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ANNO IX - NUOVA SERIE - N.5 - SETTEMBRE/OTTOBRE 20<strong>09</strong> - Euro 3,00 - SPED. ABBONAMENTO POSTALE 70% - FILIALE DI ROMA<br />
numero520<strong>09</strong><br />
Bimestrale d’informazione cinematografica edito dalla FICE - Federazione Italiana Cinema d’Essai<br />
Speciale Festival di Roma<br />
Tutti i film<br />
Angelini Diritti<br />
di Robilant Maiorca<br />
interviste<br />
John Lasseter<br />
Coppola, Cruz<br />
Filiberti, Haneke<br />
Lee, Maoz<br />
Melchionna, Moore<br />
Ozon, Paunescu<br />
Di me cosa ne sai<br />
di Valerio Jalongo<br />
Un’analisi critica<br />
del cinema italiano<br />
Gli abbracci<br />
spezzati<br />
di Pedro Almodovar<br />
speciale<br />
Incontri del Cinema<br />
d’Essai a Mantova<br />
Le anteprime<br />
Le riflessioni<br />
I Premi <strong>Fice</strong><br />
Vota il film d’essai:<br />
i vincitori
MEDUSA FILM<br />
presenta<br />
DAL 16 OTTOBRE AL CINEMA<br />
www.medusa.it<br />
Ph. Francesca Martino / photomovie
numero520<strong>09</strong><br />
Bimestrale d’informazione cinematografica edito dalla FICE - Federazione Italiana Cinema d’Essai<br />
ANNO IX - NUOVA SERIE - N.5 - SETTEMBRE/OTTOBRE 20<strong>09</strong> - Euro 3,00 - SPED. ABBONAMENTO POSTALE 70% - FILIALE DI ROMA<br />
Speciale Speciale Festival Festival di Roma Roma<br />
Tutti i film<br />
Angelini Diritti<br />
di Robilant Maiorca<br />
interviste<br />
John Lasseter<br />
Coppola, Cruz<br />
Filiberti, Haneke<br />
Lee, Maoz<br />
Melchionna, Moore<br />
Ozon, Paunescu<br />
Di me cosa ne sai<br />
di Valerio Jalongo<br />
Un’analisi critica<br />
del cinema italiano<br />
Gli abbracci<br />
spezzati<br />
di Pedro Almodovar<br />
speciale speciale<br />
Incontri del Cinema<br />
d’Essai a Mantova<br />
Le anteprime<br />
Le riflessioni<br />
I Premi <strong>Fice</strong><br />
Vota il film d’essai:<br />
i vincitori<br />
n.5/20<strong>09</strong><br />
Cover story<br />
33 Gli abbracci<br />
spezzati<br />
di Pedro Almodovar<br />
(Marco Spagnoli)<br />
In copertina: Penelope Cruz<br />
Speciale<br />
6 Incontri del Cinema d’essai di Mantova<br />
(Mario Mazzetti)<br />
8 I premi FICE - Vota il film d’essai: i vincitori<br />
Interviste<br />
10 Michael Haneke (Anna Maria Pasetti)<br />
12 Francis Ford Coppola (Federico Pontiggia)<br />
14 Michael Moore (Marco Spagnoli)<br />
16 Luciano Melchionna (Barbara Corsi)<br />
18 Marco Filiberti (Federico Pontiggia)<br />
32 Ang Lee (Marco Spagnoli)<br />
34 Samuel Maoz (Marco Spagnoli)<br />
35 Bobby Paunescu (Barbara Corsi)<br />
36 John Lasseter (Marco Spagnoli)<br />
37 François Ozon (Anna Maria Pasetti)<br />
Speciale Festival di Roma 20<strong>09</strong><br />
20 Il Festival: tutti i film (Mario Mazzetti)<br />
24 Donatella Maiorca (Franco Montini)<br />
26 Alessandro Angelini (Barbara Corsi)<br />
28 Giorgio Diritti (Davide Zanza)<br />
30 Alessandro di Robilant (Franco Montini)<br />
Rubriche<br />
4 Notizie<br />
50 Cult dvd (Gabriele Spila)<br />
51 Cinema di carta (Chiara Barbo)<br />
52 Mondo d’essai<br />
Lionello Cerri (Marta Proietti)<br />
53 Detour (Umberto Ferrari)<br />
54 Colonna sonora (Mario Mazzetti)<br />
Schede critiche<br />
33 GLI ABBRACCI SPEZZATI<br />
47 BERLIN CALLING<br />
48 BRÜNO<br />
43 CAPITALISM: A LOVE STORY<br />
47 CHE FINE HA FATTO OSAMA BIN LADEN?<br />
49 500 GIORNI INSIEME<br />
49 DIAMOND 13<br />
42 DI ME COSA NE SAI<br />
38 LA DOPPIA ORA<br />
35 FRANCESCA<br />
46 GENOVA<br />
42 GOOD MORNING AMAN<br />
34 LEBANON<br />
32 MOTEL WOODSTOCK<br />
40 IL NASTRO BIANCO<br />
45 NEMICO PUBBLICO<br />
46 NORD<br />
48 NORTH FACE<br />
43 PARNASSUS L’UOMO CHE VOLEVA INGANNARE IL DIAVOLO<br />
37 RICKY<br />
40 SEGRETI DI FAMIGLIA<br />
38 LO SPAZIO BIANCO<br />
45 L’UOMO CHE FISSA LE CAPRE<br />
36 UP<br />
VIVILCINEMA<br />
Bimestrale d’informazione<br />
cinematografica<br />
fondato da Claudio Zanchi<br />
n°5/20<strong>09</strong> nuova serie<br />
Settembre/Ottobre 20<strong>09</strong><br />
Direttore responsabile: Mario Mazzetti<br />
editoriale<br />
Cibo per l’anima<br />
Parafrasando uno dei film più apprezzati di Venezia,<br />
rilanciato dagli Incontri d’essai di Mantova, vorremmo<br />
infondere ottimismo in un momento assai confuso,<br />
anche guardando ai nostri colleghi d’Oltralpe<br />
Se la visione a Venezia di un piccolo gioiello come Soul kitchen di Fatih Akin<br />
– che bel titolo, la cucina dell’anima, rievoca il cibo per la mente che le nostre sale ambiscono<br />
a preparare per un pubblico esigente – fa sperare in nuovi titoli capaci di coniugare tematiche<br />
sociali e un sano divertimento (un po’ come i film del nostro Virzì), l’annuale appuntamento<br />
degli Incontri del cinema d’essai, quest’anno per la prima volta nella magnifica cornice di<br />
Mantova, segna il ritorno della voglia di confrontarsi, dibattere, riunire rappresentanti di<br />
tutte le categorie del cinema per rimboccarsi le maniche, allontanare lo spettro della crisi che<br />
è culturale oltre che economica, investendo delle istanze di vivibilità del territorio anche gli<br />
enti locali, le regioni e lo stato. E seppure non stiamo vivendo tempi rassicuranti e<br />
incoraggianti per le imprese che investono in cultura cinematografica, l’occasione conviviale ci<br />
spinge all’ottimismo della volontà, auspicando per le sale che la nostra associazione<br />
rappresenta il rilancio oltre la sopravvivenza, un ruolo utile alle comunità urbane, ad un<br />
pubblico che ha un’età media non proprio da teenager e che ha il diritto di vedere film<br />
stimolanti, diversificati, non soltanto roboanti di effetti speciali. Che la convivenza tra generi,<br />
stili, approcci produttivi sia possibile lo dimostra il fatto che una major americana, con Gran<br />
Torino e Si può fare, ha vinto entrambi i premi assegnati dai nostri lettori, parallelamente<br />
alla crisi di identità di alcuni dei distributori storici del nostro settore.<br />
Ottimismo, si diceva: e allora non soltanto salutiamo con gratitudine talenti come Francesca<br />
Archibugi, Giovanna Mezzogiorno, Antonio Albanese, l’attrice palestinese e cittadina del<br />
mondo Hiam Abbass, artigiani impagabili come Marco Onorato, Pivio & Aldo De Scalzi, un<br />
produttore di sostanza come Riccardo Tozzi, i registi esordienti Claudio Noce e Valerio Mieli –<br />
ovvero i premi <strong>Fice</strong> 20<strong>09</strong>; apprestiamoci a intensificare la collaborazione con il Nice per<br />
promuovere il cinema italiano all’estero (primo passo a Seattle, a metà novembre); ma<br />
guardiamo all’esempio dei cugini francesi, il cui modello di sostegno al cinema è da sempre<br />
considerato un punto di riferimento purtroppo inarrivabile. Nell’ultimo editoriale della rivista<br />
dell’omologa associazione francese, il collega Patrick Brouiller si rallegra per un’estate di qualità<br />
rivelatasi superiore alle aspettative (da noi neanche l’ombra di un film…) e, a fronte della<br />
diminuzione del periodo che intercorre tra l’uscita in sala di un film e il successivo sfruttamento<br />
in home video (la cd. “finestra”), si compiace della contropartita ottenuta dall’esercizio<br />
tradizionale: l’aumento del 30% del premio ministeriale per le sale d’essai di taglia mediopiccola:<br />
imprese sempre più fragili ricevono ossigeno per portare avanti la loro attività culturale,<br />
in quanto il loro ruolo viene riconosciuto dai poteri pubblici come necessario e utile. Tutto ciò<br />
palesa l’esistenza di un dialogo fuori e dentro la professione, del rispetto e del riconoscimento<br />
per il valore di un settore strategico anche per la diffusione della produzione nazionale.<br />
E da noi? Un ministro della repubblica parla di “culturame”, di “parassiti” e via insultando<br />
alla vigilia della chiusura della Mostra veneziana, incassando la solidarietà del nostro ministro<br />
di riferimento. A parte il sospetto che, mentre le risorse pubbliche per il settore continuano a<br />
diradarsi, tali esternazioni siano strumentali per sollevare il polverone, anche figure un tempo<br />
critiche nei confronti del sistema di aiuti alla produzione riconoscono che con le modifiche del<br />
2004 è cambiato (in meglio) il rapporto tra stato finanziatore e produttori assistiti. Lo ha<br />
dimostrato, con dovizia di dati, il bimestrale del Sindacato Giornalisti Cinemagazine, nel<br />
numero veneziano, analizzando costi e incassi delle opere sovvenzionate dal 2005 al 20<strong>09</strong>. Per<br />
cui, la trentina di milioni di euro (mai così pochi) destinati quest’anno al cinema italiano<br />
saranno ben spesi, anche se la nostra quota di mercato ha perso terreno rispetto al 2008 –<br />
anzi, proprio per questo. A noi, alle associazioni del settore, non resta che rimboccarci le<br />
maniche, a Mantova ma anche all’incontro nazionale promosso dall’Anec per l’11 novembre a<br />
Milano, per rilanciare dialogo e confronto a tutto campo. Nonostante gli insulti.<br />
MARIO LORINI<br />
presidente FICE<br />
Hanno collaborato a questo numero: Chiara Barbo, Domenico Barone, Barbara Corsi,<br />
Umberto Ferrari, Mario Lorini, Mario Mazzetti, Franco Montini, Anna Maria Pasetti, Cristiana<br />
Paternò, Federico Pontiggia, Marta Proietti, Marco Spagnoli, Gabriele Spila, Davide Zanza<br />
...Segreteria per l’editore: Stefania Trenca ...Progetto grafico: Geppy Sferra<br />
...Editore per conto della <strong>Fice</strong>: Spettacolo Service srl, via di Villa Patrizi 10, 00161<br />
Roma, tel. 06/884.731 - Rivista fondata dalla Coop. L’Atelier di Firenze, pubblicata<br />
dalla <strong>Fice</strong>: via di Villa Patrizi 10, 00161 Roma, tel. 06/884.731, fax<br />
06/440.42.55 ...e-mail: fice@agisweb.it ...web: www.fice.it ...Fotocomp.<br />
e stampa: Inprinting srl, Via Dalbono 35, Roma<br />
...Abbonamento annuo: euro 15,00 sul C.C. Postale n° 61358016 intestato a<br />
Spettacolo Service srl, Via di Villa Patrizi 10, 00161 Roma - Numeri arretrati euro<br />
2,50 ...Concess.ria esclusiva per la pubblicità: A.P.S. ADVERTISING srl - Via Tor de'<br />
Schiavi, 355 - 00177 Roma - Tel. 06.89015166 - 06.89015167<br />
www.apsadvertising.it, info@apsadvertising.it ...<br />
Reg. Trib. di Roma n. 382 dell’ 11/9/2000 (già Trib Firenze n. 3642 del<br />
17/12/1987) Sped. Abb. postale 70%<br />
Chiuso in redazione il 28/9/20<strong>09</strong> - stampato per conto della<br />
Inprinting srl presso lo stabilimento “Grafiche PFG” Spa<br />
VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong> 3
notizie fice<br />
NUOVE COMMISSIONI MINISTERIALI<br />
Rinnovate le commissioni ministeriali, da quella che attribuisce le<br />
qualifiche film d’essai – entrano il presidente del sindacato giornalisti<br />
Laura Delli Colli, affiancata da Emilia Costantini, Sara Cortellazzo e Carlo<br />
Montanaro – alla commissione per i film di interesse culturale (ne fanno<br />
parte Antonio Ferraro, Enrico Magrelli, Dario Viganò, Rosaria Marchese,<br />
Oscar Iarussi, Francesco Gesualdi), per le opere prime e i cortometraggi<br />
(Carlo Cozzi, Anselma Dell’Olio, Antonia Postorivo, Massimo Bergami) e<br />
per la promozione (Osvaldo De Santis, Ettore Albertoni, Gianluigi<br />
Paragone, Paride Leporace). Avvicendamento di cariche alla Direzione<br />
generale cinema: Mariella Troccoli cede a Marina D’Andrea la dirigenza<br />
del settore cinema e promozione (responsabile per le sale d’essai) e<br />
prende il posto del veterano Francesco Ventura alla guida della<br />
produzione italiana.<br />
BELLOCCHIO IN<br />
EMILIA ROMAGNA<br />
La <strong>Fice</strong> Emilia Romagna promuove la<br />
rassegna Immagini del potere. Il cinema di<br />
Marco Bellocchio assieme a Regione e<br />
Sindacato Critici: tra novembre e dicembre<br />
10 sale d’essai di Modena, Bologna, Reggio<br />
Emilia, Piacenza, Parma, Forlì, Cesena e Faenza programmeranno<br />
l’intera produzione del regista, che incontrerà il pubblico in diverse<br />
occasioni. Luisa Ceretto e Gianfranco Casadio hanno curato la<br />
pubblicazione monografica.<br />
GIORNATE PROFESSIONALI<br />
A SORRENTO<br />
Mentre il cinema d’essai si riunisce a Mantova, fervono i lavori per la<br />
XXXII edizione delle Giornate Professionali di Cinema, l’incontro<br />
annuale di tutta l’industria cinema per la presentazione dei listini del<br />
2010, anteprime, trailer, dibattiti e i “Biglietti d’Oro” Anec a campioni al<br />
botteghino e talenti emergenti. Confermata la sede di Sorrento, dal 30<br />
novembre al 3 dicembre con molti eventi per la cittadinanza.<br />
CINEMA DI CITTÀ ALLA RIBALTA<br />
Un campanello d’allarme a sostegno dei cinema di città, le sale<br />
tradizionalmente dedite alla programmazione di cinema di qualità, che<br />
risentono più dei grandi complessi extraurbani di crisi e concorrenza, è<br />
stato lanciato dall’Anec: proposte, dibattiti con Regioni, Stato ed Enti<br />
locali e una conferenza nazionale da tenersi a Milano l’11 novembre. La<br />
<strong>Fice</strong> aderisce ai lavori e contribuisce alla fase propositiva, consapevole<br />
del fatto che molte di queste sale sono anche sale d’essai.<br />
I giurati del Leoncino d’oro<br />
AGISCUOLA E GLI ALTRI<br />
Il Leoncino d’oro 20<strong>09</strong> di Agiscuola, assegnato a<br />
Venezia da 24 ragazzi, ha visto trionfare<br />
Capitalism: a love story di Michael Moore.<br />
Notevole l’albo d’oro delle 20 edizioni<br />
precedenti: Avati, Wes Anderson, Park Chan-<br />
4 VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
NOWHERE BOY<br />
APRE TORINO<br />
Gli anni di formazione del giovane<br />
John Lennon al centro del film che<br />
apre il 27° Torino Film Festival, il primo<br />
diretto da Gianni Amelio, il prossimo<br />
13 novembre: è Nowhere boy di Sam<br />
Taylor Wood, con Aaron Johnson nei<br />
panni del “working class hero”, Kristin<br />
Scott-Thomas in quelli della zia, Anne-<br />
Marie Duff (la madre ritrovata) e<br />
Thomas Sangster (Paul McCartney). Tra<br />
le novità dell’edizione 20<strong>09</strong>, il neonato<br />
premio 8½ a Francis Ford Coppola ed<br />
Emir Kusturica.<br />
wo<strong>ok</strong>, Kim Ki-duk, Bellocchio, Leconte, Giordana, Kusturica, Lelouch,<br />
Virzì, Tornatore, Kieslowski, Sautet, Gilliam, la Campion.<br />
Sempre a Venezia, tra i premi collaterali: il premio Cicae dei cinema<br />
d’essai a Io sono l’amore di Luca Guadagnino (tra i giurati il nostro<br />
Rocco Frontera); il Premio Pasinetti del Sindacato Giornalisti a Lo<br />
spazio bianco di Francesca Comencini (la Buy migliore attrice,<br />
Filippo Timi miglior attore per La doppia ora); il premio Europa<br />
Cinémas a The last days of Emma Blank di Alex van Warmerdam, il<br />
Premio Regione Veneto della Settimana della Critica al magnifico<br />
Tehroun di Takmil H. Nader.<br />
FICE E NICE A SEATTLE<br />
Le opere selezionate per la XIX<br />
settimana di cinema italiano (15-22<br />
novembre) del Nice (New italian<br />
cinema events) a San Francisco, New<br />
York e da quest’anno Seattle – con la<br />
collaborazione della <strong>Fice</strong> – sono: Pa-<br />
PA-RA-DA Ra-Da, Lezione 21, Ex, La siciliana<br />
ribelle, Diverso da chi?, La casa<br />
sulle nuvole, Viola di mare. Eventi speciali: omaggio a Marco Risi,<br />
Vincere e gli ultimi Piccioni e Archibugi.<br />
CORSO CICAE A SAN SERVOLO<br />
Si è concluso il 9 settembre scorso il sesto Corso di formazione<br />
internazionale per esercenti d’essai Art cinema = Action + Management,<br />
organizzato dalla Cicae con la <strong>Fice</strong> nell’ambito del programma Media<br />
della UE nell’isola veneziana di San Servolo, nei giorni della Mostra:<br />
dieci giorni di permanenza per 56 persone di 21 paesi (19 europei più<br />
Algeria e Marocco), 68 ore di corsi con conferenze, studio di casi e<br />
workshop proposti da 47 docenti.<br />
ITALIA AD ANNECY E IN GERMANIA<br />
Come ogni anno, il cinema italiano sbarca ad Annecy (fino al 6 ottobre)<br />
per il festival del cinema italiano: 60 opere tra lunghi e doc, anteprime e<br />
retrospettive (Jean-Louis Trintignant attore “italiano”, omaggio alla<br />
Puglia con premio Sergio Leone a Edoardo Winspeare, i 20 anni della<br />
Fandango). In concorso Sbirri di Burchielli, Diverso da chi? di Carteni,<br />
La pivellina di Covi/Frimmel, Aria di D’Annunzio, Pandemia di Lucio<br />
Fiorentino, La bella gente di Di Matteo, Good morning Aman di<br />
Noce, Dall’altra parte del mare di Sarto, Velma di Tomaselli.<br />
Partito anche Made in Italy, rassegna di cinema italiano in Germania a<br />
cura di Franco Montini, Piero Spila e Francesco Bono. Ad aprire Si può<br />
fare di Manfredonia, ospite ad<br />
Amburgo, seguito da Piccioni e<br />
Molaioli che il 2 ottobre ha presentato<br />
La ragazza del lago. In programma<br />
anche le opere di Avati, Brizzi,<br />
Winspeare, in tour fino al 12 dicembre<br />
quando il film più gradito dal pubblico<br />
si assicurerà la distribuzione in<br />
LA BELLA GENTE<br />
Germania.<br />
IL PROFETA<br />
GLI EFA DEL<br />
CINEMA EUROPEO<br />
48 film in rappresentanza di 25 paesi sono<br />
stati selezionati dalla European Film<br />
Academy per l’attribuzione degli annuali<br />
premi del cinema europeo. Gli italiani<br />
Pranzo di Ferragosto, Questione di cuore e Vincere se la vedranno<br />
con i francesi Il profeta, Coco avant Chanel, Séraphine e Welcome;<br />
gli inglesi The reader, Fish tank, The millionaire e Il mio amico Eric<br />
(a Ken Loach anche il premio alla carriera); gli spagnoli Camino e Gli<br />
abbracci spezzati e ancora La banda Baader Meinhof, Uomini che<br />
odiano le donne, Lasciami entrare, Antichrist, il greco Dogtooth, il<br />
romeno Police, adjectiv, l’ultimo Wajda e The time that remains del<br />
palestinese Suleiman. La XXII edizione dei premi EFA si svolgerà in<br />
Germania, a Bochum, il 12 dicembre.
LUX D’EUROPA<br />
Ancora sostegno al cinema europeo con il Premio Lux 20<strong>09</strong> del<br />
Parlamento Europeo per valorizzare ricchezza e diversità del cinema del<br />
continente: al vincitore saranno finanziati i sottotitoli nelle 23 lingue<br />
della UE e la produzione di una copia per ciascuno stato membro. Tre<br />
opere finaliste annunciate a Venezia: il bulgaro Eastern plays di<br />
Kamen Kalev, il francese Welcome di Philippe Lioret ed il tedesco<br />
Sturm di Hans-Christian Schmid.<br />
Nel frattempo, il Consiglio europeo ha approvato il programma di<br />
cooperazione tra Europa e paesi terzi, Media Mundus, che dal 2011 al<br />
’13 destinerà 15 milioni di euro per la distribuzione extraeuropea di<br />
opere continentali e viceversa.<br />
OSCAR, AL VIA LE SEGNALAZIONI<br />
Tempo di segnalazioni per l’Oscar al miglior film<br />
straniero: la Francia ha scelto Il profeta di<br />
Jacques Audiard, Grand Prix a Cannes 20<strong>09</strong>, la<br />
Corea il campione d’incassi Mother di Bong<br />
Joon-ho, la Svezia la tragicommedia<br />
Involuntary, la Finlandia Letters to father<br />
Jacob, Israele Ajami (anteprima <strong>Fice</strong> a<br />
Mantova), l’Ungheria Chameleon, l’Olanda The<br />
silent army, Taiwan Prince of flowers (già a Venezia), il Canada J’ai<br />
tué ma mère, la Slovenia Landscape n. 2 (lo scorso anno alle Giornate<br />
degli Autori), il Belgio La merditude des choses, la Svizzera Home con<br />
la Huppert e il Giappone – vincitore lo scorso anno con Departures – il<br />
poliziesco Nobody to watch over me di Kimizuka. La commissione di<br />
produttori ed esperti italiani ha scelto quando questo numero era già in<br />
stampa il candidato tricolore tra Vincere, Baaria, Fortapasc, Il grande<br />
sogno e Si può fare. Nomination il 2 febbraio, statuette il 7 marzo.<br />
LA MERDITUDE DES CHOSES<br />
AVVICENDAMENTI SOCIETARI<br />
L’autunno porta con sé cambi della guardia in alcune compagini del<br />
settore. Valter Casini è il nuovo amministratore unico di Circuito<br />
Cinema, la più vasta rete di sale di qualità che ha tra i soci Bim, Lucky<br />
Red, Mikado, Medusa, Cinecittà Luce, a seguito delle dimissioni<br />
dell’intero CdA. Già amministratore delegato, Fabio Fefé rimane in<br />
carica come programmatore. Ha invece cambiato assetto proprietario la<br />
prestigiosa Mikado, la cui quota di maggioranza è stata ceduta da<br />
DeAgostini a Franco Tatò e Sonia Raule.<br />
LA CARRIERA DI PRECIOUS<br />
Già premiato e applaudito al Sundance e a Cannes, la stroria<br />
drammatica dell’adolescente obesa e incinta ha vinto il premio del<br />
pubblico al 34° Toronto Film Festival: è Precious: based on the novel<br />
“Push” by Sapphire, di Lee Daniels, con Gabourey Sidibe e, tra i<br />
comprimari, Lenny Kravitz e Mariah Carey. Al Marché di Cannes era<br />
venduto a peso d’oro ai distributori: approderà mai in Italia?<br />
FORTAPASC<br />
GALA DEL<br />
CINEMA E FICTION<br />
In scena il Gala del cinema e fiction<br />
made in Campania, il 10 ottobre al<br />
Castello Medievale di Castellamare<br />
di Stabia a cura della Film<br />
Commission Campania, direttore<br />
artistico Marco Spagnoli. In lizza per il miglior film Fortapasc, Lo<br />
spazio bianco e Tris di donne & abiti nuziali, come miglior fiction e<br />
serie tv Un posto al sole, La nuova squadra e 7 vite.<br />
RASSEGNE E FESTIVAL<br />
10 e 11 ottobre a Ostiglia: Come dio comanda di Ammaniti/Salvatores,<br />
Caos calmo di Veronesi/Grimaldi e Amore, bugie e calcetto di<br />
Bonifacci/Lucini si contendono il Premio Arnoldo Mondadori, Un libro al<br />
cinema (www.teamitalia.com) …Scenari Orizzontali a Novara dal 13 al<br />
17/10, festival per cortometraggi (novaracinefestival.com) …Mestre Film<br />
Fest dal 20 al 24/10 per corti da tutto il mondo<br />
(centroculturalecandiani.it) …Viennale International Film Festival nella<br />
capitale austriaca dal 22/10 al 4/11 per lunghi, doc e opere sperimentali,<br />
tributo a Tilda Swinton e Lino Brocka, retrospettiva The unquiet<br />
notizie<br />
American sulle commedie trasgressive Usa (viennale.at) …Dal 24/10<br />
all’1/11 Festival del cinema latino americano di Trieste<br />
(cinelatinotrieste.org) …Scade il 15/11 il bando per la IX edizione del<br />
Roma Independent Film Festival (concorso, New frontiers per opere<br />
prime, doc, corti e animazione), dall’11 al 19 marzo 2010 (riff.it)<br />
…Science+Fiction, festival della fantascienza a Trieste dal 22 al 28/11: in<br />
programma la trilogia manga 20th century boys, One di Peter<br />
Sparrow da un racconto di S. Lem, l’horror natalizio The children e<br />
l’opera seconda di Zampaglione Shadow (produce Dario Argento);<br />
Premio Urania d’Argento a Roger Corman (scienceplusfiction.org)<br />
…Tertio Millennio Film Fest “Forme di resistenza” alla sala Trevi di Roma<br />
dal 30/11 al 6/12, a cura dell’Ente dello Spettacolo<br />
(tertiomillenniofilmfest.org) …IX River to river. Florence Indian film<br />
festival a Firenze dal 4 al 10 dicembre: lunghi, corti, doc indiani,<br />
retrospettiva Guru Dutt (rivertoriver.it) …Dal 21 al 28 gennaio Trieste<br />
Film Festival per film, corti e doc dell’Europa centrale e orientale,<br />
omaggio alla Grecia (triestefilmfestival.it).<br />
SI GIRA NEL MONDO<br />
La vita all’Aquila dopo il terremoto ne La città invisibile di Giuseppe<br />
Tandoi, riprese in corso …20 sigarette di Aureliano Amadei parla<br />
dell’esperienza italiana a Nassiriya: il regista è l’unico supersite<br />
dell’attentato che fece 19 vittime sei anni fa (vi si recò come aiuto<br />
regista di Stefano Rolla). Nel cast Carolina Crescentini e Giorgio<br />
Colangeli …Esordio alla regia di Rocco Papaleo con Basilicata coast to<br />
coast, con Alessandro Gassman, Giovanna Mezzogiorno, Paolo<br />
Briguglia e lo stesso autore … Bilal, ispirato al romanzo di Fabrizio Gatti<br />
e sceneggiato da Rulli & Petraglia, parla di immigrazione clandestina<br />
…Dopo i Diari premiati a Cannes, Attilio Azzola prepara Canzoni per il<br />
viaggio ed il tempo presente, indagine sulle band giovanili<br />
…Giuliano Montaldo prepare con Andrea Purgatori L’industriale, sulla<br />
crisi economica …La ritirata in Russia al centro de La seconda via,<br />
finalista del Solinas, diretto da Alessandro Grilli …Tra i ghiacci del<br />
Monte Rosa Andrea Papini gira La misura del confine, riprese con<br />
camera digitale Red 4k …Matrioska di Marco Di Gioia analizza vecchie<br />
tensioni tra Italia e Svizzera …È ispirato a Schnitzler Gioco all’alba di<br />
Andrea Bolognini …Guillermo del Toro produce Los ojos de Julia di<br />
Guillem Morales, nuovo horror catalano …La processione al Calvario di<br />
Pieter Bruegel ha ispirato The mill and the cross di Lech Majeski, con<br />
Rutger Hauer e Charlotte Rampling …Colin Firth e Geoffrey Rush in The<br />
king’s speech di Tom Hooper su Giorgio VI, padre della regnante<br />
Elisabetta II …Sam Mendes, dopo l’ancora inedito Away we go, prepara<br />
Netherland su sceneggiatura di Christopher Hampton, storia di un<br />
agente di cambio trasferitosi nella New York del dopo 11/9 e del cricket<br />
come valvola di sfogo …Il centurione Marcus Aquila, il Vallo di Adriano<br />
e il mistero della Nona Legione in The eagle of the ninth di Kevin<br />
Macdonald con Channing Tatum e Donald Sutherland …Daniel Auteuil<br />
è Un homme très recherché per Isabelle Mergault, al fianco di Sabine<br />
Azéma …Zhang Yimou prepara Amazing tales of 3 guns, film in due<br />
parti (thriller e commedia) …Jean-Jacques Annaud girerà Wolf totem,<br />
kolossal cinese su uno studente che ammaestra un lupo nella Mongolia<br />
anni ’70 …Premiato a Cannes, Christoph<br />
Waltz sarà un ambizioso uomo di mafia in<br />
The green hornet di Michel Gondry, con<br />
Cameron Diaz e Seth Rogen …Suzanne Biel<br />
torna in Danimarca per girare The revenge,<br />
scritto col fido Anders Thomas Jensen<br />
…Gérard Depardieu pesa 110 kg e vive in<br />
roulotte con la madre: accade ne La tête en Christoph Waltz<br />
friche di Jean Becker …Shogun e missione<br />
suicida in 13 assassins, remake a firma Miike Takashi del film del ’63<br />
…L’invenzione del vibratore nell’Inghilterra puritana nella commedia<br />
Hysteria di Tanya Wexter, con Sally Hawkins e Rupert Everett …Léos<br />
Carax torna al cinema con The beast, una storia d’amore lunga 20 anni<br />
…Stephen Fry nel film tratto dal suo libro The liar, regia di Tony Hagger<br />
con Ian McKellen …Stagista in uno studio legale difende un noto<br />
contrabbandiere: è l’incipit de L’avocat di Cédric Anger con Benoît<br />
Magimel e Gilbert Melki …Freakonomics è un documentario a episodi<br />
diretti tra gli altri da Morgan Spurlock e Alex Gibney ...Christopher Lee<br />
in Invasion of privacy, nuovo thriller della rinata Hammer Films con<br />
Hillary Swank.<br />
VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong> 5
Metti, una sera a Mantova<br />
Tante buone ragioni per essere<br />
alla nona edizione degli Incontri del cinema<br />
d’essai (6-8 ottobre): la prima e più evidente<br />
è lo skyline mozzafiato della città dei<br />
Gonzaga, che colpisce a sorpresa percorrendo<br />
il ponte sul lago. Una città a misura d’uomo,<br />
Mantova, con un’offerta culturale da fare<br />
invidia a tante amministrazioni comunali, dal<br />
festival della letteratura alle numerose mostre<br />
che si avvicendano – in questo periodo, tra le<br />
altre, gli scatti del Tazio Nuvolari fotografo, al<br />
Palazzo Te fino al 18 dicembre, e le creazioni<br />
serpeggianti di Stefano Arienti, al Palazzo<br />
Ducale fino al 6 gennaio. E adesso il cinema,<br />
con l’annuale incontro delle sale d’essai che<br />
raduna circa 400 tra esercenti, produttori,<br />
distributori, autori e professionisti di un settore<br />
che ha tanta voglia di riflettere sul proprio<br />
presente e sul proprio futuro, su un’offerta di<br />
cinema che si evolve come le aziende che lo<br />
distribuiscono, non sempre a beneficio della<br />
diversità culturale e del pluralismo, mentre la<br />
crisi economica e una concorrenza sempre più<br />
accesa rischiano di pregiudicare l’attività di<br />
tante sale “tradizionali” dei centri cittadini,<br />
baluardo della programmazione in buona<br />
misura italiana che accontenta quella fascia di<br />
pubblico “over 30”, zoccolo duro del segmento<br />
di mercato. Una di queste sale “benemerite”, la<br />
multisala Ariston, costituisce la sede principale<br />
della manifestazione, affiancata dalla cornice<br />
incomparabile del Teatro del Bibiena (avete<br />
presente i piccoli teatri <strong>def</strong>initi “bomboniere”?<br />
Mai <strong>def</strong>inizione fu più azzeccata!) per la<br />
consegna dei premi <strong>Fice</strong> per un anno di cinema<br />
6 VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
speciale incontri <strong>Fice</strong><br />
d’autore; dal Palazzo della Ragione di Piazza<br />
delle Erbe per la festa in onore dei premiati e<br />
dal cinema Mignon per la selezione di Venezia<br />
Orizzonti, che fa seguito all’intesa stipulata da<br />
Agis e associazioni aderenti con la Biennale<br />
Cinema per una promozione congiunta delle<br />
rispettive attività.<br />
E allora, accanto alle consuete anteprime<br />
nazionali e alla riproposta del meglio dei<br />
principali festival, spazio al dibattito, al<br />
famigerato dibattito tanto temuto da molti<br />
cinefili, per analizzare, proporre e soprattutto<br />
dialogare tra i tanti settori che portano avanti<br />
con crescenti difficoltà l’industria cinema<br />
italiana. È affidato a Lionello Cerri, produttore<br />
ed esercente doc, il coordinamento della<br />
tavola rotonda Ruolo e identità del cinema<br />
d’essai oggi: un’impresa possibile, ricognizione<br />
a tutto campo dell’attività del settore, delle<br />
criticità e dei terreni di sviluppo e<br />
salvaguardia, che coinvolge assessori alla<br />
cultura di regioni ed enti locali, direzione<br />
generale cinema del ministero per i beni e le<br />
attività culturali, produttori “illuminati” come<br />
Riccardo Tozzi e Angelo Barbagallo,<br />
distributori leader come Valerio De Paolis (Bim<br />
distribuzione, che ha portato a casa i principali<br />
tre premi all’ultima Mostra di Venezia) e Luigi<br />
Lonigro (01 distribution), autori e<br />
sceneggiatori e poi giornalisti esperti come<br />
Laura Delli Colli, presidente del Sindacato<br />
giornalisti cinematografici. Sarà Franco<br />
Montini, giornalista e presidente del Comitato<br />
film d’arte e cultura (Fac) a illustrare la nuova<br />
pubblicazione dal titolo Autorialità e cinema<br />
Man<br />
SOUL KITCHEN<br />
Nuova sede per gli “Incontri <strong>Fice</strong> del cinema d’essai”, con una rinnovata vocazione<br />
all’approfondimento dei temi di attualità e molte anteprime beneauguranti per la<br />
programmazione di qualità. Angelini, Diritti e Soldini tra gli ospiti<br />
di genere, che analizza col contributo di critici<br />
ed esperti i rapporti molto stretti tra cinema<br />
d’autore e quei generi che hanno fatto la<br />
fortuna del nostro cinema. E poi, il lustro e la<br />
competenza della Bocconi di Milano ad<br />
illustrare un’indagine denominata Dal word of<br />
mouth al word of mouse: esercenti e<br />
distributori alle prese con i nuovi media per<br />
promuovere lo spettacolo cinematografico,<br />
svolta per il progetto Schermi di Qualità volto a<br />
promuovere la diffusione del cinema italiano ed<br />
europeo in tutto il territorio: uno studio sulla<br />
migliore promozione possibile per accrescere la<br />
redditività della produzione di qualità. Non<br />
ultima, la presenza del regista Valerio Jalongo<br />
che presenta Di me cosa ne sai, documentario<br />
sugli ultimi trent’anni (di difficoltà) della nostra<br />
industria cinema, lucida analisi delle cause del<br />
declino culturale prima che produttivo, a<br />
cominciare dal diffondersi della tv commerciale.<br />
Le anteprime<br />
Accanto alle anteprime per la città di Mantova<br />
(Lo spazio bianco di Francesca Comencini,<br />
Genova di Michael Winterbottom e North face<br />
di Philipp Stöltz, spettacolare ricostruzione della<br />
sfortunata scalata alla Parete Nord dell’Eiger), ai<br />
film di Venezia Orizzonti (Io sono l’amore di<br />
Luca Guadagnino, Il colore delle parole di<br />
Marco Simon Puccioni, il vietnamita Adrift di Bui<br />
Thac Chuyen ed il film russo a episodi sull’amore<br />
Crush) e all’omaggio al premio <strong>Fice</strong> Giovanna<br />
Mezzogiorno – il bel documentario Negli occhi<br />
di Anzellotti & Del Grosso dedicato al padre<br />
Vittorio, coprodotto dall’attrice che intervista i
tova 20<strong>09</strong><br />
numerosi autori, attori, intellettuali e familiari<br />
(da Montaldo a Placido, da Peter Bro<strong>ok</strong> alla<br />
madre Cecilia Sacchi) – saranno presentati<br />
alcuni corti di registi mantovani, supportati<br />
dalla Fondazione Bam. Mancano alcuni titoli<br />
destinati al Festival di Roma ma non<br />
mancheranno alcuni dei loro autori con trailer<br />
e sequenze: Giorgio Diritti presenta le prime<br />
immagini de L’uomo che verrà, la<br />
ricostruzione della strage di Marzabotto;<br />
Alessandro Angelini porta a Mantova i primi<br />
20’ di Alza la testa con Sergio Castellitto. Ad<br />
affiancarli, Silvio Soldini presenta le prime<br />
immagini di Cosa voglio di più, una<br />
produzione Lumière con Alba Rohrwacher e<br />
Pierfrancesco Favino.<br />
Questi i titoli delle anteprime per i numerosi<br />
accreditati:<br />
GLI ABBRACCI SPEZZATI<br />
di Pedro Almodovar (Spagna)<br />
Finalmente in Italia, in anteprima sull’uscita di<br />
novembre, l’ultima opera del maestro iberico,<br />
ingiustamente bistrattata in patria, in concorso<br />
a Cannes: una summa del suo cinema che<br />
incolla allo schermo per due ore con la sua<br />
trama finissima controllata al millimetro; una<br />
vicenda di passioni, rancori, delitti con un cast<br />
al solito magistralmente diretto e una cura<br />
formale prodigiosa. Da non perdere.<br />
AJAMI<br />
di Scandar Copti & Yaron Shami<br />
(Israele-Germania)<br />
Il film ha chiuso la Quinzaine des Réalisateurs a<br />
Cannes 20<strong>09</strong> ed è la cronaca asciutta e<br />
drammatica del conflitto tra ebrei, musulmani e<br />
cristiani in un quartiere di Jaffa, dove il 13enne<br />
Nasri e il fratello maggiore Omar vivono nel<br />
terrore per l’oltraggio che lo zio ha perpetuato<br />
a un influente boss della zona. Una storia di<br />
sopravvivenza, vendetta, oppressione.<br />
IL CANTO DELLE SPOSE<br />
di Karin Albou (Tunisia-Francia)<br />
Dopo il successo del libanese Caramel<br />
all’edizione 2007, la Archibald propone una<br />
nuova regista maghrebina con la storia, molto<br />
apprezzata a Torino, dell’amicizia femminile tra<br />
un’araba e un’ebrea nel Nord Africa sconvolto<br />
dalla Seconda Guerra Mondiale. Un film delicato<br />
che potrebbe rivelarsi una felice sorpresa.<br />
500 GIORNI INSIEME<br />
di Marc Webb (Usa)<br />
Prima mondiale al Sundance, ha aperto il<br />
Festival di Locarno e adesso chiude gli Incontri<br />
<strong>Fice</strong> questa esilarante commedia, opera prima di<br />
un video maker che descrive una storia d’amore<br />
a senso unico, un racconto in flashback lungo<br />
500 giorni. Cinefilia e musica a profusione, a<br />
cominciare dagli Smiths, con un gran lavoro al<br />
montaggio.<br />
DEPARTURES<br />
di Yojiro Takita (Giappone)<br />
Ha vinto l’Oscar per il film straniero e in Italia è<br />
stato “importato” dal Far East Festival.<br />
Raffinato, delicato, una insolita commedia<br />
agrodolce: un violinista senza fortuna è<br />
costretto a tornare al paese natio dove si<br />
impiega come “preparatore” di cadaveri<br />
all’insaputa della moglie. Gli incontri con i vecchi<br />
amici e un’umanità sconvolta dal lutto lo<br />
spingeranno a un bilancio della propria<br />
esistenza e a fare i conti col passato.<br />
DIECI INVERNI<br />
di Valerio Mieli (Italia)<br />
Un esordio targato Centro sperimentale di<br />
cinematografia, baciato da un lusinghiero<br />
successo di critica a Venezia e premiato dalla<br />
<strong>Fice</strong> a Mantova. Ne è artefice Valerio Mieli, che<br />
dirige due talenti emergenti come Michele<br />
Riondino e Isabella Ragonese, la cui storia<br />
d’amore è seguita in dieci capitoli che si<br />
dipanano nel tempo e nello spazio, tra Venezia<br />
e Mosca.<br />
IL MIO AMICO ERIC<br />
di Ken Loach (Gran Bretagna)<br />
Un Loach più “grande pubblico” che mai quello<br />
speciale incontri <strong>Fice</strong><br />
DEPARTURES<br />
GLI ABBRACCI SPEZZATI DIECI INVERNI<br />
che ha divertito e commosso la platea di<br />
Cannes, al centro le disavventure di un postino<br />
di mezza età con due figli adolescenti a carico,<br />
gli stenti della working class che l’autore sa<br />
raccontare con la consueta efficacia e…<br />
l’amicizia sui generis con l’idolo del calcio Eric<br />
Cantona, che si materializza davanti al<br />
protagonista ispirandolo nella riscossa sociale e<br />
personale. Finale da applausi, uscita natalizia.<br />
NON E’ ANCORA DOMANI – LA PIVELLINA<br />
di Tizza Covi e Rainer Frimmel<br />
(Italia-Austria)<br />
Già premiato a Cannes (Quinzaine) e al Nuovo<br />
Cinema di Pesaro, è una storia di impronta<br />
neorealista ambientata nella periferia romana,<br />
dove la tranquilla esistenza di artisti di strada<br />
viene sconvolta dal ritrovamento in un parco<br />
di una bambina di due anni, Asia. Un<br />
approccio documentaristico, zavattiniano,<br />
poetico, più vero del vero.<br />
SOUL KITCHEN<br />
di Fatih Akin (Germania)<br />
Gran Premio della Giuria a Venezia, è un film<br />
insolitamente comico e travolgente per<br />
l’autore de La sposa turca: le peripezie di un<br />
ristoratore greco ad Amburgo con fidanzata<br />
dall’altra parte del mondo, il fratello in libertà<br />
vigilata, l’ex compagno di scuola speculatore<br />
edilizio che vuole rilevare l’immobile, il fisco<br />
vorace, lo chef intransigente e un’umanità<br />
variopinta e articolata che fa del film un vero<br />
incanto, anche per le musiche rigorosamente<br />
soul.<br />
VENGEANCE<br />
di Johnny To (Francia-Hong Kong)<br />
Già in concorso a Cannes, è uno dei pochi film<br />
del cult Johnny To ad approdare nelle nostre<br />
sale, grazie alla faccia scolpita di Johnny<br />
Hallyday nel ruolo del killer a riposo,<br />
determinato a vendicare la barbara uccisione<br />
della figlia in Estremo Oriente. Stilizzato e<br />
coinvolgente, promette emozioni forti.<br />
MARIO MAZZETTI<br />
VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong> 7
speciale Mantova<br />
8<br />
Un primo dato: i voti della<br />
decima edizione del referendum promosso dalla<br />
nostra rivista e pubblicato anche sul sito<br />
www.fice.it sono stati molto frammentati.<br />
Eccezion fatta per il trionfatore della categoria<br />
“miglior film dell’anno”, il granitico e ispirato<br />
Clint Eastwood di Gran Torino (molto votato<br />
anche Changeling), le preferenze si sono<br />
spalmate su un numero di titoli più ampio del<br />
solito: un segnale della vitalità dell’offerta di<br />
qualità della passata stagione o, viceversa, il<br />
campanello d’allarme della mancanza di opere<br />
“a colpo sicuro”, capaci di attrarre un folto<br />
pubblico? A ben vedere, la passata stagione ha<br />
scontato la mancanza di titoli forti e soprattutto<br />
una pausa estiva molto più lunga del solito (e<br />
del necessario), che ha penalizzato la continuità<br />
dell’offerta. Il discorso si fa più evidente quando<br />
si analizzano i risultati del cinema italiano,<br />
nell’assenza drammatica di titoli come<br />
Gomorra e Il divo, trionfatori della stagione<br />
precedente. A sorpresa, il rigoroso e potente<br />
Vincere è stato battuto sul filo di lana dal più<br />
rassicurante Si può fare, che proprio nella<br />
scorsa edizione degli Incontri <strong>Fice</strong>, ad Asti, fu<br />
presentato dal regista agli entusiasti esercenti<br />
d’essai (una spinta alla sua programmazione?).<br />
Se Pupi Avati è un habitué delle nostre<br />
classifiche e Pranzo di Ferragosto ha già<br />
raccolto numerosi consensi, spiccano il buon<br />
esito del film della Archibugi e del ritorno di<br />
Marco Risi Fortapasc, opera ispirata e<br />
convincente che non ha riscontrato il successo<br />
meritato. E poi, un esordio felice come Mar<br />
Nero di Federico Bondi, settimo posto<br />
lusinghiero che precede Salvatores e l’altro<br />
esordio, ben più ammiccante, Diverso da chi?<br />
Ben piazzata anche l’opera prima di Marco<br />
Pontecorvo. Tutto sommato, gli esordienti<br />
hanno affiancato degnamente gli autori<br />
affermati contribuendo alla vivacità della nostra<br />
produzione nazionale. Sul versante globale, alle<br />
spalle di Clint spicca il buon risultato di Valzer<br />
con Bashir, L’ospite inatteso e Il giardino di<br />
limoni, a testimoniare l’attenzione del pubblico<br />
cinefilo per opere che affrontano temi di<br />
attualità. E infine, una menzione speciale a<br />
Revolutionary Road, bellissimo e<br />
sottovalutato film di Sam Mendes che continua<br />
a far parlare di sé grazie all’uscita in dvd.<br />
VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
PREMI FICE 20<strong>09</strong><br />
GRAN TORINO SI PUÒ FARE Hiam Abbass<br />
Fuori dall’ordinario<br />
“Gran Torino” e “Si può fare” vincono il referendum dei lettori, mentre Francesca Archibugi,<br />
Giovanna Mezzogiorno, Antonio Albanese e Hiam Abbass saranno gli ospiti d’onore della serata<br />
I PREMI FICE A MANTOVA<br />
Come ogni anno, la <strong>Fice</strong> attribuisce agli Incontri d’essai premi<br />
speciali ai talenti del cinema d’autore. Ad arricchire l’edizione<br />
20<strong>09</strong> a Mantova, due fuoriclasse come Antonio Albanese e<br />
Giovanna Mezzogiorno, che si appresta con Vincere a<br />
Antonio Albanese raccogliere consensi in giro per il mondo; due esordienti di razza<br />
come Claudio Noce e Valerio Mieli, applauditi a Venezia con<br />
Good morning Aman e Dieci inverni; professionisti del calibro di<br />
Pivio & Aldo De Scalzi, compositori tra i più apprezzati, e il<br />
direttore della fotografia Marco Onorato (Gomorra, Fortapasc).<br />
Il produttore Riccardo Tozzi, artefice delle fortune di Cattleya<br />
assieme ai soci Stabilini e Chimenz, e l’autrice di Questione di<br />
cuore, Francesca Archibugi, che ha confermato le coordinate<br />
Giovanna Mezzogiorno<br />
di una carriera a metà tra sentimenti e impegno civile, ottima<br />
direttrice di attori (tra cui, per l’appunto, Albanese). Il premio internazionale viene quest’anno<br />
attribuito a un’attrice speciale, la palestinese Hiam Abbass che ha nobilitato due delle opere<br />
più interessanti dell’anno, L’ospite inatteso e Il giardino dei limoni. Infine, i vincitori del<br />
referendum, entrambi targati Warner Bros, Si può fare e Gran Torino: la presenza di Giulio<br />
Manfredonia è probabile, un po’ meno quella di Clint… (M.M.)<br />
FILM D’ESSAI IN GENERALE<br />
1. Gran Torino di Clint Eastwood<br />
2. The millionaire<br />
3. L’ospite inatteso<br />
4. Valzer con Bashir<br />
Come Dio comanda<br />
6. The reader<br />
Il bambino con il pigiama a righe<br />
8. L’onda<br />
Il giardino di limoni<br />
Giu’ al nord<br />
11. Si può fare<br />
12. Revolutionary road<br />
Tra gli altri film votati: Il curioso caso di<br />
Benjamin Button, Milk, Vincere, Changeling,<br />
Stella<br />
QUESTI I FILM PIÙ VOTATI<br />
FILM D’ESSAI ITALIANI<br />
1. Si può fare di Giulio Manfredonia<br />
2 Vivere<br />
3 Il papà di Giovanna<br />
4 Pranzo di ferragosto<br />
5 Questione di cuore<br />
6 Fortapasc<br />
7 Mar Nero<br />
8 Come Dio comanda<br />
9 Diverso da chi?<br />
Tutta colpa di Giuda<br />
11 Giulia non esce la sera<br />
Pa-Ra-Da<br />
Tra gli altri film votati: I ragazzi del Bar Margherita,<br />
Galantuomini, Il passato è una terra straniera, Un<br />
altro pianeta<br />
I FORTUNATI VINCITORI TRA I NOSTRI LETTORI<br />
Tra le migliaia di schede pervenute per il referendum Vota il film d’essai dell’anno, la FICE<br />
ha messo in palio due tessere di libero ingresso nei cinema associati Anec-Agis per il 2010 e<br />
dieci abbonamenti annuali a Vivilcinema. Questi i fortunati sorteggiati.<br />
Le due tessere sono state assegnate a: Anna Gassi di San Severo (FG) e Angelo Codega di<br />
San Giuliano M. (MI); questi invece i destinatari dei dieci abbonamenti: Marina Brunelli di<br />
Bologna, Aldo Massironi di Milano, Nunzia Zacco di Napoli, Adriana Pizzo di Giugliano<br />
(NA), Nicola Panzini di Siziano (PV), Giambattista Polignano di Putignano (BA), Nunzio Santini<br />
di Comiso (RG), Stefania Bartalini di Poggibonsi (SI), Battista Bonetti di Endine Gaiano<br />
(BG), Bruno Zingari di Mantova.
