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Nanostrutture Fotoniche Tridimensionali con Disordine Controllato ...

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Università degli studi di FirenzeFacoltà di Scienze Matematiche Fisiche e NaturaliCorso di laurea specialistica in scienze fisiche e astrofisicheTesi di laurea specialistica<strong>Nanostrutture</strong> <strong>Fotoniche</strong> <strong>Tridimensionali</strong><strong>con</strong> <strong>Disordine</strong> <strong>Controllato</strong>Engineering Disorder in 3D PhotonicNanostructuresCandidato: Lorenzo CorteseRelatore: Prof. Diederik WiersmaCorrelatore: Prof. Massimo InguscioSupervisore: Dott. Matteo Burresianno accademico 2011/2012


4 Woodpiles <strong>con</strong> centri di disordine 734.1 La struttura woodpile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 744.2 Campioni fabbricati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 764.3 Caratterizzazione SEM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 774.4 Misure di diffrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 814.4.1 Apparato sperimentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . 834.4.2 Risultati ottenuti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 844.5 Misure di trasmissione e riflessione . . . . . . . . . . . . . . . 864.5.1 Apparato sperimentale ed operazioni di misura . . . . . 864.5.2 Risultati ottenuti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89Conclusioni 97Appendice 100A Listati di programma 101Ringraziamenti 107Bibliografia 109ii


Figura 1: Sistema disordinato e sistema ordinato ottenuti a partire dalla medesima unitàcostituente, una sfera dielettrica.il problema mediante due approcci diametralmente opposti. Infatti sonorealizzate ed investigate otticamente sia strutture disordinate <strong>con</strong> un certogrado di ordine (strutture fotoniche amorfe), sia strutture ordinate <strong>con</strong> uncerto grado di disordine. Studi sull’effetto dell’interazione fra ordine e disordinenelle proprietà di trasporto della luce sono di fondamentale importanzadal momento che un certo grado di disordine in strutture ordinate ed uncerto grado di correlazione in strutture disordinate sono sempre presenti innatura. Recentemente sistemi che combinano proprietà dovute sia al disordineche all’ordine hanno ricevuto molto interesse da parte della comunitàscientifica, sia in riferimento alla natura della formazione delle bandgaps fotoniche[2,4,5], sia per osservare il verificarsi della localizzazione della luce alunghezze d’onda ottiche [2, 6].Nello studio proposto in questa tesi la tecnica di fabbricazione utilizzata cifornisce la possibilità unica di realizzare strutture tridimensionali mantenendoun completo <strong>con</strong>trollo sulla loro architettura e sul disordine all’interno diesse. La tecnologia è chiamata direct laser writing [7, 8] e sfrutta il processodi fotopolimerizzazione a due fotoni indotta da un laser ad impulsi ultracortifocalizzato su un materiale fotosensibile. Questa tecnica di fabbricazione cipermette di costruire strutture polimeriche <strong>con</strong> basso <strong>con</strong>trasto di indice dirifrazione, <strong>con</strong> le quali è possibile studiare le proprietà di trasporto nel regimedi scattering debole. Inoltre, tali strutture possono essere utilizzate in futurocome templates da infiltrare <strong>con</strong> silicio [9], ottenendo un elevato <strong>con</strong>trastodi indice di rifrazione nella struttura ed aumentando l’interazione radiazionemateria, in maniera da ottenere nuove proprietà fotoniche.2


Organizzazione della tesiNel capitolo 1 è proposta un’introduzione sulla propagazione della luce insistemi disordinati ed in sistemi ordinati (cristalli fotonici).Nel capitolo 2 è analizzata in dettaglio la tecnica utilizzata per la fabbricazionedelle strutture fotoniche proposte in questo lavoro di tesi, il direct laserwriting. Inizialmente vengono fornite le <strong>con</strong>oscenze di base per comprenderetale tecnica, in seguito viene analizzato in dettaglio il funzionamento deglistrumenti utilizzati.Il capitolo 3 costituisce la parte centrale del lavoro di tesi. Vengono propostisistemi fotonici caratterizzati dall’introduzione di ordine in una strutturacomplessivamente disordinata: i cosiddetti sistemi fotonici amorfi. All’iniziodel capitolo sono introdotti i <strong>con</strong>cetti fondamentali per comprendere lastruttura di un sistema amorfo. La parte centrale del capitolo è dedicata allaprogettazione, allo studio ed alla fabbricazione tramite direct laser writingdi un particolare tipo di sistema amorfo, ovvero quello costituito da una retetetraedrica di <strong>con</strong>nessioni di materiale dielettrico. Nella parte <strong>con</strong>clusivadel capitolo viene invece presentata una preliminare caratterizzazione otticadelle strutture fabbricate.Nel capitolo 4 è presentato uno studio di sistemi caratterizzati dall’introduzionedi centri di disordine all’interno di una struttura complessivamenteordinata. Le strutture studiate sono cristalli fotonici woodpiles <strong>con</strong> all’internodelle particelle scatteranti in bassa <strong>con</strong>centrazione distribuite in manieracasuale. Nella prima parte del capitolo è fornita una breve spiegazione dellastruttura woodpile. Nella restante parte è presentata una caratterizzazionedei campioni al microscopio elettronico ed una preliminare caratterizzazioneottica. Il lavoro presentato in questo capitolo si inserisce in un progetto diricerca già avviato e la fabbricazione di queste ultime strutture non è oggettodi questa tesi di laurea.3


