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oppure la sua capacità di osservazione era paralizzata dalla sofferenza e<br />
dall’incomprensione.<br />
D’altra parte, i testimoni «privilegiati» disponevano di un osservatorio<br />
certamente migliore, se non altro perché era situato più in alto, e quindi<br />
dominava un orizzonte più esteso; però era anche falsato in maggiore o minor<br />
misura dal privilegio medesimo. Il discorso sul privilegio (non solo in Lager!) è<br />
delicato, e cercherò di svolgerlo più oltre con la massima obiettività consentita:<br />
accennerò qui solo al fatto che i privilegiati per eccellenza, coloro cioè che si<br />
sono acquistato il privilegio asservendosi all’autorità del campo, non hanno<br />
testimoniato affatto, per ovvi motivi, oppure hanno lasciato testimonianze<br />
lacunose o distorte o totalmente false. I migliori storici dei Lager sono dunque<br />
emersi fra i pochissimi che hanno avuto l’abilità e la fortuna di raggiungere un<br />
osservatorio privilegiato senza piegarsi a compro-messi, e la capacità di<br />
raccontare quanto hanno visto, sofferto e fatto con l’umiltà del buon cronista,<br />
ossia tenendo conto della complessità del fenomeno Lager, e della varietà dei<br />
destini umani che vi si svolgevano. Era nella logica delle cose che questi storici<br />
fossero quasi tutti prigionieri politici: e ciò perché i Lager erano un fenomeno<br />
politico; perché i politici, molto più degli ebrei e dei criminali (erano queste,<br />
come è noto, le tre categorie principali di prigionieri), potevano disporre di uno<br />
sfondo culturale che consentiva loro di interpretare i fatti a cui assistevano;<br />
perché, proprio in quanto ex combattenti, o tuttora combattenti antifascisti, si<br />
rendevano conto che una testimonianza era un atto di guerra contro il<br />
fascismo; perché avevano più facile accesso ai dati statistici; ed infine, perché<br />
spesso, oltre a rivestire in Lager cariche importanti, erano membri delle<br />
organizzazioni segrete di difesa. Almeno negli ultimi anni, le loro condizioni di<br />
vita erano tollerabili, tanto da permettere loro, ad esempio, di scrivere e<br />
conservare appunti; cosa che per gli ebrei non era pensabile, e che i criminali<br />
non avevano interesse a fare.<br />
Per tutti i motivi accennati qui, la verità sui Lager è venuta alla luce attraverso<br />
una strada lunga ed una porta stretta, e molti aspetti dell’universo<br />
concentrazionario non sono ancora stati approfonditi. Sono trascorsi ormai<br />
più di quarant’anni dalla liberazione dei Lager nazisti; questo rispettabile<br />
intervallo ha portato, ai fini della chiarificazione, ad effetti contrastanti, che<br />
cercherò di elencare.<br />
C’è stata, in primo luogo, la decantazione, processo desiderabile e normale,<br />
grazie al quale i fatti storici acquistano il loro chiaroscuro e la loro prospettiva<br />
solo a qualche decennio dalla loro conclusione. Alla fine della seconda guerra<br />
mondiale, i dati quantitativi sulle deportazioni e sui massacri nazisti, in Lager<br />
ed altrove, non erano acquisiti, né era facile intenderne la portata e la<br />
specificità. Solo da pochi anni si sta comprendendo che la strage nazista è stata<br />
tremendamente «esemplare», e che, se altro di peggio non avverrà nei prossimi<br />
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