br />
X<br />
k<br />
Figura 3.10: Prima zona di Brillouin per una struttura a FCC: è visibile il cono attorno<br />
alla direzione principale del vettore k formato dalla focalizzazione del fascio e come la base<br />
del cono sia compreso fra due piani.<br />
ampi angoli, etc.), ma può essere spiegato come una proprietà fisica del campione<br />
[20]. Per dare una descrizione sommaria introduciamo l’angolo di Brewster, definito,<br />
riferendosi ad un unica superficie di discontinuita fra due mezzi, come quell’angolo<br />
per cui la riflettività r della luce polarizzata parallelamente la piano di incidenza<br />
si annulla. Nel caso di una struttura periodica, r risulta più complessa, ma tende<br />
comunque ad annullarsi avvicinandosi all’angolo di Brewster. Quindi una possibile<br />
interpretazione dell’andamento dell’intensità di fig 3.8 può essere che, poiché non<br />
utilizziamo luce polarizzata, solo la componente parallela subisca questo effetto fino<br />
al bordo della zona di Brillouin, dopodiché l’intensità aumenta nuovamente poiché<br />
ci stiamo allontanando dall’angolo di Brewster del nuovo piano, invertendo l’effetto.<br />
3.2.2 Analisi dello spettro nella regione a λ ≥ 1<br />
Per frequenze più alte( a λ<br />
≥ 1) la legge di Bragg non è in grado di giustificare completamente<br />
il comportamento del cristallo fotonico: questo risulta principalmente a<br />
causa dell’indice di rifrazione effettivo, che per queste frequenze può variare molto in
3.2. Opale diretto di silice 52<br />
conseguenza alla complessità della struttura a bande. Questa complessità rende difficile<br />
anche l’interpretazione stessa dei picchi di riflessione che non sembrano, almeno<br />
non tutti, riferirsi a qualche stopband presente nel diagramma a bande. Grazie alla<br />
possibilità di ruotare il campione attorno ad un asse ortogonale al piano di crescita<br />
è stato possibile fare misure di riflessione tali da sondare un’intera circonferenza<br />
intorno al punto L (non dobbiamo riferirci alla prima zona di Brillouin di fig 3.2,<br />
maaquelleapiù alte energie). <strong>Con</strong>siderando la struttura a bande di fig 3.4 nelle<br />
direzioni L − U, L − K e L − W per energie più elevate, si può veder come le prime<br />
due siano identiche mentre la terza sia diversa: questo comporta una simmetria a<br />
60 ◦ per i picchi ad alte energie. Dedurre questa simmetria dalla geometria della<br />
zona di Brillouin non è facile perché, anche se la prima zona di Brillouin presenta<br />
sul piano [111] una simmetria a 60 ◦ abbastanza evidente (la faccia considerata è<br />
esagonale), la seconda, la terza, etc., zone di Brillouin, che rappresentano le bande<br />
per a λ<br />
> 1, sono solidi molto più complessi, nei quali è difficile notare un’eventuale<br />
simmetria. In fig 3.11 (campione con sfere da 460 nm) sono presenti due famiglie<br />
di spettri sfasate di 30 ◦ l’una da l’altra e che si ripetono ogni 60 ◦ : questa simmetria<br />
è in accordo con quella dedotta dalla struttura a bande e sottolinea la qualità del<br />
campione. Come già detto, questi spettri sono di difficile interpretazione, eccezion<br />
fatta per il picco attorno a 450 nm, che rappresenta il picco di Bragg al secondo<br />
ordine e che è presente in entrambe le famiglie.<br />
Indice di rifrazione effettivo<br />
Data la difficoltà di stimare l’angolo interno per queste frequenze, è impossibile fare<br />
un confronto con la struttura a bande, in modo da chiarificare il comportamento<br />
ad alte energie, perché non sappiamo a quale valore di k ci dobbiamo riferire: per<br />
risolvere questo problema dovremmo quindi utilizzare un apparato diverso, che ci<br />
permetta di fare misure in riflessione ad angolo di incidenza zero, evitando così<br />
l’effetto della rifrazione. In letteratura sono riportati alcuni di questi studi [21], dai
3.2. Opale diretto di silice 53<br />
Figura 3.11: Picchi di riflessione normalizzati ad alte energie (campione da 460 nm di<br />
diametro, angolo di incidenza pari a 25 ◦ ). Ruotando il campione intorno alla normale al<br />
piano [111] è possibile distinguere due famiglie di spettri sfasate di 30 ◦ , con una simmetria<br />
a60 ◦ . Le frecce evidenziano il secondo ordine del picco di Bragg a 450 nm.<br />
quali però non si riesce ad evidenziare alcuna corrispondenza tra le gap presenti<br />
nella struttura a bande e i dati sperimentali raccolti. Una probabile spiegazione che<br />
possa giustificare questi picchi, è data dall’elevato dell’indice di rifrazione effettivo<br />
(n eff ) associato a queste frequenze lungo la direzione L -Γ. Riferendosi alla fig 3.4,<br />
si può vedere che nel punto L le bande tendono ad avere una bassa dispersione,<br />
ovvero una pendenza poco pronunciata e quindi una v g bassa.<br />
È stato verificato con<br />
calcoli numerici [22] e successivamente anche sperimentalmente [21] che una buona<br />
stima dell’indice di rifrazione effettivo del mezzo possa essere data da n eff = c v g<br />
,<br />
sostituendo cioè, nella definizione di indice di rifrazione la velocità digruppoa
3.2. Opale diretto di silice 54<br />
quella di fase. Ne risulta quindi, nella direzione L -Γ, un indice di rifrazione effettivo<br />
molto alto (n eff<br />
> (< n>)). Supponiamo di considerare un fascio di luce che si<br />
propaga nell’aria, con frequenze a λ<br />
≥ 1; quando l’onda elettromagnetica incide sulla<br />
superficie del campione, questa incontra un mezzo con indice di rifrazione n eff :per<br />
alcune frequenze n eff sarà superiore che per altre e quindi subiranno una riflessione<br />
più intensa. In questo modo si possono giustificare i picchi di riflessione misurati.<br />
Il fenomeno rappresenta un effetto nato dalla non linearità del cristallo fotonico,<br />
a cui accennavamo nel paragrafo 1.1.3: a lunghezze d’onda paragonabili al passo<br />
reticolare, le bande si piegano in modo tale che la relazione di dispersione cessa di<br />
essere lineare, cambiando drasticamente l’indice di rifrazione del campione e quindi<br />
la propagazione della luce al suo interno.<br />
3.2.3 Effetti di focalizzazione<br />
Raccolta<br />
3°<br />
Lampada<br />
Figura 3.12: Schematizzazione del cono prodotto dalla focalizzazione del fascio: l’apertura<br />
èdicirca3 ◦ rispetto alla direzione dei vettori k centrali paralleli al piano di incidenza.<br />
Come abbiamo già detto, il fascio di luce che utilizziamo per analizzare i campioni<br />
non è collimato, ma viene focalizzato per sondare una regione ridotta del cristallo<br />
fotonico; questo comporta inevitabilmente che i vettori k incidenti non siano uguali<br />
fra loro, ma presentino una correzione angolare rispetto all’angolo di incidenza del<br />
vettore centrale (fig 3.12).<br />
Per dare una stima dell’apertura angolare del fascio<br />
consideriamo come distanza di focalizzazione 60 mm circa e come raggio della lente<br />
3 mm circa: ne risulta un angolo di circa 3 ◦ rispetto all’asse ottico della lente.<br />
Il contributo di questa focalizzazione si presenta in un generale allargamento del
Riflettività normalizzata<br />
3.2. Opale diretto di silice 55<br />
Figura 3.13: Spettri in riflessione normalizzati. L’angolo d’incidenza è fisso a 35 ◦ ,mentre<br />
quello di raccolta è variabile: a) spostamento del picco di Bragg; b) variazione delle<br />
strutture a più alte energie.<br />
picco di Bragg: raccogliendo non solo i vettori k sull’asse ottico, ma tutti vettori<br />
k riflessi, questi contribuiranno alla riflessione con una frequenza diversa, a causa<br />
della legge di Bragg. Perciò l’allargamento del picco, e di conseguenza la nostra stima<br />
sulla larghezza della gap, non subisce solo l’effetto dell’imperfezione del campione,<br />
ma anche un errore causato dal nostro apparato.<br />
In realtà questo contributo è<br />
trascurabile perché una differenza di 3 ◦ nell’angolo di incidenza non comporta un<br />
sostanziale allargamento, almeno per angoli piccoli. Per quanto riguarda la posizione<br />
delle gap la situazione èpiù complessa. Se ci riferiamo nuovamente alla fig 3.4, ci<br />
rendiamo conto che la pendenza delle bande, nel caso del picco di Bragg, aumenta<br />
all’aumentare dell’angolo e quindi che, per piccole variazioni dell’angolo di incidenza,<br />
ci siano grandi variazioni nella frequenza riflessa. Riferendosi alla fig 3.13 possiamo<br />
capirne l’effetto: in figura sono riportate le riflessioni normalizzate per il picco di<br />
Bragg (fig 3.13(a)) e per energie più alte (fig 3.13(b)), con l’angolo di incidenza fisso<br />
a35 ◦ ma quello di raccolta variabile (fra 32 ◦ e38 ◦ ). É possibile notare, nel caso di<br />
fig 3.13(a), come i tre picchi seguano la legge di Bragg: se raccogliamo ad angoli più<br />
piccoli, selezioniamo i vettori k con un angolo di incidenza minore e quindi, per la
3.2. Opale diretto di silice 56<br />
legge di Bragg, una lunghezza d’onda più alta, e viceversa. Nel caso di fig 3.13(b) è<br />
molto più difficile comprendere lo spostamento dei picchi perché nonè chiara la loro<br />
natura, ma è comunque possibile notare come lo spettro a 35 ◦ , che sarebbe quello<br />
sull’asse ottico della lente focalizzatrice, sia una ”media” degli altri due spettri: gli<br />
spettri a 32 ◦ e35 ◦ sono uguali a 573 nm e diversi nella posizione del picco a 430 nm;<br />
il contrario avviene per gli spettri a 35 ◦ e37 ◦ . In generale possiamo dire che per<br />
fare un’analisi dettagliata degli spettri ad alte energie dovremmo avere un fascio ben<br />
collimato ed una struttura cristallina di buona qualità per la quale non sia necessario<br />
uno spot di dimensioni ridotte.