Capitolo 1Trasporto della luce in sistemifotonici completamentedisordinati ed in sistemiordinatiQuando la luce in<strong>con</strong>tra un ostacolo, ovvero una disomogeneità all’internodel mezzo in cui si propaga, essa può essere deviata, riflessa, assorbita. Loscattering della luce <strong>con</strong>siste in una diffusione più o meno casuale di essa daparte di un ostacolo. Le proprietà di scattering di una particella sono moltocomplesse. Il campo elettromagnetico incidente induce una polarizzazioneelettrica nella particella. Questa polarizzazione genera una nuova onda cheinfluenza nuovamente la polarizzazione della particella. Il campo uscente è ilrisultato di questo meccanismo ricorsivo.Nel corso di questa tesi ci riferiremo esclusivamente a fenomeni di scatteringelastico, che non comportano la perdita di energia da parte del fotone. Inassenza di assorbimento la sezione d’urto di scattering σ s , descrive il flussodi energia rimosso tramite lo scattering della luce da una particella. Essa èdata dal rapporto fra il flusso di energia rimosso tramite lo scattering F s el’intensità del campo incidente se<strong>con</strong>do la relazioneF s (ω) = σ s (ω)I in (ω), (1.1)dove ω è la frequenza dell’onda elettromagnetica.La dipendenza della sezione d’urto di scattering dalla lunghezza d’onda λdipende fortemente dalle dimensioni (R) della particella scatterante rispettoalla lunghezza d’onda incidente. Il caso di λ ≫ R corrisponde allo scatteringdi Rayleigh [10]. In questo limite la sezione d’urto di scattering è direttamenteproporzionale alla quarta potenza della frequenza ω. Un esempio di5


Figura 1.1: Andamento della sezione d’urto di scattering (normalizzata rispetto allasezione d’urto geometrica) relativa ad una sfera di raggio R di indice di rifrazione 2.8 [12].scattering di Rayleigh è lo scattering della luce da parte delle particelle checompongono l’atmosfera terrestre. Il colore blu del cielo dipende dal fattoche la luce blu è diffusa in maniera molto maggiore rispetto alle altre frequenze.Il caso di λ ≪ R corrisponde all’ottica geometrica. In questo limite unfascio di luce all’interno di un materiale può essere decritto come un raggioche si propaga dentro lo scatteratore. Il caso di scattering da particelle didimensioni comparabili alla lunghezza d’onda della luce (λ ∼ R) è il cosiddettoscattering di Mie [10, 11]. In questo limite il problema definito dalleequazioni di Maxwell può essere risolto in maniera esatta solo per particolarigeometrie delle particelle scatteranti (es. sfere o cilindri infiniti). In questoregime avviene uno scattering risonante e l’andamento in frequenza della sezioned’urto del processo è caratterizzato dalle cosiddette risonanze di Mie,le quali dipendono dalla forma, dalle dimensioni e dall’indice di rifrazionedella particella. In figura 1.1 è mostrato l’andamento della sezione d’urtodi scattering per una sfera al variare del rapporto fra il raggio R e la lunghezzad’onda λ. Per R/λ ≪ 1 siamo nel limite di scattering di Rayleigh,mentre quando R e λ sono dello stesso ordine di grandezza siamo nel regimedi scattering di Mie. L’interazione fra la radiazione e le strutture fotonichepresentate in questo lavoro di tesi ricade nel limite di scattering di Mie inquanto la modulazione dell’indice di rifrazione in esse avviene su scala paragonabilealla lunghezza d’onda della radiazione incidente.Quando la luce è scatterata da un sistema di particelle l’intensità dello scatteringsarà dovuta a fenomeni di interferenza fra le varie onde scatterate.6


Figura 1.2: Riflessione di Bragg da una famiglia di piani separati da una distanza d.L’intensità totale scatterata è determinata dalla relazioneI(r, t) = cn 2 |E 1(r, t) + E 2 (r, t) + E 3 (r, t) + . . . | 2 , (1.2)dove n è l’indice di rifrazione effettivo del sistema e c è la velocità della lucenel vuoto. I campi elettrici E i (r, t) sono i <strong>con</strong>tributi al campo elettrico totaledovuti ai singoli eventi di scattering. In questo modo la somma tiene <strong>con</strong>todelle fasi reciproche fra i campi provenienti da differenti eventi di scattering.Un sistema <strong>con</strong> modulazione periodica dell’indice di rifrazione è un caso particolaredi sistema di scatteratori in cui la propagazione della luce è dominatada effetti di interferenza. La relazione di fase tra le onde scatterate è determinatadalla distanza periodica tra scatteratori e questo definisce le proprietàdi trasporto della luce. Un insieme di piani cristallini ad esempio (figura 1.2),a causa dell’interferenza costruttiva e distruttiva, agisce come uno specchioquando si verifica la <strong>con</strong>dizione di Braggmλ = 2nd cos θ, (1.3)dove m è un numero intero, n è l’indice di rifrazione effettivo del sistema, dè la distanza fra due piani adiacenti del cristallo e θ è l’angolo di riflessione.Per ottenere interferenza costruttiva in riflessione è necessario che la differenzadi cammino ottico fra i due fasci riflessi da due differenti piani reticolarisia uguale ad un multiplo intero della loro lunghezza d’onda.Nel caso di sistemi dove la modulazione dell’indice di rifrazione avviene in7