intervista Michael Haneke<br />
FILMOGRAFIA - Der 7. Kontinent (1989), Benny's<br />
Video (1992), 71 frammenti di una cronologia<br />
del caso (1994), Funny games (1997),<br />
Storie (2000), La pianista (2001), Il tempo dei<br />
lupi (2003), Niente da nascondere (2005), Funny<br />
games (2007), Il nastro bianco (20<strong>09</strong>)<br />
Il futuro è noto<br />
Palma d’oro all’ultimo festival di Cannes, l’imperdibile “Il nastro bianco” mette<br />
in stretta relazione l’educazione rigidissima della comunità protestante tedesca<br />
con le future derive dittatoriali ad ampio consenso<br />
Ogni tanto Michael Haneke<br />
sorride. La Palma d’oro meritata, deliberata<br />
con forza dalla sua musa Isabelle Huppert,<br />
presidente di giuria all’ultimo festival di<br />
Cannes: un trionfo del cinema dei misteri<br />
intelligenti e delle passioni anticatartiche.<br />
Deviazioni, malattie, violenza e austerità<br />
senza mai cedere all’indugio. Detestabile per<br />
alcuni palati, geniale per altri: non si<br />
scompone il regista austriaco che sembra<br />
uscito dal pennello di Grant Wood, neo gotico<br />
su scala di grigi nel suo magnifico ultimo<br />
sforzo, Il nastro bianco. Due ore e mezza di<br />
denso precisionismo sulle cause del male.<br />
Qual è stata l’origine del film?<br />
Ho conosciuto la storia di alcuni bambini<br />
membri del coro di una chiesa, in un paesino<br />
della Germania settentrionale, protestante,<br />
alla vigilia della Prima Guerra Mondiale.<br />
Provenivano da famiglie profondamente<br />
severe nell’educazione. I principi di rigidità<br />
protestante si sono assolutizzati nel modo di<br />
crescere questi bambini, sottoponendoli anche<br />
a feroci punizioni fisiche. I ragazzi, alla fine,<br />
hanno interiorizzato questi metodi.<br />
Fotografia e montaggio: come ha<br />
lavorato per ricostruire un’epoca e un<br />
ritmo ben precisi?<br />
Prima di tutto abbiamo studiato sui documenti<br />
iconografici del periodo, di ogni tipo. Da<br />
questo la ricostruzione fedele di costumi,<br />
parrucche, ambienti e atmosfere. Abbiamo<br />
girato 35mm a colori e poi abbiamo<br />
desaturato le immagini, fino a una densa<br />
gamma di grigi. L’imitazione della fotografia<br />
dell’epoca si limita però solo al risultato, non<br />
al processo. Quanto al montaggio, potrei<br />
<strong>def</strong>inirlo “narrativamente lineare”, proprio<br />
come il processo di sfogliare un libro.<br />
Come si è relazionato con gli attori<br />
bambini? Ha loro dato un’idea del<br />
background del film?<br />
Come in ogni mio film, non chiedo agli attori<br />
un’interpretazione concettuale. Intendo dire<br />
che, se non è strettamente necessario, non<br />
10 VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
fornisco loro elementi di sfondo al contesto. A<br />
loro chiedo – inclusi i bambini in questo<br />
specifico caso – di posizionarsi in una<br />
determinata situazione narrativa e<br />
scenografica. Onestamente non so se e quanto<br />
i bambini abbiano compreso del senso<br />
profondo de Il nastro bianco. E se non<br />
hanno capito, forse è anche meglio perché<br />
non era necessario che interpretassero oltre gli<br />
stessi personaggi mentre vivevano la<br />
situazione. I ragazzini erano inseriti in questo<br />
contesto ma non potevano immaginare che<br />
tipo di territorio socio-politico l’educazione<br />
loro imposta avrebbe nutrito di lì a pochi anni.<br />
Ci sono drammi privati nel suo film, ma<br />
soprattutto c’è in sottofondo una<br />
fondamentale questione sociale. In quale<br />
parte del film questa emerge<br />
maggiormente secondo lei?<br />
Quando sono sul set, quindi nel momento in<br />
cui il film prende forma tangibile, gli aspetti<br />
privati della storia sono sempre i principali e<br />
più interessanti per me. È nella fase di scrittura<br />
della sceneggiatura che presto più attenzione<br />
al contesto socio-filosofico su cui l’azione si<br />
muove. Perché ogni dettaglio dei dialoghi<br />
risulta un rimando a un sottotesto, a un<br />
sottofondo di significato. Quindi vorrei che in<br />
ogni parte del film emergessero entrambi i<br />
sensi.<br />
Il nastro bianco è anche un film religioso.<br />
Ha scelto la cultura protestante di<br />
proposito rispetto a quella cattolica?<br />
La cultura protestante è<br />
determinante perché<br />
domina nella zona in<br />
cui è ambientato il<br />
film ed è quella che<br />
nello specifico ha<br />
dato vita<br />
all’ideologia<br />
nazista.<br />
Certamente si<br />
poteva<br />
ambientare un<br />
film nell’Italia pre-fascista, la cui cultura era<br />
totalmente condizionata dalla religione<br />
cattolica. Oppure nel contesto musulmano per<br />
capire le ragioni dei comportamenti del<br />
fondamentalismo islamico. Sarebbero stati tutti<br />
film diversi ma di certo accomunati da un simile<br />
meccanismo causa-effetto: ogni momento della<br />
storia estremo è stato preparato alla base da un<br />
certo tipo di educazione socio-familiare e, a<br />
monte, dall’applicazione perversa di una<br />
qualunque confessione religiosa.<br />
Secondo lei, da quanto emerge dal film,<br />
uno dei messaggi è che le due guerre<br />
erano inevitabili considerando il tessuto<br />
psico-sociale che si stava preparando?<br />
Spesso i film tentano di tornare indietro nel<br />
passato per fare una ricognizione delle possibili<br />
cause delle tante tragedie della storia. Io non<br />
voglio dare giudizi, ho solo voluto mostrare il<br />
contesto in quella particolare frazione di tempo<br />
e spazio e naturalmente mettere in evidenza i<br />
semi problematici di un futuro noto a tutti.<br />
Ipoteticamente, quindi, potrebbero<br />
succedere anche oggi le stesse tragedie di<br />
allora, dati i medesimi presupposti?<br />
In ogni momento della storia si possono<br />
ripetere gli stessi errori. Oggi il più evidente<br />
nucleo problematico risiede nelle modalità<br />
sbagliate in cui viene applicato l’islamismo:<br />
siamo ad una fase molto delicata e pericolosa e<br />
che non ha nulla a che vedere con la vera<br />
religione. Ogni grande crisi ha ragioni profonde<br />
non facili da analizzare, di certo ci sono<br />
elementi ricorrenti che stanno alla<br />
base dei fanatismi e delle<br />
intolleranze razziali.<br />
Lei crede all’innocenza dei<br />
bambini?<br />
I bambini sono o non sono<br />
innocenti quanto<br />
ciascuno di noi. Ci sono<br />
essere umani buoni ed<br />
esseri umani malvagi.<br />
ANNA MARIA PASETTI
intervista Francis Ford Coppola<br />
FILMOGRAFIA - Terrore alla tredicesima ora (1963), Buttati Bernardo! (1967), Il padrino (1972), La conversazione (1974), Il padrino – Parte II (1974), Apocalypse Now (1979), Un sogno lungo un giorno (1982), I<br />
ragazzi della 56ª strada (1983), Rusty il selvaggio (1983), Cotton Club (1984), Peggy Sue si è sposata (1986), I giardini di pietra (1987), Tucker, un uomo e il suo sogno (1988), Il padrino – Parte III (1990), Dra-<br />
12<br />
Tutto in famiglia<br />
Personale ma non autobiografico, “Segreti di famiglia” è l’ultima opera del leggendario<br />
regista, la terza da lui anche scritta. Sempre allergico a Hollywood, estinti i debiti della<br />
Zoetrope fa cinema per divertimento, tra vini e alberghi. Con un occhio all’Italia…<br />
“Niente è successo realmente, ma<br />
è tutto vero: tremendamente vero…”. Così<br />
Francis Ford Coppola, a chi gli chiede se Tetro<br />
(Segreti di famiglia in Italia) sia in qualche<br />
modo autobiografico.<br />
Presentato in anteprima alla Quinzaine des<br />
Réalisateurs di Cannes, da lui ideato, scritto e<br />
diretto, girato in un superbo bianco e nero (il<br />
colore compare solo per i flashback), Tetro<br />
scava nei conflittuali rapporti familiari del<br />
protagonista (Vincent Gallo), ossessionato<br />
dall’idea di “uccidere il padre”, celebre<br />
quanto egocentrico e soffocante direttore<br />
d’orchestra (Klaus Maria Brandauer), che non<br />
esita a rubargli la fidanzata e a stroncare le<br />
sue potenzialità letterarie perché “non può<br />
esserci più di un genio in famiglia”.<br />
È la terza volta che realizza un<br />
lungometraggio basato su una sua<br />
sceneggiatura originale.<br />
Proprio così. L’ho scritto durante il montaggio<br />
di Un’altra giovinezza. Nella mia carriera,<br />
ogni volta che ho fatto un film tratto da un<br />
romanzo, ho sempre voluto mettere il nome<br />
dell’autore sul titolo, per sottolinearne la<br />
paternità: Il Padrino di Mario Puzo, Dracula<br />
di Bram St<strong>ok</strong>er, L’uomo della pioggia di<br />
John Grisham. Qualche volta sento il bisogno<br />
di metterci anche il mio nome, e per far<br />
questo devo essere anche l’autore della<br />
sceneggiatura. D’altronde, più che talento ho<br />
una fervida immaginazione: mi trovo a<br />
cucinare delle idee. Il lavoro più difficile, ma<br />
anche quello più essenziale, è proprio quello<br />
della sceneggiatura. Infatti ammiro gente<br />
come Woody Allen, che ogni anno scrive uno<br />
script originale.<br />
Perché scrivere rende liberi?<br />
Infatti, Tetro è un inno alla mia libertà! Dopo<br />
il flop commerciale di Un sogno lungo un<br />
giorno, che travolse la mia Zoetrope, per un<br />
VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
decennio ho fatto quasi un film su<br />
commissione all’anno: per pagare i miei debiti<br />
con le banche. E, ovviamente, non avevo più il<br />
controllo pressoché totale che avevo ottenuto<br />
con Il Padrino. Solo dopo Dracula ho estinto<br />
i debiti, e sono finiti questi problemi.<br />
E oggi?<br />
Ora mi sento un uomo e un regista<br />
indipendente che è riuscito ad affrancarsi,<br />
come fa Vincent Gallo nel film. Oggi posso<br />
infischiarmene del movie business.<br />
Che decisamente non le piace…<br />
No, non mi piace il cinema che si vive tra le<br />
mura degli uffici marketing, che pensa alla<br />
televisione – quella italiana è la più stupida al<br />
mondo, e ci soffro – e pretende grandi incassi a<br />
discapito della qualità, la voglia e la gioia di<br />
creare. Sono stufo di questo cinema in cui il<br />
budget è direttamente proporzionale alla<br />
stupidità dell’opera. Sono sorpreso: quando<br />
pensi ai film contemporanei, ogni cosa deve<br />
essere semplice e sottodimensionata. Se cerchi<br />
di fare qualcosa di poco più ambizioso, sei<br />
immediatamente bollato come pretenzioso.<br />
Amo la grandezza, letteralmente, e sono triste<br />
di sapere che negli States i nostri film ormai<br />
raggiungono solo 4mila schermi. Anche per<br />
questo me ne sono andato in America Latina.<br />
Ma?<br />
Ma sono un uomo fortunato, molto<br />
fortunato: ho vinto tutti i premi che un uomo<br />
di cinema possa desiderare, dalla Palma d’Oro<br />
agli Oscar. E se sono un uomo ricco, lo devo al<br />
mio vino: il cinema lo faccio perché lo<br />
desidero, non perché ne ho bisogno. Lo faccio<br />
per scoprire nuovi attori come Alden<br />
Ehrenreich (il fratello di Tetro, NdR) o lavorare<br />
con attrici straordinarie come Maribel Verdù,<br />
nel film la fidanzata del protagonista.<br />
Come vede questa attuale rispetto alla<br />
sua generazione d’oro?<br />
Maribel Verdù e Vincent Gallo<br />
Il rimpianto del passato è uno stereotipo:<br />
bisogna guardare al presente con obiettività e<br />
ottimismo. Vedo tanti bravi registi: da Spike<br />
Jonze ad Alexander Payne passando per<br />
Catherine Hardwicke, Tamara Jenkins, Gus<br />
van Sant, Steven Soderbergh. Certo, non è il<br />
mainstream il loro terreno privilegiato, ma<br />
l’arte indipendente: sono tanti e straordinari,<br />
forse è il mondo a non meritarli, e non il<br />
contrario. E le stesse valutazioni dovremmo<br />
farle in tutti i campi, quando giudichiamo le<br />
giovani generazioni.<br />
Il cinema per lei rimane una grande<br />
famiglia: del resto, Tetro è l’ennesima<br />
saga familiare della sua filmografia.<br />
La famiglia è il nucleo più importante. Se amo<br />
questo lavoro, probabilmente è perché posso<br />
parlarne con mia figlia Sofia, caratterialmente<br />
e cinematograficamente molto diversa da me.<br />
E poi posso lavorare con mio figlio Roman,<br />
guardare i documentari che mia moglie fa sui<br />
miei set, un gioco nato dopo che le regalai la<br />
sua prima super16. In famiglia succede tutto:<br />
lì trovi quasi tutte le domande, e molte delle<br />
risposte.<br />
Le sue origini sono italiane: il suo<br />
presente?<br />
Quest’estate ho inaugurato un nuovo albergo<br />
in Lucania. In Italia torno appena posso,<br />
anche per la mia scuola di cinema. È un paese<br />
che per me significa molto, anche se spesso mi<br />
preoccupa! Del vostro cinema, mi sono<br />
rimaste nel cuore le commedie feroci di Pietro<br />
Germi, Vittorio De Sica, Mario Monicelli,<br />
Francesco Rosi. E quello straordinario attore<br />
di Alberto Sordi, che ebbi la fortuna di<br />
conoscere. Fu lui a parlarmi di un collega<br />
molto bravo: Carlo Verdone. Chissà, se avesse<br />
una bella sceneggiatura, sarebbe bello fare<br />
un film insieme.<br />
FEDERICO PONTIGGIA
crediti non contrattuali<br />
DAL 27 NOVEMBRE AL CINEMA
intervista Michael Moore<br />
FILMOGRAFIA - Roger & Me (1989),<br />
Canadian bacon (1995), The big one<br />
(1997), Bowling a Columbine (2002),<br />
Fahrenheit 9/11 (2004), Sicko (2007),<br />
Capitalism: a love story (20<strong>09</strong>)<br />
Quello che non siamo<br />
Si conclude con un discorso storico di Roosevelt “Capitalism: a love story”,<br />
applauditissimo (a Venezia) ultimo documentario del provocatorio regista, che<br />
riesce a far riflettere senza stemperare l’ironia<br />
“Nel mio lavoro non sono<br />
mosso dall’idea di dover superare me stesso e<br />
fare in modo che il mio ultimo film sia<br />
necessariamente migliore del precedente. La<br />
mia grande passione è il cinema. È da quando<br />
sono piccolo che vado al cinema tre o quattro<br />
volte a settimana. Il venerdì sera, in una sala<br />
d’essai che oggi non c’è più, per anni ho visto<br />
ogni singolo film di Bergman, Fellini, Truffaut<br />
e Fassbinder. Quella è stata la mia ispirazione<br />
e la mia scuola per diventare regista. Così, una<br />
volta, quando vivevo con il sussidio di<br />
disoccupazione, ho deciso di prendere una<br />
macchina da presa e raccontare quello che<br />
succedeva a Flint, la città del Michigan dove<br />
sono nato e cresciuto. Da allora non ho più<br />
smesso”. Michael Moore racconta così la sua<br />
filosofia cinematografica, che lo ha spinto ad<br />
intraprendere una straordinaria carriera di<br />
documentarista che nel suo ultimo lavoro,<br />
Capitalism: a love story, sembra riuscire a<br />
raggiungere un climax sia sotto il profilo<br />
cinematografico che sociale e politico. Il<br />
miglior documentario diretto da Michael<br />
Moore è un viaggio in un’America devastata<br />
dallo scandalo dei cosiddetti mutui subprime e<br />
lacerata da una crisi economica in cui Wall<br />
Street è la protagonista di un vero e proprio<br />
colpo di Stato ai danni del resto degli Stati<br />
Uniti.<br />
Qual è la funzione del cinema?<br />
Quella di parlare a miliardi di persone e di<br />
creare un dibattito e una discussione. Io credo<br />
soltanto nell’azione collettiva e nella<br />
mobilitazione. L’azione personale del singolo<br />
è solo un’illusione in cui non credo affatto. O<br />
meglio: se non amo una particolare azienda<br />
per quello che fa, non compro i suoi prodotti,<br />
perché mi fa stare meglio. So bene che la mia<br />
scelta personale non serve a nulla ed è per<br />
questo che, invece, ho scelto di esprimermi<br />
attraverso un mezzo come il cinema, che mi<br />
mette in contatto con milioni di persone per<br />
raccontare loro le storie di cui sono testimone.<br />
14 VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
Il cinema può cambiare il mondo?<br />
Credo proprio di sì: Fahrenheit 9/11 non ha<br />
avuto un grande impatto nel breve periodo.<br />
C’è voluto un po’ di tempo perché si radicasse<br />
nella nostra cultura. Sono stato il primo a<br />
sparare contro George W. Bush e a prendermi<br />
il rischio di fare un film per il quale sono stato<br />
criticato e maltrattato dalla maggioranza<br />
delle persone. Facendolo, però, ho fatto in<br />
modo che anche altri iniziassero a scrivere e a<br />
fare film sull’amministrazione Bush. Sicko sta<br />
dando oggi un contributo significativo al<br />
dibattito sulla sanità che si sta sviluppando<br />
negli Usa. Il cinema serve a formare la<br />
coscienza delle persone e a raccontare le loro<br />
storie.<br />
Nel corso della sua carriera, lei è<br />
diventato un’icona: avverte una certa<br />
pressione sul suo lavoro?<br />
Sinceramente no. Non avverto alcuna<br />
particolare pressione se non quella di<br />
rispettare il pubblico che guarda i miei film e<br />
le persone che si rivolgono a me per<br />
raccontare i loro drammi. In Capitalism: a<br />
love story la prima sequenza è quella di uno<br />
sfratto di una famiglia rovinata dai mutui.<br />
Non l’ho girata io: me la sono trovata una<br />
mattina nella mia cassetta della posta. Ricevo<br />
cose del genere ogni giorno: dvd,<br />
videocassette insieme a semplici lettere di<br />
persone che mi scelgono come testimone<br />
delle loro sofferenze. C’è tanta gente che mi<br />
chiede aiuto in America e questo è il mio<br />
fardello personale: dover conoscere in prima<br />
persone le pene e la disperazione di persone<br />
che, come me, vivono nella nazione più ricca<br />
del mondo. Per me è molto difficile non<br />
sentirmi profondamente coinvolto da quello<br />
che mi viene raccontato e da ciò che io stesso<br />
decido di mostrare agli spettatori. Il mio<br />
obiettivo è quello di mostrare storie<br />
complesse e difficili riuscendo ad intrattenere<br />
il pubblico, mantenendo saldo il mio senso<br />
dell’umorismo. Ridere è l’unica maniera per<br />
non esplodere, allentando un po’ la tensione<br />
e scaricando l’inquietudine. Lo humour è<br />
fondamentale per me e per il mio cinema.<br />
Come riesce a mantenere la sua<br />
indipendenza?<br />
Faccio film che costano tra i due e i sei milioni<br />
di dollari, dei quali riesco a mantenere un<br />
controllo pressoché totale e che si rivelano<br />
molto profittevoli. L’incasso totale di<br />
Fahrenheit 9/11, contando tutti i biglietti<br />
staccati nel mondo e le vendite televisive e in<br />
dvd, è stato di mezzo miliardo di dollari. Così,<br />
qualsiasi studio è interessato a produrre<br />
quello che faccio, perché il mio cinema<br />
produce soldi senza perderne. La mia<br />
indipendenza è tutelata dalla formula che ho<br />
scelto per esprimermi e nella quale mi sento<br />
più a mio agio. Finché avrò successo dal punto<br />
di vista economico, potrò restare seduto al<br />
tavolo delle grandi distribuzioni e produzioni<br />
ed essere libero di scegliere.<br />
Capitalism si conclude con una sequenza<br />
commovente di Franklyn Delano<br />
Roosevelt che parla alla nazione. Come<br />
l’ha trovata?<br />
Tutti gli americani che la vedono piangono:<br />
Barack Obama potrebbe diventare il<br />
Roosevelt del ventunesimo secolo se avrà la<br />
forza e il coraggio sufficienti. Io intendo<br />
sostenerlo in questo cammino così come il<br />
resto degli americani. Per questo motivo ho<br />
mandato la mia squadra di ricercatori presso<br />
la famiglia Roosevelt e il suo archivio per<br />
trovare le immagini di quello straordinario<br />
discorso. Ci hanno detto che non esistevano,<br />
ed è in questi momenti che so di dovermi dare<br />
una mossa per ritrovarlo, cosa che, invece, è<br />
accaduta nella Carolina del Sud. Oggi questo<br />
materiale d’archivio appartiene al mondo e ci<br />
fa rimpiangere al pensiero di come avrebbe<br />
potuto essere diversa la nostra storia se solo<br />
avessimo seguito le idee esposte in quel<br />
discorso.<br />
MARCO SPAGNOLI
Luciano Melchionna<br />
intervista<br />
Era dal 1967, da quando<br />
Pasolini vi girò La terra vista dalla luna, che<br />
una troupe cinematografica non entrava al<br />
Colosseo. Nonostante le difficoltà da<br />
affrontare per ottenere i permessi, il regista<br />
teatrale e cinematografico Luciano<br />
Melchionna ha voluto fortemente il<br />
monumento romano come scenario del suo<br />
film Ce n’è per tutti, il cui protagonista,<br />
Gianluca, si arrampica sul Colosseo per<br />
estraniarsi da tutto. Immediatamente<br />
accorrono amici e parenti, mossi dalla<br />
preoccupazione che il ragazzo voglia<br />
suicidarsi, ma anche da sentimenti meno<br />
nobili, come la voglia di partecipare<br />
all’evento. Il film è tratto da una commedia di<br />
Luca De Bei e dello stesso Melchionna, autore<br />
teatrale pluripremiato (fra gli ultimi successi:<br />
Dignità autonome di prostituzione) qui alla<br />
sua seconda prova cinematografica dopo Gas<br />
(2005), anch’esso tratto da un suo testo<br />
teatrale.<br />
Come è stato sviluppato il testo teatrale<br />
nel passaggio al cinema?<br />
Quando l’ho scelta per metterla in scena, la<br />
commedia di De Bei non era finita. L’ho<br />
sviluppata io per il teatro, aggiungendo<br />
alcune parti come quella del protagonista e<br />
della nonna, e solo allora ci siamo resi conto<br />
delle enormi potenzialità che aveva. Per il<br />
cinema, comunque, è stata completamente<br />
riscritta.<br />
Qualche anno fa lavoravi alla<br />
trasposizione cinematografica del<br />
romanzo L’odore di Rocco Familiari. Cosa<br />
ti ha fatto cambiare progetto?<br />
Il progetto de L’odore ce l’ho ancora nel<br />
cuore, la sceneggiatura secondo me<br />
è molto potente ed efficace, ma il<br />
budget per realizzarlo sarebbe<br />
stato troppo alto per gli standard<br />
di un secondo film. Inoltre<br />
avevo voglia di raccontare<br />
con uno sguardo<br />
bonario e sorridente<br />
quelle stesse energie<br />
giovanili e<br />
inconsapevoli che in<br />
Il regista del film<br />
16 VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
Anna Falchi Lorenzo Balducci e Stefania Sandrelli<br />
Micaela Ramazzotti e Ambra Angiolini<br />
Trentenni inconsapevoli<br />
Con “Ce n’è per tutti” lo sguardo generazionale dell’autore vira in commedia<br />
dopo le pulsioni violente di “Gas”. Lorenzo Balducci di nuovo protagonista<br />
Gas venivano dirottate verso il male e la<br />
violenza, diventando bombe a orologeria.<br />
Forse mi sentivo anche un po’ colpevole di<br />
aver descritto solo l’aspetto violento di quelle<br />
vite allo sbando, che per contrasto possono<br />
essere anche molto divertenti.<br />
Il tema di fondo, pur in una chiave di<br />
commedia, è ancora il vuoto che domina<br />
la vita dei giovani. Come mai hai scelto<br />
di tornare a parlare della generazione dei<br />
trentenni?<br />
I protagonisti sono gli stessi giovani<br />
mammoni, trentenni e oltre – perché questo<br />
vuol dire giovani oggi: ragazzi non cresciuti –<br />
che in Gas erano fotografati in una realtà di<br />
provincia. Le loro forze sono assorbite dalla<br />
disperata ricerca del lavoro o dai tantissimi<br />
lavori che sono costretti a fare<br />
contemporaneamente per arrotondare lo<br />
stipendio, volantinaggio, vendite porta a<br />
porta, ragazzo speedy: è una fotografia del<br />
precariato a tutto tondo. Non hanno grandi<br />
aspirazioni e forse nemmeno speranze. Non<br />
sono uniti da passioni comuni, come in<br />
passato, ma dal caso, e non si capisce che<br />
affinità abbiano fra loro. Si ritrovano insieme<br />
solo grazie al gesto estremo di Gianluca, che li<br />
attira tutti al Colosseo, chi per farsi vedere, chi<br />
per esserci, chi per diventare un eroe. E in<br />
quell’occasione si capirà che non tutti sono<br />
amici come vogliono apparire.<br />
Hanno scritto di te che hai un “talento<br />
visionario espressionista”. In questo caso<br />
la <strong>def</strong>inizione ti corrisponde?<br />
Spero che il graffio sia riconoscibile anche in<br />
questo diverso contesto, perché il mio<br />
intento sarebbe quello di<br />
rivitalizzare la commedia<br />
all’italiana alta, mantenendo<br />
uno sguardo<br />
visionario.<br />
Che background<br />
ha il<br />
protagonista<br />
Gianluca, per<br />
interpretare<br />
il quale hai<br />
riconfermato<br />
il “tuo” attore Lorenzo Balducci?<br />
Gianluca è un poeta in un mondo dove la<br />
poesia non vale più niente. Non abbiamo<br />
neanche bisogno di sapere cosa scriva, per<br />
sapere che è un emarginato. Lui non sale sul<br />
Colosseo per buttarsi, come tutti credono, ma<br />
per staccarsi da tutto, per “sollevarsi” in una<br />
specie di paradiso. Ho riconfermato Lorenzo<br />
Balducci nel ruolo di protagonista e lo<br />
riconfermerò fino a quando sarà lui a dirmi di<br />
lasciarlo in pace. É un attore strepitoso, ha la<br />
capacità di mantenere un’imperturbabilità<br />
apparente pur rivelando attraverso la mimica,<br />
il volto, quei suoi occhi liquidi, un mondo<br />
interiore vulcanico.<br />
Il cast è veramente ricco di bravi attori<br />
fra cui, nella parte importante della<br />
nonna, Stefania Sandrelli…<br />
La nonna è l’unico personaggio che riesce a<br />
parlare al cuore del ragazzo, a rompere<br />
quella sua dissociazione dalla realtà. Lei, che<br />
l’ha cresciuto, è il suo unico punto di<br />
riferimento. Sono veramente onorato che<br />
Stefania Sandrelli abbia accettato questo<br />
ruolo. Dal momento che ha deciso di fare il<br />
film si è consegnata nelle mie mani, seguendo<br />
il suo grande istinto di attrice che la porta ad<br />
essere così spontanea e allo stesso tempo così<br />
consapevole. Nella scelta degli attori mi sono<br />
divertito a invertire i ruoli, a esasperare i<br />
contrasti, perché trovo che mettendo l’attore<br />
di fronte al proprio opposto, il personaggio<br />
diventi più complesso e tridimensionale.<br />
Ambra Angiolini, che appare sempre così<br />
calma e compassata, fa la parte di una<br />
ragazza volgare e coatta. “Dopo tanti anni di<br />
dizione – mi ha detto – guarda cosa mi tocca<br />
fare!”. Micaela Ramazzotti, invece, che sullo<br />
schermo spesso impersona la ragazza sexy ma<br />
un po’ svampita, una Marilyn italiana, diventa<br />
un personaggio duro e rompiscatole. Arnoldo<br />
Foà, the voice, nel film fa il nonno che non<br />
parla. Ho chiamato poi gli attori con cui<br />
lavoro di solito in teatro, nomi poco noti ma<br />
tutti bravissimi, e Giorgio Colangeli, che<br />
ha lavorato molto con me, e che io amo<br />
molto.<br />
BARBARA CORSI
intervista Marco Filiberti<br />
Piera degli Esposti<br />
Il crepuscolo degli uomini<br />
Appena presentato a Venezia, “Il compleanno” è un melodramma alla Douglas Sirk:<br />
due coppie, una villa e una presenza che turba gli equilibri…<br />
Dopo Poco più di un anno fa<br />
nel 2002, Marco Filiberti torna alla regia con Il<br />
compleanno, melò all star – da Alessandro<br />
Gassman a Piera degli Esposti passando per<br />
Michela Cescon, Maria de Medeiros, Massimo<br />
Poggio e Christo Jivkov – già passato al<br />
Controcampo Italiano della 66^Mostra di<br />
Venezia. È la storia di due coppie di amici,<br />
Matteo e Francesca e Diego e Shary, che<br />
passano l’estate in una casa sulla spiaggia, tra<br />
crisi e momenti di tensione, finché arriva<br />
David, il figlio di Diego e Shary, che travolgerà<br />
tutti...<br />
Produttivamente, che Compleanno è?<br />
Ho due produttrici francesi per una società<br />
italiana, la ZenZero. Non posso disattendere<br />
le mie radici, combatto nel mio terreno, ma la<br />
mia estraneità al sistema è fortissima e<br />
continuerà ad esserlo: Il compleanno è stato<br />
realizzato senza Rai né Medusa.<br />
Rai e Medusa: fanno bene al nostro<br />
cinema?<br />
Quella tra cinema e televisione è una<br />
connection perniciosa: un peccato mortale,<br />
che mina autenticità e libertà degli autori. È<br />
la tendenza all’omologazione, strategica,<br />
calcolata, che fa parte della volontà di<br />
assopimento del senso critico generale: non<br />
un individuo dalle scelte deliberate e<br />
soggettive, ma un compratore come vuole il<br />
capitalismo iperselvaggio.<br />
Che vorresti passasse con questo film?<br />
Ho un desiderio tormentato e ineludibile,<br />
spero collettivo: il superamento della<br />
contemporanea descrittività, mediata<br />
dall’implosione del linguaggio televisivo. Nel<br />
mio libro che accompagna il film, Il melò<br />
ritrovato, sostengo che c’è stato un tempo<br />
degli dei, uno del dio unico, e uno degli<br />
uomini, che oggi sta tramontando, sostituito<br />
dalla tecnologia. Cerco di registrare il<br />
crepuscolo degli uomini, sperando di dare<br />
18 VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
Massimo Poggio, Maria de Medeiros, Alessandro Gassman e Michela Cescon<br />
luce e senso nella riorganizzazione delle<br />
forme, perché non finisca tutto in un centro<br />
commerciale il sabato pomeriggio.<br />
E la forma scelta è il melò.<br />
Parto da due percorsi che confluiscono.<br />
Innanzitutto, identifico il legame del gesto<br />
artistico cinematografico con l’eziologia<br />
melodrammatica; poi, c’è il mio percorso<br />
personale: non potrei fare altro, affino il<br />
linguaggio in termini contemporanei,<br />
lavorando in sottrazione rispetto<br />
all’ineludibile modello di Douglas Sirk.<br />
Veniamo al film…<br />
Si apre su una scena d’opera in teatro con<br />
Tristano e Isotta: una mediazione per far<br />
accedere il pubblico. Ma, per dirla con<br />
Thomas Mann, la nobiltà dello spirito non<br />
appartiene a nessuno dei personaggi, sta nel<br />
metatesto, in quell’altrove a cui i caratteri<br />
non arrivano. Tanto è vero che il film finisce<br />
malissimo, non solo per la tragedia ma perché<br />
questa non serve: David scatena una reazione,<br />
stigmatizzando lo strato di non autenticità<br />
che riveste queste persone, in una società<br />
improntata al capitalismo e svuotata di<br />
identità.<br />
E gli attori?<br />
Massimo Poggio ha il ruolo principale: il suo<br />
personaggio ha la consapevolezza più alta, è<br />
l’unico intellettuale, gli altri appartengono al<br />
milieu borghese, ma senza cultura. Il suo<br />
Matteo, orfano come Tristano, si è fatto<br />
da solo ed è molto attaccato alla<br />
sua professione di<br />
psicanalista, ma si<br />
sfascia: è disarmante.<br />
La moglie,<br />
Francesca, ha il<br />
volto di Maria de<br />
Medeiros.<br />
Potrebbe essere<br />
una Desdemona<br />
dei giorni nostri, una bambina senza età, con<br />
gli occhioni spalancati sull’abisso. Accanto a<br />
lei, Michela Cescon, utilizzata sempre in modo<br />
mortificante: qui è bellissima, bionda,<br />
irriconoscibile, una novella Lana Turner.<br />
La sua Shari è accoppiata ad Alessandro<br />
Gassman…<br />
Un eterno ragazzo, Diego, che gioca<br />
sull’appeal e l’inconsistenza, in un tira e molla<br />
con la compagna. Diego voleva fare l’attore<br />