3.3. Opale inverso di silicio 57<br />
3.3 Opale inverso di silicio<br />
3.3.1 Riflessione<br />
Come ègià stato detto nel Capitolo 3, un opale inverso di silicio dovrebbe presentare<br />
una bandgap completa attorno a a λ<br />
=0.8. L’attenzione della comunità scientifica sui<br />
cristalli fotonici è dovuto principalmente per le potenziali applicazioni nei dispositivi<br />
ottici, sia nell’ambito delle telecomunicazioni, che nel progetto molto ambizioso di<br />
creare calcolatori che si basino interamente sulla fotonica. Poiché lo standard di<br />
lunghezze d’onda scelto per questi dispositivi (in particolare per le fibre ottiche)<br />
èa1.5μm, le sfere di questi campioni hanno un diametro di circa 840 μm.<br />
A<br />
causa dell’assorbimento del silicio, che avviene per λ < 1μm, gli spettri da noi<br />
misurati, che siano in trasmissione o in riflessione, saranno da 1 μm a2.7μm, oltre<br />
il quale l’emissione della lampada è trascurabile. Tutte le considerazioni fatte sulla<br />
zona di Brillouin ed i suoi punti ad alta simmetria nel paragrafo dell’opale diretto,<br />
sono validi anche in questo tipo di campioni, essendo cambiata solo la modulazione<br />
dell’indice di rifrazione. Molto diversa è invece la densità degli stati dei due campioni.<br />
Riferiamoci alla fig 3.14, in cui sono riportate i calcoli numerici [23] della densità<br />
degli stati per un opale diretto di silice (a) ed uno inverso di silicio (b). Il grafico<br />
per l’opale diretto fa vedere come l’andamento iniziale (frequenze piccole) sia di tipo<br />
quadratico (linea rossa) paragonabile alla (1.20), e quindi si possa considerare una<br />
relazione di dispersione di tipo lineare (ω = vk) come se fosse un mezzo omogeneo<br />
(vedi paragrafo 1.1.3). Ciò è dovuto al fatto che per queste frequenze la lunghezza<br />
d’onda non è sufficientemente piccola da poter risentire della periodicità del mezzo,<br />
che viene quindi visto come un sistema con un indice di rifrazione medio. Quando<br />
però ilrapporto a λ<br />
≥ 0.6, la densità degli stati comincia a subire delle fluttuazioni<br />
rispetto all’andamento parabolico: il valore del minimo coincide con la stopband<br />
a a λ<br />
=0.665. Se la bandgap fosse stata completa avremmo dovuto ottenere una<br />
densità degli stati nulla, cosa che accade invece nel grafico di fig 3.14(b): in questa
3.3. Opale inverso di silicio 58<br />
Figura 3.14: a) Calcolo numerico della densità degli stati (DOS) di un opale diretto con<br />
il 75% di silice; b) Calcolo numerico della densità degli stati di un opale inverso con il<br />
25% di silicio. È anche riportata in rosso la densità degli stati per un fotone in un mezzo<br />
omogeneo.<br />
figura l’andamento quadratico sparisce a a λ<br />
=0.4 circa, avvicinandosi al primo picco<br />
di bragg, e prosegue con fluttuazioni molto marcate fino a quando non si annulla<br />
a a λ =0.8.<br />
Questo significa che non esiste alcun vettore k con quello stato che<br />
possa accedere al sistema o, in maniera equivalente, che dal sistema possa uscire. La<br />
densità degli stati prosegue in maniera sempre più marcatamente non lineare, con<br />
regioni di alto e basso valore che si susseguono.<br />
Misure al variare dell’angolo di incidenza<br />
Riferiamoci alla fig 3.15, dove sono riportati lo spettro in riflessione in funzione<br />
delle frequenze normalizzate (sinistra) e la struttura a bande per questo campione<br />
(destra). Si può notare sul punto L la prima gap per a λ<br />
=0.48 che corrisponde<br />
perfettamente al primo picco di Bragg sullo spettro. Successivamente a 0.8 si presenta<br />
la bandgap completa, a cui corrisponde un picco di riflessione nello spettro;<br />
in questo caso non potremo parlare di picco di Bragg: infatti la proprietà di una<br />
bandgap completa è di rimanere fissa in frequenza al variare dell’angolo di incidenza,<br />
mentre la legge di Bragg prevede l’opposto. In realtà nonc’è nessuna contraddizioni<br />
fra i due fenomeni, ma si possono considerare uno il caso particolare dell’altro. I
3.3. Opale inverso di silicio 59<br />
Riflettività<br />
a/<br />
Figura 3.15: A sinistra è riportato lo spettro in riflessione (sulle ascisse, messe in verticale,<br />
c’è la frequenza normalizzata), con angolo di incidenza di 8 ◦ , di un opale inverso di silicio;<br />
a destra la strutture a bande per questo campione fornitaci dal gruppo dell’Università<br />
di Toronto.<br />
picchi di Bragg per ogni angolo di incidenza sono così larghi da sovrapporsi e creare<br />
una finestra di frequenze che viene sempre riflessa.<br />
È possibile notare altri picchi di riflessione che non sono associabili a qualche<br />
gap.<br />
In particolare la regione subito sopra il picco di Bragg, che presenta una<br />
riflettività pari al 50% per un ampio intervallo di lunghezze d’onda (da 0.52 a 0.66<br />
circa), che può essere giustificata con la presenza di una serie di picchi sovrapposti.<br />
<strong>Con</strong>siderazioni analoghe possono essere fatte per i picchi per a λ<br />
> 0.8, i quali però<br />
nascono in una regione in cui la struttura a bande è molto complessa e sono quindi<br />
di difficile interpretazione (vedi paragrafo 3.2.2). In particolare il picco con energia<br />
maggiore non viene trattato nella discussione perché nonè stato ben risolto dal<br />
nostro rivelatore.<br />
<strong>Con</strong>sideriamo adesso la fig 3.16: vi sono riportati gli spettri in riflessione per<br />
questo campione al variare dell’angolo di incidenza, a sinistra da 8 ◦ a20 ◦ e a destra<br />
da 25 ◦ a35 ◦ . In fig 3.16 (a) si può notare che il picco di Bragg (λ ≃ 2500 nm)
3.3. Opale inverso di silicio 60<br />
Riflettività<br />
a) b)<br />
Figura 3.16: Spettri in riflessione al variare dell’angolo di incidenza di un opale inverso<br />
di silicio con sfere di diametro ≃ 840 nm: a) sono riportati gli spettri da 8 ◦ a20 ◦ ;b)sono<br />
riportati gli spettri da 25 ◦ a35 ◦ .<br />
ha inizialmente un’ottima riflettività (R = 0.99), così come il picco a 1240 nm, ma<br />
allargando l’angolo di incidenza le riflessioni tendono a sparire velocemente, tanto<br />
che a 20 ◦ il primo è sparito ed il secondo si è abbassato molto. Il picco associato<br />
alla bandgap rimane pressoché fisso in frequenza (il valore medio di tutte le misure<br />
è circa 1450 nm) e il valore della riflettività è in prima approssimazione stabile al<br />
50% circa.<br />
In fig 3.16 (b) si può notare come, allargando l’angolo, le strutture presenti tendano<br />
ad fondersi rendendo sempre più difficile stabilire la posizione dei picchi e<br />
aumentando la loro larghezza a mezza altezza: in particolare, se seguiamo il picco a<br />
sinistra della bandgap, vediamo che questo tende a spostarsi verso destra, contribuendo<br />
all’allargamento del picco a 1450 nm. Le stesse considerazioni si possono fare per<br />
le strutture a basse frequenze, anche se in questo caso non è possibile distinguere<br />
qualche picco in maniera chiara, diversamente dal caso della bandgap. Per capire<br />
in dettaglio il comportamento di questi picchi dovremmo confrontare la struttura a<br />
bande con lo spettro di un unico dominio.<br />
Analizziamo adesso le fig 3.17 (a) e (b) dove sono riportate lo stesso tipo di
3.3. Opale inverso di silicio 61<br />
Riflettività<br />
a) b)<br />
Figura 3.17: Spettri in riflessione al variare dell’angolo di incidenza di un opale inverso<br />
di silicio con sfere di diametro ≃ 840 nm: a) sono riportati gli spettri da 45 ◦ a60 ◦ ;b)<br />
sono riportati gli spettri da 65 ◦ a75 ◦ .<br />
misure commentate prima, ma per angoli superiori. In fig 3.17 (a) (da 45 ◦ a60 ◦ )<br />
il valore della riflettività della bandgap non scende mai sotto il 40%, e la posizione<br />
rimane attorno a 1450 nm e, anche se il picco diventa sempre più difficile da definire,<br />
è possibile comunque individuarlo in maniera soddisfacente. La situazione ècompletamente<br />
diversa per lunghezze d’onda superiori, dove è praticamente impossibile<br />
evidenziare qualche struttura, ma solo un segnale di fondo con una riflettività media<br />
piuttosto alta (≃ 40%); a 60 ◦ si può notare un picco basso intorno a 1850 nm che<br />
commenteremo più avanti.<br />
In fig 3.17 (b) sono riportate le misure per angoli d’incidenza da 65 ◦ a75 ◦ . La<br />
forma degli spettri in questo grafico non permette di definire chiaramente la posizione<br />
del picco della bandgap, probabilmente a causa anche dell’allargamento che lo spot<br />
subisce: in questo modo illuminiamo una superficie maggiore del campione e quindi<br />
troviamo zone con bassa qualità.<br />
Analisi degli spettri<br />
Per poter valutare la posizione dei picchi e la loro larghezza, che ci fornisce una stima<br />
della larghezza della bandgap, analizziamo i grafici con un fit per stimare la posizione
3.3. Opale inverso di silicio 62<br />
Riflettività<br />
a) b)<br />
Figura 3.18: a): Esempio di fit (in rosso) utilizzato per stimare la posizione e la larghezza<br />
del picco: in questo caso la larghezza è(190 ± 3) nm e la posizione del picco (1470 ± 1)<br />
nm; b): Spettri di riflessione con angoli di incidenza di 65 ◦ e70 ◦ : si può notare il picco a<br />
1860 nm utilizzato come seconda funzione per fare il fit dello spettro a 70 ◦ tra 1300 nm e<br />
1920 nm.<br />
del picco: data la sua simmetria abbiamo scelto come funzione una gaussiana (in<br />
rosso in fig 3.18 (a)). Gli errori sulla posizione e sulla larghezza del picco, scelti come<br />
parametri della funzione, sono stati stimati minimizzando il valore del χ 2 (che per<br />
queste funzioni è 0.02 circa) e risultano mediamente ≃ 0.2% e ≃ 3% rispettivamente.<br />
Nel caso delle ultime due misure (fig 3.17 (b)) abbiamo dovuto effettuare un fit con<br />
due gaussiane, una nota e l’altra era la nostra incognita. In fig 3.18 (b) è riportato<br />
un particolare del grafico di fig 3.17 (b) solo per le misure a 65 ◦ e70 ◦ . Si può notare<br />
come per entrambe le misure sia presente un picco a 1860 nm circa, ma che nel caso<br />
di 70 ◦ sia molto meno definito: assumendo quindi che la posizione e la larghezza del<br />
picco non cambi nelle due misure, abbiamo ricavato dal grafico a 65 ◦ i parametri<br />
della curva con un fit gaussiano e poi abbiamo utilizzato questi dati per fare un fit<br />
con due funzioni nelle misure a 70 ◦ ea75 ◦ .<br />
In fig 3.19 (a) sono riportate le posizioni del picco della bandgap in funzione<br />
dell’angolo di incidenza, dove la barra di errore rappresenta la larghezza del picco 3 . È<br />
3 Non sono stati riportati gli errori sulla posizione e sulla larghezza del picco perché non sarebbero<br />
stati visibili su questa scala: per la prima l’errore oscilla tra 0.7 nm e 4 nm, mentre quello della<br />
seconda tra 1.4 nm e 10 nm
Posizione del picco (nm)<br />
3.3. Opale inverso di silicio 63<br />
a)<br />
b)<br />
Figura 3.19: a): Posizione del picco in funzione dell’angolo di incidenza, la barra d’errore<br />
rappresenta la larghezza a mezza altezza del picco: si può notare che esiste una regione<br />
comune tra le varie larghezze che verifica la presenza di una bandgap di 165 nm centrata in<br />
1470. In (a) è riportata anche la bandgap teorica per confronto e i valori della riflettività<br />
per ogni misura: si può notare come questa non scenda mai sotto il 38%; b): É riportato<br />
lo stesso tipo di grafico, ma per il caso di un opale diretto di silice con sfere di diametro<br />
di 460 nm.<br />
ben visibile una finestra di lunghezze d’onda che verifica la presenza di una bandgap,<br />
almeno per le direzioni sondate, larga circa 168 nm e centrata a 1470 nm, in accordo<br />
con la stima teorica che era di 128 nm di larghezza centrata a 1466 nm. In fig 3.19<br />
(b) è riportato per confronto lo stesso genere di grafico per le misure fatte su un<br />
opale diretto di silice: al contrario del caso dell’opale inverso di silicio, in questo caso<br />
non esiste una finestra di frequenze comune a tutti i picchi e quindi non è presente<br />
una bandgap completa.<br />
Questo genere di misura è una prima evidenza dell’esistenza di una bandgap<br />
completa: considerando la buona qualità del campione e la simmetria della zona di<br />
Brillouin, possiamo ipotizzare che sia presente anche su tutte le direzioni accessibili<br />
dal piano [111]. D’altro canto non possiamo considerare questa misura come una<br />
prova definitiva, perché nonè possibile sondare tutte le direzioni.<br />
I motivi sono<br />
essenzialmente due:
3.3. Opale inverso di silicio 64<br />
• l’apparato ci permette solo variazioni angolari su un piano e non su tutto<br />
l’angolo solido; benché questo apparato ci permetta di ruotare il campione<br />
attorno ad un asse perpendicolare al piano [111], dovremmo utilizzare uno<br />
spot più piccolo che illumini un solo dominio, altrimenti avremmo un effetto<br />
medio, dato dai domini circostanti, che contribuirebbe in maniera diversa ad<br />
ogni angolo di rotazione;<br />
• non riusciamo ad arrivare a tutti punti di simmetria su questo piano. Poiché la<br />
direzione L-Γ forma con quella X-Γ un angolo di 54 ◦ circa, con quella W-Γ un<br />
angolo di 39 ◦ econquelleU-ΓeK-Γunangolodi35 ◦ , se applichiamo la legge<br />
di Snell con indice di rifrazione medio = 1.61, notiamo che a 70 ◦ esterni<br />
arriviamo solo a 36 ◦ interni. D’altronde dedurre l’angolo interno utilizzando la<br />
legge di Snell vale solo in prima approssimazione, quindi per aver una stima più<br />
precisa bisognerebbe fare un calcolo numerico partendo dalla dispersione della<br />
struttura a bande; sarebbe sufficiente arrivare al punto W, che è la posizione in<br />
cui la gap è minima (fig 3.15), per poter verificare la presenza di una bandgap<br />
completa.<br />
Questo campione di opale inverso di silicio è fra i migliori che possano essere<br />
preparati con le tecniche attuali: infatti gli spettri in riflessione per piccoli angoli<br />
di incidenza risultano identici a quelli di fig 3.16 (a) in ogni punto del campione.<br />