elettromagnetico. Dal momento che la propagazione su scale maggiori deltransport mean free path è completamente casuale, ci sarà un flusso netto diluce J (per unità di volume) solo se la densità di energia W non è uniforme.La dipendenza del flusso di luce per unità di volume J dalla variazione delladensità di energia è data dalla legge di Fick:J = −D∇W, (1.10)dove D è la costante di diffusione, che dipende dalle caratteristiche microscopichedel sistema. La <strong>con</strong>servazione dell’energia, in presenza di una sorgentedi luce S, è espressa dall’equazione di <strong>con</strong>tinuità:∂W∂t+ ∇ · J = S. (1.11)Combinando queste due equazioni otteniamo l’equazione di diffusione per laluce:∂W= D∇ 2 W + S (1.12)∂tQuesta equazione è estremamente generale e descrive il comportamento dellaluce all’interno di mezzi diffusivi, come ad esempio una nuvola, senza lanecessità di <strong>con</strong>siderare la natura ondulatoria della luce.1.1.2 Effetti di interferenzaMolti aspetti della propagazione della luce in sistemi disordinati non possonoessere descritti nell’approssimazione di scattering indipendente. Illuminandoun sistema random <strong>con</strong> un fascio laser, l’immagine della luce scatterata èspesso caratterizzata da una moltitudine di spots luminosi disposti in modocasuale ed intervallati da regioni scure. Tale immagine è chiamata specklepattern. Questo è segno evidente che lo scattering multiplo attraverso unsistema random non implica necessariamente la perdita della coerenza, maviene <strong>con</strong>servata una memoria della fase dell’onda. Infatti gli spots luminosipresenti nello speckle sono dovuti ad interferenza costruttiva, mentre quelliscuri ad interferenza distruttiva. In figura 1.4 è mostrato un esempio dispeckle pattern ottenuto illuminando un comune foglio di carta <strong>con</strong> luce laser.In sistemi diluiti la perdita della memoria della fase avviene dopo avereffettuato una media su molte <strong>con</strong>figurazioni di disordine. Lo speckle, infatti,riflette la posizione istantanea degli scatteratori. Se effettuiamo una mediasu diverse <strong>con</strong>figurazioni di disordine lo speckle viene eliminato e rimane unalone di luce diffusa. Nel regime di scattering forte, dove kl s ∼ 1, la memoriadella fase dell’onda viene mantenuta anche dopo aver mediato su diverse11


Figura 1.4: Speckle pattern ottenuto illuminando un comune foglio di carta <strong>con</strong> un He-Nelaser.<strong>con</strong>figurazioni di disordine. In questo caso non è più valida l’approssimazionedi scattering indipendente che ci permette di descrivere la propagazionedella luce come un processo diffusivo. Anche dopo aver effettuato una mediasu diverse <strong>con</strong>figurazioni di disordine certi cammini della luce rimangonopiù probabili di altri, generando effetti di interferenza fra onde <strong>con</strong>tropropaganti.Effetti importanti dovuti all’interferenza in sistemi disordinati sonoil coherent backscattering [13–15], ovvero l’osservazione di un incremento diun fattore due dell’intensità della luce scatterata all’indietro rispetto al backgrounddi luce diffusa, e la localizzazione di Anderson [3], nella quale glieffetti di scattering multiplo ricorrente portano ad un completo arresto dellaluce ed alla sua localizzazione spaziale.1.2 Cristalli fotoniciI cristalli fotonici [1,2] sono materiali caratterizzati da una modulazione periodicadell’indice di rifrazione su scala paragonabile alla lunghezza d’ondadella luce utilizzata per investigarli. Ci riferiamo a cristalli fotonici in una,due o tre dimensioni a se<strong>con</strong>da che la modulazione periodica dell’indice dirifrazione sia lungo una, due o tre dimensioni dello spazio. In figura 1.5 èmostrato uno schema di cristalli fotonici unidimensionali, bidimensionali etridimensionali.Nei cristalli fotonici il trasporto della luce è dominato da effetti di interfe-12


Figura 1.5: Schema di cristalli fotonici unidimensionali, bidimensionali e tridimensionali[16]. Colori differenti indicano materiali <strong>con</strong> indice di rifrazione differente.renza dovuti a precise relazioni di fase fra le onde scatterate dalle interfaccedelle zone a differente indice di rifrazione. L’effetto risultante, sotto particolari<strong>con</strong>dizioni chesaranno mostrate in seguito, è la formazione di regioni difrequenze per cui la propagazione della luce è inibita all’interno del cristallo.Queste regioni spettrali sono chiamate bandgaps fotoniche in analogia allebandgaps elettroniche tipiche di strutture quali semi<strong>con</strong>duttori. In quest’ultimocaso, infatti, per un elettrone soggetto al potenziale periodico dovutoalla periodicità del reticolo cristallino la densità dei livelli energetici si annullain alcuni intervalli di energie, che risultano quindi preclusi alla particella.Nel caso di un materiale fotonico, la modulazione periodica dell’indice di rifrazionen ha sui fotoni un effetto in prima approssimazione analogo a quellodel potenziale periodico sugli elettroni nei semi<strong>con</strong>duttori. La modulazionedell’indice di rifrazione in materiali fotonici modifica la relazione di dispersioneω = ω(k) dei fotoni rispetto al caso della propagazione in materialiomogenei, nei quali essa è data da ω(k) = vk, <strong>con</strong> v = c/n velocità della lucenel mezzo. La variazione della relazione di dispersione modifica la densitàdi stati del campo elettromagnetico D(ω), definita come il numero di modipermessi per unità di volume e frequenza. La relazione che lega ω(k) alladensità di stati in funzione della frequenza ω, in un generico mezzo materiale,è data da:D(ω) =ω2 1π 2 c 2 |∂ω/∂k| . (1.13)La densità degli stati si annulla all’interno della bandgap mentre tende all’infinitoin prossimità del bordo della gap, dove la velocità di gruppo dell’onda,definita come v g = ∂ω/∂k, tende a zero.13


