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IL MESSAGGERO SARDO 10<br />
OTTOBRE 2002<br />
La vecchia chimica, quella<br />
di Stato o collegata ad<br />
essa è morta. Al suo fianco<br />
vive la chimica privata, legata<br />
più al profitto che alla politica.<br />
Tutt’intorno un panorama<br />
che doveva tornare a vivere<br />
con ingenti sostegni pubblici,<br />
ma che a dir poco stenta a<br />
decollare. L’industria, nell’area<br />
di Ottana, non c’è, e<br />
quando c’è fa salti mortali per<br />
sopravvivere. Del resto non ci<br />
si poteva aspettare alcun miracolo<br />
da un’area al centro della<br />
<strong>Sardegna</strong>, non direttamente<br />
servita dalla ferrovie,isolata<br />
nell’isola, con servizi mai nati<br />
e che ancora adesso stentano a<br />
decollare. La storia, quella<br />
quasi recente, si intreccia con<br />
il presente. Allora, erano gli<br />
anni Settanta, Ottana diventò<br />
per più di un anno il terreno di<br />
scontro della battaglia tra Sir<br />
ed Eni, con progetti fantasmagorici<br />
che si rincorrevano per<br />
strappare quanti pi— contributi<br />
possibile. Poi l’accordo<br />
tra i giganti (dai piedi d’argilla)<br />
della chimica, e la divisione<br />
dei ruoli. A Ottana sbarcò<br />
l’Eni, che diede via a un polo<br />
chimico dove le lavorazioni<br />
principali erano le fibre. Migliaia<br />
di persone varcarono i<br />
cancelli della fabbrica, nacque<br />
per la prima volta la figura dell’operaio<br />
industriale anche in<br />
provincia di Nuoro. Un mondo<br />
venne sconvolto, e con esse<br />
antiche consuetudini e perenni<br />
garanzie. La crisi della chimica,<br />
e del mercato delle fibre,<br />
oltre a un oggettivo sovradimensionamento<br />
(ai fini di una<br />
ricerca spasmodica del consenso),<br />
della manodopera, portò<br />
all’ingresso per anni, a Ottana<br />
dell’istituto della cassa integrazione,<br />
che accompagnò le<br />
stagioni della chimica, e dell’indotto,<br />
che naturalmente<br />
crebbe a fianco delle ciminiere.<br />
Il sistema impresa, a Ottana,<br />
e nella <strong>Sardegna</strong> centrale, non<br />
subì però importanti modifiche.<br />
I trasporti, la loro assenza<br />
e gli handicap che chiunque<br />
volesse produrre in quella valle<br />
doveva affrontare, rimasero<br />
e rimangono la vera palla al<br />
piede. Anche oggi i costi però<br />
uscire dalla <strong>Sardegna</strong> sono elevatissimi:<br />
un dato su tutti. Un<br />
container, non importa il suo<br />
contenuto, da Ottana a Livorno<br />
o Genova costa quanto lo<br />
stesso container, dagli scali<br />
della penisola a Hong-Kong.<br />
Con queste premesse essere<br />
concorrenziali, nel nuorese è<br />
più che un sogno.<br />
La storia degli anni<br />
recenti,únon ha visto però solo<br />
la lenta moria della chimica di<br />
Stato, ma anche l’affacciarsi di<br />
altre società chimiche e non<br />
che a poco a poco hanno rilevato<br />
le produzioni abbandonate<br />
da Enichem.Tra tutte la<br />
Montefibre del gruppo Orlandi,<br />
e la Inca del gruppo americano<br />
della Dow Chemical. A<br />
queste, da ultima la Aes, multinazionale<br />
dell’energia statunitense<br />
che ha acquistato la centrale<br />
elettrica dello stabilimento<br />
proprio da Enichem. La<br />
scomparsa della chimica pubblica,<br />
e la riduzione ai minimi<br />
termini degli addetti,non potevano<br />
però essere compensate<br />
solo dai nuovi soggetti privati,<br />
che non a caso hanno acquistato,<br />
con personale ridotto all’osso<br />
e per quattro soldi, impianti<br />
tecnologicamente non<br />
certo scadenti.<br />
Ci voleva qualcos’altro per<br />
dare speranza alla <strong>Sardegna</strong><br />
centrale, per non far disperdere<br />
INDUSTRIA<br />
Con il ritiro<br />
dell'intervento<br />
pubblico fallito il<br />
tentativo di far<br />
decollare il<br />
comparto.<br />
Stentato avvio<br />
delle nuove<br />
imprese<br />
LA CHIMICA CHIUDE:<br />
CIMINIERE SPENTE<br />
NELLA PIANA DI OTTANA<br />
un patrimonio di professionalità<br />
conquistato con fatica in<br />
tanti anni e per tornare, o meglio,<br />
per iniziare a produr<br />