Purtroppo a causa della difficoltà nella preparazione, il campione risulta inomogeneo,<br />
come si può notare considerando gli spettri per ampi angoli di incidenza. In effetti la<br />
ricerca di un punto che presentasse uno spettro soddisfacente anche ad angoli ampi<br />
non è stata facile: benché, come già detto, tutti i punti del campione presentino<br />
un’identico spettro a 8 ◦ gradi (ci può essere differenza nel valore della riflettività<br />
che dipende da punto a punto), lo spettro a 75 ◦ cambia molto a seconda dalla
3.3. Opale inverso di silicio 65<br />
Figura 3.20: Spettri di riflessione a 75 ◦ di incidenza in vari punti del campione (rosso),<br />
confrontati con lo spettro di fig 3.17 (b) (nero): si può notare come l’andamento sia tale<br />
da non permettere un fit gaussiano.<br />
zona analizzata. In fig 3.20 sono riportati gli spettri a 75 ◦ presi in vari punti,<br />
confrontati con l’analogo spettro di fig 3.17 (b): come si può vedere fare un fit<br />
gaussiano con questi andamenti sarebbe stato molto difficile. Probabilmente questo<br />
comportamento è dovuto ad una cattiva infiltrazione di silicio in fase di preparazione<br />
del campione (vedi paragrafo 2.3), che ha abbassato la qualità della struttura.<br />
3.3.2 Trasmissione e diffusione<br />
Per fare un’analisi in trasmissione di un opale inverso di silicio, abbiamo utilizzato<br />
un campione diverso (diametro delle sfere è di circa 905 nm), il cui supporto ci<br />
permettesse di fare questa misura.<br />
Lo spettro in riflessione a 8 ◦ è riportato in<br />
fig 3.21 (a): si può notare come la struttura dello spettro sia molto più definita del<br />
campione precedente, in particolare il picco di Bragg a 2500 nm e quello della bandgap<br />
a 1600 nm, benché la riflettività si notevolmente più bassa; inoltre sono sparite quelle<br />
strutture tra il picco di Bragg e quello relativo alla bandgap, che avevamo analizzato
3.3. Opale inverso di silicio 66<br />
Riflettività<br />
a) b)<br />
Figura 3.21: Spettri in riflessione (nero) e in trasmissione (rosso) di un opale inverso di<br />
silicio (diametro di circa 905 nm), con angolo di incidenza di 8 ◦ : la bandgap è a 1600<br />
nm e il picco di Bragg a 2500 nm circa.<br />
nell’altro campione. I fig 3.21 (b) sono invece riportati lo spettro in trasmissione e<br />
in riflessione (angolo di incidenza 8 ◦ ), normalizzati a uno per fare un confronto. È<br />
chiara la sovrapposizione nella regione intorno a 1900 nm, dove la trasmissione ha un<br />
picco mentre la riflessione diminuisce; buona è anche la risposta nella regione attorno<br />
a 2500 nm, dove la riflessione presenta un picco in corrispondenza di una diminuzione<br />
della trasmissione. D’altronde nelle regioni a più bassa lunghezza d’onda ci saremo<br />
aspettati un comportamento diverso nella trasmissione, ovvero almeno una struttura<br />
intorno a 1500 nm. Per spiegare questo fenomeno dobbiamo introdurre la diffusione.<br />
In assenza di assorbimento, possiamo supporre che R + T + D =1,doveD èun<br />
coefficiente che descrive l’intensità della luce diffusa a causa delle imperfezioni del<br />
materiale (dislocazioni, fratture, etc.). Da qui possiamo ricavarci lo spettro di D per<br />
differenza: D =1− R − T . Il risultato è stato riportato in fig 3.22, che evidenzia<br />
come il campione diffonda la luce in maniera significativa: le uniche regioni in cui<br />
D diminuisce sono quelle ad alta riflettività, dove cioè il tempo di residenza della<br />
luce all’interno del cristallo fotonico è minore e quindi subisce meno lo scattering per<br />
diffusione. Da un altro punto di vista, l’alto valore di D giustifica la bassa riflettività:<br />
se D è alto significa che la struttura al suo interno ha molti difetti che partecipano al<br />
processo di diffusione e abbassano la qualità del campione. In definitiva D può essere
3.3. Opale inverso di silicio 67<br />
Percentuale di luce diffusa<br />
Figura 3.22: Spettro ricavato dalla differenza degli spettri in riflessione e in trasmissione<br />
(D =1− R − T ) di un opale inverso di silicio (diametro di circa 905 nm), associato ad<br />
un fascio di luce incidente a 8 ◦ : il valore di diffusione è sempre molto alto (mai inferiore<br />
al 65%); sono visibili la bandgap è a 1600 nm e il picco di Bragg a 2500 nm come regioni<br />
in cui la diffusione diminuisce drasticamente.<br />
considerata come una grandezza che quantifica la qualità di un cristallo fotonico.<br />
Adesso possiamo spiegare la mancanza del picco di trasmissione a 1500 nm<br />
come conseguenza della bassa trasmittanza (T ) che il campione offre (sul picco<br />
T = 0.08):<br />
come abbiamo detto, poiché a queste frequenze l’assorbimento del<br />
materiale è trascurabile, possiamo ipotizzare che la bassa trasmittanza sia dovuta<br />
completamente alla diffusione. D’altronde, l’intensità della luce diffusa è ∝ λ −4<br />
(scattering di Rayleigh) [24] e quindi a lunghezze d’onda minori la diffusione èsempre<br />
maggiore. Possiamo, allora, ipotizzare che la struttura attesa a 1500 nm non<br />
possa essere evidenziata a causa della bassa intensità del segnale, che viene coperto<br />
dal rumore. È importante sottolineare che, nonostante l’elevata diffusione presente<br />
in questi materiali, la struttura è sufficientemente ordinata da produrre picchi di<br />
riflessione tipici di cristalli fotonici di buona qualità. In definitiva possiamo affermare<br />
che, in questo tipo di campioni, coesistono fenomeni associabili sia a strutture<br />
ordinate che a quelle disordinate.
Capitolo 4<br />
Risultati sperimentali: Infiltrazione con<br />
cristalli liquidi<br />
4.1 Opale diretto<br />
Introduciamo brevemente la tecnica utilizzata per infiltrare un campione di cristallo<br />
fotonico. Inizialmente abbiamo portato in fase isotropa il cristallo liquido, ad una<br />
temperatura superiore a quella critica. Le dimensioni dei nostri campioni sono molto<br />
ridotte (approssimativamente 20 μm di spessore, 1 mm di larghezza e 3 o 4 mm di<br />
larghezza), quindi è sufficiente una goccia di cristallo liquido per ricoprirli completamente.<br />
Lo scopo è quello di far uscire l’aria dagli interstizi e far entrare il cristallo<br />
liquido per capillarità: tanto più lentamente avverrà il processo, tanto migliore sarà<br />
l’infiltrazione. D’altronde, una volta ricoperto il campione l’infiltrazione sarà effettuata<br />
e non sarà possibile migliorarla, se non rimuovendo il cristallo liquido dal suo<br />
interno. In definitiva i campioni da noi utilizzati sono stati infiltrati il più lentamente<br />
possibile, ricoprendo il campione progressivamente partendo dal bordo e lasciandolo<br />
infiltrare per una decina di minuti.<br />
Una volta preparato il campione, è possibile utilizzarlo per un lungo periodo<br />
di tempo: infatti il cristallo liquido all’interno non tende né ad evaporare, in fase<br />
68
4.1. Opale diretto 69<br />
Figura 4.1: a): Spettri in riflessione di un opale diretto di SiO 2 con sfere con diametro<br />
di 460 nm (angolo di incidenza 25 ◦ ), prima e dopo l’infiltrazione; b): Simulazione della<br />
struttura a bande ottenuta introducendo negli interstizi un mezzo con indice di rifrazione<br />
di 1.6.<br />
nematica la sua evaporazione è trascurabile, né ad uscire per forza di gravità. Il<br />
cristallo liquido risulta fortemente confinato per le dimensioni ridotte degli interstizi<br />
dell’opale, rispetto alla lunghezza di correlazione a, definita nel paragrafo 1.2.3.<br />
Abbiamo scelto il cristallo liquido E7, distribuito dalla Merk, che rimane in fase<br />
nematica fra -10 ◦ Ce60 ◦ C circa. L’E7 in fase isotropa ha un indice di rifrazione<br />
n iso =1.57, mentre in fase nematica presenta un indice di rifrazione ordinario n o =<br />
1.52, uno straordinario n e =1.75 ed uno medio n m =1.60 (per le definizioni vedi<br />
paragrafo 1.2.2).<br />
Modificare il contrasto di indice di rifrazione cambia sensibilmente la struttura a<br />
bande del cristallo fotonico, come abbiamo mostrato nel paragrafo 3.3.1: in generale,<br />
diminuire tale contrasto porta a spostare il picco di Bragg a frequenze inferiori e<br />
tende a diminuirne la larghezza. In particolare infiltrando il nostro campione con<br />
il cristallo liquido otteniamo proprio questo effetto: il contrasto tra aria e silice è<br />
più grande ( n SiO 2<br />
n air<br />
=1.42) che tra E7 e silice ( n m<br />
n SiO2<br />
=1.13) e quindi l’infiltrazione<br />
porta ad una diminuzione della larghezza del picco e ad un suo spostamento verso<br />
lunghezze d’onda maggiori. Tutto questo è evidenziato in fig 4.1 dove sono riportati<br />
a sinistra, gli spettri in riflessione normalizzati di un opale diretto di SiO 2 prima
4.1. Opale diretto 70<br />
e dopo l’infiltrazione con il cristallo liquido E7, mentre a destra sono riportate le<br />
strutture a bande con e senza il cristallo liquido: si può notare come la gap si sposti<br />
e diminuisce in ampiezza.<br />
4.1.1 Effetti di campo elettrico<br />
Figura 4.2: Simulazione della struttura a bande per un opale diretto di silice con indice di<br />
rifrazione 1.42 infiltrato con cristallo liquido con indice di rifrazione 1.75 (a) e 1.52 (b):<br />
si possono vedere lo spostamento della gap, la sua variazione in ampiezza e come le gap<br />
non si sovrappongono; in più sono evidenziati sia la posizione del vettore k per un angolo<br />
di incidenza di 25 ◦ che il suo valore a λ corrispondente.<br />
Come abbiamo detto nel paragrafo precedente, variare il contrasto dell’indice di<br />
rifrazione porta ad uno spostamento del picco di Bragg. Poiché abbiamo introdotto<br />
nel sistema un materiale birifrangente ci chiediamo come si possa sfruttare le sue<br />
proprietà ottiche, in modo da ottenere un campione che abbia un picco di riflessione<br />
sintonizzabile su un intervallo di frequenze. Poiché il cristallo liquido è soggetto al<br />
campo elettrico, come abbiamo descritto nel paragrafo 1.2.4, supponiamo di alterare<br />
la direzione del direttore in modo tale che la luce incidente sperimenti un indice di<br />
rifrazione diverso al variare dell’intensità del campo.<br />
In fig 4.2 sono riportate le<br />
strutture a bande nel caso in cui si ottenga la massima differenza di contrasto di
4.1. Opale diretto 71<br />
indice di rifrazione:<br />
Δn 1 − Δn 2 =<br />
n e<br />
n SiO2<br />
− n o<br />
n SiO2<br />
=1.23 − 1.07 = 0.16. (4.1)<br />
Si può notare come il centro delle gap siano a frequenze diverse e che le gap stesse<br />
non si sovrappongono: teoricamente dunque, in questi due casi estremi, ci aspettiamo<br />
uno spostamento così grande da non far sovrapporre i due picchi. D’altronde,<br />
applicando il campo e supponendo che all’interno del materiale non ci sia un allineamento<br />
preferenziale del direttore, ci aspettiamo un movimento minore del picco: in<br />
questo caso l’indice di rifrazione passa da un valore medio (per esempio il valore<br />
associato alla media geometrica n m =1.6) a 1.52, supponendo di applicare il campo<br />
in direzione parallela alla normale al piano [111]. In questo caso otteniamo:<br />
Δn 1 − Δn 2 =<br />
n m<br />
n SiO2<br />
− n o<br />
n SiO2<br />
=0.06. (4.2)<br />
Il campo da applicare per allineare completamente le molecole deve essere sufficientemente<br />
intenso da superare gli effetti di ancoraggio alle superfici a cui è soggetto<br />
il cristallo liquido (vedi paragrafo 1.2.3). Come abbiamo già detto, il cristallo liquido<br />
soggetto ad un campo elettrico comincerà ad allinearsi quando l’intensità del campo<br />
sarà tale da superare la forza di ancoraggio, che viene descritta dalla lunghezza di<br />
coerenza; quest’ultima è inversamente proporzionale al campo, quindi otterremo i<br />
primi effetti dell’allineamento quando il campo sarà tale da ridurre questa lunghezza<br />
a dimensioni paragonabili alla distanza tra le pareti della cavità, in cui è presente il<br />
cristallo liquido.<br />
Per generare un campo intenso dobbiamo tenere gli elettrodi il più vicino possibile,<br />
ponendo attenzione affinché il campo non superi la rigidità dielettrica del<br />
campione. Come elettrodi sono stati usati due vetrini da laboratorio sui quali èstato<br />
depositato uno strato (coating) di materiale conduttivo (ITO, Ossido di Stagno-<br />
Indio): la forma degli elettrodi è stata definita in maniera opportuna con un attacco
4.1. Opale diretto 72<br />
Figura 4.3: Misure in riflessione (angolo di incidenza 20 ◦ , campione di opale diretto di<br />
silice con sfere di diametro di 240 nm) al variare del campo elettrico (in V/μm): (a) da 0<br />
V/μm a8V/μm; (b) da 9 V/μm a77V/μm.<br />
chimico 1 in modo da ridurre il più possibile la regione in cui era applicato il campo.<br />
Infine il campione è stato interamente immerso nel cristallo liquido per poterne<br />
sfruttare le sue proprietà isolanti. La preparazione di questi campioni è risultata<br />
molto delicata a causa, soprattutto, della fragilità e delle dimensioni ridotte del<br />
cristallo fotonico: in particolarmente delicato è stato posizionare un vetrino sopra<br />
l’altro, in modo che i due fossero molto vicini fra loro senza però rompere il cristallo<br />
fotonico, e mettere il cristallo liquido fra i due elettrodi senza che si creassero bolle<br />
d’aria.<br />
In fig 4.3 sono mostrate alcune misure in riflessione di un campione di opale<br />
diretto di silice con sfere di diametro di 240 nm, al variare del campo elettrico (in<br />
V/μm) applicato tra i due elettrodi: in fig 4.3 (a) sono riportati gli spettri da 0<br />
V/μm a8V/μm, mentre in fig 4.3 (b) da 9 V/μm a77V/μm. In (a) si può notare<br />
come non ci sia nessun cambiamento evidente nella posizione del picco di Bragg.<br />
Questo è dovuto al fatto che l’intensità del campo non è sufficiente a vincere le forze<br />
di ancoraggio del cristallo liquido confinato all’interno del cristallo fotonico. In (b)<br />
1 L’ITO è stato rimosso prima cospargendo della polvere di zinco nella regione interessata e poi<br />
facendolo reagire con HCl al 37%.