ω ′ = sω si ottiene un’equazione formalmente identica alla 1.15.Un’altra sostanziale differenza fra i casi elettronico e fotonico è dovuta alfatto che non è possibile intrappolare un fotone in una buca di potenzialeottenendo uno stato legato come accade invece per gli elettroni.L’analogia fra il caso fotonico e quello elettronico risale invece al fatto che èpossibile riscrivere l’eq. 1.15 come:( ω) 2̂Θ(r)H(r) = H(r) (1.17)cdove l’operatore ̂Θ(r) è definito comêΘ(r) = ∇ ∧ 1ɛ(r) ∇ ∧ . (1.18)Si può dimostrare che ̂Θ(r) è un operatore hermitiano e definito positivo(per ɛ reale e positivo) e quindi ha autovalori (ω 2 /c 2 ) reali e positivi. Larisoluzione dell’eq. 1.15 si riduce, quindi, ad un problema agli autovalori perl’operatore ̂Θ formalmente analogo all’equazione di Schrödinger stazionaria,utilizzata nello studio delle proprietà degli elettroni in reticoli atomici:Ĥ(r)ψ = Eψ (1.19)dove Ĥ è l’hamiltoniana del sistema <strong>con</strong> autofunzione ψ e relativo autovaloreE. Un cristallo fotonico corrisponde al caso di costante dielettrica del materialeperiodica per vettori del reticolo R = l 1 a 1 + l 2 a 2 + l 3 a 3 , <strong>con</strong> a i vettoriprimitivi del reticolo e l i sono numeri interi, ovvero ɛ(r) = ɛ(r + R). Anchel’operatore ̂Θ sarà quindi periodico (̂Θ(r) = ̂Θ(r + R)). Analogamente alcaso elettronico, dove per un cristallo l’hamiltoniana Ĥ del sistema è periodicaa causa della presenza del potenziale periodico, ricadiamo nelle ipotesidel teorema di Bloch. La soluzione dell’equazione 1.17 può essere scelta dellaformaH(r) = H n,k (r)e ik·r (1.20)dove H n,k (r) ha la periodicità del reticolo (H n,k (r) = H n,k (r + R)) e risolveun altro problema agli autovalori. Le soluzioni sono valori discreti ω n (k).Il teorema di Bloch implica anche che due stati che differis<strong>con</strong>o per vettoriG, che soddisfano la <strong>con</strong>dizione e iG·R = 1, sono in realtà lo stesso stato.Questo suggerisce la definizione di un reticolo nello spazio reciproco dei vettorid’onda G che genera onde piane <strong>con</strong> la periodicità del reticolo diretto.Possono essere quindi definiti i vettori primitivi del reticolo reciproco b i , iquali soddisfano la <strong>con</strong>dizione b i ·a j = 2πδ ij . In funzione di essi il vettore delreticolo reciproco risulta G = m 1 b 1 + m 2 b 2 + m 3 b 3 , <strong>con</strong> m i interi. I vettori15


Figura 1.6: Schema del processo di formazione della gap fotonica in un cristallo fotonicounidimensionale. A sinistra è presentato il caso di materiale omogeneo, dove la relazionedi dispersione è data da ω(k) = (c/n)k <strong>con</strong> c velocità della luce nel vuoto e n indice dirifrazione del materiale. A destra è presentato il caso di un cristallo fotonico unidimensionale.Ai bordi della zona di Brillouin sono due i modi ammessi dalla simmetria spaziale delreticolo. Il modo che <strong>con</strong>centra l’energia nelle zone ad alto dielettrico ha una frequenzaminore, il modo che <strong>con</strong>centra l’energia nelle zone a basso dielettrico ha una frequenzamaggiore.d’onda quindi possono essere studiati in una regione ben definita del reticoloreciproco, chiamata prima zona di Brillouin (FBZ).La relazione di dispersione ω n (k) <strong>con</strong>siste in una successione di funzioni <strong>con</strong>tinuedi k che comunemente sono chiamate bande. Sotto particolari <strong>con</strong>dizionipuò accadere che per vettori appartenenti al reticolo reciproco esistano duesoluzioni caratterizzate dalla medesima periodicità ma spazialmente traslatel’una rispetto all’altra. In particolare è possibile dimostrare che i modidel campo a frequenza più bassa sono spazialmente <strong>con</strong>centrati in regioniad alto dielettrico, mentre modi di frequenza più alta sono <strong>con</strong>centrati inregioni a basso dielettrico. Dal momento che l’energia associata al campoelettromagnetico è proporzionale al prodotto della funzione dielettrica ɛ(r)<strong>con</strong> il quadrato del campo elettrico, le due onde <strong>con</strong> lo stesso vettore d’ondak trasportano energie differenti. Questo implica l’esistenza di una regionedi frequenze per cui è inibita la propagazione del campo elettromagnetico inqualsiasi direzione. In questa regione, nel limite di sistema infinito, la densitàdegli stati D(ω) si annulla. Questa regione di frequenze è chiamata bandgapfotonica.16