re ricchezza. Il sistema utilizzato<br />
a OttaÄna, ma anche in<br />
decine di altre piccole e medie<br />
realtà del centro-sud, con maggiore<br />
fortuna, a dire il vero, era<br />
quello del contratto d’area. In<br />
sostanza si decise di utilizzare<br />
anche le agevolazioni dello<br />
Stato, a cui si sarebbero sommate<br />
quelle locali e regionali,<br />
questa volta concesse sulla<br />
base di progetti seri e selezionati<br />
in grado di attivare un arcipelago<br />
di piccole e medie<br />
imprese. Insomma, la via della<br />
cosiddetta programmazione<br />
negoziata. I primi a credere nel<br />
nuovo progetto furono le parti<br />
sociali. Sindacati e industriali<br />
sotterrarono l’ascia di guerra e<br />
cominciarono insieme a creare<br />
una nuova cultura del lavoro.<br />
A Roma trovarono interlocutori<br />
disponibili sul piano politico<br />
e operativo. La nuova geografia<br />
produttiva della <strong>Sardegna</strong><br />
centrale, disegnata dall’associazione<br />
industriali e da<br />
Cgil, Cisl e Uil, promotori e<br />
sostenitori sin da subito del<br />
contratto d’area, venneúsottoposta<br />
all’esame della task force<br />
governativa per l’occupazione.<br />
La procedura venne attivata<br />
nel luglio del 1997.<br />
Qualche mese prima, l’Enichem<br />
aveva annunciato la<br />
chiusura del fiocco-poliestere.<br />
Occorreva fare in fretta per non<br />
perdere il treno verso una nuova<br />
primavera industriale. Nell’agosto<br />
1997 venne costituita<br />
una società di gestione, la Ottana-sviluppo<br />
con il difficile<br />
compito, lo si capirà solo<br />
dopo, di far dialogare soggetti<br />
pubblici e privati e di accelerare<br />
i tempi per la nascita di nuove<br />
iniziative. Partì la ricerca di<br />
nuovi imprenditori anche fuori<br />
dall’Isola. Il 15 maggio del<br />
1998 il contratto d’ area venne<br />
firmato a palazzo Chigi dall’allora<br />
vice presidente del consiglio,<br />
Walter Veltroni,údai sindacati<br />
nuoresi, dagli imprenditori<br />
e dai comuni di Ottana e<br />
Bolotana. Nel pacchetto, oltre<br />
ai protocolli sulla flessibilità<br />
del costo del lavoro, (argomento<br />
chiave per attirare imprese)<br />
sulla procedura amministrativa<br />
(semplificata per non morire di<br />
burocrazia) e sulla sicurezza,<br />
(con un impegno del ministero<br />
degli interni che dotandosi di<br />
nuove tecnologie avrebbe<br />
monitorato l’intera area) c’erano<br />
62 progetti per 907 miliardi<br />
di investimenti e un’occupazione<br />
di tre mila e 500 addetti.<br />
Il compito di curarne l’istruttoria<br />
venne affidato a una autorevole<br />
società privata l’esame<br />
venne superato da 29 iniziative,<br />
per 343 miliardi di investimenti<br />
e 1184 addetti.<br />
Quasi il 50 per cento dei progetti<br />
ottenne il via libera ai finanziamenti<br />
agevolati del primo<br />
protocollo aggiuntivo.<br />
Oggi il contratto è nelle mani<br />
degli imprenditori e si vedono<br />
finalmente i primi passi, ma<br />
di Giuseppe Centore<br />
non tutto va bene. I problemi<br />
sono gli stessi, e si chiamano<br />
ritardi nell’allacciamento della<br />
corrente, e del telefono, assenza<br />
di strade, acqua col contagocce,<br />
fognature un miraggio,<br />
accesso al credito quasi<br />
impossibile, burocrazia che<br />
continua ad essere una croce<br />
più che una delizia. Si sta proponendo<br />
anche il secondo protocollo<br />
aggiuntivo, ma se le 29<br />
imprese del primo protocollo<br />
non sono operanti _ dicono diversi<br />
imprenditori _ non si possono<br />
chiedere altri finanziamenti.<br />
Le altre imprese non<br />
sono a regime per loro responsabilità,<br />
ma per ritardi oggettivi.<br />
Il vecchio tramonta a ritmi<br />
sostenuti, del nuovo non c’è<br />
quasi traccia. Lo scorso anno<br />
la centrale termoelettrica è stata<br />
ceduta alla multinazionale<br />
americana Aes, che ha preso in<br />
carico a Ottana 170 dipendenti.<br />
Anche il deposito costiero<br />
di Santa Giusta è stato ceduto<br />
alla societ… Sedem.úDei comparti<br />
produttivi, diúcui un<br />
tempo aveva il monopolio,<br />