ed è finito nello studio del padre: è simpatico,<br />
figo e senza posizione nel mondo. Ma in un<br />
gruppo corroso dall’ansia ha un ruolo di<br />
bilanciamento: non si accorgerà di nulla, solo<br />
che la vacanza sta andando in malora.<br />
Poi c’è il fratello minore di Shari,<br />
Leonard.<br />
Christo Jivkov, ovvero la nobiltà offesa dalla<br />
violenza del mondo: un solitario, con la croce<br />
sulle spalle. È l’unico a presentire la tragedia,<br />
ma i suoi mezzi non possono fare breccia<br />
nella società attuale.<br />
Un Compleanno nichilista?<br />
No, perché la ricerca dell’altrove permea<br />
ogni singolo fotogramma. La risoluzione c’è,<br />
ma non è qui: i personaggi non ci possono<br />
arrivare, forse gli spettatori. È un film sulle<br />
verità nascoste, e nella verità una risposta<br />
c’è sempre.<br />
FEDERICO PONTIGGIA
CREDITI NON CONTRATTUALI<br />
INCONTRA IL CINEMA D’ESSAI<br />
LOURDES<br />
di Jessica Hausner<br />
con<br />
Sylvie Testud Léa Seydoux<br />
Bruno Todeschini<br />
Elina Löwensohn<br />
PREMIO FIPRESCI<br />
Assegnato da una giuria internazionale di critici<br />
PREMIO SIGNIS<br />
Organizzazione Cattolica Internazionale per il Cinema<br />
PREMIO BRIAN<br />
Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti<br />
PREMIO LA NAVICELLA<br />
Fondazione Ente dello Spettacolo<br />
e dalla Rivista del Cinematografo<br />
GOOD MORNING<br />
AMAN<br />
di Claudio Noce<br />
con<br />
Valerio Mastandrea<br />
Said Sabrie Anita Caprioli<br />
MANTOVA 6 / 8 OTTOBRE 20<strong>09</strong><br />
WWW.CINECITTALUCE.IT<br />
DI ME<br />
COSA NE SAI<br />
di Valerio Jalongo<br />
collaborazione alla regia<br />
Giulio Manfredonia<br />
e Francesco Apolloni<br />
Selezione Ufficiale<br />
PREMIO FEDIC<br />
Federazione Italiana dei Cineclub
Festival di<br />
Speciale<br />
CHAQUE JOUR EST UNE FÊTE<br />
Donne che contano<br />
Tre film italiani che potrebbero fare la differenza e poi i Coen, Tanovic, Reitman e,<br />
tra i documentari de “L’Altro Cinema”, Olmi e Scorsese. A far brillare l’edizione<br />
20<strong>09</strong> è però un’attrice del calibro di Meryl Streep, premio alla carriera<br />
A metà strada tra la Mostra<br />
di Venezia e il Torino Film Festival, la IV<br />
edizione del Festival di Roma (15-23<br />
ottobre), per la seconda volta presieduto<br />
da Gian Luigi Rondi, conferma la propria<br />
natura di vetrina del cinema internazionale<br />
d’autore a vocazione popolare, tra<br />
glamour e temi di attualità. Rientrate le<br />
polemiche su tappeto rosso e budget,<br />
sollevate dalla giunta capitolina dopo<br />
l’elezione a sindaco di Alemanno (anche<br />
grazie alla collaudata abilità mediatrice di<br />
Rondi, “uomo per tutte le stagioni”),<br />
quest’anno titolare unica della direzione è<br />
Piera Detassis, già responsabile nelle scorse<br />
edizioni delle anteprime, mentre Mario<br />
Sesti resta al timone de L’altro cinema/Extra<br />
e Gianluca Giannelli di Alice nella città.<br />
Potenziato il Mercato, dal 15 al 19 ottobre<br />
a via Veneto e dintorni, neo direttore<br />
Roberto Cicutto che si è compiaciuto del<br />
15% di presenze in più. Ad esso è collegata<br />
La fabbrica dei progetti, quest’anno 26<br />
20 VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
sceneggiature in cerca di coproduzioni.<br />
Smussate le specificità dell’impronta<br />
veltroniana, confermato il filo diretto dei<br />
film-evento con il Festival di Toronto,<br />
quest’anno la selezione ufficiale propone<br />
14 opere in concorso più 8 fuori concorso,<br />
giudicate da una giuria di professionisti e<br />
intellettuali guidata da Milos Forman, che<br />
avrà anche l’onore di consegnare il<br />
Marc’Aurelio d’oro alla carriera a Meryl<br />
Streep, protagonista di un atteso incontro<br />
con pubblico e stampa, di una retrospettiva<br />
e del film di chiusura Julie & Julia. L’altra<br />
retrospettiva è dedicata a Luigi Zampa,<br />
mentre gli omaggi sono rivolti a Luciano<br />
Emmer e Tullio Kezich, da poco scomparsi,<br />
e Luciano Salce; gli spazi dell’Auditorium<br />
Parco della Musica ospitano mostre<br />
dedicate a Sergio Leone, Antonio Ligabue<br />
(a margine del documentario di Salvatore<br />
Nocita), a Cesare Zavattini (al museo<br />
Macro) e ai mutamenti climatici globali,<br />
tema quest’ultimo al centro del focus<br />
Occhio sul mondo con eventi, dibattiti e<br />
naturalmente film, tra cui La questione<br />
nucleare di Ugo Fabrizio Giordani (Italia e<br />
Francia, scettici ed entusiasti) e Strade<br />
d’acqua di Augusto Contento,<br />
sull’Amazzonia. Proseguono gli Stati<br />
generali del cinema italiano, titolo<br />
altisonante per tre convegni quest’anno<br />
sulla promozione, sulla rivoluzione del<br />
digitale in sala e sul rapporto tra cinema e<br />
territorio.<br />
Nel presentare<br />
l’edizione 20<strong>09</strong>, si<br />
è parlato di una<br />
forte<br />
connotazione<br />
femminile<br />
tra autrici<br />
(von<br />
Trotta,<br />
VISION
Roma 20<strong>09</strong> Speciale<br />
UP IN THE AIR<br />
TRIAGE<br />
l’esordiente Stefania Sandrelli) e attrici di rilievo (Streep, Helen<br />
Mirren, la madrina Margherita Buy), di temi ricorrenti come<br />
razzismo, totalitarismi, povertà ma anche spiritualità e sport –<br />
in generale c’è poco da ridere e le poche commedie sono<br />
intrise di disgrazie. Ad ogni modo, ciò che conta è la qualità e<br />
per formulare giudizi occorrerà attendere la fine dei giochi.<br />
Molte le opere sulla carta interessanti, a cominciare dagli<br />
italiani cui dedichiamo ampio spazio in questo numero,<br />
L’uomo che verrà di Diritti, Alza la testa di Angelini e Viola<br />
di mare della Maiorca: una strage nazista attraverso gli occhi<br />
di una famiglia dell’appennino tosco-emiliano e in particolare<br />
di una bambina; un rapporto padre-figlio tra pregiudizi e<br />
dolore e la sfida alle convenzioni di una coppia lesbica nella<br />
Sicilia dell’800. Di omosessualità parla anche Brotherhood del<br />
danese di origini italiane Nicolo Donato, al debutto con la<br />
storia di due neonazisti, un apprendista e il suo mentore, tra i<br />
quali scocca una clamorosa scintilla tra un raid punitivo e<br />
l’altro. L’isola di Dawson, nello stretto di Magellano, ha visto<br />
imprigionare e torturare dopo il golpe anti-Allende tutti i<br />
collaboratori e ministri del presidente: il regista cileno a lungo<br />
in esilio Miguel Littin ne parla in Dawson Isla 10, tra il 1973<br />
ed oggi. Regimi e martiri anche in Popieluszko di Rafal<br />
Wieczynski, sul sequestro e omicidio del<br />
cappellano di Solidarnosc nella Varsavia<br />
del 1984, evento che ha accelerato la<br />
fine del regime di Jaruzelski (già<br />
narrato in Un prete da uccidere della<br />
Holland nell’88); a 25 anni dalla<br />
morte, ad accompagnare il film<br />
sarà Lech Walesa. Le concert di<br />
Radu Mihaileanu (primo regista<br />
romeno ad affacciarsi alla<br />
notorietà col travolgente Train<br />
de vie) concede una rivincita<br />
Tutti i film del festival<br />
CONCORSO<br />
After, Alberto Rodriguez …Alza la testa, Alessandro Angelini<br />
…Brotherhood, Nicolo Donato …Chaque jour est une fête, Dima El-<br />
Horr …Dawson Isla 10, Miguel Littin …The last station, Michael<br />
Hoffman …Plan B, Marco Berger …Qingnian, Geng Jun …Les regrets,<br />
Cédric Kahn …Triage, Danis Tanovic …L’uomo che verrà, Giorgio<br />
Diritti …Up in the air, Jason Reitman …Viola di mare, Donatella<br />
Maiorca …Vision, Margarethe von Trotta<br />
Giuria: Milos Forman (presidente), Assia Djebar, Gabriele Muccino, Gae<br />
Aulenti, Jean-Loup Dabadie, Pavel Lungin, Senta Berger<br />
FUORI CONCORSO<br />
Christine Cristina, Stefania Sandrelli …The city of your final<br />
destination, James Ivory …Le concert, Radu Mihaileanu …Io, Don<br />
Giovanni, Carlos Saura …Julie & Julia, Nora Ephron …Lang zai ji/The<br />
warrior and the wolf, Zhuangzhuang Tian …Oggi sposi, Luca Lucini<br />
…A serious man, Joel e Ethan Coen …Hachiko: a dog’s story, Lasse<br />
Hallström …Astro Boy, David Bowers<br />
EVENTI SPECIALI<br />
Red riding trilogy, Autori Vari …Parnassus l’uomo che voleva<br />
ingannare il diavolo, Terry Gilliam …Omaggio a Roma, Franco<br />
Zeffirelli …La maglietta rossa, Mimmo Calopresti …L’uomo dalla<br />
bocca storta, Emanuele Salce, Andrea Pergolari …Dive allo specchio,<br />
Gilles Jacob …Le ragazze di piazza di Spagna, Luciano Emmer<br />
L’ALTRO CINEMA<br />
American boy: a profile of Steven Prince, Martin Scorsese, Tommy<br />
Pallotta …Con artist, Michael Sladeck …Fratelli d’Italia, Claudio<br />
Giovannesi …Garbo, the man who saved the world, Edmon Roch<br />
…I knew it was you, Richard Shepard …L’Italia del nostro<br />
scontento, Elisa Fuksas, Francesca Muci, Lucrezia Le Moli …Latta e<br />
café, Antonello Matarazzo …Mamachas del ring, Betty M. Park …Pin<br />
2011, Torsten König …The one man Beatles, Cosimo Messeri<br />
…Severe clear, Kristian Fraga …Sons of Cuba, Andrew Lang<br />
Giuria: Folco Quilici (presidente), Francesco Conversano, Salvo Cuccia,<br />
Giovanna Gagliardo, Gianfranco Pannone, Franco Diavoli, Sherin Salvetti<br />
Fuori concorso: The afterlight, Alexei Kaleina …Bancs publics,<br />
Bruno Podalydès …Bunny and the bull, Paul King …Corked!, Paul<br />
Hawley …Het Leven uit een dag, Mark De Cloe …Jury<strong>ok</strong>u Pierrot,<br />
Jun-ichi Mori …Moja krew, Marcin Wrona …Rewizyta, Krzysztof<br />
Zanussi …Simon Konianski, Micha Wald …T<strong>ok</strong>yo Ningen Kigeki,<br />
Koji Fukada …Paulo Coelho’s The experimental witch, Aa. Vv.<br />
Eventi speciali: Antonio Ligabue: fiction e realtà, Salvatore Nocita<br />
…Immota manet, Gianfranco Pannone …L’Aquila bella mè, Pietro<br />
Pelliccione, Mauro Rubeo …Rupi del vino, Ermanno Olmi …Maria Lai.<br />
Ansia d’infinito, Clarita Di Giovanni …Sotto il Celio azzurro,<br />
Edoardo Winspeare …University of Southern California – Giovani<br />
autori dell’animazione, Aa. Vv. …H.O.T. – Human Organ Traffic,<br />
Roberto Orazi<br />
ALICE NELLA CITTA’<br />
To be all and end all, Bruce Webb …A boy called dad, Brian Percival<br />
…Dear Lemon Lima, Suzi Yoonessi …Last ride, Glendyn Ivin<br />
…Marpiccolo, Alessandro di Robilant …1981, Ricardo Trogi …Nat e il<br />
segreto di Eleonora, Dominique Monféry …Prinsessa – Starring<br />
Maja, Teresa Fabik …La regate, Bernard Bellefroid …Skellig, Annabel<br />
Jankel …Vegas, Gunnar Vikene …Winter in wartime, Martin<br />
Koolhoven …Turtle the incredibile journey, Nick Stringer<br />
OCCHIO SUL MONDO<br />
The cove, Louise Psihoyos …Ghost bird, Scott Crocker …Strade<br />
d’acqua, Augusto Contento …The end of the line, Rupert Murray<br />
…La questione nucleare, Ugo Fabrizio Giordani …1000 year song of<br />
Baobab, Seiichi Motohashi …H2Oil, Shannon Walsh<br />
VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong> 21
speciale Roma ‘<strong>09</strong><br />
Da Roma alle sale<br />
Escono a ridosso del festival romano diversi<br />
titoli interessanti: oltre ai film in concorso di<br />
Alessandro Angelini e Donatella Maiorca<br />
(per il film di Diritti dovremo aspettare i<br />
primi del 2010) e a Marpiccolo di<br />
Alessandro di Robilant, ecco cosa troverete<br />
in sala dalla metà alla fine di ottobre.<br />
IO, DON GIOVANNI<br />
di Carlos Saura<br />
con Lorenzo Balducci,<br />
Lino Guanciale, Ennio<br />
Fantastichini (Lucky Red)<br />
Coproduzione italospagnola<br />
sul librettista<br />
Lorenzo Da Ponte, la cui vita dissoluta lo costringe<br />
all’esilio da Venezia a Vienna, dove conosce Mozart<br />
che da lui trarrà ispirazione per il Don Giovanni.<br />
JULIE & JULIA<br />
di Nora Ephron<br />
con Meryl Streep, Amy<br />
Adams, Stanley Tucci<br />
(Sony)<br />
Ispiratrice della cucina<br />
“alla francese” per molte<br />
donne americane: Julia Child, nella recente<br />
commedia dell’autrice di Insonnia d’amore in cui la<br />
fama e le ambizioni dell’autrice e cuoca che nel ’48<br />
pubblicò il suo libro più famoso vengono rievocate<br />
da una trentenne di oggi, Julie Powell, che in<br />
difficoltà sul lavoro e nella vita si mette sulle orme<br />
della donna e apre un blog dove racconta le sue<br />
esperienze in cucina.<br />
OGGI SPOSI<br />
di Luca Lucini<br />
con Luca Argentero,<br />
Michele Placido, Isabella<br />
Ragonese, Carolina<br />
Crescentini, Filippo Nigro,<br />
Renato Pozzetto<br />
(Universal)<br />
Cast corale per quattro matrimoni molto<br />
movimentati, dal poliziotto pugliese che vuole<br />
sposare la figlia dell’ambasciatore indiano ai due<br />
precari che cercano di imbucare tutti gli invitati a<br />
una festa di nozze vip al pubblico ministero che<br />
cerca di dissuadere l’anziano padre dallo sposare<br />
una giovane massaggiatrice. Lucini è un nome<br />
ormai affermato nella commedia contemporanea,<br />
anche grazie al lavoro dello sceneggiatore Fabio<br />
Bonifacci.<br />
L'INCREDIBILE<br />
VIAGGIO<br />
DELLA TARTARUGA<br />
di Nick Stringer<br />
Regista militante<br />
ecologista, Stringer ci<br />
immerge nell'habitat<br />
delle tartarughe marine, grazie a 5 anni di riprese<br />
in alta <strong>def</strong>inizione. Voce italiana di Paola Cortellesi<br />
22 VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
THE LAST STATION<br />
tardiva al direttore d’orchestra del Bolshoj licenziato dal regime sovietico e diventato<br />
custode del teatro moscovita. Ma c’è anche l’attualità con Triage di Danis Tanovic<br />
(No man’s land): Colin Farrell fotoreporter di ritorno dal Kurdistan, ossessionato dai<br />
ricordi e dalla scomparsa del collega (al montaggio la nostra Francesca Calvelli, dopo il<br />
magnifico lavoro per Vincere di Bellocchio); con Qingnian (Gioventù) di Geng Jun,<br />
ambientato in una provincia cinese ai confini con la steppa siberiana dove il miracolo<br />
economico non è arrivato; con Up in the air del sulfureo Jason Reitman (vinse a<br />
Roma due anni fa con Juno), George Clooney tagliatore di teste che sfugge alla realtà<br />
accumulando e spendendo punti mille miglia aereo dopo aereo. Anche sul fronte<br />
biografie non mancano figure affascinanti, come Cristina da Pizzano, letterata e<br />
donna emancipata ante litteram nel Medioevo, rievocata da Stefania Sandrelli alla<br />
prima regia con la figlia Amanda nel ruolo di Christine Cristina, Alessio Boni e<br />
Alessandro Haber. Come l’anziano Leo Tolstoj attratto dalla dottrina utopica,<br />
spogliatosi di tutti i beni nello sconcerto della moglie Sofia (protagonisti Helen Mirren<br />
e Christopher Plummer) in The last station di Michael Hoffman. Come Hildegard von<br />
Bingen, badessa di convento in preda a visioni mistiche e sospettata di eresia in<br />
Vision di Margarethe von Trotta, che ritrova la Barbara Sukowa di Anni di piombo.<br />
Desta curiosità il ritorno di James Ivory, dopo la scomparsa del sodale Ismail<br />
Merchant, che in The city of your final destination, con Anthony Hopkins, Laura<br />
Linney e Charlotte Gainsbourg affronta il romanzo di Peter Cameron su un biografo<br />
alle prese con la strampalata famiglia di<br />
uno scrittore scomparso. I Coen sono gli<br />
autori più attesi a Roma, fuori concorso<br />
per loro scelta: il loro A serious man è la<br />
vicenda grottesca di un insegnante<br />
universitario ebreo, che nel Minnesota del<br />
1967 cade sempre più in basso tra lavoro,<br />
famiglia e fede. Dilemmi morali e teologici<br />
in un film dall’umorismo corrosivo con<br />
attori sconosciuti. Sul versante amour fou,<br />
l’argentino Plan B di Marco Berger ed il<br />
francese Les regrets di Cédric Kahn, con<br />
Valeria Bruni Tedeschi e Yvan Attal. Sul<br />
fronte sociale-surreale, Chaque jour est<br />
une fête della libanese Dima El-Horr<br />
descrive tre donne, in viaggio verso il<br />
carcere che ospita i loro mariti, smarrite<br />
nel deserto (una di loro è la grande Hiam<br />
Abbass). Sul fronte fantastico,<br />
Zhuangzhuang Tian in The warrior and<br />
the wolf mette in scena tribù ribelli,<br />
spargimenti di sangue e licantropia nel<br />
deserto del Gobi di 2000 anni fa, mentre<br />
HACHIKO: A DOG’S STORY<br />
il supereroe suo malgrado Astro Boy
(produzione Usa di David Bowers) è tratto<br />
dal manga di Osamu Tezuka e, sempre<br />
dalla creatività giapponese, Hachiko: a<br />
dog’s story di Lasse Hallström parla del<br />
legame indissolubile tra un cane e il suo<br />
padrone (Richard Gere). In concorso anche<br />
lo spagnolo After di Alberto Rodriguez, su<br />
trentenni insoddisfatti, fuori concorso la<br />
trilogia nata per la britannica Channel 4<br />
Red riding, crimini efferati nella<br />
campagna dello Yorkshire dai romanzi di<br />
David Peace, regia di Julian Jarrold, James<br />
Marsch (lo scorso anno a Roma col premio<br />
Oscar Man on wire) e Anand Tucker. Il<br />
documentario di Mimmo Calopresti La<br />
maglietta rossa, su Adriano Panatta che<br />
vinse la Coppa Davis con un indumento che<br />
sfidava il regime cileno nel 1976. Giovani<br />
fan in visibilio con l’omaggio a Heath<br />
Ledger (le prime prove registiche con la<br />
scuola di cinema The masses e il film in<br />
uscita Parnassus) e l’anticipazione di New<br />
moon, secondo capitolo di Twilight.<br />
Da sempre fiore all’occhiello della<br />
manifestazione, L’Altro Cinema è<br />
incentrato quest’anno su una sezione<br />
competitiva con 12 documentari, 11<br />
lungometraggi fuori concorso e qualche<br />
evento speciale. Tra i maestri, Ermanno<br />
Olmi con Rupi del vino prosegue il suo<br />
viaggio tra i ritmi e i prodotti della terra,<br />
ripetendo il viaggio in Valtellina di Mario<br />
A SERIOUS MAN<br />
CHRISTINE CRISTINA LE CONCERT<br />
Soldati; Martin Scorsese riprende con<br />
Tommy Pallotta, in American boy, il<br />
ritratto dell’amico molto scapestrato<br />
Steven Prince, iniziato nel 1978 con un film<br />
che si credeva perduto. Tra i temi<br />
affrontati, gli adolescenti italiani di<br />
seconda generazione in Fratelli d’Italia di<br />
Claudio Giovannesi; l’ambiente, i giovani<br />
d’oggi e la politica ne L’Italia del nostro<br />
scontento a firma Fuksas, Muci e Le Moli;<br />
il dopo terremoto ne L’Aquila bella mè di<br />
Pelliccione e Rubeo e nel corto collettivo<br />
Immota manet a cura di Gianfranco<br />
Pannone; i ritratti degli artisti Maria Lai,<br />
Riccardo Dalisi, Mark Kostabi e Antonio<br />
Ligabue; le donne wrestler in Bolivia e i<br />
giovani pugilatori a Cuba, la spia Garbo<br />
tra nazisti e alleati avvolta nella cinefilia, il<br />
diario del graffitista tedesco Pin 2011, il<br />
traffico di organi e i corti animati<br />
dell’università della Southern California; gli<br />
sforzi degli insegnanti di una materna<br />
multietnica a Roma diretti da Edoardo<br />
Winspeare, la pop star<br />
Emitt Rhodes<br />
caduta nell’oblio<br />
(dirige Cosimo<br />
Messeri,<br />
producono<br />
Barbagallo e<br />
Mazzacurati).<br />
Ma su tutti,<br />
due ritratti si<br />
impongono: il<br />
marine Mike<br />
Scotti che ha<br />
filmato gli<br />
orrori<br />
dell’invasione<br />
dell’Iraq<br />
affidandoli a<br />
Kristian Fraga<br />
(Severe clear) e<br />
l’attore John Cazale,<br />
THE CITY OF YOUR FINAL DESTINATION<br />
cinque film con Coppola, Lumet e Cimino e<br />
una morte prematura: all’epoca era<br />
fidanzato con Meryl Streep, intervistata<br />
assieme a Pacino, De Niro, Coppola in I<br />
knew it was you. Tra i film fuori<br />
concorso, il road movie mentale, “da<br />
appartamento” Bunny and the bull<br />
dell’inglese Paul King; la bizzarra<br />
commedia corale Bancs publics di Bruno<br />
Podalydès con un cast all star (Darroussin,<br />
Deneuve, Amalric, Mastroianni, Arditi); il<br />
mystery familiare Jury<strong>ok</strong>u Pierrot di Junichi<br />
Mori, la Experimental witch che<br />
Paulo Coelho ha realizzato affidando il suo<br />
libro La strega di Portobello ai lettori via<br />
web; il polacco Moja krew sull’intesa tra<br />
un pugile menomato e una immigrata<br />
vietnamita; il viaggio nella memoria<br />
dell’Olocausto Simon Konianski di Micha<br />
Wald, con toni da commedia; il tocco<br />
rohmeriano del giapponese Koji Fukada e<br />
Krzysztof Zanussi che rivisita i personaggi<br />
di alcune sue opere del passato con gli<br />
attori di allora, invecchiati. Nel folto<br />
programma anche l’incontro duetto tra<br />
Gabriele Muccino e Giuseppe Tornatore e<br />
quello con Asia Argento.<br />
Si parlerà per lo più inglese e francese in<br />
Alice nella città, vicende agrodolci su<br />
infanzia e adolescenza non prive di<br />
drammi, con attori come Tim Roth<br />
(angelo-gufo in Skellig), Hugo<br />
Weaving e Ian Hart. Da segnalare<br />
l’italiano Marpiccolo di<br />
Alessandro di Robilant e<br />
l’animazione italo-francese Nat<br />
e il segreto di Eleonora di<br />
Dominique Monféry, ritorno<br />
dopo liti e vicissitudini<br />
della torinese Lanterna<br />
Magica.<br />
MARIO MAZZETTI<br />
LES REGRETS<br />
VIVILCINEMA settembreottobre08 23
intervista<br />
FILMOGRAFIA - Viol@ (1998), La squadra<br />
– serie TV (2006), La stagione dei delitti –<br />
serie TV (2007), Viola di mare (20<strong>09</strong>)<br />
Donatella Maiorca<br />
Uomo per forza<br />
Dieci anni dopo l’esordio di<br />
Viol@, Donatella Maiorca, che nel frattempo<br />
si è dedicata alla televisione – “per<br />
sopravvivere”, tiene subito a precisare – torna<br />
al cinema con Viola di mare per raccontare<br />
un’altra inconsueta storia d‘amore. Se nel<br />
primo film la protagonista era una ragazza<br />
coinvolta in una relazione virtuale attraverso<br />
la rete, questa volta al centro dell’intreccio c’è<br />
la passione fra due giovani donne nella Sicilia<br />
di fine Ottocento. Facile intuire che quello fra<br />
Angela e Sara è un amore scandaloso,<br />
contrastato, quasi impossibile; proprio per<br />
questo Angela è costretta a trasformarsi in<br />
Angelo, ovvero fingere di essere un uomo,<br />
nascondere il seno, indossare la coppola,<br />
fumare il sigaro. “Il mio film – precisa<br />
Donatella Maiorca – racconta la storia di due<br />
donne in lotta per l’affermazione dell’amore<br />
e insieme un lungo percorso finalizzato alla<br />
riacquisizione di un’identità femminile.<br />
Tuttavia vorrei chiarire che Viola di mare<br />
non vuol essere un film manifesto in chiave<br />
femminista. Non sono omosessuale e non<br />
volevo realizzare un film bandiera.<br />
La storia – prosegue la regista – è ambientata<br />
nel passato ma credo che la vicenda narrata<br />
sia ancora molto attuale, basti pensare alla<br />
condizione della donna in molte società del<br />
Sud del mondo. Per questo motivo, pur<br />
cercando di essere storicamente rigorosa, ho<br />
cercato di ridurre all’osso costumi e<br />
24 VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
Ennio Fantastichini Isabella Ragonese e Valeria Solarino<br />
Opera seconda a 10 anni di distanza dal debutto, “Viola di mare” è una storia<br />
d’amore che affronta pregiudizi e convenzioni nella Sicilia di fine ‘800,<br />
con Valeria Solarino e Isabella Ragonese. Le musiche sono di Gianna Nannini<br />
scenografie, evitando dal punto di vista<br />
iconografico lo stereotipo della Sicilia. Il mio<br />
film è un po’ come sospeso nel tempo,<br />
proprio per avvicinarlo ai nostri giorni”.<br />
Come è nata l’ispirazione per il film?<br />
Alla base del film c’è il romanzo Minchia di re<br />
di Giacomo Pilati. Un’amica giornalista, Pina<br />
Mandolfo, me lo ha segnalato e, dopo averlo<br />
divorato, ho subito pensato di farne un film.<br />
Ho lavorato alla sceneggiatura con la<br />
Mondolfo, Donatella Diamanti e Mario<br />
Cristiani e, pur non partecipando<br />
direttamente al lavoro di scrittura, Pilati ci è<br />
stato molto vicino, con consulenze ed<br />
incoraggiamenti. Il libro è molto barocco e<br />
poetico, il film volutamente più scarno.<br />
Peraltro la vicenda raccontata nel libro nasce<br />
da una storia vera, protagonista una donna<br />
nata nel 1868 e vissuta per cento anni, quindi<br />
testimone e protagonista di un’infinità di<br />
rivoluzioni sociali e culturali.<br />
Qual è il senso del titolo del nuovo film?<br />
Il nome Viola intende metaforicamente<br />
suggerire una connessione con la sua<br />
opera prima?<br />
Niente affatto. La doppia presenza del nome<br />
Viola nel titolo dei due film è del tutto<br />
casuale. Viola di mare è il nome di un pesce<br />
ermafrodito del Mediterraneo che nasce<br />
femmina, depone le uova e successivamente<br />
si trasforma in maschio. Questo pesce ha<br />
anche vari nomignoli dialettali e in siciliano è<br />
chiamato Minchia di re, appunto il titolo del<br />
romanzo. Diciamo che abbiamo<br />
semplicemente tradotto in italiano il titolo<br />
originale...<br />
È stato difficile trovare e ricostruire la<br />
Sicilia di fine Ottocento?<br />
Sono siciliana e pertanto possiedo<br />
un’approfondita conoscenza della mia<br />
regione. Questo mi ha aiutato ad individuare<br />
abbastanza celermente le location. Le riprese<br />
si sono svolte tutte dal vero, fra l’isola di<br />
Favignana e Custunaci, un paesino<br />
dell’entroterra fra Palermo e Trapani, senza<br />
alcuna ricostruzione scenografica, anche<br />
perché non avevamo alle spalle una<br />
produzione così ricca.<br />
Gran parte della squadra tecnica del film<br />
(direttore della fotografia, scenografia,<br />
costumi, musica, produzione) è composta<br />
da donne: una scelta voluta per<br />
sottolinearne il carattere femminile?<br />
Non si tratta di una scelta decisa<br />
prioritariamente a tavolino, ma di un processo<br />
naturale, del tutto involontario per certi versi.<br />
Le direttrici della fotografia, ad esempio, sono<br />
ancora delle eccezioni, ma con Roberta<br />
Allegrini, che ritengo bravissima, avevo già<br />
collaborato ed è stato logico rivolgermi a lei.<br />
Quanto alle musiche sono molto fiera della<br />
presenza di Gianna Nannini, che offre al film<br />
un valore aggiunto.<br />
La scelta degli interpreti è stata<br />
altrettanto semplice?<br />
Assolutamente sì: per il ruolo di Angela/Angelo<br />
avevo bisogno di un’attrice che potesse<br />
interpretare il doppio ruolo senza cadere nel<br />
grottesco o nel ridicolo. Valeria Solarino<br />
possiede una fisicità che si presta facilmente<br />
alle trasformazioni; può essere molto sexy ma<br />
apparire anche un po’ un ragazzino, insomma<br />
era proprio l’attrice ideale per il ruolo. Per Sara<br />
ho pensato subito a Isabella Ragonese perché,<br />
oltre ad essere un’ottima attrice, come del<br />
resto Valeria, è anche siciliana e, pertanto, in<br />
grado di arricchire il personaggio di certe<br />
sfumature caratteriali e psicologiche. Mi piace,<br />
infine, ricordare la presenza di Ennio<br />
Fantastichini e Giselda Volodi nel ruolo dei<br />
genitori di Angela, che non volevo apparissero<br />
dei mostri, bensì il retaggio di una società<br />
ipocrita e bigotta, quindi dei personaggi<br />
negativi, ma per certi versi comunque<br />
comprensibili. Sono molto soddisfatta della<br />
prestazione dei miei attori.<br />
FRANCO MONTINI
IL NASTRO BIANCO<br />
DAL 30 OTTOBRE AL CINEMA
Intervista Alessandro Angelini<br />
FILMOGRAFIA - El barrilete (2005, doc.),<br />
L’aria salata (2006), Alza la testa (20<strong>09</strong>)<br />
26<br />
L’autore del film<br />
La ruggine addosso<br />
Per la seconda volta<br />
Alessandro Angelini è in concorso al Festival<br />
di Roma, dove nel 2006 il suo bel film<br />
d’esordio, L’aria salata, vinse il premio per<br />
l’interpretazione di Giorgio Colangeli. Con<br />
l’opera seconda, Alza la testa, il giovane<br />
regista romano torna a raccontare un<br />
complesso personaggio maschile,<br />
interpretato da Sergio Castellitto, e il suo<br />
percorso di caduta e redenzione, scritto<br />
insieme ad Angelo Carbone e Francesca<br />
Marciano. Lo spunto iniziale è ancora un<br />
rapporto padre-figlio, in questo caso un<br />
padre single, che cerca di crescere il figlio<br />
adolescente nel modo migliore,<br />
proteggendolo dalle cose che hanno ferito<br />
lui nella vita. Lorenzo (Gabriele Campanelli)<br />
rappresenta per Antonio Mero una promessa<br />
di risarcimento alle proprie delusioni<br />
sentimentali e sportive, ed è per questo che<br />
lo allena con tanto accanimento alla boxe,<br />
sport nel quale lui non è riuscito ad andare<br />
oltre la carriera di dilettante. Quando<br />
Lorenzo comincia ad avere i primi autonomi<br />
successi sportivi e si innamora di una ragazza<br />
straniera, Mero cerca di fermarlo per timore<br />
VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
Gabriele Campanelli e Sergio Castellitto<br />
A tre anni dal notevole “L’aria salata”, l’autore romano si avvale di un gigantesco Sergio<br />
Castellitto per raccontare di un nuovo difficile rapporto padre-figlio in “Alza la testa”<br />
di perderlo, ma i contrasti che ne nascono<br />
scatenano tragiche conseguenze. Dopo il<br />
grande dolore della perdita, Mero dovrà<br />
cambiare atteggiamento per rimettere mano<br />
ai propri errori e cercare di rialzarsi in piedi.<br />
Inizierà un viaggio alla ricerca di una persona<br />
nella quale intravede l’unica possibilità di<br />
salvezza, ma il viaggio sarà anche dentro di<br />
sé. Sonia, la figura intorno alla quale ruota la<br />
seconda parte del film, è interpretata da<br />
Anita Kravos, già protagonista di Come<br />
l’ombra; Denisa, la madre di Lorenzo, da Pia<br />
Lanciotti; Ana, la ragazza romena di cui si<br />
innamora il ragazzo, da Laura Ilie.<br />
Mero ama il figlio ma lo vuole<br />
indirizzare secondo i propri desideri, è<br />
ostile agli stranieri ma si trova<br />
continuamente ad aver a che fare con<br />
loro, vive in un mondo maschile ma le<br />
sue certezze sono “minacciate” dalle<br />
donne. Che persona è Mero?<br />
Mero non è un personaggio accattivante.<br />
Quando vuole essere simpatico è di una<br />
simpatia per così dire grezza, quando è<br />
antipatico capisci che lo è perché ci sono<br />
state circostanze che lo hanno segnato. Fa<br />
l’operaio nautico in un cantiere di Fiumicino<br />
ma, pur costruendo barche, è ancorato al suo<br />
ambiente e alle sue convinzioni. Non ha mai<br />
viaggiato e ha una chiusura totale verso gli<br />
extracomunitari, nonostante lavori con molti<br />
di loro. Con i colleghi del cantiere – fra i quali<br />
Giorgio Colangeli – tutti cinquantenni e soli,<br />
ha formato una specie di famiglia virile, in cui<br />
è costretto a muoversi anche il figlio,<br />
cresciuto senza una figura femminile di<br />
riferimento. Questo fragile<br />
equilibrio è rotto dall’arrivo di<br />
una ragazzina che viene da un<br />
paese straniero, nella quale<br />
Lorenzo ritrova qualcosa<br />
della madre e Mero lo<br />
spettro del suo<br />
matrimonio<br />
fallito con una<br />
donna albanese.<br />
Da quel momento<br />
il suo obiettivo<br />
diventa quello di<br />
impedirgli di<br />
compiere i suoi stessi<br />
errori.
