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Atti del congresso - Associazione Italiana Epidemiologia

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EPIDEMIOLOGIA& PREVENZIONERivista <strong>del</strong>l’<strong>Associazione</strong>italiana di epidemiologiaANNO 35 (5-6)SETTEMBRE-DICEMBRE 2011SUPPLEMENTO 1EDIZIONI


WWW.EPIPREV.ITXXXV CONGRESSO ANNUALE AIESALUTE E SANITÀ A 150 ANNIDALL’UNITÀ D’ITALIAPIÙ VICINI O PIÙ LONTANI?TORINO, 7-9 NOVEMBRE 2011


CON IL PATROCINIO DIIl <strong>congresso</strong> è organizzato con il contributo <strong>del</strong>l’Agenzia nazionaleper i Servizi Sanitari regionali AgeNaS


COMITATO SCIENTIFICOHanno contribuito alla definizione <strong>del</strong> programma <strong>del</strong> <strong>congresso</strong> con suggerimenti e contributi:Alberto Arlotti – Fabio Barbone – Antonella Bena – Franco Berrino – Pieralberto Bertazzi – Oscar Bertetto – Fabrizio BianchiAnnibale Biggeri – Luigi Bisanti – Piero Borgia – Silvia Bruzzone – Alessandra Burgio – Ennio Cadum – Silvia Can<strong>del</strong>aFranco Carnevale – Graziella Caselli – Francesco Cipriani – Cesare Cislaghi – Pietro Comba – Giovanni Corrao – Marina CuttiniMarina Davoli – Mauro Di Bari – Fabrizio Faggiano – Vilma Fasoli – Giovanni Fe<strong>del</strong>i Ugo Fattore – Stefano FerrettiAlba Finarelli – Francesco Forastiere – Lidia Gargiulo – Gemma Gatta – Simona Giampaoli – Livia Giordano – Roberto GrilliDavid Kriebel – Alessandro Liberati – Marina Maggini – Luigi Mara – Alberto Martinelli – Maria Angela VigottiEnzo Merler – Franco Merletti – Andrea Micheli – Fulvio Moirano – Eugenio Paci – Filippo Palumbo – Salvatore PanicoCarlo Perucci – Silvano Piffer – Roberta Pirastu – Paola Pisani – Renato Pizzuti – Andrea Ranzi – Giovanni RengaWalter Ricciardi – Roberto Romizi – Laura Sabbadini – Stefania Salmaso – Chiara Saraceno – Rodolfo SaracciSalvatore Scondotto – Nereo Segnan – A<strong>del</strong>e Seniori Costantini – Teresa Spadea – Angela SpinelliMichele Tansella – Benedetto Terracini – Rossana Ugenti – Stefania VasselliPaolo Vineis – Marco ZappaCOMITATO ORGANIZZATOREMaria Chiara Antoniotti – Ennio Cadum – Giuseppe Costa – Vittorio DemicheliFranco Merletti – Roberta Siliquini – Nereo SegnanSEGRETERIA AIEpresidente AIE – Giuseppe Costavice presidente – Paola MichelozziCarla Ancona – Nicoletta Bertozzi – Nicola Caranci – Valeria Fano – Rosa Gini – Roberto Gnavi – Carlo ZocchettIIndirizzo <strong>del</strong> sito AIE: www.epidemiologia.it3 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


PROGRAMMAe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1LUNEDÌ 7 NOVEMBRE 2011AUDITORIUM • 14.30-17.3014.30 InaugurazionePresentazione <strong>del</strong> CongressoGiuseppe Costa, presidente AIELe conoscenze sui livelli di tutela di cui gli amministratori hanno bisogno ai tempi <strong>del</strong>la crisiPiero Fassino, sindaco di TorinoLa conoscenza per la programmazione sanitariaRenato Balduzzi, Presidente Agenzia nazionale servizi sanitari, RomaSessione plenariaDOVE VANNO LE DIFFERENZE TERRITORIALI NELLA SALUTE IN ITALIAModeratori: Eugenio Paci (Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica, Firenze), Franco Merletti (Centro prevenzioneoncologica, Università di Torino)15.00 Più vicini o più lontani, una storia di successo per la sanità pubblica italiana nel contesto europeo?Walter Ricciardi, Dip. Igiene, Università Cattolica <strong>del</strong> Sacro Cuore, Roma15.25 Le misure di benessere al di là <strong>del</strong> PIL e le sfide <strong>del</strong>la statistica ufficialeEnrico Giovannini, Istituto nazionale di statistica, Roma15.50 La monografia di <strong>Epidemiologia</strong> & PrevenzioneEugenio Paci, Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica, Firenze16.00 Le differenze geografiche nella salute e nei fattori di rischio a cui è approdata l’Italia negli anni DuemilaStefania Salmaso, CNESPS Istituto superiore di sanità, Roma16.25 Politiche sanitarie e unità <strong>del</strong> Paese: riforme, controriforme e non-riformeFrancesco Taroni, Dip. Medicina e sanità pubblica, Università di Bologna16.50 Discussione17.00-18.00 Sessioni poster invitatiAmbiente 1 (Auditorium)Tumori 1 (Sala 150)Salute e malattie croniche 1 (Aula didattica 1)18.00-19.30 Assemblea dei soci21.00 Cena sociale8.30-9.30 Sessioni poster invitatiAmbiente 2 (Auditorium)Qualità <strong>del</strong>l’assistenza 1 (Sala 150)Stili di vita e prevenzione (Aula didattica 1)❖ ❖ ❖MARTEDÌ 8 NOVEMBRE 2011AUDITORIUM • 9.30-11.00Sessione plenariaMETODI PER LO STUDIO DELLE DIFFERENZE TERRITORIALI DI SALUTE E SANITÀModeratori: Viviana Egidi (Dip. Scienze statistiche, Università Roma 1) Riccardo Capocaccia (CNESPS, Istituto superiore di sanità,Roma)9.30 Chi è il più bravo? La valutazione di performance nell’esame <strong>del</strong>le differenze geograficheCesare Cislaghi, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, Roma10.00 La variabilità spazio-temporale <strong>del</strong> rischio di malattiaAnnibale Biggeri, Dipartimento di statistica “G. Parenti”, Università di Firenze10.30 Discussione11.00-11.30 Pausa caffé4 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


PROGRAMMAe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1AUDITORIUM • 11.30-13.30Sessione parallelaAMBIENTE 1Moderatori: Paola Michelozzi, Federica Vigna Taglianti11.30 Effetti cronici <strong>del</strong>l’esposizione a inquinamento <strong>del</strong>l’aria (PM2.5 E NO 2 ) sulla mortalità a RomaCesaroni G, Gariazzo C, Sozzi R, Badaloni C, Davoli M, Forastiere F11.45 Interventi <strong>del</strong> 118 e concentrazioni di PM10 in Emilia-RomagnaAlessandrini E, Zauli Sajani S, Gasparrini A, Marchesi S, Miglio R, Lauriola P12.00 Interazione tra ozono ed elevate temperature sulla mortalità giornaliera ed eterogeneità spaziale degli effetti<strong>del</strong>l’ozono nell’area urbana di RomaStafoggia M, de’ Donato F, Faustini A, Michelozzi P, Gariazzo C, Sozzi R, Forastiere F12.15 Rapporto italiano su disuguaglianze nell’esposizione a fattori di rischio ambientaliRanzi A, Costa G12.30 Effetti a breve termine <strong>del</strong>l’inquinamento atmosferico in una coorte di pazienti con broncopneumopatiacronico-ostruttivaFaustini A, Stafoggia M, Cascini S, Cappai G, Troiano F, Davoli M, Forastiere F12.45 Scenari di qualità <strong>del</strong>l’aria in Regione Piemonte e impatto sulla saluteGandini M, Berti G, Cadum E13.00 Mortalità e ricorso al Pronto soccorso dei residenti nei pressi <strong>del</strong>la fonte geotermica di Cava dei Selci, RomaMataloni F, Ancona C, Davoli M, Carapezza ML, Forastiere F13.15 Effetti <strong>del</strong>l’inquinamento urbano da traffico su sintomatologia respiratoria e funzionalità polmonare nei bambiniNuvolone D, Della Maggiore R, Cibella F, Cuttitta G, La Grutta S, Melis MR, Bucchieri S, Viegi GQUALITÀ DELL’ASSISTENZA 1Moderatori: Danilo Fusco, Carlo SenoreSALA 150 • 11.30-13.30Sessione parallela11.30 I dati <strong>del</strong> nuovo flusso informativo RAD-ESITO <strong>del</strong>la Regione LazioSorge C, Mayer F, Asta F, Arcà M, Fusco D, Ventura M, Perucci CA, Davoli M11.45 Donne e screening mammografico: sono presenti diseguaglianze di accesso per ripartizione geografica edeterminanti socioeconomici? I dati <strong>del</strong> sistema di sorveglianza PASSI 2007-09Bertozzi N, Carrozzi G, Bolognesi L, Sampaolo L, Vallicelli G, Baldissera S, Campostrini S, D’Argenzio A, Fateh MoghadamP, Ferrante G, Minardi V, Possenti V, Quarchioni E, Trinito MO, Vasselli S, Salmaso S12.00 Accessibilità alla rete oncologica <strong>del</strong> Piemonte e <strong>del</strong>la Valle d’Aosta per i pazienti con una nuova diagnosi dicancro <strong>del</strong> polmone in Piemonte tra il 2004 e il 2009Castiglione A, Ceccarelli M, Dicuonzo D, Bertetto O, Ciccone G12.15 Terapia farmacologica evidence-based dopo infarto miocardico acuto: differenze geografiche a Roma e nel LazioKirchmayer U, Bauleo L, Di Martino M, Agabiti N, Belleudi V, Fusco D, Davoli M12.30 Identificazione <strong>del</strong>la popolazione a rischio di morire per l’esposizione a eventi sanitari significativi: costruzionee validazione di un mo<strong>del</strong>lo prognosticoPiatti A, Andreoni L, Russo A12.45 I determinanti l’accesso al medico di medicina generale in Italia: i dati <strong>del</strong>l’indagine Istat “Salute 2005”Rusciani R, Marino M, Gnavi R, Spadea T, Migliardi A, Costa G13.00 La posizione socioeconomica è un determinante <strong>del</strong>l’uso di farmaci respiratori in pazienti adulti dimessi dopoBPCO riacutizzata? Uno studio di coorte a RomaBauleo L, Agabiti N, Kirchmayer U, Belleudi V, Di Martino M, Pinnarelli L, Pistelli R, Colamesta V, Fusco D, Davoli M13.15 Valutazione <strong>del</strong>l’appropriatezza prescrittiva dopo angioplastica percutanea sulla base dei dati <strong>del</strong> registro <strong>del</strong>leprescrizioni farmaceutiche nel LazioPinnarelli L, Bauleo L, Kirchmayer U, Di Martino M, Cappai G, Agabiti N, Fusco D, Davoli MAULA DIDATTICA 1 • 11.30-13.30Sessione parallelaSTILI DI VITA E PREVENZIONEModeratori: Carla Bietta, Vittorio Demicheli11.30 Screening cervicale e diseguaglianze di accesso per ripartizione geografica e determinanti socioeconomici:i dati <strong>del</strong> sistema di sorveglianza PASSI 2007-09Bertozzi N, Carrozzi G, Bolognesi L, Sampaolo L, Vallicelli G, Baldissera S, Campostrini S, D’Argenzio A, Fateh MoghadamP, Ferrante G, Minardi V, Possenti V, Quarchioni E, Trinito MO, Vasselli S, Salmaso S5 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


PROGRAMMAe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 111.45 Rapporto fra prevalenza <strong>del</strong>l’infezione e specificità <strong>del</strong> test: il caso <strong>del</strong> papillomavirus umano (HPV) per loscreening <strong>del</strong> cervicocarcinomaGiorgi Rossi P, Franceschi S, Ronco G12.00 Moderato consumo di alcol nell’anziano: dal metabolismo alla patologiaBuja A, Scafato E, Sergi G, Manzato E, Maggi S, Perissinotto E12.15 Il ruolo <strong>del</strong>l’abitudine al fumo nella spiegazione <strong>del</strong> gradiente sociale di mortalità: risultati <strong>del</strong> follow-up<strong>del</strong>l’indagine Istat sulla salute <strong>del</strong> 1999/2000Federico B, Marinacci C, Costa G, Sebastiani G, Eikemo TA, Mackenbach JP, Kunst AE12.30 Stima <strong>del</strong>le probabilità di cessazione <strong>del</strong> fumo per l’ItaliaCarreras G, Gorini G12.45 <strong>Epidemiologia</strong> degli incidenti droga-correlati in ItaliaPitidis A, Mamo C, Dalmasso M, Balducci G, Vignally P13.00 Dipendenza da cocaina e patologie cardiovascolari: coorte dei pazienti trattati dai SERT <strong>del</strong>la ASL MI 1Angelici M, Andreoni L, Piatti A, Durello R, Salvadori S, Luppi C, Scalese M, Russo A13.15 Le priorità d’intervento sanitarioScafato E, Rossi A, Gandin C, Galluzzo L, Martire S, Di Pasquale L, Scipione R, Parisi N, Ghirini S13.30-14.30 PranzoAUDITORIUM • 14.30-16.00Sessione plenariaI PUZZLE DELLA GEOGRAFIA ITALIANA PER LA PREVENZIONEModeratori: Donato Greco (CNESPS, Istituto superiore di sanità, Roma), Pier Alberto Bertazzi (Dip. Medicina <strong>del</strong> lavoro, Universitàdi Milano)14.30 La geografia dei rischi ambientali e quella <strong>del</strong>la saluteRoberta Pirastu, Dip. Biologia e biotecnologie Charles Darwin, Università di Roma 1; Francesco Forastiere, Dip. <strong>Epidemiologia</strong><strong>del</strong> Servizio sanitario regionale <strong>del</strong> Lazio15.00 La geografia dei cambiamenti <strong>del</strong>le abitudini alimentari e <strong>del</strong> rischio cardiovascolareSalvatore Panico, Dip. Medicina clinica e sperimentale, Università Federico II, Napoli15.30 Le transizioni epidemiologiche incompiute ancora da compiere nelle differenze geograficheGiuseppe Gorini, Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica, Firenze; Fabrizio Faggiano, Dip. Medicina clinica e sperimentale,Università <strong>del</strong> Piemonte orientaleTUMORI 1Moderatori: Paolo Giorgi Rossi, Paola PisaniAUDITORIUM • 16.30-18.00Sessione parallela16.30 La sopravvivenza dei malati di tumore in Italia: rapporto AIRTUM 2011Mario Fusco per AIRTUM Working Group16.45 Determinanti <strong>del</strong>le differenze nella prevalenza dei tumori in ItaliaGuzzinati S, Buzzoni C, De Angelis R, Lise M, Capocaccia R, Dal Maso L, Crocetti E, AIRTUM Working Group17.00 Tumori <strong>del</strong>le cavità nasali e dei seni paranasali in Lombardia: primi risultati <strong>del</strong> registro regionaleMensi C, Sieno C, Consonni D, Riboldi L, Bertazzi PA17.15 Ipermetilazione <strong>del</strong> promotore <strong>del</strong> gene GSPT1 e punteggio Gleason nel tessuto tumorale prostaticoMaule M, Zugna D, Delsedime L, Vizzini L, Fiano V, Gillo-Tos Anna, Merletti F, Richiardi L17.30 Effetto <strong>del</strong> test immunologico per la ricerca <strong>del</strong> sangue occulto fecale sull’incidenza <strong>del</strong> tumore al colon-rettoVentura L, Grazzini G, Romeo G, Buzzoni C, Zappa M17.45 Metilazione <strong>del</strong> DNA come biomarcatore di progressione <strong>del</strong> tumore alla prostata: indagini sul tessuto non neoplasticocontiguo al tessuto tumoraleGrasso C, Fiano V, Zugna D, Delsedime L, Gillio-Tos A, Merletti F, Richiardi6 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


PROGRAMMAe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1SALA 150 • 16.30-18.00Sessione parallelaQUALITÀ DELL’ASSISTENZA 2Moderatori: Gianni Ciccone, Ursula Kirchmayer16.30 Differenze territoriali nella qualità <strong>del</strong>l’assistenza primaria per le malattie croniche in Italia: tassi di ospedalizzazionee indicatori di processoFrancesconi P, Gini R, Damiani G, Maciocco G, Brugaletta S, Donato D, Donatini A, Marini A, Zocchetti C, Visca M, BellentaniM per il gruppo <strong>del</strong> progetto VALORE16.45 Disuguaglianze sociali nell’assistenza ai pazienti con frattura <strong>del</strong> femore: l’impatto <strong>del</strong> programma regionaledi valutazione esiti (P.RE.VAL.E.) nel LazioColais P, Fusco D, Agabiti N, Pinnarelli L, Sorge C, Perucci CA, Davoli M17.00 Efficacia di una linea guida aziendale (LG) nel ridurre i consumi e migliorare l’appropriatezza d’uso <strong>del</strong> plasmain ambito ospedalieroMonagheddu C, Lorenzi M, Bordiga AM, Azzolina MC, Pognant Viù D, Arione R, Davini O, Di Cuonzo D, Castiglione A,Ciccone G17.15 I ricoveri per diabete come indicatori <strong>del</strong>la qualità <strong>del</strong>l’assistenza alle persone con diabete in ItaliaLombardo F, Maggini M17.30 Effetti <strong>del</strong> trattamento “evidence-based” nella prevenzione secondaria <strong>del</strong>l’infarto miocardico acuto: sfidemetodologicheDi Martino M, Kirchmayer U, Bauleo L, Agabiti N, Fusco D, Davoli M17.45 Accessibilità alla PET pre-operatoria dei pazienti affetti da carcinoma polmonare in Regione Piemonte tra il2004 e il 2009Ceccarelli M, Castiglione A, Di Cuonzo D, Ciccone G18.00 Qualità <strong>del</strong>le cure ospedaliere per l’infarto miocardico acuto: l’impatto <strong>del</strong> programma regionale di valutazioneesiti (P.RE.VAL.E.) nel LazioRenzi C, Asta F, Fusco D, Agabiti N, Davoli M, Perucci CARISCHI DA LAVORO E INCIDENTIModeratori: Dario Consonni, Dario MirabelliAULA DIDATTICA 1 • 16.30-18.00Sessione parallela16.30 Caratteristiche degli accessi in Pronto soccorso per valutare la gravità degli infortuni sul lavoro nel LazioMarchetti A, Di Napoli A, Di Lallo D, Mantovani J, Guasticchi G16.45 Analisi <strong>del</strong>la morbosità <strong>del</strong>la coorte di lavoratori nel polo chimico di Spinetta MarengoFarina E, Bena A17.00 <strong>Associazione</strong> tra esposizione occupazionale ad asbesto e colangiocarcinoma: risultati di un’analisi caso-controlloBrandi G, Farioli A, Di Girolamo S, Curti S, De Rosa F, Violante FS, Biasco G, Mattioli S17.15 Mortalità per causa degli addetti ai processi di raccolta, trasformazione e smaltimento dei rifiuti solidi urbania RomaNarduzzi S, Ancona C, Mataloni F, Davoli M, Forastiere F17.30 La precarietà aumenta il rischio infortunistico? Un’analisi svolta su un panel INPSGiraudo M, Bena A, Leombruni R17.45 Costi sanitari degli incidenti stradali nella Regione LazioChini F, Farchi S, Giorgi Rossi P, Camilloni L, Borgia P, Guasticchi GAULA DIDATTICA 2 • 16.30-18.00Sessione parallelaMETODI PER L’EPIDEMIOLOGIAModeratori: Enzo Coviello, Lorenzo Richiardi16.30 Recenti sviluppi metodologici in epidemiologia ambientale: distributed lag non-linear mo<strong>del</strong>s e metanalisimultivariataGasparrini A16.45 Applicazione dei mo<strong>del</strong>li di Besag, York e Mollié per la stima <strong>del</strong>la segregazione <strong>del</strong>le persone socioeconomicamentedeprivate nel territorio torineseDemaria M, Marinacci C, Costa G7 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


PROGRAMMAe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 117.00 Utilizzo di internet per la conduzione di studi epidemiologiciRichiardi L, Pizzi C, Parlotti D, Merletti F17.15 Metodi algebrici per lo studio <strong>del</strong>l’interazione tra variabili epidemiologicheRicceri F, Fassino C, Matullo G, Roggero M, Torrente ML, Vineis P, Terracini L17.30 Il ruolo <strong>del</strong>l’eterogeneità non osservata nelle stime di mortalità differenzialeZarulli V, Marinacci C17.45 Hierarchical regression for multiple comparisons in a case-control study of occupational risks for lung cancerCorbin M, Vermeulen R, Kromhout H, Peters S, Simonato L, Richiardi L, Merletti F, Pearce N, Maule M18.00-19.00 Gruppo di lavoro AIE e guerra (Aula esterna)❖ ❖ ❖8.30-9.30 Sessioni posterQualità <strong>del</strong>l’assistenza 2 (Auditorium)Tumori 2 (Sala 150)Stili di vita e prevenzione (Aula didattica 1)MERCOLEDÌ 9 NOVEMBRE 2011AUDITORIUM • 9.30-11.00Sessione plenariaI PUZZLE DELLA GEOGRAFIA ITALIANA DELLA SANITÀModeratori: Fulvio Moirano (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, Roma), Nerina Dirindin (Dip. Scienze economiche efinanziarie, Università Torino)9.30 Le differenze geografiche nell’offerta sanitariaCarlo Zocchetti, Direzione generale sanità, Regione Lombardia10.00 Il Piano nazionale esiti (PNE): i cittadini hanno uguali diritti a cure efficaci e appropriate?Carlo Perucci, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, Roma10.30 Il ruolo <strong>del</strong>le reti assistenziali come fattore di promozione di regole, di appropriatezza e di capacità di ricerca:la qualità <strong>del</strong>l’assistenza oncologicaNereo Segnan, CPO Piemonte, Azienda ospedaliera S. Giovanni Battista di Torino11.00-11.30 Pausa cafféAMBIENTE 2Moderatori: Lucia Bisceglia, Benedetto TerraciniAUDITORIUM • 11.30-13.00Sessione parallela11.30 Il progetto SENTIERI: metodi e principali risultatiPirastu R, Iavarone I, Pasetto R, Zona A, Mitis F, Martuzzi M, Musmeci L, Conti S, Bianchi F, Forastiere F, Comba P11.45 Effetti a breve termine <strong>del</strong>le alte temperature sulla mortalità e analisi <strong>del</strong>l’eterogeneità nell’area <strong>del</strong> MediterraneoLeone M, D’Ippoliti D, Analitis A, Katsouyanni K, Michelozzi P12.00 Monitoraggio <strong>del</strong>lo stato di salute materno-infantile di residenti in quartieri prossimi a un sito inquinato diinteresse nazionaleGuarda L, Pironi V, Ricci P12.15 Analisi <strong>del</strong>la mortalità per cause tumorali in 91 Comuni <strong>del</strong> Lazio con elevati livelli di arsenico nelle acquepotabiliMarino C, D’Ippoliti D, Davoli M, Michelozzi P12.30 Studio caso-controllo sul mesotelioma maligno <strong>del</strong>la pleura nell’area di Casale MonferratoFerrante D, Mirabelli D, Bertolotti M, Botta M, Piccolini E, Pavesi M, Terracini B, Magnani C12.45 Studio retrospettivo di coorte dei residenti in prossimità di fonti multiple di inquinamento atmosfericoBadaloni C, Bucci S, Cesaroni G, Mataloni F, Ancona C, Bolignano A, Sozzi R, Davoli M, Forastiere F8 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


PROGRAMMAe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1SALA 150 • 11.30-13.00Sessione parallelaTUMORI 2Moderatori: Silvia Can<strong>del</strong>a, Roberto Zanetti11.30 Confronto <strong>del</strong>la sopravvivenza per tumori <strong>del</strong> colon-retto e <strong>del</strong>la mammella nel Sud e nel Centro-Nord ItaliaCoviello E, Buzzoni C, Rashid I, Fusco M, AIRTUM Working Group11.45 Verifica <strong>del</strong>l’appropriatezza dei percorsi diagnosticoterapeutici e <strong>del</strong> follow-up <strong>del</strong>le neoplasie <strong>del</strong>la mammellae <strong>del</strong> colon-rettoRusso A, Malnis D, Piatti A, Fava S, De Paoli A per il DIPO <strong>del</strong>la ASL <strong>del</strong>la Provincia di Milano 112.00 Diseguaglianze sociali di incidenza e sopravvivenza oncologica: uno studio sull’area <strong>del</strong>la Provincia di Napolicoperta dal Registro tumoriSantoro M, Caranci N, Chiodini P, Fusco M12.15 Equità nel percorso assistenziale <strong>del</strong> tumore <strong>del</strong>la mammellaZengarini N, Spadea T, Ponti A, Tomatis M, Casella D, Mano MP, Segnan N, Costa G12.30 L’incidenza dei tumori negli immigrati: i dati <strong>del</strong> Registro tumori di Reggio Emilia, 2003-2008Ballotari P, Pezzarossi A, Vicentini M, Can<strong>del</strong>a S12.45 Adherence to the Italian Mediterranean index and risk of colorectal cancer in the Italian section of the EPICcohortAgnoli C, Grioni S, Sieri S, Palli D, Masala G, Sacerdote C, Vineis P, Tumino R, Frasca G, Pala V, Mattiello A, Panico S, Krogh VSTATO DI SALUTE E MALATTIE CRONICHE 1Moderatori: Nicola Caranci, Marina MagginiAULA DIDATTICA 1 • 11.30-13.00Sessione parallela11.30 Variabilità geografica di indicatori di processo nella cura di diabete, insufficienza cardiaca e cardiopatiaischemica: confronto tra stime ottenute da dati amministrativi correnti e stime ottenute dai dati clinici <strong>del</strong>lamedicina generale nel progetto VALOREGini R, Francesconi P, Pasqua A, Mazzaglia G, Cricelli I, Brugaletta S, Donato D, Donatini A, Marini A, Zocchetti C, CricelliC, Bellentani M per il Gruppo <strong>del</strong> progetto VALORE11.45 Titolo di studio e rischio di incidenza di diabete di tipo 2 nella coorte di EPIC Europa: lo studio InterActSacerdote C, Ricceri F, Vineis P, Wareham N and InterAct consortium researchers12.00 Ruolo dei fattori socioeconomici su mortalità e ospedalizzazione in una coorte di pazienti diabetici residentinella ASL RMDFano V, Bontempi K, Pezzotti P, Gnavi R12.15 Un mo<strong>del</strong>lo costo-efficace per il trattamento <strong>del</strong> diabete tipo 2 (DMT2): risultati <strong>del</strong> trial clinico ROMEO e loroesportabilità nei contesti dei SSR italianiSicuro J, Bondonio P, Cavallo F, Charrier L, Raballo M, Trevisan M, Passera P, Porta M, Trento M12.30 Lo stato di salute <strong>del</strong>le popolazioni residenti nelle aree geotermiche <strong>del</strong>la ToscanaMinichilli F, Bartolacci S, Bustaffa E, Cipriani F, Nuvolone D, Pierini A, Protti MA, Romanelli AM, Vigotti MA, Bianchi F12.45 Interazione tra sensibilizzazione ad aeroallergeni e variazioni stagionali di esacerbazioni di asmaCanova C, de Marco R, Burney P, Jarvis D on behalf of the “European community respiratory health survey I”13.00-14.00 PranzoAMBIENTE 3Moderatori: Pietro Comba, Andrea RanziAUDITORIUM • 14.00-15.30Sessione parallela14.00 Mortalità e incidenza dei tumori nei soggetti residenti intorno agli inceneritori per rifiuti solidi urbani inEmilia-RomagnaCan<strong>del</strong>a S, Luberto F, Bonvicini L, Broccoli S, Carretta E, Evangelista A, Marzaroli P, Ranzi A, Freni Sterrantino A, Cordioli M,Angelini P, Ancona C, Forastiere F14.15 Biomonitoraggio umano in una popolazione residente in prossimità di un moderno inceneritore di rifiuti solidiurbani (RSU): studio pilota in Nord ItaliaErspamer L, Ranzi A, Gatti MG, Bechtold P, Fustinoni S, Campo L, Bonassi S, Lauriola P, Goldoni CA, Bertazzi PA9 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


PROGRAMMAe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 114.30 Determinanti <strong>del</strong>la concentrazione ematica di beta-esaclorocicloesano tra i residenti <strong>del</strong>la Valle <strong>del</strong> SaccoFantini F, Narduzzi S, Porta D, Blasetti F, Minoia C, Turci R, Davoli M, Forastiere F14.45 Incidenza dei sarcomi dei tessuti molli nei soggetti residenti intorno agli inceneritori per rifiuti solidi urbaniin Emilia-RomagnaLuberto F, Benedetti M, Marzaroli P, Vicentini M, Ranzi A, Can<strong>del</strong>a S15.00 Mortalità per causa in una coorte di residenti nei pressi di otto discariche per rifiuti solidi urbani <strong>del</strong> LazioAncona C, Mataloni F, Badaloni C, Bucci S, Golini M, Narduzzi S, Davoli M, Perucci C, Forestiere F15.15 Rischio di malformazioni congenite intorno agli inceneritori di RSU <strong>del</strong>l’Emilia-RomagnaBianchi F, Di Girolamo G, Angelini P, Astolfi G, Can<strong>del</strong>a S, Calzolari E, Goldoni G, Luberto F, Marzaroli P, Ranzi ASTATO DI SALUTE E MALATTIE CRONICHE 2Moderatori: Roberto Gnavi, Lorenzo SimonatoSALA 150 • 14.00-15.30Sessione parallela14.00 Educazione e patologie cardiovascolari: una revisione sistematicaFoltran F, Spada VM, Baldi I, Marinacci C, Costa G, Gregori D14.15 L’osservatorio epidemiologico cardiovascolare / Health examination survey: trend dei fattori di rischiocardiovascolarePalmieri L,Vanuzzo D, Lo Noce C, Donfrancesco C,Vancheri F, Iacoviello L, Goldoni CA, Caserta C, Lopizzo A, Meloni N, GattoneM, Boccanelli A, Dima F, De Sanctis Caiola P, Vannucchi S, Giampaoli S a nome <strong>del</strong> Gruppo di ricerca <strong>del</strong>l’Osservatorioepidemiologico cardiovascolare, Isituto superiore di sanità, Roma14.30 Posizione sociale, mortalità e ricoveri a un anno dalla dimissione dopo un primo episodio di insufficienza cardiacaPicariello R, Castagno D, Costa G, Gnavi R14.45 Esiste un gender bias nella gestione acuta e nella mortalità <strong>del</strong> paziente cardiovascolare in Friuli-VeneziaGiulia?Valent F, Tillati S, Zanier L15.00 Passi d’argento: i risultati <strong>del</strong>la sperimentazione nazionale di un sistema di sorveglianza <strong>del</strong>la popolazioneultra64enneDe Luca A, Baldi A, Antoniotti MC, Biscaglia L, Carrozzi G, Chiti L, Contoli B, Cristofori M, Di Fiandra T, Dittami A, FerrelliRM, Gaetano S, Possenti V, Scardetta V, Vichi M, Perra A15.15 Classificazione e occorrenza <strong>del</strong>le polmoniti nell’anziano nel LazioCascini S, Agabiti N, Arcà M, Pinnarelli L, Antonelli Incalzi R, Davoli MSALUTE MATERNO-INFANTILEModeratori: Sara Farchi, Angela SpinelliAULA DIDATTICA 1 • 14.00-15.30Sessione parallela14.00 Gravidanza singola o gemellare: l’assunzione di acido folico potrebbe fare la differenza? Risultati preliminaridi uno studio italianoBrescianini S, Cotichini R, Madrigali V, Serino L, D’Ippolito C, Salemi M, Salvatore M, Ghirri P, Stazi MA14.15 Allattamento materno in una coorte di nati gravemente pre-termine: risultati di uno studio “area-based” insei Regioni italianeCuttini M, Da Frè M, Carnielli V, Corchia C, Di Lallo D, Gagliardi L, Miniaci S, Macagno F14.30 Monitoraggio <strong>del</strong>le gravidanze fisiologiche seguite dalle ostetriche dei consultori <strong>del</strong>la provincia di ReggioEmilia: primi risultatiBroccoli S, Bonvicini L, Foracchia A, Casoli M, Volta A, Bertani D, Can<strong>del</strong>a S14.45 Infezioni virali in bambini con polmoniti acquisite in comunità: risultati di uno studio italianoEsposito S, Galeone C, Daleno C, Prunotto G, Scala A, Tagliabue C, Pelucchi C, Principi N15.00 Le differenze geografiche <strong>del</strong>la mortalità infantile in Italia. Determinanti socioeconomici e confronto con altriPaesi europeiDallolio L, Franchino G, Di Gregori V, Lenzi J, Pieri G, Raineri C, Bruzzone S, Mignolli N, Fantini MP15.15 Determinanti sociali e geografici <strong>del</strong>lo stato di salute orale in età pediatrica. I risultati <strong>del</strong>lo screening oraleuniversale <strong>del</strong>la Provincia di TrentoPiffer S, Pocher M, Campolongo F10 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


PROGRAMMAe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1AUDITORIUM • 15.30-17.30Sessione plenariaLA CONOSCENZA EPIDEMIOLOGICA INCONTRA LA DECISIONEModeratori: Amedeo Bianco (Federazione nazionale ordine dei medici), Mario Braga (Assessorato sanità, Regione Lazio)15.30 L’epidemiologia può fare la differenza tra salute e malattia?Rodolfo Saracci, International agency for research on cancer, Lione, Francia16.00 Perché in Italia “evidence-based policies” non decollano? Riflessioni a valle <strong>del</strong>la rivisitazione di vent’anni dipolitiche in tema di istruzione, lavoro e welfareUgo Trivellato, Dip. statistica, Università di Padova16.30 Conoscenza, prevenzione e democraziaPaolo Vineis, Imperial College, Londra, UK - Human Genetics Foudation (HuGeF), Torino17.00 Premio Maccacaro (Giovanni Renga, Dip. Sanità pubblica e microbiologia, Torino)Conclusione <strong>del</strong> <strong>congresso</strong> (Giuseppe Costa, presidente AIE)SEMINARI SATELLITELUNEDÌ 7 NOVEMBRE 2011 • AUDITORIUM • 10.00-13.30Il capacity building per lo sviluppo <strong>del</strong>l’epidemiologia in ItaliaModeratori: Giuseppe Filippetti (Direzione Prevenzione sanitaria, Ministero <strong>del</strong>la salute), Giuseppe Costa (presidente AIE)❖ ❖ ❖MARTEDÌ 8 NOVEMBRE 2011AULA DIDATTICA 2 • 18.00-19.00L’epidemiologia nelle Regioni <strong>del</strong> MezzogiornoModeratori: Stefania Salmaso (CNESP, Istituto superiore di sanità, Roma), Luigi Bisanti (Servizio di epidemiologia,ASL Milano)AULA DIDATTICA 1 • 18.00-19.00La conoscenza epidemiologica al servizio <strong>del</strong>le politiche di contrasto <strong>del</strong>le disuguaglianzeModeratori: Teresa Spadea (Servizio di epidemiologia, ASL TO3 Piemonte), Concetta MIrisola (Istituto nazionale promozionesalute popolazioni migranti, INMP, Roma)GIOVEDÌ 10 NOVEMBRE 2011 • 9.00-17.15CONVEGNO NAZIONALESorveglianza e monitoraggio <strong>del</strong>le popolazioni residenti in siti contaminatiOrganizzato da ARPA PIEMONTEDiparttimento tematico di <strong>Epidemiologia</strong> e Salute Ambientalein collaborazione con l’<strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> di <strong>Epidemiologia</strong>11 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


PROGRAMMAe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1SESSIONI POSTER INVITATILUNEDÌ 7 NOVEMBRE 2011AUDITORIUM • 17.00-18.00AMBIENTE 1Moderatori: Ennio Cadum, Cristina CanovaRumore aeroportuale e capacità cognitive dei bambini <strong>del</strong>le scuole elementari nei pressi <strong>del</strong>l’aeroporto di Ciampino,RomaAncona C, Mataloni F, Bacigalupi M, Cruciani AC, Todini G, Zirro E, Davoli M, Forastiere F per il gruppo di lavoro SAMBAEffetti a lungo termine <strong>del</strong>l’inquinamento atmosferico: materiali e metodi <strong>del</strong>lo studio di coorte “SALUTE 2000”Cadum E, Gandini M, Stroscia MEsposizione a inquinamento atmosferico nella prima infanzia e sintomi respiratori: i risultati di una coorte di neonatiseguita fino a 4 anniRanzi A, Porta D, Badaloni C, Cesaroni G, Lauriola P, Perucci CA, Davoli M, Forastiere FNonresponse bias nelle indagini epidemiologiche: differenze tra rispondenti e non-rispondenti per condizioni cronicheed esposizioni ambientaliStafoggia M, Agabiti N, Cesaroni C, Forastiere FValutazione <strong>del</strong>l’utilizzabilità <strong>del</strong>l’archivio informatizzato degli accessi in Pronto soccorso per lo studio degli effettia breve termine <strong>del</strong>l’inquinamento atmosferico urbanoGalassi C, Crosetto L, Cadum E, Forastiere F, Gruppo collaborativo EPIAIR2SALA 150 • ORE 17.00-18.00TUMORI 1Moderatori: Antonio Russo, Carlotta SacerdoteValutazione <strong>del</strong> profilo di costo oncologico in italia: un approccio sui pazienti di tumore colorettale in Veneto eToscanaGuzzinati S, Francisci S, Gigli A, Mezzetti M, Crocetti E, Giusti F, Miccinesi G, Paci EProgetto AIRTUM-RENAM per la registrazione dei mesoteliomi: stime di incidenza e concordanzaNicita C, Chellini E, Mensi C, Buzzoni C, Caldarella A, Consonni D, Giovannetti L, Intrieri T, Martini A, Tisano F, AIRTUM WG &ReNaM WGUtilità <strong>del</strong>la valutazione oncologica in DEA per i pazienti precedentemente dimessi con diagnosi di neoplasiaPivetta E, Castiglione A, Manzato A, Marmont F, Moiraghi C, Palumbo A, Pognant Viù D, Scaglione L, Schena M, Ciccone GStudio caso-controllo su consumo di fibre alimentari e tumore <strong>del</strong> pancreas, in ItaliaBidoli E, Pelucchi C, Zucchetto A, Negri E, Dal Maso L, Polesel J, Boz G, Montella M, Franceschi S, Serraino D, La Vecchia C,TalaminiEsposizione occupazionale e ambientale ad amianto e incidenza di mesotelioma maligno a Roma e nel Lazio, 2001-2009Romeo E, Ancona L, Ascoli V, Balestri A, Carnovale Scalzo C, Cavariani F, Compagnucci P, Gasperini L, Mataloni F, Forastiere FAULA DIDATTICA 1 • ORE 17.00-18.00STATO DI SALUTE E MALATIE CRONICHE 1Moderatori: Nicoletta Bertozzi, Carlo MamoDemenza e Alzheimer: quali i fattori associati nella popolazione di età compresa tra i 70 e i 75 anni?Ferretti VV, Guaita A, Fossi S, Villani SL’uso dei dati farmaceutici per stimare i casi prevalenti di bronco-pneumopatia cronico-ostruttivaFaustini A, Canova C, Cascini S, Baldo V, Bonora K, De Girolamo G, Romor P, Zanier L, Simonato LI ricoveri nei reparti di recupero e rieducazione funzionale <strong>del</strong> Lazio negli anni 2006-2010: valutazione dei cambiamentinell’accesso dei pazienti adulti per area di residenzaGiarrizzo ML, Pezzotti P, Papini P, Silvestri I, Rosano A, Guasticchi GIl controllo <strong>del</strong>la tubercolosi tra gli immigrati marginali: un approccio dinamicoBaussano I, Mercadante S, Lalvani A, Bugiani MIl migrante e la saluteFossarello L, Cerri R, Cambiano L12 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


PROGRAMMAe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1MARTEDÌ 8 NOVEMBRE 2011AUDITORIUM • ORE 8.30-9.30AMBIENTE 2Moderatori: Carla Ancona, Fabrizio BianchiMetodi alternativi di valutazione <strong>del</strong>l’esposizione per i residenti vicino agli inceneritori: uno studio di simulazioneFreni Sterrantino A, Ranzi A, Cordioli M, Can<strong>del</strong>a S, Miglio R, Lauriola P, Forastiere FRischio di aborto spontaneo in una popolazione esposta alle emissioni da inceneritori per rifiuti solidi urbaniBonvicini L, Carretta E, Broccoli S, Luberto F, Marzaroli P, Ranzi A , Can<strong>del</strong>a SLa percezione <strong>del</strong> rischio da inceneritore: l’analisi <strong>del</strong> questionario per i residenti di ModenaFreni Sterrantino A, Cavazza N, Goldoni C, Lauriola P, Miglio R, Rubichi SValutazione di impatto sulla salute <strong>del</strong>l’inquinamento <strong>del</strong>l’aria a roma: i risultati <strong>del</strong> progetto europeo APHEKOMCesaroni G, Badaloni C, Pascal M, Medina S, Forastiere FStudio di morbosità di una coorte di residenti nei pressi di un’industria chimicaCadum E, Demaria MImpatto <strong>del</strong>l’inquinamento <strong>del</strong>l’aria sull’incidenza e prognosi di ictusCesaroni G, Agabiti N, Badaloni C, Davoli M, Forastiere FSALA 150 • ORE 8.30-9.30QUALITÀ DELL’ASSISTENZA 1Moderatori: Mirko Di Martino, Alessio PetrelliMessa a punto <strong>del</strong> monitoraggio <strong>del</strong>la rete provinciale veronese <strong>del</strong>l’ictus attraverso record linkage da databaseamministrativiBisoffi G, Mirandola R, Bovo C, Buonocore F, Tessari G e Benetollo PStudio di coorte retrospettivo sui fattori associati all’accesso ai servizi residenziali o territoriali in persone condemenzaScalmana S, Di Napoli A, Franco F, Di Lallo D, Giarrizzo ML, Guasticchi G e il Gruppo di lavoro sui percorsi assistenziali nelle demenzeI fattori che influenzano domande e riconoscimenti <strong>del</strong> mesotelioma come malattia professionale, analizzati incrociotra dati individuali che derivano da un registro regionale e dati INAILMerler E, Bressan V, Bilato A, Marinaccio A e il Gruppo regionale veneto sui mesoteliomi maligniPromozione televisiva di preparati ginecologici a base di benzidamina cloridrato ed errori terapeutici per via di somministrazione:osservazioni effettuate dal centro antiveleni di Milano nel 2005-2010Davanzo F, Settimi L, Lauria L, Sesana F, Urbani E, Cossa L, Casini ML, Ferrazin FLe ospedalizzazioni per diabete come indicatore di efficacia <strong>del</strong>le cure primarie: un’analisi <strong>del</strong>le differenze territorialinella Regione LazioAsta F, Fusco D, Di Martino M, Belleudi V, Kirchmayer U, Bauleo L, Pinnarelli L, Sorge C, Agabiti N, Davoli MAULA DIDATTICA 1 • ORE 8.30-9.30STATO DI SALUTE E MALATIE CRONICHE 2Moderatori: Claudia Galassi, Rosa GiniLa mortalità in Italia: il quadro nazionale e le differenze regionaliConti S, Masocco M, Minelli GI controlli stradali per guida sotto l’effetto di alcol e di sostanze stupefacenti in ToscanaInnocenti F, Voller F, Cipriani FConsumo medio giornaliero di sale nella popolazione adulta italiana: risultati preliminari <strong>del</strong> progetto MINISAL-GIRCSIDonfrancesco C, Lo Noce C, Palmieri L, Dima F, De Sanctis Caiola P, Vannucchi S, Giampaoli S e Strazzullo PImpatto sanitario <strong>del</strong>la rottura dei legami familiari al variare <strong>del</strong>le condizioni socioeconomiche individualiOnorati R, Marinacci C, Demaria M, Vannoni F, Costa GMortalità intraospedaliera di una coorte neonati gravemente pretermine in sei Regioni italiane: risultati <strong>del</strong>lo studioACTIONDa Frè M, Carnielli V, Corchia C, Di Lallo D, Gagliardi L, Macagno F, Miniaci S, Cuttini MMo<strong>del</strong>li esplicativi multilevel per comprendere l’utilizzazione dei servizi psichiatrici community-based in tre centriitalianiDonisi V, Tedeschi F, Confalonieri L, De Rosa C, Fiorillo A, Salazzari D, Percudani M, Tansella M, Amaddeo F13 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


PROGRAMMAe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1MERCOLEDÌ 9 NOVEMBRE 2011AUDITORIUM • ORE 8.30-9.30QUALITÀ DELL’ASSISTENZA 2Moderatori: Nerina Agabiti, Carlo ZocchettiImplementazione di un bundle per la prevenzione <strong>del</strong>la polmonite da ventilazione assistita in terapia intensiva: uncluster randomized pragmatic trialForni S, Baratta S, Batistini R, Lumini E, Francone C, Ginori E, Mandola M, Pieretti A, Tucci V, Rossella R, Ro<strong>del</strong>la SAnalisi standard e metodi per il rischio competitivo per la stima <strong>del</strong>l’incidenza cumulativa e dei determinanti <strong>del</strong>trapianto renaleFranco F, Di Napoli A, Salvatori MF, Di Lallo D, Guasticchi G per il Registro regionale dialisi e trapianto <strong>del</strong> LazioAnalisi dei predittori e <strong>del</strong>la variabilità <strong>del</strong>la mortalità ospedaliera per gli interventi chirurgici di resezione deicarcinomi <strong>del</strong>l’esofago e <strong>del</strong> pancreas nella Regione PiemonteEvangelista A, Ciccone G, Agabiti N, Galassi CChirurgia protesica ortopedica: analisi <strong>del</strong>la mobilità interregionaleTorre M, Manno V, Romanini E, Masciocchi M, Tucci G 2Comportamenti a rischio in una coorte di utenti <strong>del</strong> centro malattie a trasmissione sessuale di FirenzeSilvestri C, Berti A, Giomi B, Campolmi E, Zuccati G, Cipriani FSALA 150 • ORE 8.30-9.30TUMORI 2Moderatori: Guido Miccinesi, Stefano RossoUtilizzo di un questionario per valutare le modalità di rilevazione e codifica dei casi di mesotelioma dei Registri tumoridi popolazione (RT) italiani e quelle dei Centri operativi regionali (COR) dei mesoteliomiNicita C, Chellini E, Buzzoni C, Caldarella A, Giovannetti L, Intrieri T, Martini A, Mensi C , Tisano F, AIRTUM WG & ReNaM WGA meta-analysis of the relationship between age at puberty and testicular cancerMaule M, Lobo Malavassi JA, Richiardi LStima dei pazienti guariti tra le persone che vivono con tumore in ItaliaDal Maso L, Guzzinati S, Lise M, Buzzoni C, Capocaccia R, Crocetti E, De Angelis R e AIRTUM WGDeprivazione sociale e sopravvivenza per tumore a MilanoRandi G, Cuccaro F, Autelitano M, Chiaffarino F, Iodice S, Ghilardi S, Leone R, Filipazzi L, Bonini A, Giubelli C, Bisanti LEsposizione a radiazione solare ultravioletta nei lavoratori outdoor: piano mirato <strong>del</strong>la Regione ToscanaMiligi L, Benvenuti A, Legittimo P, Badiali AM, Cacciarini V, Chiarugi A, Crocetti E, Alberghini Maltoni S, Pinto I, Zipoli G, Grifoni D,Pimpinelli N, Cherubini Di Simplicio F, Poggiali S, Sartorelli P, Sirna R, Amati R, Carnevale F, Centi L, Festa G, Fiumalbi C, Fedi A, GiglioliS, Mancini R, Panzone T, Petrioli G, Trombetti A, Volpi DAULA DIDATTICA 1 • ORE 8.30-9.30STILI DI VITA E PREVENZIONEModeratori: Antonella Bena, Sonia BrescianiniHealth technology assessment (HTA) dei metodi per aumentare la partecipazione ai programmi di screeningoncologici: revisione sistematica <strong>del</strong>l’efficacia degli interventiGiorgi Rossi P, Camilloni L, Ferroni E, Jimenez B, Furnari G, Borgia P, Guasticchi GProspettive <strong>del</strong> sistema di sorveglianza nazionale <strong>del</strong>la popolazione ultra64enne “Passi d’argento”Ferrelli RM, Gaetano S, Antoniotti MC, Baldi A, Biscaglia L, Carrozzi G, Chiti L, Contoli B, Cristofori M, De Luca A, Di Fiandra T, DittamiA, Possenti V, Scardetta V, Vichi M, Perra ATrend di incidenza <strong>del</strong>la tubercolosi nei Paesi a recente immigrazione: il caso <strong>del</strong>l’ItaliaBaussano I, Lazzarato F, Bugiani M, White P, Garnett GL’attività fisica tra i bambini <strong>del</strong>la scuola primaria: i risultati 2010 <strong>del</strong> sistema di sorveglianza OKkio alla saluteLamberti A, Buoncristiano M, Spinelli A, Nardone P, Baglio G, Lauria L, Senatore S e il gruppo OKkio alla SALUTE 2010Impatto <strong>del</strong>lo screening cervicale organizzato nelle aree italiane coperte da registro tumoriZucchetto A, Ronco G, Giorgi Rossi P, Zappa M, Franzo A, Paci E, Serraino D per il gruppo IMPATTO CERVICE14 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


PROGRAMMAe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1SESSIONI POSTERNtitoloAMBIENTE59 Informazione e comunicazione scientifica indipendente: il progetto e la nascita <strong>del</strong> Centro di riferimento regionale<strong>del</strong>la Campania per la valorizzazione <strong>del</strong>le fonti informative su salute e inquinamento ambientaleda rifiuti (CRISC)Panico S, Bianco E, Mattiello A, Chiodini P, Flammia I, Forgione N, Gallo C, Pizzuti R16 L’uso integrato dei dati dei sistemi informativi correnti per l’identificazione <strong>del</strong>la popolazione suscettibileagli effetti sulla salute <strong>del</strong>le ondate di caloreBargagli AM, De Sario M, Lallo A, Schifano P, Vecchi S, Michelozzi P18 Ondate di calore anomale e andamento <strong>del</strong>la mortalità tra i soggetti “fragili” a Torino. Un’analisi sperimentalesulla primavera 2011 e prime valutazioni estiveIvaldi C, Caiazzo A, Carnà P, Pelosini R19 Utilizzo <strong>del</strong> sistema nazionale di rilevazione rapida <strong>del</strong>la mortalità per la valutazione degli effetti <strong>del</strong>le ondatedi calore sulla saluteLallo A, Bargagli AM, De Sario M, Leone M, de’ Donato F, Davoli M, Michelozzi P41 Incremento di patologie respiratorie come effetto immediato <strong>del</strong>l’aumento di concentrazione di inquinantiatmosfericiFaustini A, Colais P, Stafoggia M, Berti G, Bisanti L, Cadum E, Cernigliaro A, Mallone S, Primerano R, Scarnato C, TessariR, Vigotti MA, Forastiere F per il Gruppo di lavoro EPIAIR45 Valutazione <strong>del</strong>l’esposizione a inquinanti atmosferici in aree industrializzate: il caso di TarantoMangia C, Gianicolo EAL, Bruni A, Vigotti MA, Cervino MTUMORI220 DNA methyltransferase 3b (DNMT3b), tumour tissue DNA methylation, Gleason score and prostate cancermortality: investigating possible causal relationshipsFiano V, Gillio-Tos A, Zugna D, Vizzini V, Delsedime L, Pearce N, Merletti F, Richiardi L222 Telefonini mobili e tumori alla testa: da cosa dipendono le discrepanze nei risultati degli studi epidemiologici?Gennaro V, Levis AG226 Studio caso-controllo sul sarcoma di Kaposi classico: immunità e parametri ematologiciBrown EE, Pelser C, Vitale F, Lauria C, Dipasquale M, Stella S, Manzella L, Amodio E, Gafà L, Messina A, Romano N, GoedertJJ238 Rischio di cancro <strong>del</strong>la vescica e infezione urinaria da polioma virus umano e papilloma virusPolesel J, Gheit T, Talamini R, Zucchetto A, Lenardon O, Bortolus R, Shahzard HS, La Vecchia C, Serraino D, TommasinoM, Franceschi S212 La prevalenza dei tumori in Italia e in altri Paesi occidentaliBuzzoni C, De Angelis R, Guzzinati S, Crocetti E, Capocaccia R, Lise M, Dal Maso L e AIRTUM Working Group213 I casi di mesotelioma registrati dal COR mesoteliomi <strong>del</strong>la toscana dal 1988 al 2010 e l’influenza <strong>del</strong>le modifiche<strong>del</strong>le sue procedure operativeChellini E, Silvestri S, Badiali AM, Cacciarini V, Martini A235 Cosa dicono sui tumori gli studi longitudinali cardiovascolariPannozzo F, Palmieri L, Rossi S, Donfrancesco C, De Sanctis Caiola P, Giampaoli S227 Screening con radiografia <strong>del</strong> torace in una coorte di fumatori in Varese e riduzione <strong>del</strong>la mortalità per cancro<strong>del</strong> polmoneMantovani W, Poli A, Imperatori A, Tardivo S, Bocchi M, Conti V, Rotolo N, Dominioni L221 Acrilamide nella dieta e rischio di cancro: risultati di un network di studi italiani e sintesi <strong>del</strong>le evidenze epidemiologicheGaleone C, Pelucchi C, Boffetta P, Talamini R, Levi F, Boyle P, La Vecchia C215 Fattori di rischio <strong>del</strong>la sindrome metabolica nei pazienti <strong>del</strong>l’Istituto tumori di Napoli: analisi <strong>del</strong>le schededi dimissione ospedalieraCozza V, Crispo A, Grimaldi M, Caolo G, Lodato S, Gatti G , Izzo F, Palaia R, Claudio L, Perdonà S, Montella M216 Le schede di dimissione ospedaliera come strumento di valutazione <strong>del</strong> rischio associato alla sindrome metabolicanelle pazienti <strong>del</strong>l’Istituto tumori di Napoli: uno studio di genereCrispo A, Grimaldi M, Caolo G, Amore A, Cozza V, Capasso I, D’Aiuto M, D’Aiuto G, Lodato S, Pedicini T, Montella M236 Cluster di leucemie nel Comune di Montopoli in ValdarnoPetronio MG, Mugnaini E, Franchini M, Vigotti MA, Miligi L, Bianchi F, Protti MA, Minniti C, Scala D, Cavazza E, Balli M,Guarducci S15 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


PROGRAMMAe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1NtitoloTUMORI240 Analisi <strong>del</strong>la mortalità generale e per tumori in provincia di Massa e CarraraVivani P, Dell’Amico MC, Biselli GQUALITÀ DELL’ASSISTENZA70 Per una corretta stima dei costi riferiti ai medici di medicina generale. I dati di consumo di farmaci <strong>del</strong>l’ASSL10<strong>del</strong> VenetoPiergentili P, Paccagnella O244 Informatizzazione <strong>del</strong>la raccolta dati per gli studi sperimentali in oncologia: il progetto EPICLINStralla S, Saccona F, Michelis M, Brunetti F, Casalone U, Monagheddu C, Ceccarelli M, Ciccone G71 Stima <strong>del</strong>la prevalenza <strong>del</strong>la malattia di Parkinson nel Lazio attraverso l’analisi <strong>del</strong>la prescrizione di farmacitracciantiScalmana S, Di Napoli A, Franco F, Di Lallo D, Vanacore N, Guasticchi G78 Il paziente con mielolesione: valutazione dei bisogni socioassistenziali per la presa in carico integrataMamo C, Fossarello L, Maggiorotti PG Manassero A, Bianco S, Mondo L246 I ricoveri ospedalieri eseguiti a favore di pazienti arruolati in programmi di assistenza per non autosufficientiVivani P, Dell’Amico MC, Biselli G247 Costo-efficacia <strong>del</strong> follow-up <strong>del</strong> carcinoma <strong>del</strong>l’endometrio: una analisi preliminareTrimaglio F, Pagano E, Ciccone G, Piovano, E, Zola P65 Effetto sulla sopravvivenza <strong>del</strong> cambio di modalità emodialitica in una coorte di soggetti in dialisi cronicaSalvatori MF, Di Napoli A, Franco F, Di Lallo D, Guasticchi G per il Registro regionale dialisi e trapianto <strong>del</strong> Lazio80 Mo<strong>del</strong>li di risk adjustment per indicatori di valutazione dei medici di medicina generale basati su databaseamministrativi. Risultati preliminari di una ricerca regionale in Friuli-Venezia GiuliaPiergentili P, Simon G, Paccagnella O, Grassetti L, Rizzi L, Samani F73 Equità <strong>del</strong>la salute: tra bioetica ed epidemiologiaBarbini N245 Uno studio sui centri prelievo territoriali di zonaVivani P, Dell’Amico MC, Miccoli M, Biselli G76 Le cure di fine vita in Italia: i risultati <strong>del</strong> progetto Senti-MELC (Sentinel Network Monitoring End-of-Life Care).Confronto tra aree italiane, 2009-2010Giusti F, Bertolissi S, Bonacchi A, Van den Block L, Deliens L, Miccinesi GSTILI DI VITA E PREVENZIONE103 Varicella in Piemonte: l’importanza <strong>del</strong>la stagionalitàBianco S, Poletto C, Baussano I, Colizza V129 Valutazione di efficacia di un intervento di counselling rivolto a bambini sovrappeso: protocollo di studio erisultati <strong>del</strong>l’arruolamentoBroccoli S, Bonvicini L, Collini G, Albertini P, Bosi S, Davoli A132 Componente genetica e ambientale <strong>del</strong>l’indice di massa corporea (BMI): indicazioni dal Registro nazionaleGemelliFagnani C, Nisticò L, Medda E, Alviti S, Arnofi A, Stazi MA96 Valutare l’impatto <strong>del</strong>lo screening sulla qualità <strong>del</strong>la vita <strong>del</strong>le donne con tumore <strong>del</strong>la mammella utilizzandoi flussi informativiGuarda L, Bozzeda AL, Gatti L, Ricci P118 Volute di fumo rosa dal cuore verde d’Italia: le informazioni dei sistemi di sorveglianza aziendali per la individuazionedi priorità e la valutazione <strong>del</strong>le azioni intraprese nell’AUSL2 <strong>del</strong>l’UmbriaBietta C, Fusco-Moffa I, Petrella M, Bondi L, Romagnoli C120 Studio sprint, trial di intervento su fumo e attività fisica nel contesto <strong>del</strong>lo screening per il cervico-carcinoma:caratteristiche <strong>del</strong>le fumatrici partecipanti rispetto alle fumatrici non partecipantiChellini E, Carreras G, Giordano L, Anghinoni E, Iossa A, Gorini G, Coppo A, Bellati C, Grechi E, Talassi F e il Gruppo di lavoroSPRINT123 Fumare e smettere di fumare: i dati <strong>del</strong> sistema di sorveglianza PASSIFerrante G, Possenti V, Quarchioni E, Minardi V, Baldissera S, Trinito MO, Bertozzi N, Carrozzi G, Campostrini S, D’ArgenzioA, Fateh Moghadam P, Vasselli S, Salmaso S81 Stili di vita e percezione <strong>del</strong> proprio stato di salute: le associazioni con status socioeconomico e appartenenzageografica dai dati <strong>del</strong> sistema di sorveglianza PASSI 2007-2009Quarchioni E, Sampaolo L, Bolognesi L, Bertozzi N, Campostrini S, Carrozzi G, Minardi V, Maggini M, Baldissera S, D’ArgenzioA, Fateh-Moghadam P, Ferrante G, Trinito MO, Possenti V, Vasselli S, Salmaso S16 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


PROGRAMMAe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1NtitoloSTILI DI VITA E PREVENZIONE97 Screening <strong>del</strong>lo stato nutrizionale degli ospiti di strutture residenziali per anzianiTominz R, Germano CD, Bovenzi M, Situlin R106 Vaccinazione antinfluenzale in Piemonte: confronto fra diversi sistemi informativiFerrara L, Tiberti D, Di Pietrantonj C, Demicheli V112 L’importanza <strong>del</strong>l’attività fisica negli anziani: rilevazione e valutazione attraverso il questionario PASEContoli B, Cristofori M, Antoniotti MC, Baldi A, Biscaglia L, Carrozzi G, Chiti L, De Luca A, Di Fiandra T, Dittami A, FerrelliRM, Gaetano S, Possenti V, Scardetta V, Vichi M, Perra A116 Differenze regionali nella mortalità da overdose e nelle possibili spiegazioniVigna-Taglianti FD,1, Brambilla R, Diecidue R, Versino E, Faggiano F117 I dati 2010 <strong>del</strong>le sorveglianze passi e “Passi d’argento” come supporto alle azioni di contrasto al tabagismoin PiemonteAntoniotti MC, Nucera A, Bestagini P, coordinatori PASSI Piemonte121 Da noi non si fuma: trial di intervento per un ambiente domestico libero da fumoChellini E, Carreras G, Gorini G, Livatino L, Errico SV, Giglio E, Polvani S, Giannoni AM, Nidiaci R, Badiali AM, Cacciarini V,Carollo L, Ceccanti A, Ferrini P, Di Marco I, Mazzoni G, Tronconi L, Barbanti A, Lelli M, Ielo F124 Infanzia a colori: un programma per difendere l’infanzia dalle’sposizione a fumo passivoGentilini F, Monti C, Di Marco M, Bianchi A, Bergamaschi A89 Interventi preventivi a favore dei soggetti allergici: il sistema di monitoraggio dei pollini allergenici di ARPAPiemonte e le ricadute sulla saluteIvaldi C, Nicolella M, Pelosini R, Carnà P110 Come migliorare l’accesso alle vaccinazioni nella popolazione migrante in Italia, soluzioni dal territorioRiccardo F, Dente MG, Declich S107 Segnalazioni di reazioni avverse al vaccino anti-HPV in soggetti minorenni: analisi descrittive e approfondimentosul flusso di segnalazione. Emilia-Romagna 2008-2009Gatti MG, Pascucci MG, Sangiorgi E, Goldoni CA, Carati D86 Risultati preliminari relativi ad una coorte di neonati <strong>del</strong> Friuli-Venezia GiuliaCestari L, Valent F, Clagnan E, Fasani E, Morassutto C, Zanon S, Romor P, Zanier L87 Le attività di prevenzione degli effetti <strong>del</strong> caldo sulla salute in Italia: descrizione e valutazione <strong>del</strong>l’aderenzaalle linee guida nazionaliDe Sario M, Bargagli AM, Vecchi S, Michelozzi P90 Un programma di counselling infermieristico per la prevenzione cardiovascolare primaria nelle unità territorialedi assistenza primaria (UTAP) <strong>del</strong>l’ULSS Alto VicentinoToffanin R, Polo F, Banovich F, Valsecchi M, Salvadori P, Zenari M, Busato G, Zen A, Pellizzari M, Saugo M91 Accessibilità <strong>del</strong>le utenti <strong>del</strong> Dipartimento <strong>del</strong>la salute mentale al programma di screening per i tumori <strong>del</strong>lamammella nella ASL Roma BBarca A, Baiocchi D, Lapucci E, Urbinelli L, Gaddini A, Biscaglia L, Fioretti H, Mangia.ML, Boccara P, Di Lallo D99 Il monitoraggio dei programmi di screening oncologici: confronto fra la survey <strong>del</strong>l’Osservatorio NazionaleScreening e la sorveglianza PASSIZappa M, Carrozzi G, Bertozzi N, Sampaolo L, Bolognesi L, Venturelli A, Federici A, Salmaso S104 Infezione occulta da HIV tra i pazienti afferenti alla fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, PaviaDe Silvestri A, Scu<strong>del</strong>ler L, Klersy C, Scotti V, Curti M, Tinelli C105 Vaccinazione contro il virus HPV nel comune di Pistoia: conoscenza e attitudine alla prevenzione in un campionedi madriFabbri S, Millarini V, Porta M, Mosconi P111 Prevalenza di infezione da HCV occulta in soggetti privi di patologia epaticaTrevisan M, De Marco L, Gillio-Tos A, Richiardi L, Curti F, Manzini P, Merletti F128 Mortalità fumo correlata in ItaliaZoffoli R, Galeone D, Spizzichino L130 Risultati di “Okkio alla salute”, survey sullo stato nutrizionale e fattori di rischio <strong>del</strong>l’obesità nella RegioneLazioCastronuovo E, Farchi S, Franco F, Di Lallo D, Cairella G, Censi L, Guasticchi G e Gruppo OKKIO-Lazio135 Promozione e prevenzione <strong>del</strong>la salute orale nella popolazione minorile Rom nel distretto ASL TO3Cafasso Hager R, Basile L, Cavallo L109 Vaccinazione contro il virus HPV nel Comune di Pistoia: conoscenze e attitudini alla prevenzione in un campionedi ragazze diciottenniMillarini V,1 Fabbri S,1 Porta M,2 Mosconi P3125 Monitoraggio <strong>del</strong> rispetto <strong>del</strong> divieto di fumo nei locali pubblici: dati preliminari <strong>del</strong>lo studio Enfasi 2011in SiciliaMilici S, Cernigliaro A, Marras A, Scondotto S, Geraci G, Belbruno F, Ferlisi M17 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


PROGRAMMAe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1NtitoloSTILI DI VITA E PREVENZIONE126 Mo<strong>del</strong>li di comportamento e percezione <strong>del</strong> rischio espresso dagli studenti <strong>del</strong>la scuola secondaria di 2º gradodi Trieste nei confronti <strong>del</strong>le bevande alcoliche e <strong>del</strong> fumo di tabaccoModonutti G B, Costantinides F, Leon L127 Indagine sull’abitudine al fumo di sigaretta nella popolazione di CamerinoMorbidoni M, Ambrogiani E, Guidi A, Berti S, Bernacchia E131 Riduzione <strong>del</strong>l’obesità e miglioramento <strong>del</strong>lo stile di vita dei bambini in SiciliaCernigliaro A, Rizzo S, Milici S, Dardanoni G, Scondotto S, Gruppo regionale e nazionale di OKkio alla Salute6 Prevenzione <strong>del</strong>la violenza giovanile in EuropaMitis F, Sethi D, Hughes K, Bellis M, Racioppi F7 Confronto tra adesioni agli screening di donne italiane e immigrateNisticò F, Rosati R, Piacentini P, Quercioli C, Nante N108 Promuovere le vaccinazioni a scuolaIoppolo G, Sidoti S, Niosi E, Pancaldo GM, Niosi G, Puglisi GSTATO DI SALUTE E MALATTIE CRONICHE157 Valutazione di un intervento sulla sicurezza nelle microimprese <strong>del</strong> comparto metalmeccanico in un ASL <strong>del</strong> Piemonte:il contributo <strong>del</strong>l’approccio qualitativoBena A, Farina E, Marino M, Spolti G2 Matrici di esposizione: l’esempio degli interferenti endocrini nei luoghi di lavoroFiumalbi C, Citroni A, Giannelli M, Papaleo B162 Analisi di alcuni indici infortunistici per pianificare interventi di prevenzione mediante la Behavior Based Safety(B-BS)Mangifesta R, Di Nicola M, Ballone E168 Naive bayes classification <strong>del</strong>le cause traumatiche di accesso al Pronto soccorso in Friuli Venezia GiuliaValent F, Clagnan E, Zanier L164 Le malattie professionali nei lavoratori italiani e stranieri nel LazioMarchetti A, Di Napoli A, Di Lallo D, Mantovani J, Guasticchi G165 Caratteristiche degli infortuni sul lavoro tra i lavoratori stranieri <strong>del</strong> LazioMarchetti A, Di Napoli A, Di Lallo D, Mantovani J, Guasticchi G148 Effetto <strong>del</strong>la sospensione <strong>del</strong>la produzione di imiglucerase sui pazienti affetti da malattia di GaucherDeroma L, Sechi A, Macor D, Liva G, Dardis A, Ciana G, Bembi B154 Fattori che influenzano lo stato di occupazione <strong>del</strong>le persone con una disabilità: il caso <strong>del</strong>la sclerosi multiplaPonzio M, Bezzini D, Messmer Uccelli M, Pozzi T, Carli L, Battaglia MA32 Montagna e salute: uno svantaggio solo geografico o legato anche alla migrazione selettiva?Versino E, Migliardi A, Scarinzi C, Stroscia M, Demaria M, Costa G (con il contributo Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo)141 Incidenza di primi eventi coronarici nei distretti sanitari <strong>del</strong> LazioDi Domenicantonio R, Cascini S, Cappai G, Belleudi V, Agabiti N, Arcà M, Davoli M250 Predittività degli indicatori di predisabilità per mortalità e ricoveriSebastiani G, Marinacci C, Bonciani M, Grippo F, Pappagallo M, Costa G5 Prevenzione <strong>del</strong> maltrattamento degli anziani in EuropaMitis F, Sethi D, Wood S, Bellis M, Penhale B, Iborra Marmolejo I, Lowenstein A, Manthorpe G, Ulvestad Kärki F25 La mortalità in Toscana <strong>del</strong>la popolazione straniera proveniente da Paesi a forte pressione migratoriaMartini A, Sala A, Chellini E28 Condizioni socioeconomiche, disagio sociale e mortalità violenta a TorinoRivillas JC, Marinacci C, Nicolas Zengarini, Roberta Onorati, Giuseppe Costa186 Incidenti stradali: l’Italia verso il raggiungimento degli obiettivi <strong>del</strong>l’Unione europea. Gli indicatori disponibilia livello localeBietta C, Vallesi G, Fusco-Moffa I, Petrella M190 Effetti <strong>del</strong>la misclassificazione <strong>del</strong>la residenza nelle schede di dimissione ospedaliera sulle stime di incidenzae sui confronti con una popolazione di riferimento: l’esempio dei tumori in età pediatrica nella ASL RMDFano V, Bontempi K, Cappai G206 Caratteristiche e determinanti sociali dei fenomeni suicidari. La casistica <strong>del</strong>la Provincia di Trento 2003-2007Piffer S, Rizzello R, DeNisi M, De Stefani R248 Valuing health related quality of life in multiple sclerosis patients: an application of discrete choice experimentto obtain patient preferencesRosato R, Testa S, Molinengo G, Oggero A, Bertolotto A151 La scelta <strong>del</strong>la modalità iniziale di emodialisi cronica analizzata con il propensity scoreFranco F, Di Napoli A, Di Lallo D, Salvatori MF, Guasticchi G per il Registro regionale dialisi e trapianto <strong>del</strong> Lazio18 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


PROGRAMMAe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1NtitoloSTATO DI SALUTE E MALATTIE CRONICHE152 A validation of the ukpds outcomes mo<strong>del</strong> predictions in the Casale Monferrato survey, an Italian populationbasedcohort of type 2 diabetes patientsPagano E, Bruno G, Rosato R, Merletti F, Gray A196 Indagine epidemiologica sulla diffusione di HBV e HCV mediante l’utilizzo dei dati di mortalità per cause e concause.L’esperienza <strong>del</strong> registro di mortalità <strong>del</strong>la provincia di BergamoSampietro G, Ghisleni S, Giavazzi L, Zanchi A, Quinz E14 Parametri fisiologici e sociodemografici associati alla sopravvivenza dopo i novanta anni: risultati <strong>del</strong> progetto“GEHA - Genetics of Healthy Aging” relativi al campione <strong>del</strong>le famiglie longeve italianeStazi MA, Cotichini R, Toccaceli V, D’Ippolito C, Passarino G, Cevenini E, Franceschi C29 Profilo di salute <strong>del</strong>l’Alta Val di CecinaRomanelli AM, Bustaffa E, Minichilli F, Protti MA, Vigotti MA, Bianchi F31 Analisi <strong>del</strong>la validità <strong>del</strong>l’informazione “titolo di studio” da scheda di dimissione ospedalieraVentura M, Colais P, Fusco D, Agabiti N, Cesaroni G, Davoli M140 Stato socioeconomico e fattori di rischio cardiovascolare in ItaliaCasula M, Tragni E, Filippi A, Brignoli O, Cricelli C, Poli A, Catapano AL142 Il cuore verde d’Italia a rischio: analisi farmacoepidemiologica <strong>del</strong>l’ipertensione arteriosa, diabete mellito eiperlipemia nella Ausl2 <strong>del</strong>l’UmbriaFusco-Moffa I, Bietta C, Petrella M149 Il Registro regionale malattie rare nel contesto <strong>del</strong>la rete regionale <strong>del</strong>le malattie rare <strong>del</strong> Friuli Venezia GiuliaDeroma L, Sechi A, Macor D, Liva G, Dardis A, Bembi B184 Mortalità per sclerosi multipla nella Regione ToscanaBattaglia MA, Bezzini D, Ponzio M, Cipriani F191 Frattura <strong>del</strong> femore nel Veneto: incidenza nel decennio 2000-2009Alba N, Fe<strong>del</strong>i U, Avossa F, Spolaore P192 Atlante sanitario <strong>del</strong>la Sicilia: la mortalità per causa dai dati contenuti nel Registro nominativo <strong>del</strong>le cause dimorte (Rencam) <strong>del</strong>la Regione Sicilia (2004-2010)Marras A, Pollina Addario S, Dardanoni G, Cernigliaro A, Fantaci G, Tavormina E, Scondotto S e gruppo dei referenti UnitàReNCaM <strong>del</strong>le Aziende sanitarie provinciali <strong>del</strong>la Sicilia195 Identificazione di categorie di soggetti anziani a rischio di morte elevato entro un annoRognoni M, Cavalieri d’Oro L, Merlo E201 Il rischio cardiovascolare in soggetti affetti da malattia mentale grave ricoverati in un reparto psichiatrico:studio trasversale comparativoBartoli F, Carrà G, Clerici M202 I costi <strong>del</strong>l’assistenza ospedaliera in psichiatria: analisi economica nel progetto PROGRES-AcutiCalì S, Grigoletti L, Salazzari D, Tedeschi F, Tansella M, de Girolamo G, Amaddeo F204 Variabilità geografica dei mo<strong>del</strong>li di collaborazione tra medicina generale e dipartimenti di salute mentale perla cura dei disturbi depressivi: confronto con i risultati di una rassegna sistematica sul trattamento integrato<strong>del</strong>la depressioneLega I, Tarolla E, Picardi A, Gigantesco A255 Efficacia <strong>del</strong>la terapia enzimatica sostitutiva nel migliorare la densità di massa ossea in una piccola coorte dipazienti con malattia di Gaucher di tipo 1 seguiti dall’infanzia all’età adultaCiana G, Deroma L, Pisa FE, Franzil AM, Dardis A, Sechi A, Malini E, Bembi B189 I ricoveri evitabili: la situazione italiana e le differenze regionaliConti S, Vichi M, Manno V156 Utilizzo <strong>del</strong> propensity score per valutare i fattori associati alla dialisi peritoneale come prima modalità didialisi cronicaSalvatori MF, Di Napoli A, Franco F, Di Lallo D, Guasticchi G per il Registro regionale dialisi e trapianto <strong>del</strong> Lazio143 Sviluppo di un mo<strong>del</strong>lo predittivo per la identificazione di pazienti con scompenso cardiaco da sistemi informativisanitari a partire da un panel clinicoKirchmayer U, Agabiti N, Belleudi V, Bauleo L, Fusco D, Arcà M, Ricci R, Davoli M153 La gestione integrata dei pazienti diabetici in Piemonte: i risultati di un biennio sperimentalePizzini A, Titta G, Viberti G187 Elaborazione di un sistema di sorveglianza <strong>del</strong>le infezioni correlate alle pratiche assistenziali basato sui datidi laboratorio nella ASL di LatinaCarraturo A, Tega L, Blanco G, Di Giacomo L, Albertoni F205 L’atteggiamento verso la diversità: indagine nelle scuole <strong>del</strong>la Zona territoriale n. 7 di AnconaMorbidoni M, Ambrogiani E, Guidi A, Berti S, Collamati E, Gargiulo G, Mazzanti A, Rossi R207 La comorbilità psichiatrica nei pazienti in cura presso i Ser.t <strong>del</strong>l’ASL di PaviaVerri A, Perotti P, Panzarasa A, Bianchi A, Priora C, Belfiore G, Pegoraro M, San Bartolomeo P19 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


PROGRAMMAe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1NtitoloSTATO DI SALUTE E MALATTIE CRONICHE185 Prevalenza <strong>del</strong>la sclerosi multipla nell’isola d’ElbaBezzini D, Ponzio M, Bollani E, Meucci G, Battaglia MA194 Analisi geografica di mortalità nelle popolazioni residenti nell’area vulcanica <strong>del</strong>l’EtnaPollina Addario S, Fantaci G, Marras A, Tavormina E, Scondotto S249 Riflessioni sulle opinioni e gli atteggiamenti espressi dagli studenti <strong>del</strong> quinto anno <strong>del</strong>la facoltà di medicinae chirurgia <strong>del</strong>l’Università degli studi di Trieste nei confronti <strong>del</strong>la malattia mentale (MM) e <strong>del</strong> malatodi menteModonutti GB13 Uno studio gemellare sulla relazione tra tratti di tipo autistico e personalitàFagnani C, Picardi A, Patriarca V, D’Ippolito C, Delfino D, Tarolla E, Lega I, Toccaceli V, Brambilla P, Stazi MA178 Nascere nella Zona territoriale 7 di Ancona (dati CE.D.A.P. 2009)Morbidoni M, Ambrogiani E, Guidi A180 Abortività spontanea in Piemonte: il fenomeno tra le donne italiane e straniereRusciani R, Mondo L183 Lo studio di coorte “Piccoli+”. Il biobanking in ambito pediatrico: procedure etico-legaliToccaceli V, Serino L, Penna L, Stazi MA per conto <strong>del</strong> Gruppo di studio “Piccoli +”173 Prevalenza di allattamento al seno e suoi determinantiColonna C, Bevilacqua S, Crepaldi S, Demaria P, Gallo A, Sartori M, Mondo L182 L’interruzione di gravidanza in Piemonte: il fenomeno tra le donne italiane e straniereRusciani R, Mondo L181 Il percorso nascita in PiemonteMondo L, Rusciani R169 I tagli cesarei nella Zona territoriale 7 di AnconaAmbrogiani E, Morbidoni M, Guidi A172 L’effetto dei determinanti sociali sull’aborto spontaneo ricorrenteChiavarini M, Gili A, Bernardini I, Minelli L20 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITPresentazione <strong>del</strong> CongressoGiuseppe Costapresidente AIEL’appuntamento dei 150 anni dall’Unità d’Italia ha stimolato l’epidemiologia a chiedersi quali risultatidi salute abbia prodotto questa storia, se questi risultati siano stati equamente distribuiti su tuttoil territorio, se la storia <strong>del</strong>la salute sia stata di maggiore o minore successo rispetto alle altre dimensioni<strong>del</strong> benessere e quale merito abbiano avuto le politiche sanitarie in questa storia.L’unità d’Italia ha ereditato un Paese che, nel quadro europeo, si colloca agli ultimi posti per arretratezzaeconomica, analfabetismo, malnutrizione, bassa sopravvivenza, e oggi lo consegna alle nostre celebrazioniai primi posti per sopravvivenza, nutrizione e protezione per il rischio <strong>del</strong>la salute, e in posizioneintermedia per sviluppo economico e capitale umano; un po’ peggio per il livello didisuguaglianze.La speranza di vita alla nascita è l’indicatore che più si è avvicinato sia al risultato massimo potenzialmenteraggiungibile in questo periodo storico sia al maggior livello di integrazione e uguaglianzanel Paese, in una misura più intensa di quanto non sia accaduto al miglioramento <strong>del</strong>le condizioni economichee sociali di vita. E’ verosimile che a questo lusinghiero risultato non siano estranei da un latoi progressi <strong>del</strong>la medicina, soprattutto dal secondo dopoguerra in poi, e dall’altro il ruolo <strong>del</strong>l’assistenzasanitaria pubblica, che si iscrive tra le maggiori trasformazioni <strong>del</strong>la capacità di protezione dalla vulnerabilitàintrodotte in Italia nel secondo dopoguerra.Purtroppo, questo primato nei risultati di salute potrebbe essere minacciato da una tendenza a unanuova divergenza Nord-Sud che si osserva negli ultimi vent’anni, tendenza che è parallela all’aumento<strong>del</strong>le disuguaglianze di reddito e di istruzione, e che potrebbe rendere più difficile il processo di decentramentosanitario previsto dal federalismo. Inoltre, una lettura più analitica <strong>del</strong>le differenze geografichedi salute a cui è approdato il Paese in questo primo decennio degli anni Duemila dimostranuove e vecchie disuguaglianze dentro e tra le aree geografiche, disuguaglianze che si manifestano nelleopportunità di salute, negli stili di vita, nelle esposizioni ambientali, nell’uso <strong>del</strong>le cure e nelle specifichemalattie e disabilità che ne conseguono; queste disuguaglianze, nella misura in cui sono evitabili,suggeriscono una priorità spesso trascurata dall’agenda <strong>del</strong>la programmazione sanitaria e <strong>del</strong>la prevenzione,che considera la salute degli italiani come una media.Quindi, in occasione dei 150 anni <strong>del</strong>l’Unità di Italia l’<strong>Associazione</strong> italiana di epidemiologia dedicail suo XXXV <strong>congresso</strong> al tema <strong>del</strong> ruolo <strong>del</strong>la salute e <strong>del</strong>la sanità nella riduzione <strong>del</strong>le differenze evitabiliin Italia. Parallelamente, <strong>Epidemiologia</strong> e Prevenzione, AIE e Osservasalute hanno scelto di pubblicarein occasione <strong>del</strong> <strong>congresso</strong> AIE un compendio di dati epidemiologici storici e attuali che, prendendospunto dalla storia <strong>del</strong>la sanità pubblica in Italia, proceda a una analisi sistematica <strong>del</strong>ledifferenze geografiche e temporali nella mortalità, nella salute e nell’uso <strong>del</strong>le cure, per poi approfondirela situazione di specifiche malattie e fattori di rischio.Gli <strong>Atti</strong> <strong>del</strong> <strong>congresso</strong> AIE e la monografia di EP spaziano sui temi e argomenti <strong>del</strong>la salute e <strong>del</strong>la sanitàsui quali la riflessione è apparsa più urgente e più antica la storia di queste disparità, nella consapevolezzache la conoscenza di oggi, unita alla dimensione storica, può offrire stimolo alla ricerca esoprattutto all’intervento <strong>del</strong>le istituzioni e degli operatori.21 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITIndicePROGRAMMA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4Presentazione <strong>del</strong> Congresso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21Giuseppe CostaSessioni Plenarie/Parallele . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23Sessione Poster Invitati. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95Poster . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 129Indice degli autori. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21522 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione Plenaria7 novembreDove vanno le differenze territorialinella salute in ItaliaModeratori:Eugenio Paci (Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica, Firenze)Franco Merletti (Centro prevenzione oncologica, Università di Torino)Nell’occasione <strong>del</strong> Congresso la rivista <strong>Epidemiologia</strong> e Prevenzione, l’AIE e Osservasalute hanno realizzato una monografia dedicataalla storia <strong>del</strong>le differenze di salute dall’Unità a oggi, in collaborazione con CNESPS, AIRTUM e l’Osservatorio nazionalescreening. La monografia si articola in tre sezioni, una che raccoglie saggi di storia <strong>del</strong>la salute, <strong>del</strong>la prevenzione e <strong>del</strong>lasanità, una di analisi geografica degli indicatori di mortalità, salute e offerta di assistenza e una di revisione <strong>del</strong>le differenze geografichenelle principali malattie e determinanti <strong>del</strong>la salute.La sessione plenaria presenterà e discuterà la monografia, cercando di rispondere ad alcune domande cruciali. Nei 150 anni trascorsidall’Unità d’Italia quali sono le dimensioni <strong>del</strong> benessere che sono state maggiormente capaci di integrare il paese, e la saluteche ruolo ha avuto in questa storia? A quale geografia <strong>del</strong>la salute è approdata l’Italia dopo i 150 anni dall’Unità? Come siinquadra questa storia nel più ampio contesto <strong>del</strong>la sanità pubblica europea? Quali implicazioni ha questa storia per le politichesanitarie nel nostro paese in questa fase di decentramento <strong>del</strong>le responsabilità?PIÙ VICINI O PIÙ LONTANI, UNA STORIA DI SUCCESSO PER LA SANITÀ PUBBLICA ITALIANA NEL CONTESTO EUROPEO?Walter Ricciardi, Dip. Igiene, Università Cattolica <strong>del</strong> Sacro Cuore, RomaLE MISURE DI BENESSERE AL DI LÀ DEL PIL E LE SFIDE DELLA STATISTICA UFFICIALEEnrico Giovannini, Istituto nazionale di statistica, RomaLA MONOGRAFIA DI EPIDEMIOLOGIA & PREVENZIONEEugenio Paci, Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica, Firenze❖❖❖❖LE DIFFERENZE GEOGRAFICHE NELLA SALUTE E NEI FATTORI DI RISCHIO A CUI È APPRODATA L’ITALIA NEGLI ANNIDUEMILAStefania Salmaso, CNESPS Istituto superiore di sanità, RomaPOLITICHE SANITARIE E UNITÀ DEL PAESE: RIFORME, CONTRORIFORME E NON-RIFORMEFrancesco Taroni, Dip. Medicina e sanità pubblica, Università di Bologna❖23 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-96WWW.EPIPREV.ITSessione Plenaria8 novembreMetodi per lo studio <strong>del</strong>le differenzeterritoriali di salute e sanitàModeratori:Moderatori: Viviana Egidi (Dip. Scienze statistiche, Università Roma 1)Riccardo Capocaccia (CNESPS, Istituto superiore di sanità, Roma)La sessione affronta alcune questioni critiche per l’epidemiologia <strong>del</strong>le differenze di salute: come aiutare il valutatore a farsiun’opinione a partire dalle differenze; e come far fronte ai problemi metodologici nella misura <strong>del</strong>le differenze nel tempo enello spazio.Il primo contributo dovrebbe portare a sintesi la discussione metodologica degli ultimi anni su come si possono usare le differenzegeografiche (in particolare quelle regionali corrispondenti ad altrettanti sistemi sanitari) per valutare la performancedei sistemi.Il secondo contributo servirà a rimettere in agenda alcuni aspetti metodologici di misura dei trend temporali nelle differenzeche rischiano di essere sottovalutati nell’epidemiologia descrittiva.CHI È IL PIÙ BRAVO? LA VALUTAZIONE DI PERFORMANCE NELL’ESAME DELLE DIFFERENZE GEOGRAFICHECesare Cislaghi, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, RomaLA VARIABILITÀ SPAZIO-TEMPORALE DEL RISCHIO DI MALATTIAAnnibale Biggeri, Dipartimento di statistica “G. Parenti”, Università di Firenze❖❖24 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-96WWW.EPIPREV.ITSessione Parallela8 novembreAmbiente 1Moderatori:Paola Michelozzi, Federica Vigna Taglianti38EFFETTI CRONICI DELL’ESPOSIZIONE A INQUINAMENTODELL’ARIA (PM2.5 E NO 2 ) SULLA MORTALITÀ A ROMACesaroni G, 1 Gariazzo C, 2 Sozzi R, 3 Badaloni C, 1 Davoli M, 1 ForastiereF 11 Dipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> Servizio sanitario regionale <strong>del</strong>Lazio; 2 INAIL, Roma; 3 ARPA LazioIntroduzione. Pochi studi longitudinali hanno valutato il ruolo<strong>del</strong>l’esposizione cronica a inquinanti <strong>del</strong>l’aria in una stessagrande città.Obiettivi. Analizzare l’associazione tra esposizione cronica aPM2.5 e NO 2 e mortalità naturale nello studio longitudinaledi Roma.Metodi. Lo studio longitudinale romano è una coorte chiusaarruolata al censimento 2001. Abbiamo selezionato i soggettitra i 45 e gli 80 anni che, nei cinque anni precedenti all’arruolamento,non avevano cambiato indirizzo (N=684 204).L’esposizione al PM2.5 alla residenza è stata attribuita con unmo<strong>del</strong>lo di dispersione (FARM) con una griglia di 1 km, sviluppatoutilizzando i dati <strong>del</strong>le emissioni 2005. I livelli diNO 2 sono stati attribuiti alle coordinate geografiche <strong>del</strong>la residenzatramite un mo<strong>del</strong>lo “land use regression” (R 2 =0.704)che ha usato la misura di NO 2 rilevata con dosimetri passiviin 78 postazioni e variabili di uso <strong>del</strong> territorio. Le informazioniindividuali disponibili all’arruolamento erano: età, genere, livellodi istruzione, occupazione, luogo di nascita e un indicatoredi posizione socioeconomica attribuito alla sezione dicensimento di residenza.I soggetti sono stati seguiti fino al dicembre 2006. Sono statiusati mo<strong>del</strong>li di Cox per analizzare l’associazione tra esposizionea inquinamento <strong>del</strong>l’aria e mortalità per causa, tenendo contodi diversi fattori di confondimento.Risultati. Nel periodo in studio sono avvenute 45 006 mortiper cause naturali (33% cardiovascolari, 5% respiratorie, 3.3%diabete, 12% cancro al polmone). L’esposizione media <strong>del</strong>lapopolazione è stata di 23 µg/m 3 (ds=4) per il PM2.5 and 44µg/m 3 (8) per l’NO 2 . La correlazione tra i due indicatori diesposizione era 0.75.E’ risultato un incremento di rischio di mortalità all’aumentare<strong>del</strong> livello di esposizione pari a 7% (IC95% 4%;9%) per10 µg/m 3 di incremento di PM2.5, e 9% (IC95% 6%;13%)per 10 µg/m 3 di incremento di NO 2 . La relazione tra esposizioneed esito è lineare, senza evidenza di soglie. L’associazionepiù forte è risultata quella tra esposizione e mortalità per malattiecardiovascolari e diabete.Conclusioni. Questo studio è uno dei più grandi studi di coorteeuropei sull’effetto <strong>del</strong>l’esposizione a PM2.5. I risultati indicanoche l’esposizione a lungo termine a PM2.5 e NO 2 allaresidenza è associata con la mortalità a Roma. Le stime <strong>del</strong>l’effettosono molto simili agli studi condotti in Nord America.35INTERVENTI DEL 118 E CONCENTRAZIONI DI PM10 INEMILIA-ROMAGNAAlessandrini E, 1,2 Zauli Sajani S, 1 Gasparrini A, 3 Marchesi S, 1 MiglioR, 2 Lauriola P 11 ARPA Emilia-Romagna, Direzione tecnica, Centro tematico regionaleambiente-salute; 2 Dipartimento di scienze statistiche, Università di Bologna;3 Department of social and environmental health research, Londonschool of hygiene and tropical medicine, London, United KingdomIntroduzione. Gli effetti a breve termine <strong>del</strong> particolato atmosfericosulla mortalità sono stati ampiamente dimostrati innumerosi studi. Studi multicentrici hanno trovato un’associazionepositiva tra particolato e incrementi <strong>del</strong>la mortalità emorbilità non specifica e causa-specifica (respiratoria e cardiovascolare).Obiettivi. Per esaminare l’impatto <strong>del</strong>l’inquinamento atmosfericosu eventi sanitari non fatali è stata analizzata per la primavolta la relazione dose-risposta degli interventi <strong>del</strong> servizio118 utilizzando un database disponibile in tempo reale sull’interaRegione Emilia-Romagna.Metodi. Sono stati raccolti i dati giornalieri degli interventi <strong>del</strong>servizio 118 per le persone di età superiore a 35 anni per sei capoluoghidi provincia <strong>del</strong>l’Emilia-Romagna (Bologna, Modena,Parma, Reggio Emilia, Piacenza, Ferrara) nel periodo2002-2006. In una prima fase <strong>del</strong>l’analisi sono stati impiegatimo<strong>del</strong>li di regressione di Poisson per stimare la relazione tra leconcentrazioni medie giornaliere di PM10 e interventi <strong>del</strong> 118,controllando per gli effetti di calendario e per l’influenza. Pertenere conto <strong>del</strong>l’effetto confondente <strong>del</strong>la temperatura apparentee correggere per trend e stagionalità <strong>del</strong>la serie, sono stateincluse nel mo<strong>del</strong>lo due spline naturali. Le stime città-specifi-25 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1che sono state ottenute per le patologie non traumatiche, cardiovascolarie respiratorie. Sono stati stimati gli effetti immediati(a lag 0) <strong>del</strong>l’inquinamento atmosferico ed è stato esploratol’andamento temporale degli effetti utilizzando i mo<strong>del</strong>lilineari a ritardi distribuiti (DLM) con lag fino al 30° giornosuccessivo all’esposizione.Nella seconda fase <strong>del</strong>l’analisi gli effetti città-specifici sono staticombinati in metanalisi a effetti fissi e casuali. Le stime metanalitichesono state successivamente utilizzate per ottenere unmeta-smoothing sull’intera popolazione in studio.E’ stata inoltre verificata la presenza di modificazione d’effetto<strong>del</strong>la stagione calda e fredda.Risultati. L’analisi a lag distribuiti ha evidenziato effetti maggiorinel giorno corrente <strong>del</strong>l’esposizione (lag 0) e decrescentinel tempo (vedi figura). La variazione percentuale <strong>del</strong> numerodi chiamate associata a un incremento di 10 µg/m 3 <strong>del</strong>le concentrazionidi PM10 a lag 0 per le patologie non traumaticheè 0.83% (IC95% 0.6;1.06). Per le patologie cardiovascolari erespiratorie gli incrementi sono rispettivamente di 0.29%(IC95% -0.12;0.71) e 0.23% (IC95% -0.21;0.67). Gli effettisono più elevati durante la stagione calda, in particolare a lag0 sono significativi per le patologie non traumatiche (2.33;IC95% 1.66;2.99) e per quelle cardiovascolari (1.42; IC95%0.24;2.6). Gli effetti overall su tutti i lag sono più elevati diquelli stimati a lag 0, per le patologie non traumatiche per tuttol’anno si ha infatti un incremento percentuale di 1.47%(IC95% 0.84;2.11), per quelle cardiovascolari di 1.73%(IC95% 0.05;3.14) e per quelle respiratorie di 2.28% (IC95%1.06;3.5).Conclusioni. Gli interventi <strong>del</strong> 118 mostrano una forte associazionecon il PM10, con effetti più elevati durante la stagionecalda. Gli effetti stimati sono simili a quelli trovati inprecedenti studi su dati di mortalità. Gli interventi <strong>del</strong> 118sono quindi indicatori importanti per avere una visione piùampia degli effetti <strong>del</strong>l’inquinamento atmosferico sulla saluteed eventualmente per allestire sistemi di sorveglianza intempo reale.49INTERAZIONE TRA OZONO ED ELEVATE TEMPERATURESULLA MORTALITÀ GIORNALIERA ED ETEROGENEITÀ SPA-ZIALE DEGLI EFFETTI DELL’OZONO NELL’AREA URBANA DIROMAStafoggia M, 1 de’ Donato F, 1 Faustini A,1 Michelozzi P, 1 Gariazzo C, 2Sozzi R, 3 Forastiere F 11 Dipartimento di epidemiologia, Servizio sanitario regionale <strong>del</strong> Lazio,Roma; 2 Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro(INAIL, ex ISPESL), Roma; 3 Agenzia regionale per la protezione ambientale<strong>del</strong> Lazio (ARPA Lazio), Regione Lazio, RomaIntroduzione. Gli effetti avversi <strong>del</strong>l’ozono e <strong>del</strong>le elevate temperaturesulla mortalità sono ben noti in letteratura. Tuttavia,non è ancora chiaro se le due esposizioni agiscano indipendentementeoppure esercitino un effetto sinergico sulla salute.Inoltre, la distribuzione spaziale degli effetti <strong>del</strong>l’ozono nellearee urbane non è mai stata esplorata.Obiettivi. Il presente studio si propone di studiare nella cittàdi Roma: 1) la modificazione d’effetto <strong>del</strong>le elevate temperatureestive sulla relazione ozono-mortalità; 2) l’eterogeneità spaziale<strong>del</strong>l’associazione ozono-mortalità con riferimento allatemperatura media di superficie e ai livelli medi spaziali diozono estivo massimo.Metodi. La popolazione in studio è costituita da tutti i soggettidi età 65+ anni, residenti a Roma all’interno <strong>del</strong> grande raccordoanulare e deceduti a Roma nel 2001-2009, aprile-settembre,per cause naturali. Dal sistema informativo di mortalitàè stata estratta l’informazione sul luogo <strong>del</strong> decesso, peridentificare i soggetti deceduti a casa. L’ARPA Lazio ha fornitoi dati relativi alle concentrazioni massime giornaliere a 8 ore diozono. I dati meteorologici di temperatura e umidità sono statirilevati dall’Aeronautica militare, e combinati nel parametro ditemperatura apparente media giornaliera. Relativamente aiparametri spaziali, è stato costruito un indicatore a due classidi isola di calore a livello di sezione di censimento a partire daidati satellitari AATSR, mentre la distribuzione spaziale <strong>del</strong>l’ozonoestivo è stata ottenuta, per ogni sezione di censimento,a partire dai mo<strong>del</strong>li di dispersione prodotti dall’ARPA Lazioper gli anni 2005-2006, aprile-settembre, e classificata in duelivelli, sotto e sopra il valore mediano. Abbiamo effettuato unaanalisi case-crossover per stimare l’effetto <strong>del</strong>l’ozono sulla mortalitànell’intera popolazione, per livelli di temperatura apparentemedia giornaliera, e in base agli indicatori di isola di caloree ozono spaziale. Le stesse analisi sono state ripetute perla sola popolazione deceduta a casa. Inoltre, i risultati sono statistandardizzati per età e stato socioeconomico <strong>del</strong>la sezione dicensimento.Risultati. Nel periodo in studio si sono verificati 64 406 decessi,di cui 17 692 avvenuti a casa. Circa il 45% di soggettideceduti risiedeva in zone con temperatura media al suolo elevata,il 55% in zone a elevato ozono spaziale, il 30% in zonecaratterizzate da elevati livelli di entrambi i fattori. Percentualianaloghe si sono riscontrate nella popolazione deceduta a casa.L’effetto totale <strong>del</strong>l’ozono era elevato (lag 0-3, incremento %26 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEObiettivo. Quantificare il numero di casi attribuibili all’inquinamentoatmosferico nella Regione Piemonte, considerandocome indicatori le medie annuali di PM10 e di PM2.5,per ciascun scenario di qualità <strong>del</strong>l’aria previsto.Metodi. Sono state effettuate simulazioni dal Dipartimento diqualità <strong>del</strong>l’aria di ARPA Piemonte, per valutare la diminuzionedi particolato in corrispondenza a diversi ipotesi di intervento(quali blocco <strong>del</strong> traffico ai mezzi pesanti, eliminazionedi tutte le fonti non rinnovabili per il riscaldamentoeccetto il metano ecc.). Tali scenari sono stati considerati sututto il Piemonte, sia nelle zone urbane sia in quelle rurali.Sono stati stimati i casi attribuibili, che possono essere prevenutiriducendo i livelli di esposizione <strong>del</strong>la popolazione a particolato,per diverse soglie assunte come obiettivi di potenzialeriduzione (diversi counterfactual).Insieme agli scenari, quindi, per valutare gli effetti sulla salutesono stati definiti: le curve dose-risposta desunte dalla letteraturaepidemiologica, la dimensione <strong>del</strong>la popolazione e la frequenzacon la quale la popolazione si ammala o decede di base(baseline). Tali informazioni sono poi combinate per eseguireil calcolo <strong>del</strong>la frazione attribuibile di popolazione.Al momento è concluso uno studio pilota effettuato sulla cittàdi Torino per il periodo dall’1 gennaio 2005 al 31 dicembre2007, in cui sono state scelte come soglie per il PM10 un valoredi 40 µg/m 3 (che rappresenta il valore vincolante <strong>del</strong>lanormativa da raggiungere come media annuale) e un valore di20 µg/m 3 , che rappresenta il valore da raggiungere secondol’OMS per la tutela <strong>del</strong>la salute. Soglie equivalenti sono statescelte per il PM2.5. In tale studio pilota sono stati scelti duescenari semplificati; nel primo si è considerato come valoremedio cittadino, quello derivante da una stazione da trafficoposta in area urbana (Consolata) e un punto di misura residenziale,di background (Gaidano – Rubino), nel secondo scenariosi è considerata la sola stazione di background come mediasu tutta la città.Risultati. Se si considerano gli effetti a breve termine, i risultatipreliminari sull’area urbana di Torino mostrano che a unmiglioramento <strong>del</strong> livello medio di PM10 di circa 10 µg/m 3(passando da 57 µg/m 3 a 47 µg/m 3 e scegliendo come counterfactualil valore di 40 µg/m 3 ), si può attribuire un decrementoatteso di circa lo 0.70% dei decessi annuali, passandoda 1.16% (IC 0.67%;1.65%) a 0.48% (IC 0.28%;0.69%).Nello stesso scenario, per le cause cardiache la percentuale dicasi attribuibili al PM10 passa dallo 0.43% (IC 0.17%;0.63%)allo 0.17% (IC 0.07%;0.27%), mentre per le cause respiratoriesi passa dallo 0.19% (0.07%;0.32%) allo 0.08%(0.03%;0.13%).Tali risultati cambiano se si considera come counterfactual il valoredi 20 µg/m 3 , per il quale la percentuale di decessi attribuibiliall’inquinamento è di circa 1.84% (1.07%;2.60%). I risultatiper l’intera Regione sono in corso di analisi e sarannodisponibili alla fine di ottobre 2011.Conclusioni. Lo studio pilota effettuato sulla città di Torino, hapermesso di quantificare la percentuale di decessi per cause naturali,malattie cardiache e respiratorie, attribuibili all’inquinae&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1da patologie respiratorie croniche siano suscettibili ai danni degliinquinanti atmosferici più <strong>del</strong>la popolazione generale. Tuttaviapochi studi hanno confrontato i soggetti affetti da broncopneumopatiacronico-ostruttiva (BPCO) e quelli che nonsoffrono <strong>del</strong>la malattia.Obiettivi. Abbiano condotto uno studio per valutare gli effetti<strong>del</strong>l’inquinamento atmosferico sulla mortalità giornaliera insoggetti con e senza BPCO, nella città di Roma.Metodi. Abbiamo identificato una coorte dinamica di soggettidi 35+ anni, residenti a Roma con BPCO, utilizzando i registri<strong>del</strong>le dimissioni ospedaliere (1998-2005) e <strong>del</strong>le prescrizionifarmaceutiche (2005-2009). I decessi dei soggetti di 35+anni, residenti a Roma, non affetti da BPCO sono stati identificatidal registro di mortalità <strong>del</strong>la popolazione; la BPCO èstata esclusa utilizzando tutti i database sanitari. Il follow-updi mortalità è durato dal 31 gennaio 2005 al 31 dicembre2009. Gli effetti degli inquinanti atmosferici (PM10, PM2.5,NO 2 e ozono) sono stati stimati mediante approccio casecrossover;il confronto <strong>del</strong>le stime nei gruppi con e senza BPCOsi è basato sul test di modificazione d’effetto relativa.Risultati. Ci sono stati 16 177 decessi per cause naturali tra i147 541 soggetti BPCO arruolati dalle dimissioni ospedaliere(23%) e dalle prescrizioni farmaceutiche (77%). I decessi nellapopolazione non-BPCO (1 710 557 soggetti) sono stati 84974. L’effetto <strong>del</strong> PM10 sulla mortalità naturale è stato cinquevolte più elevato nei soggetti BPCO (3.5%; da -0.1 a 7.2) chenei non-BPCO (0.7%; da -0.8 a 2.2), suggerendo una differenza<strong>del</strong>l’effetto tra i due gruppi (p-value REM=0.16). L’incrementodi rischio più elevato nei BPCO si è osservato per lamortalità respiratoria, per aumento <strong>del</strong>le concentrazioni diPM2.5 e NO 2 (11.6%; 2.0-22.2 e 19.6%; 3.5-38.1, rispettivamente).Nei non-BPCO l’incremento <strong>del</strong>la mortalità, a paritàdi esposizione, era più contenuto (4% e 3%, rispettivamente),con una differenza suggestiva di modificazioned’effetto per l’NO 2 (p-value REM=0.13).Conclusioni. E’ stato confermato un incremento più elevato<strong>del</strong>la mortalità nei soggetti BPCO rispetto ai non-BPCO peresposizione agli inquinanti atmosferici. La differenza di rischiotra i due gruppi indica una modificazione <strong>del</strong>l’effetto <strong>del</strong> PM10e <strong>del</strong>l’NO 2 che potrebbe essere spiegata da una maggiore suscettibilitàdei soggetti BPCO agli inquinanti atmosferici.252SCENARI DI QUALITÀ DELL’ARIA IN REGIONE PIEMONTE EIMPATTO SULLA SALUTEGandini M, Berti G, Cadum EDipartimemento tematico di epidemiologia ambientale,ARPA PiemonteIntroduzione. Negli ultimi anni si è diffusa la mo<strong>del</strong>listica previsionaledi potenziali scenari di qualità <strong>del</strong>l’aria a livello vasto(Provincia, Regione). Sono poche le valutazioni <strong>del</strong>l’impattosulla salute dei possibili scenari previsionali. Nella Regione Piemonteè in corso la costruzione di scenari differenziati sulla basedi scelte strategiche, per i quali sono state definite anche le ricadutesulla salute umana.28 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1tensità <strong>del</strong> traffico in prossimità <strong>del</strong>le abitazioni. Sono stateidentificate tre aree con valori di traffico medio giornaliero differenti:area A (zona ovest <strong>del</strong>la città: 14.8% dei soggetti); areaB (centro urbano: 53.7%); area C (confini intorno al centrourbano, a Nord e Sud rispetto all’area B: 31.5%).Risultati. I tassi di prevalenza di sintomi e funzionalità respiratoriasono stati: fischi, 15.8% nell’area A, 22.1% nell’area Be 23.3% nell’area C (p=0.02); asma, 8.1% nell’area A, 12.4%nell’area B e 13% nell’area C (p=0.068); funzionalità polmonareridotta, 1.7% nell’area A, 4.1% nell’area B e 5.2% nell’areaC (p=0.037). In un mo<strong>del</strong>lo di regressione logistica, gliodds ratios (OR), con intervalli di confidenza al 95%, calcolatiusando l’area A come gruppo di riferimento e aggiustati persesso, storia familiare di asma, esposizione a fumo passivo incasa, presenza di muffe e umidità, sensibilizzazione atopica epresenza di rinocongiutivite, sono i seguenti: la residenza nell’areaB è risultata fattore di rischio significativo per fischi(OR=1.66, IC95% 1.17;2.36), asma (OR=1.83, IC95%1.15;2.91) e funzionalità respiratoria ridotta (OR=2.71,IC95% 1.06;6.89). I valori di OR corrispondenti per la residenzanell’area C sono: 1.66 (IC95% 1.16;2.40), 1.72 (IC95%1.06;2.80) e 3.42 (IC95% 1.32;8.84), rispettivamente.Conclusioni. Lo studio mostra come i bambini esposti a livellielevati di traffico veicolare in prossimità <strong>del</strong>le abitazioni di residenzapresentano un rischio maggiore per asma, sintomi respiratorie ridotta funzionalità polmonare.30 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione Parallela8 NOVEMBREQualità <strong>del</strong>l’assistenza 1Moderatori:Danilo Fusco, Carlo Senore66I DATI DEL NUOVO FLUSSO INFORMATIVO RAD-ESITODELLA REGIONE LAZIOSorge C, 1 Mayer F, 1 Asta F, 1 Arcà M, 1 Fusco D, 1 Ventura M, 1 PerucciCA, 2 Davoli M 11 Dipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> Servizio sanitario regionale <strong>del</strong>Lazio; 2 Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionaliIntroduzione. I dati dei sistemi informativi sanitari costituisconosempre più spesso la base informativa per studi osservazionalidi valutazione <strong>del</strong>l’efficacia e appropriatezza dei trattamenti,e per la valutazione comparativa di esito dei soggettierogatori. Al fine di aumentare la capacità predittiva dei mo<strong>del</strong>lidi risk-adjustment utilizzati negli studi di esito, migliorarela definizione operativa di alcuni esiti e distinguere le comorbiditàpresenti al momento <strong>del</strong> ricovero dalle complicanzesuccessive, nel luglio 2008 è stato avviato nel Lazio il flusso integrativoRAD-Esito che prevede l’integrazione <strong>del</strong> debito informativoSIO con alcune informazioni aggiuntive, che si ritienepossano meglio descrivere la gravità “a priori” dei pazientiricoverati per una <strong>del</strong>le seguenti patologie/condizioni: infartoacuto <strong>del</strong> miocardio (IMA); frattura <strong>del</strong> collo <strong>del</strong> femore(FCF); intervento di bypass aorto-coronarico (BPAC).Obiettivi. Valutare il contributo <strong>del</strong>le variabili cliniche di gravitàacuta in caso di IMA e FCF nella valutazione comparativadi esito tra strutture.Metodi. La popolazione in studio è costituita dai ricoveri perIMA e FCF avvenuti nel Lazio nel 2010. Per ciascuna condizionesono stati calcolati la copertura <strong>del</strong>la rilevazione RAD-Esito, le percentuali di malattie croniche indicate come nonpresenti all’accettazione e di dati mancanti sulle variabili clinicheaggiuntive, per singola struttura ospedaliera e per l’interaregione.E’ stato poi investigato il ruolo <strong>del</strong>le variabili di gravità acutarilevate dal RAD-Esito in caso di IMA (pressione arteriosa sistolicaall’arrivo in ospedale) e di FCF (tempo di protrombina)come predittori, rispettivamente, <strong>del</strong>la proporzione di pazientitrattati con PTCA entro 6 ore dall’accesso in pronto soccorsoe <strong>del</strong>la proporzione di interventi di sostituzione protesica o riduzionedi frattura, entro 48 ore dall’accesso in pronto soccorso.Entrambi gli indicatori sono stati calcolati utilizzandol’informazione aggiuntiva sull’ora esatta di esecuzione <strong>del</strong>l’intervento.Attraverso mo<strong>del</strong>li di regressione logistica sono staticalcolati gli odds ratio (OR) grezzi e aggiustati per le patologieconcomitanti significativamente associate agli esiti, identificatenelle SDO dei due anni precedenti e le proporzioni aggiustatedei due esiti in studio in ciascuna struttura. Il poterediscriminante <strong>del</strong>le variabili di gravità è stato valutato attraversola variazione <strong>del</strong>l’area sottesa alla curva ROC (AUC).Risultati. Per le due condizioni in studio si osservano nel 2010un alto livello di copertura (circa 95%) e una buona qualità deidati raccolti, seppure con qualche lacuna per alcune strutture.Considerando le strutture con copertura ≥75%, la proporzionedi pazienti trattati con PTCA entro 6 ore dall’accesso in prontosoccorso è <strong>del</strong> 39.3%, mentre la proporzione di interventi entro48 ore dopo FCF è <strong>del</strong> 15%.Le variabili di gravità acuta rilevate dal RAD-Esito risultano associateagli esiti in studio (IMA: OR agg =1.63, LC95%1.32;2.03 - FCF: OR agg =0.57, LC95% 0.45;0.73). L’AUCpassa da 0.658 a 0.664 per l’IMA e da 0.552 a 0.575 per laFCF, indicando un miglioramento, seppur lieve, <strong>del</strong>la capacitàpredittiva dei mo<strong>del</strong>li.Pur considerando nel mo<strong>del</strong>lo di aggiustamento i fattori di gravitàacuta, fortemente associati all’esito, non si osservano variazionirilevanti nel ranking <strong>del</strong>le strutture sanitarie per questidue indicatori. Tali fattori di gravità risultano infattiomogeneamente distribuiti tra le strutture.Conclusioni. Dallo studio si evince che le informazioni rilevatecon il flusso sistematico integrativo a campi variabili possonoessere utilizzate nelle valutazioni comparative di esito poichémigliorano la definizione di alcuni esiti e la capacità esplicativadei mo<strong>del</strong>li di risk-adjustment, pur non avendo effetto, nel2010, sul ranking <strong>del</strong>le strutture. Analoghe analisi saranno realizzateper valutare i vantaggi <strong>del</strong>l’inclusione nei mo<strong>del</strong>li <strong>del</strong>lecondizioni acute, indicate come presenti all’ammissione.92DONNE E SCREENING MAMMOGRAFICO: SONO PRESENTIDISEGUAGLIANZE DI ACCESSO PER RIPARTIZIONE GEO-GRAFICA E DETERMINANTI SOCIOECONOMICI? I DATI DELSISTEMA DI SORVEGLIANZA PASSI 2007-09Bertozzi N, 1 Carrozzi G, 2 Bolognesi L, 2 Sampaolo L, 2 Vallicelli G, 1 BaldisseraS, 3 Campostrini S, 4 D’Argenzio A, 5 Fateh Moghadam P, 6 Fer-31 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1rante G, 3 Minardi V, 3 Possenti V, 3 Quarchioni E, 3 Trinito MO, 7 VasselliS, 8 Salmaso S 31 Dipartimento di sanità pubblica,AUSL Cesena; 2 Dipartimento di sanitàpubblica,AUSL Modena; 3 CNESPS, Istituto superiore di sanità, Roma; 4 Dipartimentodi statistica, Università Cà Foscari, Venezia; 5 Dipartimentodi prevenzione, ASL Caserta 2; 6 Servizio educazione alla salute, APSSTrento; 7 Dipartimento di prevenzione, AUSL Roma C; 8 Direzione generalePrevenzione sanitaria, Ministero <strong>del</strong>la saluteIntroduzione. Per la prevenzione <strong>del</strong> tumore <strong>del</strong>la mammella,prima causa di mortalità da tumore nelle donne, le linee guidaeuropee e nazionali raccomandano l’esecuzione di una mammografiaogni due anni nelle donne 50-69enni. Secondo i dati<strong>del</strong>l’Osservatorio nazionale screening, in Italia nel 2009 l’estensioneeffettiva dei programmi di screening mammografico èstata pari al 71% <strong>del</strong>la popolazione target, con un rilevante gradienteNord-Sud.Obiettivi. Valutare nella popolazione target per lo screeningmammografico (donne 50-69enni) la presenza di diseguaglianzedi accesso relativamente alla ripartizione geografica diresidenza e allo stato socioeconomico.Metodi. Dati raccolti dal sistema di sorveglianza PASSI neltriennio 2007-09 tramite interviste telefoniche mensili, condottecon questionario standardizzato da personale <strong>del</strong>le ASL,specificamente formato, a residenti 18-69enni estratte dalle listeanagrafiche sanitarie con campionamento casuale stratificatoper sesso ed età.21 Regioni/PA partecipanti; 18 764 donne 50-69enni intervistate(tasso risposta 88%, rifiuti 9%). Si sono considerate“Regioni con screening organizzato e funzionante” quelle nellequali almeno il 75% <strong>del</strong>le donne intervistate ha riferito di averricevuto la lettera di invito <strong>del</strong>l’ASL.Analisi su dati pesati <strong>del</strong> pool nazionale (153 ASL, 94% <strong>del</strong> totale),testando le associazioni tra variabili in studio con regressionelogistica.Risultati. Delle 18 764 donne 50-69enni intervistate neltriennio 2007-09, il 68.9% (IC95% 68.0;69.8) ha riferito diaver eseguito una mammografia preventiva negli ultimi 2anni; l’esecuzione è significativamente più alta al Nord(79.6%, IC95% 78.7;80.6) e al Centro (74.8%, IC95%73.0;76.4) rispetto al Sud (49.4%, IC95% 47.3;51.4). Si osservaun’associazione tra esecuzione <strong>del</strong>la mammografia nei 2anni e stato socioeconomico: la prevalenza di mammografiaè minore nelle donne con basso titolo di studio (65.9% vs.74.3%) e difficoltà economiche (63.6% vs. 76.8%); le differenzeper titolo di studio e difficoltà economiche si sono osservatein ogni classe d’età (50-59 anni e 60-69 anni) e nelletre ripartizioni geografiche.Nelle Regioni con un’alta presenza di programmi di screeningorganizzati e sufficientemente funzionanti (prevalentemente leregioni centro-settentrionali) l’esecuzione <strong>del</strong>l’esame è significativamentepiù alta (79% vs. 57%, p


SESSIONI PARALLELEe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1mone che hanno avuto un accesso alla rete oncologica è aumentatodal 3.3% (2004, anno di avvio dei CAS e dei GIC)al 35% (2009). Non risultano essere fattori di inclusione/esclusioneall’accesso alla Rete il genere, il livello di istruzione e lacittadinanza. La probabilità di accesso alle visite CAS e/o allevisite GIC diminuisce in modo statisticamente significativo all’aumentare<strong>del</strong>l’età (p ≤0.001). Inoltre, a parità degli altri fattori,l’essere coniugato risulta essere un fattore di inclusione alleprestazioni ambulatoriali <strong>del</strong>la rete (OR=1.33; p ≤0.001). Ilpolo oncologico di residenza è associato all’accessibilità alla rete(coefficiente di correlazione intraclasse=0.09).Conclusioni. L’accesso alle prestazioni ambulatoriali offertedalla Rete oncologica <strong>del</strong> Piemonte e <strong>del</strong>la Valle d’Aosta è aumentatofino a stabilizzarsi a partire dal 2008. L’accessibilità allarete oncologica risulta essere condizionata da alcune caratteristichesociodemografiche quali l’età e lo stato civile, ma non daaltre caratteristiche sociodemografiche.Figura 1. Percentuale di accessi alla rete oncologica.69TERAPIA FARMACOLOGICA EVIDENCE-BASED DOPO IN-FARTO MIOCARDICO ACUTO: DIFFERENZE GEOGRAFICHEA ROMA E NEL LAZIOKirchmayer U, Bauleo L, Di Martino M, Agabiti N, Belleudi V, FuscoD, Davoli MDipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> Servizio sanitario regionale, RegioneLazioIntroduzione. Le linee guida basate su evidenze (EB) relativealla prevenzione secondaria dopo infarto miocardico acuto(IMA) prevedono il trattamento con polifarmacoterapia, compostada antiaggreganti, beta-bloccanti, ACE-inibitori/sartanie statine. In un’analisi precedente sono state evidenziate differenzedi aderenza a tale terapia per genere ed età nella RegioneLazio, mentre non sono ancora state valutate le differenzegeografiche.Obiettivi. Stimare la prevalenza d’uso <strong>del</strong>la polifarmacoterapiaEB in una coorte di pazienti dimessi dopo IMA e valutare lapresenza di differenze geografiche <strong>del</strong>l’aderenza.Metodi. Dal sistema informativo ospedaliero è stata arruolatauna coorte di pazienti residenti nel Lazio e dimessi dopo IMAnel periodo 2006-2007. Sono stati selezionati solo i pazientiche durante il periodo di follow-up, definito come i primi 6mesi dopo la dimissione, non fossero deceduti o riammessi inospedale (N=3 363). L’esposizione è stata definita dalla residenzaalla dimissione in uno dei distretti sanitari (19 a Romae 33 nel resto <strong>del</strong> Lazio). L’esito era il consumo di polifarmacoterapiaEB. Dal registro <strong>del</strong>le prescrizioni territoriali di farmacisono stati rintracciate le prescrizioni di ogni gruppo(ATC B01AC04-06: antiaggerganti, ATC C07: beta-bloccanti,ATC C09: ACE-inibitori/sartani e ATC C10AA: statine)con un cut-off di almeno due prescrizioni durante il followup.Per ogni distretto è stata calcolata la percentuale di pazientiaderenti a polifarmacoterapia EB e i quintili <strong>del</strong>la distribuzionesono stati rappresentati in mappe geografiche.Risultati. Nel Comune di Roma l’aderenza a polifarmacoterapiaEB varia tra il 28 e il 64% e si osserva una eterogeneità <strong>del</strong>l’aderenzatra i distretti, con valori più alti nei distretti 5, 6, 15e 19 e più bassi nelle parti Sud e Sud-est <strong>del</strong>la città. Stratificandoi risultati per genere, si nota che le differenze sono piùevidenti nei maschi, con una variabilità tra il 27 ed il 71% chenelle femmine (variabilità 23-55%).Conclusioni. A Roma molti pazienti dimessi dopo IMA non ricevonopolifarmacoterapia EB, e l’aderenza è più alta tra gli uomini,confermando i risultati di una precedente analisi. Per entrambii generi si osserva una eterogeneità tra distretti sanitari,con i distretti con più alta aderenza che raggiungono valoridoppi rispetto ai distretti con minore aderenza. I risultati relativiai distretti <strong>del</strong>le province <strong>del</strong> Lazio verranno presentati nelconvegno AIE.9IDENTIFICAZIONE DELLA POPOLAZIONE A RISCHIO DI MO-RIRE PER L’ESPOSIZIONE A EVENTI SANITARI SIGNIFICA-TIVI: COSTRUZIONE E VALIDAZIONE DI UN MODELLO PRO-GNOSTICOPiatti A, Andreoni L, Russo AOsservatorio epidemiologico, Registro tumori e flussi <strong>del</strong>la ASL <strong>del</strong>laProvincia di MilanoIntroduzione. Negli ultimi anni mo<strong>del</strong>li predittivi e di prognosi,storicamente utilizzati in clinica, sono stati sviluppati anchein sanità pubblica per identificare i soggetti più a rischiodi esposizione a eventi sanitari significativi; il “LACE Index”,sviluppato dal NHS e rivisto da Wales, è un mo<strong>del</strong>lo validatoper individuare i pazienti più a rischio di morire o essere riammessiin ospedali dopo un ricovero. Altri mo<strong>del</strong>li predittivisono stati sviluppati in diversi Paesi per orientare gli interventidi prevenzione mirati a ridurre la mortalità a seguito <strong>del</strong>le ondatedi calore. Per poterne estendere l’uso anche ad altri contesti,l’adozione di mo<strong>del</strong>li predittivi nella popolazione richiedeuna validazione temporale e, auspicabilmente, unavalidazione esterna, a oggi poco praticata.Obiettivo. Costruire e validare un mo<strong>del</strong>lo predittivo in grado33 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1di misurare la probabilità che si verifichi un evento sanitariosignificativo (ricovero o decesso) in modo da permettere la stratificazionedei pazienti per livello di rischio e attivare le adeguatemisure preventive, attraverso il case finding e la graduazione<strong>del</strong>l’intensità <strong>del</strong>l’intervento.Metodi. Per la costruzione <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo è stato avviato un processodi integrazione <strong>del</strong>le fonti dati amministrative attualmentedisponibili in ASL. In particolare, è stato effettuato unrecord linkage tra anagrafe degli assistiti, e flussi <strong>del</strong>le dimissioniospedaliere, esenzioni, invalidità e farmaceutica. Sulla base<strong>del</strong>la condizione patologica di ogni assistito ultrasettantacinquenneè stato costruito un mo<strong>del</strong>lo prognostico che stima unrischio di morire articolato su quattro livelli utilizzando fattoriprognostici sfavorevoli individuati in letteratura:■ rischio nullo (R0): assenza di condizioni patologiche specifiche;■ rischio basso (R1): esenzione per patologia non specifica oinvalidità;■ rischio medio (R2): esenzione per demenze e/o consumo assiduofarmaci che influiscono sul sistema nervoso quali antiepilettici,antiparkinsoniani, psicolettici e psicoanalettici (ATCN03-N06);■ rischio alto (R3): ricoveri specifici (obesità, plegie, amputazioni,trapianti, coma o sclerosi, Parkinson o dialisi) e/o ricoveriper più di 4 giorni nell’anno precedente.La validazione interna <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo è stata eseguita comparandoil mo<strong>del</strong>lo in diverse selezioni temporali e in momenti diemergenza, come l’ondata di calore <strong>del</strong> 2003 e di estremofreddo nell’inverno 2005, con l’utilizzo di mo<strong>del</strong>li di regressionelogistica non condizionata.Risultati. La popolazione ultrasettantacinquenne <strong>del</strong>l’ASLMI 1 è negli anni considerati di circa 60 000 soggetti che secondoil mo<strong>del</strong>lo proposto sono per il 25% a R0, 40% a R1,12% a R2 e 19% a R3.Durante l’onda di calore <strong>del</strong> 2003 il rischio di morire dei soggettiidentificati come R1 rispetto a R0 era di 1.3, R2 eracirca il doppio e R3 di 7.1 volte superiore rispetto ai soggettia rischio basale. Situazione similare considerando il periodoinvernale <strong>del</strong> 2005, caratterizzato da temperature molto inferiorialla norma: il rischio di morire dei soggetti identificatiR1 rispetto a R0 era di 1.4, R2 era circa il doppio e R3 di 6.7volte superiore rispetto ai soggetti a R0. Tra i fattori prognosticipiù forti (in termini forza <strong>del</strong>l’associazione) figuranol’uso di farmaci e aver avuto un ricovero rilevante (>4 giorni)nell’anno precedente. La validazione su coorte indipendenteè in corso.Discussione. A fronte <strong>del</strong> costante incremento <strong>del</strong>la popolazioneanziana e di emergenze di diversa natura, come quelle climatichee infettivologiche, si rendono necessari strumenti checonsentano di identificare puntualmente e tempestivamentetarget che possano beneficiare di specifici interventi di prevenzione.Il mo<strong>del</strong>lo proposto si basa su dati sanitari correntie costituisce una buona base di partenza per poter affinare altrimo<strong>del</strong>li a seconda <strong>del</strong>le informazioni sull’emergenza a nostradisposizione.82I DETERMINANTI L’ACCESSO AL MEDICO DI MEDICINAGENERALE IN ITALIA: I DATI DELL’INDAGINE ISTAT “SALUTE2005”Rusciani R, Marino M, Gnavi R, Spadea T, Migliardi A, Costa GServizio di epidemiologia, ASL TO3, Regione PiemonteIntroduzione. Secondo la letteratura scientifica internazionalel’accesso alla “primary care” è influenzato da fattori legati a problemidi salute, a caratteristiche demografiche, socioeconomiche,<strong>del</strong>la rete familiare e amicale, ad aspetti psicologici e a barrieredi accesso. Esistono invece pochi studi a livello nazionaleche descrivano le caratteristiche demografiche e sociali <strong>del</strong>l’utenzapiù assidua <strong>del</strong> medico di medicina generale (MMG)e che identifichino i determinanti <strong>del</strong>l’accesso.Obiettivi. Descrivere le caratteristiche <strong>del</strong>la popolazione che ricorreal MMG per modalità e intensità di frequenza e identificarei principali determinanti l’accesso, con particolare riferimentoalla popolazione con una più elevata intensità difrequenza nel ricorso al MMG.Metodi. Lo studio ha utilizzato i dati <strong>del</strong>l’indagine campionariaIstat “Condizione di salute e ricorso ai servizi sanitari.Anno 2005”, dalla quale sono stati selezionati tutti i soggettidi età maggiore o uguale a 20 anni. La popolazione è stata stratificata,in base alla risposta riferita alle 4 settimane precedentil’intervista, in:■ soggetti che hanno frequentato lo studio <strong>del</strong> MMG unavolta;■ soggetti che hanno frequentato lo studio <strong>del</strong> MMG più diuna volta e definiti come “frequent attenders” (FA);■ soggetti che hanno frequentato almeno una volta un medicospecialista, senza aver frequentato il MMG;■ soggetti che non hanno effettuato alcuna visita medica.Di questi 4 gruppi, vengono descritte le caratteristiche sociodemografiche(sesso, età, stato civile, tipologia familiare, livellodi istruzione, condizione occupazionale), il profilo di salute (salutepercepita, presenza di malattie croniche, disabilità), gli stilidi vita (fumo, obesità e attività fisica) e il ricorso ai servizi sanitari(ricoveri, farmaci, accertamenti diagnostici, riabilitazionee assistenza territoriale), stratificate per sesso e ripartizionegeografica.Per l’analisi dei determinanti l’accesso al MMG sono stati calcolatigli OR, utilizzando due mo<strong>del</strong>li logistici multivariati: ilprimo confrontando chi ha effettuato almeno una vista dalMMG con chi non ha realizzato alcuna visita nell’ultimomese; il secondo ha confrontato i FA con chi ha dichiarato diavere effettuato solo una visita nell’ultimo mese.Risultati. Nel 2005, il 12% degli Italiani ha effettuato una visitadal MMG nel mese precedente l’intervista, il 6% più diuna visita generica (FA), il 10% una visita specialistica (senzavisita dal MMG) e il restante 72% nessuna visita.In entrambi i sessi, il rischio di un maggior ricorso al MMGè più elevato nelle regioni <strong>del</strong> Sud e nelle Isole rispetto all’area<strong>del</strong> Nord-ovest (uomini: OR 1.8 per le Isole e 1.7 per il Sud;donne: OR 1.7 per le Isole e 1.6 per il Sud). L’alta frequenza34 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1di accesso all’ambulatorio <strong>del</strong> MMG è correlato ad alti indicidi cronicità (OR 3.0 in entrambi i sessi) e a bassi indici di salutefisica e psicologica rilevati con la scala SF-12.Controllando per caratteristiche di salute, l’accesso e l’uso piùfrequente <strong>del</strong>l’ambulatorio <strong>del</strong> MMG sono associati, negli uomini,alla condizione di disoccupazione (OR 1.2), di redditoinsufficiente (OR. 1.2) e di un basso livello di istruzione (OR1.2); nelle donne, all’essere monogenitore (OR 1.2) e in possessodi un basso titolo di studio (OR 1.2).Conclusioni. In Italia, al netto <strong>del</strong>le condizioni di salute, i fattoridi svantaggio sociale influenzano l’accesso al MMG. Esisteun gradiente geografico Nord-Sud nelle diverse modalità diutilizzo <strong>del</strong> medico, che colloca gli abitanti <strong>del</strong>le Isole e <strong>del</strong> Suda maggior rischio di elevata frequenza di accesso al MMG.Per i limiti caratteristici degli studi cross-sectional, non è possibileapprofondire aspetti diacronici <strong>del</strong>la relazione fra le variabiliconsiderate nei mo<strong>del</strong>li.21LA POSIZIONE SOCIOECONOMICA È UN DETERMINANTEDELL’USO DI FARMACI RESPIRATORI IN PAZIENTI ADULTIDIMESSI DOPO BPCO RIACUTIZZATA? UNO STUDIO DICOORTE A ROMABauleo L, 1 Agabiti N, 1 Kirchmayer U, 1 Belleudi V, 1 Di Martino M, 1Pinnarelli L, 1 Pistelli R, 2 Colamesta V, 2 Fusco D, 1 Davoli M 11 Dipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> Servizio sanitario regionale <strong>del</strong>Lazio; 2 Servizio di fisiopatologia respiratoria, Complesso integrato Columbus,Università cattolica S. Cuore, RomaIntroduzione. La bronco-pneumopatia cronica ostruttiva(BPCO) è tra le più importanti cause di mortalità e disabilitàed è più frequente tra gli strati sociali più svantaggiati. Le evidenzesul consumo di farmaci a livello di cure primarie e sull’aderenzaalle linee guida sono molto limitate. Nella fase stabile<strong>del</strong>la malattia sono raccomandati diversi farmaci inalatoriin grado di limitare l’aggravamento dei sintomi e il peggioramento<strong>del</strong>la funzione polmonare (fino a tre farmaci insieme),mentre altri farmaci hanno un’evidenza di efficacia più limitata(xantine).Obiettivi. 1) Descrivere la prevalenza d’uso di farmaci respiratoriin pazienti adulti dimessi dopo BPCO riacutizzata. 2)Valutare l’associazione tra posizione socioeconomica e consumodi farmaci.Metodi. Dall’archivio <strong>del</strong> Sistema informativo ospedaliero(SIO) <strong>del</strong> Lazio (anni 2005-2009) è stata identificata una coortedi pazienti con BPCO riacutizzata residenti a Roma di età45-65 anni (diagnosi principale ICD-9-CM 490, 491, 492,494, 496 o diagnosi principale condizioni correlate e BPCOin secondaria). E’ stata attribuita la gravità <strong>del</strong>la BPCO (pocovs molto grave) attraverso procedure di record-linkage con il registro<strong>del</strong>le prescrizioni farmaceutiche (FARM) (ossigenoterapianei 12 mesi precedenti) e con il SIO (presenza di diagnosidi BPCO riacutizzata, insufficienza respiratoria, procedureinvasive nei 12 mesi precedenti), e la tipologia di BPCO (enfisemasì/no) nel ricovero indice. Sono state definite condizionicroniche concomitanti, sulla base di informazioni nel ricoveroindice e nei ricoveri nei 9 anni pregressi.L’esposizione è la posizione socioeconomica (SEP) di ciascun paziente,desunta da un indicatore a 5 livelli (SEP-I alto, SEP-Vbasso) basato su dati aggregati <strong>del</strong>la sezione di censimento <strong>del</strong>laresidenza alla dimissione.La misura di esito è la prevalenza d’uso (%) nei 6 mesi successivialla dimissione dal ricovero indice (almeno una prescrizione)rintracciata da FARM (codici ATC).Le categorie di farmaci in studio sono: 1) almeno un farmacoinalatorio a lunga durata d’azione per via inalatoria (beta-2-agonisti long acting, tiotropio, cortisonici); 2) almeno un farmacoinalatorio a breve durata d’azione (short-acting); 3) treinalatori a lunga durata d’azione (triplice terapia long-acting);4) xantine.Attraverso una regressione logistica è stata testata l’associazionetra SEP e uso di farmaci tenendo conto di genere, età, patologieconcomitanti, tipologia e gravità <strong>del</strong>la BPCO.Risultati. Sono stati studiati 3 609 pazienti (62% uomini) conetà media 58.3 anni (SD: 5.5); il 56% appartiene ai livelli SEPpiù bassi (IV e V). Il 92% dei pazienti presenta una BPCO conenfisema e il 16% viene classificato come molto grave. I livelliSEP più bassi hanno una maggiore presenza di patologie concomitanti,in particolare diabete, patologie cardiache croniche(incluso scompenso), psichiatriche e malattie <strong>del</strong> fegato. La prevalenzad’uso di farmaci è: almeno un inalatore long-acting=45,4%;almeno un inalatore short-acting=23,6%; tripliceterapia long-acting=19%; xantine=10%. Le persone di classe socialepiù svantaggiata hanno una maggiore probabilità di esseretrattate con farmaci respiratori (almeno un inalatorio: SEP-Vvs SEP-I OR agg =1.31, IC95% 1.03;1.65; short-actingOR agg =1.04, IC95% 1.03;1.81; triplice terapia long-actingOR agg =1.48, IC95% 1.09;2.02; xantine OR agg = 1.56, IC95%1.04;2.33).Conclusioni. Lo studio dimostra che la terapia inalatoria in pazientiadulti dimessi dopo una riacutizzazione BPCO tende aessere sottoutilizzata rispetto a quanto raccomandato dalle lineeguida. Il fatto che le persone di basso livello sociale sianopiù trattate potrebbe essere in relazione a un quadro clinico generalepiù grave e a un livello di ostruzione bronchiale più severa,elementi tuttavia limitatamente documentabili con i dati<strong>del</strong> SIO. L’eccesso di uso di oltre il 50% per le xantine suggeriscela possibilità di un overuse di farmaci meno appropriati acarico <strong>del</strong>le classi più svantaggiate.146VALUTAZIONE DELL’APPROPRIATEZZA PRESCRITTIVADOPO ANGIOPLASTICA PERCUTANEA SULLA BASE DEIDATI DEL REGISTRO DELLE PRESCRIZIONI FARMACEUTI-CHE NEL LAZIOPinnarelli L, Bauleo L, Kirchmayer U, Di Martino M, Cappai G, AgabitiN, Fusco D, Davoli MDipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> Servizio sanitario regionale <strong>del</strong>la RegioneLazio35 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Introduzione. I pazienti sottoposti a intervento di angioplasticacoronarica percutanea (PTCA) dopo la dimissione devono seguireuna terapia antiaggregante a lungo termine. Secondo lelinee guida <strong>del</strong> 2007 <strong>del</strong>l’American College of Cardiology(ACC) e <strong>del</strong>l’American Heart Association (AHA), i pazientisottoposti a PTCA devono essere trattati con clopidogrel perminimo 1 mese e fino a 12 mesi dopo la dimissione e con acidoacetilsalicilico indefinitamente (doppia antiaggregazione).Obiettivi. Stimare l’appropriatezza prescrittiva (doppia antiaggregazione)post PTCA attraverso i dati dei sistemi informativisanitari (SIS), come prima fase di un progetto finanziatodall’AIFA <strong>del</strong>la Regione Lazio che ha come obiettivola valutazione <strong>del</strong>l’appropriatezza prescrittiva post dimissionedai SIS e da dati clinici per i pazienti dimessi nel biennio2006-2007.Metodi. Il Sistema informativo ospedaliero è stato utilizzato perla selezione dei ricoveri di pazienti sottoposti a PTCA nel2007. Le prescrizioni di antiaggreganti presenti nel registro<strong>del</strong>le prescrizioni farmaceutiche territoriali (FARM) nei 12mesi successivi alla dimissione sono state associate con i ricoverimediante una procedura di record linkage deterministico.La terapia appropriata è stata definita come una doppia antiaggregazione(clopidogrel o ticlopidina + acido acetilsalicilico)con una dose giornaliera prescritta sufficiente a coprire il 75%<strong>del</strong> periodo di follow-up per il singolo paziente. I risultati sonostati stratificati per fascia di età (