4.1. Opale diretto 73<br />
Figura 4.4: a): Spostamento del picco di Bragg (misure associate alla fig 4.3) in funzione<br />
del campo elettrico applicato: sono visibili tre zone con andamenti diversi; lo spostamento<br />
massimo è di 5 nm; b): andamento della riflettività in funzione del campo elettrico<br />
applicato: anche in questo caso sono state evidenziate tre diverse zone.<br />
invece si può notare lo spostamento del picco di Bragg fino a 40 V/μm ecomepoi<br />
questo si fermi per campi più elevati.<br />
In fig 4.4 (a) è riportato lo spostamento del picco di Bragg in funzione del campo<br />
elettrico applicato: a causa delle forti fluttuazioni nella posizione del picco (soprattutto<br />
a valori molto del campo), la stima dell’errore è stata fatta compiendo varie<br />
misure a campo fisso, ricavandosi così la deviazione standard (±0.6 nm→≃ 0.1%)<br />
e associando l’errore relativo trovato a tutte le misure fatte. In questa figura sono<br />
evidenziabili tre zone in cui si presentano tre comportamenti diversi:<br />
zona 1 il valore della posizione rimane fisso entro la barra d’errore: il campo applicato<br />
non è sufficiente per vincere la forza di ancoraggio ed allineare così le<br />
molecole;<br />
zona 2 la posizione del picco scende in lunghezza d’onda all’aumentare del campo:<br />
il campo ha l’intensità sufficiente per allineare le molecole nella direzione<br />
parallela ad esso, cambiando così l’indice di rifrazione del sistema;<br />
zona 3 il valore della posizione rimane fisso entro la barra d’errore: le molecole
4.1. Opale diretto 74<br />
sono ormai tutte allineate e quindi aumentare il campo non porta cambiamenti<br />
significativi nell’indice di rifrazione.<br />
In fig 4.4 (b) è riportato andamento dell’intensità del picco di riflettività in<br />
funzione del campo elettrico applicato: per quanto riguarda l’errore abbiamo utilizzato<br />
la stessa tecnica del caso precedente, ottenendo un errore relativo troppo<br />
piccolo (0.06%) per essere visualizzato nel grafico. Per descrivere il comportamento<br />
utilizziamo le stesse tre zone evidenziate nel grafico precedente:<br />
zona 1 la riflettività aumenta all’aumentare del campo. Ciò è dovuto al film di<br />
cristallo liquido presente tra il vetro e il piano [111] del cristallo fotonico (fig<br />
4.5): la distanza vetro-campione è molto maggiore della distanza tra le sfere<br />
all’interno del campione e quindi il campo necessario per allineare queste molecole<br />
è minore di quello che serve per allineare quelle nel campione stesso (ricordiamo<br />
che ζ(E) ∝ 1 ). Il film di cristallo liquido da opaco (E =0)diventa<br />
E<br />
trasparente (E ≃ 10 V/μm), aumentando così la riflettività complessiva.<br />
zona 2 la riflettività diminuisce all’aumentare del campo: questo effetto èdovuto<br />
alla diminuzione del contrasto di indice di rifrazione che nasce dall’allineamento<br />
delle molecole all’interno del campione<br />
zona 3 la riflettività ha una leggera diminuzione all’aumentare del campo.<br />
Per<br />
valori associati a 62 V/μm ea77V/μm nonè stato possibile stimare l’errore:<br />
in questi due casi le fluttuazioni sul valore dell’intensità erano molto pronunciate,<br />
ma non è stato possibile fare più di una misura perché avremmo potuto<br />
Vetrino ITO<br />
Cristallo Liquido<br />
k<br />
E<br />
Campione<br />
Figura 4.5: Schematizzazione della cella di cristallo liquido in cui è immerso il campione.
4.1. Opale diretto 75<br />
Figura 4.6: Spostamento del picco di Bragg in funzione del campo elettrico applicato per<br />
un opale diretto di silice con sfere di diametro di 390 nm: si può notare che il valore del<br />
campo per cui si cominciano ad allineare le molecole è lo stesso che nell’altro campione;<br />
lo spostamento massimo èdi18nm.<br />
danneggiare il campione, se sottoposto a campi elevati per un periodo di tempo<br />
troppo lungo (indicativamente superiore a ≃ 5s).<br />
In fig 4.6 è riportato spostamento del picco di Bragg in funzione del campo<br />
elettrico applicato per un campione di opale diretto di silice con sfere di diametro di<br />
390 nm: l’errore è stato stimato in maniera analoga alla precedente e risulta essere<br />
di ±1 nm(→≃ 0.1%); lo spostamento del picco di Bragg in questo caso èmoltopiù<br />
accentuato che nel precedente, arrivando fino ad un massimo di 18 nm.<br />
4.1.2 Cristallo fotonico birifrangente<br />
Misure analoghe a quelle fatte nel paragrafo precedente sono riscontrabili anche<br />
in letteratura ([25, 26]), ma con uno spostamento del picco di soli 4 nm, che è<br />
molto inferiore a quello evidenziabile in fig 4.6. Per spiegare questo disaccordo sulla<br />
variazione della posizione del picco, dobbiamo supporre che la differenza di indice di<br />
rifrazione, prima e dopo l’applicazione del campo elettrico, sia maggiore nei nostri<br />
campioni, rispetto a quelli riportati in letteratura.<br />
Poiché eliminando il campo
4.1. Opale diretto 76<br />
elettrico il picco torna nella posizione iniziale, qualunque sia la causa di questo<br />
aumento dell’indice di rifrazione, questo effetto risulta perfettamente riproducibile.<br />
Possiamo quindi supporre che questo sia dovuto ad un parziale allineamento delle<br />
molecole di cristallo liquido contenute nel campione, le quali in assenza di campo si<br />
dispongano nuovamente nella direzione iniziale.<br />
Misure di riflessione con luce polarizzata<br />
[111]<br />
x<br />
z<br />
y<br />
s<br />
p<br />
Figura 4.7: Schematizzazione dell’esperimento con differenti polarizzazioni: generalmente<br />
i campioni sono rettangolari e posizionati con piano [111] perpendicolari al piano di<br />
incidenza; la polarizzazione ( p) giace sullo stesso piano.<br />
Se effettivamente fosse presente un’allineamento, per quanto tenue, questo potrebbe<br />
comportare un birifrangenza del campione, i cui effetti dovrebbero essere evidenti<br />
con luce polarizzata (in fig 4.7 è riportata la schematizzazione dell’esperimento). <strong>Con</strong><br />
questo scopo abbiamo messo davanti alla lampada un polarizzatore su un supporto<br />
ruotante, per poter cambiare in modo continuo la polarizzazione. Per distinguere le<br />
varie polarizzazioni abbiamo utilizzato i gradi riportati sul polarizzatore, associando<br />
alla polarizzazione parallela al piano di incidenza (p) l’angolo β = 0 e a quella<br />
ortogonale (s) β = 90( 2 ).<br />
Gli effetti di luce polarizzata su un cristallo fotonico (non infiltrato) sono stati<br />
studiati da Galisteo-Lopez et al. [27], sia dal punto di vista teorico che da quello<br />
sperimentale. Seguendo un procedimento analogo al loro, abbiamo riportato in fig<br />
4.8 (a) i nostri calcoli numerici per la struttura a bande nel caso nel caso delle<br />
due polarizzazioni (s e p, fig 4.7) al variare dell’angolo interno: come si può vedere<br />
2 Aggiungendo il polarizzatore il nostro apparato non può fare misure ad angoli di incidenza<br />
inferiori a 25 ◦ .
4.1. Opale diretto 77<br />
s<br />
p<br />
s<br />
p<br />
a) b)<br />
Figura 4.8: a): Simulazione della struttura a bande in funzione dell’angolo interno per le<br />
due polarizzazioni; b): misure in riflessione per un opale diretto di silice (diametro di 460<br />
nm) per le due polarizzazioni. Per entrambe le figure si può notare come la posizione della<br />
gap sia la stessa nei due casi e la sua larghezza vari solo per ampi angoli.<br />
per direzioni ortogonali al piano [111] e per piccoli angoli interni (inferiori a circa<br />
13 ◦ ), la struttura a bande è identica per le due polarizzazioni; per angoli superiori<br />
l’unico effetto è quello di un restringimento della gap per la polarizzazione p. Se<br />
la struttura a bande avesse evidenziato anche uno spostamento della gap, avremmo<br />
dovuto considerare il cristallo fotonico come un materiale birifrangente.<br />
Questo<br />
invece risulta isotropo: la sua isotropia è stata verificata anche sperimentalmente,<br />
come si nota in fig 4.8 (b), dove sono riportati gli spettri di riflessione di un opale<br />
diretto di silice (diametro di 460 nm) per le due polarizzazioni.<br />
In fig 4.9 (pagina precedente) sono riportati gli spettri in riflessione di un opale<br />
Figura 4.9: Spettri di riflessione per opale diretto di silice con diametro delle sfere da 240<br />
nm con angolo di incidenza a 25 ◦ , al variare della polarizzazione in un opale non infiltrato<br />
((a)) e in un opale infiltrato ((b)): è evidente lo spostamento in (b).
4.1. Opale diretto 78<br />
Figura 4.10: a): Spostamento del picco di riflessione in funzione dell’angolo β, con angolo<br />
di incidenza 25 ◦ ; b): Spostamento del picco di riflessione in funzione dell’angolo β, con<br />
angolo di incidenza 40 ◦ ; nel riquadro è riportato un esempio di fit (in rosso).<br />
diretto di silice con sfere, di diametro pari a 240 nm, al variare della polarizzazione<br />
prima ((a)) e dopo ((b)) l’infiltrazione: si può notare come la posizione del picco di<br />
fig 4.9 (a) non risenta della polarizzazione, mentre nel caso di fig 4.9 (b) sia evidente,<br />
oltre allo spostamento del picco di riflessione a causa dell’infiltrazione, anche il suo<br />
movimento di 10 nm al variare della polarizzazione. Un’analisi più dettagliata di<br />
questo spostamento è mostrata in fig 4.10 (a), dove sono riportate le posizioni del<br />
picco in funzione della variazione della polarizzazione: i valori sono stati ricavati<br />
facendo un fit e, data la simmetria del picco, abbiamo utilizzato una gaussiana. La<br />
stima dell’errore è stata ottenuta dalla la minimizzazione del valore del χ 2 (≈ 0.016)<br />
e risulta essere Δλ ≈±0.08: nel riquadro di fig 4.10 è riportato a titolo di esempio<br />
uno di questi fit. Vogliamo sottolineare l’andamento sinusoidale dei valori riportati e<br />
che dopo una rotazione di 180 ◦ la posizione del picco torna ad essere quella iniziale.<br />
Il cristallo fotonico da noi preparato presenta quindi un’evidente birifrangenza, che<br />
presume un parziale allineamento delle molecole di cristallo liquido al suo interno. In<br />
fig 4.10 (b) è riportato lo stesso tipo di misura ma per un angolo di incidenza di 40 ◦ :si<br />
può notare come lo spostamento abbia risentito dell’angolo di incidenza, passando da
4.1. Opale diretto 79<br />
Campione<br />
<br />
a) b)<br />
Figura 4.11: Spostamento del picco di riflessione in funzione dell’angolo di polarizzazione<br />
al variare della rotazione del campione attorno alla perpendicolare al piano [111]: in<br />
entrambi i casi si può notare la complementarità dei due grafici.<br />
9 nm circa a 14 nm circa. La spiegazione di questo effetto risiede nell’allineamento<br />
delle molecole: poiché lo spostamento aumenta aumentando l’angolo di incidenza<br />
(almeno per gl angoli sondati), possiamo supporre che il direttore non sia parallelo<br />
alla superficie [111], ma formi con questa un angolo, di almeno 17 ◦ ( 3 ).<br />
Per caratterizzare ulteriormente il campione abbiamo fatto alcune misure di polarizzazione,<br />
ruotando però il campione attorno all’asse perpendicolare al piano [111],<br />
di un angolo φ (se φ = 0, il campione giace sul piano di incidenza, riquadro in fig<br />
4.11). In fig 4.11 sono riportate due misure dello spostamento del picco in funzione<br />
dell’angolo di polarizzazione per due angoli di rotazione (i valori riportati si<br />
riferiscono alla direzione iniziale del campione): si può notare che le misure fatte per<br />
angoli di rotazione che distano 90 ◦ sono complementari, come ci saremmo aspettati<br />
a causa della simmetria a 180 ◦ introdotta dal cristallo liquido; in effetti, ruotando il<br />
campione, ruotiamo anche il direttore e quindi gli effetti di polarizzazione vengono<br />
spostati di un angolo pari a quello con cui è stato girato il campione stesso.<br />
Per dimostrare che questa birifrangenza è dovuta alla fase nematica del cristallo<br />
liquido sono state fatte misure portando il campione ad un a temperatura superiore<br />
3 Il calcolo dell’angolo è stato fatto considerando il direttore ortogonale al fascio incidente a 40 ◦<br />
e utilizzando la legge di Snell.