Come ha contribuito Sergio Castellitto<br />
alla caratterizzazione di Mero?<br />
Il film è costruito su un unico personaggio,<br />
sul suo modo di vivere i rapporti e i<br />
sentimenti, e avere Sergio è stata la mia<br />
fortuna. Ho pensato a lui fin dall’inizio e lui<br />
ha accettato la parte ancora prima che fosse<br />
scritta la sceneggiatura. Ha colto subito<br />
l’essenza del personaggio ed è stato disposto<br />
ad arricchirlo di dettagli e suggestioni con un<br />
entusiasmo e una partecipazione<br />
meravigliosi. Ha praticamente scritto il film<br />
con la sua interpretazione: nell’arco di un’ora<br />
e mezzo riesce a far ridere, piangere,<br />
suscitare rabbia, cambiando continuamente<br />
registro di recitazione.<br />
Hai dichiarato di amare i “personaggi<br />
con la ruggine addosso”, come Mero e<br />
Luigi Sparti de L’aria salata.<br />
Cosa trovi in loro di<br />
interessante da<br />
raccontare?<br />
Mi piacciono perché sono<br />
persone indomite, che<br />
agiscono e non si<br />
fermano mai, pur<br />
commettendo<br />
molti errori.<br />
Sentono che<br />
l’ago della<br />
bilancia pende<br />
a loro sfavore,<br />
pensano di<br />
meritarsi di<br />
più dalla vita<br />
e di non avere più tempo. Allora provano a<br />
forzare la situazione e spesso passano il<br />
segno, facendo peggiorare le cose. Io ne ho<br />
conosciute tante di persone così, e la cosa che<br />
mi affascina di loro è che ci provano sempre,<br />
fino in fondo. Questo è il tratto<br />
fondamentale di Mero, che non capisce mai<br />
quando è ora di smettere, ma proprio per<br />
questo riesce sempre a ottenere qualcosa, a<br />
rimettersi in piedi. Nel pugilato, l’importante<br />
è rimanere in piedi anche se si prendono i<br />
pugni, e sapersi rialzare quando si cade. Allo<br />
stesso modo ciò che anima queste persone è<br />
la volontà di farcela, l‘idea che un giorno<br />
riusciranno ad ottenere quello che si<br />
meritano.<br />
Nel film precedente adottavi una<br />
costruzione molto rigorosa, quasi<br />
documentaristica. Qui la storia è più<br />
articolata e ricca di sorprese. In che<br />
modo sei intervenuto sul modo di<br />
raccontarla?<br />
Può sembrare che Alza la testa parta dalle<br />
stesse premesse de L’aria salata, ma non è<br />
così. Questo film mescola i generi<br />
continuamente con una grande libertà<br />
narrativa. Volevamo che la struttura fosse<br />
spiazzante, come le aspettative e le sorprese<br />
della vita, che ti butta all’aria un progetto,<br />
per il quale magari ti sei allenato a lungo, e ti<br />
costringe a ricominciare da capo o a<br />
cambiare strada. Inizia come una commedia<br />
anche un po’ sgangherata, poi diventa un<br />
romanzo di formazione, una storia d’amore,<br />
un dramma, per concludersi con un finale<br />
Castellitto con Laura Ilie<br />
surreale e quasi favolistico. C’è dentro tutto:<br />
l’idea di ridere, piangere e dare il classico<br />
colpo allo stomaco. Spero che arrivi allo<br />
spettatore così come è stato pensato.<br />
Ne L’aria salata c’era un attento studio<br />
di ambienti e di luci, un dialogo intenso<br />
fra il concetto di “apertura” e<br />
“chiusura”. Anche in questo caso le<br />
ambientazioni aggiungono significati<br />
ulteriori al percorso umano di Mero?<br />
Dovendo trattare la parabola di un uomo,<br />
siamo partiti da luoghi fermi e chiusi – il<br />
cantiere, la palestra, il quartiere popolare e<br />
duro, che sta asserragliato in difesa dei suoi<br />
abitanti – per concludere con il movimento e<br />
l’apertura del viaggio, che non è solo un<br />
viaggio geografico. Mero si ritrova ai confini<br />
dell’Italia, a Gorizia, in un luogo in cui è lui lo<br />
straniero. Va a conoscere qualcuno di cui non<br />
sa nulla, non sa cosa aspettarsi e non ha più<br />
alcun punto fermo. Mi piace pensare che<br />
anche in casi estremi come questo, quando si<br />
è perso tutto, c’è sempre la possibilità di<br />
compiere un gesto inatteso e – forse –<br />
pacificatorio per “rialzare la testa”. E qui<br />
vengo al titolo, Alza la testa, il consiglio che<br />
Mero dà sempre al figlio durante gli<br />
allenamenti di pugilato, esortandolo in<br />
questo modo anche a comportarsi con<br />
fierezza e a non aver paura di nessuno. Poi,<br />
nel cammino doloroso di Mero, questa frase<br />
diventa un monito a se stesso: “alza la testa”<br />
e guarda chi hai davanti. Riconosci l’altro,<br />
anche se è diverso da te.<br />
BARBARA CORSI<br />
VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
27
intervista<br />
28<br />
Giorgio Diritti<br />
La vita in tempo di guerra<br />
29 settembre – 5 ottobre<br />
1944. Circa ottocento civili furono assassinati<br />
dalle truppe naziste nel territorio emiliano di<br />
Marzabotto e nelle colline limitrofe di<br />
Montesole. Fra le vittime molti bambini. È<br />
questo lo scenario che accompagna il nuovo<br />
lavoro di Giorgio Diritti, L’uomo che verrà:<br />
il racconto di quei tragici giorni attraverso la<br />
storia di una famiglia e lo sguardo lucido ed<br />
innocente di Martina.<br />
Qual è stata la genesi del progetto?<br />
L’idea è nata molti anni fa. Avevo<br />
intervistato un monsignore responsabile<br />
della Caritas di Bologna. Era stato compagno<br />
di seminario di alcuni sacerdoti che sono<br />
morti a Montesole. Aveva scritto un libro, Le<br />
querce di Montesole che racconta i tragici<br />
fatti della strage di Marzabotto. Quella<br />
lettura mi ha aperto gli occhi su una vicenda<br />
che i libri di storia o l’immaginario collettivo<br />
raccontano in maniera diversa rispetto alla<br />
realtà dei fatti. In quel periodo però ero<br />
molto giovane e inesperto. Ho tentato di<br />
proporre il progetto di un film su quella<br />
vicenda senza ricevere alcuna risposta<br />
positiva. Poi nel ‘93 ho ripreso in mano<br />
l’idea. Ho fatto parecchie interviste a<br />
sopravvissuti e partigiani, iniziando il<br />
percorso che mi ha portato poi alla<br />
realizzazione della sceneggiatura.<br />
Nella scrittura che punto di vista hai<br />
utilizzato?<br />
Non volevo fare un film storico, anche se è<br />
importante parlare di questo pezzo di storia,<br />
mantenendo viva la memoria. Tanto meno<br />
VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
Claudio Casadio e Maya Sansa<br />
La strage di Marzabotto, il conflitto bellico visto dal basso ne “L’uomo che verrà”,<br />
attesa opera seconda per l’autore della rivelazione “Il vento fa il suo giro”, con Alba<br />
Rohrwacher e Maya Sansa accanto ad attori non professionisti<br />
un film bellico dove ci sono i vincitori buoni<br />
da una parte e i cattivi perdenti dall’altra.<br />
Volevo raccontare la vicenda di Marzabotto<br />
affrontando un tema purtroppo d’attualità,<br />
vale a dire la condizione dei civili nella<br />
guerra. I civili con la loro quotidianità, i<br />
sogni, le aspirazioni, i figli da crescere, il<br />
desiderio di migliorare la propria condizione<br />
sociale, il desiderio di affermarsi nel lavoro,<br />
l’innamorarsi. Sono stadi che facevano parte<br />
del loro vissuto e che logiche di dominio e di<br />
possesso, di ideologie come quella nazista,<br />
oppure d’interessi commerciali velati da altre<br />
cose, hanno in un attimo annientato insieme<br />
alle persone. Il film racconta la guerra vista<br />
in un certo senso dal basso, con il punto di<br />
vista di chi la subisce.<br />
Per farlo hai utilizzato gli occhi e il<br />
cuore di Martina.<br />
Ho utilizzato il punto di vista di una bambina<br />
per due motivi. Nella fase della fanciullezza<br />
c’è una dimensione bellissima, che è quella<br />
che ti porta a scoprire il mondo per<br />
conoscere gli elementi che lo compongono,<br />
pur non sapendo bene cosa essi siano. In<br />
questo sguardo innocente tante volte si<br />
nasconde una grande forza, quella che<br />
mette in luce le incoerenze e le stranezze<br />
del mondo degli adulti. L’altro aspetto è<br />
legato al fatto che nella strage di<br />
Marzabotto hanno perso la vita un alto<br />
numero di bambini, più di duecento di<br />
età inferiore agli otto/dieci anni.<br />
Oltre a Martina troviamo altre due<br />
donne: la madre interpretata da<br />
Maya Sansa e la zia interpretata da Alba<br />
Rohrwacher. Che caratteristiche hanno?<br />
Il mio è il racconto corale che ha per<br />
protagonista una tipica famiglia<br />
dell’Appennino di allora, immersa in una<br />
dimensione in cui la civiltà contadina era<br />
molto forte. Le famiglie erano dei nuclei<br />
multiformi dove convivevano tante persone.<br />
Il personaggio interpretato da Maya Sansa<br />
viveva la condizione di vita in campagna<br />
come una cosa normale. Maya è nella logica<br />
di una madre, spesso inglobata nelle<br />
dinamiche che relegavano il ruolo femminile<br />
in ambiti poco decisionali. Questo non<br />
accadeva ovunque: nelle altre regioni d’Italia,<br />
come in Piemonte, il matriarcato era molto<br />
forte. Qui nell’Appennino bolognese era la<br />
figura maschile che predominava. L’uomo<br />
andava a fare la spesa al paese, gestiva i<br />
soldi e prendeva le<br />
decisioni.<br />
Il regista del film
Al contrario, il personaggio interpretato da<br />
Alba cerca di affrancarsi, realizzarsi.<br />
All’epoca ad esempio si andava in città a<br />
servizio per conquistare il mondo, per<br />
elevarsi socialmente, per poter comprare un<br />
vestito in più, avere un ruolo diverso.<br />
Anche ne L’uomo che verrà, come era<br />
accaduto ne Il vento fa il suo giro, hai<br />
utilizzato il dialetto.<br />
Era importante conservare il più possibile la<br />
sensazione di salto nel tempo. Era<br />
fondamentale entrare nel 1944. L’ipotesi di<br />
parlare un italiano bolognesizzato non<br />
convinceva me e gli attori. Così ho optato<br />
per l’utilizzo di un dialetto che fosse più<br />
stretto ma reale. Certo, esiste la fatica dei<br />
sottotitoli ma si ha così la sensazione di<br />
tuffarsi in quell’epoca. Gli attori hanno fatto<br />
un grande lavoro di training. Maya e Alba<br />
sono state bravissime. Hanno avuto un bravo<br />
dialect coach che le ha istruite in ogni<br />
battuta, ha fatto loro un corso. La difficoltà<br />
nell’uso del dialetto non ha riguardato solo<br />
loro: altri attori anche del territorio<br />
regionale hanno faticato non<br />
poco.<br />
In quali territori hai<br />
girato?<br />
Gran parte del film è<br />
stata girata in<br />
Emilia, una parte<br />
in Toscana. Il<br />
progetto è nato<br />
con l’idea di<br />
essere<br />
Alba Rohrwacher e, sullo sfondo, Greta Zuccheri Montanari<br />
realizzato qui. È stato difficile trovare ancora<br />
un angolo di territorio che non avesse case<br />
ristrutturate o crollate. Abbiamo girato in<br />
gran parte nelle zone di Calderino Monte<br />
San Pietro, Castel San Pietro, poi ci siamo<br />
trasferiti in Toscana vicino a Radicondoli,<br />
dove abbiamo trovato una situazione<br />
bellissima. Questa scelta è legata anche alla<br />
disponibilità della Film Commission Toscana,<br />
che ha aderito al progetto entrando in<br />
coproduzione con una quota sul film.<br />
Quali sono gli altri partner produttivi?<br />
Il film è prodotto da Arancia Film e Rai<br />
Cinema con il sostegno dalla Fondazione<br />
Cassa di Risparmio di Bologna assieme alla<br />
Cineteca Comunale di Bologna. C’è anche un<br />
apporto finanziario da parte di un editore<br />
musicale che si chiama Borgatti. Molto<br />
importante anche il contributo del<br />
Ministero, mentre il film sarà distribuito<br />
dalla Mikado.<br />
Il film ha avuto a disposizione un<br />
budget di circa tre milioni e mezzo di<br />
euro, molto di più rispetto al tuo<br />
precedente lavoro. Come ti sei trovato a<br />
gestire più risorse finanziarie?<br />
Per molti aspetti il denaro semplifica e<br />
complica le cose. Con un budget così alto le<br />
responsabilità economiche sono pesanti,<br />
anche perché i meccanismi ministeriali sono<br />
lentissimi e quindi sei costretto a lavorare<br />
con le banche. Poi, nella gestione del film ho<br />
cercato di conservare e mantenere lo spirito<br />
che c’era stato nel lavoro precedente, con<br />
qualche professionista in più nei ruoli chiave<br />
e una troupe che ha visto Roberto Cimatti<br />
come direttore della fotografia, Giancarlo<br />
Basili come scenografo, Lia Morandini ai<br />
costumi, Paolo Barzoni ed io al montaggio.<br />
Sul set c’è stato un clima collaborativo e<br />
costruttivo da parte di tutti, c’era la voglia di<br />
fare cinema con passione, la piena<br />
condivisione sia dal punto di vista artistico<br />
che morale.<br />
Quanto è stato importante il lavoro di<br />
ricerca di luoghi e persone?<br />
Moltissimo. Il lavoro di preparazione è<br />
iniziato un anno prima delle riprese. In quel<br />
periodo abbiamo cercato i luoghi e le<br />
persone. Il lavoro di casting mi ha portato ad<br />
incontrare migliaia di persone, centinaia di<br />
bambini. Avevamo l’esigenza di trovare<br />
persone con i lineamenti che<br />
corrispondessero ai tratti di quel periodo: nel<br />
1944 la gente abitava in campagna, aveva<br />
fame e non mangiava, mentre oggi<br />
soprattutto i bambini hanno i tratti del<br />
benessere e dell’abbondanza. Altrettanto<br />
importante è stato il lavoro sulle location.<br />
Abbiamo lavorato a lungo per trovare due<br />
luoghi in particolare: una chiesa e un<br />
oratorio scuola. Ne abbiamo visti più di<br />
ottanta. Abbiamo censito tutto il territorio<br />
delle province di Bologna, Modena, Faenza.<br />
Importante è stato anche il lavoro<br />
preparatorio con la Cineteca di Bologna su<br />
tutto l’archivio fotografico e<br />
cinematografico di quegli anni, per il lavoro<br />
sui costumi.<br />
DAVIDE ZANZA<br />
VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong> 29
Alessandro di Robilant<br />
intervista<br />
FILMOGRAFIA - Il nodo alla cravatta (1981), Anche lei fumava il sigaro (1985), Il giudice ragazzino<br />
(1993), I fetentoni (1999), Per sempre (2003), L’uomo della carità (2006), Marpiccolo (20<strong>09</strong>)<br />
Percorso obbligato<br />
Tra criminalità e angeli custodi si dipana la storia del giovane Tiziano, inchiodato<br />
nel quartiere ghetto che si affaccia sul “Marpiccolo” di Taranto<br />
La struttura narrativa è quella<br />
del romanzo di formazione, ma il nuovo film<br />
di Alessandro di Robilant, Marpiccolo, è<br />
anche il ritratto di una città, Taranto, umiliata<br />
ed offesa. Al centro del racconto Tiziano, 17<br />
anni, abitante del quartiere Paolo VI, un<br />
labirinto di cemento sorto negli anni ’70 per<br />
svuotare la città vecchia e “deportare” in<br />
periferia gli abitanti più poveri e le fasce<br />
sociali a rischio. “Se nasci nel quartiere Paolo<br />
VI – commenta di Robilant – davanti a te si<br />
aprono solo tre prospettive: saltuari contratti<br />
trimestrali nella Nettezza Urbana; un posto<br />
fisso all’Ilva, con conseguente condanna ad<br />
una vita breve; oppure una rapida carriera<br />
nella criminalità. In questa situazione, è<br />
logico che i ragazzi più svegli e più capaci<br />
scelgano la terza strada. Ed è appunto ciò che<br />
nel film accade al protagonista che, anche<br />
per saldare i debiti contratti dal padre, si<br />
mette al servizio del boss del quartiere. Il film<br />
racconta la lenta ma inarrestabile caduta di<br />
Tiziano nel gorgo della criminalità, fino ad un<br />
tentato omicidio che non riesce e che<br />
conduce Tiziano dietro le sbarre. A salvare<br />
Tiziano da un destino che sembra segnato,<br />
comune alla maggior parte dei suoi amici e<br />
conoscenti, intervengono – prosegue il<br />
regista – tre angeli custodi che gli<br />
prospettano la possibilità di un’esistenza<br />
diversa: dapprima un’insegnante che lo<br />
spinge alla lettura e che cerca di dimostrargli<br />
come affrancarsi dall’ignoranza sia l’unica<br />
possibilità per uscire da un’esistenza priva di<br />
futuro; poi un educatore incontrato in<br />
carcere, infine la fidanzata, una giovane<br />
cameriera che combatte per ottenere ciò che<br />
dovrebbe essere offerto a tutti: una vita<br />
normale”.<br />
Dove hai tratto l’ispirazione per questo<br />
film?<br />
30 VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
Giulio Bernanek e Selenia Orzella<br />
È nata da un libro di Andrea Cotti, privo di<br />
una precisa collocazione geografica,<br />
intitolato Stupido. Dopo che avevo già<br />
avviato il lavoro di sceneggiatura, mi è<br />
capitato di passare per Taranto e mi sono<br />
reso conto che era la città perfetta per<br />
ambientare la storia sullo schermo. Così il<br />
copione è stato in buona parte riscritto, per<br />
armonizzarlo con la location scelta. Taranto è<br />
una città controversa, dove bellezza e<br />
mostruosità convivono una accanto all’altra.<br />
La parte vecchia, che ha origini greche, è<br />
molto suggestiva, ma sulla città incombe<br />
come un mostro lo stabilimento dell’Ilva, una<br />
fabbrica che produce lavoro e morte per gli<br />
scarichi di diossina che provocano malattie,<br />
anche genetiche. Il quartiere Paolo VI è<br />
abitato esclusivamente da donne e bambini:<br />
non ci sono uomini, non ci sono vecchi. L’Ilva<br />
divide in due la città, che si affaccia, come<br />
un’isola, su due mari. Il mare piccolo, che dà<br />
il titolo al mio film, è appunto quella distesa<br />
d’acqua su cui si affaccia il quartiere Paolo VI.<br />
Il film è stato interamente girato dal<br />
vero: non dev’essere stato facile entrare<br />
con una troupe in un quartiere, diciamo<br />
così, a rischio.<br />
La preparazione del film è durata molti mesi<br />
e le riprese si sono svolte successivamente alla<br />
nascita del rapporto di conoscenza e di<br />
reciproca fiducia che si è instaurato con gli<br />
abitanti del Paolo VI, favorito dall’intervento<br />
di un educatore di Taranto, molto noto in<br />
città: Giovanni Guarino. Poi, come accade<br />
sempre, superata la diffidenza gli abitanti si<br />
sono rivelati persone affidabilissime. Tutti ci<br />
hanno aperto le porte delle loro case e<br />
durante le riprese abbiamo potuto contare su<br />
una assoluta disponibilità. La cosa che<br />
personalmente più mi ha colpito è stato<br />
constatare come queste persone, che pure<br />
soffrono di molti problemi, siano legate fra<br />
loro da forti vincoli di solidarietà e<br />
possiedano una vitalità, una combattività,<br />
un’allegria incredibili. Le donne in particolare<br />
sono molto forti, molto determinate. Tutta<br />
questa energia ho cercato di trasferirla nel<br />
mio film, il cui tono è tutt’altro che dolente.<br />
Il cast di Marpiccolo accosta nomi noti e<br />
attori del tutto sconosciuti. Come sono<br />
stati scelti gli interpreti?<br />
Il problema più complicato è stato quello di<br />
trovare gli attori per i ruoli di Tiziano e della<br />
fidanzata. Volevamo degli interpreti che<br />
fossero pugliesi, meglio ancora se tarantini;<br />
per questo abbiamo fatto migliaia di provini,<br />
partendo dalle scuole. I presidi di solito ci<br />
spedivano gli alunni più meritevoli, i “bravi<br />
ragazzi”; noi invece avevamo bisogno di<br />
qualcuno che fosse anche un po’<br />
“mascalzone”. Un preside ha capito e ci ha<br />
proposto Giulio Bernanek, figlio di giostrai,<br />
papà serbo e mamma di origini spagnole, un<br />
ragazzo nato e cresciuto proprio nel<br />
quartiere Paolo VI, dall’intelligenza spiccata,<br />
dotato di grande gestualità; insomma<br />
perfetto per il ruolo di Tiziano. La fidanzata è<br />
invece Selenia Orzella, una ballerina che, per<br />
studiare danza, a 12 anni da Taranto si era<br />
trasferita a Roma; una ragazza molto<br />
concreta e determinata, proprio come il<br />
personaggio. Anche Michele Riondino, scelto<br />
per il ruolo del boss, è curiosamente di<br />
Taranto e sono comunque pugliesi anche<br />
Anna Ferruzzo e Nicola Rignanese, scelti per<br />
la parte dei genitori di Tiziano. Infine, a<br />
completare il cast, ci sono due attori che non<br />
sono pugliesi ma che apprezzo moltissimo:<br />
Valentina Carnelutti e Giorgio Colangeli, i<br />
due adulti angeli custodi di Tiziano.<br />
FRANCO MONTINI
NICOLA GIULIANO, FRANCESCA CIMA, MEDUSA FILM PRESENTANO<br />
KSENIA RAPPOPORT<br />
FILIPPO TIMI<br />
UN FILM DI<br />
GIUSEPPE CAPOTONDI<br />
DAL 9 OTTOBRE AL CINEMA<br />
www.indigofilm.it<br />
www.medusa.it
schede critiche<br />
MOTEL WOODSTOCK<br />
di Ang Lee<br />
Titolo originale: Taking Woodstock …Sceneggiatura:<br />
James Schamus dal libro di Elliot Tiber …Fotografia:<br />
Eric Gautier …Montaggio: Tim Squyres …Musiche:<br />
Danny Elfman …Interpreti: Demetri Martin, Dan<br />
Fogler, Liev Schreiber, Henry Goodman, Jonathan<br />
Groff, Imelda Staunton, Paul Dano, Mamie Gummer<br />
…Produzione: Focus Features …Distribuzione: Bim<br />
…Usa 20<strong>09</strong> …colore 120’<br />
WOODSTOCK come antidoto alla<br />
cupezza e come simbolo di<br />
liberazione sessuale nelle sue<br />
varianti, anche omosessuali. Così<br />
Ang Lee passa dai toni<br />
melodrammatici e disperati di film<br />
come Br<strong>ok</strong>eback Mountain e<br />
Lust, caution alla commedia<br />
generazionale e scanzonata con<br />
Motel Woodstock, dal libro<br />
autobiografico di Elliot Tiber che ha<br />
per sottotitolo A True Story of a<br />
Riot, a Concert, and a Life.<br />
Occasione perfetta il quarantennale<br />
di quella mitica “tre giorni di pace,<br />
amore e musica” che per l’eclettico<br />
regista taiwanese è lo spunto per<br />
raccontare “una notte fantastica,<br />
l’ultima notte prima della perdita<br />
dell’innocenza”.<br />
Lasciando sullo sfondo la musica,<br />
grande protagonista di quel mitico<br />
evento dell’agosto 1969 con nomi<br />
intervista Ang Lee<br />
Cosa l’affascinava del periodo in cui è<br />
ambientato Motel Woodstock?<br />
Per me il 1969 e Woodstock rappresentano il momento culmine di un<br />
periodo come gli anni Sessanta, che io considero l’ultima età<br />
dell’innocenza vissuta dalla nostra società. Dal punto di vista personale,<br />
poi, volevo cambiare qualcosa: negli ultimi tredici anni ho diretto sei<br />
film legati ad argomenti drammatici. Sentivo il bisogno di dedicarmi<br />
alla commedia e quando ho letto il libro scritto da Elliot Tiber ho<br />
sentito che era il film che volevo fare.<br />
Cosa rappresenta per lei il concerto di Woodstock?<br />
Ho saputo del concerto di Woodstock a Taiwan dalla televisione: ero<br />
molto giovane, seguivo la musica e avevo capito che erano successe<br />
molte cose divertenti in quei giorni. Nel corso del tempo, però, quel<br />
momento ha acquistato ai miei occhi un valore sempre più simbolico.<br />
Durante quel concerto è nata una nuova generazione che si è separata<br />
dal vecchio establishment, alla ricerca di una maniera migliore e più<br />
giusta di vivere con gli altri. A Woodstock si è<br />
celebrata una nuova era in cui le differenze di<br />
pelle, di credo e sociali hanno smesso di<br />
costituire delle barriere tra le persone. È stato un<br />
modo per iniziare a vivere in maniera pacifica<br />
con la Natura e con tutti gli esseri che ci<br />
circondano. Un evento vissuto dalle persone<br />
normali.<br />
suo produttore James Schamus, ha<br />
scelto di non usare né i filmati di<br />
repertorio né molti dei brani cult e<br />
persino il mitico palco si vede solo di<br />
sfuggita e in una distorsione<br />
lisergica. Così la colonna sonora del<br />
film, che comunque contiene 32<br />
brani d’epoca, ne esclude molti altri,<br />
anche per una questione di budget, e<br />
questo deluderà molti degli<br />
spettatori cinquantenni o più. Ma il<br />
consiglio è di concentrarsi sul resto, a<br />
partire dal cast variegato e azzeccato<br />
con tanti siparietti gustosi. Oltre ai<br />
già citati, segnaliamo Emile Hirsch<br />
(Into the wild) nel ruolo di un<br />
reduce dalla guerra del Vietnam che<br />
soffre di sindrome post-traumatica e<br />
soprattutto il simpatico Liev<br />
Schreiber, un ex militare en travesti,<br />
dalla muscolatura d’acciaio ma<br />
dalle movenze femminili, che<br />
vivacizza l’atmosfera del motel<br />
offrendo brownies alla marijuana ai<br />
genitori del protagonista (la scena è<br />
una delle più esilaranti). Altra scena<br />
notevole è quella in cui Elliot viene<br />
invitato a un festino a base di Lsd<br />
da una coppia di figli dei fiori<br />
all’interno di un pullmino arredato in<br />
perfetto stile freak.<br />
CRISTIANA PATERNÒ<br />
L’ultima età dell’innocenza<br />
Il concerto, l’emancipazione, la ricerca della felicità e i ricordi di un giovane<br />
taiwanese nella commedia “Motel Woodstock”, cambio di registro per l’autore<br />
32 VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
come Joan Baez, Janis Joplin, i<br />
Grateful Dead, gli Who, Joe Cocker,<br />
Crosby, Stills, Nash & Young, il<br />
racconto si concentra<br />
sull’autobiografia di Elliot Tiber (è<br />
il comico televisivo Demetri<br />
Martin), rampollo di una buffa e<br />
scombinata famiglia di origine<br />
ebraica con un padre depresso e<br />
una madre arpia che, dopo essere<br />
scampata allo sterminio, intrattiene<br />
un rapporto maniacale col denaro<br />
(è una fantastica Imelda Staunton).<br />
Sommerso dalle ipoteche, il<br />
giovane Elliot ha un’idea<br />
estemporanea quanto brillante:<br />
fare dello scalcinato motel di<br />
famiglia il quartier generale per un<br />
happening che si rivelerà epocale<br />
(lui non può saperlo, ma noi<br />
spettatori sì) con mezzo milione di<br />
persone che arrivano da ogni<br />
angolo degli States, intasando la<br />
statale e consacrando la cultura<br />
hippie al rango di enorme e<br />
lucroso business.<br />
Immagini (in bianco e nero) e suoni<br />
fanno ormai parte<br />
dell’immaginario collettivo, anche<br />
grazie al documentario di Michael<br />
Wadleigh che vinse l’Oscar nel<br />
1971. Ma Ang Lee, d’accordo col<br />
E cosa ne è del sesso, droga e rock and roll…<br />
Ovviamente c’erano pure quelli: ma quello che mi interessava di più era<br />
comprendere quali semi fossero stati piantati per un pensiero e delle azioni<br />
da prendere più seriamente. Per me Woodstock è soprattutto un simbolo:<br />
un’icona imperfetta della nostra modernità cui, però, dobbiamo comunque<br />
molto.<br />
Anche in questo film affronta il tema dell’omosessualità.<br />
Sono interessato alle grandi storie e spesso coinvolgono questo tema che<br />
mi affascina molto. In Motel Woodstock si affronta l’argomento come<br />
inserito nel contesto di un orizzonte più grande. Da quando ho lasciato<br />
Taiwan, ormai molti anni fa, sono considerato uno straniero ovunque<br />
vada. Anche quando torno a quella che una volta era casa mia. Tale<br />
situazione mi ha portato ad una sorta di rifiuto delle <strong>def</strong>inizioni e delle<br />
categorie; se dovessi scegliere un tema principale, per me Motel<br />
Woodstock parla soprattutto di felicità e di un’epoca in cui si potevano<br />
fare e cambiare le cose.<br />
Woodstock era stata già raccontata da un<br />
famoso documentario. In che rapporto sta il suo<br />
film con quel lavoro?<br />
È stato una grande influenza: mi sarebbe piaciuto<br />
usare parti di quel film, ma alla fine abbiamo preferito<br />
sentirci più liberi. In compenso ho utilizzato una<br />
ventina delle canzoni registrate in quei giorni.<br />
MARCO SPAGNOLI
GLI ABBRACCI SPEZZATI<br />
di Pedro Almodovar<br />
Titolo originale: Los abrazos rotos …Sceneggiatura:<br />
Pedro Almodovar …Fotografia: Rodrigo Prieto<br />
…Montaggio: José Salcedo …Musiche: Alberto Iglesias<br />
…Interpreti: Penelope Cruz, Lluis Homar, Blanca<br />
Portillo, José Luis Gomez, Ruben Ochandiano,<br />
Tamar Novas …Produzione: El Deseo …Distribuzione:<br />
Warner Bros …Spagna 20<strong>09</strong> …colore 129’<br />
VARIAZIONE sul tema?<br />
Compendio? Lezione di stile?<br />
Davanti al nuovo film di Almodovar,<br />
finalmente sui nostri schermi dal 13<br />
novembre, il pubblico spagnolo non<br />
si è lasciato sedurre come una volta,<br />
quello festivaliero ha storto il naso<br />
tra sospetti di “maniera” e continui<br />
cambi di registro; eppure Los<br />
abrazos rotos, opera 17 nella sua<br />
filmografia, è una sorta di 8½ per il<br />
maestro spagnolo, manifesto di stile<br />
e incastro narrativo, commistione di<br />
melodramma e commedia con<br />
inserti (seppur deboli) di noir,<br />
ennesima dimostrazione della<br />
capacità rarissima di dirigere gli<br />
attori – davvero in stato di grazia –<br />
per di più con un rigore e una<br />
sobrietà che forse ai fan storici non<br />
sono andati giù. La cecità del<br />
personaggio principale, il regista<br />
Mateo poi diventato sceneggiatore<br />
con lo pseudonimo di Harry Caine,<br />
più che rinviare a Hollywood<br />
ending di Woody Allen rappresenta<br />
l’attacco di emicrania invalidante<br />
che ha costretto per mesi<br />
Almodovar al<br />
riposo forzato in una stanza buia. Il<br />
“film nel film” che spesso fa<br />
capolino nelle sue opere (ricordate<br />
El amante minguante in Parla con<br />
lei?) come i riferimenti alla<br />
professione di cineasta qui<br />
assurgono a una vera e propria<br />
autocelebrazione al fianco di una<br />
quantità di citazioni e omaggi, da<br />
Europa ’51 di Rossellini a Peeping<br />
Tom di Powell fino all’intensità<br />
emotiva di Persona di Bergman,<br />
con una fluidità narrativa e una<br />
raffinatezza visiva che richiama qua<br />
e là Magritte, Hopper e quant’altro<br />
e che ormai costituisce il marchio di<br />
fabbrica dell’autore.<br />
A raccontare la trama che ondeggia<br />
tra il ’92, il ’94 e il 2008 a Madrid,<br />
più una fuga d’amore<br />
sull’Atlantico, si rischia di non<br />
rendere un favore al film: quel che<br />
incanta è l’atmosfera che il regista<br />
manchego instaura a pochi minuti<br />
dall’inizio, dopo una presentazione<br />
con voce fuori campo molto<br />
“vecchia Hollywood”; atmosfera<br />
che resiste nonostante le virate dal<br />
drammatico al comico, alla quasiparodia<br />
del film nel film (Ragazze e<br />
valige) che non fa che rielaborare il<br />
plot di Donne sull’orlo di una<br />
crisi di nervi e che costituisce<br />
parte integrante della vicenda:<br />
Mateo (Lluis Homar) ne è il regista,<br />
Magdalena (Penelope Cruz) è la<br />
protagonista debuttante e molto<br />
presto la sua amante, Ernesto (José<br />
Luis Gomez) l’anziano magnate<br />
della finanza nonché colui che<br />
mantiene Magdalena, ne produce il<br />
film ed è divorato dalla gelosia. In<br />
intervista Penelope Cruz<br />
Nell’anno dell’Oscar per Vicky Cristina Barcelona,<br />
Penelope Cruz ha affrontato altre due sfide molto importanti per la sua<br />
carriera: tornare a lavorare col suo regista preferito e amico Pedro<br />
Almodovar in Los abrazos rotos e partecipare al musical Nine di Rob<br />
Marshall al fianco di Daniel Day Lewis, Nicole Kidman, Sofia Loren, Judi<br />
Dench, nel ruolo di Carla Albanese che già fu di Sandra Milo in 8½, al<br />
quale il film si ispira. Parlando del film spagnolo, la Cruz ammette che<br />
“è stata una grande sfida recitare di nuovo per Pedro in un film che<br />
mette commedia e dramma sullo stesso piano; il ruolo che mi ha offerto<br />
Almodovar era, praticamente, tre donne in una”. Quanto alla<br />
preferenza tra generi: “non prediligo né la commedia, né il dramma. Mi<br />
sento fortunata a poter portare sullo schermo entrambi gli aspetti della<br />
recitazione, com’è avvenuto nel film di Woody Allen”. L’Oscar? “Un<br />
momento incredibile, credo ci voglia davvero qualche mese per rendersi<br />
conto di quello che è accaduto: quando sei sul palco del Kodak Theatre<br />
ti passa la vita davanti e ripensi a tutti quelli che nel corso del tempo<br />
hanno creduto in te e ti hanno aiutato, a cominciare dalla famiglia”. Il<br />
lavoro con Almodovar? “Mi sento davvero fortunata per la fiducia che<br />
ripone in me: le donne che ho interpretato per lui sono, infatti,<br />
estremamente diverse tra loro. Io e lui ci conosciamo molto bene,<br />
conosciamo i sentimenti che proviamo reciprocamente l’uno per l’altra.<br />
Ciò nonostante, lavoriamo sempre alla stessa maniera ed effettuiamo le<br />
schede critiche<br />
più il figlio di Ernesto, l’adolescente<br />
omosessuale represso Ray X (Ruben<br />
Ochandiano) che filma il backstage<br />
delle riprese, altrettanto decisivo per<br />
la progressione drammaturgica e<br />
raccordo narrativo tra i due piani<br />
temporali. Da menzionare infine<br />
l’agente del regista/sceneggiatore, la<br />
fedele e accigliata Julieta (una<br />
immensa Blanca Portillo), suo figlio<br />
Diego (Tamar Novas) a più livelli<br />
assistente/seguace di Mateo e, qua e<br />
là, vecchie conoscenze come Angela<br />
Molina e in un cameo le fedelissime<br />
dell’ex cantore della movida: Rossy<br />
De Palma e Chus Lampreave (la<br />
portinaia, naturalmente), oltre alla<br />
dolce Lola Dueñas nel bellissimo<br />
ruolo di interprete labiale dei<br />
dialoghi tra amanti. Passioni, rancori,<br />
segreti, vendetta e morte si affollano<br />
attorno alla realizzazione di un film e<br />
si riversano sullo schermo che, dal<br />
nostro schermo, ne amplifica la<br />
potenza fungendo da catalizzatore<br />
dei sentimenti dei personaggi. Un<br />
impianto drammaturgico che elabora<br />
influenze e amori dichiarati<br />
dell’autore (Douglas Sirk in testa),<br />
integrando senza essere prevalente<br />
un linguaggio di grande potenza<br />
espressiva che potrà apparire ad<br />
alcuni freddo o déjà vu ma non<br />
mancherà di incantare cinéphile di<br />
ogni latitudine, anche grazie ad<br />
apporti tecnici (fotografia, musiche,<br />
scenografia) di prim’ordine.<br />
MARIO MAZZETTI<br />
La buena sorte<br />
Dopo la consacrazione dell’Oscar, l’attrice ritrova il connazionale Almodovar nell’intenso<br />
“Los abrazos rotos”, applaudito a Cannes. Manco a dirlo, un ruolo di donna che resta impresso<br />
prove con la solita intensità e dedizione. Siamo amici e ci vediamo spesso<br />
nella nostra vita privata. Al tempo stesso, però, il nostro rapporto sul set è<br />
improntato ad una grandissima professionalità: abbiamo fatto le prove per<br />
quattro mesi!”. Un regista unico, insomma? “Se i grandi registi sono tutti<br />
dei personaggi unici, Pedro lo è più degli altri: mi ha rivelato che, mentre si<br />
trovava a Parigi, ha visto in un negozio l’abito per il mio personaggio in una<br />
determinata scena del film, è entrato e lo ha comprato. È qualcosa di molto<br />
singolare, che caratterizza lui e il suo modo di concepire il cinema”.<br />
Parliamo di Nine… “Un’altra esperienza fantastica”, confessa l’attrice,<br />
“sebbene alla fine fossi distrutta dal dover ballare per dodici ore al giorno!<br />
Ballo da quando avevo quattro anni, una disciplina fantastica che purtroppo<br />
non riesco a praticare quanto vorrei. La cosa più straordinaria del film è che<br />
è popolato di donne: sei attrici sempre in contatto tra loro, è stato<br />
meraviglioso starci a guardare cantare e ballare. Un gran lavoro di squadra,<br />
con un interprete incredibile come Daniel Day Lewis e il grande talento del<br />
regista Rob Marshall”. Felice della dimensione internazionale del successo?<br />
“Sì, il problema semmai è essere sempre in viaggio e vivere in uno stato di<br />
perenne jet lag: ti svegli e non sai in quale città ti trovi. Ma non è il caso di<br />
lamentarmi, so di essere stata favorita dalla sorte. La più grande gioia è<br />
quella di non dovere essere stabile negli Stati Uniti ma di poter fare avanti e<br />
indietro con la Spagna”.<br />
MARCO SPAGNOLI<br />
VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
33
schede critiche<br />
LEBANON<br />
di Samoel Maoz<br />
Sceneggiatura: Samoel Maoz …Montaggio: Arik<br />
Lahav-Leibovich …Fotografia: Giora Bejach …Musiche:<br />
Michael Giacchino …Interpreti: Yoav Donat, Italy<br />
Tiran, Oshri Cohen, Michael Moshonov, Zohar<br />
Strauss …Produzione: …Distribuzione: Bim …Israele<br />
20<strong>09</strong> …colore 93’<br />
DOPO VALZER con Bashir, un<br />
altro reduce israeliano dalla guerra<br />
del Libano racconta la sua<br />
esperienza di quei giorni.<br />
Lebanon, però, è un film molto<br />
