Capo XIV - Delle Chiese e de' Beni del Monastero di ... - TSC

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istantemente Vanguntium Baldoli de Perusio, qui est Custos pro Commune Perusii, & superstans, ut dicitur, aliorum Custodum, & qui retinet dictam Ecclesiam pro dicto Commune Perusii per vim & violentiam contra jus & justitiam occupatam; pregollo, dissi, a voler loro permettere di entrarvi per celebrare i Divini Ufficj. Vangunzio rispose, che il Comun di Perugia aveagli ordinato di non dare l’accesso alla Chiesa né a lui, né ad alcun altro. Rinnovò il Priore le istanze, e fece le consuete proteste; ma rinnovò anche Vangunzio la sua risposta, a cui fu forza acchetarsi (Doc. DXXII). L’anno seguente MCCCXLIV il Prior Simone (il quale però non era riconosciuto per tale dalla Curia Romana, come farà palese il documento (Doc. DXXIII) che ne pubblicheremo) unito ad alcuni potenti a mano armata cacciò da quel Monastero i due Monaci, che vi abitavano, e che finallora ne l’avevan tenuto lontano. Ebbero essi ricorso al Pontefice Clemente VI, e questi commise l’esame di tal controversia a Bartolo Abbate del Monastero di Pietrafitta nella Diocesi di Perugia. Ei nominò suo suddelegato Benedetto Vescovo Cernicense, il quale con sua lettera de’ XVI di Marzo del detto anno ordinò all’Ab. Guglielmo, il quale allora trovavasi in Perugia, che nulla ardisse di tentare contro que’ due Monaci, ma che a lui lasciasse la decision della causa. Di questa sì lunga e sì ostinata contesa non abbiamo altra memoria. Ma forse essa fu allor troncata dal Papa col dare quel Priorato in Commenda. Veggiam di fatto, che l’anno MCCCLVIII avealo il Card. Rainaldo degli Orsini del titolo di S. Adriano, e convien dire, che dopo tante vicende fosse ancora assai ricco; perciocché a’ XXIII di Gennajo del detto anno l’Ab. Lodovico nominò suoi Proccuratori Bernardo dal Boschetto Dottor di Legge, e alcuni altri per trattar col medesimo Cardinale, e promettergli un’annua pensione, finché ei vivesse, di cento fiorini d’oro, purché lasciasse quel Priorato alla libera disposizione dell’Abate e del Monastero di Nonantola. E pare, che per qualche tempo tornasse la Badia ad acquistarne il possesso; poiché nella colletta imposta dall’Ab. Tommaso l’anno MCCCLXIX esso fu tassato di CXV fiorini d’oro. Ma questa è l’ultima menzione, che ne’ Monumenti della Badia io ritrovo di questo Priorato, il qual perciò dovette essere poi conferito dai Papi senza saputa e senza dipendenza di sorta alcuna dagli Abati Nonantolani. Finalmente il Pontefice Paolo III con sua Bolla de’ XIX di Decembre del MDXLVI unì in perpetuo quel Priorato alla Mensa Capitolare di Assisi; ed è degno d’osservazione, che in detta Bolla non si fa alcuna menzione della Badia di Nonantola, come se quella Chiesa non le fosse mai stata soggetta, il che ci mostra, che già da sì gran tempo ne aveano perduto i Monaci ogni diritto, che se n’era smarrita ancor la memoria. Alcune altre Chiese della stessa Diocesi di Assisi erano da quella di Valfabbrica dipendenti. E quella tra esse, che poc’anzi abbiam nominata, di S. Gregorio (e non di S. Cristoforo come leggesi ne’ Monitorj) de Coltraditiis, o de Contradiciis, o de Colle radicis, come in qualche carta si dice, la quale nel secolo XIV avea un Monaco di Nonantola a suo Priore. E abbiamo la nomina di alcuni Priori di essa fatta dagli Abati di Nonantola a’ IV di Giugno del MCCCXVIII a’ XXI d’Agosto del MCCCXXII, agli VIII di Maggio del MCCCXXXIX e a’ XXV di Luglio del MCCCLXXXVII dopo la qual Epoca non ne troviam più memoria; e verisimilmente essa ebbe la sorte medesima che quella di Valfabbrica, da cui dipendeva. Ne’ Monitorj della Badia veggo nominarsi più altre Chiese, come già dipendenti da essa, e sono S. Donati de S. Donato, S. Stephani de Campolongo, S. Angeli de Rocchitiola, S. Juliani de Paganzano, S. Senesii Castri Podii prioris, S. Ruffini de Sisiolano, S. Paterniani de Roccha, S. Luciæ Podii Moricii, S. Andraæ Casalenis, S. Georgii, S. Paterniani de Macriano, S. Mariæ. Ma della maggior parte di queste Chiese appena io so trovare verun indicio. Quella di S. Donato è probabilmente la Corte dello stesso nome, che è nominata nel diploma di Federigo I. Di quella di S. Angelo di Rochizola conservasi nell’Archivio della Badia un picciolo inventario de’ beni mobili ed immobili di essa fatto a’ XXVI di Ottobre del MCCXC per ordine dell’eletto Abate Guido da Jacopo e da Contado Cherici e Rettori di quella Chiesa dall’Abate medesimo nominati. Di essa pure e di quella di S. Patroniano a Paterniano de Roccha, o, come ivi si scrive, de Runca, si fa menzione in un Atto de’ VI di Luglio del MCCCXLIV con cui l’Ab. Guglielmo informato, che queste due Chiese, e quella di S. Maria de Scalellis di Perugia dipendenti dal Monastero di Valfabbrica, erano ridotte a tal povertà e rovina, che più non potevan sussistere, comanda, che esse siano unite alla Chiesa più ad esse vicina e più ricca di S. Gregorio de
