CESENA IN ATTUAZIONE DEL PIANO DI TUTELA DELLE ACQUE D

Provincia di Forlì-Cesena
Servizio Ambiente e Sicurezza del Territorio
VARIANTE AL P.T.C.P. DELLA PROVINCIA DI FORLI'-CESENA
IN ATTUAZIONE DEL PIANO DI TUTELA DELLE ACQUE
DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
RELAZIONE GENERALE
SEZIONE IV
Sezione I – Sintesi
Sezione II – Quadro Conoscitivo
Sezione III – Obiettivi
Sezione IV – Misure e Azioni – Aree di Salvaguardia
Sezione V – Previsioni per il raggiungimento degli obiettivi di qualità
Sezione VI – VALSAT – Studio d'Incidenza
Sezione VII – Norme Tecniche d'Attuazione

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Indice
4. Le acque superficiali interne.........................................................................................4
4.1 MISURE E AZIONI ADOTTATE E DA ADOTTARE PER IL
RAGGIUMENTO DEGLI OBIETTIVI DI QUALITA' AMBIENTALE.....4
4.1.1 Obbligatorie............................................................................................................4
4.1.2 Aggiuntive...............................................................................................................5
4.1.3 Programmi e normative di riferimento per le misure individuate.....................7
4.1.3.1 Deflusso minimo vitale.............................................................7
4.1.3.2 Attuazione direttiva “nitrati” 91/676 CEE ............................7
4.1.4 Misure obbligatorie previste dalla Regione Emilia-Romagna per la tutela
qualitativa ..............................................................................................................8
4.1.4.1 Direttiva concernente indirizzi per l’applicazione del DLgs
152/99 approvata con deliberazione della Giunta Regionale
n. 1053 del 9 giugno 2003.........................................................8
4.1.4.2 Riutilizzo delle acque reflue in attuazione dell’articolo 99,
del DLgs 152/06........................................................................8
4.1.4.3 Direttiva concernente gli indirizzi per la gestione delle acque
di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne...................9
4.1.4.4 Indirizzi per l’uso dei fanghi di depurazione in agricoltura. 9
4.1.4.5 Legge Regionale n. 21 del 11 ottobre 2004 “Disciplina della
prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento”. .......9
4.1.5 Valutazione quali-quantitativa degli effetti dell'attuazione della normativa
IPPC sul territorio della Provincia di Forlì-Cesena ..........................................10
4.1.5.1 Normativa di riferimento:.....................................................10
4.1.5.2 Valutazione Integrata.............................................................11
4.1.5.3 Miglior Tecnologie Disponibili..............................................12
4.1.5.4 Quadro AIA............................................................................13
4.1.5.4.1 Aziende ricadenti nell’ambito di applicazione I.P.P.C.
escluse quelle zootecniche (da categoria 1 a categoria 6.5) 14
4.1.5.4.2 Aziende zootecniche in AIA. (categoria 6.6a, 6.6b, 6.6c)...17
4.1.5.4.3 Considerazioni conclusive circa gli effetti derivati
dall'attuazione della normativa IPPC..................................20
4.1.6 Specifici programmi di miglioramento previsti ai fini del raggiungimento dei
singoli obiettivi di qualità per le acque a specifica destinazione ......................21
4.1.7 Misure adottate per le aree sensibili, per le zone vulnerabili da nitrati di
origine agricole, per le zone vulnerabili da prodotti fitosanitari......................21
4.1.8 Misure adottate ai sensi del Titolo III Capo II del D.Lgs 152/06 “Tutela
quantitativa della risorsa e risparmio idrico” ...................................................22
4.1.8.1 Previsione della domanda idrica e dei prelievi di acque
superficiali e sotterranee al 2015 in relazione alle tendenze
evolutive attuali e alle misure di razionalizzazione,
risparmio e utilizzo................................................................22
4.1.8.1.1 Settore civile.......................................................................23
4.1.8.1.2 Settore industriale...............................................................33
4.1.8.1.3 Settore irriguo.....................................................................36
4.1.8.2 Linee di azione prioritarie per l’ottimizzazione della
domanda idrica......................................................................39
4.1.8.3 Realizzazione di pompaggi verso la media e alta pianura
della risorsa idrica proveniente dal Po.................................40
4.1.8.4 Riutilizzo irriguo dei reflui depurati - aspetti quantitativi. 40
2

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4.1.9 Situazione della Provincia di Forlì-Cesena – Analisi di dettaglio.....................42
4.1.9.1 Acque superficiali..................................................................42
4.1.9.1.1 Completamento del DMV con l’introduzione dei fattori
correttivi costituenti la componente morfologico ambientale.
............................................................................................42
4.1.9.1.2 Dal DMV al Bilancio idrico di bacino................................43
4.1.9.1.3 DMV alle foci in mare........................................................43
4.1.9.1.4 Le strategie di razionalizzazione dei prelievi......................43
4.1.9.2 Acque sotterranee..................................................................48
4.1.9.2.1 CAMPO POZZI DI CESENA............................................48
4.1.9.2.2 CAMPO POZZI CENTRO IDRICO MONTASPRO .........48
4.1.9.2.3 CAMPO POZZI CENTRO IDRICO PANDOLFA ............49
4.1.9.2.4 CAMPO POZZI CENTRO IDRICO ROMITI ..................49
4.1.9.2.5 IPOTESI DI REGOLAMENTAZIONE PER LE
CONCESSIONI DI ACQUA PUBBLICA..........................50
4.1.9.2.6 I PRELIEVI IN PROVINCIA DI FORLI' CESENA .........63
4.1.9.3 Consorzi di Bonifica...............................................................66
4.1.9.4 Considerazioni sulla crisi idrica del 2011.............................67
4.1.10 ULTERIORI MISURE PER LA TUTELA QUALITATIVA............................68
4.1.10.1 Depurazione alla scala del paesaggio....................................68
4.1.10.2 Contrasto all’ingressione salina nell’acquifero superficiale
della costa...............................................................................69
4.1.11 PROGRAMMI DI GESTIONE DELLA SICCITA'..........................................71
4.2 INTERVENTI AGGIUNTIVI (GIA’ SEGNALATI ALLA REGIONE) PER
IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI DI QUALITA’ .................73
4.3 Considerazioni conclusive sull'insieme delle azioni ipotizzate.....................77
4.4 DISCIPLINA PER LA SALVAGUARDIA DELLE ACQUE DESTINATE
AL CONSUMO UMANO...............................................................................80
4.4.1 Zone di protezione delle acque sotterranee nel territorio di pedecollina
pianura..................................................................................................................81
4.4.1.1 Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia-
Romagna.................................................................................81
4.4.2 Zone di protezione delle acque superficiali........................................................91
4.4.3 Zone di protezione delle acque sotterranee in territorio collinare e montano. 91
4.4.3.1 Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia
Romagna.................................................................................92
4.4.4 Zone di tutela assoluta e zone di rispetto..........................................................112
4.4.5 ACQUIFERO FREATICO COSTIERO..........................................................115
4.4.5.1 Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia
Romagna...............................................................................115
3

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4. LE ACQUE SUPERFICIALI INTERNE
4.1 MISURE E AZIONI ADOTTATE E DA ADOTTARE PER IL RAGGIUMENTO
DEGLI OBIETTIVI DI QUALITA' AMBIENTALE.
Questo capitolo è il frutto sia di una estrapolazione dei dati dalla Relazione Generale del Piano di Tutela
delle Acque Regionale sia di elementi più specifici riferiti alla provincia di Forlì Cesena.
Al fine di raggiungere gli obiettivi qualitativi previsti dal decreto per i corsi d’acqua significativi e di
interesse nel PTA regionale sono state individuate una serie di “misure” da attuare o già attuate,
finalizzate al miglioramento delle acque sui corpi idrici, da applicare all'orizzonte temporale del 2015
sulle modellazioni effettuate rappresentative dello stato attuale.
Le misure sono di due tipi:
➔ obbligatorie se sono contenute all’interno di specifiche normative o programmi;
➔ aggiuntive se fanno parte di quelle azioni ulteriori individuate per il raggiungimento degli
obiettivi di qualità.
4.1.1 Obbligatorie
➢
➢
➢
➢
➢
➢
Il rispetto dei DMV.
L'applicazione della disciplina degli scarichi delle acque reflue urbane, mediante trattamenti di
tipo secondario o equivalente, secondo la consistenza dell'agglomerato, in conformità alle date
previste dal decreto nazionale, nonché dei trattamenti appropriati previsti dalla direttiva regionale
1053/2003 per gli agglomerati con popolazione inferiore a 2.000 A.E.
La realizzazione su tutti i depuratori di potenzialità oltre 10.000 A.E. di trattamenti spinti per la
rimozione del fosforo entro il 2008.
Applicazione, entro il 31 dicembre 2008, dei trattamenti più spinti del secondario per
l'abbattimento dell'azoto agli scarichi di acque reflue urbane degli agglomerati ricadenti in aree
sensibili e nei bacini drenanti ad esse afferenti con popolazione superiore a 100.000 AE, da
estendersi entro il 31 dicembre 2016 anche agli scarichi di acque reflue urbane degli agglomerati
con popolazione superiore a 20.000 AE. Tali trattamenti dovranno garantire il rispetto dei valori
limite di emissione previsti dalla tabella 2 - Allegato 5 del DLgs 152/99.
La disinfezione e la denitrificazione sui depuratori oltre i 10.000 A.E., al 2008, se influenzano
significativamente corpi idrici con prelievi idropotabili; la disinfezione estiva per i depuratori
oltre i 20.000 A.E. nella fascia dei 10 Km dalla costa, per garantire il mantenimento del livello di
balneazione (azione già attuata).
La predisposizione di vasche di prima pioggia o di altri accorgimenti (possibilità di invasare
volumi maggiori in fognatura, aumentare la frequenza dei lavaggi delle strade, etc.) per i centri
abitati con oltre 20.000 residenti serviti che scaricano direttamente o in prossimità dei corpi idrici
4

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
➢
➢
superficiali significativi o di interesse, in una misura non inferiore alla raccolta del 25% degli
apporti al 2008, da elevare al 50% al 2016 e ivi al 25% per quelli tra 10.000 e 20.000 residenti;
per i centri della costa ubicati nella fascia dei 10 Km, ai fini del miglioramento delle condizioni a
mare, le percentuali precedenti andranno aumentate almeno del 20% (ritenuta obbligatoria.
Il contenimento degli apporti ai suoli di concimazioni chimiche e di effluenti zootecnici, secondo
i disciplinari di buona pratica agricola.
Un progressivo riuso delle acque reflue a fini irrigui, relativamente ai depuratori individuati dal
Piano di Tutela Regionale in misura pari al 50% della potenzialità al 2016, nonché il cambio del
ricettore al fine di allungare i percorsi e favorire il riuso irriguo, la biodegradazione, la
sedimentazione, etc., per quelli individuati a tale fine nell’attività di cui sopra.
4.1.2 Aggiuntive
➢ Azioni di risparmio e razionalizzazione della risorsa nei comparti civile, agricolo e industriale.
➢ Per le aziende che ricadono nell’ambito di applicazione della normativa IPPC, si sono valutate
plausibili riduzioni degli apporti inquinanti, in relazione all’utilizzo delle migliori tecniche
disponibili;
➢ Azioni puntuali finalizzate alla rinaturalizzazione (e fasce tampone) di alcuni tratti fluviali
definiti dalle Autorità di Bacino competenti, per ripristinare processi di adeguata autodepurazione
e apporto alle falde.
➢ La realizzazione di interventi di fitodepurazione.
➢ Adeguamento dei processi produttivi in modo che le sostanze pericolose vengano adeguatamente
ridotte e/o eliminate dalle acque di scarico, individuando altre forme di allontanamento, previo
comunque opportuno trattamento.
Si sottolinea che le misure “aggiuntive” per ridurre l’inquinante delle acque sono principalmente
connesse ad azioni rigorose per il contenimento dell’apporto alle acque superficiali e sotterranee del
carico diffuso di origine zootecnica dai suoli. Per esso, anche in relazione a quanto disposto dalla
normativa in materia di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, oltre al rispetto delle dosi
di azoto apportate al campo, fissate rispettivamente in 170 kg N/ettaro per le zone vulnerabili ed in 340
kgN/ettaro per le zone non vulnerabili, nel PTA regionale sono definite alcune azioni specifiche per una
gestione di questi materiali conforme alle norme del Codice di Buona pratica Agricola, al fine di
contenere il carico inquinante connesso ai possibili fenomeni di lisciviazione delle acque meteoriche.
In particolare per la provincia di Forlì – Cesena si erano evidenziati in questi ultimi anni elementi di
criticità legati soprattutto alla gestione delle lettiere degli allevamenti a terra (carico diffuso di origine avicunicola);
ferma restando l'esigenza che la componente azotata derivante dall'uso agronomico delle
lettiere concorra alla definizione delle dosi massime ammissibili, e quanto previsto dal PTA regionale
circa la predisposizione di specifici Piani d'Azione da parte della Provincia di Forlì Cesena per la
produzione e utilizzazione agronomica della pollina, è stato di fatto superato dalla Delibera Assemblea
5

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
legislativa della Regione Emilia Romagna 16 gennaio 2007 n. 96 che regolamenta anche l'utilizzo di dette
deiezioni.
Oltre alle riduzioni conseguenti a tali misure, già considerate nello scenario “aggiuntivo” al 2016 (PTA
regionale) sono indicate ulteriori azioni puntuali, da valutare sulla base delle specificità locali e di
un’analisi costi-efficacia delle singole misure o di una combinazione delle stesse:
➢ Riduzione dei limiti dei nutrienti in uscita dai depuratori: abbassare ulteriormente i limiti relativi
alle uscite dai depuratori, oltre quanto consentito dagli allegati alla parte terza del D.lgs. 152/06
(Tabella 2 dell’Allegato 5), anche se tecnicamente, non è prevedibile riuscire ad andare molto al
di sotto di tali limiti e quindi conseguire risultati di significativo rilievo.
➢ Realizzazione di ulteriori vasche di prima pioggia: oltre che per le nuove urbanizzazioni di
significativa estensione, dovrebbe progressivamente interessare anche gli scaricatori dei centri
abitati maggiori di 10.000 residenti, che non scaricano nei corpi idrici significativi o di interesse e
quelli degli abitati minori di 10.000 residenti che scaricano sulle aste principali, in relazione alla
possibilità di disporre di aree per la costruzione di accumuli temporanei; ciò privilegiando i punti
attualmente più impattanti in termini di volumi e aste interessate. Si ricorda che spesso, lo scarico
delle acque di prima pioggia, che “lavano” le reti fognarie, avviene temporalmente prima
dell’incremento di deflusso naturale sull’asta drenante e quindi l’impatto, sia pure temporaneo, è
spesso molto elevato, non soltanto per l’inquinamento “chimico”, ma soprattutto per quello
biologico (IBE).
➢ Riuso spinto delle acque reflue e impieghi anche in settori diversi dall’irriguo: nel settore
industriale (ad esempio come acque di raffreddamento), per il lavaggio di strade, per gli spurghi
delle fognature, etc.
➢ Contenimento emissioni oltre le BAT: per talune aree critiche vi è l’opportunità di indirizzare le
scelte del settore industriale verso tecnologie impiantistiche che maggiormente si avvicinano, in
termini di emissioni e quindi di impatti ambientali, alle BAT più aggiornate, cioè alle migliori
tecniche economicamente disponibili, per migliorare ulteriormente le caratteristiche degli
scarichi, accettando la possibilità di sensibili aggravi economici, da recuperare anche con
l’incentivazione pubblica.
➢ Incremento dei rilasci legati al DMV;
➢ Vettoriamenti degli scarichi su reti a minore impatto: gli scarichi dei grossi depuratori possono
subire un vettoriamento e quindi lo scarico su reti diverse dal ricettore attuale, in relazione a
minori impatti sulle aste principali, a più lunghi tragitti sulle reti di bonifica, quindi con maggiori
possibilità autodepurative, favorendo in questo modo anche gli impieghi irrigui.
➢ Vettoriamento di acque da Po (CER): apporto, tramite pompaggio, di acque da Po a fini irrigui.
➢ Disinfezione su impianti i cui reflui possono incidere sulle caratteristiche di balneabilità delle
acque marine: anche oltre la fascia dei 10 Km dalla costa, può essere opportuno prevedere la
6

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
➢
disinfezione dei reflui dei depuratori che apportano al mare carichi in grado di incidere
apprezzabilmente sulla balneabilità delle acque marine.
Razionalizzazione del sistema fognario-depurativo: adeguamento delle reti fognarie e della
relativa infrastrutturazione depurativa alle portate attuali in transito, evitando eccessive
attivazioni degli scaricatori di piena, e quindi attenuando gli sversamenti per gli eventi di pioggia
marginali.
4.1.3 Programmi e normative di riferimento per le misure individuate.
4.1.3.1 Deflusso minimo vitale
La Delibera n. 7/2002 dell’Autorità di Bacino del Fiume definisce una regola di calcolo del deflusso
minimo vitale per i corsi d’acqua naturali, ad esclusione dell’asta del Po.
La metodologia proposta è stata estesa all’intera regione e quindi anche ai corsi d’acqua della provincia di
Forlì - Cesena, pervenendo alla quantificazione del DMV su un consistente numero di tratti e definendo
nelle Norme oltre le modalità generali di calcolo, la tempistica di applicazione, le deroghe e le azioni di
monitoraggio.
Il provvedimento determinerà un incremento dei deflussi medi estivi sulle aste fluviali.
4.1.3.2 Attuazione direttiva “nitrati” 91/676 CEE
La Regione Emilia-Romagna ha sviluppato, a partire dal 1995, il proprio programma d’azione in
recepimento la Direttiva CEE 91/676, attraverso l’emanazione di una serie di disposti normativi.
In particolare, con la Delibera del Consiglio Regionale 11 febbraio 1997, n. 570 è approvato il “Piano
Territoriale Regionale per il Risanamento e la Tutela delle Acque - Stralcio Comparto Zootecnico”, che
contiene le norme tecniche di attuazione e la carta regionale della vulnerabilità, in cui sono individuate le
“zone vulnerabili” e le “zone non vulnerabili” ai fini della disciplina dello spandimento sul suolo agricolo
dei liquami zootecnici. Le zone vulnerabili comprendono le aree nelle quali, per le caratteristiche
idrogeologiche degli acquiferi, vi è il rischio di inquinamento delle falde, dovuto all’utilizzazione in
agricoltura dei liquami zootecnici e di altri fertilizzanti azotati.
Con l’approvazione della L.R. 50/95 e successivi atti, sono state individuate le zone di divieto allo
spandimento di liquami zootecnici, i periodi in cui è proibita l’applicazione al terreno, la capacità di
deposito per gli effluenti di allevamento, la disciplina dell’utilizzazione agronomica degli effluenti
zootecnici in zone non vulnerabili e vulnerabili nonché le modalità d’interventi strutturali
nell’allevamento suinicolo.
Al fine di rendere efficaci le misure inserite nel programma di azione, sono stati previsti
strumenti di controllo che comprendono:
➢ strumenti operativi di carattere tecnico amministrativo per controlli preventivi quali la
comunicazione di spandimento, la tenuta del registro delle utilizzazioni del liquame e il
certificato di usabilità dei contenitori di stoccaggio dei liquami e dei letami;
7

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
➢
➢
controlli di campo – vigilanza;
controlli analitici sulla qualità delle acque.
La normativa regionale, in coerenza con le disposizioni dell’Allegato III della direttiva CEE 91/676,
attraverso la L.R. n. 50/95, la D.C.R. 570/97 prima e la Deliberazione Assemblea Legislativa n. 96/2005
poi, ha previsto diverse misure obbligatorie contenute nelle norme tecniche di attuazione e l’adozione
della carta regionale della vulnerabilità in scala 1:250.000.
Oltre alla normativa specifica e vincolante, la Regione Emilia-Romagna, in recepimento alla Direttiva
CEE 91/676, ha promosso anche l’attuazione volontaria di metodi di coltivazione, tra cui le pratiche di
fertilizzazione a minor impatto ambientale, con l’obiettivo di ridurre l’input in azoto e contenere le
perdite.
Le principali linee d’intervento applicate sono rappresentate dalla Produzione Biologica e Produzione
Integrata. Entrambe le azioni comportano ulteriori obblighi sia rispetto alle prescrizioni normative
regionali sia al Codice nazionale di Buona Pratica Agricola.
4.1.4 Misure obbligatorie previste dalla Regione Emilia-Romagna per la tutela qualitativa
Nell'ambito delle misure obbligatorie, si segnalano in particolare:
4.1.4.1 Direttiva concernente indirizzi per l’applicazione del DLgs 152/99 approvata con
deliberazione della Giunta Regionale n. 1053 del 9 giugno 2003
La deliberazione della Giunta Regionale n. 1053 del 9 giugno 2003 approva la “Direttiva concernente
indirizzi per l'applicazione del D.Lgs. 152/99 come modificato dal D.Lgs. 258/2000 recante disposizioni
in materia di tutela delle acque dall'inquinamento”.
Con la direttiva sono date, in particolare, disposizioni riguardanti:
1. la disciplina degli scarichi e il regime autorizzativo delle acque reflue domestiche e assimilate,
delle acque reflue urbane derivanti dagli agglomerati con popolazione inferiore a 2.000 A.E.
nonché degli scarichi di sostanze pericolose;
2. la tipologia e la caratterizzazione tecnica dei sistemi individuali di trattamento da applicarsi agli
insediamenti, installazioni, edifici/nuclei isolati che scaricano acque reflue domestiche in ricettori
diversi dalla rete fognaria;
3. i criteri applicativi dei sistemi individuali di trattamento da applicarsi agli scarichi di acque reflue
domestiche degli insediamenti, installazioni, edifici/nuclei isolati ed alle acque assimilate alle
domestiche nonché i valori limite di emissione.
4.1.4.2 Riutilizzo delle acque reflue in attuazione dell’articolo 99, del DLgs 152/06
Il regolamento D.M. 185/03 stabilisce le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue domestiche,
urbane ed industriali attraverso la regolamentazione delle destinazioni d’uso e dei relativi requisiti di
qualità, ai fini della tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche. Il riutilizzo deve avvenire in
8

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
condizioni di sicurezza ambientale, evitando alterazioni agli ecosistemi, al suolo e alle colture, nonché
rischi igenico-sanitari.
4.1.4.3 Direttiva concernente gli indirizzi per la gestione delle acque di prima pioggia e di
lavaggio delle aree esterne
Le deliberazioni della Giunta Regionale n. 286 del 14 febbraio 2005 e n. 1860 del 18.12.2006
disciplinano
➢ le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti
fognarie separate;
➢ i casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento,
effettuate tramite condotte separate, siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa
l'eventuale autorizzazione;
➢ i particolari casi nei quali possa essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle
aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione, qualora in
relazione alle attività svolte vi sia il rischio di dilavamento dalle superfici impermeabili scoperte
di sostanze pericolose o di sostanze che possano pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi di
qualità dei corpi idrici.
4.1.4.4 Indirizzi per l’uso dei fanghi di depurazione in agricoltura
Con la Direttiva 1801/08 la Regione fornisce gli indirizzi per l’utilizzo dei fanghi di depurazione in
agricoltura al fine di prevenire possibili fenomeni di contaminazione del suolo e/o inquinamento delle
acque ed evitare effetti dannosi sull’uomo, sugli animali e sulla vegetazione e le disposizioni per le
modalità del sistema autorizzativo e per l’utilizzo dei diversi tipi di fanghi.
4.1.4.5 Legge Regionale n. 21 del 11 ottobre 2004 “Disciplina della prevenzione e
riduzione integrate dell'inquinamento”.
La Regione Emilia-Romagna, in attuazione della direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996,
e del D.Lgs. n. 372 del 4 agosto 1999, ha emanato la L.R. 21/2004, ove stabilisce le disposizioni in
materia di prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento.
La prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento hanno lo scopo di evitare, oppure, qualora non sia
possibile, di ridurre le emissioni nell'aria, nell'acqua e nel suolo, i rifiuti ed il consumo delle risorse al fine
di conseguire un elevato livello di protezione della salute umana e dell'ambiente nel suo complesso.
La legge disciplina il rilascio, il rinnovo ed il riesame dell'autorizzazione integrata ambientale dei nuovi
impianti e degli impianti esistenti, nonché le modalità di esercizio degli impianti medesimi.
9

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4.1.5 Valutazione quali-quantitativa degli effetti dell'attuazione della normativa IPPC sul
territorio della Provincia di Forlì-Cesena
Fra le misure individuate dalla Regione e messe in atto dalla Provincia, si ritiene opportuno porre
particolare attenzione ai benefici ambientali conseguibili dall'applicazione della normativa IPPC. Di
seguito si espone una prima valutazione di tali possibili effetti, considerando che nella provincia di Forlì
Cesena sono presenti circa 170 aziende (sia allevamenti zootecnici sia alcuni grossi complessi industriali)
ricadenti nell'ambito di applicazione.
4.1.5.1 Normativa di riferimento:
➢ Direttiva IPPC 96/61/CE del 24 settembre 1996 sulla Prevenzione e Riduzione integrata
dell’inquinamento;
➢ Dlgs 372/99 recante le norme per “Attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e
riduzione integrate dell'inquinamento"
➢ Dlgs 59/05 recante le norme per “Attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla
prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento";
➢ legge regionale L.R. 21/04 recante le norme per la disciplina della prevenzione e riduzione
integrate dell'inquinamento;
La direttiva 96/61/CE, nota come direttiva IPPC ( Integrated Pollution Prevention and Control) è lo
strumento cardine di cui l’Unione Europea si è dotata per attuare politiche ambientali mirate
all’affermazione concreta del principio di prevenzione dell’inquinamento anche attraverso la riduzione
complessiva, non limitata a singoli interventi su singole matrici ambientali, dell’inquinamento causato
dalle principali attività produttive. Prima ancora che la direttiva IPPC fosse approvata, una decisiva
spinta al superamento della visione settoriale dell’inquinamento è stata data dal Rapporto sullo sviluppo
sostenibile redatto nel 1987 dalla Commissione Mondiale per l’Ambiente e lo Sviluppo.
In questo quadro, IPPC svolge un ruolo fondamentale poiché, da un lato risponde all’asserto dell’UE che
ha ritenuto che “un miglioramento della gestione e del controllo dei processi di produzione, compreso un
sistema di licenze rinnovabili collegate con la prevenzione e il controllo integrato dell’inquinamento,
possa conferire nuovo significato e vigore all’interfaccia ambiente /politica industriale” e dall’altro lato
persegue anche l’obiettivo di razionalizzare e semplificare il sistema autorizzatorio evitando di
“aggiungersi” alle altre autorizzazioni, poiché “sostituisce ad ogni effetto ogni altro visto, nulla osta,
parere o autorizzazione in materia ambientale”.
La Direttiva detta una serie di regole comuni per l’autorizzazione degli impianti che consentiranno di
fissare, caso per caso, adeguati valori limite di emissione basati sulle migliori tecniche disponibili e
tenendo conto delle norme di qualità ambientale e delle condizioni ambientali locali in cui l’impianto è
ubicato, se esistente, o verrà realizzato, nel caso di un nuovo impianto.
10

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
La Direttiva è basata sui principi di sussidiarietà, ossia lascia agli Stati Membri il compito di attuare gli
indirizzi proposti, e di proporzionalità, in quanto esclude dal suo campo di applicazione gli impianti di
piccola dimensione.
L’approccio tecnico di IPPC abbandona le strategie di tipo “end-of-pipe”, caratterizzate da interventi di
riduzione dell’inquinamento alla fine del processo produttivo, a favore di un approccio preventivo e
integrato che punta invece a evitare oppure, qualora non sia possibile, ridurre le emissioni intervenendo
nelle varie fasi del processo, alla fonte e non soltanto sui punti di emissione finali. E’ quindi innanzitutto
nella fase di progettazione dell’impianto e nei successivi passi di realizzazione e gestione, per giungere
fino alla previsione della sua dismissione ed al ripristino del sito, che viene cercato un ruolo attivo da
parte dei gestori degli impianti industriali.
L’approccio integrato introdotto dalla Direttiva, interessa infatti i fenomeni di inquinamento legati
all’impianto durante il suo intero ciclo di vita, tenendo conto delle sue caratteristiche tecniche, della
posizione geografica e delle condizioni ambientali locali, al fine di evitare il trasferimento del carico
inquinante da una matrice ambientale ad un’altra.
A differenza delle procedure settoriali, la procedura IPPC non ha limiti prefissati da applicare, e la
Direttiva riserva alla Unione Europea di determinare limiti comunitari di emissione solo a seguito dello
scambio di informazioni sui risultati delle procedure autorizzatorie.
Di fatto i valori limite di emissione che verranno riportati nell’autorizzazione saranno fissati in base alla
contemporanea applicazione dei tre cardini delle strategie di previsione e limitazione integrate
dell’inquinamento industriale:
• la valutazione integrata
• l’adozione delle migliori tecniche disponibili
• le valutazioni ambientali locali
In Italia la direttiva Comunitaria è stata recepita dapprima nel 1999 con il Dlg 372/99 riferito solo agli
impianti esistenti e poi successivamente nel 2005 il Dlgs 59/05 ha nuovamente disciplinato gli impianti
esistenti ed ha regolamentato anche gli impianti nuovi.
La Regione Emilia – Romagna con la legge regionale L. R. 21/2004 ha assegnato le competenze al
rilascio dell’A.I.A. alle Province. Successivamente la Regione ha emanato numerose circolari esplicative.
In merito ai principi generali della normativa di cui trattasi, si richiamano, in particolare i concetti di
“valutazione integrata” e di “migliori tecniche disponibili”.
4.1.5.2 Valutazione Integrata
Relativamente alla valutazione integrata dei singoli impianti, l’Art 3 del D.lgs 59/05 “Principi generali
dell'autorizzazione integrata ambientale” prevede:
1. L'autorità competente, nel determinare le condizioni per l'autorizzazione integrata ambientale, fermo
restando il rispetto delle norme di qualità ambientale, tiene conto dei seguenti principi generali:
a) devono essere prese le opportune misure di prevenzione dell'inquinamento, applicando in particolare
le migliori tecniche disponibili;
11

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
b) non si devono verificare fenomeni di inquinamento significativi;
c) deve essere evitata la produzione di rifiuti, a norma del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e
successive modificazioni; in caso contrario i rifiuti sono recuperati o, ove ciò sia tecnicamente ed
economicamente impossibile, sono eliminati evitandone e riducendone l'impatto sull'ambiente, a norma
del medesimo decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;
d) l'energia deve essere utilizzata in modo efficace;
e) devono essere prese le misure necessarie per prevenire gli incidenti e limitarne le conseguenze;
f) deve essere evitato qualsiasi rischio di inquinamento al momento della cessazione definitiva delle
attività e il sito stesso deve essere ripristinato ai sensi della normativa vigente in materia di bonifiche e
ripristino ambientale.
4.1.5.3 Miglior Tecnologie Disponibili
La normativa IPPC non fissa limiti di emissione precisi ed impone che l’azienda si doti delle Best
Available Techniques – BAT – ovvero Migliori Tecnologie Disponibili – MTD, che sono definite come:
“”la più efficiente e avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l'idoneità
pratica di determinate tecniche a costituire, in linea di massima, la base dei valori limite di emissione
intesi ad evitare oppure, ove ciò si riveli impossibile, a ridurre in modo generale le emissioni e l'impatto
sull'ambiente nel suo complesso. Nel determinare le migliori tecniche disponibili, occorre tenere conto in
particolare degli elementi di cui all'allegato IV.
L’Allegato IV del D.Lgs 59/05 (articolo 2, comma 1, lettera o) prevede:
Considerazioni da tenere presenti in generale o in un caso particolare nella determinazione delle
migliori tecniche disponibili, secondo quanto definito all'art. 2, comma 1, lettera o), tenuto conto dei
costi e dei benefici che possono risultare da un'azione e del principio di precauzione e prevenzione.
1. Impiego di tecniche a scarsa produzione di rifiuti.
2. Impiego di sostanze meno pericolose.
3. Sviluppo di tecniche per il ricupero e il riciclo delle sostanze emesse e usate nel processo, e, ove
opportuno, dei rifiuti.
4. Processi, sistemi o metodi operativi comparabili, sperimentati con successo su scala industriale.
5. Progressi in campo tecnico e evoluzione, delle conoscenze in campo scientifico.
6. Natura, effetti e volume delle emissioni in questione.
7. Date di messa in funzione degli impianti nuovi o esistenti.
8. Tempo necessario per utilizzare una migliore tecnica disponibile.
9. Consumo e natura delle materie prime ivi compresa l'acqua usata nel processo e efficienza
energetica.
10. Necessità di prevenire o di ridurre al minimo l'impatto globale sull'ambiente delle emissioni e dei
rischi.
11. Necessità di prevenire gli incidenti e di ridurne le conseguenze per l'ambiente.
12

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
12. Informazioni pubblicate dalla Commissione europea ai sensi dell'art. 16, paragrafo 2, della
direttiva 96/61/CE, o da organizzazioni internazionali.
4.1.5.4 Quadro AIA
Esamineremo ora brevemente la situazione delle aziende del territorio della provincia di Forlì-Cesena,
ricadenti nell’ambito di applicazione della normativa I.P.P.C.
La seguente tabella riporta il numero di aziende suddivise per tipologia di impianti ai sensi dell’allegato 1
del D.Lgs 59/05 (situazione al 31/10/2008).
Tipo di impianto sulla base dell’attività dell’allegato I totale con AIA § in attesa di
rilascio di AIA §
2. Produzione e trasformazione dei metalli * * *
2.3. c) applicazione a metalli ferrosi di strati protettivi di metallo fuso 1 1 0
2.6. Impianti per il trattamento di superficie di metalli e materie plastiche 4 4 0
3. Industria dei prodotti minerali * * *
3.1. Impianti destinati alla produzione di clinker (cemento) oppure di calce viva 1 1 0
3.5. Impianti per la fabbricazione di prodotti ceramici 1 1 0
5. Gestione dei rifiuti * * *
5.1. Impianti per l'eliminazione o il ricupero di rifiuti pericolosi 2 2 0
5.2. Impianti di incenerimento dei rifiuti urbani 1 1 0
5.3. Impianti per l'eliminazione o il ricupero dei rifiuti non pericolosi 1 1 0
5.4. Discariche 3 3 0
6. Altre attività * * *
6.4. a) Macelli 4 3 1
6.4. b) Trattamento e trasformazione di prodotti alimentari 8 6 2
6.5. Impianti per l'eliminazione o il ricupero di carcasse e di residui di animali 1 0 1
6.6. a) Impianti per l'allevamento intensivo di pollame 133 119 14
6.6. b) Impianti per l'allevamento intensivo di suini da produzione 11 10 1
6.7. Impianti per il trattamento di superficie con solventi organici 2 1 1
6.8. Impianti per la fabbricazione di carbonio o grafite
TOTALE 173 153 20
13

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4.1.5.4.1 Aziende ricadenti nell’ambito di applicazione I.P.P.C. escluse quelle zootecniche (da
categoria 1 a categoria 6.5)
Nella provincia di Forlì-Cesena le aziende ricadenti nella normativa I.P.P.C. sono un numero
relativamente ridotto ma di notevole dimensioni e con alti impatti ambientali. Sono infatti compresi: due
inceneritori, tre discariche, 6 mangimifici, tre macelli.
Di seguito vengono evidenziati gli aspetti e le prescrizioni principali relative alle risorse idriche, indicate
nelle A.I.A. rilasciate alle aziende industriali:
- installazione di contatori, sia a livello di consumi globali dello stabilimento sia livello di
singoli reparti o linee di lavorazione
I dati relativi al consumo idrico e al bilancio idrico costituivano condizione necessaria sia per la
relazione tecnica sia per le schede allegate alla domanda, anche se è emerso che molti dati erano
stimati.
Rappresentano un’eccezione le aziende allacciate al pubblico acquedotto, per le quali i consumi
vengono rilevati dai contatori.
La conoscenza puntuale dei consumi idrici è invece necessaria per valutare possibili interventi di
miglioramento (risparmio e riuso dell’acqua), e per poter formulare un bilancio idrico di bacino.
Considerando che la direttiva 96/61/CE viene applicata su tutto il territorio della Unione Europea,
è importante considerare, per i consumi idrici, i consumi specifici relativi a chilogrammo e
tonnellata di prodotto finito poiché in questo modo è possibile effettuare comparazioni tra aziende
dello stesso comparto e fra aziende italiane ed estere, rispetto alle tecnologie disponibili. Ciò
renderà possibile prescrivere, in sede di rinnovo delle Autorizzazioni, l’adozione di tecnologie
diverse e ancor più appropriate che permettano un utilizzo più oculato dell’acqua.
E’ stato inoltre prescritta alle Aziende l’installazione di contatori anche sulle singole linee
produttive al fine di verificarne i consumi e poter in seguito, alla luce dei dati che emergeranno
dal monitoraggio, stabilire l’adozione di tecnologie diverse che nel frattempo possano essersi rese
disponibili.
Alle aziende ricadenti nelle zone soggette a subsidenza è stato richiesto di sostituire
l’approvvigionamento idrico da falda con quello da acque superficiali, compatibilmente con la
disponibilità delle stesse.
14