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione Parallela8 novembreStili di vita e prevenzioneModeratori:Carla Bietta, Vittorio Demicheli93SCREENING CERVICALE E DISEGUAGLIANZE DI ACCESSOPER RIPARTIZIONE GEOGRAFICA E DETERMINANTI SO-CIOECONOMICI: I DATI DEL SISTEMA DI SORVEGLIANZAPASSI 2007-09Bertozzi N, 1 Carrozzi G, 2 Bolognesi L, 2 Sampaolo L, 2 Vallicelli G, 1 BaldisseraS, 3 Campostrini S, 4 D’Argenzio A, 5 Fateh Moghadam P, 6 FerranteG, 3 Minardi V, 3 Possenti V, 3 Quarchioni E, 3 Trinito MO, 7 VasselliS, 8 Salmaso S 31 Dipartimento di sanità pubblica,AUSL Cesena; 2 Dipartimento di sanitàpubblica,AUSL Modena; 3 CNESPS, Istituto superiore di sanità, Roma; 4 Dipartimentodi statistica, Università Cà Foscari, Venezia; 5 Dipartimentodi prevenzione, ASL Caserta 2; 6 Servizio educazione alla salute, APSSTrento; 7 Dipartimento di prevenzione, AUSL Roma C; 8 Direzione generaleprevenzione sanitaria, Ministero <strong>del</strong>la saluteIntroduzione. Per la prevenzione <strong>del</strong>la neoplasia <strong>del</strong>la cerviceuterina si raccomanda l’esecuzione di un Pap-test ogni 3 anninelle donne 25-64enni. Secondo i dati <strong>del</strong>l’Osservatorio nazionalescreening, in Italia nel 2009 l’estensione effettiva deiprogrammi organizzati di screening cervicale è risultata pari al66%, con un rilevante gradiente Nord-Sud. Nella diagnosi precocedei tumori cervicali è presente un rilevante ricorso alla prevenzioneindividuale.Obiettivi. Valutare nelle donne 25-64enni la presenza di diseguaglianzedi accesso allo screening cervicale relativamente a ripartizionegeografica di residenza e stato socioeconomico.Metodi. Si sono analizzati i dati <strong>del</strong> sistema di sorveglianzaPASSI 2007-09, raccolti tramite interviste telefoniche mensilieffettuate da personale <strong>del</strong>le ASL, specificamente formato,con questionario standardizzato, a residenti 18-69enni estrattedalle liste anagrafiche sanitarie con campionamento casualestratificato per sesso ed età.In particolare sono state intervistate 40 504 donne 25-64enni(tasso di risposta 88%, rifiuti 9%). Le analisi sono state condottesu dati pesati <strong>del</strong> pool nazionale (153 ASL, 94% <strong>del</strong> totale<strong>del</strong>le ASL italiane), testando le associazioni tra le variabiliin studio con regressione logistica.Risultati. Nel triennio 2007-09 il 73.8% (IC95% 73.2;74.4)<strong>del</strong>le donne 25-64enni intervistate ha riferito di aver eseguitoun Pap-test preventivo negli ultimi 3 anni: il 36.8% all’internodi uno screening organizzato, mentre il 37% come prevenzioneindividuale. La percentuale di donne che riferisce di aver eseguitol’esame è significativamente maggiore al Nord (82.8%,IC95% 82.1;83.4) e al Centro (79.9%, IC95% 78.8;80.8) rispettoal Sud (58.28%, IC95% 56.9;59.6). Le differenze tra leripartizioni geografiche sono essenzialmente legate all’esecuzione<strong>del</strong> Pap-test all’interno dei programmi organizzati discreening (Nord 43.1%, Centro 39.2% e Sud 25.2%), mentresono più contenute nella quota di prevenzione individuale(Nord 39.3%, Centro 39.9% e Sud 32.4%).Complessivamente la copertura <strong>del</strong> Pap-test è minore nelledonne con basso titolo di studio (68.7% vs. 77.3%) e inquelle con difficoltà economiche (69.9% vs. 79.9%). Il gradientesocioeconomico rilevato è presente in ogni ripartizionegeografica e nelle tre classi d’età (25-34, 35-49 e 50-64 anni).Le differenze per livello socioeconomico sono modeste tra ledonne che hanno eseguito il Pap-test all’interno <strong>del</strong>lo screeningorganizzato, mentre sono significativamente marcate tra ledonne che hanno eseguito l’esame al di fuori <strong>del</strong> programmaorganizzato in ogni classe d’età (-13% nelle donne con livellosocioeconomico basso rispetto a quelle con livello alto nella fascia25-34anni, -13.5% in quella 35-49 anni e -15.1% inquella 50-69 anni).La regressione logistica conferma come fattori predittivi significatividi adesione alle linee guida: la residenza al Centro-Nord (OR=2.42, IC95% 2.3;2.6), l’alto livello di istruzione(OR=1.37, IC95% 1.3;1.5) e l’assenza di difficoltà economiche(OR=1.2, IC95% 1.1;1.3); nell’analisi inoltre risultano fattoripredittivi significativi di esecuzione <strong>del</strong> Pap-test l’aver ricevutoil consiglio <strong>del</strong> medico (OR=3.4, IC95% 3.2;3.6) e lalettera di invito <strong>del</strong>la ASL, elemento caratteristico <strong>del</strong>lo screeningorganizzato (OR=2.04, IC95% 1.9;2.2).Conclusioni. Nell’esecuzione <strong>del</strong> Pap-test nei tempi raccomandatisi conferma la presenza di diseguaglianze nell’accessoper ripartizione geografica e determinanti socioeconomici. Iprogrammi di screening organizzato si mostrano più efficaci rispettoalla prevenzione individuale nell’aumentare l’adesionealle linee guida e nel ridurre le diseguaglianze di accesso legatea fattori socioeconomici. L’implementazione degli screening organizzatinelle Regioni <strong>del</strong> Sud può pertanto contribuire a ridurredifferenze territoriali ancora rilevanti.37 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 195RAPPORTO FRA PREVALENZA DELL’INFEZIONE E SPECIFI-CITA’ DEL TEST: IL CASO DEL PAPILLOMAVIRUS UMANO(HPV) PER LO SCREENING DEL CERVICOCARCINOMAGiorgi Rossi P, 1 Franceschi S, 2 Ronco G 31 Laziosanità, Agenzia di sanità pubblica, Regione Lazio, Roma; 2 Internationalagency for research on cancer, Lyon, France; 3 Centro per la prevenzioneoncologica (CPO), TorinoIntroduzione. Nella valutazione <strong>del</strong>l’accuratezza di un test diagnostico,la sensibilità e la specificità sono considerate caratteristicheintrinseche <strong>del</strong> test, indipendenti dalla prevalenza<strong>del</strong>la malattia, e di conseguenza, applicando il teorema di Bayes,il valore predittivo positivo (VPP) viene considerato unavariabile dipendente dalla prevalenza <strong>del</strong>la malattia. Sebbeneper molti test questa relazione sia stata verificata sperimentalmente,per altri test le relazioni fra specificità, prevalenza e VPPpossono essere differenti.Obiettivi. In questo studio si analizzano le relazioni fra questemisure di accuratezza e prevalenza nel caso <strong>del</strong>l’HPV test perceppi ad alto rischio nella ricerca <strong>del</strong>le lesioni neoplastiche dialto grado o più gravi <strong>del</strong>la cervice uterina (CIN2+). Questotest con questo target istologico è attualmente proposto per loscreening <strong>del</strong>la cervice uterina.Metodi. Dopo aver aggiornato una recente revisione sistematicasull’accuratezza <strong>del</strong> test HPV (Hybrid Capture 2, HC2)per le lesioni CIN2+ con tutti i lavori pubblicati fino a luglio2009, sono state effettuate due metaregressioni: una fra prevalenzadi infezioni HPV ad alto rischio e specificità <strong>del</strong> test euna fra prevalenza e VPP. Il reddito medio (basso e medio-bassovs. alto) è stato considerato come proxy <strong>del</strong>la copertura discreening <strong>del</strong> paese dove è stato effettuato lo studio.Risultati. Sono state incluse ventisei popolazioni da 20 studi. Perun aumento <strong>del</strong> 10% nella prevalenza di infezione da HPV adalto rischio, la specificità <strong>del</strong> test HC2 per le CIN2+ diminuiva<strong>del</strong>l’8.4% (IC95% 8.0;8.8), questa sola variabile spiega il 98%<strong>del</strong>la varianza <strong>del</strong>la specificità. La relazione fra prevalenza e VPPè più debole con un aumento <strong>del</strong> 4.7% (IC95% 2.45;7.03) all’aumento<strong>del</strong> 10% <strong>del</strong>la prevalenza e il 38% <strong>del</strong>la varianzaspiegata. Il reddito <strong>del</strong> Paese dove è stato effettuato lo studio noninfluenza la specificità, ma nei Paesi con reddito basso e mediobassoil VPP è più alto <strong>del</strong> 3.8% (IC95% 1.53;6.10) dopo averaggiustato per prevalenza di infezioni da HPV.Conclusioni. Nel caso <strong>del</strong> test HPV per individuare le CIN2+,la specificità è quasi completamente determinata dalla prevalenzadi infezione, mentre il VPP ha un’associazione molto piùdebole con la prevalenza. Il VPP è influenzato dalla coperturadi screening, mentre la specificità no.Queste associazioni possono essere spiegate dal fatto che l’HPVè una causa necessaria ma non sufficiente <strong>del</strong>le CIN2+, ilVPP <strong>del</strong> test riflette la probabilità che vi sia una lesione, datoche vi è l’infezione e questa probabilità dipende da fattoribiologici <strong>del</strong> virus e <strong>del</strong>l’ospite, ma anche dalla frequenza concui viene screenata la popolazione. In una situazione in cui iltarget <strong>del</strong> test non è un segno o sintomo <strong>del</strong>la malattia, ma unfattore di rischio a monte nel processo causale, il VPP non dipendedalla prevalenza <strong>del</strong>la malattia, e l’applicazione <strong>del</strong> teoremadi Bayes deve essere rovesciata: la specificità diventa funzione<strong>del</strong>la prevalenza <strong>del</strong>la positività al test.134MODERATO CONSUMO DI ALCOL NELL’ANZIANO: DALMETABOLISMO ALLA PATOLOGIABuja A, 1 Scafato E, 2 Sergi G, 3 Manzato E, 3 Maggi S, 4 Perissinotto E 11 Dipartimento di medicina ambientale e sanità pubblica, Universitàdegli studi di Padova; 2 Osservatorio nazionale alcol, Istituto superioredi sanità; 3 Dipartimento di scienze mediche e chirurgiche, Università deglistudi di Padova; 4 CNR, Sezione invecchiamento, PadovaIntroduzione. Esistono evidenze di associazione tra fattori di rischiometabolici, sindrome metabolica e disfunzione renale neglianziani. Tuttavia non è stato ancora stabilito definitivamenteil ruolo <strong>del</strong> consumo di alcol nei confronti di questi fattori dirischio e, quindi, <strong>del</strong>l’insorgenza di patologia.Obiettivi. Scopo <strong>del</strong>lo studio è individuare la relazione tra consumoalcolico e i principali fattori di rischio cardiovascolari, lasindrome metabolica e, infine, l’insufficienza renale nei soggettianziani maschi.Metodi. Studio prospettico multicentrico riferito a un campionedi soggetti italiani di età compresa tra 65 e 84 anni reclutatinel “Italian longitudinal study on aging – ILSA” checonsisteva in una fase di prevalenza riferita al 1992 e una fasedi incidenza dal 1995 al 1996. La lunghezza media <strong>del</strong> followupè stata di 3.5 anni. In questo studio sono stati inclusi 1 321uomini raggruppati in classi di consumo alcolico. Sono staticalcolati gli odds ratio (OR), aggiustati per i confondenti, perle caratteristiche metaboliche al basale e su casi incidenti persindrome metabolica (definita secondo i criteri <strong>del</strong>l’ATP III)e per disfunzione renale (definita da una GFR


SESSIONI PARALLELEe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Conclusioni. Lo studio non ha dimostrato un’associazione traconsumo di alcolici e sindrome metabolica, anche se esso è correlatoai singoli fattori che la determinano negli uomini anziani.Nei bevitori moderati infatti i dati mostrano un miglioramento<strong>del</strong> profilo glicemico e infiammatorio, ma anche un modestoeffetto ipertensivante. Sembra inoltre sia presente una relazionelineare inversa tra moderato consumo di alcolici erischio di lieve disfunzione renale. Questi risultati quindisuggeriscono che il consumo di moderate quantità di alcolpotrebbe modificare l’assetto metabolico-funzionale dei soggettianziani in senso complessivamente protettivo nei confronti<strong>del</strong>le malattie aterosclerotiche. E’ tuttavia necessario ricordareche tali evidenze devono essere interpretate conprudenza, visti i noti effetti nocivi che il consumo di alcol hanell’anziano per l’interazione con l’eventuale farmacoterapiaassunta e poiché può aumentare il rischio di caduta.122IL RUOLO DELL’ABITUDINE AL FUMO NELLA SPIEGAZIONEDEL GRADIENTE SOCIALE DI MORTALITÀ: RISULTATI DELFOLLOW-UP DELL’INDAGINE ISTAT SULLA SALUTE DEL1999/2000Federico B, 1,5 Marinacci C, 2 Costa G, 2,3 Sebastiani G, 4 Eikemo TA, 5Mackenbach JP, 5 Kunst AE 61 Dipartimento di scienze motorie e <strong>del</strong>la salute, Università di Cassino; 2 Serviziodi epidemiologia, ASL TO3, Grugliasco; 3 Dipartimento di scienze clinichee biologiche, Università di Torino; 4 Istat; 5 Department of publichealth, Erasmus Medical center Rotterdam (The Netherlands); 6 Departmentof public health, Amsterdam Medical center (The Netherlands)Introduzione. Fattori comportamentali, psicosociali e materialicontribuiscono all’esistenza di un gradiente sociale nella mortalità,sebbene il loro contributo vari in relazione al contesto presoin esame. L’analisi dei dati <strong>del</strong>lo studio britannico Whitehall IIha evidenziato che il contributo di fattori comportamentali(abitudine al fumo, assunzione di alcol, abitudini nutrizionali,sedentarietà) è responsabile fino a 2/3 <strong>del</strong> gradiente sociale nellamortalità. D’altra parte, nella coorte francese GAZEL il ruolodi tali fattori è risultato estremamente limitato. Nel nostro Paesenon sono finora disponibili evidenze sul ruolo di tali fattori nellaspiegazione <strong>del</strong> gradiente sociale di mortalità.Obiettivi. Valutare il contributo <strong>del</strong>l’abitudine al fumo nel gradientesociale di mortalità in Italia.Metodi. Sono stati utilizzati i dati elementari <strong>del</strong>l’indagine“Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari” condotta dall’Istatnel 1999/2000 e il relativo follow-up, che si è basato surecord linkage con i dati <strong>del</strong>le schede di morte nel periodo1999-2007. Il livello di istruzione, suddiviso in 4 categorie ordinali,è stato utilizzato come indicatore di posizione sociale.Sono stati costruiti mo<strong>del</strong>li di regressione di Cox per stimarel’hazard ratio (HR) di morte in soggetti di età compresa tra 25e 74 anni al momento <strong>del</strong>l’indagine Istat nel 1999/2000.Risultati. Tra gli 85 239 soggetti di età 25-74 anni sono statiosservati 4 164 decessi nel follow-up (tasso d’incidenza: 6.34per 1 000 anni/persona). Aggiustando per età e stato civile,l’HR di morte per un soggetto con al massimo la licenza elementarerispetto a un soggetto con laurea è risultato pari a 1.68(IC95% 1.37;2.05) nei maschi e 1.52 (IC95% 1.10;2.09)nelle femmine. Aggiustando ulteriormente per durata in anni<strong>del</strong>l’abitudine al fumo, l’HR è risultato pari a 1.62 (IC95%1.32;1.98) nei maschi e 1.60 (IC95% 1.16;2.21) nelle femmine.Limitando l’analisi dei dati ai soli non fumatori (N=44589) l’HR è risultato pari a 2.21 (IC95% 1.43;3.42) nei maschie 1.84 (IC95% 1.16;2.92) nelle femmine.Conclusioni. Analogamente alla coorte francese GAZEL e contrariamenteal Regno Unito e ad altri Paesi <strong>del</strong> Nord Europa, inItalia le differenze sociali nell’abitudine al fumo sono responsabilisolo in minima parte <strong>del</strong> gradiente sociale nella mortalità.119STIMA DELLE PROBABILITÀ DI CESSAZIONE DEL FUMO PERL’ITALIACarreras G, Gorini GISPO, Unità di epidemiologia ambientale occupazionaleIntroduzione. Negli ultimi decenni si è osservata una diminuzione<strong>del</strong>la prevalenza di fumo in Italia. Negli uomini è diminuitadal 41.6% nel 1986 al 29.5% nel 2009, con un decrementomedio annuo <strong>del</strong> 1.2%. Nelle donne la prevalenza èdiminuita inizialmente dal 19.2% nel 1986 al 17% nel 1993e si è poi mantenuta costante. Il calo nella prevalenza di fumoderiva dai cambiamenti nelle abitudini al fumo, quali unaminore iniziazione e una maggiore cessazione <strong>del</strong> fumo, e puòessere in parte attribuita allo sviluppo di politiche per il controllo<strong>del</strong> tabagismo. Da un’indagine multiscopo italiana è statastimata una diminuzione <strong>del</strong>l’iniziazione al fumo dal 1994 aora: per le donne e per gli uomini la probabilità di iniziazioneè passata dall’8.6% e dal 16.3%, rispettivamente, nel 1994 al7.3% e all’11.7% nel 2005. Per quanto riguarda la cessazione<strong>del</strong> fumo, invece, non esistono stime per l’Italia.Obiettivi. L’obiettivo di questo lavoro è sviluppare una metodologiaper produrre stime dei probabilità di cessazione <strong>del</strong>fumo per la popolazione italiana.Metodi. E’ stato sviluppato un mo<strong>del</strong>lo basato su un insieme diequazioni differenziali che descrivono l’evoluzione demografica<strong>del</strong>la popolazione italiana in relazione all’abitudine al fumo, sullabase di assunzioni sulla trasmissione <strong>del</strong>l’epidemia <strong>del</strong> tabacco. Leprobabilità di cessazione <strong>del</strong> fumo sono state stimate attraversouna procedura di ottimizzazione selezionando l’insieme di parametriche permettevano al mo<strong>del</strong>lo di riprodurre le prevalenze osservatenel periodo 1986-2009. La popolazione è stratificata intre categorie mutuamente esclusive: fumatori, ex fumatori e nonfumatori. Il mo<strong>del</strong>lo tiene in considerazione il lasso di tempo trascorsodal momento in cui si è smesso di fumare, stratificando gliex fumatori per tempo dalla cessazione con probabilità di mortee di ricominciare a fumare dipendenti dal tempo dalla cessazione.Risultati. Le probabilità di cessazione stimate son risultate basse,soprattutto nelle classi di età 30-49 anni, con valori medi <strong>del</strong>2.2% e <strong>del</strong> 2.4% nelle donne e negli uomini rispettivamente. Lecessazioni più alte sono state stimate per le giovani donne con39 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1valori intorno all’8.8% e per le donne e gli uomini di età superioreai 60 anni, con valori intorno al 9.1% per entrambi.Conclusioni. La cessazione dal fumo in Italia è ancora bassa permolte classi di età, in particolare per i fumatori dai 30 ai 50 anni,ed è quindi necessario implementare ulteriori interventi per ilcontrollo <strong>del</strong> tabagismo o potenziare le politiche già esistenti. Lestime di cessazione prodotte possono essere utilizzate per effettuareprevisioni di prevalenza, mortalità attribuibile a fumo o incidenzadi malattie fumo-correlate. Inoltre, la metodologia sviluppatapuò essere utilizzata per stimare le probabilità dicessazione per altri Paesi, al fine di migliorare le stime prodotteda numerose indagini. Le cessazioni stimate infatti tengono inconsiderazione la probabilità di ricominciare a fumare, a differenza<strong>del</strong>le stime prodotte da molte indagini che tendono quindia sottostimare le vere probabilità di cessazione.115EPIDEMIOLOGIA DEGLI INCIDENTI DROGA-CORRELATI INITALIAPitidis A, 1 Mamo C, 2 Dalmasso M, 2 Balducci G, 1 Vignally P 11 Istituto superiore di sanità, Dipartimento ambiente e prevenzione primaria;2 Servizio sovrazonale di epidemiologia ASL TO3 Regione PiemonteIntroduzione. Le sostanze psicoattive diverse da alcol e tabaccocostituiscono un importante fattore di rischio d’incidente. Alcunirecenti studi italiani valutano, per esempio, che tra il 15 eil 30% dei conducenti di autoveicolo responsabili d’incidentecon feriti o decessi siano risultati positivi ai test per l’assunzionedi sostanze stupefacenti. Gli studi sperimentali mostrano 3principali effetti dovuti all’assunzione di tali sostanze: allucinazioni,depressione e stimolazione <strong>del</strong> sistema nervoso centrale.Obiettivi. L’ampiezza <strong>del</strong> fenomeno degli incidenti droga-correlatinon è ancora pienamente quantificata in letteraturascientifica e questo rimane un problema tuttora insondato inambito epidemiologico. Obiettivo <strong>del</strong>lo studio è fornireun’analisi esplorativa <strong>del</strong> fenomeno.Metodi. Abbiamo adottato un approccio di studio di popolazioneper valutare l’impatto degli incidenti droga-correlati.Lo studio è stato focalizzato sulla morbosità mediante l’impiegodei dati <strong>del</strong>le schede di dimissione ospedaliera a livello nazionalee in Piemonte di quelli <strong>del</strong> registro regionale di pronto soccorsoospedaliero (PS). Per la mortalità sono stati adottati i datinazionali <strong>del</strong>le schede di morte. In particolare si è fatto riferimentoalle codifiche di diagnosi o procedura medica (codificheICD-10 per la mortalità; ICD-9-CM per il ricovero e ilpronto soccorso) che riportassero uso, abuso o dipendenza dadroga (oppioidi, cocaina, cannabis, allucinogeni, amfetamine).Le sostanze farmacologiche (barbiturici e antidepressivi) nonsono state prese in considerazione in quanto presentano differenticondizioni di rischio. Abbiamo fatto riferimento ai datinazionali 2008 per le SDO e la mortalità e ai dati di prontosoccorso e SDO per il Piemonte.Risultati. In Italia 6.5 persone per milione di residenti sonomorte nel 2008 per abuso di droga. Di queste 81.7% erano maschi,principalmente di età compresa tra i 25 e i 44 anni (73.7%di tutti i maschi). Inclusi i farmaci, il tasso di ricovero ospedalierodroga-correlato in Italia, nel medesimo anno, è stato di 42.9 personeogni 100 000 residenti. Farmaci esclusi, tale tasso scende a26.5 per 100 000 abitanti/anno, con un’età media di 39 anni, prevalentementerelativo a maschi (70.2% dei ricoveri), per la maggiorparte (66.4%) consumatori di oppioidi o cocaina. L’11.6%per cento di questi ricoveri droga-correlati è associato a traumatismoo avvelenamento. In particolare, il 3.2% dei ricoveri era associatoa traumatismi e l’8.4% ad avvelenamento o intossicazione.In Piemonte il corrispondente tasso di ricovero è stato di 36.9 pazientiper 100 000 residenti. Farmaci esclusi, il tasso cala a 28.7per 100 000 residenti/anno, con un 5.4% associato a trauma oavvelenamento. Nello stesso anno in Piemonte ci sono stati133.2 per 100 000 residenti/anno accessi in PS correlati all’assunzionedi droga (sospetta o accertata), farmaci inclusi. Esclusele sostanze farmaceutiche, tale tasso è pari a 116.9 accessi ogni 100000 abitanti, l’età media dei pazienti è di 39 anni, per il 70.2%maschi. Per la gran parte (83.2%) non si dispone <strong>del</strong>l’informazionesulla specifica sostanza coinvolta. Tuttavia, dove la sostanzaè specificata si tratta, nell’ordine: di oppioidi (10.7%), cocaina(3.9%) e cannabis (1.8%). Nella casistica di PS il 25.4% dei pazientidroga-correlati avevano una diagnosi di trauma e il 10.9%una diagnosi di avvelenamento o intossicazione.Conclusioni. I dati dei registri sanitari di popolazione hanno consentitodi effettuare una valutazione esplorativa <strong>del</strong>l’impattodegli eventi droga-correlati. Il ruolo degli incidenti è risultatomolto rilevante: il 36.3% dei pazienti giunti in PS per un eventodroga-correlato (verificato o sospetto), avevano un trauma o unavvelenamento. Riguardo alle sostanze, i dati di ricovero ospedalieroindicano che per eventi non rari, quali l’uso di oppioidio cocaina, vi è un maggiore rischio d’incidente per i maschiadulti. Situazione simile per gli adolescenti e i giovani adulti chefanno uso di cannabis.114DIPENDENZA DA COCAINA E PATOLOGIE CARDIOVASCO-LARI: COORTE DEI PAZIENTI TRATTATI DAI SERT DELLA ASLMI 1Angelici M, 1 Andreoni L, 1 Piatti A, 1 Durello R, 2 Salvadori S, 3 Luppi C, 3Scalese M, 3 Russo A 11 Osservatorio epidemiologico, Registro tumori e flussi; 2 Dipartimento dipendenzeASL-Provincia di Milano 1; 3 CNR, Istituto di fisiologia clinicaIntroduzione. L’uso di cocaina in Lombardia si pone a livelli piùalti rispetto al resto d’Italia: l’utilizzo negli ultimi 12 mesi è statodichiarato dal 3.4% <strong>del</strong>la popolazione Lombarda contro il2.1% <strong>del</strong> dato nazionale. Come per la cannabis, la fascia d’etàmaggiormente interessata è quella compresa tra i 15 e i 34 anniper entrambi i generi. Nel territorio <strong>del</strong>l’ASL MI 1 il quadro èsimilare e le percentuali di utilizzo e di pazienti in trattamentosono in drammatico aumento. Oltre alle conseguenze sociali visono evidenze in letteratura d’importanti conseguenze per la saluteanche per utilizzi saltuari e a breve termine <strong>del</strong>la sostanza.Obiettivi. Stimare l’associazione tra uso di cocaina e malattieischemiche.40 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Metodi. E’ stato effettuato uno studio di coorte retrospettivo.Gli esposti sono stati definiti come i soggetti residenti nell’ASLMI 1 trattati dai SERT per uso di cocaina e i non esposti i soggettiresidenti nell’ASL, escludendo coloro che hanno un’esenzioneo un ricovero per abuso di sostanze stupefacenti o alcoliche.L’appaiamento è stato effettuato per sesso, età e patologiecroniche se presenti (categoria prevalente banca dati assistito-BDA) tramite matching computerizzato dei casi con i controlli,usando l’algoritmo di matching GREEDY, con un numero fissodi controlli per caso pari a 5.I dati sul consumo di sostanze provengono dal sistema gestionaleusato da tutti i SERT presenti sul territorio <strong>del</strong>la ASL MI1 a cui sono stati legati tramite metodiche di record linkage iflussi correnti <strong>del</strong>le dimissioni ospedaliere, <strong>del</strong>la farmaceuticaterritoriale, <strong>del</strong>le esenzioni, <strong>del</strong>la BDA e <strong>del</strong> registro nominativocause di morte. Gli outcome studiati sono le malattieischemiche <strong>del</strong> cuore e i decessi al massimo follow-up disponibilemediante mo<strong>del</strong>li di regressione logistica condizionata.Risultati. I soggetti in trattamento presso i SERT <strong>del</strong>l’ASL MI1 negli anni 2009 e 2010 per uso di cocaina come sostanza primariasono circa 1 200, di cui assistiti identificabili sono 790,a cui sono stati appaiati 3 950 soggetti residenti nello stesso territoriosimilari per età, sesso e condizioni patologiche. La coorteindividuata è nel 91% costituita da maschi con un’età media di35 anni; il 12% di coloro che abusano di cocaina è al di sottodei 25 anni. L’83% <strong>del</strong>la coorte non presenta patologie croniche,il restante 17% presenta condizioni morbose, tra cui le piùrappresentate sono l’HIV e le neuropatie.Le malattie ischemiche sono più frequenti nei soggetti chehanno usato cocaina rispetto ai relativi controlli (8.6% rispettoa 5.9%; OR=1.6, IC95% 1.2-2.2). Il tasso di mortalità dei soggettidipendenti da cocaina è 7.6 per 1 000 abitanti/anno, nettamentesuperiore a quello <strong>del</strong>la popolazione generale di parietà. L‘associazione tra uso di cocaina e mortalità è di 14.9(IC95% 3.0-74.0).Conclusioni. I risultati confermano i danni importanti che la cocainaproduce a livello <strong>del</strong> sistema cardiovascolare anche in soggettigiovani. L’ultima indagine ESPAD nelle scuole <strong>del</strong>l’ASLMI 1 ha evidenziato che la maggior parte degli studenti maschicomprende il rischio associato al consumo di cocaina, mentrele femmine hanno una percezione minore rispetto alle loro coetaneelombarde e italiane. Alla luce di questo scenario gli investimentisugli interventi di sensibilizzazione e prevenzione rivoltiai giovani sono sempre più necessari e urgenti.138LE PRIORITÀ D’INTERVENTO SANITARIOScafato E, Rossi A, Gandin C, Galluzzo L, Martire S, Di Pasquale L, ScipioneR, Parisi N, Ghirini SOsservatorio nazionale alcol, Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianzae promozione <strong>del</strong>la salute (CNESPS). Salute <strong>del</strong>la popolazionee suoi determinanti.WHO Collaborative centre per Ricerca e promozione<strong>del</strong>la salute sull’alcol e problemi alcol-correlati. Istituto superiore di sanità(ISS), RomaIntroduzione. La determinazione <strong>del</strong>le priorità d’intervento sanitarioè una questione dibattuta in ambito pubblico per la salvaguardia<strong>del</strong>la salute <strong>del</strong>la popolazione. Questa ricerca vuolestabilire le priorità sanitarie con uno strumento attualmentemesso a punto negli Stati Uniti dai Centers for disease controland prevention (CDC) di Atlanta.Obiettivi. Obiettivo di questo progetto, finanziato dal Ministero<strong>del</strong>la salute nell’ambito <strong>del</strong>le attività SiVeAS, è determinare inmodo scientifico e basato sulla evidenza le priorità di interventosanitario, a livello nazionale o regionale, sui fattori di rischio, datala scarsità <strong>del</strong>le risorse economiche e la conseguente impossibilitàda parte <strong>del</strong> Servizio sanitario nazionale (SSN) d’intervenirea 360 gradi, per ogni possibile fattore di rischio.Metodi. Lo strumento proposto, denominato “risk factor mo<strong>del</strong>”(RFM), determina la graduatoria di priorità sanitaria di 15fattori di rischio, quali: fumo, inattività fisica, sovrappeso eobesità, no 5 porzioni di frutta e verdura al giorno, no Pap-test,no mammografia, no test <strong>del</strong> sangue occulto <strong>del</strong>le feci, ipercolesterolemia,ipertensione, diabete, no cinture di sicurezza, consumoalcolico, no rectosigmoidoscopia, no screening pressionearteriosa, no screening colesterolo.Le fonti dei dati, da cui sono state estratte le informazioni, sono:Progressi <strong>del</strong>le aziende sanitarie per la salute in Italia (PASSI) perl’anno 2007-08-09 (ISS), database di mortalità per l’anno 2007(Istat), rischi relativi, Centers for disease control and prevention(CDC). Le informazioni, sintetizzate nel mo<strong>del</strong>lo, vengono rilevateda alcuni criteri, quali: “magnitude” (prevalenza di esposizioneai fattori di rischio), “urgency” (trend temporali <strong>del</strong>la prevalenza),“disparity” (disuguaglianze nella distribuzione <strong>del</strong> fattorein funzione <strong>del</strong> livello d’istruzione), “severity” (proporzione <strong>del</strong>burden di mortalità attribuibile al fattore di rischio), “amenabilityto change” (costo-efficacia degli interventi).Per ogni criterio è stato calcolato uno score, inserito in un mo<strong>del</strong>lomoltiplicativo per la stima <strong>del</strong> “final priority score” (FPS)e la determinazione <strong>del</strong>la graduatoria di priorità sanitarie.Risultati. La graduatoria finale presenta una eterogeneità tra leRegioni dei fattori di rischio, con un ranking rappresentato nell’ordineda: inattività fisica, fumo, ipertensione, no screeningpressione arteriosa, ipercolesterolemia, no 5 porzioni di fruttae verdura al giorno, consumo alcolico. Escludendo i criteri di“urgency” e “effectiveness”, perché meno attendibili, si nota unaminore eterogeneità tra le Regioni nella graduatoria; i fattori dirischio con l’impatto maggiore in termini di salute sulla popolazionesono: fumo, inattività fisica, ipertensione, no 5 porzionidi frutta e verdura al giorno, consumo alcolico, no test <strong>del</strong> sangueocculto <strong>del</strong>le feci, no screening pressione arteriosa.Conclusioni. Questo metodo di sorveglianza basato sull’approcciooggettivo di prioritizzazione sanitaria relativa ai fattoridi rischio è flessibile e modula, incorporandola, la stima <strong>del</strong>“burden of disease” (mortalità attribuibile alla esposizione a uncerto fattore). I policy maker possono servirsi di questo approccioper indirizzare le loro attenzioni di salute pubblicamaggiormente verso alcuni fattori di rischio, attuando e/o incrementandoinvestimenti economici verso alcuni settori perla salvaguardia <strong>del</strong>la salute pubblica.41 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione Plenaria8 novembreI puzzle <strong>del</strong>la geografia italianaper la prevenzioneModeratori:Donato Greco (CNESPS, Istituto superiore di sanità, Roma)Pier Alberto Bertazzi (Dip. Medicina <strong>del</strong> lavoro, Università di Milano)La sessione è dedicata alla presentazione e discussione <strong>del</strong>le principali differenze geografiche di salute rilevanti per la prevenzione.Il primo contributo, quello sull’ambiente, riguarda uno dei pochi ambiti di prevenzione (insieme allo screening) in cui l’epidemiologiaitaliana nel suo complesso si è impegnata con uno sforzo su scala nazionale. Il caso <strong>del</strong>lo screening è anche diventatoun livello di assistenza presidiato direttamente dalle conoscenze <strong>del</strong>l’epidemiologia (come risulta dai ricchi contributi chesaranno presentati nelle apposite sessioni parallele). Nel caso dei rischi ambientali la conoscenza epidemiologica dovrebbe informaregli interventi di regolamentazione preventiva e di investimento per le bonifiche, ma le differenze geografiche nei rischitestimoniano ritardi importanti in questo traguardo, perché? E cosa può fare l’epidemiologia?Il secondo contributo, quello sulle differenze nel rischio cardiovascolare, è dedicata a un vero puzzle <strong>del</strong>la geografia <strong>del</strong>la saluteche è rimasto abbastanza orfano per l’epidemiologia italiana: perché le donne meridionali sono più obese e muoiono di più permalattie cardiovascolari, nonostante la protezione <strong>del</strong>la lunga consuetudine con la dieta mediterranea? Quali sono gli aspetti <strong>del</strong>ledifferenze geografiche in questo ambito nosologico e preventivo sui quali bisogna richiamare l’attenzione <strong>del</strong>la ricerca epidemiologicaitaliana?Il terzo contributo riguarda un altro rompicapo <strong>del</strong>l’epidemiologia <strong>del</strong>le differenze geografiche. Quando le differenze geografichefotografano la differente evoluzione temporale di una epidemia nelle diverse aree geografiche, questa informazione dovrebbesuggerire di concentrare l’attenzione preventiva su quelle aree geografiche e gruppi che sono in ritardo nella curva e che potrebberoancora evitare il picco. In realtà, questo funziona bene nel caso <strong>del</strong>le malattie trasmissibili, mentre viene trascurato nel caso <strong>del</strong>lemalattie croniche e dei loro fattori di rischio. Ad esempio, nel caso <strong>del</strong> fumo, la geografia italiana di questa abitudine e <strong>del</strong>le sueconseguenze tra le donne descrive un ritardo epidemico a vantaggio <strong>del</strong>le donne meridionali, simile a quello che si osserva inEuropa tra Paesi <strong>del</strong> Nord e Paesi latini; come mai queste conoscenze non vengono valorizzate per scoprire quali siano gli assetdi salute <strong>del</strong> Mezzogiorno d’Italia e di Europa tra le donne che, ben valorizzati, permetterebbero all’epidemia di non progredirecome osservato nel Nord Europa?❖LA GEOGRAFIA DEI RISCHI AMBIENTALI E QUELLA DELLA SALUTERoberta Pirastu, Dip. Biologia e biotecnologie Charles Darwin, Università di Roma 1; Francesco Forastiere, Dip. <strong>Epidemiologia</strong> <strong>del</strong> Serviziosanitario regionale <strong>del</strong> Lazio❖LA GEOGRAFIA DEI CAMBIAMENTI DELLE ABITUDINI ALIMENTARI E DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARESalvatore Panico, Dip. Medicina clinica e sperimentale, Università Federico II, Napoli❖LE TRANSIZIONI EPIDEMIOLOGICHE INCOMPIUTE ANCORA DA COMPIERE NELLE DIFFERENZE GEOGRAFICHEGiuseppe Gorini, Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica, Firenze; Fabrizio Faggiano, Dip. Medicina clinica e sperimentale, Università<strong>del</strong> Piemonte orientale42 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione Parallela8 novembreTumori 1Moderatori:Paolo Giorgi Rossi, Paola Pisani219LA SOPRAVVIVENZA DEI MALATI DI TUMORE IN ITALIA:RAPPORTO AIRTUM 2011Mario Fusco per AIRTUM Working Group 21 Registro tumori Regione Campania, Napoli; 2 AIRTUM Working Group:Banca dati AIRTUM; Bisanti L; Budroni M; Can<strong>del</strong>a G ; Cocchioni M; CrosignaniP; Cremone L; Crocetti E; Donato F; Falcini F; Federico M; FerrettiS; Fusco M; Gennaro V; Giacomin A; La Rosa F; Madeddu A; Mangone L;Mazzoleni G; Michiara M; Pannozzo F; Piffer S; Pisani P; Ponz de Leon M;Rashid I; Ricci P; Serraino D; Sutera Sardo A;Tessandori R;Traina A;TuminoR; Usala M;Vercelli M;Vitarelli S; Zambon P; Zanetti R; Buzzoni C; CovielloE; Rashid I; Russo A; Cuccaro F; Randi G; Guzzinati S; Stracci F; BianconiF; De Angelis R ; Ramazzotti V; Senatore R; Castaing M; Zarcone MIntroduzione. Le analisi di sopravvivenza population-basedsono fondamentali per valutare l’impatto di interventi sanitarie di nuove terapie nel controllo <strong>del</strong> cancro. La precedentemonografia che descrive la sopravvivenza dei malati di tumoriin Italia è stata pubblicata dall’AIRTUM nel 2007 e riguardavai pazienti con diagnosi dal 1995 al 1999, seguiti finoalla fine <strong>del</strong> 2003.Obiettivi. La nuova monografia mira a fornire una stima aggiornata<strong>del</strong>la sopravvivenza basata sui casi di tumore diagnosticatifino alla fine <strong>del</strong> 2007 e a descriverne le variazioni in relazionea sesso, età alla diagnosi, area geografica, periodo etempo trascorso dalla diagnosi.Metodi. Sono stati estratti dalla banca dati <strong>del</strong>l’AIRTUM oltre1 490 000 record relativi a casi di tumore diagnosticati dal1990 al 2007 con follow-up fino alla fine <strong>del</strong> 2008, rilevati da29 registri tumori generali e 5 specializzati. Sono stati consideratitutti i casi di tumore, inclusi i tumori multipli.E’ stata stimata la sopravvivenza relativa (RS) a 5 anni dei casidiagnosticati dal 2000 al 2004 con l’approccio di coorte. Lastessa coorte è stata utilizzata per calcolare la RS standardizzataper età in 4 macroaree: Nord-ovest, Nord-est, Centro e Sud Italia.La RS per tutti i tumori è stata standardizzata anche percase-mix. E’ stato analizzato il trend <strong>del</strong>la sopravvivenza a 5, 10e 15 anni dalla diagnosi nel periodo dal 1990 al 2007 dividendol’intero periodo in sei intervalli triennali e calcolando perciascuno la RS standardizzata con l’approccio di coorte,quando possibile, o con l’approccio ibrido per utilizzare l’esperienzadi sopravvivenza dei casi di diagnosi più recente. Infine,per sesso e macroarea è stata calcolata la RS a 5 anni condizionataall’essere sopravvissuto da 1 a 5 anni dalla diagnosi,come indicatore <strong>del</strong>l’evoluzione <strong>del</strong>la prognosi al passare <strong>del</strong>tempo. La RS è stata stimata con il metodo Ederer II.Risultati. I risultati <strong>del</strong>l’analisi di sopravvivenza sono presentatiin schede per 40 sedi. Per 24 di queste le schede sono 3, una perciascun genere e una per il totale. La RS a 5 anni per tutti i tumori,esclusi cute e vescica, è risultata pari al 49% negli uominie al 60% nelle donne. Dal 1990 al 2007 la sopravvivenza è aumentata<strong>del</strong> 14% negli uomini e <strong>del</strong> 9% nelle donne.Per la quasi totalità <strong>del</strong>le sedi tumorali la sopravvivenza nelCentro-Nord è sostanzialmente omogenea, mentre al Sud è inferioredi circa il 4%. Permane un gruppo di tumori a cattivaprognosi con RS a 5 anni inferiori al 20%, caratterizzati da modestavariabilità geografica, con l’eccezione <strong>del</strong> tumore <strong>del</strong>l’esofago,e da scarsi miglioramenti nel tempo, con esclusione<strong>del</strong> tumore <strong>del</strong> fegato.Per il tumore <strong>del</strong>la mammella e <strong>del</strong> colon-retto, oggetto di interventidi screening organizzato, la RS a 5 anni al Sud è <strong>del</strong>3-4% inferiore rispetto al Centro-Nord e, per il tumore <strong>del</strong>lamammella, tale divario è ancora maggiore decorsi 5 anni dalladiagnosi.Conclusioni. La monografia mette a disposizione importantiinformazioni per tutti i soggetti interessati al controllo <strong>del</strong> cancro,in Italia e all’estero. L’incremento <strong>del</strong>la sopravvivenza riflettela maggiore disponibilità di terapie efficaci e la più ampiadiffusione <strong>del</strong>lo screening organizzato e di interventi dianticipazione diagnostica.Persiste un evidente divario tra Centro-Nord e Sud Italia evanno sottolineate l’ubiquità e la persistenza <strong>del</strong>la differenza.Sono presenti sopravvivenze inferiori per sedi tra loro diverseper prognosi e disponibilità di interventi sanitari; inoltre, lasopravvivenza condizionata mostra scarti invariati tra coloroche sono sopravvissuti al primo anno dalla diagnosi, esclusiquindi i casi con malattia molto avanzata, e spesso anche alquinto anno dalla diagnosi, risultato correlabile alla capacitadi evitare recidive. L’analisi <strong>del</strong>le cause di questo divario,l’adozione di interventi per ridurlo e il monitoraggio dei loroeffetti sono sfide importanti per la futura politica sanitaria ela ricerca epidemiologica.43 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1225DETERMINANTI DELLE DIFFERENZE NELLA PREVALENZADEI TUMORI IN ITALIAGuzzinati S, 1 Buzzoni C, 2 De Angelis R, 3 Lise M, 4 Capocaccia R, 3 DalMaso L, 4 Crocetti E 5 e AIRTUM Working Group 61 Registro tumori <strong>del</strong> Veneto IOV, IRCCS, Padova; 2 Banca dati AIRTUM c/oISPO Firenze; 3 Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione<strong>del</strong>la salute (CNESPS), ISS, Roma; 4 SOC di epidemiologia e biostatistica,CRO IRCCS Aviano e Registro tumori Friuli-Venezia Giulia;5 ISPO Firenze, 6 AIRTUM Working Group: Bisanti L, Budroni M, Can<strong>del</strong>aG, Cocchioni M, Contrino ML, Crosignani P, De Paoli A, Donato A, DonatoF, Falcini F, Federico M, Ferretti S, Fusco M, Gennaro V, Giacomin A, LaRosa F, Madeddu A, Mangone L, Mazzoleni G, Michiara M, Paci E, PannozzoF, Pascucci C, Piffer S, Pisani P, Ponz de Leon M, Ricci P, SerrainoD, Sutera Sardo A, Tessandori R, Traina A, Usala M, Vercelli M, Vitarelli S,Zambon P, Zanetti RIntroduzione. Una recente monografia AIRTUM (http://www.registri-tumori.it/cms/?q=Rapp2010) sulla prevalenza dei tumoriin Italia ha stimato che circa 2 244 000 persone (il 4%degli italiani) vivevano nel 2006 con una pregressa diagnosi ditumore ed è emersa una rilevante variabilità geografica, conproporzioni tra il 4 e il 5% nei registri <strong>del</strong> Centro-Nord e proporzionicomprese tra il 2% e il 3% nei registri <strong>del</strong> Sud.Obiettivi. La prevalenza, cioè il numero di persone che convivonocon un tumore, è la risultante <strong>del</strong>la distribuzione per età<strong>del</strong>la popolazione, <strong>del</strong>l’incidenza dei tumori e <strong>del</strong>la sopravvivenzadei pazienti. Lo studio si propone di quantificare il contributorelativo <strong>del</strong>le eterogeneità geografiche di questi parametriper spiegare rilevanti differenze di prevalenza osservatenelle diverse aree italiane.Metodi. La recente monografia AIRTUM descrive in dettaglioi materiali e metodi utilizzati nel presente lavoro per il calcolo<strong>del</strong>la prevalenza (con la sola eccezione <strong>del</strong> RT di Ragusa, chenon ha aderito allo studio).Per le 4 macroaree italiane identificate dallo studio (Nordovest,Nordest, Centro e Sud), per ciascun sesso e sede tumorale, sonostati confrontati i tassi di prevalenza osservati a 5 anni all’1 gennaio2006, gli stessi tassi standardizzati per la popolazione europea,i tassi di incidenza standardizzata nel periodo 1999-2003 (comune a tutti i RT) e la sopravvivenza relativa a 5 anni<strong>del</strong>la stessa coorte di casi, con follow-up al 2007 (standardizzatasecondo la popolazione standard proposta da Corazziari).Risultati. Il numero dei casi prevalenti a 5 anni per tutte le seditumorali nel pool dei RT risulta di 1 890 casi ogni 100 000 maschie 1 691 casi ogni 100 000 femmine: nel Nordovest vi è unadifferenza <strong>del</strong> +13% per i maschi e <strong>del</strong> +11% nelle femmine,nel Nordest <strong>del</strong> +6% in entrambi i sessi, nel Centro <strong>del</strong> -3% e-1%, nel Sud di -33% per i maschi e -32% per le femmine.Circa un terzo di queste differenze scompare standardizzandoi tassi per età. La prevalenza standardizzata nel Nordovest rimane+7% nei maschi e +3% nelle femmine, rispetto al poolAIRTUM, mentre nel Sud le differenze si riducono a circa -20% in entrambi sessi. Il fattore che spiega per oltre la metà ledifferenze complessive di prevalenza tra le macroaree è rappresentatodai livelli di incidenza (per il Sud la differenza con il poolè <strong>del</strong> -18%, per il Nordovest +6% nei maschi e +4% nelle femmine).Livelli diversi di sopravvivenza relativa contribuisconosolo marginalmente (meno <strong>del</strong> 10% in entrambi i sessi) nellospiegare le differenze di prevalenza tra le diverse aree.Conclusioni. I più elevati livelli di incidenza registrati al Nordassieme, ma in minor misura, alla diversa struttura demografica<strong>del</strong>le Regioni <strong>del</strong> Sud (la percentuale di ultra65enni risulta<strong>del</strong> 15% nel Sud contro un valore <strong>del</strong> 20% nelle altre aree),spiegano quasi completamente le differenze di prevalenza osservatenel Rapporto AIRTUM 2010.231TUMORI DELLE CAVITÀ NASALI E DEI SENI PARANASALI INLOMBARDIA: PRIMI RISULTATI DEL REGISTRO REGIONALEMensi C, 1,2 Sieno C, 1 Consonni D, 1 Riboldi L, 1,2 Bertazzi PA 1,21 Dipartimento di medicina preventiva, Fondazione IRCCS Ca’ Granda,Ospedale Maggiore Policlinico, Clinica <strong>del</strong> lavoro “L. Devoto”, Milano;2 Centro EBPI, Dipartimento di medicina <strong>del</strong> lavoro, Università deglistudi di MilanoIntroduzione. A partire dal 2008 in Lombardia è attiva la sorveglianzasistematica dei tumori dei seni nasali e paranasali(TuNS) attraverso il Registro regionale.Obiettivi. Stimare l’incidenza dei casi di TuNS in Lombardiae verificare l’eventuale pregressa esposizione ad agenti cancerogeninoti (legno, cuoio, nickel, cromo) o fino a oggi non consideratiper l’insorgenza di TuNS.Metodi. Il Registro regionale è gestito secondo le indicazioni<strong>del</strong>le linee guida <strong>del</strong> Registro nazionale (ReNaTuNS). Per ciascuncaso diagnosticato a partire dal 01.01.2008 viene raccoltae studiata tutta la documentazione clinica e viene effettuata lavalutazione <strong>del</strong>l’eventuale esposizione a cancerogeni utilizzandoun questionario somministrato ai paziente o a parentida personale opportunamente formato dei Servizi di medicina<strong>del</strong> lavoro ospedalieri (UOOML) o territoriali (SPSAL).Risultati. Al 30.06.2011 sono pervenute al Registro 835 segnalazionidi casi sospetti dei quali 160 (19%) sono finora risultatiincidenti secondo i criteri di inclusione <strong>del</strong> Registro; inparticolare 55 casi nel 2008, 70 nel 2009 e 35 nel 2010. Il tassodi incidenza regionale, standardizzato per età, nell’anno 2008(unico anno ritenuto completo) è risultato, rispettivamente negliuomini e nelle donne, 0.8 e 0.5 per 100 0000.I casi per i quali si è concluso l’iter di valutazione sia <strong>del</strong>la documentazioneclinica sia di quella espositiva sono attualmente142 (96 uomini e 46 donne) con età mediana di 68 anni(range: 21-88). La sede di insorgenza ha interessato le cavità nasaliin 44 casi (31%), il seno etmoidale in 32 casi (22.5%),quello mascellare in 28 (19.7%), quello sfenoidale in 5 (3.6%)e quello frontale in 1 caso (0.7%); per 32 casi (22.5%) non èstato possibile individuare la sede primitiva in quanto al momento<strong>del</strong>la prima diagnosi la neoplasia era estesa a più sedi.Un solo caso non disponeva di accertamenti bioptici ed èstato concluso come TuNS probabile, mentre gli altri 141sono TuNS certi.44 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Nel 33.8% dei casi l’istotipo è adenocarcinoma (di tipo intestinalein 32 casi) e in oltre il 66% dei casi carcinoma con unadominanza <strong>del</strong>lo squamocellulare (51 casi).L’anamnesi espositiva è disponibile per 138 soggetti e il questionarioè stato somministrato direttamente al paziente in 94casi (68.1%), mentre nel rimanente 31.9% a familiari. In 54casi (49 M e 5 F, 39.1%) è emersa una esposizione professionale,in altri 5 casi (3.6%) l’esposizione è avvenuta in attivitàsvolte nel tempo libero, mentre in 79 casi (55.6%) non si è riconosciutauna esposizione ad agenti cancerogeni noti perTuNS. Nove soggetti con esposizione professionale avevanoavuto esposizione a più di un cancerogeno nella loro storia lavorativa.Le esposizioni professionali sono state in 32 casi a polveri di legnoprincipalmente nella produzione di mobili e serramenti, in21 casi a polveri di cuoio nella produzione di calzature o di divaniin pelle, in 1 caso a nickel, in 3 a cromo esavalente nell’industriatipografica, in 2 a fumi di catrame in operazioni diasfaltatura. In 4 soggetti, oltre all’esposizione professionale si èevidenziata anche un’esposizione allo stesso cancerogeno avvenutanel tempo libero (2 casi a legno e 2 a cuoio).La sede e l’istotipo più frequentemente associati a esposizioneprofessionale erano il seno etmoidale (71.9%) e l’adenocarcinoma(79.2%); la proporzione di esposti non era comunquetrascurabile anche tra i soggetti con carcinoma squamocellulare(9/51=17.6%) e con altri istotipi (6/27=22.2%).Discussione. L’attività di sorveglianza svolta in questi primi treanni ha permesso di individuare 160 casi incidenti di TuNS eil tasso di incidenza conferma il dato atteso che era stato stimatodai registri tumori di popolazione presenti in Lombardia.La verifica <strong>del</strong>l’esposizione a cancerogeni ha permesso didefinire come professionale quasi il 40% dei casi finora conclusi.Le polveri di legno e di cuoio si sono confermate esserei maggiori fattori di rischio.230IPERMETILAZIONE DEL PROMOTORE DEL GENE GSPT1E PUNTEGGIO GLEASON NEL TESSUTO TUMORALEPROSTATICOMaule M, 1 Zugna D, 1 Delsedime L, 2 Vizzini L, 1 Fiano V, 1 Gillo-TosAnna, 1 Merletti F, 1 Richiardi L 11 <strong>Epidemiologia</strong> dei tumori, CERMS, Università degli studi di Torino eA.O.U. San Giovanni Battista di Torino; 2 Divisione di anatomia patologica,A.O.U. San Giovanni Battista di TorinoIntroduzione. La diffusione <strong>del</strong> test <strong>del</strong> PSA (prostate-specificantigen) come screening opportunistico per il tumore <strong>del</strong>la prostataha reso cruciale la capacità di discriminare tra i tumori indolentia lenta progressione e i tumori più aggressivi che necessitanodi un trattamento. Tra i diversi indicatori di prognosiutilizzati per decidere il trattamento, il punteggio Gleason assegnatodai patologi è sicuramente il marcatore più importante,anche se non sufficiente.Uno degli approcci seguiti per identificare nuovi biomarcatoriprognostici è lo studio dei meccanismi di regolazione epigenetica.Molti studi sono stati condotti per valutare il ruolo <strong>del</strong>l’ipermetilazione<strong>del</strong> promotore <strong>del</strong> gene GSTP1 (glutatione S-transferasi P1) nel tessuto tumorale prostatico. I risultati finoraottenuti sono tuttavia contrastanti, sia per quanto riguardal’associazione tra la metilazione di GSTP1 e il punteggio Gleason,sia per l’associazione, aggiustata per Gleason, tra la metilazionedi GSTP1 e il rischio di recidiva o la mortalità. Nell’interpretaretali risultati bisogna però considerare che ilpunteggio Gleason ha subito, dalla sua introduzione alla fine deglianni Ottanta, una graduale migrazione verso valori più elevati:lo stesso vetrino, rivalutato a dieci anni di distanza, ricevecon buona probabilità un punteggio più elevato. Questo fenomenopotrebbe spiegare, almeno in parte, i risultati contrastanti.Obiettivi. Analizzare, in una coorte di pazienti con tumore <strong>del</strong>laprostata diagnosticato negli anni Novanta, la relazione fral’ipermetilazione di GSTP1, il punteggio Gleason originale equello assegnato secondo i criteri di classificazione correnti.Metodi. La coorte comprende 243 pazienti consecutivi di ognietà con un tumore maligno <strong>del</strong>la prostata diagnosticato tra il1993 e il 1996 presso l’Anatomia patologica <strong>del</strong>l’AOU San GiovanniBattista di Torino, per cui è disponibile il punteggioGleason assegnato al momento <strong>del</strong>la diagnosi (punteggio “originale”).Un uropatologo esperto ha rivalutato tutti i vetrini nel2010 per assegnare nuovamente il punteggio Gleason (punteggio“contemporaneo”). Sul DNA estratto dal tessuto tumoraleincluso in paraffina di tutti i soggetti è stata analizzata l’ipermetilazionenel promotore di GSTP1 mediante PCR specifica.Abbiamo valutato l’associazione tra presenza di ipermetilazionedi GSTP1 e punteggio Gleason originale e contemporaneoadattando mo<strong>del</strong>li logistici multinomiali in cui il punteggioGleason è stato classificato in tre categorie, secondo lo standardclinico:


SESSIONI PARALLELEe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 198EFFETTO DEL TEST IMMUNOLOGICO PER LA RICERCA DELSANGUE OCCULTO FECALE SULL’INCIDENZA DEL TUMOREAL COLON-RETTOVentura L, Grazzini G, Romeo G, Buzzoni C, Zappa MISPO, Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica, FirenzeIntroduzione. E’ certo che lo screening per il tumore colorettaleattraverso la ricerca <strong>del</strong> sangue occulto fecale con test immunologico(FIT) riduca la mortalità specifica. Questo è statoosservato anche nella Provincia di Firenze (Costantini et al.,JNCI 2009). Rimane dibattuta la possibilità che tale screeningpossa ridurre l’incidenza <strong>del</strong>la malattia. Man<strong>del</strong> et al. (N EnglJ Med 2000) hanno già messo in evidenza un effetto <strong>del</strong> testal guaiaco nella riduzione di incidenza colorettale. RecentementeCrocetti et al. (Eur J Cancer Prev 2010) hanno studiatoil trend di incidenza per tumore colorettale nel periodo 1985-2005 in soggetti in età di screening, mettendo in evidenza unaumento nei tassi di incidenza fino all’anno 1996 e una successivariduzione.Obiettivi. Obiettivo <strong>del</strong>lo studio è analizzare il rischio di sviluppareun tumore colorettale nei successivi 14 anni di followupin soggetti sottoposti a screening attraverso FIT nel corsodei primi anni ’90 (coorte degli screenati) e in soggetti che nonostantel’invito a partecipare allo screening non hanno effettuatoil test nello stesso periodo (coorte dei non screenati).Metodi. Sono stati analizzati 33 292 soggetti residenti neglistessi 24 Comuni <strong>del</strong>lo studio di Costantini et al. Sono stateconfrontate due coorti di soggetti: la prima, composta da individuial primo test di screening immunologico nel periodo1993-1999; la seconda, composta da persone che non avevanoeffettuato test di screening nello stesso periodo di tempo. I datisono stati linkati al Registro tumori toscano al fine di identificarei cancri occorsi nelle due coorti, con una data di followupal 31 dicembre 2008. Una prima analisi descrittiva di confrontofra le due coorti è stata fatta stimando le probabilità disviluppare un cancro attraverso il metodo di Kaplan-Maier. E’stato utilizzato un mo<strong>del</strong>lo di Cox aggiustato per sesso ed età,per valutare il differente tasso di incidenza nelle due coorti. Lostesso mo<strong>del</strong>lo è stato poi applicato suddividendo l’analisi intre periodi (con rischi proporzionali all’interno) da 0-5 anni,da 5-10 anni e >10 anni.Risultati. Nella coorte degli screenati (6 963 soggetti) sonostati identificati 193 cancri. Tra gli appartenenti alla coorte deinon screenati (26 329 soggetti) sono stati identificati 780 cancri,con un follow-up medio di 11 anni. L’analisi di Kaplan-Maier mostra un eccesso di incidenza nei primi sette anni nellacoorte degli screenati rispetto ai non screenati. Successivamentea questo periodo, il trend <strong>del</strong>le due coorti si inverte, a causa <strong>del</strong>l’effetto<strong>del</strong>lo screening. Il tempo di sette anni è il momento incui il rischio nelle due coorti coincide. Successivamente a tale periodoil rischio cumulativo nella coorte degli screenati cresce inmaniera significativamente inferiore che nella coorte dei nonscreenati. L’analisi attraverso il mo<strong>del</strong>lo di Cox, aggiustato persesso ed età, mostra una significativa riduzione <strong>del</strong> rischio di tumorecolorettale nella coorte degli screenati <strong>del</strong> 15% inferiore rispettoalla coorte dei non screenati (HR=0.85, IC95%0.72;0.99). Effettuando la stessa analisi in quinquenni successividi follow-up si nota un eccesso di rischio nei primi 5 anni epoi un crescente effetto di riduzione <strong>del</strong>l’incidenza nella coortedegli screenati rispetto ai non screenati (HR primi 5 anni =1.19,IC95% 0.92;1.55), (HR 5°-10° anno =0.75, IC95% 0.58;0.96),(HR 10° anno in poi =0.64, IC95% 0.45;0.91).Conclusioni. Le nostre analisi mostrano come una attività discreening attraverso l’uso <strong>del</strong> test immunologico biennale per laricerca <strong>del</strong> sangue occulto fecale in popolazioni di età 50-70 anniriduca in maniera significativa l’incidenza per cancro colorettale.223METILAZIONE DEL DNA COME BIOMARCATORE DIPROGRESSIONE DEL TUMORE ALLA PROSTATA: INDAGINISUL TESSUTO NON NEOPLASTICO CONTIGUO AL TESSUTOTUMORALEGrasso C, 1 Fiano V, 1 Zugna D, 1 Delsedime L, 2 Gillio-Tos A, 1 MerlettiF, 1 Richiardi L 11 <strong>Epidemiologia</strong> dei tumori, CeRMS e CPO Piemonte, Università di Torino;2 Dipartimento di patologia, Ospedale S. Giovanni Battista di TorinoIntroduzione. La metilazione è uno dei più importanti meccanismiepigenetici che interessano il DNA. E’ coinvolta nellaregolazione di molti processi cellulari fisiologici, ma l’effettoprincipale si esplica nella regolazione <strong>del</strong>l’espressione genica.Alterazioni nel pattern di metilazione (metilazione aberrante)sono stati descritti in un crescente numero di patologie umane,soprattutto neoplastiche. Condizioni di ipermetilazione nellaregione <strong>del</strong> promotore di alcuni geni costituiscono un importantee precoce evento nella genesi e nello sviluppo di diversitipi di cancro, incluso il tumore <strong>del</strong>la prostata.Uno studio condotto presso il Laboratorio di epidemiologiamolecolare <strong>del</strong> CeRMS di Torino (Richiardi et al., 2009) haevidenziato uno stato di ipermetilazione nel promotore dei geniGSTP1 e APC nel tessuto neoplastico di soggetti con tumore<strong>del</strong>la prostata, e in particolare un’associazione tra la ipermetilazione<strong>del</strong> promotore <strong>del</strong> gene APC e la mortalità per tumoreprostatico, suggerendo che questo gene sia coinvolto nellaprogressione <strong>del</strong> cancro e quindi utilizzabile in futuro comemarker prognostico.Obiettivi. Indagare lo stato di metilazione <strong>del</strong> tessuto nonneoplastico contiguo al tessuto tumorale per valutare se essopossa fornire ulteriori indicazioni sull’andamento <strong>del</strong>la malattiae sulla sopravvivenza.Metodi. Lo studio è stato condotto su 99 soggetti con tumore<strong>del</strong>la prostata diagnosticati presso l’Ospedale San GiovanniBattista di Torino negli anni Ottanta e Novanta e seguiti neltempo fino al 2006 o all’anno di decesso.Per ogni soggetto è stato ottenuto un campione di tessuto tumoralee uno o più campioni di tessuto non neoplasticocontiguo al tumore. Da questi tessuti inclusi in paraffina èstato estratto il DNA, sul quale sono state effettuate le analisi<strong>del</strong>lo stato di metilazione <strong>del</strong> promotore dei geni APC e46 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1GSTP1 mediante le tecniche di PCR con sonda specifica epirosequenziamento.Abbiamo poi studiato lo stato di metilazione in associazionecon la mortalità specifica per tumore <strong>del</strong>la prostata applicandoun’estensione <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo a rischi proporzionali di Cox(mo<strong>del</strong>lo per rischi competitivi di Fine & Gray).Risultati. Nel tessuto non neoplastico contiguo al tumore eragià presente una disregolazione <strong>del</strong>la metilazione nel promotoredei geni in esame, sovrapponibile a quella rilevata nel tessutotumorale degli stessi pazienti. Il numero di casi in cui èstata rilevata ipermetilazione <strong>del</strong> DNA sia nel tessuto nonneoplastico sia nel tessuto tumorale era pari a 19 per APC e a16 per GSTP1.Abbiamo trovato una forte associazione tra lo stato di ipermetilazione<strong>del</strong> promotore di APC nel tessuto non neoplasticocontiguo al tessuto tumorale e la mortalità per tumore <strong>del</strong>laprostata (HR=4.00; IC95% 1.81;8.86). Un risultato simile,anche se di una magnitudine inferiore, è stato trovato per laipermetilazione in GSTP1 (HR=3.16; IC95% 0.72;13.95).Conclusioni. La presenza di ipermetilazione nel tessuto nonneoplastico contiguo al tumore rinforza l’ipotesi che l’ipermetilazionedi geni tumore-associati sia un evento relativamenteprecoce nel processo di cancerogenesi. Dal punto divista clinico, i nostri risultati sulla mortalità a lungo terminedei pazienti valutati suggeriscono che lo stato di metilazionenel tessuto non tumorale in pazienti con tumore <strong>del</strong>la prostatapossa essere un importante biomarcatore <strong>del</strong>l’aggressivitàtumorale.47 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione Parallela8 novembreQualità <strong>del</strong>l’assistenza 2Moderatori:Gianni Ciccone, Ursula Kirchmayer257DIFFERENZE TERRITORIALI NELLA QUALITÀ DELLAASSISTENZA PRIMARIA PER LE MALATTIE CRONICHE INITALIA: TASSI DI OSPEDALIZZAZIONE E INDICATORI DIPROCESSOFrancesconi P, 1 Gini R, 1 Damiani G, 2 Maciocco G, 3 Brugaletta S, 4Donato D, 5 Donatini A, 6 Marini A, 7 Zocchetti C, 8 Visca M, 9 BellentaniM 9 per il gruppo <strong>del</strong> progetto VALORE1 Osservatorio di epidemiologia, Agenzia regionale di sanità <strong>del</strong>la Toscana,Firenze; 2 Università cattolica <strong>del</strong> Sacro Cuore; 3 Università di Firenze;4 ASP 7 Ragusa; 5 ULSS 16 Padova; 6 Regione Emilia-Romagna;7 Zona territoriale Senigallia; 8 Regione Lombardia; 9 AgenasLa gestione <strong>del</strong>le malattie croniche sul territorio rappresentaoggi una grande priorità di sanità pubblica e le evidenzea sostegno che l’assistenza primaria, incentrata sullafigura <strong>del</strong> medico di scelta, deve avere un ruolo centralenell’affrontarla si è sempre più consolidata. Sono pertantonecessarie informazioni utili a guidare le attività diprogrammazione, organizzazione e governo clinico <strong>del</strong>l’assistenzaprimaria, finalizzate al miglioramento <strong>del</strong>laqualità <strong>del</strong>le cure erogate ai malati cronici.In Italia, tuttavia, il monitoraggio <strong>del</strong>la qualità <strong>del</strong>l’assistenzaprimaria nella gestione <strong>del</strong>le patologie croniche èdifficoltoso, soprattutto a causa <strong>del</strong>l’aspetto trasversale diquesta dimensione <strong>del</strong>l’assistenza, che sfugge alla raccoltadi dati correnti centrati su una singola tipologia di erogatoreo di servizio (ricoveri ospedalieri, prestazioni farmaceutiche).L’Agency for healthcare research and quality,un’agenzia federale statunitense, ha codificato una serie diindicatori indiretti e, sulla base <strong>del</strong> razionale che un’assistenzaprimaria di qualità è in grado di diminuire il numerodi alcune tipologie di ricoveri, utilizza il tasso di dimissioneper alcune specifiche cause come indicazione diinsuccesso <strong>del</strong>l’assistenza primaria.Dalla pubblicazione annuale “Rapporto Osservasalute”, incui sono riportate alcune misure di ospedalizzazione potenzialmenteevitabile disaggregate per Regione di residenza,emerge un’ampia variabilità territoriale; in particolare,non pare poter ravvisare un trend Nord-Sud, tranneil solo caso <strong>del</strong>la BPCO, ove le Regioni meridionali sonopiù rappresentate tra quelle con ospedalizzazione più alta;i trend temporali appaiono stabili o in diminuzione. Taliindicatori si rivelano però nel complesso uno strumentoiniziale e migliorabile per fornire un quadro <strong>del</strong>le differenzegeografiche rispetto alla qualità <strong>del</strong>l’assistenza primariain Italia.Ciò è legato in primo luogo alla dipendenza di questi indicatoridalla prevalenza <strong>del</strong>la patologia che considerano,una misura anch’essa fortemente variabile sul territorio nazionale.Un altro ostacolo all’interpretazione di questi indicatoriè costituito dalla diminuzione, nello stesso periodo,<strong>del</strong> tasso standardizzato di ospedalizzazionegenerale.Proprio alla luce <strong>del</strong>l’importanza <strong>del</strong> monitoraggio <strong>del</strong>laqualità <strong>del</strong>l’assistenza primaria rivolta ai pazienti con patologiecroniche e dei limiti a questi fini <strong>del</strong>l’interpretabilitàdegli indicatori di ospedalizzazione evitabile, appareraccomandabile lo sviluppo di metodi per il calcolosistematico di indicatori di processo su coorti di pazienticon patologie croniche. Infatti, l’uso integrato di dati amministrativiriguardanti ospedalizzazioni, esenzioni, prescrizionifarmaceutiche e prescrizioni specialistiche, agganciatia un’anagrafe assistiti di buona qualità, permettel’attivazione di meccanismi sistematici di misura <strong>del</strong>l’adesionea raccomandazioni cliniche recepite in percorsidiagnostico-terapeutici, tramite il calcolo di indicatori diprocesso.Alcuni sistemi informativi sanitari regionali si sono attrezzatiper la produzione sistematica di indicatori di processoe al livello nazionale sono stati condivisi e utilizzatimetodi omogenei per il calcolo di indicatori di processo inalcuni ambiti territoriali di sei Regioni italiane [<strong>Atti</strong> <strong>del</strong>Convegno finale <strong>del</strong> progetto VALORE. www.agenas.it/atti_convegno_sanit_2011.html (accesso luglio 2011)]. Ilivelli di adesione alle raccomandazioni cliniche consideratesono mediamente subottimali e mostrano una discretavariabilità territoriale.Un altro progetto nazionale di prosecuzione <strong>del</strong>la linea diattività <strong>del</strong> Programma “Mattoni <strong>del</strong> SSN”, in corso di attuazione,ha come obiettivo generale quello di condividerebasi informative comuni per arrivare a un sistema che leggatrasversalmente i sistemi sanitari regionali, rispetto a percorsiassistenziali articolati e continuativi con particolareattenzione agli assistiti con malattie croniche.48 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 122DISUGUAGLIANZE SOCIALI NELL’ASSISTENZA AI PAZIENTICON FRATTURA DEL FEMORE: L’IMPATTO DEL PROGRAMMAREGIONALE DI VALUTAZIONE ESITI (P.RE.VAL.E.) NEL LAZIOColais P, 1 Fusco D, 1 Agabiti N, 1 Pinnarelli L, 1 Sorge C, 1 Perucci CA, 2Davoli M 11 Dipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> Servizio sanitario regionale, RegioneLazio; 2 Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionaliIntroduzione. Esistono in letteratura numerose evidenze di differenzialisociali nell’accesso ai trattamenti appropriati, pochesono invece le esperienze di valutazione di impatto di interventimirati a ridurre le disuguaglianze sociali nell’assistenza sanitaria.Obiettivo. L’obiettivo <strong>del</strong>lo studio è confrontare il differenzialesocioeconomico in termini di qualità <strong>del</strong>l’assistenza sanitariadopo frattura di femore, prima e dopo l’attuazione <strong>del</strong> programmaregionale di valutazione esiti (P.Re.Val.E.), un programmadi public disclosure degli indicatori di esito degli ospedali<strong>del</strong>la Regione Lazio.Metodi. Dal Sistema informativo ospedaliero (SIO) sono statiidentificati tutti i pazienti (65+ anni), residenti a Roma e ricoveratiper frattura di femore (ICD-9-CM codici 820.0-820.9)tra l’1 gennaio 2006 e il 31 dicembre 2007 (periodo 1) e tra l’1gennaio 2009 e il 30 novembre 2010 (periodo 2). Sono statiesclusi i ricoveri <strong>del</strong> 2008, anno di implementazione <strong>del</strong>P.Re.Val.E. Sono stati considerati tre esiti: la mortalità entro 30giorni dall’accesso a una struttura ospedaliera, il tempo medianodi attesa per l’intervento chirurgico (giorni) e la percentualedi intervento entro 48 ore. La mortalità a 30 giorniè stata ottenuta mediante una procedura di record-linkage conil Registro nominativo <strong>del</strong>le cause di morte (ReNCaM). E’stato utilizzato un indicatore composito di posizione socioeconomica(SEP) a tre livelli (livello I: alto, livello II: medio, livelloIII: basso), costruito sulla base dei dati <strong>del</strong> censimento2001 aggregati a livello di sezione di censimento. Sono staticondotti un’analisi di regressione multivariata e un mo<strong>del</strong>lo diCox per valutare l’associazione tra il livello socioeconomico egli esiti considerati, aggiustando per età, genere e comorbidità.Risultati. Sono stati selezionati 11 581 ricoveri (5 880: periodo1; 5 701: periodo 2). Il livello socioeconomico basso è associatoa un alto rischio di mortalità a 30 giorni nel periodo 1(RR=1.42; p=0.027), ma non nel periodo 2. In entrambi i periodiin studio è stata osservata una minore probabilità di interventoentro 48 ore per i soggetti di basso SES (periodo 1:livello II: RR=0.72, p


SESSIONI PARALLELEe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1I RICOVERI PER DIABETE COME INDICATORI DELLA QUALITÀDELL’ASSISTENZA ALLE PERSONE CON DIABETE IN ITALIALombardo F, Maggini MCentro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione <strong>del</strong>la salute,Istituto superiore di sanità, RomaIntroduzione. Il diabete è una patologia cronica a larga diffusione,con una maggiore prevalenza nei gruppi economicamentee socialmente svantaggiati e nelle aree più deprivate. InItalia nel 2010 la prevalenza di diabete è pari al 4.9% (Istat),con un forte gradiente Nord-Sud. Una attenzione sempre cre<strong>del</strong>latx è passata dal 41% al 53.3% (+12%, IC95%4.0%;19%, p=0.001) (figura 1).Inoltre, è stato osservato un trend di riduzione <strong>del</strong>le trasfusionidubbie e inappropriate e il mancato controllo dei test <strong>del</strong>la coagulazionedopo la tx è sceso dal 15.7% al 4.5% (p


SESSIONI PARALLELEe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Conclusioni. La valutazione degli indicatori di qualità <strong>del</strong>l’assistenzaal diabete nelle diverse Regioni italiane deve tenereconto di altri fattori che possono influenzare la variabilità: modalitàdi registrazione <strong>del</strong>la SDO, qualità <strong>del</strong>la raccolta dei dati,prevalenza <strong>del</strong> diabete, gestione <strong>del</strong>le complicanze. Tuttavia,data l’ampia variabilità osservata, con alcune Regioni che mostranotassi fino a oltre dieci volte maggiori rispetto ad altre,si può concludere che un miglioramento <strong>del</strong>la qualità <strong>del</strong>la curae una riduzione <strong>del</strong>le disuguaglianze sono ancora un obiettivoa cui i sistemi assistenziali devono tendere.68EFFETTI DEL TRATTAMENTO “EVIDENCE-BASED” NELLAPREVENZIONE SECONDARIA DELL’INFARTO MIOCARDICOACUTO: SFIDE METODOLOGICHEDi Martino M, Kirchmayer U, Bauleo L, Agabiti N, Fusco D, Davoli MDipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> Servizio sanitario regionale,Regione LazioIntroduzione. Nella prevenzione secondaria <strong>del</strong>l’infarto miocardicoacuto (IMA) le linee guida raccomandano un trattamentofarmacologico combinato di antiaggreganti, statine,betabloccanti e sostanze ad azione sul sistema renina-angiotensina.Tuttavia, queste raccomandazioni si basano su studi clinicisperimentali condotti sui singoli gruppi farmacologici.D’altronde, gli studi osservazionali disponibili sull’utilizzocongiunto dei diversi farmaci presentano importanti criticitàmetodologiche. Infatti, la misurazione simultanea di esposizione(il trattamento farmacologico) ed esiti nello stesso periododi follow-up può comportare notevoli distorsioni. Oltreal già noto immortal time bias, esistono altre fonti di errore nonancora formalizzate in letteratura. L’obiettivo <strong>del</strong>lo studio è valutarel’efficacia <strong>del</strong>la terapia combinata in pratica clinica, descriverele potenziali distorsioni e proporre soluzioni in fase didisegno e di analisi.Metodi. Sono stati inclusi nello studio i pazienti con primoIMA nel biennio 2006-2007. Il periodo di follow-up inizia conla data di dimissione ospedaliera e termina il 31.12.09. La dinamicaprescrittiva è stata ricostruita attraverso l’archivio <strong>del</strong>leprescrizioni farmaceutiche. Per ciascun gruppo farmacologico,la copertura terapeutica è stata stimata sulla base <strong>del</strong>le dosi definitegiornaliere. E’ stato applicato un disegno caso-controlloentro la coorte con campionamento a densità di incidenza.Quattro controlli sono stati appaiati a ogni caso, per genere eclasse di età. Dopo aver selezionato i potenziali fattori confondentiattraverso una procedura di bootstrap stepwise, l’effetto“aggiustato” <strong>del</strong>la terapia combinata è stato stimato con un mo<strong>del</strong>lodi regressione logistica condizionata.Risultati. Sono stati analizzati 6 885 pazienti, 4 646 maschi e2 239 femmine, con età medie di 63.7 e 72.5 anni, rispettivamente.La proporzione di soggetti in terapia combinata diminuisceprogressivamente durante il periodo di follow-up,passando dal 44% nel primo semestre al 33% nel quarto.Questa riduzione nell’aderenza al trattamento determina unadistorsione, mai descritta in letteratura, che induce una sistematicasottostima <strong>del</strong>l’effetto protettivo <strong>del</strong>la politerapia: ilchange in compliance bias.La regressione logistica condizionata ha evidenziato che la terapiacombinata determina una significativa riduzione nell’incidenzadi successivi IMA, sia fatali sia non fatali. Considerando“nessuna terapia” come riferimento, l’odds ratioaggiustato scende a 0.68 per “una terapia”, 0.45 per “due terapie”,0.34 per “tre terapie”, 0.22 per “politerapia completa”.Conclusioni. La misurazione di esposizione ed esito nello stessoperiodo di follow-up può comportare notevoli distorsioninella stima <strong>del</strong>l’effetto dei trattamenti. Il campionamento adensità di incidenza, appaiando sul tempo di follow-up, risolvequeste criticità attribuendo al caso e ai controlli la stessa “probabilitàa priori di trattamento”.242ACCESSIBILITÀ ALLA PET PRE-OPERATORIA DEI PAZIENTIAFFETTI DA CARCINOMA POLMONARE IN REGIONEPIEMONTE TRA IL 2004 E IL 2009Ceccarelli M, Castiglione A, Di Cuonzo D, Ciccone G<strong>Epidemiologia</strong> dei tumori, AOU S. Giovanni Battista di Torino - CPOPiemonteIntroduzione. L’esecuzione <strong>del</strong>la PET nella diagnosi e, soprattutto,nella stadiazione <strong>del</strong> cancro <strong>del</strong> polmone non a piccolecellule (NSCLC) è una <strong>del</strong>le indicazioni più frequenti e appropriatedi impiego <strong>del</strong>la PET, ribadita anche dalle lineeguida <strong>del</strong>la Regione Piemonte sul tumore <strong>del</strong> polmone (2004).La crescente disponibilità di centri PET in Piemonte nel corsodegli anni (attualmente 6 centri attivi) e il conseguente maggioreutilizzo consente di studiare i determinanti sociodemograficie organizzativi <strong>del</strong>l’accesso all’esame durante la fase didiffusione <strong>del</strong>la tecnologia.Obiettivi. Valutare la proporzione di pazienti con tumore polmonaresottoposti a PET pre-operatoria in una coorte che includetutti i pazienti residenti in Piemonte operati per cancro<strong>del</strong> polmone dal 2004 al 2009 e individuare quali siano i fattoriche influenzano maggiormente l’accesso alla PET.Metodi. Sono stati identificati i casi incidenti di neoplasiapolmonare residenti in Piemonte e operati con intento radicale(N=3 033). Per ogni paziente si è verificato se nei sei mesi precedentil’intervento fosse stata eseguita una PET. I dati sonostati ricavati dalle relative schede di dimissione ospedaliera e diprestazioni ambulatoriali, usando come link un codice identificativoanonimo.La probabilità di accedere alla PET pre-operatoria è stata valutatacon un mo<strong>del</strong>lo di regressione logistica multilivello,utilizzando come cluster l’ospedale in cui si è effettuata la chirurgia.Le variabili analizzate sono state: età, sesso, nazionalità,titolo di studio, stato civile, anno di diagnosi, presenza di unavisita multidisciplinare e/o di accoglienza ai servizi (GIC/CAS)<strong>del</strong>la Rete oncologica piemontese e <strong>del</strong>la Valle d’Aosta, tempodi percorrenza tra la residenza e il più vicino centro di medicinanucleare che disponeva di una PET. Nel sottogruppo dipazienti operati in Piemonte (N=2 511), si è valutato l’effetto51 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1<strong>del</strong>l’ospedale di ricovero sulla probabilità di prescrizione <strong>del</strong>laPET, a parità dei fattori già elencati.Risultati. Durante il periodo in studio c’è stato un forte incrementonell’utilizzo <strong>del</strong>la PET pre-operatoria che è passatadal 39% (2004) al 78% (2009); a partire dal 2007 il trend sembraessersi stabilizzato (figura 1, a fianco).Le caratteristiche sociodemografiche (età, sesso, livello di istruzione,stato civile) non sembrano modificare l’accessibilità allaPET. La probabilità di esecuzione <strong>del</strong>la PET è risultata ridottain modo statisticamente significativo per i pazienti che risiedonoin un comune in cui non è presente un centro di medicinanucleare dotato di PET.Considerando i pazienti residenti nella stessa città come riferimento,i soggetti che abitano a una distanza 60 minuti OR=0.72(IC95% 0.56;0.94). La presa in carico da parte <strong>del</strong>la rete oncologicaaumenta significativamente la probabilità di effettuareuna PET rispetto a chi non riceve una visita GIC/CAS(OR=2.67, IC95% 1.96;3.63). Inoltre, la probabilità di effettuarela PET per i pazienti operati in Regione varia in base all’istitutosede <strong>del</strong>l’intervento nel periodo 2004-2006; dal 2007le differenze tra istituti si sono sensibilmente ridotte e non sonopiù statisticamente significative (figura 2, a fianco).Conclusioni. In Piemonte, durante un periodo nel quale èsensibilmente aumentata la diffusione <strong>del</strong>la tecnologia su territorio,l’utilizzo <strong>del</strong>la PET non sembra essere stato condizionatoda fattori socioeconomici dei pazienti operati per tumorepolmonare, probabilmente grazie a una larga adesione alleraccomandazioni <strong>del</strong>le linee guida e a un incremento <strong>del</strong>laquota di pazienti presi in carico dalla Rete oncologica.62QUALITÀ DELLE CURE OSPEDALIERE PER L’INFARTOMIOCARDICO ACUTO: L’IMPATTO DEL PROGRAMMAREGIONALE DI VALUTAZIONE ESITI (P.RE.VAL.E.) NEL LAZIORenzi C, 1 Asta F, 1 Fusco D, 1 Agabiti N, 1 Davoli M, 1 Perucci CA 21 Dipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> Servizio sanitario regionale <strong>del</strong>Lazio ; 2 Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionaliIntroduzione. Le malattie coronariche rappresentano la causadi morte più comune nell’Unione europea, così come in Italia.Nell’ambito dei programmi locali o nazionali di valutazionedi esito, la public disclosure sulle performance ospedaliere perquanto riguarda le terapie cardiache è una <strong>del</strong>le aree più sviluppateed è sempre più comune in risposta alle richieste di trasparenzae di iniziative di miglioramento <strong>del</strong>la qualità <strong>del</strong>lecure. Le conoscenze sugli effetti <strong>del</strong>la public disclosure sulla qualità<strong>del</strong>le cure, però, è ancora scarsa.Obiettivo. L’obiettivo <strong>del</strong> nostro studio è valutare se la pubblicazionedei risultati <strong>del</strong> P.Re.Val.E., un programma di publicdisclosure degli indicatori di esito degli ospedali <strong>del</strong>la RegioneLazio, è associata a un cambiamento nella qualità <strong>del</strong>lacura <strong>del</strong>l’infarto miocardico acuto nel Lazio rispetto ad altreRegioni italiane.Figura 1. Proporzione di pz con tumore <strong>del</strong> polmone sottoposti a PET preoperatoriain Piemonte, per anno.Figura 2.Variabilità tra ospedali nell’uso <strong>del</strong>la PET in pz operati per tumore <strong>del</strong>polmone in Piemonte in due periodi.Metodi. Abbiamo confrontato l’assistenza ospedaliera per infartomiocardico acuto nel Lazio tra il 2006-07 (periodo 1) eil 2009 (periodo 2). E’ stato escluso il 2008, anno di implementazione<strong>del</strong> P.Re.Val.E. Oltre a una valutazione pre-post nelLazio, abbiamo anche verificato se i cambiamenti si sono verificatidurante lo stesso periodo di follow-up in altre Regioniitaliane che non hanno implementato programmi simili.I dati sono stati ottenuti dal sistema informativo ospedaliero(SIO) e dai sistemi informativi di mortalità regionali. Sonostate incluse solo le regioni con sistemi informativi di mortalitàe per le quali era disponibile e sufficientemente valida la distinzionetra infarti con sopraslivellamento ST (STEMI) enon-STEMI. Lo studio ha incluso 24 800 pazienti trattati perinfarto miocardico acuto nel Lazio e 39 350 nelle altre Regioni.Sono stati considerati quattro esiti: la proporzione di pazientitrattati con PCI entro 48 ore, la mortalità a 30 giorni, la mortalitàa 30 giorni in pazienti trattati con PCI entro 48 ore e lamortalità nei pazienti senza esecuzione di PCI. Attraverso unmo<strong>del</strong>lo di regressione logistica sono stati calcolati gli odds ratio(OR) grezzi e aggiustati per genere, età e patologie concomitantisignificativamente associate all’esito.Risultati. La proporzione di pazienti affetti da infarto miocardicocon sopraslivellamento ST (STEMI) trattati con PCI52 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1entro 48 ore nel Lazio è aumentato dal 31.3% al 48.7%,prima e dopo l’attuazione <strong>del</strong> P.Re.Val.E., con un incrementorelativo <strong>del</strong> 56% (p


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione Parallela8 novembreRischi da lavoro e incidentiModeratori:Dario Consonni, Dario Mirabelli163CARATTERISTICHE DEGLI ACCESSI IN PRONTO SOCCORSOPER VALUTARE LA GRAVITÀ DEGLI INFORTUNI SUL LAVORONEL LAZIOMarchetti A, Di Napoli A, Di Lallo D, Mantovani J, Guasticchi GLaziosanità, Agenzia di sanità pubblica <strong>del</strong>la Regione Lazio, RomaIntroduzione. La principale fonte di dati sugli infortuni sul lavoroè rappresentata dal database assicurativo INAIL-ISPESL-Regioni, trasmesso con cadenza annuale alle singole Regioni,con la possibilità per ciascuna ASL di accedervi. Tale archiviodescrive le caratteristiche di gravità di un infortunio attraversola prognosi e la successiva definizione di un eventuale grado diinvalidità. Tuttavia, tali informazioni, per la loro natura, nonpossono essere immediatamente disponibili. Il Sistema informativo<strong>del</strong>la emergenza sanitaria (SIES) raccoglie informazionirelative a tutti gli accessi nei pronto soccorso (PS) <strong>del</strong>la RegioneLazio. I dati <strong>del</strong> SIES identificano un accesso per infortunio sullavoro e ne definiscono la gravità. Poiché i dati <strong>del</strong> SIES sonodisponibili in tempo reale, potrebbero integrare i flussi informativiassicurativi, il cui limite è la latenza temporale tra il verificarsidi un evento infortunistico e la disponibilità <strong>del</strong> giudiziodi gravità.Obiettivi. Valutare i fattori sociodemografici e clinici associatialla maggiore o minore gravità di un infortunio sul lavoro, utilizzandole informazioni <strong>del</strong> SIES.Metodi. E’ stato condotto uno studio retrospettivo sui 51 705accessi in PS per infortunio sul lavoro, notificati al SIES, verificatisinel Lazio nel 2008, tra lavoratori con età compresa tra16 e 65 anni. Sono state raccolte informazioni relative alla gravità,alla diagnosi e all’esito <strong>del</strong>l’accesso in PS.E’ stata effettuata una analisi di regressione logistica, attraversoun mo<strong>del</strong>lo multivariato, la cui variabile di esito era rappresentatadalla gravità <strong>del</strong>l’infortunio, definita come accesso inPS che aveva avuto come esito un ricovero. Nel mo<strong>del</strong>lo di regressionele seguenti variabili, misurate al momento <strong>del</strong>l’accessoin PS, sono state considerate come fattori potenzialmente associatialla gravità <strong>del</strong>l’infortunio: età, sesso e Paese di nascita<strong>del</strong> lavoratore, giorno <strong>del</strong>la settimana di arrivo in PS, ora di arrivoin PS, codice di triage assegnato in PS, ASL <strong>del</strong>la strutturasede di PS, offerta di PS nel territorio <strong>del</strong>la ASL.Risultati. L’età media dei lavoratori infortunati era 39.1 anni(DS: 11.0); il 71.5% era di sesso maschile; il 12.7% era straniero.Il 5.9% degli accessi era giunto in PS in ambulanza, al4.5% era stato assegnato un codice di triage giallo/rosso e il2.7% ha avuto come esito <strong>del</strong>l’accesso un ricovero. Le diagnosipiù frequenti sono state: “contusioni senza soluzione di continuo”(25.4%), “ferite aperte” (14.8%), “distorsioni e distrazioni<strong>del</strong>le articolazioni e dei muscoli adiacenti” (13.1%),“frattura” (9.1%), “effetti da corpo estraneo penetrato attraversoun orifizio naturale” (7.1%). Si è osservata una maggioreprobabilità di ricovero per ogni anno di età in più dei lavoratori(OR=1.02, IC95% 1.01;1.03), per i lavoratori maschi(OR=1.68, IC95% 1.44;1.97), per gli stranieri provenienti daPaesi a forte pressione migratoria (OR=1.55, IC95%1.31;1.82), per i lavoratori cui era stato assegnato in PS un codicedi triage giallo/rosso (OR=84.47, IC95% 47.06;151.60).Conclusioni. Il presente studio ha confermato come i dati provenientidal SIES possano rappresentare un utile complementoalle informazioni raccolte dal database INAIL-ISPESL-Regioni. Pertanto, la loro raccolta e la loro pubblicazione sistematicapuò rappresentare uno strumento di supporto alleASL, per l’organizzazione <strong>del</strong>le attività di prevenzione sul territorioche potrebbero in tal modo essere rese più efficaci, anchegrazie alla maggiore tempestività consentita dall’utilizzo<strong>del</strong>le informazioni provenienti dal SIES. Inoltre, lo studio haconsentito anche di individuare alcuni fattori potenzialmentepredittivi di infortuni con esito più grave (valutato come tale incaso di ricovero successivo all’accesso in PS), rappresentandocosì la premessa per implementare interventi di prevenzione mirativerso specifiche categorie, per esempio i lavoratori stranieri.160ANALISI DELLA MORBOSITÀ DELLA COORTE DI LAVORA-TORI NEL POLO CHIMICO DI SPINETTA MARENGOFarina E, Bena ASCaDU Scuola di sanità pubblica, ASL TO3, TorinoIntroduzione. La storia <strong>del</strong> polo chimico di Spinetta Marengoorigina all’inizio <strong>del</strong> 1900 e ha visto il succedersi di numerosicambi di gestione, tra cui l’ultimo nel gennaio <strong>del</strong> 2003. La documentazionerelativa alle sostanze utilizzate nello stabilimentoè dettagliata per quanto riguarda l’attuale proprietà, mentre èscarsa quella relativa alle esposizioni pregresse. Dalle informazioni54 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1che si hanno a disposizione si è riusciti a ricostruire che diversesostanze, tra cui alcune attualmente in uso, sono state classificatedalla IARC in classe 1 con alcuni organi bersaglio accertati(polmone, laringe) e altri con evidenza limitata o sufficiente (prostata,reni, cavità nasali e paranasali, fegato, cute, vescica). Altresostanze invece sono state classificate in classe 2A e 2B e possonoessere cancerogene per: fegato, rene, polmone, testicolo, leucemie,stomaco, cervello, sistema nervoso centrale, pleura.Obiettivi. Studiare il profilo <strong>del</strong>la morbosità di una coorte dilavoratori presso il polo chimico di Spinetta Marengo, con particolareriferimento alle patologie croniche.Metodi. La coorte di tipo storico retrospettivo è stata ricostruitasulla base <strong>del</strong>le informazioni contenute negli archivi elettronici<strong>del</strong>l’INPS, disponibili per lo stabilimento d’interesse dal 1981.Sono stati inclusi tutti gli uomini che hanno lavorato per almenoun anno tra l’1.1.1981 e il 30.6.2009.L’incidenza è stata ricostruita a partire dagli archivi regionali didimissione ospedaliera relativi al periodo 1.1.1996-30.6.2009.Sono stati calcolati i rapporti standardizzati d’incidenza (SIR)con i relativi intervalli di confidenza al 90% e al 95% per 56cause, utilizzando la popolazione <strong>del</strong>la Regione Piemontecome riferimento. Le analisi sono state stratificate per categoriedi latenza e di durata.Risultati. La coorte è costituita da 1 750 soggetti. Si evidenzianorischi aumentati per tutte le cause considerate (N=1 068,SIR=126, IC95% 118;134) Tra i tumori maligni d’interesse apriori è stato rilevato un aumento significativo nel rischio ditumore al polmone (N=61, SIR=136, IC95% 104;174) e unaumento non significativo <strong>del</strong> rischio per tumore alla pleura(N=5, SIR=184, IC95% 59;429), per tumore allo stomaco(n=15, SIR=145, IC95% 81;240) e per tumore al naso (N=2,SIR=228, 26;822).Sono stati rilevanti eccessi di patologie non tumorali <strong>del</strong> sistemanervoso centrale tra cui la sclerosi laterale amiotrofica (N=5,SIR=293, IC90% 115;615) e il morbo di Parkinson (N=20,SIR=155, IC90% 103;225). Anche le patologie <strong>del</strong>l’apparatodigerente hanno un rischio aumentato (N=429, SIR=111,IC95% 102;122). Le analisi stratificate evidenziano un eccessoper tutte le cause considerate all’aumentare di durata e latenza.Si rileva inoltre che la maggior parte dei casi si concentra nellecategorie superiori ai 20 anni.Conclusioni. L’aumento nel rischio di tumore al polmone, organosegnalato dalla IARC come bersaglio accertato, è di particolareimportanza. Il risultato si basa su un alto numero dicasi e, sebbene non sia possibile controllare per abitudine alfumo, è difficile supporre che nella coorte la percentuale di fumatoriabituali sia così più alta di quella <strong>del</strong>la popolazione diriferimento da poter spiegare tutto l’eccesso.Si può escludere inoltre che le malattie <strong>del</strong>l’apparato digerentesiano dovute allo stile di vita poiché le patologie traccianti <strong>del</strong>consumo di alcol non risultano in eccesso. Alcuni studi hannoipotizzato esposizioni professionali come responsabili di SLA eParkinson: sono in corso accertamenti con il registro regionale.L’andamento <strong>del</strong> SIR per tutte le cause può essere interpretatocome spia di un cattivo stato di salute conseguente a esposizionimultiple. Un’analisi sulla mortalità <strong>del</strong>la coorte servirà peresaminare meglio quest’aspetto. La scarsità <strong>del</strong>le informazionisulle esposizioni rappresenta il limite più importante di questolavoro: sarebbe necessario acquisire ulteriori informazionisulle sostanze utilizzate e sugli anni di impiego.211ASSOCIAZIONE TRA ESPOSIZIONE OCCUPAZIONALE ADASBESTO E COLANGIOCARCINOMA: RISULTATI DI UNAANALISI CASO-CONTROLLOBrandi G, 1 Farioli A, 2 Di Girolamo S, 1 Curti S, 2 De Rosa F, 1 ViolanteFS, 2 Biasco G, 1 Mattioli S 21 Dipartimento di ematologia e scienze oncologiche «L.E.A. Seragnoli»,Policlinico Sant’Orsola Malpighi, Università di Bologna, Italia; 2 Sezionedi medicina <strong>del</strong> lavoro, Dipartimento di medicina interna, <strong>del</strong>l’invecchiamentoe malattie nefrologiche, Università di Bologna, ItaliaIntroduzione. L’associazione tra esposizione occupazionale adasbesto e rischio di neoplasie <strong>del</strong> tratto gastrointestinale è stataipotizzata, ma le evidenze restano limitate. Una correlazione tral’esposizione professionale a fibre di anfiboli e la loro presenzanel tessuto epatico è riportata in letteratura; le fibre presenti nelparenchima potrebbero causare infiammazione cronica <strong>del</strong>lecellule dei dotti biliari, aumentando il rischio d’innesco di processineoplastici.Obiettivi. Scopo di questo studio è esplorare, tramite un’analisidi tipo caso-controllo, la possibile associazione tra esposizioneoccupazionale ad asbesto e rischio di colangiocarcinoma.Metodi. Sono stati inclusi nello studio i pazienti che si sono presentatipresso il centro per la diagnosi e cura <strong>del</strong> colangiocarcinoma<strong>del</strong> Policlinico Sant’Orsola Malpighi tra il 2007 e il 2011.Sono stati individuati 69 casi di colangiocarcinoma intraepatico(CCI) e 86 casi di colangiocarcinoma extraepatico (CCE). Lapopolazione di controllo è stata costruita utilizzando soggetti originariamentecampionati e intervistati (come controlli) per lostudio eziologico di altre patologie di possibile origine occupazionale,non associate all’esposizione ad asbesto. Quando possibile,i casi sono stati appaiati individualmente a 4 controlli inbase a: nascita (fasce di 5 anni), sesso e provenienza.L’esposizione occupazionale ad asbesto è stata valutata, incieco, da due medici <strong>del</strong> lavoro, sulla base <strong>del</strong>la storia lavorativadei soggetti. CCI e CCE sono stati studiati separatamentecon mo<strong>del</strong>li di regressione logistica condizionati alle variabilidi appaiamento e aggiustati per abitudine tabagica (mai fumatorivs. fumatori/ex fumatori) e classe socioeconomica (classificazioneNS-SEC a tre livelli).Risultati. Sono stati appaiati 41 casi di CCI (mediana <strong>del</strong>l’annodi nascita: 1946, intervallo interquartile 1938-1956; uomini:56%) a 149 controlli (mediana <strong>del</strong>l’anno di nascita: 1947, intervallointerquartile 1938-1956; uomini: 56%) e 59 casi diECC (mediana <strong>del</strong>l’anno di nascita: 1945, intervallo interquartile1935-1955; uomini: 51%) a 212 controlli (mediana <strong>del</strong>l’annodi nascita: 1945, intervallo interquartile 1938-1955; uomini:48%). Per 55 casi l’appaiamento non è stato possibile acausa <strong>del</strong>la mancanza di controlli con la medesima provenienza.55 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Le analisi hanno evidenziato un aumento di rischio di CCI peri lavoratori esposti ad asbesto (odds ratio aggiustato=4.81, intervallodi confidenza al 95% 1.73;13.33); al contrario, nessunachiara evidenza di associazione tra CCE ed esposizione adasbesto è emersa (odds ratio aggiustato=2.09, intervallo di confidenzaal 95% 0.83;5.27).Per valutare la presenza di referral bias (selezione dovuta all’areadi afferenza <strong>del</strong>la struttura ospedaliera) è stata condotta un’analisidi sensibilità considerando solo i pazienti <strong>del</strong>la provincia diBologna. I risultati si sono rivelati sovrapponibili a quelli <strong>del</strong>l’analisiprincipale.Conclusioni. I risultati <strong>del</strong>la nostra analisi esplorativa supportanol’ipotesi che il rischio di CCI possa aumentare tra gliesposti ad asbesto; al contrario, nessuna evidenza è emersa peril CCE. Meccanismi eziopatogenetici differenti per il CCI e ilCCE sono già stati ipotizzati in letteratura a causa dei diversitrend temporali d’incidenza <strong>del</strong>le due neoplasie e <strong>del</strong>la differentederivazione embriologica dei tessuti dei dotti biliari intraepaticied extraepatici. Per confermare l’esistenza di un’associazione traCCI ed esposizione ad asbesto (che potrebbe essere passatainosservata nelle coorti occupazionali per la sua rarità e per lostudio frequentemente congiunto di tutte le neoplasie epatiche,oltreché, specie in passato, per possibile misclassificazione diagnostica)è necessaria l’esecuzione di studi caso-controllo cheprevedano la raccolta di dettagliate informazioni relative all’esposizionead asbesto e ai possibili confondenti.166MORTALITÀ PER CAUSA DEGLI ADDETTI AI PROCESSI DIRACCOLTA,TRASFORMAZIONE E SMALTIMENTO DEI RIFIUTISOLIDI URBANI A ROMANarduzzi S, Ancona C, Mataloni F, Davoli M, Forastiere FDipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> Servizio sanitario regionale, RegioneLazioIntroduzione. Gli addetti alla raccolta e al trattamento dei rifiutisolidi urbani (RSU) sono esposti a diversi inquinanti tra i qualimetalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici, idrogeno solforato,polveri organiche, endotossine, batteri e funghi.Obiettivo. Nel quadro di ERAS Lazio, l’obiettivo di questo studioè valutare lo stato di salute <strong>del</strong>le coorti di lavoratori addettialla raccolta, al trasporto e al conferimento in discarica dei rifiutisolidi urbani (RSU) in servizio presso l’azienda per la gestioneintegrata dei servizi ambientali di Roma (AMA) e la discaricadi Malagrotta. In particolare, si vuole valutare il rischiodi mortalità specifico per cause tumorali, patologie respiratorie,infettive e gastrointestinali, e per traumatismi.Metodi. Sono stati arruolati nella coorte tutti i lavoratori (4 132operai addetti alla raccolta, 24.8% donne, 1 088 autisti e 106addetti alla discarica) residenti a Roma, in servizio al01/01/1994 o assunti nel periodo di follow-up, con almeno seimesi di esposizione. L’accertamento <strong>del</strong>lo stato in vita al 31 dicembre2009 è stato effettuato attraverso una procedura di recordlinkage con l’anagrafe <strong>del</strong> Comune di Roma e con il Registronominativo <strong>del</strong>le cause di morte (ReNCaM.) <strong>del</strong>laRegione Lazio. Sono stati calcolati gli anni-persona e i rapportistandardizzati di mortalità genere e causa specifici, aggiustatiper età, con metodo indiretto utilizzando come riferimento itassi di mortalità <strong>del</strong>la Regione Lazio (SMR e IC al 95%).Risultati. Nel periodo in studio si sono osservati 157 decedutitra gli addetti alla raccolta (150 uomini e 7 donne), 42 decedutitra gli autisti e 5 deceduti tra gli addetti alla discarica. Dall’analisi<strong>del</strong>la mortalità <strong>del</strong>le tre coorti in studio si evidenzia perle coorti degli addetti alla raccolta e degli autisti una riduzione<strong>del</strong>la mortalità generale rispetto al riferimento regionale (SMRaddetti alla raccolta: 0.80, IC95% 0.68;0.94 tra gli uomini eSMR: 0.72, IC95% 0.29;1.48 tra le donne; SMR autisti:0.67, IC95% 0.48;0.90 ) in particolare per le malattie <strong>del</strong> sistemacircolatorio tra gli uomini (SMR: 0.72 e 0.46 per addettialla raccolta e autisti, rispettivamente).La mortalità per patologie tumorali e apparato respiratorio nonsi discosta dal riferimento regionale. Nella coorte degli addettialla discarica, gli SMR mostrano una mortalità per causa similealla popolazione di riferimento (SMR tutte le cause: 1.09,IC95% 0.36;2.55). Nel complesso dei lavoratori AMA disesso maschile si è osservato un eccesso di mortalità per malattieinfettive, in particolare tubercolosi (SMR: 6.64, IC95%0.80;23.98, basato su due casi osservati) ed epatite virale(SMR: 2.21, IC95% 0.89;4.55, basato su sette casi osservati).Conclusioni. La riduzione di mortalità osservata conferma l’esistenzadi un “effetto lavoratore sano” tra gli addetti al ciclo <strong>del</strong>trattamento degli RSU a Roma, a eccezione di un eccesso dimortalità per malattie infettive, in particolare tubercolosi.161LA PRECARIETÀ AUMENTA IL RISCHIO INFORTUNISTICO?UN’ANALISI SVOLTA SU UN PANEL INPSGiraudo M, 1 Bena A, 1 Leombruni R 21 SCaDU Scuola di sanità pubblica,ASL TO3, Torino; 2 Università degli studidi Torino e Laboratorio R. RevelliIntroduzione. Alla fine degli anni Novanta si è assistito in Italiaa un’importante deregolamentazione <strong>del</strong>le istituzioni <strong>del</strong>mercato <strong>del</strong> lavoro. Ciò ha portato, soprattutto nei giovani, allaframmentazione <strong>del</strong>le carriere lavorative, e con essa, a un aumento<strong>del</strong>la precarietà. Numerosi studi hanno dimostrato chela breve durata degli episodi di lavoro, associata alla poca esperienza,ha effetti negativi sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori.E’ stato inoltre dimostrato che la precarietà è la primacausa di stress sul lavoro in Europa. La letteratura suggerisce diutilizzare fonti informative longitudinali per studiare efficacementequesto fenomeno. In Italia sono pochi gli studi chehanno affrontato questa tematica.Obiettivi. L’obiettivo di questo lavoro è descrivere la frammentazione<strong>del</strong>le carriere in Italia negli anni Duemila. Quindi,individuando i profili di carriera più frequenti, determinarequal è il legame presente tra le diverse tipologie di carriera lavorativae il rischio infortunistico.Metodi. Dagli archivi INPS è stato estratto un campione corrispondenteal 7% dei lavoratori nel settore privato, per cui è56 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1stata ricostruita la carriera lavorativa dal 1985 al 2005. A questisoggetti sono stati agganciati, tramite record linkage su baseindividuale (mediante il codice fiscale criptato), gli infortunisul lavoro accaduti tra il 1994 e il 2005, estratti dagli archiviINAIL. Il database ottenuto, chiamato Whip-Salute, contienecirca 1 200 000 episodi lavorativi e 38 000 infortuni per ognianno. Attraverso un’analisi dei cluster è stato possibile raggrupparegli individui secondo diversi profili di carriera. Perogni gruppo sono stati calcolati i rischi infortunistici grezzi econtrollati per caratteristiche individuali e di contesto, attraversoun mo<strong>del</strong>lo di Poisson. Le analisi sono ristrette agli uominicon qualifica di apprendista e operaio.Risultati. L’analisi <strong>del</strong>le storie individuali ha mostrato come trail 1998 e il 2003 il numero medio di episodi lavorativi per lavoratoreè cresciuto nel tempo. Parallelamente, la durata mediadegli episodi è diminuita, confermando il fenomeno <strong>del</strong>la frammentazione<strong>del</strong>le carriere. Il rischio infortunistico grezzo neglianni 1998-2003 per i lavoratori con carriera frammentata (4-5episodi lavorativi negli ultimi 5 anni) rispetto a quelli stabili (carrieralavorativa formata da un solo contratto a tempo indeterminatodi durata superiore ai 3 anni) è 1.84 (IC95% 1.49;2.28).L’età è un fattore importante nella determinazione <strong>del</strong> rischio;per questo sarà effettuato un approfondimento nei giovani.L’analisi multivariata indica che, anche controllando per possibiliconfondenti (età, cittadinanza, attività economica, areageografica), i lavoratori con carriere frammentate presentanoun rischio infortunistico pari a 1.60 (IC95% 1.25;2.06) rispettoai lavoratori stabili.Conclusioni. I risultati preliminari indicano che la frammentazione<strong>del</strong>le carriere è associata a un rischio infortunistico piùalto rispetto ai lavoratori stabili. Attraverso la cluster analysis saràpossibile identificare le tipologie di carriera più frequenti.Questo permetterà di rappresentare il legame tra precarietà esicurezza <strong>del</strong> lavoro in modo più completo. Il database Whip-Salute permette, per la prima volta in Italia, di studiare longitudinalmentele carriere dei lavoratori e di approfondire le conseguenzesulla sicurezza che ne derivano.158COSTI SANITARI DEGLI INCIDENTI STRADALI NELLAREGIONE LAZIOChini F, Farchi S, Giorgi Rossi P, Camilloni L, Borgia P, Guasticchi GLaziosanità, Agenzia sanità pubblica Regione LazioIntroduzione. Gli incidenti stradali (IS) rappresentano un problemadi sanità pubblica molto rilevante, per l’alto numero dimorti e di invalidità permanenti e temporanee che causano. Aquesto si aggiungono gli enormi costi sociali e umani, di cui icosti sanitari costituiscono una parte rilevante. In Italia pochesono le stime dei costi sanitari, e spesso si basano sui dati <strong>del</strong>larilevazione Istat, che non tengono conto <strong>del</strong>la gravità degli esitinon fatali.Nella Regione Lazio è consolidata da tempo una sorveglianzadegli IS basata sull’integrazione dei dati <strong>del</strong>le strutture <strong>del</strong>l’emergenzacon altre informazioni di carattere sanitario.Obiettivo. Scopo di questo lavoro è fornire una stima dei costisanitari, ivi inclusi i costi per la riabilitazione, degli IS nonmortali avvenuti nell’anno 2008 attraverso il sistema di sorveglianzaimplementato.Metodi. Fonti dei dati: sistema informativo emergenza sanitaria(SIES) 2008; sistema informativo ospedaliero (SIO) 2008-09;rapporto accettazione dimissione riabilitazione (RAD-R) 2008-09; sistema informativo assistenza riabilitativa 2008-09.Sorveglianza integrata. Sono stati utilizzati gli accessi in prontosoccorso (PS) con diagnosi di trauma (ICD9-CM 800-995) eluogo <strong>del</strong> trauma strada. Per tutti i pazienti selezionati è stataricostruita la loro eventuale storia di ospedalizzazione e riabilitativaattraverso una procedura di record linkage deterministicocon rispetto <strong>del</strong>le normative vigenti sulla privacy.Analisi. Dal database integrato sono stati rilevati i costi sanitari,distinguendoli tra costi di PS, ricovero e riabilitazione. I costi dipronto soccorso sono stati stimati attraverso una valorizzazioneforfettaria <strong>del</strong> codice triage, mentre per i costi di ricovero e riabilitazioneci si è basati sulla valorizzazione <strong>del</strong> DRG.Per identificare i fattori in grado di spiegare la variabilità <strong>del</strong> costomedio per la cura degli IS è stato costruito un mo<strong>del</strong>lo di regressionemultivariata utilizzando le seguenti variabili: sesso,età, triage, lunghezza <strong>del</strong>la degenza, indice di Barthel e sede corporea<strong>del</strong>la lesione. Poiché i costi totali avevano una distribuzioneasimmetrica, è stata usata una trasformazione logaritmica così daapprossimare sufficientemente una distribuzione normale.Risultati. Nel corso 2008 nella Regione Lazio sono stati registraticirca 153 000 accessi in PS per IS. I costi sanitari sonorisultati pari a circa 73 milioni di euro con un costo medio perpersona di 474 euro. Circa l’80% <strong>del</strong>la spesa sanitaria è imputabilea cure ricevute in PS e in regime di ricovero, mentreil restante 20% per successive attività di riabilitazione. Rilevanteil costo medio di 18 000 euro per i soggetti che si sottopongonoa riabilitazione con un punteggio <strong>del</strong>l’indice di Barthelall’accettazione inferiore a 50.Dal confronto tra incidenza e costo per sede corporea emergecome i traumatismi intracranici, le lesioni <strong>del</strong> midollo spinalee le lesioni multiple mostrano un elevato rapporto costo/incidenza,rispetto alle altre sedi coinvolte.L’analisi multivariata ha spiegato circa l’80% <strong>del</strong>la variabilitàdei costi sanitari totali. Le variabili che sono risultate strettamentecorrelate con costi più elevati sono l’età, la gravità <strong>del</strong>lelesioni (triage rosso e presenza di un ricovero ospedaliero), unbasso punteggio <strong>del</strong>l’indice di Barthel, la presenza di una lesionespinale e l’aver riportato una frattura.Conclusioni. Il presente studio costituisce uno dei pochi tentativiitaliani di stimare i costi sanitari degli IS i attraverso l’utilizzodei sistemi informativi correnti, nel quale particolare rilevanzaviene data ai costi sanitari per interventi riabilitativi.57 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione Parallela8 novembreMetodi per l’epidemiologiaModeratori:Enzo Coviello, Lorenzo Richiardi17RECENTI SVILUPPI METODOLOGICI IN EPIDEMIOLOGIAAMBIENTALE: DISTRIBUTED LAG NON-LINEAR MODELS EMETANALISI MULTIVARIATAGasparrini ALondon School of Hygiene and Tropical MedicineIntroduzione. Numerosi studi di serie temporale hanno esaminato,negli ultimi anni, gli effetti sulla salute di determinantiambientali quali inquinamento atmosferico e temperatura.Ciononostante, lo studio di tali associazioni è spesso complicatoda limiti metodologici che caratterizzano i mo<strong>del</strong>li statisticitradizionalmente utilizzati. Tali limitazioni sono attribuibilialla complessa relazione dose-risposta di associazionipotenzialmente non-lineari e ritardate nel tempo, e alla necessitàdi combinare stime da più città/popolazioni in un disegnotwo-stage.Obiettivi. Questo contributo descrive due recenti innovazionimetodologiche proposte nel campo degli studi di serie temporalein epidemiologia ambientale, basate su “distributed lagnon-linear mo<strong>del</strong>s” (DLNMs) e tecniche di metanalisi e metaregressionemultivariata (MV-meta).Metodi. I DLNMs permettono di descrivere in modo flessibilerelazioni dose-risposta simultaneamente non-lineari e ritardatenel tempo, mediante la definizione di due funzioni che descrivonol’associazione nello spazio <strong>del</strong> predittore e in quellodei lag. La MV-meta estende le tecniche metanalitiche tradizionali,permettendo la sintesi di molteplici parametri correlatitra loro, e può essere applicata per sintetizzare le stime direlazioni complesse ottenute da più studi. I due metodi sonoimplementati nei package “dlnm” e “mvmeta” <strong>del</strong> software R,sviluppati dall’autore.Risultati. Le due tecniche sono applicate per esaminare l’associazionetra mortalità, inquinamento atmosferico e temperatura,utilizzando dataset comprendenti dati di serie temporaleper numerose città. Tra gli altri, viene presentata l’analisi <strong>del</strong>l’effettonon-lineare <strong>del</strong>la temperatura e <strong>del</strong>l’effetto ritardato<strong>del</strong>l’ozono sulla mortalità generale, in 98 città degli Stati Uniti.I vantaggi <strong>del</strong>le due metodologie sono descritti, in confrontocon approcci standard basati su mo<strong>del</strong>li tradizionali. Infine,sono discussi le attuali limitazioni e i possibili sviluppi teoricie metodologici.Conclusioni. I due framework statistici qui presentati permettonodi estendere i mo<strong>del</strong>li comunemente utilizzati in studi diepidemiologia ambientale, fornendo strumenti più adeguatiallo studio di fenomeni complessi, quali gli effetti sulla salutedi temperature estreme e inquinamento atmosferico. L’implementazionein un software gratuitamente accessibile permetteinoltre di replicare e estendere le analisi in altri dataset.24APPLICAZIONE DEI MODELLI DI BESAG, YORK E MOLLIÉPER LA STIMA DELLA SEGREGAZIONE DELLE PERSONESOCIOECONOMICAMENTE DEPRIVATE NEL TERRITORIOTORINESEDemaria M, 1 Marinacci C, 2 Costa G 31 Centro regionale per l’epidemiologia e la salute ambientale, Agenziaregionale per la protezione ambientale, Regione Piemonte; 2 S.C.a D.U.Scuola di Sanità pubblica, ASL TO3; 3 Dipartimento di scienze cliniche ebiologiche, Università di TorinoIntroduzione. Una crescente documentazione riporta gli effetti<strong>del</strong> luogo di residenza sulla salute, indipendenti dagli effetti<strong>del</strong>le condizioni sociodemografiche <strong>del</strong>le persone che vi abitano.Alcuni autori hanno ipotizzato come sia condizioni fisicheo infrastrutturali <strong>del</strong> territorio, sia aspetti legati al gradoe alla qualità <strong>del</strong>le relazioni sociali possano spiegare l’influenzaindipendente <strong>del</strong> luogo di residenza sulla salute. Numerosi indicisono stati sviluppati per misurare la segregazione nel territoriodi individui con specifiche caratteristiche, corrispondentia differenti definizioni concettuali. Il grado con cuiaree abitate da minoranze tendono a essere spazialmente contiguerappresenta una <strong>del</strong>le possibili dimensioni concettuali <strong>del</strong>fenomeno.Obiettivi. Il presente lavoro si propone di applicare i mo<strong>del</strong>lidi Besag, York e Mollié (BYM) per stimare il grado di clusterizzazionedi individui con alta deprivazione socioeconomicanei territori <strong>del</strong>le circoscrizioni torinesi.Metodi. Sono state utilizzate le informazioni <strong>del</strong>lo Studio longitudinaletorinese, sistema longitudinale che interconnette informazionidi fonte sanitaria e censuaria attraverso proceduredi record linkage, per la popolazione residente a Torino a partiredal 1971. Per il presente approfondimento sono state utilizzatele informazioni rilevate negli ultimi 4 censimenti <strong>del</strong>la58 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1popolazione; tali informazioni hanno permesso di calcolare, perogni sezione censuaria <strong>del</strong>la città, il numero di persone conbassa istruzione (al più licenza elementare) a distanza di un decenniodal 1971 al 2001.Per ognuna <strong>del</strong>le dieci circoscrizioni cittadine (aggregati contenentiin media 340 sezioni censuarie popolate) sono stati stimatimo<strong>del</strong>li BYM sul numero atteso di persone con bassaistruzione, ipotizzandovi una distribuzione di Poisson, il cui parametroè stato mo<strong>del</strong>lato come funzione lineare di una componentedi eterogeneità spazialmente strutturata e di una nonspazialmente strutturata. Per ciascuna circoscrizione, il gradodi segregazione <strong>del</strong>la popolazione con bassa istruzione nel proprioterritorio è stato stimato attraverso la distribuzione a posteriori<strong>del</strong>la varianza <strong>del</strong>la componente spazialmente strutturata(σ 2 clu) e <strong>del</strong> rapporto σ 2 clu /(σ 2 clu + σ 2 ete), quest’ultimocome espressione <strong>del</strong>l’importanza relativa <strong>del</strong>la componentestrutturata rispetto a quella non strutturata.Risultati. Le stime a posteriori <strong>del</strong>le varianze <strong>del</strong>le componentidi clustering mostrano una generale tendenza a decrescere neltempo in tutte le circoscrizioni; la graduatoria <strong>del</strong>le circoscrizioniin base al valore di tali stime mostra un buon livello diconcordanza tra i 4 censimenti (Fleiss kappa=0.39; p


SESSIONI PARALLELEe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1239METODI ALGEBRICI PER LO STUDIO DELL’INTERAZIONE TRAVARIABILI EPIDEMIOLOGICHERicceri F, 1,2 Fassino C, 3 Matullo G, 1,2 Roggero M, 4 Torrente ML, 3Vineis P, 1,5 Terracini L 41 Human genetics foundation, HuGeF,Torino; 2 Dipartimento di genetica,biologia e biochimica, Università di Torino; 3 Dipartimento di matematica,Università di Genova; 4 Dipartimento di matematica, Università diTorino; 5 Imperial College London, Londra, UKIntroduzione. Lo studio <strong>del</strong>l’interazione tra le variabili è un argomentoepidemiologico di grande interesse e fra i più dibattutidal punto di vista metodologico. In particolare, lo studio<strong>del</strong>l’interazione gene-gene e gene-ambiente si è reso quanto mainecessario nell’era degli studi di associazione genome-wide(GWA), viste le assai piccole modificazioni dei rischi identificateda questo tipo di studi sul singolo locus.I metodi attualmente presenti per lo studio <strong>del</strong>l’analisi di interazione(regressione logistica, approcci di data-mining e analisibayesiane) presentano numerosi svantaggi. In particolare,laddove siano fondati su una base teorica solida, sono di difficileinterpretazione, e viceversa.Obiettivi. In questo studio proponiamo un nuovo metodo cheutilizza la statistica algebrica e l’algebra computazionale per indagarel’indipendenza di tre variabili aleatorie.Metodi. Abbiamo identificato il mo<strong>del</strong>lo di indipendenza algebricoadatto a descrivere la dipendenza tra due polimorfismie l’occorrenza di cancro (e in generale tra due variabili esplicativee una patologia). Abbiamo quindi sfruttato la teoria <strong>del</strong>levarietà toriche e <strong>del</strong>le basi di Groebner per sviluppare un testesatto di indipendenza basato sull’algoritmo di Diaconis-Sturmfels(una modificazione <strong>del</strong> più noto algoritmo di Metropolis-Hastings).Per testare l’algoritmo abbiamo costruito una routine in Maplee abbiamo applicato il nostro metodo allo studio Gen-Air, unostudio caso-controllo innestato nella coorte EPIC (“Europeanprospective investigation into cancer and nutrition”) sul tumore<strong>del</strong> polmone, <strong>del</strong>la vescica e sulle leucemie (in non fumatori). Perciascun soggetto <strong>del</strong>lo studio sono stati genotipizzati 35 polimorfismiin 28 geni metabolici e di riparazione <strong>del</strong> DNA.Per ciascuna coppia di polimorfismi abbiamo calcolato il p-valueesatto di interazione con lo status di malattia e abbiamo paragonatoi risultati ottenuti con il nostro metodo con i risultati<strong>del</strong> test asintotico chi-quadro di buon adattamento.Risultati. Le analisi sono state condotte su 124 casi di tumore<strong>del</strong>la vescica, 116 casi di tumore <strong>del</strong> polmone, 169 casi di leucemiae 757 controlli. E’ stata trovata un’associazione traCOMT Val158Met, APE1 Asp148Glu e il tumore <strong>del</strong>la vescica(p-value: 0.009). E’ stata inoltre identificata un’associazione traTP53 Arg72Pro, GSTP1 Ile105Val e il tumore <strong>del</strong> polmone (pvalue:0.00035). Si è inoltre osservata un’interazione tra le leucemiee le coppie: ERCC2 Lys751Gln e RAD51 172 G>T (pvalue:0.0072), ERCC2 Lys751Gln e LIG4 Thr9Ile (p-value:0.0095) e APE1 Asp148Glu e GSTP1 Ala114Val (p-value:0.0036).Il confronto con il metodo asintotico, laddove quest’ultimo potevaessere applicato, ha evidenziato una totale corrispondenzanei risultati significativi identificati con il nostro metodo. Invece,non tutti i risultati significativi ottenuti con il chi-quadrosono stati replicati, suggerendo un migliore controllo peri falsi positivi.Conclusioni. Il metodo che abbiamo proposto, basato sui risultati<strong>del</strong>l’algebra teorica e computazionale, si è dimostrato ingrado di identificare le interazioni tra varianti geniche e di controllareil problema dei confronti multipli. Tale metodo può essereapplicato per l’analisi di una qualsiasi interazione tra variabiliepidemiologiche, purché discrete o discretizzabili.Alla luce dei nostri risultati, crediamo che lo studio epidemiologico<strong>del</strong>l’interazione tra variabili possa beneficiare dei metodialgebrici basati sulle proprietà <strong>del</strong>le varietà toriche e <strong>del</strong>lebasi di Groebner.33IL RUOLO DELL’ETEROGENEITÀ NON OSSERVATA NELLESTIME DI MORTALITÀ DIFFERENZIALEZarulli V, 1 Marinacci C 21 Università di Roma “La Sapienza”, Dipartimento di scienze statistiche& Max Planck Institute for demographic research, Rostock, Laboratoryof survival and longevity; 2 ASL TO3, S.C. a D.U. Scuola di sanità pubblica,Grugliasco (TO)Introduzione. La letteratura sottolinea come gli individui differiscanoper il proprio livello di fragilità. Per quante covariatesi possano osservare, tale fragilità individuale mantiene unacomponente non osservabile. Le persone più fragili tendono amorire più precocemente, selezionando così la popolazione perla presenza di persone, via via, più robuste. Ciò si traduce inuna differenza tra dinamiche di rischio a livello di popolazionee a livello individuale. Fare inferenza su queste ultime a partiredalle prime, senza tenere conto <strong>del</strong>l’eterogeneità non osservata,può portare a stime distorte.L’eterogeneità non osservata è importante negli studi di mortalitàdifferenziale. In particolare in analisi <strong>del</strong>la sopravvivenza,se non tenuta in considerazione, tale componente distorcele stime anche se non è correlata con le variabili inanalisi.Obiettivi. Valutare la presenza di processi di selezione e analizzarei pattern di mortalità differenziale per livello di istruzionecontrollando per l’eterogeneità individuale non osservata, attraversoi frailty mo<strong>del</strong>s.Metodi. Lo studio utilizza i dati <strong>del</strong>lo Studio longitudinale torinese.Il presente approfondimento è stato condotto sullamortalità, dai 50 anni in poi, <strong>del</strong>la popolazione maschile censitaa Torino a partire dal 1971 e seguita fino al 2007. Il differenzialeper 3 livelli di istruzione (alta=almeno diploma superiore,media=licenza media inferiore, bassa=al più licenzaelementare) è analizzato stimando un parametric proportionalhazard mo<strong>del</strong> con e senza la componente di eterogeneità:µ i =(x,w,z)=zµ 0 (x)e βw idove per ogni individuo i, x è l’età alla morte, w i è il vettore60 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1di covariate con effetto β sul rischio di morte, µ 0 è la funzionedi rischio di base con forma Gompertz ae bx , z ∼ Gamma(1,σ 2 )è la componente di eterogeneità non osservata che si assumeseguire una distribuzione Gamma con media 1 e varianza σ 2 .Risultati. La tabella 1 riporta le stime dei parametri strutturali<strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo (A, B e σ 2 ) <strong>del</strong> parametro di coorte (la differenza,a parità di età, <strong>del</strong>le diverse coorti prese in considerazione) e irischi relativi per livello di istruzione e area di nascita. Controllandoper la componente di eterogeneità non osservata(Mo<strong>del</strong>lo Gamma-Gompertz) i differenziali per livello di istruzionerisultano più ampi e, come indicato dall’AIC, l’adattamento<strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo migliora significativamente.Conclusioni. Come evidenziato dalla letteratura, non tenereconto <strong>del</strong>la componente di eterogeneità individuale può portarea stime distorte dei rischi relativi in analisi <strong>del</strong>la sopravvivenza.I primi risultati di questo studio mostrano come nel casodegli uomini i differenziali per livello di istruzione verrebberosottostimati.Tabella 1. Follow up di mortalità da 50 anni di età <strong>del</strong>la popolazione maschile registrata ai censimenti tra il 1971 e il 2007.159HIERARCHICAL REGRESSION FOR MULTIPLE COMPARISONSIN A CASE-CONTROL STUDY OF OCCUPATIONAL RISKS FORLUNG CANCERCorbin M, 1,2 Vermeulen R, 3 Kromhout H, 3 Peters S, 3 Simonato L, 4Richiardi L, 1 Merletti F, 1 Pearce N, 2,5 Maule M 11 Cancer Epidemiology Unit, Department of Biomedical Sciences and HumanOncology, University of Turin, Italy; 2 Centre for Public Health Research,Massey University, Wellington, New Zealand; 3 Institute for RiskAssessment Sciences, Utrecht, the Netherlands; 4 Department of EnvironmentalMedicine and Public Health, University of Padua, Italy; 5 Departmentof Medical Statistics, Faculty of Epidemiology and PublicHealth, London School of Hygiene and Tropical Medicine, UKIntroduction. Occupational studies often involve the simultaneousanalysis of multiple exposures and may therefore report“false positive” statistically significant findings. Hierarchical regressionaims to improve the validity of standard maximumlikelihoodestimates (MLEs) in the presence of multiple comparisons.This method first incorporates common features ofthe exposures of interest into a second-stage mo<strong>del</strong> and thenestimates the effects through a semi-Bayes approach.Objectives. We applied hierarchical regression to a case-controlstudy of occupational risk for lung cancer and comparedthe resulting estimates with the MLEs and the estimates obtainedthrough traditional Semi-Bayes (SB) adjustment.Methods. The data on occupational histories of lung cancercases and population controls were collected between 1990 and1992 in two areas of Italy (Turin and the eastern part of theVeneto region). The current analysis was restricted to men andincluded 956 cases and 1 253 controls.In the first stage, the odds ratio (OR) for each occupation wasestimated through logistic regression. The second-stage mo<strong>del</strong>was built using a Job-Exposure Matrix (JEM) that classifies occupationsin three categories of exposure (none, low, high) toseveral lung carcinogens. This mo<strong>del</strong> yields a prior mean of theOR for each occupation according to its levels of exposure tothree selected carcinogens (asbestos, chromium and silica).More specifically, the prior means are estimated by weightedleast squares assuming a prior second-stage residual standarddeviation τ. Posterior ORs are then computed through aweighted average between the prior means and the MLEs.MLEs are pulled towards their respective prior means in sucha way that the smaller is τ, the stronger is the shrinkage. Tostudy the sensitivity of posterior estimates with varying valuesof τ, we set the latter to four different values: 0.23, 0.41, 0.59and 0.76, corresponding to the assumptions that 95% of ORslie within a 2.5, 5, 10 and 20 fold-range of each other, respectively.Traditional SB adjustment was performed assuming an a prioritrue standard deviation of 0.5 (implying that 95% of ORslie within a 7-fold range of each other), separately for twogroups of occupations (white-collar workers occupations andblue-collar workers occupations).61 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Results. Hierarchical regression estimates (HREs) are more precisethan MLEs. The average width of the 95% confidence intervalsis 2.35 for MLEs, and 1.56 and 0.80 for HREs withτ = 0.76 and τ = 0.23, respectively. Both graphs in Figure 1show that the further the MLEs are from the null value, themore scattered the HREs and the larger their distance fromtheir correspondent MLEs. This illustrates the fact that extremeestimates, which are more likely to be unstable, are stronglypulled towards their prior mean. This effect is stronger forsmaller values of τ. SB adjustment with an a priori true standarddeviation of 0.5 provides estimates that are less scatteredand more penalized than HREs (i.e. some estimates which areincreased through hierarchical regression are shrunk towardsthe null value through SB adjustment). In other words, by usingpriors (based on the known levels of exposures of theJEM) that are more informative than SB estimation (based ona rough distinction between blue- and white-collar workers),hierarchical regression performs a more appropriate shrinkage.Conclusions. Hierarchical regression can be used to address theproblem of multiple comparisons by providing more valid ORestimates in occupational studies. It is less arbitrary than traditionalSB adjustment since shrinkage is performed withingroups of occupations with similar levels of exposure to the selectedcarcinogens.Figure 1. Scatter plots of HREs vs. MLEs with τ = 0.76, HREs vs. MLEs with τ = 0.23 and SB Estimates vs. MLEs with true standard deviation=0.5 (from left to right)62 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-96WWW.EPIPREV.ITSessione Plenaria9 novembreI puzzle <strong>del</strong>la geografia italiana<strong>del</strong>la sanitàModeratori:Fulvio Moirano (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, Roma)Nerina Dirindin (Dip. Scienze economiche e finanziarie, Università Torino)L’epidemiologia in questi anni ha dedicato parecchia attenzione alla misura dei processi e degli esiti <strong>del</strong>l’assistenza e alla valorizzazione<strong>del</strong>la conoscenza epidemiologica per migliorare il funzionamento <strong>del</strong>la sanità. Alla luce di questi risultati si può concludereche la sanità italiana sia ancora caratterizzata da disuguaglianze geografiche? E, se sì, come si possono correggere?Un primo contributo riassumerà e interpreterà le principali differenze nel modo con cui i diversi livelli di assistenza vengonofruiti nel Paese, soprattutto quelli ospedalieri: da questo profilo sembrano emergere mo<strong>del</strong>li diversi con cui bisogno domandae offerta si incontrano tra gli italiani di diverse aree geografiche; quali implicazioni hanno queste differenze per il federalismosanitario?Un secondo contributo leggerà le stesse differenze dal punto di vista <strong>del</strong>la qualità e degli esiti, mettendo in evidenza, da un lato,alcune regolarità nei divari geografici che rimandano a responsabilità strutturali e di sistema, dall’altro, una grande variabilitàall’interno <strong>del</strong>le stesse aree geografiche, fatto che rinvia alla responsabilità degli erogatori.L’ultimo contributo rifletterà su una specifica area <strong>del</strong>l’offerta, quella <strong>del</strong>le reti oncologiche, per comprendere con questo esempiose ci siano differenze geografiche nella capacità di costruire reti assistenziali che costituiscono un investimento di promozione<strong>del</strong>la qualità nei processi e nei risultati, e quale ruolo abbia giocato in questo senso la diversa disponibilità geografica diconoscenza epidemiologica.LE DIFFERENZE GEOGRAFICHE NELL’OFFERTA SANITARIACarlo Zocchetti, Direzione generale sanità, Regione LombardiaIL PIANO NAZIONALE ESITI (PNE): I CITTADINI HANNO UGUALI DIRITTI A CURE EFFICACI E APPROPRIATE?Carlo Perucci, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, Roma❖❖❖IL RUOLO DELLE RETI ASSISTENZIALI COME FATTORE DI PROMOZIONE DI REGOLE, DI APPROPRIATEZZA E DI CAPACITÀDI RICERCA: LA QUALITÀ DELL’ASSISTENZA ONCOLOGICANereo Segnan, CPO Piemonte, Azienda ospedaliera S. Giovanni Battista di Torino63 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione Parallela9 novembreAmbiente 2Moderatori:Lucia Bisceglia, Benedetto Terracini256IL PROGETTO SENTIERI: METODI E PRINCIPALI RISULTATIPirastu R, 1 Iavarone I, 2 Pasetto R, 2 Zona A, 2 Mitis F, 3 Martuzzi M, 3Musmeci L, 2 Conti S, 4 Bianchi F, 5 Forastiere F, 6 Comba P 21 Dipartimento di biologia e biotecnologie “Charles Darwin” - Sapienza,Università di Roma; 2 Dipartimento ambiente e connessa prevenzioneprimaria, Istituto superiore di sanità, Roma; 3 Centro europeo ambientee salute, Organizzazione mondiale <strong>del</strong>la sanità, Roma; 4 Ufficio di statistica,Istituto superiore di sanità, Roma; 5 Istituto di fisiologia clinica,Consiglio nazionale <strong>del</strong>le ricerche, Pisa; 6 Dipartimento di epidemiologia<strong>del</strong> Servizio sanitario regionale <strong>del</strong> LazioIntroduzione. Il Progetto SENTIERI descrive lo stato di salute<strong>del</strong>le popolazioni residenti in prossimità di grandi centriindustriali attivi o dismessi, o di aree oggetto di smaltimentodi rifiuti industriali e pericolosi caratterizzati da unquadro di contaminazione ambientale e di rischio sanitarioche ha determinato il riconoscimento di “Siti di interesse nazionaleper le bonifiche” (SIN).Obiettivi. SENTIERI ha l’obiettivo di valutare lo stato di salutedei residenti nei SIN, in particolare per le cause di morteper le quali le esposizioni ambientali nel SIN svolgono unruolo eziologico certo o sospetto.Metodi. Per 44 SIN inclusi in SENTIERI è stata analizzatala mortalità per il periodo 1995-2002 per 63 cause calcolando:il tasso grezzo, il tasso standardizzato, il rapportostandardizzato di mortalità (SMR) e rapporto standardizzatodi mortalità corretto per un indice di deprivazione socioeconomicaad hoc (ID SENTIERI); il riferimento per gliSMR è regionale.Risultati. In cinque dei sei SIN definiti per la presenza diamianto (Balangero, Emarese, Casale Monferrato, Broni,Bari-Fibronit e Biancavilla) sono presenti eccessi per mesoteliomapleurico, in quattro i risultati sono coerenti in entrambii generi. Nei SIN di Pitelli, Massa Carrara, Priolo eLitorale Vesuviano, definiti per la presenza di altre sorgentidi inquinamento oltre all’amianto, la mortalità per mesoteliomapleurico è in eccesso in entrambi i generi. Nel periodo1995-2002 nei dodici SIN con amianto sono osservati 416casi di mesotelioma in eccesso rispetto all’atteso.A Gela e Porto Torres per gli eccessi di mortalità per tumorepolmonare e malattie respiratorie non tumorali, patologie coneziologia multifattoriale, è stato suggerito un ruolo <strong>del</strong>leemissioni di raffinerie e poli petrolchimici, a Taranto e nelSulcis-Iglesiente-Guspinese un ruolo <strong>del</strong>le emissioni deglistabilimenti metallurgici. L’inquinamento ambientale ha unpossibile un ruolo eziologico negli eccessi di mortalità permalformazioni congenite e condizioni morbose perinatali aMassa Carrara, Falconara, Milazzo e Porto Torres. Per le insufficienzerenali un ruolo causale di metalli pesanti IPA ecomposti alogenati è stato suggerito a Massa Carrara, Piombino,Orbetello, basso bacino <strong>del</strong> fiume Chienti e Sulcis-Iglesiente-Guspinese.Eccessi per malattie neurologiche, per lequali è possibile un ruolo eziologico di piombo, mercurio esolventi organoalogenati, sono stati osservati a Trento Nord,Grado e Marano e nel basso bacino <strong>del</strong> fiume Chienti. L’incrementodei linfomi non-Hodgkin a Brescia è messo in relazionecon la contaminazione diffusa da PCB.Le stime globali <strong>del</strong>la mortalità nell’insieme dei SIN mostranoun totale di 403 692 decessi (uomini e donne) con uneccesso rispetto all’atteso di 9 969 casi (SMR=102.5%,IC90% 102.3;102.8), una media di oltre 1 200 casi annui.Conclusioni. In SENTIERI la presenza di eccessi di mortalitàindica un ruolo di esposizioni ambientali con un gradodi persuasività scientifica che dipende dai diversi, specificicontesti. I risultati sono stati discussi privilegiando le ipotesieziologiche sostenute dalle evidenze scientifiche valutate apriori, considerando anche il possibile confondimento <strong>del</strong>ladeprivazione socioeconomica. Un profilo di mortalità chenon differisce dal riferimento può riflettere l’assenza di esposizionirilevanti, ma anche l’inadeguatezza o <strong>del</strong>l’indicatore sanitarioutilizzato (mortalità invece di incidenza) rispetto altipo di esposizioni presenti, o <strong>del</strong>la finestra temporale nellaquale si analizza la mortalità rispetto a quella rilevante da unpunto di vista <strong>del</strong>l’esposizione.La condivisione dei risultati con i Ministeri <strong>del</strong>la salute e <strong>del</strong>l’ambiente,le Regioni, le ASL, le ARPA e i Comuni interessatiè essenziale per attivare sinergie fra le strutture pubblichecon competenze in materia di protezione <strong>del</strong>l’ambiente e ditutela <strong>del</strong>la salute che sono la base di un processo di comunicazionecon la popolazione scientificamente fondato etrasparente.64 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEMONITORAGGIO DELLO STATO DI SALUTE MATERNO-IN-FANTILE DI RESIDENTI IN QUARTIERI PROSSIMI A UN SITOINQUINATO DI INTERESSE NAZIONALEGuarda L, Pironi V, Ricci PServizio epidemiologico, ASL provincia di MantovaIntroduzione. La popolazione residente nei quartieri prossimial SIN Polo chimico e laghi di Mantova è stata oggetto di studiepidemiologici e di monitoraggio biologico che hanno evidenziatoun eccesso di sarcomi dei tessuti molli e un’associazionecausale con un’esposizione ambientale a diossine. Un precedentestudio sull’insieme <strong>del</strong>le malformazioni congenite(MC) aveva dimostrato un eccesso nei quartieri SIN.Obiettivi. Verificare se la distribuzione spaziale di altri eventiavversi <strong>del</strong>la riproduzione (aborti spontanei, nati-mortalità, nascitepretermine, basso peso alla nascita e sex-ratio) risulti coerentecon quanto osservato per le MC e differente tra area SINe area non SIN.Metodi. Le donne residenti a Mantova o nei Comuni confinantiche hanno partorito negli anni 2002-2006 sono state selezionatedal flusso dei certificati di assistenza al parto (CeDAP)e le loro abitazioni georeferenziate; le informazioni sulla natimortalitàe abortività spontanea sono state acquisite dalleschede di dimissione ospedaliera (SDO). Sono stati valutati glioutcome ostetrici di interesse attraverso mo<strong>del</strong>li logistici correttiper età, nazionalità e scolarità.Risultati. Nel confronto, le donne residenti nella zona SIN subisconopiù frequentemente un aborto spontaneo (OR=1.32,IC95% 0.99;1.76), hanno un rischio maggiore di nati-mortalità(OR=2.95, IC95% 0.94;9.24), hanno più frequentementeun parto pretermine (