4.1. Opale diretto 80<br />
p<br />
s<br />
a) b)<br />
Figura 4.12: Spettri in riflessione di un opale diretto di silicio (diametro delle sfere 240<br />
nm) infiltrato al variare della polarizzazione: a): il cristallo liquido è in fase isotropa e<br />
quindi non c’è spostamento del picco; b): dopo la transizione di fase il cristallo liquido è<br />
tornato in fase nematica presentando nuovamente la birifrangenza (in questo caso sono<br />
state riportate le due polarizzazioni p ed s).<br />
a60 ◦ C, in modo da portare in fase isotropa il cristallo liquido. In fig 4.12 (a) sono<br />
riportati gli spettri in riflessione per alcuni valori dell’angolo β: come si può vedere<br />
non c’è nessuno spostamento del picco di riflessione. Questo è dovuto all’isotropia<br />
del sistema: infatti in fase isotropa il cristallo liquido è un comune liquido e quindi<br />
sparisce la birifrangenza del mezzo. Successivamente abbiamo portato il sistema a<br />
temperatura ambiente, riportando il cristallo liquido in fase nematica, per verificare<br />
se avessimo ottenuto nuovamente un sistema birifrangente. In fig 4.12 (b) si può<br />
notare lo spostamento del picco al variare della polarizzazione, che testimonia come<br />
la birifrangenza sia data dalla fase nematica del cristallo liquido. Da questa figura<br />
si possono fare due considerazioni: prima di tutto per poter giustificare il nuovo<br />
allineamento delle molecole dopo la transizione di fase, si deve ipotizzare che la<br />
direzione delle molecole debba dipendere dalle proprietà geometriche del campione;<br />
come seconda cosa, si può notare come l’entità dello spostamento dipenda dal punto<br />
scelto sul campione (lo spostamento è di soli 3 nm in questo caso, mentre nei grafici<br />
precedenti era di 6 nm).<br />
Questo effetto di birifrangenza è presente anche negli altri due campioni da noi
4.1. Opale diretto 81<br />
p<br />
s<br />
p<br />
s<br />
a) b)<br />
Figura 4.13: Spettri in riflessione per le due polarizzazione p ed s di opali diretti di silice<br />
infiltrati, con sfere di diametro 390 nm (a) e 460 nm (b): lo spostamento è evidenziabile<br />
per entrambi i grafici, anche se di entità diverse.<br />
studiati (diametro delle sfere da 390 nm e 460 nm): in fig 4.13 sono riportate le misure<br />
in riflessione di questi due campioni (rispettivamente (a) e (b)) per le polarizzazioni<br />
s e p; si può notare lo spostamento del picco per entrambi, anche se di entità<br />
notevolmente differenti (rispettivamente 3% e 0.5%).<br />
In particolare consideriamo adesso lo spostamento riscontrato nei campioni da<br />
240 nm e da 390 nm di diametro: questi sono riportati, rispettivamente, in fig 4.14 (a)<br />
e (b). Se adesso li confrontiamo con lo spostamento massimo che avremmo ottenuto<br />
con un totale allineamento del cristallo liquido, ovvero stimando le posizioni delle<br />
gap dalle strutture a bande di fig 4.2, considerando un angolo di incidenza di 25 ◦ ,<br />
otteniamo i dati riportati in tabella 4.1, dove D è il diametro delle sfere, Δλ th è<br />
lo spostamento del picco teorico, Δλ sp è quello sperimentale, λ p e λ s le lunghezze<br />
d’onda associate, rispettivamente, all’indice di rifrazione 1.75 e 1.52.<br />
È chiaro quindi<br />
D λ p λ s Δλ th Δλ sp<br />
240 nm 573 nm 550 nm 22 nm 10 nm<br />
390 nm 910 nm 875 nm 35 nm 30 nm<br />
Tabella 4.1: Tabella riassuntiva in cui sono mostrati i valori teorici delle gap, associate<br />
all’indice di rifrazione 1.75 (λ p )e1.52(λ s ), lo spostamento teorico (Δλ th ) e quello<br />
sperimentale (Δλ sp ).
4.1. Opale diretto 82<br />
a)<br />
Figura 4.14: Spostamento del picco di riflessione in funzione dell’angolo β, per il campione<br />
da 240 nm di diametro (a) e per quello da 390 nm di diametro (b), angolo di incidenza<br />
25 ◦ .<br />
che nel caso dei campioni da 390 nm di diametro la maggior parte delle molecole sia<br />
allineata (85%), mentre nel caso dei campioni da 240 nm il numero di molecole sia<br />
molto minore (18%).<br />
Poiché questo effetto sembra dipendere fortemente dal campione di cristallo fotonico<br />
e dal punto considerato su di esso, è possibile ipotizzare che questa birifrangenza<br />
sia un effetto associato al tipo di campione che stiamo analizzando e alla<br />
tecnica utilizzata per realizzarlo. Per dimostrare questo, misuriamo lo spettro in<br />
riflessione al variare della polarizzazione per due campioni preparati in maniera diversa:<br />
uno con la sedimentazione verticale, mentre l’altro con per sedimentazione<br />
naturale. Il secondo campione è stato ottenuto come residuo della prima tecnica,<br />
quindi con sfere identiche e nelle stesse condizioni termodinamiche: parte delle sfere<br />
in sospensione, durante la preparazione del campione, si sono depositate sul fondo<br />
del beaker impacchettandosi in una struttura a opale, anche se non di buona qualità.<br />
I campioni da noi utilizzati hanno una forma rettangolare, quindi, poiché abbiamo<br />
notato che l’allineamento delle molecole tende ad essere parallelo ad uno dei suoi lati,<br />
abbiamo scelto le polarizzazioni che ci davano il massimo spostamento, seguendo lo<br />
schema di fig 4.7. Per prima cosa abbiamo verificato che non presentassero nessun<br />
effetto di birifrangenza senza l’infiltrazione del cristallo liquido.<br />
Successivamente
4.1. Opale diretto 83<br />
Riflettività normalizzata<br />
p<br />
s<br />
lunghezza d’onda (nm)<br />
Figura 4.15: Spettri in riflessione le polarizzazioni p ed s di un opale diretto di silice<br />
infiltrato, con sfere di diametro 390 nm ottenuti con la sedimentazione naturale: non è<br />
riscontrabile alcuno spostamento del picco di riflessione.<br />
abbiamo fatto misure analoghe a quelle mostate in fig 4.9 per il campione ottenuto<br />
per sedimentazione naturale; in fig 4.15 sono riportati questi spettri normalizzati<br />
per le polarizzazioni p ed s: è possibile notare che il picco non subisce nessuno<br />
spostamento. Quindi è ipotizzabile supporre che sia presente nella tecnica di crescita<br />
per sedimentazione verticale qualche fenomeno che generi una lieve anisotropia nella<br />
struttura del cristallo fotonico: tale anisotropia deve essere così tenue da non essere<br />
evidenziabile in un campione non infiltrato, ma sufficiente a creare un allineamento<br />
del cristallo liquido, dopo l’infiltrazione.<br />
4.1.3 Analisi sulla struttura cristallina<br />
Come abbiamo già detto, tutti i nostri campioni (240 nm, 390 nm, 460nm di diametro)<br />
presentano questo effetto di birifrangenza dopo l’infiltrazione, anche se in<br />
misura diversa.<br />
Poiché lo spostamento del picco dipende non solo dal campione<br />
ma anche dalla zona illuminata, risulta evidente che deve essere presente qualche<br />
anisotropia nella geometria della struttura cristallina che induce l’allineamento delle<br />
molecole. Per fare un’analisi dettagliata del cristallo sono state fatte delle foto con
4.1. Opale diretto 84<br />
1 m<br />
1 m<br />
<strong>Di</strong>rez. <strong>Di</strong> crescita<br />
Figura 4.16: Foto SEM di due campioni di un opale diretto di silice con sfere da 390 nm<br />
ottenuti con tecniche diverse: a sinistra con sedimentazione naturale, mentre a destra con<br />
crescita verticale.<br />
un microscopio a scansione elettronica (SEM); a titolo di esempio in fig 4.16 sono<br />
riportate, in (a), una foto di un campione ottenuto con la deposizione naturale e una,<br />
in (b), ottenuta con la sedimentazione verticale: nel secondo caso si può notare, il<br />
grande numero di domini presenti rispetto alla prima foto. Questo però nonsembra<br />
giustificare l’allineamento delle molecole, non essendoci una direzione preferenziale<br />
evidente nella disposizione di tali domini.<br />
Per poter per poter evidenziare un eventuale anisotropia presente nel campione,<br />
è stata fatta la trasformata di Fourier di alcune foto SEM in regioni di (30×30) μm:<br />
questo ci ha permesso di studiare la periodicità e la struttura del campione mediando<br />
su tutti i domini. Per la struttura di un opale perfetto sul piano [111] ci dobbiamo<br />
aspettare una trasformata di Fourier del tipo in fig 4.17 (a): una serie di punti che<br />
formano vari esagoni concentrici che si ripetono all’infinito. Maggiore èilnumerodi<br />
esagoni concentrici (si parla di solito di ordine) migliore sarà la qualità del cristallo,<br />
perché significa che la struttura si avvicina a quella ideale per un’ampia superficie del<br />
campione. In fig 4.17 (b) e (c) sono riportate le trasformate di Fourier delle immagini<br />
di fig 4.16. La prima cosa che possiamo notare è che, se nella seconda immagine<br />
abbiamo vari esagoni concentrici, nella terza abbiamo figure circolari leggermente<br />
allungate nella direzione di crescita. Per quanto riguarda la forma circolare, questo
4.1. Opale diretto 85<br />
Opale perfetto Sedimentazione naturale Sedimentazione verticale<br />
B<br />
A<br />
Figura 4.17: Trasformata di Fourier di vari opali: a): Opale perfetto (sono evidenziati<br />
isegmentiA k e B k ); b): Campione da 390 nm di diametro ottenuto con sedimentazione<br />
naturale; c): Campione da 390 nm di diametro ottenuto con sedimentazione verticale.<br />
effetto è dovuto dal grande numero di domini che sono orientati in maniera casuale<br />
e che quindi presentano vari esagoni ruotati attorno al loro centro. Questo effetto<br />
non è presente nella fig 4.17 (b) a causa del numero ridotto di domini presenti nel<br />
campione ottenuto con la sedimentazione naturale.<br />
Per quanto riguarda la sua deformazione nella direzione di crescita è stato fatto<br />
una studio più approfondito nel tentativo di evidenziare una possibile anisotropia.<br />
Per analizzare le trasformate di Fourier abbiamo definito due grandezze: A k e B k ,<br />
mostrate in fig 4.17 (a).<br />
Nelle foto SEM la direzione verticale è quella in cui il<br />
menisco ha impacchettato le sfere (detta direzione di crescita), che è, in prima approssimazione,<br />
la stessa in cui si presenta l’allineamento. Nel caso di una struttura<br />
perfetta otteniamo un esagono perfetto e quindi il rapporto B k/ cos 30 ◦<br />
=1,dove<br />
30 ◦ è l’angolo che B k forma con le diagonali: tanto più questo rapporto, si discosta<br />
dall’unità, tanto più l’esagono risulta deformato. Per stimare queste distanze abbiamo<br />
considerato il profilo di intensità delle trasformate e valutato la posizione del<br />
centroide del picco come quella dei vertici dell’esagono. In fig 4.18 (a) è riportato<br />
il profilo associato ad A k in funzione della distanza in unità arbitrarie: l’errore su<br />
questa misura è stato valutato come il numero di unità necessarie per arrivare dalla<br />
posizione del centroide a metà dell’altezza del picco. In fig 4.18 (b) sono riportati<br />
valori per il rapporto B k/ cos 30 ◦<br />
stimati analizzando varie immagini (sull’asse delle<br />
A k<br />
A k
4.1. Opale diretto 86<br />
k k<br />
<strong>Di</strong>stanza (a. u.)<br />
Figura 4.18: a): Profilo di intensità di fig 4.17 (c) associato alla direzione A k ; b): sono<br />
riportati valori per il rapporto B k/ cos 30 ◦<br />
per le immagini studiate.<br />
A k<br />
ascisse) per tutti i campioni considerati: 240 nm (sedimentazione verticale), 390 nm<br />
(sia sedimentazione naturale che verticale) e 460 nm (sedimentazione verticale) di<br />
diametro delle sfere. Da questo grafico possiamo fare due considerazioni:<br />
1. il rapporto per il campione ottenuto con la sedimentazione naturale e per quello<br />
con sfere da 460 nm è circa 1, mentre quello ottenuto per i campioni 240 nm<br />
e 390 nm è maggiore a 1;<br />
2. il rapporto per tutti i campioni che mostrano un effetto di birifrangenza marcato<br />
è sempre maggiore di 1: per i campioni da 240 nm e 390 nm di diametro<br />
la deformazione è del 6%, mentre per i campioni da 460 nm èdel3%.<br />
Per i campioni cresciuti con la sedimentazione verticale (B k = B k / cos 30) >A k :<br />
poiché i rapporti nello spazio delle fasi sono inversi a quelli nello spazio reale (B r =<br />
B r / cos 30)
4.1. Opale diretto 87<br />
come lo spostamento (3% e 2%, nel caso rispettivamente di 460 nm e 240 nm di<br />
diametro).<br />
L’effetto descritto nel punto 1 può essere spiegato come conseguenza della tecnica<br />
di crescita: le forze che contribuiscono ad impacchettare le sfere sono quella esercitata<br />
dal menisco, che agisce nella direzione verticale delle foto SEM analizzate, e<br />
quella esercitata dal vincolo del vetro su cui il campione è cresciuto, che agisce nella<br />
direzione ortogonale al piano [111]; nella direzione rimanente, quella corrispondente<br />
a A r , le sfere non sono sottoposte a nessuna forza e quindi tendono ad essere meno<br />
vicine tra loro.<br />
Questo spiega anche la tendenza del campione a rompersi lungo<br />
la direzione corrispondente a B r : nella direzione A r la struttura risulta più fragile,<br />
perché meno compatta, ed il campione tende a creare delle fratture verticali.<br />
4.1.4 Allineamento del cristallo liquido nelle cavità<br />
L’orientamento del direttore di un cristallo liquido in una cella dipende fortemente<br />
dalla geometria di quest’ultima. Se il cristallo fotonico non avesse presentato nessuna<br />
anisotropia, la cella sarebbe stata la cavità presente tra le sfere, che, per fare una<br />
schematizzazione, avremmo potuto approssimare con una sfera [25]. Nel nostro caso<br />
la situazione èpiù complessa da analizzare, perché la maggiore distanza tra le sfere<br />
che si forma nella direzione A r genera delle cavità con geometria più complessa. Una<br />
possibile schematizzazione può essere considerare la struttura come se fosse percorsa<br />
da ”canali” (fig 4.19). Riuscire a capire la disposizione delle molecole per via ana-<br />
B<br />
<strong>Di</strong>rezione di crescita<br />
A<br />
Campione<br />
Canale<br />
Figura 4.19: Schematizzazione della struttura cristallina dei nostri campioni presentano<br />
anisotropia: sono evidenziati i ”canali” che inducono l’allineamento del cristallo liquido.