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
- tecniche di riutilizzo, ricircolo, riuso delle acque.
Le MTD prevedono diversi interventi per il possibile reimpiego dell’acqua in quanto per molte
aziende è possibile utilizzare un’acqua di qualità inferiore. Ad esempio negli impianti di
abbattimento delle emissioni in atmosfera, possono essere impiegate acque provenienti dai
depuratori delle acque reflue urbane, qualora la distanza dai depuratori lo permetta. In altri casi le
aziende impiegano acque provenienti dai pluviali per il lavaggio di superfici o pavimenti e per il
raffreddamento degli impianti.
Un aspetto molto delicato è rappresentato dal comparto dei macelli e mangimifici che impiegano
notevoli quantitativi di acqua che, ai sensi della normativa igienico-sanitaria, deve essere
potabile.
Ad esempio, un macello autorizzato impiega circa 1.200.000 mc. all’anno di acqua che sarebbe
opportuno poter riutilizzare.
Al fine del risparmio e del riuso delle acque, alle aziende ricadenti in detto comparto è stata
richiesta la predisposizione di studi specifici, atti al raggiungimento di tale obiettivo.
- sistemi di trattamento delle acque di prima pioggia.
La deliberazione della Giunta Regionale n. 286 del 15.3.2005 prevede che qualora l’acqua
meteorica vada a “lavare” anche in modo discontinuo un’area determinata destinata ad attività
commerciale o di produzione di beni nonché le relative pertinenze (piazzali, parcheggi)
trasportando con sé i residui, anche passivi, di tale attività, la stessa acqua perde la sua natura di
acqua meteorica per caratterizzarsi come acqua di scarico (prime piogge e/o reflue di
dilavamento).
La successiva deliberazione della Giunta Regionale n. 1860 del 18.12.2006 ha stabilito che
qualora sia presentato un “piano di gestione” delle aree impermeabili scoperte soggette al
deposito dei materiali, con il quale sia documentato che nel corso dello svolgimento delle normali
attività non possono derivare pericoli di contaminazione delle relative superfici scolanti tali da
provocare l’inquinamento delle acque di prima pioggia, dette superfici possono essere escluse
dalle disposizioni della direttiva 286/2005.
La scadenza indicata dalla normativa regionale suindicata per la presentazione delle richieste di
autorizzazione in tema di trattamento delle acque di prima pioggia, è coincisa temporalmente con
la scadenza per la presentazione delle domande di A.I.A..
Ciò ha permesso alle aziende di predisporre da subito i progetti contenenti l’adeguamento alla
normativa regionale.
Per svariate aziende (quali ad esempio i mangimifici e gli zincaturifici che sono caratterizzati
dalla presenza di ampie aree scoperte necessarie allo stoccaggio di prodotti finiti e/o materie
prime) si è reso necessario l’adeguamento alla normativa per le sole “prime piogge”, in pochi altri
casi l’adeguamento si è reso necessario in quanto in presenza di “reflui di dilavamento”.
15

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
In altri casi, mediante l’adozione di “piani di gestione”, le aziende non hanno dovuto
installare/adeguare impianti di trattamento, poiché i comportamenti dichiarati nei “piani di
gestione” stessi hanno configurato l’esclusione dall’applicazione della normativa.
Tali “piani di gestione” prevedono, generalmente, la pulizia quotidiana delle superfici
potenzialmente soggette al dilavamento e il mancato deposito di rifiuti all’esterno.
- scarichi idrici
Circa l’80% degli scarichi provenienti dalle aziende ricadenti nell’ambito di applicazione della
normativa I.P.P.C. sono collettati in pubblica fognatura. Le prescrizioni impartite al paragrafo
“scarichi idrici dell’AIA” sono riferite ai limiti imposti dal D.lgs 152/06 e ad ulteriori prescrizioni
del gestore della pubblica fognatura.
Solo in pochi casi le imprese hanno chiesto, ed ottenuto dal gestore, deroghe per i limiti di alcuni
parametri.
Poche aziende effettuano gli scarichi in acque superficiali; per tali aziende non sono stati imposti
limiti più restrittivi rispetto a quanto previsto dal D.Lgs. 152/2006, ma si è prescritta la
realizzazione di vasche di equalizzazione, il miglioramento dell’efficienza del sistema di ricircolo
delle acque e la verifica puntuale dell’efficienza del sistema depurativo tramite controlli in
ingresso ed uscita dagli impianti.
Nessuna delle aziende considerate effettua scarichi di “sostanze pericolose”.
16

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4.1.5.4.2 Aziende zootecniche in AIA. (categoria 6.6a, 6.6b, 6.6c)
Per quanto riguarda la Provincia di Forlì-Cesena il settore maggiormente interessato dall’applicazione
della normativa I.P.P.C. è quello delle aziende zootecniche.
Siamo infatti in presenza di 146 aziende che hanno presentato istanza di A.I.A. così suddivise per
tipologia di animali:
Polli........................66
Tacchini ................. 6
Pollastre ...............32
Ovaiole ................30
Suini ....................12
Totale ..................146
Le aziende di cui trattasi allevano:
Polli 8.700.000 per n. 4,5 cicli/anno = ...............39.150.000
Tacchini 457.000 n. 2 cicli/anno = ..........................914.000
Pollastre 3.000.000 n. 2 cicli/anno = ......................6.000.000
Ovaiole 2.800.000 n. 1 ciclo/anno = ......................2.800.000
Suini 60.000 n. 1 ciclo/anno = ...............................60.000
TOTALE .....................................................48.924.000
La produzione delle aziende ricadenti nella normativa I.P.P.C. rappresenta circa il 70% della produzione
avicola dell’intera provincia.
Il totale di capi allevati dalle aziende zootecniche assoggettate ad AIA produce circa 5.000.000 Kg. di
azoto all’anno e 628.000 metri cubi di effluenti all’anno.
Il terreno necessario per distribuire a scopo agronomico i 5.000.000 Kg. di azoto è stimato in:
Tabella 3.1 14.000 Ha in caso di spandimento in zone non vulnerabili da nitrati
Tabella 3.2 29.000 Ha in caso di spandimento in ZVN
Tabella 3.3 45.000 Ha in caso di spandimento con un carico medio di 110 Kg/Ha/anno, determinato sulla
base dell’assorbimento delle colture, così come risultante dai Piani di Utilizzazione Agronomica.
17

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Rispondenza alle B.A.T. da parte degli allevamenti
Anche per quanto riguarda le aziende zootecniche devono essere rispettate le B.A.T..
Nel territorio della provincia di Forlì-Cesena gli allevamenti di polli e tacchini esistenti dispongono già,
per la maggior parte, di tali tecnologie (abbeveratoi antispreco e gestione oculata della lettiera) sia per
motivi economici legati ad un minor consumo di acqua, sia per motivi sanitari legati alle minori patologie
polmonari in presenza di lettiera asciutta.
Anche nel caso degli allevamenti di galline ovaiole, gli stessi dispongono già delle B.A.T. in circa l’80%
dei casi in quanto, prima dell’emanazione della direttiva IPPC molti allevatori avevano sostituito quasi
integralmente le gabbie tradizionali con sistemi di ventilazione che consentono la produzione di pollina
palabile. Tali tecnologie ricadono nelle BAT e quindi non si sono resi necessari interventi strutturali
all’interno degli allevamenti.
Per quanto concerne l’allevamento di pollastre, circa il 50% è effettuato a terra su lettiera e ciò risponde ai
requisiti previsti dalle B.A.T..
La restante parte allevata in gabbia può essere rispondente alle B.A.T. qualora siano presenti sistemi di
essiccazione delle polline.
Per quanto riguarda gli allevamenti di riproduttori sia di polli sia di tacchini, si è prescritto agli allevatori,
ai fini dell’adeguamento alle B.A.T., la realizzazione di interventi quali l’installazione di adeguata
ventilazione posta sotto i grigliati posizionati sotto i posatoi.
Diversamente da quanto accade negli allevamenti avicoli i quali sono, per la maggior parte già adeguati,
per quanto riguarda il comparto suinicolo la situazione risulta peggiore.
Per le aziende del comparto suinicolo pertanto sono stati prescritti interventi di adeguamento alle B.A.T.
generalmente consistenti in:
– sistemi per ridurre le emissioni ammoniacali dai ricoveri;
– tecniche di spandimento conformi
– tecniche per la riduzione dei tenori proteici nei mangimi, al fine di ridurre la quantità di azoto
prodotta negli effluenti.
Di seguito vengono evidenziati gli aspetti e le prescrizioni principali relative alle risorse idriche, indicate
nelle A.I.A. rilasciate alle aziende zootecniche:
fasce tampone
La protezione delle acque superficiali e sotterranee prevede l’attivazione di una serie di misure
atte a prevenire o mitigare gli effetti dell’inquinamento da nitrati di origine agricola
Una di queste misure è costituita dalla realizzazione e dal mantenimento lungo le aste dei corsi
d’acqua (naturali o artificiali) di aree vegetate ad andamento parallelo alle zone ripariali, sulle
quali non vengano distribuiti fertilizzanti, le cosiddette “fasce tampone”.
18

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Le fasce tampone hanno lo scopo di intercettare le acque cariche di nutrienti azotati provenienti
dai campi limitrofi ai corsi d’acqua, filtrandone le particelle solide e attraverso le radici delle
piante di assorbire parte delle sostanze nutritive.
In tal modo è possibile ridurre l’apporto di potenziali inquinanti presenti nelle acque di
scorrimento superficiale nonché in quelle già infiltrate entro la profondità raggiunta
dall’apparato radicale delle piante presenti nelle fasce ripariali.
Le fasce tampone risultano particolarmente efficaci lungo i corsi d’acqua di ordine secondario
che raccolgono una frazione maggiore di acqua di ruscellamento rispetto alle aste principali. Le
fasce ripariali assolvono infine una funzione protettiva nei confronti della deriva delle
distribuzioni di fertilizzanti e fitofarmaci.
stoccaggi di reflui zootecnici:
Gli allevamenti suinicoli erano già dotati di sistemi di stoccaggio sulla base della L.R.50/95.
Parte degli allevamenti avicoli (in particolare galline ovaiole e pollastre) si sono dotati negli
ultimi anni di adeguate concimaie coperte evitando così l’esposizione dei reflui prodotti agli
eventi meteorologici con conseguente minore esigenza volumetrica e conseguendo la
possibilità di gestire i reflui nei periodi di divieto.
Si può affermare che relativamente allo stoccaggio circa il 90% degli allevamenti era già
adeguato alle B.A.T..
sistemi di raffrescamento (cooling) e barriera verde.
Negli allevamenti di polli a terra, tacchini e galline ovaiole sono installati sistemi per il
riscaldamento e il raffrescamento dell’aria interna al capannone in modo da mantenere una
temperatura costante durante tutto l’arco dell’anno. I sistemi di raffrescamento (cooling) sono
costituiti essenzialmente da pannelli nei quali viene fatta scorrere acqua che, evaporando,
abbassa la temperatura interna all’allevamento.
Il sistema di raffrescamento, fondamentale per il benessere animale e il conseguente
accrescimento, comporta un elevato consumo di energia e di acqua. Ad esempio,
nell’allevamento di polli a terra il consumo di acqua per il raffrescamento è circa tre volte il
consumo per l’abbeveraggio.
Pertanto, al fine di ridurre i consumi sopraccitati è stata prescritta (per circa il 90% degli
allevamenti) la piantumazione di apposita barriera verde la quale, oltre a creare una
schermatura visiva dell’allevamento, determina un effetto ombreggiante che, diminuendo di 4/5
gradi la temperatura interna, fa attivare meno frequentemente il raffrescamento.
installazione di contatori:
Anche per gli insediamenti zootecnici è stata prescritta l’installazione di appositi contatori per
monitorare il consumo idrico. Considerando che il consumo idrico legato all’abbeveraggio
19

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
degli animali è facilmente determinabile in quanto correlato al consumo di mangime, la
prescrizione dell’installazione dei contatori è stata inserita per verificare la funzionalità degli
abbeveratoi stessi, per l’individuazione di eventuali perdite nell’impianto idrico nonché per
verificare la gestione delle procedure di lavaggio degli allevamenti.
scarichi dei servizi igienici a servizio degli allevamenti:
Anche per gli scarichi dei servizi igienici annessi agli allevamenti zootecnici sono stati richiesti
gli interventi ai fini dell’adeguamento alla normativa vigente. La quasi totalità degli scarichi da
servizi igienici recapita in acque superficiali.
4.1.5.4.3 Considerazioni conclusive circa gli effetti derivati dall'attuazione della normativa IPPC.
L’applicazione della normativa I.P.P.C. nella realtà della provincia di Forlì Cesena, vista la complessità
della stessa, ha comportato notevoli problemi legati all’interpretazione della norma e soprattutto agli
interventi di adeguamento che le aziende devono porre in essere. La presente relazione illustra peraltro
solo la parte di disposizioni legate alle “risorse idriche” ma è necessario precisare che le aziende devono
rispettare ulteriori prescrizioni in merito alla gestione dei rifiuti, delle emissioni in atmosfera, degli
impatti acustici, ecc..
Le aziende non zootecniche, relativamente alle “risorse idriche” devono adeguare i propri
impianti/stabilimenti nell’ottica della nuova impostazione della direttiva I.P.P.C., vale a dire nell’ottica
della diminuzione dell’inquinamento e del risparmio e riutilizzo delle acque.
Si tratta di interventi consistenti sia in termini impiantistici sia economici che contribuiranno a migliorare,
nel breve/medio periodo, lo stato di qualità dei corpi idrici.
Per quanto riguarda le aziende zootecniche, il miglioramento sulla qualità ambientale si otterrà soprattutto
mediante l’applicazione del Piano d’Azione Nitrati (deliberazione assemblea legislativa della Regione
Emilia Romagna n. 96 del 2007), in quanto, come risulta dalla relazione, la maggior parte delle aziende
aveva già adottato le B.A.T..
Complessivamente, la previsione di miglioramento ambientale derivante dall’applicazione della
normativa I.P.P.C. è certamente positiva soprattutto nell’ottica dell’approccio integrato fra le diverse
matrici: acqua, aria, suolo, rifiuti.
In ogni caso, un “bilancio” effettivo dei miglioramenti potrà essere effettuato solo fra qualche anno, anche
se già nell’immediato, la sensibilizzazione nei confronti delle aziende che hanno preso atto degli impatti
generati dalla loro attività e conseguentemente si sono attivate per ridurli , rappresenta un elemento
positivo.
20

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4.1.6 Specifici programmi di miglioramento previsti ai fini del raggiungimento dei singoli
obiettivi di qualità per le acque a specifica destinazione
Ai sensi del D.Lgs. 152/06 la Regione, al fine di un costante miglioramento dell’ambiente idrico,
stabilisce dei programmi per mantenere, ovvero per adeguare, la qualità delle acque a specifica
destinazione all’obiettivo di qualità stabilito negli allegati alla parte terza del Decreto.
Per assolvere gli obblighi comunitari e assicurare una più ampia divulgazione delle informazioni sullo
stato della qualità delle acque, la Regione trasmette, su supporto informatico (vista la direttiva
91/692/CEE sulla standardizzazione e la razionalizzazione delle relazioni relative all’attuazione di talune
direttive concernenti l’ambiente, vista la decisione della Commissione europea 95/337/CEE che modifica
la decisione 92/446/CEE concernente questionari relativi alle direttive del settore “acqua”), all’Agenzia
per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici i dati conoscitivi, le informazioni e le relazioni
relative all’attuazione del decreto 152/99 nonché le misure di miglioramento se le acque non risultano
conformi alla designazione assegnata (D.M. del 18 settembre 2002).
La Regione Emilia-Romagna con la legge 3/99, agli artt. 116, 117 e 118, ha delegato alle Province il
rilevamento delle caratteristiche qualitative e quantitative dei corpi idrici al fine di poter prevedere,
qualora necessario, programmi di miglioramento per il raggiungimento degli obiettivi di qualità per
quanto riguarda le acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, le acque di
balneazione, le acque dolci idonee alla vita dei pesci e le acque destinate alla vita dei molluschi.
In Provincia di Forlì Cesena non si sono verificati episodi tali da dover prevedere specifici programmi.
4.1.7 Misure adottate per le aree sensibili, per le zone vulnerabili da nitrati di origine
agricole, per le zone vulnerabili da prodotti fitosanitari
Per preservare e/o migliorare dall’inquinamento le aree di cui all’art. 91 (“Aree sensibili”), art. 92 (“Zone
vulnerabili da nitrati di origine agricola”), art. 93 (“Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e zone
vulnerabili alla desertificazione”) e art. 94 (“…Aree di salvaguardia delle acque superficiali e
sotterranee destinate al consumo umano”) del decreto, devono essere individuate una serie di misure,
finalizzate al miglioramento delle acque da applicare, in termini di scenario, all'orizzonte temporale del
2015.
Le azioni previste dalla Regione per la prevenzione e riduzione dell’inquinamento nelle zone vulnerabili
da nitrati di origine agricola e per la salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al
consumo umano, sono indicate nelle Norme del Piano.
Invece, per quanto riguarda le Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari, la Regione ad oggi non ha
individuato nessuna area vulnerabile ma ha effettuato una prima indagine conoscitiva con l’obiettivo di
determinare i principali prodotti fitosanitari, che potenzialmente possono contaminare la risorsa idrica in
quelle porzioni di territorio dove possono essere presenti situazioni compromettenti delle acque
sotterranee.
21

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4.1.8 Misure adottate ai sensi del Titolo III Capo II del D.Lgs 152/06 “Tutela quantitativa
della risorsa e risparmio idrico”
4.1.8.1 Previsione della domanda idrica e dei prelievi di acque superficiali e sotterranee al 2015
in relazione alle tendenze evolutive attuali e alle misure di razionalizzazione, risparmio e
utilizzo
Di seguito sono sinteticamente illustrate, per i settori civile, industriale e irriguo, le possibili evoluzioni
dei fabbisogni idrici e dei relativi prelievi di acque superficiali e sotterranee, sulla base delle attuali
tendenze evolutive della domanda sia in assenza di specifiche politiche di intervento sia in presenza di
misure di razionalizzazione, risparmio e riutilizzo della risorsa idrica. In relazione alla modesta entità
degli usi connessi alla zootecnia, inferiori di almeno un ordine di grandezza rispetto agli altri settori, non
vengono formulate ipotesi circa la loro evoluzione temporale risultando comunque plausibili, a livello
regionale, modesti decrementi. Il bilancio attuale e di previsione è valutato, nel settore irriguo, con
riferimento alle necessità dell'anno medio.
Per gli usi industriali si premette che si è tenuto in considerazione il solo settore manifatturiero (Sezione
D della classificazione ISTAT delle attività economiche) escludendo quindi dalla trattazione i comparti
estrattivi, delle costruzioni, nonché della produzione e distribuzione di gas, vapore, energia e acqua.
Per quanto riguarda gli eventuali effetti sulla domanda idrica indotti da possibili mutamenti climatici in
atto, si osserva che l'entità di tali mutamenti (e secondo alcuni studi anche l'esistenza degli stessi) è tuttora
oggetto di discussione, non essendoci previsioni sufficientemente consolidate, soprattutto per quanto
attiene le precipitazioni a scale territoriali "locali" rispetto alla scala mondiale; si veda al riguardo la
sintesi dei lavori e degli studi prodotti dall'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) e da altri
enti e istituti di ricerca condotta nel documento “Cambiamenti climatici e pianificazione idrica” del
Servizio Protezione e Risanamento della Risorsa Acqua della Regione Emilia-Romagna.
Con riferimento alla domanda acquedottistica civile, l'analisi delle possibili maggiori richieste all'utenza
conseguenti ad un modesto aumento della temperatura media (0,5 °C al 2016), legate essenzialmente ad
un incremento degli usi igienici, appaiono comunque molto ridotte (circa 2 Mm 3 /anno) e dell'ordine o
inferiori al grado di precisione delle stime prodotte.
Per quanto riguarda il settore industriale si ritengono in ogni caso trascurabili gli effetti indotti da
possibili cambiamenti climatici.
Per il settore irriguo, si osserva che la stagione irrigua coincide sostanzialmente con la stagione estiva e la
disponibilità d’acqua dipende da molti fattori, ad es. dalle precipitazioni, dalla temperatura, dalla
copertura nuvolosa, dal vento e, a parità di colture, dalle lavorazioni idraulico-agrarie etc. Le incertezze
su tutti questi fattori e sulla risposta delle piante ad un aumento della CO 2 (aumento nell’efficienza
dell’uso dell’acqua e quindi minore evapotraspirazione) sono considerate troppo rilevanti e rendono
impossibile una stima della loro influenza sulle previsioni della domanda futura, soprattutto in carenza di
22

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
modelli regionali affidabili. D’altra parte anche un documento ENEA indica un aumento di
evapotraspirazione solo per il centro sud.
In Emilia-Romagna peraltro, nel periodo estivo, l’ultima tendenza segnalata, seppure debole, è un
aumento delle precipitazioni; per il nord Italia lo studio più recente citato nel documento “Cambiamenti
climatici e pianificazione idrica” le indica come praticamente stabili. Si ritiene quindi, come per la
domanda industriale, e tenendo conto del breve periodo, più opportuno ipotizzare una situazione neutrale,
nell’attesa di disporre di modellistica nazionale (modelli regionali affidabili).
Analogamente al documento dell'Agenzia inglese per l’ambiente, che considera un periodo temporale ben
maggiore, la nostra strategia in termini di disponibilità d’acqua assume che per i prossimi 12 anni i
sistemi pubblici conserveranno la loro attuale fornitura, basata sulla media dell’ultimo decennio, che
come rilevato, è stato siccitoso.
4.1.8.1.1 Settore civile
Le valutazioni circa la prevedibile domanda idrica alle utenze, con riferimento all'orizzonte temporale
2016, sono state condotte sulla base dell'evoluzione della popolazione residente, indicata dal Servizio
Controllo di Gestione e Sistemi Statistici della Regione Emilia-Romagna.
La media regionale dei valori stimati per i singoli comuni (anche in base alle attuali dotazioni) conduce
ad una valutazione , a livello medio, in assenza di interventi, pari 257 l/residente/giorno le dotazioni al
2016, mentre in presenza di misure di razionalizzazione e risparmio si potrebbe raggiungere una
apprezzabile riduzione degli usi domestici e assimilabili; nel totale, a livello regionale, viene stimata una
dotazione idrica media di 220 l/residente/giorno al 2016 (valori comprensivi degli usi extradomestici
relativi alle utenze produttive, del commercio, dei servizi, turistiche, ecc), a fronte di una dotazione
procapite media attuale di 250 l/residente/giorno. Per i soli usi domestici si prevede di raggiungere
dotazioni di 150 l/residente/giorno al 2016 contro i 170 l/residente/giorno, valore attuale stimato (valori
medi regionali).
La popolazione residente in provincia di Forlì – Cesena (dato 2000) è di 356.600 individui: al 2016 se ne
prevedono circa 373.200.
Sulla base della domanda idrica all'utenza e di previsioni circa l'efficienza delle reti di adduzione e
distribuzione, tenendo in considerazione i maggiori interventi infrastrutturali indicati dalle diverse
aziende acquedottistiche, si sono quindi valutati i possibili prelievi di acque superficiali e sotterranee; si è
inoltre ritenuta plausibile una sostanziale riduzione dei prelievi autonomi o relativi a piccoli acquedotti
rurali (eccetto che negli areali montani). Con riferimento alle perdite si evidenzia che a scala regionale è
stata stimata un’efficienza complessiva delle reti dell’82% al 2016, mentre in assenza di politiche di
intervento i miglioramenti rispetto ai rendimenti attuali (74%) sono valutati più modesti (80% al 2016).
Al riguardo si osserva che il DPCM 04/03/1996 indica nel 20% i valori tecnicamente accettabili delle
perdite nelle reti di adduzione e distribuzione (tali valori sono quindi al netto dei volumi relativi ad usi
tecnici che tuttavia devono essere opportunamente contabilizzati e contenuti a livelli minimali). Dai dati
23

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
elaborati a scala regionale, la provincia di Forlì – Cesena è già allo stato attuale in linea con il DPCM
04/03/1996.
I prelievi di acque superficiali e di falda prevedibili al 2016 presentano un’apprezzabile incremento per la
popolazione solo in parte mitigato, per quanto attiene i fabbisogni alla fonte e ai prelievi, dal
miglioramento dell'efficienza in adduzione e distribuzione.
Gli obiettivi delle misure di razionalizzazione e risparmio della risorsa idrica per il settore civile
riguardano il contenimento dei consumi all'utenza, il miglioramento dell'efficienza delle reti di adduzione
e di distribuzione, nonché la razionalizzazione dei prelievi, con particolare riferimento alla necessità di
ridurre gli emungimenti dalle falde.
I fabbisogni all'utenza sono comprensivi dei quantitativi relativi agli approvvigionamenti autonomi, ai
piccoli acquedotti rurali e agli acquedotti industriali.
24

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Tabella 1 - Previsioni di bilancio idrico dell’acquedottistica civile con e senza interventi di razionalizzazione e risparmio nella provincia di Forlì – Cesena
2000 2008 2016
Fabbisogno Fabbisogno Prelievi a. Prelievi a. Fabbisogno Fabbisogno Prelievi a. Prelievi a. Maggiori Fabbisogn Fabbisogno Prelievi a. Prelievi a. Maggiori
all'utenza alla fonte superficiali sotterranee all'utenza alla fonte superficiali sotterranee disponibilità
superficiali
o all'utenza alla fonte superficiali sotterranee disponibilità
superficiali
Mmc/a Mmc/a Mmc/a Mmc/a Mmc/a Mmc/a Mmc/a Mmc/a Mmc/a Mmc/a Mmc/a Mmc/a Mmc/a Mmc/a
SENZA
28,3 33,8 60 7,6 29,7 35,4 60 9,3 0 30,8 36,6 62 8,4 2
INTERVENTI
CON
28,3 33,8 60 7,6 27,9 32,9 60 6,8 0 27,1 31,8 61,9 3,7 2
INTERVENTI
DIFFERENZA 0 0 0 -0,2 -2,5 0 -2,5 -3,7 -4,8 -0,1 -4,7
25

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Il trend in aumento dei prelievi da acque superficiali per la Provincia di Forlì – Cesena potrà essere
conseguente all’utilizzo di acque del CER.
A livello provinciale la somma dei prelievi di acque superficiali e di falda non coincide con i fabbisogni
alla fonte (consumi alle utenze al lordo delle perdite in distribuzione) in relazione all'Acquedotto della
Romagna. Le maggiori disponibilità pari a 2 Mmc/a sono indicati in funzione del futuro acquedotto dal
Savio. Questo intervento di potabilizzazione in realtà non è attualmente in fase di realizzazione e quindi
questo valore sarà da attribuire molto probabilmente alle acque sotterranee.
26

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Tabella 2– Misure di risparmio per il settore civile indicate al PTA regionale
Misura Promotore della misura Attuatore o "bersaglio" della
Finalità della misura
Risultati attesi
misura
A Piani di Conservazione della Risorsa Regione, Autorità d’Ambito Gestori servizio idrico, utenze Costituire un quadro di riferimento per le diverse azioni e interventi finalizzati alla
civili, commerciali, produttive razionalizzazione e al risparmio
B Installazione di contatori per ogni singola utenza Regione, Autorità d'Ambito Gestori servizio idrico Sensibilizzazione al consumo e possibilità di Ridurre i consumi domestici,
tariffazione degli effettivi usi relativi alle raggiungendo a livello medio regionale,
singole utenze
una dotazione di 160 l/residente/giorno
C Installazione dei dispositivi tecnologici di risparmio più Regione, Province, Comuni, Enti Utenze pubbliche, civili, Realizzare apprezzabili risparmi idrici e al 2008 e 150 l/residente giorno al 2016;
"elementari" quali frangigetto e riduttori di flusso, WC a
commerciali e assimilabili sensibilizzare gli utenti
conseguire risparmi paragonabili per gli
pubblici
flusso ridotto, etc.
usi extradomestici assimilabili
D
E
F
G
H
I
Promozione di applicazioni sperimentali tecnologicamente
più "spinte" finalizzate al risparmio civile domestico o
assimilabile
Regione, Province, Comuni, Enti
pubblici
Politica tariffaria premiante il risparmio idrico, con tariffe Autorità d'Ambito
progressivamente superiori per consumi maggiori
Campagne di sensibilizzazione e informazione circa Regione, Province, Comuni, Autorità
l'importanza del risparmio idrico, gli accorgimenti d'Ambito, ARPA, Gestori servizio
tecnologici disponibili e i comportamenti adottabili, nonché idrico, altri Enti e Associazioni
gli aspetti economici relativi alla politica tariffaria adottata
Programmi di ricerca perdite che interessino annualmente
almeno il 15-30% della rete, con un valore critico al di
sotto del 6%
Contenere, entro il 2016, la percentuale di tubazioni in
esercizio da oltre 50 anni a non più del 10%, con un
valore critico del 30%
Raggiungere, entro il 2016, a livello di sistema
acquedottistico, una capacità di compenso e riserva dei
serbatoi pari almeno al 50% dei volumi medi giornalieri
distribuiti, con un valore critico del 20%. Con particolare
riferimento agli areali montano - collinari (ma anche per
alcuni sistemi acquedottistici della pianura), miglioramento
del grado di interconnessione delle reti
Gestori servizio idrico, utenze
civili
Utenze civili, commerciali,
produttive, ecc
Utenze civili, commerciali,
produttive, ecc
Testare applicativamente le possibilità di
risparmio e i relativi aspetti economici,
valutando l'effettiva opportunità di
estensione generalizzata alle utenze di
interventi maggiormente impegnativi
Incentivare economicamente il risparmio
idrico
Motivare e informare le utenze circa le
possibilità di risparmio e i relativi riscontri,
anche economici e incentivarle ad adottare
almeno i dispositivi tecnologici più
elementari
Autorità d'Ambito Gestori servizio idrico Ridurre le perdite in adduzione e in
distribuzione. In particolare raggiungere,
Autorità d'Ambito
Gestori servizio idrico
entro il 2016, perdite unitarie di
2.0 m 3 /m/anno per i sistemi acquedottistici a
servizio dei centri provinciali e
3.5 m 3 /m/anno per i restanti.
Autorità d'Ambito Gestori servizio idrico Razionalizzare i prelievi, migliorare
l’affidabilità del servizio
Conseguire al 2016, a livello di ATO
(provincia), una efficienza minima in
adduzione e distribuzione dell'80%, con
un valore medio regionale dell'82%
27

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
I risultati attesi delle azioni di risparmio comportano in particolare una riduzione delle dotazioni procapite
e un maggiore incremento dell’efficienza delle reti di adduzione e distribuzione rispetto alla situazione a
politiche invariate.
Il primo punto delle azioni individuate nella tabella che precede sono i Piani di conservazione della
Risorsa che devono essere predisposti da parte dell’Agenzia di Ambito per i Servizi Pubblici, ai sensi del
cap. 2 “Misure per il risparmio idrico” delle NTA del PTA Regionale artt. 62, 63 e 64.
Elementi del piano di conservazione della risorsa approvato da A.T.O.
L’Agenzia di Ambito Territoriale n. 8 Forlì-Cesena, ha approvato il Piano di Conservazione della
Risorsa, dal quale emergono dati importanti che si riportano di seguito:
B) VALUTAZIONE DELLE PERDITE
Partendo dalla scheda di rilevazione del bilancio idrico ai sensi del D.M. 99/97, effettuata da HERA
Forlì-Cesena, per quanto riguarda la valutazione delle perdite, emerge che le perdite totali di
distribuzione si attestano al 17,4% rispetto ad una media regionale nel triennio 1998-2000 del 20,6%.
Il dato relativo alle sole perdite reali di distribuzione si attesta al 14,4% contro una media regionale di
17,3%.
Il DPCM 4.3.1996 “Disposizioni in materia di risorse idriche” ritiene tecnicamente accettabili perdite
nelle reti di distribuzione non superiore al 20%. Effettuando il conteggio, considerando anche le
perdite negli impianti di trattamento, il valore si attesta al 19,1%.
Non essendo possibile però distinguere tra perdite di adduzione e al trattamento si ritiene corretto
riferirsi alle sole perdite nella rete di distribuzione, pari al 17,4%.
In ogni caso, qualsiasi indice si consideri, il livello di perdita è inferiore ai limiti indicati dalle autorità
competenti.
L’indice lineare delle perdite totali si attesta sul valore di 1,81 m 3 /m mentre l’indice lineare delle
perdite di distribuzione si attesta su 1,50m 3 /m.
L’indice lineare delle perdite totali risulta inferiore alla media regionale di 2,66 m 3 /m e inferiore sia al
valore di riferimento a regime indicato nel documento “Indirizzi e linee guida per la prima attivazione
del Servizio Idrico Integrato” pari a 2 m 3 /m sia al valore critico di soglia, pari a 3,5 m 3 /m.
B) OBIETTIVI DEL PIANO RICERCA E RIDUZIONE DELLE PERDITE
Gli obiettivi del Piano Ricerca e Riduzione delle Perdite (PRRP) sono stati definiti secondo le
indicazioni contenute nel PTA, nella Convenzione del Servizio Idrico Integrato, seguendo la strategia
proposta dall’I.W.A. (International Water Association) e porta ai seguenti obiettivi di riduzione
dell’acqua non fatturata:
28

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
HERA
Forlì-Cesena
Acqua non fatturata
2004 2005 2006 2007 2008 2009
18.5% 18.0% 17.0% 16.0% 15.5% 15%
C) TENDENZA EVOLUTIVA DELLA DOMANDA
Il Piano di Conservazione della Risorsa prende in esame la tendenza evolutiva della domanda
considerando le previsioni riguardo l’incremento/decremento della popolazione, la tendenza evolutiva
del turismo e della produzione manifatturiera, la tendenza evolutiva dei consumi alle utenze nonchè
dei volumi di approvvigionamento.
In sintesi, il Piano di Conservazione della Risorsa, rispetto alla situazione al 2005 all’orizzonte di
piano (2016) prevede, in relazione alle tendenze in atto, un incremento dei consumi di 3 Mm 3 /anno;
il minore incremento percentuale degli immessi in rete rispetto all’aumento dei consumi alle utenze
previsto, è connesso al previsto apprezzabile efficientamento delle reti di adduzione e distribuzione
anche in assenza di specifiche politiche di conservazione, che permetterebbe di contenere, in parte,
l’effetto dell’incremento dei consumi alle utenze.
D) ANALISI DEI LIVELLI DI PRELIEVO SOSTENIBILI
D1 – Situazione del Servizio Idrico Integrato
Il servizio viene svolto nei 30 comuni della provincia di Forlì Cesena.
In seguito all’acquisizione della gestione del servizio acquedotto nei comuni di Bagno di
Romagna, Verghereto, Modigliana e Tredozio, si ritiene che la popolazione servita sia passata
dal 94% al 97,5%.
Gli abitanti residenti serviti nel territorio della provincia di Forlì Cesena hanno registrato, dal
2005 al 2006, un incremento dello 0,88%. La popolazione non residente/fluttuante è valutabile
complessivamente in 32.528 unità.
2005 2006
Comuni serviti nell’Ambito 30 30
Superficie territoriale Ambito 2377 kmq 2377 kmq
Utenti servizio acquedotto 161.156 162.678
Utenti servizio fognatura-depurazione 132.441 139.595
- di cui utenti produttivi 285 314
Copertura servizio fognatura - 82,18% 85,81%
depurazione
Abitanti residenti 374.709 377.993
Abitanti non residenti 16.873 16.873
Abitanti fluttuanti (media annua) 15.655 15.655
ABITANTI TOTALI 407.237 410.521
29