SESSIONI PARALLELEe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1bile unicamente con la prematurità poiché l’analisi stratificata dimostrauna più forte associazione tra zona SIN e basso peso, soprattuttonei bambini nati a termine con un OR di 1.74 (IC95%0.92;3.29). Il rapporto maschi/femmine risulta pari a 0.81 nellazona SIN contro 1.05 <strong>del</strong>la zona non SIN, in linea con la letteratura.Taliassociazioni sono più evidenti se si restringe l’analisial solo Comune di Mantova, sede <strong>del</strong>la zona SIN.Conclusioni. Tutti gli indicatori considerati, pur con diversa significativitàstatistica, si muovono nella stessa direzione, suggerendoun effetto ambientale sulla salute riproduttiva nellazona SIN di Mantova.A differenza di MC e nati-mortalità, eventi come abortivitàspontanea, basso peso alla nascita e nascita pre-termine costituisconofenomeni di per sé più diffusi. Inoltre, diversi studihanno dimostrato l’effetto negativo di tali eventi sulle abilità cognitivedei bambini in età scolastica e sulla salute anche in etàadulta. Ne consegue quindi che gli interventi di prevenzione primariagià individuati produrrebbero un guadagno di saluteparticolarmente consistente sull’insieme <strong>del</strong>la popolazione.228ANALISI DELLA MORTALITÀ PER CAUSE TUMORALI IN 91COMUNI DEL LAZIO CON ELEVATI LIVELLI DI ARSENICONELLE ACQUE POTABILIMarino C, D’Ippoliti D, Davoli M, Michelozzi PDipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> Servizio sanitario regionale <strong>del</strong> LazioIntroduzione. L’arsenico (As) è un semi-metallo molto diffusoin natura estremamente tossico per l’uomo; la principale fontedi esposizione non occupazionale è rappresentata dall’assunzionedi acqua. Diversi studi hanno associato l’esposizione adarsenico, attraverso l’assunzione di acque contaminate a patologiecardiovascolari, neurologiche e neuro-comportamentali,diabete di tipo 2, lesioni cutanee, disturbi respiratori, <strong>del</strong>la sferariproduttiva e malattie ematologiche. L’Agenzia internazionaledi ricerca sul cancro (IARC) ha classificato l’As come elementocancerogeno certo di classe 1 per diverse sedi tumorali(polmone, vescica, cute) mentre un’evidenza limitata è stata evidenziataper rene, fegato e prostata. L’Unione europea (UE) haimposto per l’acqua potabile valori di As inferiori a 10 µg/L (direttiva98/83/CE) recepita con il D.Lgs. 31/2001); in 106 Comuniitaliani, tra cui 91 <strong>del</strong> Lazio, le concentrazioni di As eccedonoil valore limite imposto dalla direttiva <strong>del</strong>l’UE ed è statodecretato lo stato d’emergenza.Obiettivo. Obiettivo <strong>del</strong>l’indagine è valutare eventuali dannialla salute <strong>del</strong>la popolazione residente in rapporto a esposizioniambientali ad As legate al consumo di acqua e alimenti nei Comuni<strong>del</strong> Lazio serviti da acquedotti in cui sono stati riscontratilivelli di arsenico superiori a 10 µg/L.Metodi. I 91 Comuni interessati si trovano nella provincia di Viterbo(60), Roma (22) e Latina (9). Attraverso i dati disponibilipresso l’ARPA Lazio e riferiti agli ultimi 5 anni i Comuni sonostati classificati in 3 gruppi in base alle concentrazioni medie diAs rilevate (inferiori a 10 µg/L, tra 10 e 14 µg/L e >15 µg/L).E’ stata analizzata la mortalità per alcune cause tumorali associateall’esposizione ad As (tumori <strong>del</strong>la trachea, bronchi e polmoni,prostata, vescica e rene) tra i residenti nelle province di Viterbo,Roma e Latina nel periodo 1990-2009, separatamente per maschie femmine. Per concentrazioni crescenti di As sono stati calcolatii tassi di mortalità standardizzati per età per i 2 decenni1990-1999 e 2000-2009.Risultati. Le concentrazioni massime di As sono state osservatenei Comuni di Ronciglione, Capranica e Cisterna di Latina(540 µg/L, 250 µg/L, 143 µg/L rispettivamente). Nella provinciadi Viterbo si osservano eccessi di mortalità crescenti alcrescere <strong>del</strong>le concentrazioni di As per tutte le patologie tumoraliin studio. Nella classe di concentrazioni di As più alte(>15 µg/L) i RR sono statisticamente significativi e i loro valorisono pari a: 1.26 (IC95% 1.13;1.39) per il tumore <strong>del</strong>latrachea bronchi e polmoni tra i maschi e 1.45 (IC95%1.15;1.83) tra le femmine; 1.23 (IC95% 1.02;1.47) per il tumore<strong>del</strong>la prostata; 1.39 (IC95% 1.09;1.79) per il tumore<strong>del</strong>la vescica tra i maschi e 1.28 (IC95% 0.76;2.17) tra le femmine;1.29 (IC95% 0.91;1.84) per il tumore <strong>del</strong> rene tra i maschie 1.82 (IC95% 1.02;3.24) tra le femmine. Gli stessi risultati,anche se con valori di RR inferiori, sono stati osservatinella provincia di Latina: 1.14 (IC95% 1.07;1.21) per il tumore<strong>del</strong>la trachea bronchi e polmoni tra i maschi e 1.27(IC95% 1.10;1.46) tra le femmine; 1.16 (IC95% 1.03;1.31)per il tumore <strong>del</strong>la prostata; 1.29 (IC95% 1.11;1.48) per il tumore<strong>del</strong>la vescica tra i maschi e 1.13 (IC95% 0.82;1.56) trale femmine; 1.58 (IC95% 1.25;1.98) per il tumore <strong>del</strong> rene trai maschi e 1.42 (IC95% 0.97;2.06) tra le femmine. Nellaprovincia di Roma, dove i livelli osservati di As sono più bassi,eccessi statisticamente significativi si osservano solo per il tumorealla vescica nei maschi (RR=1.11, IC95% 1.02;1.21).L’analisi separata per i 2 decenni in studio mostra in tutte leprovince RR più elevati nel decennio più recente (2000-2009).Conclusioni. L’esposizione ad As nei Comuni <strong>del</strong> Lazio rappresentaun importante problema di sanità pubblica. I risultati diquesto studio di tipo ecologico sembrano confermare un aumentatorischio di mortalità per le patologie tumorali per le qualisono disponibili evidenze di associazione con l’esposizione ad As.E’ in corso uno studio di biomonitoraggio <strong>del</strong>la popolazione residenteper valutare i livelli di esposizione personale ad As checonsentirà di confermare i risultati <strong>del</strong>l’analisi di mortalità.218STUDIO CASO-CONTROLLO SUL MESOTELIOMA MALIGNODELLA PLEURA NELL’AREA DI CASALE MONFERRATOFerrante D, 1 Mirabelli D, 2,3 Bertolotti M, 1 Mario Botta, 4 Ezio Piccolini,5 Mansueto Pavesi, 6 Terracini B, 2 Magnani C 1,31 Unità di statistica medica ed epidemiologia, Università <strong>del</strong> Piemonteorientale “Amedeo Avogadro”, Alessandria, Novara,Vercelli e CPO Piemonte;2 Università degli studi di Torino, Servizio epidemiologia dei tumori,CPO Piemonte, Torino; 3 Centro interdipartimentale G. Scansetti,Università di Torino,Torino; 4 U.O.A. oncologia ASL 21 Ospedale di CasaleMonferrato; 5 U.O.A. pneumologia ASL 21 Ospedale di Casale Monferrato;6 U.O.A. anatomia patologica ASL 21 Ospedale di Casale Monferrato66 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Introduzione. L’area di Casale Monferrato, dove dal 1907 al1986 è stato attivo il principale stabilimento Eternit, uno deimaggiori produttori di cemento-amianto in Italia, è stata oggettodi numerosi studi epidemiologici motivati dall’elevata incidenzadi mesotelioma maligno (MM). Il Registro dei mesoteliomimaligni <strong>del</strong> Piemonte riporta un tasso di incidenza di MMpleurico (soli casi con diagnosi istologica) nell’ASL di CasaleMonferrato nel periodo 1990-2006 pari a 25.2 per 100 000 tragli uomini e 14.4 per 100 000 tra le donne, notevolmente piùelevato <strong>del</strong>la media regionale, pari rispettivamente a 2.6 e 1.1 per100 000. Studi precedenti hanno documentato un’elevata mortalitàper tumori maligni <strong>del</strong>la pleura e <strong>del</strong> peritoneo tra i lavoratoriEternit (Magnani et al., 2007) e tra le loro mogli (Ferranteet al., 2007), e l’associazione <strong>del</strong> rischio di MM con la distanza<strong>del</strong>l’abitazione dallo stabilimento (Magnani et al., 2001; Mauleet al., 2007). Lo stabilimento è stato chiuso nel 1986 e successivamentebonificato nel 2005, per cui è opportuno continuarela sorveglianza <strong>del</strong>l’andamento <strong>del</strong>l’epidemia di MM.Obiettivi. Aggiornamento <strong>del</strong>le stime <strong>del</strong> rischio di MM associatoall’esposizione ad amianto di tipo lavorativo, domesticoe ambientale in un’area a elevata incidenza.Metodi. Lo studio caso-controllo di popolazione ha incluso icasi di MM <strong>del</strong>la pleura con diagnosi istologica nel periodo1.1.2001-30.6.2006 residenti nel territorio <strong>del</strong>l’ex-ASL 21. Icasi sono stati rilevati negli ospedali piemontesi. I controlli sonoun campione casuale dei residenti nell’ASL, appaiati ai casi persesso e data di nascita. Casi e controlli sono stati intervistati conun questionario relativo a: storia occupazionale, abitativa, attivitàdi tempo libero ed esposizioni occupazionali ad amiantodei familiari.Per lo studio <strong>del</strong>l’esposizione lavorativa dei soggetti, le occupazionisono state codificate secondo codici internazionali. Alfine di valutare le esposizioni non lavorative sono state studiatela storia residenziale, l’uso domestico di materiali con amiantoe l’occupazione dei conviventi. Gli indirizzi di residenza (dallanascita) sono stati georeferenziati. Per ogni intervista si è procedutoall’attribuzione <strong>del</strong>l’esposizione ad amianto sulla basedi una valutazione complessiva <strong>del</strong> questionario effettuata daun igienista industriale.Per l’analisi statistica sono stati utilizzati mo<strong>del</strong>li di regressionelogistica, calcolando OR e intervallo di confidenza al 95%.Risultati. I soggetti eleggibili sono stati 775 (223 casi e 552controlli); gli intervistati 548 (89.7% dei casi e il 63% dei controlli).Tra gli intervistati, il 63.3% erano uomini e il 36.7%donne e l’età media dei soggetti è stata 65.2 anni (DS=11.7).Considerando come riferimento i soggetti che non hanno mailavorato nel cemento-amianto, non hanno mai abitato a Casalee non hanno mai avuto coabitanti esposti professionalmentead amianto, l’odds ratio (OR) relativo ai lavoratori nelcemento-amianto è pari a 9.3 (IC95% 4.0;21.7), per i soggettiche hanno vissuto sempre a Casale e non hanno mai lavoratonel cemento-amianto è pari a 8.2 (IC95% 4.7;14.5), per i soggettiche hanno vissuto a Casale almeno una volta e mai espostioccupazionalmente OR=4.1 (IC95% 2.6;6.5) e per i soggettiche non hanno mai abitato a Casale, mai lavorato nelcemento-amianto e hanno avuto coabitanti con esposizioneprofessionale ad amianto OR=2.6 (IC95% 1.0;7.3).I risultati relativi allo sviluppo <strong>del</strong>la patologia in relazione allavalutazione complessiva <strong>del</strong>l’esposizione ad amianto in base alleinformazioni presenti nel questionario saranno presentati insede di convegno.Conclusioni. I risultati <strong>del</strong>lo studio confermano la persistenza<strong>del</strong>l’aumento <strong>del</strong> rischio di MM in relazione a esposizione ambientale,familiare e occupazionale nel cemento-amianto.36STUDIO RETROSPETTIVO DI COORTE DEI RESIDENTI INPROSSIMITÀ DI FONTI MULTIPLE DI INQUINAMENTOATMOSFERICOBadaloni C, 1 Bucci S, 1 Cesaroni G, 1 Mataloni F, 1 Ancona C, 1 BolignanoA, 2 Sozzi R, 2 Davoli M, 1 Forastiere F 11 Dipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> Sistema sanitario regionale <strong>del</strong>Lazio; 2 Agenzia regionale protezione ambientale <strong>del</strong> LazioIntroduzione. L’area di Malagrotta è situata nel Comune diRoma, in una zona fuori dal raccordo anulare a ovest <strong>del</strong> centro.L’area si sviluppa in un contesto geografico e ambientalecomplesso in prossimità di un grande centro urbano, tra dueimportanti arterie stradali: l’autostrada Roma-Fiumicino e ilgrande raccordo anulare (GRA). A Malagrotta sono presenti:una <strong>del</strong>le più estese (250 ettari di superficie) discariche per rifiutisolidi urbani RSU d’Europa, un inceneritore di rifiutiospedalieri, già usato in passato per il trattamento dei RSU, unaraffineria di petrolio, tutti impianti fonte di inquinanti atmosfericipotenzialmente nocivi per la salute.Obiettivo. Lo scopo di questo studio è valutare l’associazionetra l’inquinamento atmosferico derivante dagli impianti presentinell’area e la mortalità dei residenti a Malagrotta.Metodi. La coorte in studio, costituita da tutti i residenti entro7 km dalla discarica per RSU, si basa sullo studio longitudinaledi Roma (Cesaroni G. et al. Socioeconomic position andhealth status of people who live near busy roads: the RomeLongitudinal Study (RoLS). Enviromental Health 2010), pertantosono disponibili per tutti i residenti le caratteristiche individualiquali livello di istruzione, occupazione, luogo di nascitae stato civile. Inoltre, a ogni soggetto <strong>del</strong>la coorte è statoattribuito il valore <strong>del</strong>l’indicatore di posizione socio economica(SEP) <strong>del</strong>la sezione di residenza di appartenenza. Sono state arruolatetutte le persone residenti al 2001 che avevano avuto unaresidenza di almeno 5 anni nell’area di Malagrotta; questepersone sono state seguite al 31.12.08 per la valutazione <strong>del</strong>lamortalità per causa.Il mo<strong>del</strong>lo di dispersione degli inquinanti derivanti dagli impianti(NO x e PM10 per l’inceneritore, SO x per la raffineria,H 2 S per la discarica) è il mo<strong>del</strong>lo lagrangiano a particelle SPRAY.I soggetti <strong>del</strong>la coorte sono stati caratterizzati a seconda <strong>del</strong>le specifichemappe di concentrazione. Gli effetti sulla salute vengonoanalizzati per genere calcolando l’hazard ratio (HR), ottenuto daun mo<strong>del</strong>lo di regressione di Cox. Come variabili di aggiustamentosono considerate, oltre a età, istruzione, occupazione,67 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1stato civile, regione di nascita, posizione socioeconomica, le seguentivariabili geografiche: distanza dalle autostrade, dallestrade ad alto traffico, livello di NO 2 dal traffico autoveicolaresecondo un mo<strong>del</strong>lo LUR (land use regression, R 2 =0.72).Risultati. La coorte in studio era composta da 85 559 soggetti,di età relativamente giovane al baseline (il 38.2% dei residentiha un’età compresa tra 15-44 anni), con un livello di istruzionebasso (scuola media: 62.2%), posizione socioeconomica mediobassa (32.8%) o bassa (28.7%). Sono soprattutto soggetti coniugati(52.7%) nati a Roma (63.5%). Esiste una notevole proporzionedei soggetti <strong>del</strong>la coorte (38.4%) che svolge un’attivitàlavorativa (21.1% non manuali e 17.3% manuali) ma anche ungran numero di pensionati (15.1%) e casalinghe (16.3%).Durante il periodo di studio, sono stati osservati 4 859 decessitotali, di cui 1 805 per tumore maligno. Gli indicatori diesposizione presentano una moderata correlazione tra loro:NO x vs. SO x =0.78, NO x vs. H 2 S=0.61, H 2 S versus SO x =0.60,NO x vs. PM10= 0.97.Conclusioni. La valutazione degli effetti sulla salute per i residentiin prossimità di fonti multiple di inquinamento atmosfericoè complessa, perché difficile è l’accertamento <strong>del</strong>l’esposizione.In questo studio sono state osservate lecaratteristiche principali <strong>del</strong>la coorte con l’intento di valutarelo stato di salute di residenti in un’aerea complessa dal puntodi vista ambientale attraverso l’uso di sofisticati mo<strong>del</strong>li didispersione.68 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione Parallela9 novembreTumori 2Moderatori:Silvia Can<strong>del</strong>a, Roberto Zanetti214CONFRONTO DELLA SOPRAVVIVENZA PER TUMORI DELCOLON RETTO E DELLA MAMMELLA NEL SUD E NELCENTRO-NORD ITALIACoviello E, 1 Buzzoni C, 2 Rashid I, 3 Fusco M 4 e AIRTUM Workinggroup 51 Azienda sanitaria BT, Barletta; 2 Istituto di prevenzione oncologica, Firenze;3 Agenzia di sanità pubblica, Lazio, Roma; 4 Registro tumori RegioneCampania, Napoli; 5 AIRTUM Working group: Banca dati AIRTUM;Bisanti L; Budroni M; Can<strong>del</strong>a G ; Cocchioni M; Crosignani P; CremoneL; Crocetti E; Donato F; Falcini F; Federico M; Ferretti S; Fusco M; GennaroV; Giacomin A; La Rosa F; Madeddu A; Mangone L; Mazzoleni G;Michiara M; Pannozzo F; Piffer S; Pisani P; Ponz de Leon M; Ricci P; SerrainoD; Sutera Sardo A; Tessandori R; Traina A; Tumino R; Usala M; VercelliM; Vitarelli S; Zambon P; Russo A; Cuccaro F; Randi G; GuzzinatiS; Stracci F; Bianconi F; De Angelis R ; Ramazzotti V; Senatore R; CastaingM; Zanetti R; Zarcone MIntroduzione. Le analisi <strong>del</strong>la sopravvivenza effettuate dall’AIRTUMhanno evidenziato che per molti tipi di tumore,e in particolare per quelli interessati da interventi di screeningorganizzato, la sopravvivenza rilevata nel Sud è inferiore aquella <strong>del</strong> Centro-Nord Italia.Obiettivi. Abbiamo analizzato la differenza di sopravvivenzatra queste due aree <strong>del</strong> Paese per i tumori <strong>del</strong> colon retto e<strong>del</strong>la mammella e se essa dipenda dal tempo trascorso dalladiagnosi e dall’età alla diagnosi.Metodi. Dalla Banca dati <strong>del</strong>l’AIRTUM sono stati selezionati74 869 casi di tumore <strong>del</strong>la mammella e 75 336 casi di tumore<strong>del</strong> colon retto diagnosticati dal 2000 al 2007 e constato in vita aggiornato fino alla fine <strong>del</strong> 2008, rilevati da 16Registri tumori <strong>del</strong> Centro-Nord e da 4 Registri <strong>del</strong> Sud Italia.La sopravvivenza relativa calcolata in queste due aree èstata confrontata con un mo<strong>del</strong>lo parametrico flessibile. Inciascun data set sono stati adattati una serie di mo<strong>del</strong>li e selezionatoquello con il valore più basso <strong>del</strong>lo “Akaike informationcriterion”. Oltre agli excess hazard ratio (EHR), abbiamostimato la differenza assoluta tra gli azzardi in eccesso(EHD) rilevati nel Sud e nel Centro-Nord.Risultati. I principali risultati sono riepilogati nei grafici inbasso. Nel tumore <strong>del</strong>la mammella l’EHR dei casi residential Sud è molto elevato nella classe di età oggetto <strong>del</strong>lo screening,ma è presente anche nelle pazienti più giovani e, in misuraminore, nelle anziane. In termini assoluti si rileva unadifferenza <strong>del</strong> rischio di morte elevata nelle anziane nei primimesi dopo la diagnosi. Tra 50-69 e 15-49 anni il maggiore eccessodi mortalità a svantaggio <strong>del</strong> Sud si raggiunge pocodopo 3 anni dalla diagnosi (rispettivamente 17 e 10 morti per1 000 casi nel primo e secondo gruppo) e persiste fino allafine <strong>del</strong> follow-up indagato.Nel tumore <strong>del</strong> colon retto il rischio di morte in termini relativie assoluti è elevato subito dopo la diagnosi in tutte leclassi di età. In termini assoluti, le maggiori differenze si osservanotra i casi diagnosticati dopo i 70 anni. Le stime relativeai casi diagnosticati tra 50-69 anni non mostrano unandamento diverso e hanno valori intermedi tra quelli <strong>del</strong>lealtre due classi di età. Dopo 5 anni dalla diagnosi le differenzedi mortalità tra Sud e Centro-Nord tendono ad annullarsi.Conclusioni. In entrambe le sedi di tumore le differenze <strong>del</strong>rischio di morte tra Sud e Centro-Nord sono presenti in tuttele classi di età. Nel 2000 lo screening organizzato <strong>del</strong> tumore<strong>del</strong>la mammella era già operativo in molte regioni <strong>del</strong> Centro-Norde questo ha contribuito a rendere più evidente ladifferenza nella fascia di età 50-69 anni. Nel tumore <strong>del</strong> colonretto la differenza <strong>del</strong> rischio di morte nella fascia di età50-69 anni non sembra diverso da quello rilevato nell’altrogruppo. Poiché lo screening organizzato è iniziato in parte <strong>del</strong>Centro-Nord dal 2006 è presumibile che il periodo di reclutamentodei casi non consenta di valutare tale effetto. Inquesto tumore le maggiori differenze si concentrano nel periodosubito dopo la diagnosi. Tale rilievo resta invariato limitandol’analisi ai soli casi con conferma istologica <strong>del</strong>la diagnosi.Un ruolo potrebbero avere il trattamento chirurgico ela mortalità peri-operatoria associata agli stadi avanzati di malattia.Dopo questo periodo l’età alla diagnosi non sembra influenzarele differenze tra Sud e Centro-Nord. La maggiorefrequenza al Sud di diagnosi effettuate in stadio avanzato, giàrilevata in tutte le età prima <strong>del</strong>l’inizio <strong>del</strong>lo screening, potrebbespiegare il divario tra Sud e Centro-Nord fino a 5 annidalla diagnosi.69 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 111VERIFICA DELL’APPROPRIATEZZA DEI PERCORSI DIAGNO-STICO-TERAPEUTICI E DEL FOLLOW-UP DELLE NEOPLASIEDELLA MAMMELLA E DEL COLON-RETTORusso A, 1 Malnis D, 2 Piatti A, 1 Sergio Fava, 3 Alberto De Paoli 4 per ilDIPO <strong>del</strong>la ASL <strong>del</strong>la Provincia di Milano 11 Osservatorio epidemiologico, Registro tumori e flussi; 2 Assistenzaspecialistica ASL <strong>del</strong>la Provincia di Milano 1, 3 Oncologia, Ospedale di Legnano,4 Oncologia, Ospedale di MagentaObiettivi. In Regione Lombardia sono state prodotte, nell’ambito<strong>del</strong>la Rete oncologica regionale e <strong>del</strong>l’attività dei dipartimentioncologici aziendali, linee guida relative a diagnosi,trattamento e strategie <strong>del</strong> follow-up per la maggior partedei tumori a elevata incidenza. L’obiettivo principale di questolavoro è riportare l’attività <strong>del</strong> Dipartimento oncologicoaziendale che, mediante un pannello di indicatori, ha cominciatoa verificare l’aderenza <strong>del</strong>la pratica clinica corrente alle lineeguida.Metodi. Utilizzando i dati prodotti dal Registro tumori <strong>del</strong>laASL <strong>del</strong>la Provincia di Milano 1 sono state identificate tutte ledonne con diagnosi di tumore <strong>del</strong>la mammella e i casi di neoplasia<strong>del</strong> colon e <strong>del</strong> retto incidenti nel periodo 2005-2008.Mediante il sistema di datawarehouse aziendale, per ciascun casosono state identificate le informazioni relative alle dimissioniospedaliere, prestazioni ambulatoriali, prescrizioni farmaceuticheterritoriali e file F relativi al periodo 2004-2010. Per ciascunasede sono stati calcolati indicatori relativi all’appropriatezzadei trattamenti e dei regimi di follow-up.Per le neoplasie <strong>del</strong>la mammella sono stati identificati i seguentiindicatori di appropriatezza <strong>del</strong> trattamento: proporzione di pazientiche eseguono il linfonodo sentinella, re-intervento entro4 mesi dall’intervento di chirurgia conservativa, proporzionedi pazienti con chirurgia conservativa che effettuano laradioterapia, linfedemi <strong>del</strong>l’arto superiore, accesso alla chemioterapia≤50 anni.Per le neoplasie colorettali sono stati, invece, identificati qualiindicatori: la proporzione di casi con un FOBT nei 6 mesi precedenti,proporzione di pazienti con tumore <strong>del</strong> retto con radioterapiapreoperatoria, la proporzione di pazienti con tumore<strong>del</strong> retto con chemioterapia/radioterapia preoperatoria, proporzionedi interventi chirurgici al retto in soggetti con tumore<strong>del</strong> retto, proporzione di interventi chirurgici preceduti da unaendoscopia, proporzione di soggetti con colostomia temporaneao permanente, proporzione di soggetti con occlusione intestinaleo peritonite alla diagnosi.I regimi di follow-up in accordo alle revisioni Cochrane sonostati differenziati in minimale e intensivo.Risultati. Sono stati identificati 3 074 casi di tumore <strong>del</strong>la mammellae 3 677 casi di neoplasia <strong>del</strong> colon retto (70% colon, 30%retto). Tra gli indicatori di appropriatezza <strong>del</strong> trattamento i cuirisultati meritano di essere evidenziati in questo abstract: il 13%<strong>del</strong>le donne di età inferiore ai 50 anni non effettua una chemioterapia,circa il 5% <strong>del</strong>le donne riporta un linfedema <strong>del</strong>l’arto.Il 77% dei casi (non metastatici) effettua nel corso <strong>del</strong> primoanno di follow-up almeno un marker tumorale (CEA, CA19.9,CA15.3, CA 125), il 63% si sottopone ad almeno una indaginestrumentale eco/TAC/RMN, il 20% a una scintigrafia ossea/densitometria.Per le neoplasie colorettali: il 40% dei tumori <strong>del</strong> retto effettuauna terapia neoadiuvante, l’85% effettua una procedurachirurgica radicale, circa il 10% ha una colostomia temporaneao permanente, il 10% arriva all’intervento con una diagnosidi occlusione intestinale/peritonite. Il 70% effettua un followupintensivo come raccomandato dalle linee guida. Tutti gli indicatorisono stati stimati per singolo erogatore e stratificati perstadio.Conclusioni. Lo studio, che parte da una attività di interazionetra l’Osservatorio epidemiologico e il DIPO aziendale, mostracome sia possibile analizzare, utilizzando casi incidenti relativia un periodo estremamente recente (2005-2008), l’attitudinedei clinici a seguire le linee guida su trattamento e follow-updei tumori <strong>del</strong>la mammella e <strong>del</strong> colon-retto.Nell’ambito dei lavori <strong>del</strong> DIPO sono state programmateazioni di miglioramento che permettano di ridurre l’inappropriatezzariducendo il sovraccarico organizzativo sul sistema sanitarioe sui pazienti, costretti a numerose indagini inutili.30DISEGUAGLIANZE SOCIALI DI INCIDENZA E SOPRAVVI-VENZA ONCOLOGICA: UNO STUDIO SULL’AREA DELLAPROVINCIA DI NAPOLI COPERTA DAL REGISTRO TUMORISantoro M, 1 Caranci N, 2 Chiodini P, 3 Fusco M 11 Registro tumori Regione Campania c/o ASL Napoli3 Sud; 2 Agenzia sanitariae sociale regionale, Emilia-Romagna; 3 Dipartimento di Medicinapubblica, clinica e preventiva, Seconda Università di NapoliIntroduzione. La condizione socioeconomica può influenzarel’adozione di stili di vita e l’accesso ai percorsi di diagnosi ecura, pertanto rappresenta un possibile determinante di incidenzae sopravvivenza oncologica.Obiettivi. Analizzare l’associazione <strong>del</strong>l’incidenza e <strong>del</strong>la sopravvivenzaoncologica con lo stato di deprivazione socioeconomicanella popolazione residente nell’area coperta dal Registrotumori <strong>del</strong>la Regione Campania, riferita al territorio <strong>del</strong>laex ASL Napoli 4.Metodi. Per la definizione <strong>del</strong>lo stato socioeconomico <strong>del</strong>la popolazioneè stato utilizzato l’indice di deprivazione (ID) calcolatoper sezione di censimento, elaborato nell’ambito <strong>del</strong> progetto“Valorizzazione dei dati <strong>del</strong> Censimento 2001 per ilmonitoraggio e l’analisi <strong>del</strong>le diseguaglianze sociali nella salutein Italia”. L’ID è stato ricalibrato utilizzando i dati relativi esclusivamentealla popolazione residente nel territorio in esame;sulla base <strong>del</strong>l’ID la popolazione è stata raggruppata in tre classidefinite come: agiata, media, deprivata.E’ stata analizzata l’incidenza dei casi registrati dal Registro tumoriper il periodo 1996-2007. Sono stati confrontati i rischi<strong>del</strong>le classi di deprivazione attraverso un mo<strong>del</strong>lo di regressionedi Poisson; i risultati sono espressi come IRR aggiustati per etàcon intervallo di confidenza (IC) <strong>del</strong> 95%. E’ stata analizzata70 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEIntroduzione. Il tumore <strong>del</strong>la mammella continua a rappresentarela principale causa di morte oncologica tra le donne italiane(16.9% – AIRTUM, mortalità 2003-2005). Gli studi chehanno analizzato la distribuzione sociale di questa patologia,a fronte di una minore incidenza nelle classi socioeconomichepiù basse, rilevano significativi svantaggi nell’accesso allo screeninge nella sopravvivenza per carcinoma mammario (Costa Get al, Epidemiol Prev 2004; 28 Suppl. 3).Obiettivo. Identificare aree critiche nell’organizzazione <strong>del</strong>percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale (PDTA) <strong>del</strong> tumore<strong>del</strong>la mammella, in termini di qualità <strong>del</strong>la diagnosi e <strong>del</strong>trattamento, che necessitino di specifici interventi di contrastoalle diseguaglianze sociali.Materiali e metodi. Questo studio si basa su fonti informativecorrenti, amministrative e sanitarie, ottenute mediante proceduredi record-linkage individuale. Il database è stato costituitoutilizzando gli archivi <strong>del</strong>la “scheda computerizzata sulla qualità<strong>del</strong>la diagnosi e <strong>del</strong>la terapia per il tumore <strong>del</strong>la mammella”(SQTM) e <strong>del</strong>lo Studio longitudinale torinese (SLT).Il database SQTM contiene i dati relativi alla diagnosi e al trattamentodei casi diagnosticati attraverso il programma di screeningregionale. Da questo archivio sono stati estratti i casi ditumore maligno e in situ diagnosticati durante il periodo1995-2008, in donne residenti nella città di Torino, con età alladiagnosi tra i 50 e 70 anni, sui quali si sono ricavati gli indicatoriritenuti più idonei alla descrizione <strong>del</strong> percorso assistenziale,in termini di tempestività e appropriatezza di diagnosie trattamento. Da SLT, che contiene dati anagrafici e censuarirelativi alla popolazione residente a Torino a partire <strong>del</strong> 1971,sono stati estratti gli indicatori di stato socioeconomico (SES)attribuiti alle donne in analisi.Attraverso mo<strong>del</strong>li di Poisson robusti sono stati stimati i rischirelativi (RR) di insuccesso mettendo in relazione separatamenteciascun indicatore di qualità SQTM con ciascun indicatoredi SES. Sono stati indagati anche come potenziali confondentio modificatori di effetto il periodo di diagnosi pre- epost- linee guida, il parametro T <strong>del</strong> TNM come proxy <strong>del</strong>lostadio, una variabile che definisce il caso come screen-detectedo intervallo, e un’altra che tiene conto <strong>del</strong>la struttura in cui l’interventoesplorato è stato effettuato.Tutti i mo<strong>del</strong>li sono stati aggiustati per età.Risultati. Tutti gli indicatori migliorano nel periodo post-LG,tranne quelli sulla tempestività. Le donne di bassa istruzionehanno una probabilità maggiore rispetto alle più istruite dicirca un 10% di non effettuare l’intervento chirurgico entro 4settimane dalla prescrizione, di circa un 50% di eseguire piùdi un intervento dopo la diagnosi preoperatoria e di circa un20% di non effettuare un intervento di ricostruzione immediatasul totale <strong>del</strong>le pazienti mastectomizzate. Le donne disoccupatehanno un eccesso di rischio rispetto a quelle occupate,sia di non avere una diagnosi preoperatoria sia di noneffettuare la tecnica <strong>del</strong> linfonodo sentinella.Conclusione. I determinanti socioeconomici hanno un impattovariabile in funzione <strong>del</strong> loro significato, <strong>del</strong>la fase <strong>del</strong> PDTAesplorata e <strong>del</strong>l’indicatore considerato. Complessivamente le die&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1la sopravvivenza <strong>del</strong>la coorte 1999-2007 con stato in vita aggiornatoal 31.12. 10. E’ stata calcolata la sopravvivenza relativa(SR) a 5 anni per l’insieme dei tumori, per gruppi di seditopografiche definite a cattiva, intermedia e buona prognosi,e per sedi specifiche a maggiore incidenza. Per il confronto <strong>del</strong>laSR tra le classi è stata svolta un’analisi multivariata attraversoun mo<strong>del</strong>lo lineare generalizzato con distribuzione di Poisson.Il mo<strong>del</strong>lo ha prodotto eccessi relativi di rischio di morte(RER) aggiustati per età con IC95%.Risultati. Sono stati analizzati complessivamente 21 181 casiincidenti riferiti a tumori con comportamento maligno. Negliuomini la classe deprivata evidenzia un rischio di incidenzapiù elevato e significativo rispetto alla classe agiata per:insieme di tutti i tumori (IRR=1.08, IC95% 1.03;1.13), polmone(IRR=1.25, IC95% 1.13;1.39), fegato (IRR=1.31,IC95% 1.13;1.51) e colon-retto (IRR=1.18, IC95%1.02;1.36). Nelle donne la classe deprivata si associa a un rischiopiù alto per utero NAS (IRR=1.97, IC95% 1.12;3.47)e più basso per mammella (IRR=0.90, IC95% 0.81;0.99).Per l’analisi di sopravvivenza sono stati considerati complessivamente15 986 casi. Negli uomini la classe più deprivata evidenziauna sopravvivenza più bassa, espressa attraverso un RERin eccesso, per: tutti i tumori (RER=1.11, IC95% 1.03;1.20),tumori a buona prognosi (RER=1.60, IC95% 1.06;2.41), fegato(RER=1.25, IC95% 1.03;1.52) e prostata (RER=1.79,IC95% 1.02;3.12). Nelle donne si riscontra una SR più bassanella classe deprivata per: tutti i tumori (RER=1.19, IC95%1.08,1.31), tumori a prognosi intermedia (RER=1.22, IC95%1.06,1.39) e ovaio (RER=2.71, IC95% 1.53;4.82).Conclusioni. Considerati complessivamente, i risultati evidenzianoche condizioni di iniquità sono rilevabili anche all’internodi contesti territoriali già molto deprivati, come quello <strong>del</strong>laCampania. I dati di incidenza evidenziano negli uomini un’associazionetra maggiore deprivazione socioeconomica e rischipiù alti per alcuni tumori a elevata incidenza (polmone, fegato,colon-retto); nelle donne, il tumore <strong>del</strong>la mammella mostra inveceun’associazione inversa. Si evidenzia inoltre una sopravvivenzatendenzialmente più bassa per le classi a maggiore deprivazione,in modo particolare per i tumori a prognosi buonanegli uomini e a prognosi intermedia nelle donne.I risultati forniscono elementi utili per generare ipotesi di associazioneche andrebbero approfondite al fine di indagare selo svantaggio socioeconomico genera disuguaglianze limitateal solo accesso ai percorsi di diagnosi e cura, o estese anche allaqualità <strong>del</strong>le prestazioni erogate.34EQUITÀ NEL PERCORSO ASSISTENZIALE DEL TUMOREDELLA MAMMELLAZengarini N, 1 Spadea T, 1 Ponti A, 2 Tomatis M, 2 Casella D, 2 ManoMP, 2 Segnan N, 2 Costa G 31 S.C.a D.U. epidemiologia,ASL TO3 Piemonte; 2 Centro di riferimento perl’epidemiologia e la prevenzione oncologica (C.P.O) Piemonte; 3 Dipartimentodi sanità pubblica e microbiologia, Università di Torino71 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEADHERENCE TO THE ITALIAN MEDITERRANEAN INDEX ANDRISK OF COLORECTAL CANCER IN THE ITALIAN SECTION OFTHE EPIC COHORTAgnoli C, 1 Grioni S, 1 Sieri S, 1 Palli D, 2 Masala G, 2 Sacerdote C, 3 VineisP, 4 Tumino R, 5 Frasca G, 6 Pala V, 1 Mattiello A, 7 Panico S, 7 Krogh V 11 Nutritional epidemiology unit, Fondazione IRCCS Istituto nazionale deitumori, Milan, Italy; 2 Molecular and nutritional epidemiology unit, Cancerresearch and prevention institute (ISPO), Florence, Italy; 3 Center forcancer prevention (CPO), Turin, Italy, and HuGeF Foundation, Turin, Italy ;4 Imperial college of London, UK, and HuGeF Foundation, Turin, Italy;5 Cancer registry and histopathology unit, Department of preventivemedicine, “Civile - M.P. Arezzo” Hospital, ASP 7 Ragusa, Italy; 6 Cancerregistry, Department of preventive medicine, ASP 7 Ragusa, Italy; 7 Departmentof clinical and experimental medicine, University of NaplesFederico II, Naples, ItalyIntroduction. Colorectal cancer is the third most common cancerin men and the second in women worldwide, with the majorityof cases occurring in developed countries. Foods and nutrientshave been linked to colorectal cancer risk. Becausenutrients and foods are consumed in combination, their jointeffects on disease risk may be best investigated by consideringthe entire diet of a person. Few studies evaluated the effects ofa priori dietary patterns and colorectal cancer risk. Evidence onthe effects of adherence to Mediterranean diet, in particular,is scant and confined to US studies.Objective. To evaluate the effect on colorectal cancer risk of ade&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1suguaglianze sociali osservate sono modeste, facendo ipotizzarela presenza di disuguaglianze più marcate nella popolazionenon screen-detected.Questo studio conferma l’utilità <strong>del</strong>l’impiego di fonti informativecorrenti nel monitoraggio <strong>del</strong>l’equità nei PDTA perl’identificazione di aree critiche che necessitino di specifici interventidi contrasto alle diseguaglianze sociali.209L’INCIDENZA DEI TUMORI NEGLI IMMIGRATI: I DATI DELREGISTRO TUMORI DI REGGIO EMILIA, 2003-2008Ballotari P, Pezzarossi A, Vicentini M, Can<strong>del</strong>a SAzienda USL di Reggio Emilia, Dipartimento di sanità pubblica, Serviziodi epidemiologiaIntroduzione. Nella provincia di Reggio Emilia dal 1996 è attivoun Registro tumori di popolazione che rende possibile ilconfronto tra sottogruppi di soggetti e il monitoraggio <strong>del</strong> fenomenonel tempo. Poiché Reggio Emilia è tra le provincie italianecon la maggiore proporzione di stranieri (un trend in crescita),è importante il monitoraggio <strong>del</strong>l’incidenza di tumoriin questo particolare gruppo di popolazione, anche quale misura<strong>del</strong>la possibile evoluzione epidemiologica <strong>del</strong>le caratteristichedi salute <strong>del</strong>la popolazione immigrata.Obiettivi. Descrivere il trend di incidenza dei tumori negli immigratinella provincia di Reggio Emilia e valutare il rischio diinsorgenza rispetto alla popolazione italiana.Metodi. Sono presi in esame i casi incidenti dal 2003 al 2008escludendo i tumori cutanei non melanomi, le malattie mieloproliferativecroniche e le sindromi mielodisplastiche. Lavariabile considerata per la determinazione <strong>del</strong>lo status di stranieroè la cittadinanza. Gli stranieri residenti con cittadinanzain Paesi a sviluppo avanzato sono stati assimilati agli italiani,quelli con cittadinanza in Paesi a forte pressione migratoriasono stati definiti immigrati. Nell’analisi statistica si sono calcolati:numerosità assolute, tassi grezzi, tassi standardizzati(popolazione di riferimento europea), “annual percent change”(APC) e rapporti standardizzati di incidenza (RSI) con i relativiintervalli di confidenza (IC) al 95%.Risultati. Nel periodo 2003-2008 si sono registrati 231 tumori,126 nelle femmine e 105 nei maschi. I trend dei tassi standardizzatisono in lieve crescita per entrambi i sessi nel periodo considerato:gli APC sono rispettivamente: 6.6 (IC95% -24.2;49.9)per i maschi e 4.9 (IC95% -16.7;32,2) per le femmine. La sedetumorale più frequente nei maschi è il polmone-trachea(13.3%), seguito dal fegato (9.5%) e quindi dalle leucemie edalla vescica (ambedue all’8.6%); nelle femmine al primo postosi trova la mammella (43.7%), seguita dalla cervice e dallatiroide (ambedue al 7.1%).Il rischio di insorgenza di tumore negli immigrati è circa la metàrispetto a quello <strong>del</strong>la popolazione italiana: RSI tutti i tumorimaschi 2003-2005=0.52 (IC95% 0.37;0.70); 2006-2008=0.53(IC95% 0.41;0.68). RSI tutti i tumori femmine: 2003-2005=0.46 (IC95% 0.34;0.62); 2006-2008=0.51 (IC95%0.41;0.63). Per due sedi tumorali il RSI risulta maggiore di 1,anche se non in modo statisticamente significativo: RSI fegatomaschi, 2003-2005=2.35 (IC95% 0.63;6.02); 2006-2008=2.54 (IC95% 0.93;5.53). RSI cervice, 2003-2005=1.94(IC95% 0.62;4.52); 2006-2008=1.42 (IC95% 0.38;3.64).Per le altre sedi più frequenti il RSI è simile a quello calcolatoper tutte le sedi, in entrambi i sessi.Conclusioni. L’incidenza di tumori per tutte le sedi e in entrambii generi negli immigrati è circa la metà rispetto a quella degli italianidi pari età, benché nel periodo 2003-2008 si registri un incremento<strong>del</strong> fenomeno. I bassi livelli di incidenza possono essereespressione <strong>del</strong>le buone condizioni di salute <strong>del</strong>lapopolazione di prima immigrazione (effetto “migrante sano”)e <strong>del</strong>la minore incidenza dei tumori nei Paesi di provenienza,ma non si può escludere una sottostima di questo evento in seguitoalla mobilità sul territorio e alla possibile precarietà di residenza<strong>del</strong>la popolazione immigrata. L’eccesso di rischio rispettoalla popolazione italiana di neoplasia <strong>del</strong> fegato per imaschi e <strong>del</strong>la cervice per le femmine, è coerente con i dati presentatidal l’OMS in Globocan, secondo i quali queste due sedisono tra le più frequenti in molti Paesi in via di sviluppo.E’ auspicabile che questo tema sia monitorato dalla rete dei registritumori italiani, a fini sia di programmazione sanitaria, siadi approfondimento dei fattori di rischio rilevanti per le differenticollettività immigrate. Altro tema da sviluppare è l’analisi<strong>del</strong>la sopravvivenza, per valutare eventuali differenze di accessoai percorsi diagnostico/terapeutici.20872 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1herence to the Italian Mediterranean Index, characterized by:high intake of pasta, Mediterranean vegetables, fruit, legumes,olive oil, fish; low intake of soft drinks, butter, red meat andpotatoes; moderate alcohol intake.Methods. We calculated the Italian Mediterranean Index on45 215 volunteers who completed the dietary questionnaireat enrollment in the Italian cohorts of EPIC. Hazard ratioswere computed using multivariate Cox proportional hazardmo<strong>del</strong>s and adjusted for known risk factors for colorectalcancer. Analysis was carried out on the whole cohort, for menand women and also for colon (all colon, proximal and distal)and rectal cancer separately.Results. During a mean follow-up of 11.28 years, 435 cases ofcolorectal cancer (181 among men and 254 among women)were diagnosed in the cohort, of which 326 were colon cancer(126 proximal, 159 distal, and 41 overlapping or unspecified)and 109 were rectal cancer. The Italian Mediterranean Indexwas inversely associated with colorectal cancer risk (HR=0.35,95%CI 0.18;0.70) for the highest category compared to thelowest, P-trend: 0.025); results did not differ by sex.When analyses were performed separately for different tumorsite, increasing Italian Mediterranean Index score was associatedwith a significantly decreased risk of all but proximal coloncancer (HR=0.45, 95%CI 0.22;0.95), HR=0.30 (95%CI0.10;0.89), HR 0.65 (95%CI 0.17;2.43), HR=0.12 (95%CI0.01;0.89) for the highest category compared to the lowest forall types of colon cancer, distal colon cancer, proximal coloncancer, and rectal cancer, respectively.Conclusion. Adherence to the Italian Mediterranean Indexprotect against colorectal cancer; when considering different tumorsite, the protection disappeared only for proximal coloncancer.73 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione Parallela9 novembreStato di salute e malattie croniche 1Moderatori:Nicola Caranci, Marina Maggini4VARIABILITÀ GEOGRAFICA DI INDICATORI DI PROCESSONELLA CURA DI DIABETE, INSUFFICIENZA CARDIACA E CAR-DIOPATIA ISCHEMICA: CONFRONTO TRA STIME OTTENUTEDA DATI AMMINISTRATIVI CORRENTI E STIME OTTENUTEDAI DATI CLINICI DELLA MEDICINA GENERALE NEL PRO-GETTO VALOREGini R, 1 Francesconi P, 1 Pasqua A, 2 Mazzaglia G, 3 Cricelli I, 2 BrugalettaS, 4 Donato D, 5 Donatini A, 6 Marini A, 7 Zocchetti C, 8 Cricelli C, 3Bellentani M 9 per il Gruppo <strong>del</strong> progetto VALORE1 Osservatorio di <strong>Epidemiologia</strong>, Agenzia regionale di sanità <strong>del</strong>la Toscana,Firenze; 2 Health Search, Firenze; 3 Società italiana di medicina generale;4 ASP 7 Ragusa; 5 ULSS 16 Padova; 6 Regione Emilia-Romagna;7 Zona territoriale Senigallia; 8 Regione Lombardia; 9 AgenasIntroduzione. L’uso integrato di dati amministrativi riguardantiospedalizzazioni, esenzioni, prescrizioni farmaceutiche e prescrizionispecialistiche, agganciati a un’anagrafe assistiti dibuona qualità, permette l’attivazione di meccanismi sistematicidi misura <strong>del</strong>l’adesione a semplici percorsi diagnostico-terapeutici,tramite il calcolo di indicatori di processo.Tuttavia la validità di queste misure, in particolare ai fini <strong>del</strong>confronto geografico, è messa in dubbio dall’incertezza circal’eventuale impatto di differenze nella completezza dei dati, diversicostumi di compilazione <strong>del</strong>le schede, ineguale qualità <strong>del</strong>linkage. Il confronto tra queste misure e misure <strong>del</strong>lo stessequantità ottenute tramite fonti di dato completamente indipendentifornisce elementi conoscitivi a supporto <strong>del</strong>la loro interpretabilità.Il confronto di coppie di misure riferite allostesso territorio su porzioni sufficientemente varie <strong>del</strong> territorionazionale fornisce elementi a supporto <strong>del</strong>l’eventuale variabilitànella qualità <strong>del</strong>le misure.Obiettivi. Confrontare le stime di alcuni indicatori di processosu cinque Regioni ottenute da due fonti diverse: da un lato ilrecord linkage di dati amministrativi riferiti alla popolazione residentein un campione di distretti <strong>del</strong>la Regione; dall’altro lecartelle cliniche elettroniche di un campione di medici di medicinagenerale operanti nella Regione stessa.Metodi. Sono stati calcolati i seguenti indicatori. Per i pazientidiabetici: percentuale con almeno un esame di emoglobina glicata;percentuale con almeno un esame di creatininemia. Peri pazienti con insufficienza cardiaca: percentuale con almenoun ecocardiogramma; percentuale in terapia con betabloccanti;percentuale in terapia con ACE-inibitori. Per i pazienticon cardiopatia ischemica: percentuale con esame annuale <strong>del</strong>colesterolo totale; percentuale in terapia antitrombotica. Tuttigli indicatori di terapia sono stati calcolati come soggetti conalmeno due prescrizioni distanti almeno 180 giorni.Per la stima con dati amministrativi è stato utilizzato il datasetprodotto dallo studio VALORE (www.agenas.it/atti_convegno_sanit_2011.html) <strong>del</strong>l’AGENAS. Al momento <strong>del</strong>lo svolgimentodi questo studio esso conteneva dati di 5 Regioni appartenentia Nord, Centro e Sud Italia, e rappresentate ciascuna daun campione non casuale di distretti di numerosità variabile dauno a dieci. Le misure degli indicatori di processo erano state calcolateutilizzando gli algoritmi <strong>del</strong>la banca dati MaCro <strong>del</strong>l’ARSToscana (La banca dati MaCro <strong>del</strong>le malattie croniche inToscana. Pubblicazione ARS Toscana 48. Dicembre 2009).Per la stima con dati clinici la SIMG, partner <strong>del</strong> progetto, hafornito le misure stimate sulla base dei dati forniti regolarmenteda medici ricercatori al database Health Search-CSDLPD (www.healthsearch.it) operanti nelle medesime cinqueRegioni.Sono state stimate percentuali grezze. L’anno di riferimento èstato il 2009.Risultati. Le misure fornite dalle due fonti sono risultate sostanzialmentesovrapponibili, con le coppie di misure simili traloro in tutte le Regioni e la variabilità geografica mostrata dauna fonte simile a quella mostrata dall’altra. Fa eccezionel’ecocardiogramma nei pazienti con insufficienza cardiaca, cherisulta anche l’indicatore con valori più bassi in senso assolutoin tutte le Regioni e in entrambe le fonti, con stime generalmenteinferiori al 20%.Conclusioni. La scelta non casuale dei distretti, da un lato, e deimedici ricercatori <strong>del</strong> database Health Search, dall’altro, puòfornire stime distorte dei valori regionali degli indicatori. Inoltre,solo una validazione a livello individuale permetterebbe dirivelare eventuali problemi di specificità e sensibilità nascosti.Tuttavia, la sostanziale concordanza osservata tra le misure ottenutedalle due fonti costituisce una prima evidenza a supporto<strong>del</strong>la validità <strong>del</strong>l’uso integrato di dati amministrativi perstimarle, sia in senso assoluto sia ai fini di confronti geografici.74 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELERUOLO DEI FATTORI SOCIOECONOMICI SU MORTALITÀ EOSPEDALIZZAZIONE IN UNA COORTE DI PAZIENTI DIABETICIRESIDENTI NELLA ASL RMDFano V, 1 Bontempi K, 1 Pezzotti P, 2 Gnavi R 31 ASL RMD, Roma; 2 Laziosanità, Agenzia di sanità pubblica, Roma; 3 ASLTO3, TorinoIntroduzione. Studi italiani ed europei riportano una relazioneinversa tra posizione socioeconomica da una parte, e l’accessoalle cure e l’occorrenza di esiti sanitari avversi dall’altra.Tuttavia, per quanto riguarda il diabete, dai pochi studi esistentiemergono risultati controversi.Obiettivi. Valutare il ruolo <strong>del</strong>la posizione socioeconomicasui rischi di mortalità e di ospedalizzazione per complicanze inuna coorte di diabetici adulti.Metodi. Studio di coorte di diabetici adulti (>35 anni) residentinella ASL RMD e identificati attraverso sistemi informativicorrenti a inizio 2008. Record linkage con le anagrafi comunalidi Roma e Fiumicino per l’attribuzione <strong>del</strong>la sezione di censimentoe <strong>del</strong>l’indicatore di deprivazione calcolato a livello nazionale.L’associazione tra l’indicatore di posizione socioeconomica(classificato in deprivazione bassa, media e alta) e la diagnosidi diabete è stata valutata in tutta la popolazione con un mo<strong>del</strong>lodi regressione logistica multipla aggiustato per età, sessoe nazionalità alla nascita. Sono stati inoltre calcolati i rischi relativi(RR) di mortalità e di ospedalizzazione per gli anni2009-2010, prima rispetto ai non diabetici, e poi restringendol’analisi ai soli diabetici, con un mo<strong>del</strong>lo di regressione multipladi Poisson; il mo<strong>del</strong>lo include anche la gravità (indice diCharlson), l’uso di terapia antidiabete e l’aderenza alle lineeguida (LG) misurata attraverso il ricorso a un minimo set diprestazioni <strong>del</strong>l’assistenza specialistica.Risultati. A inizio 2008 sono state identificate 28 109 persone>35 anni con diabete (prevalenza 7.8%). La diagnosi di diabeterisulta direttamente associata con la deprivazione nell’area diresidenza, con un effetto più accentuato nelle donne (uomini:OR depr.media =1.15, OR depr.elevata =1.22; donne: OR depr.media=1.21, OR depr elevata =1.43).Si osserva un aumento <strong>del</strong>la mortalità nei diabetici rispetto ainon diabetici, sia per chi non usa farmaci (nei soggetti con deprivazionemedia il diabete aumenta il rischio di morte <strong>del</strong>39% e tra quelli con deprivazione alta aumenta <strong>del</strong> 41%), siaper coloro che fanno uso di insulina (aumento <strong>del</strong> 77% nei soggetticon deprivazione media, <strong>del</strong> 69% nei soggetti con deprie&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1155TITOLO DI STUDIO E RISCHIO DI INCIDENZA DI DIABETEDI TIPO 2 NELLA COORTE DI EPIC EUROPA: LO STUDIOINTERACTSacerdote C, 1,2 Ricceri F, 2 Vineis P, 2,3 Wareham N 4 and InterAct consortiumresearchers1 Servizio di epidemiologia dei tumori 1, ASOU San Giovanni Battista diTorino e CPO Piemonte, Torino, Italia; 2 Human genetics foundation (Hu-Gef), Torino, Italia; 3 Department of epidemiology and public health, MRCCentre for environment and health, Imperial College London, London, UK;4 MRC epidemiology unit, Institute of metabolic science, Cambridge, UKIntroduzione. Diversi studi hanno fino a oggi indagato la relazionefra il livello socioeconomico e la prevalenza e/o mortalitàper diverse malattie croniche, tra cui il diabete di tipo 2.La maggior parte di questi studi ha evidenziato una relazioneinversa fra mortalità e prevalenza di malattia, e titolo di studio,reddito familiare o livello di deprivazione, in particolare nelledonne. Per evitare problemi di causalità inversa e sopravvivenzadifferenziale le ricerche più recenti si sono focalizzate sulla relazionefra livello socioeconomico e incidenza di diabete di tipo2, argomento oggetto di una recente metanalisi.Obiettivi. L’obiettivo <strong>del</strong> presente studio è indagare la relazionefra titolo di studio e incidenza di diabete di tipo 2, in un ampiostudio caso-coorte, disegnato in particolare per assicurareuna procedura standardizzata e validata di individuazione deicasi di malattia e informazioni dettagliate sui fattori di rischioin 8 Paesi europei.Metodi. 12 108 casi incidenti di diabete di tipo 2 e una sottcoortedi 15 850 sono stati selezionati nelle coorti EPIC di 8Paesi nell’ambito <strong>del</strong>lo studio caso-coorte InterAct. E’ stato utilizzatoun approccio ad alta sensibilità per identificare i casi incidentidi diabete di tipo 2 fra i partecipanti <strong>del</strong>le coorti EPIC,escludendo i casi di diabete prevalente. Sono stati calcolati i relative“indices of inequality” (RII) per il titolo di studio. Sonostati infine calcolati hazard ratios grezzi e aggiustati e i relativiintervalli di confidenza (HR, 95%CI) pooled, utilizzando i pesidi Prentice per il disegno caso-coorte.Risultati. Gli uomini e le donne con basso titolo di studiohanno un rischio più elevato di incidenza di diabete di tipo 2rispetto ai soggetti con titolo di studio alto (HR=1.77, 95%CI1.69;1.85 [p-trend


SESSIONI PARALLELEe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1vazione elevata). L’effetto <strong>del</strong> livello di deprivazione permaneanche considerando i soli diabetici e aggiustando per aderenzaalle LG: aumento <strong>del</strong> 41% <strong>del</strong> rischio di morte per i diabeticicon deprivazione media, <strong>del</strong> 44% per i diabetici con deprivazioneelevata.Rispetto ai non diabetici, si osservano RR di ospedalizzazionepiù elevati nei diabetici residenti nelle aree più deprivate, masolo tra coloro che non fanno uso di farmaci e solo per alcunecause: si osservano incrementi fino al 30% nella classe di deprivazionepiù elevata per le ischemie, l’infarto, lo scompensocardiaco congestizio, le amputazioni degli arti inferiori. Restringendole analisi ai soli diabetici, l’effetto <strong>del</strong>la deprivazionesull’ospedalizzazione non è più statisticamente significativo,nemmeno quando si aggiustano le stime per l’aderenza alle LG.Conclusioni. Nella ASL RMD si osserva una associazione trala diagnosi di diabete e l’indicatore di deprivazione <strong>del</strong>l’area diresidenza, più marcata per le donne. Nelle aree più deprivatesi osserva una maggiore mortalità dei diabetici rispetto ai nondiabetici, mentre si registrano RR di ospedalizzazione più elevatisolo per alcune cause e solo nei diabetici che non fanno usodi farmaci. L’osservazione dei RR di mortalità elevati all’aumentare<strong>del</strong>la deprivazione permane anche restringendo l’analisiai soli diabetici e tenendo conto <strong>del</strong>l’aderenza alle LG.12UN MODELLO COSTO-EFFICACE PER IL TRATTAMENTO DELDIABETE TIPO 2 (DMT2): RISULTATI DEL TRIAL CLINICOROMEO E LORO ESPORTABILITA’ NEI CONTESTI DEI SSRITALIANISicuro J, 1 Bondonio P, 2 Cavallo F, 3 Charrier L, 3 Raballo M, 1 TrevisanM, 1 Passera P, 1 Porta M, 1 Trento M 11 Laboratorio di pedagogia clinica, Dipartimento di medicina interna; 2 Dipartimentodi economia; 3 Dipartimento di salute pubblica e microbiologia,Università di TorinoIntroduzione. I dati epidemiologici evidenziano che, anche inItalia, il diabete è una malattia cronica in rapida crescita, con significativedifferenze tra Regioni e aree geografiche (la prevalenzaè più alta nel Sud e nelle Isole: 5.5%, seguono il Centro con il4.9% e il Nord con il 4.2%). Il costo <strong>del</strong>la malattia è elevato ecrescente, sia per i pazienti (perdita di qualità <strong>del</strong>la vita, rischi dicomplicanze gravi) sia per il SSN (specie per la cura <strong>del</strong>le complicanze)e la società nel suo insieme (per gli effetti economicidi una malattia che può divenire invalidante). A parità di trattamentifarmacologici disponibili diviene fondamentale aumentarel’aderenza dei pazienti alla terapia e migliorare comportamentie stili di vita. ROMEO, trial clinico randomizzatocontrollato multicentrico, durato 4 anni, ha verificato gli effetti<strong>del</strong> trattamento di gruppo e individuale su: controllo metabolico,qualità di vita e condotte di salute nei pazienti con diabetemellito tipo 2 (DMT2). Lo studio ha dimostrato che la groupcare (GC) aiuta a migliorare questi outcome.Obiettivi. Verificare se la GC rappresenti un’alternativa costoefficaceal tradizionale approccio individuale e valutare a qualicondizioni, in caso positivo, essa possa diventare una proceduradi riferimento standard, replicabile nei diversi contesti regionali,a costi economici e organizzativi sostenibili, medianteforme di collaborazione adeguatamente strutturate tra medicidi famiglia e specialisti.Metodi. I dati <strong>del</strong>l’analisi multicentrica sono riferiti a 581 pazienticon DMT2 (315 seguiti mediante GC e 266 controlli,trattati individualmente), provenienti da 11 servizi diabetologicidi 7 diverse Regioni, che hanno completato il trial. Sonostati calcolati i seguenti costi diretti (normalizzati in euro 2007):formazione <strong>del</strong> personale, farmaci, lavoro <strong>del</strong> personale, diagnostica,utilizzo <strong>del</strong>la struttura sanitaria, costi di trasporto deipazienti. Per verificare l’impatto di possibili futuri costi <strong>del</strong>lecomplicanze (nei successivi 10 anni), è stato calcolato, al basalee al termine <strong>del</strong>lo studio, il rischio cardiovascolare nei GC e neicontrolli, applicando le formule Framingham, UKPDS e Cuore.Risultati. Al termine <strong>del</strong> trial i GC avevano, rispetto ai controlli,inferiori BMI (-1.09, IC95% -1.56;-0.62), HbA1c(-1.49, IC95% -1.63;-1.34) e migliore qualità <strong>del</strong>la vita (-16.8,IC95% -18.29;-15.25), tutti p


SESSIONI PARALLELEINTERAZIONE TRA SENSIBILIZZAZIONE AD AEROALLERGENIE VARIAZIONI STAGIONALI DI ESACERBAZIONI DI ASMACanova C, 1 de Marco R, 2 Burney P, 1 Jarvis D 1 on behalf of the “Europeancommunity respiratory health survey I”1 MRC-HPA Centre for environment and health, National heart and lunginstitute, Imperial College, London, UK; 2 Unit of epidemiology and medicalstatistics, Department of public health and community medicine,University of Verona, Verona, ItalyIntroduzione. La frequenza di mortalità e ospedalizzazioneper asma presenta una chiara variabilità stagionale, con picchinella stagione primaverile ed estiva nella popolazione adulta,possibilmente causati da condizioni meteorologiche, inquinamentoatmosferico, infezioni respiratorie ed esposizione ad allergeni.Studi di serie storiche hanno mostrato un incrementodi ammissioni ospedaliere per patologie respiratorie associatoa concentrazioni ambientali di pollini. Pazienti sensibilizzati adallergeni stagionali, quali i pollini, avrebbero una maggiore probabilitàdi risposta all’esposizione agli stessi aeroallergeni, manessuno studio ecologico ha potuto analizzare questa possibilemodificazione d’effetto.Obiettivi. Obiettivi di questo studio sono: 1) descrivere variazionistagionali di esacerbazioni di asma riportate dagli stessisoggetti asmatici; 2) valutare se le variazioni stagionali di esacerbazionidi asma siano modificate dalla sensibilizzazione a diversiaeroallergeni; 3) valutare se questi pattern stagionali sianoconsistenti tra i 18 Paesi partecipanti allo “European communityrespiratory health survey I” (ECRHS).Metodi. La popolazione in studio si riferisce a un campione rappresentativo<strong>del</strong>la popolazione generale (N=25 615) di età compresatra i 20 e i 44 anni, partecipante allo studio multicentricoECRHS I condotto in Europa, Nord America e Oceania.Ai circa 2 600 soggetti asmatici identificati attraverso un questionariostandardizzato e mirato alla rilevazione dei sintomi respiratoriè stato chiesto di riportare i periodi bimensili nei qualiusualmente sperimentavano esacerbazioni di asma, e di effettuareun test cutaneo (SPT) per stabilire possibili sensibilizzazioniad aeroallergeni, tra i quali pollini <strong>del</strong>le erbacee e <strong>del</strong>le betulle,acari <strong>del</strong>la polvere, pelo <strong>del</strong> gatto, muffe. L’interazione trala sensibilizzazione a ciascun allergene e i 6 periodi <strong>del</strong>l’annoidentificati è stata valutata separatamente in ciascun Paesepartecipante attraverso mo<strong>del</strong>li logistici marginali (GEE), bae&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1In due aree <strong>del</strong>la Toscana, una in provincia di Pisa (area Nord,AN) e una a cavallo tra le province di Siena e Grosseto (area Sud,AS) dal 1980 sono attivi 31 impianti per la produzione di energiaelettrica mediante sfruttamento di fluidi geotermici. Lemaggiori criticità ambientali in queste aree sono dovute alleemissioni di acido solfidrico e mercurio nell’aria, arsenico e boronelle acque. Sui possibili rischi per l’ambiente e la salute è datempo attivo un acceso dibattito tra le parti interessate (ENEL,amministratori e comitati locali). Nel 2009 la Regione Toscanaha commissionato all’ARS Toscana uno studio sullo statodi salute <strong>del</strong>le popolazioni residenti nelle aree geotermiche.Obiettivi. Valutare la distribuzione spazio-temporale di causedi mortalità e di ospedalizzazione, per le quali esistono evidenzeepidemiologiche di associazione con le criticità ambientalipresenti nell’area in studio.Metodi. L’AN formata da 8 Comuni ha circa 16 900 residentie l’AS formata da 8 Comuni ha circa 26 500 residenti. Sonostate analizzate cause selezionate di morte nel periodo 1980-2006 e cause di primo ricovero nel periodo 1998-2006. Sonostati valutati gli eccessi di eventi sanitari <strong>del</strong>le due aree e dei singoliComuni rispetto a due riferimenti, il primo formato daiComuni <strong>del</strong>la Regione Toscana e il secondo formato da 98 Comuni<strong>del</strong>la Toscana meridionale. Gli eccessi sono stati valutaticon metodi statistici classici (rapporti di mortalità/ospedalizzazionestandardizzati per classi di età [SMR/SHR] e aggiustatiper l’indice di deprivazione socioeconomica di Caranci et al.,2010 [SMRID, SHRID]) e bayesiani [Besag et al., 1991]).Risultati. Di seguito sono presentati i risultati <strong>del</strong>le analisi dimortalità 2000-2006 e dei ricoverati 2004-2006, sia a livellodi area, sia a livello comunale, rispetto al riferimento <strong>del</strong>la Toscanameridionale. In entrambe le aree sono risultati eccessi dimortalità per pneumoconiosi nei maschi (AN: SMR=250,SMRID=351; AS: SMR=295, SMRID=388).Nella AN sono risultati eccessi di ricoverati per le leucemienelle donne (SHR=268, SHRID=262) e per le malattie<strong>del</strong>l’apparato digerente in entrambi i sessi (SHR=113,SHRID=112). Nella AS sono risultati eccessi nei maschi dimortalità generale (SMR=113, SMRID=115), per tutti i tumori(SMR, SMRID=120), per le malattie respiratorie(SMR=128, SMRID=132), per il tumore al polmone(SMR=148, SMRID=171) e al fegato (SMR=116,SMRID=121). Nelle donne sono risultati eccessi per le malattierespiratorie acute (SMR=140, SMRID=142) e <strong>del</strong>l’apparato digerente(SMR=132, SMRID=130). Eccessi di ricoverati inentrambi i sessi sono risultati per il tumore allo stomaco (maschi:SHR=152, SHRID=136; femmine: SHR=191,SHRID=161), per l’insufficienza renale (maschi: SMR=147,SHRID=150; femmine: SHR=143, SHRID=152) e per lemalattie respiratorie (maschi: SHR=113, SHRID=116; femmine:SHR=113, SHRID=122).Le analisi a livello comunale hanno evidenziato alcuni Comunicon maggiori criticità sanitarie (AN: Pomarance; AS: AbbadiaS.S., Piancastagnaio, Arcidosso e Castel <strong>del</strong> Piano). Le analisibayesiane hanno confermato la maggior parte degli eccessi evidenziati.Conclusioni. Dai risultati emerge che i maggiori determinanti<strong>del</strong> profilo di salute <strong>del</strong>l’area geotermica sono riconducibili aesposizioni occupazionali e/o a stili di vita individuali. Per alcunecause rilevate (respiratorie, digerente, urinarie, tumore allostomaco) non è da escludere il ruolo di esposizioni ambientali.I segnali emersi su alcune patologie sensibili agli inquinanti presentinell’area di studio hanno suggerito la messa in opera diazioni di rafforzamento <strong>del</strong> sistema sanitario locale (screening,diagnosi precoce, vaccinazioni), il miglioramento dei sistemi dicodifica <strong>del</strong>le malattie, l’attivazione di indagini epidemiologichead hoc.19877 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1sati sulle equazioni di stima generalizzate. I coefficienti di interazionesono stati poi combinati utilizzando una metanalisia effetti casuali.Risultati. Si evidenzia una variazione stagionale di esacerbazionidi asma nella maggior parte dei Paesi, sebbene con pattern differenti.Questa variazione non risulta modificata dalla sensibilizzazionead allergeni indoor (polvere e gatto), mentre un’evidentemodificazione di effetto è rilevata per quanto riguarda ipollini, in particolare <strong>del</strong>le erbacee.Nei Paesi Sud europei (Spagna, Italia, Francia, Svizzera) il rischiodi attacchi d’asma in maggio/giugno rispetto a gennaio/febbraioin individui allergici alle erbacee risulta sei volte maggiore rispettoagli individui non allergici (OR erb x maggio/giugno =6.1; IC95%3.7;9.9), in contrasto ai Paesi Nord europei (Germania, Belgio,Olanda, Irlanda, UK, Svezia, Norvegia), dove l’effetto più elevatoè riportato nella stagione estiva (OR erb X luglio/agosto =2.8;IC95% 1.7;4.7).La sensibilizzazione ad alternaria complessivamente incrementail rischio di attacchi di asma nella stagione estiva, con effetti omogeneinei diversi Paesi (OR Alt X luglio/agosto = 2.3; IC95%1.7;3.1).Conclusioni. In conclusione, le variazioni stagionali di attacchidi asma in un’ampia popolazione di giovani adulti risultanofortemente associate alla sensibilizzazione a pollini e muffe. Levariazioni geografiche identificate sono consistenti con l’attualeconoscenza <strong>del</strong>l’andamento stagionale <strong>del</strong>le concentrazioni ditali aeroallergeni. L’effetto dei pollini sulle esacerbazioni di asmain una popolazione di asmatici suscettibili potrebbe esseremolto maggiore di quanto precedentemente documentato inletteratura.Questi risultati sono rilevanti per la pratica clinica, l’interpretazionedegli studi sull’effetto <strong>del</strong>l’inquinamento atmosfericoe la loro interazione con aerollargeni, e per gli effetti sullasalute <strong>del</strong> cambiamento climatico che si è ipotizzato portarea incrementi <strong>del</strong>le concentrazioni e ad allungamenti <strong>del</strong>lastagione dei pollini e <strong>del</strong>le muffe con possibili epidemie diospedalizzazione di asma in individui sensibilizzati agli stessiaeroallergeni.78 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione Parallela9 novembreAmbiente 3Moderatori:Pietro Comba, Andrea Ranzi54MORTALITÀ E INCIDENZA DEI TUMORI NEI SOGGETTIRESIDENTI INTORNO AGLI INCENERITORI PER RIFIUTISOLIDI URBANI IN EMILIA-ROMAGNACan<strong>del</strong>a S, 1 Luberto F, 1 Bonvicini L, 1 Broccoli S, 1 Carretta E, 1 EvangelistaA, 1 Marzaroli P, 1 Ranzi A, 2 Freni Sterrantino A, 2 Cordioli M, 2Angelini P, 3 Ancona C, 4 Forastiere F 41 AUSL RE-DSP, Servizio di epidemiologia; 2 ARPA ER, Dir. tecnica, CTR ambientee salute; 3 Regione Emilia-Romagna, Servizio di sanità pubblica;4 Dip. epidemiologia SSR LazioIntroduzione. Negli ultimi due decenni sono stati condotti numerosistudi, revisioni e rapporti sugli effetti <strong>del</strong>l’esposizionealle emissioni da inceneritori di rifiuti soliti urbani (RSU)sulla salute <strong>del</strong>la popolazione. Tuttavia le evidenze fornitedalla letteratura sono ancora contrastanti e non conclusive. Lostudio Moniter (Monitoraggio degli inceneritori sul territorio<strong>del</strong>l’Emilia-Romagna) intende analizzare gli effetti sulla salute<strong>del</strong>l’esposizione agli inquinanti emessi dagli inceneritori perRSU presenti in quella Regione.Obiettivi. Valutare la mortalità per diverse cause naturali e l’incidenzadei tumori maligni in relazione alla esposizione alleemissioni di 6 inceneritori di RSU attivi in Emilia-Romagnaattualmente e nell’anno 1995.Metodi. La popolazione oggetto <strong>del</strong>lo studio è costituita dai residential 01.01.1995 in un’area di 4 Km di raggio dagli inceneritori.Le residenze di tutti i soggetti sono state georeferenziatetramite sistemi informativi geografici e a ogni soggetto è stata attribuital’esposizione puntuale derivante dalla mappa di ricadutarelativa all’anno 1995, stimata attraverso l’impiego <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lodi dispersione al suolo ADMS Urban, utilizzando come traccianteil PM10. L’esposizione ad altre fonti di inquinamento èstata valutata utilizzando come tracciante gli ossidi d’azoto.La popolazione considerata è quella presente nelle aree in studioal 1995, che costituisce la coorte principale (219 615 soggetti)e quella di due sottocoorti, rispettivamente composte daisoggetti presenti nelle aree in studio almeno dal 1991 al 1999(102 843 soggetti) e dalle persone residenti allo stesso indirizzoininterrottamente dal 1982 al 1995 (24 132 soggetti).Il follow-up <strong>del</strong>la coorte è esteso fino al 31.12.06, o al verificarsi<strong>del</strong>l’evento in studio. In particolare, sono state analizzatele cause di morte e le sedi tumorali più frequenti o per le qualiesisteva in letteratura una segnalazione di possibile associazionecon l’esposizione a inceneritori. La relazione tra esposizione alleemissioni da inceneritori e gli esiti in studio è stata stimatausando i mo<strong>del</strong>li di regressione di Poisson e correggendo i rischiper esposizione ad altre fonti, condizioni socioeconomiche,età e periodo di calendario. E’ stato anche calcolato il valoredi p <strong>del</strong> trend <strong>del</strong>l’associazione, per valutarne il senso e ilgradiente.Risultati. La mortalità per cause non tumorali non risulta associatacon l’esposizione a emissione da inceneritore. Per lecause tumorali la mortalità per tumore <strong>del</strong> fegato e tumore <strong>del</strong>pancreas nei maschi <strong>del</strong>la coorte principale è associata alla residenzain aree con livello di esposizione più elevato (rispettivamenteIRR=1.97, IC95% 1.11;3.50 - IRR=1.66, IC95%1.08;2.53). La mortalità per tumore <strong>del</strong> fegato aumenta all’aumentare<strong>del</strong> livello di esposizione (p=0.031).Per quanto riguarda l’incidenza dei tumori, un eccesso di rischioè riscontrato per il tumore al pancreas nei maschi (livellodi esposizione più elevato IRR=1.93, IC95% 1.15;3.22) il rischioaumenta all’aumentare <strong>del</strong> livello di esposizione(p=0.015).I risultati relativi alle altre sedi tumorali considerate, tra cui itumori dei tessuti emolinfopoietici e i sarcomi dei tessutimolli, non mostrano una associazione con livelli crescenti diesposizione. Tra le femmine l’esposizione a inceneritore non èrisultata associata né alla mortalità né all’incidenza di tumori.Nelle due sottocoorti indagate i risultati <strong>del</strong>la corte principalenon sono replicati con coerenza.Conclusioni. I risultati osservati, tra cui pure l’eccesso di mortalitàper tumore <strong>del</strong> fegato e l’eccesso sia di mortalità sia di incidenzaper il tumore <strong>del</strong> pancreas, mostrano nei maschi <strong>del</strong>lacoorte principale una significativa associazione con l’esposizione;tuttavia non viene supportata con chiarezza l’ipotesi diun incremento di rischio di mortalità e di insorgenza di tumoriconnesso all’esposizione a inceneritori, relativa agli anni Novanta,in Emilia-Romagna.79 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEDETERMINANTI DELLA CONCENTRAZIONE EMATICA DIBETA-ESACLOROCICLOESANO TRA I RESIDENTI DELLAVALLE DEL SACCOFantini F, 1 Narduzzi S, 2 Porta D, 2 Blasetti F, 1 Minoia C, 3 Turci R, 3Davoli M, 2 Forastiere F 21 ASL Roma G, Dipartimento prevenzione; 2 Dipartimento di epidemiologia<strong>del</strong> SSR, Lazio; 3 Fondazione “Salvatore Maugeri”, PaviaIntroduzione. L’area <strong>del</strong>la valle <strong>del</strong> fiume Sacco (Lazio) è statafortemente inquinata nel corso degli anni da rifiuti e scarichiindustriali provenienti dallo stabilimento chimico di Colleferro.Nel 2006 l’area è stata riconosciuta “sito di interesse nazionale”.In una precedente indagine di biomonitoraggio èstato assodato che i residenti presso il fiume Sacco hanno assorbitoe accumulato nel tempo pesticidi organici, in particolareil beta-esaclorocicloesano (β-HCH), un isomero <strong>del</strong> lindanocon elevata persistenza ambientale e capacità dibioaccumulo. Sulla base di tale riscontro è stata attivata unasorveglianza epidemiologica e sanitaria <strong>del</strong>la popolazione.Obiettivo. Valutare i determinanti <strong>del</strong>la concentrazione di ß-HCH nella popolazione residente entro 1 Km di distanza dalfiume Sacco.Metodi. Lo studio è stato condotto sui 495 residenti (182 famiglie)residenti a meno di 1 Km dal fiume (48% donne). Ai soggettipartecipanti è stato chiesto di rispondere a un questionariocon diverse domande relative alle esposizioni che ragionevolmentepotrebbero essere responsabili <strong>del</strong>l’accumulo <strong>del</strong> β-HCH nelsangue. In particolare è stato considerato, oltre a sesso ed età, iltempo di permanenza nell’area a rischio, l’abitudine al fumo, l’indicedi massa corporea (IMC), l’utilizzo di acqua da pozzi privati,il consumo di alimenti di produzione propria e/o locale. La determinazioneematica <strong>del</strong> β-HCH è stata eseguita normalizzandoper la concentrazione dei grassi nel sangue. E’ stata utilizzatauna regressione lineare multipla per valutare il ruolo deidiversi fattori nel bioaccumulo (β-HCH su scala logaritmica). E’stata eseguita una procedura di eliminazione backward (p-vae&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 155BIOMONITORAGGIO UMANO IN UNA POPOLAZIONE RE-SIDENTE IN PROSSIMITÀ DI UN MODERNO INCENERI-TORE DI RIFIUTI SOLIDI URBANI (RSU): STUDIO PILOTA INNORD ITALIAErspamer L, 1 Ranzi A, 1 Gatti MG, 2 Bechtold P, 2 Fustinoni S, 3 CampoL, 3 Bonassi S, 4 Lauriola P, 1 Goldoni CA, 2 Bertazzi PA 31 Centro tematico regionale Ambiente e salute, ARPA Emilia-Romagna;2 Servizio epidemiologia, Dipartimento di sanità pubblica,AUSL Modena;3 Unità operativa di epidemiologia, Dipartimento di medicina preventiva,<strong>del</strong> lavoro e <strong>del</strong>l’ambiente, Clinica <strong>del</strong> lavoro “L. Devoto”, FondazioneIRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Milano; 4 Unità di epidemiologiaclinica e molecolare, IRCCS San Raffaele Pisana, RomaIntroduzione e obiettivi. L’autorizzazione integrata ambientale(AIA) rilasciata nel 2007 dalla Provincia di Modena per l’ampliamentoe modernizzazione <strong>del</strong>l’inceneritore RSU (rifiutispeciali non pericolosi, rifiuti sanitari non pericolosi e pericolosia solo rischio infettivo), sito in via Cavazza a Modena, esplicital’obbligo da parte <strong>del</strong> gestore di effettuare approfondimentiinerenti la sorveglianza sanitaria degli eventuali effetti <strong>del</strong>leemissioni <strong>del</strong>l’impianto sulla salute <strong>del</strong>la popolazione residente.E’ stato quindi incaricato il Dipartimento di sanitàpubblica <strong>del</strong>l’AUSL di Modena che, in collaborazione con ilCentro tematico regionale ambiente e salute <strong>del</strong>l’ARPA, ha sviluppatoin una prima fase uno studio pilota cross-sectional dibiomonitoraggio umano al fine di individuare possibili biomarkerdi esposizione da emissione di inceneritori nella popolazioneresidente in prossimità di tale impianto.Metodi. Tra maggio e giugno 2010 sono stati reclutati 65soggetti che risiedevano e lavoravano da almeno tre anni all’internodi un’area di studio di 4 km di raggio centrato sull’inceneritore(esposti) e 103 soggetti che risiedevano e lavoravanoal di fuori di tale area da almeno tre anni (non esposti).Su sangue e urine di tutti i soggetti sono stati analizzati metallipesanti (Cd, Cu, Hg, Mn, Pb, Ni, Zn) e solo nelle urine idrocarburipoliciclici aromatici (IPA). Per controllare tutti i possibiliconfondenti, per ogni soggetto sono state raccolte informazioniriguardo stili di vita, caratteristiche antropometriche,storia residenziale, stato di salute e dieta attraverso un questionarioauto-compilato. Analisi di regressione multivariatasono state condotte per ogni analita con variabili sia a priori siaa posteriori in relazione alle diverse variabili di esposizione (variabilebinaria, distanza <strong>del</strong>la residenza dall’inceneritore e concentrazionedi polveri derivante dalle mappe di ricaduta).Risultati. Per i metalli dosati nel sangue e nelle urine non sisono osservate differenze significative tra i due gruppi e i valoririscontrati rientravano ampliamente nel range dei valori diriferimento indicati dai laboratori che hanno effettuato le analisi,a eccezione di zinco nel sangue e nichel nelle urine (possibilecontaminazione?). I metalli hanno mostrato associazionecon età, sesso, BMI, abitudine al fumo, scolarità, traffico e dieta,come ci si aspettava. Riguardo agli IPA, 5 di essi hanno presentatopiù <strong>del</strong> 50% dei valori al di sotto dei limiti di quantificazione,i rimanenti invece hanno presentato i seguenti livelli medi: naftalene53.05±25.86 ng/L, fenantrene 9.27±5.52 ng/L, fluorene2.84±4.31 ng/L, pyrene 1.56±0.71 ng/L, antracene 0.73±0.62ng/L. Anche per gli IPA sono state evidenziate associazioni conalcune variabili <strong>del</strong> questionario già note in letteratura (es: consumodi carne alla brace e presenza di fuliggine sui davanzali).La comparazione tra i due gruppi ha evidenziato livelli più elevatinei soggetti esposti solo per fenantrene e antracene (p


SESSIONI PARALLELEe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1lue=0.20) per selezionare le variabili di interesse. La stessa proceduraè stata eseguita anche tenendo conto dei cluster familiari,ovvero <strong>del</strong>la non indipendenza <strong>del</strong>le osservazioni.Risultati. La popolazione indagata aveva una età media di 42anni e risiedeva nell’area a rischio da 26 anni in media. La concentrazione<strong>del</strong> β-HCH (media geometrica=80.4, IC95%72;90) è più elevata nelle donne, aumenta al crescere <strong>del</strong>l’età,specie dopo i 40 anni, aumenta con il tempo di soggiorno nell’area,ed è più alta tra coloro che hanno consumato alimentidi produzione locale o propria (specie verdure fresche) e chehanno bevuto acqua di pozzo. Tenendo conto dei raggruppamentifamiliari, la procedura di selezione <strong>del</strong>le variabili fornisceanaloghi risultati anche se la variabilità dei coefficienti aumentaper un chiaro effetto di clustering. Infatti, presentanovalori elevati coloro che hanno almeno un altro componente<strong>del</strong> nucleo familiare con un valore alto <strong>del</strong> β-HCH.Conclusioni. I risultati <strong>del</strong>la indagine confermano che l’origine<strong>del</strong>la contaminazione cronica umana è data dall’inquinamento<strong>del</strong>le acque <strong>del</strong> fiume, dalla successiva contaminazione deiterreni e dei foraggi, e dall’uso alimentare di prodotti locali. Lasorveglianza epidemiologica in corso sarà utile per valutare ipossibili effetti sanitari sulla popolazione.58INCIDENZA DEI SARCOMI DEI TESSUTI MOLLI NEI SOG-GETTI RESIDENTI INTORNO AGLI INCENERITORI PER RI-FIUTI SOLIDI URBANI IN EMILIA-ROMAGNALuberto F, 1 Benedetti M, 2 Marzaroli P, 1 Vicentini M, 1 Ranzi A, 3Can<strong>del</strong>a S 11 Azienda USL di Reggio Emilia, Dipartimento di sanità pubblica, Serviziodi epidemiologia; 2 Istituto superiore di sanità, Dipartimento ambientee connessa prevenzione primaria; 3 ARPA Emilia-Romagna, Direzionetecnica, CTR ambiente e saluteIntroduzione. I possibili effetti cancerogeni legati all’immissionenell’ambiente di diossine o altre sostanze potenzialmente pericoloseda parte degli inceneritori sono fonte di preoccupazionetra le popolazioni residenti. Alcuni studi caso-controllo condottiin Francia e in Italia hanno rilevato un’associazione tra esposizionea emissioni di inceneritori di rifiuti solidi urbani (RSU)o industriali e sarcomi dei tessuti molli (STM). In questi studii casi sono stati selezionati per codice morfologico. I pochi studidi coorte disponibili hanno invece analizzato l’incidenza dei tumoridei tessuti molli utilizzando la classificazione per sede.Obiettivi. Scopo di questo studio è analizzare in maniera approfondita,nell’ambito <strong>del</strong>lo studio Moniter, l’incidenza degliSTM in relazione all’esposizione alle emissioni di 6 inceneritoridi RSU attivi attualmente e nel 1995.Metodi. La popolazione in studio è costituita dai residenti al01.01.95 in un’area di 4 Km di raggio dagli inceneritori. Sonostate individuate tre coorti:■ una coorte principale di 219 615 soggetti con follow-up dal1995 al 2006;■ una sub coorte di 102 843 residenti almeno dal 1991 al1999 con follow-up dal 2000 al 2006;■ una sub coorte di 24 132 residenti allo stesso indirizzo dal1982 al 1995 e follow-up dal 1995 al 2006.I soggetti sono stati referenziati tramite le banche date dei sistemiinformativi territoriali. L’esposizione è stata stimata tramite mo<strong>del</strong>lidi ricaduta al suolo con il sistema ADMS-URBAN, utilizzandocome tracciante per gli inceneritori il PM10 e per le altrefonti NO x . A ogni soggetto è stata attribuita l’esposizione relativaal 1995. Sono stati successivamente calcolati i quintili diesposizione. Al fine di non sottostimare i casi sono stati consideratieleggibili tutti i STM primitivi “maligni” compresi neglischemi di classificazione di Enzinger & Weiss (2007) e WHO-IARC (2002). I sarcomi NAS, a cellule fusate, a cellule giganti,a piccole cellule, indifferenziati e i mixosarcomi sono stati inclusi,mentre i mesoteliomi, il sarcoma di Kaposi, i tumori ossei, tendineie cartilagine e i neuroblastomi sono stati esclusi. Sono statiinclusi sia i sarcomi dei tessuti molli propriamente detti siaquelli in altra sede (organi, cute e sottocute). Gli istotipi sono staticorrelati ai corrispondenti codici morfologici <strong>del</strong>l’ICDO-3.Sono state eseguite analisi univariate e multivariate, utilizzandomo<strong>del</strong>li di regressione di Poisson aggiustati per esposizionead altre fonti, condizioni socioeconomiche, età e periododi calendario. E’ stato calcolato il p <strong>del</strong> trend <strong>del</strong>l’associazione,per valutarne senso e gradiente.Risultati. Sono stati individuati 102 casi di STM nella coorteprincipale, con proporzioni maggiori nelle donne (62%) e nelleetà più avanzate (67% >59 anni). Gli istotipi più frequentisono i leiomiosarcomi e i liposarcomi, mentre le sedi di insorgenzamaggiormente ricorrenti sono i tessuti molli propriamentedetti, il retroperitoneo e il corpo <strong>del</strong>l’utero.Non è stato rilevato alcun trend significativo in eccesso o in difettonelle tre coorti, mentre l’analisi principale complessiva, aggiustataanche per sesso, rileva un lieve deficit di rischio nelleclassi di esposizione più elevate. L’analisi per genere mostraun’incidenza sovrapponibile rispetto al livello di riferimento neimaschi e una lieve riduzione nelle femmine nelle classi di esposizionepiù elevate. Nella seconda coorte sono stati individuati74 STM. Non sono stati rilevati eccessi significativi, anche se irapporti tra tassi di incidenza risultano lievemente superiori rispettoa quello di riferimento, in assenza di trend, in tutte le classidi esposizione. Nella terza coorte infine sono stati rilevati solo 12casi e non è stato possibile eseguire l’analisi multivariata.Conclusioni. I risultati, con il disegno <strong>del</strong>lo studio utilizzato enel periodo preso in considerazione, non mostrano un’associazionetra esposizione a inceneritori e aumento di rischio diinsorgenza di STM in Emilia-Romagna.51MORTALITÀ PER CAUSA IN UNA COORTE DI RESIDENTI NEIPRESSI DI OTTO DISCARICHE PER RIFIUTI SOLIDI URBANIDEL LAZIOAncona C, Mataloni F, Badaloni C, Bucci S, Golini M, Narduzzi S,Davoli M, Perucci C, Forestiere FDipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> Servizio sanitario regionale <strong>del</strong> LazioIntroduzione. Le evidenze relative agli effetti sulla salute degli81 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1impianti di trattamento dei rifiuti non sono ancora esaustivementre la percezione <strong>del</strong> rischio <strong>del</strong>l’opinione pubblica è moltoforte. Il programma ERASLazio (<strong>Epidemiologia</strong>, ambiente, rifiutie salute) fornisce informazioni scientifiche sulle implicazioniper la salute e l’ambiente conseguenti al ciclo dei rifiutisolidi urbani (RSU) nel Lazio (www.eraslazio.it).Obiettivo. Verificare l’associazione tra la residenza nei pressi diotto <strong>del</strong>le nove discariche per lo smaltimento dei RSU presentinel Lazio e la mortalità per causa.Metodi. Dagli archivi anagrafici comunali è stata definita la coortedei residenti (al 1996 o entrati successivamente) entro 5 kmdalle discariche per RSU di Albano Laziale, Bracciano, Civitavecchia,Colleferro, Guidonia Montecelio, Latina, Roccasecca,Roma-Malagrotta e Viterbo. L’accertamento <strong>del</strong>lo stato in vitaper il periodo 1996-2008 è stato effettuato attraverso una proceduradi record linkage con le anagrafi comunali e con il Registronominativo <strong>del</strong>le cause di morte <strong>del</strong>la Regione Lazio. L’indirizzodi ciascun partecipante è stato geocodificato e assegnatoa una fascia di distanza dalle discariche (0-1, 1-2, 2-3, e 3-5 Kmgruppo di riferimento). E’ stato dapprima effettuato un confronto<strong>del</strong>la mortalità <strong>del</strong>l’intera coorte con quella dei residentinel Lazio nello stesso periodo (SMR aggiustati per età eIC95%). Per valutare l’associazione tra mortalità causa-specificae distanza da ciascuna discarica è stato poi calcolato il rischio dimortalità dei residenti nelle fasce più vicine alle discariche rispettoal gruppo di riferimento, usando un mo<strong>del</strong>lo di regressionedi Poisson (RR aggiustati per età e livello socioeconomico[indicatore di area] e IC95%).Risultati. La coorte è composta da 215 004 residenti entro 5km dalle discariche, il 2% dei quali abitava nel raggio di un km;il 47.1% dei residenti entro un km era di basso livello socioeconomicoverso il 29% nel gruppo di riferimento. Tra gli uomini,la mortalità per tutte le cause è in leggero eccesso rispettoalla mortalità <strong>del</strong>la popolazione maschile <strong>del</strong> Lazio nello stessoperiodo (5 312 decessi, SMR=1.04, IC95% 1.01;1.07) ciò èdovuto principalmente a un eccesso di mortalità per malattierespiratorie e per traumatismi (SMR=1.27, IC95% 1.14;1.41e SMR=1.26, IC95% 1.01;1.54, rispettivamente). La mortalità<strong>del</strong>le donne residenti entro 5 km dalle discariche è sovrapponibilecon quanto riscontrato nella popolazione femminile<strong>del</strong> Lazio (441 decessi, SMR=0.99, IC95% 0.96;1.02).La mortalità per tutti i tumori è in difetto rispetto a quella <strong>del</strong>lapopolazione di riferimento nello stesso periodo (SMR=0.92,IC95% 0.87;0.97) mentre risulta in eccesso la mortalità permalattie <strong>del</strong>l’apparato genitourinario e per traumatismi(SMR=1.38, IC95% 1.10;1.71 e SMR=1.35, IC95%1.10;1.63 rispettivamente).Dai confronti interni nella coorte, prendendo come riferimentoi residenti nella fascia più distante dalle discariche,non si evidenzia nessun aumento <strong>del</strong> rischio di mortalità tra iresidenti nella fascia 0-1 Km (RR ETA’+SES 0.84, IC95%0.70;1.02 uomini e 1.06, IC95% 0.86;1.30 donne). Anche lamortalità causa-specifica non si discosta da quella <strong>del</strong> riferimento.Si osserva invece tra gli uomini residenti nella fascia 1-2 km solo un eccesso di mortalità per tumore <strong>del</strong> colon retto(RR ETA’+SES 1.58, IC95% 0.98;2.37) e per traumatismi(RR ETA’+SES 1.54, IC95% 1.08;2.09).Conclusioni. Le persone che vivono nei pressi <strong>del</strong>le discarichesono prevalentemente di livello socioeconomico basso. In accordocon la letteratura scientifica, i risultati indicano che,dopo aver aggiustato per livello socioeconomico, non c’è unaassociazione tra la residenza in prossimità <strong>del</strong>le discariche emortalità per causa.52RISCHIO DI MALFORMAZIONI CONGENITE INTORNO AGLIINCENERITORI DI RSU DELL’EMILIA-ROMAGNABianchi F, 1 Di Girolamo G, 2 Angelini P, 3 Astolfi G, 4 Can<strong>del</strong>a S, 5 CalzolariE, 4 Goldoni G, 2 Luberto F, 5 Marzaroli P, 2 Ranzi A 61 UO epidemiologia ambientale, IFC-CNR, Pisa; 2 Servizio di epidemiologia,AUSL MO-DSP; 3 Servizio di sanità pubblica Regione E-R; 4 Registromalformazioni Regione Emilia-Romagna, IMER; 5 Servizio di epidemiologia,AUSL RE-DSP; 6 ARPA E-R, Direzione tecnica, CTR Ambientee saluteIntroduzione. Gli studi sull’associazione tra esposizione residenzialea emissioni di inceneritori e malformazioni congenitesono stati pochi e con risultati contraddittori. Le prove accumulate,ancora limitate, riguardano associazioni tra esposizionestimata e prevalenza di malformazioni totali, urinarie, cardiachee oro-facciali.Obiettivo. Indagare sul rischio di malformazioni in residenti nelraggio di 4 km da 8 inceneritori di RSU attivi in Regione Emilia-Romagna.Metodi. Nascite nel periodo 2003-2006 da madri residentinelle aree, di fonte anagrafe dei Comuni inclusi, che hanno fornitogli indirizzi di residenza, poi georeferenziati con GIS oGoogle maps.Per 11 937 neonati è stato operato record linkage con gli archivi<strong>del</strong>le schede dimissione ospedaliera (SDO), dei certificati assistenzaal parto (CedAP) e <strong>del</strong> Registro malformazioni congenitein Emilia-Romagna (IMER). Dalle SDO sono state recuperateinformazioni sulle diagnosi ai ricoveri, dal CedAP informazionisociodemografiche <strong>del</strong>la madre. Non sono incluse le malformazioniche hanno portato a IVG, perché i dati sono anonimie non consentono georeferenziazione. Il database definitivo è costituitoda 9 598 nati (80.4%). E’ stato definito come malformatoogni bambino presente nell’archivio IMER o ammesso inospedale entro il primo anno di vita con una diagnosi di dimissionedi malformazione congenita (ICD-9 740-759). I casirilevati solo da SDO sono stati valutati da esperti che, tramiteun algoritmo sviluppato ad hoc, hanno escluso malformazioniminori e diagnosi ad alto rischio di non appropriatezza, in accordoal protocollo Eurocat. Per le diagnosi incerte si è procedutoalla valutazione <strong>del</strong>la cartella clinica individuale.Ogni residenza è stata caratterizzata per l’esposizione alle emissioni<strong>del</strong>l’inceneritore e di altre fonti, secondo il protocollo Moniter,basato sul mo<strong>del</strong>lo di ricaduta al suolo ADMS-Urban <strong>del</strong>CERC. Come tracciante tipo di esposizione a inceneritore èstato scelto il PM10, per le altre fonti la scelta è ricaduta sugli82 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1NO x . I casi sono aggregati in 5 classi di esposizione a inceneritoree 4 classi di esposizione ad altre fonti. Per confrontare leprevalenze di malformati nelle aree di studio e nelle relativeprovince sono stati calcolati i rapporti standardizzati di prevalenzaalla nascita (RSP) con i limiti di confidenza al 95%, perogni livello di esposizione e per il loro complesso.Risultati. Il contributo di nascite nell’intorno dei siti è moltodiverso. La distribuzione dei neonati per livelli di esposizionea inceneritore è disomogenea, con oltre 2/3 nei primi 3 livelli,12% nel 4° e meno <strong>del</strong> 10% nel livello più esposto; la distribuzioneper livelli di esposizione ad altre fonti è nel complessoomogenea. L’età materna, l’ordine di gravidanza e il sesso <strong>del</strong>nato non mostrano differenze particolari rispetto all’esposizionea inceneritore. I nati malformati considerati per lo studio sonoquindi 273, con una prevalenza <strong>del</strong> 2.84% sui 9 598 nati. Ilconfronto tra le aree intorno agli inceneritori e l’intero territorio<strong>del</strong>le province in cui essi insistono non ha però evidenziatocomplessivamente un eccesso di malformati. Considerandol’insieme dei malformati emerge un trend crescente alcrescere <strong>del</strong> livello di esposizione sia a inceneritori (p


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione Parallela9 novembreStato di salute e malattie croniche 2Moderatori:Roberto Gnavi, Lorenzo Simonato23EDUCAZIONE E PATOLOGIE CARDIOVASCOLARI: UNAREVISIONE SISTEMATICAFoltran F, 1 Spada VM, 2 Baldi I, 1 Marinacci C, 3 Costa G, 3 Gregori D 11 Dipartimento di medicina ambientale e sanità pubblica, Università diPadova; 2 Dipartimento di salute pubblica e microbiologia, Università diTorino; 3 Dipartimento di epidemiologia, ASL TO3, Grugliasco, TorinoIntroduzione. Sebbene l’effetto <strong>del</strong>le disuguaglianze socioeconomichesia stato ampiamente esplorato dalla letteratura scientifica,è rilevabile una mancanza di chiarezza in merito alla definizione<strong>del</strong>lo status socioeconomico e differenti indicatori,quali l’occupazione, il livello educativo e il reddito, sono spessoutilizzati in modo intercambiabile. Tuttavia, sono identificabilialmeno due ragioni che inducono a preferire l’educazionequale marker <strong>del</strong>lo status socioeconomico: diversamente dalreddito e dall’occupazione, il livello educativo può essere definitoper tutti i soggetti, e questo è particolarmente rilevantenel caso <strong>del</strong>le donne e degli ultrasessantacinquenni; inoltre, illivello educativo non è influenzato da menomazioni e disabilitàinsorte durante l’età adulta, che possono invece avere effetto,per esempio, su tipo e livello di occupazione.Obiettivi. L’obiettivo <strong>del</strong> presente lavoro è investigare la relazionetra educazione e mortalità e incidenza <strong>del</strong>le patologie cardiovascolarimediante una revisione sistematica e metanalisi<strong>del</strong>la letteratura scientifica dedicata.A conoscenza degli autori, nessun lavoro metanalitico in materiaè stato sin qui pubblicato.Metodi. Strategia di ricerca: i) ricerca nel database Pubmed(CVD OR “cardiovascular disease” OR “myocardial infarction”OR MI OR “coronary disease” OR “heart disease” OR “heart failure”OR stroke) AND (education OR schooling OR “educationallevel”) AND (mortality OR hospitalization OR incidence) limitataalle pubblicazioni in lingua inglese degli ultimi 30 anni(01.01.1981-02.01.2011); ii) analisi sistematica <strong>del</strong>le voci bibliografichedi studi rilevanti.Criteri di inclusione: i) disegno <strong>del</strong>lo studio: studi di coorte estudi caso-controllo; definizione <strong>del</strong>l’outcome: mortalità o incidenzadi malattia cardiovascolare clinicamente diagnosticata.Criteri di esclusione: solo gli studi in cui il livello educativo èmisurato a livello individuale sono stati inclusi; N non presenti.Estrazione dei dati: per ogni articolo valutato pertinente sonostate raccolte le seguenti informazioni: numero di soggetti percategoria di esposizione, eventuali restrizioni per sesso ed età,numero di outcome osservati, modalità di diagnosi, misura<strong>del</strong>l’educazione, covariate, misura di associazione con minimoe massimo aggiustamento.Analisi statistica: l’analisi è stata condotta separatamente persottocapitoli diagnostici ICD. Per la stima <strong>del</strong> trend, sono statiadattati mo<strong>del</strong>li di metaregressione a effetti casuali basati sui“generalized least squares”, considerando il numero di anni distudio come esposizione in continuo.Risultati. La ricerca nel database Pubmed ha individuato 9 801articoli, di cui 87 sono stati giudicati pertinenti sulla base dititolo e abstract; di questi è stato possibile ottenere il testo integraleper 78; inoltre, la consultazione <strong>del</strong>la bibliografia di articolirilevanti ha consentito l’identificazione di ulteriori 32 articoli.La valutazione di tutti i testi ha condotto all’esclusionedi 59 articoli (in 22 casi non erano soddisfatti i criteri di inclusionerelativi al disegno <strong>del</strong>lo studio e in 28 quelli relativiall’outcome, in 8 articoli l’esposizione non era quantificata alivello individuale e 1 articolo faceva riferimento alla stessa seriedi dati di una pubblicazione più recente) e all’inclusione nell’analisidi 51 articoli. In particolare, l’analisi fin qui realizzatasugli 8 studi in cui l’outcome di interesse è la mortalità per cardiopatiaischemica rivela che per ogni anno di istruzione l’ORè pari a 0.982 con IC95% 0.977;0.988, p-value


SESSIONI PARALLELEe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1vascolare, Azienda socio-sanitaria 4 Medio Friuli e Agenzia regionale<strong>del</strong>la sanità, Udine; 3 Azienda ospedaliera S. Elia, Caltanissetta; 4 UniversitàCattolica, Campobasso; 5 Dipartimento di sanità pubblica AUSL,Modena; 6 <strong>Associazione</strong> calabrese di epatologia, Reggio Calabria; 7 Unitàoperativa di cardiologia medica, Ospedale San Carlo, Potenza; 8 Medicodi medicina generale, Nuoro; 9 Fondazione S. Maugeri, Veruno, Novara;10 Ospedale S. Giovanni Addolorata, RomaIntroduzione. L’Health examination survey (HES) è lo studiopiù appropriato per valutare la prevalenza <strong>del</strong>le malattie cronichee dei principali fattori di rischio nella popolazione generale.La validità <strong>del</strong>l’HES dipende dalla rappresentatività <strong>del</strong>campione selezionato, dal tasso di partecipazione e dall’uso diprocedure e metodologie standardizzate. In Italia tra il 1998 eil 2002 è stato implementato l’Osservatorio epidemiologicocardiovascolare (OEC)/Health examination survey e a distanzadi 10 anni, nel 2008, è partita la seconda edizione, tuttora incorso.Obiettivo. L’obiettivo è presentare i risultati iniziali <strong>del</strong>l’OEC2008-2010 confrontati con quelli raccolti nel 1998-2002 derivantidall’OEC precedente.Metodi. Sono stati esaminati campioni casuali di popolazionestratificati per sesso e classi di età (tasso di partecipazione:63%). I fattori di rischio sono stati raccolti usando le metodologiestandardizzate <strong>del</strong> Progetto MONICA; i livelli biochimicisono stati misurati in un laboratorio centralizzatosotto il controllo di qualità <strong>del</strong> CDC di Atlanta. Nel 1998 circa10 000 uomini e donne di età 35-74 anni furono esaminati intutto il territorio nazionale (200 persone ogni milione e mezzodi residenti). Il nuovo screening, iniziato nel 2008, sta arruolandoun campione di eguale dimensione di età 35-79 anni.Poiché la distribuzione per età e sesso è simile in entrambi icampioni (25 persone in ogni decennio di età e sesso), i datiper il confronto non sono stati standardizzati per età. Per il confronto<strong>del</strong>le medie e <strong>del</strong>le prevalenze sono stati usati i test T-Student e chi-quadro, rispettivamente.Risultati. I dati provengono da 9 Regioni al Nord, Centro e Sud<strong>del</strong> Paese per un totale di 3 782 uomini e donne nel 1998-02e 3 479 persone nel 2008-10. Il confronto dei dati mostra unadiminuzione statisticamente significativa <strong>del</strong>la pressione arteriosasistolica (uomini: da 138 a 134 mmHg; donne: da 134 a129 mmHg) e <strong>del</strong>la pressione arteriosa diastolica (uomini: da87 a 84 mmHg; donne: da 83 a 79 mmHg); un aumento statisticamentesignificativo <strong>del</strong>la colesterolemia totale (uomini: da207 a 225 mg/dl; donne: da 212 a 232 mg/dl), e <strong>del</strong>l’HDLcolesterolemia(uomini: da 51 a 52 mg/dl; donne: da 60 a 63mg/dl); l’indice di massa corporea (IMC) aumenta leggermente(uomini: da 27 a 28 kg/m 2 ; donne: da 26 a 27 kg/m 2 );la glicemia aumenta (uomini: da 98 a 105 mg/dl; donne: da 92a 97 mg/dl). La prevalenza di obesità (IMC ≥30 kg/m 2 ) aumentasignificativamente dal 19% al 25% negli uomini ma nonsignificativamente nelle donne (dal 23% al 26%); la prevalenzadi diabete (glicemia ≥126 mg/dl o in trattamento) non cambiasia negli uomini (14%) sia nelle donne (9%); i fumatori diminuisconosignificativamente tra gli uomini (dal 31% al 24%)ma non nelle donne (21% in entrambi gli screening).Conclusioni. Sebbene i dati siano preliminari, nella popolazioneadulta italiana i trend derivanti dall’OEC/HES mostrano unaumento preoccupante <strong>del</strong>la colesterolemia totale, <strong>del</strong>la glicemiae <strong>del</strong>l’obesità; miglioramenti <strong>del</strong>la pressione arteriosa e negliuomini anche <strong>del</strong> fumo. In combinazione con altre fonti diinformazione e altri studi, i dati <strong>del</strong>l’OEC possono contribuirein modo importante alla valutazione <strong>del</strong>l’efficacia di azioni dicomunità (introduzione <strong>del</strong>le leggi sul fumo, introduzione<strong>del</strong>la valutazione <strong>del</strong> rischio cardiovascolare nella pratica clinica)e a migliorare la consapevolezza <strong>del</strong>la necessità di ulteriorisforzi nella prevenzione <strong>del</strong>le malattie cardiovascolari e, più ingenerale, <strong>del</strong>le malattie croniche.145POSIZIONE SOCIALE, MORTALITÀ E RICOVERI A UN ANNODALLA DIMISSIONE DOPO UN PRIMO EPISODIO DIINSUFFICIENZA CARDIACAPicariello R, 1 Castagno D, 2 Costa G, 1 Gnavi R 11 SCaDU Scuola di sanità pubblica, ASL TO3, Regione Piemonte; 2 Divisionedi cardiologia, Dipartimento di medicina interna, Università deglistudi di TorinoIntroduzione. Lo scompenso cardiaco è una patologia a elevataprevalenza nel mondo occidentale e in continuo aumento acausa <strong>del</strong>l’invecchiamento <strong>del</strong>la popolazione, <strong>del</strong>la riduzione<strong>del</strong>la mortalità per eventi acuti cardiovascolari e <strong>del</strong>l’aumentataefficacia dei trattamenti. Si tratta di una patologia grave, cheporta frequentemente al ricovero ospedaliero e gravata daun’elevata letalità. Tuttavia, anche a causa di difficoltà nella definizione<strong>del</strong>la sindrome, la letteratura riporta valori di mortalitàe di ospedalizzazione differenti in diverse aree geografiche.Inoltre, il ruolo <strong>del</strong>la condizione sociale nel determinaregli esiti a distanza <strong>del</strong>la malattia è poco esplorato.Obiettivi. Analizzare la mortalità e l’ospedalizzazione a 30giorni e a un anno da un primo episodio di ricovero per scompensocardiaco e valutare il ruolo di alcune caratteristiche clinichee sociali quali determinanti di esiti avversi.Metodi. Dall’archivio regionale <strong>del</strong>le schede di dimissioneospedaliera (SDO) per il periodo 2001-2004 sono stati selezionatitutti i ricoveri di residenti a Torino con diagnosi alla dimissionedi insufficienza cardiaca, identificata attraverso unaselezione di codici ICD9-CM riconosciuti dalla letteratura internazionale.Sono stati esclusi tutti i soggetti che presentavanoun ricovero nei 60 mesi precedenti per gli stessi gruppi di cause.La posizione sociale è stata attribuita utilizzando il titolo di studio,mentre la gravità <strong>del</strong>la patologia è stata definita mediantel’indice di Charlson. I soggetti con insufficienza cardiaca “incidente”sono stati quindi seguiti per i 12 mesi successivi medianterecord linkage con gli archivi regionali dei ricoveri ospedalierie di mortalità per identificare nei 30 e 365 giornisuccessivi alla data di dimissione gli episodi di ricovero o di decesso.Le probabilità di re-ricovero o di morte sono state stimatecon il metodo di Kaplan-Meier. L’associazione tra eventiavversi e le variabili cliniche e sociali è stata valutata mediantemo<strong>del</strong>li di Poisson.85 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Risultati. Sono stati identificati 6 524 soggetti con un primoepisodio dei ricovero ospedaliero per scompenso cardiaco. L’etàmedia era di 76 anni, 83% aveva età >65 anni, 63% titolo distudio elementare, 48% aveva un indice di Charlson >1. Lamortalità intraospedaliera era <strong>del</strong> 9.5%. A 30 giorni dalla dimissioneera <strong>del</strong> 3.1% e a 1 anno <strong>del</strong> 18.5%. Il rischio di ospedalizzazionea 30 giorni era <strong>del</strong> 12.4% e a 1 anno <strong>del</strong> 47.4%.All’analisi multivariata la mortalità a 30 giorni dalla dimissioneera associata all’età avanzata e alla comorbosità. La mortalitàa 1 anno era anche associata al genere femminile. L’ospedalizzazionesia a 30 giorni, sia a 1 anno dalla dimissione si associavaall’età avanzata, alla gravità e al genere maschile. Solo nel caso<strong>del</strong>la ri-ospedalizzazione a 1 anno si osservava un’associazionecon la bassa scolarità (RR=1.14, p=0.037). Per nessuno degliesiti considerati è risultata un’interazione significativa tra scolaritàed età o tra scolarità e genere.Conclusioni. Lo scompenso cardiaco si conferma essere unacondizione gravata da un’elevata letalità e da un elevato rischiodi ricovero successivo al primo. A Torino, sopravvivenza eospedalizzazione a un anno dalla dimissione presentano valorianaloghi a quelli di altri Paesi occidentali. Tuttavia, l’assenza didifferenze sociali negli esiti sembra indicare una sostanzialeequità nelle cure di pazienti affetti da una patologia cronicagrave che richiede una compliance adeguata a terapie farmacologicheanche complesse, assistenza medica continuativa e unabuona collaborazione tra ospedale e territorio. Il maggiore ricorsoal ricovero negli uomini con basso livello di istruzionesembra suggerire che, per questi pazienti, l’equità nella sopravvivenzaa un anno (sopravvivenza) si ottenga attraversopercorsi assistenziali che privilegiano il ricorso all’ospedale rispettoall’assistenza a domicilio.147ESISTE UN GENDER BIAS NELLA GESTIONE ACUTA E NELLAMORTALITÀ DEL PAZIENTE CARDIOVASCOLARE IN FRIULI-VENEZIA GIULIA?Valent F, 1 Tillati S, 2 Zanier L 1Servizio di epidemiologia, Direzione centrale salute, integrazione sociosanitariae politiche sociali, Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia;2 Dipartimento di scienze economiche e statistiche, Università deglistudi di UdineIntroduzione. Il gender bias consiste in un trattamento nonequo di uomini e donne per il semplice motivo di essere di generediverso e può avere un effetto sull’accesso, uso e qualità<strong>del</strong>le cure mediche.Obiettivi. Il nostro obiettivo era valutare se vi fosse gender biasnella gestione acuta dei pazienti giunti in pronto soccorso(PS) con sintomatologia compatibile con malattia coronaricao ricoverati per malattia coronarica in ospedali <strong>del</strong> Friuli-VeneziaGiulia.Metodi. Abbiamo analizzato retrospettivamente i database <strong>del</strong>sistema informativo sanitario regionale relativi a PS e schededi dimissione ospedaliera (SDO). Lo studio ha riguardatotutti i pazienti arrivati per dolore toracico in 18 PS <strong>del</strong>la Regionenel 2010 e tutti i pazienti ricoverati per malattia coronaricanegli ospedali <strong>del</strong>la Regione nello stesso anno. Per ciascunsesso abbiamo valutato, aggiustando per i possibili confondenti,i tempi di attesa in PS prima <strong>del</strong>la presa in carico daparte di un medico e la frequenza di elettrocardiogrammi(ECG) nel caso di pazienti presentatisi per dolore toracico e lafrequenza di angioplastiche coronariche e la mortalità intraospedalieranel caso di pazienti ricoverati per malattia coronarica.Per le analisi dei diversi outcome sono stati costruiti mo<strong>del</strong>lidi regressione lineare, logistica e di Cox.Risultati. Le donne aspettavano mediamente circa 3 minuti piùdegli uomini in PS prima di essere visitate da un medico, mala probabilità di essere poi sottoposte ad ECG era simile. Ledonne ricoverate per malattia coronarica erano sottoposte piùraramente degli uomini ad angioplastica coronarica. La mortalitàintraospedaliera era simile nei due sessi in generale, tuttaviaal di sotto dei 65 anni era superiore tra le donne.Conclusione. Questa analisi ha individuato alcune differenzedi genere nella gestione dei pazienti con sintomatologia compatibilecon malattia coronarica o con diagnosticata malattiacoronarica. Tali differenze, che potrebbero riflettere comportamenticlinicamente appropriati e non necessariamente ungender bias professionale, meritano sicuramente un approfondimento.72PASSI D’ARGENTO: I RISULTATI DELLA SPERIMENTAZIONENAZIONALE DI UN SISTEMA DI SORVEGLIANZA DELLAPOPOLAZIONE ULTRA64ENNEDe Luca A, Baldi A, Antoniotti MC, Biscaglia L, Carrozzi G, Chiti L,Contoli B, Cristofori M, Di Fiandra T, Dittami A, Ferrelli RM, GaetanoS, Possenti V, Scardetta V, Vichi M, Perra AGruppo tecnico operativo “Passi d’Argento”, CNESPS, Istituto superioredi sanità, RomaIntroduzione. PASSI d’Argento è un progetto, promosso dalMinistero <strong>del</strong>la salute e dalle Regioni con il supporto tecnicoscientifico<strong>del</strong> CNESPS (ISS), nato per sperimentare un mo<strong>del</strong>lodi sorveglianza sulla qualità <strong>del</strong>la vita, sulla salute e sullapercezione dei servizi nella terza età.Obiettivi. Disegnare un profilo <strong>del</strong>la popolazione ultra64ennecentrato sui tre pilastri per l’invecchiamento attivo, individuatidalla strategia “Active ageing” <strong>del</strong>l’OMS (partecipazione, salutee sicurezza) e fornire elementi per la valutazione dei servizi offertidal settore sanitario e sociale, allo scopo di mettere a disposizioneinformazioni utili per le scelte di politiche sociosanitarievolte a migliorare la qualità di vita degli anziani.Metodi. La sperimentazione è stata articolata in due indaginimultiregionali (2009-2010). Qui è descritta l’indagine 2010,condotta in 9 Regioni (Piemonte, Veneto, Marche, Abruzzo,Molise, Lazio, Campania, Calabria e Sardegna). I campioni<strong>del</strong>la popolazione ultra64enne, estratti dalle anagrafi sanitariein maniera casuale tra le persone non istituzionalizzate residentinel territorio <strong>del</strong>le ASL e Regioni partecipanti allo studio, èstato intervistato telefonicamente o faccia a faccia, da personale86 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1appositamente formato, utilizzando un questionario strutturatoe standardizzato, ricorrendo, in caso di ostacoli di natura fisicao psichica, a un familiare/altra persona di fiducia (proxy).Sono state indagate le caratteristiche sociodemografiche edeconomiche, la percezione <strong>del</strong>lo stato di salute, gli stili di vita,eventuali cadute, problemi di vista udito e masticazione, sintomidi depressione, segni di isolamento sociale. E’ stata inoltrevalutata la capacità di essere risorsa e di partecipare alla vitasociale, di usufruire di cure e tutele e di reddito adeguato.Utilizzando le ADL e le IADL e secondo specifiche definizioniadottate nel protocollo sono stati descritti 4 sottogruppi: anzianiin buona salute, in buona salute ma a rischio di malattia,a rischio di disabilità, con disabilità.Risultati. Delle 5 077 interviste raccolte, l’82% erano telefonichee il 12% faccia a faccia; il tasso di risposta <strong>del</strong>l’86%,quello di rifiuto <strong>del</strong> 9%. Il 48% <strong>del</strong>le persone ultra64enni è risultatoin buone condizioni di salute, il 14% ancora in buonasalute ma a rischio di malattia, il 23% a rischio di disabilità eil 15% disabile in almeno 1 ADL.Ciascuno dei quattro sottogruppi è stato descritto in base allecaratteristiche dei tre pilastri <strong>del</strong>l’invecchiamento attivo. Complessivamenteil 26% ha partecipato ad attività sociali, il 36%è risorsa per la famiglia, i conoscenti e/o la collettività. Il 29%<strong>del</strong>le persone ha giudicato positivamente la propria salute;circa il 40% ne ha però riferito un peggioramento rispetto all’annoprecedente e 1 su 4 ha mostrato sintomi di depressione.Più <strong>del</strong>la metà degli intervistati è risultato in eccesso ponderale(43% sovrappeso e 15% obeso); il 19% è stato classificatocome bevitore a rischio e il 9% fumatore. Il 21% ha dichiaratodi avere problemi di vista, il 13% di udito, il 16% ha riferitodifficoltà di masticazione; malgrado ciò, appena uno su tre diloro si è recato dal dentista nell’ultimo anno; l’88% fa uso difarmaci, ma solo il 43% ha effettuato un controllo <strong>del</strong>le modalitàdi assunzione con il proprio medico. Circa l’11 % è cadutonell’ultimo mese, il 9% è risultato a rischio di isolamentosociale e ben il 69% ha ammesso di avere difficoltà adarrivare alla fine <strong>del</strong> mese con il proprio reddito (tutela e redditoadeguato).Conclusioni. I risultati <strong>del</strong>l’indagine hanno evidenziato che lamaggioranza <strong>del</strong>le persone è in buona salute, tuttavia unaquota consistente è esposta a fattori di rischio modificabili coninterventi integrati (sanitari e sociali). Alcuni degli strumentidi indagine potranno essere usati anche in un contesto clinico,quale la determinazione <strong>del</strong>l’attività fisica attraverso curve diriferimento, che saranno messe a punto e validate sulla popolazioneresidente.199CLASSIFICAZIONE E OCCORRENZA DELLE POLMONITINELL’ANZIANO NEL LAZIOCascini S, 1 Agabiti N, 1 Arcà M, 1 Pinnarelli L, 1 Antonelli Incalzi R, 2Davoli M 11 Dipartimento di epidemiologia, Servizio sanitario regionale <strong>del</strong> Lazio,Roma; 2 Università Campus-Biomedico, RomaIntroduzione. Dal punto di vista epidemiologico, in passato lepolmoniti erano classificate in infezioni acquisite in comunità(CAP) e acquisite in ambito ospedaliero (NP). Questa classificazioneè stata recentemente rivista, definendo un’altra classedi infezioni associate a recenti cure mediche (HCAP).Obiettivi. L’obiettivo di questo studio è identificare la popolazioneanziana (65+) dimessa dagli ospedali <strong>del</strong> Lazio con unadiagnosi di polmonite, classificandola in tre gruppi: HCAP, NPe CAP tramite l’utilizzo dei sistemi informativi sanitari, studiarnela sopravvivenza a trenta giorni dalla dimissione e la degenzamedia.Metodi. Nel Sistema informativo ospedaliero (SIO) e negli archivi<strong>del</strong>la mobilità passiva sono stati selezionati i ricoveri peracuti con data di dimissione compresa tra l’1 gennaio 2006 eil 31 dicembre 2008, di persone in età maggiore o uguale a 65anni, residenti nel Lazio, con la presenza di un codice di polmonitein diagnosi principale o secondaria. Un caso si definiscenuovo episodio di polmonite se non preceduto da unevento analogo nei 30 giorni precedenti.Le polmoniti sono classificate nei tre gruppi: HCAP: pazientisottoposti a dialisi o chemioterapia negli ultimi 30 giorni, pazientisottoposti a intervento chirurgico nei 180 giorni precedentiil ricovero, ricovero o domicilio in una struttura per lungodegenti;NP: ricoveri che soddisfano almeno uno deiseguenti criteri: a) diagnosi principale diversa da polmonite obroncopneumopatia cronico-ostruttiva, diagnosi di trauma; b)ospedalizzazioni con durata maggiore di 72 ore nei 10 giorniprecedenti il ricovero per polmonite; CAP: ricoveri non inclusinei due gruppi precedenti.Fonti informative utilizzate: SIO, Sistema informativo <strong>del</strong>l’assistenzaspecialistica (SIAS), registro nominativo <strong>del</strong>le causedi morte (ReNCaM).Risultati. Sono stati selezionati 26 239 eventi di polmonite corrispondentia 24 338 persone di età maggiore o uguale a 65anni, residenti nel Lazio. Gli eventi si suddividono in:HCAP=2 257 (8.7%); NP=6 775 (25.9%); CAP=17 107(65.4%). C’è una più alta prevalenza tra i maschi in tutte e trele categorie.Oltre un quarto degli HCAP è transitato in un reparto di terapiaintensiva. La degenza media è di 27 giorni per gli HCAP,17 per i NP e 13 per le polmoniti di comunità. A trentagiorni dalla dimissione la mortalità è più elevata nel primogruppo (HCAP=38%, NP=28%, CAP=16%).Conclusioni. La prevalenza di CAP stimata dal nostro studionon differisce molto da quella misurata in altri studi recenti.C’è una maggiore discrepanza riguardo le stime relative alle altredue tipologie di polmonite (HCAP e NP). Questo può esserespiegato da diverse ipotesi, una tra queste l’adozione di unadiversa definizione per identificare il gruppo HCAP.Uno dei limiti <strong>del</strong>lo studio è relativo al gruppo <strong>del</strong>le infezioninosocomiali: non è possibile infatti stabilire dalla scheda di dimissioneospedaliera se l’infezione fosse o meno presente al momento<strong>del</strong>l’accettazione. Inoltre nel Lazio, per gli anni considerati,non sono disponibili dati sui ricoveri nelle struttureresidenziali assistite, con conseguente sottostima <strong>del</strong> numero87 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1degli HCAP. L’HCAP è una classe di polmoniti associata a unadegenza maggiore, a un maggior rischio di transito in terapiaintensiva e a una mortalità più elevata rispetto alle polmonitidi comunità. Le tre categorie di polmoniti devono considerarsicome tre entità distinte con una gravità crescente tra il primoe l’ultimo gruppo.Classificazione polmonite Maschi Femmine TotaleHCAP 100 51 71NP 267 175 214CAP 710 417 540Tabella 1. Tassi grezzi di prevalenza per 100 000 abitanti.88 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione Parallela9 novembreSalute materno-infantileModeratori:Sara Farchi, Angela Spinelli170GRAVIDANZA SINGOLA O GEMELLARE: L’ASSUNZIONE DIACIDO FOLICO POTREBBE FARE LA DIFFERENZA? RISULTATIPRELIMINARI DI UNO STUDIO ITALIANOBrescianini S, 1 Cotichini R, 1 Madrigali V, 2 Serino L, 3 D’Ippolito C, 1Salemi M, 1 Salvatore M, 4 Ghirri P, 2 Stazi MA 11 Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione <strong>del</strong>la salute,Istituto superiore di sanità, Rome, Italy; 2 UO neonatologia e TIN,Azienda ospedaliero-universitaria Pisana, Pisa, Italy; 3 Scuola di specializzazionein igiene e medicina preventiva, Università di Tor Vergata,Rome, Italy; 4 Centro nazionale malattie rare, Istituto superiore di sanità,RomaIntroduzione. In Italia viene raccomandato alle donne che desideranoo non escludono attivamente una gravidanza di assumere400 mcg die di acido folico (AF) almeno un meseprima <strong>del</strong> concepimento e per tutto il primo trimestre di gravidanzaper la prevenzione dei difetti <strong>del</strong> tubo neurale nel nascituro.Ci sono evidenze, non sempre confermate, che l’AF assuntonel periodo preconcezionale possa aumentare laprobabilità di insorgenza di una gravidanza gemellare.Obiettivi. Obiettivo <strong>del</strong> progetto è studiare l’associazione fraassunzione di acido folico prima <strong>del</strong>la gravidanza e l’occorrenzadi gravidanza gemellare, utilizzando un approccio di tipo casocontrollo.Metodi. Iniziato nel 2009 in più città italiane da Nord a Sud,lo studio ha arruolato finora circa 350 mamme di gemelliiscritti al Registro nazionale gemelli e circa 300 mamme dibambini singoli nati negli stessi anni.A tutte le mamme è stato somministrato un questionario postalecon domande riguardanti: l’assunzione di acido folicoprima e durante la gravidanza, l’età al parto, il peso e l’altezzaprima <strong>del</strong>la gravidanza, l’eventuale ricorso a tecniche di procreazionemedicalmente assistita, la presenza di altri gemelli infamiglia, l’alimentazione e gli stili di vita in gravidanza. A tuttele donne è stato inoltre chiesto di donare un campione di salivaper l’estrazione di DNA al fine di analizzare l’interazionegene-ambiente fra alcuni polimorfismi che riguardano il metabolismo<strong>del</strong>l’acido folico e l’assunzione di tale vitamina nelperiodo preconcezionale.Tutte le donne hanno firmato un modulo di consenso informatoper la partecipazione allo studio.Risultati. Mentre la prevalenza di assunzione di acido folico nelperiodo preconcezionale nelle mamme di non gemelli (controlli)è <strong>del</strong> 22.8%, in linea con altri studi italiani <strong>del</strong>lo stessoperiodo, nelle mamme di gemelli (casi) è <strong>del</strong> 45.6%. Aggiustandoper il possibile confondimento di età materna, tecnichedi procreazione medicalmente assistita, consumo di caffè efumo di sigaretta nel periodo preconcezionale, altezza e pesomaterni, l’odds ratio di avere una gravidanza gemellare se si èassunto acido folico prima <strong>del</strong>la gravidanza è di 2.44 per la gravidanzadizigotica (IC95% 1.6;3.8) e di 1.68 per quella monozigotica(IC95% 0.9;3.1).Conclusioni. Questi dati preliminari mostrano un aumentatorischio di gravidanza gemellare dizigotica data l’assunzione diacido folico nel periodo preconcezionale e un rischio aumentato,benché non significativo, di gravidanza gemellare monozigotica.Il risultato dovrà essere confermato quando il campionesarà completo. La seconda parte <strong>del</strong>lo studio esploreràla possibile interazione gene-ambiente fra assunzione di acidofolico e i polimorfismi <strong>del</strong> gene MTHFR per i quali le analisigenetiche sono in esecuzione. Inoltre, data l’elevata percentualedi madri di gemelli che dichiarano di assumere acido folicoprima <strong>del</strong>la gravidanza, stiamo effettuando uno studio suinon rispondenti al fine di capire se c’è stato un bias di selezione.174ALLATTAMENTO MATERNO IN UNA COORTE DI NATI GRA-VEMENTE PRETERMINE: RISULTATI DI UNO STUDIO “AREA-BASED” IN SEI REGIONI ITALIANECuttini M, 1 Da Frè M, 2 Carnielli V, 3 Corchia C, 4 Di Lallo D, 5 GagliardiL, 6 Miniaci S, 7 Macagno F 81 Unità di epidemiologia, Ospedale pediatrico Bambino Gesù, Roma;2 Agenzia regionale di sanità <strong>del</strong>la Toscana, Firenze; 3 Azienda ospedalieraG. Salesi, Ancona; 4 International centre on birth defects and prematurity,Roma; 5 Laziosanità, Agenzia di sanità pubblica <strong>del</strong> Lazio, Roma;6 Ospedale unico <strong>del</strong>la Versilia, Lido di Camaiore (Lu); 7 Azienda ospedalieraPugliese-Ciaccio, Catanzaro; 8 Ospedale civile Santa Maria <strong>del</strong>laMisericordia, UdineIntroduzione. I benefici <strong>del</strong>l’utilizzo di latte materno nei nati preterminesono molteplici, inclusi la prevenzione <strong>del</strong>le infezioni e<strong>del</strong>la enterocolite necrotizzante. Sia l’immaturità sia i problemidi salute possono però rendere difficile l’allattamento materno89 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1nei reparti di terapia intensiva neonatale (TIN). Le pratiche direparto e il supporto <strong>del</strong> personale sono importanti per favorireinizio e mantenimento <strong>del</strong>l’allattamento materno.Obiettivi. Valutare la frequenza di allattamento materno (esclusivoe misto) alla dimissione in una coorte area-based di natigravemente pretermine nelle sei Regioni partecipanti allo studioACTION, e identificare i fattori predittivi.Metodi. Lo studio ACTION ha reclutato tutti i nati con età gestazionale22-31 settimane compiute e ricoverati in TIN nel periodoluglio 2003-dicembre 2004 in Lombardia, Lazio e Calabria,e giugno 2005 in Friuli-Venezia Giulia, Toscana e Marche.Le variabili demografiche, quelle relative alla storia ostetrica,assistenza in TIN e condizioni alla dimissione sono state registratemediante una scheda strutturata. I fattori predittivi di allattamentomaterno (esclusivo e misto) alla dimissione sonostati studiati mediante tecniche di analisi uni variata e multivariata(mo<strong>del</strong>li lineari generalizzati per tener conto <strong>del</strong>la strutturagerarchica - centri TIN e singoli bambini - dei dati).Il progetto è stato approvato dai comitati di etica dei centri coordinatori,e ai genitori è stato richiesto il consenso informato.Risultati. Su 3 040 neonati ricoverati in TIN nel periodo <strong>del</strong>lostudio, 2 515 sono stati dimessi vivi. Per 2 447 è disponibile l’informazionesul tipo di allattamento alla dimissione. La frequenzadi allattamento materno esclusivo è stata 25% (da 9.7%in Calabria a 50.3% in FVG), quella di allattamento esclusivoo misto 61% (da 52.2% nelle Marche a 74.3% in FVG).I fattori significativamente associati all’allattamento maternoesclusivo nei mo<strong>del</strong>li di analisi multivariata erano madre italiana,parto singolo, sesso femminile, assenza di ossigeno-dipendenzaa 36 settimane di età post mestruale, e nascita in unaRegione <strong>del</strong> Nord Italia, mentre l’età gestazionale non lo era.Considerando qualsiasi alimentazione con latte materno (esclusivoo misto), il sesso <strong>del</strong> neonato, il tipo di parto e la Regionenon risultavano più predittori statisticamente significativi,mentre lo era, oltre alla nazionalità <strong>del</strong>la madre e alla ossigenodipendenza,anche l’età gestazionale.Conclusioni. La dimissione di un bambino nato a età gestazionalemolto bassa in allattamento materno esclusivo rimaneun obiettivo difficile, ma le differenze regionali evidenziate dalnostro studio sottolineano l’importanza <strong>del</strong> ruolo <strong>del</strong> personalesanitario e dei protocolli <strong>del</strong>le TIN al netto dei fattori biologici.Nell’indirizzare gli interventi educativi e di sostegno all’allattamento,particolare attenzione deve essere riservata allemadri straniere.171MONITORAGGIO DELLE GRAVIDANZE FISIOLOGICHE SE-GUITE DALLE OSTETRICHE DEI CONSULTORI DELLA PRO-VINCIA DI REGGIO EMILIA: PRIMI RISULTATIBroccoli S, 1 Bonvicini L, 1 Foracchia A, 2 Casoli M, 2 Volta A, 2 BertaniD, 2 Can<strong>del</strong>a S 11 Servizio di epidemiologia, Dipartimento di sanità pubblica,Azienda USLdi Reggio Emilia; 2 UO salute donna e infanzia, Azienda USL di ReggioEmiliaIntroduzione. L’ostetrica è la professionista competente ad assisterela donna durante la gravidanza, il parto e il puerperioquando il percorso nascita è fisiologico (D.M: 740/94, Legge42/99, Legge 251/2000, Dir.Reg. 533/2008). Il Progetto di assistenzaalla gravidanza fisiologica <strong>del</strong>l’Azienda USL di ReggioEmilia prevede un ruolo centrale <strong>del</strong> personale ostetrico nonmedico (ostetriche) nell’assistenza alla gravidanza a basso rischio.Obiettivo. Confrontare gli esiti <strong>del</strong>le gravidanze fisiologiche occorsea Reggio Emilia nel 2009 in relazione alla tipologia dipersonale che ha fornito assistenza in gravidanza.Metodi. Dal database dei consultori familiari è stato selezionatol’elenco <strong>del</strong>le donne seguite dalle ostetriche (AO) per gravidanzafisiologica prese in carico nell’anno 2009 ed è stato linkatocon il database <strong>del</strong> certificato di assistenza al parto (CedAP) <strong>del</strong>periodo 2009/primo semestre 2010. Dal CedAP sono state ricavatele gravidanze fisiologiche complessive, da cui per differenzasono state individuate quelle fisiologiche non seguite dalpersonale ostetrico, verosimilmente assistite da personale medico(NonAO). Il CedAP ha fornito informazioni sulle caratteristichematerne (età, nazionalità, occupazione e titolo di studio) esugli esiti <strong>del</strong>la gravidanza (età gestazionale e peso alla nascita,vitalità, punteggio APGAR a 5 minuti, necessità di rianimazione,malformazioni e modalità <strong>del</strong> parto).Per valutare le differenze tra donne AO e donne NonAO è stataeffettuata un’analisi univariata (test chi-quadrato); per età gestazionale,peso alla nascita e modalità di parto è stato implementatoun mo<strong>del</strong>lo di regressione logistica, aggiustando per lecaratteristiche materne.Risultati. Le gravidanze fisiologiche prese in carico dalle ostetrichesono 1 387, 44% di tutte le gravidanze seguite al consultoriofamiliare. L’efficacia <strong>del</strong> record linkage con CedAP è <strong>del</strong>71% (988 donne). Le gravidanze fisiologiche identificate daCedAP non seguite dall’ostetrica sono 6 269.Le caratteristiche socioeconomiche <strong>del</strong>le donne AO sono diverseda quelle <strong>del</strong>le donne NonAO. Donne AO: età media28.9 (ds: 5.2); 40% con licenza media; 50% casalinghe; 36%italiane. Donne NonAO: età media 31.7 (ds: 5.4); 29% conlicenza media; 28% casalinghe; 72% italiane. Dall’analisi univariatanon emergono differenze significative tra donne AO eNonAO per tutti gli esiti considerati a eccezione dei parti cesarei,la cui frequenza è significativamente più bassa tra ledonne AO (21.4%) che tra le NonAO (27.3%) (p