Per chiarire questo <strong>con</strong>cetto possiamo <strong>con</strong>siderare il semplice caso di un cristallofotonico unidimensionale, ovvero il classico specchio dielettrico, in riferimentoalla figura 1.6. Per questo sistema è possibile dimostrare l’esistenzadi una bandgap fotonica [18]. Consideriamo un sistema costituito da duedifferenti strati <strong>con</strong> differente costante dielettrica, ɛ 1 ed ɛ 2 che si alternanolungo l’asse z <strong>con</strong> periodicità a. In prossimità del bordo della zona di Brillouin(k z = ±π/a) i modi supportati hanno una lunghezza d’onda λ = 2a. Cisono esclusivamente due <strong>con</strong>figurazioni spaziali ammissibili per questi modi,senza violare la simmetria della cella unitaria. Una <strong>con</strong>siste nel posizionarei nodi di inversione del campo in mezzo alla regione di alto dielettrico,l’altra nel posizionarli in quella a basso dielettrico. Nel primo caso l’energiaelettromagnetica è <strong>con</strong>centrata nella regione ad alto dielettrico, nel se<strong>con</strong>docaso nella regione a basso dielettrico. Dal momento che nelle regioni ad altodielettrico si <strong>con</strong>centrano modi di frequenza più bassa, mentre nelle regionia basso dielettrico quelli di frequenza più alta, è intuitivo capire come i duemodi <strong>con</strong>siderati a bordo banda sono separati in frequenza, generando cosìuna zona di gap. Per questo motivo comunemente ci si riferisce alla banda<strong>con</strong> energie minori come alla banda dielettrica, mentre alla banda <strong>con</strong> energiemaggiori come alla banda d’aria.Per cristalli fotonici in due e tre dimensioni non esiste una dimostrazionerigorosa che provi l’esistenza di bandgaps fotoniche. Molti cristalli fotonicipossiedono gaps fotoniche solo per specifiche direzioni di incidenza della luce.L’apertura di una bandgap completa, ovvero per ogni direzione di incidenza,è rara e dipende da diversi fattori. Uno di questi è la geometria del reticolocristallino, ovvero come la cella primitiva si ripete nelle tre dimensioni, es.fcc (face-centered cubic), bcc (body-centered cubic), ecc... Se la zona di Brillouinassociata alla geometria del reticolo si avvicina ad una forma sferica, laperiodicità spaziale del cristallo sarà indipendente dalla direzione nello spazio.Questa è una proprietà chiave per l’apertura di una bandgap completa inquanto in questo caso le gaps nelle differenti direzioni tendono a sovrapporsi.Al <strong>con</strong>trario, <strong>con</strong> reticoli aventi una cella di Brillouin <strong>con</strong> minore simmetriasferica, le gaps nelle differenti direzioni saranno a frequenze diverse. Strutturefotoniche che possiedono bandgaps più ampie hanno la struttura cristallinadel diamante [19]. Un esempio di cristallo fotonico <strong>con</strong> reticolo tipo diamanteè il woodpile [19, 20], che è costituito da barre (rods) di materiale dielettricoimpilate come una catasta di legna. Un ulteriore fattore fondamentalenell’apertura della gap è la filling fraction, ovvero la percentuale del volumetotale del sistema occupata dal materiale <strong>con</strong> indice di rifrazione più alto.Inoltre, è importante il <strong>con</strong>trasto di indice di rifrazione fra i materiali checompongono il cristallo fotonico. Un elevato <strong>con</strong>trasto di indice di rifrazionefavorisce l’apertura di una bandgap completa. Per avere una bandgap per17


Figura 1.7: Geometrie differenti aprono gaps per differenti polarizzazionientrambe le polarizzazioni della radiazione è di fondamentale importanza latopologia del sistema [16,21]. Ad esempio, in due dimensioni, regioni isolatead alto dielettrico sono indispensabili per l’apertura di bandgaps per polarizzazioneTM, mentre <strong>con</strong>nessioni fra le regioni ad alto dielettrico favoris<strong>con</strong>ol’apertura di bandgaps per la polarizzazione TE (figura 1.7). In tre dimensioniquindi, per ottenere un sistema che abbia una bandgap per entrambe lepolarizzazioni, è logico pensare ad una struttura che presenti <strong>con</strong>nessioni dimateriale dielettrico lungo tutte le direzioni in cui il vettore campo elettricoincidente può puntare.18


Capitolo 2Direct Laser WritingLa realizzazione di strutture fotoniche tridimensionali fu proposta nel 1987[1,2] e da allora sono stati fatti molti progressi sul piano fabbricativo. Strutturefotoniche periodiche layered, come ad esempio il woodpile [20], possonoessere fabbricate tramite tecniche estremamente raffinate, solitamente utilizzateper la fabbricazione di strutture bidimensionali, come litografia electronbeam.Altri tipi di strutture fotoniche tridimensionali, ordinate e disordinate,possono essere fabbricate tramite tecniche di autoassemblaggio per deposizione.Questo approccio include la sedimentazione autorganizzata di nanosferedi materiale dielettrico in strutture tridimensionali ordinate tipo opali [22].Le tecniche appena elencate però rendono possibile la fabbricazione esclusivamentedi una limitata classe di sistemi, <strong>con</strong> determinate geometrie e simmetrie.Un altro approccio per la fabbricazione di strutture tridimensionali èla litografia laser. Esso sfrutta la caratteristica di certi materiali, fotosensibilialla radiazione ultravioletta, di cambiare a livello chimico-fisico se esposti aradiazione. Strutture periodiche possono essere ottenute tramite litografiaolografica, ovvero esponendo il materiale fotosensibile al campo periodico risultantedall’interferenza fra diversi fasci laser.A partire dalla fine degli anni novanta è stata sviluppata la tecnica di litografialaser chiamata direct laser writing (scrittura laser diretta) [7, 8]. Taletecnica permette la fabbricazione di strutture tridimensionali ad elevata risoluzione(fino a 100 nm) sfruttando il processo di fotopolimerizzazione inun materiale indotto dall’assorbimento a due fotoni. Una particolare miscelafotosensibile (photoresist) è illuminata tramite un fascio laser fortemente focalizzato.La regione del materiale in cui avviene assorbimento a due fotonipolimerizza, ovvero cambia le sue caratteristiche chimico-fisiche. Muovendoil fuoco del fascio laser all’interno della resina fotosensibile, è quindi possibilepolimerizzare un tracciato precedentemente progettato. Le parti del materialenon polimerizzate alla fine del processo sono poi eliminate tramite dei19


