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al 24,2%. Le giornate/uomo mediamente lavorate risultano in aumento:da 42,3 a 64,8l’anno. L’Istat sottolinea anche una variabilitàterritoriale quanto a irregolarità occupazionale: il primo postospetta al Mezzogiorno dove il tasso supera la soglia del 25%(Campania e Calabria in testa). Esemplare il caso della Puglia.Secondo la Direzione regionale del lavoro nel 2013 è risultata innero la metà dei lavoratori delle aziende sottoposte ad ispezione;tra le aziende agricole la quota varia dal 70% nella zona del Salentoal 54% nella provincia di Bari, al 40% in quella di Foggia. Leirregolarità riguardano nella gran parte dei casi anche il salario,che generalmente ammonta alla metà di quello previsto dai contratti.La manodopera familiare è utilizzata nella quasi totalità delleaziende agricole italiane e copre il 76% della manodopera complessiva.I settori in cui è più diffuso il lavoro sommerso (lavorodomestico, servizi di cura, costruzioni, agricoltura) sono anchequelli in cui è più elevata la presenza di lavoratori migranti. Il numerodi cittadini stranieri occupati in agricoltura è in costante crescitarispetto al passato, per un totale pari a circa 42.000 unità inpiù rispetto al 2010 (Inea, 2012), e sono questi ultimi a rappresentarela quota più consistente dei lavoratori irregolari nel settoreagricolo. La manodopera straniera mostra caratteristiche distabilità della presenza, sebbene sia una tipologia di lavoro principalmentestagionale, caratterizzata da una forte mobilità. D’altraparte, se fino a poco tempo fa erano soprattutto gli immigrati a lavorarein condizione di vero e proprio sfruttamento nelle coltivazioni,adesso, come conseguenza della crisi economica, sonosempre più numerosi gli italiani costretti dalla disoccupazione acercare un impiego nei campi. Si tratta di operai, ma anche di figureex impiegatizie, italiani approdati nel settore agricolo per necessità,dopo la chiusura di fabbriche, imprese o dopo unlicenziamento o una drastica riduzione dello stipendio.La semi schiavitù dei braccianti è una condizione reale nei campidi raccolta italiani, con paghe ben al di sotto di quanto previsto daicontratti nazionali e decisamente misere rispetto all’impegno richiesto.C’è chi riceve 20 euro al giorno in nero, per 12 ore algiorno di lavoro nei campi dall’alba al tramonto, corrispondentia 1,60 euro l’ora, un quinto del minimo sindacale, chi 1,90 eurol’ora dalle 5 della sera alle 5 del mattino, chi 35 euro al giornoper raccogliere le ciliegie o 38-40 euro al giorno come bracciantenei campi. I lavoratori in nero dei campi di tanta parte delterritorio italiano sono dunque i nuovi schiavi. Isolati ed invisibili,vivono spesso in baraccopoli che costituiscono veri e proprighetti. Considerando il limitato impatto del settore agricoloin termini di valore aggiunto, e la modesta redditività di tali attività,specie quando sono condotte su scala individuale-familiare,la soluzione ideale per un’impresa agricola consiste nelrendere il lavoro un fattore che varia con il livello di produzione,e non più un costo praticamente fisso, allo scopo di massimizzarnela produttività. La stagionalità di molte colture tendequindi a ripercuotersi a sua volta sul mercato del lavoro agricolo.Si crea quindi il rischio di innescare un circolo vizioso chesistematizza un rapporto di lavoro basato sull’informalità, adesempio subappaltando ad agenzie, legali e illegali, il reclutamentodella manodopera necessaria di giorno in giorno.Le proposteL'Italia dello sfruttamento ha mille norme buone e meno buonema tutte evasibili. La prima è la sciagurata Bossi-Fini, che tienesotto ricatto i lavoratori stranieri facendoli dipendere dal padronenon solo per lo stipendio, ma anche per il permesso disoggiorno. Perdi il posto? Peggio per te: sei a rischio clandestinità.Una pessima legge che sta lì da 12 anni, nonostante icontinui propositi di riforma. Lo stop al caporalato, invece, è arrivatocol decreto legge 138/2011, che ha introdotto nel codicepenale il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.Nel mirino soprattutto agricoltura e cantieri. Se c'è provadello sfruttamento del lavoratore con violenza, minaccia o inti-4 23febbraio2015 asud’europa

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