SESSIONI PARALLELELE DIFFERENZE GEOGRAFICHE DELLA MORTALITÀINFANTILE IN ITALIA. DETERMINANTI SOCIOECONOMICIE CONFRONTO CON ALTRI PAESI EUROPEIDallolio L,¹ Franchino G,¹ Di Gregori V,¹ Lenzi J,¹ Pieri G,¹ Raineri C,¹Bruzzone S,² Mignolli N, 3 Fantini MP¹¹Dipartimento di medicina e sanità pubblica, Alma Mater Studiorum,Università di Bologna; ²Istituto nazionale di statistica, Direzione centraleper le statistiche e le indagini sulle istituzioni sociali, Servizio sanità eassistenza; 3 Dipartimento per la produzione statistica e il coordinamentotecnico scientifico (DPTS), Servizio coordinamento <strong>del</strong>l’informazionestatistica (CIS)Introduzione. Nonostante il tasso di mortalità infantile (MI) inItalia sia tra i più bassi d’Europa, continua a persistere un significativodivario tra i tassi <strong>del</strong>le Regioni <strong>del</strong> Nord e quelle <strong>del</strong> Sud.Obiettivi. 1) Analizzare le disparità geografiche Nord-Sud<strong>del</strong>la MI in Italia dal 1990 al 2007; 2) confrontare la variabilitàdei tassi regionali di Italia, Francia, Spagna, Inghilterra eGermania; 3) analizzare la correlazione tra tassi di MI <strong>del</strong>le Regioniitaliane e alcuni indicatori socioeconomici.Metodi. Sono stati calcolati i tassi triennali dal 1990 al 2007utilizzando i dati di “Health for all” (HFA) e misurato le disparitàgeografiche in termini assoluti (gap assoluto=tasso MIMezzogiorno - tasso MI Nord) e relativi (gap relativo=tasso MIMezzogiorno-tasso MI Nord/tasso MI Nord × 100).Sono state confrontate le mediane e le differenze interquartilidei tassi regionali di Italia (Istat, 2008), Francia (INSEE,2009); Spagna (INE, 2008); Inghilterra (Office for nationalstatistics, 2008) e Germania (GBE-BUND, 2009 ).E’ stato condotto uno studio ecologico con dati aggregati regionaliin cui, con un mo<strong>del</strong>lo di regressione multivariata, èstata testata la relazione tra tassi di MI e alcuni indicatori socioeconomici:reddito assoluto (reddito medio familiare), rie&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Questo studio osservazionale propone prime indicazioni per laprogrammazione <strong>del</strong>l’assistenza alla gravidanza in ambito di sanitàpubblica e risponde con alcuni risultati preliminari alle raccomandazionidi ricerca <strong>del</strong>le linee guida ministeriali sullegravidanze fisiologiche (novembre 2010) che sollecitano in Italia“studi clinici controllati per valutare l’efficacia <strong>del</strong>l’assistenzaalla gravidanza fisiologica fornita da figure professionalidiverse”.Ulteriori analisi verranno condotte sulle gravidanze seguite nell’anno2010, per la registrazione <strong>del</strong>le quali sono stati predispostistrumenti informatici più adeguati, tesi a migliorare laqualità dei dati e l’efficacia <strong>del</strong> record linkage con CedAP.177INFEZIONI VIRALI IN BAMBINI CON POLMONITI ACQUISITEIN COMUNITÀ: RISULTATI DI UNO STUDIO ITALIANOEsposito S, 1 Galeone C, 2,3 Daleno C, 1 Prunotto G, 1 Scala A, 1 TagliabueC, 1 Pelucchi C, 3 Principi N 11 Dipartimento di scienze materno infantili, Università degli Studi di Milano,Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano;2 Dipartimento di medicina <strong>del</strong> lavoro “Clinica <strong>del</strong> Lavoro Luigi Devoto”,Università degli studi di Milano; 3 Dipartimento di epidemiologia,Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, MilanoIntroduzione. Nonostante l’esistenza di un’efficace terapia antimicrobica,la presenza di linee guida e lo sviluppo di vacciniefficaci, la polmonite acquisita in comunità (CAP) rimane una<strong>del</strong>le più importanti cause di comorbidità e mortalità neibambini. Per lungo tempo i virus sono stati considerati i principalipatogeni per la CAP, specialmente in bambini al di sottodei 5 anni. Recentemente, grazie a nuove tecniche diagnostichemolecolari, è stato possibile identificare nuovi ceppi viraliche hanno consentito una maggiore conoscenza nell’eziologiadi molte infezioni respiratorie di origine virale, ma il ruolo ditali virus nello sviluppo <strong>del</strong>la CAP è ancora controverso epoco approfondito. Infine, la frequenza e l’importanza <strong>del</strong>lecoinfezioni virali nella CAP è a oggi poco chiara.Obiettivi. Lo scopo <strong>del</strong>lo studio è descrivere il profilo virologico<strong>del</strong>la popolazione pediatrica con CAP radiologicamenteconfermata. Tale profilo virologico, composto da 17 virus diversiricercati nella secrezione respiratoria durante la fase acuta<strong>del</strong>la malattia, è il più ampio mai studiato e ha permesso di valutarele diverse coinfezioni.Metodi. Sono stati arruolati 592 bambini (311 maschi; etàmedia±SD, 3.2±3.0 anni) con CAP confermata, e per ognisoggetto è stato raccolto un campione biologico mediantetampone nasale. I campioni sono stati analizzati al fine di rilevarela presenza dei seguenti virus: influenza A, influenza B,virus respiratorio sinciziale (RSV)-A e B, parainfluenzali ditipo -1,-2,-3 e -4, adenovirus, metapneumovirus umano(hMPV), coronavirus tipi 229E, NL63, OC43, e HKU1, enterovirus/rhinovirus,e bocavirus umano. I campioni positiviall’enterovirus/rhinovirus sono stati ritestati per l’identificazione<strong>del</strong> tipo di rhinovirus con tecniche “real-time RT-PCRassay”.Risultati. 435 (73.5%) bambini sono risultati positivi ad almenoun virus ricercato. Il virus identificato più frequentemente è statoRSV, rilevato in 188 bambini con CAP (31.7%), seguito dal rhinovirus(n=144, 24.3%), bocavirus (n=60, 10.1%), virus <strong>del</strong>l’influenza(n=57, 9.6%) e hMPV (n=49, 8.2%).Coinfezioni sono state rilevate in 117 bambini (19.7%). Sonostate osservate solo differenze marginali fra diverse infezioni dovutea singoli virus in termini di variabili demografiche, cliniche(ospedalizzazioni, uso di farmaci ecc.) e radiologiche. Lecoinfezioni hanno presentato un’evidenza radiologica più frequentedi polmonite alveolare rispetto alle infezioni dovute aisingoli virus (OR=1.72, IC95% 1.05;2.81).Conclusioni. Questo studio ha evidenziato l’importanza <strong>del</strong>ruolo dei virus respiratori, specie RSV e rhinovirus, nella CAPpediatrica e ha descritto le caratteristiche di questa malattia associateai singoli virus e alle coinfezioni.Infine, tale studio non conferma l’ipotesi di Cilla et al. <strong>del</strong>2008 che sostiene che il grado di circolazione di un virus rispettoagli altri determini la proporzione di coinfezione <strong>del</strong>virus stesso.17691 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI PARALLELEe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1distribuzione <strong>del</strong> reddito (indice di Gini), percentuale didonne con titolo universitario e tasso di disoccupazionefemminile.Risultati. Dal 1990 al 2007 in Italia si è registrata una riduzione<strong>del</strong>le disparità tra il Mezzogiorno (Sud e Isole) e ilNord, in termini sia assoluti sia relativi. Nonostante questoimportante risultato vi è ancora, nei dati più recenti (2005-2007), un eccesso assoluto di mortalità infantile nel Mezzogiornorispetto al Nord di 0.83 casi/1 000 e relativo <strong>del</strong> 26%.Nel confronto con altri Paesi europei, l’Italia presenta il tassomediano più basso ma la variabilità interregionale più elevata(grafico). I risultati <strong>del</strong>lo studio ecologico mostrano come sial’indice di Gini (β=0.141; p


SESSIONI PARALLELEe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1negli stranieri (p


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione Plenaria9 novembreLa conoscenza epidemiologica incontrala decisioneModeratori:Amedeo Bianco (Federazione nazionale ordine dei medici)Mario Braga (Assessorato sanità, Regione Lazio)L’ultima sessione sarà dedicata all’epidemiologia e alla decisione; il tema si salda con la sessione introduttiva che ci ha raccontatocome 150 anni di unità d’Italia abbiano distribuito benessere in tutte le dimensioni, ma soprattutto in quella <strong>del</strong>la salute,e come su questo risultato qualche merito debbano averlo avuto la medicina e la sanità. Le sessioni intermedie hanno approfonditole differenze geografiche a cui siamo approdati dopo 150 anni di storia. A questo punto la sessione conclusiva si chiedeche ruolo abbia avuto la conoscenza scientifica in queste dinamiche.Il primo contributo ripercorre la storia <strong>del</strong>l’epidemiologia per valutare il peso che questa disciplina ha avuto in alcune storie disalute <strong>del</strong>la geografia <strong>del</strong> Paese.Il secondo contributo ha il compito di allargare lo sguardo alla storia di tutte le discipline che si occupano di policy analysis,tra le quali si può iscrivere l’epidemiologia, per chiedersi quando come e perché queste discipline siano riuscite o non siano riuscitea intercettare i processi decisionali espliciti o impliciti governano la nostra società.All’ultimo contributo tocca richiamare l’attenzione a quelle situazioni in cui la razionalità <strong>del</strong>la conoscenza scientifica non bastaper sciogliere i nodi decisionali, e occorre comporre la conoscenza con altri principi etici per accompagnare, facilitare e renderepiù consapevoli le decisioni pubbliche.L’EPIDEMIOLOGIA PUÒ FARE LA DIFFERENZA TRA SALUTE E MALATTIA?Rodolfo Saracci, International agency for research on cancer, Lione, Francia❖PERCHÉ IN ITALIA “EVIDENCE-BASED POLICIES” NON DECOLLANO? RIFLESSIONI A VALLE DELLA RIVISITAZIONE DIVENT’ANNI DI POLITICHE IN TEMA DI ISTRUZIONE, LAVORO E WELFAREUgo Trivellato, Dip. statistica, Università di PadovaCONOSCENZA, PREVENZIONE E DEMOCRAZIAPaolo Vineis, Imperial College, Londra, UK - Human Genetics Foudation (HuGeF), Torino94 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione Poster Invitati7 novembreAmbiente 1Moderatori:Ennio Cadum, Crsitina Canova60RUMORE AEROPORTUALE E CAPACITÀ COGNITIVE DEIBAMBINI DELLE SCUOLE ELEMENTARI NEI PRESSIDELL’AEROPORTO DI CIAMPINO, ROMAAncona C, 1 Mataloni F, 1 Bacigalupi M, 2 Cruciani AC, 2 Todini G, 2Zirro E, 1 Davoli M, 1 Forastiere F 1 per il gruppo di lavoro SAMBA1 Dipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> Servizio sanitario regionale <strong>del</strong> Lazio;2 Dipartimento di neuropsichiatria infantile, Ospedale Pertini,ASL RMBIntroduzione. Lo studio europeo RANCH (Road traffic & aircraftnoise & children’s cognition & health) ha evidenziato un’associazionetra rumore aeroportuale e disturbi <strong>del</strong>l’apprendimentonei bambini, in particolare a livello di comprensione diun testo e memoria a lungo termine. L’obiettivo <strong>del</strong>lo studioSAMBA (Salute, AMbiente, BAmbini) è valutare l’associazionetra rumore aeroportuale e livello di capacità cognitive tra i bambiniche vivono nei pressi <strong>del</strong>l’aeroporto di Ciampino.Metodi. Lo studio è stato condotto su 555 bambini (età 9-11anni), che frequentavano nel 2010 le classi IV e V di 13 scuoleelementari situate nei comprensori di Ciampino e Marino. Perciascuna scuola sono stati misurati i livelli di rumorosità aeroportuale(Leq) tra le 9.00 e le 13.00. L’indirizzo di ciascunbambino è stato georeferenziato e associato, mediante un sistemaGIS, a una fascia di impronta acustica aeroportuale(L aeq,24h


SESSIONI POSTER INVITATIe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1tare è indagare la maggiore suscettibilità di alcuni sottogruppiaffetti da patologie croniche.Metodi. Per gli indicatori di esposizione si utilizzano le medie annualidi CO, NO x , PM10, PM2.5 e ozono provenienti dal sistemamo<strong>del</strong>listico MINNI. Tale scelta è motivata dal fatto cheparte <strong>del</strong>la popolazione in studio vive in zone rurali, per le qualinon sono completi dati diretti di monitoraggio tramite centraline.MINNI è un sistema mo<strong>del</strong>listico <strong>del</strong>l’atmosfera validato,dedicato alla dinamica <strong>del</strong>l’inquinamento atmosferico che consentedi calcolare le concentrazioni e i flussi di deposizione alsuolo degli inquinanti inerti e chimicamente attivi oggetto <strong>del</strong>lepolitiche di qualità <strong>del</strong>l’aria. La risoluzione spaziale di 4x4 Km 2permette di assegnare un valore medio all’esposizione su tale area,tenendo conto degli spostamenti di ciascun soggetto all’interno.La coorte di riferimento deriva dall’indagine statistica multiscoposulle famiglie “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari1999-2000”. Tale indagine ha interessato 1 449 comuni sututto il territorio nazionale per un totale di 52 332 famiglie. Inseguito, tramite record linkage, è stato possibile effettuare un follow-updi mortalità su 128 967 persone fino al 2007.L’analisi di sopravvivenza viene effettuata tramite un mo<strong>del</strong>lodi Cox a rischi proporzionali. Le covariate inserite nel mo<strong>del</strong>losono: età, sesso, stato civile, titolo di studio, occupazione, abitudineal fumo, BMI, attività fisica, stato socioeconomico. Siconsiderano inoltre indicatori riguardanti la presenza o menodi alcune patologie croniche (es: patologie cardiovascolari, respiratorie,diabete ecc.).Risultati. Le procedure di record linkage permettono di costruireuna coorte per la quale si dispone di informazioni individualisullo stato di salute, gli stili di vita e lo stato socioeconomicoche possono essere integrate con il dato riguardantel’esposizione a inquinanti atmosferici.Conclusioni. Rispetto agli studi città-specifici, uno studio multicentricooffre l’opportunità di combinare dati provenienti daaree con diverse fonti emissive e combinazioni di inquinanti atmosfericinonché di controllare l’effetto legato a eventuali confondentio co-polluttant area-specifici. Il follow-up effettuato suisoggetti <strong>del</strong>la coorte “Salute 2000” offre l’opportunità di contribuirealle conoscenze sugli effetti a lungo termine <strong>del</strong>l’inquinamentosulla salute umana con uno studio italiano.48ESPOSIZIONE A INQUINAMENTO ATMOSFERICO NELLAPRIMA INFANZIA E SINTOMI RESPIRATORI: I RISULTATI DIUNA COORTE DI NEONATI SEGUITA FINO A 4 ANNIRanzi A, 1 Porta D, 2 Badaloni C, 2 Cesaroni G, 2 Lauriola P, 1 PerucciCA, 2 Davoli M, 2 Forastiere F 21 Centro tematico regionale ambiente e salute, ARPA Emilia-Romagna;2 Dipartimento di epidemiologia, Servizio sanitario regionale LazioIntroduzione. Studi epidemiologici recenti hanno suggerito chediverse malattie <strong>del</strong>l’infanzia possono essere legate a determinanticausali in fase pre-natale e nella prima infanzia. L’inquinamentoatmosferico è stato ripetutamente associato a esacerbazionidei sintomi respiratori nei bambini in età scolare,tuttavia non è ancora chiaro il ruolo di una precoce esposizionea inquinamento da traffico nello sviluppo di asma infantile enella comparsa dei primi sintomi respiratori.Obiettivi. L’obiettivo <strong>del</strong> presente lavoro è stata la valutazione<strong>del</strong>l’associazione tra indici di esposizione a inquinamento datraffico durante i primi anni di vita e sintomi respiratori in unacoorte di bambini seguiti dalla nascita fino a 4 anni di età.Metodi. E’ stata arruolata una coorte di 708 nati, residenti inuna ASL <strong>del</strong>la città di Roma, tra giugno 2003 e ottobre 2004;è stata somministrata un’intervista diretta alla madre alla nascitae a 6, 15 e 48 mesi di vita. Ogni residenza rilevata in ciascunaintervista è stata geo-codificata. L’esposizione a NO 2 ,come indicatore di inquinamento da traffico, è stata valutataper ciascun periodo di follow-up, utilizzando le stime derivateda un mo<strong>del</strong>lo di tipo LUR (“land use regression”). Per ogniindirizzo, sono state calcolate le variabili GIS di vicinanza astrade ad alto traffico (definite come traffico maggiore di 10000 veicoli/giorno, HTR) e densità di traffico. Sono stati utilizzatisia i valori puntuali di NO 2 e le variabili GIS per ognietà sia le medie ponderate dei valori di NO 2 per tener conto<strong>del</strong>l’esposizione pre-e post-natale. Le associazioni con i sintomirespiratori riportati alle diverse età sono state valutate tramiteregressione logistica (odds ratio, OR) utilizzando un approcciocross-sectional e longitudinale (mo<strong>del</strong>lo GEE).Risultati. Non sono state trovate associazioni tra gli indici diesposizione e gli esiti <strong>del</strong>le vie respiratorie nel mo<strong>del</strong>lo longitudinale,con la sola eccezione di wheezing e metri di HTR (150metri di buffer) (OR=1.62; IC95% 1.04-2.54). Sono state riscontrateassociazioni più robuste nel follow-up dei 4 anni frasibili e infezioni <strong>del</strong>le basse vie respiratorie e la distanza da HTR(OR=2.84; IC95% 1.30-6.19 e OR=3,69; IC95% 1.61-8.46,rispettivamente) e per la diagnosi di asma con la media ponderatadi NO 2 (OR=3.07; I95% 0.99-9.54) e metri di HTR inun buffer di 150 metri (OR=3.47; IC95% 1.06-11.35). Le analisidi sensibilità condotte hanno confermato le associazioni perdiagnosi di asma e sibili.Conclusioni. Abbiamo applicato diversi indici di esposizione ainquinamento atmosferico in una coorte di nascita, considerandoesposizioni pre-natale e nella prima infanzia. Abbiamotrovato alcune associazioni con le variabili GIS e valori diNO 2 in particolare a 4 anni di età, coerentemente con precedentilavori di letteratura. A causa <strong>del</strong>la limitata potenza <strong>del</strong>lostudio non possiamo raggiungere conclusioni definitive. Tuttavia,si consiglia di utilizzare ulteriormente tali indici per valutaremeglio le associazioni tra l’esposizione all’inquinamentoatmosferico e sintomi respiratori nell’infanzia.50NONRESPONSE BIAS NELLE INDAGINI EPIDEMIOLOGICHE:DIFFERENZE TRA RISPONDENTI E NON-RISPONDENTI PERCONDIZIONI CRONICHE ED ESPOSIZIONI AMBIENTALIStafoggia M, Agabiti N, Cesaroni C, Forastiere FDipartimento di epidemiologia, Servizio sanitario regionale <strong>del</strong> Lazio,Roma, Italia96 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTER INVITATIVALUTAZIONE DELL’UTILIZZABILITÀ DELL’ARCHIVIOINFORMATIZZATO DEGLI ACCESSI IN PRONTO SOCCORSOPER LO STUDIO DEGLI EFFETTI A BREVE TERMINEDELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO URBANOGalassi C, 1 Crosetto L, 1 Cadum E, 2 Forastiere, F 3 Gruppo collaborativoEPIAIR 21 <strong>Epidemiologia</strong> dei tumori, AOU San Giovanni Battista, CPO Piemonte,Torino; 2 S.C. <strong>Epidemiologia</strong> e salute ambientale, ARPA Piemonte, Torino;3 Dipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> Sistema sanitario regionale, LazioIntroduzione. Per lo studio degli effetti a breve termine <strong>del</strong>l’inquinamentoatmosferico su popolazioni di grandi dimensionivengono abitualmente utilizzati i dati sanitari derivantidai sistemi informativi correnti. Gli studi multicentrici condottinel contesto italiano hanno utilizzato quali fonti informativei registri <strong>del</strong>le cause di morte e gli archivi <strong>del</strong>le schededi dimissione ospedaliera (SDO). In Italia sono invece moltopoche le esperienze di utilizzo dei dati di pronto soccorso (PS)con questa finalità, e per lo più limitate a una sola città e/o afasce selezionate di popolazione.Obiettivi. Valutare l’utilizzabilità <strong>del</strong>le informazioni provenientidagli archivi informatizzati correnti degli accessi inpronto soccorso per lo studio degli effetti a breve termine <strong>del</strong>l’inquinamentoatmosferico nell’ambito <strong>del</strong> progetto multicentricoCCM-EPIAIR2 (“Inquinamento atmosferico e salute:sorveglianza epidemiologica e interventi di prevenzione”).Metodi. Sono previste le seguenti fasi di attività: a) definizionedei requisiti minimi per l’utilizzo degli archivi di PS con gliobiettivi <strong>del</strong> presente progetto, e ricognizione tra le città partecipantia EPIAIR2 (Ancona, Bari, Bologna, Cagliari, Firenze,Genova, Mestre-Venezia, Milano, Napoli, Palermo, Pisa, Roma,Taranto, Torino, Trieste) per verificare la disponibilità <strong>del</strong>le informazioniprovenienti dalla registrazione informatizzate degliaccessi in PS; b) revisione <strong>del</strong>la letteratura per l’individuazionedegli specifici esiti sanitari di interesse per lo studio, per fascedi età; c) definizione di un algoritmo standardizzato per l’estrazione<strong>del</strong>le informazioni di interesse dagli archivi di PS; d) conduzionedi analisi descrittive e di controllo di qualità dei dati.Risultati. Sono stati definiti i seguenti requisiti minimi per l’utilizzodegli archivi di PS con le finalità <strong>del</strong> progetto: la disponibilitàdi dati di PS con adeguata copertura territoriale per un periodotemporale di almeno 3 anni, la disponibilità di unadiagnosi di accesso/dimissione in PS codificata (ICD9 oICD10), la disponibilità <strong>del</strong>l’informazione relativa al Comunedi residenza, la presenza di codici identificativi che permettanol’individuazione degli accessi ripetuti per lo stesso soggetto. Sullabase <strong>del</strong>l’attività di ricognizione effettuata (e tuttora in corso)risultano a oggi potenzialmente includibili nello studio 5 città.Sulla base <strong>del</strong>la revisione <strong>del</strong>la letteratura sono state individuatele specifiche condizioni di interesse per lo studio; poiché gli ace&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Introduzione. Negli ultimi decenni, molteplici studi cross-sectionalsono stati condotti in Italia e all’estero allo scopo di quantificarel’associazione tra inquinamento atmosferico e patologierespiratorie e cardiovascolari. Tuttavia, eventuali differenzetra rispondenti e non rispondenti rispetto agli esiti in studio ealle esposizioni di interesse («non response bias») sono statespesso trascurate o sottovalutate.Obiettivi. Il presente studio si propone di indagare il tema <strong>del</strong>«non response bias» attraverso il confronto dei rispondenti e deinon rispondenti all’indagine epidemiologica PREDICTOR.Metodi. Lo studio PREDICTOR è una survey di popolazionefinalizzata a stimare la prevalenza di scompenso cardiaco nellapopolazione <strong>del</strong> Lazio di età 65-84 anni. I soggetti hanno ricevutoun invito formale a sottoporsi ad alcuni esami clinici ea un ecocardiogramma presso alcuni ospedali <strong>del</strong>la Regione. Perogni partecipante sono state raccolte le informazioni su: età, genere,stato socioeconomico (a livello di sezione di censimento,per la sola popolazione di Roma), e una lista dettagliata di patologiecroniche pregresse dedotte dalle schede di dimissioneospedaliera dei 9 anni precedenti l’arruolamento nello studio.Il presente studio si è focalizzato sulla sola sottopopolazione<strong>del</strong>la città di Roma. In aggiunta alle caratteristiche individuali,sono stati raccolti molteplici parametri di inquinamentoatmosferico al livello <strong>del</strong>la sezione di censimento di residenzadei soggetti: vicinanza di strade ad alto traffico, metri di stradee densità di traffico entro un buffer di 150 metri, concentrazionimedie di NO 2 stimate da mo<strong>del</strong>li spaziali di regressione«land-use», concentrazioni medie di PM10 e ozono stimate damo<strong>del</strong>li spaziali di dispersione. Gli odds ratio (OR) di non risposta,con intervalli di confidenza al 95%, sono stati stimatiper tutte le variabili individuali e ambientali, attraverso l’utilizzodi mo<strong>del</strong>li di regressione logistici multivariati aggiustatiper classe di età e genere.Risultati. La popolazione in studio è costituita da 3 753 soggetti:1 512 rispondenti e 2 241 non rispondenti. I rispondentisono leggermente più giovani (età media: 73 anni) rispettoai non rispondenti (età media: 75 anni), sono inmaggioranza di genere maschile (52% vs 40%), e di livello socioeconomicomediamente più elevato (23% vs 27% nei livellipiù bassi, 51% vs 47% nei livelli più alti). I pazienti con pregressainsufficienza respiratoria o disturbi cerebrovascolari oneurologici hanno aderito allo studio in misura molto inferiorerispetto ai soggetti senza tali patologie, a parità di classedi età e genere. In contrasto, non si è rilevata alcuna differenzanel tasso di rispondenza per pazienti con o senza pregressoscompenso cardiaco. Relativamente alle esposizioni ambientali,rispondenti e non rispondenti sono simili rispetto a tuttii parametri di inquinamento raccolti, anche a seguito di aggiustamentoper età e genere.Conclusioni. Il presente studio ha identificato un tasso di rispondenzadifferenziale rispetto alle caratteristiche sociodemografichee alcune condizioni croniche pregresse dei soggettiin studio (insufficienza respiratoria, malattie cerebrovascolarie neurologiche), ma non rispetto ai parametri di inquinamentoatmosferico considerati. In conseguenza, gli effetti sanitari<strong>del</strong>l’inquinamento atmosferico nei pazienti di Roma<strong>del</strong>lo studio PREDICTOR non dovrebbero essere influenzatidal fenomeno <strong>del</strong> «non response bias».4397 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTER INVITATIe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1cessi in PS possono frequentemente prevedere diagnosi relativea sintomi/stati morbosi maldefiniti (es: tosse, dispnea, dolore toracico),si è ritenuto di includere anche queste voci tra gli esitiin studio, come già effettuato da altri autori. Gli accessi pertraumi/avvelenamenti verranno inclusi quali cause di controllo,non correlabili all’inquinamento atmosferico.I risultati preliminari <strong>del</strong>l’applicazione <strong>del</strong>l’algoritmo di selezionedegli accessi nella città di Torino nel periodo 2006-2009,su tutte le fasce di età, portano all’inclusione di oltre 900 000accessi, di cui 12% per patologie a carico <strong>del</strong>l’apparato respiratorio(32% nella fascia di età 0-14 anni), 35% sintomi/segnimaldefiniti, 44% traumatismi, 8% malattie <strong>del</strong> sistema circolatorio(22% nella fascia di età 65+).Conclusioni. I risultati preliminari <strong>del</strong>lo studio supportanol’utilizzabilità dei dati di PS per la sorveglianza epidemiologicadegli effetti sanitari <strong>del</strong>l’inquinamento atmosferico.98 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione Poster Invitati7 novembreTumori 1Moderatori:Antonio Russo, Carlotta Sacerdote224VALUTAZIONE DEL PROFILO DI COSTO ONCOLOGICO INITALIA: UN APPROCCIO SUI PAZIENTI DI TUMORE COLO-RETTALE IN VENETO E TOSCANAGuzzinati S, 1 Francisci S, 2 Gigli A, 3 Mezzetti M, 4 Crocetti E, 5 GiustiF, 5 Miccinesi G, 5 Paci E 51 Registro tumori <strong>del</strong> Veneto, Istituto oncologico veneto IRCCS, Padova;2 CNESPS-, Istituto superiore di sanità; 3 Istituto di ricerche sulla popolazionee le politiche Sociali, CNR; 4 Università Tor Vergata, Roma; 5 Registrotumori <strong>del</strong>la Regione Toscana, ISPO, FirenzeIntroduzione. Nei Paesi più sviluppati si prevede un aumento <strong>del</strong>numero di pazienti oncologici presenti nella popolazione e <strong>del</strong>l’ammontaredi risorse economiche a essi dedicate. Tale andamentoè frutto di una combinazione di eventi, quali il cambiamentodei fattori di rischio correlati ai tumori, il miglioramento<strong>del</strong>le procedure diagnostico-terapeutiche e l’invecchiamento<strong>del</strong>la popolazione. La misura <strong>del</strong> carico sanitario imputabile all’oncologiaè quindi di grande interesse sia dal punto di vista <strong>del</strong>lasanità pubblica, sia sotto il profilo di decisione politica.Obiettivi. L’obiettivo di questo studio è: 1) ricostruire il percorsoterapeutico <strong>del</strong> paziente oncologico, suddividendolo intre fasi: iniziale (entro un anno dalla diagnosi); intermedia (periodotra la fase iniziale e finale), finale (entro un anno dallamorte); 2) stimare i costi ospedalieri correlati al tumore per fasedi trattamentoMetodi. Questa è una <strong>del</strong>le prime esperienze sulla valutazionedei costi ospedalieri dei pazienti oncologici in Veneto e Toscana,che si basa sul record-linkage tra i dati di incidenza deiregistri tumori e le tariffe DRG ricavate dalle schede di dimissioneospedaliera.Il profilo di costo per fase di malattia, specifico per età e stadioalla diagnosi, è stato ricostruito per una coorte di casi di tumorecolorettale diagnosticati a Padova e a Firenze-Prato negli anni2000-2001 e con follow-up alla fine <strong>del</strong> 2006. Tale profilo è applicatoai prevalenti 2006 nelle aree dei 2 registri: i casi prevalentivengono stimati e suddivisi nelle tre fasi di trattamento(iniziale, intermedia, finale), ciascun gruppo di prevalenti vienequindi moltiplicato per il costo (specifico per età e stadio alladiagnosi) <strong>del</strong>la fase in cui si trova al 2006. Le tre componentidi costo così ottenute vengono sommate assieme al fine di ottenerela stima <strong>del</strong>la spesa sanitaria complessiva dedicata al tumore<strong>del</strong> colon-retto nelle 2 aree prese in esame.Risultati. Dai risultati preliminari si osserva un aumento dei costiper gli stadi oncologici più avanzati e una diminuzione alcrescere <strong>del</strong>le età, mentre non si riscontrano differenze per genere.Inoltre si riscontra un andamento a “U” dei costi nelle 3fasi di malattia: una fase iniziale di costi elevati che poi tendonoa stabilizzarsi nella fase intermedia e a crescere di nuovo nellafase finale.Conclusioni. I dati confermano l’esistenza di una relazione trastadio alla diagnosi, percorso terapeutico e profilo di costo aesso corrispondente. I risultati mostrano come la diagnosiprecoce <strong>del</strong> tumore sia fondamentale non solo in una prospettivadi sanità pubblica, ma anche in un’ottica di gestioneeconomica <strong>del</strong>le risorse sanitarie.233PROGETTO AIRTUM-RENAM PER LA REGISTRAZIONE DEIMESOTELIOMI: STIME DI INCIDENZA E CONCORDANZANicita C, 1 Chellini E, 2 Mensi C, 3 Buzzoni C, 5 Caldarella A, 2 ConsonniD, 3 Giovannetti L, 2 Intrieri T, 2 Martini A, 2 Tisano F, 4 AIRTUM WG 6& ReNaM WG 71 Registro tumori Ragusa, ASP 7 Ragusa; 2 ISPO Firenze; 3 Registro mesoteliomiLombardia, Fondazione IRCCS Ca’ Granda-Ospedale MaggiorePoliclinico Milano; 4 Registro tumori ASP di Siracusa; 5 Banca datiAIRTUM c/o ISPO Firenze; 6 AIRTUM working group (Autelitano M, BisantiL, Can<strong>del</strong>a G, Cirilli C, Contrino ML, F, Crocetti E, Donato F, Falcini F, FerrettiS, Fusco M, Giacomin A, La Rosa F, Limina RM, Mangone L, MichiaraAM, Pannozzo F, Ricci P, Serraino D, Tessandori R, Tumino R, Vercelli M,Zanetti R); 7 ReNaM working group (Cavone D, De Zotti R, Forastiere F,Gennaro V, La Rosa F, Marinaccio A, Menegozzo S, Merletti F, MirabelliD, Musti M, Riboldi L, Romanelli A, Tumino R)Obiettivo. Valutare eventuali differenze nelle stime di incidenza<strong>del</strong> mesotelioma maligno prodotte dai registri regionali dei mesoteliomi(COR) e dai registri tumori di popolazione (RT).Metodi. Dagli archivi ReNaM (Registro nazionale mesoteliomi)e AIRTUM (<strong>Associazione</strong> italiana registri tumori) sonostati estratti i casi di mesotelioma che disponevano di morfologia(ICD-O-3: 90503-90533) e topografia (pleura, peritoneo,pericardio e vaginale <strong>del</strong> testicolo). Il periodo di incidenza consideratoè stato 2000-2004. E’ stata calcolata la concordanza suipositivi fra i due archivi. Sono stati confrontati anche i tassi di99 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTER INVITATIe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1incidenza standardizzati (pop. std. europea x100 000) per generee per sede (pleurici o extrapleurici) e le date di incidenza.In Lombardia si è effettuato un ulteriore confronto fra le codifichemorfologiche attribuite da RT e COR: la concordanza framorfologia specifica (ICD-O-3 >90503) e morfologia nonspecifica (ICD-O-3=90503) è stata valutata mediante k di Cohene la direzione <strong>del</strong>la discordanza è stata espressa medianteodds ratio (OR).Risultati. Il calcolo <strong>del</strong>la concordanza sui positivi ha messo inevidenza una concordanza fra i registri superiore a 0.80, conun range ampio che va da 0.67 in Campania a 1 in alcune aree<strong>del</strong>l’Emilia-Romagna (Ferrara e Reggio Emilia) e in Umbria.Il confronto <strong>del</strong>la data di incidenza ha evidenziato che i RTregistrano tale data mediamente 14 giorni prima dei COR(range: -47 ; +55). Il calcolo dei tassi standardizzati di incidenzaper mesotelioma pleurico ha prodotto, in alcune aree,differenti stime per le due tipologie di registri, sia considerandola sede pleurica (range: -0.4 ; +2) che quella extrapleurica(range: -0.2 ; +0.3).L’analisi <strong>del</strong>la morfologia effettuata per l’area coperta dal CORLombardia ha mostrato un concordanza (k di Cohen) di 0.33e si è evidenziato che i RT tendono a classificare con più elevataprobabilità “MM non specificati” rispetto a quelli “specificati”(OR=13).Conclusioni. Il confronto dei dati AIRTUM e ReNaM hamesso in evidenza una generale buona concordanza dei dati e<strong>del</strong>le stime di incidenza, che in alcune aree ha raggiunto livellielevati grazie alle consuete procedure collaborative già in attotra RT e COR mesoteliomi. Sono comunque in atto approfondimentia livello <strong>del</strong>le singole realtà locali per completare irispettivi archivi e per giustificare le singole differenze. I risultatidi confronto <strong>del</strong>la codifica morfologica, finora ottenuti inLombardia, hanno mostrato un maggiore dettaglio nella codificada parte dei COR, analogo confronto è in corso anchenel resto d’Italia. I risultati di questo lavoro di confrontohanno permesso di iniziare a formulare dei criteri comuni diraccolta e codifica dei casi in ambito ReNaM e AIRTUM conl’obiettivo di fornire stime di incidenza e sopravvivenza sovrapponibiliin una stessa area di osservazione.237UTILITÀ DELLA VALUTAZIONE ONCOLOGICA IN DEA PER IPAZIENTI PRECEDENTEMENTE DIMESSI CON DIAGNOSIDI NEOPLASIAPivetta E, 1,2 Castiglione A, 1 Manzato A, 1 Marmont F, 3 Moiraghi C, 4Palumbo A, 5 Pognant Viù D, 1 Scaglione L, 1,6 Schena M, 7 Ciccone G 11 Unità di epidemiologia dei tumori e CPO Piemonte, AOU S. GiovanniBattista, Torino e Università di Torino; 2 Medicina e chirurgia d’accettazionee d’urgenza, Ospedale vivile “E. Agnelli”, Pinerolo (Torino);3 Ematologia 2, AOU S. Giovanni Battista, Torino; 4 Medicina d’urgenza epronto Soccorso, AOU S. Giovanni Battista, Torino; 5 Ematologia 1, AOUS. Giovanni Battista, Torino e Università di Torino; 6 Medicina generale9, AOU S. Giovanni Battista, Torino; 7 Oncologia medica 1, Centro oncologicoematologico subalpino, AOU S. Giovanni Battista, TorinoIntroduzione. I pazienti oncologici possono giungere in prontosoccorso (PS) in diverse fasi <strong>del</strong>la storia di malattia: all’esordio,durante i trattamenti (per complicanze), fino alle fasi avanzate,per l’aggravamento <strong>del</strong>le condizioni generali. Tuttavia, oltre agliaccessi determinati dalla malattia oncologica, una parte degliaccessi in PS sono attribuibili a problemi non correlabili allaneoplasia e ai trattamenti specifici.Obiettivi. Lo studio ha avuto lo scopo di analizzare: i) le causedi nuovi accessi in PS dei pazienti oncologici, precedentementedimessi dall’ospedale; ii) l’utilità <strong>del</strong>la valutazione oncoematologicain PS; iii) l’appropriatezza e la durata <strong>del</strong> nuovoricovero.Metodi. Sono state valutate le schede di dimissione <strong>del</strong> primosemestre <strong>del</strong> 2008 <strong>del</strong>l’AOU San Giovanni Battista di Torino.I 431 pazienti dimessi con diagnosi principale di neoplasia econ un successivo accesso in PS, seguito da ricovero, durantei sei mesi successi alla dimissione oncologica, erano eleggibiliper lo studio. Tra questi, sono state selezionate casualmente 100cartelle di ricovero. Per ciascuno di questi pazienti è statacompilata da due assistenti sanitarie una scheda di raccolta dati,appositamente preparata, consultando il verbale di PS, la cartelladi ricovero, quella infermieristica e la SDO.Un gruppo multidisciplinare (composto da un internista, unurgentista, due ematologi, un oncologo e un epidemiologo conesperienza di PS) ha valutato indipendentemente il 30% <strong>del</strong>leschede per validare la qualità dei dati raccolti. Il risultato diquesta valutazione è stato considerato soddisfacente sulla qualità<strong>del</strong>la raccolta dei dati; per la componente di valutazione<strong>del</strong>l’appropriatezza si è deciso di sottoporre tutti i casi a revisioneda parte <strong>del</strong> medico epidemiologo e, in caso di dubbi, atutto il gruppo di lavoro.Risultati. Trentasei donne e sessantaquattro uomini sono statiselezionati: l’età mediana era di 68 anni. Le patologie oncologichepiù frequenti sono stati i tumori maligni degli organi genitourinari(22%), quelli <strong>del</strong>l’apparato digerente (21%), quelli<strong>del</strong> tessuto linfatico ed emopoietico (20%) e quelli <strong>del</strong>l’apparatorespiratorio (19%). La presenza di metastasi è stata riscontratanel 41% dei casi.La maggior parte dei pazienti selezionati era routinariamente seguitapresso l’AOU San Giovanni Battista, in particolare nei repartidi oncologia medica (23%), di ematologia (15%), di urologia(12%), di medicina generale (10%) e di chirurgia generale(9%). Nei sei mesi precedenti il ricovero preso in esame il 45%dei pazienti ero stato sottoposto a radio o chemioterapia.La maggior parte degli accessi in PS (pari al 77%) era dovutoa sintomi acuti, non correlati con la patologia neoplastica. Soloil 21% degli accessi in PS era dovuto a complicanze di terapiein corso o recenti. Nel 2% dei casi la presenza <strong>del</strong>lo specialistaoncoematologo è stata valutata utile in PS per la gestione<strong>del</strong> paziente: per il 68% dei pazienti la consulenza non è statarichiesta neanche durante il ricovero.L’accesso in PS e il ricovero sono risultati appropriati per motivimedici, rispettivamente, nel 96% e nel 99% dei casi: solonel 2% il reparto di ricovero è risultato inappropriato. Il 65%dei pazienti è stato dimesso a domicilio (nel 4% con attivazione100 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTER INVITATIe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1<strong>del</strong>l’ADI) e il 7% è stato trasferito in centri di riabilitazione olungodegenza. La durata media di ricovero è risultata di 13giorni: nel 14% dei casi questo periodo è stato più lungo <strong>del</strong>l’atteso.Conclusioni. Lo studio ha evidenziato come molti dei nuovi accessiin PS dei pazienti oncologici non fossero dovuti a problemicorrelati con la malattia di base: l’utilità <strong>del</strong>la presenza<strong>del</strong>lo specialista oncoematologo è apparsa limitata. I ricoverisono parsi tutti appropriati, ma sono state riscontrate alcunedegenze prolungate: questo verosimilmente per l’impossibilitàdi accedere a posti letto in centri post acuzie o per problemi diassistenza domiciliare.210STUDIO CASO-CONTROLLO SU CONSUMO DI FIBREALIMENTARI E TUMORE DEL PANCREAS, IN ITALIABidoli E, 1,2 Pelucchi C 3 , Zucchetto A, 1,2 Negri E, 3 Dal Maso L, 1,4Polesel J, 1 Boz G 5 , Montella M, 6 Franceschi S, 7 Serraino D, 1,2 LaVecchia C, 3,4 Talamini R 11 Struttura operativa complessa di epidemiologia e biostatistica, Centrodi riferimento oncologico,Aviano (PN), Italy; 2 Registro tumori <strong>del</strong> Friuli-Venezia Giulia; 3 Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”, Milan,Italy; 4 Dipartimento di medicina <strong>del</strong> lavoro, Sezione di statistica medicae biometria “G. A. Maccacaro”, Università degli studi di Milano,Milan, Italy; 5 SOC oncologica radioterapica, Centro di riferimento oncologico,IRCCS, Aviano, Italy; 6 Struttura semplice dipartimentale diepidemiologia, Istituto tumori “Fondazione Pascale”, Naples, Italy; 7 Internationalagency for research on cancer, Lyon Cedex, FranceIntroduzione. L’associazione tra consumo di fibre alimentari etumore <strong>del</strong> pancreas richiede maggiori approfondimenti.Obiettivi. Uno studio caso-controllo è stato condotto al fine diquantificare tale associazione dividendo le fibre per tipo, solubilitàe alimento di origine.Metodi. I casi incidenti erano 326 persone ricoverate per tumore<strong>del</strong> pancreas, non neuroendocrino, nei principali ospedalidi Pordenone e Milano tra il 1991 e il 2008. I controlli(N=652) erano persone ricoverate negli stessi ospedali dei casiper patologie acute non neoplastiche.Intervistatrici appositamente addestrate hanno raccolto informazionisul consumo di 78 alimenti tramite un questionariodietetico validato. Per ogni quintile di consumo di fibre(fibre totali, fibre solubili, fibre insolubili e fibre derivate davegetali, frutta o semi) è stato calcolato l’odds ratio (OR) di sviluppareil carcinoma <strong>del</strong> pancreas, con il rispettivo intervallodi confidenza al 95% (IC95%), al netto di altri fattori di rischionoti. I mo<strong>del</strong>li multivariati impiegati per il calcolo <strong>del</strong>l’ORsono stati condizionati per età, sesso e area geografica,e aggiustati per anno di intervista, body mass index (BMI), scolarità,fumo, consumo di alcol, diabete e folato di origine dietetica(residual mo<strong>del</strong>).Risultati. Il consumo elevato di fibre alimentari di qualsiasi tipoè risultato associato a una diminuzione <strong>del</strong> rischio di tumore<strong>del</strong> pancreas (OR=0.4 – ultimo vs. primo quintile di consumo;IC95% 0.2;0.7). La diminuzione <strong>del</strong> rischio è stata osservatasia per la componente solubile <strong>del</strong>le fibre (OR=0.4, IC95%0.2;0.7) che per quella insolubile (OR=0.5, IC95% 0.3;0.8),tra cui la cellulosa (OR=0.4, IC95% 0.3;0.7) e la lignina(OR=0.5, IC95% 0.3;0.9). Inoltre le fibre derivate dalla fruttasono risultate protettive (OR=0.5, IC95% 0.3;0.8) mentrequelle derivate dai semi non sono risultate associate al carcinoma<strong>del</strong> pancreas (OR=1.2, IC95% 0.7;2.0). Anche stratificandole analisi per età (63anni), sesso, BMI (25.75 kg/m 2 ), introito calorico (2 289 Kcal)e fumo (no vs. sì) queste associazioni non sono cambiate.Conclusioni. I risultati di questo studio avvalorano l’ipotesi cheun elevato consumo di fibre alimentari sia associato a una riduzione<strong>del</strong> rischio di tumore <strong>del</strong> pancreas. Rimane tuttavia dachiarire se questa associazione protettiva sia legata a un effettodiretto <strong>del</strong>le fibre o, piuttosto, rispecchi un insieme di abitudinidi vita particolarmente salutari.167ESPOSIZIONE OCCUPAZIONALE E AMBIENTALE ADAMIANTO E INCIDENZA DI MESOTELIOMA MALIGNO AROMA E NEL LAZIO, 2001-2009Romeo E, 1 Ancona L, 1 Ascoli V, 2 Balestri A, 3 Carnovale Scalzo C, 2 CavarianiF, 3 Compagnucci P, 1 Gasperini L, 3 Mataloni F, 1 Forastiere F 11 Dipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> Servizio sanitario regionale, Lazio ;2 Anatomia patologica, Dipartimento di scienze radiologiche, oncologichee anatomopatologiche, Università La Sapienza di Roma; 3 Laboratorioigiene industriale, Centro regionale amianto, ASL ViterboIntroduzione. L’incidenza di mesotelioma maligno (MM) inuna popolazione riflette l’esposizione occupazionale e ambientalead amianto. Nel Lazio esistono realtà produttive differenti,con prevalenza <strong>del</strong> settore terziario nella città di Romae complessi industriali nel resto <strong>del</strong> Lazio.Obiettivi. Stimare l’incidenza di MM a Roma e nel resto <strong>del</strong> Lazionel periodo 2001-2009 e individuare le esposizioni a rischioconsiderando le differenze dei rispettivi tessuti produttivi.Metodi. I casi incidenti di MM sono raccolti secondo le procedure<strong>del</strong> Registro nazionale mesoteliomi. Sono stati stimatii tassi di incidenza (per 100 000 abitanti) di MM a Roma e nelresto <strong>del</strong>la Regione e l’esposizione ad amianto è stata studiataattraverso l’impiego di un questionario standardizzato.Risultati. Sono stati registrati 326 casi di MM a Roma (218 uominie 108 donne) e 270 casi nel resto <strong>del</strong>la Regione (205 uominie 65 donne). I tassi di incidenza sono risultati simili nellediverse aree (Roma 1.89, IC95% 1.66;2.16; nel resto <strong>del</strong>la Regione1.84, IC95% 1.60;2.11). I tassi tra le donne sono risultatimaggiori a Roma (0.68, IC95% 0.56;0.82) rispetto al resto<strong>del</strong>la Regione (0.47, IC95% 0.36;0.60).L’esposizione ad amianto è stata studiata nel 54% dei casi (250uomini e 75 donne, tabella 1). A Roma il 62% degli uomini eil 13% <strong>del</strong>le donne è risultato esposto ad amianto per motivi occupazionali,mentre nel resto <strong>del</strong>la Regione lo sono stati l’81%degli uomini e il 3% <strong>del</strong>le donne. A Roma la maggior parte deicasi con esposizione professionale ha lavorato in edilizia (18%),nelle pubbliche amministrazioni (11%) e nel settore trasporti101 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTER INVITATIe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1terrestri e aerei (11%); nel resto <strong>del</strong>la Regione si conferma lamaggiore prevalenza di casi in edilizia (24%), seguita da industriametalmeccanica, industria bellica, metallurgica, alluminio,costruzione, rotabili ferroviari e acciaierie (12%).Conclusioni. I tassi di incidenza a Roma e nel resto <strong>del</strong>la Regionesono risultati simili negli uomini e più alti a Roma perle donne. Sono emerse differenze nella natura occupazionaledei casi a causa <strong>del</strong>le diverse strutture produttive. I tassi più elevatia Roma per le donne e la elevata frequenza di esposizioniignote obbliga a valutare con maggiore dettaglio la possibilitàdi esposizioni ad amianto di origine ambientale o professionalemisconosciuta.Tabella 1. Numero di casi di MM in maschi e femmine per modalità di esposizione ad amianto, 2001-2009.102 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione Poster Invitati7 novembreStato di salute e malattie croniche 1Moderatori:Nicoletta Bertozzi, Carlo Mamo137DEMENZA E ALZHEIMER: QUALI I FATTORI ASSOCIATI NELLAPOPOLAZIONE DI ETÀ COMPRESA TRA I 70 E I 75 ANNI?Ferretti VV, 1 Guaita A, 2 Fossi S, 2 Villani S 11 Dipartimento scienze sanitarie applicate e psicocomportamentali, Sez.epidemiologia e statistica medica, Università degli studi di Pavia; 2 FondazioneGolgi-Cenci, Abbiategrasso (MI)Introduzione. La demenza (D) è una sindrome su base neurodegenerativaassociata all’invecchiamento ed è quindi destinatanei prossimi anni ad aumentare, dato l’allungamentomedio <strong>del</strong>la vita. Non è ancora chiaro quali siano l’eziologia ela fisiopatologia di tale sindrome. Da qui l’importanza di valutarei fattori a essa associati. E’ stato, quindi, pianificato unostudio sull’invecchiamento cerebrale (Studio InveCe) nellapopolazione di età compresa tra i 70 e i 75 anni residente inun’area geografica circoscritta e omogenea <strong>del</strong> Nord Italia articolatoin una fase di screening per la stima <strong>del</strong>la prevalenza<strong>del</strong>la D e <strong>del</strong>la malattia di Alzheimer (AD) e una di individuazionedei marker (studio di follow-up).Obiettivo. Lo scopo <strong>del</strong> presente lavoro è determinare la prevalenza<strong>del</strong>la D e <strong>del</strong>l’AD nella popolazione residente in un’area<strong>del</strong> Nord Italia tra i 70 e i 75 anni d’età e individuare possibiliassociazioni con alcune caratteristiche socioeconomiche.Metodi. Sono stati arruolati tutti i residenti ad Abbiategrasso(MI) nati dal 1935 al 1939 e invitati a presentarsi in una certadata presso la Fondazione Golgi-Cenci, dove veniva effettuatauna valutazione multidimensionale medico-psicologicosociale.La diagnosi di D è stata formulata in base ai criteri <strong>del</strong>DSM IV, mentre quella di AD è stata fatta applicando i criteriNINCDS-ADRDA.E’ stata stimata la prevalenza grezza con l’intervallo di confidenzaal 95% (IC95%) <strong>del</strong>la D e <strong>del</strong>l’AD, globalmente e suddiviseper genere, scolarità (anni di istruzione ricevuti ≤5 annivs. >5 anni), coorte e area geografica di nascita (Nord-Ovest,Nord-Est, Centro, Sud e Isole), professione e stato civile. L’associazionedi queste caratteristiche socioeconomiche con glioutcome è stata espressa con il rapporto di prevalenze (RP) eIC95%. L’associazione mutuamente aggiustata con i possibilifattori di rischio (sesso, area e coorte di nascita, scolarità, professionee stato civile) è stata determinata mediante mo<strong>del</strong>lo diregressione “complementary log-log multiplo” ed espressacome RP aggiustato e IC95%. I test sono stati considerati significativicon un p-value ≤0.05. Le analisi sono state condotteutilizzando Stata 10.Risultati. Hanno risposto allo studio 1 321 persone (78% deglieleggibili). Il 54.1% sono risultate donne, l’età media di72.2 anni (±1.3 aa), l’84.6% era nato nel Nord Italia.La prevalenza <strong>del</strong>la D è risultata <strong>del</strong> 3.1% (IC95%2.2%;4.2%), sovrapponibile fra i due generi (RP=0.9, 0.5;1.8),più alta nei soggetti nati al Sud rispetto a quelli nati nel Nordovest(RP=4, IC95% 2;8.3), in quelli con bassa scolarità(RP=2.1, IC95% 1;4.3), tra i “colletti blu” rispetto ai “collettibianchi” (RP=2.6, IC95% 1.1;5.8) e tra i celibi rispetto ai coniugati(RP=2.6, IC95% 1.0;6.8). L’analisi multivariata haconfermato l’eccesso di prevalenza di D tra i nati nel Sud rispettoai nati nel Nord-ovest (RP=4.3, IC95% 1.9;9.7) e neisoggetti celibi rispetto ai coniugati (RP=2.7, IC95% 0.9;7.9).La prevalenza di AD è risultata <strong>del</strong>l’1.2% (IC95% 0.6%;1.8%)e maggiore, ma non significativamente, nelle donne (RP=2.5,IC95% 0.8;7.8). Una maggiore prevalenza è emersa tra i soggetticon basso livello di scolarità (RP=3.2, IC95% 0.9-11.3)e tra i nati nelle Isole piuttosto che nel Nord-ovest di Italia(RP=5, IC95% 1.4;18.1). Non sono, invece, emerse differenzesignificative nella prevalenza di AD secondo professione estato civile. L’analisi multivariata ha confermato l’eccesso di ADtra i nati nelle Isole rispetto ai nati nel Nord-ovest (RP=4.2,IC95% 1.1;16), nei soggetti con basso livello di scolarità(RP=3.3, IC95% 0.9;12.1).Conclusioni. Dalle analisi preliminari è emerso che la prevalenzadi D non è diversa per genere, ma è maggiore tra i natinel Sud rispetto ai nati nel Nord-ovest di Italia e tra quelli conbasso livello di scolarità. In linea con la letteratura è l’eccessodi AD nei soggetti con basso livello di istruzione. Ancora davalutare sono le relazioni con i fattori genetici, al momento infase di tipizzazione.200L’USO DEI DATI FARMACEUTICI PER STIMARE I CASI PRE-VALENTI DI BRONCOPNEUMOPATIA CRONICO-OSTRUTTIVAFaustini A, 1 Canova C, 2 Cascini S, 1 Baldo V, 3 Bonora K, 4 De GirolamoG, 4 Romor P, 5 Zanier L, 6 Simonato L 31 Dipartimento di epidemiologia, Servizio sanitario regionale <strong>del</strong> Lazio,103 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTER INVITATIe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Roma; 2 MRC-HPA Centre for environment and health, National heart andlung institute, Imperial College, London, UK; 3 Dipartimento di medicinaambientale e sanità pubblica, Scuola di medicina, Università di Padova,Padova; 4 Dipartimento di sanità pubblica, Azienda sanitaria locale diModena, Modena; 5 Gestione <strong>del</strong> sistema informativo sanitario <strong>del</strong>la RegioneFriuli-Venezia Giulia, INSIEL SpA, Udine; 6 Dipartimento di epidemiologia<strong>del</strong> Servizio sanitario regionale <strong>del</strong> Friuli-Venezia Giulia, UdineIntroduzione. La crescente disponibilità di dataset di dati sanitaricorrenti, specie i registri <strong>del</strong>le cause di morte (RCM) e<strong>del</strong>le dimissioni ospedaliere (SDO), è un forte stimolo a utilizzarei dati amministrativi per stimare la prevalenza di broncopneumopatiacronico-ostruttiva (BPCO), ma anche per valutaregli esiti <strong>del</strong> trattamento e gli effetti <strong>del</strong>l’inquinamentoatmosferico nei pazienti BPCO. I dati <strong>del</strong>le prescrizioni farmaceutichesono stati utilizzati più raramente per arruolare coortie stimare la prevalenza di soggetti BPCO. Tuttavia la validitàdi queste fonti non è sufficientemente valutata e lefinalità di utilizzo dei dati richiedono differenti caratteristichedi validità.Obiettivi. Abbiamo condotto uno studio per stimare il contributodei dati farmaceutici alla stima di prevalenza <strong>del</strong>laBPCO e valutare sensibilità e valore predittivo positivo dei registridi mortalità e ospedalizzazione nell’individuare i casi diBPCO da consumo di farmaci.Metodi. I casi di BPCO prevalente tra i residenti di 35+ annisono stati stimati dai registri di mortalità e ospedalizzazione peril 2006 in quattro aree di diversa tipologia amministrativa (laRegione Friuli-Venezia Giulia, due distretti: Modena e Rovigo,e la città di Roma). I dati farmaceutici sono stati aggiunti inun secondo tempo, secondo due definizioni alternative di casoBPCO, usate una alla volta.In ciascuna area sono stati calcolati i tassi di prevalenza diBPCO standardizzati per età ed età-specifici. E’ stata stimatala validità interna <strong>del</strong>le diagnosi di BPCO individuate dai registridi mortalità e ospedalizzazione, e i dati farmaceuticisono stati utilizzati come fonte di conferma esterna. Utilizzandoi dati ospedalieri, è stata stimata la possibile misclassificazionetra i casi di BPCO e asma.Risultati. I casi prevalenti di BPCO secondo i registri di mortalitàe ospedalizzazione erano 77 098. I dati farmaceuticihanno individuato 172 357 (69%) o 122 635 (61%) casi diBPCO aggiuntivi. La prevalenza variava da 4.03% a 6.71%nelle diverse aree. La proporzione di casi BPCO identificati dalconsumo di farmaci, che è stata vista dai registri di mortalitàod ospedalizzazione, era <strong>del</strong> 22.7% o 28.9%, secondo le duedefinizioni. La proporzione di casi ospedalizzati o deceduti checonsumava farmaci respiratori era <strong>del</strong> 27% o 37%. I casi diBPCO che avevano ricevuto anche una diagnosi di asma variavanotra 3.1% e 3.6%.Conclusioni. L’uso dei dataset farmaceutici aumenta di 2.2-2.5volte le stime di prevalenza <strong>del</strong>la BPCO ottenute dai dati dimortalità e ospedalizzazione. La sensibilità dei registri di mortalità/ospedalizzazionenell’individuare i casi BPCO da consumodi farmaci è di circa il 30%. I casi ospedalizzati o decedutiper BPCO sono confermati dal consumo di farmaci solonel 30% circa dei casi. La misclassificazione con l’asma interessapoco i casi BPCO sopra i 34 anni d’età.197I RICOVERI NEI REPARTI DI RECUPERO E RIEDUCAZIONEFUNZIONALE DEL LAZIO NEGLI ANNI 2006-2010:VALUTAZIONE DEI CAMBIAMENTI NELL’ACCESSO DEIPAZIENTI ADULTI PER AREA DI RESIDENZAGiarrizzo ML, Pezzotti P, Papini P, Silvestri I, Rosano A, Guasticchi GLaziosanità, Agenzia di sanità pubblica, LazioIntroduzione. La riabilitazione intensiva ospedaliera è rivolta aipazienti in fase di post-acuzie e in particolare dovrebbe essereofferta a pazienti in condizioni di non autosufficienza e/o limitazionefunzionale e quando la disabilità è maggiormente recuperabile.Negli ultimi anni la Regione Lazio ha definito vincolie criteri di accesso per selezionare l’ingresso di questatipologia di pazienti.Obiettivi. Valutare i cambiamenti nel tempo e per area di residenza<strong>del</strong>la dipendenza/limitazione funzionale dei pazientiadulti (età ³18 anni) nei reparti di recupero e rieducazione funzionalenegli anni 2006-2010.Metodi. I dati derivano dal sistema informativo Rapporto Accettazione/Dimissioneper l’area <strong>del</strong>la riabilitazione (RAD-R)che raccoglie, per i reparti di riabilitazione intensiva, informazionisulla condizione clinica <strong>del</strong> paziente al momento <strong>del</strong> ricoveroe sul grado di disabilità. La dipendenza/limitazione funzionaleè valutata attraverso: 1) l’indice di Barthel (IB) permalattie e disturbi <strong>del</strong> sistema nervoso (MDC 1) e per malattiee disturbi <strong>del</strong>l’apparato muscoloscheletrico e tessuto connettivo(MDC 8); 2) il “six-minute-walking-test” (6MWT) permalattie e disturbi <strong>del</strong>l’apparato respiratorio (MDC 4) e per malattiee disturbi <strong>del</strong>l’apparato cardiocircolatorio (MDC 5).Le analisi sono state stratificate per i pazienti classificati comeMDC 1 o 8 e come MDC 4 o 5, per anno di dimissione e Provinciadi residenza (con Roma distinta in Comune e resto <strong>del</strong>laProvincia). La “dipendenza grave/completa” è stata definitacome IB


SESSIONI POSTER INVITATIIL MIGRANTE E LA SALUTEFossarello L, Cerri R, Cambiano LUffico qualità partecipata percepita <strong>del</strong> CeRP San Giovanni BattistaMolinette TorinoIntroduzione. Le disuguaglianze di salute non si manifestanosolo a livello di classe sociale o per gradienti regionali: sono presentianche tra italiani e migranti, con difficoltà di promozione<strong>del</strong>la salute e accesso ai servizi, minore qualità dei servizi offerti,per motivi culturali, linguistici e organizzativi.I dati epidemiologici sulla salute dei migranti derivano da diversebanche dati (SDO regionali, IVG, INPS, mortalità, nascite)ma, a causa <strong>del</strong> fenomeno <strong>del</strong>l’irregolarità, non si conoscela popolazione. La letteratura indica che i non regolari, aparità di patologia, specie per i disturbi meno gravi, hanno minoreaccesso ai servizi <strong>del</strong> SSN. Considerata l’espansione <strong>del</strong> fenomenoe la necessità di adeguare i servizi includendo questanuova popolazione l’UQPP <strong>del</strong> CeRP San Giovanni BattistaMolinette ha avviato un’indagine volta a comprendere la percezione<strong>del</strong>la salute nel mondo dei migranti.Obiettivo. Indagare i bisogni di salute percepita nelle principalicomunità di immigrati rilevando le modalità principalmenteutilizzate per assolvere ai problemi di salute quotidiani.Metodi. La ricerca di tipo qualitativo-descrittivo ha utilizzatocome strumento di indagine il focus group. Sono state selezionate5 comunità, in base a numerosità e coesione interna: romena,albanese, peruviana, cinese, subsahariana.Per ogni comunità sono stati contattati i presidenti e gatekeepered è stata loro proposta l’adesione. I focus group sono staticomposti con 6-7 partecipanti e a ogni incontro si sono previste2-3 tematiche, per ognuna <strong>del</strong>le quali vi era come relatoreun professionista <strong>del</strong>la salute <strong>del</strong> settore. In alcuni casi, per motivilinguistici e culturali, si è ricorsi a un correlatore, <strong>del</strong>la comunitàstessa, che traducesse dal punto di vista sia linguisticosia culturale ciò che l’operatore diceva, e che traducesse di cone&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1L’analisi multivariata evidenzia che i ricoveri relativi a pazienti condipendenza grave/completa sono in progressivo aumento neglianni più recenti rispetto al 2006 (OR=1.60 nel 2007; OR=5.69nel 2010). Il rischio è maggiore i pazienti anziani rispetto ai giovani(OR=1.19 età 41-64; OR=2.32 età 65+, p


SESSIONI POSTER INVITATIe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1verso, le domande <strong>del</strong> pubblico. Le discussioni sono state registrateper una successiva analisi <strong>del</strong> contenuto.Risultati. Nel corso <strong>del</strong>la ricerca si è rilevata la presenza nellazona di Torino di percorsi di cura complementari ed estraneial SSN, elementi che la letteratura non ha ancora trattato. Perrisolvere le problematiche di salute l’immigrato non ricorre soloal mo<strong>del</strong>lo biomedico, ma utilizza anche mo<strong>del</strong>li di cura olistici,o legati alla tradizione. Emerge anche un comportamentopratico per affrontare le malattie, le persone che si ritengonoammalate, telefonano al Paese di origine dettando isintomi a un parente che li trasmette al proprio medico, successivamentequesto parente detta la “cura” all’interessato, ilquale recupera i farmaci, anche attraverso il mercato nero. Purtroppo,da alcune interviste è emerso il ricorso a IVG effettuateal di fuori di quanto previsto dalla legge 194/78, fenomeno chesembra essersi accentuato dopo l’approvazione <strong>del</strong> Pacchetto sicurezza(legge 94/2009).Conclusioni. Un risultato ulteriore dei focus group è stato l’avviodi attività di approfondimento e condivisione, i mediatoriculturali coinvolti hanno approfondito le informazioni relativeai fenomeni trattati, avviando un processo di apprendimentoorganizzativo e di reciproca informazione, in una prospettivadi governance locale sulla salute dei migranti, costituita da attori<strong>del</strong> pubblico e <strong>del</strong> privato sociale e informale.Le disuguaglianze di salute tra italiani e migranti non riguardanosolo la classe sociale o l’accessibilità ai servizi, ma dipendonoanche da difficoltà comunicative tra medico e paziente,e da come vengono intese concetti come salute, malattia e lacura tra le diverse culture. Per garantire il diritto alla salute atutti, in ottemperanza all’art. 32 <strong>del</strong>la Costituzione, sarà fondamentaleorganizzare i servizi in modo che siano più inclusiviverso chi ha più difficoltà, italiani e stranieri.A questo fine è fondamentale, nel futuro, sviluppare un approcciopiù sistemico tra epidemiologia e altre discipline al finedi indagare questo fenomeno anche con metodi qualitativisociologici,raccogliendo aspetti non facilmente reperibili.106 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione Poster Invitati8 novembreAmbiente 2Moderatori:Carla Ancona, Fabrizio Bianchi57METODI ALTERNATIVI DI VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONEPER I RESIDENTI VICINO AGLI INCENERITORI: UNO STUDIODI SIMULAZIONEFreni Sterrantino A, 1,2 Ranzi A, 1 Cordioli M, 1 Can<strong>del</strong>a S, 3 Miglio R, 2Lauriola P, 1 Forastiere F 41 Centro tematico regionale ambiente e salute, ARPA Emilia-Romagna;2 Dipartimento di statistica, Università degli studi di Bologna; 3 Unità diepidemiologia, ASL Reggio Emilia; 4 Dipartimento di epidemiologia,Servizio sanitario regionale LazioIntroduzione. In letteratura viene segnalata la possibile sovrastima<strong>del</strong> rischio nel caso di misclassificazioni non differenzialitra categorie di esposizione non adiacenti. In Emilia-Romagnaè stato realizzato un progetto sugli effetti sulla salute <strong>del</strong>l’esposizionea inceneritori (Progetto Moniter). All’interno diquesto progetto un’indagine epidemiologica ha riguardato lavalutazione degli effetti sanitari su una coorte retrospettiva deiresidenti (periodo 1995-2006).L’esposizione agli inceneritori su base residenziale è stata stimataattraverso l’utilizzo di mappe da mo<strong>del</strong>li di dispersione,utilizzando i dati di emissione degli impianti al momento <strong>del</strong>l’arruolamento(1995), assegnando a ciascun soggetto <strong>del</strong>la coorte(circa 250 000 soggetti) un valore di esposizione individuale.Una successiva categorizzazione in quintili di questovalore è stata utilizzata all’interno <strong>del</strong>le analisi epidemiologiche.L’esposizione cumulativa non poteva essere calcolata per tuttii soggetti <strong>del</strong>la coorte, a causa di mancanza di completezza sullastoria residenziale dall’inizio di attività degli impianti.Obiettivi. Abbiamo condotto uno studio di simulazione, utilizzandoun sottocampione <strong>del</strong>la coorte per il quale erano disponibilii dati utili al calcolo <strong>del</strong>l’esposizione cumulativa, pervalutare le conseguenze di possibili errori di classificazionederivanti dall’attribuzione <strong>del</strong>l’esposizione all’arruolamento.Metodi. Per una sotto-coorte (circa 30 000 soggetti) erano disponibilile informazioni sulla storia residenziale dall’inizio diattività <strong>del</strong>l’impianto di riferimento (1980), l’esposizione cumulativa(periodo 1980-1995) per ciascun soggetto è stata calcolatautilizzando due differenti mappe di dispersione relativea configurazioni differenti <strong>del</strong>l’impianto di incenerimento, e tenendoconto <strong>del</strong>la mobilità residenziale nel periodo considerato.Lo studio di validazione ha valutato la potenziale misclassificazione<strong>del</strong>l’esposizione al momento <strong>del</strong>l’arruolamento, rispettoall’esposizione cumulativa. Abbiamo utilizzato una proceduradi simulazione, costruendo 1 000 dataset di dati randomstrutturati in modo tale da ottenere un incidence rate ratio(IRR)=1.5 tra le classi a più alta e più bassa esposizione cumulativae un trend statisticamente significativo fra le 5 classi.Risultati. Quando abbiamo confrontato le categorie di esposizioneall’arruolamento con l’esposizione cumulativa, il 73.5%dei soggetti è rimasto nella stessa classe e il 5.2% si è spostatoin categorie non adiacenti. Le classi estreme (più bassa e piùalta) hanno mostrato una maggiore concordanza (81.7% e84.5%). Nel complesso l’indice K di Cohen (pesato con matricequadratica) è risultato pari a 0.85.Lo studio di simulazione ha calcolato gli IRR dei 1 000 datasetutilizzando come variabile di esposizione quella calcolata all’arruolamentonella coorte. Il valore medio dei 1 000 IRR <strong>del</strong>lacategoria dei più esposti è stato pari a 1.41 [range: 1.06-2.04]con il 29.2% <strong>del</strong>le simulazioni che hanno sovrastimato il valoredi IRR calcolato con l’esposizione cumulativa. Il trend positivorimane significative nel 63.9% <strong>del</strong>le simulazioni.Conclusioni. Abbiamo trovato un’alta concordanza tra l’esposizioneall’arruolamento e quella cumulativa in una popolazioneesposta per 15 anni a inquinamento da sorgente puntiforme.Tuttavia, in caso di errata classificazione nondifferenziale tra le categorie non adiacenti, viene confermatal’indicazione di una qualche cautela riguardo i risultati <strong>del</strong>leanalisi epidemiologiche.53RISCHIO DI ABORTO SPONTANEO IN UNA POPOLAZIONEESPOSTA ALLE EMISSIONI DA INCENERITORI PER RIFIUTISOLIDI URBANIBonvicini L, 1 Carretta E, 1 Broccoli S, 1 Luberto F, 1 Marzaroli P, 1 RanziA, 2 Can<strong>del</strong>a S 11 Azienda USL Reggio Emilia, Dipartimento sanità pubblica, Servizio diepidemiologia; 2 ARPA ER, Direzione tecnica, CTR Ambiente e saluteIntroduzione. L’aborto spontaneo è un indicatore di salute riproduttivapoco indagato in relazione all’esposizione alle emissionida inceneritori. La letteratura, seppur limitata e disomogenea,non ha evidenziato un’associazione tra inquinanti eabortività spontanea. E’ importante tuttavia osservare che l’oc-107 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTER INVITATILA PERCEZIONE DEL RISCHIO DA INCENERITORE: L’ANALISIDEL QUESTIONARIO PER I RESIDENTI DI MODENAFreni Sterrantino A, 1 Cavazza N, 2 Goldoni C, 3 Lauriola P, 4 Miglio R, 1Rubichi S 21 Alma Mater Studiorum, Università, di Bologna, Dipartimento scienzestatistiche “P. Fortunati”, Bologna; 2 Università degli studi di Modena eReggio Emilia; 3 AUSL Modena; 4 ARPA Emilia-Romagna, Direzione tecnica,CTR ambiente e saluteIntroduzione. La percezione <strong>del</strong> rischio viene definita come ungiudizio razionale sulla plausibilità che un evento futuro accadae che questo rechi danno alle persone o alle cose. Tuttavia, lapercezione <strong>del</strong> rischio è soprattutto opera di un complesso processoemotivo (Slovic, 2004), che comprende sia l’aspetto cognitivosia quello affettivo nell’espressione <strong>del</strong> giudizio, e in talunicasi sovrasta il giudizio razionale. Gli inceneritori sonosempre al centro di dibattiti, a causa <strong>del</strong>le emissioni di agentiinquinanti e diversi studi hanno valutato l’effetto <strong>del</strong>l’esposizionea inceneritore sulla salute (Lima 2004, Rahardyan 2004).Obiettivi. L’obiettivo <strong>del</strong>lo studio è analizzare la percezione <strong>del</strong>rischio da inceneritore tramite un questionario. In particolaresono stati valutati gli item, al fine di individuare quelli con bassainformazione apportata, e analizzate le variabili latenti checompongono la percezione <strong>del</strong> rischio. Infine sono state analizzatele relazioni tra le variabili latenti e il rischio percepito.Metodi. Il questionario è stato preparato prospettando cinquevariabili latenti “percezione <strong>del</strong> rischio”, “componente cognitiva”,“componente emotiva”, “partecipazione”,“coinvolgimento”e “conoscenza ambientale”, costituite da un numero variabiledi domande (o item) oltre a una serie di informazionisullo stato socioeconomico dei soggetti.Dall’anagrafe assistiti <strong>del</strong>la città di Modena, sono stati campionati1 058 soggetti, stratificati per età, sesso e distanza di residenzadall’inceneritore. In totale 841 hanno risposto al questionario,tramite intervista telefonica. Utilizzando le tecnichedi “item response theory”, in particolare usando il mo<strong>del</strong>lo diRasch e il “graded response mo<strong>del</strong>” per le variabili con item categorici,abbiamo eliminato quei quesiti che non apportavanonessuna informazione. Per la variabile “ambivalenza emotiva”,applicando la formula di Thompson e Griffin abbiamo calcolatol’indice di ambivalenza. Tramite l’analisi fattoriale confermativaabbiamo ridefinito cinque fattori e sulla base diquesti abbiamo costruito un mo<strong>del</strong>lo a equazioni strutturali,al fine di poter indagare le relazioni intercorrenti tra le variabililatenti. Il mo<strong>del</strong>lo strutturale analizza il rischio percepitocome un insieme di razionalità e emotività.Risultati. Delle cinque variabili latenti previste dal questionae&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1correnza di aborto spontaneo è spesso misurata attraverso iltasso di abortività riferito alla popolazione femminile in età fertilee non alla reale popolazione a rischio di aborto, costituitadalle donne gravide.Questo studio completa le analisi <strong>del</strong> progetto Moniter (Monitoraggiodegli inceneritori sul territorio <strong>del</strong>l’Emilia-Romagna)sulle possibili associazioni tra esposizione a inceneritoredi rifiuti solidi urbani (RSU) ed eventi avversi <strong>del</strong>la gravidanza.Obiettivi. Analizzare l’occorrenza di aborto spontaneo nelledonne di età 15-49 anni residenti in un’area di 4 km di raggioda 7 inceneritori di RSU presenti in Emilia-Romagna nel periodo2002-2006, utilizzando indicatori appropriati.Metodi. La popolazione considerata è costituita dalle donne inetà fertile residenti nelle aree in studio al 30.06 di ogni anno (inmedia 59 568 donne per anno). Le anagrafi comunali hanno fornitola data di nascita e gli indirizzi dei soggetti che sono statigeoreferenziati tramite sistemi informativi geografici.A ogni donna è stata attribuita l’esposizione annuale agli inquinanti,calcolata utilizzando come tracciante il PM10, a partiredalla mo<strong>del</strong>lizzazione ADMS-Urban <strong>del</strong>la dispersione al suolo<strong>del</strong>le emissioni. La variabile esposizione è stata categorizzata inquartili sulla base <strong>del</strong>l’esposizione osservata nell’intero periodo.Le informazioni sull’aborto spontaneo sono state ricavate dalleschede di dimissione ospedaliera, attraverso la procedura di record-linkage,che ha preso in considerazione i codici ICD-9CM 630-632,634 in diagnosi principale.Sono stati calcolati i tassi per 1 000 donne in età fertile e la proporzioneper 100 gravidanze stimate. Le gravidanze stimatesono state calcolate sommando il numero totale di parti, di abortispontanei e un terzo <strong>del</strong>le interruzioni volontarie di gravidanza.Un mo<strong>del</strong>lo di regressione logistica multivariato è stato implementatoper stimare il rischio di aborto spontaneo nelle diverseclassi di esposizione alle emissioni dagli inceneritori considerandocome variabili indipendenti l’esposizione ad altre fonti, il livellosocioeconomico stimato attraverso l’indice di deprivazione persezione di censimento e l’età. Per testare la robustezza <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>losono state eseguite due analisi di sensibilità considerandole sole donne italiane ed escludendo gli aborti ripetuti.Risultati. Nella popolazione studiata, gli aborti spontanei sonocomplessivamente 1 786, con un tasso di abortività totalepari a 6‰ e una proporzione di abortività <strong>del</strong>l’11.73%. Dall’analisiunivariata emerge che il tasso non riesce a considerarela diversa propensione alla maternità di età e di culture diverse,mentre la proporzione tiene conto di questo aspetto e mostraun rischio più elevato per le donne anziane (35.3%) e un rischiodi abortività simile tra donne straniere e donne italiane(rispettivamente 11.77% e 11.56%). In relazione all’esposizionea inceneritore, l’analisi multivariata non ha evidenziatoun eccesso di rischio rispetto alla classe di riferimento, ma il rischioaumenta significativamente all’aumentare <strong>del</strong>l’esposizione(p=0.003). Le analisi di sensibilità hanno confermato lasignificatività <strong>del</strong> trend.Conclusioni. Lo studio suggerisce un’associazione tra esposizionea inceneritore e abortività spontanea. I risultati appaionocoerenti con l’osservazione di un incremento di nascite pretermineassociate all’esposizione a inceneritore, già osservatanell’ambito <strong>del</strong> Progetto Moniter. E’ plausibile infatti l’ipotesiche aborti spontanei e nascite pretermine condividano alcunifattori causali in grado di determinare l’interruzione intempestiva<strong>del</strong>la gravidanza, precocemente (aborto spontaneo) o piùtardivamente (nascite pretermine).15108 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTER INVITATIe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1rio, “partecipazione”, costituita da 13 item, è stata ridotta a ununico item, perché il 45% dei rispondenti non ha mai partecipatoa nessun tipo di attività sociale. Gli item non scartati apportanopiù <strong>del</strong> 50% di informazione per i soggetti con il trattolatente elevato, tranne “emotiva” , ove il 55% <strong>del</strong>l’informazioneapportata dagli item era per coloro che presentavano il trattolatente basso. Il mo<strong>del</strong>lo fattoriale confermativo ha ridefinitosempre cinque fattori (Tucker-Lewis NNFI 0.74, Bentler CFI0.78), tuttavia alcuni item <strong>del</strong>la “percezione <strong>del</strong> rischio”, sonoandati a costituire due nuove variabili, “interesse” e “nocività”;permane inalterata la variabile latente “conoscenza ambientale.Il mo<strong>del</strong>lo strutturale ove il rischio percepito dipende dalla“componente emotiva”, “coinvolgimento”, che a sua voltapunta al “coinvolgimento” e alla “conoscenza ambientale” sostanzialmenteconferma la definizione di percezione <strong>del</strong> rischio,composta da un parte razionale e da un parte emozionale;Tucker Lewis NNFI 0.94, Bentler CFI 0.95 e RMSEA 0.04(IC 0.044;0.05).Conclusioni. L’utilizzo di metodologie statistiche appropriatenel trattare i dati di tipo categorico permette di valutare dettagliatamentesia l’apporto di ogni singola domanda, come nelclassico approccio di “item response theory”, sia di poter indagarela struttura <strong>del</strong>le variabili latenti che si intende analizzare,tramite i mo<strong>del</strong>li strutturali.In questo caso, dopo aver eliminato gli item poco informativie aver ridefinito le variabili latenti, il mo<strong>del</strong>lo a equazionistrutturali ci permette di collegare le variabili latenti tra di loro,e di confermare la struttura <strong>del</strong>la percezione <strong>del</strong> rischio, compostada una parte di giudizio razionale e soprattutto da unaparte di emotività <strong>del</strong>l’individuo.39VALUTAZIONE DI IMPATTO SULLA SALUTE DELL’INQUINA-MENTO DELL’ARIA A ROMA: I RISULTATI DEL PROGETTOEUROPEO APHEKOMCesaroni G, 1 Badaloni C, 1 Pascal M, 2 Medina S, 2 Forastiere F 11 Dipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> Servizio sanitario regionale <strong>del</strong>Lazio; 2 Institut de veille sanitaire, Saint-Maurice Cedex, FranceIntroduzione. L’obiettivo <strong>del</strong> progetto APHEKOM è stato difornire a livello europeo (25 città) informazioni sugli effettisulla salute <strong>del</strong>l’esposizione a inquinamento <strong>del</strong>l’aria.Obiettivi. Valutare l’impatto sulla salute, in termini di riduzione<strong>del</strong>la mortalità per cause naturali e <strong>del</strong>le ospedalizzazioniper malattie cardiache e respiratorie, che si otterrebbe riducendol’esposizione a PM10 e ozono (per gli effetti acuti) el’esposizione a PM2.5 (per gli effetti cronici).Metodi. La valutazione di impatto sulla salute (VIS) sulla popolazioneromana è stata condotta usando dati <strong>del</strong> Registro nominativo<strong>del</strong>le cause di morte, <strong>del</strong>le schede di dimissione ospedalierae <strong>del</strong>la rete di monitoraggio <strong>del</strong>la qualità <strong>del</strong>l’aria diARPA-Lazio dal 2004 al 2006.Sono stati valutati due scenari: la riduzione <strong>del</strong>la concentrazionemedia annuale degli inquinanti di 5 µg/m 3 e la riduzioneai livelli indicati dalle linee guida OMS (20 µg/m 3 per ilPM10, 10 µg/m 3 per il PM2.5, 100 µg/m 3 per l’ozono). Perla valutazione <strong>del</strong>l’impatto degli effetti acuti sono state consideratela mortalità e le ospedalizzazioni per malattie respiratoriee cardiache; per gli effetti cronici la mortalità per cause naturali,cardiovascolari e il guadagno nella speranza di vita nellapopolazione di età maggiore di 30 anni. Sia per gli effetti acutisia per gli effetti cronici è stata eseguita una valutazione dei beneficieconomici dovuti alle morti e alle ospedalizzazioni evitate.Risultati. Riducendo la concentrazione media annuale di PM10di 5 µg/m 3 verrebbero evitate ogni anno 158 ospedalizzazioniper condizioni respiratorie e 118 per malattie cardiache nella popolazioneresidente, riducendo la media ai livelli indicati dallelinee guida OMS (20 µg/m 3 ) sarebbero evitate 579 ospedalizzazioniper malattie respiratorie e 434 per malattie cardiache.Con un decremento di 5 µg/m 3 nella concentrazione annualemedia di ozono, verrebbero evitate ogni anno 32 morti e 31ospedalizzazioni per malattie respiratorie negli anziani. Riducendodi 5 µg/m 3 la media annuale <strong>del</strong>la concentrazione diPM2.5 verrebbero evitate ogni anno 594 morti (471 per causecardiovascolari) e i residenti di età superiore a 30 anni avrebberoun guadagno in speranza di vita pari a 0.4 anni. I benefici sarebberoben maggiori abbassando la concentrazione annualemedia di PM2.5 a 10 µg/m 3 : 1 278 morti per cause naturali evitate(997 per cause cardiovascolari) e un guadagno di un annonella speranza di vita per i trentenni.Il guadagno economico <strong>del</strong>l’impatto a breve termine <strong>del</strong>la riduzionedi 5 µg/m 3 nella concentrazione media annuale diPM10 sarebbe superiore a cinque milioni di euro. Il guadagnoeconomico che si otterrebbe dagli effetti a lungo termine <strong>del</strong>lariduzione di 5 µg/m 3 nella concentrazione media annuale diPM2.5 è pari a 983 milioni di euro, mentre se la concentrazionemedia annuale di PM2.5 si riducesse a 10 µg/m 3 il guadagnosarebbe di oltre due miliardi.Conclusioni. Utilizzando metodi tradizionali di VIS il progettoAPHEKOM nella città di Roma ha mostrato che abbassare anchesolo di 5 µg/m 3 la concentrazione media degli inquinanticonsiderati avrebbe un forte impatto sanitario con enormi beneficieconomici.253STUDIO DI MORBOSITÀ DI UNA COORTE DI RESIDENTI NEIPRESSI DI UN’INDUSTRIA CHIMICACadum E, Demaria MDipartimento tematico di epidemiologia ambientale, ARPA PiemonteIntroduzione. I profili di rischio di popolazioni residenti neipressi di stabilimenti chimici possono essere influenzati dalleemissioni combinate in aria, acque e suoli di sostanze chimicheprovenienti dai cicli di lavorazioni effettuate dall’industria. Varistudi sono stati effettuati in Italia, sia a livello comunale, sia subcomunale,con diversi tipi di approccio (descrittivo o analitico).La presenza di un grande stabilimento chimico (Solvay Solexis)nel Comune di Alessandria, frazione Spinetta Marengo(con estensione pari a 110 ettari) e le richieste <strong>del</strong>le autorità dicontrollo di verificare i possibili impatti sulla salute dei residenti109 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTER INVITATIe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1hanno condotto all’esecuzione di uno studio di coorte individuale,ritenuto il più adatto per evitare distorsioni ecologiche,<strong>del</strong>la popolazione residente nei pressi <strong>del</strong>lo stabilimento stesso.Obiettivi. Eseguire uno studio di coorte di popolazione per lostudio <strong>del</strong>l’incidenza di patologie in relazione alla residenza vicinoa una fonte industriale di prodotti chimici.Metodi. La coorte in studio è stata definita concettualmentecome coorte di popolazione residente nel Comune di Alessandria:sono stati definiti esposti i residenti a Spinetta Marengoe non esposti i residenti nel resto <strong>del</strong> Comune di Alessandria.Sono stati consiederati come indicatori di esposizionela distanza dalla fonte industriale e la residenza differenziale tragli esposti per aree di ricaduta emissiva dallo stabilimento.La coorte è operativamente costituita dai residenti presenti all’anagrafecomunale storica di Alessandria dal 01.01.1996 al30.06.2009 (fine follow-up di morbosità). Ogni residente èstato georiferito in base all’indirizzo e numero civico e su questabase sono stati selezionati i residenti nella frazione di SpinettaMarengo prossima allo stabilimento industriale. La durata <strong>del</strong>laresidenza è stata suddivisa per periodi di 0 (qualunque periodo),1, 5, 10 anni o più.Ogni singola storia abitativa è stata analizzata per assegnare ledate critiche di inizio e fine. Sono risultate oggetto di analisi 207908 storie abitative, <strong>del</strong>le quali 8 705 senza indicazione di collocazioneabitativa e 2 446 con indicazione fittizia (es: senza fissadimora), relative a 130 804 singoli soggetti, 10 964 dei qualisono risultati residenti anche a Spinetta Marengo.E’ stato effettuato un follow-up di morbosità dei residenti in relazioneai ricoveri ospedalieri occorsi nel periodo in studio tramiterecord-linkage tra dati anagrafici e archivio regionale <strong>del</strong>ledimissioni ospedaliere. Sono stati esclusi dall’analisi i residentioccupati presso lo stabilimento in esame.I dati sono stati analizzati sia tramite analisi <strong>del</strong>la sopravvivenzasecondo Cox, sia con analisi secondo Poisson. I risultati sonostati sovrapponibili, ed è stata scelta l’analisi secondo Poisson.Risultati. La popolazione esposta ha mostrato eccessi di rischiosignificativi per tutti i tumori (RR=1.08) e in particolare per tumori<strong>del</strong>lo stomaco (RR=1.35) e altri tumori <strong>del</strong>l’apparato digerente(RR=1.75), per tumori <strong>del</strong> fegato (RR=2.28 negli uomini),per tumori <strong>del</strong>la laringe (RR=1.58, di cui RR=2.92nelle donne), tumori <strong>del</strong>la vescica (RR=1.29 negli uomini), tumori<strong>del</strong> rene (RR=1.53, di cui RR=1.84 negli uomini) tumori<strong>del</strong>la tiroide (RR=1.92, di cui RR=2.15 nelle donne) e malattie<strong>del</strong> sistema circolatorio (RR=1.16). Per durata <strong>del</strong>la residenzasuperiore a 10 anni è emerso un eccesso di rischio significativoper depressione (RR=1.93, di cui 2.29 nelle donne).Conclusioni. Gli eccessi riscontrati per singole patologie tumoralisono coerenti con il profilo di rischio <strong>del</strong>le sostanze chimicheoggetto di produzione nello stabilimento; in particolaresi segnalano gli eccessi per tumore <strong>del</strong>la laringe (esposizione anebbie di acidi forti, cloridrico e fluoridrico), <strong>del</strong>lo stomaco edegli altri tumori <strong>del</strong>l’apparato digerente (la maggior parte tumori<strong>del</strong> duodeno) in cui l’esposizione a cromo esavalente pervia alimentare costituisce una possibile spiegazione, per tumori<strong>del</strong> fegato, di cui è nota l’associazione con sostanze chimiche(CVM, arsenico), <strong>del</strong>la vescica, da sempre associata conlavorazioni chimiche. Meritano un commento a patre gli eccessiper tumori <strong>del</strong>la tiroide (molte sostanze chimiche prodottehanno effetti distruttori endocrini) e per depressione per residenzeabitative prolungate (>10 anni), in relazione a effetti anchepsicologici. In conclusione, vi sono evidenze di rischionella popolazione esposta, e queste evidenze sono plausibili inrelazione al profilo chimico di esposizione.40IMPATTO DELL’INQUINAMENTO DELL’ARIA SULL’INCIDENZAE PROGNOSI DI ICTUSCesaroni G, Agabiti N, Badaloni C, Davoli M, Forastiere FDipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> Servizio sanitario regionale <strong>del</strong> LazioIntroduzione. Pochi studi hanno valutato l’associazione traesposizione di lungo periodo a inquinamento <strong>del</strong>l’aria e incidenzae prognosi di ictus.Obiettivi. Studiare l’associazione tra esposizione a biossido diazoto alla residenza e incidenza di ictus (totale e per tipo:ischemico ed emorragico) e la sua prognosi in un grande studiodi coorte.Metodi. Lo Studio longitudinale romano è una coorte chiusaarruolata al Censimento 2001. Abbiamo selezionato i soggettidi età compresa tra i 45 e gli 80 anni all’arruolamento, che nonavessero cambiato residenza nei cinque anni precedenti(N=677 909). I casi incidenti di ictus avvenuti tra l’arruolamentoe la fine <strong>del</strong> 2004 sono stati selezionati dagli archivi<strong>del</strong>le schede di dimissione ospedaliera e dal Registro nominativo<strong>del</strong>le cause di morte. L’esposizione a NO 2 è stata attribuitaalla residenza mediante un mo<strong>del</strong>lo “land use regression”sviluppato per la città di Roma (R 2 =0.706). I soggettisono stati seguiti fino al 31.12.06. Sono stati usati mo<strong>del</strong>li diregressione di Cox per valutare l’associazione tra esposizionea NO 2 e incidenza di ictus o sopravvivenza dopo l’ictus, tenendoconto di varie informazioni individuali (livello di istruzione,occupazione, luogo di nascita e un indice di posizionesocioeconomica relativo alla sezione di censimento di residenza<strong>del</strong> soggetto).Risultati. Nel periodo considerato (2001-2004), si sono verificati4 455 nuovi casi di ictus (76% ischemico) nella coortein studio. L’esposizione media a NO 2 è stata 44 µg/m 3 (ds 8).Non si è trovata evidenza di associazione tra esposizione a biossidod’azoto alla residenza e incidenza di ictus, né emorragico,né ischemico. I casi di ictus residenti nel quintile di esposizionepiù alto (>50.2 µg/m 3 ) hanno un rischio di morire il 23%(IC95% 3%;47%) più elevato dei residenti nel più bassoquintile di esposizione (


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione Poster Invitati8 novembreQualità <strong>del</strong>l’assistenza 1Moderatori:Mirko Di Martino, Alessio Petrelli74MESSA A PUNTO DEL MONITORAGGIO DELLA RETEPROVINCIALE VERONESE DELL’ICTUS ATTRAVERSORECORD LINKAGE DA DATABASE AMMINISTRATIVIBisoffi G, 1 Mirandola R, 1 Bovo C, 2 Buonocore F, 3 Tessari G, 4 BenetolloP 11 Azienda ospedaliera universitaria integrata Verona; 2 ULSS 20; 3 ULSS 21;4 ULSS 22Introduzione. L’ictus cerebrale è la prima causa d’invalidità ela seconda causa di demenza, con un’incidenza che aumentacon il crescere <strong>del</strong>l’età e che, con l’allungarsi <strong>del</strong>la vita media,sta diventando un’emergenza sanitaria importante.E’ noto che nel trattamento <strong>del</strong>l’ictus l’immediatezza <strong>del</strong>l’interventoè fondamentale, poiché agire precocemente permettedi limitare gli effetti <strong>del</strong>l’ictus sia in termini di mortalità sia perquanto riguarda la disabilità residua. Per questo la Regione Veneto,con DGR n.4198 <strong>del</strong> 30.12.08, ha individuato i centridi assistenza all’ictus secondo un mo<strong>del</strong>lo “hub and spoke”.Sempre nel 2008, attraverso un accordo tra le aziende sanitarie<strong>del</strong>la Provincia e il 118, è stato inoltre definito un protocolloper il trattamento precoce dei pazienti con sospetto ictusnel territorio <strong>del</strong>la provincia di Verona.Obiettivi. Questo progetto vuole valutare il funzionamento<strong>del</strong>la rete integrata per la gestione e il trattamento <strong>del</strong>l’ictus infase acuta nella provincia di Verona, attraverso la messa a puntodi un monitoraggio trimestrale che utilizzi le informazioni provenientida fonti dati correnti. Ulteriore obiettivo è incentivareal miglioramento <strong>del</strong>la qualità dei dati degli stessi flussi.Metodi. La base dati è costituita dal linkage dei flussi informativiper l’anno 2010 <strong>del</strong>le schede di dimissione ospedaliera(SDO), <strong>del</strong>l’APS (accessi al pronto soccorso) <strong>del</strong>l’Azienda ospedalierauniversitaria integrata di Verona (AOUI) e <strong>del</strong>le ULSS20, 21 e 22 e dei dati di intervento <strong>del</strong> 118 <strong>del</strong>la provincia diVerona. E’ stata messa a punto una procedura automatizzata daavviare trimestralmente dal 2011, con una latenza di 6 mesi peraccertarsi <strong>del</strong>la chiusura <strong>del</strong>le SDO. Indicatori di processo e diesito desumibili da queste fonti permettono di valutare: la copertura<strong>del</strong>la rete, la capacità di individuare i pazienti in fase diprima chiamata, i tempi di intervento e la mortalità.Risultati. Il linkage degli archivi <strong>del</strong> 2010 ha permesso di collegareai dati di ricovero quelli di pronto soccorso per l’83% deicasi, in totale 2003 pazienti con ricovero urgente per ictus, il75% dei quali è stato ricoverato nelle strutture “hub” o di 1° livello<strong>del</strong>la provincia. In totale, la percentuale dei pazienti conictus trombolisati risulta il 4.7% per l’intero territorio <strong>del</strong>la provincia,l’8.1% dei ricoverati nell’AOUI, il 3.3% dei ricoveratinelle strutture <strong>del</strong>l’ULSS 22, e il 2% dei ricoverati nell’ULSS21. Il 32% dei pazienti <strong>del</strong>l’ULSS 22 sono ricoverati pressol’AOUI, mentre <strong>del</strong>l’ULSS 21 solo l’8.7%. L’incidenza di ictussul territorio varia tra lo 0.23% <strong>del</strong>l’ULSS 20 e lo 0.29% <strong>del</strong>l’ULSS21. La quota di pazienti che arrivano in ospedale conmezzi propri è ancora piuttosto elevata, intorno al 45% per tuttele aziende <strong>del</strong>la provincia. Il tempo intercorrente tra l’arrivo inPS e l’accoglimento in reparto è minore, in media, nei centri“hub”, dove è di poco più di 2 ore. La degenza mediana variatra gli 8 e i 14 giorni. La mortalità intraospedaliera è <strong>del</strong>14.28%, con una variazione minima tra le diverse aziende; considerandosolo i pazienti trombolisati si scende al 5.2%.Conclusioni. Il linkage da dati amministrativi ha grande utilitàper il monitoraggio <strong>del</strong>la rete <strong>del</strong>l’ictus. Questo lavoro è statopossibile grazie all’accordo tra le aziende sanitarie <strong>del</strong>la provinciadi Verona, che hanno deciso di mettere reciprocamentea disposizione i loro archivi. La qualità <strong>del</strong> dato <strong>del</strong>le diversefonti non è uniforme: alcune hanno ancora problemi tali percui la copertura <strong>del</strong> linkage non è completa. La consapevolezza<strong>del</strong>l’utilità dei risultati si ritiene possa essere un buon incentivoal miglioramento; la periodicità trimestrale <strong>del</strong>la rilevazionepermetterà di valutare anche questo aspetto.83STUDIO DI COORTE RETROSPETTIVO SUI FATTORIASSOCIATI ALL’ACCESSO AI SERVIZI RESIDENZIALI OTERRITORIALI IN PERSONE CON DEMENZAScalmana S, 1 Di Napoli A, 1 Franco F, 1 Di Lallo D, 1 Giarrizzo ML, 1 GuasticchiG 1 e il Gruppo di lavoro sui percorsi assistenziali nelle demenze 21 Laziosanità, Agenzia di sanità pubblica <strong>del</strong>la Regione Lazio, Roma;2 Bruno G, Cozzolino MI, Falanga AM, Lanzetti AM, Lazzaroni E, Monini PIntroduzione. L’analisi di fattori clinici e sociodemografici potenzialmenteassociati al ricorso ai servizi sociosanitari è fondamentaleper programmare i servizi dedicati alle persone affetteda demenza.Obiettivi. Valutare l’associazione tra tipologia di caregiver, ca-111 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTER INVITATIe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1ratteristiche sociali e cliniche <strong>del</strong>le persone e ricorso ai servizisociosanitari territoriali e residenziali.Metodi. Nell’ambito di un progetto di ricerca finalizzata <strong>del</strong>Ministero <strong>del</strong>la salute è stato condotto uno studio retrospettivosu 1 010 persone in carico a 5 Unità valutative Alzheimer(UVA) <strong>del</strong>la Regione Lazio. Sono state raccolte informazionisull’accesso ai servizi residenziali e/o territoriali dal caregiver, attraversoun’intervista strutturata. Inoltre, sono state raccolte daglioperatori <strong>del</strong>le UVA informazioni sulle caratteristiche sociodemografichee cliniche <strong>del</strong> paziente (stato cognitivo,funzionale, comportamentale, terapia farmacologica per demenza,disturbi comportamentali ed eventuali comorbidità),riferite ai 12 mesi precedenti, e sulla presenza e tipologia di caregiver.L’associazione tra tali fattori e il ricorso ai servizi territorialio residenziali è stata valutata mediante due mo<strong>del</strong>li diregressione logistica.Risultati. L’età media era 80 anni (DS=10); le donne erano il71.7%. Le diagnosi di demenza più frequenti sono state: malattiadi Alzheimer (60.3%), forme miste (19.4%), demenza vascolare(10.8%). Il caregiver era presente nel 97% dei casi: era un familiarenell’85.8% (era una donna nel 62%); in particolare, ilcaregiver era un figlio nel 42.4% (donna nel 70%), il coniuge nel33.4% (donna nel 57%), altro parente nel 7.4% (donna nel68%). Il caregiver era un badante nel 14.2% dei casi (una donnanel 96%). Il 62.1% dei pazienti non aveva avuto accesso ad alcunservizio sociosanitario. Il 19.3% dei pazienti aveva usufruitodi un servizio territoriale, il 15.3% di un servizio residenziale, il3.3% di entrambe le tipologie. Ricorrevano maggiormente ai serviziterritoriali le persone con demenza severa/terminale(OR=2.84, IC95% 1.72;4.69), demenza moderata (OR=1.90,IC95% 1.22;2.94) e i maschi (OR=1.52, IC95% 1.04;2.23).Il ricorso a strutture residenziali era meno probabile se il caregiverera il coniuge (OR=0.10, IC95% 0.05;0.19) o un figlio(OR=0.47, IC95% 0.29;0.75) ed era più probabile in assenzadi caregiver (OR=3.30, IC95% 1.10;9.87). Persone con una perditadi 2 o più BADL (OR=2.02; IC95% 1.23-3.32), di 4 o piùIADL (OR=3.31; IC95% 1.34-8.18), con una demenza diagnosticatacome «altra forma» (OR=2.25; IC95% 1.24-4.08) ouna demenza di grado severo/terminale (OR=2.32, IC95%1.30;4.15) ricorrevano maggiormente ai servizi residenziali,dove accedeva con minore probabilità chi assumeva un farmacoantidemenza (OR=0.57, IC95% 0.37;0.87) e chi aveva almenouna comorbidità (OR=0.53, IC95% 0.35;0.82).Conclusioni. Il ricorso a servizi residenziali da parte di personeaffette da demenza è risultato essere meno probabile in presenzadi un caregiver familiare, mentre è più probabile in assenza ditale tipologia di caregiver. L’osservazione suggerisce l’ipotesi chela famiglia rappresenti la principale risorsa per questi pazientiin termini di presa in carico. Infatti, quando la famiglia non èin condizione di accudire e gestire adeguatamente il congiuntoaffetto da demenza, i servizi residenziali rappresentano unascelta obbligata. Il ricorso ai servizi territoriali, non associatoal decadimento funzionale o alla tipologia <strong>del</strong> caregiver, nonsembra essere considerato una alternativa valida, forse perchétali servizi, oltre a erogare poche ore di assistenza, sono pocodiffusi e presentano rilevanti disomogeneità territoriali. Laprogrammazione e l’implementazione di percorsi assistenzialiadeguati allo stadio <strong>del</strong>la malattia dovrebbero tener conto<strong>del</strong>le reali esigenze <strong>del</strong>le persone e <strong>del</strong>le loro famiglie, potenziandol’offerta territoriale per gli stadi lievi e moderati e limitandol’istituzionalizzazione ai casi più complessi e avanzati.79I FATTORI CHE INFLUENZANO DOMANDE E RICONOSCI-MENTI DEL MESOTELIOMA COME MALATTIA PROFESSIO-NALE, ANALIZZATI INCROCIO TRA DATI INDIVIDUALI CHEDERIVANO DA UN REGISTRO REGIONALE E DATI INAILMerler E, 1 Bressan V, 1 Bilato A, 2 Marinaccio A 3 e il Gruppo regionale venetosui mesoteliomi maligni1 Registro regionale veneto dei casi di mesotelioma, SPISAL AULSS 16,Padova; 2 Istituto nazionale confederale di assistenza (INCA), Padova;3 Registro nazionale mesoteliomi, INAIL Dipartimento di medicina <strong>del</strong> lavoro,area ricerca ex ISPESL, RomaIntroduzione. In Italia il mesotelioma maligno (MM) causatoda esposizione lavorativa ad amianto è stato incluso nella lista<strong>del</strong>le malattie professionali nel 1994; dal 2000 il “danno” è valutatorispetto all’integrità psicofisica. Le informazioni fornitedai sistemi assicurativi sono modeste e solo in anni recenti, relativamenteai tumori professionali, in particolare al mesotelioma,sono state pubblicate valutazioni più approfondite,possibili grazie alla rilevazione effettuata da Registri <strong>del</strong> mesoteliomao da Registri tumori, svolte utilizzando dati aggregati(Francia: Goldberg, 1999; Italia: Marinaccio, 2010) o studi direcord-linkage (provincie <strong>del</strong> Canada: Pichora, 2007; Payne,2009; Kikhan, 2011).Obiettivo. Valutare la performance <strong>del</strong> sistema assicurativo italiano,rilevando quale sia l’entità di domande e riconoscimentiassicurativi dei casi di mesotelioma maligno (MM); individuarei fattori che condizionano domande e riconoscimenti, utilizzandocome tracciante una patologia quasi totalmente spiegatada un singolo fattore (l’esposizione ad amianto) in crescita,devastante sul piano personale e relazionale, perché porta inbreve tempo al decesso.Metodi. Studio di record-linkage effettuato incrociando i singolicasi di mesotelioma certo o probabile, identificati dal Registroregionale nel periodo 1999-2007, con il database individualeINAIL, disponibile nell’ambito <strong>del</strong> flusso INAIL-Regioni, costituitodai soggetti che hanno avanzato domanda od ottenutoun riconoscimento assicurativo nel periodo 2000-2009. Valutazione<strong>del</strong>la probabilità di avanzare domanda e ottenere un riconoscimento,attraverso calcolo di odds ratio e intervalli diconfidenza.Risultati. Ha avanzato domanda d’indennizzo il 70% dei casidi MM ritenuti dal registro di origine professionale (casi diMM nel periodo: 727; di questi, ritenuti professionali: 499;domande avanzate: 327; riconoscimenti concessi: 251). Il72% <strong>del</strong>le domande ha ottenuto un riconoscimento. Le politichedi welfare interessano in Veneto solamente il 35% dei casidi mesotelioma.112 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTER INVITATIe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Diversi fattori condizionano domande e indennizzi: il genere(più domande e riconoscimenti negli uomini), la sede <strong>del</strong> mesotelioma(meno domande per MM peritoneale), età alla diagnosi(va peggio quando si superano i 65 anni alla diagnosi, lacondizione più frequente), lo stato in vita alla domanda (vapeggio per gli eredi), la residenza o, rispettivamente, la sedeINAIL che tratta la pratica (comportamento più negativo perle sedi INAIL <strong>del</strong>le provincie di Belluno e Padova). Si osservauna forte discriminazione per il genere femminile: “non avanzaredomanda” se donne ha OR=2.8 (IC95% 1.5;5.3); “nonottenere indennizzo” ha OR=6.7 (2.3;19.5). L’indennizzo è piùprobabile se l’esposizione ad amianto è stata diretta, con bassaprobabilità di riconoscimento per gli edili, il gruppo lavorativoa maggiore frequenza di MM. I tempi di definizione superanoi due anni quando la domanda è avanzata da superstiti. La percentualedi danno assegnata contrasta spesso in negativo coni parametri di legge. Per un operaio specializzato il risarcimentoin vita risulta tra 1 500 e 2 500 euro al mese; il coniuge superstitene riceve la metà; i figli, ma solamente fino a 18 anni,il 20%. I mancati riconoscimenti, che derivano anche dallemancate denunce, comportano un danno per il servizio sanitariodi circa 35 000 euro per caso, rappresentato dal costo <strong>del</strong>lecure ospedaliere, non rimborsato dall’INAIL.Conclusione. La presenza di registri di popolazione e la disponibilitàdi dati di fonte assicurativa hanno permesso, per laprima volta in Italia, un’analisi <strong>del</strong>la performance <strong>del</strong> sistemadi welfare per il mesotelioma, che potrà essere estesa ad altreareee e a livello nazionale. I risultati sollecitano l’opportunitàdi trasformazioni.67PROMOZIONE TELEVISIVA DI PREPARATI GINECOLOGICIA BASE DI BENZIDAMINA CLORIDRATO ED ERRORITERAPEUTICI PER VIA DI SOMMINISTRAZIONE:OSSERVAZIONI EFFETTUATE DAL CENTRO ANTIVELENI DIMILANO NEL 2005-2010Davanzo F, 1 Settimi L, 2 Lauria L, 2 Sesana F, 1 Urbani E, 2 Cossa L, 2 Casini ML, 3Ferrazin F 31 Centro antiveleni di Milano, Ospedale Niguarda Cà Granda, Milano;2 Istituto superiore di sanità, Roma; 3 AIFA - Agenzia italiana <strong>del</strong> farmacoIntroduzione. I preparati ginecologici a base di benzidaminacloridrato (PGBC), un antinfiammatorio non steroideo, sonostati commercializzati in Italia a partire dal 1977 per il trattamentolocale di condizioni flogistiche. Il regime di fornitura diquesti preparati è passato nel 2009 dalla condizione di “medicinalenon soggetto a prescrizione medica ma non da banco”a quella di “medicinale non soggetto a prescrizione medica dabanco” (OTC), rendendo in questo modo possibile interventipubblicitari rivolti al pubblico (Gazzetta Ufficiale n. 90 <strong>del</strong>18.04.2009. Supplemento ordinario n. 53, pag 32).A seguito <strong>del</strong>la trasmissione di una prima campagna televisivail Centro antiveleni (CAV) di Milano ha rilevato e tempestivamentesegnalato un improvviso e rilevante incremento di casiesposti a PGBC per errore terapeutico da ingestione. Le osservazionieffettuate sono state utilizzate dalle autorità competenticome base informativa per richiedere una parziale modifica<strong>del</strong>lo spot pubblicitario al fine di evidenziare la correttamodalità di utilizzo dei PGBC (Davanzo F et al. Notiziario ISS- Ben 2010; 23(12): i-iii.). Successivamente, il CAV di Milanoha avviato un piano di lavoro per seguire l’andamento temporale<strong>del</strong>le esposizioni a questi preparati.Obiettivi. Il presente contributo si propone di stimare l’associazionetra una campagna di promozione televisiva di PGBCe gli errori terapeutici causati da via di somministrazione errata,descrivere e confrontare tra loro le principali caratteristiche deicasi esposti a questi prodotti prima e dopo la trasmissione degliavvisi pubblicitari.Metodi. Sono stati estratti dal database <strong>del</strong> CAV di Milano icasi con esposizione a PGBC verificatisi nei seguenti periodi:1.1.05-19.12.09, prima <strong>del</strong>l’avvio <strong>del</strong>la campagna pubblicitariain esame (I periodo); 20.12.09-6.3.10, nel corso <strong>del</strong>la campagnapubblicitaria (II periodo); 7.3.10-31.12.10, periodo incui la campagna pubblicitaria è stata sospesa o, comunque,estremamente limitata (III periodo).Per ciascun periodo di osservazione è stato calcolato il numeromedio di casi esposti die per genere e il relativo intervallo diconfidenza al 95% (IC95%). Il tasso medio stimato per il I periodoè risultato costante ed è stato utilizzato per la stima deicasi attesi nei successivi due periodi. Il rapporto osservati/attesiè stato utilizzato come misura di associazione tra i tassi diesposizione rilevati e la campagna pubblicitaria. Le principalicaratteristiche dei casi nei tre periodi sono state confrontate utilizzandoil test c 2 di Pearson.Resultati. Complessivamente, sono stati identificati 216 espostia PGBC. Tra questi, 88 si sono verificati nel I periodo, 67e 61 nel II e III periodo, respettivamente. Nel corso <strong>del</strong> II periodo,durante la trasmissione <strong>del</strong>la campagna televisiva la frequenzadei casi di genere femminile è risultata circa 23 voltepiù elevata <strong>del</strong>l’atteso (22.9, IC95% 17.6;29.2), mentre la frequenzadei casi di genere maschile è risultata circa quattro voltesuperiore all’atteso (3.7, IC95% 0.8;11.0). Nel periodo successivo,i casi di genere femminile osservati sono risultati circacinque volte più numerosi <strong>del</strong>l’atteso (5.1, IC95% 3.8;6.6),mentre tra gli uomini la frequenza dei casi osservati è risultatapari all’atteso.In confronto ai casi rilevati nel I periodo di osservazione, i casirilevati nel II e III periodo sono stati caratterizzati da una piùelevata proporzione di esposizioni causate dalla mancata comprensione<strong>del</strong>la corretta via di somministrazione (16% vs. 81e 55%, rispettivamente), e di casi di intossicazione (27% vs. 55e 42%, rispettivamente).Conclusione. Le osservazioni effettuate forniscono un esempiodi come la pubblicità televisiva possa influenzare in modo negativoil corretto uso dei farmaci OTC, evidenziando la necessitàdi sistemi di sorveglianza in grado di caratterizzare l’andamentodegli errori terapeutici e di segnalare tempestivamenteeventuali incrementi riferiti a specifici preparati. I CAV costituisconouna fonte informativa di interesse prioritario per laconduzione di questa attività.113 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTER INVITATIe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 161LE OSPEDALIZZAZIONI PER DIABETE COME INDICATOREDI EFFICACIA DELLE CURE PRIMARIE: UN’ANALISI DELLEDIFFERENZE TERRITORIALI NELLA REGIONE LAZIO.Asta F, Fusco D, Di Martino M, Belleudi V, Kirchmayer U, Bauleo L,Pinnarelli L, Sorge C, Agabiti N, Davoli MDipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> Servizio sanitario regionale <strong>del</strong> LazioIntroduzione. Il diabete mellito è uno dei maggiori problemisanitari dei Paesi economicamente evoluti, la cui prevalenza èin continuo aumento. Le ospedalizzazioni per complicanze abreve o a lungo termine <strong>del</strong> diabete o per amputazione degliarti inferiori sono considerati indicatori <strong>del</strong>l’appropriatezza e<strong>del</strong>l’efficacia <strong>del</strong>l’intero processo di assistenza e di gestione <strong>del</strong>paziente in uno specifico territorio. Qualora le ospedalizzazionivengano rapportate esclusivamente alla popolazione residente,i risultati ottenuti dipendono non solo dalla qualità assistenziale,ma anche dalla prevalenza <strong>del</strong>la patologia nelle diversearee considerate.Obiettivi. Calcolare, mediante i sistemi informativi sanitari, itassi di ospedalizzazione per diabete rapportando i ricoveri instudio sia alla popolazione residente sia alla popolazione diabetica.Analizzare la variabilità geografica degli indicatori all’interno<strong>del</strong>la Regione Lazio.Metodi. Sono state individuate 31 aree sub-regionali: la provinciadi Roma è stata suddivisa in aziende sanitarie locali, aeccezione <strong>del</strong> Comune di Roma che è stato suddiviso in Municipi;per le altre aree è stata effettuata una distinzione tra iComuni capoluogo e il rimanente territorio <strong>del</strong>la provincia.Dal sistema informativo ospedaliero (SIO) sono stati identificatitutti i ricoveri per diabete non controllato, le complicanzea breve termine (chetoacidosi, iperosmolarità e coma), le complicanzea lungo termine (patologie circolatorie periferiche, retinopatia,nefropatia, neuropatia diabetica) e le amputazionidegli arti inferiori tra l’1 gennaio 2009 e il 30 novembre 2010.La popolazione residente è stata estratta dalla banca dati Istat.La stima <strong>del</strong>la popolazione diabetica (età 35+ anni, viva al 31dicembre 2008) è stata ottenuta applicando un algoritmo cheprevede l’integrazione <strong>del</strong>l’anagrafe degli assistibili, <strong>del</strong> SIO, <strong>del</strong>sistema informativo <strong>del</strong>le prescrizioni farmaceutiche e <strong>del</strong>l’archivio<strong>del</strong>le esenzioni ticket. I tassi sono stati aggiustati per etàe genere attraverso un mo<strong>del</strong>lo di regressione di Poisson.Risultati. Le ospedalizzazioni per diabete mostrano un’elevataeterogeneità tra le aree sub-regionali. Tra gli esiti considerati,presentano la maggiore incidenza le complicanze a lungo termine:i tassi sulla popolazione residente variano tra un minimodi 0.08‰ e un massimo di 0.31‰ mentre quelli sulla popolazionediabetica variano tra 1.86‰ e 6.52‰. Per l’amputazionedegli arti inferiori, uno degli esiti con bassa incidenza, itassi sulla popolazione residente variano tra 0.02‰ e 0.08‰mentre considerando la popolazione diabetica si ha un minimodi 0.47‰ e un massimo di 1.92‰. Analizzando la combinazionedei quattro esiti e rapportando i ricoveri alla popolazionediabetica è possibile riscontrare evidenti differenze territoriali(figura 1). I tassi variano tra 2.99‰ e 10.69‰. con un coefficientedi variazione pari al 28.1%. Sei aree geografiche presentanotassi maggiori <strong>del</strong> 6.58‰ (ultimo quartile): MunicipioIV, Municipio XV, Municipio XX, ASL RM/F, Rieti eProvincia di Rieti.Conclusioni. I risultati evidenziano una notevole variabilità<strong>del</strong>le specifiche ospedalizzazioni tra le aree territoriali, suggerendol’esistenza di possibili differenze nella gestione <strong>del</strong> pazientediabetico all’interno <strong>del</strong>la Regione. Gli indicatori consideratisono stati calcolati con un sufficiente dettaglioterritoriale e rapportati alla popolazione diabetica, pertanto costituisconoun utile strumento per la programmazione e la valutazione<strong>del</strong>le politiche sanitarie. Tuttavia, è necessario sottolineareche la variabilità dei tassi può dipendere non solo dallaqualità <strong>del</strong>l’assistenza ma anche dalla qualità dei sistemi informativie dalle differenti politiche ospedaliere riguardanti lagestione <strong>del</strong> paziente diabetico.Figura 1. Tassi aggiustati per la combinazione dei quattro esiti (tassi x 1 000).114 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione Poster Invitati8 novembreStato di salute e malattie croniche 2Moderatori:Claudia Galassi, Rosa Gini188LA MORTALITÀ IN ITALIA: IL QUADRO NAZIONALE E LEDIFFERENZE REGIONALIConti S, Masocco M, Minelli GUfficio di statistica, Istituto superiore di sanità, RomaIntroduzione. La mortalità, anche se rappresenta l’epilogoestremo <strong>del</strong> processo salute-malattia, si configura come il piùsolido degli indicatori che descrivono lo stato di salute di unPaese: è rilevato in modo esaustivo su tutto il territorio nazionalenelle sue varie aggregazioni, con una lunghissima serietemporale, ed è codificato secondo norme internazionali checonsentono i confronti spazio-temporali.Obiettivi. Lo studio <strong>del</strong>la mortalità regionale si propone di evidenziarecriticità e diseguaglianze a cui cercare di porre rimedio.Metodi. Le elaborazioni sono state svolte dall’Ufficio di statistica<strong>del</strong>l’Istituto superiore di sanità a partire dai dati ufficialidi mortalità e dalle stime <strong>del</strong>la popolazione residente rilasciatidall’Istat; a oggi, i dati più recenti si riferiscono ai decessi avvenutinel 2008.Oltre al numero assoluto dei decessi, sono presentati i tassigrezzi e standardizzati per età, con metodo diretto, utilizzandorispettivamente per uomini e donne le popolazioni maschile efemminile al Censimento 2001.Nelle analisi <strong>del</strong>le differenze regionali sono stati calcolati itassi standardizzati per età e i relativi errori standard, necessarialla stima degli intervalli di confidenza al 95% (IC 95%).Risultati. Per effetto <strong>del</strong>l’allungarsi <strong>del</strong>l’attesa di vita, le malattiecronico-degenerative, legate al processo di invecchiamento<strong>del</strong>l’organismo, sono di gran lunga le principali cause di mortein Italia: le malattie <strong>del</strong> sistema circolatorio e i tumori rappresentano,ormai da anni, le prime due più frequenti cause dimorte, responsabili nel 2008 di ben 7 decessi su 10 (396 692su 578 190 decessi totali).L’analisi per Regione di residenza evidenzia significative differenzeterritoriali nella mortalità, indipendenti dalle diversestrutture per età <strong>del</strong>le popolazioni poste a confronto.Le Marche sono la Regione con i più bassi tassi di mortalitàgenerale: nel 2008 fra gli uomini in essa residenti vi è il tassodi mortalità regionale più basso (78.2 decessi per 10 000 abitanti,significativamente minore <strong>del</strong> valore medio nazionale di85.8); anche fra le donne, a fronte di un tasso nazionale di83.6 per 10 000, il tasso che si osserva nelle Marche è tra i piùbassi (75.6), secondo solo a quello osservato per il TrentinoAlto Adige (75.4).Di contro, in Campania si ha la più alta mortalità d’Italia, seguitadalla Sicilia; tali valori contribuiscono a rendere il valoremedio osservato nel Sud il più alto fra quelli medi <strong>del</strong>le altre ripartizionigeografiche. Considerando le principali cause, tumorie malattie <strong>del</strong> sistema circolatorio, esse presentano una chiarapolarizzazione a sfavore <strong>del</strong>le Regioni <strong>del</strong> Nord per i tumori ea sfavore <strong>del</strong>le Regioni meridionali per le malattie cardiovascolari.In Lombardia e Friuli-Venezia Giulia si registrano i tassi piùalti di mortalità per neoplasie, sia per gli uomini sia per ledonne, mentre si muore di più per malattie cardiovascolari oltreche in Campania e Sicilia, anche in tutte le altre Regioni meridionali(eccezion fatta per la Sardegna in entrambi i generi e,solo per gli uomini, anche la Puglia).Anche la mortalità per diabete mostra un chiaro gradienteNord-Sud a sfavore <strong>del</strong>le Regioni meridionali e insulari.Conclusioni. Il persistere di differenze territoriali (come peresempio il gap fra il Nord e il Sud <strong>del</strong> Paese in termini di mortalitàper tumori o per malattie cardiovascolari) e la situazionecomplessiva assai critica in alcune Regioni (quali la Campania),suggeriscono che esiste ancora un ampio margine di interventoper la riduzione sia <strong>del</strong> rischio sia <strong>del</strong> danno, con iniziative mirateai vari gruppi <strong>del</strong>la popolazione, volte alla promozione distili di vita più salutari, o campagne di screening per la diagnosiprecoce di patologie trattabili e, ancora, riducendo la variabilitàterritoriale nell’offerta e nella qualità dei servizi sanitari intermini di cura e trattamento.251I CONTROLLI STRADALI PER GUIDA SOTTO L’EFFETTO DIALCOL E DI SOSTANZE STUPEFACENTI IN TOSCANAInnocenti F, Voller F, Cipriani FOsservatorio di epidemiologia,Agenzia regionale di sanità <strong>del</strong>la Toscana(ARS)Introduzione. In Italia nel 2009 si sono verificati oltre 215milaincidenti stradali, solo il 2% dei quali sarebbe imputabile adabuso di alcol (fonte: Istat); sono tuttavia numerosi gli studi incui viene riportato che i sinistri alcol-correlati hanno un’entitàdecisamente maggiore. Al fine di contrastare questo feno-115 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTER INVITATIe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1meno, negli ultimi anni in Italia, come nel resto d’Europa, èstato incrementato il numero di controlli stradali. I risultatihanno riferito una buona efficacia <strong>del</strong>l’azione <strong>del</strong>le forze <strong>del</strong>l’ordine,infatti Polizia stradale e Arma dei carabinieri hannoincrementato i controlli con etilometri, passando dai circa790mila controlli <strong>del</strong> 2007 agli oltre 1.39 milioni <strong>del</strong> 2008 finoa superare 1.64 milioni nel 2009 (fonte: Ministero <strong>del</strong>le infrastrutturee dei trasporti).Obiettivi. Quantificare il numero dei controlli per guida sottol’effetto di alcol e sostanze stupefacenti, effettuati sul territorioregionale <strong>del</strong>la Toscana, allo scopo di individuare e proporrea esperti <strong>del</strong> settore possibili azioni e strategie di prevenzioneche mirino alla riduzione degli incidenti stradali alcol-correlati.Metodi. Nella primavera 2010, ARS ha avviato una rilevazionesui controlli stradali effettuati in Toscana negli anni 2008 e2009, per guida sotto l’effetto di alcol e di sostanze stupefacenti,inviando un’apposita scheda di richiesta informazioni a tutte leforze <strong>del</strong>l’ordine preposte a tale compito sul territorio regionale.In particolare, è stato richiesto di fornire indicazioni circa il numerodi controlli effettuati in seguito a incidenti stradali e/oposto di blocco e le relative notizie di reato, se tali controllisono stati effettuati con etilometri/stick salivari, con altri strumentidi screening oppure con analisi di laboratorio realizzatepresso i pronto soccorso o altre strutture ospedaliere. E’ stataindagata infine la disponibilità di etilometri omologati.Risultati. I risultati indicano che in Toscana, nel 2009, sono statieffettuati circa 132 500 controlli per guida sotto l’effetto <strong>del</strong>l’alcol(nel 2008 circa 117 000, ovvero è stato registrato un aumentopari all’11%), rilevando circa 5 500 notizie di reato (corrispondential 4.2% dei controlli). Gli accertamenti per guidasotto l’effetto di sostanze stupefacenti sono stati invece 1 030 (nel2008 è stato registrato circa lo stesso numero) mentre le relativenotizie di reato, pari a 561, corrispondono al 54.5%.Nel 2009 dunque, in Toscana, circa 6 patentati ogni 100 sonostati sottoposti a un controllo per guida sotto l’effetto <strong>del</strong>l’alcol,mentre solo 5 patentati ogni 10 000 sono stati sottopostia un controllo per guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.In sede di convegno verranno descritte le fonti dei dati, le criticitàe le potenzialità di questo lavoro, la sua connessione conl’archivio <strong>del</strong>le patenti a punti, e inoltre la strategia con la qualele forze <strong>del</strong>l’ordine pianificano la logistica dei controlli.Conclusioni. In Toscana le informazioni sui controlli stradaliper guida sotto l’effetto di alcol e sostanze stupefacenti nonsono correntemente disponibili, per cui si è resa necessaria unarilevazione specifica ad hoc.In Europa il 16% circa dei conducenti viene fermato almenouna volta l’anno per un controllo alcolemico, rispetto al 6%<strong>del</strong>la Toscana. Se la nostra Regione volesse raggiungere questostandard europeo, dovrebbe effettuare 365mila controlli l’anno,dunque a oggi ne mancherebbero 230mila.Il numero di controlli alcolemici è particolarmente rilevante inuna Regione a forte vocazione viti-vinicola come la Toscana,nella quale vengono promosse politiche integrate per la salute,indirizzate al consumo moderato e responsabile <strong>del</strong> vino, in lineacon i principi <strong>del</strong>la “Piramide alimentare Toscana”.Appare perciò opportuno, da parte <strong>del</strong>le forze <strong>del</strong>l’ordine, aumentareil numero di controlli stradali per la guida in stato dialterazione da alcol e sostanze stupefacenti.136CONSUMO MEDIO GIORNALIERO DI SALE NELLA POPO-LAZIONE ADULTA ITALIANA: RISULTATI PRELIMINARI DELPROGETTO MINISAL-GIRCSIDonfrancesco C, 1 Lo Noce C, 1 Palmieri L, 1 Dima F, 1 De Sanctis CaiolaP, 1 Vannucchi S, 1 Giampaoli S, 1 Strazzullo P 21 Istituto superiore di sanità, Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianzae promozione <strong>del</strong>la salute, Roma; 2 Dipartimento di medicina clinicae sperimentale, Università Federico II di Napoli, NapoliIntroduzione. Il WHO-United Nations Food e l’AgricultureOrganization nel 2003 hanno raccomandato che, ai fini <strong>del</strong>laprevenzione <strong>del</strong>le malattie cardiovascolari e di altre malattiecronico-degenerative, il consumo di sale (cloruro di sodio)venga ridotto a meno di 5 g (o 2 g di sodio) al giorno.Obiettivi. Il Progetto «MINISAL-GIRCSI, buone pratiche sull’alimentazione:valutazione <strong>del</strong> contenuto di sodio, potassio eiodio nella dieta degli italiani», in collaborazione con l’OsservatorioEpidemiologico Cardiovascolare/Health ExaminationSurvey (OEC/HES), ha lo scopo di monitorare il consumo disale su scala regionale indagando le differenze nei due generi enelle diverse fasce di età.Metodi. Nell’ambito OEC/HES, un campione casuale stratificatoper età e sesso <strong>del</strong>la popolazione italiana generale di etàcompresa tra i 35 e i 79 anni (2 493 uomini e 2 492 donne)è stato esaminato in 12 Regioni italiane (Friuli-Venezia Giulia,Molise, Sicilia, Emilia-Romagna, Calabria, Basilicata, Piemonte,Sardegna, Marche, Lazio, Umbria e Veneto). E’ stataeffettuata la raccolta <strong>del</strong>le urine <strong>del</strong>le 24 ore su tutti i partecipantie su un campione di circa 200 persone per ogni Regione(1 196 uomini e 1 231 donne) sono state determinate le concentrazionidi sodio, potassio e creatininuria. Le analisi di laboratoriosono state effettuate centralmente.Risultati. Il consumo medio pro capite di sale è di 10.8 g algiorno negli uomini e 8.3 g al giorno nelle donne e varia da 1 ga 27 g al giorno sia per gli uomini sia per le donne. Il 4% degliuomini e il 14% <strong>del</strong>le donne risulta avere un consumo di sale inferiorea 5 g al giorno. Il consumo medio di sale non varia perfasce decennali di età, sia negli uomini sia nelle donne. Le Regionimeridionali risultano avere livelli di consumo di sale superioririspetto alla media nazionale in entrambi i sessi. Per gliuomini il consumo medio giornaliero di sale varia da 12.4 g inCalabria a 9.3 g in Sardegna, per le donne va da 9.4 g in Basilicataa 7.1 g in Sardegna. La qualità e la completezza <strong>del</strong>laraccolta e <strong>del</strong>lo stoccaggio <strong>del</strong>le urine <strong>del</strong>le 24 ore sono statevalutate molto buone sulla base <strong>del</strong>l’omogeneità tra Regioni <strong>del</strong>livello medio di creatininuria e <strong>del</strong> volume <strong>del</strong>le urine.Dal questionario per la stima <strong>del</strong> consumo abituale di sale èemerso che non più <strong>del</strong>l’1% <strong>del</strong>le persone dichiara di consumaresempre pane senza sale o con pochissimo sale, eccezione fattaper il Lazio e l’Umbria, dove la percentuale è <strong>del</strong> 5% e <strong>del</strong> 64%116 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTER INVITATIe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1rispettivamente. Il 13% <strong>del</strong>le persone dichiara di aggiungerespesso o sempre il sale a tavola e il 7% dichiara di trovare insipidoil cibo consumato fuori casa. Il 21% consuma quattro opiù fette di pane al giorno e il 22% consuma 5 o più volte a settimanaformaggio, salumi o insaccati, notoriamente ricchi disale. Alle persone che hanno dichiarato di aggiungere spesso osempre il sale a tavola o di consumare quattro o più fette di paneal giorno è associata una media giornaliera di escrezione urinariadi sodio più alta rispetto a chi consuma pane senza sale o,comunque, tre o meno di tre fette di pane al giorno. Al contrario,alle persone che dichiarano di trovare salato il cibo consumatofuori casa, notoriamente più condito e quindi ricco anchedi sale, è associata un’escrezione giornaliera di sale inferiorerispetto a chi trova tale cibo insipido.Conclusioni. Dai risultati preliminari risulta chiaro che la popolazioneadulta italiana ha un consumo medio di sale di granlunga superiore al livello raccomandato. Gli uomini risultanoavere un consumo di sale superiore a quello <strong>del</strong>le donne e si registrauna propensione maggiore <strong>del</strong>le Regioni meridionali alconsumo di sale. Un’efficace strategia di riduzione <strong>del</strong> consumodi sale non può prescindere dalla riduzione <strong>del</strong>la quantità disale presente nei cibi in commercio e dal miglioramento <strong>del</strong>leabitudini alimentari <strong>del</strong>la popolazione.26IMPATTO SANITARIO DELLA ROTTURA DEI LEGAMI FAMI-LIARI AL VARIARE DELLE CONDIZIONI SOCIOECONOMICHEINDIVIDUALIOnorati R, 1 Marinacci C, 1 Demaria M, 2 Vannoni F, 3 Costa G 11 Scuola di sanità pubblica, Regione Piemonte; 2 ARPA Piemonte; 3 IstatIntroduzione. Numerosi studi hanno documentato un maggiorrischio di morte tra le persone esposte alla perdita <strong>del</strong> proprio coniuge;risulta invece meno chiaro l’impatto sanitario <strong>del</strong>lo scioglimentodi un matrimonio per separazione o divorzio, soprattuttoin relazione alle caratteristiche sociali e demografiche <strong>del</strong>lepersone che lo sperimentano nel proprio corso di vita.Obiettivo. Il presente studio si propone di analizzare i rischi dimortalità generale <strong>del</strong>le persone esposte a vedovanza e di coloroche sperimentano una separazione o un divorzio, in relazionea condizioni sociali e demografiche, con riferimentoalla mortalità di persone stabilmente coniugate.Metodi. Dall’archivio <strong>del</strong>lo Studio longitudinale torinese sonostati selezionati i residenti a Torino al censimento <strong>del</strong> 1991, chea tale data risultavano con età maggiore di 25 anni, coniugatie riconosciuti come capo famiglia o coniuge <strong>del</strong> capo famiglia.Parte di questi individui è stata rintracciata al censimento <strong>del</strong>2001, per un totale di 326 936 individui in studio. Le informazionisullo stato civile al 2001 hanno permesso di classificarela popolazione in studio in tre diversi gruppi: coniugati aentrambi i censimenti, separati o divorziati al censimento2001, vedovi al censimento 2001. Ciascun individuo è statoclassificato in base a diversi indicatori di condizione socioeconomicaal censimento 1991: condizione professionale, titolodi studio e tipologia abitativa.Attraverso l’identificativo familiare sono stati inoltre ricostruitie classificati per età i componenti <strong>del</strong>la famiglia al 2001. Infine,attraverso record linkage con l’archivio regionale <strong>del</strong>le dimissioniospedaliere, ciascun individuo è stato classificato in base aun’avvenuta ospedalizzazione nel 1995.Il rischio di morire entro 10 anni per ciascuna traiettoria coniugaleè stato analizzato attraverso un mo<strong>del</strong>lo di Cox stratificatoper sesso e progressivamente aggiustato per variabili demografiche(età, area di nascita), socioeconomiche (condizioneprofessionale, titolo di studio e tipologia abitativa), tipologiafamiliare (presenza di minori a carico, anziani a carico) e condizionidi salute pregresse (almeno un ricovero per cause nonaccidentali nel 1995).Risultati. Il 4.21% <strong>del</strong>la popolazione in studio è risultato separatoo divorziato al 2001, mentre la quota di persone vedoveè risultata pari all’8.52%. I risultati preliminari hanno evidenziatorischi di morte significativamente maggiori per queste ultimepersone, rispetto agli individui stabilmente coniugati, siatra i maschi sia tra le femmine, pur controllando per variabilidemografiche, socioeconomiche e per tipologia familiare(HR=1.22 IC95% 1.17;1.27 e HR=1.22 IC95% 1.18;1.26, rispettivamente,tra maschi e femmine). L’esperienza di separazioneo divorzio è risultata associata a un incremento significativo<strong>del</strong> rischio di mortalità soltanto tra gli uomini, controllandoper condizioni demografiche e socioeconomiche (HR=1.16IC95% 1.06;1.27); tale incremento è risultato non significativocontrollando anche per tipologia familiare.L’aggiustamento per ricovero nel 1995 non ha comportato variazioninelle stime osservate.Conclusione. La rottura di un legame familiare, specie se legataa vedovanza, sembra comportare significativi effetti sul rischiodi morte. Ulteriori approfondimenti mirati a valutare tali effettisulle specifiche cause di morte o su indicatori di ricorsoal ricovero permetteranno di approfondirne meglio i meccanismidi generazione.175MORTALITÀ INTRAOSPEDALIERA DI UNA COORTE NEONATIGRAVEMENTE PRETERMINE IN SEI REGIONI ITALIANE: RI-SULTATI DELLO STUDIO ACTIONDa Frè M, 1 Carnielli V, 2 Corchia C, 3 Di Lallo D, 4 Gagliardi L, 5 MacagnoF, 6 Miniaci S, 7 Cuttini M 81 Osservatorio di epidemiologia, Agenzia regionale di sanità <strong>del</strong>la Toscana,Firenze; 2 Azienda Ospedaliera G. Salesi, Ancona; 3 Internationalcentre on birth defects and prematurity, Roma; 4 Laziosanità,Agenzia disanità pubblica <strong>del</strong> Lazio, Roma; 5 Ospedale unico <strong>del</strong>la Versilia, Lido diCamaiore (Lu); 6 Ospedale civile Santa Maria <strong>del</strong>la Misericordia, Udine;7 Azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio, Catanzaro; 8 Ospedale PediatricoBambino Gesù, RomaIntroduzione. La mortalità dei neonati gravemente pretermine(