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Dinamica della produzione idrica
Complessivamente il volume immesso nel 2006 in rete ammonta a mc. 33.700.868 prelevati in
misura maggiore da falda rispetto all’anno precedente in relazione al periodo siccitoso iniziato
dopo l’estate 2006, che ha ridotto le disponibilità idriche dell’invaso di Ridracoli.
Il volume acquistato all’ingrosso riguarda il seguente fornitore: Romagna Acque Società delle
Fonti S.p.A.
La tabella di seguito riportata sintetizza i dati relativi alla dinamica della produzione idrica del
territorio.
prelievo da acque
2005 % rispetto al
totale
immesso in
2006 % rispetto al
totale
immesso in
Variazione %
rispetto all’anno
precedente
rete 2005
rete 2006
Mc 2.280.878 6,87% 2.396.093 7,11% +5,05%
superficiali
prelievo da sorgenti Mc 1.812.461 5,46% 1.748.545 5,19% -3,53%
prelievo da falda Mc 5.258.752 15,83% 7.116.584 21,12% +35,33%
acqua acquistata all’ingrosso Mc 23.871.288 71,85% 22.439.646 66,58% -6,0%
TOTALE IMMESSO IN Mc 33.223.379 100% 33.700.868 100% +1,44%
RETE
di cui per usi domestici Mc 23.754.516 24.708.560 +4,02%
di cui per usi extradomestici Mc 9.468.863 8.992.308 -5,03%
Livello della Dotazione idrica
Il volume immesso in rete è aumentato nel 2006 del 1,44% rispetto al 2005. A fronte di tale
incremento si è registrato un consumo pro capite pari a 225 l/ab/g, con un incremento rispetto al
2005 di solo lo 0,63%. I dati sono sintetizzati nella tabella che segue.
2005 2006
Utenti Totali (nr.) 161.156 162.678
Volume immesso in rete per utente ( dom. + extrad.) 206,16 207,16
(mc.)
Abitanti totali (residenti, non residenti fluttuanti) 407.237 410.521
Volume immesso in rete per abitante (mc anno) 81,58 82,09
Volume immesso in rete per abitante (l/ab/gg) 223,51 224,91
Volume immesso in rete per usi domestici (l/ab/gg) 166,20 171,44
D2 – Bilancio del Servizio
Il volume fatturato per il servizio acquedotto è stato pari a mc. 28.381.129 con uno scostamento
rispetto alle previsioni di piano di +2,1%
30

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
I volumi fatturati per fognatura sono stati di mc 23.396.952 (di cui 21.794.449 civili e 1.602.503
produttivi)
I volumi fatturati depurazione sono stati di mc. 23.401.560 (di cui 21.802.282 civili e 1.599.278
produttivi).
Perdite idriche
Le perdite totali, fisiche ed amministrative, ammontano a mc 5.319.739 cui corrisponderebbe una
perdita del 15,8%. Tuttavia, tenendo conto delle rettifiche di fatturazione, relative ad anni
precedenti, il volume di perdite di competenza effettiva del 2006 ammonta a mc. 5.893.180 che
rappresentano il 17,5% rispetto al volume immesso in rete.
Esse sono diminuite di 1,9 punti percentuali rispetto all’anno precedente in virtù delle azioni di
ricerca perdite sotto descritte.
2005 2006
Volume immesso in rete mc. 33.223.379 33.700.868
Volume fatturato mc. 26.208.476 28.381.129
Perdite totali mc. 7.014.903 5.319.739
Km rete 3840 3937
Perdite a metro lineare mc./m 1,83 1,35
Piano di ricerca e riduzione delle perdite
Durante il 2006 sono stati fatti ulteriori progressi nell’attività di modellazione della rete idrica
iniziata nel 2005: sono stati tarati i modelli, in modo gradualmente vario, delle reti per i centri e la
pianura e per le reti minori delle vallate, compresi i comuni di Bagno di Romagna e Verghereto.
Questo studio in particolare ha permesso di delineare una proposta di razionalizzazione delle
strutture atta a migliorare gli aspetti qualitativi del servizio per i territori acquisiti con
l’affidamento del SII.
E) DEFINIZIONE DEL PROGRAMMA DI MISURE
Vengono indicate le misure di conservazione ritenute proponibili, raggruppate per le tre direttrici
principali: contenimento dei consumi alle utenze, efficientamento delle reti e degli impianti,
razionalizzazione degli usi e dei prelievi.
E1 - Misure finalizzate a contenere i consumi alle utenze
1- misurazione di tutti i consumi alle utenze e computazione di tutti gli autoconsumi;
2- realizzazione di campagne di informazione sulle tematiche del risparmio idrico e della
conservazione;
3- bollettazioni contenenti un prospetto informativo sui consumi e orientate a motivare le
utenze al risparmio idrico;
31

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4- distribuzione di kit retrofit alle utenze civili;
5- introduzione di una articolazione tariffaria orientata al risparmio;
6- realizzazione di audit per le utenze civili a maggiore consumo procapite;
7- realizzazione di audit per le utenze istituzionali, commerciali, dei servizi, caratterizzate
dai maggiori consumi;
8- realizzazione di audit per le utenze e gli usi irriguidi maggiore rilievo (giardini, orti
domestici, verde pubblico, ecc. e non ad utenze irrigue agricole);
9- promozione di nuove tecnologie per il settore civile e gli usi assimilabili;
10- promozione di nuove tecnologie per il settore produttivo;
E2 - Misure finalizzate a migliorare l’efficienza dei sistemi acquedottistici
11- misurazione di tutti i prelievi significativi dalle fonti di approvvigionamento
12- audit dei sistemi acquedottistici
13- adeguamento delle caratteristiche infrastrutturali: interconnessioni e capacità di accumulo
e compenso;
14- implementazione di programmi di ricerca e gestione delle perdite: ricerca attiva delle
dispersioni e rotture occulte, gestione delle pressioni di esercizio, programma di gestione e
riabilitazione delle reti e degli allacci;
15- implementazione di un programma di gestione dei misuratori di flusso al prelievo e
interni al sistema;
16- implementazione di un programma di gestione e manutenzione dei contatori all’utenza;
17- analisi dell’efficienza nella produzione e trattamento ed eventuale miglioramento dei
processi;
18- implementazione di un sistema avanzato di monitoraggio con la tele lettura in campo
reale dei consumi alle utenze e di tutti i flussi di interesse;
E3 - Misure finalizzate a razionalizzare gli usi e i prelievi della risorsa idrica
19- riallocazione dei prelievi sulla base dell’analisi dei livello di prelievo sostenibili;
20- programma di riuso dei reflui depurati;
21- realizzazione di reti duali per usi non domestici;
22- recepimento degli obiettivi del PCR nei regolamenti edilizi:
w. riduzione del consumo di acqua potabile;
x. recupero, per usi compatibili, delle acque meteoriche;
y. recupero, per usi compatibili, delle acque grigie.
32

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4.1.8.1.2 Settore industriale
Le stime dei consumi idrici attuali sono state condotte attraverso una metodologia basata sulla definizione
di dotazione idrica per addetto per le diverse tipologie di attività produttive e sull'applicazione di tali
valori al database occupazionale CERVED. Molto sinteticamente, si sono definite dotazioni idriche per
addetto per tutte le divisioni, i gruppi e le classi di attività produttive; il grado di dettaglio, è connesso sia
alla significatività e alla differenziazione delle singole attività in termini di fabbisogni idrici, che alla
disponibilità di dati e informazioni. Si è quindi potuto stimare, sulla base del numero di addetti e della
codifica dell'attività produttiva indicati nel database CERVED, il fabbisogno per ognuna delle aziende
manifatturiere censite e quindi, in relazione alle informazioni note ed a ipotesi circa gli
approvvigionamenti derivanti all'acquedottistica civile, attribuire la fonte di prelievo. Si evidenzia che,
per un considerevole numero di imprese, sono disponibili dati documentati di prelievo (complessivamente
pari al 45% dei fabbisogni complessivi regionali).
Le previsioni circa la domanda idrica e i relativi prelievi di acque superficiali e di falda al 2016 sono
state effettuate nel PTA sulla base dei valori attuali e di valutazioni riguardanti l'evoluzione dei volumi
produttivi (in positivo, fonte Unioncamere), del numero di addetti e dei possibili consumi specifici per
unità di prodotto, ipotizzando al riguardo che, anche in assenza di specifiche politiche di intervento, sia
plausibile un miglioramento dell'efficienza degli usi idrici nei processi industriali (il confronto tra valori
attuali e “storici” di consumi specifici mostra infatti una generale tendenza alla diminuzione). I consumi
specifici di riferimento in applicazione delle BAT (Best Available Techniques) sono stati applicati alle
sole imprese che ricadono nell’ambito di applicazione della normativa IPPC per il rilascio
dell’Autorizzazione Integrata Ambientale. Per le altre imprese è stato adottato un plausibile decremento di
consumo secondo azioni in linea con gli orientamenti del PTA.
I consumi previsti in presenza ed in assenza di politiche ed azioni di risparmio sono elencati in Tabella 3.
Si nota che, in linea con la tendenza attuale, anche in assenza di interventi si prevede comunque il
decremento dei prelievi da acque sotterranee conseguente ad un miglioramento dell'efficienza
dell’impiego nei processi industriali che risulta già in atto. La maggiore disponibilità pari a 3.5 Mm 3 /a è
connessa ai maggiori interventi infrastrutturali previsti, in particolare alla realizzazione di un acquedotto
industriale che utilizza le acque del Canale Emiliano Romagnolo.
33

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Tabella 3 - Fabbisogni idrici e prelievi (Mm 3 /anno) connessi agli usi industriali al 2008 e al 2016 in assenza e in presenza di politiche di risparmio
2000 2008 2016
Fabbisogno Prelievi a.
superficiali
Prelievi a.
sotterranee
Da
acquedotto
Fabbisogno Prelievi a.
superficiali
Prelievi a.
sotterranee
Da
acquedotto
Fabbisogno Prelievi a.
superficiali
Prelievi a.
sotterranee
Da
acquedotto
Maggiori
disponibilità
superficiali
Mmc/a Mmc/a Mmc/a Mmc/a Mmc/a Mmc/a Mmc/a Mmc/a Mmc/a Mmc/a Mmc/a Mmc/a Mmc/a
SENZA
16 205 9,6 3,9 16,2 2,6 9,4 4,2 16,5 6,1 5,8 4,6 3,5
INTERVENTI
CON
16 2,5 9,6 3,9 14,5 2,3 8,2 4 13,3 5,5 3,5 4,2 3,5
INTERVENTI
DIFFERENZA 0 0 0 -1,7 -0,3 -1,2 -0,2 -3,2 -0,6 -2,3 -0,4
34

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
tabella 4 - Misure di risparmio per il settore industriale
Misura Promotore della misura Attuatore o "bersaglio" della
misura
Finalità della misura
A Obbligo della misurazione di tutti i prelievi dalle falde o dalle Regione, Province Utenze produttive Sensibilizzazione all'entità del consumo e possibilità
acque superficiali
futura di tariffazione degli usi
B Applicazione di canoni annuali commisurati ai livelli di Regione, Province Utenze produttive Incentivazione economica al risparmio idrico
consumo e, possibilmente, all'efficienza dell'uso dell'acqua
nei processi produttivi
C Incentivazioni, di tipo economico (finanziamenti agevolati, Regione, Province, Autorità Province, Autorità d'Ambito, Gestori Incentivare le utenze produttive ad adottare politiche
sgravi fiscali, contributi alle spese di ristrutturazione degli d'Ambito, ARPA
servizio idrico, ARPA, associazioni di ambientali con conseguenti risparmi idrici
impianti, canoni ridotti sui consumi idrici), amministrativo
categoria, altri enti e associazioni
(semplificazione nelle procedure burocratiche di
autorizzazione, minore rigidità nei controlli, etc.), o anche di
"immagine" (campagne di promozione delle aziende
"virtuose"), all'adozione di politiche ambientali e, in
particolare, all'implementazione di sistemi di gestione
ambientale, quali certificazioni ISO 14000, EMAS, di prodotto
D Analizzare la fattibilità di realizzare acquedotti industriali o Autorità d'Ambito Gestori servizio idrico Alleviare situazioni locali di stress idrico, ridurre i
potenziare quelli esistenti, valutando in particolare la
prelievi dalle falde
possibilità di approvvigionamento con acque superficiali
Risultati attesi
Ridurre i fabbisogni industriali, a livello
regionale e rispetto alle tendenze
evolutive attuali, del 10% al 2008 e del
19% al 2016
35

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Per quanto riguarda le misure di risparmio per il settore industriale il presente Piano prevederà, ai sensi
dell’art. 65 delle NTA, oltre all’obbligo di misurazione dei prelievi dalle falde e dalle acque superficiali,
che i Comuni si dotino di disposizioni normative inserite negli strumenti urbanistici che, ove possibile,
subordinino le nuove espansioni produttive o le ristrutturazioni di quelli esistenti, alla realizzazione di reti
duali di adduzione ai fini dell’utilizzo di acque meno pregiate e/o all’introduzione di tecnologie per la
riduzione dei consumi idrici.
Sarà inoltre importante definire, per gli emungimenti dalle falde, canoni differenziati che incentivino
l’efficienza dell’uso dell’acqua nei processi produttivi.
4.1.8.1.3 Settore irriguo
Le elaborazioni e le proiezioni (valori attuali, stima dei consumi alle utenze e dei prelievi alla fonte)
effettuate nel PTA regionale in questo settore, sono state ottenute attraverso stime di particolare
complessità, dovuta al peso dell’agricoltura nella gerarchia dei volumi prelevati.
La metodologia adottata prende in considerazione:
1. l'evoluzione delle superfici irrigate (proporzionale alla variazione delle superfici coltivate);
2. gli areali irrigui approvvigionabili dai consorzi, considerati anche i principali interventi
infrastrutturali;
3. le caratteristiche meteoclimatiche;
4. le caratteristiche dei suoli;
5. l’evoluzione delle tecniche irrigue utilizzate;
6. l'efficienza delle reti di adduzione e di distribuzione;
7. l’applicazione del DMV idrologico.
Per la stima sono stati considerati anche i principali interventi infrastrutturali indicati dai consorzi e non
vengono considerati gli effetti connessi all'applicazione dei DMV.
La stima di evoluzione della SAU in assenza di ulteriori opere infrastrutturali ed in costanza di politica
agraria comunitaria tende mediamente a -2% al 2016. La SAU irrigata, che forse calerebbe
proporzionalmente, per effetto delle opere di distribuzione programmate dai Consorzi di bonifica è invece
prevedibilmente in crescita al 2016 (Tabella 5), e si realizzano interessanti opportunità per la riduzione
degli ettari irrigati da pozzi laddove siano raggiunti da infrastrutture irrigue.
36

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Tabella 5 - Stima delle superfici provinciali irrigate (in ha) al 2008 e 2016 in assenza e in presenza degli
interventi infrastrutturali programmati dai consorzi
Provincia FC Al 2000 Al 2008 Al 2016
Senza
interventi
Con interventi
infrastrutturali
Decremento
superficie
Senza
interventi
infrastrutturali
irrigata da pozzi infrastrutturali
Con
interventi
infrastruttur
ali
Decremento
superficie irrigata
da pozzi
SAU irrigata
10.070 9.775 11.673 1420 9.524 13.397 - 3.000
(ha)
Se si conferma la tendenza attuale, le future modalità di irrigazione delle colture sono prevedibilmente
quelle di Tabella 6.
Tabella 6- Previsione sull’incidenza provinciale, al 2008 e 2016, delle diverse tecniche, sulla base delle
tendenze dell’ultimo ventennio
2000 2008 2016
a pioggia 61% 53% 45%
sommersione 0% 0% 0%
scorrimento / infiltrazione laterale 5% 3% 1%
a goccia e microirrig. 34% 44% 53%
Dal dato di SAU e modalità irrigue sembra che sia in assenza sia in presenza di interventi infrastrutturali
e di politiche di risparmio, i consumi idrici tendano ad aumentare sensibilmente (tabella 7).
37

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Tabella 7 - Elementi relativi al settore irriguo a livello provinciale al 2000, 2008 e 2016 sulla base delle
tendenze evolutive attuali e considerando anche le azioni di indirizzo regionali
2000
2008
senza*
interventi
2008
con
inter.
2016
senza*
interventi
2016
con
inter.
SAU irrigata (ha) 10,070 11,673 11,673 13,397 14,097
Dotazione irrigua di base reale alla coltura (m 3 /ha/anno) 2,141 2,136 2,136 2,160 2,160
Dotazione reale all'azienda da approvvig. consortili
(m 3 /ha/anno)
2,662 2,635 2,632 2,604 2,604
Rendimento legato all’efficienza di adacquamento 0,82 0,84 0,84 0,86 0,86
Dotazione reale al campo da approvvig. autonomi
(m 3 /ha/anno)
2,756 2,687 2,686 2,751 2,735
Volume aziendale richiesto ai consorzi (Mm 3 /anno) 10 17 17 26 28
Volume aziendale fornito dai consorzi (Mm 3 /anno) 10 17 16 25 27
Rendimento rete consorziale 0,61 0,66 0,65 0,72 0,71
Volume prelevato dai consorzi (+depurat.) (Mm 3 /anno) 16 25 25 35 39
Volume proveniente dai depuratori (Mm 3 /anno) 2,40 2,10 2,10 2,40 5,60
Volume autonomo da acque superficiali (Mm 3 /anno) 3,90 4,10 4,10 4,40 4,90
Volume autonomo da pozzi su aree non cons. (Mm 3 /anno) 15,100 11,30 11,30 6,10 4,80
Volume da pozzi su areali consortili (Mm 3 /anno) 0,10 0,10 0,20 0,10 0,30
Prelievo totale provinciale (Mm 3 /anno) 35 41 41 46 49
Incidenza dell’applicazione dei DMV sugli usi industriali (esclusi usi idroelettrici) e irrigui
L’applicazione dei DMV produrrà limitati effetti sulle possibilità di prelievo per gli usi industriali; nella
pianura sono infatti rari gli approvvigionamenti con acque di superficie.
Nelle aree montano-collinari i bacini maggiormente sfruttati per gli usi industriali (più spesso con pozzi
di subalveo che con captazioni dirette) risulta essere, in relazione alle valutazioni effettuate, quello del
Bidente.
Per il settore irriguo si evidenzia che nel PTA regionale viene considerata anche l'applicazione dei DMV
alle derivazioni appenniniche, che non rappresenta un’azione di indirizzo ma un vincolo normativo. Tale
provvedimento produce una riduzione della disponibilità di acque appenniniche che si ripercuote, almeno
in parte, sugli emungimenti dalle falde, in relazione alla circostanza che le utenze più scarsamente
approvvigionabili con acque superficiali, salvo limitate situazioni di sofferenza delle colture, nei casi di
disponibilità di uno o più pozzi, prelevino dalle falde i quantitativi idrici necessari.
L’applicazione del DMV per le derivazioni irrigue viene fatta considerando le risultanze del Quadro
Conoscitivo e quanto previsto dalla apposita Norma di Piano, pervenendo per le sezioni fluviali degli
affluenti appenninici interessate dai principali prelievi irrigui, ai valori di DMV idrologico (Tabella 8).
38

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Tabella 8 - DMV idrologico in corrispondenza delle principali prese irrigue assunto al 2008 e 2016
Corso d'acqua Toponimo Superficie DMV
(Km 2 ) (l/s/Km 2 ) (m 3 /s)
Montone Castrocaro-S.Lorenzo 238 1,01 0,24
Rabbi S.Lorenzo 207 0,92 0,19
Ronco Meldola 446 0,81 0,36
Savio S.Vittore 597 0,80 0,48
Rubicone Savignano 68 0,44 0,03
Uso Camerino 105 0,57 0,06
L’applicazione del DMV idrologico, nelle condizioni attuali, origina incrementi di deficit sugli affluenti
appenninici, dell’intera regione, di circa 47 Mm 3 /anno, con conseguenti minori apporti al campo di circa
25 Mm 3 /anno e possibili incrementi di prelievo dalle falde di 15 Mm 3 /anno, per compensare in parte tale
riduzione.
I 47 Mm 3 /anno di deficit aggiuntivo risultano così distribuiti a livello provinciale:
tabella 9 – Deficit
PC PR RE MO BO FE RA FC RN
Mm 3 /y 11,4 11,2 9,1 5,9 5,8 0,0 3,2 0,4 0,3
L’analisi circa i deficit aggiuntivi è stata condotta operando su dati medi mensili, anche in termini di
deflussi naturali in alveo.
4.1.8.2 Linee di azione prioritarie per l’ottimizzazione della domanda idrica
Tra le linee di azione prioritarie previste dal PTA a scala regionale, per il territorio della provincia di Forlì
– Cesena viene individuata come particolarmente rilevante la linea di azione relativa alla Predisposizione
di volumi idonei all’accumulo della risorsa idrica. In questa sede, in applicazione del principio di
economicità e razionalizzazione degli interventi, si ritiene di individuare quale linea d'azione prioritaria,
l'utilizzo ad uso plurimo dei bacini scaturenti da attività estrattive in fregio ai corsi d'acqua, per le quali il
PIAE prevede la possibilità di una sistemazione finalizzata alla riduzione del rischio idraulico.
La localizzazione, le quote dei manufatti e le opere idrauliche dovranno essere quindi attentamente
progettati per il duplice fine. In relazione alla localizzazione e alla tipologia, anche per casse di
laminazione esistenti o non ultimate è valutabile la loro duplice possibilità includendo i fini irrigui, previ
opportuni adeguamenti idraulici e strutturali.
Sarà cura della Provincia, inoltre, nell'ambito della revisione del P.I.A.E., individuare la localizzazione di
siti estrattivi la cui sistemazione finale può assolvere a questi usi.
39

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4.1.8.3 Realizzazione di pompaggi verso la media e alta pianura della risorsa idrica proveniente
dal Po
Si tratta di un’azione già ampiamente prevista nella Romagna e quindi anche per il territorio provinciale,
che usufruisce delle acque del Canale Emiliano Romagnolo (CER).
4.1.8.4 Riutilizzo irriguo dei reflui depurati - aspetti quantitativi
Nel PTA regionale è stata valutata la fattibilità tecnica dell’utilizzo irriguo dei reflui depurati sugli
impianti presenti in regione di potenzialità superiore ai 10.000 A.E.
Attraverso una serie di considerazioni è risultato che, mediamente, la superficie territoriale - agricola
necessaria per l’impianto in Romagna dovrebbe essere compresa tra i 200 e i 350 ettari ogni
2.000 m 3 /giorno di scarico (10.000 A.E medi).
Con l’ausilio delle Carte Tecniche Regionali si è quindi valutata la disponibilità di un’area agricola,
sufficientemente ampia, localizzata nei pressi dell’impianto, asservibile preferibilmente a gravità o al più
in pompaggio su aree comunque di pianura, eventualmente utilizzando come vettore un tratto di uno scolo
preesistente, dal quale prelevare a valle tutto l’immesso e da qui partire con l’impianto in pressione.
Per la stima sui singoli impianti si è considerato il volume giornaliero scaricato nel periodo estivo. E’
stato, inoltre, valutato se i singoli areali infrastrutturabili fossero posizionati o meno in zone di conoide
con situazioni di ricarica degli acquiferi in quanto, in tale condizione, le sostanze tradizionali (in
particolare azoto) presenti negli scarichi di origine civile e industriale, ma soprattutto quelle pericolose di
derivazione produttiva potrebbero raggiungere le falde dando luogo a fenomeni di ulteriore inquinamento.
La presenza di ricarica degli acquiferi di conoide risulta quindi peggiorativa dell’opportunità di impianto,
rendendo necessarie approfondite indagini sulle caratteristiche medie dei reflui impiegati e sulle nuove
aziende manifatturiere allacciate.
Su tutti gli impianti considerati, per i quali risulta in toto o parzialmente fattibile l’utilizzo irriguo, al fine
di valutare dove è prioritario intervenire, sono stati considerati i seguenti elementi:
1. l’opportunità di impiego irriguo attribuendo il peso 1 se l’ipotetica area di impianto è correlata,
per l’irrigazione attuale, o ad affluenti appenninici (che presentano le maggiori criticità in termini
di reperimento della risorsa) o a prelievi autonomi prevalenti dalle falde e fuori dall’areale di
conoide; attribuendo il peso 0,5 se sono utilizzate le stesse fonti ma con localizzazione sull'areale
di ricarica della conoide;
2. la possibilità di aumentare significativamente il livello di impiego dei reflui; sono state al
riguardo condotte stime di larga massima circa il recupero dell’acqua una volta scaricata nelle reti
naturali o artificiali, attribuendo il peso 1 ad un “uso estivo attuale” inferiore al 25% e 0,5 ad un
“uso estivo attuale” compreso tra il 25 e il 45%;
3. il livello di compromissione delle aste fluviali principali ritenendo che se lo scarico avviene
direttamente su di esse o nelle immediate vicinanze (in termini di apporto idraulico) il
40

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
deterioramento sarà maggiore e risulterà più alta la possibilità che porzioni elevate dei carichi
raggiungano il Po e l’Adriatico; si è attribuito il peso 0,5 se lo scarico è in “asta principale o
vicinanze”.
Tali elementi, con i relativi pesi, hanno consentito di giungere ad un elenco di 17 impianti regionali.
Nella tabella che segue si riportano gli impianti prioritari individuati nel territorio provinciale, volumi
aggiuntivi complessivamente utilizzabili rispetto allo stato attuale e il relativo areale irriguo potenziale.
Tabella 11 - Impianti prioritari e relativi areali irrigui potenziali
Depuratore (eventuale aliquota di
impiego)
Incremento di
impiego
Areale irriguo Comuni interessati dall’impianto irriguo
(Mm 3 /anno)
CESENA 0,84 Esiste impianto irriguo circostante Cesena
CESENATICO 0,61 Areale autonomo forlivese Cesenatico
FORLI' 1,19 F. Po – CER Forlì, Ravenna
SAVIGNANO SUL RUBICONE 0,51 Areale autonomo forlivese (poi CER) Gatteo, Savignano s. Rubicone., S.Mauro Pascoli
Quanto sopra riportato circa il settore irriguo è uno stralcio di quanto indicato nel PTA Regionale riferito
al territorio della provincia di Forlì Cesena.
41

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4.1.9 Situazione della Provincia di Forlì-Cesena – Analisi di dettaglio
Esaminiamo ora più in dettaglio, la situazione della provincia di Forlì Cesena, tenendo conto che in
Romagna la modesta portata estiva dei fiumi appenninici, la microclimaticità particolare e la distanza dal
Po hanno determinato la storica carenza idrica del territorio. Tale situazione è stata discretamente alleviata
dalla costruzione del Canale Emiliano Romagnolo che con la sua elevata portata d’acqua, garantita nel
periodo estivo, ha consentito al territorio di esprimere al meglio la sua vocazione ortofrutticola.
Normalmente in luglio e agosto la portata del CER eguaglia o supera quella complessiva dei corsi
d’acqua appenninici e quindi d’estate il CER è il secondo “fiume” regionale. Il CER però raggiunge solo
una parte del territorio della provincia, nelle altre zone l’approvvigionamento idrico a fini irrigui viene
effettuato mediante prelievi dai fiumi, dagli invasi e dai pozzi.
4.1.9.1 Acque superficiali
L’obiettivo principale è quello di istituire un sistema di prelievi che non metta in discussione il DMV di
legge. I fenomeni di secche dei fiumi devono essere relegati a quelle che sono le situazioni previste dal
loro naturale regime protratti nel tempo il meno possibile in relazione all’andamento climatico.
Il bilancio dei primi anni di applicazione del PTA regionale non è particolarmente lusinghiero: le crisi si
sono susseguite tutte le estati e sono state lunghe e devastanti per gli ecosistemi acquatici. Soprattutto
nelle annate eccezionalmente povere, come il 2007 e appena qualche anno fa nel 2003, il divario tra la
situazione reale e l’efficacia dei provvedimenti amministrativi tesi a scongiurare le secche è stato
percepito dai cittadini in maniera molto negativa.
In pratica l’attuale politica non riesce a prevenire il fenomeno della secca prima che si verifichi, ma si
limita a prendere atto dell’assenza di portata e a reagire di conseguenza con un provvedimento di divieto
temporaneo di derivazione quando ormai non c’è più niente da prelevare.
Una corretta politica di gestione dovrebbe prevedere invece l’impiego delle ordinanze di sospensione solo
come strumento di emergenza e non come strumento ordinario di governo delle acque.
Occorre quindi rivedere l’attuale sistema di valutazione di sostenibilità dei prelievi, quale è scaturito da
questi anni di applicazione del PTA regionale.
4.1.9.1.1 Completamento del DMV con l’introduzione dei fattori correttivi costituenti la componente
morfologico ambientale.
La legge regionale 9 del 2008 demanda ad apposita deliberazione della Giunta Regionale la definizione
delle componenti del deflusso minimo vitale, nel rispetto dei criteri generali fissati dall’Autorità di
Bacino. Sarà pertanto necessario attendere tale atto da parte della Regione per il completamento del
DMV.
42

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4.1.9.1.2 Dal DMV al Bilancio idrico di bacino
Un sistema di valutazione della compatibilità delle derivazioni basato esclusivamente sulla enunciazione
del DMV nel punto di prelievo, da confrontare con la portata media stimata nello stesso punto,
rappresenta un approccio statico, che rinuncia a considerare gli effetti del nuovo prelievo su tutto il tratto
di valle.
Per il superamento di questa fase occorre operare su due livelli:
1) impostazione di bilanci idrici di bacino e di sottobacino da tenere aggiornati nel tempo
2) introduzione dei coefficienti correttivi per i DMV attualmente limitato alla sola componente idrologica
in modo da impostare una politica di salvaguardia dei deflussi minimi più robusta.
4.1.9.1.3 DMV alle foci in mare
Circa le modalità di dare pratica tutela agli ecosistemi acquatici in corrispondenza delle foci a mare
si ritiene opportuna una interpretazione meno letterale dei valori prescritti dal PTA regionale in base alle
seguenti considerazioni:
1. si tratta di ecosistemi di transizione, in cui naturalmente il livello idrico e quindi le funzioni
biologiche a esso connesse, sono determinate dall’alternarsi del flusso da e verso mare;
2. in genere tali ambiti sono regolati artificialmente da chiuse che hanno la funzione di bloccare la
risalita dell’acqua marina verso l’entroterra e di creare un accumulo di acqua dolce a monte,
materialmente separato dalle acque salate, da utilizzare e fini irrigui;
3. l’imposizione, nel periodo estivo, di un significativo valore di DMV che obbliga a rilasciare
cospicue portate dall’ecosistema dulciacquicolo confinato a monte a favore dell’ecosistema
salmastro o schiettamente salino che si sviluppa a valle della chiusa, fino alla foce, non sembra
poter determinare vantaggi tali da compensare i sicuri effetti negativi (depauperamento
dell’ecosistema fluviale, recapito di considerevoli concentrazioni di sostanze eutrofizzanti alle
acque costiere).
Pertanto, all'atto della revisione del Piano di Tutela Regionale di imminente effettuazione, si proporrà di
valutare l’applicazione di valori di DMV nel periodo estivo, più bassi di quelli prescritti dal PTA
regionale attuale.
4.1.9.1.4 Le strategie di razionalizzazione dei prelievi
I lineamenti generali di una possibile politica di razionalizzazione dei prelievi non possono limitarsi alla
costruzione di un sistema di divieti a carico soprattutto del sistema di prelievi agricoli di tipo diffuso che,
pure rappresenta il principale fattore di squilibrio, ma devono prefigurare anche le soluzioni per un
utilizzo sostenibile delle risorse.
Una prima distinzione da porre al fine dell’individuazione delle più opportune strategie per
l’approvvigionamento irriguo è la demarcazione dell’areale provinciale servibile dall’apporto di acque
superficiali provenienti dal Po attraverso il Canale Emiliano Romagnolo:
43

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
1. nell’areale servito/servibile dal CER è ipotizzabile, in linea di principio, una politica di
progressivo alleggerimento della pressione sulle falde, come del resto sancito dal PTA e dalla
legge regionale 6 marzo 2007 n. 4 che, all’art. 3, stabilisce che la concessione di acqua può essere
rivista, con prescrizioni o limitazioni temporali o quantitative, in qualunque momento, in caso di
realizzazione di reti di adduzione e distribuzione, qualora la risorsa veicolata dalle suddette reti
garantisca, quantitativamente e qualitativamente, l’uso specifico;
2. nelle porzioni situate a monte di tale linea di demarcazione la salvaguardia del DMV può essere
perseguita solamente mediante il differimento della pressione antropica stagionale sulle risorse
idriche dei torrenti appenninici, dalla stagione di immediato impiego (stagione irrigua) ad altri
momenti idrologicamente più ricchi, in altre parole, pianificando un percorso di riduzione di
prelievi diretti in primavera ed estate, a vantaggio del DMV, previo stoccaggio in invasi di
equivalente risorsa prelevata in autunno, inverno e inizio primavera (controlli sui prelievi dai
fiumi in presenza di invasi).
Le strategie di approvvigionamento irriguo dovranno fondarsi, come per il passato, sulla progressiva
infrastrutturazione del territorio collinare mediante la realizzazione di invasi per la raccolta delle acque
meteoriche e la successiva distribuzione al campo in condotte in pressione.
Occorre però che tale processo venga governato all’interno di un disegno pianificato, finalizzato alla
minimizzazione degli impatti sull’ambiente (numero modesto di invasi di medie dimensioni) e alla
gestione ottimale della risorsa (comprensori irrigui aziendali).
LE TIPOLOGIE DI INVASO
Le modalità praticabili nel territorio collinare per la realizzazione di volumi utili allo stoccaggio di
volumi significativi di acqua sono sostanzialmente:
1. Lo sbarramento di affluenti laterali al corso d’acqua principale
2. Lo scavo di volumi dal terrazzo alluvionale in fregio al corso d’acqua
3. Lungo pendio e lateralmente agli effluenti secondari
44

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
SBARRAMENTO DI AFFLUENTI LATERALI
VANTAGGI
Possibilità di gestione del sistema prevalentemente a gravità, con
bassi costi energetici ed ambientali
Maggiore profondità e volumi, minori perdite di evapotraspirazione
Minore consumo di superfici agricole utili
Reversibilità degli effetti idrogeologici ed ecologici
Stabilizzazione delle pendici a monte dello sbarramento per
attenuazione del processo di incisione fluviale
SVANTAGGI
Interruzione del continuum biologico fluviale
Interruzione della continuità del trasporto dei sedimenti
verso il fiume e il mare
Deposizione di sedimenti di incerta gestione
Difficoltà di messa in atto di dispositivi volti al rispetto del
DMV
Possibile modifica dei processi idrogeomorfologici a valle
della sezione di sbarramento con possibile incremento del
processo di incisione fluviale
SCAVO DI VOLUMI DAL TERRAZZO ALLUVIONALE
VANTAGGI
Minimo impatto sull’integrità degli ecosistemi fluviali
Minima interferenza sui processi fluviali di trasporto e
sedimentazione
Facilità di gestione del DMV
SVANTAGGI
Interruzione degli apporti idrici dalla falda al fiume e quindi
enfatizzazione delle magre estive
Irreversibilità degli effetti sull’idrogeologia del sito
Asportazione del materasso ghiaioso, cioè di una risorsa
non più ripristinabile dal corso d’acqua.
Difficoltà di garantire una separazione tra fiume e falda
collegata che rifornisce gli invasi (subalveo) e quindi costi
di impermeabilizzazione
Possibili costi di gestione dovuti all’energia necessaria per
i pompaggi dell’acqua se gli invasi sono in basso rispetto
al comprensorio che devono servire
LUNGO PENDIO E LATERALMENTE AGLI AFFLUENTI SECONDARI
VANTAGGI
Minima interferenza sui processi fluviali di trasporto e
sedimentazione
Reversibilità degli effetti idrogeologici ed ecologici
Minima interferenza sul DMV
SVANTAGGI
Possibilità di accumulare volumi modesti
45

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Allo scopo di non provocare danni a ecosistemi acquatici permanenti, è stata avanzata l’ipotesi di limitare
gli sbarramenti ai corsi d’acqua stagionali, intendendo gli impluvi connotati da un flusso idrico protratto
per non più di 10 mesi all’anno.
D’altro canto generalizzare in via esclusiva l’opzione dello scavo e impermeabilizzazione di consistenti
volumi del materasso alluvionale comporterebbe nel tempo una progressiva diminuzione degli apporti
idrici che, dalle falde sospese, localizzate nel terrazzo, defluiscono al fiume, particolarmente benefici nel
periodo estivo, quando hanno un effetto determinante nel compensare la severa riduzione di portata
causata dal rarefarsi delle precipitazioni.
Probabilmente la soluzione ottimale a scala di bacino è da ricercarsi in un mix dei due approcci,
adottando le soluzioni più adeguate alle singole condizioni locali.
Il presente Piano pertanto conterrà le indicazioni per una corretta realizzazione e gestione degli invasi
nonchè le condizioni in presenza delle quali possa essere concessa la possibilità di effettuare sbarramenti
laterali.
Criteri per la realizzazione bacini idrici ad uso irriguo
Avendo presente le geodiversità del territorio della provincia di Forlì-Cesena si possono utilizzare i
seguenti criteri:
1. SBARRAMENTO DI AFFLUENTI LATERALI
Di regola sono consentiti lungo gli affluenti laterali dei corsi d’acqua principali caratterizzati
da regime idrico effimero, privo di sorgenti di alimentazione, che presentano scorrimento
idrico solo a seguito di eventi pluviometrici, rimanendo in pratica all’asciutto nel periodo
estivo. In generale questi impluvi sono caratteristici delle formazioni di natura argillosa.
Di regola non risulta opportuno realizzare questa tipologia di bacini idrici lungo gli affluenti
con regime permanente, alimentato da sorgenti presenti nel bacino imbrifero.
La realizzazione di bacini di sbarramento in questi contesti influenza negativamente il DMV,
in particolare se realizzati in gran numero.
Pertanto risulta opportuno realizzare questi invasi di sbarramento solo se inseriti nel sistema
di pianificazione al fine di contenerne l’impatto ambientale che causerebbe una loro
incontrollata proliferazione. In ogni caso dovrà essere prescritto il rilascio delle portate
proveniente da monte corrispondenti almeno al DMV.
In generali gli impluvi con regime permanente alimentato da sorgenti sono caratteristici della
Formazione Marnoso-arenacea.
L’AdB che in base al D.L. 152/06 deve rilasciare un parere vincolante sulla concessione di
derivazione, nella fase della procedure di rilascio del parere indicherà il regime dell’affluente
laterale con portata effimera che potrà derogare dal rispetto del DMV così come stabilito nel
PTA regionale.
46