diverso e non solo per la sua forma<br />
cinematografica che non è quella<br />
dell’animazione, bensì per<br />
l’impianto stesso della narrazione.<br />
intervista Samuel Maoz<br />
Vittime di guerra<br />
Leone d’oro a Venezia, l’esordio del regista israeliano descrive gli orrori della guerra<br />
nel Libano del 1982 dal punto di vista claustrofobico dei soldati di un carro armato<br />
Perché ha scelto di esordire con un<br />
film come Lebanon?<br />
Sentivo il bisogno di liberarmi, di fare pace con il mio passato mettendo<br />
da parte il presunto eroismo e tutti i cliché che mi hanno fatto<br />
compagnia negli ultimi venti anni. Lo scopo di tutto questo era riuscire<br />
a perdonarmi. Ho delle responsabilità che fanno parte del mio destino.<br />
Anche se non avevo altra scelta, non posso fare a meno di sentirmi<br />
responsabile. In questo senso ho sempre pensato che Lebanon dovesse<br />
essere un film non politico, per riuscire così a parlare alla testa, al cuore<br />
e allo stomaco degli spettatori.<br />
Perché ha scelto di ambientarlo all’interno di un carro armato?<br />
La genesi del film dipende interamente dall’idea alla base della sua<br />
realizzazione. L’uomo nel carro armato sono io e volevo raccontare la<br />
mia esperienza, nei limiti della struttura narrativa del cinema classico.<br />
Non volevo solo che il pubblico conoscesse questa storia, ma desideravo<br />
anche che la percepisse a livello sensoriale. In questo senso percezione e<br />
comprensione coincidono. Volevo prendere lo spettatore e metterlo al<br />
mio posto nel carro per farlo identificare con i personaggi. L’idea di<br />
Lebanon era quella di comunicare al pubblico un’esperienza in cui<br />
vedesse e conoscesse le stesse cose che vivono e conoscono i<br />
protagonisti. Questa era l’unica maniera per far capire che cosa<br />
abbiamo vissuto in quei giorni.<br />
Ha provato una sorta di catarsi nel realizzare questo film?<br />
Ho provato un grande senso di liberazione durante la lavorazione, ma<br />
quando mi sono accorto a film finito quali emozioni Lebanon è in<br />
34 VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
Se, infatti, il film di Ari Folman era<br />
un viaggio psicologico nella<br />
memoria di un passato<br />
dimenticato e addirittura rimosso,<br />
la pellicola vincitrice del Leone<br />
d’Oro alla Mostra di Venezia è,<br />
invece, la messinscena di<br />
un’esperienza in cui lo spettatore<br />
segue il punto di vista del regista<br />
con poche informazioni a<br />
disposizione, molti ordini cui<br />
eventualmente dovere obbedire e<br />
una dimensione spaziale<br />
fortemente limitata e limitante.<br />
A dispetto dello spazio risicato<br />
quanto il budget a disposizione,<br />
Lebanon è tutt’altro che privo di<br />
colpi di scena e trovate in grado di<br />
rendere in forma dinamica e<br />
appassionante la storia, raccontata<br />
anche attraverso qualche<br />
momento di “apertura” verso<br />
l’esterno, verso un’umanità ostile<br />
impietrita dalla paura e distrutta<br />
dal dolore.<br />
Ambientato nel giugno del 1982,<br />
Lebanon sfrutta al massimo la<br />
claustrofobia dell’ambientazione<br />
all’interno di un carro armato per<br />
mettere in discussione i quattro<br />
improbabili soldati che si trovano<br />
catapultati in una situazione per<br />
loro nuova, come il<br />
pattugliamento di un<br />
apparentemente inerme villaggio<br />
libanese già bombardato<br />
dall’aviazione israeliana. Quella<br />
che potrebbe essere<br />
un’operazione di routine si<br />
trasforma progressivamente in un<br />
incubo antimilitarista in cui risulta<br />
più facile colpire dei civili inermi<br />
che i nemici armati, e in cui ogni<br />
situazione viene enfatizzata<br />
tramite l’adrenalina dei quattro<br />
militari israeliani.<br />
La guerra raccontata da Maoz non<br />
ha orizzonte ed è quasi<br />
“sbirciata”, a piccole porzioni,<br />
attraverso un mirino da quattro<br />
uomini che non vogliono<br />
combattere, né tantomeno<br />
ammazzare qualcuno, ma che si<br />
trovano costretti dagli eventi a<br />
reagire seguendo il proprio istinto<br />
di sopravvivenza e la legge ferina<br />
secondo cui o si uccide o si viene<br />
uccisi.<br />
Interessante e originale sia sotto il<br />
profilo registico che narrativo,<br />
Lebanon prescinde<br />
dall’autobiografismo per<br />
raccontare qualcosa di universale<br />
che fa riferimento ad un dramma<br />
primario, come una gioventù<br />
sofferente le scelte<br />
apparentemente incomprensibili<br />
della propria nazione. Un film<br />
complesso e coinvolgente, in cui il<br />
punto di vista del regista,<br />
vagamente assolutorio, e la sua<br />
memoria degli eventi di oltre un<br />
quarto di secolo fa impongono allo<br />
spettatore un’ulteriore, ma non<br />
per questo meno efficace o<br />
superflua, riflessione sugli orrori<br />
della guerra e sulle dinamiche<br />
apparentemente incontrollabili che<br />
si sviluppano durante un<br />
combattimento.<br />
MARCO SPAGNOLI<br />
grado di comunicare al pubblico, ho provato anche una grandissima<br />
soddisfazione, oggi amplificata dalla vittoria del Leone d’Oro. Al tempo<br />
stesso, però, avverto un senso di profondo dolore per tutti i morti della<br />
guerra in Libano. Quando sei in guerra ti rendi conto di cose terribili<br />
che ti accompagneranno negli anni a venire. Mi dispiace<br />
profondamente per loro e per i caduti di tutte le guerre che ancora<br />
oggi si combattono nel mondo.<br />
La stampa libanese ha reagito abbastanza duramente al suo<br />
film accusandolo di non essere realistico e di non aver<br />
raccontato in maniera adeguata il popolo del Libano, nonché<br />
(più banalmente) di fare della “propaganda israeliana”.<br />
Lo so e me ne dispiace, ma per rispondere non posso dire altro che<br />
questa è la mia storia e la mia verità. Questa è la mia versione dei fatti,<br />
che deriva dalla mia esperienza e dai miei ricordi. Io ero lì. Certo,<br />
possiamo tentare di cercare dei colpevoli e provare a distinguerli dagli<br />
innocenti e dalle vittime, ma la realtà è che in guerra il vero nemico e il<br />
vero carnefice è la guerra stessa. Nessuno ha il controllo di una situazione<br />
del genere e, talora, sono le azioni delle vittime a determinare ciò che<br />
accade in determinati momenti. Il trucco di ogni guerra è quello di<br />
mettere in situazioni pericolose delle persone che reagiranno, uccidendo<br />
pur di riuscire a sopravvivere. Non è normale uccidere e la gente normale<br />
non uccide. In combattimento, invece, la stessa persona si sente costretta<br />
ad uccidere. In guerra si è guidati da istinti primari legati alla<br />
sopravvivenza contro i quali non riesci a ribellarti.<br />
MARCO SPAGNOLI
FRANCESCA<br />
di Bobby Paunescu<br />
Sceneggiatura: Bobby Paunescu …Fotografia:<br />
Andrej Butica …Montaggio: Ioachim Stroe …Interpreti:<br />
Monica Bîrladeanu, Dorian Boguta, Luminita<br />
Gheorghiu, Mihai Dorobantu …Produzione: Mandragora<br />
Movies …Distribuzione: Fandango …Romania<br />
20<strong>09</strong> …colore 96’<br />
ALL’ULTIMA Mostra di Venezia si<br />
è parlato di Francesca del romeno<br />
Bobby Paunescu più che altro per<br />
la polemica innescata da una<br />
battuta del film rivolta all’indirizzo<br />
di Alessandra Mussolini e al<br />
pregiudizio anti-romeno che si è<br />
diffuso in Italia dopo il terribile<br />
omicidio Reggiani. In realtà, lungi<br />
dall’essere un atto di accusa contro<br />
l’Italia, Francesca scava a fondo<br />
nelle diverse anime della società<br />
romena attuale, sottoposta a<br />
contrastanti pulsioni: la<br />
voglia di<br />
emancipazione delle<br />
donne, l’avidità di<br />
soldi facili, la<br />
vischiosità di un<br />
apparato<br />
burocratico<br />
intimamente<br />
corrotto.<br />
Francesca,<br />
che deve<br />
il suo<br />
nome a suor Francesca Cabrini,<br />
proclamata santa patrona degli<br />
emigranti per aver dato supporto<br />
agli italiani in America nella<br />
seconda metà dell’800, ha un<br />
obiettivo alto e molto<br />
concreto. Sogna di trasferirsi<br />
in Italia non semplicemente<br />
per guadagnare dei soldi,<br />
ma per realizzare il suo<br />
progetto di aprire un asilo. È<br />
determinata e concreta e<br />
rappresenta l’energia più bella<br />
e positiva della nuova<br />
Romania, alla quale<br />
l’attrice Monica Bîrladeanu<br />
conferisce una potente<br />
fisicità. La sua spinta propulsiva è<br />
però ostacolata dai retaggi di una<br />
tradizione maschilista e<br />
soprattutto dagli azzardi di chi,<br />
come il suo fidanzato Mitia, crede<br />
di poter prendere impunemente<br />
una scorciatoia per la ricchezza. Le<br />
tragiche conseguenze delle sue<br />
azioni fermeranno il progetto di<br />
Francesca, ma – ci si può<br />
scommettere – non per sempre. Il<br />
viaggio si interrompe ma la<br />
voglia di farcela non è sconfitta e,<br />
alla fine, il fatto che Francesca sia<br />
costretta a tornare indietro è<br />
tanto più significativo per un<br />
film che solo apparentemente<br />
intervista Bobby Paunescu<br />
La rinascita che verrà<br />
Opera prima di un brillante produttore, “Francesca” parla delle energie<br />
inespresse e del fermento che alimenta i giovani romeni<br />
Francesca è il suo primo film da regista, ma il romeno<br />
Bobby Paunescu ha alle spalle una fortunata carriera di produttore. Con<br />
la sua Mandragora Movies ha prodotto nel 2004 La morte del signor<br />
Lazarescu di Cristi Puiu, uno dei film romeni di maggior successo degli<br />
ultimi anni, e adesso il suo film d’esordio, presentato nella sezione<br />
Orizzonti della Mostra di Venezia. Protagonista è una giovane maestra<br />
d’asilo di Bucarest che sogna di venire in Italia – paese che Paunescu<br />
conosce bene per averci vissuto molti anni – per aprire un asilo destinato<br />
a bambini figli di immigrati romeni. Pur di raggiungere il suo scopo<br />
Francesca si prepara a fare la badante per un certo periodo, ma i<br />
problemi finanziari del fidanzato Mitia, che ha chiesto soldi in prestito a<br />
una banda di criminali, intervengono a turbare il suo progetto.<br />
A Venezia si è creato un equivoco, per cui è sembrato che<br />
Francesca fosse un film su come i romeni vedono l’Italia.<br />
Certamente è presente anche questo aspetto, ma in realtà tutta<br />
la vicenda è interna alla Romania…<br />
Il nucleo del film è la crisi di identità che sta attraversando la società<br />
romena e la critica è tutta interna ad essa. L’Italia, che ho scelto come<br />
meta del viaggio di Francesca, rappresenta la terra promessa, dove<br />
realizzare i propri sogni. Lasciare un posto conosciuto per uno<br />
sconosciuto ha qualcosa a che fare con l’idealismo, col desiderio di<br />
migliorare la propria vita. L’emigrazione nasce da un’energia che nella<br />
società romena esiste e si sente, anche se non è ancora indirizzata nel<br />
modo giusto. La Romania è un paese di grande tradizione, che oggi sta<br />
alzando la testa con fatica, ma sta andando avanti. Penso sia utile<br />
criticare i nostri sbagli e cambiare strada, se occorre.<br />
schede critiche<br />
parla di emigrazione.<br />
Il tema dell’emigrazione è uno dei<br />
tanti che partecipano a un ritratto<br />
della società romena tutto<br />
ambientato a Bucarest e quasi<br />
completamente in interni. Il regista<br />
Paunescu dice di aver scelto prima<br />
di tutto l’appartamento dove<br />
Francesca vive con sua madre,<br />
perché era sicuro che l’energia delle<br />
pareti avrebbe aiutato gli attori a<br />
entrare nei personaggi. In effetti, la<br />
casa rispecchia la personalità e il<br />
sentimento della donna – la dignità<br />
e la modestia dell’arredo, il<br />
souvenir di Venezia, simbolo del<br />
paese sognato – anche se la scena<br />
migliore del film è girata in un’altra<br />
casa, quella del padre. Mentre<br />
Francesca tenta di spiegare il suo<br />
progetto di asilo, entrano ed<br />
escono di scena, in piano-sequenza<br />
e con tempi perfetti, i “padri”,<br />
rappresentanti della vecchia<br />
generazione che si scambiano<br />
fulminanti battute sull’illusione<br />
della terra promessa, l’alternanza<br />
dei cicli storici e la realtà italiana di<br />
oggi. Una scena che fa sorgere il<br />
sospetto che Paunescu abbia più<br />
talento per la commedia che per il<br />
dramma.<br />
BARBARA CORSI<br />
Come produttore, che valutazione dà della rinascita del cinema<br />
romeno?<br />
É un momento molto bello, c’è competizione, voglia di fare e successo<br />
internazionale. La fortuna è che ci sono registi in grado di raccogliere il<br />
fermento della società, senza il quale non ci potrebbe essere questa<br />
ondata di buon cinema. Facendo le dovute proporzioni, è la stessa cosa<br />
che è accaduta col neorealismo. Durerà ancora a lungo e nasceranno cose<br />
nuove perché ci sono molti talenti importanti.<br />
Monica Bîrladeanu, l’attrice protagonista, vive negli Stati Uniti e<br />
lavora in serie di successo come Lost e Nip/Tuck. È tornata in<br />
Romania apposta per girare il film?<br />
Ho scritto il ruolo di Francesca pensando a Monica, con la quale avevo<br />
fatto dei corti e che ha una storia personale che la avvicina al<br />
personaggio. Sua madre insegna all’asilo e tutte le sue colleghe sono<br />
emigrate in Italia per fare le badanti. Per girare questo film è tornata in<br />
Romania e ha fatto bene, perché come attrice mi sembra più adatta al<br />
cinema europeo che al cinema americano.<br />
Il personaggio del fidanzato Mitia chi o che cosa rappresenta?<br />
Rappresenta i miei compagni di liceo o i miei vicini che negli anni del<br />
boom economico hanno cercato di fare delle cose per cui non erano<br />
preparati. Inseguendo il miraggio del business, la maggior parte di loro è<br />
finita male. Mitia è il giovane romeno come lo vedo io, che ha perso i<br />
punti di riferimento e non ha ancora trovato la strada per indirizzare nel<br />
modo migliore le proprie forze. Sono convinto che prima o poi ce la farà.<br />
BARBARA CORSI<br />
VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
35
schede critiche<br />
UP<br />
di Pete Docter & Bob Peterson<br />
Sceneggiatura: Pete Docter & Bob Peterson …Montaggio:<br />
Kevin Nolting …Musiche: Michael Giacchino<br />
…Voci italiane: Giancarlo Giannini, Neri Marcoré,<br />
Arnoldo Foà …Produzione: Pixar …Distribuzione:<br />
Walt Disney …Usa 20<strong>09</strong> …colore 96’<br />
DOPO WALL-E, la Pixar torna a<br />
proporre al pubblico un film<br />
esilarante e, al tempo stesso, molto<br />
commovente. Una pellicola<br />
ambiziosa e originale che sfrutta le<br />
potenzialità tecniche offerte dalla<br />
nuova tecnologia<br />
36 VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
tridimensionale per rendere<br />
ancora più spettacolari una serie di<br />
sequenze aeree incentrate sullo<br />
sgangherato e coraggioso viaggio<br />
di una villetta monofamiliare<br />
trasformata in un insolito<br />
aerostato, sollevato in aria da<br />
diverse centinaia di palloncini.<br />
Scritto e diretto dal regista di<br />
Monsters & Co. Pete Docter e da<br />
Bob Peterson, Up ci accompagna<br />
alla scoperta della lunga vita di<br />
Carl: un bambino che sogna di<br />
diventare un esploratore e che, un<br />
Anche Up, come i precedenti, è un film in cui la Pixar –<br />
insignita del Leone d’oro alla carriera all’ultima Mostra di Venezia –<br />
inserisce temi importanti e situazioni commoventi nel contesto di una<br />
storia brillante e molto divertente. Il suo fondatore, John Lasseter,<br />
descrive la filosofia dell’azienda.<br />
Quanto conta fare un cinema che abbia contenuti profondi?<br />
Facciamo i film che desideriamo realizzare e che ci piacerebbe vedere<br />
come spettatori. In questo ambito, la cosa più importante è raggiungere<br />
un equilibrio tra la storia e i personaggi. Quello che cerchiamo non è<br />
tanto il messaggio da mandare, quanto piuttosto riuscire a comunicare al<br />
pubblico delle grandi emozioni. Al cuore di questo lavoro, però, c’è un<br />
grande confronto interno sullo sviluppo dei temi della storia che<br />
intendiamo portare sullo schermo. Sono gli argomenti che scegliamo a<br />
guidarci in direzione di determinate emozioni forti, che controbilanciamo<br />
con un bel po’ di humour. Noi speriamo che i sentimenti provati dal<br />
pubblico la prima volta che vedono un nostro lavoro rimangano a lungo<br />
nei loro cuori. La nostra ambizione è comunicare queste emozioni non<br />
solo ai bambini, ma anche ad un pubblico più adulto.<br />
Esiste una ricetta nel cinema d’animazione?<br />
Walt Disney diceva sempre che ad ogni risata doveva corrispondere una<br />
lacrima e tutti noi che lavoriamo alla Pixar condividiamo questa idea.<br />
Quando fai un film devi riuscire a far stare il pubblico seduto sul bordo<br />
della poltrona in spasmodica attesa di quello che sta per accadere: tutti i<br />
personaggi devono essere, in un certo senso, “memorabili”. Anche i<br />
cattivi. Devi inserire la trama nel contesto di una storia originale e<br />
giorno, nei suoi giochi, incontra<br />
una bambina con cui condivide la<br />
stessa passione per l’avventura.<br />
Quella che scorre davanti ai nostri<br />
occhi è così una tenera storia<br />
d’amore fatta di momenti<br />
bellissimi, ma anche,<br />
inevitabilmente, di ombre e di<br />
tristezze. In questo senso Up<br />
rappresenta una vera sorpresa: con<br />
eleganza e delicatezza si racconta<br />
la gioia per l’arrivo di un bambino<br />
e la disperazione per la sua<br />
perdita. Non solo, in maniera<br />
poetica seguiamo Carl nel suo<br />
viaggio verso la vecchiaia,<br />
trovandolo, ad un certo punto,<br />
solo senza più la sua compagna. È<br />
in quel momento che l’uomo<br />
ormai molto anziano, con l’unico<br />
desiderio di restare solo in<br />
compagnia dei propri ricordi,<br />
decide di riprendere il sogno<br />
abbandonato quando sua moglie<br />
era ancora con lui. In una mattina<br />
diversa da tutte le altre, Carl e la<br />
sua casa si librano alte nel cielo,<br />
volando verso il Sudamerica.<br />
La solitudine, però, è un bene che<br />
il burbero vecchietto non riuscirà a<br />
conquistare: dapprima, un giovane<br />
boy scout rimasto per caso<br />
intrappolato sul patio della villetta<br />
intervista John Lasseter<br />
in volo, poi un uccello esotico e un<br />
cane parlante diventeranno gli<br />
improbabili e inseparabili compagni<br />
di viaggio dell’uomo nel<br />
raggiungimento del sogno di una<br />
vita.<br />
Up, però, non è soltanto un film<br />
d’avventura; la storia emozionante<br />
che racconta non è solo quella<br />
spettacolare che vedrà Carl e gli<br />
altri dare battaglia su un dirigibile<br />
pur di salvare le penne (nel vero<br />
senso del termine…) del loro nuovo<br />
amico uccello e dei suoi piccoli: le<br />
vicissitudini dei protagonisti di<br />
questo film colpiscono lo spettatore<br />
per la loro profondità psicologica<br />
senza mai scivolare nel melò,<br />
conquistando emotivamente il<br />
pubblico divertito e commosso da<br />
una pellicola originalissima che, in<br />
qualche maniera, sembra cogliere le<br />
atmosfere e l’esotismo del cinema<br />
americano degli anni Quaranta e di<br />
film come Orizzonte perduto di<br />
Frank Capra. La morale di Up è che<br />
la vita ci sorprende sempre, e in<br />
ogni momento possiamo trovare<br />
qualcuno che abbia bisogno di noi<br />
per affrontare la vita, che rimane<br />
l’avventura più mirabolante di<br />
tutte.<br />
MARCO SPAGNOLI<br />
L’arte prima di tutto<br />
La filosofia che anima il lavoro della Pixar spiegata dal suo creatore, alla<br />
vigilia dell’uscita di “Up” e dopo il Leone d’oro veneziano<br />
indimenticabile. Per fare queste cose devi avere il tempo di riuscire a<br />
mettere insieme tutti gli elementi in maniera equilibrata. Ecco perché ci<br />
mettiamo almeno due o tre anni per ogni film che facciamo.<br />
L’animazione non è un genere per bambini, ma un qualcosa di molto<br />
serio che riguarda sia gli adulti che i più piccoli.<br />
Dopo Up, a luglio, vedremo il sequel di Toy Story e poi un Cars 2:<br />
qual è la sfida legata alla serializzazione?<br />
Noi amiamo enormemente i personaggi dei nostri film per i motivi che<br />
ho appena elencato. L’unica cosa che ci può convincere a realizzare un<br />
sequel è avere un’idea che metta i protagonisti nel contesto di una<br />
storia buona almeno quanto quella originale, se non migliore. In questo<br />
senso gli unici titoli realizzati a Hollywood che ci ispirano in qualche<br />
maniera sono Il Padrino – Parte II e L’impero colpisce ancora.<br />
Entrambe le pellicole erano buone quanto gli originali e, in un certo<br />
senso, alla fine hanno reso il primo film ancora migliore in quanto parte<br />
di una saga. Per noi la qualità è il migliore business plan possibile.<br />
Qual è il segreto del vostro successo?<br />
Il nostro è uno Studio guidato dai filmmaker e non dagli uomini di<br />
marketing. Noi crediamo in una visione artistica dominante l’esito<br />
produttivo. Le nostre idee sono sempre ispirate dalle emozioni e il<br />
nostro cinema punta al fattore umano come la chiave di volta<br />
dell’intera storia. Non ci preoccupiamo di avere successo ma crediamo di<br />
dover fare grandi film raccontando storie importanti per noi e il nostro<br />
pubblico.<br />
MARCO SPAGNOLI
RICKY<br />
di François Ozon<br />
Sceneggiatura: François Ozon, Emmanuèle Bernheim<br />
dal romanzo “Moth” di Rose Tremain …Fotografia:<br />
Jeanne Lapoirie …Montaggio: Muriel Breton<br />
…Interpreti: Alexandra Lamy, Sergi Lopez, Mélusine<br />
Mayance, Arthur Peyret …Produzione: Eurowide<br />
Film Production, Teodora Film …Distribuzione: Teodora<br />
Film …Francia/Italia 20<strong>09</strong> …colore 90’<br />
BIZZARRO impenitente.<br />
Giocherellone osservatore<br />
dell’umana specie fino a<br />
trasformarla in qualcos’altro. A<br />
François Ozon piace cambiare per<br />
essere uguale a se stesso. Traendo<br />
libero spunto dal romanzo Moth<br />
di Rose Tremain, confeziona la<br />
fanta-commedia agrodolce Ricky,<br />
intingendo nel magico un<br />
realismo per metà del film<br />
profondamente dardenniano. La<br />
scena, infatti, si apre nella<br />
plumbea provincia nella Francia<br />
del Nord, dove la ragazza madre<br />
Katie (Alexandra Lamy) e la<br />
figlioletta Lisa (l’enfant prodige<br />
Mélusine Mayance) arrivano<br />
faticosamente a fine mese,<br />
essendo la donna una semplice<br />
operaia. Tra un turno e l’altro<br />
incontra il collega Paco (Sergi<br />
Lopez): nasce la passione seguita<br />
dal pargolo Ricky. La famigliola<br />
sembra il ritratto di una felice<br />
cartolina proletaria, finché l’uomo<br />
nostalgico dongiovanni lascia<br />
donna e prole, ignaro delle novità<br />
“fisiologiche” che stanno<br />
prendendo forma nel corpo del<br />
piccolo Ricky. Con queste se la<br />
vedranno Katie e Lisa,<br />
inizialmente sconvolte e in<br />
pellegrinaggio tra uno specialista<br />
e l’altro, successivamente<br />
rassegnate alla diversità. Che poi,<br />
alla fine, può anche esser<br />
fortunosa se data in pasto alle<br />
voracità mediatiche. Per fortuna<br />
intervista François Ozon<br />
Dalla veglia al sonno<br />
Realismo e favola nella storia del bambino molto speciale, “Ricky”, opera<br />
insolita nella filmografia dell’autore presentata in concorso a Berlino<br />
Un neonato che sviluppa caratteristiche diverse da tutti gli<br />
altri esseri umani e va a sconvolgere la quiete familiare. François Ozon, in<br />
concorso con Ricky all’ultima Berlinale, racconta il suo modo di<br />
“concepire la profondità della natura umana”. Seriamente bizzarra,<br />
normalmente fantasiosa.<br />
Da dove viene l’idea di Ricky?<br />
L’idea del film viene da un racconto breve inglese che mi ha fatto<br />
letteralmente innamorare. Ma non è stato facile portarlo sullo schermo,<br />
trasformarlo secondo l’idea che mi aveva prodotto in testa.<br />
Qual è il messaggio del film?<br />
Volevo mostrare come l’armonia di una famiglia può essere modificata –<br />
nel bene o nel male – da un improvviso fattore esterno che appartiene<br />
all’universo della “diversità”. Il primo livello di diversità è espresso<br />
dall’entrata in scena dell’uomo, Paco, uno spagnolo, cioè uno straniero<br />
che destabilizza l’equilibrio di madre e figlia. Il secondo livello, ancora<br />
più disturbante, quello di un neonato che si scopre anomalo, diciamo<br />
“diversamente dotato” per non svelare in che modo. Quasi magico.<br />
Questo aspetto mi interessava<br />
approfondire.<br />
I suoi film, e Ricky non fa<br />
eccezione, sembrano costruiti<br />
apposta per offrire vari livelli di<br />
interpretazione. Concorda?<br />
Mi piace lasciare libero il pubblico nelle<br />
sue diverse interpretazioni. Si parte,<br />
cuor di mamma Katie opterà per<br />
una soluzione completamente<br />
sentimentale, facendo volare il<br />
film nel cielo mielato della<br />
fantasia a lacrima pronta.<br />
Interessante nella materia e<br />
certamente poetico nei momenti<br />
migliori, Ricky non decolla come<br />
Ozon si sarebbe augurato. Il<br />
motivo risiede in una<br />
sceneggiatura debolmente<br />
raccordata e che non soddisfa la<br />
cura dei dettagli – specie nel<br />
trattamento dei rapporti<br />
schede critiche<br />
interpersonali – di una storia<br />
intrigante e dotata di una<br />
grande dose metaforica.<br />
L’accettazione che diventa<br />
esaltazione della diversità è un<br />
tema caro al regista francese –<br />
pure il suo recente e più riuscito<br />
Angel (2007) lo rimarcava nelle<br />
gesta di una folle eroina<br />
romantica – ma non può stare in<br />
piedi da solo se non supportato<br />
da una scrittura che vada in<br />
profondità, seppur si tratti di un<br />
film che reclama “leggerezza”<br />
rispetto ad altre opere della sua<br />
filmografia. Un plauso va,<br />
comunque, all’esilarante<br />
sequenza girata (con fatica,<br />
ammette il regista) nel<br />
supermercato e alla prova delle<br />
due attrici: Lamy solitamente<br />
impiegata in ruoli comici si<br />
cimenta qui con un film fuori dai<br />
generi e dai registri e la sua Katie<br />
è una madre sostanzialmente<br />
affaticata, preoccupata e molto<br />
realistica; la piccola Mélusine<br />
Mayance offre una performance<br />
da professionista “matura” che<br />
di certo lo stesso Ozon non<br />
tralascerà di utilizzare nei suoi<br />
prossimi lavori.<br />
ANNA MARIA PASETTI<br />
come per tutti, da una storia<br />
raccontata e poi si prosegue verso<br />
diverse esplorazioni, a carico di<br />
ciascuno spettatore. Amo aprire le<br />
strade affinché ognuno possa costruire una propria storia. Personale.<br />
Dotare un bambino di morfologie diverse che poi gli permettono<br />
di rifuggire dai luoghi comuni, significa interpretare la diversità<br />
come forma di libertà?<br />
Per me la libertà è avere la possibilità e la capacità di seguire la propria<br />
natura.<br />
È come dire, citandola, “un approccio alla vita in modo tale da<br />
accettare l’umanità esattamente per quello che è”?<br />
Sì. Nel cinema, nel mio cinema, questo concetto si riassume nel mostrare<br />
un certo tipo di realismo “sociale” alla Dardenne o alla Loach per poi<br />
trasformarlo o trasfigurarlo in qualcosa di fantasioso, di magico, di<br />
disneyano volendo usare un aggettivo cinematografico. Quasi come<br />
passare dalla veglia al sogno. Questa per me è l’umanità più profonda,<br />
colta nel suo realismo e nei suoi desideri. E il cinema permette questo<br />
passaggio in maniera unica.<br />
Tra le sequenze finali, la stampa accorsa a vedere “il fenomeno”<br />
Ricky rimane “fregata” dal superbaby. Si può interpretare come<br />
una vendetta contro la critica che disapprova alcuni tuoi film?<br />
Bella interpretazione! Sinceramente non ci avevo pensato... Magari è<br />
un’espressione dell’inconscio.<br />
ANNA MARIA PASETTI<br />
VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
37
schede critiche<br />
LO SPAZIO BIANCO<br />
di Francesca Comencini<br />
Sceneggiatura: Francesca Comencini, Federica Pontremoli<br />
dal romanzo di Valeria Parrella …Fotografia:<br />
Luca Bigazzi …Montaggio: Massimo Fiocchi …Interpreti:<br />
Margherita Buy, Giovanni Ludeno, Antonia<br />
Truppo, Salvatore Cantalupo, Guido Caprino, Gaetano<br />
Bruno, Maria Pajato …Produzione: Fandango, Rai<br />
Cinema …Distribuzione: 01 …Italia 20<strong>09</strong> …colore 96’<br />
LO SPAZIO BIANCO è una pausa<br />
della scrittura che permette di<br />
andare avanti con un nuovo<br />
racconto, senza usare il futuro,<br />
senza strappi col presente, senza<br />
perdere il filo della storia. È come<br />
mettere un punto, ma la pausa<br />
così è più ampia e distesa, è come<br />
un silenzio che ci fa raccogliere le<br />
idee e ci introduce in un territorio<br />
nuovo della parola e del pensiero.<br />
Lo spazio bianco è anche il limbo<br />
dove respirano solo attaccati<br />
all’ossigeno esserini venuti al<br />
mondo prima del tempo. Lo<br />
spazio bianco è il bel film di<br />
Francesca Comencini (Mobbing,<br />
Carlo Giuliani ragazzo), un po’<br />
sottovalutato nel concorso<br />
veneziano, forse perché questo<br />
racconto femminile e intimo,<br />
visionario e musicale, che parla di<br />
maternità come di qualcosa di<br />
misterioso e unico, qualcosa che si<br />
tramanda da una donna all’altra e<br />
che ha a che fare col simbolico<br />
oltre che con la biologia, ha<br />
bisogno di uno spazio bianco,<br />
LA DOPPIA ORA<br />
di Giuseppe Capotondi<br />
Sceneggiatura: Alessandro Fabbri, Ludovica Rampolli,<br />
Stefano Sardo …Fotografia: Tat Radcliffe<br />
…Montaggio: Guido Notari …Musiche: Pasquale<br />
Catalano …Interpreti: Ksenia Rappoport, Filippo<br />
Timi, Antonia Truppo, Gaetano Bruno, Giorgio<br />
Colangeli …Produzione: Indigo Film, Medusa Film<br />
…Distribuzione: Medusa …Italia 20<strong>09</strong> …colore 95’<br />
GIALLO esistenziale<br />
sull’insicurezza e la fragilità di due<br />
anime smarrite e solitarie, incrocio<br />
tra horror, cronaca romantica e<br />
melodramma, La doppia ora è<br />
l’opera prima di Capotondi:<br />
un’ambiziosa pellicola di genere,<br />
citazionista ma divertente e<br />
straniante. Realizzata con le<br />
migliori intenzioni, la pellicola resta<br />
sospesa tra realtà ed<br />
immaginazione, in una dimensione<br />
impalpabile che mette a fuoco<br />
l’isolamento e lo straniamento di<br />
due personaggi lontani dal<br />
presente e dal quotidiano,<br />
prigionieri di un’illusione d’amore,<br />
protesi alla conquista di un’idea<br />
personale di armonia e di equilibrio<br />
sentimentale, da trovare dentro un<br />
doloroso percorso interiore.<br />
Sonia, cameriera in un hotel e<br />
testimone di un tragico suicidio<br />
dalla finestra, incontra Guido,<br />
custode di una villa sulla collina. In<br />
38 VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
ovvero di un ascolto più attento e<br />
sottile di quello che un grande<br />
festival di cinema può prestare.<br />
Maria, la protagonista di questa<br />
storia ispirata al romanzo di Valeria<br />
Parrella edito da Einaudi, è una<br />
donna molto contemporanea, una<br />
che fa tutto da sola, che decide e<br />
“non sa aspettare”. Ha 42 anni e<br />
improvvisamente,<br />
inaspettatamente, si ritrova incinta,<br />
il suo partner si <strong>def</strong>ila, la bimba<br />
nasce prematura e rimane per<br />
lunghi giorni in un limbo in cui non<br />
è ancora nata o non è ancora<br />
morta. La dura, solitaria Maria in<br />
quei giorni di veglia accanto<br />
all’incubatrice, nel reparto<br />
neonatale di un grande ospedale<br />
pochi giorni, i due imparano a<br />
comprendersi, conoscersi ed amarsi<br />
rivelando piccole debolezze e<br />
timori; durante una rapina in villa,<br />
l’uomo viene colpito a morte e la<br />
ragazza, sospettata di complicità<br />
dalla polizia, si ritrova prigioniera<br />
dei fantasmi del passato.<br />
In un racconto congegnato<br />
sull’ambiguità, sul potere evocativo<br />
e disturbante dell’aldilà e<br />
sull’incertezza di comportamenti e<br />
azioni, il regista riesce a modellare<br />
lo stile ed il linguaggio essenziale<br />
del thriller – i sospiri, il rumore e le<br />
attese della tensione –<br />
concentrandosi su trappole, artifici<br />
e raggiri di maniera che<br />
dove devi lavarti le braccia fino al<br />
gomito e indossare un camice<br />
verde, scopre una rete di donne di<br />
diversa età, estrazione e cultura di<br />
cui si assume in qualche modo la<br />
responsabilità, che sente come<br />
sorelle e figlie.<br />
Ma non subito. All’inizio vive tutta<br />
concentrata nella sua gestazione<br />
ormai solo mentale, come se il<br />
potere del controllo potesse<br />
davvero salvare e guarire: lascia la<br />
scuola serale dove insegna,<br />
mangia le cose comprate al take<br />
away, sta sveglia di notte e il suo<br />
unico contatto con gli altri è la<br />
gente spiata nelle case dal vagone<br />
della funicolare, in una Napoli<br />
piccolo borghese e qualsiasi come<br />
rimandano, senza ironia, ai corpi<br />
doppi e al rapporto tra apparenza<br />
e verità narrato da De Palma. Con<br />
una sceneggiatura che, analizzata<br />
a mente fredda, evidenzia segni e<br />
circostanze, il regista, nella sua<br />
personale rivisitazione dei generi,<br />
tende a mischiare le carte e resta<br />
vittima consapevole dell’esercizio<br />
di stile; tuttavia, firma un’opera<br />
imperfetta ed atipica sul rapporto<br />
attrazione-repulsione di due<br />
individui impauriti, raccontata con<br />
precisione ed essenzialità nei ritmi<br />
e rituali degli speed date.<br />
Cercando di riprodurre le speranze<br />
tradite di una vita metodica e<br />
opaca, in fuga da impegni, vincoli<br />
mai prima. Poi però Maria si apre<br />
agli altri: agli allievi stropicciati che<br />
faticano per conquistare la terza<br />
media; a Mina, altra mamma di un<br />
prematuro, che non può smettere<br />
di lavorare perché non le bastano i<br />
soldi; al dottorino con cui ha una<br />
storia; al suo ex, un musicista anche<br />
lui padre da poco; alla vicina di<br />
casa magistrato che ha lasciato i<br />
figli per affrontare un caso difficile,<br />
personaggio molto bello, ispirato<br />
alla figura di Ilda Boccassini e<br />
interpretato in modo stringato ed<br />
efficace da un’attrice di teatro<br />
bravissima come Maria Pajato che<br />
abbiamo appena visto anche nel<br />
film di Luca Guadagnino.<br />
Margherita Buy, è quasi inutile<br />
dirlo, si prende un bel pezzo della<br />
scena, con quel suo dolore represso<br />
e quel muoversi come uno spettro<br />
tra i vivi. Ma lascia anche tanto<br />
spazio agli altri attori, che sono<br />
spesso molto bravi: tra tutti<br />
segnaliamo Antonia Truppo (Mina)<br />
e Salvatore Cantalupo (l’allievo<br />
operaio).<br />
Infine una precisazione che ci sta a<br />
cuore: Lo spazio bianco non è,<br />
come ha detto qualcuno, un film<br />
sull’inutilità dei maschi, ma la<br />
proposta, come dice la regista, di<br />
un nuovo patto di amicizia tra i<br />
due sessi.<br />
CRISTIANA PATERNÒ<br />
amorosi, ambizioni professionali,<br />
l’autore cerca un’altra umanità,<br />
invisibile e sempre indecisa.<br />
La doppia ora, proiettato in<br />
concorso alla Mostra di Venezia e<br />
Coppa Volpi per la migliore attrice,<br />
è un film sulla ricerca dell’altro, su<br />
sensazioni e percezioni alterate;<br />
un’amara riflessione sull’inganno<br />
dei sentimenti, fotografata con una<br />
luce vivida che amplifica dubbi ed<br />
esitazioni nella comprensione di<br />
fatti e avvenimenti. In un<br />
compiaciuto e razionale gioco di<br />
equivoci e malintesi, in una Torino<br />
angosciante e indifferente,<br />
attraverso un ribaltamento<br />
continuo di prospettive ed attese il<br />
film indaga sulla perdita di fiducia,<br />
rispecchia titubanze e perplessità<br />
nel concedersi senza riserva ed il<br />
terrore nel vivere emozioni e<br />
tormenti. Ricco di tracce, simboli e<br />
rimozioni, il film rende omaggio al<br />
genio di Hitchcock, restandone<br />
vittima: non rispetta le regole, gioca<br />
