ComunitÃ in cammino - Coccaglio

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Composizione copertina e logo di Ugo Capretti La vecchia Pieve periodico della Comunità parrocchiale di Coccaglio Autorizzazione del Tribunale di Brescia n° 26/2007 dell’8 settembre 2004 n. 4/34 - 7 luglio 2008 Direttore responsabile sac. Giuseppe Mensi Direttore sac. Giovanni Gritti Gruppo di redazione: d. Roberto Soncina, Andrea Bighetti, Gianluca Pedrali, Anna Massetti Correzione delle bozze Rosa Cucchi, Anna Bertassi Sommario Il periodo che ci lasciamo alle spalle, dall’ultima uscita de “La vecchia Pieve” venendo in qua, è stato ricco di eventi: dalla celebrazione o commemorazione dei Sacramenti (Cresima, venticinquesimi), all’incontro con il Vescovo e all’inaugurazione della nuova chiesetta, con la nuova collocazione della processione del Corpus Domini, alla conclusione del mese di maggio e al pellegrinaggio mariano parrocchiale, giungendo all’80° compleanno di don Tittai, abbiamo vissuto numerose occasioni di grazia, oltre a quelle che ci sono presentate dalla quotidianità: ci hanno ricordato che l’amore del Signore è fedele e “la sua grazia dura sempre” (Ger. 33, 11), non viene mai meno. Si è aperta l’estate, con le sue occasioni di svago per ritrovare sé stessi e ritemprare le energie; per chi avrà la possiiblità di goderlo, il contatto con la natura e con altre persone, potrà diventare occasione per un rinnovato rendimento di grazie, favoriti dal ritempramento delle energie fisiche e psichiche, e per coltivare più a fondo il rapporto con Lui, che sempre si accompagna a noi e che ovunque ci rechiamo, noi possiamo trovare (cfr. Sal. 139, 7-12). L’estate dell’Oratorio non conoscerà ferie e nemmeno quella di nostri Missionari: li vogliamo ricordare. Intanto continuiamo la lettura della Sacrosantum Concilium, mentre, in comunione con la Chiesa di Roma e quella Universale, avviamo il cammino dell’Anno Paolino, che ci offrirà l’occasione per riscoprire la figura e l’insegnamento di s. Paolo, l’Apostolo delle Genti. Le tragedie dell’umanità continuano a imperversare: non trovando eco esplicita nelle pagine di questo bollettino, ne facciamo menzione almeno qui: il continuo susseguirsi - un vero e vergognoso bollettino di guerra - degli incidenti mortali sul lavoro e le catastrofi naturali, come il terremoto in Cina e il tifone che ha seminato strage e distruzione nelle Filippine: non possiamo rimanere indifferenti di fronte a tutto ciò. A tutti, buona lettura Montorfano La redazione abb.ordinario € 14,00 sostenitore € 30,00 benemerito quanto si desidera oltre la cifra indicata per il “sostenitore” un numero € 2,80 Per ricevere “La vecchia Pieve” tramite posta, aggiungere per l’Italia € 10,00 per l’estero € 12,00 per le spese postali In caso di mancato recapito postale, si prega di telefonare (v. numeri a pag. 41), oppure scrivere: Alla Redazione de “La vecchia Pieve” - p.za L. Marenzio, 22f 25030 Coccaglio BS oppure inviare messaggio di posta elettronica a pieve@coccaglio.com Non possiamo dare conto di responsabilità che competono al servizio postale. Per coloro che risiedono a Coccaglio, qualora a causa di qualche disguido il bollettino non venisse recapitato, rimane opportuno effettuare la segnalazione come sopra indicato, ma è anche possibile recuperare il numero mancante ritirandolo in sacrestia o in fondo alla chiesa. Per i collaboratori de “La vecchia Pieve” - Il prossimo numero uscirà il 21 settembre. Gli articoli in corpo 12 e formato .doc, su dischetto o, preferibilmente, all’indirizzo di posta elettronica (v. sotto), devono pervenire entro il I dello stesso mese. Non rispondiamo della mancata pubblicazione degli articoli che perverranno oltre tale data. La Redazione non è tenuta a dare giustificazione degli articoli che ritiene opportuno non pubblicare o, all’occorrenza, modificare. - Si fa viva preghiera di ritirare il materiale informatico, fotografico o di altro tipo nell’ufficio parrocchiale entro 10 giorni dalla pubblicazione; il mancato ritiro verrà inteso come autorizzazione alla cestinatura o, ove possibile, al riutilizzo. - Gli scritti, comprese le immagini, non devono sopravanzare lo spazio di due pagine - La pubblicazione di scritti tratti da altre testate è ordinariamente scelta riservata alla Redazione: si invitano gli articolisti a presentare lavori che, pur volendo far tesoro di scritti altrui, siano comunque frutto di una propria rielaborazione. - I documenti (files) di immagine vanno presentati a parte e non incorporati nei documenti di testo. Recapito degli articoli: p.za Marenzio 22f (Sacrestia-ufficio parrocchiale) - pieve@coccaglio.com 2
