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sommario - Istituto Europeo di Design

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Cultura e Società<br />

ca che l’attuazione concreta delle<br />

“Norme relative agli affari religiosi”<br />

<strong>di</strong>penderà unicamente dal<br />

Dipartimento per gli affari religiosi<br />

del Consiglio degli Affari <strong>di</strong> Stato,<br />

il quale resta l’arbitro in tutte<br />

le questioni riguardanti le organizzazioni<br />

religiose. Ad<strong>di</strong>rittura, in<br />

base ad una normativa anch’essa<br />

promulgata dal Consiglio degli<br />

Affari <strong>di</strong> Stato, il 16 novembre<br />

2001, l’interpretazione delle <strong>di</strong>sposizioni<br />

regolamentari ha il<br />

medesimo valore delle norme<br />

stesse. In tal modo, gli organi governativi<br />

hanno <strong>di</strong> fatto il potere<br />

<strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare le norme, senza essere<br />

sottoposti ad alcun controllo.<br />

Da più parti si auspicava la<br />

promulgazione <strong>di</strong> una vera e propria<br />

legge sulle religioni – della<br />

quale per altro si <strong>di</strong>scute già da<br />

almeno <strong>di</strong>eci anni – tuttavia, dopo<br />

questo decreto, appare fortemente<br />

improbabile che una simile legge<br />

venga introdotta in Cina in un<br />

futuro prossimo.<br />

A conferma <strong>di</strong> quanto finora detto,<br />

vi è un elemento interessante<br />

nel testo dell’articolo 3 del decreto.<br />

Insieme all’articolo 4, esso costituisce<br />

in un certo senso il cuore<br />

delle “Norme relative agli affari<br />

religiosi”, tanto che viene citato<br />

in più punti all’interno <strong>di</strong> altri articoli.<br />

Esso afferma che lo Stato<br />

protegge le “normali” attività religiose<br />

(zhengchangde zongjiao<br />

huodong) e salvaguarda i <strong>di</strong>ritti<br />

e gli interessi delle organizzazioni<br />

religiose e dei citta<strong>di</strong>ni credenti,<br />

in conformità alle leggi. Non<br />

viene però specificato cosa sia da<br />

intendersi per “normale”. Ne consegue<br />

la possibilità <strong>di</strong> interpretazioni<br />

<strong>di</strong>verse che <strong>di</strong>pendono unicamente,<br />

come si è detto, dal governo<br />

e dai suoi funzionari. Questo<br />

elemento, <strong>di</strong> fatto già presente<br />

nella politica religiosa attuata<br />

in Cina dal 1949 in poi, segna una<br />

continuità <strong>di</strong> fondo: la supervisione<br />

ed il controllo del partito su qualsiasi<br />

attività religiosa.<br />

E’ da notare inoltre che nel testo<br />

dell’intera normativa in esame<br />

non vengono mai citate quelle<br />

che, fin dai primi anni del regime<br />

maoista, rimangono a tutt’oggi le<br />

cinque religioni ufficialmente riconosciute<br />

in Cina (bud<strong>di</strong>smo,<br />

taoismo, Islam, cattolicesimo e<br />

protestantesimo), ovvero non<br />

sono esplicitamente elencati i<br />

gruppi religiosi destinatari del<br />

decreto stesso. Ciò ha fatto pensare<br />

alla possibilità <strong>di</strong> un prossimo<br />

riconoscimento <strong>di</strong> altre comunità<br />

religiose come la Chiesa ortodossa,<br />

che già ne ha fatto domanda,<br />

o la comunità ebraica. Si<br />

tratterebbe comunque <strong>di</strong> una decisione<br />

estremamente delicata: il<br />

riconoscimento ufficiale <strong>di</strong> una<br />

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