con la struttura dello psico noir ed i<br />
salti spazio temporali ma spiazza lo<br />
spettatore, con suoni e apparizioni,<br />
in un divertimento ambiguo di<br />
ricordi e rimandi.<br />
DOMENICO BARONE
omaFictionFest20<strong>09</strong> 9<br />
43000<br />
presenze complessive<br />
accreditati<br />
3000partecipanti<br />
1000Industry<br />
7000<br />
spettatori<br />
1000<br />
nelle province<br />
90<br />
ospiti internazionali<br />
224<br />
broadcaster nazionali<br />
40<br />
ospiti<br />
case di<br />
Produzione<br />
pitching<br />
300000<br />
visite al sito web<br />
IL ROMAFICTIONFEST ES<br />
E LE MIGLIORI SERIE TV DEL MON MONDO<br />
VI DANNO APPUNTAMENTO AL 2010<br />
Realizzato da: Promosso da:<br />
201<br />
www.romafictionfest.it
schede critiche<br />
IL NASTRO BIANCO<br />
di Michael Haneke<br />
Titolo originale: Das weiße band …Sceneggiatura:<br />
Michael Haneke …Fotografia: Christian Berger<br />
…Montaggio: Monika Willi …Interpreti: Christian Friedel,<br />
Leonie Benesch, Ulrich Tukur, Ursina Lardi, Susanne<br />
Lothar, Burghart Klaussner …Produzione: X Filme<br />
Creative Pool, Wega Film, Les Films du Losange, Lucky<br />
Red …Distribuzione: Lucky Red<br />
…Germania/Austria/Francia/Italia 20<strong>09</strong> …colore 144’<br />
SE TARANTINO ha affrontato, a<br />
suo modo, l’occupazione nazista,<br />
l’austriaco Michael Haneke, nella<br />
sua prima opera in lingua tedesca<br />
dal ’97, con toni e intrecci alla<br />
Heimat ci porta in un villaggio<br />
dell’Alta Germania in un’epoca<br />
cruciale per la nazione e l’Europa<br />
intera, il 1913-1914: un microcosmo<br />
all’apparenza ordinato, tranquillo,<br />
gerarchico nasconde al proprio<br />
interno meccanismi di sopruso,<br />
repressione e aggressività che<br />
troveranno eco nella Grande<br />
Guerra, il cui scoppio soltanto<br />
evocato chiude le oltre due ore di<br />
narrazione. Con un bianco e nero<br />
ormai desueto ma molto suggestivo<br />
e l’apporto alla sceneggiatura di<br />
Jean-Claude Carrière, Haneke<br />
realizza un’opera corale<br />
dall’andamento sì tradizionale (la<br />
voce narrante è quella<br />
dell’istitutore, ruolo in partenza<br />
concepito per il prematuramente<br />
scomparso Ulrich Mühe de Le vite<br />
degli altri) ma inquietante come Il<br />
villaggio dei dannati, in un<br />
SEGRETI DI FAMIGLIA<br />
di Francis Ford Coppola<br />
Titolo originale: Tetro …Sceneggiatura: Francis Ford<br />
Coppola …Fotografia: Mihai Malaimare jr. …Montaggio:<br />
Walter Murch …Musiche: Osvaldo Golijov<br />
…Interpreti: Vincent Gallo, Maribel Verdou, Klaus<br />
Maria Brandauer, Alden Ehrenreich …Produzione:<br />
American Zoetrope …Distribuzione: Bim …Argentina/Spagna/Italia<br />
20<strong>09</strong> …bianco e nero/colore 127’<br />
MELODRAMMA autobiografico<br />
sanguigno ed onirico, barocco e<br />
sperimentale, Segreti di famiglia<br />
è un saggio di sfolgorante bellezza<br />
visiva, un percorso dentro le<br />
ossessioni coppoliane attraverso<br />
uno sguardo indiscreto e<br />
impietoso su matrimoni, lutti e<br />
rancori, dal dolore alla<br />
incomunicabilità nella distanza, da<br />
innumerevoli incomprensioni alla<br />
40 VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
crescendo di tensione sotterranea<br />
che non esplode mai (può<br />
sorprendere se si pensa a Funny<br />
games o La pianista, molto meno<br />
se si guarda a Code inconnu o<br />
Storie) ma anzi lascia ampia libertà<br />
allo spettatore di sviluppare una<br />
chiave di lettura degli eventi, nel<br />
tentativo di decifrare i numerosi<br />
misteri che sconvolgono la<br />
comunità. Per una volta, l’irrisolto è<br />
ampiamente giustificato<br />
dall’assunto di fondo che non<br />
attribuisce la “colpa” a un individuo<br />
o a un gruppo ristretto bensì a un<br />
sistema di valori esasperato ed<br />
autocontraddetto, in cui l’infanzia e<br />
l’adolescenza represse, ridotte al<br />
silenzio, saranno terreno di coltura<br />
forza dell’invidia per il mancato<br />
talento che annienta debolezze e<br />
fragilità.<br />
A Buenos Aires vive Angelo, isolato<br />
in una vita da reduce, in fuga dal<br />
passato e dal presente, senza<br />
contatti con il padre direttore<br />
d’orchestra. La visita del fratello<br />
minore finirà per riaprire antiche<br />
ferite e sopite incomprensioni mai<br />
dimenticate. Con una lunga,<br />
faticosa e liberatoria seduta di<br />
autoanalisi in cui i tempi, le<br />
tensioni ancestrali della tragedia<br />
greca vengono contaminate con<br />
l’attrazione visionaria e la forza<br />
terapeutica delle immagini, il film<br />
è un viaggio sospeso tra realismo e<br />
fantasia nel labirinto della<br />
e massa critica del nazismo. È una<br />
convincente scelta stilistica quella di<br />
adottare un andamento lento e una<br />
struttura a spirale, che descrive con<br />
fredda scansione eventi fuori<br />
dell’ordinario e nuclei familiari<br />
compositi; lo scorrere dell’esistenza<br />
scandito dal raccolto, dalle prime<br />
comunioni, lasciando emergere<br />
poco a poco relazioni, inclinazioni e<br />
aberrazioni e lasciando che sia lo<br />
spettatore a “unire i puntini”, a<br />
raccogliere mezze frasi e commenti<br />
e mettere più a fuoco una realtà<br />
ben poco gradevole. Il barone<br />
latifondista (Ulrich Tupur, altro<br />
reduce da Le vite degli altri) con<br />
moglie insoddisfatta, pargoli e<br />
giovane tata; l’amministratore del<br />
creatività, con la materializzazione<br />
delle catene della colpa, i<br />
condizionamenti sentimentali,<br />
nella dura conquista di un<br />
equilibrio e di una stabilità<br />
quotidiana.<br />
Classico e solenne, radicale nel<br />
desiderio di ricercare e ricostruire la<br />
verità nella perdita, Segreti di<br />
famiglia indaga sul potere<br />
consolatorio ed autodistruttivo<br />
delle radici, con una Buenos Aires<br />
inedita filmata nelle sue<br />
contraddizioni, e riflette la<br />
dimensione irreale dei personaggi<br />
tracciati dall’Autore, sempre<br />
segnati da una personale<br />
propensione all’isolamento e alla<br />
paranoia, dalla paura per la<br />
rivelazione, dal pudore della<br />
debolezza e dall’impossibilità di<br />
adattarsi ad una realtà<br />
incomprensibile e minacciosa.<br />
Costruita sulle suggestioni ed<br />
alterazioni della memoria, con una<br />
vena sarcastica e grottesca, l’opera,<br />
che ha inaugurato la Quinzaine des<br />
réalizateurs a Cannes 20<strong>09</strong>,<br />
conferma lo straordinario talento<br />
del regista nella composizione di<br />
ogni immagine e penetra, come in<br />
Giardini di pietra, nella<br />
malinconia di affetti perduti e mai<br />
riconquistati, provando a<br />
fondo con famiglia numerosa e<br />
l’ultimo nato improvvisamente<br />
ammalatosi; il medico condotto con<br />
figlia adolescente e pargoletto<br />
orfano dalla nascita, assistito dalla<br />
vicina con figlio ritardato; il<br />
temutissimo pastore che sembra<br />
uscito da Fanny e Alexander,<br />
implacabile nel ricordare doveri<br />
morali e impartire punizioni ai figli;<br />
il già menzionato istitutore<br />
innamorato della tata impiegata<br />
dal barone, e ancora fittavoli e<br />
precettori nella galleria di<br />
personaggi che compongono un<br />
panorama umano fatto di<br />
ipocrisia e senso del possesso,<br />
tormenti segreti e una spessa<br />
coltre di perbenismo. Rara<br />
incursione del cineasta nel cinema<br />
in costume, Il nastro bianco –<br />
meritata Palma d’Oro assegnata<br />
dall’amica Huppert – scava nelle<br />
coscienze di una comunità devota<br />
e all’apparenza unita che tenta di<br />
arginare i sospetti scaturiti da<br />
troppi misteriosi incidenti. Agli<br />
sconvolgimenti pubblici, l’autore<br />
unisce l’impietosa analisi dei vizi<br />
privati, dall’educazione<br />
rigidissima agli indicibili soprusi; a<br />
farne le spese saranno i<br />
giovanissimi abitanti – e un<br />
pappagallino. Ma quanto è<br />
innocente la gioventù del<br />
villaggio?<br />
MARIO MAZZETTI<br />
riprodurre conflitti ed<br />
inadeguatezze dell’artista con<br />
istintiva brutalità, passioni e<br />
sentimenti nell’insofferenza delle<br />
tradizioni di una famiglia<br />
patriarcale.<br />
Con uno sguardo che spazia dalle<br />
intuizioni di Powell in Scarpette<br />
rosse e Scala al Paradiso alla<br />
rivoluzione del linguaggio di Orson<br />
Welles, in un gioco rarefatto e<br />
complesso tra bianco e nero e colore<br />
e la parodia e la derisione di<br />
cerimoniali e premi, il film è, a suo<br />
modo, istintivo e romantico,<br />
squilibrato negli eccessi: una<br />
riflessione sul tema del dolore,<br />
sull’impossibilità della rimozione,<br />
sulla fuga e la conquista della<br />
maturità. Coppola presenta in totale<br />
libertà nevrosi e insoddisfazioni,<br />
ribellioni e tradimenti e si dimostra<br />
all’altezza delle attese; racconta<br />
l’illusione della felicità con uno stile<br />
operistico che riproduce sensibilità<br />
perdute, lasciando sempre una<br />
seconda possibilità ai protagonisti<br />
che, come in Un’altra giovinezza,<br />
possono forse ripercorrere la propria<br />
esistenza con l’energia del cinema:<br />
un viaggio di purificazione, ritratto<br />
affascinante di un’ idea familiare e<br />
cammino di ricerca estetica.<br />
DOMENICO BARONE
UN FILM DI MICHAEL MANN<br />
-
schede critiche<br />
GOOD MORNING AMAN<br />
di Claudio Noce<br />
Sceneggiatura: Elisa Amoruso, Claudio Noce, Diego<br />
Ribon, Heidrun Schleef ...Fotografia: Michele D’Attanasio<br />
…Montaggio: Andrea Maguolo …Musiche:<br />
Valerio Vigliar …Interpreti: Valerio Mastandrea, Said<br />
Sabrie, Anita Caprioli …Produzione: DNA Cinematografica<br />
con RAI Cinema …Distribuzione: Cinecittà<br />
Luce …Italia 20<strong>09</strong> …colore 105’<br />
DUE UOMINI smarriti a<br />
confronto, alla faticosa ricerca<br />
della propria identità e di un<br />
equilibrio rasserenante di<br />
sopravvivenza nel riuscito esordio<br />
di Claudio Noce, vincitore del<br />
David di Donatello e del Nastro<br />
d’Argento con il corto Aria e già a<br />
Venezia col corto Adil e Yusuf.<br />
Good morning Aman è un<br />
romanzo di formazione che<br />
celebra il valore dell’amicizia e<br />
l’ordinario peso della solitudine,<br />
filmato con semplicità e freschezza<br />
e l’entusiasmo della poesia<br />
metropolitana.<br />
Aman è un italiano di origine<br />
somala, arrivato in Italia a quattro<br />
anni in fuga dalla guerra in<br />
Somalia; Teodoro è un ex pugile,<br />
intrappolato e vinto da colpe e<br />
rimpianti: i due si incontrano sulle<br />
terrazze dell’Esquilino, uniti<br />
dall’insonnia che li perseguita. Due<br />
solitari che, confrontandosi,<br />
ritrovano le piccole certezze<br />
42 VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
dell’esistenza e la voglia di<br />
superare traumi e sconfitte. Non è<br />
la scontata e retorica storia di<br />
faticosa e violenta integrazione<br />
razziale ma, nelle intenzioni, un<br />
omaggio alle atmosfere del cinema<br />
americano degli anni Settanta e<br />
alle storie di Hal Ashby, curioso<br />
narratore di inquietudini e incontri<br />
tra personalità opposte che si<br />
scoprono lentamente<br />
complementari, sempre percorsi da<br />
una vena malinconica e<br />
dolceamara. Con una regia<br />
attenta, che privilegia la sofferenza<br />
dei volti e degli sguardi, Noce<br />
schiva il ricatto della commozione<br />
ed usa in modo intelligente e<br />
misurato la voce fuori campo,<br />
mostrando una Roma multietnica<br />
in eterna evoluzione, con l’aiuto di<br />
DI ME COSA NE SAI<br />
di Valerio Jalongo<br />
Sceneggiatura: Valerio Jalongo, Giulio Manfredonia,<br />
Felice Farina …Montaggio: Mirco Garrone …Produzione:<br />
Ameuropa International, Cinecittà Luce …Distribuzione:<br />
Cinecittà Luce …Italia 20<strong>09</strong> …colore 78’<br />
DI ME COSA ne sai di Valerio<br />
Jalongo, con quel titolo così<br />
allusivo, sembra fatto apposta per<br />
rispondere al vaniloquio del<br />
ministro Renato Brunetta, che non<br />
perde occasione di inveire contro le<br />
élite parassitarie del cinema<br />
italiano. Cosa ne sa il ministro<br />
Brunetta della cultura (non<br />
“culturame”) cinematografica<br />
italiana che ha reso grande il<br />
nostro paese nel mondo, degli<br />
uomini coraggiosi (i De Laurentiis, i<br />
Grimaldi…) che hanno osato sfidare<br />
le regole commerciali e il “comune<br />
senso del pudore”; di quanta fatica<br />
e quante amarezze costi oggi<br />
realizzare un film che<br />
probabilmente verrà distribuito<br />
poco e male, finendo per far da<br />
riempitivo a un palinsesto<br />
notturno? Sa invece molto bene,<br />
probabilmente, il ministro, cosa<br />
passa fra le glorie passate e le<br />
odierne miserie del cinema<br />
nazionale: l’avvento di quell’impero<br />
televisivo che ha vampirizzato il<br />
cinema minandone l’autonomia.<br />
una sceneggiatura che delinea la<br />
forza e la fragilità dei caratteri, in<br />
una dimensione sospesa tra realtà<br />
ed immaginazione.<br />
Good morning Aman,<br />
presentato alla Settimana della<br />
Critica dell’ultima Mostra di<br />
Venezia, narra difficoltà e<br />
problemi di anime indecise,<br />
incapaci di adattarsi ai ritmi ed alla<br />
complessità di un quotidiano che<br />
non riconoscono e preferiscono<br />
osservare dall’alto. Vite intrecciate<br />
dal destino ma filmate con pudore<br />
e gentilezza, senza aggressività, in<br />
un personale percorso di<br />
conoscenza; un film costruito su<br />
dialoghi e confessioni, sulla forza<br />
terapeutica e salvifica del mettersi<br />
a nudo, senza difese. È un’opera<br />
intima ed essenziale, pensata<br />
Valerio Jalongo (Messaggi quasi<br />
segreti, Sulla mia pelle) è<br />
portavoce del movimento<br />
Centoautori, formatosi<br />
spontaneamente alcuni anni fa per<br />
la difesa del cinema italiano e<br />
l’elaborazione di proposte sui<br />
problemi dell’industria<br />
cinematografica. Anche Di me<br />
cosa ne sai, presentato a Venezia<br />
alle Giornate degli autori, nasce<br />
dalle riflessioni del gruppo e dalla<br />
necessità, avvertita da molti autori,<br />
di ripercorrere la storia del cinema<br />
italiano per capirne i motivi della<br />
crisi. Il quadro che esce da questo<br />
montaggio stringente di sequenze<br />
e interviste di repertorio, dati<br />
sull’industria e frammenti di vita<br />
politica, culturale e televisiva degli<br />
ultimi trent’anni, è sconfortante e<br />
non solo per il cinema. Lo stato di<br />
salute del cinema – inteso anche<br />
come spettacolo condiviso in sala –<br />
e la considerazione che oggi gode<br />
nell’immaginario collettivo<br />
diventano il simbolo di<br />
un’agghiacciante decadenza<br />
culturale che ha il suo contraltare in<br />
Videocracy, e la sua sintesi<br />
nell’ignoranza dei ragazzini in coda<br />
per le selezioni di un reality.<br />
Fortunatamente a opporre<br />
resistenza ci sono ancora pochi ma<br />
sull’identificazione emotiva con lo<br />
spettatore, con stile rarefatto e<br />
simbolico per riprodurre i flussi e i<br />
disagi della fantasia. In un incontro<br />
di corpi e parole, l’autore ritrae il<br />
malessere narrando l’amicizia<br />
virile, per un viaggio interiore di<br />
ricerca ed approfondimento. Noce<br />
usa un approccio realista, in un<br />
cinema sincero ed ottimista che<br />
ritrova il piacere della narrazione<br />
ma riesce anche a far riflettere<br />
cercando nuove impressioni. Con le<br />
incertezze e le ingenuità<br />
dell’opera prima e l’impazienza di<br />
mostrare abilità e capacità<br />
registica, è una pellicola divisa in<br />
capitoli, con un approccio<br />
originale, composta da altri<br />
sguardi sull’irrinunciabile<br />
mutazione culturale ed etnica che<br />
modella la struttura della<br />
commedia e del dramma in un<br />
percorso individuale dentro<br />
coscienze e conoscenze.<br />
DOMENICO BARONE<br />
ostinati “donchisciotte”, come<br />
alcuni agguerriti esercenti d’essai,<br />
ma la crisi avanza e non solo – come<br />
pensa Brunetta – perché il governo<br />
ha tagliato gran parte dei<br />
finanziamenti.<br />
I motivi, complessi e strettamente<br />
collegati a un perverso – e unico in<br />
Europa – sistema degli audiovisivi,<br />
sono analizzati con lucidità e<br />
chiarezza da Jalongo, che non<br />
risparmia di interrogarsi anche sulle<br />
responsabilità interne all’ambiente<br />
del cinema. Ecco allora il regista<br />
Felice Farina recitare sullo schermo<br />
la sua storia, in una docu-fiction<br />
semiseria che fa da filo conduttore e<br />
contrappunto grottesco a tutto il<br />
film. La storia, che Farina condivide<br />
con molti suoi colleghi, è quella del<br />
difficile recupero del suo ultimo<br />
lavoro dal fallimento della società<br />
produttrice – una società fittizia – e<br />
delle energie spese per terminare il<br />
film con le proprie mani,<br />
letteralmente, e per presentarlo di<br />
persona al pubblico, in giro per<br />
l’Italia. Più che alle élite radicalchic –<br />
caro ministro – questi cento e più<br />
autori del cinema assomigliano a<br />
dei precari testardi, in lotta per la<br />
difesa del proprio lavoro.<br />
BARBARA CORSI
CAPITALISM: A LOVE STORY<br />
di Michael Moore<br />
Sceneggiatura: Michael Moore …Fotografia: Jayme<br />
Roy, Daniel Marracino …Montaggio: John Walter,<br />
Connor O’Neill, Alex Meillier, Tamyn Ager Meillier,<br />
Jessica Brunetto …Musiche: Jeff Gibbs …Produzione:<br />
Dog Eat Dog Films …Distribuzione: Mikado<br />
…Usa 20<strong>09</strong> …colore 120’<br />
DOPO LA chiusura della fabbrica<br />
della General Motors, dalla città di<br />
Flint vengono mandate le lettere di<br />
sfratto ai proprietari di case (uno<br />
ogni 7 secondi) che hanno<br />
rifinanziato l’immobile senza poi<br />
riuscire a ripagare i debiti. Molte<br />
delle principali aziende del paese<br />
hanno stipulato polizze sulla vita<br />
dei loro dipendenti (più sono<br />
giovani, più si guadagna) di cui<br />
naturalmente sono uniche<br />
beneficiarie. I piloti d’aereo<br />
intascano uno stipendio non<br />
superiore a ventimila dollari annui e<br />
sono costretti a trovarsi un secondo<br />
lavoro, come la maggior parte dei<br />
liberi professionisti nei paesi dell’Est<br />
prima che cadesse il Muro. A causa<br />
del fallimento dell’azienda, gli<br />
operai di una fabbrica di Detroit<br />
sono stati gettati sul lastrico senza<br />
stipendio, indennità e liquidazione<br />
di sorta. È un’America fatta di<br />
sfratti, licenziamenti selvaggi,<br />
divario incolmabile tra l’1% ai vertici<br />
della finanza, dell’economia e della<br />
politica e il resto della popolazione.<br />
PARNASSUS, L’UOMO CHE<br />
VOLEVA INGANNARE IL DIAVOLO<br />
di Terry Gilliam<br />
Titolo originale: The imaginarium of doctor Parnassus<br />
…Sceneggiatura: Terry Gilliam, Charles McKeown<br />
…Fotografia: Nicola Pecorini …Montaggio:<br />
Mick Audsley …Musiche: Mychael Danna, Jeff Danna<br />
…Interpreti: Heath Ledger, Christopher Plummer,<br />
Lily Cole, Tom Waits, Johnny Depp, Colin Farrell,<br />
Jude Law …Produzione: Poo Poo Pictures, Parnassus<br />
Productions …Distribuzione: Moviemax<br />
...Usa/Canada …colore 122’<br />
HEATH LEDGER & Friends,<br />
ovvero Johnny Depp, Colin Farrell<br />
e Jude Law. Ed ecco lo<br />
straordinario attore, The J<strong>ok</strong>er di<br />
Un paese che, sin dall’era Reagan,<br />
ha affidato alle principali banche di<br />
investimento e ai loro emissari la<br />
gestione diretta dell’economia,<br />
trasformando i presidenti in<br />
fantocci utili a deregolamentare,<br />
favorire, finanziare, spingendo<br />
sull’orlo del baratro gli elettori<br />
proni e fiduciosi, fino a sprofondare.<br />
Riuscendo a tenere saldamente le<br />
redini della narrazione per due ore,<br />
concedendosi il consueto gusto della<br />
divagazione, dell’iperbole e del<br />
collegamento ardito, riducendo al<br />
minimo l’enfasi delle lacrime di<br />
vedove e orfani (ma poteva farne<br />
del tutto a meno), Michael Moore si<br />
avvale in Capitalism: a love story<br />
The dark knight, moltiplicarsi<br />
come in una galleria degli specchi<br />
grazie al film di Terry Gilliam,<br />
Parnassus, l’uomo che voleva<br />
ingannare il diavolo. Ledger, che<br />
nel film interpretava il ruolo di<br />
Tony, un misterioso benefattore<br />
dell’infanzia maltrattata che forse<br />
nasconde intenzioni losche, il 22<br />
gennaio del 2008 improvvisamente<br />
e tragicamente è morto. Le riprese<br />
erano iniziate da quattro<br />
settimane appena e il progetto<br />
sembrava destinato a morire<br />
– lunghissimo applauso e Leoncino<br />
d’oro dei giovani giurati di Agiscuola<br />
a Venezia 20<strong>09</strong> – di immagini<br />
d’archivio e di un’iconografia di<br />
notevole impatto, rendendosi protagonista<br />
sì ma con discrezione<br />
(voce narrante, giullare grottesco<br />
per amplificare le emozioni, volto<br />
sgomento dai tempi comici perfetti)<br />
della fluviale analisi del crollo<br />
finanziario del sistema capitalistico<br />
per eccellenza; delle cause profonde<br />
e dei risvolti paradossali (il salvataggio<br />
in due tempi del grande<br />
istituto, prima negato poi votato<br />
alla Camera dopo un blitz del<br />
ministro del Tesoro); degli effetti<br />
nefasti e dei profitti illimitati, indi-<br />
anch’esso, finché il grande regista,<br />
visionario e un po’ maledetto, non<br />
ha avuto l’idea di moltiplicare Tony<br />
attraverso uno specchio. Ed è un<br />
piacere degli occhi, e un gioco nel<br />
gioco, individuare i vari alter ego<br />
di Tony.<br />
Terzo lavoro scritto con lo<br />
sceneggiatore Charles McKeown<br />
dopo il magico Brazil e il<br />
lussureggiante Le avventure del<br />
Barone di Munchausen, ecco un<br />
fantasy dal sapore nettamente<br />
autobiografico. Protagonista è<br />
l’immortale Dottor Parnassus<br />
(Christopher Plummer), un<br />
sapiente inventore di favole che<br />
aiuta gli esseri umani a dare forma<br />
alle proprie fantasie segrete, per<br />
quanto assurde esse siano,<br />
lasciando che attraversino uno<br />
specchio trasportato su un carro<br />
trainato da quattro cavalli. Nella<br />
moderna Londra dello shopping e<br />
della finanza, l’antico carro di<br />
Tespi viaggia con a bordo una<br />
buffa combriccola di guitti<br />
emarginati: la bella figlia Valentina<br />
(Lily Cole) e i due aiutanti (il<br />
giovane Andrew Garfield e il nano<br />
Verne Troyer), imbonitori a caccia<br />
schede critiche<br />
gnandosi come non mai e cercando<br />
di istigare il pubblico alla ribellione,<br />
la stessa che spinge nel finale<br />
i suoi vessati protagonisti a reagire,<br />
occupando fabbriche e resistendo<br />
al pignoramento. Sono<br />
momenti di tensione (una figura<br />
dagli anni ’50 ci avverte a inizio<br />
proiezione che il film è inadatto<br />
alle persone impressionabili…),<br />
d’altronde i valori in gioco sono<br />
quelli della democrazia, argine<br />
necessario quella Dichiarazione<br />
d’indipendenza coi suoi diritti e<br />
valori fondamentali messi ultimamente<br />
da parte.<br />
Un discorso lucido e facilmente<br />
comprensibile quello di un Moore<br />
ispirato, di nuovo ai livelli delle<br />
opere degli esordi, che non esita a<br />
ricorrere ai consueti colpi di teatro,<br />
come quando da privato cittadino<br />
cerca di arrestare i “grandi capi”<br />
della finanza e di mettere il cordone<br />
di polizia all’intera Wall Street,<br />
luogo di un crimine grave e reiterato<br />
ai danni dei risparmiatori, dei<br />
piccoli proprietari, dei cittadini di<br />
serie B delle moderne democrazie<br />
plutocratiche. E poi, pur essendo<br />
un campione del documentario a<br />
tesi, l’autore riesce a farci sorridere,<br />
emozionare e più di tutto indignare,<br />
e non è poco…<br />
MARIO MAZZETTI<br />
di un pubblico sempre più sparuto.<br />
Finché un giorno la compagnia non<br />
salva rocambolescamente un tizio<br />
che penzola da un ponte come il<br />
banchiere Roberto Calvi dal<br />
Blackfriars’ Bridge e quello si unisce<br />
a loro, mettendo le sue spiccate doti<br />
di marketing e la sua parlantina a<br />
servizio dell’arte in via d’estinzione.<br />
Ma Parnassus, e soprattutto la dolce<br />
Valentina, sono minacciati dal<br />
Demonio in persona, interpretato<br />
nientemeno che dal cantautore Tom<br />
Waits, demonio in carne ed ossa che<br />
intende riscuotere il suo credito e<br />
portar via la ragazza nel giorno del<br />
suo 16° compleanno.<br />
Ognuno dei personaggi citati farà la<br />
sua sortita nel mondo dietro lo<br />
specchio, un paese delle<br />
meraviglie (o degli orrori) dove<br />
tutto è possibile grazie agli effetti<br />
davvero speciali creati dalla Peerless<br />
Camera Company, la società<br />
londinese che ha sempre<br />
collaborato alle opere di Gilliam. Sei<br />
mesi di pre-produzione, scene girate<br />
col blue screen e un budget di 30<br />
milioni di dollari hanno fatto il<br />
resto.<br />
CRISTIANA PATERNÒ<br />
VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
43
NEMICO PUBBLICO<br />
di Michael Mann<br />
Titolo originale: Public enemies …Sceneggiatura:<br />
Ronan Bennett, Ann Biderman, Michael Mann dal<br />
romanzo di Bryan Burrough …Fotografia: Dante Spinotti<br />
…Montaggio: Jeffrey Ford …Musiche: Elliot<br />
Goldenthal …Interpreti: Johnny Depp, Christian<br />
Bale, Marion Cotillard, James Russo, Billy Crudup<br />
…Produzione: Universal Pictures, Forward Pass,<br />
Misher Films …Distribuzione: Universal Pictures<br />
…Usa 20<strong>09</strong> …colore 140’<br />
LA BELLEZZA pittorica delle<br />
inquadrature e la fisicità diretta e<br />
potente delle azioni sono<br />
caratteristiche che<br />
contraddistinguono il cinema di<br />
Michael Mann, e Nemico<br />
pubblico non fa eccezione. La<br />
storia di John Dillinger, nemico<br />
pubblico n.1 dell’America degli<br />
anni Trenta, è qui raccontata senza<br />
enfasi e senza psicologismi. John<br />
Dillinger è un rapinatore di banche<br />
e Mann racconta semplicemente<br />
gli accadimenti dei mesi che vanno<br />
dalla spettacolare evasione alla<br />
morte di Dillinger. Gli avvenimenti,<br />
le ricostruzioni di Chicago, le<br />
riprese on location come nel caso<br />
della Crown Point Jail e della Little<br />
Bohemia Lodge, persino il modo di<br />
parlare di Dillinger, interpretato da<br />
un bravo e costantemente<br />
misurato Johnny Depp, rivelano<br />
un’imponente e meticolosa ricerca<br />
L’UOMO CHE FISSA LE CAPRE<br />
di Grant Heslov<br />
Titolo originale: The men who stare at goats …Sceneggiatura:<br />
Peter Straughan dal romanzo di Jon<br />
Ronson …Fotografia: Robert Elswit …Montaggio:<br />
Tatiana Riegel …Musiche: Rolfe Kent …Interpreti:<br />
George Clooney, Ewan McGregor, Jeff Bridges,<br />
Kevin Spacey …Produzione: Sm<strong>ok</strong>e House Pictures<br />
…Distribuzione: Medusa …Usa 20<strong>09</strong> …colore 90’<br />
UN GIORNALISTA disperato, un<br />
improbabile agente dotato di<br />
superpoteri, un’unità segreta<br />
dell’esercito americano<br />
specializzata nella ricerca<br />
paranormale sono gli insoliti<br />
protagonisti de L’uomo che fissa<br />
le capre, che segna l’esordio alla<br />
storica, e qui sta forse una delle<br />
peculiarità del film: Mann si è<br />
basato sui fatti. Sui documenti,<br />
sulle fotografie, sugli articoli di<br />
giornale, naturalmente sul<br />
romanzo di Bryan Burrough, ma<br />
non sull’immaginario<br />
gangsteristico del cinema classico<br />
hollywoodiano.<br />
La mise en scène è straordinaria:<br />
non si può non rimanere<br />
affascinati e travolti dal susseguirsi<br />
regia di Grant Heslov, da lungo<br />
tempo amico e collaboratore come<br />
sceneggiatore e coproduttore dei<br />
film di George Clooney. Ed è<br />
proprio l’attore americano al<br />
centro della trama di questa<br />
divertente e intelligente<br />
commedia dal tono comunque<br />
molto leggero, che prende in giro<br />
l’ossessione per l’utilizzo<br />
dell’energia psichica a fini militari.<br />
Interpellato da un reporter alla<br />
ricerca dello scoop della sua vita,<br />
l’uomo che finge di essere un<br />
tecnico, al lavoro per la<br />
ricostruzione dell’Iraq, conduce il<br />
di scoppi di violenza e azioni<br />
frenetiche, dall’iperrealismo di<br />
certe scene alternato a momenti di<br />
pura astrazione (la splendida<br />
fotografia di Spinotti e le<br />
possibilità date dal digitale<br />
potenziano il film in questo senso),<br />
dal fascino semplice di Dillinger, un<br />
ragazzo dell’Indiana che odia le<br />
banche, odia il sistema, odia la<br />
polizia. Ma attenzione: la simpatia<br />
è immediata, e non perché lui sia<br />
giornalista alla volta di uno<br />
sgangherato viaggio, guidato –<br />
come dice di essere – da una<br />
visione notturna del suo ex capo<br />
guru, interpretato da un Jeff<br />
Bridges alla sua migliore<br />
interpretazione dai tempi de Il<br />
Grande Lebowski. Tra flashback<br />
e momenti insoliti che fanno<br />
ironicamente il verso a tanto<br />
cinema legato al mondo degli<br />
agenti segreti, L’uomo che fissa<br />
le capre brilla per una<br />
sceneggiatura intrigante, tratta<br />
dal libro dello scrittore e<br />
giornalista gallese Jon Ronson, che<br />
esplora la strana storia di un<br />
gruppo di soldati chiamati in<br />
codice “I Jedi” per le loro<br />
avanzatissime capacità psichiche.<br />
Al di là dell’evidente, forse perfino<br />
facile umorismo<br />
metacinematografico in cui il<br />
giornalista che deve scrivere degli<br />
Jedi è anche l’Obi Wan Kenobi<br />
della seconda trilogia di Guerre<br />
Stellari, L’uomo che fissa le<br />
capre mette ancora una volta in<br />
luce il talento di Clooney nel<br />
campo della commedia sofisticata.<br />
Circondato da interpreti<br />
decisamente alla sua altezza, come<br />
Ewan McGregor e Kevin Spacey,<br />
Clooney e gli altri sono impegnati<br />
schede critiche<br />
John Dillinger, ma perché le banche<br />
erano quelle che avevano gettato il<br />
paese nella Grande Depressione e<br />
rubato i risparmi della gente, e il<br />
sistema va di conseguenza, quindi<br />
le antipatie di Dillinger sono quelle<br />
del pubblico americano. Quanto<br />
alla polizia, il sogno di J. Edgar<br />
Hoover era quello di catturare il<br />
nemico pubblico per eccellenza per<br />
trasformare il suo Bureau nel<br />
Federal Bureau of Investigation,<br />
mentre il suo agente di punta,<br />
Melvin Purvis (un bravissimo<br />
Christian Bale) è circondato da<br />
colleghi inetti che non sanno<br />
maneggiare le armi e anzi, quando<br />
sparano, uccidono cittadini<br />
innocenti. Di conseguenza, Mann<br />
non ha bisogno di ricorrere a<br />
espedienti narrativi per ornare di<br />
fascino Dillinger e le sue azioni. Ne<br />
racconta squarci e attimi privati con<br />
la fidanzata Billie Frechette, ma<br />
senza dilungarsi mai. I fatti, Mann<br />
racconta splendidamente i fatti:<br />
John Dillinger è morto ammazzato<br />
su un marciapiede all’uscita del<br />
cinema, tradito dalla leggendaria<br />
“lady in red”, che indossava in<br />
realtà una camicetta bianca e una<br />
gonna arancione…<br />
CHIARA BARBO<br />
a restituire allo spettatore il senso<br />
di una storia dove non si capisce<br />
mai se quello che accade è frutto<br />
di stupidità, del caso oppure di<br />
poteri tanto inspiegabili quanto<br />
complessi nella loro<br />
fenomenologia.<br />
Sullo sfondo di un Iraq più<br />
“appaltato” che occupato,<br />
L’uomo che fissa le capre è un<br />
film originale che, con qualche<br />
venatura demenziale, si trasforma<br />
in una satira antimilitarista senza<br />
troppe pretese, ma anche<br />
abbastanza riuscita. Le capre<br />
evocate dal titolo sono le<br />
testimoni involontarie di una serie<br />
di esperimenti in cui i superpoteri<br />
vengono usati talora per liberare<br />
un generale della Nato detenuto<br />
dalle italiane Brigate Rosse (il<br />
film non lo dice, ma si tratta della<br />
liberazione del generale Dozier),<br />
altre volte per canalizzare lo<br />
scontro di ego tra i vari membri<br />
di questa unità di elite, nata<br />
durante la guerra del Vietnam e<br />
la cui storia, in una maniera o<br />
nell’altra, arriva fino ai giorni<br />
nostri. Un film piacevole dove la<br />
parodia porta a momenti<br />
inaspettati di comicità.<br />
MARCO SPAGNOLI<br />
VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
45
schede critiche<br />
NORD<br />
di Rune Denstad Langlo<br />
Sceneggiatura: Erlend Loe …Fotografia: Philip Ogaard<br />
…Montaggio: Zaklina Stojevska …Musiche: Ola<br />
Kvernberg …Interpreti: Anders Baasmo Christiansen,<br />
Tommy Almenning, Marte Aunemo, Kyrre Hellum<br />
…Produzione: Motlys …Distribuzione: Sacher<br />
Film …Norvegia 20<strong>09</strong> …colore 78’<br />
ACCANTO a storie minime e<br />
stravaganti come Kitchen<br />
stories, ai personaggi strampalati<br />
dei film di Lukas Moodysson e ai<br />
toni sarcastici e crepuscolari di<br />
Kaurismaki, trova la sua perfetta<br />
collocazione anche Nord, un<br />
piccolo film norvegese che scivola<br />
con eleganza tra la commedia di<br />
toni e situazioni e la malinconia<br />
GENOVA<br />
di Michael Winterbottom<br />
Sceneggiatura: Laurence Coriat …Fotografia: Marcel<br />
Zyskind …Montaggio: Paul Monaghan …Musiche:<br />
Melissa Parmenter …Interpreti: Colin Firth, Catherine<br />
Keener, Hope Davis, Willa Holland, Perla Haney-<br />
Jardine …Produzione: Revolution Film, Aramid Ent.<br />
Fund, Moviola Film …Distribuzione: Officine Ubu<br />
…Inghilterra 2008 …colore 92’<br />
“HO DECISO che dovevo girare<br />
un film a Genova e solo in un<br />
secondo momento ho pensato a<br />
quale storia raccontare”. Sono<br />
parole del regista, un’affermazione<br />
sicuramente sincera perché è<br />
davvero difficile immaginare una<br />
diversa ambientazione per questo<br />
film. Il cuore della storia, che pure è<br />
una vicenda molto intima e privata,<br />
ruota infatti attorno a<br />
quell’inestricabile labirinto di vicoli<br />
dove è facile perdersi fisicamente e<br />
mentalmente, come appunto<br />
accade ai protagonisti del film, alla<br />
ricerca di un filo che li riconduca<br />
alla vita dopo essere stati oggetto<br />
di una improvvisa tragedia. In<br />
Genova, insomma, la città è un<br />
preciso ed affascinante luogo fisico,<br />
ma anche un’ambientazione<br />
simbolica, un percorso che conduce<br />
dalle tenebre verso la luce.<br />
In seguito alla tragica morte della<br />
moglie in un incidente stradale,<br />
anche per liberarsi dal peso di<br />
46 VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
sgangherata del suo protagonista,<br />
Jomar, un ex campione di sci che,<br />
in seguito a un esaurimento<br />
nervoso e una depressione da cui<br />
non riesce a venir fuori, trova<br />
lavoro come addetto alle sciovie,<br />
lavoro che naturalmente svolge<br />
assai malvolentieri. Tra il<br />
rimpianto per la clinica in cui è<br />
stato ricoverato per mesi, il ricordo<br />
della moglie che l’ha lasciato e la<br />
noia di quel lavoro che lo spinge a<br />
bere, fumare e ciondolare tutto il<br />
giorno tra il letto e la poltrona,<br />
una notizia inaspettata lo spinge a<br />
uscire dall’apatia per affrontare<br />
un viaggio verso nord, centinaia di<br />
ricordi strazianti, Joe, docente<br />
universitario di Chicago, decide di<br />
trasferirsi insieme alle figlie,<br />
l’adolescente Kelly, 16 anni, e la<br />
piccola Mary, 10 anni, a Genova<br />
dove ha ottenuto un incarico.<br />
Il trasferimento sembra giovare a<br />
Joe e a Kelly che, bellissima, attira<br />
subito l’attenzione dei coetanei,<br />
mentre Mary, oppressa dai sensi di<br />
colpa, si ritiene responsabile del<br />
fatale incidente: è perseguitata da<br />
incubi notturni e ad un certo<br />
momento comincia a vedere la<br />
madre aggirarsi attorno a lei.<br />
Mentre Barbara, una vecchia amica<br />
di Joe, intuisce il malessere della<br />
bambina, padre e sorella non<br />
sembrano accorgersene. Finché un<br />
giorno, proprio per seguire la<br />
chilometri tra distese di neve e<br />