SESSIONI POSTER INVITATIe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Obiettivi. Studiare le differenze regionali di mortalità e morbiditàintrospedaliera in una coorte area-based di neonati gravementepretermine considerando sia le variabili individuali siaquelle legate all’ospedale di cura.Metodi. I dati derivano da uno studio di popolazione prospettico(ACTION) svoltosi in sei Regioni italiane (Friuli-VeneziaGiulia-FVG, Lombardia, Toscana, Marche, Lazio e Calabria).Sono stati reclutate tutte le nascite con età gestazionale22-31 settimane compiute avvenute tra l’1 luglio 2003 e il 31dicembre 2004 (30 giugno 2005 in FVG, Toscana e Marche).Per queste analisi sono stati esclusi i neonati deceduti prima <strong>del</strong>ricovero in terapia intensiva neonatale (TIN) e 3 casi con patologiamalformativa letale. L’esito considerato è la mortalitàintraospedaliera.La relazione tra la Regione di nascita e l’esito è stata studiatamediante analisi uni- e multivariata, aggiustando in un primotempo per variabili confondenti di tipo biologico, e successivamenteper quelle legate all’assistenza ostetrico-neonatale.Per tener conto <strong>del</strong>la struttura a due livelli dei dati (bambinoe ospedale) si è utilizzato un mo<strong>del</strong>lo lineare generalizzato.Risultati. Nel periodo considerato sono stati reclutati 3 040 neonati.L’età gestazionale mediana è di 29 settimane in tutte le seiRegioni e il peso medio di 1 160 grammi. I nati da gravidanzaplurima rappresentano il 28.1%. Il 21.3% dei bambini è natoda madre straniera (più <strong>del</strong> 25% in Toscana e Marche, 22% inLombardia e Lazio, 14% in FVG e 6% in Calabria).Da un punto di vista organizzativo, il 90.3% dei casi è nato inun centro di III livello, le proporzioni più basse si registrano inToscana e Marche (83.6% e 83.7% rispettivamente). Il 14.9%dei neonati è stato trasferito nelle prime 48 ore di vita in un centrodi terzo livello. Il Lazio è la Regione dove si registra la proporzionepiù elevata di trasferimenti post natali (27.3%) edove sono numerosi anche i trasferimenti fra centri di terzo livello,viene infatti trasferito il 19.7% dei neonati nati nei centridi terzo livello. Il 74.6% è nato da parto cesareo, il 71.5%se si considerano le gravidanze singole. La profilassi steroideaprenatale è stata somministrata nel 78.5% dei casi, il ricorso aquesto trattamento è più basso in Lazio e Calabria, anche alnetto <strong>del</strong>le variabili biologiche e strutturali.La mortalità intraospedaliera è stata 16.9% (intervallo di confidenzaal 95%: 15.6%;18.3%): 13.5% (IC95% 11.6%;15.7%)in Lombardia, 15.3% (IC95% 11.0%;21.0%) in FVG, 16,1%(IC95% 13.3%;19.3%) in Toscana, 16.9% (IC95%12.2%;23.0%) nelle Marche, 19.2% (IC95% 16,5%;22.2%)in Lazio e 27.7% (IC95% 22.4%;33.7%) in Calabria. Aggiustandoper le variabili biologiche perinatali (età gestazionale, z-score <strong>del</strong> peso, sesso, patologia malformativa, gemellarità e complicanze<strong>del</strong>la gravidanza) il maggiore rischio di morte di Lazioe Calabria rimane statisticamente significativo.La nazionalità <strong>del</strong>la madre non è stata inserita nel mo<strong>del</strong>lo perchénon significativa. La variabilità tra Regioni diminuisce leggermentese il mo<strong>del</strong>lo viene ulteriormente aggiustato per alcunevariabili significative relative all’organizzazione <strong>del</strong>le cure:livello <strong>del</strong> punto nascita e somministrazione di profilassi steroideaprenatale.Conclusioni. L’analisi ha evidenziato differenze regionali nellamortalità intraospedaliera dei neonati gravemente pretermineconferma sia quanto osservato sui dati di mortalità di tutta lapopolazione dei nati, sia quanto emerso in uno studio precedenteche utilizzava dati aggregati (Corchia e Orzalesi, 2007).203MODELLI ESPLICATIVI MULTILEVEL PER COMPRENDEREL’UTILIZZAZIONE DEI SERVIZI PSICHIATRICI COMMUNITY-BASED IN TRE CENTRI ITALIANIDonisi V, 1 Tedeschi F, 1 Confalonieri L, 2 De Rosa C, 3 Fiorillo A, 3 SalazzariD, 1 Percudani M, 2 Tansella M, 1 Amaddeo F 11 Dipartimento di sanità pubblica e medicina di comunità, Sezione di psichiatriae psicologia clinica, Università di Verona; 2 Dipartimento di salutementale, A.O. “G. Salvini”, Garbagnate Milanese; 3 Dipartimento dipsichiatria, Università di Napoli, SUNIntroduzione. Alcuni studi hanno evidenziato una maggioreconcentrazione di persone con disturbi mentali nelle aree socioeconomicamentepiù deprivate e l’accesso e l’utilizzazionedei servizi psichiatrici risultano influenzati da una complessavarietà di fattori a livello sia individuale sia ecologico.Obiettivi. L’obiettivo <strong>del</strong> presente studio è valutare diversimo<strong>del</strong>li esplicativi <strong>del</strong>l’utilizzazione dei servizi psichiatrici considerandole caratteristiche sociodemografiche e cliniche dei pazienti,le componenti socioeconomiche e territoriali <strong>del</strong>l’areadove i pazienti vivono e la distanza percorsa per accedere ai servizistessi.Metodi. Sono inclusi nello studio tutti i pazienti con diagnosipsichiatrica ICD-10 e almeno un contatto nell’anno 2009con uno dei servizi ospedalieri, di day-care, ambulatoriali e domiciliaripresenti in tre servizi psichiatrici italiani (Avellino,Bollate-Milano, Verona). Oltre a incidenza e prevalenza annualetrattata, sono stati calcolati indicatori di utilizzazione perl’assistenza psichiatrica sulla base dei contatti avuti dai pazientinei sei mesi successivi alla data <strong>del</strong> primo contatto.Le modalità di cura nei tre servizi psichiatrici sono state descritteutilizzando strumenti internazionali standardizzati perla valutazione dei servizi. Un indice di status socioeconomico(SES) composito è stato costruito a livello di sezioni di censimento(N=336 788) su base nazionale. La metodologia MARTè stata utilizzata per la selezione <strong>del</strong>le variabili, poi incluse inregressioni Multilevel, per tener conto <strong>del</strong>l’eterogeneità non osservataa livello ecologico, includendo effetti casuali a livello disezione di censimento e Comune.Risultati. Dai risultati emerge come la maggior parte <strong>del</strong>la varianzaspiegata dai mo<strong>del</strong>li è attribuibile al livello individuale.Differenze emergono nei tre centri in esame e a seconda <strong>del</strong>latipologia assistenziale considerata.Conclusioni. L’accessibilità ai servizi e la loro utilizzazione rimangonofenomeni complessi, l’utilizzo di mo<strong>del</strong>li a diversi livellidi analisi che considerino i determinanti sociali è utile peri pianificatori dei servizi per la salute mentale, perché rendepossibile l’elaborazione di proposte organizzative alternative infunzione anche <strong>del</strong>le caratteristiche <strong>del</strong> contesto.118 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione Poster Invitati9 novembreQualità <strong>del</strong>l’assistenza 2Moderatori:Nerina Agabiti, Carlo Zocchetti75IMPLEMENTAZIONE DI UN BUNDLE PER LA PREVENZIONEDELLA POLMONITE DA VENTILAZIONE ASSISTITA IN TERA-PIA INTENSIVA: UN CLUSTER RANDOMIZED PRAGMATICTRIALForni S, 1 Baratta S, 2 Batistini R, 2 Lumini E, 2 Francone C, 2 Ginori E, 2Mandola M, 2 Pieretti A, 2 Tucci V, 2 Rossella R, 2 Ro<strong>del</strong>la S 31 Osservatorio qualità ed equità, ARS Toscana, Firenze, 2 Gruppo infermieristicodi coordinamento ARS-IPASVI, 3 Agenzia sanitaria e socialeregionale, Regione Emilia RomagnaIntroduzione. Nonostante i progressi nella terapia antibioticae la diffusione <strong>del</strong>le strategie di prevenzione, la polmonite associataa ventilazione assistita (VAP, ventilator-associated pneumonia)resta a oggi una importante causa di morbilità, mortalità,prolungamento <strong>del</strong>la degenza e significativo incrementodei costi <strong>del</strong>l’assistenza in ospedale e in terapia intensiva (TI).Molte iniziative volte a ridurre l’incidenza <strong>del</strong>la VAP si basanoessenzialmente sulla promozione di bundle di interventi (ungruppo di poche e semplici procedure o comportamenti miratiper i quali esistano, o siano presunte, prove di efficaciaquando vengano applicati contemporaneamente piuttosto chesingolarmente) in un approccio a rete collaborativa.Obiettivi. L’obiettivo di questo studio consiste nel valutare l’efficaciadi un intervento di diffusione <strong>del</strong>le conoscenze e implementazioneattiva volto ad aumentare il tasso di adesione aun bundle regionale per la prevenzione <strong>del</strong>la VAP composto da5 pratiche: a) aspirazione continua sottoglottica <strong>del</strong>le secrezioni,b) utilizzo <strong>del</strong>la clorexidina per l’igiene orale, c) posizionetesta tronco tra 30° e 45°, se non controindicato, d) protocolliper la sedazione e accelerazione weaning, e) broncoaspirazionecon circuito chiuso.Metodi. Il disegno <strong>del</strong>lo studio corrisponde al “Pragmaticstepped wedge cluster randomized trial” (modificato), congruppo di controllo attivo ad adesione volontaria <strong>del</strong>le TI(cluster). Lo studio si definisce pragmatico perché intende valutaresul campo, in condizioni di vita reale, l’efficacia di un interventodi miglioramento.Il numero di TI che hanno volontariamente aderito allo studioè stato pari a 13. Per ragioni legate alla limitata disponibilitàdi risorse necessarie alla conduzione <strong>del</strong>l’intervento si èscelto di modificare il disegno <strong>del</strong>lo studio e di prevedere unaprima fase in cui sono state sottoposte all’intervento solo 6 TIscelte a caso. Inoltre l’intervento è stato introdotto in modo sequenzialenelle TI, nel corso di fasi temporali successive con ordinecausale. L’endpoint primario è dato dalla differenza nel livellodi adesione alle pratiche <strong>del</strong> bundle tra i periodi dirilevazione pre- e post- intervento, misurato tramite osservazionediretta <strong>del</strong>le pratiche da parte di personale esterno. Sonostati misurati anche le caratteristiche strutturali e organizzative<strong>del</strong>le TI, il clima organizzativo e di lavoro <strong>del</strong> personale infermieristico,le conoscenze pre e post intervento.Risultati. La partecipazione e l’interessamento <strong>del</strong> personale dei6 reparti coinvolti nello studio è stata elevata e circa 15 medicie 40 infermieri sono stati coinvolti in attività di formazione onsite. Nel complesso sono state osservate 195 occasioni di svolgimento<strong>del</strong> bundle (77 pre- e 118 post- intervento) e l’adesionea esse è accresciuta dopo l’intervento, anche se non in modosignificativo, per 3 <strong>del</strong>le 5 pratiche osservate, con valori attornoall’80% [pratiche c), d) ed e)], mentre è rimasta costante in uncaso [con valori superiori al 95% - pratica b)]. Per una sola pratica[e)] l’adesione è rimasta a livelli bassi, inferiori al 40%.Conclusioni. Questo progetto ha consentito lo sviluppo diuna rete di professionisti a livello regionale specificatamenteformati sul tema <strong>del</strong>la prevenzione <strong>del</strong>la VAP, la messa a puntodi strumenti e materiale (slide, poster, una guida) per la conduzionedi interventi analoghi.Inoltre lo studio ha messo in luce che un intervento di formazioneattiva può portare a un aumento nell’adesione alle praticheincluse nel bundle nel breve periodo. Inoltre ha messo inluce eventuali barriere organizzative o strutturali che pregiudicanol’implementazione di alcune pratiche.64ANALISI STANDARD E METODI PER IL RISCHIO COMPETI-TIVO PER LA STIMA DELL’INCIDENZA CUMULATIVA E DEIDETERMINANTI DEL TRAPIANTO RENALEFranco F, Di Napoli A, Salvatori MF, Di Lallo D, Guasticchi G per ilRegistro regionale dialisi e trapianto <strong>del</strong> LazioLaziosanità, Agenzia sanità pubblica, RomaIntroduzione. Il decesso di pazienti in dialisi cronica (DC) presentiin lista d’attesa per il trapianto renale costituisce un rilevanteproblema di sanità pubblica. E’ fondamentale valutare119 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTER INVITATIANALISI DEI PREDITTORI E DELLA VARIABILITÀ DELLAMORTALITÀ OSPEDALIERA PER GLI INTERVENTI CHIRURGICIDI RESEZIONE DEI CARCINOMI DEL’ESOFAGO E DELPANCREAS NELLA REGIONE PIEMONTEEvangelista A, 1 Ciccone G, 1 Agabiti N, 2 Galassi C 11 <strong>Epidemiologia</strong> dei tumori, AOU San Giovanni Battista, CPO Piemonte,Torino; 2 Dipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> Servizio sanitario regionale<strong>del</strong> Lazio, RomaIntroduzione. Nel corso degli ultimi anni sono stati ampiamenteimpiegati e validati indicatori di esito, in particolare <strong>del</strong>l’attivitàospedaliera, basati su fonti informative routinarierappresentate soprattutto dai flussi SDO (schede di dimissioneospedaliera). Di particolare rilevanza in questo ambito sono gliindicatori derivati dall’esperienza <strong>del</strong>l’agenzia americanaAHRQ (Agency for healthcare research and quality) e che appartengonoai pacchetti “inpatient quality indicators” (IQIs),che includono indicatori di mortalità ospedaliera per particolaricondizioni o procedure per cui la mortalità può variare traospedali ed è considerata un indicatore capace di riflettere laqualità <strong>del</strong>l’assistenza.Obiettivi. Valutare i predittori e la variabilità tra gli ospedalinella mortalità ospedaliera per gli interventi chirurgici di resezionedei carcinomi <strong>del</strong>l’esofago e <strong>del</strong> pancreas, utilizzandole misure di mortalità degli IQIs proposti dall’AHRQ.Metodi. Mediante l’archivio SDO regionale, tra l’1 gennaio2000 e il 31 dicembre 2008 sono state identificate rispettivamente789 e 783 resezioni per carcinoma <strong>del</strong>l’esofago e <strong>del</strong>pancreas, effettuate presso gli ospedali <strong>del</strong>la Regione Piemontesu soggetti di età uguale o maggiore di 18 anni e residenti nellaRegione Piemonte. I predittori <strong>del</strong>la mortalità ospedalierasono stati valutati mediante mo<strong>del</strong>li di regressione logistica aintercetta casuale, per tenere conto <strong>del</strong>la non indipendenza<strong>del</strong>le osservazioni dovute al raggruppamento di più pazienti all’interno<strong>del</strong>lo stesso ospedale; la proporzione di variabilità residuaattribuibile agli ospedali è stata valutata calcolando il coefficientedi correlazione intraclasse (ICC). Le variabili,predefinite, incluse nei mo<strong>del</strong>li sono state: età, sesso, periodo,livello di istruzione, tipo di ricovero (urgente vs. elettivo) e ilvolume di attività <strong>del</strong>l’ospedale. Tutti i mo<strong>del</strong>li sono stati aggiustatiper gli score APR-DRG (“all patient refined diagnosisrelatedgroup”).Risultati. Per le resezioni <strong>del</strong> carcinoma <strong>del</strong>l’esofago la mortalitàospedaliera globale è stata pari all’8.8%. L’età (per incree&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1l’incidenza <strong>del</strong>l’evento trapianto tenendo conto <strong>del</strong>la possibilitàdi decesso mentre si è ancora in lista d’attesa. In presenzadi eventi competitivi, come trapianto e decesso, il metodo diKaplan-Meier sovrastima il rischio <strong>del</strong>l’evento di interesse,poiché tratta l’evento competitivo come troncamento non informativo,assumendo l’indipendenza tra causa <strong>del</strong> troncamentoed evento. Tale assunzione non è corretta nel caso dieventi competitivi, in quanto il troncamento è informativo,poiché il verificarsi di un evento competitivo modifica la stima<strong>del</strong>la probabilità <strong>del</strong>l’evento di interesse. Se l’evento competitivoè un decesso, l’evento di interesse (nel nostro caso un trapianto)non può più verificarsi.Obiettivi. Stimare l’incidenza cumulativa e i fattori associati altrapianto renale tra persone in lista d’attesa, tenendo conto <strong>del</strong>decesso come evento competitivo, utilizzando sia metodi dianalisi standard sia metodi per il rischio competitivo.Metodi. Studio di coorte retrospettivo di 2 733 pazienti, conetà


SESSIONI POSTER INVITATIe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1mento di 5 anni, OR [odds ratio] 1.43, IC [Intervallo di confidenza]95% 1.19;1.71) e il sesso maschile (OR 3.15, IC95%1.15;8.62) sono risultati positivamente associati al rischio dimortalità ospedaliera. La mortalità è diminuita significativamentenegli anni più recenti (2006-2008 vs. 2000-2002, OR0.17, IC95% 0.07;0.40). Solo l’1% (ICC=0.011) <strong>del</strong>la variabilitàresidua <strong>del</strong>la mortalità è risultata attribuibile al livelloospedale.Per le resezioni <strong>del</strong> carcinoma <strong>del</strong> pancreas la mortalità ospedalieraglobale è stata pari all’8.6%. L’età (per incremento di5 anni, OR 1.36, IC95% 1.12;1.66) e il tipo di ricovero urgente(vs. elettivo, OR 2.37, IC95% 1.26;4.48) sono risultatipositivamente associati al rischio di mortalità ospedaliera. Unaquota di variabilità residua <strong>del</strong>la mortalità pari al 10%(ICC=0.099), è risultata attribuibile al livello ospedale. Unatendenza alla riduzione <strong>del</strong>la mortalità ospedaliera, più evidentenelle resezioni <strong>del</strong> pancreas, è stata osservata nelle strutture apiù alto volume di attività, sebbene non significativa dal puntodi vista statistico.Conclusioni. Questo lavoro conferma parzialmente alcuneevidenze sui predittori di mortalità associate a due procedurechirurgiche ad alto rischio. Il meccanismo sottostante la relazionetra sesso maschile e mortalità per le resezioni <strong>del</strong>l’esofagonon è stato completamente caratterizzato e richiede ulterioriindagini per essere chiarito. Per la mortalità ospedalieranelle resezioni <strong>del</strong> pancreas, lo studio ha evidenziato unaquota non trascurabile di variabilità non spiegata (10%) e riferibileagli ospedali. Questo risultato suggerisce la necessitàdi ulteriori approfondimenti sulle possibili cause con audit alivello ospedaliero.85CHIRURGIA PROTESICA ORTOPEDICA: ANALISI DELLAMOBILITÀ INTERREGIONALETorre M, 1 Manno V, 1 Romanini E, 2 Masciocchi M, 1 Tucci G 21 Ufficio di statistica, CNESPS, Istituto superiore di sanità, Roma; 2 Gruppodi lavoro Ortopedia basata sulle prove di efficacia, RomaIntroduzione. La protesi d’anca, introdotta negli anni Sessanta,e la protesi di ginocchio, introdotta negli anni Ottanta,hanno rivoluzionato il trattamento <strong>del</strong>l’artrosi con ottimi risultatia lungo termine. In quegli anni, questo tipo di interventiveniva effettuato da pochi centri di eccellenza situati esclusivamentenel Nord <strong>del</strong> Paese. Oggi, grazie al progresso <strong>del</strong>le tecnichechirurgiche e <strong>del</strong>lo sviluppo tecnologico, a sempre piùpazienti, anche sotto i 50 anni, viene indicato come trattamentola sostituzione protesica <strong>del</strong>l’articolazione in quanto garantisceil ripristino <strong>del</strong>la funzionalità articolare, la scomparsa<strong>del</strong> dolore e il recupero <strong>del</strong>l’autonomia con un netto miglioramento<strong>del</strong>la qualità di vita. Ogni anno si effettuano in Italiapiù di 150 000 interventi di protesi di anca e di ginocchiocon un aumento medio annuo <strong>del</strong> 3% per l’anca e <strong>del</strong> 14% peril ginocchio e un impatto sul SSN stimabile per il solo DRGchirurgico intorno all’1.5% <strong>del</strong> FSN.Obiettivi. Scopo di questo studio è la valutazione <strong>del</strong>la mobilitàinterregionale per la chirurgia protesica di anca e di ginocchio,per descrivere le direttrici principali <strong>del</strong> flusso migratorioe determinare se, e in quale misura, sia ancora diffusoil riferimento a strutture nazionali di (presunta) eccellenza.Metodi. Il database nazionale <strong>del</strong>le schede di dimissione ospedalieraè stato analizzato per i dati relativi all’anno 2009 per icodici relativi agli impianti primari di anca (81.51) e di ginocchio(81.54) e agli impianti di revisione <strong>del</strong>l’anca (81.53,00.70, 00.71, 00.72, 00.73; ginocchio 81.55, 00.80, 00.81,00.82, 00.83, 00.84). E’ stata effettuata una mappatura <strong>del</strong>lestrutture per classi di volume. Sono stati calcolati l’indice di attrazionee l’indice di fuga, e un indice sintetico dato dal lororapporto.Risultati. La mappatura <strong>del</strong>le strutture ha mostrato che vi è unaomogenea distribuzione <strong>del</strong>le stesse su tutto il territorio nazionale,con presenza nella quasi totalità <strong>del</strong>le Regioni di ospedalicon volumi di attività medio-alti (>100 interventi/anno).L’analisi <strong>del</strong>la mobilità interregionale ha mostrato che la Lombardiae l’Emilia-Romagna presentano una forte attrazione conindici di attrazione pari a 4 volte l’indice di fuga una netta tendenzadei pazienti a muoversi dal Sud verso il Nord.Conclusioni. Ancora oggi il fenomeno <strong>del</strong>la mobilità interregionaleper chirurgia protesica di anca e di ginocchio, seppureanacronistico, è consistente. Tuttavia, mentre il ricorso a Centridi eccellenza può essere giustificato per altre patologie o procedure,nel caso <strong>del</strong>la chirurgia protesica articolare si tratta dimobilità evitabile e dovuta probabilmente all’inadeguatezza<strong>del</strong>l’offerta, sfiducia o disinformazione dei pazienti. Dato ilpeso in termini sia economici sia organizzativi che tale mobilitàcomporta sia sui pazienti sia sui servizi sanitari, è indispensabilefavorire politiche volte a ottimizzare le risorse, potenziarele strutture centro-meridionali, fornire una correttainformazione ai pazienti e promuovere le strutture che già offronostandard qualitativi elevati. Inoltre, per migliorare la qualità<strong>del</strong>le cure erogate, vista l’elevata mobilità, risulta indispensabilepoter disporre di uno strumento, quale è il Registronazionale <strong>del</strong>le artroprotesi, che valuti la sopravvivenza <strong>del</strong> dispositivoin vivo e garantisca la tracciabilità <strong>del</strong> dispositivo impiantato.Figura 1. Mappatura <strong>del</strong>l’indice sintetico di mobilità: a) interventi di sostituzioneprotesica primaria <strong>del</strong>l’anca; b) interventi di sostituzione protesica primaria <strong>del</strong>ginocchio.121 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTER INVITATIe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 184COMPORTAMENTI A RISCHIO IN UNA COORTE DI UTENTIDEL CENTRO MALATTIE A TRASMISSIONE SESSUALE DIFIRENZESilvestri C, 1 Berti A, 1 Giomi B, 2 Campolmi E, 2 Zuccati G, 2 Cipriani F 11 Osservatorio di epidemiologia, Agenzia regionale di sanità toscana;2 Centro malattie trasmesse sessualmente,Azienda unità sanitaria locale10 di FirenzeIntroduzione. Nonostante i numerosi interventi preventivi e ditrattamento, le infezioni sessualmente trasmesse (IST) rimangonoun importante problema di sanità pubblica coinvolgendoun numero sempre più elevato di persone, tanto che le recentistime europee le classificano come le seconde forme infettivedopo quelle respiratorie. Anche l’Italia, pur essendo consideratadall’OMS ancora una nazione a bassa endemia, sta subendoprofonde trasformazioni che però risultano valutabili solo attraversola costruzione di indagini ad hoc a causa <strong>del</strong> ritardo alquale abbiamo assistito nell’informatizzazione dei dati.Obiettivi. Aumentare le conoscenze circa la diffusione <strong>del</strong>le ISTsul territorio <strong>del</strong>l’area metropolitana fiorentina attraverso lapredisposizione di un’indagine epidemiologica sulle principaliabitudini sessuali svolta presso l’Unità operativa complessa“Centro malattie a trasmissione sessuale - MTS” <strong>del</strong>l’AziendaUSL 10 di Firenze.Metodi. Lo studio ha avuto inizio nel febbraio 2010 e consistenella raccolta di informazioni di natura sociodemografica, clinica,sessuale e psicologica attraverso la compilazione, da partedegli utenti che afferiscono al centro MTS, di un questionarioanonimo appositamente predisposto. Al fine di garantire ilcompleto rispetto <strong>del</strong>la privacy, ogni persona che accede al serviziopuò ritirare autonomamente il questionario e riporlo,una volta compilato, nell’apposito contenitore posizionato nellasala di aspetto. Allo scopo di rendere possibile la compilazioneanche da parte di cittadini stranieri, abbiamo provveduto a tradurreil questionario in lingua inglese e spagnola.Per valutare l’associazione tra ciascuna variabile e le caratteristichesociodemografiche è stato utilizzato il test chi-quadratocon un valore di α=0.05.Risultati. Il campione è costituito da 447 persone prevalentementedi nazionalità italiana (85%). La loro descrizione sociodemograficapuò essere racchiusa nelle seguenti caratteristiche:prevalentemente maschio (68.5%), di età inferiore ai 40anni (65%), con titolo di studio elevato (85.7% è in possessoalmeno <strong>del</strong> diploma di scuola superiore), occupato (57.2%),celibe/nubile (68.4%) e senza figli (78.3%).La precocità sessuale, indicata da alcuni autori come precursoredi comportamenti a rischio, non costituisce un fattore distintivocoinvolgendo soltanto il 12% dei rispondenti che utilizzanometodi preventivi con modalità sovrapponibili rispetto agli altri.Complessivamente, l’utilizzo costante <strong>del</strong> profilattico apparemolto basso (30% ne fa uso sempre o spesso) in entrambi i generi(p=0.070), mentre si conferma il peso che l’inclinazione sessualericopre nell’utilizzo regolare con valori significativamentepiù elevati nei maschi omosessuali (p


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione Poster Invitati9 novembreTumori 2Moderatori:Guido Miccinesi, Stefano Rosso234UTILIZZO DI UN QUESTIONARIO PER VALUTARE LEMODALITÀ DI RILEVAZIONE E CODIFICA DEI CASI DIMESOTELIOMA DEI REGISTRI TUMORI DI POPOLAZIONE(RT) ITALIANI E QUELLE DEI CENTRI OPERATIVI REGIONALI(COR) DEI MESOTELIOMINicita C, 1 Chellini E, 2 Buzzoni C, 3 Caldarella A, 2 Giovannetti L, 2Intrieri T, 2 Martini A, 2 Mensi C, 4 Tisano F, 5 AIRTUM WG 6 &ReNaM WG 71 Registro tumori Ragusa, ASP 7 Ragusa; 2 ISPO Firenze; 3 Banca datiAIRTUM c/o ISPO Firenze; 4 Registro mesoteliomi Lombardia, FondazioneIRCCS Policlinico Milano; 5 Registro tumori ASP di Siracusa; 6 AIR-TUM working group (Autelitano M, Bisanti L, Can<strong>del</strong>a G, Cirilli C, ContrinoML, F, Crocetti E, Donato F, Falcini F, Ferretti S, Fusco M, GiacominA, La Rosa F, Limina RM, Mangone L, Michiara AM, Pannozzo F, Ricci P,Serraino D,Tessandori R,Tumino R, Vercelli M, Zanetti R); 7ReNaM workinggroup (Cavone D, De Zotti R, Forastiere F, Gennaro V, La Rosa F, MarinaccioA, Menegozzo S, Merletti F, Mirabelli D, Musti M, Riboldi L, RomanelliA, Tumino R)Introduzione. Nel 2009, in occasione <strong>del</strong>la XIII riunione annualeAIRTUM (<strong>Associazione</strong> italiana registri tumori) è statopresentato uno studio il cui scopo era confrontare i casi di mesoteliomapleurico fra alcuni registri mesoteliomi (COR) (Sicilia,Toscana e Lombardia) e i registri tumori (RT) di popolazionedi Ragusa, Trapani Firenze/Prato, Varese e Milano città.In considerazione degli interessanti risultati, AIRTUM e Re-NaM (Registro nazionale mesoteliomi) hanno creato ungruppo di lavoro con il compito di estendere lo studio sututto il territorio nazionale.Obiettivi. Evidenziare eventuali differenze di rilevazione e codificadei casi tra COR e RT generali.Metodi. E’ stato predisposto e inviato a ciascun responsabile diRT o COR uno specifico questionario indagante i seguentipunti: fonti informative, modalità di classificazione morfologicae topografica, modalità di individuazione <strong>del</strong>la data di incidenza,validità <strong>del</strong>la diagnosi di mesotelioma (DCO, DCI,diagnostica morfologica, diagnostica per immagini).Risultati. Il 71.2% (13/18) dei COR ha risposto al questionario.I RT rispondenti sono stati 23/26, pari all’88.5%. L’analisiriguardante le fonti informative ha evidenziato che la rilevazioneattiva dei casi presso le anatomie patologiche èeffettuata in maniera sistematica da tutti i RT (fatta eccezioneper il RT toscano) e da 11 dei 13 COR. Percentuali alte si riferisconoanche all’utilizzo <strong>del</strong>le SDO (91.3% per il RT e92.3% per i COR) e <strong>del</strong> RENCAM (Registro nominativocause di morte) (65.2% per i RT e 77% per i COR).Sul sistema di codifica utilizzato per la morfologia, la data diincidenza e la topografia, i COR e i RT hanno mostrato sistemidi codifica non uniformi (tabella 1).Tabella 1Il trace back viene effettuato da tutti i RT e da 12 COR su 13.L’informazione sui casi DCI viene annotata dal 61.5% (8/13)dei COR e dal 74% dei RT (17/23); 12/13 COR registranol’informazione se è stata effettuata IHC (immunoistochimica),mentre per il RT questo dato è identificabile solo nel 17% deiregistri (4/23); tra i RT che registrano l’IHC solo 5 archivianol’informazione relativa al marker IHC utilizzato. La registrazione<strong>del</strong>la diagnostica per immagini viene annotata dal 77%dei COR (10/13) e solo dal 43% dei RT (10/23).Conclusioni. L’utilizzo <strong>del</strong> questionario ha permesso di fotografarele procedure adottate dai COR e dai RT. In generalesi osserva una prassi sovrapponibile nell’utilizzo <strong>del</strong>le fonti attivedi rilevazione. Si evidenziano invece differenze nell’utilizzodei sistemi di codifica sui quali è in corso una riflessione congiuntaRENAM-AIRTUM per giungere a un loro auspicabileallineamento.229A META-ANALYSIS OF THE RELATIONSHIP BETWEEN AGE ATPUBERTY AND TESTICULAR CANCERMaule M, 1 Lobo Malavassi JA, 1,2 Richiardi L 11 <strong>Epidemiologia</strong> dei tumori, CERMS, Università degli studi di Torino e123 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTER INVITATIDEPRIVAZIONE SOCIALE E SOPRAVVIVENZA PER TUMOREA MILANORandi G, Cuccaro F, Autelitano M, Chiaffarino F, Iodice S, Ghilardi S,Leone R, Filipazzi L, Bonini A, Giubelli C, Bisanti LRegistro tumori di Milano, ASL di Milano, SC di epidemiologia, MilanoIntroduzione. La sopravvivenza per tumore è un importante indicatoresanitario associato a molteplici determinanti <strong>del</strong> pere&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1A.O.U. San Giovanni Battista di Torino, Italia; 2 Universidad autonoma deCentro America, San José, Costa RicaIntroduction. Testicular cancer is one of the most rapidly increasingtumour types but its aetiology is still largely unexplained.Cryptorchidism and familial testicular cancer, themost established risk factors, may explain less than 10% of allcases. Among investigated postnatal factors, early puberty wassuggested as a potential risk factor but the topic has beenpoorly investigated.Objectives. To analyse the effect of age at puberty and testicularcancer risk, attempting at enhancing the homogeneity inthe definition of the exposure among studies to obtain validpooled estimates.Methods. We undertook a meta-analysis of the association betweenage at puberty and testicular cancer risk. Search strategieswere conducted in PubMed on December 2010. All markers ofpuberty onset (age at voice change, age when started shaving, andreported age at onset) were considered. We re-categorized age atpuberty from all the studies into a common three-level variable:younger age than peers, same age as peers, older age then peers.Results. A total of 348 references were retrieved, of which 11met the inclusion criteria. Later puberty appeared to be protective.In particular late vs. same age at start shaving an ORof 0.84 (95%CI 0.75;0.95) based on 5 studies; late vs. sameage at voice change an OR of 0.87 (95%CI 0.75;1.01) basedon 5 studies; and later age than peers at reported onset of pubertygave an OR of 0.79 (95%CI 0.71;0.88) based on 9 studies.Early puberty showed no protective effect.Conclusion. This meta-analysis has found evidence for a protectiveeffect of later puberty for testicular cancer risk.217STIMA DEI PAZIENTI GUARITI TRA LE PERSONE CHEVIVONO CON TUMORE IN ITALIADal Maso L, 1 Guzzinati S, 2 Lise M, 1 Buzzoni C, 3 Capocaccia R, 4 CrocettiE, 5 De Angelis R 4 e AIRTUM WG 61 SOC epidemiologia e biostatistica, CRO IRCCS Aviano e Registro tumoriFriuli-Venezia Giulia; 2 Registro tumori <strong>del</strong> Veneto IOV, IRCCS, Padova;3 Banca dati AIRTUM c/o ISPO Firenze; 4 Centro nazionale di epidemiologia,sorveglianza e promozione <strong>del</strong>la salute (CNESPS), ISS, Roma;5 Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica (ISPO), Firenze; 6 BisantiL, Budroni M, Can<strong>del</strong>a G, Cocchioni M, Contrino ML, Crosignani P,De Paoli A, Donato A, Donato F, Falcini F, Federico M, Ferretti S, FuscoM, Gennaro V, Giacomin A, La Rosa F, Madeddu A, Mangone L, MazzoleniG, Michiara M, Paci E, Pannozzo F, Pascucci C, Patriarca S, Piffer S, PisaniP, Ponz de Leon M, Ricci P, Serraino D, Sutera Sardo A, TessandoriR, Traina A, Usala M, Vercelli M, Vitarelli S, Zambon P.Introduzione. Una recente monografia AIRTUM(http://www.registri-tumori.it/cms/?q=Rapp2010) sulla prevalenzadei tumori in Italia ha mostrato che un numero importantedi pazienti è vivo molti anni dopo la diagnosi neoplastica.Questo risultato ha stimolato la necessità di definiree quantificare il concetto di cura (e guarigione) dopo il tumore,a livello sia di popolazione (nessun eccesso di mortalità rispettoalla popolazione di pari età e sesso) sia individuale (Quanti annidevono passare perché mi possa considerare guarito?).Obiettivi. Lo studio si propone di stimare tre parametri utili adefinire il concetto di “paziente guarito” dopo una diagnosi ditumore:■ gli anni dalla diagnosi necessari per la definizione di guarigione:questo parametro verrà calcolato assumendo che i pazientisiano ”guariti” quando la loro sopravvivenza relativa condizionataa 5 anni, calcolata per ogni successivo anno dalladiagnosi, supera il 95%;■ il numero (e la percentuale sul totale) di pazienti prevalentidefiniti “già guariti”: questa stima si effettuerà contando i pazientivivi dopo la soglia temporale stimata al punto precedente;■ il numero (e la proporzione) dei casi totali “che guariranno”tra tutti i pazienti che vivono con tumore.Metodi. La recente monografia AIRTUM (http://www.registri-tumori.it/cms/?q=Rapp2010) descrive in dettaglio imateriali e metodi utilizzati nel presente lavoro per il calcolo<strong>del</strong>la prevalenza (con la sola eccezione <strong>del</strong> RT di Ragusa, chenon ha aderito allo studio).I mo<strong>del</strong>li misti con ipotesi di guarigione, applicati ai dati di sopravvivenzarelativa e utilizzati per stimare la prevalenza completanella monografia, forniscono la base per stimare sia la proporzionedi casi prevalenti guariti in funzione <strong>del</strong>la distanza dalladiagnosi, sia il tempo stimato necessario alla guarigione. Lestime saranno effettuate per sede tumorale, classi di età e sesso.Risultati. Le analisi preliminari, condotte per il tumore <strong>del</strong> colon-retto,hanno mostrato che questi pazienti possono ritenersi“guariti” dopo circa 7-8 anni dalla diagnosi (parametro 1). Circail 25% dei pazienti sotto i 64 anni di età può essere considerato“già guarito” (parametro 2). Le stesse proporzioni sono il 34%per i pazienti di età 65-74 e 56% per i più anziani, che spessohanno avuto il tumore diversi anni prima. La proporzione di “pazientiche guariranno” (parametro 3) è stimabile intorno all’80-83% dei pazienti con colon-retto in tutte le classi di età.Conclusioni. I risultati preliminari <strong>del</strong>lo studio confermano lapossibilità di distinguere i pazienti con una patologia diagnosticatada meno di 5 anni dai lungo-sopravviventi (con malattiada oltre 5 anni) e da quelli, infine, ragionevolmente guariti.Lo studio fornisce informazioni utili per l’organizzazione futura<strong>del</strong> follow-up dei pazienti oncologici che segue un’esperienzatradizionale, probabilmente oggi superata date le crescentiprobabilità di sopravvivenza a lungo termine e diguarigione vera e propria.27124 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTER INVITATIe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1corso diagnostico-terapeutico, che a loro volta possono esserein parte dipendenti dallo stato socioeconomico dei pazienti.Obiettivi. Si vuole verificare se la sopravvivenza per tumorepossa essere spiegata dai fattori riassunti dall’indice di deprivazionesocioeconomica <strong>del</strong>la microarea geografica (sezione dicensimento) dove risiede ogni singolo paziente oncologicoconsiderato.Metodi. Si è stimata la sopravvivenza relativa a 5 anni per tumore(tutte le sedi) dei pazienti inclusi nel Registro dei tumori di Milanotra gli anni 1999 e 2006. Si è verificata per ciascun pazientela residenza al momento <strong>del</strong>l’incidenza e si sono classificati i pazientiin cinque categorie di deprivazione socioeconomica, sullabase dei dati raccolti nel censimento <strong>del</strong> 2001. La sopravvivenzarelativa è stata calcolata utilizzando il metodo Ederer II.Risultati. A Milano, negli anni 1999-2006 la sopravvivenza relativaa 5 anni dalla diagnosi di tumore, per uomini e donneinsieme, è pari a 57.7%, ma varia da 61.7% per i soggetti residentinelle aree classificate come meno deprivate, fino a51.2% per i soggetti residenti nelle aree più deprivate (p-value<strong>del</strong> trend=0.003). In particolare, si osserva un trend significativo<strong>del</strong>la sopravvivenza per i tumori <strong>del</strong>la mammella (la sopravvivenzavaria da 89.8% a 86.3%, p-value=0.033), <strong>del</strong> colon-retto(da 61.7% a 54.1%, p-value=0.001), <strong>del</strong> melanoma(da 87.1% a 80.7%, p-value=0.032), <strong>del</strong>l’utero (da 78.2% a66.7%, p-value = 0.046) e, fra le donne, per il tumore <strong>del</strong> polmone(da 18% a 14.4%, p-value=0.003). Altre sedi tumoralinon riportano invece una variazione significativa <strong>del</strong>la sopravvivenzaper categorie di indice di deprivazione.Per nessuna sede tumorale è stata osservata una relazione inversatra stato socioeconomico e sopravvivenza.Conclusioni. I fattori socioeconomici riassunti dall’indice di deprivazione,quali i livelli di istruzione e di disoccupazione, la proprietà<strong>del</strong>l’abitazione, la composizione <strong>del</strong> nucleo familiare e ladensità abitativa, possono influire in modo indiretto sulla sopravvivenzaper tumore dei soggetti. Questi fattori possono infattiportare a differenze nell’accesso alla diagnosi precoce sia attraversoi programmi di screening organizzato sia attraversovisite specialistiche ed esami laboratoristici e strumentali. Le differenzesocioeconomiche possono inoltre influire sul percorso assistenzialee terapeutico successivo alla diagnosi, soprattutto intermini di difficoltà d’accesso in regime di solvenza con possibilitàdi anticipazione <strong>del</strong>la terapia. Le differenze di sopravvivenzatra le due categorie estreme <strong>del</strong>l’indice di deprivazione si osservanosoprattutto per le sedi in cui l’anticipazione diagnostica determinaun’effettiva diminuzione <strong>del</strong>la mortalità specifica.232ESPOSIZIONE A RADIAZIONE SOLARE ULTRAVIOLETTA NEILAVORATORI OUTDOOR: PIANO MIRATO DELLA REGIONETOSCANAMiligi L, 1 Benvenuti A, 1 Legittimo P, 1 Badiali AM, 1 Cacciarini V, 1Chiarugi A, 1 Crocetti E, 1 Alberghini Maltoni S, 1 Pinto I, 2 Zipoli G, 3Grifoni D, 3 Pimpinelli N, 4 Cherubini Di Simplicio F, 5 Poggiali S, 6 SartorelliP, 5 Sirna R, 6 Amati R, 7 Carnevale F, 7 Centi L, 7 Festa G, 7 FiumalbiC, 7 Fedi A, 7 Giglioli S, 7 Mancini R, 7 Panzone T, 7 Petrioli G, 7Trombetti A, 7 Volpi D 81 UO di epidemiologia ambientale e occupazionale, Istituto per lo studioe la prevenzione oncologica, ISPO; 2 Laboratorio di sanità pubblica ASL 7Siena; 3 IBIMET CNR LAMMA; 4 Università di Firenze; 5 Università di Siena;6 Azienda ospedaliera USL 9 Grosseto; 7 UF PISLL USL 1 Massa e Carrara,USL 3 Pistoia, USL 7 Siena, USL 9 Grosseto,ASF Firenze; 8 Regione ToscanaIntroduzione. L’incidenza dei tumori <strong>del</strong>la pelle è in aumentoa livello mondiale. I tumori <strong>del</strong>la pelle non melanoma (NMSC,carcinoma squamocellulare e carcinoma basocellulare) sono itumori più comuni nell’uomo. Studi condotti in varie parti <strong>del</strong>mondo hanno osservato un’associazione tra tumori <strong>del</strong>la pellee lavoro all’aperto.Obiettivi. In Regione Toscana è stato messo in atto un “Pianomirato regionale sul rischio da radiazione UV solare nei lavoratorioutdoor” i cui obiettivi sono stati: studiare i comportamentidei lavoratori outdoor rispetto al rischio UV solare; misurarel’esposizione nei comparti in studio; valutare lafrequenza di foto-invecchiamento precoce, precancerosi, tumoricutanei nei lavoratori outdoor; raccogliere i casi di tumoriNMSC e ricostruire la loro esposizione a radiazione solare conparticolare riguardo all’attività lavorativa.Metodi. Lo studio dei comportamenti dei soggetti è stato rilevatotramite l’uso di un questionario strutturato somministratoai lavoratori nei comparti di interesse. La valutazione difrequenza di foto-invecchiamento precoce, precancerosi e tumoricutanei, in lavoratori outdoor è stata eseguita da dermatologiattraverso visite agli addetti.Dal Registro tumori toscano sono stati raccolti i casi incidentinel 2004 di NMSC (per le province di Firenze, Prato e Siena).A tutti i soggetti di età compresa tra i 20 e i 69 anni (733 soggetti)è stato inviato un questionario volto a raccogliere informazionisui fattori di rischio per i NMSC con particolare riguardoall’esposizione a radiazione UV solare e artificiale permotivi lavorativi e ricreativi.I metodi statistici utilizzati sono stati analisi di tipo descrittivosulle variabili raccolte.Risultati. Studio sui comportamenti: 292 lavoratori <strong>del</strong>l’edilizia,agricoltura, settore cave hanno compilato il questionariosull’uso di indumenti durante il mattino e il pomeriggio lavorativoall’aperto. E’ emerso che la mattina il 9.6% dei lavoratorie 14.1% nel pomeriggio lavorano a torso nudo, il 16.9%e il 15.3% indossano la canottiera rispettivamente durantel’orario <strong>del</strong>la mattina e <strong>del</strong> pomeriggio; il 35.5% dei lavoratorioutdoor la mattina e il 46.5% nel pomeriggio indossanopantaloni corti, il 59.3% dichiara di portare il cappello lamattina e il 55.4% al pomeriggio, il 30.5% dichiara di indossaregli occhiali durante la mattina e il 34.7% al pomeriggio.Visite dermatologiche: 543 soggetti che lavorano all’aperto(agricoltura, edilizia, cave, pesca) sono stati sottoposti a visitadermatologica, il 37.7% presenta un fototipo di tipo I o II.Sono stati rilevati 7 sospetti carcinomi a cellule basali, 35 casidi cheratosi attiniche, 2 casi di melanoma.Studio di NMSC dal Registro tumori: 498 soggetti (68%)hanno risposto al questionario. 135 soggetti (27%) dichiarano125 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTER INVITATIe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1di aver lavorato all’aperto. Il 29% degli uomini ha lavorato perpiù di 30 anni contro il 12% <strong>del</strong>le donne. Dei soggetti chehanno lavorato all’aperto il 41.5% ha la pelle chiara. I settoripiù rappresentati sono quelli <strong>del</strong>l’agricoltura e <strong>del</strong>l’edilizia,ma anche i trasporti e il settore sportivo. Il 46% dei soggettidichiara di avere avuto scottature. Una percentuale <strong>del</strong> 38% dichiaradi fare attività ricreativa all’aperto e un 15% di aver fattouso di lampade abbronzanti.Conclusioni. Il “Piano mirato sul rischio da radiazione UV solarenei lavoratori outdoor” è stato pensato come una ricerca/intervento.Dai dati raccolti emerge che una parte deisoggetti ha comportamenti non corretti durante il lavoro all’aperto,non proteggendosi adeguatamente dalla radiazioneUV solare, e pertanto si rendono necessarie iniziative di prevenzione.Sono state inoltre riscontrate patologie tumorali cutaneefra i lavoratori outdoor. Lo studio di casistica confermala complessità di studiare l’esposizione a radiazione UV e la necessitàdi valutare, oltre ad aspetti legati al lavoro, anche l’esposizionea UV derivante dall’attività ricreativa e dall’uso di dispositiviabbronzanti.126 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione Poster Invitati9 novembreStili di vita e prevenzioneModeratori:Antonella Bena, Sonia Brescianini94HEALTH TECHNOLOGY ASSESSMENT (HTA) DEI METODIPER AUMENTARE LA PARTECIPAZIONE AI PROGRAMMI DISCREENING ONCOLOGICI: REVISIONE SISTEMATICADELL’EFFICACIA DEGLI INTERVENTIGiorgi Rossi P, Camilloni L, Ferroni E, Jimenez B, Furnari G, Borgia P,Guasticchi GLaziosanità, Agenzia di sanità pubblica <strong>del</strong>la Regione LazioIntroduzione. Il Ministero <strong>del</strong>la salute ha finanziato un progettodi HTA degli interventi per aumentare la partecipazione ai programmidi screening oncologici.Obiettivo. Valutare l’efficacia degli interventi per aumentare lapartecipazione agli screening mammografico (M), <strong>del</strong>la cervice(C) e <strong>del</strong> colon-retto (CR).Metodi. E’ stata aggiornata la revisione sistematica condotta daJepson (2000). Gli studi individuati sono stati utilizzati perl’analisi quantitativa <strong>del</strong>l’efficacia e <strong>del</strong> costo-efficacia. In unaprima fase si è confrontato lo screening spontaneo con mo<strong>del</strong>lidi screening organizzato. Una seconda serie di confronti è statapoi condotta per valutare efficacia degli interventi all’interno deiprogrammi organizzati basati sulla lettera d’invito.Risultati. Sono stati identificati 5 900 articoli, di cui 900 rilevanti.Fra questi 40 contenevano dati quantitativi di efficacia e sono statiutilizzati per la metanalisi insieme ad altri 70 studi <strong>del</strong>la revisionedi Jepson. L’invio sistematico <strong>del</strong>la lettera confrontato con nessunintervento ha mostrato un aumento significativo <strong>del</strong>la partecipazione(RRM=1.60, IC95% 1.33;1.92 - RRC=1.52, IC95%1.28;1.82 - RRCR=1.15, IC95% 1.12;1.19). Gli interventi di reminderai MMG, sebbene più eterogenei, mostrano un effetto significativonello screening mammografico (RR=1.74, IC95%1.25;2.43) e <strong>del</strong> colon retto (RR=1.04, IC95% 1.01;1.08), mentrel’effetto non è significativo per lo screening <strong>del</strong>la cervice(RR=1.16, IC95% 0.76;1.78).Confrontando le due forme di contatto <strong>del</strong>la popolazione, via letterae via MMG con coordinamento centrale, non emerge alcunadifferenza significativa (RRM=0.99, IC95% 0.94;1.05 -RRC=1.08, IC95% 0.99;1.17). Sono stati individuati 4 studi dicosto-efficacia nello screening mammografico: i due studi condottiin Europa hanno trovato costi incrementali per donnascreenata circa doppi nel mo<strong>del</strong>lo con reminder al MMG, mentregli studi condotti in Paesi senza screening organizzato hannotrovato un vantaggio economico per il mo<strong>del</strong>lo basato sul MMG.Per la seconda serie di confronti, gli interventi che hanno mostratoun aumento significativo <strong>del</strong>la partecipazione allo screening sonostati: l’invio di un sollecito postale (RR M =1.37, IC95% 1.25;1.51- RR C =2.46, IC95% 2.15;2.81; RR CR =1.33, IC95% 1.17;1.51)o telefonico (RR M =1.58, IC95% 1.20;2.07 - RR C =2.52, IC95%1.44;4.41 - RR CR =1.35 IC95% 0.96;1.98); la presenza <strong>del</strong>lafirma <strong>del</strong> MMG sulla lettera d’invito (RR M =1.13, IC95%1.11;1.16 - RR C =1.20, IC95% 1.10;1.30 - RR CR =1.19, IC95%1.06;1.34); interventi educativi individuali (RR M =1.24, IC95%1.01;1.52 - RR C =1.23, IC95% 1.04;1.45 - RR CR =1.28, IC95%1.00;1.64); l’offerta <strong>del</strong> FOBT rispetto alla colonscopia (RR=1.38,IC95% 1.14;1.68) o rispetto al FOBT + sigmoidoscopia(RR=1.3,3 IC95% 1.13;1.58); l’invito aperto rispetto all’invitocon appuntamento prefissato (RR M =1.26, IC95% 1.20;1.33 -RR C =1.20, IC95% 1.16;1.25 - RR CR =1.42, IC95% 1.36;1.48);il reminder al MMG per le non rispondenti (RR M =1.08, IC95%1.03;1.14 - RR C =1.14, IC95% 1.03;1.26); il self sampler perl’HPV (RR=1.54, IC95%:1,28-1,85). Avvicinare il provider e ridurrele barriere logistiche è risultato un intervento efficace nelloscreening <strong>del</strong> colon-retto. Vi sono alcune evidenze di efficacia degliinterventi educativi di comunità e dei solleciti face to face, anchese i risultati sono eterogenei. L’invio di materiale informativoin aggiunta alla lettera non si è dimostrato efficace.Conclusioni. L’invio sistematico di lettere e gli interventi basatisul richiamo <strong>del</strong> MMG hanno mostrato una forte efficacia,sebbene i secondi con maggiore eterogeneità. Il confronto frai due interventi non ha evidenziato differenze significative diefficacia, ma le lettere si sono dimostrate molto più costo-efficacinel contesto europeo. Alcuni specifici interventi si sonomostrati efficaci nell’aumentare la partecipazione ai programmidi screening organizzati, ma variabili di contesto possono influenzarnel’efficacia e l’applicabilità.88PROSPETTIVE DEL SISTEMA DI SORVEGLIANZA NAZIONALEDELLA POPOLAZIONE ULTRA64ENNE “PASSI D’ARGENTO”Ferrelli RM, Gaetano S, Antoniotti MC, Baldi A, Biscaglia L, Carrozzi G,Chiti L, Contoli B, Cristofori M, De Luca A, Di Fiandra T, Dittami A, PossentiV, Scardetta V, Vichi M, Perra AGruppo tecnico operativo “Passi d’argento”, CNESPS, ISS, Roma127 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTER INVITATIe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Introduzione. Le proiezioni Istat indicano che nel 2051 lapercentuale di ultra64enni sarà superiore al 30% <strong>del</strong>la popolazioneitaliana. Se da un lato l’invecchiamento <strong>del</strong>la popolazionecostituisce un’importante conquista legata al miglioramento<strong>del</strong>le condizioni sociali e al progresso tecnologico,dall’altro comporta un aumento <strong>del</strong>le patologie cronico-degenerativeche incidono sulla qualità di vita <strong>del</strong>le persone e determinanoun aumento dei costi di assistenza. Di fronte a talescenario, l’OMS ha <strong>del</strong>ineato una cornice strategica (“Activeageing”) che vede nella partecipazione alla vita sociale, nella salutee nella tutela <strong>del</strong>le condizioni di sicurezza sociale ed economicai tre pilastri per un invecchiamento attivo, esente perquanto possibile da patologie cronico-degenerative e disabilità.Obiettivi. Il sistema di sorveglianza Passi d’argento (PDA), promossodal CCM <strong>del</strong> Ministero <strong>del</strong>la salute e dalle Regioni conil supporto tecnico-scientifico <strong>del</strong> CNESPS (ISS), è stato disegnatocon la finalità di mettere a disposizione dei decisori informazioniutili per le scelte di politiche sociosanitarie volte amigliorare la qualità di vita <strong>del</strong>la popolazione ultra64enne. Leinformazioni raccolte da PDA sono strutturate sui tre pilastridi “Active ageing” e articolano la descrizione <strong>del</strong>la popolazioneultra64enne in 4 sottogruppi (in buona salute, a rischio di malattia,a rischio di disabilità, con disabilità), cui corrispondonotarget di interventi specifici di promozione <strong>del</strong>la salute, prevenzionee assistenza sociosanitaria.Metodi. La sperimentazione PDA è stata condotta con due indaginitrasversali in 16 Regioni, su un campione random stratificatoper sesso ed età, statisticamente rappresentativo dipersone con età >64 anni non istituzionalizzate, estratto dallalista <strong>del</strong>l’anagrafe sanitaria dei residenti nelle ASL di ciascunaRegione. Il questionario standardizzato e validato è stato somministratocon intervista telefonica o faccia a faccia da operatoridei servizi <strong>del</strong>l’area sociale e sanitaria, specificamente formatialla raccolta dati.Un gruppo tecnico operativo composto da tecnici <strong>del</strong>CNESPS e di diverse Regioni, operanti nel campo sanitarioe sociale, ha costituito una comunità di pratica (CoP) con riunioniperiodiche, in presenza o a distanza su piattaforma web(Moodle), con la finalità di assicurare evidenza scientifica e digarantire gli aspetti scientifici, tecnici e organizzativi <strong>del</strong> sistemadi sorveglianza.Risultati. PDA ha raccolto 8 900 interviste tra il 2009 e il 2010(risultati presentati in altra sede) e ha formato 687 operatori.La valutazione effettuata dalla CoP ha evidenziato l’importanzae le criticità <strong>del</strong>l’integrazione operativa tra settore sociale e sanitario,la notevole adesione <strong>del</strong>le Regioni (80%), i dati importantie di immediato utilizzo forniti da PDA, la limitatezzadei costi, il nuovo profilo di salute <strong>del</strong>la popolazione ultra64enne,la creazione di una rete che permetta interventi integrati,la verifica <strong>del</strong>la risposta <strong>del</strong> sistema sociosanitario al bisognoespresso. Le criticità identificate si riferiscono ad aspettitecnici (qualità dei dati raccolti), organizzativi (discontinuitànella collaborazione sociosanitaria), comunicativi (alleanzacon i media) e istituzionali (necessità di una forte leadership regionaleper la stabilità <strong>del</strong> sistema di sorveglianza).Conclusioni. Informazioni sistematiche e di qualità sui bisogni<strong>del</strong>la popolazione ultra64enne e sulle relative risposte <strong>del</strong> sistemasociosanitario sono essenziali per valutare l’efficacia<strong>del</strong>le azioni intraprese e razionalizzare le risorse disponibili, inbase a criteri di evidenza scientifica e uso efficiente <strong>del</strong>le risorse.Inoltre, l’utilizzo di strumenti e metodologie di lavoro standardizzateconsente il confronto dei risultati ottenuti su tuttoil territorio nazionale, evidenziando eventuali disuguaglianzesanitarie e sociali all’interno di questa fascia di popolazione eponendo le basi per contrastarne l’ampliamento.102TREND DI INCIDENZA DELLA TUBERCOLOSI NEI PAESI ARECENTE IMMIGRAZIONE: IL CASO DELL’ITALIABaussano I, 1,2 Lazzarato F, 3 Bugiani M, 4 White P, 1,5 Garnett G 11 Imperial College, London, UK; 2 UPO/CPO Piemonte, Novara, Italy; 3 Universityof Turin /CPO Piemonte, Turin, Italy; 4 CPA - ASL 4, Regional referencecentre for tuberculosis prevention,Turin, Italy; 5 Mo<strong>del</strong>ling and economicsunit, Centre for Infections, Health Protection Agency, London, UKIntroduzione. I trend di incidenza <strong>del</strong>la tubercolosi nei Paesia elevato reddito e a bassa incidenza sono determinati dall’interazionedi diversi fattori: il declino secolare <strong>del</strong>la tubercolosinella popolazione locale, l’epidemia da HIV iniziata nei primianni Ottanta e tuttora in corso e i fenomeni migratori da Paesia basso/medio sviluppo economico verso quelli ad alto sviluppo.La rappresentazione di questi fattori utilizzando un mo<strong>del</strong>lodinamico <strong>del</strong>la tubercolosi consente di studiare separatamentei diversi effetti e di fornire le basi per la proiezione discenari futuri <strong>del</strong>l’epidemiologia <strong>del</strong>la tubercolosi in Paesi a recenteimmigrazione.Metodi. I tassi di incidenza <strong>del</strong>la tubercolosi polmonare in Italiadal 1955 a oggi sono stati mo<strong>del</strong>lizzati utilizzando un mo<strong>del</strong>lodinamico <strong>del</strong>la trasmissione <strong>del</strong>la tubercolosi capace di tenereconto sia di dinamiche demografiche autoctone sia difenomeni migratori in corso. Tenendo conto di una riduzionedei tassi di trasmissione <strong>del</strong>l’infezione (verosimilmente daascrivere alle migliorate condizioni igieniche nella popolazionegenerale), <strong>del</strong> ruolo <strong>del</strong>l’infezione da HIV nel modulareil tasso di progressione <strong>del</strong>l’infezione a malattia, e dei bilancimigratori da Paesi a elevata incidenza di tubercolosi, è statopossibile stimare la frazione di tubercolosi attribuibile a ognisingolo fattore. Infine, allo scopo di proporre futuri scenari epidemiologicisono state analizzate <strong>del</strong>le proiezioni caratterizzateda diverse ipotesi migratorie.Risultati. I trend di incidenza <strong>del</strong>la tubercolosi, costantementein riduzione dall’inizio <strong>del</strong> secolo scorso fino alla comparsa <strong>del</strong>l’infezioneda HIV, non possono essere spiegati unicamente attraversouna riduzione dei tassi di trasmissione.I risultati ottenuti suggeriscono che anche il tasso di riattivazione<strong>del</strong>la tubercolosi si è significativamente ridotto nel tempo. Alcontrario, prima che i fenomeni migratori giocassero un ruolodi rilievo nell’epidemiologia <strong>del</strong>la tubercolosi, la comparsa <strong>del</strong>l’epidemiada HIV ha significativamente stimolato la progressione<strong>del</strong>l’infezione a malattia tra i soggetti in età sessualmente128 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTER INVITATIIMPATTO DELLO SCREENING CERVICALE ORGANIZZATONELLE AREE ITALIANE COPERTE DA REGISTRO TUMORIZucchetto A, 1 Ronco G, 2 Giorgi Rossi P, 3 Zappa M, 4 Franzo A, 5 Paci E, 4Serraino D 1 per il gruppo IMPATTO CERVICE 61 Centro di riferimento oncologico, Aviano (PN) e Registro tumori FVG;2 Centro di prevenzione oncologica, Torino; 3 Agenzia di sanità pubblica- Lazio, Roma; 4 Istituto scientifico di prevenzione oncologica, Firenze;5 Direzione centrale <strong>del</strong>la sanità <strong>del</strong> Friuli-Venezia Giulia, Udine; 6 Gruppodi lavoro: Zanetti R (RT Piemonte); Marani E (RT Liguria); Battisti L (RTTrento); Rosano A (RT Veneto); Forgiarini O (RT Friuli Venezia Giulia); Rie&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1attiva e di conseguenza ha provocato un rallentamento importantenella riduzione <strong>del</strong>l’incidenza <strong>del</strong>la tubercolosi.Infine, i risultati ottenuti suggeriscono che, nonostante l’occorrenzadi tubercolosi nella popolazione migrante sia moltoelevata, la trasmissione tra comunità locale e immigrata non èsufficiente a sostenere una ripresa <strong>del</strong>la tubercolosi nella popolazionelocale. Tuttavia, la tubercolosi nella popolazioneimmigrata e residente in Italia costituirà un rischio sanitario rilevantenegli anni futuri in particolare con l’invecchiamento diquesto settore <strong>del</strong>la popolazione.Conclusioni. I risultati di questo studio possono fornire unacornice concettuale all’interno <strong>del</strong>la quale disegnare e testarepolitiche di sorveglianza e controllo <strong>del</strong>la tubercolosi sia nellapopolazione locale sia nella popolazione immigrata. Inoltre irisultati presentati possono essere utili per disegnare deglistudi epidemiologici che consentano di misurare le variazioni<strong>del</strong> tasso di progressione <strong>del</strong>la tubercolosi nel tempo. Questoparametro pare giocare un ruolo centrale nelle dinamica epidemiologicadi questa infezione. In particolare, è plausibile ipotizzareche in futuro l’invecchiamento <strong>del</strong>la popolazione, localee immigrata, e il correlato incremento di diabete, nota causadi immunosoppressione, saranno i determinati di un aumentodei tassi di incidenza <strong>del</strong>la tubercolosi.113L’ATTIVITÀ FISICA TRA I BAMBINI DELLA SCUOLA PRIMARIA:I RISULTATI 2010 DEL SISTEMA DI SORVEGLIANZA OKKIOALLA SALUTELamberti A, Buoncristiano M, Spinelli A, Nardone P, Baglio G, LauriaL, Senatore S e il gruppo OKkio alla SALUTE 2010CNESPS, Istituto superiore di sanità, RomaIntroduzione. L’attività fisica, intesa non solo come sport maanche come gioco, ha un ruolo importante nello sviluppo cognitivo,motorio e relazionale <strong>del</strong> bambino e contribuisce almantenimento <strong>del</strong>lo stato di salute e al controllo <strong>del</strong> pesocorporeo. Per questo motivo si suggerisce che i bambini svolganoogni giorno almeno un’ora di attività fisica, includendol’attività motoria svolta a scuola, quella sportiva strutturata eil gioco di movimento.Per stimare tra i bambini <strong>del</strong>la scuola primaria la prevalenza deiprincipali comportamenti a rischio (tra cui la scarsa attività fisica)per lo sviluppo di obesità e di patologie cronico-degenerativee la variabilità regionale, il Ministero <strong>del</strong>la salute ha promossoe finanziato il sistema di sorveglianza: OKkio allaSALUTE, coordinato dall’Istituto superiore di sanità in collaborazionecon le Regioni. L’iniziativa rientra nelle finalità <strong>del</strong>programma “Guadagnare salute” e fa parte <strong>del</strong> progetto European“Childhood obesity surveillance initiative”, coordinato dall’Organizzazionemondiale <strong>del</strong>la sanità, Regione europea.Obiettivi. Valutare l’associazione tra l’attività fisica <strong>del</strong> bambinoe le caratteristiche <strong>del</strong>l’ambiente familiare (caratteristiche sociodemografichedei genitori) e scolastico (attitudine a promuoverel’attività motoria) anche a livello regionale.Metodi. Le rilevazioni realizzate con procedure e strumentiidentici in tutto il Paese permettono confronti regionali esono condotte su campioni rappresentativi di alunni <strong>del</strong>la 3 aclasse <strong>del</strong>la scuola primaria con una periodicità biennale. Ilcampionamento adottato è stratificato a grappoli con le classicome unità campionarie primarie. I bambini sono classificaticome attivi se hanno praticato <strong>del</strong> movimento (attività motoriaa scuola, attività sportiva strutturata o gioco all’aperto) nelgiorno precedente la rilevazione.Lo studio propone un’analisi di regressione logistica finalizzataa stimare il rischio di essere classificati come non attivi in funzione<strong>del</strong>le caratteristiche <strong>del</strong>l’ambiente familiare e scolastico.La Regione di residenza è stata inserita nel mo<strong>del</strong>lo al fine divalutare, a parità di altre caratteristiche, l’esistenza di differenzeregionali. Le analisi tengono conto <strong>del</strong>la struttura complessa deidati, applicando opportune metodologie di correzione <strong>del</strong>lestime.Risultati. Nel 2010 hanno partecipato 42 549 alunni (3% dirifiuti). La prevalenza di bambini classificati come non attiviin Italia è pari a 18.4% (IC95% 17.5% ; 19.3%). La variabilitàregionale è rilevante, dal 12.8% (IC95% 10.6% ; 15.4%)in Veneto al 27.1% in Puglia (IC95% 24% ; 30.4%). L’analisimultivariata ha evidenziato un’associazione significativacon il titolo di studio e la cittadinanza dei genitori. L’odds ratio(OR) relativo al possesso di diploma di scuola superiore èstimato pari a 0.88 (IC95% 0.86 ; 0.97), mentre per la laureaa 0.84 (IC95% 0.76 ; 0.96). L’OR relativo alla cittadinanzastraniera è pari a 1.22 (IC95% 1.05 ; 1.41). Le iniziative di miglioramento<strong>del</strong>l’attività motoria avviate dalle scuole risultanoessere un fattore protettivo (OR=0.74, IC95% 0.61 ; 0.90) cosìcome il garantire a tutte le classi lo svolgimento di due ore settimanalidi educazione fisica suggerite dal curriculum(OR=0.83, IC95% 0.72 ; 0.95).Infine, il mo<strong>del</strong>lo evidenzia un’associazione significativa con lavariabile Regione (p


SESSIONI POSTER INVITATIe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1naldi E (RT Romagna); Mangone L (RT Reggio Emilia); Cirilli C (RT Modena);Ferretti S (RT Ferrara); Michiara M (RT Parma); Seghini P (RT Piacenza);Biavati P (RT Bologna); Bianconi F (RT Umbria); Caldarella A (RTToscana); Pannozzo F (RT Latina); Fusco M (RT Napoli); Castaing M (RTCatania); Tisano F (RT Siracusa); Can<strong>del</strong>a G (RT Trapani); Usala M (RTNuoro); and screening programs of Piemonte (Mancini E), Liguria,Trento,Veneto, Emilia Romagna (Sassoli de’Bianchi P); Reggio Emilia (CampariC); Modena (Goldoni C); Ferrara (Carpanelli MC); Parma (Lombardozzi L);Piacenza (Gatti G); Bologna (Manfredi M); Forlì (Falcini F); Imola (CapraraL); Ravenna (Vitali B); Cesena (Severi M); Rimini (Monticelli C); Umbria(Passamonti B); Toscana (Visioli C); Latina (Bellardini P); Napoli (MaioneC); Catania (Scalisi A); Siracusa; Trapani; NuoroIntroduzione. Lo screening cervicale organizzato su base di popolazionetramite il Pap-test (PSC) è in grado di ridurre l’incidenza<strong>del</strong> carcinoma invasivo <strong>del</strong>la cervice uterina (CIC) individuandole lesioni pre-invasive, inclusi i tumori in situ(CIN3/AIS). Questo progetto collaborativo tra <strong>Associazione</strong> italianadei registri tumori (AIRTUM), Gruppo italiano screening<strong>del</strong> cervicocarcinoma (GISCi) e Osservatorio nazionale screening(ONS) intende colmare, in Italia, una lacuna informativasulla valutazione <strong>del</strong>l’impatto dei PSC su base nazionale.Obiettivi. Nel complesso, si intende quantificare l’impatto deiPSC sull’incidenza <strong>del</strong> CIC e dei CIN3/AIS nelle aree italianecoperte da registro tumori (RT) e identificare eventuali criticitàdei PSC. Obiettivi specifici: 1) descrivere l’andamentotemporale dei tassi d’incidenza di CIC e CIN3/AIS nelle areecoperte da RT; 2) confrontare le incidenze in periodi pre- epost-screening nelle aree in cui sono stati attivati i PSC; 3) ricostruirela storia di screening, all’interno dei PSC, <strong>del</strong>le donnecon CIC e CIN3/AIS.Metodi. Le donne incluse nello studio con CIC sono 7 812,mentre quelle con CIN3/AIS sono 14 490. Attraverso l’incrocio<strong>del</strong>le banche dati dei RT con quelle dei PSC, è stata ricostruitala storia di screening di 5 055 donne con CIC e di 10305 donne con CIN3/AIS diagnosticate in aree/anni in cui eraattivo un PSC. Sono stati calcolati i tassi di incidenza standardizzatiper età (su popolazione europea) per anno e stadio alladiagnosi. Per stimare il cambiamento percentuale annuo deitassi (APC), e il relativo intervallo di confidenza (IC) al 95%,è stata utilizzata una regressione log-lineare Join-point.Risultati. L’analisi dei trend di incidenza nel periodo 1995-2007ha evidenziato una diminuzione dei tassi per quanto riguardail CIC (APC=-3.8, IC95% -4.8 ; -2.8), imputabile soprattuttoa una diminuzione <strong>del</strong>le forme di stadio più avanzate. Al contrario,è stato evidenziato un aumento <strong>del</strong>le forme in situCIN3/AIS (APC=4.9, IC95% 2,6 ; 7.4).Tra le donne con CIC, il 31% <strong>del</strong>le 3 284 che avevano 25-64anni (i.e., l’età target <strong>del</strong> PSC) era stato diagnosticato all’interno<strong>del</strong> PSC (24% al primo Paptest, 7% a un test successivo);il 10% aveva effettuato un Pap-test con esito negativo; il 37%non aveva mai aderito al PSC; il 22% non era stato invitato peraltri motivi (principalmente nei primi anni di attività deiPSC). Analogamente, tra le 9 529 donne con CIN3/AIS appartenentialla fascia di popolazione target <strong>del</strong> PSC: il 69% erastato diagnosticato all’interno <strong>del</strong> PSC (46% al primo Pap-test,23% a un test successivo); il 31% al di fuori di esso (il 15% nonaveva mai aderito al PSC, il 10% non era stato invitato per altrimotivi, il 6% aveva avuto un Pap-test con esito negativo).Conclusione. Questi risultati sembrano indicare un forte impattodegli screening cervicali nel ridurre l’incidenza <strong>del</strong> CICe nell’aumentare la diagnosi <strong>del</strong>le forme pre-invasive CIN3/AIS.I dati sulla storia di screening suggeriscono un ruolo importante<strong>del</strong>la non adesione ai programmi organizzati tra le principalicause <strong>del</strong>la mancata prevenzione secondaria <strong>del</strong> CIC.130 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONIPOSTER


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessioni posterAmbiente59INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE SCIENTIFICAINDIPENDENTE: IL PROGETTO E LA NASCITA DEL CENTRODI RIFERIMENTO REGIONALE DELLA CAMPANIA PER LAVALORIZZAZIONE DELLE FONTI INFORMATIVE SU SALUTEE INQUINAMENTO AMBIENTALE DA RIFIUTI (CRISC)Panico S, 1 Bianco E, 2 Mattiello A, 1 Chiodini P, 3 Flammia I, 2 ForgioneN, 2 Gallo C, 3 Pizzuti R 41 Università Federico II Napoli; 2 ASL Avellino; 3 Seconda Università di Napoli;4 OER Regione CampaniaIntroduzione. L’emergenza rifiuti in Campania ha prodottoconfusione conoscitiva, indotta dalla persistenza nel tempo digravi carenze organizzative, preoccupazione <strong>del</strong>le popolazioni,insieme alla presenza di pericolosi interessi economici, presumibilmenteassociati all’azione <strong>del</strong>la criminalità organizzata. IlCRISC (Centro di riferimento per l’informazione scientificae la comunicazione) è stato costituito attraverso un progetto <strong>del</strong>Centro per il controllo <strong>del</strong>le malattie <strong>del</strong> Ministero <strong>del</strong>la salute(CCM), affidato alla Regione Campania come iniziativa pervalorizzare l’informazione scientifica indipendente. Inoltre, lastessa programmazione regionale lo ha inserito in uno deiprogetti <strong>del</strong> Piano regionale di prevenzione 2010-12 dal titolo“Implementazione e messa a regime <strong>del</strong>le azioni per il monitoraggioepidemiologico e per la valorizzazione <strong>del</strong>le fonti informativeambiente-salute relativamente ai processi di raccolta,trasformazione e smaltimento dei rifiuti nella RegioneCampania”. Una scelta importante, perché attribuisce alla correttainformazione scientifica il ruolo di strumento di supportoindispensabile per la risoluzione dei problemi legati alla gestionedei rifiuti.Obiettivi. Il CRISC è stato programmato dalla Regione Campaniae finanziato dal CCM per costituire un polo di ricerca esviluppo di informazioni scientifiche sul tema <strong>del</strong>la relazione trale procedure di smaltimento dei rifiuti e i rischi per la salute <strong>del</strong>lepopolazioni; non tanto per programmare e condurre studi specificinelle aree di interesse, quanto per revisionare criticamentee in maniera indipendente l’informazione proveniente dalla letteraturascientifica internazionale e dai rapporti di sorveglianzadisponibili a livello nazionale e internazionale.Metodi. IL CRISC nasce come strumento posto al servizio degliorgani istituzionali competenti a prendere decisioni (Ministero<strong>del</strong>la salute, Ministero <strong>del</strong>l’ambiente, Regioni, Province,Comuni), sviluppando una capacità di documentazionee valutazione <strong>del</strong>la letteratura scientifica e dei report disponibili,per la comunicazione sui temi <strong>del</strong>la salute correlati ai problemiambientali, specificamente associati allo smaltimento deirifiuti, proprio in un contesto regionale dove questo processoè caratterizzato da condizioni di emergenza.L’attività si svolge attraverso rapporti stabili di collaborazionetra unità operative, coordinate dall’Osservatorio epidemiologicoregionale e appartenenti all’università e al SSR in un sistema-networksolidale.Risultati. L’attività <strong>del</strong> centro CRISC prevede la presentazionedei primi risultati a novembre 2011 producendo un primo reportsugli effetti sulla salute <strong>del</strong>le discariche. Il prodotto <strong>del</strong> lavoro<strong>del</strong> CRISC va inteso come un patrimonio disponibile allacomunità e alle istituzioni in grado di fornire indicazioni che superinola tendenza all’autoreferenzialità <strong>del</strong>le esperienze condottedai diversi soggetti stakeholder per rendere ottimali, sicuree condivise le decisioni sui processi di smaltimento dei rifiuti.Conclusioni. Un sistema-network indipendente di competenzacome il CRISC può costituire un decisivo elemento dimiglioramento <strong>del</strong>la conoscenza per indirizzare le soluzionipiù opportune sulla questione emergenza rifiuti in Campania.In prospettiva può rappresentare uno strumento permanenteper il supporto ai programmi di prevenzione primaria intema ambientale.16L’USO INTEGRATO DEI DATI DEI SISTEMI INFORMATIVICORRENTI PER L’IDENTIFICAZIONE DELLA POPOLAZIONESUSCETTIBILE AGLI EFFETTI SULLA SALUTE DELLE ONDATEDI CALOREBargagli AM, De Sario M, Lallo A, Schifano P, Vecchi S, Michelozzi PDipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> Servizio sanitario regionale <strong>del</strong> LazioIntroduzione. Il Ministero <strong>del</strong>la salute-CCM ha avviato dal2005 il “Piano operativo nazionale per la prevenzione degli effetti<strong>del</strong> caldo” che prevede la definizione di piani di prevenzionea livello locale in tutti i capoluoghi di Regione e nelle areeurbane con oltre 200 000 abitanti.Obiettivi. Tra gli obiettivi specifici, il progetto si propone di definiremetodologie per l’identificazione <strong>del</strong>la popolazione suscettibileagli effetti <strong>del</strong>le ondate di calore su cui orientare gliinterventi di prevenzione.Metodi. E’ stata effettuata una revisione <strong>del</strong>la letteratura internazionalesui fattori associati a un maggiore rischio di decesso/malattiadurante le ondate di calore tramite la banca datiPubmed. In diverse città sono stati condotti studi ad hoc per132 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERUTILIZZO DEL SISTEMA NAZIONALE DI RILEVAZIONERAPIDA DELLA MORTALITÀ PER LA VALUTAZIONE DEGLIEFFETTI DELLE ONDATE DI CALORE SULLA SALUTELallo A, Bargagli AM, De Sario M, Leone M, de’ Donato F, Davoli M,Michelozzi PDipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> Servizio sanitario regionale <strong>del</strong> LazioIntroduzione. In Italia è attivo dal 2004 un programma nazionaledi interventi per la previsione e prevenzione degli efe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1l’identificazione dei fattori di rischio utilizzando diversi approcci(case-crossover, serie temporale, coorte) e sviluppati algoritmiper la definizione di un punteggio di suscettibilità. Unasurvey raccoglie annualmente informazioni sulle procedure diidentificazione <strong>del</strong>la popolazione suscettibile nelle 34 città inclusenel progetto.Risultati. I risultati <strong>del</strong>la letteratura internazionale e degli studiitaliani concordano nell’indicare tra i principali fattori di rischiol’età avanzata, il genere femminile, la presenza di patologiecroniche e alcune caratteristiche sociali. 17 città su 34hanno un protocollo di identificazione dei suscettibili basatosui sistemi informativi correnti (anagrafe comunale, sistema informativoospedaliero, archivio <strong>del</strong>le esenzioni, archivio <strong>del</strong>lafarmaceutica). Per ciascun individuo è calcolato un punteggiodi suscettibilità combinando, con algoritmi diversi nelle variecittà, i pesi associati alle specifiche caratteristiche individuali stimatinegli studi epidemiologici; la popolazione anziana èquindi suddivisa in classi di rischio crescente. Considerando illivello di rischio più alto, la frazione di suscettibili identificatavaria da 0.2% a 4.3%. In 8 città i suscettibili sono segnalati daoperatori sanitari o sociali; la frazione di suscettibili varia tra0.4% e 13.9%.Discussione. Lo sviluppo di strumenti per una corretta identificazione<strong>del</strong>la popolazione suscettibile alle ondate di caloreè una priorità di sanità pubblica. I protocolli definiti nelle cittàitaliane differiscono per quanto riguarda i criteri e gli algoritmiutilizzati, pertanto i risultati sono eterogenei. Il Piano operativonazionale si propone di condividere le procedure più validee di affinare la procedura attraverso l’utilizzo di fonti informativepoco utilizzate (es: farmaceutica), avviando studi adhoc per identificare i fattori di suscettibilità nelle specifiche popolazionidi interesse.18ONDATE DI CALORE ANOMALE E ANDAMENTO DELLAMORTALITÀ TRA I SOGGETTI “FRAGILI” A TORINO.UN’ANALISI SPERIMENTALE SULLA PRIMAVERA 2011 EPRIME VALUTAZIONI ESTIVEIvaldi C, 1 Caiazzo A, 1 Carnà P, 1 Pelosini R 21 Prevenzione e previsione dei rischi sanitari, ARPA Piemonte, 2 Sistemiprevisionali, ARPA PiemonteIntroduzione. Il riscaldamento globale, e gli effetti che esso hae avrà sul clima, determina un forte impatto sulla salute. Numerosistudi hanno evidenziato aumenti di mortalità e morbilitàdovuti a condizioni meteorologiche estreme, come le ondatedi calore. L’impatto sulla salute determinato da questesituazioni climatiche anomale riguarda principalmente la popolazionepiù fragile, sia per caratteristiche di età, di genere, dicondizioni di salute, sia per condizioni di disagio sociale. Perfronteggiare tali eventi e ridurne l’impatto sulla salute, ARPAPiemonte ha messo a punto dal 2004 un sistema di sorveglianzae di allarme per la prevenzione degli effetti sulla salute<strong>del</strong>le ondate di calore estive, attivo dal 15 maggio al 15 settembreper tutti i capoluoghi di provincia, al fine di consentirel’attivazione tempestiva di misure di prevenzione di tipo sanitarioe socio-assitenziale in collaborazione con tutti gli altrisoggetti e istituzioni coinvolti nel Piano di prevenzione caldoregionale.Obiettivi. Valutare l’andamento <strong>del</strong>la mortalità giornaliera,specie tra i soggetti di età superiore ai 65 anni, in occasione diincrementi anomali <strong>del</strong>le temperature registrati nella città diTorino nella primavera-estate 2011.Metodi. Sono stati analizzati i dati giornalieri <strong>del</strong>le temperaturenella città di Torino nella primavera 2011, e in via sperimentalesi è provato ad applicare l’approccio di analisi utilizzato perla stagione estiva, confrontando le temperature con l’andamentogiornaliero <strong>del</strong>la mortalità. Sono stati identificati i periodiin cui si sono verificate situazioni di incrementi di temperatureprotratti per più giorni, caratterizzabili come ”ondatedi calore” e si sono confrontati con i dati di mortalità disponibiliper questo periodo solo per Torino. E’ stato possibile calcolarei decessi attesi giornalieri solo per il mese di maggio inquanto le serie storiche di dati disponibili (1990-2010) utilizzateper l’attività <strong>del</strong> Sistema di sorveglianza estivo riguardanosolo il periodo 15 maggio-15 settembre. I mesi di aprilee maggio sono stati divisi in sottoperiodi, distinguendo “periodocon ondata di calore” e “periodo senza ondata” e peraprile si sono confrontate le medie giornaliere dei decessi trasottoperiodi, mentre per maggio è stato fatto sia il confrontointerno sia il calcolo con gli attesi utilizzando le serie storichedi riferimento.Risultati. Dal 5 al 12 aprile e dal 20 al 26 di maggio 2011 sisono registrate due ondate di calore e ciò ha comportato un effettosulla mortalità nelle fasce più deboli <strong>del</strong>la popolazione, ovverotra gli anziani. Nel mese di maggio si sono avuti complessivamente695 decessi. Nei 7 giorni <strong>del</strong>l’ondata di calore,i decessi totali sono stati 195, di cui 167 tra soggetti di età superioreai 65 anni, verso un numero di decessi attesi di 118.31,con un eccesso di 48.69 casi, statisticamente significativo. Lamedia giornaliera di decessi nel periodo fuori ondata, tra gli ultra65enni, è di 17 casi, mentre nei giorni con ondata di calorela media è di 23.86 decessi al giorno con una differenza di 6.86casi al giorno in più.Conclusioni. L’analisi degli andamenti <strong>del</strong>le temperature nellaprimavera 2011 ha messo in luce un’ondata di caldo molto anticipatanel mese di aprile e un’ondata di calore nel mese dimaggio, che hanno avuto un impatto sulla mortalità, soprattuttoa carico dei soggetti anziani.19133 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1fetti <strong>del</strong> caldo sulla salute promosso dal Dipartimento <strong>del</strong>laprotezione civile (DPC) e dal Ministero <strong>del</strong>la salute e coordinatodal Dipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> SSR <strong>del</strong> Lazio. Leprincipali componenti <strong>del</strong> programma sono i sistemi di allarmeHeat Health Watch Warning System (HHWWS) città-specifici,l’identificazione <strong>del</strong>le persone suscettibili agli effetti <strong>del</strong> caldoe gli interventi di prevenzione attivati a livello locale.Un elemento fondamentale <strong>del</strong> programma è il sistema nazionaledi rilevazione <strong>del</strong>la mortalità giornaliera, attivo tuttol’anno in 34 città, che consente di monitorare in tempo realel’impatto <strong>del</strong>le alte temperature e <strong>del</strong>le ondate di calore sullasalute.Obiettivi. L’obiettivo di questo studio è quello di valutare glieffetti <strong>del</strong> caldo sulla salute <strong>del</strong>la popolazione di 65 anni e piùnell’estate 2011 utilizzando i dati <strong>del</strong> sistema nazionale di sorveglianza<strong>del</strong>la mortalità giornaliera.Metodi. Il sistema di rilevazione rapida <strong>del</strong>la mortalità preve<strong>del</strong>a notifica on-line da parte <strong>del</strong>le anagrafi comunali dei dati deidecessi giornalieri relativi alla popolazione residente. Le informazionitrasmesse in forma anonima includono: genere, datadi nascita e di decesso, comune di nascita, residenza e decessoe luogo <strong>del</strong> decesso. Per ogni città viene costruita, a livello centrale,la serie completa dei decessi osservati. L’eccesso di mortalitànella classe di età ≥65 anni viene stimato come differenzatra i decessi osservati e i decessi attesi (baseline) calcolati comela media per giorno <strong>del</strong>la settimana e numero <strong>del</strong>la settimana<strong>del</strong>la serie storica dei dati disponibile per ciascuna città. L’eccessodi mortalità è espresso come variazione percentuale rispettoal baseline.L’impatto <strong>del</strong>le ondate di calore sulla salute è stimato in unaprima fase calcolando l’eccesso di mortalità nei giorni in cui isistemi HHWW hanno previsto un rischio elevato per la popolazione(livello 2 e 3 <strong>del</strong> sistema HHWW). In una secondafase l’impatto è stimato utilizzando un mo<strong>del</strong>lo GEE in cui lavariabile di esito è il numero di decessi giornalieri e la variabiledi esposizione è la presenza o meno di ondata di calore nelgiorno.Risultati. I dati preliminari relativi all’estate 2011 indicano chenei mesi di maggio e giugno le temperature sono state in lineacon i valori medi di riferimento <strong>del</strong> periodo. Alla fine <strong>del</strong>laprima settimana di luglio si è verificata una breve (circa una settimana)ma intensa ondata di calore che ha interessato in particolarele regioni centrali e alcune città <strong>del</strong> Nord. L’analisi deidati <strong>del</strong>la mortalità giornaliera ha evidenziato eccessi di mortalitànella popolazione di età ≥65 anni a Roma (+11%), Firenze(+15%), Venezia ( +30%) e Milano (+18%). I risultatirelativi all’analisi con il mo<strong>del</strong>lo GEE saranno disponibili allafine <strong>del</strong>l’estate 2011. Già nel 2010 l’analisi dei dati <strong>del</strong> monitoraggio<strong>del</strong>la mortalità giornaliera aveva permesso di evidenziarein tempo reale l’effetto <strong>del</strong>l’intensa e lunga ondata di caloreverificatasi nel mese di luglio che aveva interessato quasitutto il territorio italiano, con eccessi significativi di mortalitàper la popolazione anziana in molte città.Conclusioni. La disponibilità <strong>del</strong> sistema di rilevazione rapida<strong>del</strong>la mortalità permette di effettuare tempestivamente la valutazione<strong>del</strong>l’impatto sulla salute degli eventi estremi di temperaturanel corso <strong>del</strong>la stagione estiva e consente l’attivazionein tempi brevi di interventi di risposta all’emergenza.I punti di forza <strong>del</strong> sistema sono costituiti dalla rapidità<strong>del</strong>la raccolta <strong>del</strong>le informazioni e dall’ampia copertura <strong>del</strong>lapopolazione.41INCREMENTO DI PATOLOGIE RESPIRATORIE COME EFFETTOIMMEDIATO DELL’AUMENTO DI CONCENTRAZIONE DIINQUINANTI ATMOSFERICIFaustini A, 1 Colais P, 1 Stafoggia M, 1 Berti G, 2 Bisanti L, 3 Cadum E, 2Cernigliaro A, 4 Mallone S, 5 Primerano R, 6 Scarnato C, 7 Tessari R, 8Vigotti MA, 9 Forastiere F 1 per il gruppo di lavoro EPIAIR1 Dipartimento di epidemiologia, Servizio sanitario regionale <strong>del</strong> Lazio,Roma; 2 Servizio di epidemiologia, Agenzia regionale per la protezioneambientale <strong>del</strong> Piemonte, Torino; 3 Unità di epidemiologia, Azienda sanitarialocale di Milano, Milano; 4 Osservatorio epidemiologico regionale<strong>del</strong>la Sicilia, Palermo; 5 Centro prevenzione tumori, Firenze; 6 Dipartimentodi ingegneria ambientale e sviluppo tecnico sostenibile Universitàdi Bari, Taranto; 7 Azienda sanitaria locale di Bologna, Bologna;8 Azienda sanitaria locale “Veneziana 12”,Venezia; 9 Dipartimento di biologia,Università di Pisa, PisaIntroduzione. E’ ormai noto che l’inquinamento atmosfericodanneggia l’apparato respiratorio causando l’insorgenza o l’esacerbazionedi patologie respiratorie, aumentando la mortalitàper cause respiratorie e riducendo la funzionalità polmonare.Obiettivi. Per completare una precedente stima degli effetti <strong>del</strong>particolato atmosferico (PM10) sulla mortalità respiratoria inItalia (Faustini et al, ERJ 2011), abbiamo studiato gli effetti <strong>del</strong>PM10 e <strong>del</strong> biossido di azoto (NO 2 ) sulla ospedalizzazione permalattie respiratorie. Per la bronco-pneumopatia cronicoostruttiva(BPCO), abbiamo studiato anche un esito combinato,che include sia le ospedalizzazioni d’urgenza sia i decessiin soggetti non ospedalizzati.Metodi. I dati sugli eventi sanitari sono stati raccolti per i soggettiresidenti di 35 o più anni in sei città italiane, assieme aidati sugli inquinanti e sui parametri meteorologici, per il periodo2001-2005. L’approccio case-crossover, stratificato per intervallitemporali, è stato utilizzato per analizzare l’effetto abreve termine <strong>del</strong> rialzo <strong>del</strong>la concentrazione di PM10 e NO 2su mortalità e ricorso ospedaliero.Risultati. Si sono avute 106 792 ospedalizzazioni e 5 490 mortia casa per patologie respiratorie. Il rischio di ospedalizzazione perpatologie respiratorie è aumentato <strong>del</strong>lo 0.63% (IC95% 0.18-1.09) per incrementi di 10 µg/m 3 <strong>del</strong> PM10 e di 1.14% (IC95%0.26-2.03) per incrementi di 10 µg/m 3 di NO 2, entrambi a lag0. Gli effetti più importanti sono stati osservati per l’incremento<strong>del</strong>l’NO 2 sulle ospedalizzazioni per BPCO (1.27%; lag0) o per polmonite (2.34%; lag 2-5). Il rischio di morire a casaper cause respiratorie è aumentato <strong>del</strong> 4.72% per il PM10 e <strong>del</strong>7.44% per l’NO 2 , entrambi a lag 2-5. L’esito combinato (ospedalizzazionie decessi) ha mostrato un rischio di 0.67% per ilPM10 e di 1.58% per l’NO 2 . I rischi sanitari per tutti gli effetti134 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1sono stati più elevati nella stagione calda (aprile-settembre).Conclusioni. Il danno respiratorio causato dall’inquinamentoatmosferico è confermato, nelle città italiane, anche dall’aumento<strong>del</strong>le ospedalizzazioni. L’effetto combinato di mortalitàe ospedalizzazioni per BPCO è stato osservato sia per il PM10sia per l’NO 2 , con un aumento immediato <strong>del</strong>le ospedalizzazioniseguito dopo qualche giorno dall’aumento <strong>del</strong>la mortalitànei soggetti non ricoverati.45VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE A INQUINANTI ATMO-SFERICI IN AREE INDUSTRIALIZZATE: IL CASO DI TARANTOMangia C, 1 Gianicolo EAL, 2 Bruni A, 2 Vigotti MA, 3,4 Cervino M 51 Istituto di scienze <strong>del</strong>l’atmosfera e <strong>del</strong> clima <strong>del</strong> Consiglio nazionale<strong>del</strong>le ricerche, Lecce; 2 Istituto di fisiologia clinica <strong>del</strong> Consiglio nazionale<strong>del</strong>le ricerche, Lecce; 3 Istituto di fisiologia clinica <strong>del</strong> Consiglio nazionale<strong>del</strong>le ricerche, Pisa; 4 Dipartimento di biologia, Università diPisa ; 5 Istituto di scienze <strong>del</strong>l’atmosfera e <strong>del</strong> clima <strong>del</strong> Consiglio nazionale<strong>del</strong>le ricerche, BolognaIntroduzione. La valutazione <strong>del</strong>l’esposizione negli studi epidemiologicisugli effetti a breve termine, in aree urbane industrializzate,presenta una serie di criticità. Queste sono legatealla possibilità di: 1) individuare le zone di massima/minimaesposizione al mix di sostanze chimiche le cui concentrazioniin aria non sono misurate in modo routinario; 2) discriminarele diverse fonti che determinano il quadro <strong>del</strong>l’inquinamentodi solito registrato in modo routinario attraverso inquinantistandard nelle reti di monitoraggio.Questo lavoro è incentrato sulla città di Taranto, una <strong>del</strong>le cittàmaggiormente industrializzate nel Sud Italia. Dal 1986 lacittà, insieme con alcuni comuni limitrofi, è inserita dal Ministero<strong>del</strong>l’ambiente in una “Area ad alto rischio ambientale”.A Taranto sono presenti impianti industriali a elevato impattoambientale e un’acciaieria a ciclo integrale tra le più grossed’Europa. Nei pressi <strong>del</strong>l’area urbana insistono una grande raffineriapetrolchimica, un cementificio e due centrali termoelettrichecon il rispettivo e intenso movimento di merci e materieprime nei bacini <strong>del</strong> porto.Obiettivi. Studiare la variabilità spaziale e temporale <strong>del</strong>le sostanzeinquinanti e interpretare i risultati ai fini <strong>del</strong>la valutazione<strong>del</strong>l’esposizione <strong>del</strong>la popolazione, con particolare riferimentoall’impatto <strong>del</strong>le sorgenti industriali.Metodi. Sono stati analizzati i dati di SO 2 , NO 2 e PM10 registratisimultaneamente in 5 centraline distribuite sul territoriodi Taranto nel periodo 2006-2010. La variabilità spaziale è statastudiata attraverso analisi descrittive e <strong>del</strong>la correlazione degliinquinanti tra centraline e degli inquinanti con alcune variabilimeteorologiche.Risultati. Il confronto tra le concentrazioni di PM10, NO 2 eSO 2 per le 5 stazioni ha messo in evidenza differenze significativetra le stazioni per i diversi inquinanti. Le concentrazionidi PM10 misurate dalle 5 centraline risultano ben correlate traloro, con l’eccezione <strong>del</strong>la stazione a ridosso <strong>del</strong>la zona industriale.La correlazione è inferiore per il biossido di azoto ed èprossima a zero per il biossido di zolfo.L’analisi complessiva conferma l’ipotesi che le varie parti <strong>del</strong>lacittà sono interessate in modo diverso dal sito industriale e dallealtre attività urbane. Questo risultato non può essere trascuratonella valutazione degli effetti a breve termine <strong>del</strong>l’inquinamentoatmosferico. In particolare, l’analisi <strong>del</strong>la serie ha rivelatoche l’influenza <strong>del</strong> sito industriale può essere principalmenteidentificata con la serie di dati di concentrazione di SO 2che presenta più elevati valori di concentrazione media e correlazionipositive con l’intensità <strong>del</strong> vento quando la stazionedi monitoraggio è sottovento rispetto al sito industriale.Conclusioni. In presenza di imponenti sorgenti puntuali, alcunevariabili meteorologiche, in particolare la direzione prevalentee l’intensità <strong>del</strong> vento, sono cruciali nel determinare lezone a minore/maggiore esposizione. In mancanza di misuredirette di esposizione, sarebbe opportuno tenere conto <strong>del</strong>lepossibili zone di influenza <strong>del</strong>le sorgenti puntiformi attraversol’individuazione di uno o più inquinanti da utilizzare come “indicatore”e dei dati localizzati per la sua concentrazione.I risultati specifici di queste analisi e le conclusioni sono direttamenteapplicabili alla città di Taranto; al contrario, i concettigenerali, l’approccio utilizzato e la metodologia sono potenzialmenteapplicabili ad altre realtà urbane industrializzate.135 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione PosterTumori220DNA METHYLTRANSFERASE 3B (DNMT3B), TUMOUR TIS-SUE DNA METHYLATION, GLEASON SCORE AND PROSTATECANCER MORTALITY: INVESTIGATING POSSIBLE CAUSALRELATIONSHIPSFiano V, 1 Gillio-Tos A, 1 Zugna D, 1 Vizzini V, 1 Delsedime L, 2 Pearce N, 3,4Merletti F, 1 Richiardi L 1,31 Cancer epidemiology unit, CeRMS and CPO-Piemonte, University of Turin,Italy; 2 Department of pathology, Molinette Hospital, Turin, Italy;3 Centre for public health research, Massey University, Wellington, NewZealand; 4 Faculty of epidemiology and public health, London school ofhygiene and tropical medicine, London, United KingdomIntroduction. Aberrant DNA methylation plays a role inprostate cancer progression. We studied the relationships betweenDNA methyltransferase (DNMT) genotype, DNAmethylation, Gleason score and mortality in two cohorts ofprostate cancer patients, previously reported with associationsbetween DNA methylation in GSTP1, APC and RUNX3 andprostate cancer mortality.Objectives. To consider the possible causal relationships betweenthe studied variables, assuming that: i) DNMT activityaffects tumour tissue methylation, ii) methylation status affectstumour morphology, and thus the Gleason score, iii) DNAmethylation affects mortality both directly and indirectly viaGleason score.Results. The cohorts comprised 438 patients diagnosed at oneItalian pathology ward before 1997, with stored DNA obtainedfrom paraffin-embedded tumour tissues. The polymorphismrs406193 in the DNMT3b gene was assessed by allelediscrimination in real time PCR. According to the assumedcausal mo<strong>del</strong>, we analysed the effects of rs406193 (T-carriers vs.others) on the Gleason score without adjusting for gene methylation,and the effects of rs406193 on gene methylation andprostate cancer mortality without adjusting for Gleason score.We found a weak negative association between T-carriers andthe number of methylated genes. T carriers had a reduced riskof Gleason score of 8+ (odds ratio=0.57, 95%CI 0.39;0.85),and a hazard ratio of 0.81 (0.61;1.09) of dying from prostatecancer, which would have been erroneously estimated of 0.93if adjusted for Gleason score.Conclusion. These findings provide further clues on the role ofDNA methylation in tumour progression, and illustrate theimportance of considering possible causal relationships in theanalyses.222TELEFONINI MOBILI E TUMORI ALLA TESTA: DA COSADIPENDONO LE DISCREPANZE NEI RISULTATI DEGLI STUDIEPIDEMIOLOGICI?Gennaro V, 1 Levis AG 21 <strong>Epidemiologia</strong> descrittiva, Istituto nazionale per la ricerca sul cancro(IST), Genova; 2 Dipartimento di scienze biomediche, Università deglistudi, PadovaIntroduzione. E’ noto che l’intensità <strong>del</strong>l’esposizione a radiazionielettromagnetiche non ionizzanti (radiofrequenze) emessedai telefonini mobili (TM: cellulari e cordless) è correlata allavicinanza con la testa <strong>del</strong>l’utilizzatore. Sono anche noti molteplicieffetti sanitari di tali radiazioni sull’organismo, ma sembraancora controversa la relazione causa-effetto tra aumentatorischio di tumore alla testa e uso dei TM.Obiettivi. Per aiutare a chiarire l’origine dei dubbi ancora presentisulla relazione causale tra aumentato rischio di tumorealla testa e uso di TM, si ritiene necessario proporre la rianalisicritica dei disegni di studio, dei metodi adottati, dei risultatiottenuti e <strong>del</strong>la loro interpretazione. Serve quindi valutareil rispetto <strong>del</strong>la buona pratica epidemiologica e, anche, l’indipendenzadalle fonti di finanziamento degli studiosi di questamateria.Metodi. Abbiamo riesaminato i disegni di studio e i risultati deglistudi caso-controllo, coorte, pooled e metanalisi riferiti allarelazione tra rischo di tumori alla testa e uso di TM valutandospecifici parametri: sufficiente durata d’uso dei TM e tempo dilatenza in rapporto ai tempi di sviluppo dei tumori in esame;localizzazione <strong>del</strong> tumore nell’area cerebrale effettivamente irradiata;adeguato numero e percentuale di partecipazione deicasi e controlli selezionati; analisi <strong>del</strong>la distribuzione dei valoridei rischio; correttezza nella valutazione dei dati e fonte dei finanziamenti<strong>del</strong>lo studio.Risultati. Abbiamo rilevato che gli studi di Har<strong>del</strong>l, finanziatida enti pubblici, hanno rispettato i parametri di buona praticaepidemiologica e hanno evidenziato aumenti rilevanti (superiorio uguali al 100%) <strong>del</strong> rischio di tumori omolaterali(gliomi, meningiomi cerebrali e neuromi acustici) dopo un periododi latenza o di esposizione superiore o uguale a 10 annie uso dei TM per almeno 16-32 minuti al giorno.Al contrario, i risultati <strong>del</strong>lo studio INTERPHONE e altri, finanziatiinteramente o in parte dalle compagnie di telefoniamobile, non hanno sempre rispettato tali parametri e hannoprodotto una sistematica e significativa sottostima <strong>del</strong> rischio.136 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERRISCHIO DI CANCRO DELLA VESCICA E INFEZIONE URI-NARIA DA POLIOMA VIRUS UMANO E PAPILLOMA VIRUSPolesel J, 1 Gheit T, 2 Talamini R, 1 Zucchetto A, 1 Lenardon O, 3 BortolusR, 4 Shahzard HS, 2 La Vecchia C, 5,6 Serraino D, 1 Tommasino M, 2Franceschi S 21 SOC di epidemiologia e biostatistica, IRCCS Centro di riferimento oncologico,Aviano (PN); 2 International agency for research on cancer,Lione, Francia; 3 SOC di urologia, Az. ospedaliera S. Maria degli Angeli,Pordenone; 4 SOC di oncologia radioterapica, IRCCS Centro di riferimentooncologico, Aviano (PN); 5 Dipartimento di epidemiologia, Istituto MarioNegri, Milano; 6 Dipartimento di medicina occupazionale, Universitàdegli studi di Milano, MilanoIntroduzione. L’aumento di rischio di carcinoma cellule transizionali<strong>del</strong>la vescica (TCB) in soggetti con ricorrenti infezioneurinarie (in particolare da Schistosoma haematobium) o trapianto,suggerisce una possibile eziologia virale per questo tumore.In particolare, si è posta attenzione sul virus <strong>del</strong> papillomaumano (HPV), già associato a molti tumori <strong>del</strong> trattoanogenitale e, più recentemente, sul polioma virus umano(HPyV).Obiettivi. Chiarire il ruolo <strong>del</strong>le infezioni da virus HPV eHPyV nell’eziologia <strong>del</strong> TCB, attraverso la determinazione ditali virus in campioni di urina di soggetti con diagnosi di TCB(casi) e in soggetti sani (controlli) arruolati attraverso unostudio caso-controllo.Metodi. I dati derivano da uno studio caso-controllo ospedalieroin corso in tre province italiane <strong>del</strong> Nord (Pordenone),Centro (Napoli) e Sud (Catania) Italia. Casi e controlli sonointervistati da personale addestrato tramite un questionariostrutturato e validato per la raccolta di informazioni sociodemografiche,storia occupazionale, abitudini al fumo di tabaccoe consumo di bevande alcoliche, storia di pregresse ine&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Conclusioni. Il frequente raddoppio <strong>del</strong> rischio di tumori cerebrali,evidenziato in molti studi ben condotti tra gli utilizzatoridei TM dopo 10 anni di latenza, indica che il quadro informativoè già sufficientemente chiaro per esigere unariduzione <strong>del</strong>la sistematica esposizione a radiofrequenze emessedai TM mediante l’adozione, anche volontaria, di misure di riduzione<strong>del</strong>l’irradiazione come, per esempio, l’utilizzo <strong>del</strong> dispositivo“vivavoce”, o di auricolari via cavo, l’uso <strong>del</strong> short messageservice (SMS), la riduzione dei tempi di esposizione direttae l’alternanza <strong>del</strong> lato esposto.226STUDIO CASO-CONTROLLO SUL SARCOMA DI KAPOSICLASSICO: IMMUNITÀ E PARAMETRI EMATOLOGICIBrown EE, 1 Pelser C, 1 Vitale F, 2 Lauria C, 3 Dipasquale M, 3 Stella S, 4Manzella L, 4 Amodio E, 2 Gafà L, 3 Messina A, 4 Romano N, 2 Goedert JJ 11 Division of cancer epidemiology & genetics, National cancer institute,National institutes of health, Rockville, Maryland USA; 2 Dipartimentodi igiene e microbiologia “Giuseppe D’Alessandro”, Università deglistudi di Palermo, Italy; 3 Lega italiana per la lotta contro i tumori, Sez.Ragusa, Italy; 4 Dipartimento di scienze biomediche, Università deglistudi di Catania, ItalyIntroduzione. In Sicilia, nel periodo 1998-2006, sono stati condottidue studi caso-controllo sul sarcoma di Kaposi classico(cKS), di cui uno di popolazione, che ha interessato le 9 Province<strong>del</strong>la Regione Sicilia. Oltre a stime di incidenza, prevalenza e fattoridi rischio per cKS, i due studi hanno permesso di ottenereimportanti indicazioni sull’aspetto immunologico ed ematologicodi casi e controlli infetti con l’herpes virus responsabile <strong>del</strong>sarcoma di Kaposi (KSHV, o herpes virus di tipo 8, HHV8).Obiettivi. Delineare i dati relativi al pathway immunologico eai parametri ematologici che sono emersi da entrambi gli studied evidenziare come il sito web dedicato (www.sarcomakaposi.com)rappresenti, visto che il cKS è un tumore raro, unriferimento d’informazione per pazienti e istituzioni sanitariee di ricerca.Metodi. I dati si riferiscono a due studi caso-controllo sulcKS. Nel primo studio, condotto tra il 1998 e il 2001, sonostati reclutati 141 casi con sarcoma di Kaposi classico e 192controlli KSHV-sieropositivi, per lo più provenienti dalle Provincedi Palermo e Ragusa.I casi sono stati confrontati per lo stile di vita e la storia medicadei KS (non-AIDS) con i controlli KSHV-sieropositivi.Nel secondo studio di popolazione, condotto tra il 2002 e il2006, sono stati arruolati 142 casi incidenti di sarcoma di Kaposiclassico e 936 controlli selezionati per sesso ed età. In particolare,merita attenzione il disegno <strong>del</strong>lo studio relativo allaselezione dei controlli.Risultati. In entrambi gli studi il rischio di cKS è risultato esseresignificativamente maggiore in coloro che non avevanomai fumato e in quanti avevano fatto uso topico e/o orale dicorticosteroidi. Relativamente alle analisi degli aplotipi di alcuneinterleuchine (IL1A, IL1B, IL8, IL8RB, IL10, IL12A,IL13) e TNF è emerso che il rischio di cKS risultava diminuitocon particolari diplotipi di IL8RB (odds ratio (OR)=0.49,IC95% 0.30;0.78 p=0.003) e aumentato con diplotipi diIL13 (OR=1.88, IC95% 1.15;3.08 p=0.01). Il rischio percKS è risultato essere associato positivamente con valori ridottidi ematocrito (


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1fezioni e abitudini alimentari. La presente analisi si riferisce a114 TCB e 140 controlli intervistati nel centro di Pordenonetra agosto 2004 e luglio 2007, per i quali è disponibile un campionedi urina (25 ml) raccolto al momento <strong>del</strong>la diagnosi. Loscreening nelle urine <strong>del</strong> DNA di 5 tipi di HPyV (i.e., JCV,BKV, MCV, WUV, KIV), <strong>del</strong> simian virus 40 (SV40) e di 22tipi mucosali di HPV è stato fatto utilizzando il metodo <strong>del</strong>laPCR. I rischi di TCB per infezioni da HPyV (odds ratio, OR)e i relativi intervalli di confidenza (IC) sono stati calcolati attraversoil mo<strong>del</strong>lo di regressione logistica.Risultati. La prevalenza di HPyV era simile nei casi (71.7%)e nei controlli (77.7%) con un OR per TCB di 0.85 (IC95%0.45;1.61). Tra i 5 tipi di HPyV considerati il virus JCV era ilpiù frequente. Nessuno dei 5 HPyV considerati ha mostratouna significativa associazione con il rischio di TCB. L’HPV èstato trovato in 7 casi e 5 controlli (OR=1.52, IC95%0.42;5.45). Inoltre, si sono valutate le caratteristiche associatealla presenza di HPyV. La prevalenza di HPyV era significativamentepiù bassa nei fumatori ed ex-fumatori rispetto aimai-fumatori, e negli uomini rispetto alle donne.Conclusioni. Questo studio non trova associazione tra presenzadi virus HPyV e/o HPV nelle urine e rischio di TCB.Tuttavia, una più bassa frequenza di HPyV DNA nelle donnee nei fumatori o ex-fumatori potrebbe essere dovuta a un differentemodo di acquisizione o di persistenza <strong>del</strong>l’infezione intali soggetti.Tabella. Rischio di TBC per infezione da virus <strong>del</strong> papilloma umano e da poliomavirus.212LA PREVALENZA DEI TUMORI IN ITALIA E IN ALTRI PAESIOCCIDENTALIBuzzoni C, 1 De Angelis R, 2 Guzzinati S, 3 Crocetti E, 4 Capocaccia R, 2Lise M, 5 Dal Maso L 5 e AIRTUM Working group 61 Banca dati <strong>Associazione</strong> italiana registri tumori (AIRTUM) c/o ISPO, Firenze;2 Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione<strong>del</strong>la salute (CNESPS), ISS, Roma; 3 Registro tumori <strong>del</strong> Veneto IOV,IRRCS, Padova; 4 Registro tumori Regione Toscana, ISPO Firenze; 5 SOCepidemiologia e biostatistica, CRO IRCCS Aviano; 6 AIRTUM Workinggroup: Bisanti L, Budroni M, Can<strong>del</strong>a G, Cocchioni M, Contrino ML, CrosignaniP, De Paoli A, Donato A, Donato F, Falcini F, Federico M, FerrettiS, Fusco M, Gennaro V, Giacomin A, La Rosa F, Madeddu A, Mangone L,Mazzoleni G, Michiara M, Paci E, Pannozzo F, Pascucci C, Piffer S, PisaniP, Ponz de Leon M, Ricci P, Rosso S, Serraino D, Sutera Sardo A, TessandoriR, Traina A, Usala M, Vercelli M, Vitarelli S, Zambon PIntroduzione. La prevalenza dei tumori, ovvero il numero dipazienti con una storia personale di tumore presenti nella popolazione,rappresenta una misura di grande rilevanza in terminisia clinici sia di sanità pubblica perché quantifica il carico<strong>del</strong> follow-up richiesto a un sistema sanitario. La prevalenza dipendesia dalla frequenza <strong>del</strong>la malattia sia dai livelli di sopravvivenzanonché, essendo i tumori generalmente una patologia<strong>del</strong>l’età adulto-avanzata, dalla composizione per età<strong>del</strong>la popolazione.Obiettivo. Confrontare la prevalenza per il totale dei tumori eper le principali sedi neoplastiche in Italia con le stime disponibiliper altri Paesi occidentali. Si analizza la prevalenza a 5anni dalla diagnosi, che corrisponde alla fase <strong>del</strong> trattamentoiniziale e <strong>del</strong> più intenso follow-up clinico e strumentale.Metodi. La recente monografia AIRTUM (http://www.registritumori.it/cms/?q=Rapp2010) descrive in dettaglio materiali emetodi utilizzati nel presente lavoro per il calcolo <strong>del</strong>la prevalenza(con la sola eccezione <strong>del</strong> RT di Ragusa, che non ha aderitoallo studio). I dati italiani al 2006 sono stati confrontati con138 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERaltre Regioni italiane, COR (Centro operativo regionale) mesoteliomi,opera in stretta connessione con il registro nazionale(RENAM) e con gli altri registri regionali, con i quali condivi<strong>del</strong>e modalità di raccolta, registrazione e valutazione dei casi.Il registro toscano è comunque attivo già dal 1988, e cioè prima<strong>del</strong>la sua formale istituzione nell’ambito <strong>del</strong>la specifica rete nazionalein ottemperanza al DPCM n.308 <strong>del</strong> 10.12.2002.Obiettivi. Descrivere le caratteristiche <strong>del</strong>la casistica di mesoteliomamaligno raccolta dal COR mesoteliomi <strong>del</strong>la Toscanadal 1988 al 2010 a fronte <strong>del</strong>le modifiche nelle procedure gestionalioccorse nel periodo considerato.Metodi. Si tratta di un sistema di sorveglianza epidemiologicache ha subito nel corso degli anni almeno 4 revisioni <strong>del</strong>le sueprocedure operative: nel 1994 vi è stato un accentramento<strong>del</strong>le modalità di rilevazione <strong>del</strong>le esposizioni, nel 1988 sonostate attivate altre fonti informative oltre alle anatomie patologichecon una rilevazione prevalentemente attiva, nel2003 sono state messe a punto le prime linee guida nazionali(http://www.ispesl.it/ispesl/sitorenam/lineeguida.htm), cheil COR toscano ha da subito iniziato a utilizzare, e nel 2009 èstato definito e attivato un nuovo decentramento <strong>del</strong>le attività.La rete dei servizi sanitari che identificano e/o segnalano i casidi mesotelioma è attiva da più di 20 anni. Le nuove procedureregionali definite nel 2009 hanno impattato solo sulle attivitàdi raccolta e valutazione <strong>del</strong>le informazioni sulle esposizioni adamianto, attività che adesso avvengono in più stretta collaborazionecon i dipartimenti di prevenzione <strong>del</strong>le aziende USLtoscane. E’ infatti previsto che la valutazione <strong>del</strong>l’esposizioneavvenga in doppio, presso la ASL e presso il COR e, successivamente,qualora non vi sia concordanza tra le due valutazionie qualora i casi vengano definiti a esposizione “ignota”, è previstoche si proceda a un’ulteriore valutazione da parte di unpanel regionale di valutatori.Risultati. Dal 1988 al 2010 sono stati registrati 1 278 casi (981in soggetti di sesso maschile e 277 di sesso femminile) in residentiin Toscana. Il 93.2% è a sede pleurica e il 6.8% a sedeextrapleurica. Il tasso di incidenza per l’intero periodo risultapari a 1.92 per 100 000 nei maschi e 0.56 nelle femmine conun rapporto M/I che è passato dal primo periodo di casisticaconsolidata (1988-1993) all’ultimo (2005-2008) da 1.6 a 1.1negli uomini e da 2.0 a 1.3 nelle donne, indice di un miglioramentonelle modalità di identificazione dei casi che notoriamentehanno sopravvivenza mediana inferiore all’anno.Per 1 126 casi è stato possibile raccogliere informazioni per ladefinizione <strong>del</strong>l’eventuale esposizione ad amianto, ma soloper l’86.9% di questi le informazioni sono risultate sufficientiper procedere alla valutazione <strong>del</strong>l’eventuale esposizione adamianto. L’esposizione ad amianto è stata identificata perl’82.2% dei casi maschili e nel 32.9 % dei casi femminili. Laquota di casi a sede pleurica con esposizione professionale“certa” è aumentata nel corso degli anni e si sono ridotti i casicon esposizione “ignota”, che comunque rappresentano ancorauna parte rilevante <strong>del</strong>la casistica: il 18.4% (10.2 tra gli uominie 47.7 tra le donne).Conclusioni. Il sistema di sorveglianza epidemiologia dei mee&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1quelli dei Paesi Scandinavi (http://www-dep.iarc.fr/NORDCAN/english/) al 2006, quelli <strong>del</strong> programma SEER (al 2006)degli Stati Uniti d’America e con i dati <strong>del</strong>la Francia al 2002(Colonna et al., EJC 2008). Tutte le stime di prevalenza sonostate standardizzate sulla struttura per età <strong>del</strong>la popolazione standardeuropea.Risultati. La prevalenza per il totale dei tumori a 5 anni dalladiagnosi risulta in Italia di 1 405 casi ogni 100 000 uomini edi 1 233 casi ogni 100 000 donne (i dati Nordcan sono di 1175 e 1 117 casi rispettivamente, quelli statunitensi 1 655 e 1320 e quelli francesi di 1 271 e 1 094).Riguardo alcune <strong>del</strong>le principali sedi tumorali, la prevalenza a5 anni in Italia per il tumore <strong>del</strong>la mammella è risultata 517per 100 000 donne, 397 per la prostata, per il tumore <strong>del</strong> colon-rettodi 206 e 135 casi per 100 000 uomini e donne, rispettivamente,95 e 29 per il tumore <strong>del</strong> polmone. I corrispondentivalori nel Nordcan sono 483 mammella e 521 peril tumore <strong>del</strong>la prostata, 152 e 124 per il colon-retto, 51 e 38per il polmone. Nel SEER: 532 mammella e 732 prostata, 186e 143 per il colon-retto, 95 e 82 polmone. Per la Francia lastima è di 515 per la mammella e 431 per la prostata, di 172e 108 casi ogni 100 000 uomini e donne per il colon-retto, 99e 22 per il polmone.Conclusioni. Sia per gli uomini sia per le donne, la prevalenzaoncologica complessiva è più elevata in Italia rispetto ai PaesiNord europei e alla Francia, ma inferiore a quella osservata negliStati Uniti d’America, soprattutto per gli uomini. In Italia,così come in Francia, la prevalenza è ancora bassa rispetto aiPaesi scandinavi e USA per il tumore <strong>del</strong> polmone nelle donnee per la prostata. La prevalenza <strong>del</strong> tumore <strong>del</strong>la prostata è particolarmenteelevata negli USA e questo influisce anche sul totaledei tumori.La crescita <strong>del</strong>l’incidenza e i diversi trend temporali, ma ancheil miglioramento avvenuto nella sopravvivenza, hanno contribuitoa determinare in Italia un carico di pazienti tanto elevatoquanto negli altri Paesi analizzati. L’Italia sembra allontanarsisempre più dal mo<strong>del</strong>lo mediterraneo che per molti anni ha determinatolivelli contenuti di incidenza per molti tumori, soprattuttonel meridione. Il progressivo invecchiamento <strong>del</strong>lapopolazione contribuisce inoltre a incrementare il numero assolutodi pazienti oncologici e, quindi, il carico assistenziale relativoai primi 5 anni dalla diagnosi.213I CASI DI MESOTELIOMA REGISTRATI DAL COR MESOTE-LIOMI DELLA TOSCANA DAL 1988 AL 2010 E L’INFLUENZADELLE MODIFICHE DELLE SUE PROCEDURE OPERATIVEChellini E, Silvestri S, Badiali AM, Cacciarini V, Martini AISPO FirenzeIntroduzione. L’ISPO opera su mandato <strong>del</strong>la Regione Toscanaper le attività connesse ai registri dei tumori di origine professionalein Toscana, incluso il registro regionale dei mesoteliomimaligni, ai fini attuativi <strong>del</strong> comma 3 <strong>del</strong>l’art. 244 <strong>del</strong> D.Lgs.81/2008. Il registro dei mesoteliomi, denominato, come nelle139 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1soteliomi maligni ha aggiustato nel corso degli anni le proprieprocedure operative anche alla luce <strong>del</strong>l’esperienza e <strong>del</strong>le competenzee conoscenze acquisite, che hanno permesso di identificaremeglio e più precocemente i casi e definire le esposizioniad amianto, con un lavoro che si avvale di molti operatori deiservizi pubblici di prevenzione.235COSA DICONO SUI TUMORI GLI STUDI LONGITUDINALICARDIOVASCOLARIPannozzo F, 1 Palmieri L, 2 Rossi S, 2 Donfrancesco C, 2 De Sanctis CaiolaP, 2 Giampaoli S 21 AUSL Latina; 2 Istituto superiore di sanità, RomaIntroduzione. Patologie cardiovascolari e tumori costituisconoil 72% <strong>del</strong>la mortalità totale. Per entrambe le patologie esisteuna ricca ricerca epidemiologica; utilizzare gli studi epidemiologicidi entrambe le patologie per la ricerca <strong>del</strong>le cause sarebbemolto utile, ma fino a oggi poco è stato fatto per due motivi:gli studi epidemiologici longitudinali vengono usualmentepianificati per le singole patologie perché troppo dispendiosiper poter raccogliere/misurare fattori di rischio per entrambele patologie e perché le due patologie hanno una modalità dimanifestarsi diversa: mentre le malattie cardiovascolari hannoun esordio acuto, improvviso, una proporzione rilevante va amorte prima di raggiungere l’ospedale, i tumori presentano unquadro che si manifesta più o meno lentamente.Nella provincia di Latina sono stati condotti diversi studi epidemiologicisulle malattie cardiovascolari, inoltre è attivo unregistro tumori. Abbiamo pertanto iniziato a esplorare la possibilitàdi unire i dati provenienti dalle coorti longitudinali <strong>del</strong>progetto CUORE incluse nell’area Latina con quelli raccoltidal registro tumori.Obiettivi. Valutare quali siano i fattori di rischio che accomunanole due patologie; esplorare la possibilità di azioni di prevenzionecomuni: il rischio “favorevole” è protettivo anche peri tumori?Sono obiettivi a cui alcuni studi americani e inglesi hanno giàin parte risposto. Nessuno però fino a oggi è stato in grado diconsiderare insieme eventi fatali e non fatali di entrambe le patologie:tutte le analisi comuni si basano solo sui dati di mortalità.Metodi. L’analisi statistica ha incluso la descrizione dei fattoridi rischio alla linea base, l’analisi univariata (HR e significatività)sui fattori di rischio principali (abitudine al fumo, indicedi massa corporea, consumo di alcol, presenza di diabete e sindromemetabolica), l’analisi multivariata (mo<strong>del</strong>lo di Cox).Come end-point è stata considerata la diagnosi <strong>del</strong> primo tumore.Tutte le analisi sono state condotte aggiustando per età,genere, periodo di arruolamento e titolo di studio.Risultati. Appaiando i dati <strong>del</strong>la linea base <strong>del</strong>lo studio longitudinale(9 752 persone di età 19-77 anni, senza tumori e malattiecardiovascolari alla linea base) con i dati <strong>del</strong> registro tumoriabbiamo identificato 531 tumori nelle donne e 628 negliuomini.I mo<strong>del</strong>li multivariati mostrano che per gli uomini il fattore piùimportante è l’abitudine al fumo, che persiste con lo stesso hazardratio in tutti i mo<strong>del</strong>li mantenendo la significatività,mentre nelle donne la sindrome metabolica entra nel secondomo<strong>del</strong>lo con un hazard ratio che diventa significativo per la sindromemetabolica; la sindrome metabolica si mantiene intutti i mo<strong>del</strong>li.Conclusioni. I risultati dimostrano che l’uso integrato di fontiinformative validate con criteri diagnostici standardizzati (studilongitudinali e registri di popolazione) rappresenta un’opportunitàdi sviluppo per l’epidemiologia (indicatori di frequenza)e per la sanità pubblica (azioni di prevenzione).227SCREENING CON RADIOGRAFIA DEL TORACE IN UNACOORTE DI FUMATORI IN VARESE E RIDUZIONE DELLAMORTALITÀ PER CANCRO DEL POLMONEMantovani W, 1 Poli A, 1 Imperatori A, 2 Tardivo S, 1 Bocchi M, 1 ContiV, 2 Rotolo N, 2 Dominioni L 21 Sezione di igiene e MPAO, Università degli studi di Verona; 2 Centro diricerche in chirurgia toracica, Università <strong>del</strong>l’Insubria di VareseIntroduzione e obiettivi. L’efficacia <strong>del</strong>lo screening per il cancropolmonare (LC) a livello di popolazione è sconosciuta. Inquesto studio l’efficacia <strong>del</strong>lo screening con radiografia <strong>del</strong> torace(Rx), offerto a una coorte ricavata dalla popolazione di fumatori,è stata stimata dal rapporto standardizzato di mortalitàLC (SMR).Metodi. Nel luglio 1997 tutti i soggetti di età compresa tra 45-75 anni, di entrambi i sessi, residenti in 50 Comuni <strong>del</strong>la provinciadi Varese, fumatori (>10 pack-years), senza sintomi riconducibilia LC e giudicati operabili sono stati invitati asottoporsi a screening annuale per una durata di quattro anni.Un totale di 5 815 fumatori (mediana: 32.8 pack-years) hannocostituito la coorte in studio basata sulla popolazione. Il 21%<strong>del</strong>la coorte si è autoselezionato per partecipare, sottoponendosial primo Rx nel periodo 1997-2001; il 79% <strong>del</strong>la coortenon ha partecipato. L’intera coorte ha avuto equo accesso alServizio sanitario nazionale, con l’aggiunta di screening radiograficoper i soli partecipanti. La coorte è stata osservata finoal dicembre 2006, tutti i decessi LC sono stati registrati.Abbiamo stimato il LC-SMR <strong>del</strong>la coorte, in un periodo diotto anni (1999-2006), rapportato alla mortalità LC registratanella popolazione <strong>del</strong>la provincia di Varese, con sovrapponibileaccesso al SSN, Comune di residenza, età, sesso, storiadi fumo e periodo di osservazione.Risultati. Dal 1999 al 2006 sono morti 799 soggetti (114 partecipanti,685 non partecipanti). Nell’intera coorte di fumatoria cui è stato esteso l’invito, durante 8 anni, sono decedute172 persone per cancro <strong>del</strong> polmone [International classificationof diseases, edition IX (ICD-IX) 162.2-162.9], 246 per altreneoplasie (ICD-IX 140-162.0, 163-239), 223 per malattiecardiovascolari (ICD-IX 390-459), 52 per patologiarespiratoria (ICD-IX 460-519) e 106 soggetti per altre cause(ICD-IX 001-139, 240-389, 520-999).140 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERFATTORI DI RISCHIO DELLA SINDROME METABOLICA NEIPAZIENTI DELL’ISTITUTO TUMORI DI NAPOLI:ANALISI DELLESCHEDE DI DIMISSIONE OSPEDALIERACozza V, Crispo A, Grimaldi M, Caolo G, Lodato S, Gatti G, Izzo F,Palaia R, Claudio L, Perdonà S, Montella MIstituto nazionale dei tumori, Fondazione “G. Pascale”, NapoliIntroduzione. Le potenzialità degli archivi <strong>del</strong>le schede di dimissioneospedaliera (SDO) non sono ancora pienamente riconosciutedalla comunità scientifica, tuttavia negli ultimianni alcuni studi hanno fatto ricorso alle SDO per studi epidemiologicie per stimare l’incidenza dei tumori.Obiettivi. Lo scopo <strong>del</strong> nostro studio è valutare la frequenza<strong>del</strong>le principali componenti <strong>del</strong>la sindrome metabolica neipazienti con tumore al fegato, prostata, pancreas e vescica, e divalutarne il rischio relativo attraverso un approccio caso-controllo.Metodi. I dati <strong>del</strong>le SDO ricevuti su supporto magnetico(CD) dalla direzione sanitaria aziendale <strong>del</strong> nostro istitutovanno dal 2003 al 2010, per un totale di 138 061 record. Laselezione dei casi di nostro interesse è avvenuta selezionando icodici diagnostici ICD IX dei tumori al fegato (155.0-155.2),prostata (185.0), vescica (188.0-188.9) e pancreas (157.0-157.9) nella diagnosi principale e nelle 5 diagnosi concomitanti,eliminando dal file i ricoveri ripetuti. I controlli selezioe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Nel periodo 1999-2006 la mortalità annua specifica per cancropolmonare è progressivamente diminuita nella coorte invitatarispetto alla popolazione di riferimento; complessivamente,i decessi sono stati 172 LC nella coorte e 210 nellapopolazione di riferimento. Il LC-SMR (172/210) è stato0.82 (IC95% 0.67;0.99 p=0.048), con il 18% di riduzione<strong>del</strong>la mortalità LC nella coorte in studio.Conclusioni. Pur con la necessità di proseguire nella valutazionedi efficacia, i risultati <strong>del</strong> presente studio suggeriscono che, inuna coorte di fumatori derivata dalla popolazione, la mortalitàper cancro <strong>del</strong> polmone è significativamente diminuita dopol’applicazione di screening con radiografia <strong>del</strong> torace.221ACRILAMIDE NELLA DIETA E RISCHIO DI CANCRO:RISULTATI DI UN NETWORK DI STUDI ITALIANI E SINTESIDELLE EVIDENZE EPIDEMIOLOGICHEGaleone C, 1,2 Pelucchi C, 2 Boffetta P, 2 Talamini R, 1 Levi F, 2 Boyle P, 2La Vecchia C 21 Dipartimento di medicina <strong>del</strong> lavoro “Clinica <strong>del</strong> Lavoro Luigi Devoto”Università degli studi di Milano; 2 Dipartimento di epidemiologia,Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”, MilanoIntroduzione. L’acrilamide è una sostanza chimica industriale,valutata nel 1994 dall’International agency for research on cancere considerata “probabilmente cancerogena” per l’uomo(gruppo 2a) sulla base di studi animali e considerazioni meccanicistiche.Nel 2002 uno studio svedese ha scoperto che lacottura a temperature elevate porta alla formazione di acrilamidein alcuni alimenti, particolarmente in quelli ricchi diamido. Patate fritte, chips e altri snack, cereali da colazione e biscottisono tra gli alimenti in cui sono stati rilevati livelli assolutidi acrilamide più elevati, mentre patate preparate ad altetemperature, pane e caffè contribuiscono la maggior proporzionedi acrilamide nella dieta in Italia e in altri Paesi occidentali.Obiettivi. Nell’ultimo decennio sono stati condotti vari studiepidemiologici per indagare la relazione tra esposizione adacrilamide nella dieta e rischio di vari tumori. Al fine di megliocomprendere tale relazione, abbiamo analizzato i datiprovenienti da un network integrato di studi caso-controllocondotti in Italia e Svizzera e abbiamo condotto una metanalisidegli studi disponibili.Metodi. Dai dati provenienti dal network di studi caso-controlloè stata analizzata la relazione fra intake di acrilamide nelladieta e tumori istologicamente confermati al cavo orale e faringe(749 casi [CA] e 1 772 controlli [CO]), esofago (395 CAe 1 066 CO), colon-retto (1 394 CA e 4 765 CO), laringe (527CA e 1 297 CO), mammella (2 900 CA e 3 122 CO), ovaio(1 031 CA e 2 411 CO), prostata (1 294 CA e 1 451 CO),rene (767 CA e 1 534 CO) e pancreas (326 CA e 652 CO).Gli odds ratio (OR) e i relativi intervalli di confidenza al 95%(IC95%) sono stati calcolati medianti mo<strong>del</strong>li multivariati diregressione logistica. Per la sintesi <strong>del</strong>le evidenze epidemiologiche,la revisione <strong>del</strong>la letteratura è stata condotta seguendole linee guida elaborate dal MOOSE Group. La ricerca bibliograficaha identificando 25 pubblicazioni con risultati suacrilamide e rischio di cancro e la relativa metanalisi è stata condottautilizzando mo<strong>del</strong>li a effetti random, calcolando i rischirelativi (RR) riassuntivi e i relativi IC95%.Risultati. Gli OR per il quintile più alto di intake di acrilamiderispetto al più basso per i vari tumori erano rispettivamente:1.12 (IC95% 0.76;1.66) per cavo orale e faringe, 1.10 (IC95%0.65;1.86) per esofago, 0.97 (IC95% 0.80;1.18) per colonretto,1.23 (IC95% 0.80;1.90) per laringe, 1.06 (IC95%0.88;1.28) per mammella, 0.97 (IC95% 0.73;1.31) per ovaio,0.92 (IC95% 0.69;1.23) per prostata, 0.87 (IC95% 0.65;1.14)per rene e 1.49 (IC95% 0.83;2.70) per pancreas. Nessuntrend di rischio è risultato significativo.I RR riassuntivi <strong>del</strong>la metanalisi per un aumento di 10 µg diedi intake di acrilamide nella dieta erano vicini all’unità per tuttii tumori considerati, variando tra 0.98 per il tumore <strong>del</strong>l’esofagoe 1.01 per i tumori <strong>del</strong> colon, <strong>del</strong>l’endometrio, <strong>del</strong>l’ovaioe <strong>del</strong> rene. Nessuna <strong>del</strong>le stime è risultata significativa. Inun’analisi di sensibilità, l’esclusione di uno studio caso-controllosvedese ha evidenziato un RR riassuntivo di tumore <strong>del</strong>rene pari a 1.04 (IC95% 1.00-1.08).Conclusioni. Gli studi disponibili suggeriscono l’assenza diassociazione tra esposizione ad acrilamide nella dieta e vari tipidi cancro. Le principali relazioni che richiedono un ulterioremonitoraggio riguardano il tumore <strong>del</strong> rene e, a seguito di studipubblicati dopo la conduzione <strong>del</strong>la metanalisi, i tumori <strong>del</strong>l’ovaioe <strong>del</strong>l’endometrio.215141 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1nati sono costituiti da pazienti con diagnosi benigne non correlatealla sede dei casi, opportunamente bilanciati per ciascuntipo di tumore. L’operazione successiva è stata individuare, attraversoi codici ICD IX, le principali comorbidità che, aggregate,costituiscono la sindrome metabolica: diabete (250.0-250.9), cardiopatie (429.0-429.9), ipertensione (401.0-405.0)e obesità (278.0).Un’analisi di regressione logistica (OR e IC95%) è stata effettuataper valutare l’associazione di rischio per i tumori sopracitati e la sindrome metabolica.Risultati. Relativamente a ciascun tumore preso in esame il databaseè costituito da: 983 casi di tumore al fegato (di cui 113casi con diabete, 1 con cardiopatia, 107 con ipertensione e unsolo caso con obesità); 952 casi di tumore alla prostata (di cui73 con diabete, 46 con cardiopatia, 206 con ipertensione e unsolo caso con obesità); 1 130 casi di tumore alla vescica (di cui135 con diabete, 186 con cardiopatia, 228 con ipertensione enessun caso con obesità); 418 casi di tumore al pancreas (di cui40 con diabete, 1 solo caso con cardiopatia, 23 con ipertensionee nessun caso con obesità).L’analisi multivariata aggiustata per età per il tumore al fegatomostra un rischio significativo per il diabete (OR=6.6, IC4.5;9.6) e per l’ipertensione (OR=2.6, IC 1.8;3.5); per il tumorealla vescica mostra un rischio significativo per il diabete(OR=1.42, IC 1.01;2.0), per l’ipertensione (OR=2.6, IC2.1;3.3) e per la cardiopatia (OR=6.3, IC 4.3;9.2); per il tumorealla vescica mostra un rischio significativo per l’ipertensione(OR=3.3, IC 2.5;4.2) e per la cardiopatia (OR=1.7, IC1.1;2.7); infine, per il tumore al pancreas mostra un rischio significativosolo per il diabete (OR=3.7, IC 2.3;5.7).Conclusioni. Attraverso questo studio è stato possibile gestireuna banca dati di elevata numerosità, che ha permesso intempi rapidi di ottenere informazioni sul rischio relativo <strong>del</strong>lecomponenti che determinano la sindrome metabolica conuna particolare attenzione ai tumori al fegato, prostata, pancrease vescica. Si conferma che la sindrome metabolica è associataa questo tipo di tumori, in particolare si evidenzia unrischio <strong>del</strong>le varie componenti <strong>del</strong>la sindrome metabolica, diversificatoa seconda <strong>del</strong> tipo di tumore.Altri studi sarebbero interessanti ai fini <strong>del</strong>l’analisi epidemiologica,ma ulteriori sviluppi di informatizzazione degli archiviospedalieri si rendono necessari per validare e affinare le ricerchee, soprattutto, per poter linkare gli archivi SDO con altrebanche dati.216LE SCHEDE DI DIMISSIONE OSPEDALIERA COME STRU-MENTO DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO ASSOCIATO ALLASINDROME METABOLICA NELLE PAZIENTI DELL’ISTITUTOTUMORI DI NAPOLI: UNO STUDIO DI GENERECrispo A, Grimaldi M, Caolo G, Amore A, Cozza V, Capasso I, D’AiutoM, D’Aiuto G, Lodato S, Pedicini T, Montella MIstituto nazionale dei tumori, Fondazione “G. Pascale”, NapoliIntroduzione. Le potenzialità degli archivi <strong>del</strong>le schede di dimissioneospedaliera (SDO) non sono ancora pienamente riconosciutedalla comunità scientifica, tuttavia negli ultimianni alcuni studi hanno fatto ricorso alle SDO per studi epidemiologicie per stimare l’incidenza dei tumori.Obiettivo. Lo scopo <strong>del</strong> nostro studio è valutare la frequenza<strong>del</strong>le principali componenti <strong>del</strong>la sindrome metabolica nellepazienti con cancro <strong>del</strong>la mammella, <strong>del</strong>l’ovaio e <strong>del</strong>l’endometrioe di valutarne il rischio relativo attraverso un approcciocaso-controllo.Metodi. I dati <strong>del</strong>le SDO, ricevuti su supporto magnetico(CD) dalla direzione sanitaria aziendale <strong>del</strong> nostro istituto,vanno dal 2001 (II semestre) a tutto il 2010, per un totale di77 477 record per il sesso femminile. La selezione <strong>del</strong> campioneoggetto di studio è avvenuta selezionando i codici ICD IX <strong>del</strong>tumore <strong>del</strong>la mammella (174.0-174.9), <strong>del</strong> tumore <strong>del</strong>l’ovaio(183.0-183.9) e <strong>del</strong> tumore <strong>del</strong>l’endometrio (182.0-182.8), eliminandodal file i doppioni (ricoveri ripetuti) ed errori di input;i controlli sono rappresentati da 8 655 donne con diagnosibenigne e non correlate alle sedi dei casi. Il dataset finale è costituitoda 16 350 donne.L’operazione successiva è stata quella di individuare, attraversoi codici ICD IX, le principali comorbidità che aggregatecostituiscono la sindrome metabolica: diabete (250.0-250.9),cardiopatie (429.0-429.9), ipertensione (401.0-405.0) e obesità(278.0). E’ stato calcolato l’odds ratio (OR) e l’intervallodi confidenza al 95% (IC95%) per ogni singola componente<strong>del</strong>la sindrome metabolica.Risultati. I casi di cancro <strong>del</strong>la mammella sono 6 574, 587 i tumori<strong>del</strong>l’ovaio e 534 quelli <strong>del</strong>l’endometrio. La presenza <strong>del</strong>diabete è di 3.3% (N=196), 6.2% (N=28) e 8.3% (N=34) nelledonne con cancro <strong>del</strong>la mammella, ovaio ed endometrio, rispettivamente;la frequenza di donne con obesità grave è statariscontrata soprattutto nel cancro <strong>del</strong>l’endometrio (5.3%) eovaio (2.3%), mentre l’ipertensione è in assoluto più alta trale pazienti con cancro <strong>del</strong>l’ovaio (22.4%).L’analisi multivariata aggiustata per età ha mostrato rischi significativiper il diabete e l’ipertensione in tutti e tre i gruppidi studio. Il dato interessante è l’elevato rischio di obesitànelle pazienti con carcinoma <strong>del</strong>l’ovaio e ancor più alto per l’endometrio(OR=7.5, IC95% 3.6;15.9; OR=17.7, IC95%9.8;32.2).Conclusioni. La possibilità di accesso alle schede di dimissioneospedaliera ci ha permesso di verificare alcune associazionidi rilievo per la ricerca epidemiologica. Attraverso questostudio è stato possibile gestire una banca dati di elevatanumerosità, che ha permesso in tempi rapidi di ottenere informazionisul rischio relativo alle componenti che determinanola sindrome metabolica con una particolare attenzione aitumori <strong>del</strong>la sfera femminile.Si conferma anche con questa analisi che la sindrome metabolicaè associata ai tumori <strong>del</strong>la donna, in particolare si evidenziaun alto rischio per l’obesità. Tale risultato riveste particolarerilevanza anche in considerazione <strong>del</strong>l’aumento <strong>del</strong>laprevalenza <strong>del</strong>l’obesità nelle fasce giovanili <strong>del</strong>la popolazione,specie nella Regione Campania.142 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1236CLUSTER DI LEUCEMIE NEL COMUNE DI MONTOPOLI INVALDARNOPetronio MG, 1 Mugnaini E, 1 Franchini M, 1 Vigotti MA, 2,4 Miligi L, 3Bianchi F, 4 Protti MA, 4 Minniti C, 2 Scala D, 5 Cavazza E, 2 Balli M, 6Guarducci S 61 ASL11 Empoli; 2 Università di Pisa; 3 ISPO FI; 4 IFC-CNR, Pisa; 5 ARPATFirenze; 6 Università di FirenzeIntroduzione. A seguito <strong>del</strong>la segnalazione, da parte di medicidi medicina generale, di un cluster di mortalità per leucemianell’anno 2008 nel Comune di Monopoli in Val D’Arno è statocostituito un gruppo di lavoro e avviata una indagine.Obiettivi. Valutare e validare la presenza di un cluster di leucemie,tramite analisi <strong>del</strong>la mortalità e <strong>del</strong>la incidenza nei Comuni<strong>del</strong>l’ASL11 (15 Comuni, 236 809 abitanti).Metodi. Analisi <strong>del</strong>la mortalità: calcolo degli indicatori standardizzatidi mortalità per i Comuni <strong>del</strong>l’ASL 11 a partire dal1980 e tenendo conto di un indicatore di deprivazione.Analisi <strong>del</strong>la incidenza: per gli 11 Comuni <strong>del</strong>l’ASL 11 ricadentinella provincia di Firenze sono stati esaminati i dati <strong>del</strong>Registro tumori, disponibili fino al 2005; per i 4 Comuni <strong>del</strong>l’ASL11 ricadenti nella provincia di Pisa, e per quelli suddettidal 2005 al 2009, è stato costituito un database (dati clinici eanagrafici) tramite i flussi informativi regionali (SDO-ricoveri,AP-anatomia patologica, RMR-mortalità, Sea-esenzioni).Tali fonti poi sono state validate e integrate con le informazionifornite dai medici di medicina generale e dai pediatri, dall’ambulatoriodi oncoematologia aziendale e, in parte, dalconsumo dei farmaci.Risultati. Le analisi di mortalità confermano la presenza di uneccesso di mortalità per leucemia mieloide tra le donne residentinel Comune di Montopoli e segnalano valori elevati anchenel comune di Cerreto Guidi.Le analisi di incidenza effettuate dal RTT (dal 1995 al 2005per la zona empolese) confermano un eccesso di incidenza dileucemie nelle donne per il Comune di Cerreto e, considerandola zona empolese nel suo insieme, evidenziano un aumentostatisticamente significativo di linfomi di Hodgkin neisoggetti di sesso maschile.Conclusioni. I primi risultati <strong>del</strong>le indagini consigliano di approfondirelo studio. E’ prevista l’analisi di incidenza sui dati<strong>del</strong>l’archivio costruito con le fonti disponibili presso l’ASL 11.E’ prevista altresì un’analisi di cluster e la georeferenziazione dicasi incidenti.osservato nella zona <strong>del</strong>le Apuane sembrerebbe imputabilealla presenza <strong>del</strong> sito inquinato di interesse nazionale (SIN);di contro, l’aspettativa di vita osservata negli abitanti <strong>del</strong>lazona <strong>del</strong>la Lunigiana, più lunga rispetto alla media regionale,sembrerebbe dovuta alla presenza di una “natura ancora incontaminata”.Obiettivi. Lo scopo di questo lavoro è osservare la mortalità,generale e per tumori, e la distribuzione <strong>del</strong>le patologie respiratoriecroniche nella popolazione residente in provincia, ponendoparticolare attenzione alla zona <strong>del</strong>la Lunigiana, facendoriferimento a dati validati, ricavati dai database aziendali.Metodi. E’ stata effettuata un’analisi dei dati di mortalità generale(tassi standardizzati per età, da ARS, nel triennio:2006, 2007 e 2008) e per tumori. E’ stato verificato l’andamento<strong>del</strong> numero di prevalenti per broncopneumopatiacronica ostruttiva (BPCO), cittadini residenti per lo più inLunigiana. I valori ricavati sono stati confrontati con quelliriferiti alla popolazione residente in provincia, nelle duezone, e in Toscana.Risultati. Il tasso di mortalità maschile, riferito alla Lunigiana,per tutti i tumori, risulta pari a 436.19 (x100 000), mentre ilcorrispettivo regionale medio ammonta a 424.64. In Lunigianaappare superiore al corrispettivo toscano anche il tasso di mortalitàmaschile per tutte le cause (1 342.86 vs. 1 284.48). Ledonne residenti in Lunigiana, invece, manifestano un tasso dimortalità per tumori inferiore a quello toscano (204.25 vs.224.29); le stesse mostrano più basso anche il tasso di mortalitàper tutte le cause (796.64 vs. 819.25). La Lunigiana presenta,inoltre, un tasso di mortalità prematura maschile superioreal corrispettivo toscano (263.8 vs. 209.88).La provincia conta complessivamente un numero di prevalentiBPCO 16+, maggiore di quelli rilevati in tutte le altre provincetoscane ma, al suo interno, la popolazione maschile <strong>del</strong>la Lunigianasi distingue anche in virtù <strong>del</strong> rapporto standardizzato(N prevalenti MaCro BPCO/popolazione 16+), che è pari aldoppio <strong>del</strong> corrispettivo toscano: 105.4 vs. 55.8 (x1 000)(ARS, 2009). Parallelamente, le femmine presentano un rapportostandardizzato pari a 51.I livelli descritti, sono stati raggiunti a seguito di una tendenzacrescente, rilevata nelle misurazioni effettuate annualmente, apartire dal 2006 (figura 1).Prevalenza BPCO residenti Lunigiana 16+240ANALISI DELLA MORTALITÀ GENERALE E PER TUMORI INPROVINCIA DI MASSA E CARRARAVivani P, 1 Dell’Amico MC, 1 Biselli G 21 ASL 1 di Massa e Carrara, Unità operativa di epidemiologia; 2 ASL 1 diMassa e Carrara, Direzione medica ospedalieraIntroduzione. Nella popolazione residente nella provincia diMassa e Carrara (MS) l’elevato tasso di mortalità per tumoriFigura 1. Prevalenza BPCO osservata negli anni 2006, 2007, 2008 e 2009, neicittadini residenti in Lunigiana.143 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Conclusioni. La provincia di MS presenta complessivamente untasso standardizzato di mortalità, per tutte le cause, tra i più alti<strong>del</strong>la Toscana (al secondo posto, dopo quello <strong>del</strong>l’AziendaUSL12 di Viareggio). Tale tasso, però, se scomposto per sessi,colloca la mortalità femminile tra i valori regionali più bassi.Analogamente, la prevalenza di BPCO, tanto più marcata tragli uomini residenti in Lunigiana rispetto alle donne, sembrerebbeindicare una marcata ininfluenza <strong>del</strong>l’ambiente “incontaminato”sull’induzione <strong>del</strong>la patologia. Tale discordanza neivalori dei tassi per sesso suggerisce una ricerca più approfonditadi quei fattori potenzialmente determinanti la maggiorelongevità femminile, tenendo in considerazione anche gliaspetti più prettamente culturali, come gli usi e i costumi locali<strong>del</strong>le donne.144 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione PosterQualità <strong>del</strong>l’assistenza70PER UNA CORRETTA STIMA DEI COSTI RIFERITI AI MEDICIDI MEDICINA GENERALE. I DATI DI CONSUMO DI FARMACIDELL’ASSL 10 DEL VENETOPiergentili P, 1 Paccagnella O 21 Distretto <strong>del</strong> litorale, ASSL 10 Veneto orientale, Caorle (attualmenteUlss13 <strong>del</strong> Veneto); 2 Dipartimento di scienze economiche, Università diPadovaIntroduzione. Periodicamente medici di medicina generalevengono coinvolti in indagini di corpi di polizia o <strong>del</strong>la magistraturacontabile per “iperprescrizione”. Tali addebiti derivanoda analisi di volumi tariffari di spesa generati dal, o addebitatial, medico di famiglia, paragonati, si suppone, a parametri oggettiviquali, per esempio, la media dei costi a livello regionaleo nazionale. Non a caso si suppone, in quanto le metodologieadottate per individuare i cosiddetti “iperprescrittori” nonsono facilmente accessibili, essendo documenti di indagine giudiziaria,e quasi mai vengono pubblicate le metodologie di analisio i risultati dopo le indagini, come avviene con i lavoriscientifici.Obiettivi. Il presente studio si propone di valutare se approccicosì diretti siano adeguati o meno per lo scopo che si prefiggono,e vuole proporre un metodo per introdurre il risk adjustmentnella valutazione attraverso dati amministrativi <strong>del</strong> costodei trattamenti in medicina primaria.Metodi. L’analisi riguarda i farmaci prescritti a residenti <strong>del</strong>l’ASSL10.Sono stati utilizzati i principali database prodottiroutinariamente per la gestione di alcune funzioni amministrativeaziendali. I dati si riferiscono al 2004. I database sonostati analizzati congiuntamente tramite record linkage basato sulcodice sanitario <strong>del</strong>l’assistito. Sono stati esclusi i record di pazienticui non sia stato possibile associare un medico di famigliain anagrafe. E’ stato elaborato un mo<strong>del</strong>lo predittivo tobitbasato sulle esenzioni ticket degli assistiti avente comevariabile dipendente il costo dei farmaci assunti.Risultati. Nell’ASSL10 operano circa 150 medici di medicinagenerale. La popolazione assistita è di circa 209 000 persone.La spesa è stata di € 38 400.910. La spesa media lorda è€ 247 790,10 (ds 103 003.39).Esaminando la distribuzione <strong>del</strong>la spesa per medico secondovari mo<strong>del</strong>li, si nota come il medico con la più alta spesa assolutadiventi il secondo quando si consideri la spesa procapite,il 12° quando si consideri la spesa standardizzata per sesso edetà e il 44° se si considera il rapporto osservato/teorico doporisk adjustment. La varianza spiegata dal mo<strong>del</strong>lo è <strong>del</strong> 35%,mentre quella spiegata solo da sesso ed età è <strong>del</strong> 18%.Commenti. Dai dati risulta evidente che un approccio che nontenga conto <strong>del</strong>la necessità di procedere all’analisi attraverso appropriatemetodologie di risk adjustment fornisce risultati iniquie fuorvianti. Non solo bisogna tener conto <strong>del</strong>la complessitàe <strong>del</strong>la severità <strong>del</strong>la casistica trattata da ciascun medico, maanche <strong>del</strong> fatto che pure il miglior strumento di misura <strong>del</strong> casemixnon riesce a spiegare più di una quota <strong>del</strong>la variazione dovutaa condizioni inerenti al paziente. E’ inoltre evidente cheindicatori basati solo sulla standardizzazione per età e sesso nondanno risultati sufficientemente equi, in quanto (anche in letteratura)riescono a spiegare una quota di varianza limitata.I dati relativi alle esenzioni ticket sembrano promettenti comebase per costruire mo<strong>del</strong>li di risk adjustment. Tali dati sono fornitida una rilevazione routinaria, ormai largamente informatizzata.Sono in pratica l’unica rilevazione che fornisce dati sanitaridi popolazione. E’ vero che la loro completezza è dubbiae variabile da azienda ad azienda, tuttavia il loro potenziale informativoin termini di valutazione sanitaria non è mai statoveramente esplorato. I risultati <strong>del</strong>le analisi riportate in questostudio ci sembra dimostrino al contrario una loro promettentepotenzialità.244INFORMATIZZAZIONE DELLA RACCOLTA DATI PER GLI STUDISPERIMENTALI IN ONCOLOGIA: IL PROGETTO EPICLINStralla S, Saccona F, Michelis M, Brunetti F, Casalone U, MonaghedduC, Ceccarelli M, Ciccone GSSCVD epidemiologia clinica e valutativa, AOU San Giovanni Battista diTorino e CPO PiemonteIntroduzione. Il Centro di epidemiologia clinica per gli studisperimentali in oncologia si pone l’obiettivo di fornire supportometodologico a gruppi di ricerca attraverso la collaborazioneal disegno, alla conduzione e all’analisi di studi clinici, considerandoin modo prioritario gli studi spontanei non commerciali.A tale scopo, grazie al sostegno <strong>del</strong>la Compagnia diSan Paolo, nel 2003 è stata avviata la progettazione <strong>del</strong> sitoEPICLIN (acronimo di “EPIdemiologia CLINica)http://www.epiclin.it/ per mettere a disposizione strumenti informatizzatifinalizzati alla gestione e raccolta dati (case reportforms, CRFs) dei trial.Obiettivi. Realizzare un’applicazione web per facilitare la raccoltadi dati nell’ambito di studi sperimentali (in sostituzione145 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1<strong>del</strong>le tradizionali schede cartacee), il monitoraggio clinico el’analisi statistica. L’applicazione è stata ideata per favorire la gestionedi studi multicentrici in ambito oncologico e oncoematologicosu scala nazionale o internazionale, promossi inparticolare dalla Rete oncologica <strong>del</strong> Piemonte e <strong>del</strong>la Valled’Aosta, dalla Fondazione italiana linfomi e dalla Fondazioneitaliana sindromi mielodisplastiche.Metodi. Il sito è stato sviluppato internamente alla struttura daun team di informatici, coordinato da epidemiologi e da sperimentatoridei trial per la progettazione <strong>del</strong>le CRFs e le strutturelogiche di raccolta dati. Attraverso una struttura modulareche garantisce la flessibilità <strong>del</strong> sistema di data-entry, sonostate implementate diverse aree a supporto dei trial e acquisiteinformazioni cliniche comuni provenienti da archivi storici eregistri di patologia.Le aree operative sono state realizzate ad accesso riservato ai soliutenti autorizzati e nel rispetto <strong>del</strong>le misure di sicurezza previstidall’attuale normativa in materia di privacy e trattamentodei dati sensibili (D.Lgs. 196/2003). In ogni area sono staterese disponibili procedure automatizzate di arruolamento pazientie assegnazione di codici identificativi, automatizzazionee controllo <strong>del</strong>le operazioni di randomizzazione, centralizzazione<strong>del</strong>la gestione dei referti da parte dei laboratori analisi,registrazione in tempo reale di eventi avversi e tossicità incorso di terapia.Per l’accessibilità a centri di arruolamento esteri, l’interfaccia<strong>del</strong> sito è stata sviluppata anche in inglese. Vengono garantitiun servizio continuo di manutenzione <strong>del</strong>l’applicazione e operatività<strong>del</strong> server ospite, amministrazione e assistenza agliutenti <strong>del</strong> sito e sicurezza <strong>del</strong>l’informazione trattata attraversofrequente backup dei dati.Risultati. Il sito EPICLIN, online dal maggio 2004, consentedi effettuare una raccolta dati via web in associazione o in sostituzionealle tradizionali schede cartacee. A oggi (luglio 2011)sono attive 23 aree di lavoro, corrispondenti a 22 studi clinici(13 di fase II e 9 di fase III) e <strong>del</strong> database dei registri regionali<strong>del</strong>le sindromi mielodisplastiche. La realizzazione di questostrumento ha permesso di coinvolgere strutture italiane e straniere(20) con un’intensa e costruttiva collaborazione, indispensabileper la riuscita degli studi clinici. Complessivamenterisultano coinvolti 238 centri, alcuni dei quali attivi su piùstudi. Il monitoraggio continuo e in tempo reale <strong>del</strong>le raccoltedati permette di valutare l’attività svolta da ogni singolo centro,con particolare attenzione alla completezza e alla correttezzaformale <strong>del</strong>le informazioni raccolte. La mediana di centriattivi per ciascuno studio clinico è 20 (range: 1-77). Ipazienti arruolati e inseriti negli studi sono 2 151, quelli neiregistri 1 827.Conclusioni. La raccolta dati via web rappresenta un supportoorganizzativo apprezzato dai clinici, con un incremento <strong>del</strong>lecollaborazioni negli anni con il Centro di epidemiologia clinica.Inoltre lo sviluppo <strong>del</strong>l’applicazione web con risorse interneal Centro consente una elevata flessibilità di utilizzo daparte degli sperimentatori e una costante collaborazione allosviluppo <strong>del</strong>le diverse aree.71STIMA DELLA PREVALENZA DELLA MALATTIA DIPARKINSON NEL LAZIO ATTRAVERSO L’ANALISI DELLAPRESCRIZIONE DI FARMACI TRACCIANTIScalmana S, 1 Di Napoli A, 1 Franco F, 1 Di Lallo D, 1 Vanacore N, 2Guasticchi G 11 Laziosanità, Agenzia di sanità pubblica <strong>del</strong>la Regione Lazio, Roma;2 Centro nazionale di epidemiologia, Istituto superiore di sanità, RomaIntroduzione. La malattia di Parkinson (MP) è la più frequentepatologia neurodegenerativa dopo la malattia di Alzheimer.La prevalenza aumenta con l’età, rappresentando unrilevante problema di sanità pubblica per l’invecchiamento<strong>del</strong>la popolazione. Non esistono archivi per la rilevazione sistematicadei casi di MP, tuttavia, la rilevazione <strong>del</strong>la prescrizioneregolare di farmaci specifici per il trattamento <strong>del</strong>la MPpotrebbe consentire l’individuazione <strong>del</strong>le persone affette.Obiettivi. Stimare la prevalenza di persone con MP nel Lazio,analizzando le prescrizioni di farmaci per MP, raccolte attraversol’archivio regionale <strong>del</strong>la farmaceutica territoriale.Metodi. Nell’ambito di un progetto di ricerca finalizzata <strong>del</strong>Ministero <strong>del</strong>la salute, è stato condotto uno studio retrospettivoper gli anni 2005-2009 sulle prescrizioni di farmaci “traccianti»per MP (codice ATC N04) a persone con età ≥45 anni.Si è definito come caso un soggetto che ha ricevuto un trattamento“specifico” e “consistente”. Si è considerato “specifico”un trattamento con almeno una prescrizione di L-dopa (codiceATC N04BA) e/o selegilina/rasagilina (codice ATC N04BD),<strong>del</strong>la durata di almeno 6 mesi. Tra i trattamenti “specifici” siè considerato “consistente” quello con una copertura di almenoil 30% <strong>del</strong> periodo di terapia per MP, calcolato come tempointercorso tra la data di prima e ultima prescrizione. Si è stimatoil periodo di copertura nell’assunzione <strong>del</strong> farmaco comeprodotto <strong>del</strong>la “defined daily dose” (DDD) per il numero diconfezioni prescritte. Per i soggetti che rientravano nella definizionedi trattamento “specifico”, ma non “consistente”, sonostati individuati ulteriori casi di MP, nel caso di una coperturacon L-dopa e/o selegilina/rasagilina di almeno il 70% <strong>del</strong> periodocomplessivo di assunzione <strong>del</strong>la terapia per MP. Una voltaindividuati i casi di MP, è stata calcolata la prevalenza a giugno2009, considerando come “casi di MP prevalenti” le personecon una prescrizione per MP la cui copertura nell’assunzionedi un farmaco per MP comprendeva questo mese indice.Risultati. Nel periodo 2005-2009, 131 922 soggetti di età ≥45anni hanno ricevuto almeno una prescrizione di farmaco antiparkinsoniano.Tra questi, 78 423 soggetti hanno avuto almenouna prescrizione di L-dopa e/o selegilina/rasagilina, di cui 31 984per almeno 6 mesi. Tra questi casi “specifici”, 22 611 soggettihanno avuto prescrizioni per MP che coprivano almeno il 30%<strong>del</strong> periodo di trattamento (casi “consistenti”). Tra i 9 373 casi“specifici”, ma non “consistenti”, 7 469 hanno avuto una coperturacon L-dopa e/o selegilina/rasagilina ≥70% <strong>del</strong> periododi trattamento con farmaci per MP. Pertanto, in totale, 30 080soggetti (1 344 023 prescrizioni) hanno assunto in maniera“specifica” e “consistente” una terapia per MP nel 2005-2009.146 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1I casi prevalenti di malattia di Parkinson a giugno 2009 sono stati15 599. L’età media era 77 anni (DS: 9). Le donne erano il50.6%. Nel Lazio, a giugno 2009, il tasso di prevalenza grezzostimato è stato di 654 casi di MP per 100 000 abitanti tra gli uomini,e di 557 casi per 100 000 donne (età ≥45 anni).Conclusioni. Il metodo utilizzato, già validato in un precedentestudio italiano, basato sulla individuazione dei casi di MP attraversol’analisi <strong>del</strong>l’utilizzo di un farmaco-tracciante, si è rivelatoparticolarmente adatto alla stima <strong>del</strong>la prevalenza di unamalattia cronica neurodegenerativa, frequente negli anziani,consentendo di stimare la prevalenza di MP nella popolazioneregionale di oltre 5 000 000 di abitanti. Tale patologia potrebbeessere rilevabile più difficilmente con l’analisi di altri sistemi informativiregionali correnti, quali quelli per i ricoveri in acuzie(SIO), post-acuzie (RAD-R) e per la riabilitazione extraospedaliera(SIAR), ambiti nei quali è poco probabile chepazienti con MP siano trattati. Il tasso di prevalenza di personecon MP da noi stimato con questa metodologia è risultato simileai valori osservati in studi italiani.78IL PAZIENTE CON MIELOLESIONE: VALUTAZIONE DEIBISOGNI SOCIOASSISTENZIALI PER LA PRESA IN CARICOINTEGRATAMamo C, 1 Fossarello L, 2 Maggiorotti PG, 2 Manassero A, 3 Bianco S, 1Mondo L 11 Servizio sovrazonale di epidemiologia-ASL TO3; 2 <strong>Associazione</strong> coordinamentopara-tetraplegici Piemonte; 3 Neuro-urologia, USU CTO, TorinoIntroduzione. Le lesioni midollari da trauma rappresentanocondizioni altamente disabilitanti, in genere permanenti, il cuicarico assistenziale tende all’incremento. Rimangono carenti,a livello nazionale e regionale, valutazioni dei bisogni dei pazientile quali sarebbero di grande utilità per la presa in caricointegrata sociosanitaria.Obiettivi. Esplorare gli ambiti socioassistenziali e relazionali deimielolesi residenti nell’area torinese, per ottenere indicazioniutili alla definizione dei livelli assistenziali.Metodi. Un gruppo di lavoro multidisciplinare ha redatto unquestionario standardizzato da somministrare con intervista aun campione casuale di mielolesi afferenti presso il DH <strong>del</strong>l’Unitàspinale unipolare <strong>del</strong> CTO di Torino, rappresentativi<strong>del</strong>la popolazione seguita presso la struttura.Risultati. Sono stati intervistati 30 pazienti (23 uomini), di cui4 stranieri; età media: 41 anni per i paraplegici, 43 per i tetraplegici;oltre il 60% ha un titolo di studio pari o superioreal diploma. Al momento <strong>del</strong>la lesione 26 erano occupati; attualmentelo sono 18. I paraplegici sono 21 (70%), 9 i tetraplegici.Dei 29 casi dovuti a trauma, 19 sono stati causati daincidente stradale, 2 da infortunio sul lavoro, 2 da incidentedomestico, 2 da incidenti sportivi, 1 da un atto di violenza, 2per errori durante procedure chirurgiche.Riguardo l’autonomia funzionale quotidiana percepita alla dimissionee al momento <strong>del</strong>l’intervista, tra i paraplegici si hannomiglioramenti (capacità di alzarsi dal letto, controllo sfinterico,vestizione, capacità di muoversi). Tra i tetraplegici i miglioramentisono maggiori (statisticamente significativi per controllosfinterico e movimento autonomo). Le donne presentanotutti gli indici di funzionalità percepita, alla dimissione e attuali,migliori rispetto agli uomini. Per spostarsi fuori casa 23pazienti (76%) usano un mezzo proprio, 7 i mezzi pubblici.Per quanto riguarda l’assistenza ricevuta, 5 pazienti (17%) sonoseguiti dal coniuge, 17 dalla madre, in maniera esclusiva in 2 casi;11 dal padre, 6 esclusivamente da personale a pagamento e 1 nonrichiede nessun aiuto. Quattro pazienti ricevono assistenza domiciliaresanitaria pubblica e 4 sociale, 2 assistenza domiciliareda volontariato. Tutti seguono un programma di riabilitazione.Nell’arco <strong>del</strong>l’ultimo anno, 26 (87%) hanno subito almeno unricovero, la maggior parte dei quali programmati e in struttureUSU. Sotto l’aspetto relazionale non si rilevano differenze significativetra la situazione prima <strong>del</strong>la lesione e quella attuale:20 risiedono in famiglia (67%), 8 in coppia, 1 da solo, 1 in comunità.Oltre il 50% dichiara di essere in una fase reattiva. I 3intervistati che hanno figli dichiarano di avere con loro un rapportopiù positivo; solo 1/4 ritiene di avere un rapporto migliorecon amici e parenti. Oltre il 60% non si sente un peso. Perquanto riguarda la vita sociale e il tempo libero, 11 (37%) vannoal cinema, teatro e concerti, 10 a un circolo o un bar, 9 all’aperto,4 partecipano a incontri di associazioni di para-tetraplegici.Rispetto alle tre cose di cui avvertono più la necessità: 8 (27%)vorrebbero un’attività lavorativa, 7 muoversi più liberamente,7 una casa propria, 7 una vita sessuale, 4 vorrebbero figli, 4 assistenzapiù adeguata; 9 pazienti (30%) ritengono di avere spesetroppo alte per l’abitazione, 12 lamentano barriere architettoniche;13 (43%) considerano insufficienti le risorse economichefamiliari. L’età influenza i bisogni (maggiori nei soggetti piùgiovani) e si osservano differenze, a volte marcate, per genere.Conclusioni. Lo sviluppo <strong>del</strong>le capacità di autonomia <strong>del</strong> pazientee la sua inclusione sociale sono elementi cardine per ilmiglioramento <strong>del</strong>la qualità <strong>del</strong>la vita. I risultati preliminariconsentono di individuare problematiche meritevoli d’approfondimento(si prevede la valutazione di un campione più ampio),e possano indirizzare la programmazione <strong>del</strong>l’assistenzaterritoriale integrata sociosanitaria.246I RICOVERI OSPEDALIERI ESEGUITI A FAVORE DI PAZIENTIARRUOLATI IN PROGRAMMI DI ASSISTENZA PER NONAUTOSUFFICIENTIVivani P, 1 Dell’Amico MC, 1 Biselli G 21 ASL 1 di Massa e Carrara, Unità operativa di epidemiologia; 2 ASL 1 diMassa e Carrara, Direzione medica ospedalieraIntroduzione. La presa in carico dei cittadini non autosufficienti,“NA”, ultrasessantacinquenni, da parte <strong>del</strong>l’Unità di valutazionemultidimensionale (UVM) territoriale, e la conseguenteredazione di un Piano di assistenza personalizzato(PAP), potrebbero, in taluni casi, non essere sufficienti a indurreuna riduzione dei ricoveri ospedalieri dei pazienti seguitidalla “medicina di attesa”.147 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Obiettivi. Lo scopo di questo studio è verificare se l’arruolamentodi pazienti ultra65enni, nei programmi di assistenza territoriale,ha ridotto i volumi dei ricoveri ospedalieri e ottimizzatole relative tipologie in una zona montana.Metodi. E’ stato eseguito un confronto di dati relativi all’attività(UVM) eseguita in zona nell’anno 2009, tra quelli prodottidall’Agenzia regionale di sanità (ARS) e quelli presenti in altriarchivi (SDO, SPA e anagrafe), gestiti dai sistemi aziendali.Risultati. Nel 2009 sono stati seguiti complessivamente 422 pazienti(over 65 e NA), con livello di isogravità da 0 a 5. Il32.79% e il 32.63% di questi si collocano, rispettivamente,nelle fasce di isogravità 4 e 5 (secondo normativa regionale vigente).Di costoro, 129 hanno avuto almeno un ricovero inospedale (30.6%). Il numero totale dei ricoveri, su questi 129pazienti, è stato 218, di cui 193 di tipo medico e 25 di tipo chirurgico.Il totale <strong>del</strong>le giornate di degenza è pari a 1 897.Il tasso di ospedalizzazione (TO) limitato a questa piccola popolazionedi arruolati, calcolato ponendo al numeratore il numerodi ricoveri (218) e al denominatore la popolazione di tuttigli arruolati (422), è pari a 516.58 per mille.Il TO di tutta la popolazione ultrasessantacinquenne residentenella zona di competenza aziendale (nel 2009, 15 207 cittadini),è pari a 363.58 per mille. Tali ricoveri hanno interessato3 382 cittadini (22.2%).Il TO di tutta la popolazione ultrasessantacinquenne residente,escludendo sia al numeratore sia al denominatore i numeria carico <strong>del</strong>l’UVM, è pari a 359.22 per mille.La percentuale dei ricoveri di tipo medico su quelli chirurgiciè pari all’88.53%.Delle 129 persone in carico all’UVM e ricoverate almeno unavolta nell’anno, 8 hanno avuto più di tre ricoveri.Dall’osservazione dei dati appare evidente che, nonostante ilpiano di presa in carico attiva da parte <strong>del</strong> servizio territoriale,i pazienti assistiti si caratterizzano per un TO molto alto, indicativodi una popolazione apparentemente affetta da patologieacute. In realtà, tra le patologie principali causa <strong>del</strong>la presain carico si annoverano (elencate in ordine di frequenza): demenza(30.55%), ictus (9.86%), tumori (7.36%), malattieosteoarticolari (5.83%), malattie cerebrovascolari (4.86%), emorbo di Parkinson (4.44%). Potrebbe essere utile rivalutarele procedure attualmente adottate per la gestione a domicilio<strong>del</strong>le patologie croniche nell’anziano.247COSTO-EFFICACIA DEL FOLLOW-UP DEL CARCINOMADELL’ENDOMETRIO: UNA ANALISI PRELIMINARETrimaglio F, 1 Pagano E, 2 Ciccone G, 2 Piovano, E, 3 Zola P 31 Osservatorio regionale per l’innovazione (ORI),Agenzia sanitaria e socialeregionale Emilia-Romagna; 2 Centro di riferimento per l’epidemiologiae la prevenzione oncologica in Piemonte, CPO Piemonte; 3 Dipartimentodiscipline ginecologiche ostetriche, Università degli studiTorinoIntroduzione. Il carcinoma <strong>del</strong>l’endometrio (CE) è la patologiaginecologica più diffusa, caratterizzata da diagnosi precoce,elevata sopravvivenza a lungo termine (76% a 5 anni), ma prognosisfavorevole in caso di recidiva (sopravvivenza <strong>del</strong> 26% a5 anni). In Piemonte si stima una prevalenza di 406 casi ogni100 000 abitanti, una incidenza pari a 642 casi ogni anno e unamortalità di 127 casi/anno. La pratica clinica, anche sotto laspinta di nuove tecnologie disponibili, ha seguito nel tempo unprocesso di intensificazione dei regimi di follow-up, nonostantei risultati di diversi studi retrospettivi ne indicassero una incertaefficacia.Obiettivi. La mancanza di dati di efficacia dei diversi regimi difollow-up ha portato alla definizione di uno studio prospetticorandomizzato (TOTEM) che mette a confronto due diversi regimi(minimale, RM vs. intensivo, RI). In attesa dei risultati,si è deciso di esplorare cosa succederebbe al rapporto incrementaledi costo-efficacia (RICE) se le ipotesi in studio venisseroconfermate.Metodi. E’ stata condotta una analisi di costo-efficacia (puntodi vista: SSR <strong>del</strong> Piemonte, scenario base: RM). I dati utilizzatisi basano su letteratura, database sanitari e opinione degliesperti. E’ stato costruito un mo<strong>del</strong>lo di Markov (3 stati, 12 cicliannuali) con albero decisionale per la stratificazione <strong>del</strong> rischio.La sopravvivenza nel RI è data dalla somma <strong>del</strong>la sopravvivenzanel RM più un 5% a 5 anni (TOTEM). Solo i costi <strong>del</strong> settoresanitario sono stati considerati. Costi ed effetti sono statiscontati a un tasso <strong>del</strong> 3%. Si sono condotte analisi di sensibilitàa una via e probabilistiche. La valutazione economica èstata condotta secondo le linee guida <strong>del</strong>l’<strong>Associazione</strong> italianadi economia sanitaria.Risultati. Nel caso base, il RICE per il RI è risultato pari a€ 679 533.81 per anno di vita guadagnato (AVG). L’analisidi sensibilità a una via dimostra come l’età e il tasso di scontosiano le variabili che maggiormente influenzano il RICE(mai


