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INTRODUZIONEIl <strong>Ciclope</strong> di Euripide è la rappresentazione in formadrammatica, ovvero scenica, di un episodio narrato nelnono libro dell' Odissea: l'incontro di Odisseo e dei suoicompagni con l'antropofago ciclope Polifemo, alle cuirive gli ignari greci approdano nel corso delle loro lungheperegrinazioni per raggiungere Itaca di ritorno dallaguerra di Troia. Con la sua proverbiale astuzia Odisseoricuce a sfuggire al mostro non con tutti, ma almeno conllcuni dei compagni che gli erano rimasti. Le linee fon-Imcntali dell'episodio sono pienamente rispettate,e si può vedere dal riassunto che segue. Ci sono soloImportanti innovazioni, l'una mirata e l'altra condititida una situazione non più narrata, come in§ro, ma rappresentata sulla scena. L'innovazione piùrtflnte è quella relativa alla conoscenza del vino:tre in ( )mero i Ciclopi coltivano la vite e produconoo Nili pure inferiore a quello che offre Odisseo, inJC Poliremo e i suoi fratelli non conoscono né vite| ne Noi Irono gli schiavizzati Sileno e i satiri, cornaiDioniso, ed è un espediente per farli sentire(ì Hpiicsati e derelitti1. Quella scenica consistefnrniiizionc dell'antro del <strong>Ciclope</strong>, nell'Odissea9
degli avvenimenti dell'epos, mentre la commedia è normalmenteuno spaccato della vita cittadina, e cioè diAtene, oppure, specie nella commedia più antica, è parodiavera e propria del mito: nella commedia i personaggiepici possono venir parodiati, e non sono quindi presentinella loro nobiltà e dignità eroica. Ci si può servire diun utile schema per caratterizzare la tematica dei duegeneri: tragedia = coturno più lacrime; dramma satiresco= coturno più riso.Del resto, dello statuto particolare del dramma satirescoera ben consapevole Demetrio, che nel de elocutione(169) l'aveva definito «tragedia scherzosa» (tpayroSiajtai^ouoa), sottolineando così che di tragedia pur sempresi trattava. E fra i moderni il primo a dirlo chiaramentefu Casaubon2 :«affinitatem sane, quam habet Satyrica [sai. fabula] cumtragico cothurno, arguit edam personarum, quas introducit,qualitas, quae vel piane eaedem sunt (chorum semper excipimus)ex quibus componi solitae tragoediae, [...] vel etiammaioris dignationis, admirationis et Tepaxeiac; ut Centauri,Cyclopes et e diis etiam aliqui non numquam. Hoc autem acomoediae socco alienissimum»3.Ma c'è un problema che ci pone la Poetica diAristotele, che nel cap. 10 (49a, 19-21) parla del aaruptKÓvcome di un antenato della tragedia. Cronologicamente questo sembrerebbe essere confermato da vasidella fine del vi sec. con raffigurazioni di satiri che spcsso si fanno beffe di Eracle. Ma il pericolo che si corre equello di identificare queste raffigurazioni come sprcchio di uno spettacolo altamente formalizzato e a suomodo complesso. Ora, secondo le fonti un poeta peloponnesiaco, Pratina di Fliunte, sarebbe stato chiamaload Atene nella 70a Olimpiade (499-496 a.C.) per gaivngiare con Eschilo e con Cherilo, e avrebbe introdoiio il14dramma satiresco negli spettacoli ufficiali di Atene.Questa cronologia, posteriore alle testimonianze vascolaridi cui si parlava prima, ci fa sospettare che il drammaintrodotto da Pratina fosse qualcosa di nuovo e ne abbiamoconferma dalla forma che il dramma satiresco assunsenel periodo in cui possiamo controllarlo: diversamentedalla commedia, che conservava parabasi e agone epirrematicocome sue forme peculiari, il dramma satirescovenne strutturato come le tragedie, con prologo, parodo,dialogo, stasimi ecc., segno che, se anche derivava dalaaTUpiicóv, aveva assunto le parti morfologiche della tragedia:è per questo che, per evitare equivoci, è bene chiamarlo"dramma satiresco attico". In un lasso cronologicodurato solo alcuni decenni, e cioè durante l'attività deigrandi tragediografi, esso da un certo momento in poiveniva rappresentato dopo la trilogia tragica, formando3uindi una tetralogia spettacolare. Visto quindi cheramma satiresco e octTupticóv non si possono identificare,ne viene che Aristotele