ghiaccio, in solitudine, fatta<br />
eccezione per alcuni incontri<br />
bizzarri che pian piano<br />
riappacificheranno Jomar con se<br />
stesso e con la vita.<br />
Nord è un road movie sulla<br />
snowmobile, un “road movie<br />
fuoripista” come lo <strong>def</strong>inisce lo<br />
stesso autore; una commedia<br />
minimale che trascina il<br />
protagonista fuori dal suo<br />
malessere per farlo incontrare e<br />
scontrare con situazioni assurde e<br />
personaggi stravaganti e assoluti<br />
nella loro umanità: bambine<br />
solitarie, gare di snowboard,<br />
improbabili soldati che sbucano<br />
dal nulla e vecchi scontrosi intenti<br />
a pescare nel ghiaccio conducono<br />
il protagonista, nella sua<br />
ricerca della vita, verso<br />
un finale sobrio e<br />
asciutto che ben<br />
completa la<br />
stravaganza<br />
misurata e sottile<br />
di questa<br />
malinconica<br />
commedia<br />
umana.<br />
I meriti<br />
del<br />
film<br />
madre che ha visto camminare<br />
davanti a lei, Mary si inoltre in una<br />
città sempre più ostile e pericolosa…<br />
La trama potrebbe far pensare ad<br />
un mystery segnato da presenze<br />
soprannaturali e destinato ad una<br />
tragica conclusione ed invece<br />
Genova racconta semplicemente,<br />
con accenti intimi e dolorosi,<br />
l’elaborazione di un lutto da parte<br />
di tre persone private del loro<br />
affetto più caro.<br />
Genova, premio per la regia lo<br />
scorso anno a San Sebastian, è un<br />
film di atmosfere e di silenzi, dove i<br />
dialoghi sono rarefatti e il racconto<br />
è affidato principalmente alla<br />
suggestione delle immagini, dei<br />
colori, dei suoni. In maniera niente<br />
affatto casuale, la mamma morta<br />
sono molti: il regista Rune Denstad<br />
Langlo, che qui impiega<br />
splendidamente anche la sua<br />
esperienza di documentarista,<br />
riesce a mantenere in costante<br />
equilibrio la commedia pur non<br />
tralasciando momenti di dramma,<br />
utilizzando bene gli scenari<br />
nordici, protagonisti del film<br />
insieme al bravo Anders Baasmo<br />
Christiansen, una presenza<br />
fondamentale nei vari segmenti<br />
del film, sempre provvisorio nel<br />
suo incedere incerto, tra la<br />
chiusura in se stesso e lo stupore di<br />
fronte agli incontri imprevisti che<br />
quel pezzetto di vita gli riserva,<br />
sempre umanissimo. E lo<br />
sceneggiatore Erlend Loe scrive<br />
con delicatezza personaggio e<br />
momenti narrativi, senza<br />
risparmiare ironia e sarcasmo<br />
graffiante a Jomar Henriksen e<br />
anche al pubblico. Nord è<br />
stato presento nella sezione<br />
Panorama alla scorsa<br />
edizione del Festival di<br />
Berlino, vincendo il<br />
premio Fipresci della<br />
stampa<br />
internazionale<br />
come miglior<br />
film.<br />
CHIARA BARBO<br />
era un’insegnante di pianoforte ed<br />
anche le sue figlie prendono lezioni<br />
di musica. Il film funziona molto<br />
bene nella parte domestica e<br />
familiare, illustrando con sapienza e<br />
profondità i rapporti che legano il<br />
padre alle figlie e le figlie fra loro.<br />
Kelly è la tipica adolescente alla<br />
scoperta delle prime vere emozioni,<br />
una ragazza che vorrebbe bruciare<br />
le tappe e comincia a mostrare una<br />
crescente insofferenza per regole<br />
ed orari. Alle sue continue e<br />
provocatorie sfide non sfugge<br />
neppure la sorella più piccola,<br />
ovviamente incapace di<br />
comprendere le ragioni di tanta<br />
improvvisa ostilità. Funziona invece<br />
molto meno il contorno, il coro dei<br />
ragazzi italiani che corteggiano<br />
Kelly e tutto il gruppo degli<br />
studenti di Joe, altrettante<br />
macchiette. In particolare<br />
l’accennata e un po’ ridicola storia<br />
d’amore fra Joe e la studentessa<br />
Rosa è uno degli elementi deboli<br />
del film. Insomma ciò che convince<br />
meno è il côtè di presenze italiane,<br />
ma la cosa non sorprende più di<br />
tanto: perché un regista inglese<br />
dovrebbe conoscerci così bene e<br />
raccontarci in maniera davvero<br />
convincente?<br />
FRANCO MONTINI
schede critiche<br />
CHE FINE HA FATTO OSAMA BIN LADEN?<br />
di Morgan Spurlock<br />
Titolo originale: Where in the world is Osama Bin<br />
Laden? …Sceneggiatura: Jeremy Chilnick, Morgan<br />
Spurlock …Fotografia: Daniel Marracino<br />
…Montaggio: Gavin Coleman, Julie “Bob” Lombardi<br />
…Musiche: Jon Spurney …Produzione: Warrior<br />
Poets, Wild Bunch …Distribuzione: Fandango<br />
…Usa 2007 …colore 96’<br />
NUOVA provocazione di<br />
Morgan Spurlock, ironico cialtrone<br />
e “fratello minore” della<br />
multinazionale Michael Moore,<br />
con una folle e divertente caccia al<br />
criminale più pericoloso del<br />
mondo che diventa un viaggio nei<br />
Paesi mediorientali, costruito<br />
come i livelli di difficoltà di un<br />
videogioco tra ispirate intuizioni,<br />
incontri di karate con il ricercato a<br />
cartoni animati, spunti e idee<br />
grottesche.<br />
Dall’Egitto all’Afghanistan,<br />
interviste strampalate sulle<br />
conseguenze economiche di<br />
attentati e speculazioni in Borsa<br />
costellano un reportage<br />
sull’incontro-confronto con la<br />
gente araba, disponibile e cordiale<br />
agli inoffensivi attacchi del regista.<br />
Spurlock, in pericolosa trasferta tra<br />
Marocco e Palestina, parte sulle<br />
tracce del fuggitivo fin dentro le<br />
caverne nel cuore<br />
dell’Afghanistan, avvicinando<br />
esperti ed imam; collabora, a suo<br />
BERLIN CALLING<br />
di Hannes Stöhr<br />
Sceneggiatura: Hannes Stöhr …Fotografia: Andreas<br />
Doub …Montaggio: Anne Fabini …Musiche: Paul<br />
Kalkbrenner …Interpreti: Paul Kalkbrenner, Rita Lengyel,<br />
Corinna Harfouch, Araba Walton, Peter Schneider<br />
…Produzione: Sabotage Films, Stöhr Film Prod.<br />
con Wdr, Arte …Distribuzione: Officine Ubu …Germania<br />
2008 …colore 100’<br />
IKARUS è un dj/remixer<br />
berlinese – una vaga<br />
rassomiglianza con Moby – che<br />
alterna album e dance floor in<br />
discoteca, troppi per concentrarsi<br />
sul nuovo disco, anche perché il<br />
ragazzo tende ad abusare di<br />
modo, al disinnesco degli ordigni;<br />
scopre la teoria della cospirazione<br />
che lega indissolubilmente<br />
l’organizzazione di Al-Qaeda alla<br />
rivoluzione suina di Babe e<br />
partecipa alle incursioni a fianco<br />
dell’esercito.<br />
Dopo l’esperimento del precedente<br />
Supersize me, in cui si faceva<br />
uomo-cavia che eroicamente<br />
decide di nutrirsi per un mese di<br />
prelibatezze preparate nei fast<br />
food con esiti clinici disastrosi,<br />
questa volta, con la stessa carica di<br />
ingenua goliardia, Spurlock si<br />
spinge in un lungo viaggio<br />
impersonando l’uomo comune che<br />
desidera un’esistenza metodica<br />
confortata dal consumo di generi<br />
ketamina e cocaina: la sua<br />
discografica respinge il progetto,<br />
lo stress aumenta e lo sballo pure,<br />
la ragazza-manager Mathilde<br />
inizia ad essere stufa mentre il<br />
padre, pastore protestante, parla<br />
nei suoi sermoni di responsabilità<br />
individuale.<br />
Una crisi di troppo (“era roba<br />
cattiva”…) e Ikarus si ritrova in<br />
ospedale con altre vittime di acidi<br />
e cristalli – ottenendo almeno il<br />
permesso di lavorare al disco,<br />
anche se la dottoressa trova la sua<br />
musica cupa e deprimente. Ma gli<br />
futili e con un figlio in arrivo.<br />
Senza le invettive moralistiche e<br />
saccenti del corpulento collega di<br />
Fahrenheit 9/11 e Sicko,<br />
l’autore, beffardo e narcisista, ha<br />
il pudore e il ritegno di non<br />
prendersi mai sul serio ma usa la<br />
stessa tecnica di guerriglia del<br />
compagno: sceglie un bersaglio da<br />
colpire facile facile, confidando<br />
nel candore e nella semplicità di<br />
spettatori ancora inclini<br />
all’indignazione, inconsapevoli di<br />
essere manipolati.<br />
La pellicola, presentata lo scorso<br />
anno al Festival Internazionale di<br />
Roma, diventa una “ardita”<br />
riflessione sui rapporti segreti tra<br />
Stati Uniti e mondo arabo,<br />
effetti allucinogeni persistono e<br />
una scappatella dall’ospedale gli<br />
costerà cara in termini umani,<br />
professionali e di salute: la terra<br />
continua a franargli sotto i piedi<br />
ma l’atteggiamento immaturo ed<br />
egocentrico si rafforza.<br />
All’ipogeo, grazie al sostegno di<br />
Mathilde (che nel frattempo ha<br />
accettato le avances dell’amica<br />
Corinne) e all’affetto del padre e<br />
del fratello, oltre che alle pillole<br />
che cancellano alti e bassi, il<br />
motore sembra tornare a girare…<br />
La musica techno del<br />
protagonista (Kalkbrenner nella<br />
vita fa lo stesso mestiere<br />
del suo personaggio)<br />
fornisce un tono<br />
maudit alla storia di<br />
tossicodipendenza,<br />
solo aggiornata alla<br />
“fame chimica” di<br />
sostanze brucia<br />
cervello. Può<br />
sembrare fico<br />
un dj che si<br />
gode la<br />
celebrità<br />
di<br />
stage<br />
disegnata con lo stile sarcastico ed<br />
irriverente dei fumetti. Spurlock<br />
gioca con intelligenza con i luoghi<br />
comuni, le differenze etniche, le<br />
paure e la xenofobia, ma da buon<br />
cittadino americano istruito cerca<br />
un’illusoria armonia, convincendosi<br />
che il nemico possa essere un<br />
pesante fardello nell’evoluzione e<br />
nell’incontro tra culture opposte<br />
ma complementari. Che fine ha<br />
fatto Osama Bin Laden? è un<br />
girotondo che inizia come<br />
intrattenimento satirico<br />
intervallato da spunti umoristici, in<br />
cui tesi ed asserzioni restano<br />
ovvietà scontate, con una<br />
sceneggiatura divisa tra indagine<br />
sociologica ed inchiesta, scandita<br />
da intermezzi grafici e spettacolari,<br />
notazioni di costume che graffiano<br />
ma non lasciano segni.<br />
DOMENICO BARONE<br />
performance infuocate (purché<br />
piacciano i ritmi electro), indossa<br />
magliette di calcio e soddisfa<br />
bisogni primari; il regista tuttavia<br />
ne sottolinea il senso di vuoto, la<br />
discesa agli inferi e fino alla fine<br />
non sappiamo se ce la farà a<br />
superare la crisi. Tuttavia, se solo<br />
la regia mostrasse qualche<br />
guizzo in più e il protagonista<br />
una maggiore espressività, la<br />
capacità di coinvolgimento della<br />
vicenda ne risulterebbe<br />
accresciuta. Lo stesso finale<br />
assomiglia più a una pubblicità<br />
progresso che a uno snodo<br />
narrativo. Il titolo del film è<br />
quello del famigerato disco di<br />
Ikarus tanto rinviato, e<br />
naturalmente ammicca ai<br />
Clash. Quanto a Berlino, la<br />
storia potrebbe svolgersi in<br />
qualsiasi metropoli (anche<br />
se i tedeschi vanno forte<br />
in questo campo<br />
musicale) e il<br />
Muro è soltanto<br />
evocato in un<br />
ricordo<br />
familiare.<br />
MARIO MAZZETTI<br />
VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
47
schede critiche<br />
BRÜNO<br />
di Larry Charles<br />
Sceneggiatura: Sacha Baron Cohen, Anthony Hines,<br />
Dan Mazer, Jeff Schaffer …Fotografia: Anthony Hardwick<br />
e Wolfgang Held …Montaggio: Scott M.<br />
Davids e James Thomas …Interpreti: Sacha Baron<br />
Cohen, Gustaf Hammarsten con la partecipazione di<br />
Bono, Sting, Elton John, Chris Martin …Produzione:<br />
Everyman Pictures, Four by Two, Media Rights Capital<br />
…Distribuzione: Medusa …Usa 20<strong>09</strong> …colore 85’<br />
DELLA PROVOCAZIONE ha fatto<br />
il suo logo. Sacha Baron Cohen, già<br />
Ali G e Borat, non si smentisce e<br />
con Brüno va anche oltre,<br />
affrontando ludicamente e<br />
luridamente il mondo della moda.<br />
Il suo personaggio omonimo è<br />
NORTH FACE<br />
di Philipp Stöltz<br />
Titolo originale: Nordwand …Sceneggiatura: Philipp<br />
Stöltz, Cristoph Silber, Rupert Henning, Johannes<br />
Naber …Fotografia: Kolja Brandt …Montaggio: Sven<br />
Budelmann …Musiche: Christian Kolonovits …Interpreti:<br />
Benno Furmann, Johanna W<strong>ok</strong>alek, Florian<br />
Lukas, Simon Schwarz …Produzione: Dor Film-West,<br />
Lunaris Film, MedienKontor …Distribuzione: Archibald<br />
…Germania 2008 …colore 126’<br />
AVVENTURA, tensione e<br />
dramma nella radicata tradizione<br />
delle pellicole di montagna in<br />
North Face, che ricostruisce con<br />
meticolosa attenzione la lotta<br />
disperata per la sopravvivenza<br />
nella scalata alla parete nord del<br />
Monte Eiger, evidenziando ogni<br />
dettaglio nella descrizione di<br />
eventi ed imprevisti, uniti ad una<br />
complessa riflessione<br />
sull’immanenza di una natura<br />
ostile e matrigna.<br />
Durante l’estate del 1936, due<br />
militari bavaresi decidono di<br />
scalare la parete nord della<br />
montagna, in un’ascensione<br />
seguita da giornalisti in cerca di<br />
gloria, funzionari del Reich decisi<br />
a trasformare l’impresa sportiva in<br />
un trionfante mezzo di<br />
propaganda. North Face, con<br />
stile classico e rigoroso, è un film<br />
dal cuore antico, epico, sul valore<br />
del coraggio individuale, sulla<br />
48 VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
l’irriverente e indomito critico del<br />
magazine Funky Zeit, che dal<br />
fashion biz ambisce a diventare<br />
una star. Austriaco dal<br />
maccheronico accento e<br />
omosessuale, con valletto a<br />
seguito segretamente innamorato<br />
di lui, parte alla conquista di<br />
Hollywood.<br />
Supportato da una sceneggiatura<br />
di cui è co-autore con gag<br />
esilaranti a profusione, Brüno è<br />
un film sui generis che fluttua tra<br />
fiction e mockumentary ed è per<br />
sua natura un fenomeno oltre lo<br />
schermo. Come del resto erano i<br />
solitudine fisica e mentale dello<br />
scalatore, deciso a non farsi<br />
strumentalizzare dagli attacchi<br />
della stampa, dalle lusinghe del<br />
potere politico come dal terrore<br />
dell’isolamento, cullandosi nella<br />
forza consolatoria di affetti e<br />
relazioni amorose, forze svanite,<br />
in una pessimistica<br />
considerazione sul significato del<br />
tempo.<br />
Stöltz, che ha studiato e<br />
compreso i codici morali degli<br />
eroi quotidiani e solitari del<br />
cinema di Fred Zinnerman,<br />
combina azione, storia e rischio,<br />
analizzando la dimensione<br />
psicologica della cronaca e del<br />
precedenti di Baron Cohen. Le sue<br />
performance, infatti, hanno<br />
animato la campagna<br />
promozionale condotta in maniera<br />
del tutto alternativa, tra irruzioni<br />
alle sfilate di moda milanesi,<br />
mescolamenti con le guardie reali<br />
a Londra in aderenti costumi o alla<br />
tv spagnola dove si è mostrato in<br />
mutande fregiate col volto di<br />
Zapatero. Il sottotitolo del film,<br />
d’altra parte, non induce a<br />
fraintendimenti sulla natura<br />
dell’oggetto: “deliziose<br />
scorribande attraverso l’America<br />
allo scopo di mettere visibilmente<br />
a disagio i maschi eterosessuali in<br />
presenza di un gay straniero in<br />
magliettina a rete”. Oltraggioso a<br />
dismisura, facilmente censurabile e<br />
presumibilmente sgradevole a<br />
pubblici non adepti o<br />
semplicemente rigido-schizzinosi,<br />
Brüno fa perno sull’immenso<br />
talento performativo del comico<br />
gallese-lituano-israeliano: le risate<br />
provocate dal magma esplosivo tra<br />
il suo modus e le battute e<br />
situazioni sono a volte davvero<br />
irresistibili. Solo per citarne alcune:<br />
l’utilizzo di uomini nudi in<br />
sostituzione dell’arredamento<br />
nello studio televisivo, la<br />
simulazione di un orgasmo con lo<br />
racconto, sottolineando gli<br />
ingannevoli meccanismi dello<br />
sfruttamento mediatico, dei<br />
contrasti etnici tra visioni<br />
esistenziali differenti ed<br />
inconciliabili. Con una<br />
costruzione scrupolosa e sicura<br />
della narrazione, diretta ad<br />
evidenziare la forza della<br />
competizione e dei legami di<br />
sangue, cerca sempre il realismo,<br />
l’effetto emotivo alla mistica<br />
ricerca delle difficoltà e degli<br />
imprevisti. Con una fotografia<br />
che estende il fascino della luce e<br />
del pericolo, il film ha una sua<br />
forza istintiva nel rapporto di<br />
assoluta dipendenza dalla vetta<br />
spirito di un <strong>def</strong>unto durante una<br />
seduta spiritica e – all’apice del<br />
politically incorrect – il furto<br />
nell’immaginario Paese “Dar-five”<br />
di un bebè africano “scambiato<br />
con un iPod” a prova che essere<br />
padre single e gay è bello. La gag<br />
non rovina la risata in sala essendo<br />
già punta di diamante del trailer. Il<br />
film non risparmia sagaci cine e<br />
tele-citazioni, talvolta di autentica<br />
arguzia, virate a caricatura<br />
estrema delle manie, fobie ed<br />
ossessioni prodotte dall’American<br />
Dream. Questa volta concentrato<br />
sullo spaccato umano dello star<br />
system, terreno intrinsecamente<br />
comico. E, con personalissimo<br />
messaggio pacifista, Baron Cohen<br />
si improvvisa anche mediatore tra<br />
Israele e Palestina, quasi<br />
riuscendoci... Tra le curiosità del<br />
backstage: nel film era prevista<br />
un’intervista a LaToya Jackson<br />
prendendo di mira il fratello<br />
Michael, la cui scomparsa, però, ha<br />
ovviamente procurato il taglio<br />
<strong>def</strong>initivo della scena. Rimasti,<br />
invece, i camei degli amici Bono,<br />
Sting, Elton John e Chris Martin,<br />
musicalmente uniti per una<br />
“Brüno-causa”.<br />
ANNA MARIA PASETTI<br />
da raggiungere che diventa<br />
ossessione. Il regista, con<br />
l’intelligenza del cineasta<br />
consumato, riprende non solo la<br />
preparazione e la paura del<br />
vuoto, ma la costruzione di un<br />
sogno, la difficoltà ed il coraggio<br />
del fattore umano: la stanchezza<br />
e la disillusione degli scalatori che<br />
lottano contro pregiudizi, la<br />
tragica distanza dalla realtà<br />
quotidiana e la coesistenza<br />
silenziosa con il rischio della<br />
morte.<br />
Costruito con l’ambizione di unire<br />
l’incanto letterario del racconto<br />
orale con la manipolazione<br />
sentimentale degli avvenimenti;<br />
l’immediatezza e l’identificazione<br />
del cinema popolare con un uso<br />
seduttivo e mai retorico dell’etica,<br />
il film è una cronaca sulla perdita<br />
dell’innocenza, filmata con la<br />
crudezza dell’essenzialità e<br />
filtrata dallo scetticismo di chi<br />
osserva con cinica indifferenza lo<br />
spettacolo. Proiettato al Festival<br />
di Locarno lo scorso anno e girato<br />
nei luoghi della spedizione<br />
originale, North Face è un<br />
viaggio introspettivo in una<br />
passione eroica, nell’incoscienza<br />
dell’impresa e della memoria.<br />
DOMENICO BARONE
500 GIORNI INSIEME<br />
di Marc Webb<br />
Titolo originale: 500 days of Summer …Sceneggiatura:<br />
Scott Neustadter, Michael H. Weber …Fotografia:<br />
Eric Steelberg …Montaggio: Alan Edward Bell<br />
…Interpreti: Joseph Gordon-Levitt, Zooey Deschanel,<br />
Geoffrey Arend, Chloe Grace Moretz …Produzione:<br />
Fox Searchlight, Waterman Production …Distribuzione:<br />
20th Century Fox …Usa 20<strong>09</strong> …colore 96’<br />
“QUESTA È la storia di un<br />
ragazzo che incontra una ragazza.<br />
Ma vi avverto subito: non è una<br />
storia d’amore”. La voce narrante<br />
alquanto perentoria del<br />
protagonista istruisce lo spettatore<br />
su cosa non aspettarsi. E<br />
sagacemente lascia che lo stesso<br />
spettatore apra la bella sorpresa di<br />
DIAMOND 13<br />
di Gilles Béhat<br />
Titolo originale: Diamant 13 …Sceneggiatura: Gilles<br />
Béhat, Oliver Marchal, Hugues Pagan …Fotografia:<br />
Bernard Malaisy …Montaggio: Thierry Faber<br />
…Musiche: Frederic Vercheval …Interpreti: Gérard<br />
Depardieu, Oliver Marchal, Asia Argento, Aïssa Maïga<br />
…Produzione: MK2 …Distribuzione: Moviemax<br />
...Francia/Belgio/Lussemburgo 20<strong>09</strong> …colore 93’<br />
DIAMOND 13 è una pellicola di<br />
genere con molti padri nobili,<br />
manierata, efficace e violenta nella<br />
prima parte, squilibrata e<br />
sfilacciata nella seconda, in una<br />
cronaca crudele ed essenziale,<br />
senza presunzioni d’autore.<br />
Mat, poliziotto della sezione<br />
criminale della polizia di Parigi,<br />
500 giorni insieme, ovvero<br />
un’esilarante commedia. Complice<br />
la storia vera, pare, vissuta da uno<br />
dei due sceneggiatori, trasformata<br />
nel riuscito esordio “in<br />
lungo” del già<br />
videomaker Marc Webb.<br />
Tom (Joseph Gordon-<br />
Levitt) scrive biglietti<br />
augurali. Incontra<br />
Summer – tradotta in<br />
italiano con Sole – (Zooey<br />
Deschanel) e se ne<br />
innamora<br />
perdutamente.<br />
Ma la ragazza<br />
vive la<br />
scopre che un suo collega della<br />
squadra antidroga è coinvolto in<br />
un traffico di stupefacenti; l’uomo,<br />
deciso a rispettare il vincolo di<br />
amicizia, decide di mettere a<br />
rischio la sua carriera per cercare di<br />
salvarlo e di neutralizzare<br />
l’organizzazione criminale.<br />
Poliziesco duro e classico, scandito<br />
dalla pulsione per la vendetta e<br />
dal rispetto del codice etico dei<br />
comportamenti, Diamond 13,<br />
proiettato al Taormina FilmFest<br />
nella sezione Anteprime al Teatro<br />
Antico, rilegge e ricalca la struttura<br />
della letteratura poliziesca, di<br />
figure sconfitte alla deriva,<br />
relazione come un’amicizia,<br />
alimentando le pene d’amore del<br />
malcapitato per i fatidici 500<br />
giorni. Lo stillicidio amoroso al<br />
maschile è vissuto con un racconto<br />
in flashback in prima persona con<br />
tanto di “conta giorni” dal<br />
momento dell’incontro<br />
all’epilogo, naturalmente da non<br />
svelare. I due giovani,<br />
imperfettamente belli ma<br />
perfettamente interpretati, hanno<br />
diverse passioni in comune: dalla<br />
musica per gli Smiths alla pittura<br />
di Magritte, e vanno perfino<br />
all’Ikea giocando alla felice<br />
famiglia americana nell’era<br />
dell’iPod. Ma tutto questo non<br />
basta per alimentare l’amore, dice<br />
lei, confusamente ma a<br />
ripetizione. Webb,<br />
mostrando cinecultura<br />
e<br />
passione<br />
per la<br />
musica,<br />
perdute dentro una metropoli<br />
notturna e degradata, attraversata<br />
da colori iperrealisti. Béhat,<br />
attratto istintivamente dagli eroi<br />
solitari, silenziosi, emarginati e<br />
dimenticati, è stato sempre<br />
sedotto dalle colpe dei personaggi,<br />
dalle zone grigie ed oscure, deciso<br />
a rappresentare l’interscambio dei<br />
ruoli, esasperando la disperazione<br />
e l’isolamento. Qui affronta un<br />
racconto popolare con un verismo<br />
costruito sulla percezione del<br />
tradimento e sulla perdita della<br />
speranza. È un mondo criminale e<br />
razionale, già narrato nel violento<br />
esordio Rue Barbare, che citava<br />
un’idea tradizionale e<br />
appassionata di western urbano<br />
cercando di riprodurre le difficoltà<br />
di uomini senza futuro, in fuga da<br />
lutti e disperazioni, prigionieri e<br />
vittime del dovere, nel rispetto<br />
della legge e dei codici. Diamond<br />
13 deve molto al pessimismo sulla<br />
condizione umana di Melville e<br />
Verneuil (Il poliziotto della<br />
brigata criminale, Polvere<br />
d’angelo), esempi atipici ed<br />
inconsueti di gialli esistenziali con<br />
al centro poliziotti anarchici, senza<br />
motivazioni decisive, intrappolati<br />
dal lavoro e da un’idea personale<br />
di giustizia. Il film, che si smarrisce<br />
schede critiche<br />
infarcisce con bravura il suo film di<br />
citazioni colte (Il laureato,<br />
Truffaut), di canzoni sfiziose<br />
(addirittura un hit di Carla Bruni)<br />
strizzando l’occhio al musical e di<br />
un montaggio interessante, dallo<br />
slow motion alle accelerazioni,<br />
dallo split screen all’animazione.<br />
La direzione del romanticismo<br />
melodrammatico subisce<br />
un’interessante inversione di rotta<br />
perché qui non siamo di fronte al<br />
semplice tentativo di conquista<br />
dell’uomo sulla donna, bensì alla<br />
riduzione del primo a preda di un<br />
sogno d’amore, più che del<br />
sentimento per una persona,<br />
mentre l’oggetto in questione si<br />
comporta esattamente secondo il<br />
cliché tipico del maschio. E allora<br />
si intuisce che il film lavora con<br />
intelligenza sul processo di<br />
maturazione dell’essere<br />
umano, portandolo dalla<br />
percezione del proprio punto<br />
di vista come assoluto alla<br />
presa di coscienza di quanto è<br />
reale. 500 giorni insieme<br />
è stato presentato con<br />
successo al Sundance e<br />
sonoramente<br />
applaudito in Piazza<br />
Grande a Locarno.<br />
ANNA MARIA PASETTI<br />
nella risoluzione dell’enigma, resta<br />
costruito su invenzioni ed<br />
intuizioni descrittive, con una<br />
vocazione essenziale e cinefila,<br />
diretta a ricalcare i modelli amati e<br />
studiati con una visione<br />
struggente e nostalgica, emotiva e<br />
retrospettiva, nel tentativo di<br />
contaminare la sintesi spietata e<br />
romantica del fumetto con la<br />
forma ed il linguaggio del thriller:<br />
senza appesantimenti ed analisi<br />
psicologiche ma con la forza e<br />
l’energia dell’azione, perfetta nel<br />
sintetizzare i contrasti tra periferie<br />
squallide e pericolose e quartieri di<br />
lusso. Il regista, di solida<br />
formazione televisiva, lavora con<br />
la semplicità e la concretezza di un<br />
artigiano, concentrandosi sul<br />
distacco e sul vuoto,<br />
sull’impotenza e l’ambiguità.<br />
DOMENICO BARONE<br />
VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
49
GIOVANNA<br />
D’ARCO AL ROGO<br />
di Roberto Rossellini<br />
Francia 1954 ...colore 70’<br />
Audio: Italiano mono, Francese mono ...Sottotitoli:<br />
Italiano ...Video: 1.33:1 – 4/3 ...Extra: introduzione al film, immagini<br />
d’epoca, galleria fotografica, trailer ...Etichetta: Ripley’s Home Video<br />
“È un film molto strano. Ora si dirà che la<br />
mia involuzione è arrivata al limite massimo, ma<br />
questo non è per niente del teatro filmato, è<br />
cinema, e direi persino che si tratta di<br />
neorealismo, nel senso in cui l’ho<br />
sempre pensato”. Roberto Rossellini<br />
descriveva così l’adattamento<br />
cinematografico di Giovanna D’Arco<br />
al rogo dalla versione teatrale da lui<br />
stesso diretta con successo qualche<br />
tempo prima. A Rossellini, infatti, fu<br />
chiesto nel 1953 di mettere in scena<br />
l’oratorio drammatico in undici scene<br />
scritto da Arthur Honegger su testo di Paul<br />
Claudel. Il regista costruì la messa in scena<br />
basandosi soprattutto sull’ascolto di<br />
un’incisione discografica, senza essere a<br />
conoscenza delle istruzioni sceniche delle<br />
precedenti rappresentazioni, che prevedevano<br />
Giovanna legata al palo del rogo durante tutto<br />
lo spettacolo. La “prima” al San Carlo di Napoli<br />
fu un successo e tra il gennaio e il marzo<br />
successivo venne girata, sempre a Napoli, la<br />
versione cinematografica. Rossellini, sempre<br />
attirato dalla possibilità di sperimentare nuovi<br />
linguaggi e forme stilistiche, trasforma la<br />
drammatica vicenda di Giovanna D’Arco in un<br />
racconto dai contorni a tratti quasi fiabeschi. Le<br />
differenze rispetto alla versione teatrale non<br />
risiedono tanto nel testo (praticamente<br />
invariato), quanto nell’impianto scenico che,<br />
grazie al montaggio e ad una serie di<br />
accorgimenti tecnici, viene segmentato in<br />
numerose situazioni narrative, dando modo a<br />
Rossellini di operare registicamente in ognuna<br />
di esse, pur mantenendo la linearità della<br />
trama. A dominare sono comunque i dialoghi<br />
tra Giovanna D’Arco (interpretata da una<br />
splendida Ingrid Bergman) e il personaggio di<br />
frate Domenico, che scende sulla terra per<br />
aiutare l’eroina di Francia, tradita dal suo stesso<br />
popolo, a comprendere lo sporco inganno di cui<br />
è stata vittima. Il film è scandito da quattro<br />
momenti che ripercorrono a ritroso gli eventi<br />
che hanno condotto la donna alla condanna. Il<br />
film uscì a Roma per la prima volta, quasi in<br />
maniera clandestina, nel luglio del 1954, dopo<br />
mesi passati alla disperata ricerca di un<br />
distributore. Giovanna D’Arco al rogo è<br />
proposto in dvd dalla Ripley’s Home Video in<br />
una confezione di pregevole fattura,<br />
soprattutto in virtù dei numerosi extra che<br />
accompagnano il film. Quest’ultimo è proposto<br />
nella versione restaurata nel 1987, dalla qualità<br />
video più che accettabile, in considerazione del<br />
fatto che il recupero venne eseguito senza<br />
poter contare sul negativo originale. Ottima,<br />
invece, la traccia audio, disponibile sia in<br />
italiano che in francese. La ricca sezione dei<br />
contenuti speciali si apre con un libretto<br />
allegato di 42 pagine che, oltre a riportare per<br />
intero il testo dell’oratorio originale di Claudel,<br />
include numerose testimonianze ed interviste,<br />
tra cui quelle allo stesso Rossellini e Ingrid<br />
Bergman. Gli extra del comparto si aprono<br />
invece con l’introduzione in francese al film di<br />
Roberto Rossellini, che racconta i motivi che lo<br />
50 VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
rubriche<br />
Cult dvd<br />
spinsero a dirigere il film e come esso non riuscì<br />
ad avere un’adeguata distribuzione. Sono poi<br />
presenti alcune immagini di repertorio del<br />
Cinegiornale Luce sulla prima rappresentazione<br />
al San Carlo ed una carrellata di immagini<br />
pubblicitarie per il lancio del film. Da<br />
sottolineare il commento critico di Adriano<br />
Aprà sulla genesi del film e sull’impostazione<br />
stilistica data da Rossellini. A chiudere gli extra<br />
l’episodio di Rossellini interpretato dalla<br />
Bergman di Siamo donne, del 1953.<br />
TRISTANA<br />
di Luis Buñuel<br />
Spagna1970 ...colore 94’<br />
Audio: Italiano 2.0, Spagnolo 2.0 ...Sottotitoli:<br />
Italiano ...Video: 1.33:1 – 4/3<br />
...Extra: dossier cartaceo ...Etichetta:<br />
Dynit<br />
È sicuramente la raccolta in<br />
dvd più esaustiva dedicata a Luis Buñuel quella<br />
pubblicata dalla giovane etichetta Dynit: 19<br />
film che coprono una buona parte della<br />
produzione del regista spagnolo, da Terra<br />
senza Pane del 1933 a Tristana del 1970. Nel<br />
mezzo titoli splendidi e spesso poco conosciuti<br />
ai più, come Lui (1953), storia di una morbosa<br />
relazione sessuale, ed Estasi di un delitto<br />
(1955), thriller anomalo che ironizza sulle<br />
frustrazioni derivanti dall’educazione cattolica,<br />
fino ai più ben noti Nazarin (1958) e Viridiana<br />
(1961). Assoluto inedito per il mercato home<br />
video italiano, Tristana fu presentato nel 1970<br />
fuori concorso alla 23^ edizione del Festival di<br />
Cannes, dove Buñuel aveva già vinto nel 1961,<br />
con Viridiana, la Palma d’Oro. Il film è tratto<br />
da un romanzo di Benito Pérez Galdós, uno dei<br />
più grandi autori della letteratura spagnola.<br />
Rispetto al libro, Buñuel posticipa gli eventi<br />
dall’Ottocento alla soglie degli anni Trenta,<br />
spostando la vicenda da Madrid alla provincia.<br />
Spagna, 1929: la giovane Tristana (Catherine<br />
Deneuve, di nuovo protagonista per Buñuel<br />
dopo Bella di giorno e La via lattea) si<br />
trasferisce, dopo la morte di sua madre, nella<br />
piccola città di Toledo. Qui verrà mantenuta dal<br />
suo tutore, don Lope, appartenente alla classe<br />
borghese. L’uomo, sebbene in età avanzata, è<br />
attratto dal fascino della ragazza e comincia a<br />
circuirla. Tristana, pur non respingendo le<br />
pressanti attenzioni dell’uomo, si sente in<br />
trappola, e approfitta della prima occasione per<br />
scappare. Così, dopo aver conosciuto Horacio,<br />
un giovane artista, parte per Madrid. Una<br />
trasferta che durerà due anni. Ammalatasi ad<br />
una gamba, infatti, Tristana torna sconfitta dal<br />
suo tutore, nel frattempo diventato ricchissimo<br />
grazie ad una cospicua eredità. Nonostante le<br />
cure ricevute, Tristana deve subire<br />
l’amputazione della gamba: un evento<br />
doloroso che cambia il carattere della donna,<br />
fino al tragico epilogo. Dura condanna<br />
dell’ipocrisia borghese e del perbenismo<br />
cattolico, Tristana descrive in maniera spietata<br />
una storia di prevaricazione e corruzione, in cui<br />
la vittima alla fine si trasforma in carnefice. Un<br />
saggio sulla misoginia, con cui Buñuel chiude<br />
un’ideale trilogia sul tema, dopo Diario di una<br />
cameriera e Bella di giorno. L’edizione dvd di<br />
Tristana si fa apprezzare per l’ottima qualità di<br />
una traccia video che, nonostante i quasi<br />
trent’anni di età, appare priva di difetti.<br />
Discorso che vale anche per l’audio, pulito<br />
soprattutto nella traccia sonora originale.<br />
a cura di GABRIELE SPILA<br />
Mancano purtroppo gli extra video, mentre è<br />
presente un interessante libretto d’accompagno<br />
curato da Sandro Toni, della Cineteca di Bologna.<br />
Nel supporto cartaceo sono incluse, oltre ad<br />
un’intervista a Buñuel e ad una serie di apparati<br />
critici, numerose locandine originali e la<br />
filmografia del regista spagnolo.<br />
GLORIA, UNA NOTTE<br />
D’ESTATE (Gloria)<br />
di John Cassavetes<br />
Usa 1980 ...colore 117’<br />
Audio: Inglese 5.1, Italiano, Francese, Spagnolo, Tedesco ...Sottotitoli: Italiano,<br />
Inglese, Francese, Spagnolo …Video: 1.85:1 – 16/9 ...Etichetta:<br />
Columbia<br />
Gloria Swenson è una ex showgirl e attricetta<br />
di provincia. Si fa chiamare così in omaggio alla<br />
diva di Viale del tramonto, vive a New York in<br />
un anonimo appartamento. Durante una visita ai<br />
vicini, una famiglia di portoricani, viene a sapere<br />
che questi sono minacciati di morte dalla mafia<br />
locale. Sapendo di avere le ore contate,<br />
decidono di affidare a Gloria il loro figlio più<br />
piccolo, Phil. Di lì a poco i gangster<br />
stermineranno il resto della famiglia e si<br />
metteranno all’inseguimento di Gloria e del<br />
bambino. New York diventa così il teatro di un<br />
action movie dove Gloria è l’assoluta<br />
protagonista. Recuperando il suo passato di<br />
intrepida donna d’azione pronta a tirare fuori<br />
dalla propria borsetta il revolver, Gloria, che<br />
credeva di non amare i bambini (“Non li<br />
sopporto, specialmente i vostri!”, dice alla madre<br />
del piccolo Phil poco prima dell’affidamento),<br />
scopre l’amore materno, un sentimento che la<br />
spingerà fino all’estremo limite del sacrificio<br />
personale. Con Gloria John Cassavetes affronta<br />
un genere a lui poco consono come il gangster<br />
movie, ma già sperimentato, qualche anno<br />
prima, con L’assassinio di un allibratore<br />
cinese. Anche con Gloria il regista si allontana<br />
però dalle convenzioni del genere, proponendo<br />
uno spaccato di vita metropolitana certamente<br />
duro e violento, ma nel quale si inserisce una<br />
vicenda – il rapporto tra Gloria e il bambino –<br />
fondata sull’amore e sui buoni sentimenti. Un<br />
film impreziosito dall’uso sapiente della<br />
macchina da presa, manovrata da un Cassavetes<br />
che si dimostra degno dei migliori maestri<br />
d’azione. Scritto inizialmente per essere affidato<br />
ad altri autori, Gloria fu poi girato dallo stesso<br />
Cassavetes, che si rese conto di quanto il film<br />
calzasse a pennello per un’attrice (oltre che sua<br />
moglie) come Gena Rowlands. Il film fu<br />
presentato nel 1980 alla Mostra di Venezia, dove<br />
vinse il Leone d’Oro insieme ad Atlantic City di<br />
Louis Malle ed ha ispirato un remake, meno<br />
fortunato, nel 1999, interpretato da Sharon<br />
Stone e diretto da Sidney Lumet. L’edizione dvd<br />
proposta dalla Columbia presenta una versione<br />
del film eccellente, rimasterizzata sia nella<br />
traccia video, priva di qualsiasi<br />
artefatto, che in quella<br />
audio, dove il sonoro<br />
originale è stato<br />
rielaborato su cinque<br />
canali. Mancano<br />
purtroppo gli extra, un<br />
peccato per un film<br />
sicuramente ricco di spunti<br />
di interesse, presenti invece<br />
nella versione americana.