Figura 2.1: Schema illustrativo dei processi di assorbimento a uno (1PA) e due fotoni(2PA).solventi che non attaccano le regioni precedentemente esposte alla radiazione.In sostanza è come avere una penna la cui punta (il fuoco del laser) scrivesu un foglio “tridimensionale” (il photoresist). L’importanza del direct laserwriting sta nella possibilità di fabbricare strutture tridimensionali, sulla basedi un progetto, in pochi passaggi relativamente semplici e rapidi. Il directlaser writing è utilizzato in vari ambiti scientifici, dalla fotonica, su cui mi<strong>con</strong>centrerò in questa tesi, alla nanofluidica, alla biologia [23].Nella prima parte del presente capitolo sono mostrati i principi su cui si basail direct laser writing, ovvero il processo di fotopolimerizzazione indotta daassorbimento a due fotoni. Nella se<strong>con</strong>da parte è analizzato in dettaglio l’apparatosperimentale utilizzato per fabbricare le strutture oggetto di questolavoro di tesi tramite direct laser writing.2.1 Assorbimento a due fotoniL’assorbimento a due fotoni è un processo non lineare in cui una molecola oun materiale assorbe simultaneamente due fotoni per raggiungere uno statoeccitato <strong>con</strong> energia pari alla somma delle energie dei due fotoni coinvolti.In figura 2.1 è rappresentato uno schema di tale processo. In generale unamolecola può passare dallo stato fondamentale g allo stato eccitato e o assorbendoun solo fotone di energia pari alla differenza di energia fra gli stati g ede, oppure tramite l’assorbimento simultaneo di due fotoni la cui somma delleenergie è pari alla differenza energetica fra i due stati. L’assorbimento a duefotoni può essere interpretato come l’eccitazione da parte di un singolo fotonedi uno stato virtuale <strong>con</strong> una vita media estremamente breve. Quando un20


se<strong>con</strong>do fotone, di energia pari alla differenza fra lo stato eccitato e lo statovirtuale, viene assorbito prima che il livello virtuale decada, si completa ilprocesso di assorbimento a due fotoni. Se l’energia di questi due fotoni è lastessa allora si parla di assorbimento a due fotoni degenere.La probabilità che una molecola assorba un fotone è proporzionale all’intensitàdella sorgente di eccitazione:n (1) = σ(ν)N gIhν , (2.1)dove n (1) è il numero di molecole eccitate <strong>con</strong> processo ad un fotone perunità di tempo e di volume nel materiale, σ è la sezione d’urto del processodi assorbimento alla frequenza ν, N g è la densità di molecole nello statofondamentale g, I è l’intensità della sorgente di eccitazione (energia per unitàdi tempo e di superficie), e hν è l’energia del fotone.La probabilità che una molecola assorba due fotoni simultaneamente è inveceproporzionale al quadrato dell’intensità della sorgente di eccitazione:n (2) = 1 ( ) 2 I2 δ(ν)N g , (2.2)hνdove n (2) è il numero di molecole eccitate <strong>con</strong> processo a due fotoni per unitàdi tempo e di volume e δ(ν) è la sezione d’urto del processo di assorbimentoa due fotoni per fotoni di energia hν. Il fattore 1/2 è dovuto al fatto chesono necessari due fotoni per eccitare una molecola.Il processo di assorbimento a due fotoni è molto debole rispetto al quello adun fotone, infatti il rapporto n (2) /n (1) è tipicamente molto piccolo per potenzeinferiori a circa 10 GW/cm 2 e per sezioni d’urto di assorbimento tipichedei materiali utilizzati per la scrittura laser diretta. La scarsa efficienza deiprocessi a due fotoni rispetto a quelli ad un fotone rende necessario l’utilizzodi laser impulsati <strong>con</strong> elevata potenza di picco. D’altro canto, proprio acausa della scarsa efficienza e della dipendenza dal quadrato dell’intensità,il processo di assorbimento a due fotoni fornisce un meccanismo tramite ilquale processi chimici e fisici possano essere attivati <strong>con</strong> un’elevata risoluzionespaziale in 3 dimensioni, dal momento che l’eccitazione è <strong>con</strong>finata in unaregione molto piccola dello spot della radiazione incidente. Infatti, l’intensitàdi un fascio laser focalizzato decresce approssimativamente come il quadratodella distanza z dal fuoco. Quindi, poiché la probabilità di avere assorbimentoa due fotoni scala quadraticamente <strong>con</strong> l’intensità incidente, il numero distati eccitati tramite processi a due fotoni e ad un fotone scalano come z −4e z −2 rispettivamente. In figura 2.2 è mostrata la dipendenza dell’intensitàe del quadrato dell’intensità per un fascio laser <strong>con</strong> profilo gaussiano dalla21