4.1. Opale diretto 88<br />
(a) (b) (c)<br />
y<br />
x<br />
z<br />
Figura 4.20: Le configurazioni verificate sperimentalmente di un cristallo liquido in una<br />
cavità cilindrica, partendo da un ancoraggio perpendicolare alla superficie: a): planar<br />
polar ( PP), quando sono disposti parallelamente ad uno degli assi parallelo alla base; b):<br />
escaped radial ( ER), quando sono disposti radialmente ma tendono ad uscire dai piani<br />
paralleli alla base; c): escaped radial with point defects ( ERPD), quando sono disposti<br />
radialmente ma tendono ad uscire dai piani paralleli alla base e sull’asse del cilindro sono<br />
presenti alcuni difetti.<br />
litica è molto difficile a causa della geometria di questi ”canali” e dal punto di vista<br />
sperimentale bisognerebbe fare misure di risonanza magnetica nucleare [28] per poter<br />
stimare la forza dell’ancoraggio con la superficie e l’andamento del direttore. Per<br />
capire come si comporta il cristallo liquido in una tale cavità, possiamo approssimare<br />
il canale con una cavità cilindrica. Come già accennato questa schematizzazione, e<br />
tutte le conseguenze da essa derivanti, rappresentano un modello approssimativo,<br />
che serve solamente a descrivere in maniera sommaria il comportamento fisico del<br />
campione. Le configurazioni previste teoricamente non sono molte [29] e si distinguono<br />
in due casi: un ancoraggio perpendicolare e uno parallelo alla superficie della<br />
cavità. In fig 4.20 sono riportate solo le configurazioni del primo tipo, perché le<br />
seconde non sono mai state verificate sperimentalmente e quindi sono state scartate<br />
nella nostra analisi. Poiché per la polarizzazione p l’indice di rifrazione osservato<br />
risulta più alto rispetto ad s, abbiamo supposto che le molecole fossero maggiormente<br />
allineate lungo la direzione p, piuttosto che lungo s. Possiamo quindi supporre che<br />
i canali abbiano l’asse di simmetria parallelo al direttore. Nel primo caso ((a)) non<br />
è presente nessun allineamento lungo l’asse del cilindro e quindi la PP non viene<br />
considerata nella nostra analisi, perché, in questa configurazione, la polarizzazione
4.1. Opale diretto 89<br />
Lunghezza d!onda<br />
Lunghezza d!onda<br />
p vedrebbe un indice di rifrazione più basso; abbiamo supposto quindi che solo le<br />
ultime due configurazioni ((b) e (c)) possano giustificare l’allineamento del direttore.<br />
4.1.5 Campo elettrico e birifrangenza<br />
p<br />
s<br />
p<br />
s<br />
a)<br />
Campo elettrico<br />
b)<br />
Campo elettrico<br />
Figura 4.21: Spostamento del picco di Bragg, in funzione del campo elettrico applicato, per<br />
la polarizzazione p equellas: nel campione da 240 nm di diametro ((a)) si può notare che<br />
per la polarizzazione s non c’è uno spostamento significativo del picco, mentre per quella<br />
p lo spostamento è di 8 nm; nel campione da 460 nm di diametro ((b)) si può notare che<br />
per la polarizzazione s c’è uno spostamento del picco di circa 7 nm, mentre per quella p<br />
lo spostamento èdi15nm.<br />
Dalle considerazioni fatte negli ultimi paragrafi, risulta interessante studiare con<br />
luce polarizzata il comportamento del cristallo fotonico infiltrato al variare del campo<br />
elettrico. In fig 4.21 sono riportati gli spostamenti della posizione del picco al variare<br />
del campo, per la polarizzazione s e p, per campioni da 240 nm (fig 4.21 (a)) e 390<br />
nm (fig 4.21 (b)) di diametro. Nel primo caso è possibile notare che lo spostamento<br />
per le due polarizzazioni è notevolmente diverso: la polarizzazione p sperimenta un<br />
indice di rifrazione (riferendosi al cristallo liquido) che passa dal valore iniziale, che<br />
risente del parziale allineamento lungo la direzione p, ad uno finale, associato al<br />
massimo allineamento ottenibile, compiendo uno spostamento di 8 nm (superiore ai<br />
5 nm per la luce non polarizzata, fig 4.4); nel caso della polarizzazione s invece la<br />
posizione del picco non subisce variazioni significative, come se una grande parte delle<br />
molecole fosse già allineata parallelamente al piano X −Y di fig 4.22 (a). Nel secondo
4.1. Opale diretto 90<br />
Z<br />
s<br />
Z<br />
h<br />
p<br />
n Y<br />
X<br />
a) b)<br />
X<br />
n<br />
Y<br />
h<br />
Figura 4.22: Schematizzazione della direzione delle molecole all’interno della cavità, con<br />
h direzione dell’asse del cilindro e n direttore del cristallo liquido: in (a) n èsulX − Y ,<br />
che contiene p; nel secondo n è fuori da questo piano.<br />
caso invece è presente per entrambe le polarizzazioni uno spostamento, che risulta<br />
sempre superiore per quella p: lo spostamento per questa polarizzazione èdicirca<br />
15 nm ed è necessario un campo più intenso, che nel caso precedente, per ottenere<br />
il totale allineamento delle molecole; per la polarizzazione s in questo campione si<br />
nota uno spostamento di 7 nm, che può essere interpretato come se una grande parte<br />
delle molecole fosse orientata in una direzione fuori dal piano X − Y di fig 4.22 (b).<br />
Riassumendo, applicando un campo elettrico, otteniamo uno spostamento del picco<br />
tanto maggiore, quanto maggiore è l’allineamento iniziale lungo la direzione p.<br />
<strong>Con</strong>siderando le misure mostrate in fig 4.21 (b), possiamo proporre un modello,<br />
per quanto semplificato, che giustifichi il comportamento birifrangente del campione.<br />
Prima di tutto dobbiamo scegliere quale delle due configurazioni mostrate nel paragrafo<br />
4.23 (fig 4.20 (b) e (c)) sia più appropiata per descrivere il comportamento del<br />
nostro sistema: per fare questo abbiamo confrontato l’indice di rifrazione del cilindro<br />
nelle due configurazioni ER ed ERPD, per le due polarizzazioni, con quello medio<br />
trovato nel campione. Lo spostamento mostrato in fig 4.21 (b) èdi15nm,mentre<br />
quello stimato dalle strutture a bande partendo dall’indice di rifrazione medio<br />
(n m =1.6) è di soli 10 nm. Dobbiamo quindi supporre che l’indice di rifrazione<br />
medio del cristallo liquido nelle cavità del campione sperimentato dalla luce con<br />
polarizzazione p sia più alto, in modo da giustificare uno spostamento così elevato:
4.1. Opale diretto 91<br />
dai calcoli numerici della struttura a bande abbiamo stimato il suo valore attorno<br />
a 1.635. Per ricavarsi l’indice di rifrazione medio previsto per le due configurazioni<br />
mostrate in fig 4.20 (b) e (c), abbiamo utilizzato l’espressione che descrive l’indice<br />
di rifrazione per le due polarizzazioni, al variare dell’angolo che queste formano con<br />
il direttore:<br />
n str =<br />
[ ] (sin Ω)<br />
2<br />
−0.5 [ ]<br />
(cos Ω)2<br />
(cos Ω)<br />
2<br />
−0.5<br />
+ ; n<br />
(n e ) 2 (n o ) 2 ord. = + sin(Ω)2 ,<br />
(n e ) 2 (n o ) 2<br />
(4.3)<br />
dove n str e n ord sono gli indici di rifrazione sperimentati rispettivamente dalla polarizzazione<br />
p ed s, mentre Ω è l’angolo tra la direzione del direttore e e quella della<br />
polarizzazione. Poniamoci in coordinate cilindriche e consideriamo l’asse del cilindro<br />
in modo ch risulti parallelo alla direzione della polarizzazione p. Le espressioni che<br />
descrivono la variazione della direzione del direttore in funzione della distanza dalle<br />
pareti 4 sono descritte da Crowford et al [30] per entrambe le configurazioni:<br />
[<br />
Ω ERPD (r) = arctan<br />
[ r<br />
( α<br />
)]<br />
Ω ER (r) = 2 arctan<br />
R tan 2<br />
σr<br />
z(1 − (z/L))<br />
, (4.4)<br />
(<br />
( r<br />
)) ]<br />
σ − (σ − 1) , (4.5)<br />
R<br />
dove R è il raggio del cilindro, α = arccos(1/σ) è l’angolo con cui le molecole sono<br />
ancorate alla parete, σ = RW K + K 24<br />
− 1 e L la distanza tra i difetti nella ERPD.<br />
K<br />
Sostituendo queste ultime nelle (4.3), possiamo risalire l’indice di rifrazione medio<br />
integrando sul volume del cilindro. L’espressione finale da noi utilizzata dipende<br />
dai parametri: R, K ≃ 1.27 · 10 −11 N, che è una costante elastica descritta nel<br />
paragrafo 1.2.3, W che è una costante che descrive la forza dell’ancoraggio (proprietà<br />
intrinseca del materiale che costituisce le pareti) e K 24 ≃ 2.9 · 10 −11 N, che è una<br />
costante elastica che descrive il contributo alla distorsione del direttore da parte<br />
delle pareti [28]. Qualunque valore si scelga per R e W ,nonè possibile ottenere,<br />
4 Essendoci posti nel sistema di riferimento sopra descritto, l’angolo che descrive questa<br />
variazione èΩ.
