10.07.2015 Views

questione di sensi - alphonse doria

questione di sensi - alphonse doria

questione di sensi - alphonse doria

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

INVITO ALLA LETTURADIBOCCAMURATA scritto da Simonetta Agnello HornbyPersonalmente ho fame della letteratura <strong>di</strong> Simonetta AgnelloHornby, ormai mi mancano poche opere, solo qualcuna. L‟altro ieri hofinito <strong>di</strong> leggere “Boccamurata” del “trittico” siciliano come <strong>di</strong>ceCamilleri, perché sono tre racconti con ambientazione storica, fatti epersonaggi <strong>di</strong>versi, iniziato con La Mennulara poi La zia marchesa.Chi è Simonetta Agnello Hornby?E‟ nata il 27 Novembre 1945 a Palermo, dal 1972 vive a Londra. Oltre adessere una grande scrittrice, ormai affermata, <strong>di</strong>tutto rispetto con una miriade <strong>di</strong> premiprestigiosi, tradotta in <strong>di</strong>verse lingue, è pure unagrande professionista, una avvocato. Il suo ufficiolegale, dove trovano occupazione ben 50 personenel quartiere <strong>di</strong> Brixton, si occupa <strong>di</strong> comunitàd‟immigrati, musulmane e nere, casi <strong>di</strong> violenzanell‟ambiente familiare, è stata presidente delTribunale Special Educational Needs andDisability. Ha insegnato Diritto dei minoriall'Università <strong>di</strong> Leicester. Inoltre è una donnacon una grande personalità e un grande altruismo. Soprattutto è unaintellettuale onesta che non pone cancelli <strong>di</strong> nessun genere nelle sue<strong>di</strong>chiarazioni sia ufficiali che a livello privato.“ … un Agnello <strong>di</strong> Siculiana …”Noi siculianesi siamo orgogliosi <strong>di</strong> averle conferito la citta<strong>di</strong>nanzaonoraria. Come <strong>di</strong>ce lei, è siculianese <strong>di</strong> padre e <strong>di</strong> nonno. In una intervistadell‟Ottobre 2010 ha detto: “Io mi commuovo raramente, questa volta misono commossa: mi sono sempre sentita un po’ tagliata dalla provincia <strong>di</strong>Agrigento perché sono nata e ho stu<strong>di</strong>ato a Palermo. Io sono palermitana,


ma mi sento anche agrigentina, molto canicattinese perché le mie duenonne erano <strong>di</strong> Canicattì, ma soprattutto mi sento un’Agnello <strong>di</strong> Siculianaperciò è un ritorno alle origini inaspettato”.In particolare nel leggere il romanzo “La Monaca” horiscontrato a pagina 34 “L’odore della colla dello scarparo – denso,pungente, inebriante – lì stordì.”, non ho potuto fare a meno <strong>di</strong> collegareciò con l‟aneddoto da lei raccontato a Siculiana, un suo ricordo d‟infanziasiculianese. Quando lei veniva dal nonno. Come lei ci ha riferito nei variconvegni al Centro Sociale e anche nelle interviste, trascorreva nella nostracitta<strong>di</strong>na due-tre settimane d'estate. Il nonno e la nonna abitavano al terzopiano del palazzo <strong>di</strong> famiglia: un appartamento molto piccolo dato a miononno quando si sposò. A mia nonna piacque talmente tanto che non volletrasferirsi altrove: ci stavamo stretti, ma lì si formò questa piccolafamiglia, mio padre aveva solo due sorelle e questo senso d'identità mipiaceva come anche la <strong>di</strong>namica delle famiglie che stavano lì.Il nonno era Nicolò (figlio <strong>di</strong> Francesco Agnello con Anna Spoto) ilquale succedette all‟antico titolo <strong>di</strong>Barone <strong>di</strong> Segneferi, mentre il padredella scrittrice Francesco “Cicì”Agnello Gangitano (1915-1985)sposò Elena Giu<strong>di</strong>ce figlia delBarone Gaspare. (Fonte: Memoriestoriche dei Giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Siculiana edegli avi <strong>di</strong> Vincenzo Giu<strong>di</strong>ce).Continuano così i ricor<strong>di</strong> dellascrittrice:“D'estate ci andavano tutti i mieiprozii: ognuno aveva unappartamentino nel palazzo e sivisitavano fra loro. La mia nonna mipermetteva <strong>di</strong> scendere ai pianisottostanti senza <strong>di</strong> lei, perché lei eramolto grossa e non ce la faceva, percui mi sentivo libera, andavo esentivo tutti i pettegolezzi delle zie.Mi affascinava questo mondo deigran<strong>di</strong>, <strong>di</strong> gente che ricama, lavora, parla e spesso sparla. (…) il portierefaceva anche lo 'scarparo', un uomo gobbo e intelligente e io correvo a


