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I sommersi e i salvati

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V<br />

Violenza inutile<br />

Il titolo di questo capitolo può apparire provocatorio o addirittura offensivo:<br />

esiste una violenza utile? Purtroppo sì. La morte, anche non provocata, anche<br />

la più clemente, è una violenza, ma è tristemente utile: un mondo di immortali<br />

(gli struldbruggs di Swift) non sarebbe concepibile né vivibile, sarebbe più<br />

violento del pur violento mondo attuale. Né è inutile, in generale, l’assassinio:<br />

Raskolnikov, uccidendo la vecchia usuraia, si proponeva uno scopo, anche se<br />

colpevole; così pure Princip a Sarajevo e i sequestratori di Aldo Moro in via<br />

Fani. Messi da parte i casi di follia omicida, chi uccide sa perché lo fa: per<br />

denaro, per sopprimere un nemico vero o presunto, per vendicare un’offesa.<br />

Le guerre sono detestabili, sono un pessimo modo di risolvere le controver-sie<br />

tra nazioni o tra fazioni, ma non si possono definire inutili: mirano ad uno<br />

scopo, magari iniquo o perverso. Non sono gratuite, non si propongono di<br />

infliggere sofferenze; le sofferenze ci sono, sono collettive, strazianti, ingiuste,<br />

ma sono un sottoprodotto, un di più. Ora, io credo che i dodici anni hitleriani<br />

abbiano condiviso la loro violenza con molti altri spazi-tempi storici, ma che<br />

siano stati caratterizzati da una diffusa violenza inutile, fine a se stessa, volta<br />

unicamente alla creazione di dolore; talora tesa ad uno scopo, ma sempre<br />

ridondante, sempre fuor di proporzione rispetto allo scopo medesimo.<br />

Ripensando con il senno del poi a quegli anni, che hanno devastato l’Europa<br />

ed infine la Germania stessa, ci si sente combattuti fra due giudizi: abbiamo<br />

assistito allo svolgimento razionale di un piano disumano, o ad una<br />

manifestazione (unica, per ora, nella storia, e tuttora mal spiegata) di follia<br />

collettiva? Logica intesa al male o assenza di logica? Come spesso nelle cose<br />

umane, le due alternative coesistevano. Non c’è dubbio che il disegno<br />

fondamentale del nazionalsocialismo aveva una sua razionalità: la spinta verso<br />

Oriente (vecchio sogno tedesco), la soffocazione del movimento operaio,<br />

l’egemonia sull’Europa continentale, l’annientamento del bolscevismo e del<br />

giudaismo, che Hitler semplicisticamente identificava fra loro, la spartizione del<br />

potere mondiale con Inghilterra e Stati Uniti, l’apoteosi della razza germanica<br />

con l’eliminazione «spartana» dei malati mentali e delle bocche inutili: tutti<br />

questi elementi erano fra loro compatibili, e deducibili da alcuni pochi postulati<br />

già esposti con innegabile chiarezza nel Mein Kampf. Arroganza e radicalismo,<br />

hybris e Gründlichkeit; logica insolente, non follia.<br />

Odiosi, ma non folli, erano anche i mezzi previsti per raggiungere i fini:<br />

scatenare aggressioni militari o guerre spietate, alimentare quinte colonne<br />

interne, trasferire intere popolazioni, o asservirle, o sterilizzarle, o sterminarle.<br />

Né Nietzsche né Hitler né Rosenberg erano pazzi quando ubriacavano se stessi<br />

e i loro seguaci con la loro predicazione del mito del superuomo, a cui tutto è<br />

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