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
2. SCAVO DI VOLUMI DAL TERRAZZO ALLUVIONALE
Di regola non dovranno essere realizzati lungo i terrazzi fluviali interconnessi, corrispondente
all’Unità di Modena, al fine di non diminuire l’effetto volano sul regime del corso d’acqua
con enfatizzazione delle magre estive e modifiche permanenti ed irreversibili al DMV.
Potranno essere realizzati solo se rientranti nel sistema della pianificazione, in modo da
contenerne la diffusione, e strategici per la razionalizzazione delle risorse idriche.
Il sistema dei Terrazzi idrogeologicamente connessi, come sopra specificato, corrisponde
all’Unità Modena
a. L’Unità di Modena rappresenta depositi alluvionali post romani e sono, generalmente, in
connessione con le alluvioni attuali in evoluzione;
b. I terrazzi del subsintema di Ravenna e quelli più antichi, in generale, sono separati
dall’Unità di Modena con una scarpata di erosione fluviale su cui affiora il substrato.
Anche nella zona di conoide, dove si assiste alla interdigitazione tra i diversi sistemi di
depositi alluvionali, può essere mantenuto il limite dell’Unità di Modena come sistema da
preservare.
3. LUNGO PENDIO E LATERALMENTE AGLI AFFLUENTI SECONDARI
In generale sono sempre consentiti nel rispetto della stabilità del pendio interessato
dall’opera.
47

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4.1.9.2 Acque sotterranee
Le acque sotterranee rappresentano una risorsa idrica strategica, in particolare per gli approvvigionamenti
idropotabili.
In anni caratterizzati da precipitazioni talmente scarse da non garantire il soddisfacimento della domanda
idropotabile da fonte superficiale, le riserve idriche diventano determinanti per garantire standard minimi
di approvvigionamento.
A cura dell’Autorità dei Bacini Regionali Romagnoli è stata effettuata la seguente breve analisi sul trend
della falda idrica sfruttata dai pozzi per uso acquedottistico.
Al fine di definire il trend della falda idrica sfruttata dai pozzi per uso acquedottistico da parte di HERA,
si farà riferimento ai livelli statici, poiché i livelli dinamici forniti da HERA sono privi delle relative
portate, risultando di fatto impossibile definire l’andamento delle portate specifiche, indicatore utile per
valutare il grado di sfruttamento di un acquifero.
L'analisi che segue tiene in particolare considerazione i dati del 2007 in quanto annata particolarmente
siccitosa.
4.1.9.2.1 CAMPO POZZI DI CESENA
Per l’anno 2007 si è osservato un deciso aumento dei volumi emunti.
Dai grafici forniti da HERA si evidenzia che da luglio 2004 a giugno 2008 il trend della piezometria
statica ha avuto un progressivo decremento passando da valori medi attorno a -27 m a valori attorno a
-30 m, quindi con un abbassamento medio del livello statico di circa 3 metri in quattro anni.
4.1.9.2.2 CAMPO POZZI CENTRO IDRICO MONTASPRO
Si osserva per l’anno 2007 un deciso aumento dei volumi emunti.
Dai grafici forniti da HERA, che vanno dal 02/2002 al 05/2008, si evidenzia per i livelli statici una
certa stabilità fino all’anno 2006, pur con variazioni, a luoghi anche significative, mediamente
dell’ordine di 3÷5 metri. Dal 2006 al 2008 si osserva un trend in diminuzione del livello statico, con
abbassamenti rispetto ai valori medi precedenti, dell’ordine di 4÷8 metri.
Osservando il trend dal 02/2008 al 05/2008, periodo di funzionamento a pieno regime di Ridracoli, e
quindi diminuzione significativa dei prelievi dai pozzi, si nota una certa crescita del livello statico,
che però rimane in generale tendenzialmente sempre al disotto dei valori medi degli anni precedenti,
a luoghi anche con depressioni significative.
Tale andamento evidenzia il forte stress subito dalle falde idriche durante l’anno 2007, periodo in cui
sono aumentati significativamente i volumi idrici emunti per sopperire alla mancanza di acqua nella
diga di Ridracoli.
48

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4.1.9.2.3 CAMPO POZZI CENTRO IDRICO PANDOLFA
Si osserva un picco di prelievi per l’anno 2002 che si ripete in eguale entità per l’anno 2007.
Dai DATI forniti da HERA, che vanno dal 02/2002 al 05/2008, si evidenzia:
• Nell’anno 2002 il livello statico ha raggiunto valori di depressurizzazione minimi dell’ordine di
-22 metri per poi recuperare ai primi del 2003, portandosi a circa -10 metri.
• Dai primi del 2003 fino al 03/2006 il trend statico mostra valori piezometrici in diminuzione fino
circa -7÷8 metri.
• Dal 03/2006 il trend piezometrico statico mostra una significativa depressurizzazione che si
accentua per l’anno 2007 con valori attorno a -24 metri, con diminuzione complessiva della
piezometrica statica di circa 20 metri.
• Successivamente fino al 05/2008 l’andamento piezometrico statico cresce fino a valori attorno a
-15 metri, in ogni caso non recuperando i precedenti valori del 2003.
In generale si osserva che mentre il picco di prelievo del 2002 è stato rapidamente recuperato
dall’acquifero, quello del 2007 non è stato recuperato evidenziando una depressurizzazione dei livelli
statici dell’ordine dei 5 metri.
4.1.9.2.4 CAMPO POZZI CENTRO IDRICO ROMITI
Si osserva una sostanziale inattività dei due pozzi fino a metà dell’anno 2003, con un picco per l’anno
2004 che diminuisce per l’anno 2005 per poi impennarsi per l’anno 2007 superando di circa 200.000
MC il picco del 2004.
I trend piezometrici statici evidenziano un picco di depressurizzazione per l’anno 2004 con valori
minimi attorno a -7 metri. Tali minimi piezometrici recuperano rapidamente verso la fine del 2004
portandosi a valori attorno a – 3÷-4 metri fino al 2005 ed a valori attorno a -2 metri dall’11/2005 al
07/2006.
Successivamente in corrispondenza della crisi idrica del 2007 il livello statico si porta a valori attorno
a -7÷-8 metri per poi aumentare a valori attorno a -4 metri.
In generale si osserva che per il campo pozzi di Cesena il picco di prelievi dell’anno 2007 non ha
inciso significativamente sul trend della piezometrica statica, la quale mostra una continua
progressiva depressurizzazione osservabile dai dati disponibili relativi agli ultimi quattro anni, 2004-
2008.
I campi pozzi di Forlì evidenziano un significativo stress piezometrico connesso al picco di prelievo
dell’anno 2007, periodo di crisi idrica. Il trend piezometrico da livelli di sostanziale equilibrio si è
decisamente invertito assumendo un andamento negativo.
49

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4.1.9.2.5 IPOTESI DI REGOLAMENTAZIONE PER LE CONCESSIONI DI ACQUA PUBBLICA
L’uso irrazionale delle risorse idriche sotterranee presenta un notevole impatto sul territorio che può così
sintetizzarsi:
1. accelerazione dei fenomeni di subsidenza, con conseguente aumento dell’erosione costiera,
dell’ingressione marina e degli allagamenti causati dai corsi d’acqua sia naturali che artificiali di
bonifica;
2. ingressione del cuneo salino con salinizzazione delle falde superficiali e profonde sia a causa
delle acque di mare sia di quelle salmastre connate negli acquiferi più profondi e richiamati
verso le falde più alte per depressurizzazione;
3. aumento del pericolo di inquinamento delle falde sotterranee per richiamo di acque da acquiferi
con caratteristiche qualitative peggiori;
4. possibilità di mobilizzazione di elementi chimici dannosi alla salute umana presenti nei sedimenti
a contatto con le acque sotterranee, come ad esempio l’arsenico.
Al fine di controllare l’impatto del prelievo idrico sotterraneo, preservando la risorsa per le esigenze delle
generazioni future e per i periodi caratterizzati da siccità, sempre più frequenti in questi ultimi anni,
risulta opportuno regolamentare il prelievo della risorsa idrica sotterranea.
Al fine di chiarire le motivazioni che stanno alla base della proposta regolamentazione, si riporta di
seguito il documento “lineamenti del sistema idrogeologico della pianura romagnola di competenza
dell’Autorità dei Bacini Regionali Romagnoli” che ha portato alla individuazione delle zone per le quali
si indica una ipotesi di nuova regolamentazione dei prelievi:
“””
LINEAMENTI DEL SISTEMA IDROGEOLOGICO DELLA PIANURA ROMAGNOLA DI
COMPETENZA DELL’AUTORITA’ DEI BACINI REGIONALI ROMAGNOLI.
1. LE PRESTAZIONI DEL TERRITORIO
1.1 Il sistema acquifero
In base allo studio condotto dalla Regione Emilia-Romagna ed ENI-AGIP “Riserve idriche sotterranee
della Regione Emilia-Romagna” (1998) si osserva che il sistema idrogeologico del territorio dell’Autorità
dei Bacini Regionali Romagnoli appartiene al grande complesso dei depositi marini e continentali che si
sono formati in conseguenza dell’orogenesi dell’Appennino Settentrionale.
Le articolate vicissitudini geologiche hanno portato alla formazione del complesso sedimentario che
fornisce la struttura degli acquiferi (Complessi idrogeologici) della Regione Emilia-Romagna.
Gli acquiferi presentano una morfologia prevalentemente lenticolare e sono costituiti da sedimenti più
grossolani, depositati da corsi d’acqua di origine appenninica, che si rinvengono nelle zone di conoide, e
da sedimenti più fini, depositati da corsi d’acqua di origine appenninica e alpina, che si rinvengono nella
aree di media e bassa pianura.
50

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Il suddetto studio ha permesso di delineare il quadro idrostratigrafico. Sono stati individuati, in base al
volume complessivo di acquiferi utili di ciascuna unità ed allo spessore, continuità ed estensione areale
del livello acquitardo o impermeabile, tre principali Gruppi Acquiferi A, B, e C, a loro volta suddivisi in
tredici Complessi Acquiferi.
Analizzando congiuntamente la distribuzione dei depositi permeabili e delle facies idrochimiche, sono
stati individuati tre complessi idrogeologici principali: i conoidi alluvionali appenninici, la pianura
alluvionale appenninica e la pianura alluvionale e deltizia padana (Regione Emilia-Romagna ed ENI-
AGIP, 1998).
Il settore di pianura romagnola di interesse per l’AdB Regionali Romagnoli è interessato dai primi due
complessi idrogeologici, il terzo complesso si rinviene solo nella parte Nord del comune di Ravenna,
dove si osservano scambi idrici in entrata dal settore del complesso idrogeologico della pianura padana
afferente ai depositi del Po.
Il complesso delle conoidi alluvionali appenniniche è la zona di alimentazione diretta degli acquiferi ed è
caratterizzato da depositi grossolani di canali fluviale che formano corpi tabulari variamene collegati tra
loro. La continuità orizzontale del mezzo poroso permette una elevata circolazione di acqua e per la
coalescenza dei depositi rappresentano le zone di alimentazione diretta dalle acque superficiali e,
conseguentemente, dalla falda idrica a pelo libero, in particolare in zona apicale.
Il complesso idrogeologico della pianura alluvionale appenninica è costituito da alternanza di depositi
grossolani e fini, con spessore complessivo di centinaia di metri. Le porzioni fini sono caratterizzate da
limi più o meno argillosi, ricchi di sostanza organica di pianura alluvionale e palude, e da deposti lagunari
e costieri, verso la costa.
Le porzioni grossolane, intercalate all’interno delle porzioni fini, sono generalmente costituite da
sedimenti sabbiosi e localmente ghiaiosi, con spessore pari ad alcuni metri ed estensione fino a qualche
migliaio di metri.
La circolazione idrica sotterranea è limitata mancando collegamenti diretti con corpi idrici superficiali e
l’alimentazione di acqua dolce avviene unicamente dalle zone delle conoidi appenniniche. Inoltre, per via
della granulometria dei sedimenti, si hanno basse velocità di circolazione idrica e gli acquiferi ospitano
acque con età di 3000-50000 anni, come evidenziato dagli studi isotopici.
Essendo l’acquifero intercalato all’interno di sedimenti impermeabili o semipermeabili si presenta in
pressione e, per il settore romagnolo di interesse, tale assetto si mantiene anche a mare per una distanza
massima dalla costa di circa 50 km.
Limiti dell’acquifero. Sono definiti acquiferi i corpi geologici che, grazie alle loro proprietà geometriche e
petrofisiche (porosità, permeabilità e compressibilità), svolgono efficientemente le funzioni di serbatoio e
condotta per le acque sotterranee, siano esse dolci, salmastre o salate.
L’insieme delle Unità complessivamente impermeabili, definito Acquitardo Basale, che si estende nel
sottosuolo della pianura romagnola e affiora sul Margine Appenninico Padano, costituisce il limite della
circolazione idrica sotterranea del sistema acquifero di interesse.
51

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Mentre il limite degli acquiferi utili all’uso idropotabile e agricolo-industriale è definito dall’interfaccia
acqua dolce/salmastra.
L’acqua dolce negli acquiferi. I depositi di ambiente marino-marginali, deltizi e costieri che sono poi
andati a costituire i Gruppi Acquiferi A, B e C, all’atto della deposizione dovevano essere saturi da acqua
salmastra o salata. Attualmente, anche per diverse centinaia di metri sotto al livello del mare, tali acquiferi
presentano acqua dolce.
Come evidenziato dallo studio condotto dalla Regione Emilia-Romagna e ENI-AGIP, le ragioni sono da
ricercarsi nelle vicissitudini tettoniche geologiche che ha subito il territorio.
Per il Gruppo Acquifero C lo spiazzamento dell’acqua salmastra da parte di quella dolce è avvenuto a
seguito di un rapido innalzamento della catena appenninica che ha determinato le condizioni affinché si
instaurasse un elevato gradiente idraulico-topografico sufficiente per lo spiazzamento delle acque
salmastre.
Per il Gruppo Acquifero B e A lo spiazzamento acqua salmastra/dolce è invece attribuibile alla
progressiva regressione marina che ha portato la linea di costa fino ad Ancona. Alla progressiva
diminuzione del livello marino corrispondeva lo spiazzamento dell’acqua salmastra.
La successiva rapida trasgressione con rapida deposizione dei sedimenti fini ha determinato la rapida
sigillatura dei serbatoi deltizio-marini saturati di acqua dolce durante il precedente abbassamento del
livello marino.
La falda idrica a pelo libero (falda freatica). La falda freatica, alimentata direttamente dalla superficie, si
rinviene per tutta la pianura romagnola e risulta generalmente isolata, per mezzo di una superficie
impermeabile, dal sottostante sistema acquifero in pressione. Solo nelle zone alte delle conoidi la falda a
pelo libero risulta direttamente connessa al sistema acquifero profondo.
Nelle zone costa la falda freatica si trova all’interno dei depositi sabbiosi litorali originatisi durante le
ultime trasgressioni marine. Tali depositi risultano affioranti fino alla Statale Adriatica, per la parte sud
del territorio, e fino alla Statale Romea, per la parte di territorio a Nord di Ravenna.
Per il settore sud del territorio la Statale Adriatica definisce anche l’estensione verso l’interno del
deposito sabbioso litorale ed eolico. Mentre per il settore nord, in corrispondenza di Ravenna il deposito
si estende sotto gli attuali depositi continentali fino all’allineamento S.Michele, Villanova, Rossetta,
limite estremo della trasgressione marina.
La falda freatica di questo deposito è in diretta connessione con le acque marine e l’equilibrio
dell’interfaccia acqua dolce e salmastra è caratterizzato dai rapporti di livello freatica/marino e, per la
parte in affioramento più prossima alla costa, dall’ingressione salina lungo le aste dei corsi d’acqua in
comunicazione con il mare.
1.2 La subsidenza
La pianura romagnola. Il margine appennico è caratterizzato da un sistema di faglie che divide il settore
appenninico in sollevamento dal settore di pianura in abbassamento.
52

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Uno sguardo morfologico alla pianura evidenzia come dalle zone del margine appenninico dove si
sviluppano le conoidi si snodano verso il mare zone a quote relativamente maggiore su cui scorrono i
corsi d’acqua naturali fino a sfociare in mare. Lateralmente si trovano zone depresse, con quote prossime
o sotto al livello del mare, che rappresentano le zone di accumulo delle esondazioni fluviali.
Il prossimità della costa in corrispondenza del sistema dunoso-costiero il profilo si innalza a quote di
qualche metro sopra il livello del mare. Tale innalzamento isola idraulicamente il sistema depresso
retrostante con impaludamento dei terreni.
L’abbassamento del suolo della pianura romagnola rispetto al livello medio del mare è un fenomeno
naturale causato dalle dinamiche tettoniche dell’area e dal costipamento naturale dei sedimenti del bacino.
Ovviamente anche le variazioni eustatiche del livello marino determinano nuovi relativi livelli di base.
Dagli studi condotti sul fenomeno della subsidenza la velocità di abbassamento del suolo in
condizioni naturali si attesta attorno a circa 1-2 mm all’anno.
Maggiori abbassamenti hanno una natura principalmente antropica e sono dovuti all’estrazione di fluidi,
gas e acqua, dal sottosuolo che causano la depresurizzazione del fluido contenuto nel sedimento e il
conseguente costipamento dello stesso.
Mentre per i sedimenti argillosi e torbosi la diminuzione di pressione dei fluidi comporta un costipamento
di tipo plastico, anche di notevole entità per l’elevata porosità dei terreni, nei depositi profondi di natura
litoide l’abbassamento è connesso alle proprietà elastiche della roccia.
In condizioni naturali il fenomeno di abbassamento del suolo è contrastato dai fenomeni di
alluvionamento della pianura che accumulando sedimenti su di essa colma i dislivelli.
L’attuale assetto del territorio con estesa antropizzazione della pianura e bonifica delle aree depresse, la
conseguente necessità di proteggere i beni, le infrastrutture e le attività umane dalle alluvioni ha portato
alla realizzazione di imponenti arginature dei corsi d’acqua naturali con lo scopo di contrastarne
l’esondazione. Conseguentemente risulta impedita l’evoluzione naturale della dinamica geomorfologica
della pianura.
1.3 Conclusioni
In conclusione, le prestazioni idrogeologiche del settore romagnolo di competenza dell’AdB Regionali
Romagnoli possono essere così sintetizzate:
1. Le risorse sotterranee sono contenute in un sistema idrogeologico di acquiferi multifalda in
pressione. Sono riconoscibili tre principali Gruppi Acquiferi A, B e C a loro volta suddivisi in 13
Complessi Acquiferi. Il sistema acquifero si mantiene fino ad una distanza massima di circa 50
km dalla costa.
2. Il settore romagnolo in esame è interessato principalmente da due dei tre complessi idrogeologici
che interessano l’intero territorio regionale:
1. Il complesso idrogeologico delle conoidi appenniniche, zona di alimentazione dell’acquifero.
53

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
1. Il complesso idrogeologico della pianura alluvionale appenninica, zona serbatoio
dell’acquifero, con circolazione idrica lenta e isolato dal sistema superficiale.
2. Il complesso idrogeologico della pianura alluvionale e deltizia padana interessa
marginalmente il territorio solo nella parte nord del comune di Ravenna, zona dove
avvengono scambi con il complesso idrogeologico della pianura alluvionale appenninica.
La presenza di acqua dolce all’interno degli acquiferi anche a diverse centinai di metri sotto il livello del
mare, all’interno di sedimenti deltizio-marini-costieri, che al momento della deposizione contenevano
acqua salmastra o salata, è legata alle vicissitudini geologiche della regione, in particolare:
1. per il Gruppo Acquifero C lo spiazzamento dell’acqua salmastra si verificò a seguito del
rapido innalzamento della catena appenninica e alla conseguente instaurazione di un elevato
gradiente piezometrico
2. per i Gruppi Acquiferi B e A lo spiazzamento dell’acqua salmastra con acqua dolce si verificò
progressivamente a seguito del notevole abbassamento del livello marino e al successivo
rapido innalzamento con deposizione di sedimenti fini e sigillatura dei corpi sedimentari
saturi di acqua dolce.
Le falde idriche a pelo libero (falda freatica), direttamente connessa con il sistema della acque
superficiali, si presentano variamente distribuite sul territorio di pianura. In particolare si osserva:
1. nella zona alta delle conoidi sono direttamente connesse con il sistema degli acquiferi
profondi, alimentandoli.
2. Nella zona di pianura alluvionale le falde freatiche risultano generalmente isolate dal sistema
acquifero profondo.
3. In corrispondenza della costa, all’interno del complesso sedimentario sabbioso dunosocostiero,
le acque dolci della falda freatica risulta in equilibrio con l’acqua salata del mare e
con la risalita di quest’ultima lungo i corsi d’acqua.
La pianura romagnola è soggetta al fenomeno della subsidenza con abbassamento naturale del suolo
dell’ordine di 1-2 mm/anno rispetto al livello medio del mare. Essa è caratterizzata:
1. Da ampie superfici con quote prossime o sotto al livello medio marino.
2. Da un assetto morfologico naturale, caratterizzato da terreni alti della zona di conoide, da
dossi di pianura, su cui scorrono i principali corsi d’acqua naturali, da zone depresse, anche
sotto al livello del mare, dove si accumulano e persistono le acque di alluvionamento, ed,
infine, dal sistema delle dune costiere con quote di pochi metri sopra al livello del mare che
isolano i retrostanti terreni depressi, si è passati ad un assetto profondamente modificato
dall’espansione antropica che con le sue infrastrutture ha occupato l’intera pianura.
L’occupazione antropica ha reso necessario realizzare un fitto reticolo di bonifica, spesso
sotto idrovora, necessario per smaltire le acque depresse della pianura. Inoltre la necessità di
proteggere dalle esondazioni le attività umane ha reso necessario realizzare imponenti
arginature dei corsi d’acqua per contrastarne l’esondazione, impedendo così la naturale
evoluzione geomorfologica dei territori di pianura.
54

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
3. Da un abbassamento del suolo di natura antropica, che si è manifestato dal dopoguerra ad
oggi a causa dell’eccessiva estrazione di fluidi dal sottosolo, con punte di subsidenza anche
dell’ordine di 100 mm/anno nella zona industriale di Ravenna, che presentava quote di soli
pochi metri sul livello medio del mare.
2. EFFETTI DI UN ECCESSIVO SFRUTTAMENTO DELLE RISORSE IDRICHE
SOTTERRANEE ROMAGNOLE.
L’incontrollato sfruttamento della risorsa idrica sotterranea determina pesanti conseguenze sul territorio e
sulle disponibilità di acqua utile per le generazioni future.
1. Lo sfruttamento di volumi di risorsa idrica sotterranea superiore alle quantità rinnovabili
determina un rapido depauperamento della risorsa stoccata. Considerato l’isolamento degli
acquiferi dal sistema idrico superficiale, le basse velocità del flusso idrico, i relativi bassi
gradienti idraulici, il ripristino della risorsa stoccata (riserva idrica) potrà avvenire solo nel lungo
periodo, compromettendo così la disponibilità in caso di crisi delle risorse idriche superficiali.
2. L’estrazione eccessiva di fluidi e la conseguente depressurizzazione determina la contaminazione
delle acque dolci con acque salmastre proveniente dai sottostanti acquiferi contenenti acque
connate o, per via di particolari condizioni geologiche locali, per intrusione del cuneo salino,
come ad esempio nella zona di Cesenatico. Tale contaminazione, in considerazione dell’attuale
assetto idrostratigrafico, risulterà permanente.
3. La depressurizzazione degli acquiferi comporta anche una modifica delle condizioni chimicofisiche
dell’ambiente sotterraneo con modificazioni del potenziale redox per richiamo di acque
geochimicamente ridotte. Tali modificazioni comportano la liberazione dell’arsenico adsorbito
nella componente ferrosa che si trova nei sedimenti fini dell’acquifero con conseguente
contaminazione permanente della risorsa. Nel territorio dell’AdB Regionali Romagnoli sono state
riscontrate anomalie di arsenico nei comuni di Faenza, Cervia, Ravenna ed anomalie potenziali
nei comuni di Forlì, Cesenatico, Faenza, Ravenna (M. Farina ed Al. “La presenza di arsenico
nelle acque sotterranee dell’Emilia-Romagna” pg. 67-78, quaderni di arpa, 2005).
4. L’estrazione di fluidi dal sottosuolo comporta la depressurizzazione delle falde acquifere in
pressione e, di conseguenza, la costipazione dei sedimenti, anche differita nel tempo per via dei
coefficienti di permeabilità dei terreni di contenimento delle falde. Considerato che i terreni
interessati al costipamento presentano una elevata porosità, il costipamento può raggiungere
valori percentuali significativi. Tale fenomeno si riflette sulla superficie topografica con
l’abbassamento del suolo e comporta l’aumento del rischio ambientale sul territorio.
1. La costa romagnola presenta la maggiore vulnerabilità. Le quote sono di pochi metri sopra il
livello del mare e un abbassamento anche modesto del suolo pone il territorio nelle
condizioni di essere a rischio di ingressione marina, particolarmente in occasione di mare
alto. Il fenomeno provocherà allagamenti delle infrastrutture presenti sulla costa ed
avanzamento del cuneo salino all’interno della falda freatica superficiale. Come scenario
55

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
estremo, l’eccessivo abbassamento del suolo nella zona di costa può comportare il
superamento da parte del mare del rilievo delle dune e l’invasione dei territori depressi
retrostanti.
2. L’abbassamento del suolo della pianura romagnola influisce direttamente sui corsi d’acqua
naturali. Infatti l’abbassamento del tratto centrale dei corsi d’acqua naturali implica la
necessità d avere livelli di deflusso sempre più elevati, necessari per permettere lo scarico
delle acque a mare. Questo comporta un aumento della pericolosità idraulica ed obbliga ad un
continuo adeguamento verso l’alto delle arginature dei corsi d’acqua.
3. L’abbassamento del suolo nella zona di pianura bonificata, dove è presente un fitto reticolo
idraulico a scolo meccanico, comporta la necessità di potenziare continuamente le idrovore
che devono superare dislivelli sempre maggiori e, per alcuni settori della pianura che prima
erano a scolo naturale, la necessità di sollevare le acque di tali settori.
5. Nella zona prossima alla costa lo sfruttamento eccessivo della falda freatica di acqua dolce, in
equilibrio con l’acqua salata del mare, comporta l’ingressione del cuneo salino verso l’interno e
conseguenze sull’assetto vegetazionale del territorio che si deve adeguare all’aumento di salinità
dei suoli.
6. Nelle zone delle conoidi lo sfruttamento delle falde, direttamente connesse con gli acquiferi
profondi, comporta un sottrazione di preziose risorse idriche di alimentazione del sistema
acquifero romagnolo. Per la parte alta delle conoidi tale sottrazione si verifica anche per
sfruttamento delle falde freatiche che sono direttamente connesse con il sistema acquifero
profondo e contribuiscono ad alimentarlo.
3. GLI STRUMENTI CONOSCITIVI
Allo stato attuale gli strumenti a disposizione dell’AdB Regionali Romagnoli possono essere
sinteticamente qui elencati:
➢ Le conoscenze del Complesso Acquifero romagnolo sono state sviluppate nel tempo dalla
Regione Emilia-Romagna e sono raccolte in diversi studi. Il principale studio che ha permesso di
prospettare per gli acquiferi un modello multifalda è stato pubblicato nel 1998 dalla Regione
Emilia-Romagna ed ENI-AGIP “Riserve idriche sotterranee della Regione Emilia-Romagna”.
Tale studio rappresenta il principale riferimento delle conoscenze idrostratigrafiche del
sottosuolo della pianura romagnola.
➢ “Il modello matematico di simulazione del flusso delle acque sotterranee del territorio
dell’Autorità dei Bacini Regionali Romagnoli della Regione Emilia-Romagna”, 2004,
commissionato all’Arpa dall’ AdB Regionali Romagnoli. Il modello concettuale, propedeutico a
quello della formalizzazione numerica del sistema di calcolo, è stato definito attraverso la lettura
dei dati piezometrici, chimici ed isotopici in sovrapposizione ai dati geologici ed idrostratigrafici
su un opportuno numero di sezione, due delle quali ricadente nell’area di competenza di questa
AdB: sezione Montone-Ronco e Savio. Il modello matematico ha la possibilità di generare il
56

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
bilancio idrico completo del sistema simulato. Altro aspetto importante è che attraverso
simulazioni del modello matematico è possibile studiare l’effetto di emungimento di un nuovo
pozzo, permettendo così di ottimizzare l’opera di captazione.
➢ L’analisi del fenomeno della subsidenza è stato studiato utilizzando la metodologia
inteferometrica satellitare “Studio della subsidenza mediante interferometria” (2003). Lo studio,
commissionato dall’AdB Regionali Romagnoli, ha permesso di analizzare in modo diffuso sul
territorio il trend dell’abbassamento del suolo nel decennio compreso tra il 1990 ed il 2000. Tale
elaborato risulta di fondamentale importanza per individuare le aree problematiche e porre in atto
le dovute azioni gestionali volte alla mitigazione del fenomeno.
Risultano a tutt’oggi insoddisfatti i seguenti fabbisogni conoscitivi.
Tabella 3.1 Necessità di disporre di un maggiore numero di sezioni idrogeologiche, rispetto alle attuale,
finalizzate al miglioramento del modello matematico di simulazione del sistema acquifero di interesse
e all’individuazione precisa delle falde da salvaguardare;
Tabella 3.2 Studio delle aree di ricarica con quantificazione dei volumi di ricarica annuale e stagionale,
anche in riferimento al regime pluviometrico e fluviale;
Tabella 3.3 Realizzazione di una carta della vulnerabilità e della vulnerazione degli acquiferi della
pianura alluvionale romagnola.
Tabella 3.4 Necessità di acquisire maggiori conoscenze sul fenomeno di ingressione salina all’interno
della falda freatica della costa ed i suoi effetti sullo stato ambientale del territorio.
“
”
”
57

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
In merito al fenomeno della subsidenza è necessario precisare che negli anni 2005 – 2006 sono stati
condotti ulteriori rilievi che hanno fornito dati per l'intera area di pianura della regione. Tali dati sono il
punto di partenza per successivi lavori, anche a scala territoriale più ristretta.
Partendo dalle considerazioni sopraesposte e dai dati della bibliografia, sintetizzati nell’allegato tecnico
dei “Criteri tecnici per la formulazione del parere dell’Autorità di Bacino “in ordine alla compatibilità
delle utilizzazioni con le previsioni del piano di tutela” (art. 23 del d. lgs. 152/99), ai sensi degli artt. 9 e
12 del regolamento della regione Emilia-Romagna 2 novembre 2001, n. 41 “regolamento per la
disciplina del procedimento di concessione di acqua pubblica” , realizzato dall’ Autorità dei Bacini
Regionali Romagnoli, il sistema acquifero potrebbe essere suddiviso nei seguenti settori:
a) Zona delle conoidi, a sua volta suddivisa in
1. Zona alta (conoidi prossimali)
2. Zona bassa (conoidi distali o conoidi minori)
b) Zona di pianura
c) Zona della costa.
Il quadro di insieme di detta zonizzazione è riportato nella seguente tavola, preceduta dalla legenda per
maggiore comprensione:
58

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
In base alla suddetta cartografia e studio, integrata con i dati emersi dallo del Servizio Geologico della
Regione Emilia-Romagna “Zone di protezione delle acque sotterranee nel territorio di pedecollina
pianura, è possibile ipotizzare n. 3 zone a cui applicare una specifica normativa.
Zona 1 – conoide prossimale caratterizzata da ricarica diretta della falda da superficie e da subalveo
Sarà proposta una regolamentazione restrittiva per le nuove concessioni ricadenti in questa zona, in
quanto dovrà essere prestata particolare attenzione alle acque sotterranee ivi presenti al fine di favorire la
ricarica degli acquiferi profondi verso valle, a salvaguardia della risorsa idrica eventualmente disponibile
per l’uso idropotabile.
Saranno inoltre valutate le condizioni di compatibilità delle concessioni esistenti rispetto agli assetti
idrogeologici e di salvaguardia della sicurezza ambientale.
Zona 2 – (comprende conoide prossimale debolmente compartimentata, conoidi distali o conoidi minori,
zona di pianura con trend di subsidenza uguale o superiore a 6 mm)
1. Di norma potrà essere permesso lo sfruttamento di tale risorsa a mezzo di pozzi superficiali
(profondità non superiore ai 15 m).
2. Sarà proposta una regolamentazione restrittiva per le nuove concessioni ricadenti in questa zona
per quanto riguarda la realizzazione di pozzi profondi ( pozzi oltre i 15 m).
3. In questo modo:
2. Per la porzione della conoide prossimale considerata sarà favorita la ricarica degli
acquiferi distali,
59

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
3. Per la conoide distale non sarà consentito l’eccessivo sfruttamento delle falde dal
serbatoio della conoide che risultano strategiche per l’uso idropotabile e per le
generazioni future.
4. Non sarà favorita l’accelerazione della subsidenza per quelle zone con trend di
subsidenza uguale o superiore a 6 mm.
Anche per tale zona, saranno inoltre valutate le condizioni di compatibilità delle concessioni esistenti
rispetto agli assetti idrogeologici e di salvaguardia della sicurezza ambientale.
Zona 3 ( comprende la zona della costa)
Considerando la particolare sensibilità di tale fenomeno all’ingressione salina e dalla subsidenza, al fine
di non danneggiare il delicato equilibrio di questo ambiente, risulta necessario regolamentare in modo
restrittivo, per la zona della costa, l’uso delle risorse sotterranee sia superficiali che profonde.
Saranno inoltre valutate le condizioni di compatibilità delle concessioni esistenti rispetto agli assetti
idrogeologici e di salvaguardia della sicurezza ambientale.
Per la zona della costa saranno inoltre effettuate valutazioni che andranno a disciplinare anche le attività
cantieristiche che prevedono l’emungimento di acqua in prossimità della superficie.
Saranno infine effettuate valutazioni volte a favorire il riutilizzo delle acque al fine del loro reimpiego per
usi compatibili.
Zona di pianura (bianca sulla cartografia)
Per la zona di pianura si distingue l’acquifero superficiale ed il sistema degli acquiferi sotterranei
(acquiferi A, B, C), idraulicamente separato da quello superficiale.
Acquifero superficiale:
Potrà in ogni caso essere sempre permesso lo sfruttamento di tale risorsa a mezzo di pozzi superficiali
(profondità inferiore a 15 m).
Sistema degli acquiferi profondi:
Considerando l’impatto sui fenomeni di subsidenza e sulla risorsa che risulta attualmente non rinnovabile:
1. Potrà essere eventualmente permesso esclusivamente l’uso della risorsa del sistema acquifero A
posto più in alto;
2. Dovrà essere vietato l’uso della risorsa del sistema acquifero B e C, posti più in basso;
3. Dovrà essere consentito realizzare solo pozzi monofalda, escludendo categoricamente la
realizzazione di pozzi plurifalda.
Saranno inoltre valutate le condizioni di compatibilità delle concessioni esistenti rispetto agli assetti
idrogeologici e di salvaguardia della sicurezza ambientale
60

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
“Zone di Protezione delle acque sotterranee: aree di ricarica”, nel territorio di
pedecollina-pianura della Provincia di Forlì – Cesena. In barrato rosso le zone
A, in barrato blu le zone B, in barrato arancio le zone D, in barrato verde le
zone C.
61