guardarlo. Ricordo l'odore intenso e forte della colla: poi ho scoperto cheè anche una droga, non credo che il povero portiere-scarparo lo sapesse.Credo che la mia unica esperienza della droga risalga proprio a quandoavevo quattro anni". In un mio contatto personale lo ha definito in questomodo: “Il mio scarparo era intelligente, arguto, silenzioso quando era ilcaso, lavoratore e mastro esigente con quelli che l’aiutavano.”Ho indagato sulla <strong>questione</strong>, visto che non mi tornava lo scarparo“jmmirutu”. Quello che lei ricordava è sicuramente un ibrido, perché ilmastro scarparo era un certo MatteoSinaguglia emigrato in America negli anni„60 e poveretto, pace a l‟anima sua, ormaipassato nel sonno dei giusti, cugino delpadre del‟ex sindaco dottore GiuseppeSinaguglia. La putja, scarparia, l‟aveva doveda gli anni „70 fino agli anni „90 vi eral‟ambulatorio del me<strong>di</strong>co GiovanniSchembri, ora in pensione, residente eproprietario <strong>di</strong> uno degli appartamenti delPalazzo e dello stesso locale in <strong>di</strong>scussione.La scarparia, quin<strong>di</strong> era molto avviata, vistoche mastru Matteo si poteva permettere altridue assistenti, poi era frequentata da: PeppiRiolo, „ntisu Lu Tortu, che a quanto sembraaveva in custo<strong>di</strong>a le chiavi dei vari magazzini degli Agnello, in seguito èstato guar<strong>di</strong>ano del castello; dopo le cinque pomeri<strong>di</strong>ane frequentavaanche da don Luvici, mastro muratore della famiglia Agnello; FulippuSciascia lu jmmirutu, portinaio del palazzo Agnello; oltre altri occasionalie clienti primurusi. Ormai tutti deceduti. Comunque proprio tutti quantisono delle figure caratteristiche, pronti a quell‟umore siculo dalla battutapungente, che ci contrad<strong>di</strong>stingue a noi Siciliani. Fulippu Sciascia, miricordo la sua risata secca, era un ottimo cacciatore e vederlo con quellascupetta alta quanto lui era abbastanza comico. Don Luvici si mantenevacon una certa riservatezza ed era un ottimo ascoltatore, ma quando parlavasentenziava. U zzu Peppi, piaceva intercalare con delle espressioniamorose il proprio interlocutore, tipo: “amore mio, tesoro, eccetera”, avevauna camminatura particolare dovuta ad un <strong>di</strong>fetto fisico. Avevo fraintesonel leggere La Minnulara il protagonista con un personaggio femminilesiculianese che ha tanti elementi in comune, ma la scrittrice afferma