Figura 2.2: Confronto fra probabilità di assorbimento a un fotone e due fotoni (eq. 2.1e 2.2) per un fascio gaussiano <strong>con</strong> waist w 0 al variare della distanza z dal fuoco [24] (iparametri relativi ad un fascio gaussiano sono definiti in seguito, fig. 2.4).distanza z dal fuoco. Gli andamenti delle curve spiegano come l’eccitazionea due fotoni sia <strong>con</strong>finata in un volume molto più piccolo rispetto a quellaad un fotone.Sfruttare l’assorbimento a due fotoni per indurre polimerizzazione in un materialefotosensibile è di fondamentale importanza per ottenere la migliorerisoluzione delle parti polimerizzate. Per fare ciò è essenziale l’utilizzo diun’eccitazione laser ad impulsi ultracorti (∼ 10 2 fs) fortemente focalizzatasul materiale. Il primo vantaggio è che un laser al femtose<strong>con</strong>do ha una potenzadi picco molto maggiore di un laser in <strong>con</strong>tinua. Un altro vantaggiodei laser ad impulsi ultracorti è che trasferis<strong>con</strong>o l’energia dei fotoni moltopiù rapidamente di quanto necessita agli elettroni per trasferire l’energia all’internodel materiale. In questo modo fra un impulso e l’altro gli elettronieccitati hanno tempo per rilassarsi, evitando effetti di surriscaldamento delmateriale. Molti materiali fotosensibili assorbono nell’ultravioletto, ed hannouna finestra trasparente nella regione del rosso e vicino infrarosso, dove quindinon è possibile avere assorbimento ad un fotone. Eccitazioni fornite dai piùcomuni laser ad impulsi al femtose<strong>con</strong>do cadono in questa regione spettrale(es. 680 − 1000 nm per un Ti:Sapphire laser) e possono quindi penetrare afondo nel photoresist senza essere assorbite se non tramite assorbimento adue fotoni in una limitata regione del fuoco del fascio.22


Figura 2.3: Diagramma energetico del processo di polimerizzazione a due fotoni [8].Molti materiali fotosensibili polimerizzano se illuminati <strong>con</strong> radiazione ultravioletta.Lo stesso tipo di reazione può comunque avvenire, se l’intensitàincidente è sufficientemente elevata, tramite assorbimento a due fotoni diluce <strong>con</strong> lunghezza d’onda inferiore. Nel caso di polimerizzazione indottada un processo di assorbimento a due fotoni i fotoiniziatori vengono eccitatie liberano un radicale tramite l’assorbimento simultaneo di due fotoni.L’equazione 2.3 quindi in questo caso può essere riscritta come:I −−→ 2hν′I ∗ −→ R · (2.6)dove ν ′ ∼ ν/2 indica la frequenza del fotone del fascio di eccitazione.Nel processo di fotopolimerizzazione intervengono anche altre molecole chiamatecross linkers. Tali molecole legano catene polimeriche diverse formandodei ponti. La presenza di queste molecole in un photoresist <strong>con</strong>ferisce maggiorerigidità alle parti polimerizzate a seguito dell’assorbimento a due fotoni.In figura 2.3 è mostrato uno schema del processo di fotopolimerizzazione adue fotoni. Gli elettroni di valenza del fotoiniziatore sono eccitati dallo statofondamentale S 0 al primo stato eccitato di singoletto S 1 tramite l’assorbimentosimultaneo di due fotoni. Gli elettroni eccitati rilassano verso lo statodi tripletto T 1 , che ha un tempo di vita medio sufficientemente lungo da permettereal fotoiniziatore di subire la rottura dei legami producendo radicali edando inizio al processo di polimerizzazione. Gli elettroni possono comunquedecadere allo stato fondamentale in maniera radiativa, senza liberare radicali,sia dal livello eccitato di singoletto che di tripletto. I radicali prodottipossono essere disattivati tramite molecole che li intrappolano senza forma-24


Figura 2.4: Schema di un fascio gaussiano <strong>con</strong> waist ω 0 [25].re altri radicali (quenching dei radicali, RQ). In generale per ottimizzare ilprocesso di polimerizzazione è utile utilizzare molecole che ridu<strong>con</strong>o al minimoi processi di ricombinazione alternativi, quali rilassamento radiativo edisattivazione dei radicali.2.3 Confinamento spaziale del processo di fotopolimerizzazioneAbbiamo già visto come la possibilità di sfruttare l’assorbimento a due fotoniper iniziare la fotopolimerizzazione garantisca una migliore risoluzione spazialedel processo di polimerizzazione (figura 2.2) rispetto al processo indottodall’assorbimento di un fotone. L’eccitazione indotta in un materiale da unasorgente di impulsi ultracorti può, quindi, essere <strong>con</strong>finata nelle tre dimensionied il volume di <strong>con</strong>finamento è minore se il processo coinvolto è quellodi assorbimento simultaneo di due fotoni. Il volume del materiale che si polimerizzaa seguito dell’eccitazione viene chiamato voxel e generalmente hauna forma ellissoidale a causa dell’asimmetria spaziale del fuoco del laser chegenera l’eccitazione. Le dimensioni del voxel dipendono da vari fattori, qualii parametri del laser di eccitazione, il tempo di irradiazione ∆t, il quadratodell’intensità della radiazione incidente I 2 e l’efficienza quantica di polimerizzazione(definita come il rapporto fra il numero di unità monomerichepolimerizzate ed il numero di fotoni necessari per la loro polimerizzazione).Variando l’intensità della radiazione ed il tempo di irraggiamento abbiamoquindi la possibilità di <strong>con</strong>trollare le dimensioni del voxel.La distribuzione di energia dello spot del laser e la polarizzazione del fasciodeterminano direttamente la risoluzione spaziale del voxel. A titolo di esempiopossiamo <strong>con</strong>siderare un fascio gaussiano, in relazione alla figura 2.4.25