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
In base alla suddetta cartografia e studio, integrata con i dati emersi dallo del Servizio Geologico della
Regione Emilia-Romagna “Zone di protezione delle acque sotterranee nel territorio di pedecollina
pianura, è possibile ipotizzare n. 3 zone a cui applicare una specifica normativa.
Per tali zone si ritengono opportune le seguenti azioni per favorire la ricarica nella zona di conoide
prossimale:
Settore D
per questo settore, che interessa direttamente il corso d’acqua, risulta importante che sia
mantenuta una buona permeabilità delle aree di contatto acqua/sedimento ed un adeguato tempo
di permanenza delle acque, ad esempio favorendo il rallentamento del flusso idrico. Dovranno
evitarsi opere od interventi nell’area di pertinenza del corso d’acqua che pregiudichino la
permeabilità dei terreni.
Settore A
Evitare in modo assoluto l’impermeabilizzazione del suolo;
Favorire l’infiltrazione delle acque nel sottosuolo;
Settore B
Evitare per quanto possibile l’impermeabilizzazione del suolo;
Si rimarca, a questo punto, come difficoltosa sia la tutela dei corpi acquiferi: da un lato, per favorire la
ricarica delle falde sarebbe opportuno limitare l’impermeabilizzazione dei suoli; dall’altro, per evitare
l’inquinamento, l’impermeabilizzazione sarebbe utile.
Come sempre, l’approccio deve essere integrato e tenere conto dei vari fattori presenti.
Alla luce delle considerazioni sin qui esposte, si precisa che le Norme Tecniche di Attuazione della
variante al PTCP, in attuazione del PTA, conterranno prescrizioni circa la regolamentazione dei
prelievi nelle zone A B C e D in quanto dette zone sono state indagate e precisamente cartografate
sulla base dell'incarico affidato al Servizio Geologico Sismico e dei Suoli della Regione Emilia
Romagna.
Per quanto riguarda invece le altre zone (zona delle conoidi, zona della costa, sistema degli
acquiferi della pianura (superficiale e profondo) nonché per la delimitazione delle zone con
subsidenza > 0,6 cm/anno, si provvederà con un successivo atto di approvazione della delimitazione
cartografica delle stesse.
62

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4.1.9.2.6 I PRELIEVI IN PROVINCIA DI FORLI' CESENA
Il 60% dell’acqua prelevata in Italia è destinata all’agricoltura. I dati relativi alla provincia di Forlì non si
discostano da questa percentuale.
L’ingente utilizzo della risorsa idrica per usi irrigui che non deve far salire per l’ennesima volta
l’agricoltura sul banco degli imputati, ma al contrario deve spingere questo settore produttivo a diventare
protagonista, nel suo interesse, di una strategia complessiva che riduca i prelievi, porti ad un uso più
efficiente e aumenti la disponibilità della risorsa.
Nel Piano Regionale di Tutela delle Acque sono contenute innumerevoli elaborazioni, peraltro tutte con
dati stimati, in quanto non esiste un censimento completo dei prelievi presenti su ciascun territorio.
Ad esempio, per quanto riguarda gli irrigui, leggiamo a pag. 72 della Relazione Generale: “gli impieghi,
valutati con riferimento alle necessità dell’anno medio, sono stimati in relazione alle indicazioni fornite
dai diversi consorzi e a valutazioni condotte sulla base dei dati delle colture irrigue praticate, delle
rispettive necessità irrigue, dei sistemi di adacquamento, delle fonti di prelievo, etc. forniti dal 5°
Censimento Generale dell’Agricoltura – ISTAT 2000, nonché delle disponibilità idriche dei corsi d’acqua
appenninici”.
Viene quindi riportata la seguente tabella :
Consumi e prelievi agro-zootecnici provinciali (Mm3/anno)
Totale consumi 1 Prelievi 1
Provincia Superfici Capi
eq) 2
medie
irrigate
zootecnici Alle utenze Al lordo
delle perdite
Falda Acque
Superficiali 3
(ha) (·10 3 bovini
di distribuz.
Totale Da Po
Forlì-Cesena 10.070 144 29,1 37,3 15,9 21,5 12,3
I consumi relativi alla zootecnia sono, di fatto, trascurabili rispetto a quelli irrigui (ma anche rispetto
a quelli relativi agli usi civili e industriali).
Ai capi bovini sono assommati i suini e gli avicoli applicando opportuni coefficienti in relazione ai
fabbisogni idrici medi (1 suino = 0.5 bovini, 1 avicolo = 0.003 bovini)
I prelievi di acque superficiali sono attribuiti agli areali provinciali di consumo degli stessi.
Fonte PTA regionale
63

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Nella relazione di ARPA Ingegneria Ambientale “bilanci idrici: aggiornamento dello stato attuale, scenari
evolutivi e di azioni e misure di razionalizzazione, risparmio e riutilizzo” che è stata utilizzata per il Piano
Regionale, notiamo che nella Provincia di Forlì Cesena risultano i seguenti approvvigionamenti dalle
diverse fonti, per il solo uso irriguo:
da acque sotterranee – n. aziende ..................................................2.812
da corsi d’acqua superficiali – n. aziende ......................................1.015
da laghi naturali e laghetti artificiali – n. aziende .............................839
diretto da impianto di depurazione – n. aziende .................................69
da raccolta di acqua pluviale – n. aziende ........................................233
per un totale di ............................................................................4.968
togliendo dal totale di 4968 le 69 aziende con approvvigionamento diretto da impianto di depurazione e le
233 aziende con approvvigionamento da raccolta di acqua pluviale, arriviamo a 4.666 aziende che si
approvvigionano di acqua a fini irrigui.
La Relazione Generale del Piano Regionale prosegue a pag. 73: “E’ plausibile che il numero dei pozzi
censiti dall’ISTAT nel 2001 sia significativamente inferiore al dato reale, non venendo per esempio
dichiarati dagli agricoltori buona parte di quelli non regolarmente dichiarati all’autorità competente.
Attraverso alcuni elementi disponibili di questo censimento e del precedente, e alcune ipotesi, si è
pervenuti ad una stima massima di oltre 18.000 approvvigionamenti autonomi, rispetto ai 13.000
censiti”. Il dato riportato si riferisce all’intera regione, ma la considerazione è valida anche per la
provincia di Forlì-Cesena.
Il Piano Regionale di Tutela delle Acque ha indagato approfonditamente il tema dell’utilizzazione delle
risorse idriche, siano esse superficiali che sotterranee. Al solo fine di mostrare la situazione in
Provincia di Forlì-Cesena, ci limitiamo ad enumerare in modo sintetico quelli che sono i dati elementari
riferiti a: pozzi, sorgenti e captazioni da acque superficiali per uso extradomestico, pozzi, sorgenti e
captazioni per uso domestico (fonte Servizio Tecnico di Bacino Fiumi Romagnoli).
Utilizzo extradomestico
Siamo in presenza di 4150 punti di attingimento (fra pozzi, acque superficiali, sorgenti, invasi) per un
totale di oltre 53 milioni di metri cubi utilizzati. Non sono considerati gli utilizzi a scopo idroelettrico
poiché si è considerato che l’acqua turbinata viene comunque restituita al fiume dopo l’utilizzo, anche se
è necessario considerare i danni arrecati dalla “sottrazione” (anche se solo temporanea) dell’acqua dal
fiume che, se è pur vero che viene restituita, ciò può avvenire a distanza di diverse centinaia di metri o
addirittura di Km, lasciando tratti di fiume con il solo DMV.
64

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Per quanto riguarda le concessioni per uso irriguo, siamo in presenza di 3.476 concessioni complessive
per un volume di circa 12.500.000 metri cubi. Attribuendo in modo percentuale ai diversi usi 400
richieste non ancora inserite nel data base, possiamo stimare in ulteriori 335 le aziende che utilizzano
l’acqua ad uso irriguo, per un totale di 3.811 con un volume complessivo di 13.700.000 metri cubi.
Per quanto riguarda l’uso industriale, siamo in presenza di 119 concessioni per un volume di 6.200.000
metri cubi.
Per l’uso consumo umano (potabile) siamo in presenza di prelievi per circa 32.000.000 di metri cubi.
La quota rimanente di circa 2 milioni di metri cubi è utilizzata per uso igienico (pulizia e servizi di
allevamenti).
Utilizzo domestico
Pozzi domestici:
sono presenti 6.362 pozzi censiti dei quali:
➢ 1.369 per irrigazione orto e giardino
➢ 1.202 per irrigazione giardino
➢ 1.180 per irrigazione orto
➢ 224 per abbeveraggio bestiame
➢ 1.341 per uso consumo umano/igienico
Per i rimanenti pozzi (circa un migliaio) non sono presenti dati di utilizzo.
Solo per 1.758 di questi pozzi è presente nella documentazione il consumo annuo che ammonta, stando a
quanto dichiarato, a oltre 423.000 metri cubi; per i rimanenti 4.604 non è dichiarato il consumo annuo.
Si ipotizza un consumo annuo complessivo di oltre 1.500.000 metri cubi.
Sorgenti ad uso domestico
Sono censite in provincia 243 sorgenti ad uso domestico (solo 16 sono le concessioni richieste per
irrigazione, le altre sono riconducibili al consumo umano); il volume annuo di prelievo richiesto risulta di
31.520 metri cubi, anche se per 112 di queste captazioni il dato “volume annuo richiesto” non è
dichiarato, per cui si ipotizza almeno un volume effettivo di almeno 60.000 metri cubi.
Pozzi extradomestici trasferiti a domestici
Valori analoghi a quelli delle sorgenti si riscontrano nei pozzi extradomestici trasferiti a domestici. Il
volume annuo richiesto ammonta a 30.146 metri cubi ma anche in questo caso, su 250 prelievi, per 124 di
questi non è dichiarato il volume, per cui si ipotizza almeno un volume effettivo di almeno 60.000 metri
cubi.
Attualmente è possibile perforare i pozzi ad uso domestico senza alcuna concessione. Si ritiene invece
auspicabile possa essere prevista una regolamentazione (ed eventualmente un canone, pure minimo)
anche per tale tipo di pozzi, anche in considerazione del fatto che la applicazione della Direttiva
2000/60/CE, cosiddetta direttiva quadro, porterà probabilmente ad una diversa classificazione dei corpi
65

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
idrici sotterranei, nella quale sarà presa in considerazione anche la falda freatica che è quella
maggiormente utilizzata per i pozzi domestici.
4.1.9.3 Consorzi di Bonifica
Dai dati del Consorzio di Bonifica Savio e Rubicone risultano (da piani colturali 2007) n. 346
attingimenti da canali, invasati con acqua del Canale Emiliano Romagnolo, per 605 ettari irrigati.
Sui 6.000.000 metri cubi immessi nella rete da CER da parte del consorzio sono state stimate perdite
complessive per circa il 60% del volume immesso nei canali di bonifica.
Dai dati del Consorzio di Bonifica Romagna Centrale (per l’anno 2007) risultano 724 utenti fruitori per
3.471 ettari serviti per oltre 3.630.000 metri cubi di acqua erogata.
----------------- ♦♦ -------------------
I “numeri” sopra illustrati, anche senza alcun tipo di commento, danno la dimensione di quanto ingente
sia l’utilizzazione dell’acqua. In assenza di un bilancio idrico reale, si può correre il rischio di limitare
l’uso della risorsa in una zona che, invece, non ha problemi e, viceversa, lasciare un uso indiscriminato in
zone che andrebbero salvaguardate maggiormente.
E’ quindi importante che il dato relativo all’utilizzo effettivo delle acque possa emergere e ciò sarà
possibile solo con una sensibilizzazione di tutti gli utilizzatori.
Preme quindi la condivisione in merito alla opportunità di dotare progressivamente il sistema dei prelievi
delle fonti sia superficiali che sotterranee di strumenti di misura dei volumi prelevati (contatori), non
tanto, o non solo, per considerazioni di tipo economico, quanto come presupposto indispensabile per la
formulazione del bilancio idrico di bacino prescritto dalla normativa vigente.
Sarà cura della Provincia, inoltre, attivare forme di regolamentazione e controllo volte a disciplinare le
attività di attingimento e ad evitare abusi.
66

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4.1.9.4 Considerazioni sulla crisi idrica del 2011
Le considerazioni sino ad ora fatte, riferite a dati del 2007, sono tornate ad essere estremamente
attuali, ed ancora più gravi, alla luce dei fenomeni siccitosi del 2011. E' la dimostrazione che la
siccità, che pure ha sempre caratterizzato il nostro territorio, continua a presentarsi e a riproporsi
in modo sempre più ravvicinato nel tempo. Il semplice ricordo ci fa rammentare che negli ultimi
otto anni, gravi siccità si sono ripetute: nel 2003, nel 2007 ed ora nel 2011.
E' evidente che occorre intervenire, velocemente ed in modo incisivo, per affrontare i nodi
strutturali che non consentono al territorio di fronteggiare le emergenze che sempre più
frequentemente si presentano.
Questo Piano non può intervenire nei nodi strutturali, ma deve quanto meno prevedere azioni
virtuose che permettano l'uso razionale della risorsa e la lotta agli sprechi.
67

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4.1.10 ULTERIORI MISURE PER LA TUTELA QUALITATIVA
Oltre alle azioni obbligatorie indicate dal PTA Regionale e specificate sopra (deliberazioni e direttive
regionali in materia di attuazione della Direttiva Nitrati 91/676/CE, deliberazione della Giunta Regionale
n. 1053/2003 in materia di acque reflue urbane, domestiche e assimilate, Deliberazioni della Giunta
Regionale n. 286/05 e 1860/06 in materia di acque di prima pioggia, riutilizzo delle acque reflue ai sensi
del DM 185/03, Direttive regionali in materia di utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura, Legge
Regionale 4/04 relativa all'applicazione dell'IPPC), si possono ipotizzare ulteriori interventi, fra i quali si
segnalano:
4.1.10.1 Depurazione alla scala del paesaggio
Occorre immaginare il territorio in funzione del potenziamento dei meccanismi di depurazione naturale
dei deflussi provenienti dall’agricoltura, dal dilavamento delle superfici urbane e dagli scarichi puntuali,
anche se depurati a norma di legge, nonché del carico inquinante delle precipitazioni stesse.
Anche le azioni finalizzate all’incremento dei processi di alimentazione delle falde nelle zone di conoide
inducono a considerare prioritaria la costruzione di una strategia organica di depurazione a scala del
paesaggio, in modo da migliorare, fin dalla porzione intravalliva, la qualità dell’acqua superficiale
destinata all’infiltrazione nel sottosuolo.
È noto che tali fenomeni si verifichino principalmente nella rizosfera della vegetazione perifluviale, che è
efficace nell’intercettare gli elementi inquinanti disciolti nelle acque di pioggia, di irrigazione o di falda
che si muovono nel terreno mediante flusso ipodermico, prima di raccogliersi nei corpi idrici drenanti
(effetto tampone). A tale proposito è utile consultare le basi di dati georeferenziate raccolte dall’Autorità
di Bacino in merito alla consistenza quali-quantitativa delle formazioni vegetali delle rive ( carta della
vegetazione perifluviale – a monte della Via Emilia, carta delle reti ecologiche esistenti e potenziali – a
valle della Via Emilia).
Nel caso di flussi prevalentemente superficiali invece i corpi idrici recettori vanno difesi mediante
l’introduzione di ambiti di depurazione localizzati in conci senza delle confluenze recanti gli apporti
inquinanti più significativi. Si veda in tal senso la classificazione del reticolo idrografico in base all’entità
degli apporti inquinanti (riferimento fosforo) e la conseguente localizzazione delle aree per il
potenziamento dei meccanismi auto depurativi.
Tale strategia potrebbe risultare particolarmente vantaggiosa nel caso di corpi idrici caratterizzati da
elevati carichi inquinanti di origine diffusa, al punto di pregiudicare il raggiungimento degli obbiettivi di
qualità.
Pertanto, secondo quando previsto dalla Relazione Generale del Piano Regionale di Tutela delle Acque,
unitamente all’Autorità di Bacino, si procederà a breve alla individuazione di eventuali tratti fluviali per i
quali siano opportuni interventi di rinaturalizzazione.
68

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4.1.10.2 Contrasto all’ingressione salina nell’acquifero superficiale della costa
Al fine di contrastare tale fenomeno, oltre ad una regolamentazione restrittiva delle acque sotterranee,
nella zona individuata, sostanzialmente, a valle della statale Adriatica, risulta importante anche definire le
seguenti azioni o prescrizioni:
➢ Realizzazioni di soglie e briglie alla foce dei corsi d’acqua.
➢ Evitare di asportare le barre di foce dei corsi d’acqua naturali.
➢ Evitare di asportare o abbassare la quota delle dune.
➢ Evitare l’impermeabilizzazione delle dune e favorirne l’infiltrazione delle acque di pioggia nelle
falde freatica.
➢ Condizionare all’esito di studi dettagliati l’abbassamento temporaneo della falda finalizzato alla
realizzazione di scavi sottofalda, prescrivere emungimenti all’interno di volumi isolati da
palancole e ripompare le acque emunte nell’acquifero circostante.
➢ Condizionare all’esito di studi dettagliati la realizzazione di scantinati nella zona caratterizzata da
corpi dunosi, al fine di evitare ostacoli al deflusso della falda da monte verso valle.
L’AdBRR ha incaricato il C.I.R.S.A. (Scienze Ambientali di Ravenna) di realizzare uno studio
sull’ingressione del cuneo salino nell’acquifero superficiale costiero. Lo studio contempla, tra l’altro, la
stesura di un manuale operativo di comportamento nel territorio costiero al fine di contrastare il fenomeno
di ingressione salina.
Le zone indagate dal C.I.R.S.A., ricadono per la maggior parte nella provincia di Ravenna, vista la
dimensione territoriale preponderante, ma sono stati esaminati anche il Fiume Pisciatello, il Fiume
Rubicone ed il Fiume Uso, mettendo in evidenza che in tali fiumi l’intrusione di acqua salata raggiunge
rispettivamente 1 Km., 2 Km. E 1,5 Km. dalla linea di costa.
Detto studio, individua i principali fattori responsabili del fenomeno della salinizzazione:
1. eliminazione o abbassamento dei cordoni di dune costiere che contenevano una falda freatica il
cui carico idraulico poteva efficacemente contrastare l’intrusione di acqua salata dal mare;
2. il sistema di drenaggio (il lavoro meccanico delle idrovore è necessario per consentire il deflusso
a mare delle acque, per mantenere la falda freatica più bassa ed evitare l’allagamento dei terreni
agricoli nelle zone bonificate. Il lavoro delle idrovore però va a discapito della già scarsa ricarica
dell’acquifero freatico e favorisce la risalita dell’interfaccia acqua dolce – acqua salata);
3. la subsidenza naturale e antropica;
4. la bassa ricarica dell’acquifero freatico dovuta a condizioni climatiche, diminuita ulteriormente
dalla forte urbanizzazione e cementificazione del litorale;
5. la risalita d’acqua marina lungo i fiumi che sfociano a mare e che sono influenti sull’acquifero
freatico;
6. il mancato aggiornamento del sistema idraulico e di drenaggio alle mutate condizioni
topografiche (causate dalla subsidenza);
7. la frammentazione e scarsa coordinazione di tutti gli enti preposti alla gestione delle acque.
69

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Fra i provvedimenti che si possono prendere per cercare di impedire la completa salinizzazione
dell’acquifero freatico, la prima è impedire all’acqua salata di penetrare nell’entroterra risalendo lungo
fiumi e canali. Questo si può fare con opportune opere di controllo del flusso d’acqua da e verso mare in
prossimità delle foci (chiuse e barre di foce artificiali). Queste potrebbero essere abbinate a setti
impermeabili nelle arginature che raggiungessero il basamento argilloso dell’acquifero costiero. Oltre a
nuove opere di controllo è necessario mantenere la massima efficienza possibile per l’infrastruttura
idraulica già presente.
Lo studio del CIRSA conclude affermando che “alla luce dei previsti cambiamenti climatici,
dell’innalzamento del livello marino e della scarsità d’acqua dolce che ci aspetta nei prossimi decenni, ci
sembra opportuno rivalutare la potenzialità dell’ottimo acquifero costiero romagnolo. Fino ad oggi questa
potenzialità è stata trascurata non considerandone il suo valore come risorsa e la sua importanza per
l’ecosistema costiero. Nel futuro, non potendo pensare di costruire altri invasi montani, la potenzialità del
serbatoio costiero sarà un’ottima ragione per salvaguardare le acque dolci superficiali adottando
opportune opere di protezione, cosa che sarà possibile solo con l’adattamento delle attività antropiche al
contorno con i mutati scenari imposti dai cambiamenti climatici.
Nello studio “La salinità dell’acquifero freatico costiero della Provincia di Forlì-Cesena: rilievi
effettuati e valutazioni preliminari” (reperibile al capitolo 4.4.5 “Acquifero freatico costiero”),
prodotto per conto della Provincia di Forlì Cesena dal Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della
Regione Emilia-Romagna, a conferma di quanto emerso nello studio CIRSA, sulla base di una prima
valutazione schematica, effettuata sulla base dei dati fin qui disponibili, suppone che la salinizzazione in
atto nell’acquifero costiero della provincia di Forlì-Cesena sia da mettere in relazione alla ricarica
dell’acquifero operata dalle acque superficiali.
La conclusione cui giunge detto studio è data dall’esame dei dati analitici che mettono in evidenza che i
pozzi classificati nella classe peggiore non hanno un livello piezometrico più basso degli altri, né una
distanza dal mare minore, nè una profondità di investigazione diversa, ma l’unica differenza significativa
riscontrata tra questi punti e tutti gli altri (che hanno invece indicato valori di conducibilità elettrica più
bassi), è la vicinanza a corsi d’acqua superficiali contenenti acque con valori di conducibilità decisamente
alti.
Si può quindi supporre che l’acqua si spinga da questi canali dentro l’acquifero, aumentandone la
conducibilità elettrica.
Tale conclusione conforta le indicazioni fornite dal CIRSA della necessità di impedire all’acqua salata di
penetrare nell’entroterra risalendo lungo fiumi e canali.
Per fare ciò è quindi fondamentale, porre in essere tutte le azioni atte a contrastare il fenomeno della
subsidenza nella zona costiera, regolamentando in modo restrittivo il prelievo di acque sotterranee, nella
zona individuata, sostanzialmente, a valle della statale Adriatica.
70

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4.1.11 PROGRAMMI DI GESTIONE DELLA SICCITA'
La siccità può essere ritenuta componente “normale” di ogni clima, con possibili tendenze al
miglioramento o al peggioramento nell’ipotesi di progressive alterazioni climatiche.
Problematiche di scarsità di risorsa in certi settori e su specifiche aree, che si ripetono con elevata
frequenza (es. 1 anno ogni 2-5 anni), sono solo impropriamente conseguenze della siccità, in quanto
legate a criticità riguardanti le modalità di approvvigionamento, immagazzinamento, trasporto, gestione o
uso della risorsa idrica e su tali elementi occorre evidenziare la necessità di intervento. Eventi che invece
si manifestano con basse frequenze vanno solitamente mitigati con azioni straordinarie e ne devono essere
accettati i possibili danni residui.
Per la provincia di Forlì – Cesena servita da Romagna Acque, la principale criticità in caso di annate
siccitose è mantenere efficienti le principali infrastrutture di prelievo locali rappresentate da pozzi dalle
falde e prelievi in alveo e subalveo.
La Regione, con il contributo delle Province e di ARPA, sta redigendo un "Programma regionale di
Gestione Siccità", che conterrà le azioni e gli indirizzi specifici al riguardo; sulla base di tali indicazioni
le Autorità d'Ambito Ottimale e i Consorzi di bonifica dovranno sviluppare dei Programmi di gestione
della siccità relativamente ai settori e agli ambiti territoriali di competenza che contengano, almeno,
l’analisi delle condizioni attuali di rischio nei diversi settori idroesigenti, le misure finalizzate alla
gestione delle emergenze di breve termine, il raggiungimento dei valori degli opportuni indicatori
individuati nel Programma regionale.
Al fine di predisporre detto Programmi, ARPA Emilia Romagna, Servizio Idro-Meteo-Clima (SIMC) ha
provveduto, su incarico dell’Assessorato Ambiente della Regione Emilia Romagna, alla realizzazione del
Programma di Azione Locale di lotta alla siccità e desertificazione, nell’area del Lamone Marzeno
dove sono state individuate criticità nel bilancio idrologico di bacino.
La valle del Lamone Marzeno è inclusa nelle aree vulnerabili alla siccità e desertificazione (Delibera
CIPE 229/1999), è inclusa nella perimetrazione delle aree soggette o minacciate da siccità, degrado del
suolo e processi di desertificazione (allegato F – PTA, 2005), ed è infine Area di studio nel progetto
Interreg Desertnet (Area Medocc, 2003-2005).
Trattasi di zona vocata a frutticoltura intensiva con particolare presenza e forte espansione del kiwi, ma
anche del pesco e della vite. Gli squilibri sono riassumibili in diffusi problemi di qualità delle acque e
problemi di equilibrio del bilancio idrico, connesso agli eccessivi prelievi dai corsi d’acqua ed ai prelievi
dalla falda, con associati fenomeni di subsidenza nelle aree di pianura.
Purtroppo il problema dello squilibrio idrico appare in via di aggravamento sia per la tendenza
all’espansione delle colture idroesigenti, con ritmi superiori rispetto all’aumento delle capacità di
stoccaggio nei bacini artificiali, sia per l’oggettiva diminuzione della disponibilità idrica di bacino, dovuta
alle minori precipitazioni anche nevose.
71

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
La finalità del P.A.L. tende ad una programmazione a livello regionale e locale degli interventi normativi
e strutturali a favore del settore che risponda alle istanze immediate dei produttori, ma non pregiudichi gli
equilibri dell’agro-ambiente nel prossimo futuro, in assenza di contemporanee misure di mitigazione.
Il P.A.L. prevede misure di contenimento della domanda irrigua attraverso approcci tecnici ed agronomici
quali:
1. adozione di strumenti e tecniche colturali
2. razionalizzazione dell’irrigazione attraverso ad es. i bilanci idrici
3. scelte colturali e varietali
Prevede inoltre approcci per internalizzare il costo ambientale e sociale dell’irrigazione.
Le proposte avanzate dovranno trovare regolamentazione attraverso strumenti normativi idonei.
72

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4.2 INTERVENTI AGGIUNTIVI (GIA’ SEGNALATI ALLA REGIONE) PER IL
RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI DI QUALITA’
ARPA Ingegneria Ambientale, per conto della Regione Emilia Romagna, ha compiuto nel 2007, una
“verifica della compatibilità tra interventi/azioni reali di riduzione dei carichi sul territorio e livelli
qualitativi da raggiungere per le acque superficiali”.
Sono stati elaborati scenari modellistici al 2008 e al 2016 relativi agli interventi nei settori di fognatura e
depurazione previsti dagli strumenti di programmazione regionale e provinciale; sono state inoltre prese
in esame le evoluzioni dei carichi sversati nelle acque superficiali in conseguenza sia dei cambiamenti
che i comparti interessati, ovvero la popolazione residente, il settore industriale e l’agro-zootecnia,
potranno manifestare nel tempo, sia l’attuazione di misure di riduzione dell’inquinamento, specifiche per
ogni comparto. In particolare per il settore agro-zootecnico sono stati considerati e conseguentemente
valutati l’imposizione di vincoli sugli spandimenti di pollina e l’adozione di accorgimenti per uno
spandimento conforme alle norme di buona pratica agricola.
Per la Provincia di Forlì Cesena gli obiettivi di qualità previsti dal Piano di Tutela delle Acque risultano
non raggiunti sul fiume Ronco a Ponte Coccolia, sul fiume Rubicone a Capanni e sul torrente Bevano a
Casemurate.
A partire dai risultati emersi dalle simulazioni modellistiche, sono state individuate le principali
problematiche connesse alla qualità delle acque e le possibili cause di degrado nei corpi idrici. In
generale, le principali criticità dell’area derivano da un regime idrologico fortemente torrentizio,
caratterizzato da scarse portate nel periodo estivo, dall’apporto di significativi carichi inquinanti sia
puntiformi che diffusi, nonché dai prelievi idrici. Peraltro nel resto dell’anno le portate, salvo eventi
idrologici intensi, sono spesso comunque ridotte.
In particolare:
Sul fiume Ronco a Ponte Coccolia grava lo scarico del depuratore di Forlì (alcune grosse industrie
agroalimentari che erano presenti nel passato, hanno cessato la propria attività).
Il fiume Rubicone scorre in un territorio fortemente antropizzato, dove sono presenti numerose attività
zootecniche e insediamenti industriali, principalmente del settore agroalimentare. Un significativo fattore
di pressione, soprattutto in relazione alle concentrazioni di azoto e fosforo è rappresentato dallo scarico
del depuratore di Bastia di Savignano sul Rubicone.
Sul torrente Bevano le criticità sono imputabili alla presenza di un elevato carico diffuso dovuto ai
numerosi allevamenti avicoli ed alle acque di scarico del depuratore di Cesena-Pievesestina.
Allo scopo di contrastare tali criticità e ridurre ulteriormente il carico inquinante gravante sui corpi idrici
superficiali, sono stati indicati gli interventi che si prevede di realizzare nei prossimi anni, già contenuti
nel Piano dell’Agenzia d’Ambito, nonché misure supplementari che si propongono nel presente Piano,
qualora gli interventi programmati non risultino sufficienti al raggiungimento degli obiettivi di qualità
previsti.
73

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Per il Fiume Bidente Ronco sono previsti, ed in alcuni casi già realizzati o in corso di realizzazione, nel
Piano dell’Agenzia di Ambito Territoriale Ottimale n. 8, interventi di miglioramento sui seguenti impianti
di depurazione
a) depuratore di Santa Sofia - consistente intervento sull’adeguamento dell’impianto e dell’intera
rete fognaria per un abbattimento dello scarico dello scolmatore situato in testa all’impianto;
b) depuratore di Civitella di Romagna –
c) depuratore centrale di Forlì – lavori di realizzazione 5° linea secondaria, potenziamento
grigliatura-dissabbiatura in ingresso, potenziamento cabina di alimentazione;
d) dismissione del depuratore di Forlì Pieveacquedotto;
Inoltre si prescriverà la disinfezione nell’impianto di depurazione di Forlì in tutti i mesi dell’anno e non
solo nel periodo estivo come già previsto. Inoltre, è già stato previsto il rispetto del parametro escherichia
coli che presuppone la disinfezione dello scarico.
Sullo stesso corso d’acqua è in fase di attuazione un progetto (sulla base di un protocollo d’intesa già
sottoscritto fra la Provincia ed i Comuni di Bertinoro, Forlì, Forlimpopoli, e Meldola) nel quale saranno
individuati gli strumenti e le strategie per la rinaturalizzazione ed il risanamento ambientale. Ciò
consentirà un miglioramento del sistema di autodepurazione del fiume con abbassamento dei livelli di
inquinamento cosicchè, all’immissione dello scarico del depuratore, la soglia degli inquinanti sarà
inferiore e il conseguente impatto meno significativo. Il tratto di fiume interessato dagli interventi di
rinaturazione va dalla località Ca’ Baccagli in comune di Meldola a loc. Ronco in comune di Forlì.
In progetto dovrebbe riguardare un ambito più esteso, sino al confine con la provincia di Ravenna, ma è
realistico ipotizzare che l’intervento di rinaturalizzazione interesserà le aree indicate ove il fiume non è
ancora pensile e non sono presenti aree urbanizzate adiacenti.
Si valuta in prima approssimazione che gli abbattimenti relativi, per chilometro, siano dell’ordine del 2%
sia per il BOD che per i nutrienti. Il tratto interessato ha una lunghezza di circa 15 Km.
Sono state inoltre individuate le seguenti misure supplementari per facilitare il raggiungimento
dell’obiettivo:
1. trattamenti (grigliature e sedimentazione) sugli scolmatori di Meldola e Forlimpopoli.
2. finissaggio finale dello scarico, mediante realizzazione di stagni di finissaggio per l’ulteriore
abbattimento dei nutrienti. La superficie che si ipotizza di utilizzare per il finissaggio di cui
trattasi è, indicativamente, di 25 Ha in quanto il depuratore di Forlì è dimensionato per 250.000
A.E., e considerando che lo scarico avviene nel rispetto dei parametri di legge, una soglia di 1
metro quadrato per A.E. di finissaggio può essere ritenuta congrua (abbattimenti ipotizzati del
70% per il BOD, 50% per l’azoto totale, 40% per il fosforo totale e la scomparsa dei coli).
74

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Per il Torrente Bevano il Piano dell’Agenzia di Ambito Territoriale Ottimale n. 8, prevede i seguenti
interventi di miglioramento sui seguenti impianti di depurazione
a) È attualmente in corso il collettamento del depuratore di Pievesestina all'impianto centrale di
Cesena con conseguente variazione del bacino idrico ove viene immesso lo scarico.
b) depuratore Pievequinta
c) Depuratore Casemurate
d) depuratore S. Andrea in Bagnolo
e) depuratore San Cristoforo
f) dismissione dell’impianto della fraz. Diegaro con collettamento all’impianto centrale di Cesena di
Via Calcinaro
Sono inoltre previsti interventi per l’adeguamento degli impianti di sollevamento con conseguente minore
immissione di reflui in occasione degli eventi di pioggia a Panighina, Forlimpopoli, Bertinoro e
Capocolle (ipotizzato un -25% del carico).
Per il Fiume Rubicone il Piano dell’Agenzia di Ambito Territoriale Ottimale n. 8, prevede i seguenti
interventi di miglioramento sui seguenti impianti di depurazione
a) Consistenti interventi sull’impianto di depurazione di Bastia di Savignano sul Rubicone;
b) Depuratore di Roncofreddo
c) depuratore di Sogliano;
Sono previsti interventi per l’adeguamento degli impianti di sollevamento, con minore immissione di
reflui in occasione degli eventi di pioggia presso Gatteo e Ponte Ospedaletto di Longiano con un ipotetico
-25% del carico sversato.
Infine, dismissione dei seguenti impianti con collettamento sul depuratore centrale di Cesena – Via
Calcinaro (bacino idrico Fossatone Porto Canale di Cesenatico ) Calisese,Madonna del Fuoco e Case
Missiroli. Per Ponte Ospedaletto di Longiano collettamento al depuratore di Savignano Bastia.
Qualora anche con la messa in atto degli interventi suindicati non si raggiunga l’obiettivo, si possono
ipotizzare:
1. trattamenti (grigliature e sedimentazione) sugli scolmatori di Gambettola e San Mauro
2. depuratore di Bastia finissaggio finale dello scarico mediante la realizzazione di stagni di
finissaggio per l’ulteriore abbattimento dei nutrienti. Allo scopo si ipotizza di utilizzare circa 12
Ha in quanto il depuratore di Bastia è dimensionato per 120.000 A.E., e considerando che lo
scarico avviene nel rispetto dei parametri di legge, una soglia di 1 metro quadrato per A.E. di
finissaggio può essere ritenuta congrua (abbattimenti ipotizzati del 70% per il BOD, 50% per
l’azoto totale, 40% per il fosforo totale e scomparsa dei coli).
In analogia con quanto previsto per il Torrente Bevano ed il Fiume Uso, può essere accettabile ipotizzare
il raggiungimento del livello 3 SECA, anziché il livello 2, in quanto si tratta di un corpo idrico fortemente
75

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
compromesso dalla pressione antropica e zootecnica, dotato inoltre di sorgente modestissima e quindi
soggetto, pressoché esclusivamente, all’andamento delle precipitazioni.
Occorre inoltre tenere presente che nel Piano dell’Agenzia di Ambito Territoriale Ottimale sono previsti
importi considerevoli per bonifiche impianti e reti, non identificati, ma che possono essere indirizzati per
interventi che si rendano necessari. Pertanto, qualora a seguito dell’elaborazione dei dati sulla base di
quanto sopra indicato, gli obiettivi di qualità non siano raggiunti, si provvederà a prendere contatto con
ATO ed HERA al fine di predisporre i risanamenti/miglioramenti/collettamenti sugli impianti che ancora
rendessero problematico il raggiungimento degli obiettivi.
ARPA Ingegneria Ambientale ha pertanto nuovamente elaborati i dati ed è pervenuta alla conclusione che:
“Province di Forlì-Cesena e Ravenna – miglioramenti conseguibili per Ronco, Bevano e Rubicone
Le due Province sono esaminate congiuntamente in quanto sia per il Ronco che per il Bevano la porzione
più a monte è posta a Forlì-Cesena, quella di valle a Ravenna. Sulla base delle cospicue azioni indicate
per il Ronco, anche nella sua porzione di valle, si ritiene che possa raggiungere l’obiettivo di buono al
2016. …..Per il Torrente Bevano e il fiume Rubicone si ottengono punteggi prossimi o molto prossimi al
minimo che serve per la condizione sufficiente”
Pertanto, alla luce delle considerazioni suesposte che tengono conto dei livelli di inquinamento attuali,
come peraltro già ipotizzato anche dal PTA regionale, per il fiume Rubicone, per il Torrente Bevano e il
Fiume Uso si ritiene accettabile il raggiungimento, al 15.12.2015 del livello di qualità 3, corrispondente
al “sufficiente” anziché “buono”.
76

