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il caso della Galleria Corsini

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esso non esisteva, con esempi paradigmatici d’insensib<strong>il</strong>ità amministrativa e immob<strong>il</strong>ismo <strong>della</strong> struttura<br />

competente e di incomunicab<strong>il</strong>ità fra le varie realtà amministrative romane (Stato, Comune, Provincia,<br />

Regione), e, addirittura, tra i diversi uffici di una stessa amministrazione, difetti confermati anche<br />

dall’allora direttore <strong>della</strong> <strong>Galleria</strong> <strong>Corsini</strong>, Sivigliano Alloisi, <strong>il</strong> quale dichiarò in quell’incontro di non<br />

essere stato minimamente informato del progetto di trasferimento proposto dal suo Soprintendente.<br />

Sulla sostituzione dell’idea centralistica dei musei di stampo <strong>il</strong>luminista, nata dalla rivoluzione<br />

francese e che, com’è noto, è alla base <strong>della</strong> nascita dei principali musei nazionali di Europa, con<br />

i moderni concetti di decentramento e salvaguardia dei contesti storici, come appunto la <strong>Galleria</strong><br />

<strong>Corsini</strong>, si è espresso invece Fabrizio Lemme, giurista, studioso e collezionista di opere d’arte.<br />

Secondo Lemme, infatti, <strong>il</strong> palazzo, i dipinti, le sculture, la biblioteca, gli arredi, <strong>il</strong> giardino – oggi<br />

Orto Botanico – sono da considerarsi elementi inscindib<strong>il</strong>i di una realtà storico-artistica e culturale<br />

stratificatasi nel tempo che è opportuno mantenere insieme. Concetto quest’ultimo ribadito anche da<br />

Stella Rudolph, studiosa <strong>della</strong> pittura romana del Sei e Settecento di fama internazionale, da Syb<strong>il</strong>le<br />

Ebert-Schifferer, direttrice <strong>della</strong> Bibliotheca Hertziana di Roma, da Rosanna Barbiellini Amidei,<br />

storica dell’arte, da Paola Mangia, responsab<strong>il</strong>e del Servizio educativo del Polo Museale Romano,<br />

da Francesco Petrucci, direttore del Museo del Barocco di Palazzo Chigi ad Ariccia, e da Carmine<br />

Martino, rappresentante dell’Associazione “Abitanti di Trastevere” <strong>il</strong> quale affermò anche che, col<br />

trasferimento <strong>della</strong> <strong>Galleria</strong> <strong>Corsini</strong>, i trasteverini sarebbero stati defraudati di un’altra importante<br />

collezione artistica del loro storico rione, dopo l’impunito smantellamento <strong>della</strong> raccolta di antichità<br />

del Palazzo Torlonia a Porta Settimiana.<br />

Solo Angela Negro e Anna Lo Bianco, responsab<strong>il</strong>i <strong>della</strong> direzione <strong>della</strong> <strong>Galleria</strong> Nazionale<br />

d’Arte Antica di Palazzo Barberini, in rappresentanza del Soprintendente Claudio Strinati, difesero<br />

l’idea di “Museo centralistico”, basandosi su un progetto del 1895, anno d’istituzione <strong>della</strong><br />

<strong>Galleria</strong> Nazionale d’Arte Antica, attribuito dalle studiose ad Adolfo Venturi. Come hanno, però,<br />

sottolineato nelle loro relazioni Enzo Borsellino e Marisa Dalai Em<strong>il</strong>iani, Venturi, pur essendo un<br />

protagonista <strong>della</strong> cultura postunitaria che vedeva favorevolmente la nascita di grandi strutture<br />

nazionali, a proposito <strong>della</strong> <strong>Galleria</strong> <strong>Corsini</strong> si era in realtà espresso considerandola una collezione<br />

“chiusa”, e che tale doveva rimanere, a dimostrazione appunto del riconoscimento <strong>della</strong> sua storia<br />

collezionistica; e ciò anche per l’assenza nella <strong>Corsini</strong> di grandi capolavori del Rinascimento, allora<br />

assai stimati e per la presenza invece di opere soprattutto del Sei e Settecento, “di cui erano piene<br />

le altre Gallerie romane”.<br />

Proprio <strong>il</strong> Caravaggio <strong>della</strong> <strong>Corsini</strong>, e qualche altra opera di notissimi artisti (Salvator Rosa,<br />

Rubens, Mur<strong>il</strong>lo, ecc.), avrebbero costituito, per gli ideatori del progetto di trasferimento, un’attrattiva<br />

per aumentare l’afflusso di visitatori a Palazzo Barberini: “quattro Caravaggio al prezzo di<br />

tre”! Questa la sintesi dell’argomentazione, al limite del paradosso, di Claudio Strinati apparsa sui<br />

giornali e tanto contestata nel corso del dibattito; tanto è vero che le stesse Angela Negro e Anna Lo<br />

Bianco e l’allora Direttore Generale per <strong>il</strong> Patrimonio Storico Artistico e Demoetnoantropologico<br />

del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Bruno de Santis, in conclusione dei loro interventi<br />

tennero a chiarire che si trattava di una proposta che sarebbe andata comunque al vaglio degli organi<br />

competenti e che nulla era stato ancora deciso.<br />

Dopo quell’evento e dopo <strong>il</strong> parere espresso dalla quasi totalità degli intervenuti, <strong>il</strong> pericolo sembrò<br />

scongiurato: nel mese successivo <strong>il</strong> Consiglio Superiore del Ministero per i Beni e le Attività Culturali votò<br />

all’unanimità, su proposta di Gianfranco Cerasoli, Andrea Em<strong>il</strong>iani e Marisa Dalai Em<strong>il</strong>iani, membri del<br />

Consiglio, un ordine del giorno <strong>il</strong> cui testo era costituito dalla mozione elaborata alla fine <strong>della</strong> Giornata<br />

di Studio, “Per la salvezza <strong>della</strong> <strong>Galleria</strong> <strong>Corsini</strong>”, allegata ai presenti Atti.<br />

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