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IndiceSpilotros 7L’albero delle noci 15La prova del mostro 37Lorenzo gioca a briscola 43Al commissariato 49La confessione 51Devo precisare 63Un figlio da nascondere 79Uno strano bambino 83Sempre alle 8.03, sempre in prima fila 89La lista dei mille 93Il piano 103Baby store 107Mi servono i bambini 111Il processo 119L’appello 125


SpilotrosCi vuole una bella faccia tosta per dire «Sono dispiaciutoper il trambusto che ho creato», alle 10.45 del 5 novembre1992.E dirlo sul portone del carcere di Perugia dal quale eraentrato il 21 ottobre che era un’altra persona.Stesso nome, stesso cognome, ma un’altra identità, unacosa diversa, un’altra persona.«Trambusto», lo chiama trambusto tutto quel casino cheè riuscito a combinare con quel suo colpo di genio che lo hatrasformato nel pedofilo assassino che il 4 ottobre ha rapito,seviziato e ammazzato Simone Allegretti, quattro anni emezzo, a Maceratola di Foligno.Chiede scusa come chiede scusa uno che ha versato unbicchiere di vino rosso sulla tovaglia bianca e invece lui haprovocato un mezzo tsunami.«Trambusto» dice, e ha fatto inutilmente riesumare il cadaveredella vittima, il corpicino disfatto dall’autopsia di unbambino che muore mentre le ferite al collo lo dissanguanoe una mano, premuta sulla bocca perché nessuno senta, losoffoca.


alvaro fiorucciCi vuole una bella faccia tosta per dire «Scusatemi» etrattare le esclusive di una storia allucinante studiata e costruitaa tavolino perché «Il ragazzo è depresso da quandol’ha lasciato la fidanzata, la Marzia che ha 18 anni, bisognacapirlo, voleva annullarsi, uccidersi, l’ha scritto anche nellelettere che gli hanno trovato a casa sua.» Parole da spendereper una buona difesa.«Ma vaffanculo, c’ha fregati» dicono quelli dello Sco chedevono riaprire la caccia a un fantasma che ogni tanto minacciache prima o poi ne farà fuori un altro impastando indaginiche non sai da che parte cominciare e panico della genteche strabuzza gli occhi davanti alle civette dei giornali.«Ma vaffanculo», dicono mille bocche di mamme, padri,fratelli, zii e zie di tutte le famiglie dove c’è un bambino cheora bisogna di nuovo seguire a vista, tenerlo al sicuro con unpiano di protezione domestica, metterlo sotto scorta comeun figlio di un pentito, perché quello può tornare, portarselovia, sgozzarlo e nasconderlo chissà dove.E bisogna diffidare di tutti, del vicino, dell’amico, del parente.Figuriamoci degli sconosciuti: anche una carezza fa scattarel’allarme.E con l’allarme, il panico.«Ma vaffanculo», i bambini erano tornati a scuola senzalo scudo protettivo dei nonni e i nonni erano tornati a giocarea briscola al bar.«Ma vaffanculo», i bambini avevano ricominciato a giocaresul piazzale di casa e, addirittura, qualcuno s’era spintopiù in là, aveva rimesso piede al Parco dei Canapè.