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4.3 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE SULL'INSIEME DELLE AZIONI
IPOTIZZATE
La stesura del Piano di Tutela delle Acque della Provincia di Forlì – Cesena rappresenta una occasione
per dare una definitiva connotazione prescrittiva ad azioni di tutela qualitativa e quantitativa della risorsa.
I periodi siccitosi, che sino a qualche anno fa erano intervallati fra loro da periodi con alta piovosità, sono
sempre più frequenti e mettono a dura prova il sistema. Quindi, al di là dei dati, delle percentuali di
abbattimento degli inquinanti, delle ipotesi di intervento che si possono fare, resta comunque un fatto: è
ormai dimostrato che l’acqua è diventata un bene sempre più prezioso perché, anche nelle nostre realtà,
sempre più scarso. Combattere gli sprechi è quindi la prima azione che ciascuno deve compiere.
E’ quindi inevitabile prevedere il risparmio della risorsa idrica superficiale combattendone gli sprechi ma,
al contempo, è altresì necessario limitare l’emungimento sotterraneo al quale è legata la subsidenza.
Il Piano pertanto indicherà quali azioni di salvaguardia (cautele nei prelievi nelle zone critiche) e di
controllo (conteggio dei volumi prelevati) sono giudicate presupposto indispensabile per una
pianificazione sostenibile dell’uso dell’acqua, nonché tutte le altre azioni di risparmio, razionalizzazione e
riutilizzo della risorsa.
Se non è possibile riconvertire totalmente l’agricoltura verso produzioni meno idroesigenti, è auspicabile
che, almeno, venga condotta una politica, anche mediante concessione di contributi, che indirizzi gli
agricoltori verso scelte legate al risparmio idrico: ad esempio l’aridocoltura comprende innumerevoli
tecniche capaci di conservare l’acqua, incrementando l’accumulo di acqua nel suolo, limitando le perdite
per evaporazione e ruscellamento, scegliendo varietà e portainnesti capaci di sfruttare meglio l’acqua
meteorica ed irrigua.
La selezione delle tecniche irrigue in rapporto alla disponibilità della risorsa è, fra l’altro prevista all’art.
67 delle NTA del Piano Regionale.
E’ competenza dei Consorzi di Bonifica la redazione dei Piani di Conservazione per il risparmio idrico in
agricoltura. Analoghi Piani di conservazione saranno successivamente redatti anche dalla Provincia e
prevederanno la regolamentazione degli invasi aziendali o interaziendali a basso impatto ambientale
(es.gli invasi dovranno permettere l’autosufficienza e pertanto divieto di attingimento nei mesi estivi)
sistemi di microbacini per la raccolta delle acque meteoriche, o degli sbarramenti con modalità ecocompatibili
di impluvi generalmente asciutti e rii di ordine minore.
77

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Richiamandoci all’art. 68 comma 5 delle NTA che prevede il divieto alla perforazione di nuovi pozzi
irrigui negli areali che presentano una idonea disponibilità di risorsa idrica superficiale di provenienza
consortile, nonché in quelli che evidenziano criticità per prelievi eccessivi dalle falde (subsidenza,
ingressione salina) sarà opportuno prevedere particolari cautele soprattutto nelle zone delle conoidi e
nella zona della costa. Peraltro, anche nella zona di pianura sarà opportuno regolamentare il sistema degli
acquiferi profondi.
Inoltre, con successivi provvedimenti, saranno individuate e cartografate le zone con un trend di
subsidenza > 0,6 cm/anno nelle quali dovrà essere applicato quanto previsto dalle Norme del presente
Piano.
Come già citato, infine, preme la condivisione in merito alla opportunità di dotare progressivamente il
sistema dei prelievi delle fonti sia superficiali che sotterranee di strumenti di misura dei volumi prelevati
(contatori), non tanto, o non solo, per considerazioni di tipo economico, quanto come presupposto
indispensabile per la formulazione del bilancio idrico di bacino prescritto dalla normativa vigente.
Sarà inoltre intensificata l’attività di controllo sul territorio, volta ad evitare gli abusi che danneggiano
soprattutto gli utenti virtuosi.
Per quanto riguarda i programmi di misure per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici,
prendiamo a riferimento le misure obbligatorie previste dalla Regione: a parte il rispetto del DMV e le
azioni di risparmio e razionalizzazione della risorsa nei comparti civile, agricolo e industriale, esse sono
sostanzialmente rivolte alla tutela qualitativa dei corpi idrici e riguardano:
- l’applicazione della disciplina degli scarichi delle acque reflue urbane, con tipologie di trattamento
specifiche per gli agglomerati dai quali provengono;
- applicazione di trattamenti più spinti del secondario sia per il fosforo che per l’azoto a seconda
dell’agglomerato di appartenenza;
- la disinfezione degli scarichi sui depuratori oltre i 10.000 A.E.,
- il contenimento degli apporti ai suoli di concimazioni chimiche e di effluenti zootecnici secondo i
disciplinari di buona pratica agricola e la valutazione di nuovi carichi connessi agli effluenti zootecnici ai
sensi del P.A.N. di cui alla deliberazione di Assemblea legislativa n. 96/2007,
- per le aziende industriali ricadenti nell’ambito di applicazione della normativa IPPC riduzione degli
apporti inquinanti
Tali azioni, in quanto obbligatorie, sono già state applicate.
Per altre azioni obbligatorie, il presente Piano, in particolare la predisposizione del Piano di indirizzo per
il contenimento del carico inquinante veicolato dalle acque di prima pioggia (che deve essere redatto dalla
Provincia di concerto con ATO, con la collaborazione del gestore del Servizio Idrico Integrato ed
78

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
approvato dalla stessa Provincia (art. 28 delle NTA) gli uffici preposti stanno predisponendo le necessarie
relazioni.
Per quanto riguarda le misure di risparmio per il settore civile nella fase di adduzione e distribuzione di
cui all’art. 64 delle NTA l’Agenzia di Ambito Territoriale Ottimale di Forlì Cesena ha predisposto il Piano
di Conservazione della Risorsa, già citato nella presente relazione ove sono individuate le misure
finalizzate a contenere i consumi alle utenze, le misure finalizzate a migliorare l’efficienza dei sistemi
acquedottistici nonché le misure finalizzate a razionalizzare gli usi e i prelievi della risorsa idrica.
In particolare il Piano di Conservazione della risorsa, nella parte finalizzata a razionalizzare gli usi e i
prelievi della risorsa idrica prevede il recepimento degli obiettivi del PCR nei regolamenti edilizi, del
recupero, per usi compatibili, delle acque meteoriche e delle acque grigie.
Questo particolare aspetto si ritiene di particolare importanza e le Norme del presente Piano conterranno
la previsione secondo la quale i regolamenti edilizi dei Comuni, a far tempo da una data che sarà valutata
e comunque dando il tempo di recepire quanto dovuto, dovranno prevedere, quanto meno nelle nuove
lottizzazioni, la realizzazione di reti duali di adduzione ai fini dell’utilizzo almeno delle acque
meteoriche.
Per quanto riguarda le misure di risparmio per il settore industriale il presente Piano prevederà, ai sensi
dell’art. 65 delle NTA, oltre all’obbligo di misurazione dei prelievi dalle falde e dalle acque superficiali,
che i Comuni si dotino di disposizioni normative inserite negli strumenti urbanisti che, ove possibile,
subordinino le nuove espansioni produttive o le ristrutturazioni di quelli esistenti, alla realizzazione di reti
duali di adduzione ai fini dell’utilizzo di acque meno pregiate e/o all’introduzione di tecnologie per la
riduzione
Sarà inoltre importante definire, per gli emungimenti dalle falde, canoni differenziati che incentivino
l’efficienza dell’uso dell’acqua nei processi produttivi.
79

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4.4 DISCIPLINA PER LA SALVAGUARDIA DELLE ACQUE DESTINATE AL
CONSUMO UMANO
Particolare rilievo riveste la disciplina per la salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee
destinate al consumo umano.
Le Norme del PTA Regionale dettano specifiche previsioni in merito a:
➢ zone di tutela assoluta e zone di rispetto per le quali sarà necessario attendere la specifica
direttiva regionale;
➢ competenze in materia di zone di protezione:
➔ delle acque sotterranee nel territorio di pedecollina-pianura
➔ delle acque superficiali
➔ delle acque sotterranee in territorio collinare e montano
all’interno delle zone di protezione come sopra individuate sono inoltre ulteriormente previste:
➔ aree di ricarica della falda
➔ emergenze naturali della falda
➔ zone di riserva
la delimitazione delle aree di ricarica delle zone di protezione delle acque sotterranee nel
territorio di pedecollina-pianura e la delimitazione delle zone di protezione delle acque
superficiali sono state effettuate dal PTA (tav. 1 e fig. 1.18 par. 1.3.4.3.3 della Relazione
generale).
E’ demandata al Piano provinciale la delimitazione delle aree di ricarica delle zone di protezione delle
acque sotterranee in territorio collinare-montano, l’individuazione delle emergenze naturali della falda
nonché la delimitazione delle zone di riserva, su proposta dell’ATO.
Per cui, riepilogando brevemente, le delimitazioni di competenza della Provincia, risultano le seguenti:
➢ zone di protezione delle acque sotterranee:
➔ in pedecollina pianura – area di ricarica della falda –idonea rappresentazione della tav. 1
✗ emergenze naturali della falda
✗ zone di riserva
➢ zona di protezione acque superficiali- area di ricarica – idonea rappresentazione della fig. 1.18
par. 1.3.4.3.3 della relazione generale
➢ zona di protezione acque sotterranee
➔ in collina montagna - – area di ricarica della falda
✗ emergenze naturali della falda
✗ zone di riserva
Il PTA regionale individua in dettaglio, i criteri e le metodologie da seguire per la delimitazione spaziale,
a scala provinciale, delle zone di protezione.
80

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4.4.1 Zone di protezione delle acque sotterranee nel territorio di pedecollina pianura
Per quanto riguarda le zone di protezione delle acque sotterranee nel territorio di pedecollina pianura, la
Provincia di Forlì Cesena, analogamente a quanto effettuato da diverse altre Province, ha conferito un
apposito incarico al Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia Romagna il quale,
avendo partecipato alla stesura del Piano Regionale, era in possesso dei dati e delle conoscenze necessarie
per delimitare dette zone.
Le zone di protezione delle acque sotterranee nel territorio di pedecollina pianura sono articolate in -
aree di ricarica della falda
- emergenze naturali o fontanili
- zone di riserva, in riferimento alla presenza di risorse non ancora destinate al consumo umano, ma
potenzialmente sfruttabili per captazioni da realizzare nell’ambito degli interventi programmati
dall’ATO.
Per quanto riguarda le aree di ricarica della falda, sono a loro volta suddivise in:
• settori di ricarica di tipo A: aree caratterizzate da ricarica diretta della falda, generalmente a ridosso
della pedecollina, idrogeologicamente identificabili come sistema monostrato, contenente una falda
freatica in continuità con la superficie da cui riceve alimentazione per infiltrazione
• settori di ricarica di tipo B: aree caratterizzate da ricarica indiretta della falda, generalmente comprese
tra la zona A e la media pianura, idrogeologicamente identificabile come sistema debolmente
compartimentato in cui alla falda freatica superficiale segue una falda semiconfinata in collegamento
per drenanza verticale;
• settori di ricarica di tipo C: bacini imbriferi di primaria alimentazione dei settori di tipo A e B;
• settori di ricarica di tipo D: fasce adiacenti agli alvei fluviali con prevalente alimentazione laterale
subalvea.
Si riporta la relazione consegnata dal Servizio Regionale:
“””
4.4.1.1 Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia-Romagna
Premessa
Il presente lavoro è stato eseguito nell’ambito di una collaborazione tra il Servizio Geologico, Sismico e
dei Suoli della Regione Emilia-Romagna, ed il Servizio Ambiente e Sicurezza del Territorio della
Provincia di Forlì-Cesena relativa alla realizzazione del Piano di Tutela delle Acque della Provincia di
Forlì-Cesena, ed è finalizzato in particolare alla definizione alla scala provinciale delle “Zone di
Protezione delle acque sotterranee: aree di ricarica” nel territorio di pedecollina-pianura della Provincia di
Forlì-Cesena.
81

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Tali zone erano state precedentemente definite a scala regionale dalle perimetrazioni della Tavola 1 del
Piano di Tutela delle Acque (d’ora in poi PTA) della Regione Emilia-Romagna, approvato dall'Assemblea
Legislativa con Deliberazione n. 40 del 21 dicembre 2005.
La metodologia seguita dal PTA regionale prevede l’individuazione di quattro differenti settori in cui le
zone di protezione delle acque sotterranee vengono divise (A, B, C, e D). La cartografia regionale
definisce tali settori in scala 1:250.000, indicando per il settore B anche una fascia da sottoporre ad
approfondimenti. Tale fascia da sottoporre ad approfondimenti è presente anche nel territorio della
Provincia di Forlì-Cesena, dove interessa la zona delle conoidi alluvionali dei fiumi Ronco e Rabbi,
comprese tra gli abitati di Forlì e Forlimpopoli.
Nella presente relazione viene illustrata la metodologia seguita per la definizione cartografica a scala
provinciale dei quattro settori che compongono le “Zone di protezione delle acque sotterranee: Zone di
ricarica” in Provincia di Forlì-Cesena. Si precisa che la metodologia seguita è del tutto analoga a quella
che il Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia-Romagna ha usato per trattare le
stesse tematiche nella Provincia di Modena, Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia, e Rimini.
La metodologia seguita ha quindi permesso di definire la "fascia da sottoporre ad approfondimenti" del
settore B, ed anche di definire meglio il settore A, B e C in tutto l’areale della Provincia di Forlì-Cesena.
La definizione a scala provinciale dei quattro settori delle zone di protezione è stata coordinata dal dott.
Paolo Severi del Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia-Romagna, i lavori sono
stati svolti dal dott. Stefano Pezzi, appositamente incaricato dal Servizio Ambiente e Sicurezza del
Territorio della Provincia di Forlì-Cesena.
I lavori sono stati condotti a stretto contatto con il Servizio Ambiente e Sicurezza del Territorio della
Provincia di Forlì-Cesena.
Metodologia seguita e risultati ottenuti
Al fine di effettuare gli adeguamenti richiesti dal PTA regionale si è fatto riferimento alla metodologia
indicata nello stesso Piano regionale (si veda la Relazione generale del PTA, pagine 104-110).
In sintesi, la definizione metodologica dei settori A e B prende in considerazione dati di tipo geologico, quali la profondità degli acquiferi dal
piano campagna e loro caratteristiche geometriche; e di tipo idrogeologico, come le caratteristiche delle oscillazioni piezometriche dei punti di
monitoraggio, e i trend dei nitrati nei punti di controllo. Per definire il settore C viene considerata la distribuzione dei bacini imbriferi di primaria
alimentazione dei settori A e B. Mentre le zone D sono definite nel PTA regionale in modo geometrico, con una larghezza di 250 metri per lato a
destra e sinistra dei fiumi nel loro percorso all’interno dei settori A e B.
Settori A e B
Con l’obiettivo di operare un approfondimento di scala rispetto ai limiti regionali delle Zone di
Protezione, per i settori A e B, si sono considerati i seguenti elementi.
• Analisi dei dati qualitativi e quantitativi delle acque sotterranee
Nel rispetto della metodologia indicata dal PTA, si sono analizzati i dati qualitativi e quantitativi delle
acque sotterranee ricadenti nell’area interessata dalle zone di protezione definite nel PTA regionale, e
presenti in un intorno di alcuni chilometri, verso valle, verso monte e verso est ed ovest. Si sono valutati i
82

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
punti di monitoraggio della rete di controllo delle acque sotterranee della Regione Emilia-Romagna. In
particolare sono stati analizzati 19 pozzi di tale rete (dati di livello piezometrico dal 1976 al 2006, dati di
qualità delle acque dal 1987 al 2006). L’elenco di tutti i dati analizzati è riportato all’allegato 1, l’allegato
1 contiene anche un elenco dei pozzi che sono risultati più utili alla definizione dei nuovi limiti, nonché
un loro commento rispetto alle variabili analizzate.
La figura 1 mostra i pozzi di monitoraggio presenti nella zona oggetto di analisi, sono indicati sia i pozzi
della rete di monitoraggio regionale che quelli della rete di monitoraggio del Programma “SINA”, della
quale si dirà più avanti. La figura 1 mostra anche i limiti delle zone di protezione così come indicati nel
PTA regionale.
figura 1: distribuzione dei punti di monitoraggio utilizzati per i dati sulle acque sotterranee. In blu i punti
della rete regionale, in rosso i punti della rete “SINA”. La figura indica inoltre i limiti delle zone di
protezione del PTA regionale (zona A verde scuro, zona B giallo, zona B da sottoporre ad
approfondimenti azzurro, zona C verde chiaro, zona D retino trasversale grigio).
Al fine di classificare ogni punto nel suo proprio settore di appartenenza, si è valutato:
1. per quel che riguarda le oscillazioni piezometriche, si considerano appartenenti al settore B quei
punti in cui le oscillazioni stagionali siano solitamente maggiori di 2 metri;
2. per quel che riguarda la parte qualitativa si considerano nel settore A quei punti in cui il valore dei
nitrati subisca delle variazioni rapide, mentre trend dei nitrati regolari e continui indicano
appartenenza al settore B. Si sottolinea come per il settore A ci fossero pochissimi punti a
disposizione.
83

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Questa analisi ha permesso di definire in modo corretto la "fascia da sottoporre ad approfondimenti" del
settore B ed anche di riposizionare in modo più adeguato il settore B nelle sue zone nord (allargamento
nell’area a sud ovest di Forlì ed a nord ovest di Cesena)
• Analisi della cartografia geologica disponibile
Nel rispetto della metodologia indicata dal PTA, si sono analizzate le cartografie geologiche elaborate dal
Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia-Romagna, sia pubblicate, che in corso di
pubblicazione. In particolare si è analizzata la carta geologica in scala 1:10.000, e la carta geologica in
scala 1:50.000, quest’ultima particolarmente utile perché disponibile anche nel settore di pianura, ed
anche con informazioni sulla geologia di sottosuolo.
Da questo punto di vista si sottolinea che il settore di ricarica di tipo A, ovvero l’area di ricarica diretta
della falda, identificabile come un sistema monostrato in continuità con la superficie, è caratterizzato
dalla presenza di ghiaie, che a partire dal piano campagna proseguono nel sottosuolo per decine di metri.
Il settore di tipo B si sviluppa invece a valle e lateralmente rispetto al settore A.
Questa analisi ha permesso di riposizionare in modo migliore il limite del settore A in tutte le conoidi
della provincia e di individuare in modo corretto il limite di monte del settore B.
• Analisi dei gradienti idraulici deducibili da carta piezometrica
Nel rispetto della metodologia indicata dal PTA, si sono inoltre analizzati i gradienti idraulici delle acque
sotterranee nell’area di interesse; la metodologia indicata dal PTA dice infatti che il settore A è
caratterizzato dai gradienti idraulici più elevati tra quelli osservabili in pianura.
A tal fine si è analizzata la “Carta idrogeologica della prima falda” messa a disposizione dal Comune di
Forlì, che è stata appositamente georeferenziata al fine di poterla confrontare in modo diretto con tutte le
altre basi dati disponibili.
Questa analisi ha concorso, assieme alle carte geologiche di sottosolo di cui al punto precedente, alla
definizione del settore A per la conoide del Rabbi e del Ronco.
• Analisi degli studi per la realizzazione della nuova cartografia di vulnerabilità regionale
Nel rispetto della metodologia indicata dal PTA, si sono inoltre analizzate le elaborazioni cartografiche di
supporto ai lavori relativi alla stesura di una nuova Carta Regionale della Vulnerabilità (determinazione n.
6636 del 6/7/2001 della Direzione Ambiente e Difesa del Suolo e della Costa della Regione Emilia-
Romagna). Si tratta, in particolare, della proposta di nuova carta regionale di vulnerabilità, derivante dalla
carta della profondità delle ghiaie dal piano campagna e dalla carta del grado di protezione del sistema
suolo-clima-coltura. In estrema sintesi questa carta è stata costruita inizialmente individuando le zone
caratterizzate dalla presenza di ghiaie a profondità inferiori a 10 metri dal piano campagna. Nelle aree
così individuate, si sono considerate le caratteristiche dei suoli, unitamente al clima ed al tipo di coltura
presente. Da ultimo sono state individuate le zone in cui le proprietà dei suoli precludono o inibiscono in
84

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
modo importante il deflusso idrico verso il basso, cioè le zone in cui non può di fatto avvenire la ricarica
delle falde. Si precisa che nel PTA regionale questa carta è stata utilizzata, assieme alle elaborazione
idrogeologiche più sopra ricordate, per la definizione esterna del settore B.
Questa analisi ha concorso alla delimitazione del settore D per il Montone, il settore A nel Rabbie e nel
Ronco e Savio.
In questa sede, e analogamente a quanto fatto per le altre province dell’Emilia-Romagna, per ottenere
una migliore e più dettagliata definizione cartografica dei tematismi trattati, si è scelto di integrare la
metodologia del PTA regionale attraverso lo svolgimento delle seguenti attività.
• Analisi dei dati disponibili sulla geochimica isotopica delle acque sotterranee
E’ stata considerata l’entità della ricarica stagionale dell’acquifero sulla base dei dati geochimicoisotopici
delle acque sotterranee disponibili su scala regionale grazie ai risultati del “Progetto operativo
Monitoraggio Acque – Indagine di idrologia isotopica”, sviluppato nell’ambito del Programma SINA
(Sistema Informativo Nazionale Ambientale). Dal punto di vista concettuale la percentuale della ricarica
annuale viene indicata dal valore della differenza del delta 18 O rilevata nelle due campagne annuali
disponibili: valori alti di questa differenza indicano una ricarica stagionale importante, e quindi forte
vicinanza alle zona di ricarica. Va sottolineato che l’utilizzo di dati geochimica-isotopici è suggerita dalla
metodologia del PTA regionale per quanto concerne la definizione del settore A. La distribuzione dei
punti analizzati è riportata nella figura 1, i pozzi analizzati di interesse per l’area in esame sono 11.
L’elenco di questi pozzi è riportato nell’allegato 1, dove, i più significativi, vengono anche brevemente
commentati.
Questa analisi ha concorso alla definizione del settore B da sottoporre ad approfondimenti.
• Analisi della cartografia di vulnerabilità disponibile nella Provincia di Forlì-Cesena
Per l’importante contenuto tecnico che contengono, è stata inoltre analizzata la “Carta della vulnerabilità
all’inquinamento dell’acquifero principale – Pianura emiliano-romagnola delle province di Bologna,
Ferrara, Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini (CNR GNDCI, 2001). Tale carta è stata georeferenziata e messa
a confronto con tutte le altre base dati disponibili.
Questa analisi ha concorso alla delimitazione del settore B verso nord in tutto l’areale della provincia di
Forlì-Cesena.
Settore C
Con l’obiettivo di operare un approfondimento di scala rispetto ai limiti regionali delle Zone di
Protezione per il settore C, si è considerata, sulla base di quanto indicato nel PTA regionale, la
distribuzione dei microbacini imbriferi montani contigui ai settori A e B. Ciò ha permesso di definire nel
giusto modo il settore C rispetto al suo limite di monte. Il limite del settore C verso la pianura ovvero con
85

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
gli altri settori B, A e D, è stato invece definito grazie all’osservazione della carta geologica in scala
1:10.000, già citata più sopra.
Settore D
Per quel che riguarda il settore D delle zone di protezione, sono state presi in considerazione i dati relativi
alla carta geologica in scala 1:10.000, grazie ai quali è stato possibile gli ambiti di terrazzo alluvionale più
prossimi ai diversi corsi d’acqua. Per la zona del comune di Forlì si è inoltre considerata la già citata
“Carta idrogeologica della prima falda” messa a disposizione dal Comune di Forlì considerando come
appartenenti nel settore D le aree indicate in detta carta come “acquiferi di fondovalle”. Si sottolinea
come questa correzione abbia consentito di operare un deciso cambiamento rispetto a quanto indicato nel
PTA regionale, dove il limite del settore D era dedotto semplicemente secondo un criterio geometrico.
Questa analisi ha permesso di ridefinire il settore d delle aree di protezione su in tutto l’areale della
provincia di Forlì-Cesena.
Conclusioni
Il lavoro svolto ha permesso di definire con il dettaglio necessario per la scala provinciale le
“Zone di Protezione delle acque sotterranee: aree di ricarica”, nel territorio di pedecollinapianura
della Provincia di Forlì – Cesena .
La definizione delle Zone di Protezione è stata coordinata dal dott. Paolo Severi del
Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia-Romagna, i lavori sono stati
svolti dal dott. Stefano Pezzi, appositamente incarico dal Servizio Ambiente e Sicurezza del
Territorio della Provincia di Forlì-Cesena. I lavori sono stati condotti a stretto contatto con
il Servizio Ambiente e Sicurezza del Territorio della Provincia di Forlì-Cesena.
Tutto il materiale elaborato è stato realizzato direttamente in formato digitale ed è già stato
trasmesso ai tecnici della Provincia di Forlì – Cesena.
Il risultato del lavoro svolto è mostrato nella figura 2 “Zone di Protezione delle acque
sotterranee: aree di ricarica”, nel territorio di pedecollina-pianura della Provincia di Forlì-
Cesena.
86

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
figura 2: “Zone di Protezione delle acque sotterranee: aree di ricarica”, nel territorio di
pedecollina-pianura della Provincia di Forlì – Cesena. In barrato rosso le zone A, in barrato
blu le zone B, in barrato arancio le zone D, in barrato verde le zone C.
Sulla base della metodologia adottata l’estensione delle aree di protezione definite a scala
provinciale risulta in aumento rispetto al PTA regionale per il settore A, B e D, ed in
diminuzione per il settore C.
Si precisa da ultimo che i tecnici del Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli rimangono a
disposizione per ogni eventuale ulteriore chiarimento e approfondimento rispetto alla
cartografia fornita ed, in generale, alle tematiche qui trattate.
87

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Allegato 1
Dettaglio dei dati derivanti dalle reti di monitoraggio delle acque sotterranee.
Rete di controllo delle acque sotterrane della Regione Emilia-Romagna
Si sono analizzati i seguenti 19 pozzi ricadenti nell’area di interesse.
FC02-00, FC03-01, FC03-02, FC04-00, FC06-00, FC14-00, FC14-01, FC20-01, FC26-00, FC28-00,
FC28-01, FC50-00, FC71-00, FC73-00, FC75-00, FC80-00, FC83-00, FC85-00, FC90-00.
Coerentemente con la metodologia sopra indicata tutti questi dati sono stati analizzati per quel che
riguarda:
➢ il trend del livello piezometrico;
➢ l’evoluzione dei nitrati nel tempo.
Rete relativa a dati geochimico-isotopici disponibili su scala regionale grazie al Programma “SINA”
Si sono analizzati i seguenti 11 pozzi ricadenti nell’area di interesse.
Rete “SINA” (11 pozzi) : I-FC-02, I-FC-03, I-FC-15, I-FC-16, I-FC-21, I-FC-25, I-FC-26, I-FC-27, I-FC-
31, I-FC-36, I-FC-38.
Coerentemente con la metodologia sopra indicata di questi pozzi si è valutata la differenza tra il valore
dell’ 18 O nelle due campagne effettuate, diagnostica dell’entità della ricarica stagionale e quindi della
vicinanza alle zone di ricarica.
Ai fini dell’individuazione del nuovo limite del settore B delle zone di protezione qui proposto, i pozzi in
assoluto diagnostici sono indicati qui di seguito. Resta inteso che tutti gli altri pozzi presenti nella zona di
studio, supportano la scelta qui effettuata.
Di seguito vengono commentati per ogni singolo pozzo i dati relativi alle variabili analizzate, ed il ruolo
che hanno svolto per la definizione del nuovo limite.
FC 02-00 (Rete regionale)
Non compreso nel settore B che necessita di approfondimenti.
Geologia: Il pozzo è profondo 30 m e capta nell’acquifero A1 (filtri non noti).
Piezometria: il trend piezometrico mostra variazioni stagionali, in soli due casi l’escursione piezometrica
annua supera i 2 m.
Nitrati: il trend dei nitrati si mostra in crescita nel tempo con andamento a tratti irregolare.
Sulla base di questi dati il pozzo in questione non è compreso nel settore B.
FC 03-01 (Rete regionale):
Compreso nel settore B che necessita di approfondimenti.
Geologia: Il pozzo è profondo 45 m e capta nell’acquifero A1 (filtri non noti).
Piezometria: il trend piezometrico mostra spesso variazioni stagionali, in alcuni casi l’escursione
piezometrica annua supera i 2 m.
88

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Sulla base di questi dati il pozzo in questione è stato incluso nel settore B.
FC 03-02 (Rete regionale):
Compreso nel settore B che necessita di approfondimenti.
Geologia: profondità del pozzo 4 4m, e capta nell’acquifero A1 (filtri da 38 a 44 m)..
Piezometria: il trend piezometrico mostra variazioni stagionali, in molti casi l’escursione piezometrica
annua superi i 2 m.
Nitrati: il trend dei nitrati si mostra in crescita nel tempo con andamento a tratti irregolare.
Sulla base di questi dati il pozzo in questione è stato incluso nel settore B.
FC 04-00 (Rete regionale):
Compreso nel settore B che necessita di approfondimenti.
Geologia: Il pozzo è profondo 43 m e capta nell’acquifero A1 (filtri non noti).
Piezometria: il trend piezometrico mostra variazioni stagionali, in molti casi l’escursione piezometrica
annua supera i 2 m.
Sulla base di questi dati il pozzo in questione è stato incluso nel settore B.
FC 06-00 (Rete regionale):
Non compreso nel settore B.
Geologia: Il pozzo è profondo 70m e capta nell’acquifero A (filtri non noti).
Piezometria: il trend piezometrico mostra continue variazioni stagionali, quasi sempre l’escursione
piezometrica annua supera i 2 m.
Nitrati: il trend dei nitrati si mostra regolare nel tempo, con valori compresi tra

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Sulla base di questi dati il pozzo in questione è stato incluso nel settore B.
I-FC-36 (Rete Sina):
Non compreso nel settore B che necessita di approfondimenti.
Geologia: Il pozzo è profondo 40 m e capta nell’acquifero A.
Valore della differenza dell’ 18 O: 0.11 delta 18 O.
Sulla base di questi dati il pozzo in questione è stato incluso nel settore B.
I-FC-02 (Rete Sina):
Compreso nel settore B che necessita di approfondimenti.
Geologia: Il pozzo è profondo 75 m e capta nell’acquifero A (filtri da 60 a 67 m).
Valore della differenza dell’ 18 O: 0,3 delta 18 O.
Sulla base di questi dati il pozzo in questione è stato incluso nel settore B.
I-FC-25 (Rete Sina):
Compreso nel settore B che necessita di approfondimenti.
Geologia: Il pozzo è profondo 36,25 m e capta nell’acquifero A1 (filtri da 26 a 36 m).
Valore della differenza dell’ 18 O: 0,04 delta 18 O.
Sulla base di questi dati il pozzo in questione resta escluso dal settore B.
I-FC-21 (Rete Sina):
Non compreso nel settore B che necessita di approfondimenti.
Geologia: Il pozzo è profondo 88 m e capta nell’acquifero A (filtri da 83 a 88 m).
Valore della differenza dell’ 18 O: 0,06 delta 18 O.
Sulla base di questi dati il pozzo in questione resta escluso dal settore B.
“””
90

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Ovviamente la cartografia di riferimento è consultabile all’apposita sezione del sito della Provincia di
Forlì Cesena in opportuna scala.
Ad avvenuta delimitazione delle zone di protezione delle acque sotterranee del territorio di pedecollina
pianura, è ora competenza del Piano Provinciale di Tutela delle Acque, variante al PTCP, stabilire all’atto
della redazione delle NTA, le disposizioni finalizzate alla tutela qualitativa e quantitativa delle risorse
idriche sotterranee, in riferimento all’utilizzo idropotabile. Tali disposizioni saranno articolate in
riferimento alla delimitazione compiuta dal Servizio Geologico della Regione e prevederanno quanto
disposto all’art. 45 delle Norme Tecniche di Attuazione.
Le norme di cui sopra saranno inoltre strettamente correlate a quanto già previsto nel PTCP art. 28 “zone
di tutela dei corpi idrici superficiali e sotterranei”, nonché all’art. 49 “ulteriori disposizioni di tutela dei
corpi idrici superficiali e sotterranei”.
4.4.2 Zone di protezione delle acque superficiali
Le NTA del Piano Regionale di Tutela delle Acque prevedono la delimitazione cartografica in opportuna
scala anche della fig. 1.18 del par. 1.3.4.3.3 della relazione generale relativa alle “zone di protezione delle
acque superficiali”.
La delimitazione cartografica di dette zone è riportata nella tavola 4 bis; si sono utilizzati i riferimenti
forniti da ARPA Ingegneria Ambientale.
Le NTA del presente Piano detteranno le disposizioni per la tutela di dette zone ai sensi dell’art. 46 delle
NTA del Piano Regionale.
4.4.3 Zone di protezione delle acque sotterranee in territorio collinare e montano
Per le zone di protezione delle acque sotterranee in territorio collinare e montano è stato necessario
procedere con una delimitazione esatta secondo quanto previsto all’art. 44 lettera c) delle NTA del Piano
Regionale e sulla base della fig. 1.17 del par. 1.3.4.3.2 della Relazione Generale del Piano Regionale.
Si è pertanto provveduto a chiedere la collaborazione del Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della
Regione Emilia Romagna che ha provveduto a rielaborare la cartografia con l'inserimento di ulteriori
elementi forniti dalla Provincia di Forlì Cesena ed a consegnare la relazione che si riporta di seguito:
91

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
“””
4.4.3.1 Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia Romagna
LE ZONE DI PROTEZIONE DELLE ACQUE SOTTERRANEE, APPENNINO FORLIVESE E
CESENATE.
Relazione Illustrativa
(a cura di Maria Teresa De Nardo, Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli, Regione Emilia-Romagna
Viale Silvani 4/3, 40122 Bologna)
1. Premessa
In base alla richiesta pervenuta con lettera prot. PG 2009.0016175 del 23-1-2009, il Servizio Ambiente e
Sicurezza del Territorio della Provincia di Forlì-Cesena ha richiesto la collaborazione del Servizio
Geologico regionale, per lo svolgimento delle seguenti attività:
➢ Individuazione delle emergenze naturali della falda, attraverso l’acquisizione e sintesi,
relativamente all’area appenninica forlivese e cesenate, delle basi dati sulle sorgenti, ricavabili da
censimenti e banche dati disponibili presso la Provincia ed altri Enti
➢ elaborazione di cartografie tematiche per l’individuazione delle “rocce-magazzino” 1 o aree di
ricarica, propedeutiche alla delimitazione delle zone di protezione delle acque sotterranee in
ambito collinare e montano, in attuazione del Piano di Tutela delle Acque.
➢ delimitazione delle “aree di possibile alimentazione” delle sorgenti utilizzate per il
consumo umano.
Queste analisi territoriali sono finalizzate all’aggiornamento del quadro conoscitivo del PTCP, a costituire
variante in adeguamento al Piano di Tutela delle Acque (PTA), nell’ambito dell’elaborazione del Piano
provinciale di Tutela delle Acque (PPTA). Il metodo utilizzato nelle analisi territoriali prescritte è
illustrato nella Relazione generale del PTA, a cui chi scrive ha contribuito per lo specifico argomento
(Par. 1.3.4.3), avvalendosi dei risultati di cartografie pubblicate dal Servizio Geologico (“Schema
Direttore della Pericolosità Geoambientale” , Viel et alii, 2003).
Le cartografie tematiche predisposte descrivono i costituenti fondamentali delle zone di protezione delle
acque sotterranee nell’ambito collinare e montano della Provincia di Forlì-Cesena, come specificato
dall’art. 44, comma 1, punto c) delle Norme del PTA.
Si descrivono sinteticamente i contenuti delle basi dati e cartografie predisposte, come risultato della
collaborazione tra i due Enti. Oltre a chi scrive, le attività sono state svolte dal collega Stefano Segadelli
del Servizio Geologico, Simico e dei Suoli; è stata fondamentale la collaborazione con la referente per la
1 Con il termine informale e intuitivo di “rocce-magazzino” si indicano le unità geologiche sede dei principali
acquiferi nell’ambito collinare e montano (da:“Schema Direttore della Pericolosità Geoambientale” , Viel et alii,
2003).
92

