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chilometri da noi. Eppure, almeno fino allo scoppiare della<br />
guerra, mi è accaduto di incontrare qua e là persone con la stella<br />
ebraica, ed io non le ho accolte in casa, non le ho ospitate come<br />
avrei fatto con altri, non sono intervenuta in loro favore.<br />
La mia colpa è questa. Posso adattarmi a questa mia terribile<br />
leggerezza, viltà ed egoismo solo contando sulla remissione<br />
cristiana.<br />
Dice inoltre di far parte di «Aktion Sühnezeichen» («Azione espiatoria»), una<br />
associazione evangelica di giovani che trascorrono le vacanze all’estero, a<br />
ricostruire le città più gravemente danneggiate dalla guerra tedesca (lei è stata a<br />
Coventry). Non dice nulla dei suoi genitori, ed è un sintomo: o sapevano, e<br />
non parlarono con lei; o non sapevano, ed allora non avevano parlato con loro<br />
quelli che certam-ente «laggiù» sapevano, i ferrovieri delle tradotte, i<br />
magazzinieri, le migliaia di lavoratori tedeschi delle fabbriche e delle miniere in<br />
cui faticavano a morte gli operai-schiavi, chiunque insomma non sì co-prisse<br />
gli occhi con la mano. Lo ripeto: la colpa vera, collettiva, generale, di quasi tutti<br />
i tedeschi di allora, è stata quella di non aver avuto il coraggio di parlare.<br />
M. S., di Francoforte, non dice nulla di sé e cerca cautamente distinzioni e<br />
giustificazioni: anche questo è un sintomo.<br />
Ella scrive di non capire i tedeschi (...) Come tedesco, sensibile<br />
all’orrore ed alla vergogna, e che sarà consapevole fino alla fine<br />
dei suoi giorni che l’orrore stesso ha avuto luogo per mano di<br />
uomini del suo paese, mi sento chiamato in causa dalle Sue<br />
parole, e desidero rispondere.<br />
Neppure io capisco uomini come quel Kapò che si pulì la mano<br />
sulla Sua spalla, come Pannwitz, come Eichmann, e come tutti<br />
gli altri che eseguirono ordini disumani senza rendersi conto che<br />
non si può eludere la propria responsabilità nascondendosi<br />
dietro quella degli altri. Che in Germania ci siano stati tanti<br />
esecutori materiali di un sistema criminoso, e che tutto questo<br />
abbia potuto avvenire proprio grazie al grande numero delle<br />
persone a ciò disposte, di tutto questo chi, in quanto tedesco,<br />
potrebbe non provare afflizione?<br />
Ma sono costoro «i tedeschi»? ed è lecito, comunque, parlare<br />
come di una entità unitaria «dei tedeschi», o «degli inglesi», o<br />
«degli italiani», o «degli ebrei»? Ella ha citato delle eccezioni ai<br />
tedeschi che Lei non capisce (...): La ringrazio per queste Sue<br />
parole, ma La prego di ricordare che innumerevoli tedeschi (...)<br />
hanno sofferto e sono morti nella lotta contro l’iniquità (...)<br />
Vorrei con tutto il cuore che molti dei miei connazionali leggessero il Suo<br />
libro, affinché noi tedeschi non diventiamo pigri ed indifferenti, ma anzi,<br />
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