il cacciatore di bambini 9«Ma vaffanculo», sembrava finita l’apnea, si poteva finalmenterespirare perché l’orco s’era fatto prendere.E invece Stefano Spilotros, 22 anni da Rodano, via Manzoni7, Milano, inutile diploma di operatore turistico, benzinaiocon la sorella sulla “Rivoltana”, venditore in prova diun’agenzia immobiliare, la Volvo e la Peugeot per farsi bellocon gli amici del bar “Millepini”, il volontariato all’Oratorioper animare la noia del pomeriggio suburbano, l’eleganzasobria e il gel nei capelli per rimorchiare alla discoteca “Ipotesi”,aveva letto tutto sui giornali, riga per riga, fotografiaper fotografia con la stessa attenzione che uno scanner haper i pixel, ascoltato ben bene tutte le radio che riusciva adascoltare e ha guardato tutte le televisioni che riusciva a vederecon la voracità di un iPod da milioni di byte, fantasticatocon la sua intelligenza scaltra, infantile e malriposta,ma connessa con il Wi-Max, e trasformato in un piano cheaveva scaricato nella sua testa con un download di ultimagenerazione anche i trafiletti da meno di una breve, da menodi un bite.Un piano da psichiatria forense, il progetto temerario eautolesionista di uno che «Se la tira un po’, ma non è certouno squilibrato o uno che si fa i bambini, visto che odia i froci,gli ebrei, i negri e i marocchini», come raccontano quellidi Rodano all’Ansa.Letto, ascoltato e rielaborato per essere il “Mostro di Foligno”dal 17 ottobre al 5 novembre 1992.Da quando ha partorito una bugia mostruosa alla qualehanno abboccato in troppi fino a quando due magistrati,Fausto Cardella e Michele Renzo, lo sbugiardano del tutto e


10 alvaro fioruccigli dicono che la sua autoaccusa furba e insidiosa non è piùneppure verosimile.È senza prove.È ben taroccata, ma è falsa.È astuta, ma è inventata di sana pianta.È un reato.La bufala di Rodano gli sta morendo tra le mani, dentrola cella.Marzia nella sala dei colloqui lo guarda ed è terrorizzatapure lei, gli par di capire.Anche il “Mostro” adesso è contro di lui, seconda cosache gli par di capire.È finita.Si arrende, ritratta e smette di giocare con la morte e conla parte più contorta della sua aggrovigliata personalità.Fausto Cardella sta per lasciare Perugia e l’inchiesta.Per tutta un’altra storia.Va a Caltanissetta in un pool che ha un solo compito.Una sola missione che i più, con i tempi che corrono,considerano impossibile: prendere i mafiosi che hanno assassinatoi giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.Trasferimento accordato: c’è bisogno di gente che sa ilfatto suo, che lavora con tenacia e pazienza.«Forse non sarei partito… non so come avrei risposto, ecconon so quello che avrei fatto se fosse già successo, chi lo puòdire?»,


il cacciatore di bambini 11e lui non lo dice, sedici anni dopo, mentre scartabella tra isuoi fascicoli di Procuratore della Repubblica di Terni.«Incontrai il procuratore di Caltanissetta, Gianni Tenebra,a Firenze, il 3 ottobre, in occasione di un convegno.Mi chiese se fossi disposto ad andare a Caltanissetta perpartecipare, con lui e con Ilda Boccassini, che sarebbe arrivatada Milano, alle indagini sulle stragi che poche settimane primaerano state commesse.La proposta era lusinghiera, non c’è che dire, e solleticavala mia ambizione professionale: misurarsi con una delle indaginipiù importanti e complesse, lavorando a fianco di colleghiche stimavo e dai quali avrei avuto tutto da imparare; peròcomportava un cambiamento radicale di vita, almeno per uncerto tempo.Dovevo rifletterci e lo feci presente all’amico Tinebra.Fu molto comprensivo, mi disse: “Pensaci tutto il tempoche vuoi… e fra due ore mi dai la risposta”.Che cosa risposi è noto.Rientrato a Perugia, il giorno dopo, fui avvertito della scomparsadel piccolo Simone.Non so che cosa avrei risposto al procuratore se la sua propostafosse arrivata qualche ora dopo.Mi resi conto subito che l’indagine non sarebbe stata né facile,né celere, a meno di un improbabile colpo di fortuna, e mipreoccupai di affiancarmi nelle indagini un collega che seguissel’investigazione fin dalle prime battute e potesse, perciò, proseguirlasenza soluzione di continuità, quando io, di lì a pochigiorni, sarei andato in Sicilia.Michele Renzo, al quale mi legano stima, amicizia e soprattutto,un medesimo modo di sentire la nostra professione.