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1(l’analisi probabilistica individua risultati ampiamente stabili).Ciò è probabilmente dovuto alla bassa probabilità di recidiva(indipendente dal regime adottato), associata a una prognosisfavorevole.L’attività clinica dovrebbe essere orientata verso l’implementazionedi regimi minimalisti di follow-up, evitando regimi intensiviper i pazienti a basso rischio e circoscrivendoli all’interno<strong>del</strong> trial TOTEM per quelli ad alto rischio. Anche unarevisione <strong>del</strong> protocollo di studio andrebbe considerata.65EFFETTO SULLA SOPRAVVIVENZA DEL CAMBIO DIMODALITÀ EMODIALITICA IN UNA COORTE DI SOGGETTIIN DIALISI CRONICASalvatori MF, Di Napoli A, Franco F, Di Lallo D, Guasticchi G per ilRegistro regionale dialisi e trapianto <strong>del</strong> LazioLaziosanità, Agenzia di sanità pubblica <strong>del</strong>la Regione Lazio, RomaIntroduzione. Diversi studi hanno valutato l’effetto sulla sopravvivenzadi soggetti con insufficienza renale cronica terminaleche iniziavano l’emodialisi cronica con una modalità ditrattamento di tipo diffusivo (emodialisi bicarbonato) ovverodi tipo convettivo (emodiafiltrazione). Inoltre, vari studi hannoosservato come nel corso <strong>del</strong>la storia dialitica molti soggetti passinoda un trattamento iniziale di emodialisi bicarbonato allaemodiafiltrazione. Gli eventuali effetti sulla sopravvivenza ditale cambio di metodica sono stati poco indagati.Obiettivi. Il presente studio si propone di valutare i determinanti<strong>del</strong> passaggio da emodialisi bicarbonato alla emodiafiltrazionee l’eventuale effetto di questo cambio di metodica sullasopravvivenza dei pazienti che avevano iniziato la dialisi cronicain emodialisi bicarbonato.Metodi. Studio retrospettivo di una coorte dei 3 815 pazienticon insufficienza renale cronica terminale che avevano iniziatoun trattamento dialitico cronico con emodialisi bicarbonato,nel 2004-2008 e notificati al Registro regionale dialisi e trapianto<strong>del</strong> Lazio. Abbiamo effettuato due mo<strong>del</strong>li di regressionedi Cox: 1) per valutare i fattori associati al passaggio da emodialisibicarbonato alla emodiafiltrazione; 2) per valutare l’effetto<strong>del</strong> passaggio da emodialisi bicarbonato alla emodiafiltrazionesulla sopravvivenza; in quest’ultimo mo<strong>del</strong>lo, latipologia di emodialisi (emodialisi bicarbonato o emodiafiltrazione)è stata considerata come variabile tempo-dipendente(prima e dopo il passaggio). In entrambi i mo<strong>del</strong>li sono stateincluse tutte le variabili, registrate all’ingresso in dialisi cronica,che erano associate all’esito con una p


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1<strong>del</strong>le distribuzioni dei comportamenti, tenere nella debitaconsiderazione la distribuzione fra gli assistiti <strong>del</strong>le patologiee <strong>del</strong>la loro severità.Obiettivi. Il presente studio si propone quindi di produrre mo<strong>del</strong>lidi risk adjustment per la valutazione dei comportamentiassistenziali dei MMG basati su database amministrativi e divalutare se le esenzioni dal ticket costituiscono uno strumentovalido a tale scopo.Metodi. Sono stati raccolti i principali database amministrativia disposizione <strong>del</strong>la Regione FVG per il 2007. I medesimi, resianonimi con la sostituzione <strong>del</strong> codice fiscale con un codice generatoin modo casuale, sono stati linkati attraverso quest’ultimocodice in modo da ricostruire il profilo dei servizi ricevuti daogni assistito; i dati sono poi stati analizzati con mo<strong>del</strong>li multivariaticonsiderando come variabile dipendente il valore tariffario<strong>del</strong>le prestazioni ricevute e come regressori un insieme divariabili riferite a condizioni sanitarie <strong>del</strong>l’individuo, definite permezzo <strong>del</strong> database <strong>del</strong>le esenzioni ticket. E’ stato scelto il valoretariffario non per ricostruire i costi, ma come stima <strong>del</strong> caricodi risorse richiesto al SSN. E’ stato utilizzato il mo<strong>del</strong>lo multilivello“tobit”, tra l’altro adatto per analizzare insieme dove visono variabili dipendenti con alte percentuali di valore 0.Risultati. Il database analizzato includeva 1 067 239 cittadinicon MMG <strong>del</strong>la Regione FVG nel 2007 e 1 129 MMG. Lepersone con almeno una esenzione dal ticket erano 461 532.L’analisi dimostra che in base all’esenzione dal ticket e ad alcunealtre condizioni è possibile costruire mo<strong>del</strong>li statistici predittivi<strong>del</strong> consumo di risorse sanitarie individuale (non riportatiqui per motivi di spazio), relativi sia alla somma deivalori tariffari, sia ai singoli settori: ospedalizzazione, farmaci,specialistica. Tali mo<strong>del</strong>li permettono di definire il valore predittivo<strong>del</strong> possesso di una particolare esenzione dal ticket o dialcune altre condizioni (gravidanza, ultimo anno di vita); i mo<strong>del</strong>lispiegano inoltre quote consistenti di varianza (es: il 45%per la spesa tariffaria complessiva). I mo<strong>del</strong>li spiegano inoltrecirca il doppio <strong>del</strong>la varianza spiegata dalle variabili età e sesso.Infine, la varianza residua attribuibile ai MMG è molto bassa,per i ricoveri ospedalieri praticamente nulla.Conclusioni. Le esenzioni dal ticket, assunte come estimatori<strong>del</strong>la prevalenza di alcune patologie nella popolazione, si rivelanoessere buoni predittori <strong>del</strong> livello di uso di risorse sanitarie.La standardizzazione per età e sesso è insufficiente come strumentoper rendere equi gli indicatori di attività <strong>del</strong> MMG. Losviluppo di più sofisticati mo<strong>del</strong>li di risk adjustment è necessarioper tener conto <strong>del</strong>la complessa variabilità <strong>del</strong>la casistica.La bassa variabilità residua attribuibile ai MMG dopo risk adjustmentè già stato riportato in letteratura, anche se non nellamisura osservata nel presente studio (in particolare per l’ospedalizzazione).Per spiegare questo fenomeno, si può pensare all’ampiezza<strong>del</strong> campione, al fatto che la variabile dipendente èil valore economico dei beni e servizi, e non il loro numero, oppureun collegamento con i valori molto buoni di spesa, ospedalizzazione,prescrizione di farmaci osservabili in Regione FVG.Tale metodologia dovrebbe essere tenuta presente nello stimarei costi standard di assistenza.73EQUITÀ DELLA SALUTE:TRA BIOETICA ED EPIDEMIOLOGIABarbini NINRCA-IRCCS AnconaLa salute ha molte dimensioni: dall’assenza di malattia alle capacitàdi funzionali, dal senso di benessere alla influenza di determinantilavorativi, ambientali, sociali, economici.Definire con chiarezza quale è un problema di salute e cosa lorende prioritario in una comunità è una questione difficile, siasu dati epidemiologici, sia su aspetti bioetici, poiché azioni acarattere preventivo o nocivo sullo stato di salute potrebberoavere effetti visibili solo dopo anni. Comunque a esso si puòrispondere secondo il diverso grado di efficienza con cui i sistemisanitari si organizzano, sono finanziati e reagiscono ai bisogni<strong>del</strong>la popolazione.La salute nella popolazione è soprattutto determinata da fattorisocioeconomici indipendenti dai sistemi sanitari; ma gli individuisono portati a ritenere che “ulteriori” miglioramenti disalute possano essere ottenuti soprattutto con continui miglioramentidi tali interventi, perciò la spesa per la sanitàtende a crescere continuamente, indipendentemente da efficaciareale e costi.Nel determinare il fabbisogno sanitario regionale, la modalitàdi riparto <strong>del</strong> Fondo sanitario nazionale non sempre ha mostratola necessaria attenzione a tutti i fattori che mostrano diinfluenzare lo stato di salute <strong>del</strong>la popolazione, come la mortalità,la povertà, le condizioni socioeconomiche, ma ha privilegiatosostanzialmente solo l’anzianità degli individui. Inoltre,le Regioni meridionali, nonostante presentino una più elevataincidenza di povertà e disoccupazione e una più elevata mortalità<strong>del</strong>le fasce vulnerabili (in particolare donne e infanti),sono state e continuano a essere fortemente penalizzate rispettoalle Regioni <strong>del</strong> Centro-nord nel riparto <strong>del</strong> fondo.Per la nostra salute i principali fattori di rischio non sono l’ereditàgenetica, le patologie sporadiche e neppure le grandi calamitàsanitarie, come una pandemia. Questi elementi produrrebberonel lungo periodo meno danni fisici e psicologici<strong>del</strong>la povertà e <strong>del</strong>la catena degli svantaggi sociali che le sonoabitualmente collegati.Discipline scientifiche, come per esempio l’epidemiologia, sonoin grado di documentare con accuratezza le disuguaglianze disalute, di valutarne l’ampiezza e di scoprirne le cause: questa èuna possibilità di straordinario valore sociale, tuttavia gli strumentiper contrastare e risolvere le cause che determinano le disuguaglianzeappartengono a competenze come la politica el’economia, che sono estranee alle professioni sanitarie.Sarebbe eticamente lecito che i servizi sanitari si dotino di sistemiinformativi in grado di misurare sistematicamente i principali parametridi equità, specie in Italia, in cui le spese pubbliche perla salute superano la media dei Paesi <strong>del</strong>la zona euro. Problemidi risorse economiche non consentono l’erogazione di servizia prezzo zero per tutti, inoltre tale orientamento favorirebbe chigià ha. Si tende allora a privilegiare classi di cittadini sulla base<strong>del</strong> reddito o sulla base <strong>del</strong> grado invalidante <strong>del</strong>la patologia o150 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1in base all’età anagrafica. La popolazione anziana, in costanteaumento, assorbirà sempre più le risorse disponibili, che sonoanche richieste da altri settori, come le malattie croniche chesi stanno diffondendo, con costi di gestione enormi.Tale molteplicità di aspetti continuerà a rendere difficile garantireuna distribuzione equa <strong>del</strong>le risorse, in termini di servizie, quindi, di guadagno di salute.Considerato il valore etico e sociale dei diritti sanitari, si rischiadi rompere il patto di cittadinanza, con conseguenze politicheanche gravi.Nell’offerta di servizi - in particolare quelli privati - è necessariomettere a punto meccanismi di controllo <strong>del</strong>l’appropriatezza<strong>del</strong>le prestazioni e inoltre – soprattutto per la componentepubblica – è necessario attivare meccanismi di sviluppo <strong>del</strong> sistema,sia sul piano <strong>del</strong> finanziamento, sia su quello <strong>del</strong>l’efficienza,privilegiando interventi mirati per le popolazioni piùsvantaggiate.245UNO STUDIO SUI CENTRI PRELIEVO TERRITORIALI DI ZONAVivani P, 1 Dell’Amico MC, 1 Miccoli M, 2 Biselli G 31 ASL 1 di Massa e Carrara, Unità operativa di epidemiologia; 2 Dipartimentodi patologia sperimentale, Università degli studi di Pisa; 3 ASL 1di Massa e Carrara, Direzione medica ospedalieraIntroduzione. L’apertura di centri prelievo “periferici” (non centralizzatirispetto al presidio ambulatoriale di riferimento),originariamente ideata per offrire maggiore servizio al cittadino,se limitata a incrementare l’offerta di servizi e non ulteriormenteregolamentata, può concretizzarsi in un mero momentodi spesa aggiuntiva a carico <strong>del</strong>l’azienda: l’aumento <strong>del</strong>l’offertapuò infatti produrre aumento di domanda fine a se stessa.Obiettivi. Scopo <strong>del</strong>lo studio è effettuare una correlazione tral’analisi dei benefici sociali (abbattimento dei costi per glispostamenti dall’abitazione <strong>del</strong> cittadino verso il centro prelievipiù vicino), conseguenti all’apertura di molteplici centri prelievoperiferici, e la verifica dei costi aggiuntivi che tale sceltaha prodotto a carico <strong>del</strong>l’azienda. In questo studio è stata ancheeseguita una valutazione proxy <strong>del</strong> valore aggiunto in terminisanitari, ottenuto in seguito all’introduzione di tale innovazioneorganizzativa (corretta gestione <strong>del</strong> pazientediabetico).Metodi. Lo studio è stato eseguito tramite estrazione dal database<strong>del</strong> laboratorio analisi aziendale <strong>del</strong>le seguenti informazioni:a) numero dei cittadini recatisi a tutti i centri prelievoterritoriali; b) numero totale degli esami eseguiti a favore deglistessi cittadini; c) costo da nomenclatore tariffario, sostenutodall’azienda erogatrice (dal 2006 al 2010).Questi dati sono stati integrati con quelli provenienti daiflussi, relativi alla mobilità extra-aziendale e ai rimborsi effettuatia favore dei laboratori analisi privati convenzionati, insistentisul territorio provinciale, per prestazioni eseguite a favoredi cittadini residenti in zona. Un rilievo particolare è stato datoall’analisi <strong>del</strong> trend di produzione <strong>del</strong>l’esame “emoglobina glicata”,utilizzato come indicatore <strong>del</strong>la corretta adesione ai programmidi presa in carico attiva <strong>del</strong> cittadino diabetico assistitoa domicilio.Risultati. Il volume di attività relativo ai centri prelievo territorialidi zona, è risultato in continuo e costante aumento neglianni esaminati. Si riportano i dati relativi agli ultimi 2 annistudiati:■ esami eseguiti nei laboratori aziendali nel 2009: 540 039;nel 2010: 568 240;■ pazienti accolti nel 2009: 74 409; nel 2010: 76 014;■ costi sostenuti dai laboratori aziendali (misurati attraversola somma dei costi degli esami eseguiti, da nomenclatore tariffario):2009: 1 789 904; 2010: 1 868 038.Più specificamente, è stata notata, corrispondentemente all’incremento<strong>del</strong> numero di esami eseguiti e <strong>del</strong> numero di cittadiniafferenti ai centri, una consistente riduzione degli introitiderivati dall’incasso dei ticket: i cittadini anziani, o esenti perpatologia, hanno aumentato il ricorso agli esami di laboratorio;i giovani sembrano controllarsi sempre meno.In particolare, nel corso <strong>del</strong> 2010 il numero degli esami indicaticome “emoglobina glicata”, pur avendo subito un lieve incrementoin termini assoluti, ha spostato il livello di presa incarico attiva teorica dei diabetici, prevalenti in zona, di menodi 4 punti percentuali sul totale.Conclusioni. L’apertura di un elevato numero di centri prelievoterritoriali, aumentando sensibilmente l’offerta di prestazionidi laboratorio e facilitando così l’accesso a tali prestazioni peri cittadini in regime di esenzione dalla compartecipazione economica,sembra produrre, in prima analisi, un notevole incrementonella domanda genericamente espressa. Tale effettosi traduce in una riduzione dei costi sostenuti dai cittadini pergli spostamenti da casa agli ambulatori, producendo però unnotevole aggravio di spesa per la comunità, in quanto non supportatoda benefici di salute oggettivamente misurabili. Infattil’aumento <strong>del</strong>l’offerta, descritto nel presente studio, non sembraaver facilitato l’atteso ricorso ai percorsi di monitoraggio,mirato alla corretta gestione territoriale (CCM) <strong>del</strong>le patologiecroniche.76LE CURE DI FINE VITA IN ITALIA: I RISULTATI DEL PROGETTOSENTI-MELC (SENTINEL NETWORK MONITORING END-OF-LIFE CARE). CONFRONTO TRA AREE ITALIANE, 2009-2010Giusti F, 1 Bertolissi S, 2 Bonacchi A, 1 Van den Block L, 3 Deliens L, 3Miccinesi G 11 Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica (ISPO), Firenze;2 Società italiana di medicina generale (SIMG), Firenze; 3 End-of-lifecare research group, Vrije Universiteit Brussel, BruxellesIntroduzione. L’<strong>Associazione</strong> europea per le cure palliative(EAPC) ha sottolineato l’importanza <strong>del</strong> costruire sistemi di rilevazioneomogenei in diversi Paesi europei.Il progetto di ricerca SENTI-MELC (“Sentinel network monitoringend-of-life care”), finanziato dal Ministero <strong>del</strong>la salute peril 2008-10 (Progetto integrato di ricerca oncologica n.6) nel contestodi una collaborazione europea, ha fornito l’occasione per151 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1verificare la possibilità di mettere in piedi in Italia una rete di sorveglianzaepidemiologica <strong>del</strong>le cure di fine vita al livello di popolazione,attraverso i medici di medicina generale (MMG).Oltre al confronto tra Paesi europei sono importanti le analisiche evidenziano la disomogeneità nelle cure di fine vita all’internodi ogni singolo Paese.Obiettivi. Confrontare le cure di fine vita nelle 4 diverse macroregionistatistiche <strong>del</strong> nostro Paese.Metodi. Nel 2009 è stata costituita una prima rete europea peril monitoraggio <strong>del</strong>le cure di fine vita (consorzio EURO-SEN-TIMELC), con adesione di Belgio, Paesi Bassi e Italia, con lapartecipazione <strong>del</strong>la Spagna dal 2010. E’ stato predisposto unquestionario di 21 item comune ai tre Paesi, che interroga iMMG sull’assistenza ricevuta dai propri assistiti negli ultimi 3mesi di vita. La raccolta <strong>del</strong>le informazioni è stata retrospettiva,con anonimizzazione dei soggetti.In Italia la trasmissione dati è avvenuta via web, tramite un sitorealizzato a tale fine. Il Centro coordinatore, l’Istituto per lostudio e la prevenzione oncologica (ISPO) di Firenze, ha inviatoogni settimana un promemoria ai MMG per l’invio dischede relative a eventuali decessi tra gli assistiti.Sono state selezionate 9 aziende (4 500 000 abitanti), distribuitesu tutto il territorio italiano. I medici sentinella non sonostati selezionati in virtù di un interesse particolare verso le curedi fine vita, bensì cooptati senza descrivere loro i contenuti <strong>del</strong>l’indagine,in linea di principio, ma solo le modalità operative.La qualità <strong>del</strong> dato è stata valutata attraverso la percentuale dicopertura <strong>del</strong>le zone di osservazione e indagando la rappresentativitàdei MMG selezionati rispetto a quelli presenti nellestesse aziende sanitarie. Inoltre la distribuzione per sesso, etàe causa di morte dei soggetti è stata confrontata con i dati Istat2006, mentre il dato su luogo di decesso e presenza di cure palliativedomiciliari è stato comparato a quello <strong>del</strong>lo studioISDOC (“Italian survey of dying of cancer”) <strong>del</strong> 2002-03.Il dato italiano è stato analizzato secondo 4 aree statistiche,Nord-est, Nord-ovest, Centro e Sud/Isole. L’associazione trasingoli item e area geografica è stata valutata con test per l’eterogeneità(χ 2 ).Risultati. 149 MMG hanno partecipato nel 2009, 94 nel 2010.La copertura <strong>del</strong>la rete è stata <strong>del</strong> 4.6% nel 2009, <strong>del</strong> 2.9% nel2010. Sono stati raccolti 2 783 decessi per il 2009-10, per il65.7% non improvvisi o non inattesi. I dati di qualità <strong>del</strong> datoper il 2009-10 saranno presentati in sede di convegno.Di seguito si riportano i principali dati sui decessi non improvvisiemersi nel confronto tra aree.Il 46% dei decessi è avvenuto a casa propria o dei familiari, il26.2% <strong>del</strong> Nord-est e il 70.2% <strong>del</strong> Sud/Isole.Nell’ultima settimana di vita per il 18.1% dei soggetti <strong>del</strong>Nord-est il trattamento rivolto al prolungamento <strong>del</strong>la sopravvivenzaè stato importante, contro il 38.7% nel Sud/Isole.Il 42.5% dei soggetti deceduti per tumore ha ricevuto cure palliativedomiciliari nel Nord-est, l’11.7% nel Sud/Isole.Conclusioni. Il contesto culturale e organizzativo appare determinantenel configurare le modalità di cura alla fine <strong>del</strong>lavita all’interno di ogni Paese. Analoghi studi europei (SENTI-MELC Belgio) riportano un dato simile. Le cure palliative sistanno affermando nel nostro Paese, ma la variabilità per areageografica è ancora ampia.152 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione PosterStili di vita103VARICELLA IN PIEMONTE: L’IMPORTANZA DELLASTAGIONALITÀBianco S, 1 Poletto C, 1 Baussano I, 2,3,4 Colizza V 1,51 ISI Foundation, Torino; 2 Imperial College, London; 3 CPO-Piemonte;4 UPO A. Avogadro; 5 INSERM, ParisIntroduzione. La mo<strong>del</strong>lizzazione matematica può dare unvalido contributo allo studio <strong>del</strong>la dinamica <strong>del</strong>le malattie.Come malattia infettiva virale pediatrica, la varicella può esseredescritta dal classico mo<strong>del</strong>lo suscettibile (S) - infettato noncontagioso (E) - infettato contagioso (I) - guarito immune (R)e il suo andamento può essere riprodotto risolvendo numericamenteil sistema di equazioni differenziali a esso associato.Una <strong>del</strong>le caratteristiche peculiari <strong>del</strong>la malattia è la periodicità<strong>del</strong>la sua diffusione nel tempo. Cicli annuali possono essereottenuti definendo opportunamente il pattern di contatto,e quindi di trasmissione, all’interno <strong>del</strong>la popolazione.Obiettivi. Lo scopo <strong>del</strong> nostro lavoro è quello di descrivere ladinamica <strong>del</strong>la trasmissione di varicella nella popolazione piemontesenel periodo tra il 1995 e il 2005. Il primo obiettivoche ci siamo prefissati è quello di analizzare il mo<strong>del</strong>lo SEIRcon diverse strutture di trasmissione tra individui, che tenganoconto sia <strong>del</strong>la differente età, sia dei fattori di stagionalità. Questoci permette di scegliere quale tra i diversi approcci sia piùefficace nella riproduzione dei dati empirici.1La popolazione è stata divisa in classi epidemiche suscettibili,infetti non contagiosi, infetti contagiosi, immuni e stratificataper fasce di età. Le modalità di trasmissione <strong>del</strong>la malattia sonostate definite in maniera differente a seconda <strong>del</strong>l’età degli individui.Inoltre, abbiamo tenuto conto <strong>del</strong>la periodicità <strong>del</strong> fenomenointroducendo fattori di stagionalità nei pattern ditrasmissione. Il mo<strong>del</strong>lo è stato calibrato sui dati relativi alle incidenze<strong>del</strong>la malattia rilevati in Piemonte e ricavati dal sistemadi notifiche <strong>del</strong>le malattie infettive, mentre i parametri di natalità,mortalità e distribuzione nelle fasce di età sono stati stimatiin base ai dati riportati nella Banca dati demografica evolutiva<strong>del</strong>la Regione Piemonte.Risultati. L’analisi <strong>del</strong>le serie storiche <strong>del</strong>le notifiche dimostraun’evidente stagionalità <strong>del</strong> fenomeno epidemico. Il mo<strong>del</strong>loè stato computato stratificando la popolazione in due e in trefasce di età, isolando le classi infantili. Un mo<strong>del</strong>lo SEIR construtture di trasmissione costanti nel tempo non è in grado diriprodurre la ciclicità dei picchi epidemici. Attraverso l’introduzionenel mo<strong>del</strong>lo di matrici di contatto che variano stagionalmentee calibrando opportunamente i parametri, siamoriusciti a riprodurre accuratamente l’andamento epidemico<strong>del</strong>la malattia.Conclusioni. I risultati <strong>del</strong> nostro lavoro mostrano che, al finedi catturare l’andamento stagionale e l’ampiezza <strong>del</strong>la diffusione<strong>del</strong>la malattia in Piemonte utilizzando un mo<strong>del</strong>lo predittivo,è necessario tenere conto <strong>del</strong>le variazioni stagionali deicontatti all’interno di una popolazione. Una volta testata l’accuratezza<strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo, questo verrà utilizzato per simulare politichevaccinali e valutarne l’impatto sulla popolazione. Lestime prodotte potranno infine essere valutate in termini dirapporto costo/efficacia.129VALUTAZIONE DI EFFICACIA DI UN INTERVENTO DI COUN-SELLING RIVOLTO A BAMBINI SOVRAPPESO: PROTOCOLLODI STUDIO E RISULTATI DELL’ARRUOLAMENTOBroccoli S, 1 Bonvicini L, 1 Collini G, 1 Albertini P, 2 Bosi S, 3 Davoli A 41 Servizio di epidemiologia, Dipartimento di sanità pubblica,Azienda USLdi Reggio Emilia; 2 Centro elaborazione dati,Azienda USL di Reggio Emilia;3 Luoghi di prevenzione, Reggio Emilia; 4 Pediatra di libera scelta, Dipartimentodi cure primarie, Azienda USL di Reggio EmiliaIntroduzione. La prevalenza di bambini sovrappeso a sei anni è<strong>del</strong> 16.5% in Emilia-Romagna e <strong>del</strong> 19% in provincia di ReggioEmilia (indagine SoNIA). Interventi di provata efficaciavolti a ridurre il valore di BMI dei bambini sovrappeso/obesisono l’incremento <strong>del</strong>l’attività fisica e il miglioramento <strong>del</strong>le abitudinialimentari, la cui efficacia è tanto maggiore quanto piùprecocemente sono attuate (Barlow SE, Pediatrics 2007; 120Suppl 4: S164-92). Non vi sono evidenze di efficacia <strong>del</strong> counsellingeffettuato dai pediatri di libera scelta (PLS). Si è quindiritenuto utile sperimentare un intervento di counselling da153 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1parte dei PLS su un campione di bambini sovrappeso, teso a incrementarnel’attività fisica e migliorarne le abitudini alimentari.Obiettivo. Valutare l’efficacia <strong>del</strong>l’intervento di counsellingrivolto a bambini sovrappeso da parte <strong>del</strong> PLS, in termini divariazione <strong>del</strong> valore di “body mass index” (BMI) e di modifica<strong>del</strong>le abitudini nutrizionali e/o di attività fisica.Metodi. Lo studio è un trial clinico randomizzato. La popolazioneeleggibile è costituita dai bambini residenti nella provincia,di età compresa tra i 4 e i 7 anni, sovrappeso (BMI: 85°-94° percentile), non affetti da patologie metaboliche e incarico al PLS da almeno un anno.Un campione casuale di bambini eleggibili, i cui genitori firmanoil consenso informato, viene randomizzato in due bracci:trattati e controlli, con un massimo di 3 trattati per PLS. Ibambini trattati sono invitati a incontri di counselling motivazionalea cui i PLS vengono formati da uno psicologo specializzato,attraverso riunioni periodiche e consulenza al bisogno.I bambini non trattati sono oggetto <strong>del</strong>le usualiraccomandazioni rivolte dal PLS. La raccolta dati avviene utilizzandouna piattaforma on-line realizzata dal CED a cui accedonocon opportune limitazioni di privacy tutti gli attoricoinvolti nello studio. Opportune misure normalizzate di BMIsaranno confrontate nel tempo (inizio studio e dopo un anno)e tra gruppi, stratificando per genere.Per la valutazione <strong>del</strong>la variazione <strong>del</strong>le abitudini alimentari edi attività fisica saranno utilizzate informazioni raccolte attraversoun questionario somministrato all’inizio e alla fine <strong>del</strong>lostudio. Le analisi statistiche dei dati terranno conto <strong>del</strong>la particolarestruttura gerarchica <strong>del</strong> campione (bambino, pediatra,distretto).Risultati. Lo studio, approvato dal comitato etico, è attualmentein corso. Sta terminando la procedura di randomizzazionee la maggior parte dei pediatri ha iniziato i colloqui motivazionali.Hanno aderito allo studio 73 PLS su 85 (86%). Laprocedura di randomizzazione è conclusa per 65 PLS. A ora,su 386 bambini eleggibili l’88.3% ha aderito allo studio. Diquesti, 167 sono stati assegnati al gruppo dei trattati e 171 algruppo dei controlli. Nello studio si è rivelato fondamentaleil contributo informatico che, attraverso la condivisione deidati on-line, ha permesso il monitoraggio <strong>del</strong>l’arruolamento daparte <strong>del</strong> Servizio di epidemiologia e la randomizzazione deibambini in tempo reale.Conclusioni. La peculiarità di questo studio è quella di applicareun disegno tipico in ambito clinico a uno studio di popolazione,gestito da professionisti per lo più con scarsa abitudinealla ricerca. L’alta percentuale di adesione <strong>del</strong>le famiglieè legata al rapporto di fiducia con i PLS, che si sta rivelandoun punto di forza. La presenza nello studio di uno psicologospecializzato in tema di counselling motivazionale è un altroaspetto rilevante <strong>del</strong>lo studio. Un limite emerso riguarda la difficoltàdi alcuni PLS a pensare nell’ottica <strong>del</strong>lo studio randomizzato,quindi ad accettare di fornire il counselling solo ad alcunibambini scelti in modo casuale. Per questo motivo siritiene molto importante un incontro preliminare di formazioneai PLS sul disegno di studio.132COMPONENTE GENETICA E AMBIENTALE DELL’INDICE DIMASSA CORPOREA (BMI): INDICAZIONI DAL REGISTRO NA-ZIONALE GEMELLIFagnani C, Nisticò L, Medda E, Alviti S, Arnofi A, Stazi MACentro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione <strong>del</strong>la salute,Istituto superiore di sanità, RomaIntroduzione. L’indice di massa corporea (“body mass index”,BMI) è il principale descrittore <strong>del</strong>lo stato ponderale. Nonostantei determinanti ambientali <strong>del</strong>lo stato ponderale siano bendocumentati, non esistono studi nella popolazione italiana finalizzatia quantificare la componente genetica e ambientale <strong>del</strong>BMI. Tali studi possono aprire nuove strade per la prevenzione<strong>del</strong>l’obesità.Obiettivi. Si vuole: i) stimare la componente genetica e ambientale<strong>del</strong> BMI in età adulta; ii) testare l’eterogeneità <strong>del</strong>lecomponenti per sesso e macroarea geografica di residenza(Nord, Centro, Sud e Isole); iii) investigare il ruolo <strong>del</strong>l’età comepossibile modificatore di effetto <strong>del</strong>le suddette componenti.Metodi. Il disegno di studio utilizzato è noto come “metodogemellare”. Esso è basato sul confronto tra coppie di gemellimonozigoti (MZ) e dizigoti (DZ). Se, per una data caratteristicamultifattoriale, la correlazione osservata tra i gemelli MZè maggiore che tra i DZ, ciò indica che la caratteristica in esameè “ereditabile”. Attraverso mo<strong>del</strong>li di decomposizione <strong>del</strong>lavarianza si può stimare l’ereditabilità come proporzione <strong>del</strong>lavarianza totale <strong>del</strong>la caratteristica attribuibile alla varianza genetica.Inoltre, si possono stimare le proporzioni di varianzaspiegate dall’ambiente condiviso (vita intrauterina oppure ambientefamiliare durante l’infanzia e l’adolescenza) e dall’ambienteindividuale (compresi gli stili di vita).Per il reclutamento <strong>del</strong> campione di studio si è utilizzatoil database <strong>del</strong> Registro nazionale gemelli (RNG,http://www.iss.it/gemelli). Il RNG è un registro su base di popolazioneimplementato nel 2000 e tenuto dal Reparto diepidemiologia genetica <strong>del</strong> Centro nazionale di epidemiologia,sorveglianza e promozione <strong>del</strong>la salute (CNESPS) <strong>del</strong>l’Istitutosuperiore di sanità. Il campione di studio comprende più di 13000 gemelli di età 18-65 anni, arruolati nel RNG dal 2003 al2011. I dati su altezza e peso (da cui è stato derivato il BMI)sono auto-riportati su questionario postale e riferiti al momento<strong>del</strong>l’arruolamento al RNG.Risultati. La distribuzione <strong>del</strong> BMI era asimmetrica, e pertantoè stata effettuata una trasformazione logaritmica prima di stimarele correlazioni tra i gemelli e applicare i mo<strong>del</strong>li di decomposizione<strong>del</strong>la varianza. La correlazione per il (logaritmo<strong>del</strong>) BMI tra i gemelli è molto maggiore nei MZ rispetto aiDZ, a suggerire un forte contributo genetico. Le componentidi varianza genetica e ambientale <strong>del</strong> BMI sono eterogenee persesso e omogenee per macroarea geografica di residenza (Nord,Centro, Sud e Isole).L’ereditabilità è 0.67 nei maschi e 0.71 nelle femmine, a indicareche circa il 70% <strong>del</strong>la variabilità individuale <strong>del</strong> BMI èascrivibile a differenze genetiche tra gli individui. Il contributo154 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1<strong>del</strong>l’ambiente condiviso (0.10 nei maschi, 0.06 nelle femmine)non è significativo, mentre i fattori <strong>del</strong>l’ambiente individualespiegano una porzione sostanziale <strong>del</strong>la varianza totale(0.23 nei maschi e nelle femmine). L’impatto <strong>del</strong>le esposizioniambientali individuali aumenta con l’età, in misura maggiorenei maschi rispetto alle femmine.Conclusioni. La componente genetica <strong>del</strong> BMI risulta preponderanterispetto a quella ambientale, con una stima diereditabilità intorno al 70%. L’architettura genetico-ambientale<strong>del</strong> BMI è eterogenea per sesso e omogenea per macroareageografica di residenza. La vita intrauterina e l’ambiente familiarespiegano una porzione modesta <strong>del</strong>la variabilitàindividuale <strong>del</strong> BMI. Le esposizioni ambientali rilevanti sonoquelle individuo-specifiche (stili di vita), il cui contributo aumentacon l’età, in misura maggiore nei maschi rispetto allefemmine; ciò è consistente con un effetto cumulativo degli stilidi vita e con una maggiore resistenza <strong>del</strong>le donne alle variazioniambientali.Gli studi futuri sui gemelli nella popolazione italiana dovrannofocalizzarsi sull’identificazione di stili di vita in gradodi attenuare gli effetti genetici sul BMI.96VALUTARE L’IMPATTO DELLO SCREENING SULLA QUALITÀDELLA VITA DELLE DONNE CON TUMORE DELLA MAM-MELLA UTILIZZANDO I FLUSSI INFORMATIVIGuarda L, Bozzeda AL, Gatti L, Ricci PServizio epidemiologico, ASL Provincia di MantovaIntroduzione. La sopravvivenza <strong>del</strong> tumore <strong>del</strong>la mammella inprovincia di Mantova è aumentata nel triennio successivo all’entratain vigore <strong>del</strong>lo screening (fine 2001), passando dall’85all’87% a 5 anni dalla diagnosi. A livello di popolazione l’impatto<strong>del</strong>lo screening esordisce modesto e misurabile unicamente intermini di quantità di vita guadagnata complessivamente.Obiettivi. Suggerire un metodo per una valutazione qualiquantitativa<strong>del</strong>l’impatto <strong>del</strong>lo screening mammografico sulledonne malate di tumore <strong>del</strong>la mammella, attuabile in tutte lesedi dei RT che hanno accesso ai flussi informativi correnti<strong>del</strong>la popolazione a cui si riferiscono.Metodi. A partire dai casi di tumore maligno <strong>del</strong>la mammellainsorti nel triennio 2002-2004, registrati dal RT di popolazione<strong>del</strong>la provincia di Mantova, sono stati individuati gli aderenti(screen-detected e cancri intervallo) e i non aderenti allo screeningmediante un link con il flusso <strong>del</strong>le prestazioni ambulatorialie opportuni criteri temporali. Di questi sono stati poi valutatila sopravvivenza e i percorsi di cura attraverso link conl’anagrafe degli assistiti e il flusso SDO definendo come outcomepositivo l’operabilità, la minor invasività <strong>del</strong>l’intervento(nodulectomia o quadrantectomia ed escissione <strong>del</strong> solo linfonodosentinella), l’assenza di chemioterapia. La valutazione èstata condotta attraverso mo<strong>del</strong>li di regressione logistica, correttiper età, utilizzando come riferimento il gruppo di donne malatedi tumore non aderenti allo screening. Si sono infine rappresentatii grafici dei diversi consumi sanitari nel quinquenniosuccessivo all’incidenza per osservare, attraverso un proxy economico,l’impegno sanitario nei diversi gruppi di donne.Risultati. L’incidenza <strong>del</strong> tumore <strong>del</strong>la mammella è aumentatadall’avvio <strong>del</strong> programma di screening in provincia di Mantova,passando da 92.2 nel triennio 1999-2001 a 101.9 casiper 100 000 (standardizzati mondo) per anno nel triennio2002-2004. La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi risulta significativamentepiù elevata nelle donne che aderiscono al programmadi screening (OR=6.06; IC95% 3.00-12.25), in particolareper le screen-detected (OR=6.97, IC95% 3.23;15.04),ma anche per i cancri intervallo pur in assenza di significativitàstatistica (OR=2.49, IC95% 0.56;10.98). Tra le donne inetà da screening (50-69 anni), quelle aderenti al programmasi rivelano essere più operabili (OR=4.46, IC95% 2.02;9.85).Considerando solo le donne operate, risulta che quelle aderential programma di screening hanno più probabilità di subireuna nodulectomia o quadrantectomia piuttosto che lamastectomia (OR=3.46, IC95% 2.27;5.29) e l’intervento suilinfonodi tende a interessare solo quello sentinella (OR=1.41,IC95% 0.93;2.12). La chemioterapia è meno frequente nelledonne che aderiscono allo screening (OR=1.47, IC95%1.05;2.07), ma se si considera solo il gruppo <strong>del</strong>le screen-detected,il vantaggio aumenta (OR=1.67, IC95% 1.18;2.37)poiché i cancri intervallo hanno una probabilità di andare incontroa chemioterapia persino maggiore <strong>del</strong>le non aderentiallo screening. La spesa sanitaria media per ricoveri e per farmaci(non chemioterapici) è più elevata nelle donne che nonaderiscono allo screening, mentre le donne con cancro intervallosono le maggiori consumatrici di prestazioni ambulatorialinei 5 anni successivi all’incidenza, seguite subito dopodalle screen-detected.Conclusioni. L’aumento <strong>del</strong>l’incidenza <strong>del</strong> tumore <strong>del</strong>la mammellapuò derivare dall’anticipazione <strong>del</strong>la diagnosi conseguentea un buon impatto <strong>del</strong> programma di screening. Ledonne con tumore diagnosticato in sede di screening dimostranouna maggiore sopravvivenza, subiscono interventi chirurgicimeno invasivi, necessitano meno frequentemente dichemioterapia, hanno meno ricoveri e utilizzano meno farmaci.Anche le donne con cancro intervallo presentano complessivamentevantaggi in termini di qualità <strong>del</strong>la vita rispetto alledonne che non effettuano lo screening.118VOLUTE DI FUMO ROSA DAL CUORE VERDE D’ITALIA: LEINFORMAZIONI DEI SISTEMI DI SORVEGLIANZA AZIENDALIPER LA INDIVIDUAZIONE DI PRIORITÀ E LA VALUTAZIONEDELLA AZIONI INTRAPRESE NELL’AUSL 2 DELL’UMBRIABietta C, 1 Fusco-Moffa I, 1 Petrella M, 1 Bondi L, 2 Romagnoli C 31 UOSD epidemiologia; 2 Unità antifumo; 3 Rete PEAS,AUSL 2 <strong>del</strong>l’UmbriaIntroduzione. Il sistema di sorveglianza PASSI, riferito alla popolazionedi 18-69 anni, rende disponibili dati sufficientementetempestivi e con dettaglio aziendale, la cui interpretazioneviene messa a disposizione di coloro che devonoprogettare, realizzare e valutare interventi di salute pubblica.155 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Nello specifico, fornisce informazioni sulla prevalenza deiprincipali fattori di rischio comportamentali (come l’abitudineal fumo) e su quanto la popolazione percepisca e recepisca rispettoa interventi di sanità pubblica (come, per esempio, l’attivitàdi counselling e il rispetto <strong>del</strong> divieto di fumo negli ambientidi vita e di lavoro).Obiettivi. Utilizzare le informazioni disponibili sull’abitudineal fumo di tabacco ottenute dalla sorveglianza di popolazionecome supporto per la programmazione, realizzazione e valutazione<strong>del</strong>la attività, nell’ottica <strong>del</strong>l’ampliamento e consolidamento<strong>del</strong>la rete degli operatori coinvolti al riguardo.Metodi. Fonti di dati: sistema PASSI 2007-2010 (18-69 anni).Sistema informativo per l’attività di assistenza territorialeASTER.Socializzazione <strong>del</strong>le informazioni provenienti dalla Sorveglianzadi popolazione all’interno <strong>del</strong> gruppo operativo Unitàantifumo e rete Promozione ed educazione alla salute (PEAS).Risultati. Dal sistema di sorveglianza PASSI, l’AUSL 2, comel’Umbria, mostra percentuali di fumatori tra le più alte in Italia.Circa una persona su tre fuma; le percentuali più alte e preoccupantisi riscontrano sotto i 50 anni e soprattutto nella fascia18-24 anni. Emerge inoltre una maggior percentuale difumatrici rispetto al resto d’Italia.Più <strong>del</strong>la metà dei fumatori ha riferito di aver ricevuto il consigliodi smettere di fumare da parte di un operatore sanitario.Il ricorso ai servizi <strong>del</strong>la ASL per l’interruzione <strong>del</strong>l’abitudineal fumo è minimo: la gran parte degli ex fumatori ha dichiaratoinfatti di aver smesso di fumare da solo; un numero veramenteesiguo ha smesso di fumare grazie all’ausilio di farmaci,gruppi di aiuto e altro. Inoltre, il rispetto <strong>del</strong> divieto difumo negli ambienti di vita e di lavoro è significativamente inferiorerispetto al resto d’Italia.Questi risultati, che individuano priorità nella scelta <strong>del</strong>l’attivitàda programmare e realizzare a riguardo, sono stati riportatinegli incontri svolti con i gruppi <strong>del</strong>la Unità antifumo erete PEAS. Dai suddetti incontri sono scaturite le seguenti lineeoperative:■ counselling breve rivolto a tutte le donne afferenti ai serviziconsultoriali. E’ stata realizzata una formazione ad hoc agli operatorisanitari coinvolti nei suddetti servizi, al fine di uniformarneconoscenze e abilità e di ottenere modalità di rilevazionecondivise. E’ quindi iniziato il counselling breve che ha raggiuntoa tutt’oggi circa 6 000 donne (dati ASTER).■ potenziamento <strong>del</strong>l’offerta attiva per la promozione <strong>del</strong>l’interruzione<strong>del</strong>l’abitudine al fumo. Realizzata la formazionea medici, pediatri e farmacisti per l’attività di counselling e larealizzazione di corsi di disassuefazione al fumo.■ indicazione all’azione per garantire il rispetto <strong>del</strong> divieto <strong>del</strong>fumo.■ indicazione a elaborazioni mirate dei prossimi dati PASSIper la valutazione di impatto.Conclusioni. Dalle informazioni disponibili dai sistemi di sorveglianzaè possibile individuare priorità di intervento e valutarnel’impatto. La presenza di una rete operativa dedicata costituitadal Servizio di epidemiologia, dalla Unità antifumo,dalla rete PEAS e operatori sanitari <strong>del</strong> territorio (MMG,PLS, distretti, farmacie) ha consentito di programmare e realizzareinterventi mirati a target specifici di popolazione, voltialla interruzione <strong>del</strong>l’abitudine al fumo e promozione di stilidi vita sani, nell’ottica di un consolidamento <strong>del</strong> rapporto traoperatori sanitari e pazienti, per valorizzare al meglio l’offertadi opportunità di smettere di fumare presente a livello <strong>del</strong>laAUSL 2, in un contesto di obiettivi valutabili.120STUDIO SPRINT,TRIAL DI INTERVENTO SU FUMO E ATTIVITÀFISICA NEL CONTESTO DELLO SCREENING PER IL CERVI-COCARCINOMA: CARATTERISTICHE DELLE FUMATRICI PAR-TECIPANTI RISPETTO ALLE FUMATRICI NON PARTECIPANTIChellini E, 1 Carreras G, 1 Giordano L, 2 Anghinoni E, 3 Iossa A, 1 GoriniG, 1 Coppo A, 2 Bellati C, 2 Grechi E, 4 Talassi F 3 e il Gruppo di lavoroSPRINT 51 ISPO Firenze; 2 CPO Torino; 3 ASL 7 Mantova; 4 LILT Firenze; 5 Badiali AM,Cacciarini V, Chellini E, Di Pierro C, Gorini G, Iossa A, Mancini M, NidiaciR (ISPO, Firenze); Bellati C, Coppo A, Di Stefano F, Giordano L (CPO, Torino);Clara S, Cerchi A, Notarangelo AM, Vair C (ASL Torino); Amadori E,Anghinoni E, Baluga B, Barbi AM, Ferri M, Grossi L, Guzzo S, MantovanelliD, Mantovani G, Marchi A, Molinari M, Noli P, Oliveri Del Castillo S,Pasini R, Perfetti F, Prati C, Pria G, Raffanini S, Rigoni N, Russo E, SgarbiR, Siliprandi ME, Simoncelli D, Talassi F, Toffalini S, Tovagliari C, VaccariM, Zambello M (ASL Mantova); Baldini B,Bronchi C, Catelani G, Casi D,Cavini P, Cozzi L, Galanti E, Giovacchini MR, Innocenti G, Lepri C, MazzoniS, Ticci C (ASL 10 Firenze); Colledan N (ASL Torino); Grechi E (LILT,Firenze)Introduzione. Il fumo di tabacco è la principale causa di malattiae morte nella nostra società. Per le donne più giovani chefumano i rischi sanitari fumo-correlati sono maggiori se fannoanche uso di contraccettivi orali, rappresentano un rischioper la prole, ma mostrano di smettere di fumare meno degli uomini.E’ pertanto necessario implementare interventi di prevenzioneindirizzati specificamente alle giovani fumatrici perpoter ridurre la mortalità e morbosità fumo-correlata nei prossimianni. Il counselling motivazionale, anche di breve durata,è un metodo efficace per la cessazione <strong>del</strong> fumo se applicato insetting sanitari di medicina generale o specialistica, specialmentese rivolto a soggetti affetti da patologie che potrebberobeneficiare molto <strong>del</strong>l’astinenza dal fumo. Non è noto se untale intervento può essere altrettanto efficace se fornito in uncontesto di prevenzione secondaria oncologica, ed è per questoche è stato sviluppato il trial SPRINT.Obiettivi. Sviluppare e valutare l’efficacia di un intervento dicounselling motivazionale su fumo e attività fisica rivolto adonne che vanno a fare il Pap-test.Metodi. Si tratta di un trial randomizzato di intervento che èstato rivolto a 1 293 fumatrici tra coloro che sono state invitatea effettuare il Pap-test presso gli ambulatori di screeningper il tumore <strong>del</strong>la cervice uterina di 3 Regioni italiane (Toscana,Piemonte e Lombardia) nell’autunno-inverno 2010.Le donne che hanno volontariamente partecipato al progetto156 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1sono state assegnate in modo casuale in uno dei 3 bracci <strong>del</strong>lostudio (1 di intervento sul fumo; 1 di intervento sul fumo e l’attivitàfisica;1 di controllo). A tutte le donne è stato consegnatoun libretto contenente indicazioni sull’efficacia <strong>del</strong>la cessazione<strong>del</strong> fumo e sui centri antifumo locali. La valutazione diefficacia è stata valutata analizzando le risposte fornite dalledonne contattate a un questionario di ingresso e uno di followup,quest’ultimo somministrato due volte, a 6 e 12 mesi dall’arruolamento.Risultati. Su 5 657 fumatrici contattate che hanno risposto alquestionario di ingresso, 1 100 hanno acconsentito di partecipareallo studio (363 nel gruppo di intervento sul fumo, 366in quello su fumo e attività fisica e 371 in quello di controllo).Le loro caratteristiche sociodemografiche e quelle legate all’abitudineal fumo e all’attività fisica non differiscono nei trebracci <strong>del</strong>lo studio. Rispetto alle non reclutate presentano invecealcune differenze: hanno un livello di istruzione più basso(anni di istruzione 18.5 vs. 24.2; p=0.002), sono più motivatea smettere (33% vs. 9% sono nella fase motivazionale c.d. di“preparazione” secondo il mo<strong>del</strong>lo di Di Clemente Prochaska,p


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 14 Università Cà Foscari, Venezia; 5 Dipartimento di prevenzione, ASL Caserta;6 Servizio educazione alla salute, APSS Trento; 8 Dipartimento diprevenzione, AUSL Roma C; 9 Direzione generale Prevenzione sanitariaMinistero <strong>del</strong>la saluteIntroduzione. E’ stato ampiamente dimostrato il legame esistentetra istruzione, reddito e comportamenti individuali a rischioper la salute, come l’abitudine al fumo, lo svolgere attivitàfisica o il seguire una dieta sana, strettamente correlatiall’insorgere di malattie croniche. Ma oltre alle determinanti socioeconomiche,anche quelle territoriali possono contribuire adaumentare il gap negli stili di vita degli individui.Obiettivi. Valutare, nella popolazione italiana di 18-69 anni,l’esistenza di associazioni tra disuguaglianze negli stili di vita,disuguaglianze di status socioeconomico e di appartenenzaterritoriale.Metodi. Il campione di riferimento è costituito da 94 996 cittadiniitaliani di età 18-69 anni, estratti dalle liste anagrafichesanitarie <strong>del</strong>le 153 ASL partecipanti (94% <strong>del</strong> totale<strong>del</strong>le ASL italiane) con disegno stratificato proporzionaleper sesso ed età e intervistati, nel triennio 2007-2009, da operatori<strong>del</strong>le ASL specificamente formati, attraverso questionariostandardizzato e con indagine telefonica. Sono state valutatele associazioni statistiche stili di vita e variabilidemografiche e socioeconomiche, attraverso un’analisi di regressionelogistica, utilizzando il software STATA 11.0. NelPASSI il disagio socioeconomico è definito attraverso la combinazione<strong>del</strong> basso livello di istruzione e <strong>del</strong>le difficoltà economicheriferite.Risultati. Nel triennio 2007-2009, il 28% degli italiani di 18-69 anni ha riferito di fumare sigarette quotidianamente, il 29%ha condotto una vita sedentaria, l’11% è classificabile comeobeso e il 66% ha riferito di stare bene o molto bene. La prevalenzadi fumatori è significativamente più elevata tra i giovani 18-34 (32.7%, IC 31.9;33.4), tra gli uomini e nelle regioni <strong>del</strong> Centro(30%, IC 29.2;30.8) rispetto a quelle <strong>del</strong> Nord (26%, IC25.6;26.5). L’analisi ha inoltre evidenziato un’associazione significativae positiva tra abitudine al fumo e disagio socioeconomico,in tutte e tre le macroaree e per entrambi i generi.L’obesità colpisce soprattutto la popolazione 50-69 anni(16.6% IC 16;17) e gli uomini (11.5%, IC 11.1;11.9) e prevalein modo significativo al Sud (12.3%, IC 11.8;12.9) rispettoal Nord (9.6% IC 9.3;9.9). L’elevata istruzione e le disponibilitàfinanziarie si associano a una prevalenzasignificativamente minore di obesi (6.9% vs. 15.7% e 7.9% vs.13% rispettivamente).L’attività fisica diminuisce al crescere <strong>del</strong>l’età, le donne conduconopiù degli uomini una vita sedentaria e il disagio socioeconomicosi associa positivamente con la sedentarietà. Laprevalenza di sedentari è significativamente maggiore al Sud(39.4% IC 38.6;40) rispetto al Nord (22%, IC 21.7;22.6) eal Centro (27%, IC 26;27.5). In particolare, il differenziale socioeconomiconella sedentarietà femminile è maggiore al Norde al Centro per tutte le età, mentre al Sud rimane solo per ledonne 50-69.Sono più gli uomini e i giovani a percepirsi in buona salutee la percentuale di chi dichiara di stare bene passa dal 67.8%(IC 67.3;68.2) <strong>del</strong> Nord al 65% (64.2;65.8) <strong>del</strong> Sud. I fattoripiù associati alla buona percezione <strong>del</strong>la propria salutesono quelli socioeconomici: alto titolo di studio (OR 1.9,IC95% 1.8-2.2) e assenza di difficoltà economiche (OR 2.7,IC95% 2.5;2.9).Conclusioni. Dai dati PASSI emerge che sia il disagio socioeconomicosia l’appartenenza a diverse aree <strong>del</strong> Paese sono significativamenteassociati ad alcuni comportamenti a rischio.Le differenze tra strati e aree <strong>del</strong>la popolazione si ripercuotonosulla capacità dei soggetti di recepire i messaggi <strong>del</strong>la prevenzione.Gli interventi di promozione <strong>del</strong>la salute dovrebbero,pertanto, insistere e differenziare i messaggi di salute da fornire,per aumentare il livello medio di salute, ma anche, e soprattutto,per ridurre le disparità.97SCREENING DELLO STATO NUTRIZIONALE DEGLI OSPITI DISTRUTTURE RESIDENZIALI PER ANZIANITominz R, Germano CD, Bovenzi M, Situlin RAzienda per i servizi sanitari 1 Triestina, Dipartimento di prevenzione,Università degli studi di TriesteIntroduzione. Il “Mini nutritional assessment” - MNA (Nestlè®) è uno strumento di screening ideato allo scopo di individuarei pazienti anziani a rischio di malnutrizione, validato findal 1994. Il test considera diversi fattori che concorrono a determinarelo stato nutrizionale <strong>del</strong>l’anziano, senza richiederel’effettuazione di esami ematochimici. Le misure antropometricherichieste sono relativamente semplici: circonferenze <strong>del</strong>braccio e <strong>del</strong> polpaccio e indice di massa corporea (BMI). Insoggetti anziani, però, soprattutto se non autosufficienti, la misura<strong>del</strong> peso e, soprattutto, quella <strong>del</strong>la statura, possono richiederestrumenti e metodiche particolari, come bilance a basculaper carrozzine o calibri per la misura <strong>del</strong>l’altezza <strong>del</strong>ginocchio, scoraggiando l’adozione <strong>del</strong>l’MNA quale strumentodi screening. Per questo motivo sono state recentemente propostealternative al MNA classico, che utilizzano la circonferenza<strong>del</strong> polpaccio (CC).Obiettivi. Verificare la possibilità di utilizzo da parte <strong>del</strong> Dipartimentodi prevenzione e <strong>del</strong> personale <strong>del</strong>le strutture residenzialiper anziani <strong>del</strong> MNA® semplificato, con le misure di staturae peso sostituite da quella <strong>del</strong>la circonferenza <strong>del</strong> polpaccio,quale strumento di screening per l’evidenziazione precoce di rischiodi malnutrizione (o malnutrizione conclamata) negli ospitidi residenze per anziani, con vari gradi di autosufficienza.Metodi. Sono stati utilizzati i dati raccolti con uno studio trasversalecondotto per accertare lo stato nutrizionale dei quasi3 000 anziani che risiedono nelle 89 strutture residenziali sitein provincia di Trieste. Sono stati indagati 420 anziani, individuaticon campionamento a cluster, previa stratificazioneper le due tipologie di residenze (in base al grado di autosufficienza).I dati sono stati raccolti da personale sanitario <strong>del</strong> Dipartimentodi prevenzione, formato come da “Guida alla compilazione<strong>del</strong> Mini Nutritional Assessment MNA®”, con la158 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1collaborazione dei distretti sociosanitari e <strong>del</strong> personale <strong>del</strong>lestrutture campionate.La misurazione diretta <strong>del</strong>la statura è stata effettuata, quandopossibile, con uno statimetro portatile, mentre l’altezza <strong>del</strong> ginocchioè stata misurata con un calibro in duralluminio. Il pesocorporeo è stato rilevato con una bilancia digitale a bascula,adatta a pesare anche le sedie a rotelle. Le circonferenze brachialee <strong>del</strong> polpaccio sono state misurate mediante un comune metroa nastro. Il confronto fra lo stato nutrizionale calcolato usandoil BMI (BMI-MNA) e quello calcolato usando la circonferenza<strong>del</strong> polpaccio (CC-MNA), espresso in punteggio (range 0-30),è stato effettuato con il calcolo <strong>del</strong> coefficiente di determinazione(R 2 ). Sensibilità, specificità, valore predittivo positivo e valorepredittivo negativo <strong>del</strong> CC-MNA vs. il BMI-MNA sono staticalcolati categorizzando i rispettivi risultati in “ben nutriti” e “arischio/malnutriti”.Risultati. L’R 2 è risultato 0.92. Il CC-MNA è risultato avere:sensibilità=97.4%, specificità=93.3%, valore predittivo positivo=96.4%,valore predittivo negativo=95.2%.Conclusioni. Lo stato nutrizionale ha un ruolo di rilievo sulmantenimento <strong>del</strong> livello di salute e sulla prognosi <strong>del</strong>l’anziano,specie se istituzionalizzato. Sono disponibili strumentipraticabili (in termini di costo, tempo, risorse materiali eumane) per identificare tempestivamente e con sufficientesensibilità i soggetti malnutriti o a rischio, ma il loro uso risultasporadico. L’utilizzo <strong>del</strong> CC-MNA non diminuisce, rispettoal BMI-MNA, la possibilità di individuare correttamentei soggetti a rischio di malnutrizione (o francamentemalnutriti), da sottoporre a ulteriori accertamenti. L’eliminazione<strong>del</strong>la misurazione diretta <strong>del</strong>la statura o <strong>del</strong>la suastima rende il test più praticabile e si sta valutando la sua adozionequale strumento di screening gestito direttamente dallestrutture residenziali con la supervisione e il supporto <strong>del</strong> Dipartimentodi prevenzione.106VACCINAZIONE ANTINFLUENZALE IN PIEMONTE:CONFRONTO FRA DIVERSI SISTEMI INFORMATIVIFerrara L, Tiberti D, Di Pietrantonj C, Demicheli VSeREMI, Servizio di riferimento regionale di epidemiologia per la sorveglianza,la prevenzione e il controllo <strong>del</strong>le malattie infettive, ASL AL,AlessandriaIntroduzione. La vaccinazione rappresenta il principale strumentodi prevenzione <strong>del</strong>l’influenza e ogni anno impiega significativerisorse di tempo e di personale. Le coperture vaccinalirisultano molto differenti fra le Regioni italiane. InItalia, i livelli essenziali di assistenza contemplano l’obiettivodi copertura minimo <strong>del</strong> 75%, ma è necessario raggiungerecoperture più elevate per ridurre in modo significativo la mortalitàper influenza e le sue complicanze (95% come valoreottimale).Nell’ultimo decennio l’epidemiologia <strong>del</strong>l’influenza sta cambiandoe l’offerta <strong>del</strong> vaccino influenzale, come fulcro <strong>del</strong>la strategiadi prevenzione, dovrebbe essere orientata da indicazionisulla dimensione <strong>del</strong> problema e sulle caratteristiche <strong>del</strong>la malattia.I sistemi di sorveglianza attivi sul territorio offrono utilielementi per la programmazione dei servizi sanitari e per mirarele campagne di vaccinazione: il sistema Influnet stima l’incidenzadi sindromi influenzali attraverso una rete di medicisentinella, la sorveglianza dei pronto soccorso stima il numerodi accessi di pazienti con sintomi respiratori ai DEA, lesorveglianza PASSI e “PASSI d’argento” raccolgono informazioniautoriferite sulla quantità e sul tipo di persone che vengonovaccinate contro l’influenza, mentre il monitoraggio<strong>del</strong>le coperture vaccinali fornisce annualmente il numero didosi di vaccino somministrate ai soggetti appartenenti a categoriespecificate (a rischio di complicanze per patologia, condizionipredisponenti o età).Obiettivi. Confrontare le immagini prodotte da diversi sistemidi sorveglianza e i dati di attività per evidenziare il targetdi popolazione prioritario verso cui orientare le strategie diprevenzione per aumentarne l’efficacia.Metodi. I database <strong>del</strong>le sorveglianze Influnet e dei pronto soccorsosono stati analizzati per la stima <strong>del</strong>la dimensione e <strong>del</strong>lecaratteristiche <strong>del</strong> problema. I dati di copertura vaccinale regionalie <strong>del</strong>le sorveglianze PASSI e “PASSI d’argento” sonostati analizzati per la stima <strong>del</strong>la proporzione di popolazionegenerale e con patologia che si sottopone a vaccinazione antinfluenzale.Le informazioni provenienti dai diversi sistemi sono state confrontatecon opportuni test statistici per valutarne la corrispondenzae le associazioni.Risultati. Il confronto fra i dati autoriferiti <strong>del</strong>le sorveglianzePASSI e “PASSI d’argento” con i dati regionali di monitoraggio<strong>del</strong>la copertura mostra coerenza fra le percentuali di soggettivaccinati. I dati PASSI offrono una buona stima dei soggetticon patologia (quale diabete, tumori, malattie respiratoriee cardiovascolari) nella fascia d’età 18-65 anni, più difficilmentestimabile attraverso i dati di monitoraggio <strong>del</strong>le coperture acausa <strong>del</strong>la mancanza di registri di patologia che limita il calcolodei denominatori.In Piemonte, i dati di copertura vaccinale evidenziano che ilnumero di dosi di vaccino somministrate ai soggetti appartenentia categorie definite a rischio di complicanze per patologiao condizioni predisponenti (da 0 a 64 anni di età) è aumentatoa partire dalla campagna vaccinale 1999/2000 sino aquella <strong>del</strong> 2009/2010, mentre nell’ultima stagione si è verificatauna diminuzione <strong>del</strong>le dosi somministrate (circa 30 000dosi). Secondo i dati <strong>del</strong>la sorveglianza PASSI, la percentualedi persone tra i 18 e i 64 anni che riferisce di essersi vaccinataha valori costanti dal 2007 al 2010 (tra il 7 e il 9% di coloroche non riferiscono alcuna patologia e circa il 30% di coloroche ne riferiscono una o più).Conclusioni. Il confronto fra le immagini prodotte da sistemicampionari ormai diffusi sul territorio ne conferma l’utilità el’affidabilità e la loro vantaggiosità in termini di costi economicicontenuti e utilizzo di risorse qualificate. Inoltre, la concordanza<strong>del</strong>le osservazioni permette di evidenziare gli obiettividi prevenzione verso cui orientare gli interventi vaccinali,159 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1in particolare per aumentare la protezione dei soggetti con patologiecroniche.112L’IMPORTANZA DELL’ATTIVITÀ FISICA NEGLI ANZIANI:RILEVAZIONE E VALUTAZIONE ATTRAVERSO ILQUESTIONARIO PASEContoli B, 1,2 Cristofori M, 1 Antoniotti MC, 1 Baldi A, 1 Biscaglia L, 1Carrozzi G, 1 Chiti L, 1 De Luca A, 1 Di Fiandra T, 1 Dittami A, 1 FerrelliRM, 1 Gaetano S, 1 Possenti V, 1 Scardetta V, 1 Vichi M, 1 Perra A 11 Gruppo tecnico operativo “Passi d’argento”, CNESPS, Istituto superioredi sanità, Roma; 2 Università degli studi di Roma Tor VergataIntroduzione. In Italia, gli anziani costituiscono una porzionesempre più consistente <strong>del</strong>la popolazione. Per molte di questepersone, l’attività fisica e l’esercizio rappresentano una parte importante<strong>del</strong>la prevenzione <strong>del</strong>le malattie, <strong>del</strong> miglioramento<strong>del</strong>le capacità fisiche e mentali e sono un aiuto a mantenere unelevato grado di autonomia personale e livello di qualità <strong>del</strong>lavita. Una regolare attività fisica e l’esercizio fisico possonoquindi prevenire e ridurre i vari cambiamenti fisici e mentalitipicamente legati all’avanzamento <strong>del</strong>l’età.Obiettivi. Rilevare e valutare l’attività fisica <strong>del</strong>la popolazione ultra64enneattraverso uno strumento standardizzato e validato,“Physical activity scale in elderly” (PASE), nell’ambito <strong>del</strong> sistemadi sorveglianza <strong>del</strong>la popolazione anziana “Passi d’argento”.Metodi. L’indagine “PASSI d’Argento” (PDA) è stato un progettobiennale (2008-10) promosso dal Centro per il controlloe la prevenzione <strong>del</strong>le malattie (CCM) <strong>del</strong> Ministero <strong>del</strong>la salute,coordinato dalla Regione Umbria in collaborazione conl’Istituto superiore di sanità (ISS). Tra il 2009 e il 2010 sonostate realizzate due indagini sperimentali in 16 Regioni italianeper un totale di circa 10 000 interviste, mediante la somministrazionedi un questionario standardizzato attraverso duemodalità differenti: telefonica e faccia-a-faccia.Nell’indagine sperimentale 2010 si è adottato un sistema di valutazione<strong>del</strong>l’attività fisica denominato PASE, in grado di rilevare,in maniera semplice, il livello di attività fisica <strong>del</strong>la popolazioneanziana considerando le attività che comprendonotutti i movimenti <strong>del</strong> corpo che comportano un dispendioenergetico. Negli ultimi venticinque anni, tale punteggio ha ricevutonumerose validazioni per la sua capacità di stimare, intermini di consumo calorico, l’attività fisica degli anziani. IlPASE permette di valutare l’attività fisica presa in esame distintain 3 gruppi: attività di svago e fisica strutturata, attivitàcasalinghe e sociali, attività di lavoro. In rapporto alla frequenzasettimanale e all’intensità con cui le varie attività vengonosvolte, applicando un apposito peso - attività - specifico, si calcolail punteggio PASE.Risultati. Per l’analisi <strong>del</strong> PASE score sono stati definiti non eleggibiligli ultra64enni campionati che presentavano una disabilità,misurata con l’indice di Katz, e quelli per i quali la rilevazione<strong>del</strong>le informazioni <strong>del</strong> questionario si fossero effettuatecon l’aiuto <strong>del</strong> proxy, cioè un familiare o un’altra persona di fiduciaregolarmente a contatto con l’ultra64enne che l’abbia supportatodurante l’intervista talvolta rispondendo al suo posto.Non essendo la curva di distribuzione dei valori <strong>del</strong> punteggioPASE normalmente distribuita (range: 3-458; 25° percentile:56; mediana: 86) e non essendoci uniformità di approccio perl’identificazione di cut-off che descrivano adeguati livelli di attivitàfisica negli anziani, per la rappresentazione dei risultatisono state usate la mediana e la distribuzione in quartili. I datisono stati analizzati con Epi-info 3.5.1 e STATA-MP11. Sonostate descritte le distribuzioni di frequenza per i diversi stratie costruite le curve di distribuzione <strong>del</strong> punteggio PASE consuddivisione in quartili.Conclusione. Considerata l’importanza fondamentale <strong>del</strong>l’attivitàfisica nella persona ultra64enne, il punteggio PASE si dimostrauno strumento efficace per stimarne l’intensità a livelloindividuale o comunitario, con implicazioni per la promozione<strong>del</strong>la salute individuale e per la messa in atto di programmi dipromozione <strong>del</strong>l’attività fisica a livello comunitario a ciascunlivello territoriale (Regione, azienda sanitaria e distretti). Nell’indaginePDA 2010 il PASE ha dimostrato di essere un metodorapido e utile per la descrizione dei livelli di attività fisicanella popolazione ultra64enne e, soprattutto, per identificaredifferenze significative stratificate in sottogruppi, rispetto a variabiliindipendenti.116DIFFERENZE REGIONALI NELLA MORTALITÀ DA OVERDOSEE NELLE POSSIBILI SPIEGAZIONIVigna-Taglianti FD, 1,2 Brambilla R, 2 Diecidue R, 2 Versino E, 1 FaggianoF 2, 31 Dipartimento di scienze cliniche e biologiche, Università di Torino“San Luigi Gonzaga”; 2 Osservatorio epidemiologico <strong>del</strong>le dipendenze,Regione Piemonte, ASLTO3, Grugliasco; 3 Dipartimento di medicina clinicae sperimentale, Università <strong>del</strong> Piemonte Orientale, NovaraIntroduzione. La mortalità da overdose in Italia è caratterizzatada una elevata variabilità inter-regionale. A partire dalla fine deglianni ’80 si è inoltre osservato un generale innalzamento deitassi di mortalità con due picchi, il primo nel 1990 e il secondonel 1996. I picchi si sono verificati nella maggior parte <strong>del</strong>leRegioni, ma con entità molto differente.Obiettivi. L’obiettivo di questo lavoro è analizzare le possibilicause <strong>del</strong>la variabilità inter-regionale nella mortalità peroverdose.Metodi. Sono state ipotizzate le seguenti cause: 1) variabilità<strong>del</strong>la purezza <strong>del</strong>la sostanza sul mercato; 2) diversa prevalenzadi tossicodipendenti; 3) diversa prevalenza di poli-uso di sostanze;4) variabilità nei trattamenti somministrati. I tassi dimortalità da overdose sono stati stimati a partire dai dati <strong>del</strong>Registro generale di mortalità <strong>del</strong>l’Istat. I dati sulla prevalenzadi tossicodipendenti da eroina e sulle tipologie di trattamentoerogate sono stati reperiti dai flussi ministeriali e dallerelazioni al Parlamento sulle tossicodipendenze. Per studiarela purezza <strong>del</strong>la sostanza sul mercato sono state cercate informazioniad hoc.Risultati. Il tasso di mortalità standardizzato nel primo picco160 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1<strong>del</strong> 1990 è di circa 2.0/100 000 abitanti in Italia, mentre ècompreso tra 3.0 e 3.7/100 000 in Piemonte, Lombardia, Liguriae Lazio. Il secondo picco è di entità simile al primo in Piemonte,mentre è inferiore, ma sempre più elevato <strong>del</strong>la mediaitaliana, in Lombardia, Lazio, Umbria ed Emilia.Il numero di nuovi utenti SerT, utilizzato come indicatore <strong>del</strong>ledimensioni <strong>del</strong>l’andamento <strong>del</strong> fenomeno tossicodipendenza,non appare essere diverso nelle Regioni a più alto tasso di mortalitàrispetto alla media nazionale e alle altre Regioni, cosìcome la proporzione di poli-utilizzatori. I trattamenti erogati,in particolare il metadone a lungo termine, mostrano al contrarioampie differenze tra le Regioni nel periodo considerato.Conclusioni. Il numero di nuovi utenti SerT, e la prevalenza dipoli-utilizzatori mostrano un andamento simile nelle diverseRegioni.Le differenze nei trattamenti somministrati sembrano poterspiegare parte <strong>del</strong>la variabilità inter-regionale nella mortalità daoverdose. Il ruolo <strong>del</strong>la purezza <strong>del</strong>la sostanza sulle differenzeosservate è difficile da definire a causa <strong>del</strong>la scarsità d’informazionidisponibili a tal proposito.117I DATI 2010 DELLE SORVEGLIANZE PASSI E “PASSI D’AR-GENTO” COME SUPPORTO ALLE AZIONI DI CONTRASTO ALTABAGISMO IN PIEMONTEAntoniotti MC, 1 Nucera A, 1 Bestagini P, 1 coordinatori PASSI Piemonte 21 ASL NO, Servizio sovrazonale di epidemiologia; 2 S. Malaspina (ASL TO1-2), A. Cosola (ASL TO 3), M. Ottino (ASL TO 4), G. Valenza (ASL TO 5),G. Bagnasco (ASL VC), A. Giacomin (ASL BI), E. Moia (ASL NO), P. Ferrari(ASL VCO), M.T. Puglisi (ASL CN1), F. Giovanetti (ASL CN2), M. Oddone(ASL AT), D.Tiberti, R. Prosperi (ASL AL)Introduzione. Il Ministero <strong>del</strong>la salute, d’intesa con le Regioni,considera le sorveglianze di popolazione strumenti <strong>del</strong>SSN per raccogliere informazioni utili alle azioni di prevenzione.Per il suo importante impatto sulla salute, l’abitudine tabagicaè uno degli argomenti di indagine trasversali a tali sorveglianze.Obiettivi. Descrivere l’abitudine tabagica <strong>del</strong>la popolazione piemontesecon più di 17 anni e fornire elementi per la valutazionee programmazione di interventi utilizzando i dati 2010<strong>del</strong>le sorveglianze PASSI e “PASSI d’argento” (PdA).Metodi. Le sorveglianze PASSI (18-69 anni) e PdA (65 e piùanni) si basano su campionamenti casuali dalle anagrafi sanitarie,stratificati per classe di età e sesso. Le stime regionali siottengono con pesatura strato-specifica dei dati aziendali. Variabilisociodemografiche, condizione di fumatore e consigliodi smettere di fumare ricevuto nell’ultimo anno da un operatoresanitario sono indagati con uguali modalità dai questionari<strong>del</strong>le due sorveglianze. Sono state utilizzate le interviste(PASSI n=3939; PdA n=1569) realizzate in Piemonte nel2010 per via telefonica (tranne 136 interviste svolte, secondoprotocollo PdA, con modalità faccia a faccia in relazione a etàe condizioni <strong>del</strong>l’intervistato). Analisi con Epi-Info 3.5.1. E’considerato fumatore un soggetto che fuma e ha fumato piùdi 100 sigarette nella vita; la variabile “abitudine tabagica nellavita” è ottenuta dalla somma di fumatori ed ex fumatori.Risultati. Tra i 18 e i 50 anni i fumatori rappresentano menodi un terzo <strong>del</strong>la popolazione, in età successive diminuisconoancora, arrivando al 4% dopo i 74. Sono risultate sovrapponibilile prevalenze di fumatori ottenute con PASSI (16%±4)o con PdA (13%±5) nella classe di età 65-69. L’abitudine tabagicasi conferma più diffusa tra gli uomini e tra coloro che161 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1dichiarano difficoltà economiche; quest’ultima caratteristica assumemeno importanza dopo i 65 anni, età in cui un livello elevatodi istruzione non rappresenta più un fattore protettivo.Il consiglio di smettere di fumare da parte di operatori sanitarinell’ultimo anno viene riferito da un fumatore su due, senzadifferenze per sesso, ma più frequentemente da chi ha più di50 anni (60%).La condizione di ex fumatore aumenta con l’età e, fino ai 70anni, risulta meno probabile soprattutto per i soggetti che riferisconomolte difficoltà economiche (probabilità di rimanerefumatore 3.34 vs. 1.14 di chi dichiara di non averne).Il fumo di sigaretta ha interessato uomini e donne in tempi diversie le sorveglianze ben descrivono questo fenomeno. L’abitudinetabagica nella vita mostra il valore più elevato negli uomini(67%) nella classe di età 50-69, mentre nelle donne(38%) è tra 35-49 anni; prevalenze minori registrate nelleclassi di età più giovani individuano i risultati ottenuti negli ultimidecenni dalle attività di prevenzione primaria.Conclusioni. I dati <strong>del</strong>le sorveglianze consentono la caratterizzazionedi fumatori ed ex fumatori per variabili sociodemografichee quindi l’identificazione di priorità sia per le azionidi contrasto all’iniziazione al tabagismo sia per quelle volte afacilitarne la disassuefazione. I dati 2010 chiedono una maggioreattenzione degli operatori sanitari ai fumatori, soprattuttopiù giovani. Le differenze di abitudine tabagica nella vita, osservateper età e sesso, danno riscontro anche <strong>del</strong>l’efficacia <strong>del</strong>leazioni di prevenzione primaria degli ultimi decenni.Per il fumo di sigaretta è stata verificata la possibilità di una letturacomune dei dati PASSI e “PASSI d’argento”, risultatistrumenti in grado di fornire tempestivamente informazioniutili alla valutazione e programmazione di azioni preventive.121DA NOI NON SI FUMA: TRIAL DI INTERVENTO PER UNAMBIENTE DOMESTICO LIBERO DA FUMOChellini E, 1 Carreras G, 1 Gorini G, 1 Livatino L, 2 Errico SV, 3 Giglio E, 4Polvani S, 5 Giannoni AM, 6 Nidiaci R, 1 Badiali AM, 1 Cacciarini V, 1 CarolloL, 2 Ceccanti A, 3 Ferrini P, 4 Di Marco I, 5 Mazzoni G, 3 TronconiL, 2 Barbanti A, 5 Lelli M, 5 Ielo F 21 ISPO Firenze; 2 ASL 4 Prato; 3 ASL 11 Empoli; 4 ASL 8 Arezzo; 5 ASL 10 Firenze;6 Regione ToscanaIntroduzione. Il fumo di tabacco è il principale fattore di rischio,prevenibile, per numerose patologie e disturbi. In Italiala percentuale di fumatori si è dimezzata nel corso degli ultimi40 anni e la prevalenza di fumatori attualmente è <strong>del</strong>26.4% e <strong>del</strong> 17.9% negli uomini e nelle donne, rispettivamente.Le strategie di controllo e di prevenzione <strong>del</strong>le patologiefumo-correlate difficilmente hanno previsto programmiindirizzati a controllare il fumo negli ambienti di vita privati(l’abitazione e l’auto privata) che rimangono luoghi dovebuona parte dei tabagisti continua a fumare. Dato che mediamentecirca il 70% <strong>del</strong>la giornata viene passata in ambientedomestico, e che sono noti gli effetti sulla salute da fumo passivo,il vivere in ambiente domestico libero da fumo ha presumibilmenteeffetti benefici sulla salute. E’ risultato avere effettipositivi specialmente per gli adolescenti, che così presentanouna minore iniziazione al fumo. Inoltre, è stato provatoche interventi per promuovere ambienti domestici liberida fumo hanno un impatto maggiore rispetto a interventi dicessazione rivolti a genitori fumatori.Obiettivi. Obiettivo principale <strong>del</strong> progetto è predisporre e validareun mo<strong>del</strong>lo di intervento breve per ridurre il fumo passivoin ambiente domestico, con un approccio specifico rivoltoa donne con figli conviventi.Metodi. Lo studio è un trial randomizzato di intervento condue bracci di studio: uno di intervento di counselling sulfumo passivo e uno di controllo. La popolazione in studio èrappresentata da donne, sia fumatrici sia non, con figli facentiparte <strong>del</strong> nucleo familiare e conviventi, e residenti in aree urbanetoscane. Le donne sono state arruolate agli ingressi di distrettisociosanitari, ospedali e grandi magazzini.A tutte le donne, al momento <strong>del</strong>l’arruolamento, è stato consegnato<strong>del</strong> materiale informativo in merito all’importanza diavere un ambiente domestico (casa e auto) libero da fumo edè stato somministrato un questionario specifico sulla loro abitudineal fumo e sulle eventuali regole in merito al fumo nelloro ambiente domestico. Alle donne randomizzate nel bracciodi intervento è stato effettuato counselling sul fumo passivoe consegnato <strong>del</strong> materiale aggiuntivo da tenere in casa oin auto che potesse loro ricordare l’importanza di non fumarein tali ambienti. A tutte le donne è stato inoltre somministratoun questionario di follow-up dopo 3-4 mesi per valutare uneventuale cambiamento nelle loro abitudini al fumo e nelle regolesul fumo nella loro casa e auto.Risultati. Sono state arruolate 218 donne (110 nel braccio diintervento e 108 in quello di controllo), con età media 43 anni, di cui il 60.1% fumatrici come previsto da protocollo. Il 4.1%<strong>del</strong>le donne non ha regole sul fumo in casa e il 6.4% in auto.Il 36.2% <strong>del</strong>le donne (25.9% fumatrici, 51.7% non) ha dichiaratodi vivere in un’abitazione totalmente libera da fumo,non considerando gli ambienti esterni nei quali potrebbe essereconsentito di fumare, poiché non permette neppure agliospiti di fumare. Il 16.1% <strong>del</strong>le donne (1.4% fumatrici, 23%non) ha una casa parzialmente libera da fumo, ovvero in cuinon si fuma, ma è permesso agli ospiti di fumare. Il 31.2%<strong>del</strong>le donne (16.8% fumatrici, 52.9% non) ha dichiarato diutilizzare un’auto totalmente libera da fumo, e il 45.9%(20.6% fumatrici, 32.2% non) parzialmente libera. Per le rimanentidonne, l’abitazione (62.6% fumatrici, 25.3% non) el’auto (62.6% fumatrici, 22.9% non) non sono ambienti liberida fumo. Le abitudini al baseline <strong>del</strong>le donne arruolate nei duebracci non sono risultate significativamente diverse.Conclusioni. Per quasi la metà <strong>del</strong>le donne intervistate è emersala presenza di fumo nell’abitazione, soprattutto per le donnefumatrici. Fumare in auto è meno frequente di quanto accadein casa, ma non trascurabile. E’ dunque necessaria maggiore informazioneper aumentare la consapevolezza dei rischi dafumo passivo e la motivazione a vivere in un ambiente liberoda fumo.162 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1124INFANZIA A COLORI: UN PROGRAMMA PER DIFENDEREL’INFANZIA DALL’ESPOSIZIONE A FUMO PASSIVOGentilini F, 1 Monti C, 1 Di Marco M, 1 Bianchi A, 2 Bergamaschi A 31 Istituto oncologico romagnolo, Forlì; 2 Unità pediatrica di cure primarie,Azienda USL di Rimini; 3 Dipartimento di medicina e sanità pubblica,Università di BolognaIntroduzione. Il fumo di tabacco è tra i principali fattori di rischiodi malattia ed è il principale fattore di rischio evitabiledi morte precoce. Negli ultimi anni, purtroppo, si è osservatauna preoccupante crescita di giovani fumatori.Obiettivi. Il progetto “Infanzia a colori” si prefigge di potenziare,nei bambini, i fattori protettivi <strong>del</strong>la salute rispetto al fumo.Metodi. “Infanzia a colori” è un programma di intervento a favore<strong>del</strong>la difesa <strong>del</strong>l’infanzia dall’esposizione al fumo passivo,rivolto ai bambini dai 4 ai 10 anni, ai loro genitori e ai loro insegnanti.La scelta di anticipare l’età d’intervento si basa sulfatto che gli atteggiamenti di salute si instaurano fin dall’infanziae per questo, nel progetto, il fumo di tabacco viene consideratonon un fattore di rischio per la salute, ma un inquinanteambientale che deteriora la qualità <strong>del</strong>l’aria che si respirae limita il benessere personale. Viene proposta una metodologiache stimola la dimensione simbolico/emotiva per far crescerein ogni bambino atteggiamenti istintivi e affettivi di nondisponibilità al fumo, utilizzando il gioco, il lavoro a piccoligruppi, la fiaba, il disegno, la drammatizzazione e la conversazione.Nell’ambito <strong>del</strong> progetto è prevista la somministrazionedi un questionario rivolto ai genitori al fine di saggiarela loro abitudine tabagica, gli atteggiamenti che assumononei confronti <strong>del</strong> figlio, la loro esposizione al fumo passivo el’efficacia <strong>del</strong>la applicazione <strong>del</strong>la legge sul divieto <strong>del</strong> fumo neilocali pubblici. Hanno compilato il questionario 885 genitoridi bambini frequentanti prevalentemente le classi 4° e 5° elementare<strong>del</strong>la provincia di Rimini.Risultati. Risulta fumatore il 32.2% dei padri e il 21.6% <strong>del</strong>lemadri (p


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Metodi. ARPA Piemonte, con il Dipartimento di biologia vegetale<strong>del</strong>l’Università di Torino, ha avviato dal 2002 una retedi monitoraggio dei pollini con 7 stazioni di monitoraggio distribuitesul territorio regionale. La collocazione spaziale <strong>del</strong>lediverse stazioni è differenziata: alcune sono site in aree urbanedove l’incidenza <strong>del</strong>la pollinosi è in costante aumento (Torino,Cuneo, Alessandria, Novara, Vercelli) altre in luoghi peculiariper motivi geografici e climatici (Bardonecchia, Omegna).Risultati. Nel febbraio-marzo 2008 in Piemonte si sono registratiincrementi anomali nelle temperature e l’inverno 2008è risultato il terzo più caldo degli ultimi 50 anni. Questi innalzamenti<strong>del</strong>le temperature, specie tra la fine di febbraio el’inizio di marzo, sembrano aver favorito un deciso aumento<strong>del</strong>le concentrazioni di pollini di alcune specie arboree, tipiche<strong>del</strong> periodo di fine inverno. In relazione a questo fenomeno sisono valutati gli eventuali effetti sulla salute, misurati dal numerodi accessi in pronto soccorso per patologie allergiche.L’analisi è stata effettuata per Torino, dove la stazione di rilevamentoha riscontrato aumenti importanti in confronto allemedie degli anni precedenti soprattutto per betulaceae, oleaceae,salicaceae e ulmaceae. La letteratura documenta che ilpolline prodotto da queste specie arboree induce maggiormentela comparsa di patologie come riniti e asma cronichenegli allergici.Esaminando gli ingressi in pronto soccorso per specifiche patologie(ICD-9 472, 477.0 rinite allergica-pollinosi, 493.0asma) si è osservata una certa corrispondenza tra gli aumentidi concentrazione pollinica e l’andamento degli accessi in PS.In particolare, all’aumento <strong>del</strong>le medie settimanali <strong>del</strong>le concentrazionipolliniche è corrisposto un incremento dei numeromedio settimanale di ingressi in PS già a partire dalla settimanasuccessiva. Infine si è osservato che per patologie come le riniti,la correlazione fra le due variabili risulta più marcata. Nel periododi maggiore impollinazione, tra la sesta e la dodicesimasettimana, il numero medio di ingressi settimanali in PS è statodi 4.62 contro 3.22 ingressi medi settimanali nel restante periodo,differenza risultata statisticamente significativa.Conclusioni. Il monitoraggio pollinico, specie in condizioni divariazioni climatiche anomale, rappresenta un ausilio importanteper attuare interventi di prevenzione per i soggetti a rischioe dovrebbe essere divulgato in modo estensivo per aumentarnel’efficacia.110COME MIGLIORARE L’ACCESSO ALLE VACCINAZIONINELLA POPOLAZIONE MIGRANTE IN ITALIA, SOLUZIONIDAL TERRITORIORiccardo F, Dente MG, Declich SReparto di epidemiologia <strong>del</strong>le malattie infettive, Centro nazionale diepidemiologia sorveglianza e promozione <strong>del</strong>la salute, Istituto superioredi sanità, RomaIntroduzione. La popolazione migrante in Italia è un gruppoeterogeneo composto da stranieri regolarmente residenti, richiedentiasilo e immigrati irregolari. Gli stranieri regolarmenteresidenti in Italia sono andati aumentando costantementenegli ultimi anni e al primo gennaio 2010 erano oltre4 milioni (7% <strong>del</strong> totale dei residenti).La tutela <strong>del</strong>la salute in Italia è sancita dall’articolo 32 <strong>del</strong>laCostituzione: qualsiasi straniero presente può usufruire dei servizisanitari pubblici sulla base <strong>del</strong>la Legge 40 <strong>del</strong> 1998 attuatacon norme nazionali, regionali e locali. Ostacoli nell’accesso<strong>del</strong>la popolazione straniera ai servizi sanitari sono stati piùvolte identificati. Studi sui servizi sanitari nei centri di immigrazionehanno messo in evidenza deficit più gravi nei servizidi prevenzione in quanto l’offerta tende a essere reattiva.L’ipotesi che l’accesso degli stranieri ai servizi preventivi siaparticolarmente critico è confermata da uno studio sull’epidemiadi morbillo in Europa che identifica le popolazioniRom/Sinti e immigrate tra le categorie maggiormente a rischiodi non essere vaccinate.Obiettivi. In Italia le strategie adottate per favorire l’accessohanno poca visibilità al di fuori <strong>del</strong> contesto in cui si sono sviluppate.Questo abstract presenta un’analisi preliminare <strong>del</strong>lestrategie sperimentate localmente che potrebbero diventaremo<strong>del</strong>li replicabili in altre realtà.Metodi. Tra l’1 aprile e il 13 giugno 2011 è stato richiesto alle21 Regioni e PA di sottomettere esperienze nel campo <strong>del</strong>levaccinazioni rivolte ai migranti. Esperienze sono state raccolteanche tramite la ricerca di pubblicazioni e letteratura grigia.I criteri di inclusione erano una popolazione target che comprendessestranieri presenti a medio-lungo termine in Italia einiziative volte a favorire l’accesso a servizi vaccinali. Le iniziativesono state classificate in tre categorie: 1. attività volte amigliorare l’accesso a servizi pubblici; 2. azioni ad hoc rivoltea popolazioni vulnerabili; 3. attività complementari finalizzatea “fare da ponte” tra utente e servizi pubblici.Risultati. In totale sono state raccolte 21 iniziative attuate in10 Regioni. Dodici iniziative corrispondevano alla categoria 1:tre erano focalizzate sulla vaccinazione, le rimanenti avevanoun approccio più ampio di accesso alla salute; l’83% si svolgevaall’interno di ASL, tutte hanno prodotto materiale informativotradotto (fino a 18 lingue) e la metà offriva servizi di mediazioneculturale e linguistica. Quattro iniziative corrispondevanoalla categoria 2: tre erano campagne vaccinali temporanee, duehanno prodotto materiale informativo; tutte hanno offerto servizidi mediazione. Cinque iniziative corrispondevano alla categoria3: due si svolgevano nelle ASL e tre erano frutto di collaborazionitra attori pubblici o privati e il Servizio sanitarionazionale. Queste ultime agivano sia in modo passivo, fornendoservizi mirati, sia attivamente, individuando la popolazionetarget nei nosocomi (figura). Tutte hanno prodotto materialeinformativo e quattro hanno offerto servizi dimediazione.Conclusioni. La molteplicità <strong>del</strong>le iniziative individuate e la lorodiversità disegna un quadro di forte mobilitazione sociosanitarialocale. Dopo questa iniziale descrizione <strong>del</strong>le tipologie diintervento sul territorio sarà necessario identificare criteri diqualità e individuare le strategie più efficaci e mo<strong>del</strong>li potenzialmentereplicabili.164 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Figura 1. Strategie locali volte a migliorare l’accesso <strong>del</strong>la popolazioni migranti ai servizi vaccinali.107SEGNALAZIONI DI REAZIONI AVVERSE AL VACCINO ANTI-HPV IN SOGGETTI MINORENNI: ANALISI DESCRITTIVE EAPPROFONDIMENTO SUL FLUSSO DI SEGNALAZIONE.EMILIA-ROMAGNA 2008-2009Gatti MG, 1 Pascucci MG, 2 Sangiorgi E, 3 Goldoni CA, 1 Carati D 31 Servizio epidemiologia, DSP AUSL Modena DSP; 2 Servizio sanitàpubblica, Regione Emilia-Romagna; 3 Servizio politica <strong>del</strong> farmaco,Regione Emilia-RomagnaIntroduzione. Questa analisi si colloca nell’ambito degli studicompiuti periodicamente in Emilia-Romagna basati sulla sorveglianzapassiva <strong>del</strong>le reazioni avverse ai vaccini pediatrici.Obiettivi. Il vaccino contro il Papilloma virus (HPV) è stato introdottoin Emilia-Romagna nel 2008; qui si vuole approfondireil flusso di segnalazione relativo al primo periodo di introduzione<strong>del</strong> vaccino e alcune variazioni qualitative equantitative registrate in questo ambito causate da particolariattività di segnalazione.Metodi. Sono state analizzate le segnalazioni passive pervenutedal 2008 al 2009 al sistema di sorveglianza regionale attraversol’analisi <strong>del</strong>le informazioni contenute nell’applicativo AIFA e<strong>del</strong>le schede cartacee di segnalazione.Risultati. Su tutto il territorio, dal 2008 al 2009 sono state somministratealle minorenni 98 194 dosi di HPV (quasi totalmenterappresentate da Cervarix) e sono state effettuate 272 segnalazionidi reazioni avverse (tasso pari a 27.7 ogni 10 000dosi) contenenti 428 sintomi totali. I sintomi rilevanti sono statiin tutto 73, con tasso di periodo di 7.43 x 10 000 e annuale di6.4 nel 2008 e di 8 nel 2009 (p


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1l’analisi dal dato fornito dalla sorveglianza ferrarese e ricalcolandoi medesimi tassi, si è evidenziato quanto segue: un crollodei tassi dei sintomi lievi segnalati con HPV e un maggior mantenimentodei tassi dei rilevanti. In particolare si descrive per ilievi: un crollo <strong>del</strong>le cefalee [il tasso passa da 70 x 100 000 a 26(p


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1campagna informativa rivolta alla popolazione generale e, inparticolare, agli anziani, integrata da un call center dedicato perla diffusione di informazioni e raccomandazioni sui rischi associatial caldo. Le attività di formazione/sensibilizzazione rivoltaagli operatori sociosanitari sono realizzate in molte città.In 26 città gli interventi di prevenzione sociali e/o sanitari sonomodulati sulla base <strong>del</strong> rischio previsto dai sistemi di allarme.In 18 città le strutture sanitarie e sociali definiscono protocollidi emergenza da attivare nei giorni con condizioni meteorologichea rischio per la salute mentre in 14 città il piano preve<strong>del</strong>’attivazione <strong>del</strong>la sorveglianza sanitaria <strong>del</strong>la popolazionea rischio da parte dei MMG e altri operatori sanitariattraverso contatti telefonici e visite domiciliari; in 13 città lasorveglianza dei soggetti a rischio è effettuata tramite una retedi operatori sanitari, operatori sociali e volontari. In molte cittàsono predisposti interventi di tutela/soccorso sociale e/o di potenziamentodei servizi sociali già presenti sul territorio e in 29città gli interventi sono attivati tramite un call center dedicato.Per quanto riguarda l’analisi <strong>del</strong>l’aderenza alla linea guida nazionaledei singoli piani di prevenzione, i risultati verranno presentatitenendo conto anche dei risultati <strong>del</strong>l’estate 2011.Conclusioni. L’analisi dei piani di prevenzione <strong>del</strong>le 34 città mostraun’estrema eterogeneità degli interventi messi in atto. Essisi basano sull’integrazione di un complesso di attività e riflettonola diversa organizzazione dei servizi di assistenza sanitariae sociale presenti sul territorio e la disponibilità di risorse.90UN PROGRAMMA DI COUNSELLING INFERMIERISTICO PERLA PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE PRIMARIA NELLEUNITÀ TERRITORIALE DI ASSISTENZA PRIMARIA (UTAP)DELL’ULSS ALTO VICENTINOToffanin R, 1 Polo F, 1 Banovich F, 1 Valsecchi M, 2 Salvadori P, 1 ZenariM, 1 Busato G, 1 Zen A, 1 Pellizzari M, 1 Saugo M 11 ULSS 4 “Alto Vicentino” ; 2 ULSS 20Introduzione. La proposta di rinnovo <strong>del</strong> Piano nazionale diprevenzione prevede tra le sue azioni gli interventi di prevenzionecardiovascolare primaria effettuati dal MMG. In questoquadro è utile sperimentare e valutare sia protocolli operativisia mo<strong>del</strong>li innovativi di intervento.Metodi. Il programma <strong>del</strong>l’ULSS Alto Vicentino si inserisce nelProgramma regionale di prevenzione cardiovascolare e preve<strong>del</strong>a chiamata attiva dei 16 004 cittadini 40-69enni assistiti dai29 MMG e dalle 4 infermiere part-time <strong>del</strong>le Medicine digruppo integrate/UTAP.La valutazione iniziale prevede: recupero e validazione dei daticlinici informatizzati, rilevazione PAO, effettuazione di unostick per glicemia e per colesterolemia totale, somministrazionedi un questionario sugli stili di vita. Sono avviati al counsellinginfermieristico di 3 mesi (colloquio iniziale + 5 telefonate ogni15 giorni + rivalutazione finale) i nuovi casi di diabete, ipertensione,ipercolesterolemia; i casi noti ma non ancora in terapia;i casi già trattati con stili di vita migliorabili; i fumatori.Gli interventi di modifica degli stili di vita proposti dall’infermierepossono essere attuati in forma individuale, in gruppiinformali o in situazioni strutturate con la collaborazione deiComuni. L’infermiere informa il MMG sui risultati <strong>del</strong> counsellingai fini <strong>del</strong>l’eventuale istituzione/aggiustamento <strong>del</strong>la terapiafarmacologica.Risultati. Nelle prime 151 settimane c’è stata un’adesione <strong>del</strong>72% (7 190 persone), influenzata da sesso, età, Comune <strong>del</strong>paziente. E’ stato avviato al counselling il 48% dei valutati; haaderito il 74% (percentuale influenzata da età e Comune <strong>del</strong>paziente). I fattori di rischio rilevati sono: fumo 13%, attivitàfisica e consumo di frutta/verdura inadeguati 30% e 49%, sovrappeso58%, obesità centrale 37%, ipertensione 37%, diabete7%, ipercolesterolemia 20%. Sono stati individuati 59 casidi diabete mellito, 265 di ipercolesterolemia e 336 di ipertensioneprecedentemente non noti al MMG. Nelle prime 1 981persone con counselling a 3 mesi completato risultano significativamentemodificati: normopeso +3%, girovita nella norma+4%, attività fisica adeguata +11%, introito adeguato difrutta/verdura +24%.Conclusioni. Le équipe di assistenza primaria (MMG + infermiere)possono riconoscere e avviare al counselling infermieristicoun ampio numero di pazienti a basso o moderato rischioCVS, per la maggior parte già noti al MMG. Questi pazientisono in grado di modificare, almeno in parte nel breve termine,il proprio stile di vita partecipando così in maniera attiva allescelte terapeutiche che riguardano la loro salute.91ACCESSIBILITÀ DELLE UTENTI DEL DIPARTIMENTO DELLASALUTE MENTALE AL PROGRAMMA DI SCREENING PER ITUMORI DELLA MAMMELLA NELLA ASL ROMA BBarca A, 1 Baiocchi D, 1 Lapucci E, 1 Urbinelli L, 1 Gaddini A, 1 BiscagliaL, 1 Fioretti H, 1 Mangia.ML, 2 Boccara P, 2 Di Lallo D 11 Laziosanità, Agenzia di sanità pubblica; 2 ASL Roma BIntroduzione. Il programma di screening per i tumori <strong>del</strong>lamammella è un livello essenziale di assistenza che deve essereassicurato alla popolazione bersaglio (donne in fascia 50-69anni). Nel Lazio la partecipazione <strong>del</strong>le donne invitate alloscreening mammografico è <strong>del</strong> 40% circa, ma dai risultati<strong>del</strong>lo studio PASSI risulta che la copertura mammografica<strong>del</strong>la popolazione bersaglio laziale si aggira intorno al 72%.Il concetto di equità è implicito in un percorso di screening organizzatoin quanto tutta la popolazione avente diritto vieneinvitata attraverso una lettera di invito. Tale metodo risulta talvoltainefficace per il coinvolgimento di alcune fasce di popolazioneche per specifiche condizioni di fragilità sociale o di salutehanno una scarsa percezione <strong>del</strong>l’importanza <strong>del</strong>laprevenzione. Nello specifico, la prevenzione è particolarmenteimportante per le persone con disturbi mentali che, soprattuttonei casi più gravi, presentano problemi di salute legati a stili divita non corretti e trattamenti farmacologici per le patologiepsichiatriche (Phelan M et al. BMJ 2001; 322: 443-44).Obiettivo. Lo studio intende valutare l’accesso alla mammografiadi prevenzione nell’ambito <strong>del</strong>lo screening organizzato167 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1e/o opportunistico da parte <strong>del</strong>le utenti in trattamento pressoil Dipartimento <strong>del</strong>la salute mentale <strong>del</strong>la ASL Roma B e sperimentaremo<strong>del</strong>li organizzativi diversi dalla semplice lettera diinvito mettendo in rete gli operatori dei centri (DSM e screening)per facilitare l’accesso al percorso organizzato.Metodi. Realizzazione di record linkage tra i dati <strong>del</strong> Sistema informativodei servizi psichiatrici (SISP) e il Sistema informativodei programmi di screening oncologici (SIPSO web) e trail SISP e il Sistema informativo <strong>del</strong>l’assistenza specialistica(SIAS) relativamente alla popolazione residente nella ASLRoma B. Il record linkage è stato effettuato mediante 6 chiavi.Risultati. Tra i 1 454 soggetti <strong>del</strong>la popolazione in carico ai 4CSM <strong>del</strong>la ASL, linkati, risulta che l’82% ha avuto un invitoper partecipare allo screening mammografico negli anni 2008-2010; <strong>del</strong>le donne coinvolte soltanto il 28% ha effettuato lamammografia di screening (338/1 191), valore inferiore rispettoall’adesione registrata nello stesso periodo sulla popolazionegenerale <strong>del</strong>la ASL Roma B. Circa il 4% dei soggetti èstato escluso definitivamente dal programma di screening.Conclusioni. La presente analisi mostra una ridotta partecipazione<strong>del</strong>la popolazione con problemi di salute mentale alprogramma di screening organizzato. Per favorire la partecipazionedi questa popolazione al percorso organizzato è necessarioil coinvolgimento degli operatori dei DSM. Essi sonoin una posizione unica per promuovere gli screening dei tumorifemminili in quanto forniscono regolarmente assistenza perlunghi periodi di tempo alle utenti in carico (Friedman LC etal. Psychooncology 2005; 14(9): 786-91). In particolare, occorredefinire percorsi di collegamento tra i servizi (DSM e centri discreening) e realizzare interventi specifici di sensibilizzazione edi educazione sanitaria, che tengano conto <strong>del</strong>la diagnosi psichiatrica(nevrosi e psicosi) e <strong>del</strong> livello di funzionamento psicologico,sociale e lavorativo valutato attraverso scale standardizzate.Per le donne ospitate nelle strutture residenziali èindicata l’effettuazione <strong>del</strong>lo screening mammografico utilizzandoil mezzo mobile.99IL MONITORAGGIO DEI PROGRAMMI DI SCREENING ON-COLOGICI: CONFRONTO FRA LA SURVEY DELL’OSSERVA-TORIO NAZIONALE SCREENING E LA SORVEGLIANZA PASSIZappa M, 1 Carrozzi G, 2 Bertozzi N, 3 Sampaolo L, 2 Bolognesi L, 2Venturelli A, 4 Federici A, 5 Salmaso S 61 ISPO, Istituto scientifico Regione Toscana; 2 Dipartimento di sanitàpubblica,AUSL Modena; 3 Dipartimento di sanità pubblica,AUSL Cesena;4 Screening citologico, AUSL Modena; 5 Dipartimento <strong>del</strong>la prevenzione,Ministero <strong>del</strong>la salute; 6 CNESPS, Istituto superiore di sanitàIntroduzione. I programmi di screening per la prevenzione secondariadei tumori <strong>del</strong>la mammella, <strong>del</strong>la cervice e <strong>del</strong> colonrettorientrano nei livelli essenziali di assistenza. Il loro andamentoè monitorato dall’Osservatorio nazionale screening(ONS) su mandato <strong>del</strong> Ministero alla salute, tramite questionaristrutturati inviati ai responsabili dei programmi. Anche ilsistema di sorveglianza PASSI raccoglie in continuo informazionisulla copertura complessiva degli screening, stimando inparticolare la quota di adesione interna ai programmi organizzatie quella spontanea.Obiettivi. Confrontare le stime di copertura degli esami discreening raccomandati ottenute dalla survey ONS con quelleche derivano dal sistema di sorveglianza PASSI.Metodi. Sono stati utilizzati i dati ONS 2008 e 2009 permammella e colon-retto e anche <strong>del</strong> 2007 per la cervice e le informazionidi PASSI <strong>del</strong> 2009, ciò per la non esatta coincidenzadei periodi temporali: le interviste PASSI sono eseguite incontinuo e raccolgono informazioni sugli esami effettuati nelbiennio/triennio precedente.Sono stati considerati solo i dati <strong>del</strong>le Regioni con coperturaPASSI completa, escludendo Lombardia, Calabria e Sardegnae, per lo screening colorettale, anche il Piemonte per il diversoprotocollo di screening adottato. Le interviste PASSI sonoesposte a varie tipologie di bias,come l’effetto telescopico equello di selezione, che potrebbero comportare una sovrastima:la popolazione non intervistata, come indica la letteratura,potrebbe essere meno attenta alla propria salute e quindiessere meno rispondente anche agli screening. Inoltre PASSI indagal’esecuzione in screening tramite il proxy <strong>del</strong> pagamento<strong>del</strong>l’ultimo esame, esponendo la stima a distorsioni poiché sonoinclusi anche gli esami effettuati gratuitamente al di fuori diprogrammi organizzati. Le analisi sono state corrette mediantefattori ricavati da un confronto tra i dati riferiti in PASSI e misuratidai flussi screening nella provincia di Modena.Risultati. Il confronto tra i due sistemi di rilevazione indica cheper lo screening cervicale PASSI tende a sovrastimare la coperturain ogni Regione per un complessivo di 11.4 punti percentuali(range: 3.9;17.6) corrispondenti in termini relativi mediamenteal 51.4% (range: 6.9%;193.1%). Tale sovrastima èpiù bassa nelle Regioni in cui la copertura ONS è maggiore <strong>del</strong>33%: 10.8 verso 12.6. La differenza relativa aumenta al diminuire<strong>del</strong>la copertura.Per lo screening mammografico la sovrastima di PASSI è mediamentedi 7.1 punti percentuali per le Regioni considerate(range: -7.3;+21,9), corrispondenti in termini relativi mediamenteal 49% (0.8%;435.6%). Nelle Regioni in cui la coperturaONS è maggiore <strong>del</strong> 33% si registra uno scarto fra PASSIe ONS di soli 3.4 punti percentuali a fronte <strong>del</strong> 14.7 nelle Regionicon bassa copertura.Per lo screening colorettale PASSI mostra stime molto vicinea quelle <strong>del</strong>l’ONS; in termini assoluti lo scarto è di 1.4 puntipercentuali, corrispondenti in termini relativi al 21.4%. Ancheper questo screening le Regioni con copertura ONS sopraal 33% le differenze sono più ridotte (-0.4 punti percentuali,corrispondenti a una differenza relativa <strong>del</strong> 10%) rispetto aquelle con più bassa copertura (2.7 punti, corrispondenti intermini relativi a uno scarto <strong>del</strong> 20.4%).Conclusioni. Coerentemente alle premesse PASSI sovrastima lacopertura in quanto soggetto ad alcuni bias e utilizza una informazioneproxy. Tale sovrastima è più alta nelle Regioni dove i programmiorganizzati sono ancora poco sviluppati in quanto è maggioreil ricorso ad altre forme gratuite di esami extra screening.168 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1I risultati tuttavia sono incoraggianti e suggeriscono una sempremaggiore integrazione tra le due fonti disponibili per completarele conoscenze relative alla copertura complessiva nellapopolazione target e valutare le caratteristiche e le differenzenell’adesione all’interno e al di fuori dei programmi organizzati.Per fare questo è necessario disporre di fattori correttivi ricavatida indagini multicentriche.104INFEZIONE OCCULTA DA HIV TRA I PAZIENTI AFFERENTIALLA FONDAZIONE IRCCS POLICLINICO SAN MATTEO,PAVIADe Silvestri A, Scu<strong>del</strong>ler L, Klersy C, Scotti V, Curti M, Tinelli CDirezione scientifica, IRCCS Policlinico San Matteo, PaviaIntroduzione. Il diffondersi <strong>del</strong>l’infezione HIV al di là <strong>del</strong>le tradizionalicategorie a rischio, che la ha resa una “normale” infezionea trasmissione prevalentemente sessuale, rende obsoletele tradizionali strategie preventive. Poiché in Italia, dei 1 000nuovi casi diagnosticati ogni anno, molti non erano stati diagnosticatiper anni e il 62.9% <strong>del</strong>le diagnosi di AIDS vengonoeffettuate in pazienti che non si erano mai sottoposti a un testHIV in precedenza, il diffondersi di una strategia ad ampio raggioe socialmente accettata per lo screening HIV <strong>del</strong>la popolazionegenerale può essere raccomandabile.Nel 2008 il Ministero <strong>del</strong>la salute ha inserito l’infezione da HIV(non solo l’AIDS) tra le infezioni da notificare di Classe III. Aoggi la sorveglianza epidemiologica <strong>del</strong>le nuove diagnosi HIVè stata intrapresa in 11 Regioni, tra cui, dal 2009, la Lombardia.In provincia di Pavia (pop: 540 000),i casi prevalenti di infezioneda HIV tra i residenti sono 1167 (circa 215/100 000)al 31/12/2008 (dati ASL). Le nuove diagnosi HIV sono state116 (21.5/100 000, il triplo <strong>del</strong>la media nazionale).Il monitoraggio anonimo e non collegato <strong>del</strong>la prevalenza diinfezione, tramite test <strong>del</strong> siero residuo di prelievi di pazientieffettuati per motivi diversi dal test HIV è raccomandato dallelinee guida UNAIDS per la sorveglianza di seconda generazione,poiché studi su base volontaria sono viziati da bias di selezionee partecipazione.Obiettivi. Stimare la prevalenza HIV occulta anonima e unlinkedtra i residenti in provincia di Pavia, afferenti al LaboratorioAnalisi, (numero di pazienti positive a HIV WB test/numerodi afferenti al Laboratorio Analisi nel periodo diarruolamento).Metodi. Survey osservazionale monocentrica e ripetuta. Criteridi inclusione: campione di sangue ottenuto per analisi di routineal laboratorio analisi nei giorni di studio, con siero residuodopo effettuazione <strong>del</strong>le analisi per cui era stato originariamenteprelevato; residenza <strong>del</strong> paziente in provincia di Pavia.Procedure: timing: due volte la settimana per un anno solare;labelling: codice univoco in accordo con le regole per la notificazioneHIV: 1a e 3a lettera <strong>del</strong> cognome e nome, data di nascita,sesso e provincia di residenza; pooling: per contenere i costi,10 campioni verranno testate pooled: se il test sul pool saràpositivo i campioni saranno testati singolarmente.I campioni positivi ai test standard di screening per la rilevazionedi HIV-1 o 2 saranno analizzati con test di confermastandard (Western Blot).Sample size: considerando una prevalenza di 200/100 000, laprecisione ottenibile con un crescente numero di campioni è:N campioniIC95%10 000 122.21 - 308.7215 000 134.98 - 285.3920 000 142.92 - 272.24Aspetti etico/legali. Di aspetti etici relativi alla sorveglianzaHIV di seconda generazione e allo screening HIV anonimo eunlinked si è recentemente occupata l’OMS, che raccomanda,in caso di utilizzo di sangue prelevato per altri scopi, di informarela collettività che il sangue prelevato per qualsiasi motivopossa essere testato per HIV in maniera anonima, ma non sirichiede un consenso pienamente informato.Dal punto di vista <strong>del</strong>la salute pubblica, la scoperta di livelliinattesi di infezione nella comunità può portare a ulteriori indaginiepidemiologiche, ma anche far destinare maggiori risorseper il test, il follow-up e il counselling. A tutti i pazienti sottopostia prelievo presso la Fondazione verrà ricordata la possibilitàdi effettuare su richiesta ogni giorno il test HIV con preepost- counselling presso la Clinica di malattie infettive.Risultati attesi. I risultati saranno presentati alla popolazioneper aumentare la consapevolezza <strong>del</strong> rischio HIV, all’interno diun più ampio progetto sulla prevenzione di HIV; saranno utilizzatiper lo sviluppo di future misure di salute pubblica.Inoltre serviranno per aumentare la consapevolezza <strong>del</strong> rischiodi infezione da HIV tra gli operatori sanitari.105VACCINAZIONE CONTRO IL VIRUS HPV NEL COMUNE DIPISTOIA: CONOSCENZA E ATTITUDINE ALLA PREVENZIONEIN UN CAMPIONE DI MADRIFabbri S, 1 Millarini V, 1 Porta M, 2 Mosconi P 31 Fondazione Onlus “<strong>Atti</strong>lia Pofferi”, Pistoia; 2 <strong>Associazione</strong> “Voglia divivere”, Pistoia; 3 Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”,MilanoIntroduzione. Il virus <strong>del</strong> Papilloma umano (HPV) è consideratoin tutto il mondo fra le più comuni cause di malattie sessualmentetrasmesse. Dal 2007 esiste la disponibilità di vaccinicontro alcuni ceppi virali che provocano il tumore <strong>del</strong>la cerviceuterina e dal marzo 2008 in Italia è partita la campagna vaccinalegratuita per le ragazze di 11 e 12 anni. In Regione Toscanaè stata inviata, dalle ASL di riferimento, una letterad’invito alla vaccinazione alle famiglie <strong>del</strong>le ragazze undici e dodicennied è stata attuata una campagna pubblicitaria di sensibilizzazionealla vaccinazione.Obiettivi. Lo scopo di questo progetto è stato valutare il livellod’informazione sulla vaccinazione e sulla prevenzione <strong>del</strong> tumore<strong>del</strong>la cervice uterina nelle madri <strong>del</strong>le ragazze undici e dodicenni,e nelle madri <strong>del</strong>le diciottenni, non ancora interessate169 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1dalla campagna di vaccinazione gratuita, per verificare se equale peso ha avuto la comunicazione fra istituzioni e cittadininell’aderire o meno alla vaccinazione.Metodi. L’indagine è stata condotta nelle scuole medie inferiori(SMI) e superiori (SMS) <strong>del</strong> Comune di Pistoia, da ottobre 2009a maggio 2010, mediante somministrazione di un questionarioanonimo. I dati raccolti sono stati elaborati sia come record totali,sia dopo suddivisione per appartenenza <strong>del</strong>le figlie alle SMIo alle SMS, e per titolo di studio <strong>del</strong>le madri. Il campione è statostratificato per alcune variabili per valutare se e quali fattorihanno influenzato la volontà di far vaccinare le figlie.Risultati. Hanno partecipato 6 scuole medie inferiori su 7 e 7scuole medie superiori su 10, per un totale di 1 065 madricoinvolte: 552 madri <strong>del</strong>le SMI e 513 madri <strong>del</strong>le SMS. La percentuale<strong>del</strong>le rispondenti è stata, considerando i questionaridistribuiti, <strong>del</strong> 70% nelle madri <strong>del</strong>le SMI e <strong>del</strong> 42% nelle madri<strong>del</strong>le SMS.Le madri <strong>del</strong>le SMI hanno titolo di studio più elevato rispettoa quelle <strong>del</strong>le SMS e sono mediamente più giovani. Le madri<strong>del</strong>le ragazze <strong>del</strong>le SMI sono più favorevoli alla vaccinazione rispettoa quelle <strong>del</strong>le SMS, che mostrano minori conoscenze inmerito al virus HPV e alla vaccinazione ed esprimono piùdubbi. Il titolo di studio influenza la volontà di far vaccinarela figlia: le laureate mostrano minore interesse alla vaccinazionerispetto alle non laureate (65.2% vs. 71.2%, p=0.0079).Il 56% <strong>del</strong>le madri <strong>del</strong>le SMI ha ritenuto sufficienti le informazioniricevute sulla vaccinazione, mentre solo un terzo <strong>del</strong>lemadri <strong>del</strong>le SMS afferma la stessa cosa. La maggior parte <strong>del</strong>lerispondenti indica la struttura pubblica (MMG, pediatri, ASL,operatori qualificati) come fonte desiderata per ricevere informazionisulla vaccinazione, in realtà le fonti mediche e sanitariehanno risposto meno <strong>del</strong>l’atteso. L’informazione sulla vaccinazionericevuta da fonti mediche piuttosto che da altre fontiinfluisce significativamente sulla percentuale di adesione alla vaccinazionesia per le madri laureate (73.8% vs. 33.4%; p=0.0104)sia per le non laureate (79.8% vs. 52.7%; p=0.0167).Le donne che indicano la vaccinazione come miglior modo perproteggersi dal virus rispetto ad altri mezzi sono più propensea vaccinare le figlie (p