nulla è rimasto nelle mani di<br />
Enichem. Oggi lo stabilimento<br />
è polverizzato in cinque<br />
aziende indipendenti fra loro.<br />
Rimangono in carico a Enichem<br />
ancora 200 lavoratori<br />
addetti alla manutenzione e ai<br />
servizi tecnici, amministrativi,<br />
generali e logistici. Per la società<br />
dell’Eni, liberarsi di questi<br />
è solo questione di tempo.<br />
La metà è già in cassa integrazione,<br />
poi arriverà la mobilità<br />
e poi, per i fortunati una leggera<br />
pensione o il nulla.<br />
Ma la cassa integrazione<br />
non colpisce solo i lavoratori<br />
dell’Enichem, ma anche quelli<br />
delle altre società chimiche,<br />
come la Montefibre, dove a<br />
ogni stornir di mercato (debole<br />
e molto competitivo, visto<br />
che le fibre nuoresi vanno nell’estremo<br />
oriente) la metà del<br />
personale va a casa, e persino<br />
le nuove attività nate pochi<br />
mesi fa, come la Ecoplast, una<br />
azienda di riciclaggio di materie<br />
plastiche, e poi la Plasteco.<br />
Queste due società fanno parte<br />
di un consorzio che avrebbe<br />
dovuto garantire a regime 112<br />
posti di lavoro per 23 milioni<br />
di euro di investimento. Ecoplast<br />
nasce ai primi del 2001,<br />
ma a fine anno gli stipendi non<br />
arrivano, per tre mesi di fila. In<br />
cambio, per 18 dei 112 operai<br />
arriva la cassa integrazione,<br />
per quattro mesi.<br />
Adesso è tempo di ripensare<br />
all’utilità e al senso delle intese<br />
siglate pochi anni fa. Da un<br />
lato l’Enichem, ha continuato<br />
in una strategica e ordinata riduzione<br />
di produzioni e personale<br />
(mille persone in meno in<br />
dieci anni, delle quali solo la<br />
metà riassorbite dalle altre iniziative);<br />
a nulla sono servite le<br />
sue promesse di investimenti<br />
in ambiente e sicurezza. Ottana<br />
è una piccola-grande pattumiera<br />
chimica, dove chi ha fatto<br />
danni e creato illusioni va<br />
via senza pagare alcun pegno.<br />
Dall’altro c’è l’inconsistenza,<br />
progettuale, se non culturale di<br />
un piano di reindustrializzazione<br />
che partendo dalla coda voleva<br />
far nascere un tessuto di<br />
piccole e medie imprese in una<br />
zona dove la cultura d’impresa<br />
è scarsa e dove manca quasi<br />
tutto. In mezzo un’area di centomila<br />
abitanti, sparpagliati in<br />
una trentina di comuni dove<br />
anche l’agricoltura stenta a<br />
conquistare nuovi mercati, e<br />
dove la sussistenza sembra<br />
l’unica strada percorribile.<br />
Ottana, una metafora della<br />
<strong>Sardegna</strong>, o del nuorese, non<br />
intende però arrendersi. Le imprese,<br />
che hanno avuto finanziamenti<br />
interessanti e che<br />
credevano nel progetto della<br />
<strong>Sardegna</strong> centrale, continuano<br />
a lavorare per creare sviluppo<br />
anche in quell’area. Hanno<br />
però bisogno di un sostegno<br />
doppio; non solo quello dei<br />
lavoratori, disposti anche a<br />
fare i salti mortali per non morire,<br />
ma anche quello di tutte<br />
le istituzioni. Non basta firmare<br />
un protocollo, e concedere<br />
dei finanziamenti per far decollare<br />
un’area industriale.<br />
Non basta promettere di accelerare<br />
le pratiche burocratiche<br />
se poi le linee telefoniche sono<br />
un miraggio. Non serve, se non a<br />
racimolare voti, assumere i giovani,<br />
se poi le produzioni sono<br />
fuori mercato. A Ottana si sta<br />
facendo tutto questo, ma quell’area<br />
industriale rimane forse la<br />
cenerentola rispetto a tutte le<br />
zone simili dell’isola. Questa<br />
volta la colpa non è di Enichem,<br />
nè del destino cinico e baro, ma<br />
di uomini, con nomi e cognomi,<br />
spesso sardi, che non hanno creduto<br />
sino in fondo ad una legge<br />
banale. E’ l’impresa che crea ricchezza,<br />
non i finanziamenti<br />
pubblici. Senza questa, qualsiasi<br />
cifra spesa è inutile. E per attirare<br />
imprenditori, nel centro<br />
<strong>Sardegna</strong> bisogna avere le carte<br />
in regola e offrire più di quelle<br />
che promettono, e danno, le<br />
altre aree industriali del Mezzogiorno.