12 alvaro fiorucciLo ricordo bene: non fu facile venire a capo della vicendaSpilotros.Come spesso sanno fare i mitomani, l’aveva congegnatamolto bene. Furono necessarie lunghe e approfondite indaginiper smontare il castello di falsi riscontri di cui aveva disseminatoil suo fantasioso ma verosimile racconto, combattendo in noil’illusione che, per un attimo, ci aveva rincuorati, di aver risoltoil caso, di aver fermato l’assassino.»Lavoro duro.Giorni rubati.Perché mica basta che uno dice «Sono un bugiardo, mal’ho fatto per Marzia» e da mostro a nove colonne diventauno che non merita neppure una breve, così con uno «Scusate»e via, un timbro e via.“stop”, punto a capo.No, non è così.Tocca riavvolgere il nastro, dalla fine al principio.Tocca formattare tutte le cartelle, dopo aver aperto unoper uno i file di un disco rigido che non sta in un computer,ma in un cervello, e scoprire qual è il virus che l’ha scaricatida una rete di pulsioni, sentimenti e mezze follie, più intrecciatadei fili informatici che tengono in piedi il web.“rewind” e poi “play” di nuovo, sequenza dopo sequenza,per essere certi che quello appena visto è proprio un altrofilm.“cerca”, “copia e incolla”, “proprietà”, “myspace”,“facebook” e poi ancora “cerca”, “trasferisci in” fino all’ultimodocumento incompatibile con il sistema operativodella verità, dell’altra verità, quella vera.


il cacciatore di bambini 13Buona la sceneggiatura, eccellente l’ambientazione, credibilel’interpretazione, così sottile il confine che la finzioneè maledettamente diventata realtà.Per fretta o per destino, o per tutte e due le cose, gli spettatorisi sono lasciati trasportare verso i titoli di coda senzastar troppo a fare i “Beniamino Placido” perché la fine era lafine che ci voleva, che tutti speravano e volevano.La fine che, per dio, era arrivata dopo giorni a sboccarsangue e a girare a vuoto.Non era neanche una mezza verità, è stata una veritàvera.Per poco tempo, per un lampo in prima pagina, ma èstata una verità vera, un caso risolto. Per poco tempo, ma èstata una beffa.Una bufala conclamata, va bene, ma non basta che unoritratti e dica «Scusate» che l’inciampo è superato.La legge ha i suoi modi e i suoi tempi, il Codice non prevedeun timbro e via.Ci vogliono le prove che i fatti sono fatti, che le bugiesono bugie, che la sceneggiatura è sceneggiatura, che la cronacaè cronaca.Che la storia è un’altra.Che lo smascheramento è provato, al di là di quello cheva dicendo il capocomico pentito.“rewind”, “play”, “rewind”, “replay”, “moviola”, “rallenty”,copione e verbali, verbali e copione; “cerca”, copiae incolla”, “proprietà”, “cerca”, “trasferisci in”, “myspace”,“facebook”, “second life” e fatti, fantasia e realtà: perfarlo ci vogliono giorni.


14 alvaro fiorucciPiù giorni di quelli che ci sono voluti per confondere duefilm completamente diversi.Più giorni di quelli che ci sono voluti per far girare unprogramma sbagliato e senza antivirus.Giorni rubati, perché l’assassino chissà dov’è.Ed eccolo qui, invece, Stefano Spilotros con la sua facciatosta, i capelli alla moda che con il vento si scompongono unpo’ come piace tanto alle ragazzine, con il suo borsone blucon le lettere che le ammiratrici (sì, il suo volto emaciato egli occhi persi nel vuoto visti alla Tv hanno fatto colpo e, sisa, i criminali veri o presunti, trovano sempre qualcuno che,se non s’innamora, ammira) gli hanno fatto arrivare nellacella del Centro Clinico dove era in isolamento, i pantalonineri come la t-shirt, la giacca avana e la camicia rossa, a direcosternato «Scusate per il trambusto» mentre lo portano alNiguarda perché ha bisogno di cure.