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1causa <strong>del</strong>la bassa carica virale rinvenuta, rimangono necessaristudi di conferma e con un follow-up prolungato.128MORTALITÀ FUMO-CORRELATA IN ITALIAZoffoli R, 1 Galeone D, 2 Spizzichino L 21 Università di Roma “La Sapienza”; 2 Dipartimento di prevenzione e comunicazione,Ministero <strong>del</strong>la saluteIntroduzione. Il tabacco provoca più decessi di alcol, AIDS, droghe,incidenti stradali, omicidi e suicidi messi insieme. L’epidemia<strong>del</strong> tabacco è una <strong>del</strong>le più grandi sfide di sanità pubblica<strong>del</strong>la storia. L’OMS ha definito il fumo di tabacco come “la piùgrande minaccia per la salute nella Regione europea”.Nel mondo i fumatori sono 650 milioni e i morti a causa <strong>del</strong>fumo sono 5.4 milioni ogni anno. Si stima che nel 2030 saranno8 milioni. Nel 20° secolo 100 milioni di persone sonomorte a causa <strong>del</strong> fumo; nel 21° secolo si stima ne morirà 1 miliardo.Nel 2030 più <strong>del</strong>l’80% dei morti a causa <strong>del</strong> tabacco sarannonei Paesi in via di sviluppo. Nei paesi <strong>del</strong>l’Unione europea(UE) ogni anno muoiono prematuramente a causa <strong>del</strong>fumo 650 000 persone (una cifra superiore alla popolazione diMalta o <strong>del</strong> Lussemburgo).Il tabacco è una causa nota o probabile di almeno 25 malattie,tra le quali broncopneumopatie croniche ostruttive e altrepatologie polmonari croniche, cancro <strong>del</strong> polmone e altreforme di cancro, cardiopatie, vasculopatie. La mortalità e l’incidenzaper carcinoma polmonare sono in calo tra gli uominima in aumento nelle donne, tra le quali questa patologia ha superatoabbondantemente quella <strong>del</strong> tumore allo stomaco, divenendola terza causa di morte per patologie tumorali, dopomammella e colon-retto.Anche se negli ultimi 50 anni si è assistito in Italia a una gradualediminuzione dei fumatori, nel nostro Paese il fumo attivorimane la principale causa di morbosità e mortalità prevenibile.Obiettivi. Stimare la mortalità per malattie fumo-correlate perl’Italia dal 2003 al 2008.Metodi. Il numero di morti per ognuna <strong>del</strong>le cause fumo-correlateviene calcolato utilizzando il software prodotto dai Centersfor disease control americani (CDC) chiamato “Sammec”(Smoking-attributable mortalità, morbidity and economiccost). Ai fini <strong>del</strong> calcolo, “Sammec” richiede di fornire la prevalenzadi fumatori ed ex fumatori; il numero di decessi pergruppi di età quinquennali da 35 anni in su, per tutte le causedi morte associate al fumo; i rischi relativi di morte per i fumatoririspetto ai “mai fumatori” e per gli adulti ex fumatoririspetto ai “mai fumatori”.Risultati. In Italia muoiono per cause fumo correlate circa 80000 persone ogni anno con un picco di 80 008 nel 2003 (Me F) e un minimo di 77 252 nel 2006 (M e F); i tassi standardizzatidi mortalità diminuiscono dai 233 per 100 000 nel2003 ai 211 per 100 000 nel 2008.Se osserviamo gli andamenti <strong>del</strong>la mortalità anche per grandigruppi di cause osserviamo che sembra esserci un calo <strong>del</strong>lamortalità per cause cardiovascolari, passando da 25 797 mortinel 2003 ai 22 866 decessi nel 2008; i tassi variano da 75 per100 000 nel 2003, al 61 per 100 000 nel 2008. Anche la mortalitàper cause respiratorie è in calo, passando da 18 100a 16.858 morti; i tassi variano da 52 per 100 000 a 45 per100 000. La mortalità legata ai tumori sembra avere andamenticontrari agli altri gruppi di cause: il numero di morti varia da36 111 nel 2003 a 38 874 nel 2008. I tassi variano da 105 per100 000 a 104 per 100 000.Conclusioni. Le informazioni sulla mortalità per malattiefumo-correlate sono di grande impatto comunicativo, soprattuttoquando confrontate con quelle sulla mortalità per causeviolente e accidentali che sono circa un terzo, ma hanno unampio risalto sui mezzi di comunicazione di massa.L’andamento apparentemente decrescente <strong>del</strong>la mortalità percause cardiovascolari potrebbe essere in parte associato agli effetti<strong>del</strong>la legge sul fumo, così come già verificato per i ricoveriper infarto acuto <strong>del</strong> miocardio.130RISULTATI DI “OKKIO ALLA SALUTE”, SURVEY SULLO STATONUTRIZIONALE E FATTORI DI RISCHIO DELL’OBESITA’ NELLAREGIONE LAZIOCastronuovo E, 1 Farchi S, 1 Franco F, 1 Di Lallo D, 1 Cairella G, 2 CensiL, 3 Guasticchi G, 2 e Gruppo OKKIO-Lazio1 Laziosanità, Agenzia di sanità pubblica; 2 Dipartimento di prevenzioneSIAN ASL Roma B; 3 Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti enutrizioneIntroduzione. Sovrappeso e obesità sono ormai da alcuni anniconsiderati un problema di sanità pubblica con enorme impattosanitario, sociale ed economico. Numerosi studi hanno osservatoun aumento di prevalenza di sovrappeso e obesità tra le comunitàsocialmente svantaggiate e caratterizzate da livelli inferioridi reddito, educazione e accesso all’assistenza (WHO 2007).Nel 2008 Laziosanità, Agenzia di sanità pubblica, insieme ad altre18 Regioni italiane, ha partecipato al programma di sorveglianza<strong>del</strong>l’obesità infantile denominato “Okkio alla salute” coordinatodal Centro nazionale di epidemiologia e prevenzione(CNESPS). L’indagine ha permesso di raccogliere informazionisu base regionale sui parametri auxologici dei bambini<strong>del</strong>le classi terze <strong>del</strong>le scuole primarie sia statali sia paritarie.Obiettivo. Stimare la prevalenza di sovrappeso e obesità neibambini <strong>del</strong>la scuola primaria <strong>del</strong>la Regione Lazio e identificarele caratteristiche individuali/familiari e di contesto scolasticoassociate alla condizione di obesità.Metodi. E’ stato effettuato un campionamento a cluster selezionandole classi di terza elementare dalla lista <strong>del</strong>le scuole primariepredisposta dall’Ufficio scolastico regionale <strong>del</strong> Lazio(N=134 classi per 2 249 alunni). Nell’indagine sono stati utilizzatiquattro questionari somministrati ai bambini in aula(semplici domande su alimentazione, attività fisica e sedentarietàriferite alle 24 ore precedenti), ai genitori da compilare a casa (domandesu caratteristiche socioeconomiche quali titolo di studioe tempo dedicato al lavoro, sulle abitudini di vita <strong>del</strong> bambino171 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERVACCINAZIONE CONTRO IL VIRUS HPV NEL COMUNE DI PI-STOIA: CONOSCENZE E ATTITUDINE ALLA PREVENZIONEIN UN CAMPIONE DI RAGAZZE DICIOTTENNIMillarini V, 1 Fabbri S, 1 Porta M, 2 Mosconi P 31 Fondazione Onlus “<strong>Atti</strong>lia Pofferi”, Pistoia; 2 <strong>Associazione</strong> “Voglia di Vivere”,Pistoia; 3 Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” MilanoIntroduzione. Il virus <strong>del</strong> Papilloma umano (HPV) è consideratoin tutto il mondo fra le più comuni cause di malattie sese&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1nell’arco <strong>del</strong>la settimana) e agli insegnanti e dirigenti scolastici(domande sulla presenza di strutture adeguate per i bambini, presenza<strong>del</strong>la mensa scolastica, presenza di distributori di snack, realizzazionedi iniziative di promozione di sana alimentazione e attivitàfisica). Per ogni bambino, da personale qualificato <strong>del</strong>laASL in collaborazione con i docenti, sono stati misurati peso ealtezza utilizzando attrezzature standardizzate.Per la stima dei fattori associati all’obesità è stato costruito unmo<strong>del</strong>lo di regressione logistica multilevel con intercetta casualea due livelli: il primo rappresentato dalle caratteristiche bambino/famigliae il secondo dalle caratteristiche <strong>del</strong> contestoscuola.Risultati. Il 51,4% dei bambini era maschio (età mediana8.7) e il 67% frequentava scuole <strong>del</strong> Comune di Roma. Il 60%era normopeso, il 5% sottopeso, il 25% sovrappeso e l’11%obeso. Il 32% <strong>del</strong>le scuole non svolgeva l’attività fisica curricularee nel 45% dei casi a causa <strong>del</strong>la mancanza di una palestrao di personale. I fattori <strong>del</strong>l’ambiente scolastico spiegavanoil 24% <strong>del</strong>la varianza totale.I fattori di rischio associati con l’obesità erano: basso titolo distudio <strong>del</strong>la madre (OR=4.25, IC95% 2.11;8.55) e non farecolazione (OR=2.44, IC95% 1.52;3.92). Le caratteristiche<strong>del</strong> contesto scolastico associate con l’obesità erano: la mancatadistribuzione di una merenda adeguata (frutta, latte o yoghurt)(OR=2.32, IC95% 1.01;5.36), l’assenza di una mensascolastica (OR=1.75, IC95% 1.11;2.77) e l’assenza di iniziativedi promozione di attività fisica (OR=1.82, IC95%1.19;2.77).Conclusioni. Nella Regione Lazio è presente un’elevata prevalenzadi sovrappeso/obesità; i fattori socioeconomici individualie quelli <strong>del</strong>l’ambiente scolastico sembrano essere fortemente associaticon l’obesità. Le misure preventive dovrebbero concentrarsisu questi determinanti.135PROMOZIONE E PREVENZIONE DELLA SALUTE ORALENELLA POPOLAZIONE MINORILE ROM NEL DISTRETTO ASLTO 3Cafasso Hager R, Basile L, Cavallo LCOI, Cooperazione Odontoiatrica Internazionale OnlusIntroduzione. Progetto ideato e realizzato da COI (Cooperazioneodontoiatrica internazionale) in partenariato con CIdiS(Consorzio intercomunale di servizi di Orbassano) e cofinanziatodalla Regione Piemonte, Assessorato alla sanità.Obiettivi. Miglioramento <strong>del</strong>le condizioni di salute <strong>del</strong>la popolazioneminore <strong>del</strong> distretto ASL TO 3 attraverso la promozionee la prevenzione <strong>del</strong>la salute orale.Metodi. Dinanzi alla totale assenza <strong>del</strong> concetto di prevenzionein ambito di salute orale e alla realtà di una popolazione minorilemai visitata da un dentista, si è scelto di sperimentare unapproccio impattante e ludico-educativo nel rispetto <strong>del</strong>l’identitàculturale. Si è ritenuto che inviare queste famiglie aun servizio specifico di sanità pubblica non sia efficace se nonè preceduto da un programma in cui il primo contatto con ildentista sia affettivo e positivo. Questo permette di interiorizzarele pratiche di igiene e prevenzione perché comprese mediantel’esperienza diretta di salute e di benessere.Sono state realizzate azioni nei 5 insediamenti Rom <strong>del</strong> distrettoASL TO 3: Borgaretto, Rivalta (via de Nicola), Orbassano(via Trento), Piossasco e Cumiana. Tutti gli interventisono stati organizzati secondo le caratteristiche dei singoli insediamenti.Ci si è dovuti confrontare con enormi diversità dicontesti, diverse caratteristiche sanitarie, diverse possibilitàeconomiche <strong>del</strong>le famiglie, diversi livelli di integrazione, erapporti fra i membri <strong>del</strong>le diverse famiglie. In questo frangentela presenza e la collaborazione <strong>del</strong>le mediatrici interculturali siè dimostrata fondamentale per l’esito <strong>del</strong> progetto.Tutti i bambini sono stati visitati e la raccolta dati è stata effettuatacompilando schede di rilevamento P.U.F.A. (“pulpinvolvement, ulcer, fistula, abscess”). Le attività di cure diemergenza sono state effettuate sempre con il consenso dei genitorie dei bambini. Le otturazioni con la tecnica ART (“atraumaticrestorative treatment”) sono state fatte secondo il protocolloclinico, senza anestesia e si è proceduto a sigillare ilmaggior numero possibile di denti definitivi.In supporto alle attività nei campi sono stati eseguiti interventinelle scuole frequentate dai bambini Rom.Risultati. I bambini Rom hanno in media 2.7 ascessi in bocca,abbiamo visto bambini con 11 ascessi contemporanei.Un bambino italiano ha in media 1.3 denti permanenti cariati,un bambino Rom ne ha 2.9. Metà dei denti da latte dei bambiniRom sono cariati. 1 su 30 dei bambini era già andato daun dentista; 2 su 3 avevano dolore quando visitati. Praticamentela totalità <strong>del</strong>le carie dei bambini Rom non sarebbe maistata curata, causando infezione, dolore eccetera.Conclusioni. A noi, professionisti che hanno scelto la ricerca<strong>del</strong>la salute come missione, sembra inaccettabile vedere, in Europa,in un Paese definito “sviluppato”, questa situazione di disuguaglianza,di mancanza di accesso e creazione di “ghetti”dove, per mancanze bilaterali, la non integrazione comportauna forma dolorosa sulla salute di minori. Dove, anche per ibambini italiani, i servizi pubblici odontoiatrici non hannocome priorità la prevenzione primaria e secondaria, innescandoun ciclo di non prevenzione, malattia, dolore, riduzione<strong>del</strong>la qualità <strong>del</strong>la vita e impatto economico, sia per perdita digiorni di lavoro e scuola, sia per le spese per cure odontoiatrichecarissime. E’ un fatto che le malattie orali, e il loro impattosulla qualità <strong>del</strong>la vita, creino danni enormi.109172 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1sualmente trasmesse. E’ inoltre ormai validata la relazione fraalcuni ceppi di Papillomavirus e lo sviluppo <strong>del</strong> tumore <strong>del</strong>lacervice uterina. Dal 2007 sono disponibili vaccini control’HPV, e dal marzo 2008 in Italia è partita la campagna vaccinalegratuita per le ragazze di 11 e 12 anni, estesa fino al17esimo anno di età. In Regione Toscana è stata inviata, dalleASL di riferimento, una lettera d’invito alla vaccinazione allefamiglie <strong>del</strong>le ragazze in queste fasce d’età, ed è stata attuata unacampagna pubblicitaria di sensibilizzazione.Obiettivi. Lo scopo di questo progetto è stato quello di valutare,a un anno dall’inizio <strong>del</strong>la campagna vaccinale, il livellod’informazione sulla vaccinazione e sulla prevenzione <strong>del</strong> tumore<strong>del</strong>la cervice uterina nelle ragazze diciottenni, non ancorainteressate dalla campagna di vaccinazione gratuita, per verificarel’efficacia <strong>del</strong>la campagna informativa sulle loro conoscenzee sul loro interesse verso la vaccinazione.Metodi. L’indagine è stata condotta nelle scuole medie superiori<strong>del</strong> Comune di Pistoia, da ottobre 2009 a maggio 2010,mediante somministrazione di un questionario anonimo.I dati raccolti sono stati elaborati sia come record totali, sia stratificandoper il tipo di scuola frequentata (licei vs. scuole professionali-tecniche);altre stratificazioni riguardavano chi avevagià sentito parlare <strong>del</strong> virus HPV e chi riteneva sufficienti le informazioniricevute sulla vaccinazione.Risultati. Hanno aderito 7 scuole medie superiori su 10, perun totale di 513 ragazze coinvolte, e la percentuale di rispondentiè stata <strong>del</strong> 44,5%. La maggior parte <strong>del</strong>le intervistate affermadi sapere cosa sia il Pap-test (88.7%) e a cosa serva(96.6%). Tuttavia il 13.6% confessa di non sapere cos’è ilcollo <strong>del</strong>l’utero.Il 56.5% <strong>del</strong>le maggiorenni afferma di aver sentito parlare <strong>del</strong>virus HPV; più <strong>del</strong> 70% sostiene che ci sia una correlazione trail virus HPV e il tumore <strong>del</strong>la cervice uterina e che l’essere infettatidal virus HPV incida abbastanza o molto sullo sviluppo<strong>del</strong> tumore. Il 45.2% <strong>del</strong>le ragazze ritiene la vaccinazioneil mezzo più efficace per proteggersi dal virus HPV; il 76.9%afferma che la vaccinazione serve per prevenire il tumore e/ol’infezione e il 61.6% <strong>del</strong>le rispondenti ritiene utile vaccinarsi.La maggior parte è consapevole <strong>del</strong> fatto che dovrà comunqueeffettuare il Pap-test anche dopo la vaccinazione.Il 79.7% <strong>del</strong>le rispondenti ritiene che medici, ASL e operatoriqualificati siano il canale migliore per ricevere informazioni inmerito alla vaccinazione, ma solo il 24.3% ha avuto informazionida queste categorie. Il 34.5% non ha ricevuto informazioneda alcuna <strong>del</strong>le fonti proposte.Le ragazze che avevano già sentito parlare <strong>del</strong> virus HPVhanno mostrato conoscenze significativamente maggiori sulPap-test, sull’interazione fra virus e tumore e sulla vaccinazione;inoltre hanno parlato maggiormente di prevenzione con la madree con le amiche e hanno avuto più informazioni sulla vaccinazione.Chi si riteneva soddisfatta <strong>del</strong>l’informazione ricevutasulla vaccinazione aveva anche già sentito parlare <strong>del</strong> virus HPVe ha risposto “non so” o “non risponde” in maniera significativamentepiù bassa.Le ragazze liceali hanno avuto informazioni significativamentemaggiori sulla vaccinazione e hanno mostrato più conoscenzesul virus HPV, la sua interazione con il tumore e la vaccinazione.Conclusioni. Una maggiore informazione e comunicazioneproduce migliori conoscenze sul virus e maggiore accettabilità<strong>del</strong>la vaccinazione.125MONITORAGGIO DEL RISPETTO DEL DIVIETO DI FUMO NEILOCALI PUBBLICI: DATI PRELIMINARI DELLO STUDIO ENFASI2011 IN SICILIAMilici S, 1 Cernigliaro A, 1 Marras A, 1 Scondotto S, 1 Geraci G, 2 BelbrunoF, 2 Ferlisi M 21 Dipartimento per le attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico,Assessorato <strong>del</strong>la salute, Regione Siciliana; 2 Aziende sanitarieprovinciali Agrigento, Enna e PalermoIntroduzione. Numerose evidenze scientifiche dimostrano cheil fumo passivo è nocivo e che il non fumatore rischia granparte <strong>del</strong>le malattie cui è soggetto il fumatore attivo. Le patologieabbracciano un ampio range di condizioni acute e cronichee il rischio di neoplasie polmonari è più alto nei soggettiesposti rispetto ai non esposti. Con la legge n. 3 <strong>del</strong> 16 gennaio2003 art. 51 “Tutela <strong>del</strong>la salute dei non fumatori”, entrata invigore nel 2005, in Italia è stato introdotto il divieto di fumonei luoghi di lavoro pubblici e privati. Il Ministero <strong>del</strong>la salute,con il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo <strong>del</strong>lemalattie, nell’ambito <strong>del</strong> progetto europeo “Guadagnare salute”,ha promosso l’indagine ENFASI affidandone il coordinamentonazionale alla Direzione prevenzione <strong>del</strong>la RegioneVeneto, con l’obiettivo di monitorare l’osservanza <strong>del</strong>la leggea tutela <strong>del</strong>la salute dei non fumatori. Il Dipartimento per leattività sanitarie e l’Osservatorio epidemiologico <strong>del</strong>la RegioneSiciliana hanno coordinato il monitoraggio a cui hannoaderito le aziende sanitarie provinciali (ASP) di Agrigento,Enna e Palermo.Obiettivo. Descrivere, a 6 anni dall’entrata in vigore <strong>del</strong>lalegge, le abitudini e i comportamenti dei proprietari/gestori edegli utenti dei pubblici esercizi siciliani; valutare l’impatto economico<strong>del</strong>la legge; stimare l’attività di sorveglianza <strong>del</strong>le forze<strong>del</strong>l’ordine.Metodo. L’indagine è stata condotta tra ottobre 2010 e febbraio2011, su un campione di 150 locali pubblici (bar, pub, ristoranti/trattoriee pizzerie). I locali sono stati selezionati con metodocasuale estraendo i nominativi da elenchi predefiniti (paginegialle, internet). Per la raccolta dei dati è stato utilizzatoun questionario standardizzato anonimo, strutturato in due sezioni:autocompilazione <strong>del</strong> proprietario/gestore, osservazionediretta <strong>del</strong>l’intervistatore, somministrato dagli operatori sanitari<strong>del</strong>le ASP preferibilmente durante le ore di massima affluenzadi pubblico. Per l’inserimento dei dati è stata creata unamaschera ad hoc e l’analisi è stata effettuata utilizzato il softwareEPI-Info 3.5.1 versione italiana.Risultati. In Sicilia, anche se tra i proprietari/gestori intervistatiil 90% ha espresso parere favorevole circa il divieto, il 53% ritieneche questa legge non contribuisca a ridurre l’abitudine al173 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1fumo e il 31% <strong>del</strong> campione ha dichiarato di essere fumatore.La presenza di fumatori è stata osservata nel 5% dei locali visitati;nel 6% il fumo era visibile e se ne percepiva l’odore. Pocodiffusi (13%) gli spazi esterni mobili destinati al ristoro (dehor)e, tra questi, nell’89% erano presenti posacenere; nel 22% èstata osservata la presenza di fumatori. La cartellonistica nel26% dei casi è inadeguata. Il 70% dei proprietari/gestori ha dichiaratodi non avere subito alcuna implicazione di natura economica,mentre nel 24% ha dichiarato di avere subito una perditanegli incassi. Solo il 22% dei locali è stato ispezionato dalleforze <strong>del</strong>l’ordine e nel 41% dei casi il controllo è stato effettuatoa distanza maggiore di un anno.Conclusioni. Sebbene questa indagine non abbia compreso l’interoterritorio regionale, ha il merito di avere analizzato tre diversearee <strong>del</strong>la realtà locale: la provincia di Palermo, che comprendeun’area metropolitana, quella di Agrigento, rappresentativadi un centro di media grandezza affacciato sulla costa Sud<strong>del</strong>la Regione, e di un piccolo centro <strong>del</strong>l’entroterra. I risultatiottenuti hanno permesso ragionevolmente di evidenziare diversecriticità e un generale calo di attenzione rispetto a quanto rilevatoall’indomani dall’entrata in vigore <strong>del</strong>la legge (2005).126MODELLI DI COMPORTAMENTO E PERCEZIONE DELRISCHIO ESPRESSO DAGLI STUDENTI DELLA SCUOLASECONDARIA DI 2° GRADO DI TRIESTE NEI CONFRONTIDELLE BEVANDE ALCOLICHE E DEL FUMO DI TABACCOModonutti GB, Costantinides F, Leon LGruppo di ricerca sull’educazione alla salute, Università degli studi diTriesteIntroduzione. L’uso <strong>del</strong>le bevande alcoliche e <strong>del</strong> fumo di tabacco(SV) rappresenta importanti fattori di rischio evitabiliper la salute e a questo proposito il Piano nazionale <strong>del</strong>la prevenzioneritiene prioritario valutare i “bisogni culturali” <strong>del</strong>lapopolazione al fine di mirare prima e valutare poi l’efficacia diun intervento di promozione <strong>del</strong>la salute.Obiettivi. Questo studio intende acquisire le modalità di approccioe d’uso <strong>del</strong>le SV, la diffusione e la reale percezione deicomportamenti a rischio espressi dagli adolescenti al fine diprogrammare e attuare interventi in grado di modificare conoscenzee comportamenti scorretti e promuovere uno stile divita salubre.Metodi. Nel 2011 abbiamo proposto, in classe nel corso di unanormale mattinata scolastica, a 592 studenti (M: 53.5%; F:46.5%) scolarizzati, fra i 14 e i 23 anni (età media 16.3) lacompilazione di una scheda questionario anonima, autosomministrata,semistrutturata in grado di raccogliere informazionisugli stili di vita, gli atteggiamenti e il background culturale neiconfronti <strong>del</strong>le SV.Risultati. Al momento l’81.1% degli adolescenti coinvoltinella ricerca ha già assaggiato gli alcolici (M: 79.5%; F: 82.9%)e il 56.3% ha provato a fumare (M: 53.3%; F: 59.6%).Mediamente l’alcolizzazione degli studenti è avvenuta a 13.1anni (M: 11.8; F: 13.7), l’iniziazione tabagica a 13.5 anni (M:13.2; F: 13.8). Il 70.8% degli sperimentatori ha assaggiato glialcolici prima dei 16 anni (M: 81.7%; F: 68.4%), periodo nelquale l’88% degli sperimentatori colloca la propria iniziazionetabagica (M: 88.2%; F: 87.8%) . Afferma di bere alcolici il58.6% <strong>del</strong>la popolazione studentesca (M: 58.4%; F: 58.9%) eil 27.7% dichiara di fumare (M: 27.8%; F: 27.6%). Gli studentibevitori hanno fra i 14 e i 23anni (M: 14-23; F: 14-20), in media16.6 anni (M: 16.5; F:16.8), mentre l’età dei fumatori ècompresa fra i 14 e i 20 anni (M: 14-20; F: 14-20) e in mediaè pari a 16.9 anni (M: 16.4; F: 17.0). Nello specifico, il 41.2%dei bevitori (M: 46.1%; F: 33.3%), così come il 14.6% dei fumatoriha meno di 16 anni (M: 20.5%; F: 7.9%, p 5.0g die) coinvolge il 22.1% <strong>del</strong>la popolazionescolastica (M: 26.8%; F: 16.7%, p1 sigarettedie) ammontano al 25.6% <strong>del</strong>le ragazze prossime allamaturità e al 25.9% dei ragazzi <strong>del</strong>le terze classi. Infine, il47.1% degli studenti triestini convive con famigliari fumatori(M: 50.2%; F: 43.6%).Conclusioni. La sperimentazione precoce e diffusa, la prevalenzadei bevitori, dei fumatori e degli studenti a rischio, lascarsa sensibilità e la complicità <strong>del</strong>l’ambiente familiare, testimonianoquanto sia scarsa la consapevolezza dei rischi associatial vivere quotidiano.127INDAGINE SULL’ABITUDINE AL FUMO DI SIGARETTA NELLAPOPOLAZIONE DI CAMERANO (AN)Morbidoni M, Ambrogiani E, 1 Guidi A, 1 Berti S, 2 Bernacchia E 21 U.O. <strong>Epidemiologia</strong>, Zona territoriale n. 7 Ancona, ASUR Marche; 2 U.O.Promozione <strong>del</strong>la salute, Zona territoriale n. 7 Ancona, ASUR Marche174 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERRIDUZIONE DELL’OBESITÀ E MIGLIORAMENTO DELLO STILEDI VITA DEI BAMBINI IN SICILIACernigliaro A, Rizzo S, Milici S, Dardanoni G, Scondotto S, Grupporegionale e nazionale di OKkio alla SaluteDipartimento per le attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico, RegioneSiciliana, Assessorato <strong>del</strong>la saluteIntroduzione. L’eccesso ponderale nei bambini ha suscitato uninteresse crescente da parte <strong>del</strong>le autorità sanitarie, vuoi perle implicazioni dirette sulla salute <strong>del</strong> bambino vuoi perchétale condizione rappresenta un importante fattore di rischioper l’insorgenza di patologie cronico-degenerative tipiche<strong>del</strong>l’età adulta. Peraltro l’obesità infantile è un fattore predittivodi obesità in età adulta. Le campagne di sorveglianzanutrizionale condotte in questi anni hanno evidenziato comeil fenomeno <strong>del</strong>l’obesità sia diffuso tra i bambini italiani conuna maggiore prevalenza nelle Regioni <strong>del</strong> sud: la Sicilia è secondasolo alla Campania. Molti bambini non fanno laprima colazione, ma solo una merenda a metà mattina spessoinadeguata e sono tendenzialmente sedentari. Tutto ciò è sostenutoda una cattiva percezione <strong>del</strong>lo stato nutrizionale daparte dei genitori.Il sistema di sorveglianza “OKkio alla salute” promosso dall’Istitutosuperiore di sanità ha reso possibile, a distanza di dueanni, il monitoraggio <strong>del</strong>lo stato nutrizionale e <strong>del</strong>lo stile di vitadei bambini <strong>del</strong>le scuole elementari <strong>del</strong>la Sicilia.Obiettivo. Descrivere, per il periodo 2008-2010, l’andamento<strong>del</strong>lo stato nutrizionale attraverso l’indice di massa corporea(IMC) dei bambini <strong>del</strong>le terze elementari <strong>del</strong>la Regione Siciliae di monitorare i cambiamenti degli stili di vita in terminidi apporti nutrizionali e attività fisica.Metodi. Per il monitoraggio degli aspetti nutrizionali e <strong>del</strong>lasedentarietà è stato utilizzato il sistema di sorveglianza “OKkioalla salute”, basato su indagini epidemiologiche ripetutee su campioni rappresentativi <strong>del</strong>la popolazione in studio.Sono stati monitorati i bambini <strong>del</strong>le terze classi <strong>del</strong>le scuoleelementari, utilizzando un campionamento a cluster. I datisono stati raccolti somministrando dei questionari standardizzatiai ragazzi, ai genitori, agli insegnanti e ai dirigenti scolastici.Per stimare lo stato nutrizionale è stato utilizzatol’IMC, ottenuto dal rapporto tra il peso e il quadrato <strong>del</strong>e&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Introduzione. Il fumo di tabacco è ancora oggi nel mondo lapiù importante causa di morbilità e mortalità evitabile. Taleconsapevolezza ha condotto la Zona territoriale 7 di Ancona,tramite l’Ufficio promozione <strong>del</strong>la salute, a predisporre un programmad’azione dal titolo “Respiriamo liberi” finalizzato allosviluppo di interventi di provata efficacia, da attuare in particolarenei contesti scolastici e comunitari e presso le strutture<strong>del</strong> sistema sanitario di competenza. Tra le attività previste dalprogramma di azione suddetto rientra la sperimentazione di unintervento di comunità per la prevenzione <strong>del</strong> tabagismo pressoil comune di Camerano (An). Si tratta di un mo<strong>del</strong>lo di sviluppo<strong>del</strong>la comunità per la prevenzione, il controllo e la cura<strong>del</strong> tabagismo, incentrato su azioni sinergiche e reti socio-istituzionaliper la promozione, programmazione e realizzazionedi azioni di contrasto al fumo di tabacco.Obiettivo. Lo studio di tipo trasversale (di prevalenza) ha puntatoa: misurare l’abitudine al fumo nella popolazione di Camerano;valutare il rischio derivante dall’ambiente di vita in cuila persona vive (famiglia, amici, luoghi di ritrovo), conoscerela percezione degli intervistati riguardo la pericolosità <strong>del</strong>fumo di tabacco; valutare le motivazioni che portano a fumare,le opinioni circa i fumatori e la reazione a un eventuale invitoa non fumare.Metodi. L’indagine si è svolta nei mesi di novembre 2009-gennaio2010 attraverso due operatrici che hanno somministratoun questionario alle persone campionate <strong>del</strong> Comune di Camerano.Il campione è stato selezionato con metodo casualesemplice stratificato per genere. Gli intervistati sono stati 250:tutti cittadini residenti a Camerano, di età compresa tra 18 e69 anni, di entrambi i generi. Per ogni titolare campionatosono stati estratti 4 sostituti.Risultati. Nell’indagine di Camerano la prevalenza dei fumatoririsulta <strong>del</strong> 18.4%, una persona su due è non fumatore(54.4%) e vi è un numero molto alto di ex fumatori (27.2%).I fumatori maschi sono il 24% e le fumatrici corrispondonosoltanto a un 12.8%, con una differenza statisticamente significativa.L’età media <strong>del</strong> fumatore è 46.5 anni per gli uomini(moda 37, mediana 46.5, range: 25-67) e 40.18 per ledonne (moda 31, mediana 36.5, range: 23-62). Nel 58.7% deicasi il fumatore è coniugato, diplomato (69.6%) e lavoratore(52.2%) anche se non vi è nessuna associazione positiva tral’abitudine al fumo e le variabili ora enunciate (stato civile, titolodi studio, condizione professionale). Esiste, invece, unacorrelazione positiva tra consumo medio giornaliero di sigarettee genere. Hanno pensato di smettere di fumare quasi 7persone su 10. Delle donne pensa che riuscirebbe a farlo il51.9% contro il 48.1% degli uomini e questa differenza è statisticamentesignificativa.Per quel che riguarda la percezione dei danni provocati dalfumo, l’81.6% <strong>del</strong> campione ritiene che il fumo di sigaretta siamolto nocivo per la salute fisica dei fumatori, il 95.9% ritieneche il fumo di sigaretta causi dipendenza fisica o psicologica,il 40.9% ritiene che la nicotina dia dipendenza simile ad altresostanze psicoattive come cocaina ed eroina, il 32% inferioree 1 su 5 dichiara di non saperlo. A differenza di quello che comunementesi pensa non c’è nessuna associazione tra svolgereun lavoro pesante ed essere fumatore.Conclusioni. Tenendo conto <strong>del</strong>la bassa prevalenza di fumatoriattivi a Camerano, sembrerebbe che siamo di fronte a una popolazionecon minori rischi per la salute derivanti dal consumodi sigarette, ma se si considera l’alta percentuale di ex fumatori,allora abbiamo una popolazione con una probabilità di rischiopari, se non maggiore, di incorrere in patologie fumo-correlate.Per ovviare a questo sono state attivate risorse professionali esociali <strong>del</strong>la comunità che danno speranza di buoni risultati perle iniziative di promozione, prevenzione e terapia che verrannointraprese.131175 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1l’altezza. Per definire la condizione di sottopeso, normopeso,sovrappeso e obesità è stato utilizzato l’indice di Cole et al.Sono state indagate alcune abitudini quali: l’attività motoria,i comportamenti sedentari e gli alimenti consumati. La raccoltadei dati è stata effettuata dagli operatori sanitari tra il2008 e il 2010. L’analisi è stata effettuata usando il softwareStata vers. 9.0, secondo quanto previsto dal protocollo <strong>del</strong>l’indagine.Risultati. Nel periodo esaminato hanno partecipato all’indagine3 177 bambini. La mediana <strong>del</strong>l’IMC mostra una riduzione<strong>del</strong>l’eccesso ponderale, da 18.0 nel 2008 a 17.3 nel2010. La prevalenza <strong>del</strong> sovrappeso si è mantenuta costantedurante il biennio (24%), mentre si è ridotta la prevalenza <strong>del</strong>l’obesità,passata dal 17% al 13% alla fine <strong>del</strong> biennio. Gliaspetti nutrizionali mostrano un modesto incremento <strong>del</strong>l’abitudinealla prima colazione (82% nel 2008; 83% nel2010) e un importante incremento nell’assunzione di una merendaadeguata a metà mattina (5% nel 2008; 12% nel 2010).E’ aumentato il numero dei bambini fisicamente attivi che erapari al 70% nel 2008 mentre nel 2010 è <strong>del</strong> 76%. E’ aumentatala prevalenza dei bambini che giocano all’aperto(50% nel 2008; 54% nel 2010) e di quelli che praticano attivitàsportiva (40% nel 2008; 45% nel 2010). Infine, si è ridottal’attività sedentaria nel tempo libero: i bambini infattitrascorrono meno ore davanti a tv e videogiochi: 61% nel2008 vs. 47% nel 2010.Conclusioni. Le due indagini di “OKkio alla salute” hanno evidenziatouna riduzione <strong>del</strong>l’obesità e un miglioramento <strong>del</strong>lostile di vita dei bambini determinato probabilmente dal contributo<strong>del</strong>le attività di promozione e di educazione alla saluteche sono stati avviati sul territorio regionale negli ultimi annie basati sull’integrazione tra salute, scuola e famiglia. La letteratura,infatti, mostra che gli interventi coronati da successosono quelli integrati e multicomponenti che promuovono unasana alimentazione e l’attività fisica.6PREVENZIONE DELLA VIOLENZA GIOVANILE IN EUROPAMitis F, 1 Sethi D, 1 Hughes K, 2 Bellis M, 2 Racioppi F 11 WHO regional office for Europe; 2 Liverpool John Moores UniversityIntroduzione. Molti giovani sono uccisi o soffrono le conseguenzedi atti violenti nei 53 Paesi <strong>del</strong>la regione europea <strong>del</strong>l’OMS.La violenza è la terza causa di morte nei giovani di etàcompresa tra i 10 e i 29 anni. L’OMS Europa ha pubblicatorecentemente un rapporto avvalendosi <strong>del</strong>la collaborazione diun gruppo di esperti internazionali. Particolare attenzione èstata posta alla violenza attraverso l’uso di armi da taglio.Obiettivi. Effettuare un’analisi dei fattori di rischio, di protezionee <strong>del</strong>l’efficacia degli interventi, basandosi sull’evidenzascientifica; fornire una stima <strong>del</strong>la violenza giovanile, in particolarequella effettuata con armi da taglio.Metodi. Sono stati considerati dati sugli omicidi e sugli esitinon fatali, sia da fonti routinarie che da survey. E’ stata condottauna rassegna <strong>del</strong>la letteratura europea per identificare ifattori di rischio e di protezione e gli interventi di prevenzione.E’ stato distribuito un breve questionario sulla percezione <strong>del</strong>problema, sulla disponibilità e sull’applicazione di interventiin 35 Paesi europei.Risultati. Nei 53 Paesi <strong>del</strong>la regione Europea OMS ogni annoavvengono circa 15 000 omicidi di giovani di età compresa trai 10 e i 29 anni. I tassi di mortalità sono 7 volte più alti neiPaesi a medio e basso reddito, in cui si registra il 90% dei casi.Asimmetrie nella distribuzione dei casi si osservano anche all’internodei singoli Paesi, con tassi più elevati registrati neigruppi di popolazione meno abbienti. L’80% <strong>del</strong>le vittime èdi sesso maschile; il 40% degli omicidi è dovuto all’uso di armida taglio. Se si riducessero i tassi al valore minimo osservatoin Europa (Germania), il 90% degli omicidi potrebbe essereevitato.Si osservano ogni anno circa 300 000 ricoveri ospedalieri perle stesse cause, tuttavia dati di buona qualità sui ricoveri ospedalierie dati provenienti dai pronto soccorso sono disponibilisolo per pochi Paesi.Non esiste un fattore di rischio, preso singolarmente, che puòspiegare le ragioni <strong>del</strong>la violenza giovanile e numerose componentiambientali, biologiche, sociali, culturali ed economicheinteragiscono nel determinare fattori di rischio e di protezionesull’essere vittima o perpetratore di violenza giovanile.Esempi di fattori di protezione sono forti legami con la famigliae accesso ai servizi sociali; di fattori di rischio, la facilità diaccesso alle armi, consumo di alcol e droga, norme culturali chesostengono la violenza.La rassegna <strong>del</strong>l’evidenza mostra che gli interventi di prevenzioneprimaria sono i più efficaci, anche dal punto di vista deicosti. Alcuni esempi: programmi di prevenzione <strong>del</strong> bullismo,programmi che rendono più sicuri luoghi di aggregazionecome bar e club, l’aumento di restrizioni all’accesso di bevandealcoliche, armi e droghe, altri rivolti ai genitori. I risultati<strong>del</strong>la survey OMS mostrano che vi è un crescente interesse nell’affrontareil problema <strong>del</strong>la violenza giovanile ma in pochiPaesi sono applicati interventi basati sull’evidenza, soprattuttoper quel che riguarda la prevenzione <strong>del</strong>la violenza derivantedall’uso di armi da taglio.Conclusioni. La violenza giovanile costituisce un problema disalute pubblica che può essere prevenuto. L’esperienza accumulatada alcuni Paesi <strong>del</strong>l’Europa occidentale mostra chel’applicazione di interventi e di politiche multisettoriali possonorendere tutta la regione molto più sicura.Le azioni raccomandate riguardano lo sviluppo di politiche nazionali,l’applicazione di interventi di prevenzione primaria,il miglioramento dei sistemi di raccolta dati, un incremento<strong>del</strong>la formazione tramite corsi e scambio di buone pratiche.E’ essenziale anche spingere per un aumento <strong>del</strong>la consapevolezza<strong>del</strong>l’efficacia in termini di costi degli interventi di prevenzioneprimaria, per un miglioramento dei sistemi di supportoe cura per le vittime e per la diminuzione <strong>del</strong>ledisuguaglianze.176 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERASP-MEIntroduzione. La conduzione, in ambito scolastico, di una campagnainformativa per la promozione <strong>del</strong>la cultura <strong>del</strong>la prevenzionemediante vaccini, potrebbe apparire un’attività di relativoimpegno e di dubbia utilità a fronte <strong>del</strong>le risorse impiegate.I risultati <strong>del</strong>l’indagine condotta dal nostro gruppo di lavorodimostrano che raggiungere elevate percentuali di adesioni auna campagna vaccinale, venuto meno il concetto di obbligatorietà<strong>del</strong>le vaccinazioni, è meno facile di quanto comunementesi è indotti a credere. Condurre una campagna informativaper la promozione di un vaccino significa insostanza condurre una battaglia contro l’insufficienza <strong>del</strong>lefonti informative o, più esattamente, la loro dissonanza; il prevalere,in ampie fasce di popolazioni anche culturalmenteevolute, di forme di resistenza legate al permanere di pregiudizie luoghi comuni.Obiettivo. Comprendere i motivi di resistenza alle vaccinazioninei ragazzi <strong>del</strong>le scuole secondarie di secondo grado al fine dicondurre campagne promozionali efficaci. Comprenderequanto giudicassero efficace la promozione vaccinale in atto.Metodologia. Arruolamento classi: 1a-2a classe <strong>del</strong> Liceoscientifico, Patti; 1a-2a classe <strong>del</strong> Liceo <strong>del</strong>le scienze sociali,Patti; IVa, Va classe <strong>del</strong> Ginnasio.Somministrazione questionario. Valutazione risposte e lorocollocazione nelle griglie valoriali riguardanti i fattori che maggiormentegravano sul risultato di una campagna promozionale(griglia A) e giudizio di efficacia (griglia B).Risultati. Nella tabella 1A il numero dei questionari somministrati(S) quello dei questionari restituiti (R) e la percentualedei questionari restituiti (% questionari R). Nelle griglie 1A e1B i risultati <strong>del</strong>la lettura dei questionari somministrati.Conclusioni. Migliorare le strategie di comunicazione al fine direndere piu efficace, oltre che, ovviamente, corretta, l’informazionemedico scientifica sui vaccini e le vaccinazioni, seme&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 17CONFRONTO TRA ADESIONI AGLI SCREENING DI DONNEITALIANE E IMMIGRATENisticò F, 1 Rosati R, 2 Piacentini P, 2 Quercioli C, 1 Nante N 11 Università degli studi di Siena, Scuola di specializzazione in igiene e medicinapreventiva; 2 Azienda USL 9 Grosseto, U.O.C. epidemiologiaIntroduzione. L’efficacia dei programmi di screening nella riduzione<strong>del</strong>la mortalità per cancro <strong>del</strong>la cervice e per cancro<strong>del</strong>la mammella è da tempo provata. Alcune ricerche hannoprospettato che l’appartenenza etnica, collegata a variabili socioeconomichee culturali, condizioni l’accesso all’offerta di servizisanitari, seppur gratuita.Obiettivo. Studiare l’adesione agli screening femminili da partedi donne di nazionalità italiana e straniera in provincia diGrosseto.Metodi. E’ stato utilizzato il database <strong>del</strong> Centro screening<strong>del</strong>l’AUSL 9 di Grosseto, relativo all’attività <strong>del</strong>l’anno 2010:11 857 donne invitate per lo screening mammografico (3.7%straniere) e 19 482 (9.1% straniere) invitate per il Pap-test.Sono state considerate come straniere le donne prive di cittadinanzaitaliana. Per le elaborazioni è stato utilizzatoEpiInfo 3.5.1.Risultati. La percentuale di inviti che non giunge a destinazionerisulta significativamente più alta nelle donne straniere rispettoalle italiane, per entrambi gli screening: Pap-test 11.4%vs. 3.9% , mammografia 18.7% vs. 2.7%.La percentuale di donne che aderisce alla mammografia è significativamenteminore per le donne straniere (p=0.01) rispettoa quella <strong>del</strong>le donne italiane (57.2% vs. 62.6%). Perquanto riguarda il Pap-test la situazione si inverte, risultando significativamentepiù alta (p


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1bra essere il messaggio di ritorno prioritario proveniente dai ragazziche vedono nella disinformazione l’ostacolo maggiore allapiena riuscita di una campagna vaccinale, (42%) subito seguitodai pregiudizi (26%) e dalle strategie di comunicazione adottate(23%). Peraltro, oltre il 75% giudica efficace la campagnapromozionale cui sono stati fatti oggetto e solo il 25% (percentualecomunque elevata) esprime un giudizio di inefficaciao poco efficacia.178 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITSessione PosterStato di salute e malattie croniche157VALUTAZIONE DI UN INTERVENTO SULLA SICUREZZANELLE MICROIMPRESE DEL COMPARTO METALMECCA-NICO IN UN ASL DEL PIEMONTE: IL CONTRIBUTO DEL-L’APPROCCIO QUALITATIVOBena A, 1 Farina E, 1 Marino M, 1 Spolti G 21 SCaDU Scuola sanità pubblica ASL TO3, Grugliasco (TO); 2 Società Seldonricerche, TorinoIntroduzione. Il Servizio di prevenzione e sicurezza degli ambientidi lavoro <strong>del</strong>l’ASL TO 4, in collaborazione con l’INAIL,le associazioni di categoria e le organizzazioni sindacali, ha realizzatonegli anni 2008-10 un intervento nelle microimprese<strong>del</strong> settore metalmeccanico. Sono state svolte attività di assistenzaalle imprese e incontri formativi con l’obiettivo di migliorarela conoscenza <strong>del</strong>le problematiche di sicurezza e di promuoverel’adozione di misure efficaci di prevenzione.Applicando un mo<strong>del</strong>lo di valutazione pre-post con gruppo dicontrollo non randomizzato, è stato misurato un miglioramentonelle condizioni di sicurezza. Restano alcuni probleminell’atteggiamento nei confronti <strong>del</strong>la sicurezza sia dei titolarisia dei lavoratori. Il gruppo di lavoro ha avviato un approfondimento<strong>del</strong>la percezione che le aziende hanno di questi tipi diintervento utilizzando strumenti di indagine qualitativi.Obiettivi. Rilevare i cambiamenti avvenuti nell’atteggiamento<strong>del</strong>le aziende nei confronti <strong>del</strong>la sicurezza a seguito <strong>del</strong>l’interventorealizzato. Conoscere la percezione e la valutazione <strong>del</strong>leaziende nei confronti <strong>del</strong> progetto. Individuare i fattori chehanno agito sulla scelta <strong>del</strong>l’azienda di intervenire o no sui problemidi sicurezza.Metodi. Il metodo fa riferimento alla ricerca induttiva <strong>del</strong>la“Grounded theory” basato sulla raccolta di dati e informazioni,l’attribuzione di concetti e categorie interpretative e la loro analisi(Ricolfi L, 1998). Gli strumenti utilizzati sono stati: il focusgroup (FG) con i rappresentanti <strong>del</strong> comitato promotore <strong>del</strong>progetto; il questionario rivolto alle imprese coinvolte nel progetto;le interviste “in profondità” a 20 imprese.L’analisi dei testi è stata realizzata tramite una “codifica selettiva”,seguendo alcuni nodi scaturiti dai risultati dei questionaririspetto alle diverse fasi <strong>del</strong> progetto, con un confronto costantedei contributi dei diversi soggetti coinvolti.Risultati. Pur convergendo sull’aspetto innovativo <strong>del</strong> progetto,in particolare per la modalità di approccio “preventivo” e nonsolo “punitivo”, fra i soggetti coinvolti si sono registrate percezionidiverse riguardo l’utilità ed efficacia <strong>del</strong>le azioni realizzate.Le aziende partecipanti hanno sottolineato la sua utilità, in particolareper quel che riguarda la possibilità di verificare eventualiirregolarità con la supervisione di tecnici esperti.Il FG ha evidenziato l’opportunità che il progetto ha offertoalle associazioni di categoria di svolgere un ruolo attivo con leaziende, in particolare nei momenti di formazione. Tra i limitisottolineati dalle imprese vi sono principalmente quelli derivantida problemi di comunicazione fin dalla fase di avvio <strong>del</strong>progetto, che hanno ostacolato una partecipazione completaalle azioni previste. Un elemento critico, che rimanda adaspetti di “sistema”, riguarda il ruolo <strong>del</strong>le associazioni di categoriae la loro relazione con le imprese.Conclusioni. La percezione di efficacia <strong>del</strong> progetto è fortementecorrelata alle diverse modalità di partecipazione <strong>del</strong>leimprese. La ricerca qualitativa in questi ultimi anni ha trovatoapplicazione negli studi di valutazione di interventi di sicurezzasul lavoro (Lipscomb H, 2008), con una definizione di specificicriteri di qualità (Mays N, 2000). In questo progetto l’affiancamentodi strumenti qualitativi alle analisi quantitative ha permessoun’interpretazione più articolata dei risultati, correlabileai diversi profili di impresa e sensibilità rispetto ai problemi disicurezza. Ciò suggerisce una maggiore attenzione ai diversi livellidi consapevolezza <strong>del</strong>le imprese nei confronti <strong>del</strong>la sicurezza,secondo i mo<strong>del</strong>li che fanno riferimento agli “stadi <strong>del</strong> cambiamento”utilizzati negli interventi di promozione <strong>del</strong>la salute.I risultati confermano l’efficacia <strong>del</strong>l’affiancamento di strumentidi analisi quantitativi e qualitativi in “contesti naturali”e “complessi” (Pope C, 1995), come nel caso di interventi sullasicurezza nei luoghi di lavoro.2MATRICI DI ESPOSIZIONE: L’ESEMPIO DEGLI INTERFERENTIENDOCRINI NEI LUOGHI DI LAVOROFiumalbi C, 1 Citroni A, 1 Giannelli M, 1 Papaleo B 21 ASL 10 Firenze, Dipartimento di prevenzione, UF di PISLL zona Sudest;2 INAIL ex ISPESL, RomaIntroduzione. Gli studi sperimentali iniziano a <strong>del</strong>ineare la correlazionetra inquinanti ambientali e/o occupazionali con la capacitàriproduttiva e alcune patologie endocrine. Tali sostanzesono definite come interferenti endocrini (I.E.). In letteraturasono citate alcune matrici di esposizione lavorativa (JEM-job exposurematrices) elaborate allo scopo di contribuire a chiarire larelazione tra l’esposizione a questi composti chimici, presenti talvoltain ambiente di lavoro, e gli effetti sulla salute. Gli I.E. in-179 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERIntroduzione. Nonostante l’evoluzione normativa e il progressotecnologico raggiunto nel settore <strong>del</strong>la tutela <strong>del</strong>la salutedei lavoratori, rimane ancora elevata la frequenza di infortunie di patologie lavoro-correlate. Scopo <strong>del</strong>l’attività di prevenzionein materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro èquello <strong>del</strong>l’eliminazione o riduzione degli infortuni. Questoobiettivo può essere perseguito mediante due direttrici fondamentalie/o complementari: l’eliminazione o la riduzione <strong>del</strong>rischio di infortunio con la rimozione di tutte quelle condizioniche possono determinarlo; l’identificazione e l’eliminazione degliatti insicuri, ossia <strong>del</strong>le azioni che determinano l’esposizione<strong>del</strong> lavoratore stesso a un rischio.Obiettivi. L’obiettivo di questo studio è analizzare i dati infortunisticimediante un’analisi statistica per stratificazioneche consente di meglio classificare i rischi e di pianificare,quindi, le azioni di intervento secondo le tecniche comportamentali<strong>del</strong>la “Behavior based safety” (B-BS).Metodi. Sono stati analizzati i dati <strong>del</strong> Registro infortuni (RI)nel periodo 1976-2010, di una azienda operante nell’ambitosanitario per il recupero funzionale e sociale di pazienti affettida minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali. Come previstodal DM 12.09.58, il RI riporta per ciascun infortunio, oltre aidati anagrafici, la data di abbandono e di ripresa <strong>del</strong>l’attivitàlavorativa, le cause e le circostanze <strong>del</strong>l’infortunio, la natura ela sede <strong>del</strong>la lesione e le conseguenze.Sono stati calcolati gli indici infortunistici di: incidenza (n° infortuni/n°lavoratori x 10 3 ); frequenza (n° infortuni/n° ore lavoratex 10 6 ) e gravità (n° di giorni totali di infortuni/n° orelavorate x 10 3 ), secondo quanto indicato dalla UNI 7249:2007“Statistiche degli infortuni sul lavoro”. Gli indici infortunisticisono stati calcolati dapprima per i singoli anni e successivamenteper 4 periodi secondo l’evoluzione normativa (


SESSIONI POSTERLE MALATTIE PROFESSIONALI NEI LAVORATORI ITALIANI ESTRANIERI DEL LAZIOMarchetti A, Di Napoli A, Di Lallo D, Mantovani J, Guasticchi GLaziosanità, Agenzia di sanità pubblica <strong>del</strong>la Regione Lazio, RomaIntroduzione. L’analisi <strong>del</strong> fenomeno <strong>del</strong>le malattie professionalicostituisce una priorità per la promozione e la tutela <strong>del</strong>lasalute dei lavoratori. Le patologie da lavoro sono meno studiaterispetto agli infortuni, soprattutto per le criticità <strong>del</strong> sistema informativoa esse dedicato. E’ noto, infatti, che i dati disponibilirappresentano in maniera non completa il fenomeno <strong>del</strong>lemalattie professionali, in particolare tra i lavoratori stranieri.Obiettivi. Il presente studio si propone di analizzare, confrontandoi lavoratori italiani e quelli stranieri, la distribuzione <strong>del</strong>lemalattie professionali denunciate e di quelle definite come tali,nei diversi comparti produttivi.Metodi. Analisi dei flussi assicurativi INAIL dei 18 380 casi dimalattie professionali denunciate ed eventualmente definitecome tali negli anni 2000-2009, separatamente per lavoratoriitaliani e stranieri. Il database INAIL presenta un archivio perle malattie denunciate e uno per quelle definite, registrando siale malattie professionali tabellate (comprese in un elenco di patologiedefinite per legge come professionali) sia quelle non tabellate(patologie per le quali l’onere <strong>del</strong>la prova <strong>del</strong>l’origineprofessionale è a carico <strong>del</strong> lavoratore). Le patologie indicatecome non tabellate possono essere successivamente specificate,a partire dal codice sanitario <strong>del</strong>l’archivio <strong>del</strong>le malattie definite.A tal fine, attraverso l’identificativo <strong>del</strong> soggetto e <strong>del</strong> casospecifico di malattia, si è effettuato un record-linkage tra gli archivi<strong>del</strong>le malattie denunciate e definite.Risultati. Nel periodo 2000-2009 si sono registrati 560 casi (3%<strong>del</strong> totale) di stranieri con malattie professionali denunciate. Rispettoagli italiani, gli stranieri erano più giovani (p


SESSIONI POSTEREFFETTO DELLA SOSPENSIONE DELLA PRODUZIONE DIIMIGLUCERASE SUI PAZIENTI AFFETTI DA MALATTIA DIGAUCHERDeroma L, Sechi A, Macor D, Liva G, Dardis A, Ciana G, Bembi BCentro di coordinamento regionale malattie rare, Azienda ospedalierouniversitaria“Santa Maria <strong>del</strong>la Misericordia”, Udine.Introduzione. Il morbo di Gaucher (MG) è una malattia da accumulolisosomiale a eziologia genetica che viene trattata medianteterapia enzimatica sostitutiva. Nel 2009 una contaminazionevirale ha interessato il sito di produzione <strong>del</strong>l’enzimaimiglucerase (Genzyme Corp.), causando una carenza di fare&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1minati (0.3% vs. 3.0%, p


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1maco a livello mondiale e costringendo molti pazienti affettida MG a una temporanea riduzione nel dosaggio <strong>del</strong> farmacoo alla sospensione <strong>del</strong>la terapia.Obiettivi. Questo studio vuole valutare se la riduzione <strong>del</strong>ladose di farmaco abbia avuto un effetto su alcuni parametri clinicie laboratoristici in 34 pazienti italiani affetti da MG.Metodi. La concentrazione di emoglobina (Hb), la conta deiglobuli bianchi e <strong>del</strong>le piastrine, il profilo lipidico (HDL, colesterolototale, trigliceridi) e la concentrazione di chitotriosidasi,marker specifico di malattia, sono stati valutati prima <strong>del</strong>lariduzione e dopo 6 e 12 mesi (t0, t6, t12, rispettivamente),mentre le informazioni relative ai dolori ossei sono state ottenuteogni tre mesi.Per tutte le variabili laboratoristiche sono stati effettuati i confrontit0-t6, t6-12, t0-12 (test dei segni per ranghi).Risultati. Le concentrazioni di globuli bianchi, piastrine, HDL,colesterolo totale e trigliceridi non hanno mostrato variazioni,mentre differenze di rilievo sono state evidenziate tra t6 e t12nelle concentrazioni di Hb (p=0.02) e chitotriosidasi(p=0.0004, Figura 1). La frequenza di insorgenza di dolori osseinei pazienti asintomatici e <strong>del</strong> loro peggioramento nei pazientigià sofferenti è riportata in tabella 1.Dolori ossei T3 T6 T9 T12peggioramento 8/13 7/13 3/10 1/9insorgenza 5/21 6/19 4/18 4/17Tabella 1. Insorgenza e peggioramento dei dolori ossei in pazienti asintomaticie sintomatici a 3, 6, 9 e 12 mesi.Conclusioni. Lo studio ha evidenziato un decremento <strong>del</strong>leconcentrazioni di Hb e chitotriosidasi tra i 6 e i 12 mesi dallariduzione <strong>del</strong> dosaggio di imiglucerase, ma solo alcuni pazientihanno notato un peggioramento <strong>del</strong>la sintomatologia ossea alungo termine.Figura 1.Variazione percentuale t0-t6 (inalto) e t6-t12 (in basso) per emoglobinae chitotriosidasi.154FATTORI CHE INFLUENZANO LO STATO DI OCCUPAZIONEDELLE PERSONE CON UNA DISABILITÀ: IL CASO DELLASCLEROSI MULTIPLAPonzio M, 1 Bezzini D, 2 Messmer Uccelli M, 1 Pozzi T, 2 Carli L, 3 BattagliaMA 21 Area ricerca scientifica, Fondazione italiana sclerosi multipla (FISM), Genova;2 Dipartimento di fisiopatologia, medicina sperimentale e sanitàpubblica, Università degli studi di Siena; 3 Dipartimento di scienze storiche,giuridiche, politiche e sociali, Università degli studi di Siena1La sclerosi multipla (SM) è diagnosticata tra i 15 e i 50 anniquando la persona sta entrando nel mondo <strong>del</strong> lavoro o è nelmomento di prendere decisioni sulle possibilità lavorative.Molti studi hanno evidenziato un elevato numero di soggettinon occupati o che hanno perso il lavoro tra le persone conSM. La maggior parte degli studi presenti in letteratura è focalizzatasull’identificazione dei fattori legati alla malattia,scarsi sono invece i dati generali che descrivono la situazionelavorativa <strong>del</strong>le persone con SM (ambiente lavorativo, fattorisociali, accessibilità <strong>del</strong> luogo di lavoro, flessibilità lavorativaecc).Obiettivi. Obiettivo <strong>del</strong>lo studio è identificare, in Italia, i fattoriche influenzano l’attività lavorativa nei soggetti con SM analiz-183 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1zando anche variabili, meno studiate, di tipo sociale e personale.Metodi. I dati sono stati raccolti attraverso un questionario autosomministratocontenente informazioni sia demografiche/clinichesia relative a fattori potenzialmente rilevanti in ambitolavorativo per una persona con SM. Tali fattori sono statisuddivisi in 6 macrocategorie: aspetti correlati alla SM, ambientedi lavoro, atteggiamenti propri e degli altri verso il lavoro,considerazioni economiche e personali.Sono state effettuate analisi univariate tra i due gruppi di soggetti(occupati vs. non occupati) sia per le variabili demografiche/clinichesia per le macrocategorie relative al lavoro. Perriassumere i dati <strong>del</strong>le macrocategorie sono stati costruiti degliscore totali ottenuti sommando i valori dei singoli item entroogni categoria. Per identificare i possibili predittori <strong>del</strong>lostato di occupazione è stata eseguita un’analisi di regressionelogistica.Risultati. Il campione è costituito da 234 soggetti reclutati incentri SM e sezioni <strong>del</strong>l’<strong>Associazione</strong> italiana sclerosi multipla(AISM) in 10 città italiane. La maggior parte è rappresentatada femmine (64.1%), l’età media è di 41.4 ±9.8 anni, più elevatanei maschi rispetto alle femmine (43.6±9.6 vs. 40.1±9.7anni; p=0,009). Il 70.9% <strong>del</strong> campione è risultato occupato.Tra i soggetti non occupati, il 66.2% ha abbandonato il lavoroa causa <strong>del</strong>la malattia e il 72.1% dipende per il proprio mantenimentoda una o più persone.Dall’analisi univariata le variabili demografiche/cliniche risultatedipendenti dallo stato di occupazione sono state: età deisoggetti, anni di studio, età alla diagnosi, andamento <strong>del</strong>la SM,inabilità nelle attività di vita quotidiana. Le macrocategorie cherisultano associate con lo stato di occupazione sono: ambientedi lavoro e condizioni economiche identificati come fattori facilitantila gestione/mantenimento <strong>del</strong> lavoro; sintomi legatialla SM e atteggiamento <strong>del</strong> paziente verso il suo lavoro identificaticome fattori che rendono difficile il lavoro.L’analisi di regressione logistica ha identificato come miglioripredittori <strong>del</strong>lo stato di occupazione: gli anni di studio(OR=1.14), l’andamento <strong>del</strong>la SM (OR=1.32), l’inabilità nelleattività di vita quotidiana (OR=0.44), l’atteggiamento <strong>del</strong> pazienteverso il suo lavoro (OR=0.86), l’ambiente di lavoro(OR=1.06) e le condizioni economiche (OR=1.35).In particolare, un più elevato livello di scolarità, così come unmigliore stato <strong>del</strong>la malattia, migliori condizioni economiche(contratto, stipendio e stabilità economica) e un ambiente dilavoro più comodo e accessibile sono fattori associati a unamaggiore probabilità di essere occupati. Al contrario, difficoltànelle attività di vita quotidiana e il proprio atteggiamento“negativo” verso il lavoro, come il sentirsi demotivato,sono fattori associati con una minore probabilità di essere occupato.Conclusioni. Questo studio suggerisce come la gestione <strong>del</strong> lavoroper una persona con SM sia complessa poiché influenzatada fattori di tipo sociale e personale, da difficoltà legate alla malattiaoltre che dal livello di istruzione. Queste informazionipossono indirizzare l’intervento dei servizi e consentire un approccioglobale <strong>del</strong> problema.32MONTAGNA E SALUTE: UNO SVANTAGGIO SOLO GEOGRA-FICO O LEGATO ANCHE ALLA MIGRAZIONE SELETTIVA?Versino E, 1 Migliardi A, 2 Scarinzi C, 3 Stroscia M, 4 Demaria M, 3 CostaG 1 con il contributo <strong>del</strong>la Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo1 Facoltà di medicina e chirurgia San Luigi Gonzaga, Università di Torino;2 Centro di documentazione regionale per la promozione <strong>del</strong>la salute,DoRS,ASL Torino 3; 3 Area di epidemiologia ambientale,ARPA Piemonte;4 Scuola di specializzazione in Igiene e medicina preventiva, Universitàdi TorinoIntroduzione. Il profilo di salute <strong>del</strong>la popolazione che risiedein montagna è più sfavorevole di quello <strong>del</strong> resto <strong>del</strong>lapopolazione. La letteratura internazionale su questo tema èpiuttosto povera e incentrata prevalentemente sulle barriere diaccesso ai servizi per i residenti in aree rurali e sulla migrazioneselettiva che contribuirebbe a peggiorare lo stato di salute diaree già svantaggiate dal punto di vista socioeconomico. Alcunistudi descrittivi condotti in Italia a partire dagli anni Novanta,oltre a evidenziare differenze altimetriche tra gli indicatori dibisogno e di utilizzo dei servizi sanitari, mostrano anche unadiversa distribuzione dei fattori di rischio responsabili di quellepatologie per cui si osservano eccessi di mortalità più marcatirispetto alla pianura (patologie cardiovascolari, respiratorie,gastroenteriche e accidentali).Obiettivi. Questo lavoro si propone di valutare innanzitutto selo svantaggio di salute <strong>del</strong>la montagna rispetto ad altre zonealtimetriche sia ancora attuale e quali siano i trend temporalie geografici di tali differenze in Piemonte. In secondo luogo sivuole indagare se i determinanti di tali disuguaglianze sianoriconducibili solo al contesto (inteso come difficoltà di accessoai servizi e svantaggio socioeconomico) o anche a fenomeni dimigrazione selettiva.Metodi. Basi dati utilizzate: mortalità Istat 1980-2008 ecensimento 2001. La storia migratoria viene dedotta a livelloindividuale a partire dal Comune di nascita e di residenza,identificando 4 categorie: stabile in montagna, stabile in altrezone altimetriche (pianura o collina), migrato in montagna emigrato in altre zone altimetriche.Le differenze di salute sono misurate, separatamente per genere,in termini di misure di associazione e di impatto utilizzandocome covariate di confondimento l’età e le variabili comunalidi contesto (distanza dal pronto soccorso e indicatorisocioeconomici compositi).I trend temporale e geografico sono stimati con mo<strong>del</strong>libayesiani attraverso il sistema PATED (procedura per l’analisiterritoriale di epidemiologia descrittiva).Risultati. I risultati preliminari mostrano un eccesso nellamortalità per tutte le cause tra gli uomini che vivono inmontagna rispetto a quelli che vivono in pianura (RR=1.08;IC95% 1.06–1.11) mentre nelle donne il contesto montanosembra avere un effetto protettivo rispetto alla pianura(RR=0.96; IC95% 0.95–0.98).Se si valuta la storia migratoria, tra gli uomini si osserva unamortalità maggiore tra chi è sempre vissuto in montagna o vi184 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1è migrato successivamente rispetto a chi è sempre vissutoaltrove. Tra le donne, al contrario, si osserva una salutesignificativamente migliore per quelle che sono sempre vissutein montagna rispetto a chi è sempre vissuto in altri contesti oa quelle che vi sono arrivate dopo ma anche rispetto alle donneche dalla montagna sono migrate altrove.Conclusioni. I risultati <strong>del</strong>lo studio evidenziano uno svantaggiodi salute quasi esclusivamente maschile tra la popolazionemontana piemontese. Le difficoltà di accesso ai servizi e ildisagio socioeconomico non spiegano tutto l’eccesso dimortalità; l’analisi <strong>del</strong>le differenze di salute per storia migratoriasuggerisce l’esistenza di fattori legati alla realizzazione di sédipendenti anche dal legame con l’ambiente di vita.141INCIDENZA DI PRIMI EVENTI CORONARICI NEI DISTRETTISANITARI DEL LAZIODi Domenicantonio R, Cascini S, Cappai G, Belleudi V, Agabiti N,Arcà M, Davoli MDipartimento di epidemiologia, Servizio sanitario regionale <strong>del</strong> Lazio,RomaIntroduzione. L’uso integrato dei dati dei sistemi informativisanitari permette di disporre di misure di occorrenza di patologieche contribuiscono alla valutazione <strong>del</strong>lo stato di salute<strong>del</strong>la popolazione. L’analisi <strong>del</strong>la variabilità geografica di tali misureoffre elementi utili ai fini <strong>del</strong>la programmazione e <strong>del</strong>la valutazione<strong>del</strong>la qualità <strong>del</strong>l’assistenza sanitaria.Obiettivi. Stimare l’incidenza di primi eventi coronarici nellapopolazione <strong>del</strong> Lazio e valutarne la variabilità geografica. Valutarele caratteristiche <strong>del</strong> trattamento e <strong>del</strong>la prognosi deglieventi identificati utilizzando rispettivamente la quota di decessipre-ospedalieri e la percentuale di decessi avvenuti entro28 giorni dal ricovero.Metodi. Un evento coronarico è stato definito come un ricoveroospedaliero per infarto (ICD-9-CM: 410.xx) o un decessoavvenuto fuori dall’ospedale per malattie ischemiche <strong>del</strong> cuore(ICD-9: 410-414), in assenza di un ricovero ospedaliero percause cardiache nei 28 giorni precedenti. L’evento è stato definitoincidente se il paziente non è mai stato ricoverato per infartonei 3 anni precedenti e non vi è evidenza di una diagnosidi infarto pregresso (ICD-9-CM: 412).La fonte dei dati è rappresentata dal Sistema informativo ospedaliero(SIO) e dal Registro nominativo <strong>del</strong>le cause di morte(ReNCaM) <strong>del</strong>la Regione Lazio. La popolazione in studio èstata selezionata sulla base <strong>del</strong>le informazioni anagrafiche desuntedai sistemi informativi utilizzati, includendo nell’analisigli eventi avvenuti negli anni 2006-2009 e attribuibili a residentinella Regione Lazio con età compresa tra 35 e 84 anni.L’integrazione tra le informazioni dei flussi sanitari a livello <strong>del</strong>singolo individuo è stata effettuata utilizzando un identificativoanonimo.I tassi di incidenza sono stati calcolati per ogni distretto/municipioutilizzando come denominatore la popolazione residentenel Lazio al 01.01.2008 (fonte Istat) e standardizzati peretà sulla popolazione europea. I rischi relativi per i singoli distrettisanitari sono stati calcolati rispetto al valore regionale.Risultati. Nel quadriennio in studio sono stati individuati 33 517primi eventi coronarici. I tassi standardizzati regionali per 100000 residenti risultano, rispettivamente per i maschi e le femmine,pari a 338.7 (IC95% 334.3;343.2) e 111.6 (IC95%109.5;113.8). I tassi di incidenza relativi all’area <strong>del</strong> Comune diRoma sono risultati inferiori ai valori regionali con incidenze paria 328.6 (IC95% 322.4;335.0) per i maschi e 103.5 (IC95%101.0;106.5) per le femmine. I valori dei rischi relativi per distretto/municipioevidenziano una marcata eterogeneità convalori compresi tra 0.73 e 1.29 per i maschi e 0.61 e 1.45 per lefemmine. Un buon numero <strong>del</strong>le differenze osservate raggiungei livelli convenzionali <strong>del</strong>la significatività statistica.La percentuale di decessi pre-ospedalieri sul totale degli eventiincidenti è risultata, a livello regionale, pari a 25.4% per i maschie a 26.2% per le femmine. Per i maschi i valori variano tra15.3% e 36.3%; si rileva che le aree nelle quali si osservano eccessidi rischio rispetto al valore regionale appartengono prevalentementeal Comune di Roma. La quota di decessi entro28 giorni dal ricovero è risultata pari al 6.8% degli eventi incidenti.Gli eventi risultati fatali rappresentano il 29.9% <strong>del</strong>complesso degli eventi incidenti.Conclusioni. I risultati <strong>del</strong>le analisi testimoniano una marcatavariabilità geografica nell’incidenza di eventi coronarici nellaRegione Lazio, consentendo di identificare aree di interventoprioritarie per la programmazione <strong>del</strong>le attività di prevenzioneed elementi utili per l’organizzazione <strong>del</strong>l’assistenza territoriale.250PREDITTIVITÀ DEGLI INDICATORI DI PREDISABILITÀ PERMORTALITÀ E RICOVERISebastiani G, 1 Marinacci C, 2 Bonciani M, 1 Grippo F, 1 Pappagallo M, 1Costa G 31 Istituto nazionale di statistica; 2 S.C. a D.U. Scuola di sanità pubblica,Azienda sanitaria locale TO3; 3 Dipartimento di scienze cliniche e biologiche,Università di TorinoIntroduzione. In Italia il fenomeno <strong>del</strong>la disabilità, rilevato conl’indagine Istat “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari”,si caratterizza per una maggiore diffusione tra la popolazioneanziana, soprattutto per le donne, e tra le persone in posizionesociale svantaggiata. Si evidenziano inoltre differenzeterritoriali, con una situazione più critica nel Sud.Indicatori di predisabilità mostrano un andamento analogo peretà, genere e condizioni sociali. Alcuni studi hanno inoltre evidenziatoche la transizione dalla condizione di predisabilità aquella di disabilità sembrerebbe accelerata per le persone incondizioni socioeconomiche svantaggiate.Obiettivi. Con questo lavoro si intende valutare se lo stato dipredisabilità possa essere considerato un valido predittore <strong>del</strong>rischio di morte e di ricovero comparando la mortalità el’ospedalizzazione di un campione <strong>del</strong>la popolazione italiana di60 anni e oltre sia rispetto alla popolazione abile sia rispetto aquella disabile.185 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Metodi. La popolazione in studio è stata selezionata da unacoorte di 128 818 individui (pari al 92% <strong>del</strong> campione<strong>del</strong>l’indagine Istat “Condizioni di salute e ricorso ai servizisanitari” degli anni 1999-2000), dei quali erano disponibili leinformazioni anagrafiche complete che hanno consentito ilfollow-up di mortalità e ospedalizzazione. Ciò è stato possibileeffettuando un record linkage con l’archivio nazionale Istat <strong>del</strong>leschede di morte per gli anni 1999-2007 e con l’archivio <strong>del</strong>ledimissioni ospedaliere <strong>del</strong> Ministero <strong>del</strong>la salute per gli anni2001-2008.Nella popolazione in studio sono state classificate comepredisabili le persone che, pur non essendo disabili, presentanodifficoltà motorie. Dopo aver selezionato gli individui con etàpari o superiore a 60 anni e aver svolto l’analisi descrittiva diquesto sotto-campione, sono stati stimati i rischi di decesso edi ricovero, totale e per grandi gruppi di causa (tumori, malattie<strong>del</strong> sistema circolatorio, malattie psichiche e <strong>del</strong> sistema nervoso,cause esterne), in relazione allo stato di disabilità (disabile,predisabile, non disabile) rilevato dall’indagine. Le stime sonostate elaborate attraverso mo<strong>del</strong>li di Poisson, controllando pergenere, età, livello di istruzione e altri possibili confondenti qualilo stato di cronicità, la tipologia familiare e la valutazione <strong>del</strong>lerisorse economiche <strong>del</strong>la famiglia. E’ stata inoltre valutatal’eterogeneità dei rischi relativi di mortalità per stato didisabilità, in base alla ripartizione geografica di residenza.Risultati. Nella popolazione osservata di 30 942 individui dietà maggiore o pari a 60 anni, di cui circa 26% in condizionidi predisabilità e circa 16% disabili, si osservano in totale 7 583decessi e 20 060 individui che hanno avuto almeno un ricoveronel periodo 2001-2008, per un totale di 72 000 ricoveri,di cui oltre il 76% in regime ordinario. I risultati preliminarimostrano tassi standardizzati di mortalità e ospedalizzazionenettamente più elevati tra le persone con predisabilità rispettoa quelle senza disabilità, soprattutto nella popolazione maschileper tutti gli anni di follow-up.Conclusioni. I risultati preliminari sembrano confermare la capacitàpredittiva <strong>del</strong>la condizione di predisabilità per il rischiodi mortalità e quello di ospedalizzazione. Con ulteriori analisisaranno approfondite le differenze in relazione alle specifichecause di morte e alla condizione socioeconomica.5PREVENZIONE DEL MALTRATTAMENTO DEGLI ANZIANI INEUROPAMitis F, 1 Sethi D, 1 Wood S, 2 Bellis M, 2 Penhale B, 3 Iborra MarmolejoI, 4 Lowenstein A, 5 Manthorpe G, 6 Ulvestad Kärki F 71 WHO regional office for Europe; 2 Liverpool John Moores university;3 School of nursing and midwifery; 4 Universidad internacional valenciana;5 The University of Haifa; 6 King’s College, London; 7 Norwegian directorateof healthIntroduzione. Il maltrattamento (abuso e/o abbandono) deglianziani può essere di tipo fisico, sessuale, psicologico, economico,e coinvolge la popolazione oltre i 60 anni di età. Nellamaggior parte dei Paesi europei la speranza di vita sta crescendoe le popolazioni stanno invecchiando rapidamente: è stimatoche entro il 2050 un terzo <strong>del</strong>la popolazione europea sarà ultrasessantennee, quindi, a rischio di maltrattamento. L’OMSEuropa ha pubblicato recentemente un rapporto valendosi<strong>del</strong>la collaborazione di un gruppo di esperti internazionali.Obiettivi. Effettuare un’analisi dei fattori di rischio, di protezionee <strong>del</strong>l’efficacia degli interventi, basandosi sull’evidenzascientifica; fornire una stima <strong>del</strong> maltrattamento degli anzianiin Europa.Metodi. Sono stati considerati: dati sugli omicidi e sugli esitinon fatali, sia da fonti routinarie sia da survey. E’ stata condottauna rassegna <strong>del</strong>la letteratura europea per identificare i fattoridi rischio e di protezione e gli interventi di prevenzione. La prevalenzadi diversi tipi di maltrattamento, tratta da una metanalisieuropea (studio ABUEL), è stata applicata alla popolazioneanziana. E’ stato distribuito un breve questionariosull’applicazione di 6 interventi in 40 Paesi europei.Risultati. Nei 53 Paesi <strong>del</strong>la regione Europea OMS ogni annoavvengono circa 8 300 omicidi di ultrasessantenni. Il 90% diquesti omicidi avviene nei Paesi a basso e medio reddito. Unaprima stima suggerisce che il 30% di questi decessi (2 500 casi)è dovuto a maltrattamento.Stime di esiti non fatali riportano che il 2.7% degli anziani hasubito un abuso fisico, equivalenti a 4 milioni di anziani, lo0.7% abuso sessuale (1 milione), il 19.4% varie forme di maltrattamentopsicologico (29 milioni) e il 3.8% abuso di tipoeconomico (6 milioni). Numerose componenti ambientali,biologiche, sociali, culturali ed economiche interagiscono neldeterminare fattori di rischio e di protezione sull’essere vittimao perpetratore di maltrattamento. La rassegna <strong>del</strong>la letteraturaindica che sono pochi gli interventi che funzionano: esempi includonoprogrammi psicologici per i perpetratori, altri destinatia cambiare gli atteggiamenti verso gli anziani, visite dei parentinegli ospizi e nelle case di cura, migliori servizi per levittime per attenuare le conseguenze <strong>del</strong> maltrattamento. I risultati<strong>del</strong>la survey OMS mostrano che raramente gli interventisono effettuati con copertura nazionale. Per la maggior partesono di carattere regionale o non sono effettuata.Conclusioni. Il maltrattamento degli anziani costituisce unproblema di salute pubblica che aumenterà parallelamente all’invecchiamento<strong>del</strong>la popolazione europea. Le indicazioni fornitedalla letteratura sui fattori di rischio sono sempre più precise,ma è ancora carente sulla valutazione <strong>del</strong>l’efficacia degliinterventi di prevenzione, specialmente se paragonata con altriesiti relativi alla violenza come maltrattamento infantile eviolenza giovanile. La qualità dei dati sanitari, specialmente sugliesiti non fatali, va migliorata, a livello sia di raccolta routinariasia di collaborazione multisettoriale. L’interesse dei policymakerè alto ma la risposta, in termini sia finanziari sia disviluppo di politiche nazionali carenti e di implementazione diinterventi, è carente. E’ necessario che l’implementazione di interventisia seguita da una loro valutazione in termini di quantificazionee raggiungimento di obiettivi.186 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 125LA MORTALITÀ IN TOSCANA DELLA POPOLAZIONESTRANIERA PROVENIENTE DA PAESI A FORTE PRESSIONEMIGRATORIAMartini A, 1 Sala A, 2 Chellini E 11 Struttura complessa epidemiologia ambientale occupazionale, Istitutoper lo studio e la prevenzione oncologica, Firenze; 2 Scuola di specializzazionein igiene e sanità pubblica, Università degli studi di FirenzeIntroduzione. Il numero degli immigrati residenti in Italia staregistrando una crescita consistente dalla prima metà degli anni2000, specialmente di quelli provenienti dai Paesi a forte pressionemigratoria (PFPM), in seguito sia alla sanatoria sulle regolarizzazioniper la legge Bossi-Fini <strong>del</strong> luglio 2002, sia al successivoallargamento dei Paesi <strong>del</strong>l’Unione europea (UE) e, piùrecentemente, dai Paesi <strong>del</strong> Nord Africa. Il numero di immigratiresidenti attualmente in Toscana (338 746 unità) risultapiù che triplicato rispetto a quello presente alla fine <strong>del</strong> 1998,con un tasso migratorio estero pari a 8x1 000.Obiettivi. Obiettivo di questo lavoro è esaminare le caratteristichee l’andamento nell’ultimo decennio <strong>del</strong>la mortalità <strong>del</strong>lapopolazione immigrata PFPM in Toscana.Metodi. E’ uno studio descrittivo di mortalità che utilizza i dati<strong>del</strong> Registro di mortalità regionale <strong>del</strong>la Toscana dal 1997 al2008. Sono stati definiti “immigrati PFPM” coloro che, emigratida PFPM, risultano residenti in Italia e aventi cittadinanza nonitaliana. Solo per gli immigrati residenti in regola con i permessidi soggiorno è stato possibile calcolare i tassi di mortalità, poichésolo per loro a livello regionale sono disponibili dal 2002 idenominatori. E’ stato esaminato il trend temporale di mortalitàutilizzando medie mobili a 3 termini sui tassi standardizzati(standard: popolazione europea) per tutte le cause e peralcune cause specifiche di morte, per i deceduti 20-64enni, poichérappresentano il gruppo di popolazione straniera più numeroso,la loro presenza in Italia è più stabile e la propensioneal ritorno nel Paese di origine per motivi di salute è più bassa.Risultati. Nel periodo 1997-2008 si sono registrati 3 055 decessidi stranieri residenti in Toscana (di cui 1 782 in PFPM).La mortalità nei residenti immigrati da PFPM, sia per tutte lecause, sia per i tumori e le malattie <strong>del</strong> sistema circolatorio, risultapiù bassa rispetto ai residenti cittadini italiani. La mortalitàinfantile è invece più elevata nei residenti immigratiPFPM rispetto agli italiani, così come la mortalità per causeviolente (1° causa di morte negli immigrati e 3° nelle immigrate)e per malattie infettive.I decessi per cause violente registrati nei PFPM residenti, purdiminuendo nel tempo, sono complessivamente 309, con percentualielevate, specialmente negli uomini, per infortuni stradali,infortuni sul lavoro e omicidi. Esaminando le cause violentetra gli uomini per Paese di origine si nota tra gli albanesila percentuale più elevata di infortuni stradali (57%), mentregli infortuni sul lavoro sono, come atteso, più frequenti tra marocchinie rumeni (circa il 15% in entrambi i gruppi), che perla gran parte lavorano in edilizia, mentre ben il 20% <strong>del</strong>le causeviolente è dovuto a omicidi sia tra gli albanesi sia tra i cinesi.Conclusioni. Nonostante gli immigrati PFPM rappresentinouna quota di popolazione molto vulnerabile per le loro condizionidi vita e di lavoro, presentano una mortalità generale piùbassa di quella <strong>del</strong>la popolazione <strong>del</strong> Paese ospitante, come peraltroatteso sia per l’effetto migrante sano, sia per l’effetto salmonee/o l’effetto di ritorno al Paese di origine di chi non riescea integrarsi.Lo studio sulla mortalità degli immigrati PFPM in Toscana hamesso in evidenza problematiche specifiche di questa popolazioneche derivano presumibilmente sia dalle situazioni preesistentiosservate nel Paese di origine sia dalle condizioni di vitae lavoro riscontrate nel Paese di accoglienza. Occorrerà continuarea monitorare la mortalità di questa popolazione poichési tratta di un buono strumento per valutare indirettamente lasua integrazione nella nostra società (incluso l’utilizzo al meglio<strong>del</strong> nostro sistema sanitario), anche a fronte di un flussomigratorio che non accenna ad arrestarsi.28CONDIZIONI SOCIOECONOMICHE, DISAGIO SOCIALE EMORTALITÀ VIOLENTA A TORINORivillas JC, 1 Marinacci C, 2 Zengarini N, 2 Onorati R, 2 Costa G 31 Universidad de Antioquia, Facultad Nacional de Salud Publica, Colombia;2 S.C. a D.U. Scuola di Sanità pubblica, ASL TO3; 3 Dipartimento di Scienzecliniche e biologiche, Università degli studi di TorinoIntroduzione. Alcune evidenze suggeriscono una forte correlazionetra disuguaglianze sociali e tassi di omicidio, malattiementali, basso capitale sociale, bassa istruzione, mortalità percause alcool-correlate e overdose. Pochi studi hanno approfonditoe misurato il ruolo reciproco dei fattori socioeconomici individualie di contesto nei confronti <strong>del</strong>la mortalità per causeviolente e legate a disagio.Obiettivi. Analizzare la mortalità per cause legate alla violenzae al disagio in relazione alle condizioni socioeconomiche individualie <strong>del</strong>l’area di residenza nella popolazione torinese.Metodi. La popolazione studio è stata selezionata dallo Studiolongitudinale torinese, includendo le persone con età superiorea 20 anni, residenti a Torino e censite nel 2001, per un totale di702 401 persone. Ogni individuo è stato seguito con followupdi mortalità fino a dicembre 2008. Ogni persona è stata classificatain base ad alcuni indicatori di condizione socioeconomica,attraverso le informazioni censuarie: livello d’istruzione,classe socio-occupazionale e tipologia abitativa. Essa è stata inoltreclassificata in base al reddito mediano al 1998 <strong>del</strong>la propriasezione censuaria di residenza.Un indice di deprivazione socioeconomica è stato calcolato cumulandoe standardizzando, per ciascun quartiere, i seguentiindicatori calcolati al 2001: quota di individui con istruzioneal più elementare, quota di popolazione disoccupata, percentualedi abitazioni in affitto, quota di famiglie monogenitoriali,densità abitativa. Il punteggio totale di ciascun quartiereè stato successivamente riclassificato in quintili. Ciascunquartiere è stato altresì classificato in base al proprio indice diconcentrazione <strong>del</strong> reddito al 1998.187 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Nel periodo di follow-up sono stati identificati i deceduti perle seguenti cause: suicidio, omicidio, alcol correlate, AIDS edoverdose. Un mo<strong>del</strong>lo di regressione multilivello di Poisson hapermesso di valutare gli effetti indipendenti <strong>del</strong>le condizioni socioeconomicheindividuali e <strong>del</strong>l’area di residenza sui rischi dimortalità per il totale <strong>del</strong>le cause violente.Risultati. A Torino nel periodo 2001-2008 si sono verificati 2431 casi di morte violenta su un totale di 77 485 decessi fra iresidenti (4.07%), corrispondenti a 53 decessi per cause violenteo AIDS-alcool o droga-correlate per 100 000 personel’anno. La tabella seguente mostra i rischi relativi di morte infunzione <strong>del</strong>le condizioni socioeconomiche individuali, reciprocamentecontrollati, oltre che per età, per sesso e stato civileattraverso il mo<strong>del</strong>lo; le stime non variano tenendo conto<strong>del</strong>le condizioni socioeconomiche <strong>del</strong>l’area, che non mostranoassociazione con la mortalità per le cause considerate.Conclusioni. Lo studio fornisce informazioni sulla distribuzione<strong>del</strong>la mortalità per cause violente nel territorio e sulle variabilisocioeconomiche, individuali e di area, che la influenzano. Informazioniche possono contribuire alla comprensione deimeccanismi di generazione <strong>del</strong> fenomeno e sostenere il disegno,lo sviluppo e la valutazione di politiche urbane mirate a controllaree prevenire la mortalità violenta o legata al disagio socialenella popolazione torinese.186INCIDENTI STRADALI: L’ITALIA VERSO IL RAGGIUNGIMENTODEGLI OBIETTIVI DELL’UNIONE EUROPEA. GLI INDICATORIDISPONIBILI A LIVELLO LOCALEBietta C, Vallesi G, Fusco-Moffa I, Petrella MUOSD epidemiologia, AUSL 2 <strong>del</strong>l’UmbriaIntroduzione. Gli incidenti stradali sono una <strong>del</strong>le principalicause di morte nei Paesi occidentali e la principale causa dimorte e di disabilità nella popolazione sotto i 40 anni. Nel2001, l’Unione europea ha proposto ai Paesi membri l’obiettivodi ridurre la mortalità per incidente stradale <strong>del</strong> 50% entroil 2010. Nel recepire la proposta comunitaria, l’Italia ha apportatouna serie di modifiche al proprio codice <strong>del</strong>la strada giàa partire dal 2001.Obiettivi. Descrivere i risultati sinora ottenuti rispetto all’obiettivoUE, valutando anche gli effetti a livello locale <strong>del</strong>leazioni intermedie intraprese per il suo raggiungimento.Metodi. Fonti di dati: 1) Istat, statistiche su incidenti stradali1978-2009: differenza percentuale <strong>del</strong> numero di incidenti, feritie morti, rispetto al 2001(anno di riferimento); 2) Registronominativo <strong>del</strong>le cause di morte (ReNCaM) 1994-2009: tassostandardizzato di mortalità per incidente stradale nel periodoconsiderato; 3) sistema di sorveglianza PASSI 2010: percentualeriferita di uso dei dispositivi di sicurezza individuale, di guidain stato di ebbrezza e di controllo da parte <strong>del</strong>le forze <strong>del</strong>l’ordine.Analisi di trend <strong>del</strong> tasso di mortalità stimato con la tecnica <strong>del</strong>joinpoint analysis.Risultati. Dai dati Istat si osserva una riduzione <strong>del</strong> numero diincidenti stradali e un corrispondente calo <strong>del</strong> numero di feritie di morti. In particolare, per l’Umbria si osserva nel 2009una riduzione <strong>del</strong> fenomeno rispetto al 2001 pari al 24.3% peril numero di incidenti, al 26% per i feriti e al 35,9% per imorti. Dai dati ReNCaM emerge per l’Umbria una diminuzione<strong>del</strong> tasso di mortalità per incidente stradale tra il 1994e il 2009 soprattutto per i maschi. Dall’analisi di trend tale diminuzioneappare più evidente a partire dal 2003 (cambio percentualeannuale, APC= 0.58), mentre dal 1994 al 2002 il datoappare stabile. La differenza tra i due periodi è significativa.Nelle femmine il tasso standardizzato di mortalità mostra unandamento in costante diminuzione dal 1994 al 2009. Nell’AUSL2 il calo <strong>del</strong>la mortalità nei maschi appare meno evidente(APC= -3.32). La diminuzione si verifica principalmentedopo il 2003 (APC= -12.5). La differenza tra i dueperiodi (1994-2002; 2003-2009) è ai limiti <strong>del</strong>la significatività.Nelle femmine, la diminuzione nel periodo considerato risultasignificativa e costante (APC= -6.21).Dal sistema PASSI la maggior parte degli intervistati nellaAUSL 2 indossa sempre le cinture di sicurezza anteriori (82%)e il casco (92%). L’uso <strong>del</strong>la cintura posteriore è invece ancorapoco diffuso (14%). L’82% riferisce di utilizzare sempre il dispositivodi sicurezza per bambini. Per contro, il 9% dichiaradi aver guidato dopo aver bevuto almeno due unità alcolichenell’ora precedente (abitudine più frequente negli uomini). Il38% degli intervistati è stato sottoposto a un controllo da parte<strong>del</strong>le forze <strong>del</strong>l’ordine e tra questi il 13% ha riferito che il guidatoreè stato sottoposto anche all’etilotest. La percentuale dicontrolli con etilotest è maggiore nelle fasce d’età più giovani.I dati sono in linea con quelli medi umbri.Conclusioni. Le modifiche apportate al codice <strong>del</strong>la strada e lepolitiche attuate per il raggiungimento <strong>del</strong>l’obiettivo UE hannoportato a una riduzione <strong>del</strong> tasso di mortalità per incidentestradale a livello sia nazionale sia regionale e di ASL. NellaAUSL 2 l’uso dei dispositivi di sicurezza è buono, fatta eccezioneper la cintura di sicurezza posteriore. Una minoranza,piccola ma consistente, mette ancora a rischio la vita propriae degli altri, guidando anche quando è sotto l’effetto <strong>del</strong>l’alcol.188 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1I controlli sistematici sia per il rispetto dei limiti consentiti <strong>del</strong>l’alcolemia(etilotest) sia per l’utilizzo dei dispositivi di sicurezzasono uno strumento di provata efficacia per la riduzione <strong>del</strong>lamortalità dovuta agli incidenti stradali, ma risultano ancorapoco diffusi: rimane pertanto ampio il margine di miglioramentonelle pratiche di prevenzione.190EFFETTI DELLA MISCLASSIFICAZIONE DELLA RESIDENZANELLE SCHEDE DI DIMISSIONE OSPEDALIERA SULLE STIMEDI INCIDENZA E SUI CONFRONTI CON UNA POPOLAZIONEDI RIFERIMENTO: L’ESEMPIO DEI TUMORI IN ETÀ PEDIA-TRICA NELLA ASL RMDFano V, 1 Bontempi K, 1 Cappai G 21 ASL RMD; 2 Dipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> SSR <strong>del</strong> LazioIntroduzione. Per stimare l’incidenza di una patologia inun’area di interesse, in mancanza di un registro ad hoc in generesi utilizzano i dati <strong>del</strong>la mortalità e dei ricoveri ospedalieri.La presenza di un eventuale eccesso di incidenza si valuta confrontandoi dati <strong>del</strong>l’area in studio con quelli di un’area di riferimento.Sollecitata da una associazione di genitori di bambiniaffetti da leucemia, la ASL RMD (RMD) ha recentementecondotto un’indagine sull’incidenza di tumore <strong>del</strong> tessuto linfaticoed ematopoietico nel proprio territorio selezionando icasi di ricovero in base all’informazione sulla residenza presentenella scheda di dimissione ospedaliera (SDO) e confrontandoi risultati con l’atteso comunale (Roma e Fiumicino).Obiettivi. Scopo di questo lavoro è validare l’informazione sullaresidenza presente sulla SDO con i dati <strong>del</strong>le anagrafi comunalidi residenza al momento <strong>del</strong> ricovero; ripetere i calcoli <strong>del</strong>l’incidenzae dei confronti con i dati comunali; confrontare irisultati e valutare l’effetto <strong>del</strong>la misclassificazione <strong>del</strong>la residenzasulle stime di incidenza e sui tassi standardizzati.Metodi. Per la stima <strong>del</strong>l’incidenza dei ricoveri nel periodo2003-09 è stata considerata la presenza nella SDO <strong>del</strong>la diagnosi,in qualunque posizione, di tumore <strong>del</strong> tessuto linfaticoed ematopoietico (Codici 200-208 <strong>del</strong>la IX Classificazione internazionale<strong>del</strong>le malattie e cause di morte) tra i ricoveri deiresidenti nella RMD di età 0-14 anni; sono stati esclusi i ricoveriripetuti e i ricoveri avvenuti nel periodo 1997-2002 (casiprevalenti).Sono stati calcolati i tassi grezzi, i tassi standardizzati con il metododiretto (riferimento: popolazione italiana, anno 2005) ei rapporti standardizzati di ospedalizzazione (SHR; riferimento:popolazione residente a Roma e Fiumicino, anno2005). Successivamente, la residenza al momento <strong>del</strong> ricoveroè stata accertata presso le anagrafi comunali e sono stati eseguitinuovamente i calcoli sui soli casi con residenza confermata. Lestime di incidenza prima e dopo la revisione <strong>del</strong>la residenzasono state confrontate tra di loro.Risultati. Nella RMD sono stati identificati 74 ricoveri totali(43 maschi, 31 femmine) nel periodo 2003-09, dei quali 62(84%) sono stati confermati come residenti nell’area in studioal momento <strong>del</strong> ricovero, mentre 12 casi no (16%). Nella popolazionedi riferimento sono stati osservati complessivamente332 ricoveri (194 maschi, 138 femmine), dei quali 262 (79%)sono stati confermati come residenti a Roma o Fiumicino almomento <strong>del</strong> ricovero, mentre 71 no (21%).Prima <strong>del</strong>la revisione <strong>del</strong>la residenza, il rischio relativo (RR) deirapporti standardizzati di ospedalizzazione non evidenziava differenzesignificative con la popolazione comunale (RR=1.02,IC95% 0.79;1.31) ed era molto simile al SHR; dopo la revisionesi osserva un RR pari a 1.08 (IC95% 0.82;1.43), sempresimile al corrispondente SHR.Conclusioni. La sovrastima <strong>del</strong> numero di casi osservati inun’area di interesse, quando è basata sui ricoveri e in mancanzadi un registro di patologia, potrebbe avere conseguenze allarmantisulla percezione e sulla comunicazione <strong>del</strong> rischio, specialmentenel caso di patologie pediatriche. Nel nostro studiola misclassificazione <strong>del</strong>la residenza basata sulla SDO porta auna sovrastima <strong>del</strong> numero di casi di tumore pediatrico <strong>del</strong> tessutolinfatico ed ematopoietico pari al 16% nella popolazionein studio e al 21% nella popolazione di riferimento, mentrenon ha influenza sui tassi standardizzati e sui confronti comunali.Restano da chiarire i motivi <strong>del</strong>la mancata corrispondenza<strong>del</strong>le informazioni sulla residenza tra la fonte SDO e lafonte anagrafica; la revisione di tutti i casi rilevati nella Regionepermetterà di rilevare anche i falsi negativi (casi residenti nonclassificati come tali nella fonte SDO), in modo da valutare lareale direzione e gli effetti <strong>del</strong>la misclassificazione e di calcolarela concordanza con la fonte informativa comunale.206CARATTERISTICHE E DETERMINANTI SOCIALI DEI FENO-MENI SUICIDARI. LA CASISTICA DELLA PROVINCIA DITRENTO 2003-2007Piffer S, 1 Rizzello R, 1 DeNisi M, 1 De Stefani R 21 Osservatorio epidemiologico,Azienda provinciale per i servizi sanitari,Trento; 2 Dipartimento di salute mentale, Azienda provinciale per i servizisanitari, TrentoIntroduzione. Il suicidio è un fenomeno variegato e complesso,fortemente influenzato anche dalle congiunture socioeconomiche.Il suicidio si configura anche come uno deimaggiori problemi di salute pubblica, tenuto conto che inmolti Paesi industrializzati rappresenta la seconda-terza causadi morte tra adolescenti e giovani adulti e la tredicesima causaa livello mondiale per tutte le età. Studiarne le dinamiche, ancheallo scopo di implementare/valutare progetti di prevenzione,rappresenterebbe quindi una priorità.Obiettivi. Il presente studio riporta i risultati principali di unavalutazione <strong>del</strong> fenomeno suicidio in provincia di Trento, areageografica a maggior rischio di suicidio rispetto alla media nazionale,quale momento preliminare alla partenza <strong>del</strong> progettodi prevenzione “Invito alla vita”, lanciato nel dicembre2008. Il progetto è sotto il coordinamento <strong>del</strong> Dipartimentodi salute mentale <strong>del</strong>l’Azienda sanitaria di Trento.Metodi. Estendendo una precedente analisi storica, sono presiin considerazione, con analisi di dettaglio, i casi registrati dal189 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1RENCAM <strong>del</strong>la provincia di Trento nel periodo 2003-2007.Si analizzano il trend temporale, la distribuzione spaziale e lecaratteristiche socio-anagrafiche dei casi. Sono stati calcolati itassi età-sesso specifici e, utilizzando i denominatori forniti dalcensimento 2001, sono state fatte <strong>del</strong>le stime dei rischi specificiassociati, calcolando gli odds ratio (OR) relativi a sesso, statocivile, titolo di studio, condizione professionale e cittadinanza.Risultati. Nel periodo in studio si registrano 210 casi di suicidio(42/anno), con una riduzione nel tempo <strong>del</strong> 23% (χ 2 trendp


SESSIONI POSTERA VALIDATION OF THE UKPDS OUTCOMES MODEL PRE-DICTIONS IN THE CASALE MONFERRATO SURVEY,AN ITAL-IAN POPULATION-BASED COHORT OF TYPE 2 DIABETESPATIENTSPagano E, 1 Bruno G, 2 Rosato R, 3 Merletti F, 1 Gray A 41 Unit of cancer epidemiology, San Giovanni Battista Hospital,Turin, Universityof Turin e CPO Piemonte; 2 Department of internal medicine, Universityof Turin; 3 Department of psychology, University of Turin; 4 Healtheconomics research centre, Department of public health, University ofOxford, UKIntroduction. The UKPDS outcomes mo<strong>del</strong> can be used to estimatethe likely occurrence of major diabetes-related complicationsover a lifetime, in order to calculate heath economic outcomessuch as quality adjusted life expectancy. The mo<strong>del</strong>should assist in conducting economic evaluations of interventionsin type 2 diabetes, and in predicting future demands onhealth services.Aim. The aim of this study was to assess the performance of theUKPDS mo<strong>del</strong> in predicting the incidence rate of diabetes relatedheath outcomes in an Italian population-based cohort ofsubjects with type 2 diabetes.Methods. Data from the Casale Monferrato survey, a population-basedcohort of type 2 diabetes patients first enrolled in1988, were entered into the UKPDS outcomes mo<strong>del</strong>. In1991-1992, 1 539 subjects were examined to assess the prevalenceof cardiovascular risk factors. In 2000 the database wasupdated by identifying all members of the original cohortwho were still alive (N=860) and persons with a new diagnosisof diabetes (N=2 389). Both in 1991 and 2000 data on currentrisk factors (systolic blood pressure, HDL and total choe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1reasonable to expect that a patient would prefer none of limitationon QOL dimensions, for our purposes we want to knowwhich dimensions of QOL are considered to be worse and howmuch worse for patients affected by MS. These results also canbe used by clinicians while managing patients care.151LA SCELTA DELLA MODALITÀ INIZIALE DI EMODIALISI CRO-NICA ANALIZZATA CON IL PROPENSITY SCOREFranco F, 1 Di Napoli A, 1 Di Lallo D, 1 Salvatori MF, 1 Guasticchi G 1 peril Registro regionale dialisi e trapianto <strong>del</strong> Lazio1 Agenzia di sanità pubblica <strong>del</strong>la Regione Lazio, RomaIntroduzione. Diversi studi hanno analizzato gli esiti, in terminidi sopravvivenza e qualità <strong>del</strong>la vita, per soggetti che avevanoiniziato la dialisi cronica (DC) con una modalità di trattamentodi tipo diffusivo (emodialisi bicarbonato, HD) o convettivo(emodiafiltrazione, HDF). Tuttavia, i risultati di tali studisono controversi, poiché derivati da dati osservazionali e nonda trial clinici randomizzati. Pertanto, poiché la scelta <strong>del</strong> trattamentoera successiva a una valutazione fondamentalmenteclinica e non a un’assegnazione randomizzata, i fattori che influenzavanola scelta potrebbero anche essere associati all’esito,per il potenziale sbilanciamento tra i gruppi di trattamento, acausa <strong>del</strong>la natura osservazionale degli studi. Non molti studihanno considerato tale problematica e, tra questi, pochi derivavanoda un registro “area-based”.Obiettivi. Valutare i determinanti <strong>del</strong>la scelta <strong>del</strong>la prima modalitàdi DC con uno studio, basato su dati di un registro dipopolazione, che utilizzava la metodologia <strong>del</strong> propensity score,particolarmente adatta a dati di tipo osservazionale, poiché ingrado di bilanciare due gruppi potenzialmente non equivalentirispetto alle covariate osservate.Metodi. Studio di coorte retrospettivo dei 3 957 pazienti con insufficienzarenale cronica terminale che avevano iniziato la DCnel 2004-2008 con modalità extracorporea (HD o HDF), notificatial Registro regionale dialisi e trapianto <strong>del</strong> Lazio. I fattoriassociati alla scelta <strong>del</strong> primo trattamento sono stati valutati conil metodo <strong>del</strong> propensity score che fornisce la probabilità di un soggettodi essere assegnato a un certo trattamento, controllando perpiù fattori di confondimento. Se il valore <strong>del</strong> propensity score risultasimile tra i due gruppi valutati, si può ipotizzare che l’assegnazionedei soggetti a un trattamento sia avvenuta in una manieraanaloga a quella di uno studio randomizzato. L’inserimento<strong>del</strong> propensity score in un mo<strong>del</strong>lo multivariato consente di ottenererisultati non distorti dal potenziale bias di selezione. Poichéabbiamo verificato come la distribuzione <strong>del</strong> propensity score nonfosse diversa per pazienti che iniziavano il trattamento con HDrispetto a HDF, abbiamo giudicato che le covariate considerateper il nostro mo<strong>del</strong>lo soddisfacessero la proprietà <strong>del</strong> bilanciamento.Sono stati considerati nell’analisi i seguenti fattori misuratial momento <strong>del</strong>l’ingresso in DC: età, sesso, titolo di studio,accesso vascolare, grado di autosufficienza, nefropatia di base, presenzadi comorbidità, alcuni parametri ematochimici e tipologiadi centro dialisi (pubblico o privato).Risultati. La prevalenza di HDF come prima modalità di DC nelLazio era <strong>del</strong> 3.8%, inferiore alla prevalenza complessiva <strong>del</strong>l’HDF(19.2%) tra tutti i pazienti prevalenti in DC. Si è osservatauna maggiore probabilità di iniziare con HDF rispetto all’HDper persone con: un anno di età in più (OR=1.04, IC95%1.03;1.05), incremento di 1 g/dl <strong>del</strong>l’emoglobinemia (OR=1.19,IC95% 1.07;1.34), incremento di 1 mg/dl <strong>del</strong>la creatininemia(OR=1.06, IC95% 1.00;1.12), scompenso cardiaco (OR=1.89,IC95% 1.17;3.06), catetere e non fistola artero-venosa comeprimo accesso vascolare (OR=1.81, IC95% 1.13;2.91), titolo distudio più elevato (OR=1.36, IC95% 0.97;1.91).Conclusioni. Sembrerebbe che la scelta di HD o HDF comeprimo trattamento <strong>del</strong>la DC sia influenzata non solo da fattoriclinici, ma anche da un proxy di status socioeconomico comeil titolo di studio. E’ ipotizzabile che persone più istruite preferiscanol’HDF, modalità di trattamento associata secondo alcunistudi a una migliore qualità di vita, indipendentementedall’effetto sulla sopravvivenza. Il ruolo di fattori non clinici èda approfondire per spiegare i frequenti passaggi da HD aHDF durante la DC, in una Regione dove i centri privati (circail 50% <strong>del</strong> totale) hanno una soglia di circa il 20% nell’erogazione<strong>del</strong>l’HDF come trattamento <strong>del</strong>la DC.152191 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1lesterol, HbA1c and smoking status) were recorded. For the2000 survey subjects, diabetes-related complications wereidentified from hospital discharge records (HDR) by means ofa record linkage procedure. Only the main diagnosis field(ICD-9-CM codes) was used for identifying complications occurrence.Fatal events (myocardial infarction [MI] and stroke)were identified from death certificates.The first analyzed outcome was all-causes mortality. We comparedthe cumulative death rates predicted by the UKPDSmo<strong>del</strong> from the 2000 survey data over the subsequent 8-yearperiod with the observed rates. Analyses were stratified bysex, age at diagnosis (±65 years) and duration of diabetes. Thefollowing outcomes were also analyzed: MI, other ischaemicheart disease [IHD], stroke, congestive heart failure [CHF] andamputation. Observed rates were determined with the Kaplan-Maier estimator.Results. The simulated and actual cumulative incidence foreach of the diabetes related events and all cause mortalitywere compared graphically (Figure 1: all causes mortality). TheUKPDS outcomes mo<strong>del</strong> slightly over-predicted all-causemortality over the first 6-years of follow up. Mo<strong>del</strong> performancewas best in males older patients and with a recent historyof disease. Among the complications, MI and CHF predictedrates were very close to observed ones.Conclusions. The UKPDS outcomes mo<strong>del</strong> satisfactorily predictedall-cause mortality and major complication rates for approximately6 years when applied to an Italian cohort of Type2 diabetic patients.196INDAGINE EPIDEMIOLOGICA SULLA DIFFUSIONE DI HBV EHCV MEDIANTE L’UTILIZZO DEI DATI DI MORTALITÀ PERCAUSE E CONCAUSE. L’ESPERIENZA DEL REGISTRO DIMORTALITÀ DELLA PROVINCIA DI BERGAMOSampietro G, Ghisleni S, Giavazzi L, Zanchi A, Quinz EASL Provincia di BergamoIntroduzione. Le statistiche di mortalità per causa sono basatesul concetto di “causa iniziale” (OMS). Sulla scheda Istat peròpossono essere riportate dal certificatore anche altre condizionimorbose, rilevanti ai fini epidemiologici e di sanità pubblica.La diffusione degli archivi informatici per la registrazione deidati offre la possibilità <strong>del</strong>l’analisi dei dati di mortalità relativialle concause menzionate sul certificato. Dal 2004 il registrodi mortalità <strong>del</strong>la Provincia di Bergamo si è organizzato in questadirezione, inserendo nel database anche una serie di altre patologierilevate sulla scheda Istat. Poiché la provincia di Bergamoè caratterizzata dalla più alta mortalità per tumorimaligni <strong>del</strong> fegato in Italia, si è voluto analizzare la diffusionenel territorio <strong>del</strong>l’HBV e <strong>del</strong>l’HCV (tra i principali fattori dirischio per il tumore epatico) indicati sia come causa inizialesia come concausa.Obiettivi. Fornire un quadro generale <strong>del</strong>la diffusione <strong>del</strong>l’HBVe HCV nel territorio bergamasco applicando l’analisi dimortalità per cause iniziali e concause, con la prospettiva di utilizzaretale metodica per avviare interventi preventivi.Metodi. Sono stati stimati i tassi annui <strong>del</strong>l’intera provincia, siagrezzi sia standardizzati, in modo da studiare l’andamento <strong>del</strong> fenomeno.Per l’analisi territoriale sono stati confrontati tra loroi quattordici distretti sanitari <strong>del</strong>la Provincia di Bergamo. Per ciascunaarea sono stati calcolati i rapporti standardizzati di mortalità(SMR) con il metodo indiretto, utilizzando come popolazionedi riferimento quella <strong>del</strong>la Provincia di Bergamo. In realtàsarebbe meglio parlare di “rapporto standardizzato di menzionenei certificati morte”, ma per semplicità e maggiore comprensionesi utilizza il termine SMR. I relativi intervalli di confidenzasono stati calcolati con il metodo approssimato di Byar.Il territorio analizzato è quello <strong>del</strong>la Provincia di Bergamo con1 087 204 abitanti (539 653 maschi e 547 551 femmine), conuna media di 8 569 decessi annui e suddiviso in 14 distretti sanitari.L’analisi è stata condotta separatamente per genere. Il re-192 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1gistro di mortalità ha codificato in ICD-9 fino al 2008, mentrenel 2009 si è passati alla codifica ICD-10.Risultati. Epatite C. Negli anni 2004-2009 sono stati registraticomplessivamente 1 258 casi (576 maschi e 682 femmine). Diquesti, 414 sono deceduti per tumori maligni <strong>del</strong> fegato. Analisiterritoriale: nel genere maschile si evidenziano eccessi significativiin due distretti, Dalmine e Valle Seriana, e difetti significatividi casi nei distretti di Bergamo, Valle SerianaSuperiore, Valle Brembana e Alto Sebino. Nel genere femminilesi registrano eccessi significativi di casi nei distretti diMonte Bronzone, Romano e Valle Seriana, e difetti significativinei distretti di Valle Brembana, Valle Imagna e Bergamo.Epatite B. Negli anni 2004-2009 sono stati registrati complessivamente241 casi (159 maschi e 82 femmine). Di questi98 sono deceduti per tumori maligni <strong>del</strong> fegato. Il numero limitatodi casi non permette una precisa analisi <strong>del</strong> territorio,infatti in entrambi i generi non vi sono distretti che presentanodegli eccessi o dei difetti di mortalità significativi.Conclusioni. Questa analisi preliminare intende valutare lepotenzialità offerte dall’analisi <strong>del</strong>le cause iniziali e <strong>del</strong>le concausedi morte. Il quadro che si evidenzia porta all’individuazionedi alcune zone critiche per la diffusione <strong>del</strong>l’HCV e unandamento sostanzialmente costante nel tempo.Poiché la rilevazione di tali dati non comporta un eccesso diconsumo di risorse, le informazioni possono essere finalizzatesia per l’analisi <strong>del</strong>lo stato di salute <strong>del</strong>la popolazione, sia perun miglioramento degli interventi di tipo preventivo. Il metodova comunque validato e confrontato con altre analisi, in mododa capire anche a quali patologie possa essere applicato e qualepossa essere il fattore confondente esercitato dal certificatore.14PARAMETRI FISIOLOGICI E SOCIODEMOGRAFICI ASSOCIATIALLA SOPRAVVIVENZA DOPO I NOVANTA ANNI: RISULTATIDEL PROGETTO “GEHA - GENETICS OF HEALTHY AGING” RE-LATIVI AL CAMPIONE DELLE FAMIGLIE LONGEVE ITALIANEStazi MA, 1 Cotichini R, 1 Toccaceli V, 1 D’Ippolito C, 1 Passarino G, 2 CeveniniE, 3 Franceschi C 31 Istituto superiore di sanità; 2 Università <strong>del</strong>la Calabria; 3 Università deglistudi di BolognaIntroduzione. Lo studio si inserisce all’interno <strong>del</strong> progetto europeo“GEHA - GEnetics of Healthy Aging”, il cui scopo principaleè identificare i geni coinvolti nella longevità e che consentonoagli individui di raggiungere età avanzate in buonostato di salute fisico e cognitivo e in assenza <strong>del</strong>le principali patologieetà-correlate.Obiettivi. L’obiettivo <strong>del</strong> presente lavoro è identificare, negli ultranovantenniitaliani di tre aree geografiche (Emilia-Romagna,Comune di Roma, Calabria) i parametri fisiologici e sociodemograficipredittivi di un minore rischio di mortalità nei 10anni successivi.Metodi. La popolazione oggetto <strong>del</strong>lo studio è costituita da untotale di 1 176 soggetti ultranovantenni italiani appartenentia 567 famiglie reclutate dalle unità operative <strong>del</strong>l’Università diBologna (549 fratelli ultranovantenni, appartenenti a 258 famiglie),<strong>del</strong>l’Istituto superiore di sanità (216 fratelli ultranovantenni,appartenenti a 106 famiglie) e <strong>del</strong>l’Università diCalabria (412 fratelli ultranovantenni, appartenenti a 203 famiglie).Ciascun soggetto è stato intervistato secondo un questionariostandardizzato, contenente domande ampiamenteutilizzate e validate in precedenti studi europei sui soggetti anziani.Lo standardized mortality ratio (SMR) è stato valutato riferendosialla mortalità nella popolazione italiana <strong>del</strong> 2008.Risultati. La mortalità generale negli ultranoventenni appartenentia famiglie longeve è risultata complessivamente <strong>del</strong>17% minore rispetto alla mortalità <strong>del</strong>la popolazione generaledi riferimento (SMR=0.83, IC95% 0.77;0.89). I predittori disopravvivenza sono un sottogruppo <strong>del</strong>le variabili funzionali ecognitive associate allo stato di salute (SMMSE, ADL, handgrip e chair stand), oltre ai livelli di emoglobina e di creatinina.Conclusioni. La sopravvivenza dopo i 90 anni di età è associataprincipalmente all’assenza di deficit cognitivo e di disabilitàfunzionali, a elevati livelli di emoglobina e a ridotti livelli dicreatinina. I parametri indagati spiegano in parte la miglioresopravivenza degli ultranovantenni: i risultati <strong>del</strong>le analisi genetichepotranno ulteriormente chiarire la complessa architettura<strong>del</strong> fenotipo longevo.29PROFILO DI SALUTE DELL’ALTA VAL DI CECINARomanelli AM, 1 Bustaffa E, 1 Minichilli F, 1 Protti MA, 1 Vigotti MA, 2Bianchi F 11 UO <strong>Epidemiologia</strong> ambientale, Istituto di Fisiologia clinica <strong>del</strong> CNR (IFC-CNR), Pisa; 2 UO <strong>Epidemiologia</strong> ambientale, Dipartimento di Biologia,Univeristà di PisaIntroduzione. La Società <strong>del</strong>la salute “Alta Val di Cecina” (AVC),in seguito a un’indagine sulla percezione <strong>del</strong>la salute e ai risultatidi studi di mortalità, ha promosso uno studio di approfondimentosullo stato di salute. L’area in studio è in provincia di Pisa,ha un sottosuolo geologicamente attivo, industrie chimiche, diproduzione di energia, estrattive, documentate contaminazionidi acqua e suolo da metalli pesanti.Obiettivi. Valutazione <strong>del</strong>lo stato di salute per identificare elementicritici su cui promuovere azioni di sanità pubblica.Metodi. Fonti informative: mortalità 1980-2006 (Registro regionaledi mortalità <strong>del</strong>la Toscana) e schede di dimissioneospedaliera 1998-2006.Calcolo di tassi standardizzati (riferimento Europa); rapportistandardizzati (riferimento Toscana), SMR e SHR; disease mapping(riferimento area 30 km.), BMR e BHR; clustering (riferimentoarea 30 km.); per 60 cause nosologiche, per ciascun genere.Risultati. In AVC sono stati osservati eccessi di mortalità pertumore <strong>del</strong>l’ovaio (SMR_ovaio=184.7).La mortalità per le malattie cerebrovascolari ha mostratoeccessi in entrambi i generi (SMR_uomini=120.1;SMR_donne=126.6).Il carico ospedaliero <strong>del</strong> totale di area è risultato significativamentepiù elevato per le cause respiratorie (ICD9 460-519) e di-193 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERSTATO SOCIOECONOMICO E FATTORI DI RISCHIO CARDIO-VASCOLARE IN ITALIACasula M, 1 Tragni E, 1 Filippi A, 2 Brignoli O, 2 Cricelli C, 2 Poli A, 3 CatapanoAL 1,41 Centro interuniversitario di epidemiologia e farmacologia preventiva(SEFAP), Dipartimento di scienze farmacologiche, Università degli studidi Milano; 2 Società italiana di medicina generale (SIMG); 3 NutritionFoundation of Italy (NFI); 4 IRCCS MultiMedica, Sesto San Giovanni (MI)Introduzione. Uno dei più forti e coerenti fattori predittivi dimorbilità e mortalità è lo status socioeconomico. Nei Paesi sviluppatiquesta variabile si è dimostrata un fattore di rischio perlo sviluppo e la progressione <strong>del</strong>le malattie cardiovascolari.Obiettivo. Valutare l’associazione tra stato socioeconomico efattori di rischio cardiovascolare in un campione rappresentativo<strong>del</strong>la popolazione italiana adulta.Metodi. CHECK è uno studio epidemiologico trasversale, cheha arruolato con procedura randomizzata soggetti di ambo i sessi,età 40-79 anni, su tutto il territorio nazionale. Attraverso una vie&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1gerenti (ICD9 520-579): SHR_respiratorio _uomini =111.2;SHR_digerente _uomini =111.7; SHR_digerente _donne=117.2.Tra i comuni di AVC, Volterra si caratterizza con eccessi significatividi mortalità per lecause naturali e di morbosità per le causerespiratorie (BHR_uomini=116; BHR_donne=118.7); Pomarancecon eccessi di ospedalizzazione per le malattie <strong>del</strong>l’apparatodigerente (BHR_uomini=113.8; BHR_donne=117.2).Sono da segnalare eccessi di ricoveri maschili per le malattieischemiche a Volterra (BHR=118.8).Conclusioni. La analisi dei dati ha evidenziato eccessi di mortalitàe di ospedalizzazione per alcune patologie per le quali inletteratura sono riportate associazioni con esposizioni ambientalie occupazionali, scorrette abitudini alimentari o carenzenelle azioni di screening.31ANALISI DELLA VALIDITÀ DELL’INFORMAZIONE “TITOLO DISTUDIO” DA SCHEDA DI DIMISSIONE OSPEDALIERAVentura M, Colais P, Fusco D, Agabiti N, Cesaroni G, Davoli MDipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> Servizio sanitario regionale, RegioneLazioIntroduzione. L’informazione sul titolo di studio è frequentementeusata in letteratura come indicatore di posizione socioeconomica.Dal 2000, nel Sistema informativo ospedaliero<strong>del</strong> Lazio, la completezza <strong>del</strong>l’informazione sul titolo di studioè migliorata: la soglia di accettabilità, in termini di dati mancantio errati, è il 10%. Tuttavia, l’effettiva fruibilità di questainformazione e la possibilità di utilizzarla in studi epidemiologicinon sono state ancora indagate.Obiettivi. Questo studio si propone di analizzare la validità <strong>del</strong>l’informazione“titolo di studio” presente nelle scheda di dimissioneospedaliera (SDO), attraverso la riproducibilità, siamediante un confronto con il Censimento 2001, sia confrontandoil titolo di studio in più ricoveri <strong>del</strong>lo stesso paziente.Metodi. Le fonti informative utilizzate sono il Sistema informativoospedaliero, che registra tutte le dimissioni ospedaliereavvenute in strutture <strong>del</strong> Lazio, e il Censimento 2001 <strong>del</strong>la popolazionerelativo ai residenti a Roma.La popolazione in studio è costituita da tutti i ricoveri ordinari,dal 2000 al 2009, dei residenti a Roma da Censimento, con almeno35 anni di età. Attraverso una procedura di record linkagea ogni ricovero è stata associata l’informazione sul titolodi studio da Censimento, sulla base <strong>del</strong>la quale validare il titolodi studio da SDO.Per misurare l’accordo tra le due fonti e la concordanza tra piùricoveri <strong>del</strong>lo stesso paziente è stato utilizzato il Kappa di Cohen(semplice e pesato). La concordanza è stata sempre calcolatasia su una variabile “titolo di studio” a 4 modalità, sia suuna variabile a due modalità (fino alla media inferiore/mediasuperiore o laurea). E’ stato sviluppato un mo<strong>del</strong>lo multilevel,in cui la struttura di ricovero rappresentava l’unità di secondolivello, allo scopo di individuare quali caratteristiche <strong>del</strong> ricoverospiegassero un maggiore o minore accordo tra SDO eCensimento. Le variabili inserite nel mo<strong>del</strong>lo sono il genere,l’età in classi, il tipo di ricovero (urgente/non urgente), il periodo(2000-2004/2005-2009), e il volume di attività medioal 2005 <strong>del</strong>la struttura in cui è avvenuto il ricovero (in classidi volume).Sulla base <strong>del</strong>le indicazioni ottenute dall’analisi <strong>del</strong>le concordanzeè stato costruito un algoritmo gerarchico che permettedi massimizzare la validità <strong>del</strong> titolo di studio, in termini di accordocon il Censimento. L’applicazione di questo algoritmoè stata sperimentata su due coorti di ricoveri relative al 2008-2009: i ricoveri con interventi di colecistectomia (chirurgia inelezione) e quelli con frattura <strong>del</strong> collo <strong>del</strong> femore (ricoveri percondizioni in acuzie).Risultati. La popolazione in studio è costituita da 1 955 434ricoveri (703 540 pazienti). La concordanza con il Censimentorisulta buona (k tra 0.4 e 0.6), sulla base dei livelli diaccordo definititi da Landis e Koch (1977). Un maggiore accordosi riscontra confrontando tra loro più ricoveri <strong>del</strong>lostesso paziente (k tra 0.6 e 0.7). Da entrambi i confrontiemerge che, per i ricoveri non urgenti e avvenuti in strutturecon un volume annuo di attività medio-basso (al di sotto di2 000 ricoveri annui), l’informazione sul titolo di studio è piùvalida. La concordanza tra SDO e Censimento nella coorte femore(N=4 832) è risultata modesta (k=0.3), mentre è buonaper la coorte <strong>del</strong>le colecistectomie (N=3 244; k=0.6). L’applicazione<strong>del</strong>l’algoritmo gerarchico alla coorte femore permettedi passare a un livello di accordo buono (k=0.45). Il guadagnoè molto più esiguo se l’algoritmo si applica alla coorte <strong>del</strong>le colecistectomie.Conclusioni. L’utilizzo <strong>del</strong>la variabile “titolo di studio” aggregatain due classi garantisce un maggior livello di accordo, siarispetto al Censimento, sia nel confronto interno alle SDO.L’accordo risulta complessivamente buono, ma varia in funzione<strong>del</strong>le caratteristiche <strong>del</strong> ricovero.140194 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1<strong>del</strong>la scadenza <strong>del</strong> brevetto di molti farmaci), con la conseguenzache il costo pro capite si mostra in diminuzione. Ancheper il trattamento <strong>del</strong> diabete il costo pro capite è in calo,mentre è aumentata la spesa complessiva per l’alto costo <strong>del</strong>lenuove insuline.Questi trend possono essere quindi oggetto di confronto conquelli ricavati da altre fonti di osservazione. Le coorti di soggettitrattati così individuate, stratificate per rischio, per età eper territorio, possono essere utilizzate come denominatore dieventi sanitari misurabili attraverso il record-linkage con altrebanche dati: assistenza specialistica, SDO e ReNCaM. In talmodo, oltre al dato di prevalenza di patologia trattata, è possibilerispondere anche a domande di tipo valutativo a fronte<strong>del</strong>le azioni di controllo <strong>del</strong> rischio cardiovascolare messe inatto nella nostra azienda.149IL REGISTRO REGIONALE MALATTIE RARE NEL CONTESTODELLA RETE REGIONALE DELLE MALATTIE RARE DEL FRIULI-VENEZIA GIULIADeroma L, Sechi A, Macor D, Liva G, Dardis A, Bembi BCentro di coordinamento regionale malattie rare, Azienda ospedalierouniversitaria“Santa Maria <strong>del</strong>la Misericordia”, UdineIntroduzione. Il decreto ministeriale 279/2001 istituisce laRete nazionale <strong>del</strong>le malattie rare e prevede la sorveglianza epidemiologicamediante raccolta e invio di dati al Registro nazionalemalattie rare (RNMR), istituito presso l’Istituto superioredi sanità. Pertanto, in tempi e con modalità diverse, ogniRegione ha provveduto a organizzare un proprio registro e unprimo quadro complessivo <strong>del</strong> lavoro effettuato dalle Regioniè stato tracciato da uno specifico rapporto ISTISAN di prossimapubblicazione.Il Friuli-Venezia Giulia (FVG) fino a oggi ha trasmesso alRNMR solamente i dati relativi alle esenzioni rilasciate per malattiarara, ma dal 2010 ha reso operativa la prima versione diun Registro regionale <strong>del</strong>le malattie rare (RMR-FVG), la cuiimplementazione è prevista entro la fine <strong>del</strong> 2011.Obiettivi. Il RMR-FVG si propone di stimare la prevalenza dimalattie rare in FVG e, ove appropriato, la loro incidenza;vuole inoltre quantificare la quota di pazienti residenti inFVG che si rivolgono a strutture extraregionali per la definizione<strong>del</strong>la diagnosi e il numero di pazienti non residenti inFVG che invece si rivolgono alle strutture regionali.Metodi. I presìdi incaricati <strong>del</strong>la registrazione dei casi di malattiarara sono stati individuati ufficialmente mediante specifiche<strong>del</strong>ibere <strong>del</strong>la Giunta regionale in base alle competenzecliniche specifiche e alla disponibilità di strutture. Vengono segnalatial RMR-FVG tutti i casi incidenti e prevalenti di malattiarara (DM 279/2001), così come diagnosticati dai medicidei presìdi di rete accreditati. I casi vengono registrati direttamentemediante una scheda elettronica (SMR) innestata sul sistemainformatico di gestione clinica dei pazienti (G2-Clinico)o, laddove questo non sia disponibile, mediante una proceduraalternativa che prevede la compilazione di un tracciato record,successivamente inserito nel sistema informatico. Grazieal collegamento al Sistema informativo socio-sanitario regionale,le informazioni anagrafiche <strong>del</strong> paziente da registrarevengono visualizzate automaticamente, che esso sia residenteo meno in FVG.Le informazioni raccolte ad hoc riguardano gruppo/malattia(secondo D.M. 279/2001), malattia afferente (nel caso digruppo), Regione/ente/struttura di diagnosi, data di esordioe di diagnosi <strong>del</strong>la malattia, farmaco orfano erogato. Le informazioni<strong>del</strong>la SMR confluiscono nel datawarehouse “Registro<strong>del</strong>le malattie rare”, che contiene 3 “tabelle anagrafiche”,3 “tabelle <strong>del</strong> registro”, 9 “tabelle correlate” e 3 “tabelle di supporto”.Nel complesso, oltre alle informazioni inserite ad hocper il registro, dal datawarehouse è possibile acquisire dati anagraficie di residenza, informazioni relative ai ricoveri in regimeordinario e di day hospital (schede di dimissione ospedaliera),alle prestazioni ambulatoriali e ai referti di anatomia patologica,all’assistenza domiciliare, alle prescrizioni farmaceutichee alla farmaceutica integrativa, alle esenzioni e allamortalità.Sui dati raccolti sono previsti controlli relativi alle registrazionimultiple (più schede relative allo stesso paziente), alla completezza<strong>del</strong>la registrazione dei casi (mediante verifica incrociatacon le esenzioni rilasciate), alla registrazione dei casi da parte<strong>del</strong>le sole strutture accreditate (verifica incrociata con le patologiecertificabili) e, infine, alla completezza e alla coerenza <strong>del</strong>leinformazioni inserite.Risultati. In tabella sono descritti presidi e strutture <strong>del</strong>la Reteregionale <strong>del</strong>le malattie rare e il numero di patologie cheognuno di essi è abilitato a registrare.Conclusioni. Il RMR-FVG è uno strumento in fase di implementazioneche potrà fornire un quadro epidemiologico relativoalle malattie rare in FVG, per il momento solo parzialmentedescritto dai dati amministrativi relativi alle esenzioni.184MORTALITÀ PER SCLEROSI MULTIPLA NELLA REGIONETOSCANABattaglia MA, 1 Bezzini D, 1 Ponzio M, 2 Cipriani F 31 Dipartimento di fisiopatologia, medicina sperimentale e sanità pubblica,Università degli studi di Siena; 2 Area ricerca scientifica, Fondazioneitaliana sclerosi multipla (FISM), Genova; 3 Agenzia regionale di sanitàToscana, FirenzeIntroduzione. Diversi studi descrittivi effettuati negli ultimidecenni hanno evidenziato un aumento <strong>del</strong> tasso di prevalenza196 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERSER, Sistema epidemiologico regionale, Regione VenetoIntroduzione. La frattura <strong>del</strong> femore è un evento di notevolerilevanza in ambito sanitario in quanto comporta tempi lunghidi recupero e può essere responsabile di disabilità permanentisoprattutto negli anziani.Obiettivi. Valutare l’incidenza <strong>del</strong>la frattura <strong>del</strong> collo <strong>del</strong> femorenella popolazione anziana residente nella Regione Veneto perclasse di età e sesso, e analizzare trend temporali, stagionalità,variabilità geografica, associazione con indicatori di deprivazionesocioeconomica.Metodi. A partire dall’archivio regionale <strong>del</strong>le dimissioni ospedalieredegli anni 2000-2009 sono stati selezionati i ricovericon diagnosi principale di frattura <strong>del</strong> collo <strong>del</strong> femore (codiceICD9-CM 820) dei residenti nella Regione Veneto (inclusa lamobilità passiva) con età superiore a 64 anni. Sono stati selezionatii casi incidenti eliminando i ricoveri ripetuti entro unafinestra temporale di 365 giorni.L’incidenza <strong>del</strong>la frattura <strong>del</strong> femore è stata esaminata per etàe sesso; sono stati calcolati tassi standardizzati (standard: popolazioneVeneto 2002). La stagionalità è stata analizzata utilizzandoil rapporto tra le frequenze stagionali come stima <strong>del</strong>l’ampiezza<strong>del</strong> ciclo stagionale ed è stata testata con la simplescore statistic sviluppata da Nam. E’ stata poi analizzata la variabilitàgeografica per ULSS e Comune di residenza, valutandoanche l’associazione con un indicatore di deprivazione socioeconomicacalcolato a livello comunale a partire dai dati <strong>del</strong>Censimento 2001 relativi a famiglie monogenitoriali, disoccupazione,densità abitativa e scolarità.Risultati. Il numero di eventi selezionati è cresciuto da 4 725nel 2000 a 5 607 nel 2009 (+19%); i casi incidenti sono aumentatiin misura maggiore fino al 2005, per poi stabilizzarsinegli anni successivi. L’incidenza osservata nelle donne è circadoppia rispetto a quella degli uomini in tutte le classi di età.Nel decennio considerato la popolazione residente oltre i 64anni ha avuto un incremento complessivo <strong>del</strong> 20%. Tra i 65 ei 74 anni l’incidenza diminuisce in entrambi i sessi (-15%circa); nelle classi di età superiori l’incidenza aumenta fino al2004-2005, per poi diminuire negli anni successivi. Nel 2009,il tasso osservato è 307.3 per 100 000 nei maschi (-7% rispettoal 2000) e 778.8 nelle femmine (+2%); la variazione dei tassistandardizzati nell’arco <strong>del</strong> decennio risulta pari a -11% nei maschie -4% nelle femmine.Dall’analisi <strong>del</strong> trend stagionale si osserva una lieve ciclicità conun picco in autunno. Applicando il test di Nam si ottiene unrapporto autunno/primavera pari a 1.04 (p