proprio <strong>di</strong> no, qualche aneddoto ascoltato forse ha influenzato qualcosanella stesura. Mentre nel racconto autobiografico e con meravigliosericette <strong>di</strong> famiglia “Un filo d’olio”, in <strong>di</strong>verse pagine ricorda Siculiana.Per noi siculianesi conoscerla è stato un gran<strong>di</strong>ssimo onore per lasua grande personalità e <strong>di</strong>sponibilità autentica. Si è prestata come madrinaal premio indetto dall‟Amministrazione comunale Torre dell’Orologio edè stata per ben 3 anni la Presidente <strong>di</strong> Giuria, proprio quest‟anno si è<strong>di</strong>messa.La sua sicilianità.L‟Agnello Hornby si porta sempre con se la Sicilia, come lei stessaafferma: “io sono nata e cresciuta in Sicilia e la ho lasciata a 21 anniquando mi sono sposata, e me la sono portata addosso all'estero”.La letteratura <strong>di</strong> Simonetta Agnello Hornby è prettamente siciliana.Alla domanda in Affaritaliani.it del 25.08.2010: “In Italia si stannopreparando i festeggiamenti del 150° dell'Unità d'Italia: secondo lei, noiitaliani abbiamo coscienza d'identità e <strong>di</strong> patria?”Lei rispose in maniera inequivocabile: "Io sono sempre statasiciliana: mio padre lo era e ci teneva. Noi a casa nostra parliamosiciliano, mentre tante delle miecugine non lo parlano bene. Papà erastato educato in Toscana, ma sisentiva siciliano, per cui ioonestamente mi sento siciliana, nonitaliana: io ho lasciato la Sicilia nel'64 quando avevamo la televisione dasei anni e da allora i siciliani sono<strong>di</strong>ventati più italiani e gli italiani sono<strong>di</strong>ventati più siciliani grazie al grandeCamilleri, per cui ci siamo mischiati<strong>di</strong> più. Io non ho niente control'essere italiano: non lo sono, punto ebasta".Il merito <strong>di</strong> questo sentimentoincontaminato <strong>di</strong> sicilianità non è solodella mancanza <strong>di</strong> televisione masoprattutto il fatto che lei non ha frequentato la scuola elementare,stu<strong>di</strong>ando a casa con una insegnante privata. L‟età degli elementari sono i


più importanti per imprimere alcuni concetti <strong>di</strong> formazione caratteriale eculturale. Dal mio punto <strong>di</strong> vista la scuola pubblica, in particolarel‟elementare, è stata impregnata <strong>di</strong> propaganda sul concetti risorgimentali,così tanto da insegnare informazioni assolutamente errate sulla Sicilia e ilsuo Popolo.Nella trasmissione <strong>di</strong> Daria Bignar<strong>di</strong> Le invasione barbariche inonda su LA7 del 24 febbraio 2012 ha affermato <strong>di</strong> avere preso lacitta<strong>di</strong>nanza inglese perché con il suo lavoro <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>ce si sentiva a <strong>di</strong>sagionon riconoscendo “l’inglesità dentro” <strong>di</strong> lei. Alla domanda cosa significhiessere citta<strong>di</strong>na inglese, lei rispose che è partecipare alla vita politica (èattivista laburista), è sapere <strong>di</strong> avere scelto quel Paese per viverci e “pensoche morirò in Inghilterra e mi piace questo pensiero”. La Bignar<strong>di</strong> aquesto punto chiede:“E quin<strong>di</strong> non ti senti più italiana?!”.La nostra Agnello Hornby risponde con una espressione e tonomolto serio:“Io mi sento siciliana! No, mi sento sempre siciliana. Non mi sono maisentita italiana. Ma non perché non voglio, perché sono andata viaquando noi Siciliani eravamo Siciliani! Prima del gran bum dellatelevisione, poi è cambiato tanto. Mia sorella si sente italiana, peresempio. Ma io onestamente no!”“Però da Londra quando guar<strong>di</strong> all’Italia, guar<strong>di</strong> l’Italia non la Sicilia! Iltuo Paese … Tutti ti <strong>di</strong>ranno: Simonetta tu sei italiana, hai sentito questoquell’altro, Berlusconi, Monti …”“Io faccio parte dell’Italia, Berlusconi, Monti, eccetera. Ho anche scrittosu Berlusconi … da siciliana. Però per me parlare con uno <strong>di</strong> Milano ècome parlare con uno <strong>di</strong> Manchester! Io parlo l’inglese bene, per cui sonoa mio agio, abbiamo un passato, una cultura, un modo <strong>di</strong> mangiare, <strong>di</strong><strong>di</strong>re le cose … Io per ora parlo italiano, però se parlo con i Siciliani usomolto più siciliano per esempio. E spesso nei miei libri quando scrivoparole siciliane è perché non lo so che sono siciliane, mi pare ottimoitaliano.”“E che fa parte del bello della tua lingua, no!?”“Bello però è un guaio, perché io credo <strong>di</strong> scrivere in italiano e invece nonlo è.”“Però ai tuoi lettori piace molto. Apprezzano questa lingua così <strong>di</strong>versa.”Questa sicilianità <strong>di</strong> Simonetta Agnello Hornby è lì nelle sue opere,sia nella lingua letteraria, dove a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Camilleri gli incisi fanno