a cura di CHIARA BARBO<br />
FILMOSOFIA<br />
I grandi interrogativi<br />
della filosofia in 8<br />
film hollywoodiani<br />
di Giovanni Piazza,<br />
Gruppo Perdisa Editore<br />
Il libro di Giovanni Piazza,<br />
analizzando le trame di otto film<br />
hollywoodiani presi come esempi<br />
particolarmente significativi,<br />
scopre e rivela il pensiero di<br />
alcuni tra i più grandi filosofi di<br />
tutti i tempi, da Platone a<br />
Kierkegaard, da Cartesio a<br />
Schopenauer, fino a Nietzche,<br />
Kant e Heidegger. E allora, film<br />
diversissimi tra loro – che hanno<br />
come matrice comune il fatto di<br />
essere prodotti in un contesto di<br />
industria cinematografica qual è<br />
Hollywood, con le sue regole e i<br />
suoi meccanismi, e di essere stati<br />
grandi successi al botteghino al<br />
momento della loro uscita, e in<br />
molti casi anche negli anni a<br />
seguire – diventano una palestra<br />
ideale dove esercitare il pensiero<br />
filosofico e scoprire i grandi<br />
filosofi che si nascondono dietro<br />
le trame e i contenuti dei singoli<br />
film. Grandi classici come<br />
Casablanca e Nodo alla gola,<br />
una pietra miliare della storia del<br />
cinema come Blade Runner e<br />
ancora Ricomincio da capo,<br />
film innovativi e futuribili come<br />
The Truman Show, Matrix e<br />
Minority report e infine V per<br />
Vendetta sono i film analizzati<br />
in questo senso dall’autore. “Il<br />
problema della<br />
morale, il<br />
concetto di<br />
colpa o quello<br />
di libertà: lo<br />
scopo<br />
dichiarato di<br />
questo<br />
saggio è discutere alcuni quesiti<br />
senza tempo, domande talmente<br />
radicate nell’immaginario collettivo<br />
da essere presenti anche nel cinema<br />
di maggior successo”. Filmosofia è un<br />
libro curioso e insolito, un bel punto<br />
di partenza per chi vuole addentrarsi<br />
in discussioni filosofiche ma anche<br />
per curiosare un po’ tra le storie, il<br />
pensiero e i riferimenti di produttori,<br />
sceneggiatori e registi<br />
hollywoodiani.<br />
LA TERRA<br />
TREMA<br />
di Roberto<br />
Semprebene,<br />
Effatà Editrice<br />
Roberto<br />
Semprebene<br />
ricostruisce in questo<br />
interessante libro non<br />
tanto (o non solo) la<br />
storia della<br />
realizzazione de La terra trema di<br />
Luchino Visconti, dal punto di vista<br />
artistico e tecnico (sebbene rimandi,<br />
a questo proposito, a una ricca<br />
bibliografia), quanto piuttosto il<br />
contesto nel quale il film è stato<br />
pensato e quindi realizzato: “un<br />
affascinante enigma nel contesto<br />
Cinema di carta rubriche<br />
della storia del cinema italiano, un<br />
episodio sul quale sembrano aver<br />
influito in maniera determinante i<br />
rapporti intercorsi fra la politica e il<br />
cinema in un periodo particolare e<br />
molto delicato nella storia italiana:<br />
quello che dalla fine della Seconda<br />
Guerra Mondiale arriva agli inizi<br />
degli anni ’50”. Partendo da alcuni<br />
accenni al contesto storico e sociale,<br />
l’autore analizza poi il contesto<br />
giuridico e politico-istituzionale, le<br />
leggi sul cinema tra Fascismo e<br />
Prima Repubblica, e ancora<br />
l’influenza degli Stati Uniti, quella<br />
dei principali esponenti del Pci e la<br />
“battaglia delle idee” tra<br />
quest’ultimo e il mondo cattolico,<br />
fino a considerare quella che<br />
era invece la posizione della<br />
Dc e dei suoi esponenti sul<br />
cinema e rispetto allo stesso<br />
Luchino Visconti, passando<br />
naturalmente per alcuni<br />
cenni sul Neorealismo e<br />
per concludere con la<br />
documentazione relativa<br />
al film, i diari della<br />
lavorazione redatti da<br />
Francesco Rosi,<br />
testimonianze e<br />
riferimenti bibliografici,<br />
fino alle reazioni alla presentazione<br />
del film durante la Mostra di<br />
Venezia del 1948.<br />
VISIONI<br />
RETROSPETTIVE<br />
La storia nei film<br />
di Vito Attolini,<br />
Barbieri editore<br />
Come scrive Marc Ferro, “tra il<br />
cinema e la storia esistono molteplici<br />
interferenze: c’è la connessione fra la<br />
storia che si sta svolgendo e quella<br />
con la storia intesa come<br />
documentazione dei nostri tempi,<br />
come spiegazione del divenire della<br />
nostra società. In tutti questi casi il<br />
cinema interviene”. Ed è a un tema<br />
tanto complesso e fondamentale, sia<br />
nella teoria cinematografica che<br />
considerando l’essenza del cinema<br />
stesso – senza tralasciare il genere<br />
storico – che Vito Attolini dedica i<br />
suoi studi e la sua attenzione in<br />
questo volume. Il percorso parte da<br />
un’interessante<br />
premessa sul film storico, in cui<br />
l’autore esamina il mito della<br />
verità, la realtà reinventata, il<br />
rapporto tra passato e presente,<br />
per poi passare a un viaggio nel<br />
mondo antico, in cui considera<br />
miti e fantasy, eroi, storie e<br />
leggende. L’analisi va poi alla<br />
romanità nel cinema, con i suoi<br />
miti e le sue rappresentazioni,<br />
quindi a quella che <strong>def</strong>inisce “età<br />
di mezzo”, ai cavalieri e le<br />
imprese, le pulzelle e le crociate,<br />
fino ad esaminare i modi della<br />
rappresentazione dei personaggi<br />
storici nel cinema italiano, e infine<br />
la narrazione al cinema dei<br />
sovrani svevi. Questo di Attolini è<br />
un bel viaggio nella storia<br />
attraverso film, autori, attori e<br />
personaggi, location reali e<br />
ricreate, attraverso storia, storie e<br />
leggende.<br />
WOODY ALLEN<br />
di Elio Girlanda e Annamaria<br />
Tella, Editrice Il Castoro<br />
L’uscita in sala di Basta che<br />
funzioni, ultimo film di Woody<br />
Allen e suo ritorno a Manhattan<br />
dopo varie peregrinazioni<br />
europee, è anche l’occasione per<br />
trovare in libreria l’edizione<br />
aggiornata e corretta del<br />
“castorino” su Woody Allen,<br />
monografia ormai celebre<br />
dedicata in questo caso al famoso<br />
regista newyorkese. Come di<br />
consueto, partendo dalla “A” di<br />
“amici” e “attore”, una rapida<br />
carrellata su alcune di quelle che<br />
sono le parole chiave per Allen e il<br />
suo cinema come comicità,<br />
ebraismo, inconscio, psicoanalisi e<br />
sesso, ci introduce ai numerosi,<br />
divertenti e divertiti capitoli che<br />
raccontano la vita, i grandi e i<br />
piccoli temi, le nevrosi, la<br />
genialità, i personaggi, le attrici, i<br />
luoghi, gli alter ego, i<br />
camuffamenti, insomma, il cinema<br />
di Woody Allen. Come di<br />
consueto, il racconto è<br />
inframmezzato dalle schede<br />
critiche e sinottiche dei singoli<br />
film, copiosissime nel caso di<br />
Woody Allen. Un’accurata<br />
filmografia e un’attenta nota<br />
bibliografica completano il<br />
volume.<br />
VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
51
ubriche Mondo d’essai<br />
a cura di MARTA PROIETTI<br />
LIONELLO CERRI<br />
30 ANNI DI ANTEO SPAZIOCINEMA<br />
La qualità paga: parola del fondatore della sala d’essai per antonomasia di Milano, alle<br />
Un cinema dove, oltre a vedere<br />
film di qualità, poter incontrare i registi, fare<br />
un corso di recitazione, assistere ad una<br />
mostra, ascoltare un concerto, ma anche<br />
mangiare insieme agli amici in un ristorante e<br />
passeggiare in una libreria. Parliamo del<br />
cinema Anteo di Milano che, proprio<br />
quest’anno, festeggia i suoi trent’anni di<br />
attività.<br />
Fondato nel 1979 da Lionello Cerri, insieme<br />
ad altri soci, l’Anteo è nato con l’obiettivo di<br />
creare uno spazio polivalente nel quale far<br />
convivere, accanto alla “classica” proiezione,<br />
molte altre attività: dai concerti ai corsi di<br />
cinema e teatro, dalle mostre agli incontri<br />
con i registi. “Eravamo spinti – spiega Cerri –<br />
dal desiderio di condividere un progetto: io e<br />
i miei soci non eravamo figli di esercenti, ma<br />
spettatori occasionali e il fatto che a Milano,<br />
in quegli stessi anni, avessero aperto dei<br />
teatri “alternativi”, realtà polivalenti come<br />
l’Elfo, il Portaromana e il Ciak, ci ha fatto<br />
pensare di aprire un luogo analogo, ma<br />
dedicato interamente al cinema. L’idea era<br />
quella di far capire allo spettatore tutto<br />
quello che c’è dietro al “prodotto finito film”,<br />
dandogli la possibilità di frequentare un<br />
corso di sceneggiatura, piuttosto che di regia<br />
o di storia del cinema. Creare così una sala a<br />
misura d’uomo per dare allo spettatore la<br />
possibilità di andare al cinema come se stesse<br />
andando a casa di amici. Questa è stata la<br />
logica che ci ha spinti a portare avanti il<br />
cinema in una certa maniera, dando forza al<br />
prodotto, ma allo stesso tempo curando il<br />
rapporto con il pubblico, attività che ritengo<br />
complementare alla proiezione”.<br />
Seguendo questa strada, negli anni l’Anteo è<br />
divenuto in Italia un vero e proprio “caso”<br />
che è stato anche oggetto di studio da parte<br />
di alcuni studenti universitari. Nato come<br />
monosala, nel ’97 l’Anteo è stato trasformato<br />
in multisala con la creazione di due nuove<br />
sale. Nello stesso anno è stata ampliata la<br />
52 VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
libreria, che era già presente nel cinema, ed è<br />
stato aperto, sempre all’interno della<br />
struttura, un ristorante che si chiama Osteria<br />
del Cinema. Quattro anni fa è stata aggiunta<br />
una quarta sala di 50 posti. Ma oltre che nella<br />
struttura, è nel rapporto costruito con il<br />
pubblico il punto di forza dell’Anteo che,<br />
all’anno, raggiunge i 300 mila spettatori. “Le<br />
persone che frequentano il nostro cinema –<br />
dice Cerri – sono facilmente riconoscibili.<br />
Potrei farne l’identikit. Circa due anni fa uscì<br />
un articolo sul Corriere della Sera in cui Lina<br />
Sotis scriveva in modo positivo proprio<br />
questo: lo spettatore che va all’Anteo si<br />
riconosce, ovvero veste in modo simile e parla<br />
anche nello stesso modo. Ed è vero”.<br />
In trent’anni di attività, sono diversi i ricordi di<br />
Cerri legati ad iniziative che hanno riscontrato<br />
una grande partecipazione di pubblico. “Ad<br />
esempio – racconta – quando l’Anteo era<br />
ancora una monosala, riuscimmo a portare al<br />
cinema, in un solo giorno, 12 mila spettatori:<br />
si trattava del ’94 e facevamo una proiezione<br />
ogni 20 minuti di un corto, realizzato da più<br />
registi italiani, contro Berlusconi. Quindici<br />
anni fa invece abbiamo proposto una serata<br />
dedicata alla “porno archeologia”, curata da<br />
Farassino e Sanguineti, e la via di fronte al<br />
cinema era piena di gente che avrebbe voluto<br />
entrare in sala, ma che non è stato possibile<br />
accontentare. Sono diversi i ricordi di questo<br />
tipo, tanto che uno dei nostri problemi è stato<br />
che spesso è girata la voce di non venire<br />
all’Anteo, soprattutto in alcuni giorni della<br />
settimana, perché non si riusciva ad entrare”.<br />
Tra le attività collaterali che funzionano<br />
meglio all’Anteo, Cerri ne cita in particolare<br />
alcune, come le schede sui film “che<br />
realizziamo da quando abbiamo aperto, ma<br />
vanno molto bene anche gli incontri con i<br />
registi, sia nazionali sia internazionali, che<br />
organizziamo circa due volte al mese. Per<br />
realizzare tutto questo, con me – spiega – non<br />
lavorano solo operatori e maschere ma ci<br />
sono cinque persone in ufficio che si<br />
occupano non solo dell’Anteo, ma anche<br />
dell’Apollo di Milano e dei cinema di Monza.<br />
Queste persone hanno il compito di<br />
“organizzare” il pubblico: c’è chi si occupa<br />
delle scuole, chi delle rassegne, chi dell’ufficio<br />
stampa e via dicendo. La logica nasce dal<br />
concetto teatrale di organizzazione del<br />
pubblico”. Per quanto riguarda la<br />
promozione di queste iniziative, sono diversi i<br />
canali utilizzati. “Abbiamo una mailing list di<br />
migliaia di persone a cui mandiamo tutte le<br />
informazioni sulle nostre attività. Abbiamo<br />
poi un sito Internet che è molto frequentato<br />
e ci segue molto anche la stampa”.<br />
Malgrado ciò, anche l’Anteo negli ultimi anni<br />
ha dovuto affrontare i cambiamenti del<br />
mercato. “Il pubblico – dice Cerri – dall’inizio<br />
della nostra attività è cresciuto in modo<br />
costante, ma è chiaro che negli ultimi anni<br />
abbiamo anche noi fatto i conti con una<br />
realtà diversa. Una volta a Milano eravamo<br />
solo noi a programmare un certo tipo di film<br />
che invece adesso esce su più schermi, anche<br />
nei multiplex. È ovvio che il pubblico di questi<br />
film non può aumentare a dismisura e di<br />
conseguenza anche la nostra resa è<br />
diminuita”. Per Cerri in questo momento, in<br />
cui si registra un numero elevato di chiusure<br />
di sale di città, è proprio nelle attività<br />
collaterali e nella qualità del servizio che si fa<br />
la differenza: “offrire un servizio sempre più<br />
slow food contro quello fast food dei<br />
multiplex. È su questo che si vince o si perde<br />
la partita”.<br />
Tra i progetti per il futuro, c’è la partenza di<br />
una collaborazione “con un istituto<br />
universitario importante di Milano – dice<br />
Cerri che però preferisce ancora non svelarne<br />
il nome – che prevede vari corsi, dalla<br />
scrittura del film alla storia del cinema, che<br />
saranno aperti agli studenti, agli insegnati,<br />
ma anche al pubblico”.
LA MAGNIFICA<br />
INVENZIONE<br />
Cineteca Nazionale, Milano<br />
Mentre il polo<br />
cinematografico milanese sta<br />
prendendo forma nell’ex<br />
manifattura tabacchi, anche la<br />
Cineteca Italiana si organizza per<br />
il trasloco. In viale Fulvio Testi si<br />
sono già trasferiti gli uffici, poi<br />
toccherà al Museo; più tempo<br />
richiederà l’allestimento<br />
dell’Archivio che necessita di<br />
ambienti adatti per la<br />
conservazione delle pellicole. Nel<br />
frattempo, anche per dare<br />
visibilità al rilancio della<br />
fondazione, parte delle collezioni<br />
museali saranno in mostra<br />
all’Area Metropolis 2.0 dal 3<br />
ottobre al 15 gennaio. “La<br />
magnifica invenzione. Rarità<br />
dalle collezioni del Museo del<br />
Cinema della Cineteca Italiana<br />
1895 – 1925” fornirà una preziosa<br />
occasione di visionare rari<br />
materiali dell’era del muto, in<br />
attesa della futura collocazione:<br />
bozzetti delle dive, cartelloni,<br />
oggetti e prototipi, fra cui il<br />
famoso Cinématographe<br />
Lumière. Per l’inaugurazione<br />
verranno proiettati un breve film<br />
datato 19<strong>09</strong>, esattamente<br />
cent’anni fa, che documenta il<br />
primo giro d’Italia e Cenere<br />
(1916) dal romanzo di Grazia<br />
Deledda, un classico diretto da<br />
Febo Mari, primo e unico<br />
lungometraggio interpretato da<br />
Eleonora Duse. La partitura e<br />
l’esecuzione al pianoforte di<br />
questo restauro sono curate da<br />
Francesca Badalini. Altra iniziativa<br />
promossa dalla Cineteca sarà il<br />
festival “Piccolo Grande Cinema”,<br />
al cui interno i bambini avranno<br />
uno spazio interamente dedicato<br />
(CineCineMondo), con proiezioni<br />
di prime visioni poi diffuse nel<br />
circuito culturale e laboratori di<br />
animazione, regia, doppiaggio<br />
tenuti da professionisti. Dal 15 al<br />
22 novembre a Milano (sede<br />
principale Spazio Oberdan), Sesto<br />
San Giovanni e in altre province<br />
lombarde dal 18 al 22.<br />
Detour<br />
a cura di UMBERTO FERRARI<br />
rubriche<br />
Rassegne, retrospettive ed ed eventi dal dal mondo delle delle Cineteche<br />
ENZO G.<br />
CASTELLARI<br />
Cineteca Nazionale, Roma<br />
Uno dei registi italiani di cui<br />
più si parla ultimamente,<br />
soprattutto all’estero, è Enzo G.<br />
Castellari: Inglourious Basterds di<br />
Tarantino è infatti un remake del<br />
suo Quel maledetto treno<br />
blindato (‘78). A fronte di uno<br />
zoccolo duro di appassionati che su<br />
di lui sa praticamente tutto, esiste<br />
però una buona fetta di pubblico<br />
che non lo conosce affatto. A<br />
entrambi, quindi, farà piacere<br />
(ri)vedere le sue pellicole alla Sala<br />
Trevi di Roma, dal 7 al 14 ottobre e<br />
lui in persona la sera del 13. Enzo<br />
G. Castellari è figlio d’arte (la G. sta<br />
per Girolami, cognome del padre, il<br />
regista Marino), e ha spaziato in<br />
quasi tutti i generi; come altri<br />
artefici dei B movies – dove B sta<br />
essenzialmente per budget, di<br />
solito abbastanza basso – ha<br />
dovuto sopperire alle difficoltà con<br />
l’inventiva e la perizia. Più di una<br />
volta ha importato in Italia<br />
tecniche e situazioni che venivano<br />
sperimentate con successo in Usa:<br />
lui stesso ammette di aver<br />
“copiato” i ralenti da tutte le<br />
pellicole di Sam Peckinpah,<br />
specialmente Il mucchio selvaggio.<br />
Lo split-screen – che lui chiama<br />
“polischermo” – usato in America<br />
alla fine degli anni ’60, l’ha<br />
impiegato astutamente nel 1970<br />
per La battaglia d’Inghilterra,<br />
inserendo immagini di repertorio<br />
con formato ridotto in un film<br />
girato in cinemascope, senza che<br />
nessuno se ne accorgesse. E nel<br />
1974, in contemporanea con Il<br />
giustiziere della notte, ha diretto Il<br />
cittadino si ribella, con Franco<br />
Nero.<br />
Con grande competenza tecnica,<br />
da vero artigiano, si interessa di<br />
ogni aspetto della realizzazione,<br />
dal lavoro degli stuntmen agli<br />
effetti speciali. Anche per<br />
risparmiare, nei suoi film ha<br />
sovente fatto uso di miniature e<br />
modellini: ne L’ultimo squalo (’80),<br />
a pochi anni di distanza da Spielberg,<br />
ha alternato le riprese di una copia<br />
meccanica a quelle di uno squalo<br />
vero, filmato in Australia da quattro<br />
macchine da presa, di cui una con un<br />
passo di 300 fotogrammi al secondo<br />
per un super ralenti. Oggi pure lui è<br />
fonte d’ispirazione. Oltre a Tarantino,<br />
qualche anno fa anche Sam Raimi,<br />
nel filmare il western Pronti a morire,<br />
ha ammesso l’influenza del suo<br />
western Keoma (‘76).<br />
JEAN-LUC GODARD<br />
Cineteca del Friuli, Udine-<br />
Pordenone<br />
«Girando un film non c’è nulla di<br />
tecnicamente impossibile, se uno non<br />
ci ha provato». Questa affermazione,<br />
apparentemente scontata, ha<br />
provocato una vera e propria<br />
<strong>def</strong>lagrazione nella cinematografia<br />
francese e di tutto il mondo, quando<br />
nel 1960 uscì Fino all’ultimo<br />
respiro, primo lungometraggio di<br />
Jean-Luc Godard, che ne fu<br />
l’applicazione pratica. Appena l’anno<br />
precedente si era affacciato alla<br />
ribalta il movimento della Nouvelle<br />
Vague, che attingeva energie dalla<br />
giovane critica dei Cahiers du<br />
Cinéma: con questo film si fece<br />
prepotentemente largo l’era<br />
moderna del cinema. Arduo ma<br />
stimolante esplorare la complessa<br />
personalità godardiana: una sfida<br />
raccolta da “Lo sguardo dei maestri”,<br />
XII edizione, tramite una<br />
retrospettiva dal 21 ottobre al 4<br />
febbraio 2010 al Visionario del<br />
Centro Espressioni Cinematografiche<br />
di Udine e al Cinemazero di<br />
Pordenone, in collaborazione con la<br />
Cineteca.<br />
Secondo la teoria della “caméra<br />
stylo” di Alexandre Astruc, Godard<br />
voleva affermare la totale autonomia<br />
di un autore nell’usare il mezzo<br />
filmico. Come in letteratura con le<br />
licenze poetiche, Godard andava<br />
contro la tradizione con particolari<br />
anomalie. Il suo stile è quindi<br />
segnato da una soggettività molto<br />
forte, libero, senza convenzioni,<br />
come i personaggi delle sue storie.<br />
Quasi a voler ricreare il linguaggio<br />
cinematografico ripartendo da<br />
zero, scandalizza i cultori del<br />
classico trasgredendo alla<br />
grammatica codificata: presenza<br />
“esibita” della cinepresa; punto di<br />
vista indipendente dal movimento<br />
degli attori che dialogano anche<br />
fuori campo; jump-cut (i falsi<br />
raccordi). In tutti i suoi film, riusciti<br />
o meno – Pierrot le fou, Questa<br />
è la mia vita, Il disprezzo, Si<br />
salvi chi può (la vita), Passion,<br />
Prenom Carmen sono alcuni fra<br />
quelli proposti – prosegue nella<br />
sperimentazione, e in ognuno<br />
aggiunge un tassello a questa<br />
de/ricostruzione.<br />
A ciò si aggiunga il rifiuto di una<br />
certa produzione istituzionale e la<br />
ricerca di una nuova identità<br />
estetica attraverso l’uso di<br />
attrezzature leggere, riprese per<br />
le strade, fotografia sporca, non<br />
elaborata. Come detto, Fino<br />
all’ultimo respiro è stato uno<br />
degli atti fondativi di questo<br />
nuovo modo di girare, anche se<br />
l’autore lo considerò più come la<br />
fine del vecchio cinema: una<br />
distruzione di tutti i vecchi principi<br />
più che la creazione di nuovi. Ma<br />
la versatilità di Godard non si<br />
esaurisce qui. Durante la sua lunga<br />
vita (compirà 80 anni l’anno<br />
prossimo) ha affrontato il cinema<br />
militante con l’esperienza del<br />
collettivo Dziga Vertov, la<br />
sperimentazione televisiva o<br />
quella sull’aspetto visivo come<br />
sintesi di autobiografia e memoria<br />
storica.<br />
I termini per questo cattivo<br />
maestro senza eredi si sprecano,<br />
ciò nonostante la sua produzione<br />
multiforme lo rende in<strong>def</strong>inibile.<br />
Proprio su questo rebus molti<br />
ospiti proveranno a confrontarsi a<br />
Udine il 5 e 6 febbraio, nel<br />
convegno internazionale di studi<br />
che concluderà l’iniziativa: storici e<br />
critici tra cui il francese André S.<br />
Labarthe ma non solo, anche<br />
esponenti dell’arte e della cultura<br />
che il regista, attraverso le<br />
molteplici potenzialità del mezzo<br />
audiovisivo, ha saputo esplorare<br />
come pochi altri.<br />
Prossime uscite<br />
30 novembre 20<strong>09</strong><br />
2 febbraio 2010<br />
VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong> 53
ubriche Colonna sonora<br />
a cura di MARIO MAZZETTI<br />
Ennio Morricone<br />
BAARIA<br />
(RTI)<br />
In attesa della colonna sonora<br />
completa a firma del grande Ennio<br />
Morricone, la Medusa ha pubblicato<br />
con Electa il bel volume fotografico<br />
realizzato da Marta Spedaletti e<br />
Stefano Schirato, con interviste di<br />
Gianluca D’Agostino, che include sei<br />
brani della colonna sonora. Pur<br />
conoscendo la predilezione di<br />
Tornatore per composizioni corpose,<br />
avvolgenti, a effetto, con Morricone<br />
non si finisce mai di stupire: già la<br />
lunga Sinfonia per Baaria esibisce<br />
una varietà di fughe, crescendo,<br />
sospensioni, vocalità etniche per<br />
illustrare una Sicilia arcaica.<br />
Convincono e coinvolgono<br />
soprattutto Ribellione (una danza<br />
barocca dall’incedere solenne, tra<br />
percussioni e fiati, che riprende il<br />
tema di Allonsanfan, Rabbia e<br />
Tarantella)e Un gioco sereno (a sua<br />
volta sembra emanare dai film di<br />
Elio Petri).<br />
Le note in Mostra<br />
Uno sguardo all’ultima Mostra del Cinema veneziana dal punto di vista delle musiche e delle canzoni che hanno<br />
arricchito film e documentari, dalla partitura di Morricone per l’ultimo Tornatore alle romantiche vette degli archi<br />
che accompagnano le struggenti sequenze di A single man di Tom Ford (ben due compositori: Abel Korzeniowski<br />
e Shigeru Umebayashi preso in prestito da Wong Kar-wai), dall’inaspettato Sakamoto che contribuisce a dare<br />
profondità con pochi ma sapienti tocchi a Women without men dell’iraniana Shirin Neshat alla ballata acustica<br />
che riprende il titolo dell’applaudito Life during wartime di Todd Solondz (nei dialoghi viene citata Joni Mitchell,<br />
alla quale chiedere “preziosi consigli”), dall’umorismo tagliente della canzoncina dei penultimi (At least we’re not<br />
Detroit) nel film di Michael Moore alle canzoni funzionali alla trama de La doppia ora (In between days dei Cure)<br />
e Lo spazio bianco (Nina Simone e Call me dei Blondie su cui si scatena la Buy sui titoli di testa). Nicola Piovani<br />
contribuisce a rendere la valenza popolare del film sul ’68 di Placido (e del Tris di donne di Terracciano), accanto a<br />
canzoni senza tempo come Suzanne di Cohen, mentre Marco Filiberti ne Il compleanno non può che virare su arie<br />
di tragica intensità (melodramma oblige), salvo sfondare i timpani con Maledetta primavera della Goggi durante<br />
una scena di onanismo. Fa piacere ritrovare Rolfe Kent nel film con McEwan e Clooney The men who stare at<br />
goats, mentre è più elettricamente introspettiva la partitura di Valerio Vigliar che accompagna l’intenso Good<br />
morning Aman di Noce. Un best of di Pivio & Aldo De Scalzi come commento ad alto volume del bel doc<br />
Hollywood sul Tevere di Marco Spagnoli; spensieratezze pop anni ’50 e ’60 accompagnano il complesso Mr.<br />
Nobody di Jaco van Dormael, accanto a sempreverdi come Sweet dreams. E se il doc sul femminismo in un’Italia<br />
ormai remota Ragazze la vita trema emoziona al suono dei classici di PFM, De André e Nada tra gli altri, il livello<br />
musicale decolla con le maestosità del compositore John Adams, sovente accostato a Steve Reich per la struttura<br />
minimalista, nell’ambizioso Io sono l’amore di Guadagnino e, sul fronte soul/r’n’b in quel gioiello altamente<br />
commestibile che è Soul kitchen di Fatih Akin. Pezzi da 90 musicano Il cattivo tenente (Mark Isham), The road<br />
(Nick Cave & Warren Ellis) ma anche i doc Deserto rosa (Franco Battiato) e Negli occhi (Pino Daniele). Ma i vertici<br />
musicali la Mostra li ha raggiunti con due opere di Orizzonti, due doc d’autore di invidiabile fattura: l’immersione<br />
del grande Frederick Wiseman ne La danse – Le Ballet de l’Opéra de Paris, due ore e mezza tra fatica delle<br />
prove e incanto della rappresentazione di balletti di ogni stile ed epoca, da Petipa a Preljocaj alla Bausch con il<br />
meraviglioso corredo delle musiche di Chaikovskj, Bach, Berlioz... E che dire di The one all alone, con cui<br />
l’olandese Frank Scheffer prosegue la divulgazione dei più significativi compositori del ‘900, Zappa incluso? Con<br />
immagini di rara potenza espressiva, un montaggio fluido di interviste, foto e repertorio vengono rievocate la vita<br />
e le opere dello “scienziato pazzo” Edgard Varèse, genio musicale teorico del “suono organizzato”, illustrato da<br />
colleghi, allievi o direttori d’orchestra mentre scorrono le creazioni che hanno rivoluzionato la musica classica. Un<br />
viaggio musicale di grande fascino, a suggello d’un’edizione della Mostra che ha gratificato (anche) l’udito.<br />
54 VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
Artisti vari<br />
INGLOURIOUS BASTERDS<br />
(REPRISE/WEA)<br />
Quanti film in una sola colonna<br />
sonora... Da divoratore di cinema<br />
qual è, Tarantino continua ad<br />
utilizzare brani di film altrui,<br />
compositori di culto a cominciare da<br />
Morricone (era presente<br />
all’anteprima nazionale di Bastardi<br />
senza gloria e Tarantino l’ha<br />
omaggiato con tutta la riverenza<br />
possibile) di cui saccheggia tra gli<br />
altri La resa dei conti, Revolver, il<br />
già citato tema di Allonsanfan.E<br />
poi Un dollaro bucato (di Gianni<br />
Ferrio), Slaughter l’uomo mitra,<br />
Cat people (David Bowie che rifà se<br />
stesso), McKlusky metà uomo<br />
metà odio (già in Kill Bill), La<br />
battaglia di Alamo... In poco più di<br />
mezz’ora alcuni dei brani che<br />
arricchiscono le atmosfere<br />
dell’avvincente, fantastorico<br />
makkaroni kombat. La compilation è<br />
meno cult di Pulp fiction ma molto<br />
efficace.<br />
Artisti vari<br />
TAKING WOODSTOCK<br />
(RHINO)<br />
La commedia di Ang Lee sul<br />
“dietro le quinte” della madre<br />
di tutti i raduni rock non può<br />
non attingere alle perle di<br />
Richie Havens, Crosby Stills &<br />
Nash (Wooden ships degli<br />
Airplane, presenti in proprio<br />
con l’inno Volunteers) e una<br />
fitta schiera di esecuzioni live di<br />
Janis Joplin, The Band, Canned<br />
Heat (Going up the country,<br />
splendida), Arlo Guthrie,<br />
Grateful Dead, Country Joe<br />
McDonald: una spolverata di<br />
rock, blues, psichedelia anni ’60<br />
per fotografare (sia pure<br />
parzialmente, come sempre le<br />
antologie: mancano Who,<br />
Hendrix e tanti altri) lo spirito di<br />
un’epoca che ha segnato l’apice<br />
della creatività – e pazienza se<br />
non tutti gli artisti del disco<br />
erano a Woodstock, come nel<br />
caso dei Doors.<br />
Artisti vari<br />
500 DAYS OF SUMMER<br />
(SIRE)<br />
È sempre più frequente, da<br />
Juno in poi, che love stories<br />
contemporanee si avvalgano di<br />
classici del brit rock, una spruzzata<br />
di musica raffinata e rarità per<br />
intenditori: non fa eccezione lo<br />
score del film che ha aperto<br />
Locarno, con gli Smiths<br />
dell’immortale There is a light that<br />
never goes out e Please please<br />
please… (anche riletta da She &<br />
Him, alias la protagonista Zooey<br />
Deschanel); l’intensa Regina<br />
Spektor, Hall & Oates, Simon &<br />
Garfunkel e perfino Carlabrunì con<br />
la sua più celebre chanson; ancora,<br />
Doves, Black Lips, Feist in una<br />
compilation non banale, indie rock<br />
di buon livello.<br />
Elton John<br />
a Napoli<br />
Ancora turbato dalla morte del<br />
suo tastierista, è sbarcato a Napoli,<br />
a Piazza Plebiscito per un concerto<br />
gratuito della Piedigrotta ’<strong>09</strong>, quel<br />
mostro sacro di Elton John:<br />
pubblico osannante e composto,<br />
due ore e un quarto di voce e<br />
pianoforte che hanno incantato la<br />
foltissima platea, scorrendo un<br />
repertorio lungo 40 anni (almeno 8<br />
gli album mitici fino al 1975). Il<br />
concerto è stato aperto da The one<br />
e Your song per chiudersi nei bis<br />
con I’m still standing e un medley<br />
da Il re leone. Con la solita divisa<br />
eccentrica e le lenti scure con le<br />
iniziali di brillanti, il vecchio Reg ha<br />
esibito una voce superiore alle<br />
aspettative (niente più falsetti ma<br />
non perde una nota), robusti intro<br />
al pianoforte, una tecnica sempre<br />
sopraffina tra blues, gospel (Border<br />
song), honky tonk, ragtime (Bennie<br />
& the Jets, più bella in chiave one<br />
man band) e rock’n’roll: fan di ogni<br />
età a cantare a memoria le parole<br />
scritte per lui da Bernie Taupin: tra<br />
le perle della serata Rocket man,<br />
Philadelphia Freedom, Don’t let<br />
the sun go down on me e una ‘O<br />
sole mio prima solenne poi<br />
swingante, che “diventa” Song for<br />
Guy e infine Take me to the pilot:<br />
lui ci ha messo l’anima, il pubblico<br />
ha fatto il resto.
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11 settembre 20<strong>09</strong><br />
UN FILM<br />
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PIETRO VALSECCHI presenta una produzione TAODUE – BABE FILM in collaborazione con MEDUSA FILM<br />
IL GRANDE SOGNO un film di MICHELE PLACIDO<br />
con RICCARDO SCAMARCIO JASMINE TRINCA LUCA ARGENTERO MASSIMO POPOLIZIO ALESSANDRA ACCIAI MARCO IERMANÒ MARCO BRENNO<br />
con la partecipazione amichevole di SILVIO ORLANDO e con LAURA MORANTE nel ruolo di ‘MADDALENA’<br />
sceneggiatura di DORIANA LEONDEFF ANGELO PASQUINI e MICHELE PLACIDO fonico di presa diretta BRUNO PUPPARO<br />
costumi CLAUDIO CORDARO scenografia FRANCESCO FRIGERI musiche NICOLA PIOVANI fotografia ARNALDO CATINARI<br />
montaggio CONSUELO CATUCCI aiuto regia e casting FEDERICO GIORGIO RIDOLFI<br />
organizzatore della produzione LUCIANO LUCCHI prodotto da PIETRO VALSECCHI CAMILLA NESBITT regia di MICHELE PLACIDO<br />
In collaborazione con<br />
MEDUSA FILM<br />
federazione<br />
italiana<br />
cinema<br />
d’essai<br />
STUDIOVENTISEI