Coltradiciis. Cinque anni prima, cioè l’anno MCCCXXXIX nel Capitolo Generale tenuto in Firenze era stato ordinato, che le due suddette Chiese di S. Paterniano e di S. Maria de Scalelis si unissero insieme. Ma ciò non dovette forse bastare a migliorarne lo stato. Gli altri son nomi a me sconosciuti, e non so su qual fondamento si sia creduto, che quelle fosser Chiese della Badia. E a dir vero, come abbiamo altre volte avvertito, poco esatti sono que’ Monitorj, e ommetton luoghi, che dalla Badia dipendevano, e più altri ne nominano, che non aveano relazione alcuna con essa, e spesso ancora confondono le Diocesi. Così veggiamo accadere nella Diocesi di Perugia, nella quale ne’ Monitorj comprendonsi le Chiese di S. Biagio e di S. Abondio dalla Serra, che appartenevano a quella di Gubbio. Delle due altre Chiese, che ivi si nominano, cioè S. Mariæ de Ormicino, & S. Mariæ Magdalenæ de Rivo sicco, io non ho alcuna notizia, e niuna se ne avea anche un secolo e mezzo addietro; perciocché nell’Archivio della Badia conservasi una lettera scritta da Fano a’ VII di Marzo del MDCXXIII da un Francesco Visconti a Francesco Capelli Agente del Card. Ludovisi, che trasmesso aveagli il Monitorio, perché il facesse affiggere a’ luoghi consueti. Ei gli risponde, che, benché de’ Beneficj in esso indicati non si abbia notizia né nella Città, né nella Diocesi di Perugia, eseguirà nondimeno l’ordine avuto. E’ certo però, che una Chiesa almeno avea il Monastero in Perugia, la qual fu visitata l’anno MCCCXXXIX a’ XXX di Luglio dall’Ab. Guglielmo, il qual la trovò abbandonata: Presente Fr. Ventura, così negli Atti di Simone Panizza da Bulgaro, Preceptore domus S. Benedicti de Cupa de Perusio &c. D. Guilielmus Abbas... visitavit Ecclesiam... (il nome vi manca) que est posita apud Ecclesiam S. Francisci de Perusio, & neminem ibi invenit. Ma forse essa è quella medesima di S. Maria de Scalellis nominata poc’anzi. Più sicure e più copiose notizie abbiamo di molte Chiese, che la Badia possedeva nella Diocesi di Nocera nell’Umbria. L’insigne Terra di Sassoferrato ne era come il centro, e la Chiesa di S. Angelo era la principale, da cui dipendevano le altre. Anzi di Sassoferrato avea il Monastero anche il temporale dominio, benché ne avesse poscia investiti alcuni Conti del luogo stesso e de’ vicini Castelli. Anche di questo ragguardevol diritto della Badia è incerta l’origine, e non ne abbiamo indicio più antico della Bolla di Celestino III del MCXCI, in cui si nomina Castrum Sassiferrati cum Ecclesiis & omnibus pertinetiis suis; e nel diploma di Ottone IV del MCCX. Et Castrum Saxi Ferrati, adjjicientes, ut nulli hominum liceat homines habitantes, vel in futurum volentes habitare in suprascripto Castro Saxiferrati exinde removere, vel aliquo modo prohibere, aut inquietare ullo modo. Ma più pregevole è il monumento, che ne abbiamo sotto i V di Marzo dell’anno MCC. In esso si nominano i Signori di Sassoferrato, che erano stati dal Monastero investiti de’ Castelli di quel contorno. Essi sono DD. Bernardinus & Tornamontis, & Ugo, nec non & Albertus, atque Gualterius Comites, & Rigus, & Paganellus, & Peregrinus, & Gentilis cum tota Comunantia castrorum Saxiferrati, qui omnes una voce rogaverunt me tabellionem scribere quicquid D. Ugo dicti Saxiferrati Comes, una cum Renaldo de patre & Bertrando gerardi communiter statuerunt. Seguono alcuni Statuti, che nulla a questo luogo appartengono; poi si soggiugne: Hac tamen adjectione ut omnes possessiones ad (sic) nostris Dominis nostra castra recognoscant & teneant, & annuatim in festo sancti Silvestri nomine pensionis I solidum Lucensem dictis Dominis communibus tantum solvant; & tamdie jus supradictorum Castellanorum duret, quandiu Dominorum nostrorum jus duraverit: munitione vero Dominorum expleta, quandocumque placuerit eis, innovationem ab Ecclesia Nonantule recipere Commune universum dictorum Castrorum teneatur, quicquid dare dicti Domini Ecclesie conveneerit pro possessionibus universis, que in eorum instrumentis legitur, prestare, positis in Castris Sassiferrati & eorum curiis. Le espressioni qui usate, con cui i Monaci di Nonantola son nominati nostri Signori dagli abitanti di Sassoferrato, e il patto aggiunto, che il diritto de’ Castellani abbia a durare finché durerà l’investitura de’ Monaci, non ci lasciano dubitare del dominio del Monastero su que’ Castelli, e sulla maggior parte de’ beni nel lor distretto compresi. Mantennero costante i Monaci questa loro giurisdizione fino a’ tempi dell’Abate Niccolò de’ Baratti, il quale, come di lui parlando abbiam già veduto, l’anno MCCCXIII sotto pretesto, che il diretto dominio di cotai terre quasi di niuna utilità era al suo Monastero, e che il denaro, che dal Comune di Sassoferrato si esibiva per acquistarlo, potevasi con maggior vantaggio impiegare nella compera di altri beni, alienò il dominio medesimo, e riscossone probabilmente il denaro, non si curò
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