parte per lo più della parlata marinisa (Marina <strong>di</strong> Girgenti), invece è linguasiciliana e assolutamente scritta correttamente come pochi. Nel nostroArcipelago Siciliano Vi sono mille parlate, per ogni metro <strong>di</strong> terra, ma inogni parte vi è una sola lingua scritta e lei la conosce, come laconoscevano: Verga, Capuana, Pirandello, Martoglio, Meli, Petru Fuddunie perché no, pure Domenico Tempio e ancora altri. Inoltre la suasicilianità è anche nel rispetto della storia e della cultura siciliana da tantideturpata dalla propaganda politica o cancellata dell‟occupatore <strong>di</strong> turno.Ho dovuto battezzare un neologismo: sicilosincrasia (Sicilianità ei<strong>di</strong>osincrasia) per identificare una caratteristica dei Siciliani operatoriculturali, <strong>di</strong>laniati dalla loro presa d‟atto della peculiarità della Sicilia ebene accorti nel manifestarla. La loro sicilianità molto esplicita nelle loroopere poi da loro stessi è vituperata nelle loro interviste o interventigiornalistici a volte negando l‟evidenza storica dei fatti. Forse perché chinon sta attento, qui in Italia, viene subito “posato”, e come è già capitato iriflettori su quel personaggio vengono spenti inesorabilmente.Per argomentare sulle opere <strong>di</strong> Simonetta Agnello Hornby civogliono pagine e pagine, <strong>di</strong> sicuro non mancherà l‟occasione, perché èinutile che lo nascondo, ormai è una mia passione.BOCCAMURATA<strong>di</strong> Simonetta Agnello Hornby - E<strong>di</strong>tore Feltrinelli - Collana Universaleeconomica – Prima E<strong>di</strong>zione 2007, questa Settembre 2011, pagine 271,costo 8 Euro.Quando incominciai a leggere, pagina dopo pagina, non mi era maicapitato prima con le sue opere, non riuscivo a vivere il romanzo. Solodopo scoprii che vi era un co<strong>di</strong>ce completamente <strong>di</strong>verso e che da uomonon vivevo pienamente. E‟ scritto al femminile, per meglio <strong>di</strong>re, ilfemminile è protagonista. E allora i <strong>sensi</strong>, tutti, danno una <strong>di</strong>mensionedella vicenda dei personaggi. Il pregiu<strong>di</strong>zio maschile che c‟è in me non milasciava accedere in una opera d‟arte creata da donna. Superai i mieipoveri limiti e ricominciai a leggere con gran<strong>di</strong>ssima go<strong>di</strong>bilità. La donnanon è l‟oggetto ma il soggetto in ogni pagina, perché il mondo <strong>di</strong>Boccamurata è donna. Questo mondo misterioso, come lo chiama Freud“dark continent”, oppure Rotterdam - “un essere misterioso, incostante,un paese straniero”, finalmente si apre, si illumina per noi poveri uominilasciandoci intravedere luci, colori, odori, suoni e turbamenti.