L’albero delle nociQuesta storia del mostro finto comincia domenica 4 ottobre1992 e nessuno se la ricorderà più quando tra qualchemese diventerà la storia di un mostro vero e i bambinimorti ammazzati diventeranno due.Dunque, alle 16.30, Franco Allegretti 32 anni, benzinaio,e Luciana Lupetti, 31 anni, casalinga, dicono ai carabinieriche il loro figlioletto Simone che non ha manco cinque anninon si trova, è scomparso.L’hanno visto, appena dopo pranzo, mettersi le ciabattedella nonna, prendere la bicicletta, pedalare per cento metriverso l’albero delle noci, fermarsi sotto l’albero per raccoglierei gusci.Lo vede sotto l’albero, più tardi, un vicino, Luigi Mancini.Gioca con le noci come si fa con le biglie di vetro, le pallineche la fantasia dei bambini trasforma in cavalli che siinseguono, in ciclisti che si sfidano sull’ultimo tornante, inpiloti di Formula Uno in gara per la pole.È sempre lì anche la bicicletta, lungo la strada.


16 alvaro fiorucciSimone torna a casa e vuole un sacchetto per metterci lesue noci.Gli danno una busta di plastica, di quelle che usano peril congelatore.Ci sono anche il nonno Mario e la nonna Anna, unadomenica tranquilla, peccato il distributore di carburanteaperto di turno.Franco è già al lavoro.La moglie e la madre lo vogliono raggiungere alla «stazionecon tre pompe» di Bevagna con Simone e chiamanoSimone. Sono le 15.30, massimo le 15.45, Simone non risponde.Simone non c’è più.Lo cercano per un’ora, ma niente.Niente neanche dopo.Maceratola è quattro case, una chiesa e il fiume Topinoche scorre in mezzo ai campi.Si conoscono tutti tra loro, se non sono parenti, sonoamici.E tutti si mettono sulle tracce di Simone, ma Simone nonha lasciato tracce.C’è solo la bicicletta, sempre lì, lungo la strada.Vanno dentro il fiume che è quasi all’asciutto, appenaventi centimetri d’acqua, tra i filari delle viti, nei solchi delgranoturco e nei pochi casolari circondati dalle maggesi.Niente.Sparito.Niente per tutta quella strana notte che anche la pioggiacarica di paure e di fantasmi.


il cacciatore di bambini 17Niente il giorno dopo.Una disgrazia?Non si può escludere, ma ormai i sommozzatori dei Vigilidel Fuoco hanno guardato in ogni angolo del Topino fin quasia Perugia e dentro tutti i pozzi dei contadini per un’areagrande mille volte Maceratola e Simone non c’è più.S’è perso?Possibile, ma è solo una speranza perché per chilometrinon c’è più mezzo centimetro di campo, bosco, dirupo,anfratto, rudere o casa disabitata dove non siano passate eripassate le unità cinofile.Un sequestro?Probabile, ma non per estorsione perché Franco e Lucianae i nonni Mario e Anna, campano con i soldi delle pompedi benzina, le pensioni e i pomodori e l’insalata del loro ortoservono appena per il consumo domestico.Pagare un riscatto, ma con che? Con la benzina, le pensioni,i pomodori?Un errore di persona?Lasciamo perdere.Una ritorsione?Ma quale ritorsione se gli Allegretti vanno d’accordo contutti e nessuno ha avuto mai un motivo per litigare con loro,figuriamoci per minacciarli, impaurirli, far loro un dispetto.Gli zingari?Forse, ma quali zingari che da queste parti non se ne vedono?Un maniaco?