del vero e proprio dram-Ria satiresco aveva taciuto, e ne vedremo fra poco la raone.Per l'introduzione di questo nuovo tipo di spettacolome sembra di vedere due principali cause o funzioni,re a quella che tradizionalmente viene addotta. Nono in grado di datare il detto paremiografico ot)8èvtòv Atóvuoov («niente a che fare con Dioniso»),•1 riferiva al progressivo allontanarsi dalla tematicalinea della tragedia, punto focale delle Dionisie citinonore del dio, tanto da rendersi necessaria unaduzione di Dioniso con il suo corteggio di satiriMo di uno spettacolo in cui questi ultimi primeg-, Ma credo che ci siano almeno due altre buoneper spiegarci l'approdo finale alla tetralogia,piente storico dell'Attica e di Atene fra vi e v sec.15
a.C. ci presenta una società molto sensibile ai fattoriemotivi, sia individuali sia collettivi. Basterebbe pensarealla musica, che era addirittura studiata in quella chechiamiamo la teoria dell'ethos musicale e che venivaaccuratamente regolamentata e controllata politicamente,vista la sua potente forza psicagogica. Ora, è facileimmaginare le reazioni del pubblico alle conturbantivicende del patrimonio epico portate sulla scena. A questova attribuita la prescrizione dell'assassinio retroscenico,con la solo successiva ostensione del cadavere.L'aneddoto delle donne che abortiscono a teatro vedendole Eumenidi'1' è anch'esso di dubbia datazione, ancheperché tutt'altro che certa è la presenza delle donne fra ilpubblico nel v secolo: ma è interessante comunque, perchéci testimonia una tradizione storica portatrice dellaconsapevolezza dell'emotività del pubblico. Io credo,d'accordo con le testimonianze antiche e con alcunipochi moderni5, che il dramma satiresco svolgesse unafunzione eminentemente psicologica, come per tranquillizzareil pubblico presentando proprio gli eroi delleazioni tragiche messi in burletta da un coro di satiri,senza beninteso (giova ripeterlo) togliere agli eroi l'ethoseroico a loro proprio. Netl'/ln- poetica di Orazio (v. 223)leggiamo che lo spettatore illecebris erat et grata novitalemorandus («andava trattenuto con lusinghe e piacevolinovità»), e ancor più chiaro è quello che ci trasmette ilLessico di Fozio, dove sotto la voce aarupiicòv Spccuusi dice che esso era inteso «per distensione», Jtpòc,5tàxt)Otv. Questo resta vero nel periodo di fiore deldramma satiresco, che non a caso coincide con la prodi izione di Eschilo, considerato dagli antichi indiscusso irdel genere. Da quel poco che abbiamo dei suoi drammisatireschi (soprattutto dai AIKTUOUA,KOÌ, I pescatori con lireti)risulta quanto audaci fossero i satiri nei loro schn/i16con i personaggi eroici. C'è da rammaricarci che ci siarimasto così poco: molti di noi darebbero un patrimonioper un suo dramma satiresco completo. Già con Sofocle(di cui ci resta una buona parte degli 'Inventai, I cercatoridi tracce) vediamo un ingentilimento della irruentarozzezza dei satiri eschilei; e finalmente nel <strong>Ciclope</strong>, chenon si lascia datare ma che è sicuramente posteriore,abbiamo uno stile satiresco sempre più lontano dagliinizi audaci e irruenti. Del resto, come apprendiamodalle fonti, nel 438 a.C. YAlcesti euripidea era quartodramma in tetralogia: nonostante gli sforzi che si sonofatti per vedere come satireschi i fattori buffoneschi in unEracle presentato ubriaco alla corte di Admeto, YAlcestiresta una tragedia perché i satiri non ci sono e il minimoche si possa dire è che col tempo e con l'assuefazione delpubblico agli orrori della tragedia il dramma satiresconon era più sentito come necessario con la sua funzionedistensiva e rassicurante. Questo non può certo bastare aretrodatare il <strong>Ciclope</strong> a prima del 438: ma i due fatti insieme,la tragedia quarta e l'ulteriore edulcoramento dell'elementosatiresco in un dramma che pur continuava adtlicre satiresco, ci confermano il progressivo decadere diil funzione. E forse per questo che il dramma satirescoSoduto solo di qualche decennio di successo e, salvoche reviviscenza più tarda in cui si vede metamorfosiforme e di funzioni6, è stato completamente ignora-