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Provincia, Liana Bovelacci, Responsabile dell’Ufficio Pianificazione, Reflui Idustriali e Fanghi, e con
Stefano Guardigli dell’Ufficio di Protezione Civile, che ha provveduto al raccolta e consegna dei dati
relativi agli archivi sulle sorgenti di più recente acquisizione da parte della Provincia. Lo svolgimento di
tali attività è stato reso possibile grazie all’impegno del Responsabile del Servizio Geologico regionale,
dott. Raffaele Pignone.
2. Individuazione delle emergenze naturali della falda (art. 44 PTA).
2.1 Le basi dati utilizzate
Sin dal 1999 presso il Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli è in corso il censimento delle sorgenti
nell’area dell’Appennino emiliano-romagnolo, come contributo alla realizzazione del “catasto dei punti
d’acqua” che le Regioni dovevano formare in base al dlgs 152/99. Per la preparazione del già citato
“Schema Direttore della Pericolosità Geoambientale”, nel 2000 erano stati acquisiti dalla Provincia di
Forlì-Cesena i dati informatizzati sull’ubicazione delle sorgenti, ricavate dal PTCP allora vigente. Anche
sulla base di quelle 156 scaturigini così censite era stata effettuata una prima delimitazione delle “roccemagazzino”
nell’area dell’Appennino forlivese e cesenate (e nell’Appennino emiliano-romagnolo più in
generale); tale cartografia era stata quindi indicata come primo riferimento dal PTA, essendo
propedeutica ai prescritti approfondimenti da parte dei PTC provinciali per l’individuazione delle zone di
protezione delle sorgenti (art. 43). L’approfondimento per il settore montano della provincia di Forlì-
Cesena è descritto in questa Relazione e la cartografia elaborata va a dettagliare quella indicata dal PTA,
secondo le prescrizioni delle Norme del medesimo.
In seguito ad un incontro svolto con i tecnici della Provincia, è risultato che esisteva la disponibilità di
nuovi dati, recenti e di provenienza qualificata, tali da rendere superata la base dati “ufficiale” del PTCP:
da qui la comune decisione di utilizzare direttamente i nuovi dati acquisiti dalla Provincia per le
elaborazioni cartografiche di interesse. A questi sono stati aggiunti dati pregressi, disponibili presso il
Servizio Geologico regionale, raccolti e informatizzati nel 2004 in previsione di quegli approfondimenti
in ambito provinciale che già lo “Schema Direttore” aveva individuato come necessari.
Si elencano le basi dati utilizzate, differenziate per provenienza:
1. Hera S.p.A., localizzazione di 144 sorgenti che alimentano pubblici acquedotti, acquisite tramite
la Provincia nel gennaio 2009 (shape sorgenti_hera). Si evidenzia come 17 punti corrispondano
(esplicitamente, nella denominazione o verosimilmente, trovandosi entro i depositi alluvionali di
fondovalle) a pozzi 2 . Questi casi, che generano incertezza nella delimitazione delle aree di
possibile alimentazione, sono stati opportunamente differenziati nella classificazione di queste
ultime (vedi sezione IV)
2. Acquedotti rurali, localizzazione di 88 captazioni acquisite tramite la Provincia nel marzo 2009
(shape Acquedotti_ rurali_fc )
2 Si tratta delle captazioni denominate: Pozzi (da 1 a 7) Paganico, Pozzi (da 1 a 3) Fontanine, Pozzo Piscina;
Pozzo Monteguidi, captazioni Poggio Le Lastre, Sega, Giardini.
93

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
3. Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, localizzazione e dati accessori su 318 scaturigini,
prodotta dal Parco e ricadenti nell’Alto Appennino forlivese e acquisiti tramite la Provincia
(shape sorgenti_parco_nazionale). Si tratta di sorgenti libere e fontane aventi vario grado di
attività (da perenni ad effimere) quando questo non è indeterminato. Limitatamente all’area del
Parco, sono identificabili con le sorgenti di particolare pregio naturalistico-ambientale, la cui
individuazione è prescritta dall’art. 44 del PTA; allo stato attuale delle conoscenze, tali
segnalazioni risultano invece mancanti nel resto dell’area di studio
4. Servizio Tecnico di Bacino (STB) Fiumi Romagnoli, Regione Emilia-Romagna localizzazione di
629 sorgenti ricavate dalla georeferenziazione, eseguita presso il Servizio Geologico, delle
scaturigini oggetto di richiesta di concessione “in via preferenziale” divenute pubbliche ai sensi
dalle “Legge Galli” e pervenute al Servizio competente nel periodo compreso tra il 1999 e il
2004 3 (shape stb_forli). Le richieste si riferiscono a sorgenti captate per uso idropotabile, anche
da parte di privati; le segnalazioni non sono state mai oggetto di una sistematica verifica sul
terreno.
Per un confronto, è stata anche utilizzata la “Base informativa delle reti acquedottistiche (versione
provvisoria) ediz. 2003” , pubblicata a cura del Servizio Tutela e Risanamento Risorsa Acqua della
Regione Emilia-Romagna.
2.2 Analisi dei dati e considerazioni
Attraverso l’acquisizione dei dati sopra descritti risultano documentate 1179 punti o “emergenze naturali
della falda” come definite nelle Norme del PTA; alcune sono però da considerarsi segnalazioni ripetute e
riferite ad una stessa scaturigine, in quanto in alcuni casi (non diffusi) i punti documentati in archivi
diversi risultano localmente sovrapposti o contigui. Questa particolarità si riscontra comunemente
lavorando con basi dati di diversa provenienza e non inficia i risultati della cartografia delle zone di
protezione, in quanto l’errore così generato è in un certo senso “assorbito” dal confronto tra la
distribuzione delle scaturigini e la geologia (per effetto della definizione stessa di “zona di protezione”).
Al contrario, nella delimitazione delle aree di possibile alimentazione, la presenza di probabili
segnalazioni ripetute comporta dei locali e cautelativi ampliamenti nell’estensione di queste, al fine di
ovviare appunto agli errori di ubicazione di cui sopra e che sono risolvibili attraverso approfondimenti
successivi.
Va precisato che i casi di ripetizione di segnalazioni si riscontrano quando le basi dati di Hera e degli
acquedotti rurali (tra loro indipendenti) vengono confrontate con quella fondata sui dati del Servizio
Tecnico di Bacino (STB), in quanto quest’ultima riepiloga sorgenti oggetto di richiesta di concessione
(aggiornate al 2004) che comunque devono avere un riscontro anche negli altri due archivi.
La base dati STB si è comunque dimostrata utile per la delimitazione delle zone di protezione nei settori
dell’Appennino forlivese dove erano assenti segnalazioni da altri archivi: è il caso dell’area compresa tra
3 La raccolta dati fu possibile grazie alla collaborazione del Servizio Tecnico di Bacino, in particolare della
dott.ssa Amedea Benini, responsabile dell’allora Ufficio Risorse Idriche e del collega dott. Alessandro Stefani.
94

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
il F.Montone e il T.Borello, attraversata dall’allineamento Rocca S.Casciano-Civitella di Romagna-
Civorio; trattandosi di segnalazioni di sorgenti non verificate attraverso un rilevamento di campagna, alle
aree di possibile alimentazione ricavate esclusivamente in base ad esse è stato attribuito un significato di
incertezza o comunque di “area da verificare” (par. 5.2)
Tra le possibili elaborazioni che si ottengono dall’analisi dei dati acquisiti, il grafico di figura 1
rappresenta la distribuzione del numero delle sorgenti censite in ogni comune (a prescindere dal grado di
approssimazione raggiunto, come sopra discusso), questi ultimi elencati in ordine alfabetico. In forma di
istogramma, è rappresentata la distribuzione del totale delle emergenze naturali della falda censite
nell’area di studio; attraverso linee sono invece differenziati i contributi delle singole basi dati per ciascun
comune, secondo l’elenco di pagina 2.
300
280
260
240
220
200
TOTALE
180
160
140
HERA
120
100
80
60
RURALI
STB
PARCO
40
20
0
BAGNO DI ROMAGNA
CASTROCARO TERME
7 0 2 2
0
CESENA
CIVITELLA DI ROMAGNA
DOVADOLA
GALEATA
MELDOLA
MERCATO SARACENO
MODIGLIANA
PORTICO E SAN BENEDETTO
8
PREDAPPIO
PREMILCUORE
ROCCA SAN CASCIANO
SANTA SOFIA
SARSINA
11 3
SOGLIANO AL RUBICONE
TREDOZIO
VERGHERETO
Figura 1, spiegazioni nel testo
95

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
I comuni più ricchi in scaturigini censite sono quelli S. Sofia, Bagno di Romagna e Premilcuore, che si
qualificano come aree di importanza anche provinciale per l’approvvigionamento idropotabile da questa
fonte. Sono seguiti da due raggruppamenti di comuni, dati da Tredozio-Verghereto-Civitella e Galeata-
Modigliana-Rocca S.Casciano. Le captazioni di acque sorgive a servizio di pubblico acquedotto sono
localizzate prevelentemente nei comuni di Bagno di Romagna e Verghereto. A Bagno di Romagna le
sorgenti in gestione ad Hera (in quanto gestore del Servizio Idrico Integrato) sono nettamente superiori in
numero a quelle utilizzate da acquedotti rurali; l’abbondanza della risorse idriche sotterranee è
testimoniata oltretutto dal numero delle sorgenti libere s.l. censite dal Parco, nonchè da quello delle
scaturigini STB (con le precisazioni di cui sopra). Al di fuori dal territorio del Parco, una situazione
simile a quella del comune di Bagno di Romagna è riscontrabile in quello di Verghereto. Negli altri
comuni, le sorgenti in gestione ad acquedotti rurali sono sempre numericamente paragonabili a quelle in
capo ad Hera, con l’eccezione di Modigliana e Tredozio che evidentemente riflettono modalità diverse
nella gestione dei locali acquedotti.
2,3 Considerazioni sulle captazioni di acque classificate minerali o termali.
La Provincia di Forlì-Cesena è una delle più ricche in concessioni di acque minerali e termali: secondo la
documentazione risalente al 1999 4 , ne risultano presenti almeno 17 (tra attive e dismesse) 16 delle quali
ricadono nel settore montano. Le captazioni (generalmente pozzi) censiti in quell’approssimazione sono
almeno 25.
Si ricordano, tra le concessioni: Castrocaro , una delle più antiche e vaste presenti nel territorio regionale;
Bagno di Romagna, sede delle venuta a giorno di acque mineralizzate e naturalmente calde (45°C), unico
caso del genere assieme a Porretta nell’Appennino emiliano-romagnolo. Pur non entrando nel merito
della materia (non regolamentata dal PTA ed oggetto di una specifica normativa di settore), per
l’abbondanza di concessioni nell’area di studio e per l’importanza ambientale ed economica di queste
risorse si ritiene opportuno evidenziare quanto segue:
➢ la cartografia delle zone di protezione delle sorgenti, in quanto basata sulla delimitazione delle
aree di ricarica per infiltrazione diretta (“rocce-magazzino”) esula dall’individuazione delle unità
geologiche interessate dai circuiti profondi che alimentano le sorgenti classificabili come termali
per peculiare mineralizzazione e/o temperatura.
➢ le captazioni di acque sotterranee classificabili come termali, per peculiare mineralizzazione e/o
temperatura, non necessariamente (o solo parzialmente) ricadono entro il perimetro delle aree di
ricarica di cui sopra. E’il caso delle concessioni di Bagno di Romagna e Castrocaro
➢ ciò non vale per le captazioni di acque sotterranee classificabili come minerali che abbiano
caratteristiche del tutto simili alle acque utilizzate localmente per il consumo umano: ad esempio,
4 Si tratta, a tutt’oggi, dell’unica documentazione disponibile in ambito regionale, in quanto anteriore alla delega
della materia alle Province successiva alla L.R. 3/99; è in corso l’aggiornamento di tale base dati promosso dal
Servizio Difesa del Suolo, della Costa e Bonifica e dal Servizio Geologico regionali, con la fondamentale
collaborazione delle Province
96

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
➢
ricadono entro aree ricarica le concessioni e captazioni presenti nei comuni di Dovadola, Galeata,
Verghereto, Rocca S. Casciano, Premilcuore
Alcune captazioni di acque classificate come termali per mineralizzazione sono contigue a
un’unità geologica di caratteristiche peculiari, quale la Formazione Gessoso-Solfifera: è il caso di
una delle concessioni documentate nel comune di Bertinoro
3. Individuazione delle aree di ricarica nel territorio collinare e montano: le "rocce-magazzino"
(art. 44 Norme PTA).
La distribuzione delle sorgenti è stata confrontata con la geologia, tratta dalla base dati informatizzata
relativa alla “Carta Geologica dell’Appennino emiliano-romagnolo” a scala 1:10.000 e predisposta dal
Servizio Geologico regionale. Per l’inquadramento geologico dell’area di studio entro il contesto
dell’Appennino emiliano-romagnolo si rimanda alla consultazione del sito:
www.regione.emiliaromagna.it/wcm/geologia/canali/geologia/geologia_appennino/evoluzione_geologica_appennino.htm
Per il completamento dell’inquadramento geologico, si rimanda inoltre alle Note Illustrative e ai Fogli
pubblicati numeri 265 “Bagno di Romagna” Bagno” e 254 “Modigliana” della Nuova Carta Geologica
d’Italia a scala 1:50.000.
L’addensamento dei punti d’acqua non è casuale e corrisponde alle unità geologiche sede di risorse
idriche sotterranee, differenziate in ammassi rocciosi e coperture detritiche di versante ad essi
sovrapposte. L’elaborazione ottenuta dettaglia la cartografia di prima approssimazione a cui fa riferimento
il PTA (a scala 1:250.000).
Sono “rocce-magazzino” a tutti gli effetti (art. 44 del PTA), le aree cartografate nei seguenti files,
consegnati alla Provincia., suddivise in:
➢ ammassi rocciosi (file rocce_magazzino.shp, in particolare il campo “Nome” indica la
formazione geologica di appartenenza, in base alla banca dati relativa alla carta geologica
dell’Appennino emiliano-romagnolo a scala 1:10.000.
➢ coperture detritiche di versante prevalentemente associate agli ammassi rocciosi, che ne
costituiscono localmente il substrato (file Coperture_generale.shp, campo “sintesi” = “roccemagazzino”).
Il campo “Nome” indica il tipo di copertura detritica, in base alla banca dati relativa
alla carta geologica dell’Appennino emiliano-romagnolo a scala 1:10.000.
Nella figura seguente è illustrata la cartografia risultante.
97

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Figura 2, schematizzazione della carta delle “rocce-magazzino” o aree di ricarica delle acque sotterranee
dell’Appennino forlivese e cesenate. Il significato delle altre categorie di aree individuate è spiegato nei
successivi capitoli 4 e 5.
Le “rocce-magazzino” o aree di ricarica, nucleo delle zone di protezione delle acque sotterranee, si
rinvengono in contesti geologici distinti (o situazioni idrogeologiche di ordine superiore), descritti nei
paragrafi seguenti.
3.1. Aree di ricarica nella Formazione Marnoso-arenacea
La Formazione Marnoso-arenacea (FMA) è l’unità geologica arealmente dominante nell’Appennino
Forlivese e Cesenate.
Per l’elaborazione della cartografia delle “rocce-magazzino” nell’Appennino ravennate (De Nardo,
Ercolessi e Parisi, 2007), geologicamente affine all’area di studio, era anche stata studiata la distribuzione
delle sorgenti censite in relazione a una suddivisione praticabile in FMA, secondo il seguente criterio: le
unità che appaiono più favorevoli allo sviluppo di una fratturazione “efficiente” ai fini della permeabilità
98

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
e quindi allo sviluppo di reti acquifere sono i membri della formazione caratterizzati dai maggiori rapporti
arenaria/pelite, in presenza di strati da spessi a molto spessi.
L’individuazione di tale criterio derivava anche dai risultati di uno studio-pilota condotto negli anni 2001-
2003 nell’alto bacino del F. Montone (Appennino forlivese) da Alessandro Gargini e collaboratori del
Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Ferrara.
Di conseguenza, sono stati ricavati dei raggruppamenti di membri e litofacies in tre classi A, B, C con
caratteristiche litologiche che predisporrebbero allo sviluppo di una permeabilità relativa decrescente,
secondo il criterio illustrato in tabella 1 (da mettere anche in relazione alla locale presenza di strutture
deformative):
classi strati Rapporto arenaria/pelite strati
A Da spessi a molto spessi, banchi Da maggiore a molto maggiore di 1
B
Medi, sottili, raramente spessi e molto
spessi
Da uguale a minore di 1, raramente maggiore di
1
C Da medi, a sottili, a molto sottili Da uguale a minore di 1
Tabella 1
Con riferimento alla banca dati associata alla cartografia geologica informatizzata dell’Appennino
emiliano-romagnolo a scala 1:10.000, si elencano le sotto-unità di FMA (elencate in ordine stratigrafico
in tabella 2) appartenenti a ciascuna delle tre classi:
99

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
classi Unità geologiche in FMA
A Membro di Fontanelice (FMA 13);
Membro di Fontanelice, litofacies arenacea (FMA 13c);
Membro di Castel del Rio (FMA 12);
Membro di Castel del Rio, litofacies arenacea (FMA 12 a);
Membro di Castel del Rio, litofacies arenaceo-pelitica (FMA 12 b)
Membro di Premilcuore (FMA 3)
B Membro di Fontanelice, litofacies pelitico-arenacea (FMA 13 b)
Membro di Dovadola (FMA 10)
Membro di Civitella (FMA 9)
Unità caotica di Visignano
Membro di Nespoli (FMA 8)
Membro di Nespoli, litofacies pelitica (FMA 8 b)
Membro di Nespoli, litofacies pelitico-arenacea (FMA 8 a)
Membro di Monte Bassana (FMA 7)
Membro di Collina (FMA 5)
Membro di Galeata, litofacies arenaceo-pelitica (FMA 4 b)
Membro di Corniolo (FMA 2)
Membro di Biserno (FMA 1)
C Membro di Borgo Tossignano (FMA 14)
Membro di Modigliana (FMA 11)
Membro di Galeata (FMA 4)
Tabella 2
Confrontando questo schema con i risultati di uno studio pubblicato da Canuti, Ermini, Gargini, Martelli,
Piccinini,e Vincenzi (2009) “La gallerie TAV attraverso l’Appennino toscano: impatto idrogeologico ed
opere di mitigazione”, si riscontrano delle sostanziali similitudini in quanto gli Autori attribuiscono ai
membri della FMA della classe A il ruolo di acquiferi, anche di importanza regionale (Membro di
Premilcuore); tutte le unità della classe C sono attribuite dagli Autori ad acquicludi (localmente
acquitardi). Del resto il criterio di una suddivisione di FMA
Nella cartografia allestita per la Provincia di Ravenna, i risultati del censimento delle sorgenti avevano
portato ad una delimitazione delle “rocce-magazzino” che non si adattava ai risultati dell’applicazione
della sola classificazione di cui sopra, per cui era stato adottata la soluzione di cartografare le aree di
ricarica più sicure e meglio documentabili (le uniche sostenibili in vista dell’applicazione di norme d’uso
100

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
ad esse collegate), prescrivendo per il resto di FMA approfondimenti successivi (censimenti delle
sorgenti, anche libere) che avrebbero chiarito quanto meno l’esistenza di eventuali zone di riserva.
Rispetto all’Appennino ravennate, nell’area di studio è maggiore il numero di sorgenti captate (quindi
censite) e lo sviluppo degli acquedotti che da esse si approvvigionano 5 ; la distribuzione preferenziale
delle stesse, associata alla presenza di acquiferi locali, si accorda meglio con l’applicazione di questo
criterio, con un’importante eccezione rappresentata dal Membro di Galeata (FMA4). Questa unità, una
delle più estese, ha nell’area di studio un comportamento diversificato: tra le valli del Montone e del
Bidente, nell’alto Appennino forlivese FMA4 reca una minore densità di sorgenti complessivamente
censite 6 ; in quello stesso settore, ma riferito al medio Appennino forlivese, FMA4 reca una buona densità
di segnalazioni, provenienti soprattutto dalle basi dati degli acquedotti rurali e del Servizio Tecnico di
Bacino. Va detto che nel secondo caso è maggiore anche la densità di faglie cartografate in FMA4, dalle
carte geologiche a scala 1:10.000, a giustificazione dello sviluppo di una permeabilità relativa maggiore.
In sintesi, viene confermato che, lavorando in ambito provinciale e quindi in area vasta, la delimitazione
delle aree di ricarica delle sorgenti attraverso l’applicazione dei soli criteri di classificazione sopra
espressi:
• è agevole in presenza di situazioni in cui le sorgenti documentate siano numerose, caratteristica che a
sua volta è funzione anche delle modalità di locale approvvigionamento idroptabile
• va comunque adattata ai risultati del censimento medesimo, in quanto possono esservi alcune
eccezioni rappresentate da sotto-unità di FMA o da porzioni di esse
Sulla base dello stato attuale delle conoscenze e per gli scopi di questo lavoro, non sono state praticate
altre suddivisioni entro FMA finalizzate a dettagliare meglio le zone di protezione delle sorgenti es. per
bacini o altro. Dovendo individuare le aree di ricarica di particolari gruppi di sorgenti, ad esempio, si
dovrà procedere per approfondimenti idrogeologici successivi, partendo dalla cartografia elaborata in
questa approssimazione e dall’individuazione del modello geologico, basato sullo studio delle locali
caratteristiche stratigrafico-strutturali, della natura e caratteristiche delle coperture detritiche di versante.
5 Infatti, nell’Appennino ravennate sono gli acquedotti rurali di uso locale ad essere alimentati da sorgenti, mentre
gli acquedotti principali servono le zone di fondovalle e sono alimentati da captazioni da acque superficiali o da
campi-pozzo esterni al settore montano. A causa delle differenze nell’esito dei censimenti delle sorgenti,
motivata dalle locali diversità nella gestione delle risorse idriche di montagna, la delimitazione areale delle
“rocce-magazzino” nelle province di Ravenna e Forlì-Cesena ha portato agli esiti descritti nel capitolo 6 degli
approfondimenti.
6 Tanto da giustificarne la classificazione come “ambito di approfondimento di importanza primaria” e non di
“roccia-magazzino” o area di ricarica s.s. (vedi cap. 4)
101

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
3.2 Aree di ricarica in altre situazioni idrogeologiche di ordine principale
Oltre a FMA, nell’area di studio si rinvengono altri contesti sede di principali acquiferi utilizzati per
l’approvvigionamento idropotabile. Sono i seguenti:
➢
➢
➢
➢
Unità toscane del crinale (Macigno?, nella Banca Dati geologica a scala 1.10.000; Formazione di
Monte Falterona nella Banca Dati dei fogli della Nuova Carta Geologica d’Italia a scala
1:50.000), in sovrascorrimento sulla Formazione Marnoso-arenacea, con l’interposizione della
formazione argillitica della Scaglia Toscana, quest’ultima con funzione di soglia di permeabilità
Unità della Successione epiligure (Formazione di Monte Fumaiolo, Formazione di S. Marino,
Arenarie di Poggio Carnaio) e dei Domini ligure e subligure (Formazione di Sillano, Formazione
di Monte Senario) associate al Complesso della Valle del Savio. Sono sede di sorgenti numerose
quando sono sovrapposte a unità a minore permeabilità relativa, quali le Marne di Antognola, le
unità argillitiche del Dominio ligure appartenenti al Complesso (Argille della Val Samoggia), il
membro di S. Paolo delle Marne di Verghereto 7 che le separa, per interposizione, da FMA.
La Formazione del Barbotto (litofacies marnoso-calcarea e arenacea), appartenente alla
Successione epiligure, quando tettonicamente sovrapposta alla formazione delle “Argille
Azzurre” plio-pleistoceniche, presso Sogliano al Rubicone.
I membri delle Arenarie di Borello e dello “Spungone” stratigraficamente intercalati nelle
“Argille azzurre” plio-pleistoceniche
Tra queste situazioni idrogeologiche, le “rocce-magazzino” associate al Complesso della Valle del Savio
sono sede di una densità veramente elevata di sorgenti, in rapporto all’estensione; si configurano quindi
tra le più importanti in ambito provinciale e vi si rinvengono localmente acque sotterranee di pregio
qualitativo superiore, se il criterio di valutazione è dato da valori della conducibilità elettrica inferiori a
quelli documentabili nel contesto di FMA (De Nardo, dati inediti).
4. Altre suddivisioni proposte
4.1 Ambiti di tutela s.l.
Secondo il PTA, la cartografia delle “rocce-magazzino” è propedeutica alla delimitazione delle zone di
protezione delle sorgenti, nelle quali viene tutelato lo stato delle risorse utilizzate o utilizzabili a scopo
idropotabile. E’ quindi sembrato più appropriato differenziare in altro modo quelle unità geologiche sede
di risorse idriche sotterranee per le quali il sistematico utilizzo per il consumo umano non risulti
documentato in questa approssimazione oppure sia soggetto a naturali limitazioni. Si è scelto di
7 Il resto della formazione delle Marne di Verghereto è stato attributo agli “ambiti di approfondimento di
importanza primaria” (vedi cap. 4) in quanto sede di segnalazioni di sorgenti captate da acquedotti rurali, anche
se rare.
102

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
cartografare tali unità come “ambiti di tutela” a sè stanti, che saranno esclusi dalla ricerca di possibili
“zone di riserva” (art. 44 del PTA) nell’ambito della montagna forlivese e cesenate, ricerca che invece
interesserà senz’altro le aree delle “rocce-magazzino” qualora la competente Autorità d’Ambito
Territoriale Ottimale e la Provincia intendessero procedere a questo approfondimento.
Gli “Ambiti di approfondimento, importanza primaria” (file primo_approfondimento.shp) corrispondono
a sotto-unità della Formazione Marnoso-arenacea che, in questa approssimazione recano segnalazioni di
sorgenti censite meno numerose (più disperse), per lo più documentate come libere oppure tratte
dall’archivio del Servizio Tecnico di Bacino: questa base dati, come già precedentemente discusso,
necessita di una validazione attraverso il rilevamento di campagna. Le aree necessitano di un
approfondimento in primis del censimento delle sorgenti, dal cui esito dipenderà l’inclusione o meno di
settori di esse nella categoria superiore (dal punto di vista delle tutele) delle “rocce-magazzino” o aree di
ricarica. Sono state selezionate le coperture di versante che hanno come substrato le unità geologiche
corrispondenti agli ambiti di approfondimento di importanza primaria (file Coperture_generale.shp,
campo “sintesi”= “Ambiti di approfondimento, importanza primaria”).
Gli “Ambiti di approfondimento, importanza secondaria” (file secondo_approfondimento.shp)
corrispondono a sotto-unità della Formazione Marnoso-arenacea, facies arenacee o marnose nelle
“Argille Azzurre” plio-pleistoceniche (Arenarie di Borello, Marne di Cella) e alle Sabbie di Imola (Sabbie
Gialle Auctt.), cartografate non perchè sede di sorgenti censite in questa approssimazione ma in quanto
sede di sorgenti storicamente documentate. Queste ultime derivano dalle segnalazioni tratte dalla Carta
Topografica d’Italia dell’Istituto Geografico Militare rilevata negli anni ’30 del secolo scorso 8 . Si tratta
quindi di aree non esenti da sorgenti documentabili, ma in cui l’eventuale approfondimento del
censimento e delle conseguenti analisi territoriali è da considerarsi successivo a quello degli ambiti sopra
descritti. Ad esempio, gli ambiti di approfondimento di importanza secondaria hanno caratteristiche
litologiche tali da far supporre la presenza es. di sorgenti libere che potrebbero aver qualche interesse, se
non altro per il completamento del censimento di quelle “di particolare pregio naturalistico-ambientale”,
in fase di approfondimento del PTCP.
Per semplicità, non sono state cartografate le coperture di versante il cui substrato è costituito da queste
unità.
L’area in cui affiora la Formazione Gessoso-solfifera (gessi messiniani ,file Gessoso_solfifera.shp),
accompagnata dalle coperture detritiche di versante di cui costituisce il substrato (file
Coperture_generale.shp, campo “sintesi”= “ambiti tutela naturalistica s.l.”) è stata cartografata come
“Ambito di tutela naturalistica”. Non si è rinvenuta alcuna segnalazione di sorgenti nei censimenti più
recenti, salvo qualche segnalazione relativa all’archivio di quelle storicamente documentate. Questa
8 La loro informatizzazione è stata resa possibile attraverso la collaborazione tra Istituto dei Beni Artistici
Culturali e Naturali e Servizio Geologico della Regione Emilia-Romagna
103

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
caratteristica è conforme a quanto si è riscontrato, per la stessa formazione del margine appenninico, nel
corso delle analisi territoriali svolte per i PPTA di Reggio Emilia e Ravenna (De Nardo et alii, 2006 e
2007), a conferma di come queste acque sotterranee possano avere un chimismo indesiderabile per l’uso
idropotabile, a causa dell’elevata concentrazione di solfati e in altri sali disciolti in generale (da cui anche
l’elevata conducibilità elettrica) Si tratta di un complesso idrogeologico caratterizzato da elevata
permeabilità, sede di scaturigini delle quali andrà invece valutata la classificazione entro la categoria “di
particolare pregio naturalistico-ambientale” .
4.3 Limiti dell’area di studio
Il file abc_fc.shp (fonte: ARPA-Ingegneria Ambientale) definisce i settori A, B, C in cui sono suddivise le
zone di protezione delle acque sotterranee nel territorio di pedecollina e pianura (art. 44). Nelle altre
Province, il settore C è stato assunto come limite settentrionale dell’area di studio, come definito nel PTA;
nel caso di Forlì-Cesena ciò non è stato possibile poichè il settore C non ha continuità laterale; la
Provincia ha inoltre già acquisito per il PTCP la cartografia delle zone di protezione delle acque
sotterranee nell’ambito di pedecollina e pianura, precedentemente elaborata presso il Servizio Geologico
regionale, con la quale sarà necessario confrontarsi. In attesa di ciò, si forniscono provvisoriamente i files
in questione, utilizzabili per suddividere il settore montano dal resto.
5. Delimitazione delle aree di alimentazione delle sorgenti utilizzate per il consumo umano.
Se le “aree di ricarica” rappresentano il principale costituente delle zone di protezione delle acque
sotterranee nel territorio collinare-montano, l’art. 44 del PTA prescrive che al loro interno siano delimitate
le “aree di alimentazione delle sorgenti utilizzate per il consumo umano”.
5.1 Individuazione delle sorgenti utilizzate per il consumo umano
Nell’ambito delle molteplici basi dati analizzate, relative alle sorgenti dell’Appennino forlivese e
cesenate, nell’individuazione di quelle utilizzate per il consumo umano si è proceduto con una certa
larghezza, comprendendo le
1. sorgenti che alimentano acquedotti, siano essi in capo al gestore del Servizio Idrico Integrato,
siano essi rurali
2. sorgenti captate da fontane pubbliche o libere, censite nel territorio del Parco, nell’ipotesi che uno
dei motivi della segnalazione fosse non solo il “particolare pregio naturalistico-ambientale” ma
anche il valore turistico legato anche ad un loro utilizzo occasionale a scopo potabile. Si è
prudenzialmente utilizzato il fatto che nel file fornito dal Parco Nazionale delle Foreste
Casentinesi la potabilità era indicata come “non definita”; vi sono state comprese anche sette
sorgenti classificate “non potabili”in vista di un loro possibile recupero.
Per i problemi di ubicazione riscontrati (es. ripetizione di segnalazioni di scaturigini utilizzate da
acquedotto) e per il fatto che facilmente esse comprendono anche sorgenti utilizzate ad uso domestico per
104

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
il consumo umano (indifferenziate), altrettanto prudenzialmente sono state incluse nell’insieme generale
le segnalazioni dell’archivio del Servizio Tecnico di Bacino. Le aree di possibile alimentazione ottenute
sulla base delle sole segnalazioni di questo archivio sono state opportunamente differenziate, per il loro
maggiore grado di incertezza (vedi discussione, cap. 2).
5. 2 Le aree di possibile alimentazione
Per la delimitazione delle aree di alimentazione delle sorgenti utilizzate per il consumo umano sono state
seguite le indicazioni nel paragrafo 1.3.4.3.2.1 della “Relazione generale” del PTA, alla cui stesura chi
scrive ha contribuito. In sintesi, è stato utilizzato il metodo altimetrico-morfologico (Piacentini, 1994) che
individua nell’isoipsa a valle della scaturigine e nei corsi d’acqua delle incisioni vallive laterali (in quanto
limiti di flusso), i confini di prima approssimazione dell’area che contiene quella effettivamente
corrispondente al bacino di alimentazione della sorgente considerata.
Alle aree che si potevano ottenere dalla sola applicazione di questo utile criterio, nel corso della
perimetrazione sono state applicate anche le seguenti regole, derivanti dal confronto con la banca dati
della Carta Geologica dell’Appennino emiliano-romagnolo a scala 1:10.000:
• in presenza di formazioni non carsificabili, quali sono in larga maggioranza quelle nell’area di studio,
è verosimile che gli spartiacque sotterranei coincidano con quelli superficiali e quindi delimitino
almeno superiormente l’area di alimentazione
• in presenza di formazioni caratterizzate da stratificazione lateralmente persistente, accompagnata da
alternanze di litotipi arenacei e pelitici, è cautelativo tenere conto anche della possibilità che la
circolazione idrica sotterranea avvenga “lungo strato” o comunque interessi sistemi di fratture con
apertura e interconnessione sufficienti a garantire tale sviluppo prevalente, entro gli intervalli
arenacei; si sono considerati, anche se in modo speditivo, i rapporti tra l’assetto della stratificazione,
il versante e le scaturigini.
• da esperienza, il reticolo idrografico minuto è più fitto di quello disegnato nella Carta Tecnica
Regionale, specie in corrispondenza di vallecole ben rappresentate nella topografia.
• in presenza di formazioni litologicamente omogenee (arenacee) si è tenuto conto della presenza di
faglie, anche presunte, indicate nella carte geologica regionale
• si è tenuto conto dei grandi corpi di frana sistematicamente associati alla presenza di sorgenti captate,
dati da accumuli coalescenti, che interessano interi versanti e sono riconducibili a scivolamenti rototraslativi,
anche di interi lembi monoformazionali.
Le aree di possibile alimentazione (file aree_alimentazione_bo.shp) sono state suddivise nelle seguenti
tipologie, in base ai valori del campo “classe” (numerico):
105

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
0: generiche, in ammassi rocciosi e nella porzione di versante opposto (da cui è ipotizzabile possa
provenire un contributo all’alimentazione per circolazione lungo strato) a quello che ospita le aree di
classe superiore, quando siano presenti le condizioni geologiche e morfologiche descritte per la classe 2.
1: certe, che comprendono ammassi rocciosi oppure ammassi rocciosi associati a corpi di frana, questi
ultimi interessati da sorgenti e corpi di frana recanti le condizioni al contorno descritte per la classe 2
2: potenziali zone di riserva (da verificare), ove esitano condizioni geologiche potenzialmente
favorevoli all’immagazzinamento di acqua nel sottosuolo date dalla sistematica associazione di:
➢ strati con elevata continuità laterale (es. ettometrica)
➢ versanti poco acclivi, con stratificazione franapoggio a inclinazione minore o uguale al pendio
➢ presenza di corpi di frana, anche coalescenti
3, aree di possibile alimentazione di sorgenti utilizzate a scopo termale, riferite ad un’unica
segnalazione e solo a titolo indicativo, per quanto discusso nel par. 2.3
4, aree di possibile alimentazione, in depositi alluvionali e porzioni di versante ad essi adiacenti, da cui
possa provenire un contributo all’alimentazione dal ruscellamento (solo indicativamente delimitati)
Le altre informazioni fornite sono quelle di seguito indicate, esplicitate attraverso altri campi.
Il campo “Sit” (situazione idrogeologica locale) è numerico. A numero diverso corrispondono aree di
possibile alimentazione singole o raggruppate; uno stesso numero indica le aree potenzialmente
interessate dagli effetti di azioni (es. cambiamenti nell’uso del suolo), relativamente alla tutela delle
sorgenti ivi localizzate.
Il campo “tipo” è numerico, ed ha valore 1 se si tratta di area di possibile alimentazione da verificare, in
quanto sede di sorgenti segnalate soltanto nell’archivio del Servizio Tecnico di Bacino, essendo
necessaria una loro validazione attraverso il rilevamento di campagna.
Il PTA prescrive anche l’individuazione delle cavità ipogee, assoggettate a misure di tutela se in sicura
connessione con i circuiti di alimentazione delle sorgenti utilizzate per il consumo umano (art. 47). E’
stato innanzitutto fornito alla Provincia uno shapefile (2_cavita_fc) estratto dall’archivio informatizzato
fornito dal Servizio Sistemi Informativi Geografici regionale, basato sui rilevamenti dei Gruppi
Speleologici della Federazione Speleologica dell’Emilia-Romagna (FSER) e relativo all’area
dell’Appennino forlivese e cesenate.
Tra le 10 cavità ipogee censite (la cui distribuzione non è qui associata a litotipi carsificabili come i gessi
messiniani, quanto piuttosto a FMA o allo “Spungone” interessati da faglie), sono individuate quelle che
ricadono in aree di possibile alimentazione o nelle immediate adiacenze. Sono:
➢ FO475, comune di Premilcuore località Castel dell’Alpe
106