Editoriale La religione e il rischio della deriva identitaria Si è abbastanza spesso stabilito il confronto, in un recente passato, tra la sempre più bassa frequenza della partecipazione alla vita religiosa dei cristiani e la forte presenza dei fedeli dell’Islam alle loro funzioni. Il primo dato è lì, da vedere; del secondo, in base anche alle statistiche più recenti occorre invece dire, per usare un’espressione del noto storico medievalista Franco Cardini, che si tratta di “una bella favola”: la percentuale di musulmani che frequentano le moschee è bassissima, anche perché, per quanto ne sappiamo, non esiste per loro un precetto festivo simile a quello della Chiesa cattolica. Questo dato potrebbe forse provocare un sospiro di sollievo in chi teme, da noi, l’affermarsi di un’eccessiva forza dell’Islamismo in rapporto al Cristianesimo. Credo che, invece, ci sia da esclamare: “Purtroppo”. Una fede non prende forza dalle rovine di un’altra; pensaro il contrario determina, per es., il comportamento dei propagandisti di una ben nota setta pseudocristiana di ascendenza protestante che spesso e volentieri suonano i campanelli delle nostre case: per mostrare che quanto essi propongono è valido, cercano di demolire la fiducia nella Chiesa, allo scopo di mettere in luce che essi sono “il meglio”. Torniamo a quel “purtroppo”: è chiaro che un credente in Cristo non può che desiderare che tutti coloro che ancora non Lo conoscono, Lo possano incontrare; è altrettanto chiaro che se i credenti nell’Islam che si trovano tra noi non vivono la loro fede, ci perdiamo anche noi, per più di un motivo. Una prima ragione consiste nel fatto che ci viene a mancare uno stimolo a vivere più intensamente la nostra fede: il consumismo, che è diventato occasione per capire quanto essa fosse realmente radicata in profondità e non prevalentemente frutto di consuetudine sociologica, pare stia svolgendo la stessa funzione erosiva e critica anche nei confronti di altre esperienze religiose; di conseguenza, difficilmente ci sarà la possibilità che il Cristianesimo possa suscitare qualche interesse in chi, per sopravvenuta indifferenza, ha iniziato a trascurare la sua religione di origine. Un’altra considerazione: una fede religiosa vissuta superficialmente come ossequio ad alcune tradizioni e usanze, ma non motivata in profondità, rischia di ridursi alla funzione, snaturata rispetto al suo autentico significato, di mero collante ideologico. Di fronte al rischio di smarrire la propria identità di origine, si verifica la tentazione di recuperare l’appartenenza religiosa solo come riferimento nazionalistico o identitario, accentuando ciò che essa offre come elemento di distinzione e trasformandolo in motivo di contrapposizione. Tale processo non è certo indice di maturità: mi pare tipico dell’adolescente, nell’insicurezza della fase in cui sta definendo sé stesso, affermare la propria identità contrapponendosi ad altri; la persona matura, che ha acquisito sicurezza di sé in seguito alla riuscita elaborazione della propria identità, non ha bisogno di cercare contrapposizioni, pur riconoscendo le distinzioni e le differenze, ma anzi valorizzandole. Credo che i vari fenomeni di fanatismo religioso abbiano anche nella dinamica or ora molto sommariamente descritta, una delle cause possibili. Tra l’altro quell’aggettivo (“religioso”) è inappropriato giacché, in realtà, la religione c’entra assai poco: essa viene assunta nel suo aspetto esteriore, quale “copertura” per altre motivazioni, assai più vere: dalle crociate, alle guerre di religione dell’Età moderna, fino alle varie espressioni di fanatismo odierno, le motivazioni profonde che è possibile rintracciare sono state, di volta in volta, la ricerca di potere, di nuove rotte commerciali, di denaro o possedimenti, conquiste territoriali, ecc. Sarebbe interessante un’analisi storica di tutte le guerre combattute in nome della religione per scoprire che solo in pochissimi casi questa è stata la vera o principale motivazione dei conflitti armati. Lo stesso vale per gli atti di terrorismo del nostro tempo. continua a pag. 5 3
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