4.1. Opale diretto 92<br />
per la configurazione ERPD, un indice di rifrazione pari a 1.64. Scegliamo quindi<br />
come configurazione più appropriata per descrivere il campione la ER, mostrata in<br />
fig 4.20 (b), che presenta varie combinazioni dei valori di R e W che forniscono un<br />
indice di rifrazione di 1.64.<br />
Per dimostrare la coerenza di questo modello, vogliamo calcolarci un’espressione<br />
per il campo elettrico critico che tenga di conto anche dell’effetto dell’ancoraggio.<br />
Partiamo quindi dall’espressione 1.43 per l’energia libera di un cristallo liquido confinato<br />
in una cavità, esplicitando F s in funzione di due termini proporzionali a W e<br />
K 24 [30]:<br />
F d =<br />
∫<br />
[<br />
K( −→ ∇·n) 2 +( −→ ]<br />
∇×n)<br />
V<br />
∫<br />
−K 24<br />
V<br />
−→ ∇·(n ×<br />
−→ ∇×n + n<br />
−→ ∇·n)dV +<br />
1<br />
2<br />
− 1 2 (ε aε o (E · n) 2 )dV (4.6)<br />
∫<br />
W sin 2 (α)dS ,<br />
S<br />
dove n è il direttore del cristallo liquido, V e S sono il volume e la superficie della<br />
cavità, mentre α è l’angolo che formano le molecole ancorate alla superficie rispetto<br />
alla superficie stessa. Come già fatto nel paragrafo 1.2.3, per ottenere la lunghezza<br />
di coerenza associata al campo critico E c è sufficiente porre F d = 0. In questo modo<br />
si ottiene un’espressione per il campo critico in funzione della lunghezza di coerenza<br />
(E c (ζ), che in queste condizioni è uguale al raggio R:<br />
E c =<br />
√<br />
2K(1 − cos(α)) + 1 2 (K − K 24)γ +(RW + K 24 − K)cos 2 (α)<br />
πε a ε o<br />
R 2<br />
4<br />
, (4.7)<br />
dove γ =1− cos(2α). Imponendo il valore stimato per il campo critico dalle nostre<br />
misure (E c<br />
=5V/μm) e considerando W =3· 10 −5 come valore tipico [28], è<br />
possibile ricavarci da questa formula il raggio medio dei cilindri, che risulta essere<br />
R=200 nm. Possiamo allora affermare che il campione da noi studiato si comporta,<br />
in prima approssimazione, come se avesse delle cavità cilindriche, di raggio medio di<br />
200 nm, in cui il cristallo liquido si allinea in una configurazione ER. Da notare che<br />
il modello, per quanto approssimato, offre come risultato di considerare dei canali
4.1. Opale diretto 93<br />
di dimensioni paragonabili a quelle delle sfere, come se questi dipendessero dalla<br />
presenza di difetti nella struttura: per ottenere un risultato migliore dovremmo<br />
sapere come si comportano esattamente le molecole nel canale, come questi canali<br />
sono distribuiti nel campione e quale è la geometria all’interno del campione. Come<br />
verifica delle considerazioni fatte sulla scelta della configurazione di fig 4.20 che<br />
meglio descrive le nostre misure, abbiamo riportato in tabella 4.2 i valori degli indici<br />
di rifrazione calcolati, considerando R = 200 e W =3· 10 −5 . Come si può notare<br />
per le configurazioni PP e ERPD l’indice di rifrazione n ord èpiùaltodin str ,al<br />
contrario di quello che è stato verificato sperimentalmente; nella configurazione ER<br />
invece otteniamo un perfetto accordo con i valori dedotti dalle misure effettuate.<br />
<strong>Con</strong>figurazione n str n ord<br />
PP 1.52 1.62<br />
ER 1.64 1.60<br />
ERPD 1.55 1.70<br />
Tabella 4.2: Tabella riassuntiva degli indici di rifrazione per un cristallo liquido nematico<br />
in una cavità cilindrica per le polarizzazioni straordinaria ed ordinaria.<br />
Possiamo schematizzare il comportamento del cristallo liquido soggetto ad un<br />
campo elettrico superiore ad E c , all’interno di una cavità cilindrica, nel seguente<br />
modo: aumentando il campo si crea una zona centrale di forma cilindrica, il cui<br />
raggio èpariaR-ζ(E), in cui le molecole sono tutte allineate parallelamente al<br />
campo e un ”guscio” esterno in cui l’effetto del campo è trascurabile, ma risente<br />
dell’ancoraggio con la parete (fig 4.23 (a)). Quando E ≫ E c , quasi tutte le molecole<br />
sono allineate ed il guscio esterno è diventato molto sottile (ζ ≃ 0). Possiamo quindi<br />
stimare l’indice di rifrazione in funzione del campo come la media dei due indici di<br />
rifrazione presenti nelle due zone di fig 4.23 (a), pesata con la percentuale di volume<br />
)<br />
)<br />
(R − ζ)2<br />
(R − ζ)2<br />
occupato dal cilindro interno<br />
(φ c = e dal guscio<br />
(φ<br />
R 2 g =1− :<br />
R 2<br />
n =<br />
√<br />
n 2 oφ c + n 2 i φ g , (4.8)
4.1. Opale diretto 94<br />
{<br />
{<br />
R<br />
(E)<br />
E<br />
a) b)<br />
Figura 4.23: a): Schematizzazione dell’allineamento del cristallo liquido all’interno del<br />
cilindro sotto l’effetto di un campo E> E c ; b): nel grafico sono confrontati i dati sperimentali<br />
degli spostamenti del picco di Bragg al variare del campo elettrico, con quelli ricavati<br />
dal modello da noi proposto.<br />
dove n i sono gli indici di rifrazione del cilindro calcolati con le (4.3) e V t il volume<br />
totale.<br />
Il volume dipende da ζ(E), quindi, quando ζ(E) → 0, otteniamo il completo<br />
allineamento del cristallo liquido (n → n o ). I fig 4.23 (b) sono riportati i grafici<br />
dello spostamento del picco al variare del campo, osservati sperimentalmente e quelli<br />
teorici ricavati dai calcoli numerici della struttura a bande, utilizzando l’indice di<br />
rifrazione riportato in (4.8): possiamo notare come il modello si accordi in maniera<br />
soddisfacente con i dati sperimentali.<br />
Si può quindi concludere che, nonostante il modello da noi utilizzato per descrivere<br />
il sistema sia semplificato, le previsioni teoriche che descrivono lo spostamento<br />
del picco di Bragg sotto l’effetto del campo elettrico, utilizzando luce polarizzata,<br />
non si discostano molto dai dati raccolti. Lo spostamento ottenibile per un tale campione,<br />
sfruttando anche l’effetto della birifrangenza, è di notevole entità ( Δλ<br />
λ ≃ 2%)<br />
enonè riscontrabile un analogo in letteratura.
4.2. Opale inverso 95<br />
4.2 Opale inverso<br />
La procedura per infiltrare un opale inverso con un cristallo liquido non è differente<br />
da quella già descritta. In questo caso però il nostro scopo è stato quello di misurare<br />
lo spostamento dei picchi di riflessione al variare dell’intensità del campo magnetico<br />
e per fare questo abbiamo utilizzato un particolare tipo di cristallo liquido, non<br />
presente in commercio. Come abbiamo mostrato nel paragrafo 1.2.4, per allineare<br />
un cristallo liquido in una cella a facce piane e parallele distanti un 1μm, l’intensità<br />
del campo dove essere di circa 1 T. Poiché le dimensioni degli interstizi dei nostri<br />
campioni sono delle centinaia di nanometri e con geometrie molto più complesse,<br />
possiamo supporre di dover applicare campi di intensità superiore: ipotizziamo che<br />
sia B c ≃ 10 T. Per le nostre misure abbiamo utilizzato una miscela di cristallo liquido<br />
E7 e di un ferrofluido (Fe 2 O 2 , concentrazione volumetrica 1%) prodotto dal<br />
<strong>Di</strong>partimento di Chimica di Firenze (Prof. P. Baglioni). Questo ferrofluido ècomposto<br />
da molecole di 10 nm circa, che sono particolarmente soggette all’influenza<br />
del campo magnetico. Quindi, considerando le proprietà collettive dei cristalli liquidi,<br />
la presenza delle molecole magnetiche favorisce l’allineamento del direttore sotto<br />
l’effetto del campo magnetico: in questo modo dovremmo riuscire ad abbassare il<br />
campo critico B c di uno o due ordini di grandezza [31]. In fig 4.24 è riportato lo<br />
spettro di assorbimento di queste molecole: come si può notare questo comincia ad<br />
essere trascurabile per lunghezze d’onda superiori a 650 nm. Abbiamo scelto quindi<br />
l’opale inverso di silicio come campione da infiltrare, considerando anche che ha interstizi<br />
di 840 nm di diametro, a cui corrisponde un valore di B c minore in confronto<br />
a quelli dell’opale diretto.<br />
A causa delle proprietà magnetiche del ferrofluido, le molecole di Fe 2 O 2 rimangono<br />
in sospensione in maniera omogenea nel cristallo liquido solo pochi minuti:<br />
dopo poco tempo le molecole si attraggono e si creano degli agglomerati che decantano<br />
velocemente (in 10 minuti la maggior parte delle molecole è sul fondo del<br />
contenitore). Il procedimento da noi adottato per l’infiltrazione è il seguente. Pri-
4.2. Opale inverso 96<br />
Figura 4.24: Spettro di assorbimento del ferrofluido Fe 2 O 2 in unità arbitrarie.<br />
ma di tutto abbiamo tenuto la miscela il fase isotropa e mescolata costantemente<br />
con l’utilizzo di un ancoretta magnetica. Subito prima di infiltrare, seguendo il più<br />
rapidamente possibile il procedimento descritto nel paragrafo 4.1, abbiamo tenuto<br />
la miscela in un bagno ad ultrasuoni per 15 minuti, in modo da dissolvere gli<br />
agglomerati che non si fossero dissociati durante il mescolamento.<br />
4.2.1 Misure con campo magnetico<br />
Per fare questo genere di misure il campione è stato posto fra le due espansioni polari<br />
dell’elettromagnete descritto nel paragrafo 2.2. Il piano [111] del campione risulta<br />
parallelo al campo B e le misure in riflessione sono state fatte con un angolo di<br />
incidenza di 5 ◦ . Supponendo che si riesca ad indurre un’allineamento delle molecole,<br />
queste si disporranno parallelamente al piano [111]: conviene quindi fare misure con<br />
luce polarizzata, in modo da poter stimare il massimo spostamento del picco. La<br />
polarizzazione ordinaria risulta ortogonale alla direzione del presunto allineamento,<br />
indotto dal campo, e quindi risente di un contrasto di indice di rifrazione maggiore:<br />
il cristallo liquido, infatti, offrirà un indice di rifrazione di 1.52. Facendo misure
4.2. Opale inverso 97<br />
Non inf<br />
Infiltrato<br />
a) b)<br />
Figura 4.25: a): Spettro in riflessione di un opale inverso di silicio con sfere da nm<br />
di diametro prima e dopo l’infiltrazione; b): stesso tipo di spettro al variare del campo<br />
magnetico: 0 T e 10 T.<br />
con questa polarizzazione, ci aspettiamo quindi, aumentando il campo magnetico,<br />
uno spostamento dello spettro verso lunghezze d’onda minori. In fig 4.25 sono riportati<br />
alcuni degli spettri in riflessione fatti con un opale inverso di silicio con sfere<br />
da 780 nm. In fig 4.25 (a) sono confrontati gli spettri prima e dopo l’infiltrazione<br />
del campione: come si può notare lo spettro si è spostato verso lunghezze d’onda<br />
maggiori e con una riflettività minore, in corrispondenza di una diminuzione del<br />
contrasto di indice di rifrazione.<br />
In fig 4.25 (b) sono riportati gli spettri per il<br />
campione infiltrato al variare dell’intensità del campo (0 T e 1.3 T): come si può<br />
notare, nonostante l’elevata intensità del campo magnetico, non è possibile riscontrare<br />
un evidente spostamento dei picchi di riflessione, anche se si può notare alcune<br />
variazioni nell’intensità e nella forma degli spettri. A causa della rapidità concui<br />
abbiamo dovuto fare le misure, per le motivazioni esposte nel paragrafo precedente,<br />
la prima misura fatta è quella con il campo massimo, in modo da impedire la formazione<br />
di agglomerati di Fe 2 O 2 . Questo tipo di misura impiega circa 10 minuti<br />
(tempo caratteristico per le misure effettuate con il nostro monocromatore in un<br />
così ampio intervallo di frequenze), quindi, prima di fare la misura con campo zero,<br />
il campione è stato scaldato in modo da portare in fase isotropa il cristallo liquido e
4.2. Opale inverso 98<br />
cercare di disperdere nuovamente le molecole ferrofluide.<br />
Nonostante tutte le precauzioni da noi adottate non siamo riusciti a misurare<br />
uno spostamento evidente dei picchi. Le cause di questo possono essere molte ed è<br />
difficile capire quale siano le principali:<br />
• l’infiltrazione non è avvenuta in modo corretto a causa della formazione di<br />
agglomerati di molecole magnetiche: i fori che collegano le sfere sono di circa<br />
100 nm e le molecole possono non essersi distribuite omogeneamente in tutto<br />
il campione;<br />
• durante la misura le molecole si sono depositate sul fondo delle sfere che lo<br />
contengono, riducendo il loro effetto sul cristallo liquido: questo èdovutoal<br />
lungo periodo necessario per fare la misura;<br />
• il campo non è sufficientemente intenso per allineare le molecole: questa sembra<br />
essere l’ipotesi più probabile perché studiando i grafici di fig 4.25 (b), si può<br />
notare che il campione reagisce al campo magnetico ma questo non sembra<br />
sufficiente ad allineare in maniera significativa le molecole.<br />
In definitiva non siamo riusciti ad indurre un allineamento delle molecole perché, per<br />
produrre un campo magnetico che fornisca la stessa energia libera data dal campo<br />
elettrico critico, dovremmo utilizzare un apparato strumentale molto più efficiente.<br />
D’altronde lo spettro di fig 4.25 subisce alcune variazioni sull’intensità all’aumentare<br />
del campo: questo fa supporre che probabilmente è sufficiente una maggiore concentrazione<br />
delle molecole ferrofluide per riuscire ad ottenere un spostamento dei picchi<br />
di riflessione.
