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I sommersi e i salvati

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gente come questa merita il suo destino, basta vedere come si comportano.<br />

Non sono Menschen, esseri umani, ma bestie, porci; è evidente come la luce del<br />

sole.<br />

Era effettivamente un prologo. Nella vita che doveva seguire, nel ritmo<br />

quotidiano del Lager, l’offesa al pudore rappresentava, almeno all’inizio, una<br />

parte importante della sofferenza globale. Non era facile né indolore abituarsi<br />

alla enorme latrina collettiva, ai tempi stretti ed obbligati, alla presenza, davanti<br />

a te, dell’aspirante alla successione; in piedi, impaziente, a volte supplichevole,<br />

altre volte prepotente, insiste ogni dieci secondi: «Hast du gemacht?», «Non hai<br />

ancora finito?» Tuttavia, entro poche settimane il disagio si attenuava fino a<br />

sparire; sopravveniva (non per tutti!) l’assuefazione, il che è un modo<br />

caritatevole di dire che la trasformazione da esseri umani in animali era sulla<br />

buona strada.<br />

Non credo che questa trasformazione sia stata mai progettata né formulata in<br />

chiaro, a nessun livello della gerarchia nazista, in nessun documento, in<br />

nessuna «riunione di lavoro». Era una conseguenza logica del sistema: un<br />

regime disumano diffonde ed estende la sua disumanità in tutte le direzioni,<br />

anche e specialmente verso il basso; a meno di resistenze e di tempre<br />

eccezionali, corrompe anche le sue vittime ed i suoi oppositori. L’inutile<br />

crudeltà del pudore violato condizionava l’esistenza di tutti i Lager. Le donne<br />

di Birkenau raccontano che, una volta conquistata una gamella (una grossa<br />

scodella di lamiera smaltata), se ne dovevano servire per tre usi distinti: per<br />

riscuotere la zuppa quotidiana; per evacuarvi di notte, quando l’accesso alla<br />

latrina era vietato; e per lavarsi quando c’era acqua ai lavatoi.<br />

Il regime alimentare di tutti i campi comprendeva un litro di zuppa al giorno;<br />

nel nostro Lager, per concessione dello stabilimento chimico per cui<br />

lavoravamo, i litri erano due. L’acqua da eliminare era dunque molta, e questo<br />

ci costringeva a chiedere spesso di andare alla latrina, o ad arrangiarci<br />

diversamente negli angoli del cantiere. Alcuni fra i prigionieri non riuscivano a<br />

controllarsi: sia per debolezza di vescica, sia per accessi di paura, sia per<br />

nevrosi, erano costretti ad orinare con urgenza, e spesso si bagnavano, per il<br />

che venivano puniti e derisi. Un italiano mio coetaneo, che dormiva in una<br />

cuccetta al terzo piano dei letti a castello, ebbe di notte un incidente, e bagnò<br />

gli inquilini del piano di sotto che denunciarono subito il fatto al capobaracca.<br />

Questi piombò sull’italiano, che contro ogni evidenza negò l’addebito. Il capo<br />

allora gli ordinò di orinare, sul posto e sul momento, per dimostrare la sua<br />

innocenza; lui naturalmente non ci riuscì, e fu coperto di botte, ma nonostante<br />

la sua ragionevole richiesta non fu trasferito alla cuccetta più bassa. Era un atto<br />

amministrativo che avrebbe comportato troppe complicazioni al furiere della<br />

baracca.<br />

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