18 alvaro fiorucciForse: se è probabile un rapimento è probabile anche unmaniaco.Sessuale?Forse, stando alle statistiche.Macchine sospette?Sì, una, una Volvo.Forse una Volvo, perché qualcuno giura che quella cheha visto passare quel pomeriggio era una Volvo.E allora se è passata una Volvo? Allora niente, ma la Volvoda queste parti non ce l’ha nessuno.Telefonate strane?Sì, tre mute, a un parente, ma chissà se c’entrano conSimone.Una telefonata strana arriva anche al 113 il 6 ottobre edè quella buona.La cornetta è senza voce, ma c’è il collegamento con l’apparecchioche ha chiamato.Un collegamento che non si interrompe.Il posto della chiamata viene individuato in poche ore.È la cabina pubblica di via Flavio Ottaviani, a Foligno,vicino alla stazione dei treni.Alle 11.15 un poliziotto della Ferroviaria, della Polfer,come la chiamano adesso, Giuseppe Carloni, va a colpo sicuroe trova un foglio a quadretti con poche frasi scritte instampatello.Sembra la scrittura sempre uguale dei normografi, quellestrisce verdoline di plastica con le cornicette bianche e conle lettere dell’alfabeto già incise e forate dove basta infilarcila punta di una matita che la calligrafia segue un tracciato


il cacciatore di bambini 19obbligato, preciso, ordinato, e ne viene fuori un testo senzaincertezze, uno “stampatello”, appunto, come serve ai professionistiche hanno a che fare con il disegno tecnico.Pare, appunto.Invece no, è scritto con la riga e con la squadra e alla finea mano libera, una mano ferma, esperta.Lo scopriranno più in là, parecchio più in là nel tempo:tra otto mesi, quando sarà estate.L’uomo della Polfer prende in mano il foglio quadrettatoe neanche legge.Capisce.È una traccia, la prima traccia dell’assassino.«Aiuto! Aiutatemi per favore.Il quattro ottobre ho commesso un omicidio. Sono pentitoora, anche se non mi fermerò qui.Il corpo di Simone si trova vicino la strada che collega Casale(fraz. di Foligno) e Scopoli.È nudo e non ha l’orologio con il cinturino nero e quadrantebianco.ps: Non cercate le impronte sul foglio, non sono stupidofino a questo punto. Ho usato i guanti.Saluti al prossimo omicidio.Il mostro.»Casale e Scopoli, venti minuti per arrivarci, un paio d’oreper cercare tra gli sterpi rinsecchiti dei dirupi che sprofondanodalla parte sinistra della strada bianca che, appunto, vada una frazione all’altra, su per la montagna di Foligno, nei


20 alvaro fioruccipressi c’è Sassovivo con l’antica Abbazia dove fanno i riti satanici,dove, dicono, di notte si vedono le ombre e i fuochi.Soprattutto se c’è la luna piena, soprattutto agli incrocidelle poderali.E sgozzano gli animali, agnelli e galli, secondo tradizioneo secondo fantasia.Alberto D’Angeli, Sergio Fiorucci e Fabio Cerri sonoguardie forestali e il bosco è il loro ambiente, lo conosconocome le loro tasche.Sergio Fiorucci trova il corpo alle 14.30 dentro una discaricaabusiva, mezzo coperto dalla testata di un ferro di unvecchio letto del quale qualcuno s’è disfatto.Altri si erano disfatti di lavatrici guaste, di materassi inservibili,di copertoni senza battistrada, di calcinacci di cantieree di qualche vecchio cappotto fuori moda.Gli occhi del bambino sono di vetro e guardano la terra,le braccia scorticate sono aperte verso l’alto, il sangue gli si èraggrumato sulla testa e sul torace, il collo è una poltiglia, c’èsangue sulla bocca e negli orecchi, l’hanno massacrato.E dietro al lobo dell’orecchio destro c’è una piccola escoriazione.Simone è nudo, il suo assassino ha appeso ai cespugli lemutandine, la maglietta rossa e i pantaloncini avana che lamamma gli aveva messo quella domenica che l’aveva vistoper l’ultima volta.Se non ci fosse il sangue, se non ci fossero le ferite, sarebbeun bambolotto spogliato, rotto, buttato via.Lo caricano su un’ambulanza della “Croce Bianca” alle17.30.

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