<strong>Con</strong>clusioni<br />
In questo lavoro di tesi abbiamo studiato le proprietà ottiche di cristalli fotonici<br />
tridimensionali, il cui passo reticolare è di alcune centinaia di nm, con e senza infiltrazione<br />
con cristalli liquidi nematici.<br />
È stata, inoltre, descritta la tecnica di crescita<br />
con cui abbiamo preparato i campioni, suggerendo alcune accorgimenti da adottare<br />
per ottenere materiali di buona qualità. Le due strutture fotoniche utilizzate presentavano<br />
entrambe reticoli cristallini a FCC, ma diverse caratteristiche ottiche, causate<br />
da una diversa distribuzione spaziale e da un diverso valore della costante dielettrica.<br />
Riassumiamo i principali risultati sperimentali ottenuti:<br />
Opale diretto di silice Attraverso l’analisi spettrale della luce riflessa dal campione,<br />
abbiamo studiato le sue caratteristiche ottiche e dedotto da queste la<br />
sua geometria e qualità. In particolare abbiamo confrontato il comportamento<br />
sperimentale del picco di Bragg al variare dell’angolo di incidenza, con quello<br />
previsto teoricamente dalla struttura bande, trovando un pieno accordo tra i<br />
due. Esattamente come previsto dalla teoria, questo tipo di cristallo fotonico<br />
non presenta una bandgap completa a causa del basso contrasto di indice di<br />
rifrazione.<br />
Dopo l’infiltrazione con i cristalli liquidi nematici, il campione risulta essere<br />
birifrangente, effetto assolutamente inatteso e non riscontrabile in letteratura.<br />
Questa birifrangenza ha come conseguenza un elevato spostamento (in<br />
99
4.2. Opale inverso 100<br />
lunghezza d’onda) del picco di Bragg, quando il campione infiltrato è soggetto<br />
ad un intenso campo elettrico: lo spostamento risulta superiore di un ordine di<br />
grandezza rispetto ai valori riportati in letteratura [25, 26]. Questo ci permette<br />
di controllare elettricamente la frequenza del picco di riflessione, suggerendo la<br />
possibilità di creare un interruttore ottico. Inoltre abbiamo presentato un modello<br />
approssimato per giustificare tale birifrangenza, partendo dallo studio della<br />
geometria dei campioni studiati e dalle proprietà dei cristalli liquidi nematici<br />
confinati in cavità cilindriche. Il modello, che suppone siano presenti nei campioni<br />
delle cavità ”allungate”, descrive in maniera soddisfacente l’andamento<br />
dei dati raccolti, avvalorando le nostre ipotesi sul fenomeno riscontrato.<br />
Opale inverso di silicio Compiendo misure analoghe a quelle fatte sui campioni<br />
di silice, abbiamo confrontato gli spettri di riflessione con la struttura a bande,<br />
evidenziando un buon accordo fra i due. Questo materiale presenta un comportamento<br />
profondamente diverso rispetto agli opali diretti di silice. Infatti,<br />
mentre quest’ultimi seguono in prima approssimazione la legge di Bragg, gli<br />
opali inversi di silicio presentano un picco di riflessione (attorno a 1470 nm) che<br />
rimane fisso in frequenza al variare dell’angolo di incidenza. Questo fornisce<br />
una prima verifica sperimentale dell’esistenza di una bandgap completa.<br />
Abbiamo effettuato alcune misure applicando un campo magnetico su questi<br />
campioni, dopo l’infiltrazione con un cristallo liquido nematico con in sospensione<br />
molecole ferrofluide, particolarmente sensibili alla presenza del campo. A<br />
differenza di quanto succede nel caso dell’opale diretto di silice applicando un<br />
campo elettrico, non abbiamo verificato uno spostamento della gap, causato<br />
dall’allineamento delle molecole del cristallo liquido, nonostante che l’intensità<br />
del campo fosse elevata. Abbiamo quindi proposto alcune possibili cause che<br />
giustifichino questo comportamento e quali possano essere le soluzioni ai problemi<br />
riscontrati: in particolare abbiamo considerato come causa più probabile,<br />
l’intensa forza di ancoraggio delle molecole alla superficie.
4.2. Opale inverso 101<br />
Sviluppi futuri e possibili applicazioni<br />
Per quanto riguarda l’opale diretto di silice infiltrato, un possibile indirizzo di ricerca<br />
è quello di scoprire quali siano le esatte condizioni termodinamiche che hanno prodotto<br />
una tale anisotropia, e come sia possibile controllarla durante la crescita, senza<br />
perdere le proprietà ottiche di un cristallo fotonico. Sarebbe opportuno un’analisi<br />
con la risonanza magnetica per scoprire come le molecole di cristallo liquido siano<br />
disposte all’interno del campione.<br />
Le possibili applicazioni per la sua birifrangenza sono molteplici. La possibilità<br />
di accordare un cristallo fotonico in un tale intervallo di frequenza, ci permette di<br />
ipotizzare la realizzazione di dispositivi ottici di vario tipo. Benché i tempi di rilassamento<br />
delle molecole di cristallo liquido siano troppo lunghi (≃ 10 ms) per creare<br />
chip ottici che superino l’attuale velocità di quelli elettronici, si possono applicare<br />
tali proprietà per realizzare dispositivi per le telecomunicazioni (switch ottici, multiplexer<br />
ottici, filtri, etc.). Possibili applicazioni possono essere anche nel campo<br />
dei display a cristalli liquidi: in questi schermi, che sfruttano già le proprietà di<br />
birifrangenza di cristalli liquidi, si potrebbero affiancare anche quelle dei cristalli<br />
fotonici con gap sintonizzabile in frequenza.<br />
<strong>Di</strong>versamente, nel caso dell’opale inverso di silicio, la possibilità di ottenere una<br />
bandgap completa ci fornisce la possibilità di progettare chip ottici, nell’avveniristica<br />
ipotesi di sostituire i circuiti integrati, con cui sono realizzati attualmente i calcolatori,<br />
con dispositivi interamente ottici: utilizzare i fotoni al posto degli elettroni<br />
migliorerebbe l’efficienza dei processori e della comunicazione tra questi le connessioni<br />
a banda larga (basate sull’utilizzo delle fibre ottiche). Per comprendere l’importanza<br />
di questi studi, sottolineiamo che, recentemente, è stato proposto [32] come<br />
possibile chip fotonico, un dispositivo composto da una guida d’onda 2D compresa<br />
tra due cristalli fotonici 3D con bandgap completa: in tal modo possiamo ottenere<br />
una guida d’onda che confini il fotone, non solo in due direzioni dello spazio, ma<br />
anche nella terza. Un altra possibile applicazione, già verificata nei cristalli 1D e
4.2. Opale inverso 102<br />
2D, è quella di produrre laser ad alta efficienza. Poichè albandedge la densità delgi<br />
stati è molto alta, possiamo ottenere cavità con un alto Q valore. Nel caso di un<br />
cristallo fotonico 3D, un tale realizzazione risulterebbe particolarmente interessante,<br />
perché ci permetterebbe di produrre una cavità tridimensionale.<br />
In conclusione, possiamo affermare che lo studio dei cristalli fotonici risulta interessante,<br />
sia per la fisica di base, facendo riferimento alla non linearità della relazione<br />
di dispersione, che per le possibili applicazioni, considerando i bassi costi di<br />
produzione di questi materiali.<br />
Per quanto riguarda i possibili sviluppi di ricerca sugli opali inversi di silicio,<br />
sarebbe opportuno uno studio approfondito della bandgap completa. Potrebbe essere<br />
molto interessante infiltrare il campione con mezzi attivi, che emettano su frequenze<br />
all’interno della gap, e studiarne il tempo di vita medio.<br />
In tal caso, essendo la<br />
densità delgi stati nulla per frequenze comprese nella bandgap, è prevista una vita<br />
media di molto più lunga di quella che otterremo nel caso in cui il mezzo attivo fosse<br />
nel vuoto.
Ringraziamenti<br />
Non è facile fare dei ringraziamenti che non risultino banali e sdolcinati. D’altro canto mi<br />
sembra doveroso ricordare le persone che hanno contribuito alla riuscita di questa tesi.<br />
Prima di tutto ringrazio i miei genitori per aver speso così tanto tempo, denaro e<br />
sudore nella mia educazione: non posso fare altro che ringraziarvi per i sacrifici sostenuti<br />
per farmi arrivare fino a qui. Ora provo a fare un po’ da solo!<br />
Poi ringrazio il mio amore, per sostegno, pazienza, dolcezza e un aggettivo che di rado<br />
le viene attribuito: coraggio.<br />
D’ora in poi i ringraziamenti non seguono un ordine di importanza, ma sono assolutamente<br />
RANDOM. <strong>Di</strong> conseguenza ringrazio per intero il gruppo Complex Systems<br />
(<strong>Di</strong>ederik, Stefano, Costanza (grazie per il pennarello!), Iacopo, Riccardo, Francesca e<br />
Mirtillina Malcontenta, con la faccia sempre imbronciata) per disponibilità, serietà, competenza<br />
e simpatia che, in questo anno di ricerca fatta assieme, hanno dimostrato. In particolare<br />
vorrei ringraziare Stefano, che ritengo sia andato decisamente oltre i suoi ”doveri ”,<br />
donandomi moltissimo del suo tempo, e <strong>Di</strong>ederick, per avermi mostrato il suo modo di<br />
fare ricerca e per la pazienza che mi ha riservato.<br />
Vorrei ringraziare i compagni di trincea, quelli che insieme a me hanno sputato sangue<br />
per finire questo cazzo corso di laurea, massacrante. In particolare il Gruppospacca: Giulia,<br />
con me fin dal primo giorno, Pier, Fede, Ale, Camionista, Guia e naturalmente saluto<br />
anche il piccolo Crucco che se ne sta tra la neve: hallo (è tedesco, anche se non sembra).<br />
Un ringraziamento particolare a Marco, con il quale ho fatto la strada universitaria e con<br />
cui condivido tante cose.<br />
Ringrazio anche tutto il corpo docenti: il corso è un tantino peso, ma è compensato<br />
dalla competenza, disponibilità e il rispetto dimostrato da tutti gli insegnanti.<br />
A questo punto ringrazio gli Amici: loro sanno chi sono. Non è che abbiano partecipato<br />
molto alla mia laurea (come avrebbero potuto), ma li ringrazio proprio per questo: non<br />
si può rimanere sempre nello stesso ambiente a parlare delle stesse cose; sono stati la mia<br />
valvola di sfogo e mi hanno dato la possibilità di essere ”leggero”....<br />
Vorrei salutare e ringraziare anche la Ia, Stenfy e l’Ire.... anche in questo caso non<br />
c’è un motivo particolare... sono la mia famiglia, ci sono sempre stati, gli voglio bene, mi<br />
sopportano e a volte mi capiscono.... devo continuare<br />
Ringrazio e saluto anche la famiglia della Bene, che mi porta un rispetto che ritengo di<br />
non essermi guadagnato e mi guarda strano quando accenno a qualcosa che ha vagamente<br />
a che fare con la fisica.<br />
Alla fine ringrazio il più importante di tutti: me! <strong>Di</strong>rei che sono decisamente il meglio!<br />
103
Rendering tridimensionale della trasformata di Fourier dell’immagine,<br />
fatta con un microscopio a scansione elettronica, di un opale diretto di<br />
silice (SiO 2 ) con sfere di diametro di 460 nm. Il campione, che è stato<br />
ottenuto con la tecnica di crescita di sedimentazione verticale (dip<br />
coating), presenta un buona qualità, testimoniata dalla presenza dei<br />
picchi fino al quarto ordine (partendo dal centro sono presenti quattro<br />
esagoni che hanno per vertici i picchi stessi).<br />
104
Sopra: Immagine tridimensionale di un opale diretto di silice (SiO 2 ).<br />
Sotto: Immagine tridimensionale della distribuzione del campo elettromagnetico per<br />
la quinta banda sul punto L della zona di Brillouin, all’interno di un opale diretto<br />
di silice (SiO 2 ).<br />
Entrambe le immagini sono state sviluppate con il programma di simulazione<br />
Photonic-Bands, prodotto dal Massachusetts Institute of Technology. Da notare<br />
come il campo elettromagnetico tenda a concentrarsi nelle regioni con constante<br />
dielettrica maggiore, ovvero le sfere di silice.<br />
105
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