SinossiHa la struttura <strong>di</strong> un giallo, però all‟incontrario, nel senso: non si deveconoscere l‟assassino, ma chi ha procreato; non si parla <strong>di</strong> morte ma <strong>di</strong> vitain senso lato. Ha del paradossale perché mentre è per tutti più sicuroconoscere la madre, per Tito invece è sicura la paternità ma sconosciuta lamaternità. Si mormora che è stata una poco <strong>di</strong> buono. La moglie Mariola,in un momento <strong>di</strong> rabbia spiattella in faccia al marito che il propriogenitore aveva delle remore sul loro matrimonio a causa <strong>di</strong> informazioniavute su sua madre. Nel personaggio Tito ho avuto l‟impressione <strong>di</strong>intravedere in lui “il barone della pasta”, un patriarca alla gattopardo,perché ha le movenze, il silenzio e la positura simili. Mentre don Fabriziosi rifugia tra le stelle, Tito invece nella Stanza <strong>di</strong> Nuddu tra gli ingranaggidelle macchine del tempo. Ed appunto sarà un suo viaggio nel tempo, traricor<strong>di</strong> e lettere, che gli farà scoprire la verità.Senza svelare tanto, si tratta <strong>di</strong> una storia d‟amore ma ha una variante:l‟incesto. Vissuto come peccato dai personaggi sembra cadere sui maschidella famiglia come una male<strong>di</strong>zione, nemmeno il piccolo Titino ne saràimmune. Gli ingranaggi del destino non hanno pietà alcuna, come quellidell‟immenso orologio cosmico.I contenutiL‟Autrice si affida al suo essere donna in piena simbiosi con lanatura, questa nostra natura che ci contiene e che conteniamo, perraccontare un amore che infondo la imbarazzava, per quella cultura chenon si può lavare <strong>di</strong> dosso con la saponetta. Possiamo atteggiarci aqualcos‟altro, ad esempio in una nuova fede, morale, costume, ma è solouna verniciata a ciò che realmente siamo e facciamo i contiquoti<strong>di</strong>anamente. Per superare ciò dobbiamo scandagliare il nostro animoin profon<strong>di</strong>tà, dobbiamo oltrepassare la barriera storica della propriapersona. Come <strong>di</strong>sse l‟Agnello Hornby, raccontare questa storia le faceva“ribrezzo” pertanto spesso <strong>di</strong>pingeva le parole <strong>di</strong> silenzio, “invece nellanatura mi sono lasciata andare, la natura che spiega le passioni umaneperché in questo. piante, animali ed essere umani hanno qualcosa incomune, per cui per me è stato un simbolismo, forse, un modo <strong>di</strong>esprimermi liberamente senza offendere me stessa e gli altri.” Tutto inquesto libro <strong>di</strong>venta passione persino tra Mariola e Tito, che vivevano unarelazione tra marito e moglie smorta, come <strong>di</strong>ce l‟Autrice, da anziani


“sbummica” in passione e amore. L‟Agnello Hornby “ha voluto” dare uncorpo in carne ma attraente, tanto da accendere nel marito la passione,proprio nella Stanza <strong>di</strong> Nuddu, in quel tempio del tempo.ConclusioneLeggere Simonetta Agnello Hornby è sempre una esperienza, la suaonestà intellettuale <strong>di</strong>sarma ma aggiunge al bagaglio culturale del lettore lasublimazione della vita.Tra un fascio <strong>di</strong> luce vi perciava in mezzo fino agli argenti sullacredenza della parete, una chiave che penetrò infine nella toppa e ilricordo del vermetto <strong>di</strong> sant’Antonio si giunge ad abbattere finalmentequella Boccamurata come l‟ingresso <strong>di</strong> un muro in un sottopassaggiocolmo <strong>di</strong> misteri intimi.Siculiana, 6 Maggio 2013Alhponse Doria

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!