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1quenza degli eventi osservati con la regressione di Poisson.Conclusioni. Trend di incidenza divergenti sono stati riportatinello scorso decennio per le fratture <strong>del</strong> femore in Europa, conun calo osservato in alcuni Paesi e una relativa stabilità in altri.Nella Regione Veneto si osserva una riduzione <strong>del</strong>l’incidenza<strong>del</strong>la frattura <strong>del</strong> collo <strong>del</strong> femore negli anziani; tale riduzioneè più marcata nei soggetti di 65-74 anni; risulta dientità contenuta e osservabile solo dal 2005 nei soggetti più anziani.L’associazione con lo stato socioeconomico è da valutarea un livello di aggregazione più dettagliato (es: sezione di censimento),o sulla base di dati individuali.192ATALANTE SANITARIO DELLA SICILIA: LA MORTALITÀ PERCAUSA DAI DATI CONTENUTI NEL REGISTRO NOMINATIVODELLE CAUSE DI MORTE (RENCAM) DELLA REGIONE SICILIA(2004-2010)Marras A, Pollina Addario S, Dardanoni G, Cernigliaro A, Fantaci G,Tavormina E, Scondotto S e gruppo dei referenti Unità ReNCaM <strong>del</strong>leAziende sanitarie provinciali <strong>del</strong>la SiciliaDipartimento per le attività sanitarie e osservatorio epidemiologico, RegioneSiciliana, Assessorato <strong>del</strong>la saluteIntroduzione. Il Dipartimento per le attività sanitarie e osservatorioepidemiologico <strong>del</strong>la Regione Siciliana, nell’ambito<strong>del</strong>le attività di monitoraggio <strong>del</strong>lo stato di salute <strong>del</strong>la popolazione,pubblica per la prima volta un atlante sanitario che valorizzale informazioni contenute nel registro informatizzato siciliano,unitamente alla capacità di raccolta e di elaborazionedei dati di questa nuova piattaforma informativa che si è andataprogressivamente sviluppando a partire dal 2004 (DDG13/12/2004 n. 4517 e Legge Regionale 08/02/2007 n. 2).L’Atlante sanitario ha lo scopo di diffondere informazionisempre più complete e tempestive sul profilo di mortalità<strong>del</strong>la popolazione siciliana, al fine di aggiornare le valutazionisugli aspetti prioritari di intervento nel territorio e soddisfareil bisogno informativo dei residenti.Obiettivi. Descrivere la mortalità per causa in Sicilia per il periodo2004-2010.Metodi. Per il calcolo <strong>del</strong>le principali statistiche di mortalità èstato utilizzato il flusso informativo basato sulla raccolta <strong>del</strong>leschede sui decessi fornite dalle aziende sanitarie provinciali disponibilepresso l’Assessorato <strong>del</strong>la salute <strong>del</strong>la Regione Siciliana.Le variabili utilizzate nell’analisi sono sesso, Comune diresidenza, anno di decesso, Comune di decesso, anno di nascita,Comune di nascita, età e causa iniziale <strong>del</strong> decesso. Questeultime sono codificate utilizzando la nona revisione <strong>del</strong>laClassificazione internazionale <strong>del</strong>le malattie, dei traumatismie <strong>del</strong>le cause di morte (ICD-IX).Risultati. L’analisi <strong>del</strong>la distribuzione proporzionale <strong>del</strong>la mortalitàper grandi categorie diagnostiche conferma come laprima causa di morte in entrambi i sessi nella nostra Regionesia costituita dalle malattie <strong>del</strong> sistema circolatorio (più <strong>del</strong>lametà dei decessi nelle donne), seguite dai tumori maligni. Laterza causa negli uomini è rappresentata dalle malattie respiratoriee nelle donne dalle malattie metaboliche ed endocrine(per la quasi totalità sostenuta dal diabete).L’analisi per sottocategorie diagnostiche conferma le malattie cerebrovascolarie le malattie ischemiche <strong>del</strong> cuore tra le prime duecause in entrambi i sessi. Oltre alle malattie circolatorie, nelledonne tra le prime cause emergono il diabete, il tumore <strong>del</strong>lamammella e l’ipertensione arteriosa; mentre negli uomini si aggiungonole broncopatie e i tumori <strong>del</strong>l’apparato respiratorio.L’analisi degli anni di vita persi rispetto all’età considerata (75anni), evidenzia nelle donne l’alto impatto in termini di mortalitàprecoce <strong>del</strong> tumore <strong>del</strong>la mammella, nella nostra Regionela prima causa per anni di vita persi. Negli uomini invece si segnalanole malattie ischemiche <strong>del</strong> cuore e i tumori <strong>del</strong>l’apparatorespiratorio.Conclusioni. Si conferma la tendenza a un incremento nellasperanza di vita in tutta la popolazione regionale, che potrebbeessere riconducibile al miglioramento <strong>del</strong>la qualità <strong>del</strong>lavita e al progressivo miglioramento dei processi assistenziali,specialmente nella classi di età più anziane. L’analisi geografica<strong>del</strong>la mortalità evidenzia una notevole eterogeneità e suggeriscela necessità di ulteriori indagini sui possibili effetti daesposizioni ambientali.Tali risultati saranno utili per la valutazione <strong>del</strong>lo stato di salute<strong>del</strong>la popolazione in funzione degli interventi di prevenzionee per una prima valutazione <strong>del</strong>la qualità <strong>del</strong>l’assistenzae <strong>del</strong>le politiche sanitarie, anche alla luce <strong>del</strong> recente avvio deinuovi piani di prevenzione regionali. Rispetto al dato Istat ildato ReNCaM presenta notevoli vantaggi in termini di tempestivitàe di disponibilità impiego, confermandosi come strumentovalido per la sorveglianza e la programmazione.195IDENTIFICAZIONE DI CATEGORIE DI SOGGETTI ANZIANI ARISCHIO DI MORTE ELEVATO ENTRO UN ANNORognoni M, Cavalieri d’Oro L, Merlo EServizio di epidemiologia, ASL <strong>del</strong>la Provincia di Monza e BrianzaIntroduzione. A fronte <strong>del</strong>la progressiva riduzione di risorse perla prevenzione, la disponibilità di dati correnti di buona qualitànell’ambito <strong>del</strong> Sistema informativo sanitario ha cambiatol’ottica con cui i servizi epidemiologici territoriali possonocontribuire all’identificazione di strati di popolazione nei confrontidei quali è utile concentrare gli sforzi assistenziali per ottimizzarela “strategia <strong>del</strong>l’alto rischio”.Obiettivi. Identificare soggetti di età superiore a 64 anni affettida combinazioni di patologie che determinino un rischio di decessoelevato entro l’anno solare successivo rispetto a quello dicalcolo.Metodi. Sono state incrociate le informazioni derivanti damolteplici banche dati (anagrafe assistiti, SDO, prestazioni ambulatoriali,farmaceutica territoriale, file F, esenzioni) sfruttandole informazioni di base <strong>del</strong>la “banca dati assistito”, strumentodisponibile presso tutte le ASL in Lombardia, ed è statostimato il rischio di decesso entro un anno per combinazionidi condizioni patologiche.198 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Risultati. Sono stati considerati 161 416 anziani, oltre trequarti dei quali categorizzati come affetti da almeno una patologiacronica nel 2008. La mortalità generale nel 2009 è risultatapari al 3.3%. All’aumentare <strong>del</strong> numero di cronicitàidentificate contemporaneamente diminuisce la numerosità disoggetti e incrementano in maniera più che lineare le proporzionidi deceduti (da 2.1% tra chi non ha morbidità a 18.2%per chi ha sette comorbidità).Considerando le singole cronicità (con o senza comorbidità),l’odds ratio (OR) più elevato di decesso nell’anno successivo sirileva per i soggetti neoplastici (N=15 974, OR=3.11, IC95%2.90;3.33), seguiti dai soggetti con insufficienza renale cronica(N=1 492, OR=2.87, IC95% 2.42;3.40) e dai soggetti categorizzaticome neuropatici (N=7 642, OR=2.66, IC95%2.44;2.89). Al netto dei soggetti con neoplasia, la categoria(con o senza comorbidità) per la quale si riscontra il più elevatorischio di morte è quella dei soggetti neuropatici(N=7 642, OR=2.64, IC95% 2.4;2.91). Controllando per alcunevariabili confondenti (patologie, età, genere) gli odds rationon diminuiscono marcatamente e restano significativi; conl’aumentare <strong>del</strong>l’età vi è un maggior rischio significativo e perle femmine il rischio è minore.Sono state inoltre analizzate con regressione logistica, correggendoper età e sesso, le combinazioni di morbidità che identificanoalmeno 1 000 assistiti: il rischio di morte più elevato(13% di decessi entro un anno) è a carico dei soggetti classificaticontemporaneamente per le tre categorie di neoplastici,cardiovasculopatici e gastropatici (N=1 012; OR=3.82, IC95%3.15;4.63); i soggetti che in aggiunta presentano come quartamorbidità anche il diabete subiscono un ulteriore notevole incremento<strong>del</strong> rischio (N=222; OR=7.15, IC95% 4.98;10.26)e la mortalità riscontrata entro un anno sale a 18%.Conclusioni. E’ possibile identificare con strumenti di uso correnteaggregazioni di soggetti accomunati da combinazioni dipatologie croniche che determinano rischi di morte nell’annosuccessivo che si scostano in maniera significativa dall’atteso.201SINDROME METABOLICA E FATTORI DI RISCHIO CARDIO-VASCOLARE IN SOGGETTI AFFETTI DA MALATTIA MENTALEGRAVE: STUDIO TRASVERSALE COMPARATIVOBartoli F, 1 Carrà G, 2 Clerici M 1,21 Dipartimento di neuroscienze e tecnologie biomediche, Unità di psichiatria,Università degli studi di Milano Bicocca; 2 Unità operativa psichiatria,AO San Gerardo di MonzaIntroduzione. Gli individui affetti da malattia mentale grave(severe mental illness, SMI) potrebbero essere esposti a maggiorrischio di malattia coronarica e cardiovascolare rispetto asoggetti privi di tale patologia. Sebbene molti soggetti conSMI abbiano un’elevata probabilità di essere forti fumatori, lamaggiore morbilità per malattia coronarica non sembra poteressere interamente spiegata dal fumo. La SMI potrebbe quindiessere indipendentemente associata ad altri fattori di rischiocardiovascolare (CV) modificabili, come sindrome metabolica,obesità, diabete, dislipidemia, ipertensione arteriosa.Obiettivi. Il presente studio si propone i seguenti obiettivi: 1)stimare la prevalenza <strong>del</strong>la sindrome metabolica (secondo i criteri<strong>del</strong>l’ATP III) e dei principali fattori di rischio CV (iperglicemia,ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia LDL, ipocolesterolemiaHDL, alto rapporto colesterolo totale/ HDL,ipertrigliceridemia, obesità) nei soggetti affetti da SMI ricoveratiin un reparto psichiatrico; 2) confrontare la prevalenza deifattori di rischio CV tra i pazienti affetti e non affetti da SMIin un setting ospedaliero.Metodi. E’ stato condotto uno studio epidemiologico trasversalecomparativo presso l’Ospedale San Gerardo di Monza. Sono statireclutati consecutivamente, nel periodo da marzo 2010 ad aprile2011: 1) un campione di soggetti affetti da SMI di almeno 18anni di età, tra i pazienti ricoverati presso il Servizio psichiatricodi diagnosi e cura; 2) un campione di soggetti non affetti da SMIdi almeno 18 anni di età, che costituisce il gruppo di controllo,tra i degenti <strong>del</strong>l’UO di chirurgia maxillo-facciale.E’ stata stimata una dimensione campionaria pari a 119 soggetticon SMI e 119 soggetti senza SMI, necessaria per individuareuna differenza nella prevalenza di sindrome metabolicapari a quella riportata in letteratura, con una potenza di0.90 e un livello di significatività di 0.05. E’ stato quindi effettuatoun campionamento per randomizzazione semplicetra i soggetti reclutati che soddisfacevano i criteri di inclusione.Sono state raccolte variabili anagrafiche, sociodemografiche ecliniche. Sono state condotte le principali statistiche descrittive.E’ stata valutata l’associazione tra SMI e i fattori di rischio CVattraverso il calcolo degli OR e dei relativi intervalli di confidenzaal 95%. Per studiare l’associazione tra SMI e fattori dirischio CV sono stati implementati mo<strong>del</strong>li di regressione logistica,corretti per età, sesso e le variabili significativamente associateagli outcome all’analisi univariata.Risultati. Sono risultate significativamente maggiori tra gliindividui affetti da SMI, rispetto a quelli non affetti da SMI,la prevalenza di obesità (17.6% vs. 8.4%) e di ipocolesterolemiaHDL (50.4% vs. 31.9%), mentre non si sono rilevate differenzestatisticamente significative nella prevalenza <strong>del</strong>la sindromemetabolica e degli altri fattori di rischio CV considerati.Tuttavia l’analisi multivariata ha rilevato l’esistenza di un’associazioneindipendente tra SMI e sindrome metabolica(OR=2.70, IC95% 1.26;5.79), obesità (OR=2.43, IC95%1.06;5.60), ipertrigliceridemia (OR=2.94, IC95% 1.09;7.95),alto rapporto colesterolo totale/HDL (OR=2.14, IC95%1.18;3.87).Conclusioni. I risultati ottenuti evidenziano come, in accordocon la letteratura, gli individui affetti da SMI presentinoun’esposizione ai principali fattori di rischio CV significativamentesuperiore. Ciò potrebbe essere imputabile all’effetto<strong>del</strong>la malattia psichica sullo stile di vita, agli effetti <strong>del</strong>le terapiefarmacologiche, ad alcune criticità organizzative dei servizisanitari e socioassistenziali e ai disservizi legati alle inefficienze<strong>del</strong>la pratica clinica. Viene dunque confermata l’importanza diun monitoraggio costante e periodico <strong>del</strong>la salute fisica diquesta tipologia di pazienti.199 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1202I COSTI DELL’ASSISTENZA OSPEDALIERA IN PSICHIATRIA:ANALISI ECONOMICA NEL PROGETTO PROGRES-ACUTICalì S, Grigoletti L, Salazzari D, Tedeschi F, Tansella M, de GirolamoG, Amaddeo FSezione di psichiatria e psicologia clinica, Dipartimento di sanità pubblicae medicina di comunità, Università degli studi di VeronaIntroduzione. La riforma <strong>del</strong>l’assistenza psichiatrica in Italia, varatanel 1978, ha rappresentato un punto di svolta epocale nell’ambito<strong>del</strong>la salute mentale. La progressiva chiusura <strong>del</strong>lestrutture manicomiali ha dato il via a un profondo cambiamentoche ha inteso conferire alla cura dei disturbi mentali ladignità di una disciplina medica vera e propria, liberandoladalle connotazioni di tipo custodialistico o di ordine pubblico.L’offerta per il paziente psichiatrico si è via via diversificata, conlo scopo di fornire una risposta adeguata e personalizzata allediverse richieste che possono manifestarsi durante le mutevolifasi di malattia.Obiettivi. Abbiamo voluto indagare la cura dei pazienti in fasedi acuzie, cioè il ricovero che - nonostante d’indubbia utilità- costituisce la principale spesa in termini di risorse umane emateriali e, di conseguenza, di costi. Il presente studio è basatosul primo censimento a livello nazionale svolto in Italia sullestrutture di ricovero dai tempi <strong>del</strong>la riforma psichiatrica.L’obiettivo primario è stato studiare la relazione tra la variabilitàdei costi di ricovero nelle diverse strutture distribuite sul territorioe lo stato socioeconomico (SES) <strong>del</strong>la popolazione di affluenza.Secondariamente, abbiamo voluto descriverel’articolazione <strong>del</strong>la spesa e studiare la correlazione tra variabili<strong>del</strong>le strutture e costi di ricovero.Metodi. E’ stato utilizzato un indicatore di status socioeconomico(SES), che è calcolato attraverso nove variabili censuariea livello di sezione di censimento. Con metodiche di georeferenziazioneabbiamo localizzato le varie strutture, inscritte inuna zona <strong>del</strong> diametro di 10 Km, sulla quale si è calcolato ilSES medio. I costi, derivati dallo studio nazionale PROGRES-Acuti, sono stati suddivisi nelle diverse voci di spesa.Risultati. Il bacino di utenza preso in considerazione è di 53 milionidi abitanti, che possono usufruire di circa 260 reparti di psichiatriain ospedali generali, 23 cliniche universitarie, 54 clinicheprivate, oltre che di una piccola quota di soluzionialternative. Le analisi statistiche non hanno confermato una correlazionetra SES e costi di degenza. La presenza o meno di uncerto tipo di operatore psichiatrico influisce invece sui costi. Gliassistenti sociali fanno aumentare i costi in maniera statisticamentesignificativa, mentre vi è una tendenza a farli ridurre daparte dei terapisti <strong>del</strong>la riabilitazione e degli educatori; gli psichiatrie gli infermieri si pongono in una posizione intermedia,incidendo in maniera limitata. Il tasso di occupazione dei postiletto fa aumentare i costi di degenza. Complessivamente, sul territorionazionale quasi la metà dei degenti si trova in strutturepubbliche. Abbiamo rilevato che i costi di degenza possono variareconsiderevolmente, in un range che va da dai €100 giornalieridi una casa di cura privata in Piemonte agli € 800 di unagiornata in SPDC in Calabria. La quota di spesa largamentemaggiore è attribuibile agli stipendi <strong>del</strong> personale.Conclusioni. Il nostro studio è stato quindi il primo ad averedescritto in maniera dettagliata i costi <strong>del</strong>la rete assistenzialesorta nel nostro Paese in 30 anni di riforma psichiatrica. I nostririsultati concordano in parte con quelli di precedenti studisvolti in altri Paesi, tuttavia mostrano anche la sostanziale differenzadi fondo tra il sistema italiano e quello <strong>del</strong> resto <strong>del</strong>mondo industrializzato. Emergono quindi importanti spuntiper ulteriori sviluppi nell’ottimizzazione <strong>del</strong>la spesa sanitaria.204VARIABILITÀ GEOGRAFICA DEI MODELLI DI COLLABORA-ZIONE TRA MEDICINA GENERALE E DIPARTIMENTI DI SA-LUTE MENTALE PER LA DIAGNOSI E LA CURA DEI DISTURBIDEPRESSIVI: CONFRONTO CON I RISULTATI DI UNA RASSE-GNA SISTEMATICA SUL TRATTAMENTO INTEGRATO DELLADEPRESSIONELega I, Tarolla E, Picardi A, Gigantesco AReparto salute mentale, Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianzae promozione <strong>del</strong>la salute, Istituto superiore di sanitàIntroduzione. Nell’anno 2020 il livello di disabilità associatoalla depressione maggiore sarà secondo soltanto a quello <strong>del</strong>lacardiopatia ischemica. I disturbi depressivi costituiscono unafonte di ingenti costi diretti e indiretti. Poiché sono disponibilitrattamenti efficaci, un intervento tempestivo può alleviarela sofferenza <strong>del</strong> paziente, i costi per la società, l’impegno deiservizi sanitari. Un’alta proporzione di pazienti depressi non èriconosciuta o trattata adeguatamente in medicina generale(MG), luogo privilegiato per attività di diagnosi precoce e prevenzionesecondaria ove la prevalenza di tali disturbi è più altache nella popolazione generale. A livello nazionale, le informazionisui mo<strong>del</strong>li di collaborazione tra servizi di salute mentalee MG per la diagnosi e il trattamento <strong>del</strong>la depressionesono scarse e disomogenee, ed evidenziano un’ampia variabilitàsu base regionale o locale.Obiettivi. Ottenere informazioni sulla diffusione, a livello regionalee locale, di mo<strong>del</strong>li organizzativi e operativi di collaborazionetra dipartimenti di salute mentale (DSM) e MG perla diagnosi e la cura <strong>del</strong>la depressione e valutarne le caratteristicherispetto ai mo<strong>del</strong>li di cure integrate più efficaci, identificatiattraverso una rassegna sistematica <strong>del</strong>la letteratura scientificasull’argomento.Metodi. L’efficacia dei mo<strong>del</strong>li di riconoscimento e trattamento<strong>del</strong>la depressione è stata valutata attraverso una rassegnasistematica <strong>del</strong>la letteratura scientifica. La rassegna, condottasulle banche dati Medline, Cochrane library e Cochranedatabase of systematic reviews, ha riguardato l’individuazionedei trial clinici su riconoscimento e trattamento <strong>del</strong>la depressionein MG pubblicati dal 1978 al 2011.A 30 DSM italiani selezionati sulla base di standard professionale,localizzazione geografica e urbanizzazione, è stato inviatoun questionario per rilevare: modalità di contatto strutturatetra DSM e MMG; integrazione territoriale tra servizi200 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERI RICOVERI EVITABILI: LA SITUAZIONE ITALIANA E LEDIFFERENZE REGIONALIConti S, Vichi M, Manno VUfficio di statistica, Istituto superiore di sanità, RomaIntroduzione. Negli studi di mortalità una causa viene detta“evitabile” se si conoscono interventi capaci di ridurre il numerodi morti da essa provocati, con particolare riferimento all’etànon avanzata. Particolare interesse rivestono le cause prevenibilimediante “prevenzione primaria”: avvelenamenti etraumatismi, alcuni tipi di tumori, le malattie ischemiche <strong>del</strong>cuore e altre patologie che potrebbero essere efficacemente cone&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1specialistici e MG; presenza di personale <strong>del</strong> DSM dedicato allacollaborazione con i MMG per la diagnosi e la cura <strong>del</strong>la depressione.I dati ottenuti sono finalizzati a caratterizzare i mo<strong>del</strong>liorganizzativi attivi a livello locale e a valutarne le caratteristichein termini di integrazione ed efficacia, anche alla lucedei risultati <strong>del</strong>la rassegna sistematica.Risultati. I mo<strong>del</strong>li di intervento che hanno dimostrato efficaciaclinica prevedono: 1) gestione specialistica <strong>del</strong> trattamentodei pazienti affetti da depressione; 2) stretta integrazionetra cure primarie e specialistiche psichiatriche. La raccolta el’analisi dei dati raccolti dai DSM che hanno partecipato all’indaginesui mo<strong>del</strong>li organizzativi è attualmente in corso.Conclusioni. I risultati <strong>del</strong>la rassegna sistematica suggeriscono cheuna stretta integrazione fra MG e servizi di salute mentale è necessariaaffinché i pazienti depressi abbiano effettivamente accessoa trattamenti efficaci. I risultati <strong>del</strong>l’indagine tramite questionariosaranno valutati criticamente alla luce di tali evidenze.255EFFICACIA DELLA TERAPIA ENZIMATICA SOSTITUTIVA NELMIGLIORARE LA DENSITÀ DI MASSA OSSEA IN UNAPICCOLA COORTE DI PAZIENTI CON MALATTIA DI GAUCHERDI TIPO 1 SEGUITI DALL’INFANZIA ALL’ETÀ ADULTACiana G, 1 Deroma L, 1 Pisa FE, 2 Franzil AM, 3 Dardis A, 1 Sechi A, 1Malini E, 1 Bembi B 11 Centro di coordinamento regionale malattie rare,Azienda Ospedaliero-Universitaria “Santa Maria <strong>del</strong>la Misericordia”, Udine; 2 Istituto di igienee epidemiologia clinica, Azienda Ospedaliero-Universitaria “Santa Maria<strong>del</strong>la Misericordia”, Udine; 3 Clinica pediatrica, I.R.C.C.S. “Burlo Garofolo”,TriesteIntroduzione. L’interessamento scheletrico, importante causadi morbosità e disabilità nei pazienti affetti dal morbo di Gaucher(MG), è una complicanza frequente <strong>del</strong>la malattia, tantoche oltre il 90% dei pazienti mostra evidenze radiologiche dimalattia ossea e più <strong>del</strong> 50% dolore osseo. Nel tessuto scheletrico,tuttavia, la risposta alla terapia enzimatica sostitutiva(TES) è molto lenta. Nei bambini, inoltre, il MG ha una progressionerapida e ritarda la crescita e l’insorgenza <strong>del</strong>la pubertà,pertanto la scelta <strong>del</strong> momento in cui iniziare la terapia è crucialeper migliorare la mineralizzazione ossea e prevenire o farregredire eventuali complicazioni scheletriche, permettendocosì una crescita normale.Obiettivi. Analizzare l’effetto a lungo termine <strong>del</strong>la TES sullamineralizzazione ossea nell’infanzia e dopo il raggiungimento<strong>del</strong>l’età adulta (18 anni) e <strong>del</strong> picco di massa ossea (25 anni)e inoltre confrontare l’efficacia <strong>del</strong>la TES nei pazienti chehanno iniziato la terapia prima e dopo la pubertà.Metodi. E’ stato condotto uno studio osservazionale retrospettivosu tutti i pazienti pediatrici affetti da MG tipo 1 seguitipresso il Centro per le malattie metaboliche <strong>del</strong>l’I.R.C.C.S.“Burlo Garofolo” di Trieste che hanno iniziato laTES dal 1994 al 2006. Alla baseline, i pazienti sono stati sottopostia visita medica (con particolare attenzione alla crescitae alla sintomatologia ossea) e a valutazione <strong>del</strong>la densità ossea(BMD) mediante mineralometria ossea lombare. Entrambe levalutazioni sono state ripetute ogni 2 anni.La BMD è stata considerata patologica con uno Z-score ≤-2.I confronti sono stati effettuati mediante test t di Student e testt di Student per dati appaiati dopo la verifica <strong>del</strong>la normalità(test di Shapiro Wilk).Risultati. Sono stati reclutati 18 pazienti pediatrici, di cui 13 maschie 5 femmine, con un’età mediana di 10 anni (range interquartile:3-16). Questi ricevevano TES ogni due settimane (infusionidi ceredase o imiglucerase, dosaggio variabile da pazientea paziente da 20 a 60 U/kg), con una terapia di durata compresatra i 4 e i 17 anni. La TES è stata iniziata in 9 pazienti prima <strong>del</strong>lapubertà e in altri 9 successivamente.Alla baseline, 7 pazienti mostravano uno Z-score patologico(range da -3.80 a -2.21) mentre negli altri 11 esso variava da -1.80 a +1.0. Tre dei pazienti con Z-score patologico alla baselinelo hanno normalizzato nei primi 2 anni di trattamento, mentrealtri 2 alla fine <strong>del</strong> follow-up. Due fratelli sottoposti a splenectomiaprima <strong>del</strong>l’inizio <strong>del</strong>la terapia hanno invece mantenutouno Z-score patologico anche alla fine <strong>del</strong>lo studio.Nel complesso, un significativo aumento <strong>del</strong>lo Z-score è stato dimostratodopo 2 anni di terapia, con un valore medio che è passatoda -1.3 a -1.0 (p=0.02). I pazienti che hanno iniziato la TESdurante la pubertà hanno mostrato un maggior guadagno nelloZ-score (0.57±0.35 vs. 0.07±0.54; p=0.034) ma va ricordato chetutti i pazienti che hanno iniziato la TES prima <strong>del</strong>la pubertàmostravano già un valore normale mentre 7 dei 9 che hanno instauratola terapia in età puberale avevano un valore patologico.Durante lo studio, 11 pazienti hanno raggiunto l’età adulta e6 di questi l’età <strong>del</strong> picco di mineralizzazione ossea; dei 5 cheavevano uno Z-score patologico alla baseline, solamente i duefratelli splenectomizzati non hanno raggiunto la normalizzazionealla fine <strong>del</strong> follow-up.Conclusioni. E’ preferibile instaurare precocemente la TES inetà pediatrica per mantenere nella normalità i valori di densitàossea, sebbene anche l’inizio in età puberale permetta la correzionedi un’osteopenia già instaurata. La normalizzazione<strong>del</strong>la BMD avviene generalmente nel primo periodo di terapia(2 anni), consentendo ai pazienti di raggiungere l’età adultacon una densità ossea normale. Una splenectomia precocepuò impedire una normale mineralizzazione ossea.189201 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1trastate agendo sugli gli stili di vita (alimentazione, fumo di sigaretta,abuso di alcol), incentivando l’uso <strong>del</strong>le misure di sicurezzaalla guida e attuando campagne di prevenzione efficaceper incidenti di lavoro e suicidi. Le misure di contrasto allamortalità per queste cause hanno potenziali effetti benefici anchesulla morbosità e l’utilizzo dei servizi ospedalieri. Pertanto,il concetto di causa “evitabile/contrastabile” con interventidi prevenzione primaria elaborato per la mortalità può,con qualche cautela, essere traslato alla morbosità e, nello specificodi questo contributo, alle ospedalizzazioni.Obiettivi. Questo lavoro, la cui impostazione generale si ispiraal progetto “ERA”, si propone di fornire una descrizione <strong>del</strong>lavariabilità regionale nell’ospedalizzazione per cause evitabili/prevenibilicon interventi di prevenzione primaria.Metodi. I dati analizzati si riferiscono alla popolazione di etàinferiore a 75 tratti dalla base dati dei ricoveri ospedalieri (costruitaa partire dai dati ufficiali SDO <strong>del</strong> Ministero <strong>del</strong>la salutee dalla popolazione residente in Italia di fonte Istat). E’stata considerata esclusivamente la causa riportata come diagnosiprincipale alla dimissione (sia in regime di ricovero ordinariosia in Day-hospital), codificata secondo la ICD9-CM.Sono stati calcolati i tassi standardizzati di ospedalizzazione perl’anno 2008, separatamente per genere, per le Regioni e le Provincieautonome di Trento e Bolzano.Risultati. Nel 2008 sono state registrate circa 12 milioni di dimissioniospedaliere; di queste, circa 940 000 riportavano comediagnosi principale una <strong>del</strong>le patologie contrastabili con interventidi prevenzione primaria. Considerando le persone di etàinferiore a 75 anni, l’ospedalizzazione potenzialmente prevenibilepesa per il 14.2% tra gli uomini e per il 6.1% tra le donne.La componente maggiore è costituita da “avvelenamenti e itraumatismi” (73.2% <strong>del</strong>le “ospedalizzazioni evitabili” tra ledonne e il 57.6% tra gli uomini), seguono “malattie ischemiche<strong>del</strong> cuore” (27.7% tra gli uomini e 18.1% tra le donne e“tumori” (12.1% tra gli uomini e 6.6% tra le donne).Per entrambi i generi, i valori più elevati <strong>del</strong> tasso si registranonelle Regioni <strong>del</strong> Sud, con l’eccezione di Bolzano. Per gli uomini,il tasso standardizzato va da un massimo di 356.2 per10 000 in Campania a un minimo di 187.4 per 10 000 inPiemonte, appena preceduto dal Veneto (191.1 per 10 000).Per le donne, al primo posto c’è sempre la Campania, contasso standardizzato di 108.1 per 10 000, mentre i valori piùbassi si registrano ancora una volta in Veneto (83.1 per 10000) e in Piemonte (85.2 per 10 000). In termini di tempotrascorso in ospedale, l’ospedalizzazione “prevenibile” hadato luogo nel 2008 a circa 3.3 milioni di giornate per gli uominie 1.5 per le donne, equivalenti circa al 12% e al 6% rispettivamente<strong>del</strong> totale (che è stato per il 2008 di oltre 53milioni di giornate).Conclusioni. Poiché l’ospedalizzazione è un fenomeno digrande rilievo nell’ambito <strong>del</strong> servizio sanitario, la nostra analisisuggerisce che il contrasto alle cause potenzialmente prevenibili(focalizzato in particolare nei territori che presentanomaggiore criticità, segnatamente nel Sud Italia) potrebbe portarea un notevole risparmio in termini sia di disagi per le persone,sia economici, nonché a una riduzione nelle diseguaglianzenel Paese.156UTILIZZO DEL PROPENSITY SCORE PER VALUTARE I FATTORIASSOCIATI ALLA DIALISI PERITONEALE COME PRIMA MO-DALITÀ DI DIALISI CRONICASalvatori MF, Di Napoli A, Franco F, Di Lallo D, Guasticchi G per ilRegistro regionale dialisi e trapianto <strong>del</strong> LazioLaziosanità, Agenzia di sanità pubblica <strong>del</strong>la Regione Lazio, RomaIntroduzione. La diffusione <strong>del</strong>la dialisi peritoneale (DP)come trattamento di dialisi cronica (DC) in persone con insufficienzarenale cronica terminale è inferiore a quella <strong>del</strong>l’emodialisiextracorporea (HD). Non ci sono, tuttavia, evidenzedi una diversa sopravvivenza tra pazienti in DP e HD.Tuttavia, tali studi in genere derivano da dati osservazionali enon da trial clinici randomizzati. Pertanto, poiché l’assegnazionedei pazienti a HD o a DP non è randomizzata, i fattoriassociati alla scelta potrebbero essere predittivi anche <strong>del</strong>l’esito.Si è ipotizzato che la scelta <strong>del</strong>la DP derivi non solo davalutazioni cliniche, ma anche da fattori psicologici, sociali,di attitudine individuale.Obiettivi. 1) Valutare i fattori associati alla scelta <strong>del</strong>la DP comeprimo trattamento <strong>del</strong>la DC, utilizzando l’analisi <strong>del</strong> propensityscore. Tale metodologia, bilanciando due gruppi non equivalentirispetto alle covariate osservate, è particolarmente adattaa dati non derivati da trial clinici randomizzati, consentendodi tener conto di eventuali bias di selezione nell’assegnazionea un trattamento. 2) Valutare la sopravvivenza dei pazienti cheavevano iniziato la DC con DP rispetto a HD.Metodi. Studio di coorte retrospettivo su 6 802 pazienti chehanno iniziato la DC nel 2002-2009, notificati al Registro regionaledialisi e trapianto <strong>del</strong> Lazio. I fattori associati alla scelta<strong>del</strong>la DP come primo trattamento di DC sono stati valutati conil propensity score, che rappresenta la probabilità di un soggettodi essere assegnato a un trattamento, controllando per più fattoridi confondimento. Se il valore <strong>del</strong> propensity score è similetra i due gruppi valutati, si può ipotizzare che l’assegnazione deisoggetti a un trattamento sia analoga a uno studio randomizzato.L’inserimento <strong>del</strong> propensity score in un mo<strong>del</strong>lo multivariatofornisce risultati non distorti da un potenziale bias di selezione.Poiché abbiamo verificato come la distribuzione <strong>del</strong>propensity score non fosse diversa per pazienti che iniziavano iltrattamento con HD o con DP, abbiamo giudicato che le covariateconsiderate per il nostro mo<strong>del</strong>lo soddisfacessero la proprietà<strong>del</strong> bilanciamento. Sono stati considerati nell’analisi i seguentifattori, misurati al momento <strong>del</strong>l’ingresso in DC: età,sesso, titolo di studio, grado di autonomia personale, riferimentoa un nefrologo in predialisi, nefropatia, presenza di comorbidità,alcuni parametri ematochimici. La sopravvivenza dipazienti per tipologia di DC iniziale è stata valutata con un mo<strong>del</strong>lomultivariato di Cox.Risultati. Nel Lazio la prevalenza di DP come prima modalitàdi DC era <strong>del</strong>l’8.7%. Si è osservata una minore probabilità di202 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERRicci R, 2 Davoli M 11 Dipartimento di epidemiologia <strong>del</strong> Servizio sanitario regionale, RegioneLazio; 2 Dipartimento di cardiologia, Ospedale Santo Spirito, RomaIntroduzione. Il presente studio propone un approccio innovativoper identificare la popolazione residente nel Lazio affettada scompenso cardiaco (SC) usando i dati dei sistemi informativisanitari (SIS) e partendo da un panel clinico di pazienticon diagnosi certa per livelli di gravità.Obiettivo. Sviluppare un mo<strong>del</strong>lo predittivo da applicare ai sistemiinformativi sanitari correnti per la selezione di pazienticon SC.Metodi. Da un centro clinico sono stati raccolti dati sociodemograficie clinici relativi al 2006/07 per 420 pazienti residentinel Lazio e affetti da SC con diagnosi certa e livello di gravità,secondo la classificazione <strong>del</strong>la New York Heart Association(NYHA). E’ stato effettuato un record linkage con il sistema ine&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1iniziare la DC con DP rispetto alla HD per persone che iniziavanocon: un anno d’età in più (OR=0.98, IC95%0.97;0.99), minore grado di autonomia personale (OR=0.32,IC95% 0.22;0.46), più basso titolo di studio (OR=0.69,IC95% 0.55;0.88), presenza di diabete (OR=0.36, IC95%0.18;0.71). Non si è osservata una sopravvivenza significativamentediversa tra chi iniziava con DP rispetto a HD(HR=1.09, IC95% 0.95;1.24).Conclusioni. La scelta <strong>del</strong>la DP non è influenzata soltanto dafattori clinici, come confermato dall’osservazione di una sopravvivenzasimile ai pazienti in HD. Il ruolo rilevante di fattoriculturali e attitudinali era in parte atteso, essendo la DPun trattamento domiciliare e autosomministrato. Tale considerazionespiegherebbe la minore probabilità di iniziare conDP per le persone più anziane, meno istruite e meno autonome.L’adeguatezza <strong>del</strong>le informazioni fornite ai pazienti sututte le possibili opzioni di trattamento <strong>del</strong>la DC può essere,pertanto, decisiva nella scelta <strong>del</strong>la DP, proprio per il confermatoruolo di fattori culturali e attitudinali. La minore prevalenza<strong>del</strong>la DP nel Lazio, rispetto ad altre Regioni, deve necessariamentetenere conto anche <strong>del</strong>le politiche dei centridialisi, non essendo i centri privati (circa il 50% <strong>del</strong> totale) autorizzatia erogare la DP.143SVILUPPO DI UN MODELLO PREDITTIVO PER LA IDENTIFI-CAZIONE DI PAZIENTI CON SCOMPENSO CARDIACO DA SI-STEMI INFORMATIVI SANITARI A PARTIRE DA UN PANELCLINICOKirchmayer U, 1 Agabiti N, 1 Belleudi V, 1 Bauleo L, 1 Fusco D, 1 Arcà M, 1203 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1formativo <strong>del</strong>la farmaceutica (12 mesi successivi), considerandofarmaci specifici; il consumo di farmaci è stato definitocome numero di prescrizioni nel periodo (% uso “cronico”=2+prescrizioni nel periodo). Inoltre sono stati rintracciati i ricoveriospedalieri per i 9 anni precedenti dal sistema informativoospedaliero. Sono stati confrontati i pattern di consumo di farmacispecifici e di patologie concomitanti tra i pazienti con SC(suddivisi in pazienti con e senza ricoveri precedenti per SC)e un campione <strong>del</strong>la popolazione residente non affetta da SC(gruppo di controllo), appaiato ai pazienti <strong>del</strong> panel senzaprecedenti ricoveri per SC (1:4).Risultati. Le caratteristiche sociodemografiche e la gravitàNYHA dei pazienti <strong>del</strong> panel e i pattern di consumo di farmacie malattie concomitanti <strong>del</strong> panel e <strong>del</strong> gruppo di controllosono riassunti nella tabella 1. Sia per il consumo di farmaci, siaanche per la presenza di comorbidità, si osservano percentualimaggiori per i pazienti con SC (e tra loro per quelli con precedentiricoveri per SC) che per i controlli.Conclusioni. I diversi pattern osservati tra pazienti con e senzaSC sono la base per lo sviluppo di un mo<strong>del</strong>lo predittivo perl’identificazione dei pazienti con SC, che verrà applicato aglistessi sistemi informativi per estrarre la popolazione residenteaffetta da SC.153LA GESTIONE INTEGRATA DEI PAZIENTI DIABETICI INPIEMONTE: I RISULTATI DI UN BIENNIO SPERIMENTALEPizzini A, 1 Titta G, 1,2 Viberti G 31 Medico di medicina generale; 2 Coordinatore gruppo Aress “Implementazione<strong>del</strong>l’associazionismo <strong>del</strong>le reti di MMG e PLS”; 3 ConsulenteAress PiemonteIntroduzione. I dati riportati nell’Annuario statistico Istat2006 indicano che è diabetico il 4.5% degli italiani (4.6% ledonne e 4.3% gli uomini). I costi associati alla malattia (cfr.studio CODE-2) si incrementano considerevolmente al crescere<strong>del</strong> numero di complicanze, mentre è dimostrato (studidi intervento sia sul diabete tipo 1 [DCCT] sia sul diabete tipo2 [UKPDS]) che il mantenimento di un adeguato compensometabolico, grazie a schemi intensivi di trattamento, è ingrado di ridurre l’incidenza <strong>del</strong>le complicanze.Una strategia di intervento di riconosciuta efficacia è quella<strong>del</strong>la gestione integrata, tra medici <strong>del</strong>le cure primarie e medicispecialisti, dei pazienti diabetici. La gestione integrata è un mo<strong>del</strong>loparadigmatico <strong>del</strong>la gestione <strong>del</strong>le malattie croniche: èopinione consolidata, infatti, che la gestione condivisa (medicodi famiglia-specialista) secondo percorsi diagnostico-terapeuticiconcordati possa garantire il corretto approccio alle patologiecroniche, passando da un atteggiamento di attesa, che rispondeai problemi emergenti a richiesta <strong>del</strong> paziente, alla“medicina di iniziativa”.Obiettivi. Obiettivo <strong>del</strong> lavoro proposto è verificare se l’introduzione<strong>del</strong>la gestione integrata dei pazienti diabetici nella RegionePiemonte ha influito sui mo<strong>del</strong>li di consumo di servizispecialistici di questi pazienti.Metodi. La gestione integrata dei pazienti diabetici è stata introdottain Piemonte con la DGR n. 40 <strong>del</strong> 27 ottobre 2008,”Accordo regionale dei medici di medicina generale sulla gestioneintegrata <strong>del</strong> diabete”, che incentiva i medici di medicinagenerale che prendono in carico i pazienti in gestione integratacon i medici e i centri specialistici. Per ogni pazientearruolato viene corrisposta una quota forfettaria annua aggiuntiva,sulla base <strong>del</strong>la compilazione di una scheda, strumentodi comunicazione e collegamento con i centri specialistici,che attesta la partecipazione <strong>del</strong> MMG.La scheda contiene le seguenti informazioni: valori di emoglobinaglicata, colesterolo LDL, pressione arteriosa, BMI,circonferenza addominale, microalbuminuria, creatininemia.Tali informazioni rappresentano la base per la costruzione diuna serie di indicatori di processo e di esito. Nel lavoro che sipropone verranno costruiti e confrontati gli indicatori individuatinella <strong>del</strong>ibera citata e successivamente messi in relazione,per le stesse realtà territoriali e organizzative, con dati relativial consumo di prestazioni specialistiche e ricoveri.Risultati e conclusioni. L’analisi dei valori degli indicatori individuatinella DGR 40/08 citata per i primi due anni sperimentali(2009 e 2010), e la loro relazione con indicatori di consumodi prestazioni specialistiche (visite specialistiche ericoveri) da parte dei pazienti diabetici consentirà di individuaremo<strong>del</strong>li di comportamento e di evidenziare relazioni significativetra l’introduzione <strong>del</strong>la gestione integrata e la variazione<strong>del</strong> tasso di consumo di prestazioni specialistiche.187ELABORAZIONE DI UN SISTEMA DI SORVEGLIANZA DELLEINFEZIONI CORRELATE ALLE PRATICHE ASSISTENZIALIBASATO SUI DATI DI LABORATORIO NELLA ASL DI LATINACarraturo A, 1 Tega L, 2 Blanco G, 2 Di Giacomo L, 2 Albertoni F 11 U.O.C. epidemiologia , ASL Latina; 2 U.O.C. patologia clinica, Ospedale“S. M. Goretti”, ASL LatinaIntroduzione. Le infezioni correlate alle pratiche assistenziali(HAI) sono ancora un problema rilevante in termini di morbositàe mortalità in tutto il mondo. Il sistema di sorveglianzabasato sui dati di laboratorio offre il vantaggio rispetto al sistemadi sorveglianza attiva di avere costi di gestione inferiorima, d’altro canto, presenta lo svantaggio principale di operaresolo sul numeratore (infezioni con diagnosi di laboratorio) enon sul denominatore (popolazione esposta).Obiettivi. Gli obiettivi <strong>del</strong> sistema di sorveglianza di laboratorio<strong>del</strong>la ASL di Latina sono: 1) monitoraggio <strong>del</strong>l’ecologia microbicanel tempo; 2) descrizione <strong>del</strong>la distribuzione dei ceppibatterici nei reparti ospedalieri; 3) descrizione <strong>del</strong>la resistenzaverso gli antibiotici dei microrganismi circolanti nelle struttureospedaliere.Metodi. E’ stato definito un sistema strutturato di raccolta <strong>del</strong>leinformazioni relative al percorso pre e post-esecuzione degliesami microbiologici con creazione di una scheda unica di raccoltadati. Sono stati codificati in maniera univoca: il materialebiologico inviato, il tipo di esame microbiologico, l’esito e il204 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1microrganismo isolato, lo spettro di antibiotico-suscettibilità.La codifica dei microrganismi è avvenuta suddividendo i batteriin base al metabolismo rispetto all’ossigeno, alla morfologiae all’esito <strong>del</strong>la colorazione di Gram, nel rispetto <strong>del</strong>laclassificazione tassonomica ufficiale.La scheda è stata strutturata suddividendo le diverse analisi inbase all’apparato dal quale provenivano i materiali oggetto diaccertamento microbiologico.Risultati. Vengono riportati sinteticamente i risultati di unostudio preliminare relativo ai campioni biologici inviati in laboratoriodai diversi reparti <strong>del</strong>l’Ospedale Santa Maria Gorettidi Latina nel periodo 1.1.2010-31.12.2010. I risultati preliminarimostrano che complessivamente sono stati isolati 2 015microrganismi non duplicati (considerando cioè un unico isolamentoin caso di isolamenti ripetuti <strong>del</strong>lo stesso germe nellostesso ricovero). Le specie microbiche maggiormente isolatesono state Escherichia coli (19%), Pseudomonas aeruginosa(11.2%), Enterococcus faecalis (10.3%), Staphylococcus aureus(9.8%), Acinetobacter baumannii (8,3%). Gli isolamenti provenivanoprevalentemente da campioni di urine (37.5%),emocolture (18.4%), campioni respiratori (10.3%), ferite(7.7%), cateteri vascolari (4.7%).Riguardo all’antibiotico-resistenza, il 33% dei 198 ceppi di Staphylococcusaureus isolati nel 2010 sono risultati meticillino-resistenti(ceppi MRSA). Si tratta di un risultato leggermente al disotto <strong>del</strong>la media nazionale (dati EARS-Net 2009: Italia 37%).Per quanto riguarda la produzione di beta-lattamasi a spettroesteso (ESBL) in Klebsiella pneumoniae, il dato generale perl’anno 2010 è stato <strong>del</strong> 20% nei 95 ceppi isolati, ben al di sotto<strong>del</strong>la media nazionale (EARS-Net 2009: Italia 37%), mentreil 16% dei 383 ceppi di E. coli isolati nel 2010 è risultato ESBLproduttore, dato in linea con il trend nazionale (EARS-Net2009: Italia 17%).Conclusioni. L’adozione di una scheda di richiesta di esami microbiologiciunica e la creazione di un sistema di codifica è indispensabileper poter attivare un sistema di sorveglianza basatosui dati di laboratorio e per attuare il monitoraggio <strong>del</strong> trend degliisolamenti microbici nei reparti e <strong>del</strong>l’antibiotico-resistenzabatterica. Il sistema di sorveglianza di laboratorio va comunqueintegrato con altri sistemi di sorveglianza attivi sui pazienti e sulleprassi assistenziali per aumentarne l’efficacia complessiva.205L’ATTEGGIAMENTO VERSO LA DIVERSITÀ: INDAGINE NELLESCUOLE DELLA ZONA TERRITORIALE N 7 DI ANCONAMorbidoni M, 1 Ambrogiani E, 1 Guidi A, 1 Berti S, 2 Collamati E, 2Gargiulo G, 3 Mazzanti A, 3 Rossi R 31 U.O. epidemiologia, Zona territoriale n. 7 Ancona,ASUR Marche; 2 U.O. ufficiopromozione <strong>del</strong>la salute, Zona territoriale n. 7 Ancona,ASUR Marche;3 Dipartimento salute mentale, Zona territoriale N 7 Ancona,ASUR MarcheIntroduzione. Il Dipartimento di salute mentale <strong>del</strong>l’ASURMarche Zona territoriale 7 di Ancona nel 2010 ha realizzatonell’ambito <strong>del</strong> “Progetto Girasole” uno studio in collaborazionecon le scuole <strong>del</strong> territorio rivolto ai bambini di 8 e di11 anni per individuare atteggiamenti di pregiudizio verso ladiversità e la malattia mentale. Esistono dinamiche a rischio diesclusione sociale che si originano sin dall’infanzia e che, se nonaffrontate, si sviluppano in processi di isolamento e formandoun nucleo disfunzionale su cui il bullismo o il pregiudizioemergono come punta di un iceberg.Obiettivi. Gli obiettivi sono: stimare la prevalenza dei bambinicon atteggiamenti di pregiudizio verso la diversità nella scuolaprimaria (3 a elementare); stimare la prevalenza dei ragazzinicon atteggiamenti di stigma verso la diversità nelle scuole secondariedi 1° grado (1 a media); indagare la presenza contemporaneadi più variabili e individuare aree di interesse perorientare gli interventi nella scuola.Metodi. Sono stati predisposti 2 questionari: uno per gli alunni<strong>del</strong>la fascia <strong>del</strong>la scuola primaria costituito da 5 storie rappresentatecon vignette e l’altro per la scuola secondaria di 1°grado, realizzati in collaborazione con l’Ufficio promozione<strong>del</strong>la salute e l’Unità operativa di epidemiologia. Lo studio hacoinvolto 251 bambini di 3 a elementare e 291 di 1 a media, selezionaticon metodo di campionamento casuale semplice.Gli operatori <strong>del</strong> DSM e <strong>del</strong>l’Ufficio promozione <strong>del</strong>la salutehanno somministrato il questionario. Il data entry <strong>del</strong>le risposteè avvenuto tramite maschera realizzata con software EpiInfo 3.5. Per l’analisi dei dati sono stati utilizzati i software diEpi Info 3, Excel , Access e STATA 8.0.Risultati. I bambini di 8 anni mostrano atteggiamenti prevalentementepositivi nelle diverse situazioni: dispiacere nel vederecompagni in difficoltà e tolleranza nell’accettare comportamenti“disturbanti” (il 51.4% offrirà aiuto e il 31.1% giocherà insieme).Vi è un’associazione statisticamente significativa tra i comportamentie il genere nelle storie in cui la diversità non è immediatamentepercepita dai sensi (es: fisica), ma è una diversità nelcomportamento (es: abilità, modalità comunicative ecc.). Lebambine dichiarano un atteggiamento più aperto rispetto aibambini, che risultano più intolleranti e più indifferenti.Nel 10% <strong>del</strong> campione si evidenziano reazioni di paura\rifiuto\indifferenzache possono essere indicativi di distacco epregiudizio. Nei ragazzini di 1 a media la ricerca ha indagato lapercezione soggettiva di vantaggio o svantaggio in base all’appartenenzaa diverse caratterizzazioni sociali. Risulta elevato losvantaggio attribuito sia alla disabilità (73.9%) sia alla diversitànell’orientamento sessuale (66.3%). Più evidente è losvantaggio attribuito alla malattia mentale (81.1%). Consideratomaggiormente vantaggioso è essere maschio (35.1 % vs.26.8 %) e giovane (61.9%) con meno di 25 anni. Risulta piùfrequente la possibilità di fare amicizia con un compagno cheha difficoltà (82%) piuttosto che fare attività sociali insieme(andare a una festa: 74%, stare nello stesso banco: 67%), denotandola maggiore facilità di una relazione interpersonale, maesternamente al gruppo. La percentuale di disponibilità dei ragazzidiminuisce ancora (60%) nell’ipotesi di invitare a una festaun compagno con <strong>del</strong>le difficoltà.Dall’analisi bivariata emerge soltanto una associazione statisticamentesignificativa tra il giocare con un compagno indifficoltà e il genere.205 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Conclusioni. L’analisi rileva atteggiamenti rappresentativi<strong>del</strong>le tendenze <strong>del</strong>la nostra realtà sociale: l’aspetto contraddittoriotra una dichiarata apertura e la paura sottostante neiconfronti di ciò che non si conosce e che emotivamente ècomplesso gestire.207LA COMORBILITÀ PSICHIATRICA NEI PAZIENTI IN CURAPRESSO I SERT DELL’ASL DI PAVIAVerri A, Perotti P, Panzarasa A, Bianchi A, Priora C, Belfiore G, PegoraroM, San Bartolomeo PDipartimento dipendenze, ASL <strong>del</strong>la Provincia di PaviaIntroduzione. Per doppia diagnosi (DD) s’intende la presenzacontemporanea di disturbi legati all’uso di sostanze psicoattive ealtri disturbi psichiatrici. Questi ultimi spesso sono scambiati persintomi indotti dalle sostanze stesse, o sono attenuati dalla terapiafarmacologica per la cura <strong>del</strong>la dipendenza. Il percorso diagnosticorichiede pertanto una valutazione specialistica (psichiatrae psicologo) e un’osservazione costante da parte di un’équipemultiprofessionale. Il riconoscimento di una DD è importanteperché la pluripatologia costituisce un fattore prognostico negativo,sia per la tendenza alla cronicizzazione <strong>del</strong>la dipendenza ealla ricaduta, sia per una maggiore frequenza di atti di autolesionismo(tentati suicidi/suicidi), oltre a gravi conseguenze sociali(reati contro la persona/il patrimonio e carcerazione).Obiettivo. Descrivere la distribuzione dei disturbi psichiatricinei pazienti in cura presso i tre servizi territoriali per le dipendenze(Ser.T) <strong>del</strong>l’ASL di Pavia e i fattori associati a una DD.Metodi. La popolazione target è costituita da pazienti in curanegli anni 2007-2008 per tossicodipendenza o alcolismo. Lafonte dei dati è la cartella clinica informatizzata in uso pressoi Ser.T che raccoglie variabili sociodemografiche, diagnostichee relative alla terapia. La diagnosi psichiatrica (Asse I e Asse II,secondo i criteri <strong>del</strong> DSM IV), è effettuata mediante l’applicazionedi un protocollo che prevede interviste cliniche strutturate(SCID I e SCID II).E’ stato costruito un mo<strong>del</strong>lo logistico per valutare quali caratteristiche<strong>del</strong> paziente e <strong>del</strong> suo percorso tossicomanicosono associati alla DD.Risultati. Il campione analizzato è composto da 3 307 pazienti(84% maschi) con un’età media di 36.4±10.1 anni (M: 36.3±9.8;F: 37.1±11.9; p=0.049), un’età media di primo uso <strong>del</strong>le sostanzedi 19.6±6.4 (M: 19.4±6.1; F: 20.7±7.8; p


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1età) e il tasso standardizzato rispetto alla popolazione italiana <strong>del</strong>2001. Gli intervalli di confidenza al 95% dei tassi di prevalenzasono stati calcolati assumendo una distribuzione di Poisson.Risultati. Al giorno di prevalenza erano residenti nell’isola 42soggetti con SM. Di questi, il 40.5% era nato fuori dall’isola,e 4 soggetti avevano origine sarda.Il rapporto F:M è risultato pari a 2.8, infatti il 73.8% era disesso femminile rispetto al 26.2% di sesso maschile. L’età mediadei soggetti era di 49.8±12.6 anni e non si osservano differenzesignificative tra i sessi riguardo all’età. Per quanto riguardale forme di malattia, il 16.7% dei pazienti aveva unaforma CIS, il 61.9% una RR, il 16.7% una SP e il 4.8% unaPP. Il grado di disabilità (EDSS) è risultato correlato (trend crescente)con la forma di malattia: EDSS pari a 1.5 per le formeCIS, 2.0 per le forme RR e 6.0 per le forme SP e PP. La duratadi malattia, in media, era di 15.0±9.8 anni, con un rangetra 0 e 37 anni. La durata media di malattia è risultata più altaper i maschi (19.3±9.5 anni) rispetto alle femmine (13.6±9.6anni), ma tale differenza non è statisticamente rilevante.Il tasso di prevalenza grezzo era pari a 131.5 (IC95%99.8;177.7) per 100 000 (maschi 70.7; femmine 189.2 per100 000). Il tasso di prevalenza standardizzato era pari a 131.5(IC95% 91.8;171.2) per 100 000.Il tasso di prevalenza sesso-età specifico mostra un picco, perentrambi i sessi, nella classe di età tra 45-54 anni, mentre nonci sono casi prima dei 15 anni.Analizzando il periodo di latenza (ovvero la lunghezza in annitra esordio dei sintomi e diagnosi di malattia) si osserva untrend negativo, statisticamente significativo, rispetto all’annodi esordio: infatti per i pazienti con esordio più recente il periododi latenza è diminuito rispetto a quello dei pazienti conesordio più remoto. E’ stato osservato, inoltre, un trend crescente,significativo, <strong>del</strong>l’età media all’esordio dei sintomi perperiodo d’esordio: infatti, per i soggetti con esordio tra il 1970e il 1980 l’età media all’esordio era pari a 22.4 anni, mentre peri soggetti con esordio tra il 2001 e il 2010 l’età media era paria 42.2 anni.Conclusioni. Essendo il primo studio effettuato nell’isola, nonè possibile fare confronti con dati precedenti. Il valore di prevalenzaosservato dovrebbe essere comunque in linea con l’attualeprevalenza <strong>del</strong>l’Italia continentale e inferiore a quella stimatain Sardegna. La diminuzione <strong>del</strong> tempo di latenza neiperiodi più recenti, correlato probabilmente a un significativomiglioramento diagnostico, è in linea con i dati riportati in letteratura.Analogamente era già stato osservato da Nicoletti etal. nel 2010 un progressivo incremento <strong>del</strong>l’età media all’esordiorispetto all’anno di esordio.194ANALISI GEOGRAFICA DI MORTALITÀ NELLE POPOLAZIONIRESIDENTI NELL’AREA VULCANICA DELL’ETNAPollina Addario S, Fantaci G, Marras A, Tavormina E, Scondotto SDipartimento per le attività sanitarie e osservatorio epidemiologico, RegioneSiciliana, Assessorato <strong>del</strong>la saluteIntroduzione. Eccessi di patologia per cause selezionate sonostate descritte in popolazioni residenti in prossimità di aree vulcanichee sono state ipotizzate possibili correlazioni degli effettisanitari con le esposizioni a fattori ambientali maggiormentepresenti in tali aree. L’ambiente vulcanico potrebbe produrreelementi quali particolato, gas e altri elementi che potrebberodisperdersi nelle diverse matrici, comprese le acque destinateal consumo umano. Recentemente è stata posta all’attenzionedegli organi di sanità pubblica da parte <strong>del</strong>le comunità locali<strong>del</strong>le pendici <strong>del</strong>l’Etna, l’esposizione a fattori ambientali collegatiall’ambiente vulcanico e in particolare all’acqua in distribuzionenelle reti comunali servite dalla fonte “Ciapparazzo”con riferimento all’elevata concentrazione di alcuni elementi(boro, ferro, manganese, vanadio ecc.).Obiettivo. Descrivere il profilo di mortalità <strong>del</strong>le popolazioniresidenti nei Comuni che ricadono sul territorio <strong>del</strong>l’area etnea.Condurre un ulteriore approfondimento per i Comuni ricadentinel versante etneo sudoccidentale confrontando con lamortalità <strong>del</strong>la popolazione dei restanti Comuni <strong>del</strong>l’area etnea,allo scopo di formulare ipotesi in relazione a possibili associazionicon il solo consumo di acqua potabile, ovvero conla residenza in area vulcanica.Metodi. Le aree in studio comprendono tutti i Comuni che insistononell’area <strong>del</strong> massiccio vulcanico con esclusione di Cataniae i Comuni <strong>del</strong> solo versante occidentale. Sono previstidue livelli di confronto interni (popolazione <strong>del</strong>le due aree instudio vs. rispettivamente popolazione residente nei restantiComuni <strong>del</strong>l’area <strong>del</strong>l’Etna o <strong>del</strong>le aree limitrofe) e dei confrontiesterni (popolazione in studio vs. Comuni a 20 Km dalmassiccio etneo). Per la descrizione <strong>del</strong> profilo di mortalità <strong>del</strong>lepopolazioni residenti nei Comuni in studio è stato utilizzatoil flusso informativo sulla mortalità (ReNCaM anni 2004-2009) basato sulla raccolta <strong>del</strong>le schede sui decessi fornitedalle aziende sanitarie provinciali <strong>del</strong>la Sicilia disponibile pressol’Assessorato <strong>del</strong>la salute <strong>del</strong>la Regione Siciliana.Risultati. Se confrontato con quello <strong>del</strong>la popolazione residentenelle aree limitrofe, il profilo di mortalità dei Comuni <strong>del</strong>l’interomassiccio vulcanico presenta eccessi significativi in almenoil 20% <strong>del</strong>le cause indagate (con un maggiore interessamento<strong>del</strong> genere femminile, dove si registra anche unamortalità generale aumentata rispetto al confronto locale).Emerge in particolare in entrambe i sessi un incremento significativorispetto ai valori attesi <strong>del</strong>la mortalità per cause tumoralilegato in parte a sedi suscettibili di efficaci interventi diprevenzione secondaria o <strong>del</strong>l’apparato respiratorio (tra cui sievidenziano anche i mesoteliomi). Tra le cause non tumorali,in entrambi i sessi si evidenziano eccessi significativi nellamortalità per quanto concerne le malattie endocrine (sostenutein particolare dal diabete) e il sistema nervoso, oltre che, limitatamenteal genere femminile, condizioni croniche <strong>del</strong>l’apparatorespiratorio e <strong>del</strong> fegato. Il confronto tra i due versantivulcanici, viceversa, non mostra differenze sostanziali con eccessidi mortalità limitati a patologie selezionate.Conclusioni. Se confrontata con quella residente nei territorilimitrofi, la popolazione residente nell’area etnea sperimenta un207 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1profilo di mortalità specifico e alterato relativamente a diversecategorie diagnostiche prevalentemente per malattie tumoralie altre condizioni croniche a eziologia multifattoriale.Le evidenze sopra riportate, tenuto conto dei limiti di potenzaconsentiti e <strong>del</strong> livello di accuratezza <strong>del</strong>la fonte utilizzata, nondepongono al momento per una sostanziale diversità dal puntodi vista degli esiti di mortalità tra i due versanti in studio, seppurecon le eccezioni riferite a limitate categorie diagnosticheper le quali si rimanda a eventuali ulteriori approfondimenti.249RIFLESSIONI SULLE OPINIONI E GLI ATTEGGIAMENTIESPRESSI DAGLI STUDENTI DEL QUINTO ANNO DELLAFACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA DELL’UNIVERSITÀDEGLI STUDI DI TRIESTE NEI CONFRONTI DELLAMALATTIA MENTALE (MM) E DEL MALATO DI MENTE (ME)Modonutti GBGruppo di ricerca sull’educazione alla salute GRES), Università deglistudi di TriesteIntroduzione. La diffusione dei problemi mentali, le previsioniche paragonano la loro evoluzione a un’epidemia, gli atteggiamentistigmatizzanti che costituiscono un importante ostacoloall’approccio <strong>del</strong> ME alle istituzioni di diagnosi e cura e al suoreinserimento sociale definiscono uno scenario nei confronti <strong>del</strong>quale non è più il tempo di riflettere, ma di programmare e attuareinterventi mirati di promozione <strong>del</strong>la salute mentale.Obiettivi. Definire le opinioni e gli atteggiamenti dei futurimedici a proposito <strong>del</strong>la MM e <strong>del</strong> ME allo scopo di proporre(se, come, quando, contenuti…) e rendere disponibile allastruttura didattica <strong>del</strong>la Facoltà di medicina e chirurgia realiconoscenze e risorse intellettuali da utilizzare nella riduzione<strong>del</strong>lo stigma e la promozione <strong>del</strong>la salute mentale.Metodi. Nell’arco di un quinquennio (2007/2011) è statochiesto agli studenti alla fine <strong>del</strong> 5° anno <strong>del</strong>la Facoltà di medicinae chirurgia <strong>del</strong>la Università degli studi di Trieste di rispondere,in aula, nel corso <strong>del</strong>la normale routine didattica,alle domande <strong>del</strong>la scheda questionario (anonima, autosomministrata,semistrutturata) proposta da Ian R.H. Falloon(Buckingham Project, Aylesbury Vale Health Autorità, U.K.1988) in grado di evidenziare la diffusione dei luoghi comunie la presenza di atteggiamenti stigmatizzanti la MM e il ME.Sono risultati coinvolti nella ricerca 226 studenti, 85 maschi(37.6%) e 141 femmine (62.4%), di età compresa fra i 22 ei 37 anni (M: 22-30; F: 22-37), ed età media da noi stimatapari a 24,2 ±1.59 aa (M: 24.2±1.51; F: 24.1±1.64).Risultati. Una significativa maggioranza <strong>del</strong>la popolazione universitariacoinvolta nella ricerca (Ac: 31.9%; Dis: 65.0%; p


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1ristretti, non ripetitivi e non stereotipati, in relazione alledimensioni <strong>del</strong>la personalità (temperamento e carattere). Lostudio si colloca nell’ambito <strong>del</strong> progetto “Un approccioepidemiologico ai disturbi <strong>del</strong>lo spettro autistico”, promosso dalMinistero <strong>del</strong>la salute e approvato dal comitato etico <strong>del</strong>l’ISS.Metodi. Sono stati reclutati 840 gemelli, di età compresa tra i18 e i 65 anni afferenti al Registro nazionale gemelli (RNG,www.iss.it/gemelli) <strong>del</strong>l’Istituto superiore di sanità che si sonoautosomministrati due questionari, l’Autism spectrum quotient(AQ) e il Temperament and character inventory (TCI-125).L’AQ, proposto da Simon Baron-Cohen <strong>del</strong> Centro di ricercasull’autismo di Cambridge, è un facile strumento che consentedi misurare il livello di tratti autistici negli adulti <strong>del</strong>la popolazionegenerale aventi un quoziente di intelligenza nell’intervallodi normalità. Il TCI-125, seguendo il mo<strong>del</strong>lo di Cloninger,indaga le dimensioni di temperamento (ricerca <strong>del</strong>lanovità, evitamento <strong>del</strong> danno, dipendenza dalla ricompensa,persistenza) e le dimensioni di carattere (autodirezionalità,cooperatività, autotrascendenza).Risultati. Il reclutamento di gemelli è terminato nel luglio2011. Durante il convegno verranno presentate le stime <strong>del</strong>lecorrelazioni fenotipiche, aggiustate per età e per genere, tra ilpunteggio totale e quello <strong>del</strong>le varie sottoscale <strong>del</strong>l’AQ e ipunteggi attribuiti ai soggetti rispetto alle sette dimensioni <strong>del</strong>TCI. Saranno inoltre stimate, sia per i monozigoti (MZ) sia peri dizigoti (DZ) separatamente, le correlazioni cross-twin/withintraite cross-twin/cross-trait, che verranno interpretate secondole assunzioni <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo gemellare. Risultati molto preliminarisu circa 300 coppie suggeriscono un sostanziale effetto geneticosulle differenze individuali riscontrate nel punteggio totale<strong>del</strong> AQ e nella maggior parte <strong>del</strong>le dimensioni <strong>del</strong> TCI.Inoltre, le correlazioni cross-twin/cross-trait nelle coppie di MZe in quelle di DZ hanno rivelato una possibile sovrapposizionegenetica tra il punteggio alle scale <strong>del</strong> AQ e quello alle dimensioni<strong>del</strong> TCI.Conclusioni. Quando i dati sul campione totale saranno disponibili,le analisi di correlazione verranno replicate, e verrannoapplicati mo<strong>del</strong>li di genetica quantitativa per stimarel’ereditabilità e la correlazione genetica tra le scale <strong>del</strong> AQ ele dimensioni <strong>del</strong> TCI.178NASCERE NELLA ZONA TERRITORIALE 7 DI ANCONA(DATI CEDAP 2009)Morbidoni M, Ambrogiani E, Guidi AU.O. epidemiologia, Zona territoriale n. 7 Ancona, ASUR MarcheIntroduzione. La salute materno-infantile ha assunto da decenniper i sistemi sanitari una valenza strategica, date le suericadute positive sul benessere psicofisico <strong>del</strong>l’intera popolazione,attuale e futura. Risulta pertanto necessario garantire atutti i gruppi di popolazione una buona qualità <strong>del</strong>l’assistenzain gravidanza, al parto e ai neonati e, trattandosi di eventi fisiologici,sostenere intensivamente le pratiche di promozione<strong>del</strong>la salute basate sulla partecipazione e sulla valorizzazione<strong>del</strong>le capacità <strong>del</strong> singolo e <strong>del</strong>la comunità, in modo da ridurrele differenze nello stato di salute e assicurare pari opportunitàdi informazione e di accesso ai servizi e all’assistenza. I dati raccoltidalle schede CEDAP forniscono non solo informazioniquantitative sulle nascite, ma anche informazioni sulle caratteristichesocioanagrafiche <strong>del</strong>le donne e sulla qualità <strong>del</strong>l’assistenzaalla gravidanza e al parto, presentando in tal modo unquadro generale sui principali problemi sociosanitari che hannoun impatto negativo sulla salute materno-infantile e sui qualie necessario orientare gli interventi prioritari.Obiettivo. Individuare criticità nel percorso nascita <strong>del</strong>ledonne residenti nella zona territoriale 7 di Ancona (ASURMarche), evidenziando dove possibile le differenze tra ledonne italiane e quelle straniere.Metodi. Durante tutto l’anno 2009 le donne residenti nellazona territoriale 7 di Ancona hanno prodotto 2 369 schedeCEDAP.Risultati. Considerando due gruppi (italiane e straniere) sinota che l’età media <strong>del</strong>le italiane è di 32.46 anni (DS ±4.81),la mediana 33 e la moda 34, il range è 15-47 anni; per le straniereinvece l’età media è di 28.23 anni (DS±5.39), la mediana28 e la moda 23, il range è 15-44 anni. La differenzafra le medie osservate è statisticamente significativa (p


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1180ABORTIVITÀ SPONTANEA IN PIEMONTE: IL FENOMENOTRA LE DONNE ITALIANE E STRANIERERusciani R, Mondo LServizio di epidemiologia ASL TO3Introduzione. L’Istat definisce l’aborto spontaneo (AS) comeun’interruzione involontaria <strong>del</strong>la gravidanza che si verifica entro180 giorni di gestazione. Superata tale epoca si parla di“nato morto”. Tra i possibili esiti negativi di una gravidanza,l’aborto spontaneo è uno dei più frequenti, riguardando dal 2%al 30% <strong>del</strong>le gestazioni clinicamente riconosciute nella popolazionegenerale. Per stimare correttamente il fenomeno occorreaggiungere la quota di perdite fetali precedenti la diagnosi di gravidanza(35-42% <strong>del</strong>le gravidanze): in base a questo dato risultache metà <strong>del</strong>le gravidanze si conclude precocemente con un AS.Obiettivi. Descrivere l’andamento <strong>del</strong>l’AS e le caratteristiche<strong>del</strong>le donne ricoverate per tale causa.Metodi. Analisi dei mo<strong>del</strong>li D11 Istat compilati dal 1982 al2006.Risultati. I tassi di AS più elevati si riscontrano nelle ASL di Alessandria(6.40x1 000), Torino (6.15x1 000), Chieri e Asti (6.8x1000), le rimanenti ASL hanno un tasso intorno al 5x1 000, pertutte in aumento nel periodo di osservazione, mentre le ASLdi Alba-Bra, Casale, Pinerolo e Savigliano hanno un tasso <strong>del</strong>4x1 000, in riduzione. E’ in aumento l’età media al momento<strong>del</strong>l’AS, che passa da 29.4 anni nel 1982 a 33.3 nel 2006; il rischiodi abortività cresce con l’aumentare <strong>del</strong>l’età <strong>del</strong>la donna.Dall’osservazione dei dati censuari si nota un incremento <strong>del</strong>tasso di AS più marcato tra le donne prive di titolo di studioo con licenza elementare, tra le disoccupate e le casalinghe.Fino al 1997 la rilevazione <strong>del</strong>le cittadinanza mostrava un’esiguapresenza (circa 0.2%) di immigrate. Nel 1998 si registravauna quota di AS pari a 4.6% tra le straniere, nel 2006 si arrivaal 17.4%, con una diminuzione relativa degli AS occorsi adonne italiane.Circa la metà <strong>del</strong>le donne che ha un AS è alla prima gravidanza;l’AS in una gravidanza successiva è più diffuso tra le donne straniere(il doppio tra quelle con 3 o più figli). Nel 75% dei casisi tratta <strong>del</strong> primo AS <strong>del</strong>la stessa donna, in circa il 17% dei casisi tratta di donne che hanno già avuto un AS, nel 5% circa nehanno avuti 2 e nel 2% circa almeno 3, sempre con un eccessotra le straniere.L’85% degli AS registrati avviene nel 1° trimestre; di questi,40% in epoca molto precoce (entro l’8° settimana di gestazione),prevalentemente per morte endouterina <strong>del</strong>l’embrione/fetoe difetti placentari. Quando si rende necessario unintervento chirurgico, si ricorre a revisione uterina (raschiamento)o isterosuzione, sempre con anestesia generale malgradole indicazioni <strong>del</strong>le linee guida internazionali sulla superioritàdi un anestesia locale e nonostante la gran parte degliAS avvenga in epoca estremamente precoce con ridotti rischidi complicanze. Le degenze di una giornata (nelle quali, quindi,la donna trascorre una notte in ospedale) si registrano nel35% dei casi, verosimilmente per l’imprevedibilità <strong>del</strong>l’evento(se il ricovero avviene di pomeriggio o sera è probabile che ladegenza duri anche la notte).Conclusioni. Nell’ambito <strong>del</strong>la ricerca sulle cause <strong>del</strong>l’AS sonoin corso studi italiani e internazionali al fine di comprenderemeglio il rapporto con l’esposizione a fattori di rischio, in particolarmodo lavorativi e/o ambientali. Inoltre, attraverso campagnedi procreazione responsabile sarà possibile ridurre laquota di AS che mascherano IVG indotte illegalmente con farmaci(misoprostolo). Infine, studi di follow-up a lungo terminedimostrano che molte donne che hanno vissuto l’esperienza diuna perdita in gravidanza presentano sintomi psicologici a distanzadi anni, tant’è che sono state formalizzate linee guida sulsupporto psicologico alle donne e alle coppie colpite da abortoprecoce, noto fattore di rischio per depressione, ansia e infertilità.Occorre pertanto porre attenzione all’anamnesi e offrireun’assistenza dedicata nelle eventuali gravidanze successivealla perdita.183LO STUDIO DI COORTE “PICCOLI +” IL BIOBANKING INAMBITO PEDIATRICO: PROCEDURE ETICO-LEGALIToccaceli V, 1 Serino L, 1 Penna L, 1 Stazi MA 1 per conto <strong>del</strong> Gruppo distudio “Piccoli +” 21 Rep. epidemiologia genetica, CNESPS, Istituto superiore di sanità, Roma;2 (di Lallo D, Farchi S, Properzi S, Culasso M, Richiardi L, Merletti F, PivettaE, Ronfani L, Dussich V, Rusconi F, Meucci A, Stazi MA, Nisticò L, Penna L,Brescianini S, Toccaceli V, Serino L, Medda E, Forastiere F, Porta D)Introduzione. Gli studi di coorte prospettici prevedono, semprepiù spesso, la costituzione di banche biologiche (BB) pertestare ipotesi eziologiche (su fattori di rischio genetici o interazionigeni-ambiente) e per contribuire a una migliore definizione<strong>del</strong> fenotipo di malattia. Queste raccolte realizzaterappresentano una importante risorsa per la ricerca epidemiologicasia per la numerosità dei campioni disponibili, sia per lavarietà di informazioni raccolte al follow-up a essi collegati.“Piccoli +” è uno studio osservazionale di coorte di nuovinati, finanziato dal Ministero <strong>del</strong>la salute, che ha lo scopo diindagare le cause e monitorare l’andamento di alcune malattiee condizioni di salute tra cui: asma e allergie, obesità, disturbi<strong>del</strong> sonno, sviluppo cognitivo e comportamentale <strong>del</strong>bambino. L’arruolamento è finalizzato anche alla creazione diuna BB dei campioni di sangue dei neonati e <strong>del</strong>le mamme. Lostudio arruola 2 000 neonati in 4 ospedali: Firenze, Roma, Torinoe Trieste, e prevede la conservazione dei campioni (prelievovenoso alla mamma e sangue cordonale) in una BB dedicata,per studiare, in futuro, marker potenzialmente associati alle patologiedi interesse <strong>del</strong>lo studio.Obiettivi. Considerando l’ambito pediatrico in cui si svolgel’arruolamento, e in generale la complessità <strong>del</strong>le relazionipartecipante/donatore vs. gruppo di ricerca, la definizione<strong>del</strong>le procedure etico-legali svolge un ruolo strategico sia nellaconduzione <strong>del</strong>lo studio in sé sia nelle attività <strong>del</strong> biobanking.L’obiettivo <strong>del</strong> nostro lavoro è stato la messa a punto di proceduree di strumenti, come nota e consenso informato (CI),210 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1a tutela dei diritti degli individui e <strong>del</strong>le interazioni con i partecipanti/donatoriper realizzare l’arruolamento, la comunicazioneefficace, la conservazione, l’uso e l’accesso a dati/campioni,l’eventuale ritiro dallo studio e/o dalla BB, le misure disicurezza e l’anonimizzazione di campioni e dati.Metodi. Dopo l’analisi degli obiettivi <strong>del</strong>lo studio e <strong>del</strong>le necessità<strong>del</strong> biobanking da una prospettiva di etica <strong>del</strong>la ricerca,sono stati messi in luce gli aspetti etico-legali di rilievo, tenendoprincipalmente conto <strong>del</strong>la normativa sul trattamento datipersonali (D.Lgs. 196/2003), <strong>del</strong>la nuova autorizzazione per iltrattamento dei dati genetici (giugno 2011) e <strong>del</strong>le Raccomandazioniinternazionali per la ricerca e il biobanking (Rec(2006)4, Council of Europe).Risultati. Chiarezza ed efficacia <strong>del</strong>la comunicazione sono stateottenute mettendo a punto un mo<strong>del</strong>lo di CI “multi-strato” rivoltoa entrambi genitori, diviso in due parti somministrate inmaniera distinta: una studio-specifica, un’altra per la creazione<strong>del</strong>la BB e l’utilizzo futuro dei campioni all’interno <strong>del</strong>l’area diindagine di “Piccoli+”. Questa seconda parte è definibile “partiallyrestricted”: ciò consente di analizzare i campioni per ipotesiriferite più ampiamente alle aree di ricerca biomedica <strong>del</strong>lostudio e non strettamente ai singoli endpoint dichiarati.Conclusioni. Il lavoro svolto si propone di bilanciare gli aspettietico-legali e le esigenze <strong>del</strong>la ricerca epidemiologica, conciliandoil rispetto <strong>del</strong>l’autonomia individuale e i diritti dei partecipanti/donatoricon l’esigenza collettiva di progredire nelleconoscenze, favorendo nel medio/lungo termine un migliorelivello di assistenza sanitaria e di prevenzione. Tutto ciò è statorealizzato in ambito particolarmente sensibile: ambiente ospedalieroin cui si effettua l’arruolamento, vulnerabilità dei soggetti(neonati e madri in puerperio), creazione di una BB disangue e DNA, tenendo conto <strong>del</strong>la mancanza di una normativaesaustiva di riferimento a livello nazionale che regoli il biobankinga fini di ricerca.173PREVALENZA DI ALLATTAMENTO AL SENO E SUOI DETER-MINANTIColonna C, 1 Bevilacqua S, 2 Crepaldi S, 2 Demaria P, 2 Gallo A, 2 SartoriM, 2 Mondo L 31 Corso di laurea in Scienze statistiche Torino; 2 Dipartimento maternoinfantile ASL TO3; 3 Servizio di epidemiologia ASL TO3Introduzione. Prove scientifiche derivanti da centinaia di studiconfermano che l’allattamento al seno è il modo migliore per nutrireneonati. L’Organizzazione mondiale <strong>del</strong>la sanità raccomandache il latte materno costituisca il nutrimento esclusivo deibambini fino a 6 mesi d’età, seguito da alimentazione complementarefino ai 2 anni e oltre. Tuttora, a una dichiarazione diprincipio di disponibilità verso l’allattamento non corrispondeun’attenzione puntuale agli atteggiamenti pratici di promozionee sostegno <strong>del</strong>lo stesso. Al momento sono disponibili pochidati sull’allattamento al seno: per colmare il gap informativo,il personale infermieristico pediatrico dei consultori di Collegnoe Grugliasco ha raccolto notizie su un’apposita scheda.Obiettivi. Verificare interazioni tra durata <strong>del</strong>l’allattamento alseno e possibili determinanti (sostegno, punto nascita, PLS)Metodi. Analisi di 631 schede di rilevazione riportanti consultoriodi compilazione, genere <strong>del</strong> neonato, nome <strong>del</strong> PLS,tipo di allattamento a 0-2, 4-6, 11-13 mesi (allattamento maternoesclusivo, allattamento materno complementare, latte artificiale,latte vaccino), sostegno (puericultura, visita domiciliare,gruppi auto aiuto) e punto nascita, tramite statistichedescrittive di base di tutte le variabili, analisi bivariate, test disignificatività.Risultati. Da 0 a 2 mesi 53% nei neonati sono allattatati esclusivamenteal seno, 13% in modo complementare (misto) e30% con latte artificiale. Da 4 a 6 mesi il 38% dei neonati sonoallattatati esclusivamente al seno, 20% in modo complementare(misto) e 41% con latte artificiale e una piccola percentuale(0.4%) con latte vaccino contrariamente a quanto previsto dallelinee guida internazionali. A 11-13 mesi circa la metà dei bambiniconsuma latte artificiale (48%), il 30% ha un allattamentomisto, il 19% riceve latte vaccino e solo il 3% di latte maternoesclusivo. Sul totale dei casi solo 1/3 <strong>del</strong>le mamme ha usufruitodi qualche tipo di sostegno. Si sono riscontrate alcune relazionisignificative tra PLS e l’allattamento che verranno discusse casoper caso con i singoli curanti. Il sostegno risulta significativamenteassociato a un maggior ricorso all’allattamento esclusivoe al complementare in tutte le epoche analizzate. Si notano alcunedifferenze anche in base al punto nascita, verosimilmenteper l’approccio tenuto dal personale di assistenza (somministrazioneglucosata o latte artificiale, inizio allattamento, roomingin, allattamento a richiesta, osservazione <strong>del</strong>la poppata) sia tra ineonati sia tra i bambini di 11-13 mesi.Sono state effettuate <strong>del</strong>le analisi per identificare i mo<strong>del</strong>li chemeglio spiegano il fenomeno, in particolare:■ allattamento esclusivo 0-2 mesi: mese, sostegno e PLS;■ allattamento esclusivo 4-6 mesi: PLS e sostegno;■ allattamento misto fino 2 mesi: sostegno, PLS;■ allattamento misto fino 6 mesi: sostegno e PLS;■ allattamento misto fino 13 mesi: sostegno e consultorio.Conclusioni. Sulla base dei mo<strong>del</strong>li esplicativi sopra analizzatisi può affermare che alcuni fattori influenzano maggiormentela durata <strong>del</strong>l’allattamento e aumentano la probabilità per ilbambino di ricevere il latte materno, almeno come alimentocomplementare. Il sostegno all’allattamento è una variabile presentein tutti i mo<strong>del</strong>li, questo implica che effettivamente i sostegniraggiungono il loro scopo e riescono la prolungare la durata<strong>del</strong>l’allattamento, o almeno a fare in modo che il bambinoriceva il latte materno almeno in maniera complementare.Risultano estremamente rilevanti l’atteggiamento <strong>del</strong> punto nascitae quello <strong>del</strong> PLS.A partire dalla seconda metà <strong>del</strong>l’anno 2010 è stata propostauna nuova scheda di rilevazione contenente in aggiunta alcunevariabili ritenute importanti: nazionalità e scolarità materna,agenda <strong>del</strong>la gravidanza, corsi di accompagnamento alla nascita,ritorno al lavoro, precedenti gravidanze.211 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1182L’INTERRUZIONE DI GRAVIDANZA IN PIEMONTE: ILFENOMENO TRA LE DONNE ITALIANE E STRANIERERusciani R, Mondo LServizio di epidemiologia ASL TO3Introduzione. In Piemonte viene effettuato circa l’8% <strong>del</strong>leIVG nazionali e il ricorso a tale pratica è in calo nel corso glianni, pur con il rallentamento già osservato nel resto d’Italiadovuto al contributo numerico da parte <strong>del</strong>le donne straniere.Obiettivi. Descrivere l’andamento <strong>del</strong>l’IVG, le caratteristiche<strong>del</strong>le donne che si sottopongono all’intervento e le modalità diesecuzione <strong>del</strong> medesimo.Metodi. Analisi <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo D12 Istat compilate dal 1981 al2006.Risultati. L’andamento <strong>del</strong> tasso di abortività mostra lievi fluttuazioni,verosimilmente determinate dalla presenza di donneimmigrate che al momento rappresentano il circa il 37% <strong>del</strong>totale <strong>del</strong>le prestazioni.La Provincia di Torino è quella in cui si ricorre maggiormenteall’IVG (con un tasso superiore alla media regionale), seguitada Alessandria, Asti, Vercelli, Biella, Novara, Cuneo e VerbanoCusio Ossola. La quasi totalità <strong>del</strong>le donne (96.2%) si sottoponeall’intervento in Regione e il 90% direttamente nell’ambito<strong>del</strong>la propria Provincia di residenza. La mobilità extraregionalenon risulta legata a motivi di urgenza ma, piùprobabilmente, a ragioni logistiche di vicinanza <strong>del</strong>le strutture,soprattutto per le persone che risiedono o lavorano al confinetra le Regioni. Le donne residenti in Piemonte si sottopongonoa IVG in misura minima nelle fasce estreme d’età, mentre ilmaggior ricorso si osserva nel pieno <strong>del</strong>l’età fertile, tra i 20 e i34 anni; le donne immigrate sono mediamente più giovani almomento <strong>del</strong>l’intervento e si registra, tra loro, un incremento<strong>del</strong>le IVG in minorenni.Il ricorso all’IVG è minimo tra le laureate, massimo tra ledonne in possesso di licenza media inferiore.Il tasso di donne disoccupate che si sottopone a IVG è circa il50 per 1 000, seguite dalle casalinghe (13.50 per 1 000), occupate(8.90 per 1 000), studentesse (7.7 per 1 000) e in cercadi prima occupazione (6.3 per 1 000). Nel corso <strong>del</strong> tempo siregistra un calo nella percentuale di donne che interromponola prima gravidanza, mentre è in aumento il ricorso all’IVG tradonne con 1 o 2 figli, sopratutto tra le immigrate che interromponoquindi la gravidanza dopo aver raggiunto il numerodi figli desiderato. E sono le donne straniere a determinare unaumento di IVG ripetute. Il ricorso alla certificazione in consultoriofamiliare è una <strong>del</strong>le più alte a livello nazionale, graziealla capillare presenza sul territorio. Circa il 98% degli interventiè effettuato nei primi 90 giorni di gestazione, instruttura pubblica con isterosuzione, in anestesia generale e inregime di day-surgery.Conclusioni. Circa un terzo <strong>del</strong>le IVG effettuate in Italia è a caricodi cittadine immigrate a fronte di una continua riduzionetra le italiane, in particolare tra le più istruite, occupate e coniugate,per le quali sembrano state più efficaci le campagnevolte alla procreazione responsabile promosse dai consultori familiari,permettendo di accrescere conoscenze, consapevolezzee competenze sull’argomento. Per ridurre ulteriormente ilfenomeno in tutte le nazionalità e in ogni fascia di età occorrepromuovere la consapevolezza e la competenza riguardo la tutela<strong>del</strong>la salute sessuale e riproduttiva tramite politiche socialidi sostegno alla maternità, partendo dai gruppi più svantaggiati,l’offerta di educazione sessuale a tutta la popolazione,sfruttando l’occasione di accesso <strong>del</strong>la donna ai servizi (in occasionedi esami quali il Pap-test o altre visite) o agli istituti dicura (per esempio durante il puerperio). La prevenzione <strong>del</strong>leIVG ripetute deve prevedere la formazione professionale deglioperatori coinvolti nel colloquio per l’IVG soprattutto per metterliin grado di analizzare il fallimento <strong>del</strong> metodo contraccettivoutilizzato all’avvio <strong>del</strong>la gravidanza che si è dovuta interrompereal fine di aumentare la competenza <strong>del</strong>la donna eaiutarla a scegliere un metodo più efficace, offrendo consulenzapsicologica e accompagnamento nei casi individuati particolarmentea rischio.181IL PERCORSO NASCITA IN PIEMONTEMondo L, Rusciani RServizio di epidemiologia ASL TO3Introduzione. Il certificato di assistenza al parto (CeDAP) èuno strumento per la rilevazione dei dati statistici di base relativiagli eventi di nascita, ai nati morti e ai nati vivi con malformazioni,nonché alle caratteristiche sociodemografiche deigenitori.Obiettivi. Descrizione <strong>del</strong> percorso nascita in base ad alcune caratteristichesociodemografiche.Metodi. Analisi dei CeDAP compilati dal 1.1.2003 al31.12.2009 nei punti nascita <strong>del</strong>la Regione.Risultati. Nel periodo in studio si conferma una ripresa <strong>del</strong>tasso di fecondità e natalità in tutte le province di residenza, inparte dovuto all’incremento <strong>del</strong>le gravidanze di straniere (dal13.5% nel 2003 al 24.1% nel 2009) provenienti da 103 Paesi.Dall’analisi in base alla nazionalità si osserva che le stranierehanno un’età media al parto di circa 4 anni inferiore e tendonoad avere parti più ravvicinati o molto più distanziati rispettoalle italiane. Si sottopongono alla prima visita in epoca più tardivarispetto alle italiane e, nel complesso, a un minor numerodi controlli; hanno una maggior probabilità di partorire spontaneamente,specie se anche il partner è straniero, più spessoaffrontano il parto senza l’accompagnamento di una personadi fiducia. I figli di donne straniere hanno un maggiore rischiodi nascere prematuri (specialmente molto pretermine) e sottopeso;una maggiore probabilità di ottenere un basso punteggiodi Apgar, necessitare di manovre di rianimazione, presentaremalformazioni già evidenti al parto. Infine, si registrauna maggiore incidenza di natimortalità. Le italiane si sottopongonoin maggiore misura a test di diagnosi prenatale invasivi,a PMA, induzione di travaglio, TC.Per quanto riguarda l’età al momento <strong>del</strong> parto, le donne di età212 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERridione: si va dal 23% nella Provincia autonoma di Trento e inFriuli-Venezia Giulia al 62% in Campania. L’Italia presenta alivello europeo la più alta percentuale di cesarei, seguita dal Portogallocon il 33%, mentre negli altri Paesi si registrano valoriinferiori al 30%, che scendono al 15% in Olanda e al 14% inSlovenia.Obiettivo. Individuare criticità nel percorso nascita <strong>del</strong>le donneresidenti nella zona territoriale 7 di Ancona (ASUR Marche)evidenziando le variabili che influenzano la scelta <strong>del</strong>la modalità<strong>del</strong> parto (vaginale vs. taglio cesareo), indagare la presenzacontemporanea di fattori comuni nella scelta <strong>del</strong> taglio cesareo,individuare, sulla base <strong>del</strong>le criticità emergenti, gli interventiprioritari da attuare per raggiungere gli obiettivi di tutela <strong>del</strong>lasalute materno-infantile.Metodi. Durante tutto l’anno 2009 le donne residenti nellazona territoriale 7 di Ancona hanno prodotto 2 369 schedeCEDAP che sono state analizzate utilizzando il software EpiInfo 3.5.Risultati. Considerando soltanto i parti vaginali e i tagli cesarei(2 339 schede) si nota che sussiste un’associazione statisticamentesignificativa tra la nazionalità e la modalità <strong>del</strong> parto(più donne italiane si sottopongono al taglio cesareo rispetto allestraniere, 39.5% vs. 37%). L’età media <strong>del</strong>la donna che subisceun taglio cesareo è per le italiane di 32.84 anni (DS+4.96),la mediana 33 e la moda 36, il range è 15-46 anni; per le straniereinvece si ha l’età media di 28,83 anni (DS+5.39), la mediana29 e la moda 26, il range è 15-39 anni. L’aver effettuatoun taglio cesareo precedente condiziona la scelta <strong>del</strong>la modalità<strong>del</strong> parto successivo inducendo fortemente l’esecuzione di unnuovo taglio cesareo (RR=3.29, IC 3.07;3.23 p < 0.05). Vi èun’associazione statisticamente significativa tra l’avere più di 35anni ed eseguire un taglio cesareo, mentre non si riscontra nessunarelazione tra la condizione professionale, il titolo di studio,l’istruzione e il numero di visite effettuato in gravidanza. Costruendoun mo<strong>del</strong>lo di analisi multivariata (con la regressionelogistica) si evince che il taglio cesareo è significativamente associatocon il decorso <strong>del</strong>la gravidanza, la modalità <strong>del</strong> travaglio,tc precedenti, genere parto e presentazione <strong>del</strong> neonato.Conclusioni. L’eccessivo ricorso al tc anche nella zona territoriale7 di Ancona, indizio importante anche per comportae&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1superiore ai 35 anni hanno un maggior rischio di gravidanze condecorso patologico, si sottopongono a un numero significativamentemaggiore di ecografie e diagnosi prenatali invasive.I nati da ultratrentacinquenni presentano un maggior rischio dinascere con TC, pretermine, sottopeso e con necessità di rianimazione.Le donne con titolo di studio medio-alto, rispettoa quelle con titolo medio-basso, si sottopongono a un maggiornumero di visite e diagnosi prenatali invasive e PMA. Le donnecon un titolo di studio medio-basso tendono a effettuare laprima visita in epoca più tardiva rispetto alle donne con un titolodi studio medio-alto, ad avere neonati con malformazionie non avere accanto una persona di fiducia durante il parto.Conclusioni. L’analisi dei dati mette in luce l’eccessiva medicalizzazione<strong>del</strong> percorso nascita in particolare con un numerodi visite nettamente superiore all’atteso eccessivo e in unricorso al TC che va ben oltre le raccomandazioni <strong>del</strong>l’OMS.Le differenze emerse devono far riflettere su come le politichesociosanitarie debbano orientarsi ad azioni volte a facilitare l’accessoall’assistenza a tutte le donne, con mo<strong>del</strong>li quali il consultoriofamiliare che unisce la caratteristica di essere un luogodi alta specializzazione, ma al contempo di bassa soglia perquanto riguarda le pratiche di accesso, la continuità assistenzialeche crea maggior fiducia e serenità nel rapporto di cura,la presenza dei mediatori culturali che hanno un importantissimoruolo nel facilitare la comunicazione tra culture differenti.169I TAGLI CESAREI NELLA ZONA TERRITORIALE 7 DI ANCONAAmbrogiani E, Morbidoni M, Guidi AU.O. epidemiologia, Zona territoriale n. 7 Ancona, ASUR MarcheIntroduzione. In Italia il ricorso alla pratica <strong>del</strong> taglio cesareo(tc) ha raggiunto livelli allarmanti, sia per il numero di interventieffettuati (ben al di sopra <strong>del</strong>la proporzione registrata neglialtri Paesi europei e <strong>del</strong>la soglia indicata come ottimale nel1985 dall’Organizzazione mondiale <strong>del</strong>la sanità: 10-15%), siaper la variabilità rilevata tra le diverse Regioni e aziende sanitarie.Si è passati dall’11% <strong>del</strong> 1980 al 38% <strong>del</strong> 2008 con unaspiccata variabilità su base interregionale, con valori tendenzialmentepiù bassi nell’Italia settentrionale e più alti nel me-213 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


SESSIONI POSTERe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1menti clinico-assistenziali non appropriati, induce a pensare dipromuovere un percorso assistenziale soggetto a minore medicalizzazione,attraverso la formazione dei professionisti el’informazione alle donne.172L’EFFETTO DEI DETERMINANTI SOCIALI SULL’ABORTOSPONTANEO RICORRENTEChiavarini M, 1 Gili A, 2 Bernardini I, 1 Minelli L 11 Dipartimento di specialità medico chirurgiche e sanità pubblica, Universitàdegli studi di Perugia; 2 Dipartimento di economia, finanza e statistica,Università degli studi di PerugiaIntroduzione. L’aborto spontaneo ricorrente (ASR) è definitocome una perdita di due o più gravidanze; le possibili cause eziologichedi questo evento sono numerose (genetiche, ormonali,metaboliche, anatomiche, infettive, immunitarie), ma circail 23% dei casi sono inspiegabili.Obiettivi. Identificare il possibile ruolo di diversi determinantisociali, come la cittadinanza, lo stato civile, l’occupazionee il livello d’istruzione sull’ASR.Metodi. L’analisi è stata condotta utilizzando le informazionicontenute nei certificati di assistenza al parto (Cedap) su tuttele donne che hanno partorito in Umbria nel 2009. La variabile“numero di eventuali aborti spontanei” è contenuta nei dati diroutine (Cedap). E’ stata effettuata una analisi di regressione logisticaal fine di quantificare il rapporto tra le caratteristichespecifiche <strong>del</strong>l’ARS e le caratteristiche <strong>del</strong>la madre.Risultati. Lo studio ha coinvolto 8 525 donne, di cui circa il30% di cittadinanza non italiana. L’evento ASR è presente nel17.9% <strong>del</strong>la popolazione esaminata. Nel campione ASR il29.4% ha un titolo di studio basso e il 20.2% una condizionedi casalinga (rispetto al 26.1% e 17.8% rilevati con il mo<strong>del</strong>loD11 <strong>del</strong>l’Istat). L’analisi ha mostrato che fattori quali lo statocivile non risultano statisticamente significativi per ARS, mentrealcune caratteristiche <strong>del</strong>la madre aumentano significativamentela probabilità di ARS: basso-medio livello di istruzione(IC99% 1.2;2.5), cittadinanza non italiana (IC95% 1.10;1.73)e la condizione di casalinga (IC95% 1.1;1.45).Conclusioni. I risultati suggeriscono che le variabili sociodemografiche<strong>del</strong>la madre sono legati alla ARS.Le informazioni ottenute dal flusso informativo <strong>del</strong> Cedaprisultano potenzialmente utilizzabili per indagini ad hoc cheesulano dalla raccolta dati routinaria.Il Cedap, adeguatamente compilato nei suoi item, rappresentaun utile archivio <strong>del</strong>la storia riproduttiva <strong>del</strong>la donna includendoanche gli esiti negativi <strong>del</strong>la gravidanza. Tali informazioni,integrate con quelle provenienti da altri flussi,potrebbero essere utili per contribuire a migliorare la salutematerno-infantile e in particolare rendono effettuabili ulterioriricerche per esplorare i possibili meccanismi tra determinantisociali e aborti ricorrenti.214 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) Suppl. 1: 1-228WWW.EPIPREV.ITIndice degli autoriAgabiti N21 (p.35) - 27 (p.124) - 31 (p.194) - 40 (p.110) -50 (p.96) - 61 (p.114) - 62 (p.52) - 63 (p.120) -68 (p.51) - 69 (p.33) - 141 (p.185) - 143 (p.203)- 146 (p.35) - 199 (p.87)AIRTUM Working Group212 (p.138) - 214 (p.69) - 219 (p.43) - 225 (p.44)- 233 (p.99) - 234 (p.123)Alba N191 (p.197)Alberghini Maltoni S232 (p.125)Albertini P129 (p.153)Albertoni F187 (p.204)Alessandrini E36 (p.67)Alviti S132 (p.154)Amaddeo F202 (p.200) - 203 (p.118)Amati R232 (p.125)Ambrogiani E127 (p.174) - 169 (p.213) - 178 (p.209) - 207(p.206)Amodio E226 (p.137)Amore A216 (p.142)Analitis A20 (p.65)Ancona C36 (p.67) - 46 (p.29) - 51 (p.81) - 54 (p.79) - 60(p.95) - 166 (p.56)Ancona L167 (p.101)Andreoni L9 (p.33) - 114 (p.40)Angelici M114 (p.40)Angelini P52 (p.82) - 54 (p.79)Anghinoni E120 (p.156)Agnoli C208 (p.72)Antonelli Incalzi R199 (p.87)Antoniotti MC72 (p.86) - 88 (p.127) - 112 (p.160)Arcà M66 (p.31) - 141 (p.185) - 143 (p.203) - 199 (p.87)Arione R243 (p.49)Arnofi A132 (p.154)Ascoli V166 (p.56)Asta F61 (p.114) - 62 (p.52) - 66 (p.31)Astolfi G52 (p.82)Autelitano M27 (p.124)Avossa F191 (p.197)Azzolina MC243 (p.49)Bacigalupi M60 (p.95)Badaloni C36 (p.67) - 38 (p.25) - 39 (p.109) - 40 (p.110) -48 (p.96)Badiali AM121 (p.162) - 213 (p.139) - 232 (p.125)Baglio G113 (p.129)Baiocchi D91 (p.167)Baldi A72 (p.86) - 88 (p.127) - 112 (p.160)Baldi I23 (p.84)Baldissera S81 (p.157) - 92 (p.31) - 93 (p.37) - 123 (p.157)Baldo V200 (p.103)Balducci G115 (p.40)Balestri A166 (p.56)Balli M236 (p.143)Ballone E162 (p.180)Ballotari P209 (p.72)Banovich F90 (p.167)Baratta S75 (p.119)Barbanti A121 (p.162)Barbini N73 (p.150)Barca A91 (p.167)Bargagli AM16 (p.132) - 19 (p.133) - 87 (p.166)Bartolacci S193 (p.76)Bartoli F201 (p.199)Basile L135 (p.172)Batistini R75 (p.119)Battaglia M A154 (p.183)Bauleo L21 (p.35) - 61 (p.114) - 68 (p.51) - 69 (p.33) - 143(p.203) - 146 (p.35)215 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


INDICE DEGLI AUTORIe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Baussano I101 (p.105) - 102 (p.128) - 103 (p.153)Bechtold P55 (p.80)Belbruno F125 (p.173)Bertolissi S76 (p.151)Bertolotti M218 (p.66)Bertolotto A248 (p.190)Boccara P91 (p.167)Bocchi M227 (p.140)Boffetta P221 (p.141)Belfiore G207 (p.206)Bellati C120 (p.156)Bellentani M4 (p.105) - 257 (p.48)Belleudi V21 (p.35) - 61 (p.114) - 69 (p.33) - 141 (p.185) -143 (p.203)Bellis M5 (p.186) - 6 (p.176)Bembi B148 (p.182) - 149 (p.196) - 255 (p.201)Bena A157 (p.179) - 160 (p.54)Benedetti M58 (p.81)Benetollo P74 (p.111)Benvenuti A232 (p.125)Bergamaschi A124 (p.163)Bernacchia E127 (p.174)Bernardini I172 (p.214)Bertani D171 (p.90)Bertazzi PA55 (p.80) - 231 (p.44)Bertetto O241 (p.32)Berti A84 (p.122)Berti G41 (p.134) - 252 (p.28)Berti S127 (p.174) - 207 (p.206)Bertozzi N81 (p.157) - 92 (p.31) - 93 (p.37) - 99 (p.168) -123 (p.157)Bestagini P117 (p.161)Bevilacqua S173 (p.211)Bezzini D154 (p.183) - 184 (p.196) - 185 (p.206)Bianchi A124 (p.163) - 207 (p.206)Bianchi F29 (p.193) - 52 (p.82) - 193 (p.76) - 236 (p.143)- 256 (p.64)Bianco EASL Avellino59 (p.132)Bianco S78 (p.147) - 103 (p.153)Biasco G211 (p.55)Bidoli E210 (p.101)Bietta C118 (p.155) - 142 (p.195) - 186 (p.188)Bilato A79 (p.112)Bisanti L27 (p.124) - 41 (p.134)Biscaglia L72 (p.86) - 88 (p.127) - 91 (p.167) - 112 (p.160)Biselli G240 (p.143) - 245 (p.151) - 246 (p.147)Bisoffi G74 (p.111)Blanco G187 (p.204)Blasetti F56 (p.80)Boccanelli A144 (p.84)Bolignano A36 (p.67)Bollani E185 (p.206)Bolognesi L81 (p.157) - 92 (p.31) - 93 (p.37) - 99 (p.168)Bonacchi A76 (p.151)Bonassi S55 (p.80)Bonciani M250 (p.185)Bondi L118 (p.155)Bondonio P12 (p.76)Bonini A27 (p.124)Bonora K200 (p.103)Bontempi K150 (p.75) - 190 (p.189)Bonvicini L53 (p.107) - 54 (p.79) - 129 (p.153) - 171 (p.90)Bordiga AM243 (p.49)Borgia P94 (p.127) - 158 (p.57)Bortolus R238 (p.137)Bosi S129 (p.153)Botta M218 (p.66)Bovenzi M97 (p.158)Bovo C74 (p.86)Boyle P221 (p.141)216 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


INDICE DEGLI AUTORIe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Boz G210 (p.101)Bustaffa E29 (p.193) - 193 (p.76)Carati D107 (p.165)Bozzeda AL96 (p.155)Brambilla P13 (p.208)Brambilla R116 (p.160)Brandi G211 (p.55)Brescianini S170 (p.89)Bressan V79 (p.112)Brignoli O140 (p.194)Broccoli S53 (p.107) - 54 (p.79) - 129 (p.153) - 171 (p.90)Brown E.E.226 (p.137)Brugaletta S4 (p.74) -257 (p.48)Brunetti F244 (p.145)Bruni A45 (p.135)Bruno G152 (p.191)Bruzzone S176 (p.91)Bucchieri S47 (p.29)Bucci S36 (p.67) - 51 (p.81)Bugiani M101 (p.105) - 102 (p.128)Buja A134 (p.38)Buoncristiano M113 (p.129)Buonocore F74 (p.111)Burney P198 (p.77)Busato G90 (p.167)Buzzoni C98 (p.46) - 212 (p.138) - 214 (p.69) - 217 (p.124)- 225 (p.44) - 233 (p.99) - 234 (p.123)Cacciarini V121 (p.162) - 213 (p.139) - 232 (p.125)Cadum E37 (p.95) - 41 (p.134) - 43 (p.97) - 252 (p.28) -253 (p.109)Cafasso Hager R135 (p.172)Caiazzo A18 (p.133)Caldarella A233 (p.99) - 234 (p.123)Calì S202 (p.200)Calzolari E52 (p.82)Cambiano L3 (p.105)Camilloni L94 (p.127) - 158 (p.57)Campo L55 (p.80)Campolmi E84 (p.122)Campolongo F179 (p.92)Campostrini S81 (p.157) - 92 (p.31) - 93 (p.37) - 123 (p.157)Can<strong>del</strong>a S52 (p.82) - 53 (p.107) - 54 (p.79) - 57 (p.107) -58 (p.81) - 171 (p.90) - 209 (p.72)Canova C198 (p.77) - 200 (p.103)Caolo G215 (p.141) - 216 (p.142)Capasso I216 (p.142)Capocaccia R212 (p.138) - 217 (p.124) - 225 (p.44)Cappai G42 (p.27) - 141 (p.185) - 190 (p.189)Carapezza ML46 (p.29)Carli L154 (p.183)Carnà P18 (p.133) - 89 (p.163)Carnevale F232 (p.125)Carnielli V174 (p.89) - 175 (p.117)Carnovale Scalzo C166 (p.56)Carollo L121 (p.162)Carrà G201 (p.199)Carraturo A187 (p.204)Carreras G119 (p.39) - 120 (p.156) - 121 (p.162)Carretta E53 (p.107) - 54 (p.79)Carrozzi G72 (p.86) - 81 (p.157) - 88 (p.127) - 92 (p.31) -93 (p.37) - 99 (p.168) - 112 (p.160) - 123 (p.157)Casalone U244 (p.145)Cascini S42 (p.27) - 141 (p.185) - 199 (p.87) - 200 (p.103)Caserta C144 (p.84)Casini ML67 (p.113)Casoli M171 (p.90)Castagno D145 (p.85)Castiglione A237 (p.100) - 241 (p.32) - 242 (p.51) - 243 (p.49)Casula M140 (p.194)Catapano AL140 (p.194)Cavalieri d’Oro L195 (p.198)217 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


INDICE DEGLI AUTORIe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Cavallo F12 (p.76)Cavallo L135 (p.172)Cavariani F166 (p.56)Chiti L72 (p.86) - 88 (p.127) - 112 (p.160)Ciana G148 (p.182) - 255 (p.201)Cibella F47 (p.29)Coppo A120 (p.156)Corbin M159 (p.61)Corchia C174 (p.89) - 175 (p.117)Cavazza E236 (p.143)Cavazza N15 (p.108)Ceccanti A121 (p.162)Ceccarelli M241 (p.32) - 242 (p.52) - 244 (p.145)Centi L232 (p.125)Cernigliaro A41 (p.134) - 125 (p.173) - 131 (p.175) - 192 (p.198)Cerri R3 (p.105)Cervino M45 (p.135)Cesaroni G31 (p.194) - 36 (p.67) - 38 (p.25) - 39 (p.109) -41 (p.134) - 48 (p.96) - 50 (p.96)Cestari L86 (p.166)Cevenini E14 (p.193)Charrier L12 (p.76)Chellini E25 (p.187) - 120 (p.156) - 121 (p.162) - 213 (p.139)- 233 (p.99) - 234 (p.123)Cherubini Di Simplicio F232 (p.125)Chiaffarino F27 (p.124)Chiarugi A232 (p.125)Chiavarini M172 (p.214)Chini F158 (p.57)Chiodini P30 (p.70) - 59 (p.132)Ciccone G63 (p.120) - 237 (p.100) - 241 (p.32) - 242 (p.51)- 243 (p.49) - 244 (p.145)Cipriani F84 (p.122) - 184 (p.196) - 193 (p.76) - 251 (p.115)Citroni A2 (p.179)Clagnan E86 (p.166) - 168 (p.181)Claudio L215 (p.141)Clerici M201 (p.199)Colais P27 (p.124) - 31 (p.194) - 41 (p.134)Colatesta V21 (p.35)Colizza V103 (p.153)Collamati E207 (p.206)Collini G129 (p.153)Colonna C173 (p.211)Comba P256 (p.64)Compagnucci P166 (p.56)Confalonieri L203 (p.118)Consonni D231 (p.44) - 233 (p.99)Conti S188 (p.115) - 189 (p.201) - 256 (p.64)Conti V227 (p.140)Contoli B72 (p.86) - 88 (p.127) - 112 (p.160)Cordioli M54 (p.79) - 57 (p.107)Cossa L67 (p.113)Costa G23 (p.84) - 24 (p.58) - 26 (p.117) - 32 (p.184) -34 (p.71) - 82 (p.34) - 122 (p.39) - 145 (p.85) -250 (p.185) - 254 (p.27)Costantinides F126 (p.174)Cotichini R14 (p.193) - 170 (p.89)Cozza V215 (p.141) - 216 (p.142)Crepaldi S173 (p.211)Cricelli C4 (p.74) - 140 (p.194)Crispo A215 (p.141) - 216 (p.142)Cristofori M72 (p.86) - 88 (p.127) - 112 (p.160)Crocetti E212 (p.138) - 217 (p.124) - 224 (p.99) - 225 (p.44)- 232 (p.125)Crosetto L43 (p.97)Cruciani AC60 (p.95)Cuccaro F27 (p.124)Curti F111 (p.170)Curti M104 (p.169)Curti S211 (p.55)Cuttini M174 (p.89) - 175 (p.117)Cuttitta G47 (p.29)218 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


INDICE DEGLI AUTORIe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1D’Aiuto G216 (p.142)D’Aiuto M216 (p.142)D’Argenzio A81 (p.157) - 92 (p.31) - 93 (p.37) - 123 (p.157)D’Ippoliti D20 (p.65) - 228 (p.66)D’Ippolito C13 (p.208) - 14 (p.193) - 170 (p.89)Da Frè M174 (p.89) - 175 (p.117)Dal Maso L210 (p.101) - 212 (p.138) - 217 (p.124) - 225 (p.44)Daleno C177 (p.91)Dallolio L176 (p.91)Dalmasso M115 (p.40)Dardanoni G131 (p.175) - 192 (p.198)Dardis A148 (p.182) - 149 (p.196) - 255 (p.201)Davanzo F67 (p.113)De Rosa C203 (p.118)De Rosa F211 (p.55)De Sanctis Caiola P136 (p.116) - 144 (p.84) - 235 (p.140)De Sario M19 (p.133)De Silvestri A104 (p.169)De Stefani R206 (p.189)De’ Donato F19 (p.133) - 49 (p.26)Declich S110 (p.164)Delfino D13 (p.208)Deliens L76 (p.151)Dell’Amico MC240 (p.143)Della Maggiore R47 (p.29)Delsedime L220 (p.136) - 223 (p.46) - 230 (p.45)Di Girolamo G52 (p.82)Di Girolamo S211 (p.55)Di Gregori V176 (p.91)Di Lallo D64 (p.119) - 65 (p.149) - 71 (p.146) - 83 (p.111)- 130 (p.171) - 151 (p.191) - 156 (p.202) - 163(p.54) - 164 (p.181) - 165 (p.182) - 174 (p.89) -175 (p.117)Di Marco I121 (p.162)Di Marco M124 (p.163)Di Martino M21 (p.35) - 61 (p.114) - 68 (p.51) - 69 (p.33) - 146(p.35)Di Napoli A64 (p.119) - 65 (p.149) - 71 (p.146) - 83 (p.111)- 151 (p.191) - 156 (p.202) - 163 (p.54) - 164(p.181) - 165 (p.182)Di Nicola M162 (p.180)Di Pasquale L138 (p.41)Di Pietrantonj C106 (p.159)Davini O243 (p.49)Davoli A129 (p.153)Davoli M19 (p.133) - 21 (p.35) - 27 (p.124) - 31 (p.194) -36 (p.67) - 38 (p.25) - 40 (p.110) - 42 (p.27) - 46(p.29) - 48 (p.96) - 51 (p.81) - 56 (p.80) - 60 (p.95)- 61 (p.114) - 62 (p.52) - 66 (p.31) - 68 (p.51) -69 (p.33) - 141 (p.185) - 143 (p.203) - 146 (p.35)- 166 (p.56) - 199 (p.87) - 228 (p.66)De Angelis R212 (p.138) - 217 (p.124) - 225 (p.44)De Girolamo G200 (p.103) - 202 (p.200)De Luca A72 (p.86) - 88 (p.127) - 112 (p.160)De Marco L111 (p.170)De Marco R198 (p.77)Demaria M24 (p.58) - 26 (p.117) - 32 (p.184) - 253 (p.109)Demaria P173 (p.211)Demicheli V106 (p.159)DeNisi M206 (p.189)Dente M.G.110 (p.164)Deroma L148 (p.182) - 149 (p.196) - 255 (p.201)Di Cuonzo D242 (p.51) - 243 (p.49)Di Domenicantonio R141 (p.185)Di Fiandra T72 (p.86) - 88 (p.127) - 112 (p.160)Di Giacomo L187 (p.204)Diecidue R116 (p.160)Dima F136 (p.116) - 144 (p.84)Dipasquale M226 (p.137)Dittami A72 (p.86) - 88 (p.127) - 112 (p.160)Dominioni L227 (p.140)Donatini A4 (p.74) - 257 (p.48)Donato D4 (p.74) - 257 (p.48)Donfrancesco C136 (p.116) - 144 (p.84) - 235 (p.140)Donisi V203 (p.118)Durello R114 (p.40)219 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


INDICE DEGLI AUTORIe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Eikemo TA122 (p.39)Errico SV121 (p.162)Ferlisi M125 (p.173)Ferrante D218 (p.66)Fossarello L78 (p.147)Fossi S137 (p.103)Erspamer L55 (p.80)Esposito S177 (p.91)Evangelista A54 (p.79) - 63 (p.120)Fabbri S105 (p.169) - 109 (p.172)Faggiano F116 (p.160)Fagnani C13 (p.208) - 132 (p.154)Fano V150 (p.75) - 190 (p.189)Fantaci G192 (p.198) - 194 (p.207)Fantini F56 (p.80)Fantini MP56 (p.80) - 176 (p.91)Farchi S130 (p.171) - 158 (p.57)Farina E160 (p.54)Farioli A211 (p.55)Fasani E86 (p.166)Fassino C239 (p.60)Fateh Moghadam P92 (p.31) - 93 (p.37) - 123 (p.157)Faustini A42 (p.27) - 49 (p.26) - 200 (p.103)Fe<strong>del</strong>i U191 (p.197)Federici A99 (p.168)Federico B122 (p.39)Fedi A232 (p.125)Ferrante G81 (p.157) - 92 (p.31) - 93 (p.37) - 123 (p.157)Ferrara L106 (p.159)Ferrazin F67 (p.113)Ferrelli RM72 (p.86) - 88 (p.127) - 112 (p.160)Ferretti VV137 (p.103)Ferrini P121 (p.162)Ferroni E94 (p.127)Festa G232 (p.125)Fiano V220 (p.136) - 223 (p.46) - 230 (p.45)27 (p.124)Filippi A140 (p.194)Fioretti H91 (p.167)Fiorillo A203 (p.118)Fiumalbi C2 (p.179)Flammia I59 (p.132)Foltran F23 (p.84)Foracchia A171 (p.90)Forastiere F36 (p.67) - 38 (p.25) - 39 (p.109) - 40 (p.110) -41 (p.134) - 42 (p.27) - 43 (p.97) - 46 (p.29) - 48(p.96) - 49 (p.26) - 50 (p.96) - 54 (p.79) - 56 (p.80)- 57 (p.107) - 60 (p.95) - 166 (p.56) - 167 (p.101)- 256 (p.64)Forgione N59 (p.132)Forni S75 (p.119)Franceschi C14 (p.193)Franceschi S95 (p.38) - 210 (p.101) - 238 (p.137)Francesconi P4 (p.74) - 257 (p.48)Franchini M236 (p.143)Franchino G176 (p.91)Francisci S224 (p.99)Franco F64 (p.119) - 65 (p.149) - 71 (p.146) - 83 (p.111)- 130 (p.171) - 151 (p.191) - 156 (p.202)Francone C75 (p.119)Franzil AM255 (p.201)Franzo A100 (p.129)Frasca G208 (p.72)Freni Sterrantino A15 (p.108) - 54 (p.79) - 57 (p.107)Furnari G94 (p.127)Fusco D21 (p.35) - 27 (p.124) - 31 (p.194) - 61 (p.114) -62 (p.52) - 66 (p.31) - 68 (p.51) - 69 (p.33) - 143(p.203) - 146 (p.35)Fusco M219 (p.43)Fusco-Moffa I186 (p.188) - 214 (p.69)Fustinoni S55 (p.80)Gaddini A91 (p.167)Gaetano S72 (p.86) - 88 (p.127) - 112 (p.160)Gafà L226 (p.137)220 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


INDICE DEGLI AUTORIe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Gagliardi L174 (p.89) - 175 (p.117)Galassi C43 (p.97) - 63 (p.120)Galeone C177 (p.91) - 221 (p.141)Ghilardi S27 (p.124)Ghirini S138 (p.41)Ghirri P170 (p.89)Giusti F76 (p.151) - 224 (p.99)Gnavi R82 (p.34) - 145 (p.85) - 150 (p.75)Goedert J.J.226 (p.137)Galeone D128 (p.171)Gallo A173 (p.211)Gallo C59 (p.132)Galluzzo L138 (p.41)Gandin C138 (p.41)Gandini M37 (p.95) - 252 (p.28)Gargiulo G207 (p.206)Gariazzo C38 (p.25) - 49 (p.26)Garnett G102 (p.128)Gasparrini A17 (p.58) - 35 (p.25)Gasperini L166 (p.56)Gatti G215 (p.141)Gatti L96 (p.155)Gatti MG55 (p.80) - 107 (p.165)Gattone M144 (p.84)Gennaro V219 (p.43) - 222 (p.136)Gentilini F124 (p.163)Geraci G125 (p.173)Germano CD97 (p.158)Gheit T238 (p.137)Ghisleni S196 (p.192)Giampaoli S136 (p.116) - 144 (p.84)Gianicolo EAL45 (p.135)Giannelli M3 (p.105)Giannoni AM121 (p.162)Giarrizzo ML83 (p.111) - 197 (p.104)Giavazzi L196 (p.192)Gigli A224 (p.99)Giglio E121 (p.162)Giglioli S232 (p.125)Gili A172 (p.214)Gillio-Tos A111 (p.170) - 220 (p.136) - 223 (p.46)Gini R4 257Ginori E75 (p.119)Giomi B84 (p.122)Giordano L120 (p.156)Giorgi Rossi P94 (p.127) - 95 (p.38) - 100 (p.129) - 158 (p.57)Giovannetti L233 (p.99) - 234 (p.123)Giraudo M161 (p.56)Giubelli C27 (p.124)Goldoni C15 (p.108) - 52 (p.82) - 55 (p.80) - 107 (p.165) -144 (p.84)Golini M51 (p.81)Gorini G119 (p.39) - 120 (p.156) - 121 (p.162)Grassetti L80 (p.149)Grasso C223 (p.46)Gray A152 (p.191)Grazzini G98 (p.46)Grechi E120 (p.156)Gregori D23 (p.84)Grifoni D232 (p.125)Grigoletti L202 (p.200)Grimaldi M215 (p.141) - 216 (p.142)Grioni S208 (p.72)Grippo F250 (p.185)Gruppo di lavoro SPRINT120 (p.156)Gruppo di Studio “Piccoli +”:183 (p.210)Guaita A137 (p.103)Guarda L44 (p.65) - 96 (p.155)Guarducci S236 (p.143)221 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


INDICE DEGLI AUTORIe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Guasticchi G64 (p.119) - 65 (p.149) - 71 (p.146) - 83 (p.111)- 94 (p.127) - 130 (p.171) - 151 (p.191) - 156(p.202) - 158 (p.57) - 163 (p.54) - 164 (p.181) -165 (p.182) - 197 (p.104)Krogh V208 (p.72)Kromhout H159 (p.61)Levis A.G.222 (p.136)Lise M212 (p.138) - 217 (p.124) - 225 (p.44)Guidi A127 (p.174) - 169 (p.213) - 178 (p.209) - 207(p.206)Guzzinati S212 (p.138) - 217 (p.124) - 224 (p.99) - 225 (p.44)Hughes K6 (p.176)Iacoviello L144 (p.84)Iavarone I256 (p.64)Iborra Marmolejo I5 (p.186)Ielo F121 (p.162)Imperatori A227 (p.140)Innocenti F251 (p.115)Intrieri T233 (p.99) - 234 (p.123)Iodice S27 (p.124)Ioppolo G108 (p.177)Iossa A120 (p.156)Ivaldi C18 (p.133) - 89 (p.163)Izzo F215 (p.141)Jarvis D198 (p.77)Jimenez B94 (p.127)Katsouyanni K20 (p.65)Kirchmayer U21 (p.35) - 61 (p.114) - 68 (p.51) - 69 (p.33) - 143(p.203) - 146 (p.35)Klersy C104 (p.169)Kunst AE208 (p.72)La Grutta S47 (p.29)La Vecchia C210 (p.101) - 221 (p.141) - 238 (p.137)Lallo A19 (p.133)Lalvani A101 (p.105)Lamberti A113 (p.129)Lapucci E.208 (p.72)Lauria C226 (p.137)Lauria L113 (p.129)Lauriola P15 (p.108) - 35 (p.25) - 48 (p.96) - 55 (p.80) - 57(p.107)Lega I13 (p.208)Legittimo P232 (p.125)Lelli M121 (p.162)Lenardon O238 (p.137)Lenzi J176 (p.91)Leombruni R161 (p.56)Leone M19 (p.133) - 20 (p.65)Leone R27 (p.124)Leon L126 (p.174)Levi F221 (p.141)Liva G148 (p.182) - 149 (p.196)Livatino L121 (p.162)Lo Noce C136 (p.116) - 144 (p.84)Lobo Malavassi JA229 (p.123)Lodato S215 (p.141) - 216 (p.142)Lombardo F77 (p.50)Lopizzo A144 (p.84)Lorenzi M243 (p.49)Lowenstein A5 (p.186)Luberto F152 (p.82) - 53 (p.107) - 54 (p.79) - 58 (p.81)Lumini Eb75 (p.119)Luppi C114 (p.40)Macagno F174 (p.89) - 175 (p.117)Mackenbach JP122 (p.39)Macor D148 (p.182) - 149 (p.196)Madrigali V170 (p.89)Maggi S134 (p.38)Maggini M77 (p.50) - 81 (p.157)Maggiorotti PG78 (p.147)Magnani C218 (p.66)Malini E255 (p.201)222 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


INDICE DEGLI AUTORIe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Mallone S41 (p.134)Mamo C78 (p.147) - 115 (p.40)Manassero A78 (p.147)Marino M82 (p.34) - 157 (p.179)Marmont F237 (p.100)Marras A.125 (p.173) - 192 (p.198) - 194 (p.207)Meloni N144 (p.84)Mensi C231 (p.44) - 233 (p.99) - 234 (p.123)Mercadante S101 (p.105)Mancini R120 (p.156)Mandola M75 (p.119)Mangia C45 (p.135)Mangia ML91 (p.167)Mangifesta R162 (p.180)Manno V85 (p.121) - 189 (p.201)Manthorpe G5 (p.186)Mantovani J163 (p.54) - 164 (p.181) - 165 (p.182)Mantovani W227 (p.140)Manzato A237 (p.100)Manzato E134 (p.38)Manzella L226 (p.137)Manzini P111 (p.170)Marchesi S35 (p.25)Marchetti A163 (p.54) - 164 (p.181) - 165 (p.182)Marinacci C23 (p.84) - 24 (p.58) - 26 (p.117) - 28 (p.187) -33 (p.60) - 79 (p.112) - 122 (p.39) - 250 (p.185)Marinaccio A79 (p.112)Marini A4 (p.74) - 257 (p.48)Marino C228 (p.66)Martini A25 (p.187) - 213 (p.139) - 233 (p.99) - 234 (p.123)Martire S138 (p.41)Martuzzi M256 (p.64)Marzaroli P52 (p.82) - 53 (p.107) - 54 (p.79) - 58 (p.81)Masala G208 (p.72)Masciocchi M85 (p.121)Masocco M188 (p.115)Mataloni F36 (p.67) - 46 (p.29) - 51 (p.81) - 60 (p.95) - 166(p.56) - 167 (p.101)Mattiello A59 (p.132) - 208 (p.72)Mattioli S211 (p.55)Matullo G239 (p.60)Maule M159 (p.61) - 229 (p.123) - 230 (p.45)Mayer F21 (p.35) - 61 (p.114) - 66 (p.31) - 68 (p.51) - 69(p.33) - 143 (p.203) - 146 (p.35)Mazzaglia G4 (p.74)Mazzanti A207 (p.206)Mazzoni G121 (p.162)Medda E132 (p.154)Medina S39 (p.109)Melis MR47 (p.29)Merler E79 (p.112)Merletti F10 (p.59) - 11 (p.70) - 152 (p.191) - 159 (p.61) -220 (p.136) - 223 (p.46) - 230 (p.45)Merlo E195 (p.198)Messina A226 (p.137)Messmer Uccelli M154 (p.183)Meucci G185 (p.206)Mezzetti M224 (p.99)Miccinesi G76 (p.151) - 224 (p.99)Miccoli M245 (p.151)Michelis M244 (p.145)Michelozzi P16 (p.132) - 19 (p.133) - 20 (p.65) - 49 (p.26) -87 (p.166) - 228 (p.66)Migliardi A32 (p.184) - 82 (p.34)Miglio R15 (p.108) - 35 (p.25) - 57 (p.107)Mignolli N176 (p.91)Milici S125 (p.173) - 131 (p.175)Miligi L232 (p.125) - 236 (p.143)Millarini V105 (p.169) - 109 (p.172)Minardi V81 (p.157) - 92 (p.31) - 93 (p.37) - 123 (p.157)Minelli G188 (p.115)223 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


INDICE DEGLI AUTORIe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Minelli L172 (p.214)Miniaci S174 (p.89) - 175 (p.117)Minichilli F29 (p.193) - 193 (p.76)Minniti C236 (p.143)Minoia C56 (p.80)Mirabelli D218 (p.66)Mirandola R74 (p.111)Mitis F5 (p.186) - 6 (p.176) - 256 (p.64)Modonutti G B126 (p.174) - 249 (p.208)Moiraghi C237 (p.100)Molinengo G248 (p.190)Monagheddu C243 (p.49) - 244 (p.145)Mondo L78 (p.147) - 173 (p.211) - 180 (p.210) - 181 (p.212)- 182 (p.212)Montella M210 (p.101) - 215 (p.141) - 216 (p.142)Monti C124 (p.163)Morassutto C86 (p.166)Morbidoni M127 (p.174) - 169 (p.213) - 178 (p.209) - 207(p.206)Mosconi P105 (p.169) - 109 (p.172)Mugnaini E236 (p.143)Musmeci L256 (p.64)Nante N7 (p.177) - 21 (p.35)Nardone P113 (p.129)Narduzzi S51 (p.81) - 56 (p.80) - 166 (p.56)Negri E210 (p.101)Nicita C233 (p.99) - 234 (p.123)Nicolella M89 (p.163)Nidiaci R121 (p.162)Niosi G.108 (p.177)Nisticò F7 (p.177)Nisticò L132 (p.154)Nucera A117 (p.161)Nuvolone D47 (p.29) - 193 (p.76)Oggero A248 (p.190)Onorati R26 (p.117) - 28 (p.187)Paccagnella O70 (p.145) - 80 (p.149)Paci E60 (p.95) - 100 (p.129)Pagano E152 (p.191)Pala V208 (p.72)Palaia R215 (p.141)Palli D208 (p.72)Palmieri L235 (p.140) - 136 (p.116) - 144 (p.84)Palumbo A237 (p.100)Pancaldo G.M.108 (p.177)Panico S59 (p.132) - 208 (p.72)Pannozzo F235 (p.140)Panzarasa A207 (p.206)Panzone T232 (p.125)Papaleo B2 (p.179)Papini P197 (p.104)Pappagallo M250 (p.185)Parisi N138 (p.41)Parlotti D10 (p.59)Pascal M39 (p.109)Pascucci MG107 (p.165)Pasetto R256 (p.64)Pasqua A4 (p.74)Passarino G14 (p.193)Passera P12 (p.76)Patriarca V13 (p.208)Pavesi M218 (p.66)Pearce N159 (p.61) - 220 (p.136)Pedicini T216 (p.142)Pegoraro M207 (p.206)Pellizzari M90 (p.167)Pelosini R18 (p.133) - 89 (p.163)Pelser C226 (p.137)Pelucchi C177 (p.91) - 210 (p.101) - 221 (p.141)Penhale B5 (p.186)224 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


INDICE DEGLI AUTORIe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Penna L183 (p.210)Percudani M203 (p.118)Piffer S179 (p.92) - 206 (p.189)Pimpinelli N232 (p.125)Polvani S121 (p.162)Ponzio M154 (p.183) - 184 (p.196) - 185 (p.206)Perdonà S215 (p.141)Perissinotto E134 (p.38)Perotti P207 (p.206)Perra A72 (p.86) - 88 (p.127) - 112 (p.160)Perucci CA27 (p.124) - 48 (p.96) - 51 (p.81) - 62 (p.52) - 66(p.31)Peters S159 (p.61)Petrella M118 (p.155) - 142 (p.195) - 186 (p.188)Petrioli G232 (p.125)Petronio MG236 (p.143)Pezzarossi A209 (p.72)Pezzotti P150 (p.75) - 197 (p.104)Piacentini P7 (p.177)Piatti A9 (p.33) - 11 (p.70) - 114 (p.40)Picardi A13 (p.208) - 204 (p.200)Picariello R145 (p.85)Piccolini E218 (p.66)Pieretti A75 (p.119)Piergentili P70 (p.145) - 80 (p.149)Pieri G176 (p.91)Pierini A193 (p.76)Pinnarelli L21 (p.35) - 27 (p.124) - 61 (p.114) - 146 (p.35) -199 (p.87)Pinto I232 (p.125)Piovano E247 (p.148)Pirastu R256 (p.64)Pironi V44 (p.65)Pisa FE255 (p.201)Pistelli R21 (p.35)Pitidis A115 (p.40)Pivetta E237 (p.100)Pizzi C10 (p.59)Pizzini A153 (p.204)Pizzuti R59 (p.132)Pocher M179 (p.92)Poggiali S232 (p.125)Pognant Viù D237 (p.100) - 243 (p.49)Polesel J210 (p.101) - 238 (p.137)Poletto C.103 (p.153)Poli A104 (p.169)Pollina Addario S192 (p.198) - 194 (p.207)Polo F90 (p.167)Porta D48 (p.96) - 56 (p.80)Porta M12 (p.76)Possenti V72 (p.86) - 81 (p.157) - 88 (p.127) - 92 (p.31) -93 (p.37) - 112 (p.160) - 123 (p.157)Pozzi T154 (p.183)Primerano R41 (p.134)Principi N177 (p.91)Priora C207 (p.206)Protti MA29 (p.193) - 193 (p.76) - 236 (p.143)Prunotto G177 (p.91)Puglisi G108 (p.177)Quarchioni E81 (p.157) - 92 (p.31) - 93 (p.37) - 123 (p.157)Quercioli C7 (p.177)Quinz E196 (p.192)Raballo M12 (p.76)Racioppi F6 (p.176)Raineri C176 (p.91)Randi G27 (p.124) - 211 (p.55)Ranzi A48 (p.96) - 52 (p.82) - 53 (p.107) - 54 (p.79) - 55(p.80) - 57 (p.107) - 58 (p.81) - 254 (p.27) - 255(p.201)ReNaM Working Group233 (p.99)Renzi C33 (p.60)225 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


INDICE DEGLI AUTORIe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Riboldi L231 (p.44)Riccardo F110 (p.164)Ricceri F155 (p.75) - 239 (p.60)Ricci P44 (p.65) - 96 (p.155)Ricci R143 (p.203)Rosati R7 (p.177)Rosato R152 (p.191) - 248 (p.190)Rossella R75 (p.119)Rossi A138 (p.41)Rossi R207 (p.206)Sampietro G196 (p.192)San Bartolomeo P207 (p.206)Sangiorgi E107 (p.165)Sartorelli P232 (p.125)Sartori M173 (p.211)Richiardi L11 (p.70) - 111 (p.170) - 159 (p.61) - 220 (p.136)- 223 (p.46) - 229 (p.123) - 230 (p.45)Rivillas JC28 (p.187)Rizzello R206 (p.189)Rizzi L80 (p.149)Rizzo S131 (p.175)Ro<strong>del</strong>la S75 (p.119)Roggero M239 (p.60)Rognoni M195 (p.198)Romagnoli C118 (p.155)Romanelli AM29 (p.193) - 193 (p.76)Romanini E85 (p.121)Romano N226 (p.137)Romeo E166 (p.56)Romeo G98 (p.46)Romor P86 (p.166) - 200 (p.103)Ronco G95 (p.38) - 100 (p.129)Rosano A197 (p.104)Rossi S235 (p.140)Rotolo N227 (p.140)Rubichi S15 (p.108)Rusciani R82 (p.34) - 180 (p.210) - 181 (p.212) - 182 (p.212)Russo A9 (p.33) - 11 (p.70) - 114 (p.40)Saccona F224 (p.99)Sacerdote C155 (p.75) - 208 (p.72)Sala A25 (p.187)Salazzari D202 (p.200) - 203 (p.118)Salemi M1170 (p.89)Salmaso S81 (p.157) - 92 (p.31) - 93 (p.37) - 99 (p.168) -123 (p.157)Salvadori P90 (p.167)Salvadori S114 (p.40)Salvatore M171 (p.90)Salvatori MF64 (p.119) - 65 (p.149) - 151 (p.191) - 156 (p.202)Samani F80 (p.149)Sampaolo L81 (p.157) - 92 (p.31) - 93 (p.37) - 99 (p.168)Saugo M90 (p.167)Scafato E134 (p.38) - 138 (p.41)Scaglione L237 (p.100)Scala A178 (p.209)Scala D237 (p.100)Scalese M114 (p.40)Scalmana S71 (p.146) - 83 (p.111)Scardetta V72 (p.86) - 88 (p.127) - 112 (p.160)Scarinzi C32 (p.184)Scarnato C41 (p.134)Schena M237 (p.100)Schifano P16 (p.132)Scipione R138 (p.41)Scondotto S125 (p.173) - 131 (p.175) - 192 (p.198) - 194(p.207)Scotti V104 (p.169)Scu<strong>del</strong>ler L104 (p.169)Sebastiani G122 (p.39) - 250 (p.185)226 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


INDICE DEGLI AUTORIe&p anno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Sechi A148 (p.182) - 149 (p.196) - 255 (p.201)Senatore S113 (p.129)Sergi G134 (p.38)Serino L170 (p.89) - 183 (p.210)Spinelli A113 (p.129)Spizzichino L128 (p.171)Spolaore P191 (p.197)Spolti G157 (p.179)Tessari R41 (p.134)Testa S1248 (p.190)Tiberti D106 (p.159)Tillati S147 (p.86)Serraino D100 (p.129) - 210 (p.101) - 238 (p.137)Sesana F67 (p.113)Sethi D5 (p.186) - 6 (p.176)Settimi L67 (p.113)Shahzard HS238 (p.137)Sicuro J12 (p.76)Sidoti S.108 (p.177)Sieno C231 (p.44)Sieri S208 (p.72)Silvestri C84 (p.122)Silvestri I1197 (p.104)Simon G80 (p.149)Simonato L159 (p.61) - 200 (p.103)Sirna R232 (p.125)Situlin R97 (p.158)Sorge C27 (p.124) - 61 (p.114) - 66 (p.31)Sozzi R36 (p.67) - 38 (p.25) - 49 (p.26)Spada VM23 (p.84)Spadea T34 (p.71) - 82 (p.34)Stafoggia M41 (p.134) - 42 (p.27) - 49 (p.26) - 50 (p.96)Stazi MA13 (p.208) - 14 (p.193) - 32 (p.184) - 170 (p.89)- 183 (p.210)Stella S226 (p.137)Stralla S244 (p.145)Strazzullo P136 (p.116)Stroscia M32 (p.184) - 37 (p.95)Tagliabue C1177 (p.91)Talamini R210 (p.101) - 221 (p.141) - 238 (p.137)Talassi F120 (p.156)Tansella M202 (p.200) - 203 (p.118)Tardivo S227 (p.140)Tarolla E13 (p.208) - 204 (p.200)Tavormina E192 (p.198) - 194 (p.207)Tedeschi F202 (p.200) - 203 (p.118)Tega L187 (p.204)Terracini B218 (p.66)Terracini L239 (p.60)Tessari G74 (p.111)Tinelli C104 (p.169)Tisano F233 (p.99) - 234 (p.123)Titta G153 (p.204)Toccaceli V13 (p.208) - 14 (p.193) - 183 (p.210)Todini G60 (p.95)Toffanin R90 (p.167)Tominz R97 (p.158)Tommasino M238 (p.137)Torre M85 (p.121)Torrente ML239 (p.60)Tragni E140 (p.194)Trento M12 (p.76)Trevisan M12 (p.76) - 112 (p.160)Trimaglio F247 (p.148)Trinito MO81 (p.157) - 92 (p.31) - 93 (p.37) - 123 (p.157)Troiano F42 (p.27)Trombetti A232 (p.125)Tronconi L2121 (p.162)Tucci G85 (p.121)227 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE


INDICE DEGLI AUTORIe&panno 35 (5-6) settembre-dicembre 2011 • Suppl. 1Tucci V75 (p.119)Vermeulen R159 (p.61)White P102 (p.128)Tumino R208 (p.72)Turci R56 (p.80)Ulvestad Kärki F5 (p.186)Urbani E67 (p.113)Urbinelli L1.91 (p.167)Valent F86 (p.166) - 147 (p.86) - 168 (p.181)Vallesi G186 (p.188)Vallicelli G92 (p.31) - 93 (p.37)Valsecchi M90 (p.167)Van den Block L76 (p.151)Vanacore N71 (p.146)Vancheri F144 (p.84)Vannoni F26 (p.117)Vannucchi S136 (p.116) - 144 (p.84)Vanuzzo D144 (p.84)Vasselli S81 (p.157) - 92 (p.31) - 93 (p.37) - 123 (p.157)Vecchi S16 (p.132) - 87 (p.166)Ventura L198 (p.46)Ventura M31 (p.194) - 66 (p.31)Venturelli A99 (p.168)Verri A207 (p.206)Versino E32 (p.184) - 116 (p.160)Viberti G153 (p.204)Vicentini M59 (p.132) - 209 (p.72)Vichi M72 (p.86) - 88 (p.127) - 112 (p.160) - 189 (p.201)Viegi G47 (p.29)Vignally P115 (p.40)Vigna-Taglianti FD116 (p.160)Vigotti M.A.29 (p.193) - 41 (p.134) - 45 (p.135) - 193 (p.76)- 236 (p.143)Villani S137 (p.103)Vineis P155 (p.75) - 208 (p.72) - 239 (p.60)Violante FS211 (p.55)Vitale F226 (p.137)Vivani P240 (p.143) - 245 (p.151) - 246 (p.147)Vizzini L230 (p.45)Vizzini V220 (p.136)Voller F251 (p.115)Volpi D232 (p.125)Volta A171 (p.90)Wareham N155 (p.75)Wood S5 (p.186)Zanchi A196 (p.192)Zanier L86 (p.166) - 147 (p.86) - 168 (p.181) - 200 (p.103)Zanon S86 (p.166)Zappa M98 (p.46) - 99 (p.168) - 100 (p.129)Zarulli V33 (p.60)Zauli Sajani S35 (p.25)Zen A90 (p.167)Zenari M90 (p.167)Zengarini N28 (p.187) - 34 (p.71)Zipoli G232 (p.125)Zirro E60 (p.95)Zocchetti C4 (p.74) - 257 (p.48)Zoffoli R129 (p.153)Zola P247 (p.148)Zona A256 (p.64)Zuccati G84 (p.122)Zucchetto A100 (p.129) - 210 (p.101) - 238 (p.137)Zugna D220 (p.136) - 223 (p.46) - 230 (p.45)228 XXXV CONGRESSO ANNUALE AIE

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