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spero che abbia compreso il motivo della mia difesa. Da allora non ho più<br />
avuto sue notizie.<br />
Ho lasciato per ultimo lo scambio di lettere con la signora Hety S. di<br />
Wiesbaden, mia coetanea, perché costituisce un episodio a sé stante, sia come<br />
qualità, sia come quantità. Da sola, la mia cartella «HS» è più voluminosa di<br />
quella in cui conservo tutte le altre «lettere di tedeschi». La nostra<br />
corrispondenza si protrae per sedici anni, dall’ottobre 1966 al novembre 1982.<br />
Contiene, oltre ad una cinquantina di sue lettere (spesso di quattro o più<br />
facciate) con le mie risposte, anche le veline di almeno altrettante lettere da lei<br />
scritte ai suoi figli, ad amici, ad altri scrittori, a editori, ad enti locali, a giornali o<br />
riviste, e di cui ha ritenuto importante mandarmi copia; inoltre, ritagli di<br />
giornali e recensioni di libri. Alcune delle sue lettere sono «circolari»: mezza<br />
pagina è in fotocopia, uguale per vari corrispondenti, il resto, bianco, è<br />
riempito a mano con le notizie o le domande più personali. La signora Hety mi<br />
scriveva in tedesco e non conosceva l’italiano; le ho risposto inizialmente in<br />
francese, poi mi sono reso conto che capiva con difficoltà e per molto tempo<br />
le ho scritto in inglese. Più tardi, col suo divertito consenso, le ho scritto nel<br />
mio tedesco incerto, in duplice copia; lei me ne restituiva una, con le sue<br />
correzioni «ragionate». Ci siamo incontrati solo due volte: a casa sua, durante<br />
un mio frettoloso viaggio d’affari in Germania, ed a Torino, durante una sua<br />
vacanza altrettanto frettolosa. Non sono stati incontri importanti: le lettere<br />
contano molto di più.<br />
Anche la sua prima lettera traeva spunto dalla questione del «capire», ma aveva<br />
un piglio energico e risentito che la distingueva da tutte le altre. Il mio libro le<br />
era stato donato da un amico comune, lo storico Hermann Langbein, molto<br />
tardi, quando già la prima edizione era esaurita. Come assessore alla Cultura<br />
presso un Governo regionale, lei stava cercando di farlo ristampare subito, e<br />
mi scriveva:<br />
A capire « i tedeschi », di sicuro Lei non ci riuscirà mai: non ci<br />
riusciamo neppure noi, poiché a quel tempo sono successe cose<br />
che mai, a nessun prezzo, avrebbero dovuto succedere. Ne è<br />
seguito che per molti fra noi parole come «Germania» e «Patria»<br />
hanno perduto per sempre il significato che un tempo avevano:<br />
il concetto di «patria» per noi si è estinto (...) Ciò che<br />
assolutamente non ci è lecito, è dimenticare. Per questo sono<br />
importanti per la nuova generazione i libri come il Suo, che<br />
descrivono in modo così umano l’inumano (...) Forse Lei non si<br />
rende conto appieno di quante cose uno scrittore può<br />
implicitamente esprimere su se stesso - e pertanto sull’Uomo in<br />
generale. Proprio questo conferisce peso e valore ad ogni<br />
capitolo del Suo libro. Più che tutto, mi hanno sconvolto le Sue<br />
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