femo del <strong>Ciclope</strong>, pensa che si possa parlare di un relativoincivilimento, soprattutto in confronto con l'ipotestoomerico11.Le esigenze dell'integrazione non cancellano però deltutto le prerogative originarie di Sileno e dei satiri. Nei©ecopot fi 'Io9ptaaxai {La delegazione sacra ovvero i partecipantialle gare dell'Istmo) di Eschilo, ad esempio, isatiri pretendono addirittura di voler partecipare allegare atletiche dell'Istmo, ricevendone solo i rimproveridi Dioniso12, che li richiama al loro mestiere di danzatori.Nei AtKT"oot)A.icoi (/ pescatori con la rete) di Eschilo èdivertente un Sileno che si presenta alla povera Danaenaufraga come protettore ufficiale della polis, allo scopodi assicurarsene le grazie. E un altro di quei casi di comportamentoda smargiasso (uno, come vedremo fra poco,è offerto dal monologo con il quale Sileno inaugura,appunto, il nostro <strong>Ciclope</strong>), come del resto succedeanche nel Papiro di Ossirinco 1083, forse di Sofocle,dove «i satiri, per convincere Eneo a dare loro in sposaDeianira, si dichiarano esperti in ogni sorta di technai, daquelle militari a quelle sportive, al canto, alla profezia,alla medicina, all'astronomia, alla danza, all'indaginedelle cose di sotterra (ove è evidente la parodia dell'ideale di polymathia predicato dai sofisti)»15. Per non dire,ovviamente, della proverbiale viltà dei satiri, messa inscena a più riprese nei drammi satireschi attici {Ciclopccompreso).A stare alle fonti antiche, la danza della tragedia era Liemmeleia, quella della commedia era il kordax, quella deldramma satiresco era la sikinnis. Si può pensare che peila danza siamo meglio informati che per la musica, uninon è così, perché le vaghe descrizioni e le rapprescnlnzioni vascolari ci dicono poco, necessariamente form;ili/zate come sono. Tutto quello che possiamo pensare è diei tre tipi fossero in gradazione ascendente di libertà escurrilità gestuale. Direi, in più, che anche nella danza ildramma satiresco facesse parte a sé rispetto alla commedia:non so credere che la commedia si servisse sempredel kordax, vista l'abbondanza nella commedia stessa dicanti di alta nobiltà addirittura religiosa; ma nel drammasatiresco il coro era danzato dai satiri, e dai pochi testiche abbiamo non vediamo dove abbiano potuto presentarese non la danza a loro propria, e cioè la scompostasikinnis. Nelle parti corali ho l'impressione che i satiri sicomportassero integralmente da satiri, a differenza delleparti dialogate, dove il parziale incivilimento di cui siparlava prima faceva parte dell'ambientazione in un contestoa loro estraneo. Musica e danza dovevano presentareuna perfetta unità di stile e i satiri dovevano ubbidireal precetto di Dioniso nei Gecopoi ricordato qui sopra:loro compito era, appunto, la danza, e precisamente laloro danza.Quando Sileno, al principio del dramma, nel prologo,rievoca con grottesco orgoglio le tante sofferenze sopportateal seguito di Dioniso per mantenere la fedeltà al.dio, ci presenta il programma narrativo di una specie dipos minore dei satiri e di Dioniso, dove tutto è peraltrovenzione e che rientra nella caratteristica smargiassatatiresca. Se non si trattasse di trimetri recitati sulla scenaforma di prologo drammatico, crederemmo di leggereproemio di un episodio dell'epos composto in esametridestinato all'accompagnamento dello strumento ada. Sileno come aedo? Direi proprio di sì, un aedodico, che aggiunge questa alle molte technai di cui si•va sopra. Non direi proprio che in questo caso siM parlare di «mistione dei generi letterari», tanto piùla funzione di questo falso proemio epico14 è quellatire a un singolo personaggio (Sileno) e ai satiri un2021