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
➢ FO548 e 549 in comune di S. Sofia, località Cabelli
E’in quest’ambito che andranno ricercate e verificate le cavità ipogee in sicura connessione con le
sorgenti utilizzate per il consumo umano (nella definizione cautelativamente “allargata” utilizzata in
queste elaborazioni) in base all’art. 47, comma 4, del PTA. Per l’individuazione di queste vie preferenziali
d’infiltrazione (anche di eventuali inquinanti) nel sottosuolo, saranno richiesti degli approfondimenti di
carattere idrogeologico specialistico.
7. Alcune considerazioni sull’applicazione delle Norme del PTA
Ai fini dell’applicazione dell’art. 47 del PTA che disciplina le zone di protezione delle acque sotterranee
in territorio collinare e montano, si propongono le seguenti riflessioni:
1. la delimitazione delle “rocce-magazzino” o aree di ricarica della falda individua i settori più
generali a cui applicare le disposizioni dell’art. 45 comma 2, punto a), che regolamentano lo
spandimento di liquami e il censimento dei centri di pericolo.
2. è opportuno estendere l’applicazione delle disposizioni sullo spandimento liquami (art. 45,
comma 2, punto a1) agli “ambiti di approfondimento di importanza primaria” nella Formazione
Marnoso-arenacea, per la loro contiguità alle aree di ricarica, unitamente alle indicazioni in
merito all’approfondimento del censimento delle sorgenti.
3. nelle zone di protezione, l’aspetto idrogeologico dovrà essere considerato e approfondito (con
diversi gradi di approssimazione, in relazione alle finalità e al tipo di areale interessato) nelle
analisi territoriali a corredo degli strumenti di pianificazione territoriale e di settore, di ambito
comunale e sovracomunale, e comunque nelle analisi territoriali correlate a trasformazioni d’uso
del suolo.
4. l’applicazione delle disposizioni dell’art. 45, comma 2, punti b1, b2 e b3 è riservata alle aree di
possibile alimentazione. Il punto b1 regolamenta le attività estrattive, per le quali
l’approfondimento idrogeologico rientra nelle considerazioni fatte al punto precedente.
L’applicazione dei punti b2 e b3 è condizionata anche dall’esecuzione di studi idrogeologici che,
almeno in aree di possibile alimentazione selezionate e individuate come prioritarie in ambito
provinciale, vengano effettuati per risolvere il grado di approssimazione legato al metodo
morfologico-altimetrico. Per l’impegno (anche metodologico) richiesto da tali approfondimenti, è
richiesto il coinvolgimento di Enti sovraordinati rispetto ai Comuni, tra cui il Gestore delle
captazioni e l’ATO competente.
5. Nelle aree di possibile alimentazione delle sorgenti sono vietate le discariche di rifiuti pericolosi e
non (art. 47, comma 3). Le aree di ricarica in generale hanno caratteristiche non idonee alla
realizzazione di discariche (e a quelle di rifiuti pericolosi in particolare), trattandosi di interventi
che vanno ad incrementare localmente i centri di pericolo (il cui censimento è peraltro prescritto
dal punto a2 del comma 2, art. 45) e quindi la pericolosità e conseguentemente il rischio
d’inquinamento. Quanto meno, per le discariche di rifiuti non pericolosi e non altrimenti
localizzabili andranno individuati i settori delle aree di ricarica con caratteristiche morfologiche e
107

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
altimetriche idonee a minimizzarne gli effetti sulla circolazione idrica sotterranea (es. le aree
prossime ai fondovalle), mentre sono da escludersi i settori delle aree di ricarica situati a monte o
nelle adiacenze delle aree di possibile alimentazione delle sorgenti utilizzate per il consumo
umano.
6. Nella Formazione Gessoso-solfifera, ambito di tutela naturalistica, è vietata l’apertura di
discariche.
E inoltre:
7. La ricostruzione del modello geologico locale è propedeutico allo svolgimento delle analisi
territoriali a cui si fa riferimento nei punti che seguono
8. Nelle aree di ricarica va indirizzata la ricerca di siti idonei all’apertura di nuove captazioni di
acque sorgive o all’implementazione dell’uso di quelle esistenti, applicando metodologie che
approfondiscano l’aspetto quantitativo (a salvaguardia delle captazioni già in atto e del naturale
rinnovamento della risorsa) e qualitativo.
9. Nelle aree di ricarica, lo svolgimento delle attività estrattive in tutte le loro fasi deve avvenire in
modo tale da salvaguardare le risorse idriche sotterranee, indipendentemente dal loro stato di
utilizzo. Nei settori delle aree di ricarica situati a monte o nelle adiacenze di aree di possibile
alimentazione delle sorgenti, lo svolgimento delle attività estrattive in tutte le loro fasi deve anche
garantire la mancanza di interferenze con le aree di possibile alimentazione medesime.
10. Nei settori delle aree di ricarica situati a monte o nelle adiacenze delle aree di possibile
alimentazione di sorgenti utilizzate per il consumo umano, la realizzazione di trasformazioni
d’uso che diano origine ad attività potenzialmente inquinanti, è subordinata agli esiti di
approfondimenti finalizzati alla successiva valutazione delle interferenze tra la realizzazione degli
interventi e le aree di alimentazione delle sorgenti; in particolare la realizzazione di discariche (di
rifiuti pericolosi e non) è vietata nei settori delle aree di ricarica situati a monte o nelle adiacenze
delle aree di possibile alimentazione delle sorgenti, in considerazione del margine di incertezza
relativo al perimetro di tali aree, legato all’applicazione del metodo morfologico-altimetrico
11. per le sorgenti a servizio di pubblico acquedotto, per le quali sono prescritte zone di rispetto, la
riperimetrazione di queste ultime con criteri diversi da quello geometrico (“dei 200 metri” di
raggio) condizionerà anche l’estensione delle aree di possibile alimentazione ottenuta con il
metodo morfologico-altimetrico, da cui la necessità di affrontare il problema dell’individuazione
delle zone di rispetto delle captazioni non prescindendo da quello della ri-perimetrazione delle
aree di alimentazione medesime.
108

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
6. Conclusioni e indicazioni per successivi approfondimenti
E’ stato dettagliato, per l’Appennino forlivese e cesenate, il quadro sulle zone di protezione delle acque
sotterranee delineato dal PTA in ambito regionale. Sono state delimitate le aree di ricarica, nucleo delle
zone di protezione, con le suddivisioni prescritte, ad eccezione delle aree esterne alle “rocce-magazzino”,
da cui possano provenire eventuali inquinanti per ruscellamento. Ciò in considerazione del fatto che,
nell’area di studio, le “rocce-magazzino” in ammassi rocciosi sono per la maggior parte dei casi anche
morfologicamente rilevate e anche arealmente estese.
Si forniscono le seguenti indicazioni per approfondimenti successivi, per lo svolgimento delle quali il
Servizio Geologico è disponibile a stabilire nuove collaborazioni con gli Enti a vario titolo competenti
(es. Provincia, Comuni, Autorità d’Ambito, Gestore del Servizio Idrico Integrato):
a) Risoluzione dei problemi emersi dalla sintesi delle sorgenti censite, attraverso l’implementazione,
es. con uso di strumentazione GPS, del censimento delle sorgenti. Si risolvono in questo modo i
casi di eventuale sovrapposizione dei dati di localizzazione derivati da archivi diversi
b) Avvio di collaborazioni con gli Enti a vario titolo competenti per giungere alla formazione di una
banca dati aggiornata, validata e condivisa sulle sorgenti che alimentano acquedotti; conseguente
revisione della “Base Informativa delle reti acquedottistiche”, ediz. provvisoria 2003.
c) Censimento di sorgenti e pozzi che interessano i depositi alluvionali terrazzati, propedeutico
all’individuazione di zone di tutela delle acque sotterranee in settori di fondovalle
d) Applicazione di criteri geologici e idrogeologici per l’individuazione delle aree di ricaricaalimentazione
di gruppi di sorgenti, individuati tra quelli localmente più importanti per
l’approvvigionamento idropotabile. A tale scopo, è possibile sperimentare anche nell’Appennino
forlivese e cesenate, l’applicazione di criteri individuati in contesti geologicamente simili
(ricerche in corso presso il Servizio Geologico regionale: vedi http://www.regione.emiliaromagna.it/wcm/geologia/canali/convegni_e_seminari/convegni_2009/2009_06_sottosuolo/interv
_DeNardo_Segadelli.pdf )
e) Gli stessi criteri di cui al punto precedente sono applicabili per l’individuazione e cartografia
delle zone di riserva in ambito collinare e montano.
f) Implementazione del censimento delle sorgenti es. di antico uso, collocate in contesti di elevato
valore naturalistico e/o storico, con particolari mineralizzazioni ecc., classificabili come aventi
particolare pregio naturalistico-ambientale, nei settori esterni al perimetro del Parco Nazionale
delle Foreste Casentinesi.
g) Approfondimenti legati al tema delle acque sotterranee nel cotesto dei Siti di Importanza
Comunitari (SIC) montani di propria competenza.
h) Con il coinvolgimento dei competenti Servizi della Provincia di Ravenna, approfondimenti sul
tema delle sorgenti “libere” o captate da acquedotti rurali nel contesto della Formazione
Marnoso-Arenacea, per la risoluzione delle diverse attribuzioni di questa unità geologica
109

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
assegnate in base alle analisi territoriali svolte per i Piani di provinciali di Tutela delle Acque di
Ravenna e Forlì-Cesena.
Bibliografia consultata
CANUTI P., ERMINI L., GARGINI A., MARTELLI L., PICCININI L., VINCENZI V. (2009) - La gallerie TAV
attraverso l’Appennino toscano:impatto idrogeologico ed opere di mitigazione. Provincia di Firenze.,
DE NARDO M.T. (2008) – Le zone di protezione delle acque sotterranee, Appennino bolognese. Relazione
Illustrativa delle cartografie predisposte come contributo al Quadro Conoscitivo della variante al PTC della
Provincia di Bologna, in adeguamento al Piano di Tutela delle Acque.
DE NARDO M.T. con contributi di BONAPOSTA D., CHIERICI A., FAVA E. , SEGADELLI S. (2006) –
Contributo al Quadro Conoscitivo del Piano di Tutela delle Acque Provinciale, variante al PTCP; perimetrazione
delle zone di protezione delle acque sotterranee in ambito collinare e montano. Cartografie e Relazione Illustrativa
predisposte per la Provincia di Reggio Emilia.
DE NARDO M.T., ERCOLESSI G. E PARISI A. (2007) – Progetto per la perimetrazione delle zone di protezione
delle acque sotterranee in ambito collinare e montano: contributo al Piano provinciale di Tutela delle Acque.
Cartografie e Relazione Illustrativa predisposte per la Provincia di Ravenna.
DE NARDO M.T., SEGADELLI S. E VESCOVI P. (2006) – Caratterizzazione geologica delle sorgenti nella zona
del Monte Nero (alto Appennino parmense e piacentino): primi risultati. In: www.regione.emiliaromagna.it/wcm/geologia/notizie/relazione_monte_nero.htm
DE NARDO M.T., SEGADELLI S. E VESCOVI P. , con contributi di GHIRETTI A. e NEGRINO F. (2007) –
Studio pilota per la caratterizzazione delle sorgenti nelle zone di Monte Nero (alta Val Ceno e alta Val Nure,
Province di Parma e Piacenza). Il Geologo dell’Emilia-Romagna, anno VII/2007, n. 25.
NUOVA CARTA GEOLOGICA D’ITALIA, scala 1:50.000, fogli 265 e 254. Sito www.regione.emiliaromagna.it/geologia/carg.htm
per relativi Autori e bibliografia.
PIACENTINI D. (1994) – Zona di possibile alimentazione delle sorgenti: criterio di delimitazione con il metodo
altimetrico-morfologico. In: AA. VV. – Studi sulla vulnerabilità degli acquiferi, l’Appennino modenese. A cura di:
D. Piacentini, A. Zavatti. Quaderni di Tecniche di Protezione Ambientale, n. 35. Protezione delle acque sotterranee.
Pitagora Editrice.
REGIONE EMILIA-ROMAGNA (1982) – Catasto delle cavità naturali dell’Emilia-Romagna
REGIONE EMILIA-ROMAGNA, ASSESSORATO AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE (2005) – Piano di
Tutela delle Acque, Relazione Generale. ARPA, Ingegneria Ambientale
110

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
REGIONE EMILIA-ROMAGNA, SERVIZIO GEOLOGICO, SISMICO E DEI SUOLI – Carta geologica
dell’Appennino emiliano-romagnolo, a scala 1:10.000.
Sito: www.regione.emilia-romagna.it/wcm/geologia/canali/cartografia/sito_cartografia/sito_cartografia.htm
REGIONE EMILIA-ROMAGNA, SERVIZIO TUTELA E RISANAMENTO RISORSA ACQUA (2003) – “Base
informativa delle reti acquedottistiche (versione provvisoria) della provincia di Piacenza”.
VIEL G., DE NARDO M.T. E MONTAGUTI M. (2003) - “Schema Direttore della pericolosità geo-ambientale”,
Servizio Geologico d’Italia e Servizio geologico, sismico e dei suoli, Regione Emilia-Romagna. 4th European
Congress on Regional Geoscientific Cartography and Information Systems, Bologna, 17-20 giugno 2003
“””
111

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4.4.4 Zone di tutela assoluta e zone di rispetto
La Legge Regionale 6 marzo 2007 n. 4 “adeguamenti normativi in materia ambientale. Modifiche a leggi
regionali” prevede all’art. 2 comma 1, in coerenza con quanto già indicato all’art. 42 delle NTA del Piano
Regionale, che la Regione adotti una direttiva nella quale siano stabiliti i principi e le linee guida per
l’individuazione e la delimitazione delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee
destinate al consumo umano, erogate a terzi mediante impianto di acquedotto che riveste carattere di
pubblico interesse.
Il comma 2 dell’art. 4 della stessa L.R. 4/2007, prevede che le Province, su proposta delle Agenzia di
Ambito Territoriale Ottimale, individuino e delimitino le aree di salvaguardia delle acque superficiali e
sotterranee destinate al consumo umano in coerenza con la disciplina di cui al comma 1.
Pertanto, ad avvenuta emanazione della direttiva regionale citata, sarà cura della Provincia raccordarsi
con l’ATO, ai fini della delimitazione di dette aree.
Fino a quando la Direttiva non sarà emanata, la norma di riferimento resta l'art. 94 del D.Lgs. 152/2006 il
cui testo è riportato di seguito:
ART. 94 – Disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al
consumo umano
1. Su proposta delle Autorità d'ambito, le regioni, per mantenere e migliorare le caratteristiche
qualitative delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, erogate a terzi
mediante impianto di acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse, nonché per la tutela
dello stato delle risorse individuano le aree di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e
zone di rispetto, nonché all'interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda, le
zone di protezione.
2. Per gli approvvigionamenti diversi di quelli di cui al comma 1, le Autorità competenti
impartiscono, caso per caso, le prescrizioni necessarie per la conservazione e la tutela della
risorsa e per il controllo delle caratteristiche qualitative delle acque destinate al consumo
umano.
3. La zona di tutela assoluta è costituita dall'area immediatamente circostante le captazioni o
derivazioni: essa, in caso di acque sotterranee e, ove possibile, per le acque superficiali, deve
avere una estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione, deve essere
adeguatamente protetta e dev'essere adibita esclusivamente a opere di captazione o presa e ad
infrastrutture di servizio.
4. La zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta
da sottoporre a vincoli e destinazioni d'uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente
la risorsa idrica captata e può essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto
allargata, in relazione alla tipologia dell'opera di presa o captazione e alla situazione locale di
112

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
vulnerabilità e rischio della risorsa. In particolare, nella zona di rispetto sono vietati
l'insediamento dei seguenti centri di pericolo e lo svolgimento delle seguenti attività:
a) dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati;
b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;
c) spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che l'impiego di tali sostanze sia
effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto
della natura dei suoli, delle colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della
vulnerabilità delle risorse idriche;
d) dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche provenienti da piazzali e strade;
e) aree cimiteriali;
f) apertura di cave che possono essere in connessione con la falda;
g) apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate al consumo umano e
di quelli finalizzati alla variazione dell'estrazione ed alla protezione delle caratteristiche qualiquantitative
della risorsa idrica;
h) gestione di rifiuti;
i) stoccaggio di prodotti ovvero sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;
l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;
m) pozzi perdenti;
n) pascolo e stabulazione di bestiame che ecceda i 170 chilogrammi per ettaro di azoto presente
negli effluenti, al netto delle perdite di stoccaggio e distribuzione. E' comunque vietata la
stabulazione di bestiame nella zona di rispetto ristretta.
5. Per gli insediamenti o le attività di cui al comma 4, preesistenti, ove possibile, e comunque ad
eccezione delle aree cimiteriali, sono adottate le misure per il loro allontanamento; in ogni caso
deve essere garantita la loro messa in sicurezza. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in
vigore della parte terza del presente decreto le regioni e le province autonome disciplinano,
all'interno delle zone di rispetto, le seguenti strutture o attività:
a) fognature;
b) edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione;
c) opere viarie, ferroviarie e in genere infrastrutture di servizio;
d) pratiche agronomiche e contenuti dei piani di utilizzazione di cui alla lettera c) del comma 4.
6. In assenza dell'individuazione da parte delle regioni o delle province autonome della zona di
rispetto ai sensi del comma 1, la medesima ha una estensione di 200 metri di raggio rispetto al
punto di captazione o di derivazione.
7. Le zone di protezione devono essere delimitate secondo le indicazioni delle regioni o delle
province autonome per assicurare la protezione del patrimonio idrico. In esse si possono
adottare misure relative alla destinazione del territorio interessato, limitazioni e prescrizioni per
gli insediamenti civili, produttivi, turistici, agro-forestali e zootecnici da inserirsi negli strumenti
urbanistici comunali, provinciali, regionali, sia generali sia di settore.
113

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
8. Ai fini della protezione delle acque sotterranee, anche di quelle non ancora utilizzate per l'uso
umano, le regioni e le province autonome individuano e disciplinano, all'interno delle zone di
protezione, le seguenti aree:
a) aree di ricarica della falda;
b) emergenze naturali e artificiali della falda;
c) zone di riserva.
Nella Tavola 4bis sono individuati i punti di captazione di acqua per consumo umano ed i 200 metri di
raggio attorno agli stessi, ai quali, in attesa della direttiva regionale, si applica la norma nazionale.
114

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
4.4.5 ACQUIFERO FREATICO COSTIERO
Si riportano gli esiti dello studio affidato al Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della
Regione Emilia Romagna, già richiamato al precedente capitolo:
“””
4.4.5.1 Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia Romagna
La salinità dell’acquifero freatico costiero
effettuati e valutazioni preliminari
della Provincia di Forlì-Cesena : rilievi
Premessa
Il presente lavoro è stato eseguito nell’ambito di una collaborazione tra il Servizio Geologico, Sismico e
dei Suoli della Regione Emilia-Romagna, ed il Servizio Ambiente e Sicurezza del Territorio della
Provincia di Forlì-Cesena relativa alla stesura del Piano di Tutela delle Acque della Provincia di Forlì-
Cesena, ed è finalizzato in particolare alla realizzazione di una valutazione preliminare della qualità
dell’acquifero costiero presente nella Provincia di Forlì-Cesena.
Il lavoro è stato svolto dal dott. Paolo Severi e dal dott. Ubaldo Cibin del Servizio Geologico, Sismico e
dei Suoli della Regione Emilia-Romagna, e dal dott. Stefano Pezzi, appositamente incaricato dal Servizio
Ambiente e Sicurezza del Territorio della Provincia di Forlì-Cesena.
In accordo con i tecnici della Provincia di Forlì-Cesena, si è ritenuto importante realizzare questa analisi
preliminare, in relazione alle indicazioni esistenti rispetto ad possibile cattiva qualità delle acque di
questo acquifero, che per sua natura è connesso idraulicamente con le acque del mare e con le acque
superficiali a loro volte aperte verso mare. Questa connessione fa si che le acque dell’acquifero costiero
presente nella Provincia di Forlì-Cesena possano essere variamente soggette a fenomeni di salinizzazione.
E’ noto che la salinità dell’acquifero crea problemi di varia natura, relativi ad esempio alla qualità della
vita degli ecosistemi collegati alle acque sotterranee, alla buona crescita delle colture agricole, alla
durevolezza dei manufatti antropici messi in opera sotto falda.
Il lavoro svolto ha consistito nell’individuazione di una serie di pozzi utili per determinare le
caratteristiche qualitative di questo acquifero e nel rilevamento delle variabili di interesse.
Caratteristiche geologiche e idrogeologiche dell’acquifero costiero.
La zona costiera della provincia di Forlì-Cesena, è costituita dalle sabbie di cordone litorale che affiorano
dalla statale Adriatica sino alla linea di riva. Si tratta di sabbie prevalentemente fini e medie con
abbondanti bioclasti di molluschi, in starti sottili e medi generalmente amalgamati, localmente alternate a
limi sabbiosi.
115

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Figura 1. Stralcio dei fogli geologici 256 e 240-241, semplificati. In azzurro le sabbie costiere,
in verde i depositi di canale e argine, in giallo i depositi di tracimazione fluviale, in rosa i
depositi di piana alluvionale. In blu la traccia della sezione geologica di figura 2.
La delimitazione areale di questo corpo di sabbie è ben rappresentata nella cartografia geologica
recentemente realizzata dal Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli (Carta Geologica d’Italia in scala
1:50.000 foglio 256 “Rimini” e foglio 240-241 “Forlì-Cervia), visibile in colore azzurro nella figura 1.
Lo spessore di questo corpo sabbioso è di una decina di metri circa, così come si è riscontrato in un
sondaggio perforato appositamente dal Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli sulla spiaggia antistante
la colonia AGIP di Cesenatico, nell’ambito della realizzazione del foglio 256, il cui log è riportato nella
sezione geologica di figura 2.
Dal punto di vista stratigrafico questo corpo sabbioso si colloca nella parte superiore dell’Olocene.
Lo spessore delle sabbie costiere si riduce leggermente procedendo verso monte, sino diventare circa 6 –
7 metri all’altezza della statale adriatica, a monte della quale il corpo sabbioso di spiaggia scompare
bruscamente passando a depositi fini di pianura alluvionale. Dalla parte opposta, il corpo sabbioso
prosegue verso mare, oltre la linea di riva. Tale situazione geologica è ben visibile nella sezione
geologica riportata nella sottostante figura 2, tratta dal foglio geologico sopra citato.
116

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Figura 2. Stralcio di una sezione geologica tratta dal foglio geologico 256 (la traccia è riportata in figura 1). In
rosa i depositi sabbiosi dell’acquifero costiero, in grigio ed azzurro i depositi alluvionali sottostanti e laterali ad
esso. In figura è rappresentato anche il log stratigrafico di un sondaggio realizzato sulla spiaggia di Cesenatico (i
numeri rappresentano le età dei sedimenti in migliaia di anni).
La configurazione geologica descritta permette di individuare nelle tre dimensioni spaziali il corpo
sabbioso che costituisce l’acquifero di cui si tratta in questa nota. Tale acquifero per le caratteristiche
dette in precedenza, ed in particolare essendo costituito da sabbie direttamente affioranti sul piano
campagna, è di tipo freatico. La sua ricarica avviene principalmente attraverso la pioggia e per
dispersione del reticolo idrografico che lo attraversa. Un certo volume idrico (molto probabilmente poco
significativo), viene dalle falde freatiche di pianura che si sviluppano nei depositi fini indicati in grigio in
figura 2, lateralmente al corpo di sabbie costiere. Un ulteriore contributo viene dalle acque di irrigazione
degli orti presenti in alcune zone di affioramento dell’acquifero. Il contatto idraulico con il mare e la
maggiore densità delle acque marine, fa si che una certa parte di acqua di mare si infiltri in modo naturale
nei depositi verso costa, costituendo il cosiddetto “cuneo salino” (figura 3).
117

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Figura 3. Rappresentazione ipotetica dell’ingressione del cuneo salino nell’acquifero costiero nella zona di
Cesenatico.
Le uscite idriche da questo acquifero avvengono in modo naturale per deflusso gravitativo verso mare.
Una certa porzione (probabilmente modesta), viene prelevata dai pochi pozzi presenti nell’area analizzata.
Rilievi effettuati
Al fine di analizzare l’acquifero in questione rispetto alla sua salinità, sono stati condotti durante
l’inverno 2007-2008 alcuni rilievi di campo per i quali è stata riscontrata una certa difficoltà nel trovare
pozzi che interessassero l’acquifero in studio, poiché la sua area di affioramento è molto densamente
abitata e sono presenti molti alberghi e case di costruzione abbastanza recente in cui molto difficilmente
sono presenti pozzi. Ciò a differenza della zona a monte della statale adriatica (e quindi al di fuori
dell’acquifero freatico costiero), in cui le case coloniche sparse hanno praticamente sempre un pozzo.
Inoltre dei pochi pozzi rinvenuti nella zona costiera solo alcuni avevano le caratteristiche di profondità
tali da interessare l’acquifero oggetto di questo studio, e di questi pochi non tutti sono risultati
ispezionabili.
In ogni caso si ritiene che lo studio realizzato, consenta, se pur in via preliminare, di fare alcune
considerazioni, che potranno essere di certo verificate e migliorate, nel caso in cui fosse possibile
proseguire l’analisi condotta. I pozzi individuati e rilevati nell’acquifero costiero sono in totale 10, che
potranno costituire la base per una eventuale rete di monitoraggio futura, data la facilità di individuazione
e la disponibilità mostrata dai proprietari. Tra l’altro si sottolinea che uno dei punti di monitoraggio
individuati (il punto 9 nella figura 4) è costituito da un piezometro istallato proprio per la misura dello
stato di salinità dell’acquifero costiero. Gli altri pozzi (codice da 2 a 10) sono tutti ad uso domestico, per
l’irrigazione di giardini e piccoli orti; il pozzo 1 è invece usato per l’irrigazione di un centro sportivo. Nel
complesso si presuppone che il prelievo nell’acquifero costiero possa considerarsi modesto, sia in
relazione all’uso dei pozzi, che al loro numero verosimilmente scarso, così come si è rilevato dalle analisi
condotte.
118

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
In sette punti è stato possibili misurare la profondità, il livello idrico, la temperatura e la conducibilità
dell’acqua sia nella parte superiore che quella inferiore del pozzo. Tre pozzi non erano purtroppo
ispezionabili, e quindi è stato possibile misurare solamente la temperatura e la conducibilità dell’acqua
tramite rubinetto. Si sono inoltre misurate le conducibilità elettrica in 3 corsi d’acqua superficiali. Da
ultimo si sono anche rilevati 2 pozzi nella zona a monte dell’acquifero costiero per paragonare le sue
caratteristiche con quelle dell’acquifero freatico di pianura alluvionale.
L’ubicazione dei punti rilevati è mostrata in figura 4. Come si può notare si sono trovati dei punti di
misura solamente nella zona a monte della ferrovia, e nelle zone a densità abitativa relativamente meno
elevata. Sicuramente la mancanza di punti di monitoraggio nella zona più vicina la mare rende, in ogni
caso, parziali le considerazioni che seguono, soprattutto per quel che riguarda i commenti relativi ai dati
di conducibilità elettrica misurati.
Figura 4. Ubicazione dei punti analizzati. Punti verdi acque sotterranee (pozzi), triangoli blu acque superficiali, in
azzurro l’estensione dell’acquifero freatico costiero.
Dati rilevati e considerazioni conclusive.
La tabella 1 mostra tutti i dati rilevati. I codici da 1 a 10 riguardano i pozzi che interessano l’acquifero
costiero, i punti 11 e 12 sono invece relativi a 2 pozzi al di fuori di esso, mentre i punti 13,14 e 15 sono
relativi ad acque di superficie. I commenti che seguono sono relativi soprattutto ai pozzi che interessano
l’acquifero costiero (codice da 1 a 10).
119

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
La profondità dei pozzi esaminati è tale da interessare esclusivamente l’acquifero freatico costiero,
infatti le profondità sono generalmente modeste e solo in 3 casi arrivano ad interessare quasi tutto
l’acquifero (punti 4, 5 e 9). I valori della soggiacenza (profondità dell’acqua in metri dal piano
campagna) indicano che l’acqua è sempre presente entro i primi 1,2 – 2,2 metri dal piano campagna. I
valori della piezometria (profondità dell’acqua nell’acquifero riferita al livello del mare), disponibili
risultano troppo pochi per la realizzazione di una carta piezometrica; tuttavia è significativo notare che i
valori sono sempre prossimi allo 0. I valori della temperatura delle acque sotterranee variano tra 6,7 e
14,4 gradi. Le temperature sono sistematicamente più alte al fondo dei pozzi che nella loro parte alta,
evidentemente più influenzata dalla temperatura dell’aria.
I valori della conducibilità elettrica sono quelli più significativi per la valutazione dello stato di salinità
dell’acquifero, così come indicato nel Decreto Legislativo 152/2006. Tale decreto riporta infatti che al
fine di assegnare lo “stato qualitativo buono” alle acque sotterranee, la conducibilità elettrica non deve
indicare intrusioni saline nel copro idrico.
Da questo punto di vista le tabelle riportate nel precedente Decreto Legislativo 152/1999, ancora
utilizzate da ARPA Emilia-Romagna per la valutazione dello stato qualitativo delle acque sotterranee,
danno i seguenti valori della conducibilità elettrica per indicare la classe di qualità:
classe 1 (la migliore) < 400 microsiemens/cm;
classe 2 e 3 (le intermedie) 2.500 microsiemens/cm.
120

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
codice Tipo Data Quota pc Prof. pz mt da
Sogg.
pc
mt da pc mt da pc
Microsiemens/cm Microsiemens/cm gradi
gradi
1 Pozzo 12/2007 1.6 2.7 2.2 -0.6 937 933 13.7 14
2 Pozzo 12/2007 2 nn nn 1.166 12.8
3 Pozzo 12/2007 2 3.2 2 0 1.204 1.198 13.8 14
4 Pozzo 12/2007 1.5 6 nn 2.290 11.4
5 Pozzo 01/2008 2 6 nn 810
6 Pozzo 01/2008 2 2.6 1.7 0.3 810 814 9.7 9.8
7 Pozzo 01/2008 2 2.1 1.6 0.4 598 598 8.6 8.8
8 Pozzo 01/2008 1.4 2.5 1.2 0.2 2.420 4.670 8.2 9.7
9 Pozzo 01/2008 1.4 6.8 1.2 0.2 10.900 27.900 9.3 13.6
10 Pozzo 01/2008 1.4 2.1 1.4 0 4.030 11.920 6.7 9.3
11 Pozzo 12/2007 0.4 9.5 1 -0.6 950 12.9 14.4
12 Pozzo 12/2007 1.5 36 11.5 -10 850 898 14.5 14.2
13 Canale 12/2007 29.500
Zadina
14 Torrente
Rubicone
15 Scolo
Piezom.
Cond. alto
01/2008 42.500
01/2008 20.670
Cond. fondo
Fossatone
Tabella 1: Dati rilevati.
Quota pc = quota del piano campagna.
Prof. pz mt da pc = profondità del pozzo in metri dal piano campagna.
Soggiacenza mt da pc = profondità dell’acqua in metri dal piano campagna.
Piezom. mt da pc = = profondità dell’acqua in metri rispetto al livello mare.
Cond. Alto Microsiemens/cm = conducibilità elettrica in Microsiemens/cm misurata al pelo dell’acqua nel pozzo. Cond. Fondo Microsiemens/cm = conducibilità elettrica in
Microsiemens/cm misurata a fondo pozzo pozzo.
Temp.a gradi = temperatura misurata al pelo dell’acqua nel pozzo.
Temp.f gradi = temperatura misurata a fondo pozzo.
Temp.a
Temp.f
121

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Come si vede dalla tabella alcuni punti rilevati (8, 9 e 10), indicano valori che si collocano nella classe
peggiore, ed in tabella sono stati riportati con il colore giallo (valori da 2.500 circa a 10.000
microsiemens/cm), o rosso (valori maggiori di 10.000 microsiemens/cm).
Tali valori vengono considerati come dovuti a fenomeni di ingressioni di acque marine in atto
nell’acquifero costiero.
Confrontando il valore misurato nella parte più alta dell’acquifero con quello misurato al fondo dei pozzi
rilevati, si nota che, laddove sono presenti valori che superano i limiti del decreto, il valore di fondo
pozzo è sistematicamente più alto (generalmente più del doppio), di quello preso al pelo dell’acqua. E’
anche importante notare che il pozzo più profondo dei 3 classificabili nella classe qualitativa peggiore, ha
valori molto più alti degli altri due, ad indicare il fatto che, almeno in questo caso, la parte più bassa
dell’acquifero ha fenomeni di salinizzazione in atto più spinti, coerentemente con i modelli fisici
disponibili per l’ingressione del cuneo salino negli acquiferi costieri.
Si evidenzia inoltre che i valori di conducibilità misurati nei pozzi a monte delle sabbie litorali non sono
influenzati dall’ingressione di acque marine, come ci si può aspettare da un sistema acquifero del tutto
indipendente da quello freatico costiero,
E’ significativo osservare i dati della conducibilità presi nelle acque superficiali indicano sempre valori
molto alti (evidenziati in azzurro nella tabella 1). D’altro canto questi corsi d’acqua sono collegati con il
mare a poche centinaia di metri dai punti in cui si è misurato il loro valore di conducibilità.
Passando ora ad una analisi areale di questi valori di conducibilità (figura 5), si nota in modo evidente che
i valori indicanti uno stato qualitativo scarso delle acque sotterranee (i già citati pozzi 8, 9 e 10), sono tutti
concentrati nella zona posta all’estremo margine sud est della provincia di Forlì-Cesena.
122

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Figura 5: distribuzione dei valori di conducibilità elettrica rilevati nella parte sommatale dei pozzi.
I punti blu indicano valori inferiori ai 1.000 microsiemens/cm, i verdi tra i 1000 ed i 2500 circa, i gialli tra 2500
circa e 5000, il rosso maggiore di 5000 (i singoli valori sono indicati in tabella 1). I triangoli azzurri sono relativi
alle acque di superficie.
E’ pure significativo notare che questi punti che si classificano nella classe peggiore non hanno un livello
piezometrico più basso degli altri, né una distanza dal mare minore, nè una profondità di investigazione
diversa. L’unica differenza significativa riscontrata tra questi punti e tutti gli altri (che hanno invece
indicato valori di conducibilità elettrica più bassi), è la vicinanza a corsi d’acqua superficiali contenenti
acque con valori di conducibilità decisamente alti.
Pertanto in una prima valutazione schematica, effettuata sulla base dei dati fin qui disponibili, si può
supporre che la salinizzazione in atto nell’acquifero costiero della provincia di Forlì-Cesena sia da
mettere in relazione alla ricarica dell’acquifero operata dalle acque superficiali. L’acqua si spingerebbe
quindi da questi canali dentro l’acquifero, aumentandone la conducibilità elettrica. Come si può notare
dalla cartografia di figura 4, si suppone che l’ingressione di acque ad alta conducibilità dai canali verso
l’acquifero avvenga in un intorno di poche centinaia di metri dai canali stessi.
E’ comunque importante sottolineare che la mancanza di misure di conducibilità nella zona più prossima
al mare rende parziali queste considerazioni sulla salinità dell’acquifero costiero forlivese- cesenate
poiché non consente di valutare adeguatamente l’influenza della ricarica da mare del sistema idrico.
“””
123

VARIANTE PTCP – RELAZIONE GENERALE
Sez. IV – MISURE E AZIONI – AREE DI SALVAGUARDIA
Al fine di contrastare il fenomeno dell’ingressione del cuneo salino, oltre al non permettere il prelievo
delle acque sotterranee, risulta importante anche definire le seguenti azioni o prescrizioni nell’uso del
sottosuolo:
1. Realizzazioni di soglie e briglie alla foce dei corsi d’acqua.
2. Evitare di asportare le barre di foce dei corsi d’acqua naturali.
3. Evitare di asportare o abbassare la quota delle dune.
4. Evitare l’impermeabilizzazione delle dune e favorirne l’infiltrazione delle acque di pioggia nelle
falde freatica.
5. Condizionare all’esito di studi dettagliati l’abbassamento temporaneo della falda finalizzato alla
realizzazione di scavi sottofalda, prescrivere emungimenti all’interno di volumi isolati da
palancole e ripompare le acque emunte nell’acquifero circostante.
6. Condizionare all’esito di studi dettagliati la realizzazione di scantinati nella zona caratterizzata da
corpi dunosi, al fine di evitare ostacoli al deflusso della falda da monte verso valle.
124