passato mitico adeguato all'ambientazione eroica: loroavrebbero altrimenti dietro di sé solo la natura selvaggianella quale sono stati ambientati dal mito e alla qualesono perfettamente adeguati per la loro natura ferina.Ricordiamo che l'orrido del monte e del bosco è estraneo- come natura non ancora civilizzata - alla cultura nonsolo della polis, ma anche alle culture europee successive,fino agli inizi del romanticismo e alla conquista dellevette con l'alpinismo ottocentesco. L'orrido è l'altro dasé: basta pensare alle Baccanti di Euripide.In una cultura scenica che si era data le sue leggi soloda un secolo, e che era quindi giovane ma già legata aleggi severe e rispettate, c'è da notare uno "sgarro" chesicuramente non passò inosservato dal pubblico: ogniazione retroscenica, come in questo caso l'empio pastodel <strong>Ciclope</strong> antropofago, veniva narrata dal messaggero(l'àyyeXoq), personaggio normalmente di basso rangosociale. Ora, chi è qui che racconta quegli orrori? EOdisseo stesso, ma non c'era nulla che potesse offenderela sua dignità eroica, perché la buona ragione c'era, edera l'esigenza scenica, strettamente funzionale, di creareun contatto diretto fra la grotta del <strong>Ciclope</strong> e la scena. V.nessuno più adatto di Odisseo poteva raccontare queglieventi, lui che in conseguenza di quegli eventi stessimedita l'esemplare vendetta dell'accecamento delmostro monoculo. Insomma, due fatti straordinari (clicperaltro per mancanza di materiali non possiamo saperequante volte si fossero ripetuti sulla scena satiresca ):Sileno aedo di se stesso15 e Odisseo messaggero. SIaggiungano scene come il fraudolento commercio iliSileno con Odisseo, la lunga tirata di puro stampo soli*stico del <strong>Ciclope</strong>, l'educazione del mostro alle regole J
terarie con le loro convenzioni, che qui sono parola escena, musica e danza. L'approssimazione intelligente èl'unico mezzo per essere rigorosamente fedeli.LUIGI ENRICO ROSSI1 Mi servo qui liberamente di alcuni miei lavori, ai quali ancora credo: //<strong>Ciclope</strong> di Euripide come KWUOn Hlfosservazioni e argomentazioni.249 Per l'evidenza archeologica si veda ora l'ampia messa a punto di R.Krumeich in Krumeich-Pechstein-Seidensticker, Das griechische Satyrspiel,cit., pp. 41-73 (per la Verhùrgerlichung dei satiri si veda il cap. C 6 alle pp. 65-69).10 G. Mastromarco, La degradazione del mostro. La maschera del <strong>Ciclope</strong>nella commedia e nel dramma satiresco del quinto secolo a.C, in Tessere.Frammenti della commedia greca: studi e commenti (a cura di A. M. Belardinelli,O. Imperio, G. Mastromarco, M. Pellegrino, P. Totaro), Bari 1998, pp.9-42. Nella stessa direzione O. Longo, La storia, la terra, gli uomini Saggi sullaciviltà greca, Venezia 1987, pp. 63-77." «Pur conservando tratti costitutivi dell'antenato epico, il personaggiocomico-satiresco di Polifemo subisce un processo di "civilizzazione", e vienerappresentato sulla scena teatrale del quinto secolo a.C. nei panni di un pocoprobabile aristocratico» (Mastromarco, La degradazione del mostro, cit., p.42).12 Che si possa avvicinare questo dramma ai riaXaiotai (/ lottatori) diPratina, di cui sappiamo però assai poco? Vd. ora il riesame di J. Schloemannc R. Bielfeldt in Krumeich-Pechstein-Seidensticker, Das griechische Satyrspiel,cit., pp. 77-80.13 Sempre Di Marco, Sull'impoliticità dei satiri, cit.14 Che è del resto un vero prologo tragico euripideo, destinato a presentareil personaggio e gli antefatti.11 Come del resto Odisseo stesso a^A'Odissea: ma non premerei su questoparallelismo, che è notevole per noi moderni, ma che non credo lo fosse per lo|pf ttatore antico del <strong>Ciclope</strong>.'* Al momento di obbedire all'ordine di sdraiarsi il <strong>Ciclope</strong> recita un premoextra metrum, ÌSoù, che significa «ecco» o «ecco fatto», che presupponeritardo del movimento ed esprime la sua comica fatica. Ho detto "prezio-" perché, nel codice Laurenziano, si tratta di un'aggiunta di Triclinio, cheì avrebbe mai potuto integrarlo di sua iniziativa, ma solo da un codice perii(Il codice P, che è descriptus, non ce l'ha). Azzardo una curiosa ipotesi cri-"trmualc: visto che una notazione scenica come quella non poteva essereKlvvisata da nessuno se non dall'autore, quell'iòot) mi appare paradossalt»nimc l'unità testuale più sicura di tutto il dramma.25