Le dimensioni dello spot focale sono date dal waist w 0 sul piano ortogonaleall’asse ottico e da z R = nπw0/λ 2 0 lungo l’asse ottico, dove n è l’indice dirifrazione del materiale e λ 0 la lunghezza d’onda nel vuoto. La risoluzionedello spot nel fuoco è limitata dalla diffrazione, e, se<strong>con</strong>do il criterio diRayleigh, risulta w 0 = 1.22λ 0 /(nNA) sul piano ortogonale all’asse ottico,dove NA è l’apertura numerica del fascio. È quindi chiaro che l’obbiettivodi focalizzazione ridistribuisce spazialmente l’energia del fascio e che unruolo importante è giocato dalla sua apertura numerica. È stato infatti dimostrato[26, 27] che all’aumentare di NA aumenta l’intensità del picco delfascio incidente (dovuto all’incremento dell’angolo di <strong>con</strong>vergenza) e che alteaperture numeriche migliorano la risoluzione spaziale dello spot sia lungo ladirezione dell’asse ottico del fascio che nella direzione ortogonale. L’aperturanumerica influisce anche nell’aspect ratio del voxel ellissoidale, ovveroil rapporto fra i suoi assi maggiore (lungo l’asse ottico) e minore (sul pianofocale). All’aumentare dell’apertura numerica dell’obbiettivo di focalizzazionel’aspect ratio si riduce (rimanendo comunque maggiore di uno), ovvero ilvoxel tende a diventare più sferico [27]. Nonostante ciò l’uso di obbiettivi<strong>con</strong> elevata apertura numerica (ad esempio NA = 1.4) può recare problemidi asimmetria del voxel sul piano focale xy a causa di effetti di depolarizzazionedel fascio. Se <strong>con</strong>sideriamo un fascio incidente lungo l’asse z, <strong>con</strong>polarizzazione lineare ad esempio lungo l’asse x, nel focalizzare <strong>con</strong> angoli di<strong>con</strong>vergenza grandi (elevato NA) si rompe la simmetria cilindrica del sistemae si generano componenti del campo non trascurabili lungo y e lungo z [28].Questo effetto dà luogo ad asimmetrie nelle dimensioni del voxel sul pianofocale xy, che possono essere eliminate utilizzando un fascio polarizzato circolarmente[27]. Il campo elettrico associato ad un fascio <strong>con</strong> polarizzazionecircolare non ha infatti una direzione privilegiata sul piano ortogonale all’asseottico.Una delle principali caratteristiche del processo di fotopolimerizzazione a duefotoni è la possibilità di superare il limite imposto dalla diffrazione (legatoalle ottiche del sistema) di cui abbiamo appena parlato. Infatti la fotopolimerizzazioneè un processo non lineare caratterizzato da una soglia. Tale sogliaè determinata dall’efficienza che hanno i fotoiniziatori nel produrre specie chedanno luogo al processo di polimerizzazione a partire dagli stati eccitati ditripletto. Questa reazione di produzione di radicali deve competere <strong>con</strong> glialtri canali di deattivazione degli stati eccitati, quali ad esempio fluorescenzae quenching dei monomeri. La soglia è inoltre determinata dalla reattivitàdei radicali liberi nei <strong>con</strong>fronti dei monomeri. In figura 2.5 è mostrato comele dimensioni del voxel dipendano dall’intensità di soglia del processo di fotopolimerizzazione.Oltre che alla potenza di soglia le dimensioni del voxel dipendono dal tempo26


Figura 2.5: Schema di come le dimensioni del voxel dipendano dalla soglia (threshold)del processo di fotopolimerizzazione.di esposizione del photoresist alla radiazione. Una volta avviato il processo dipolimerizzazione, la <strong>con</strong>centrazione di monomeri ed oligomeri diminuisce inmaniera esponenziale <strong>con</strong> il tempo, e di <strong>con</strong>seguenza si osserva un aumentologaritmico delle dimensioni del voxel all’aumentare del tempo di esposizione[29].Il vero limite alla risoluzione è dovuto alla distanza minima fra due voxelsadiacenti [30]. Questo problema di risoluzione è dovuto alla diffusione dei radicaliliberi all’interno del materiale causando polimerizzazione anche in zoneche non sono state esposte direttamente alla radiazione [31]. Consideriamoad esempio di polimerizzare due linee parallele all’interno del photoresist. Sele due linee sono troppo vicine fra loro i radicali generati si diffonderanno,accumulandosi soprattutto nella regione compresa fra le due linee direttamenteesposte ed avviando in essa il processo di polimerizzazione [30]. Ilrisultato ottenuto in questo caso sarà una sola linea di spessore maggiore(merging, mescolamento delle linee). Tale fenomeno può essere sfruttato, senon abbiamo necessità di polimerizzare linee <strong>con</strong> elevata risoluzione spaziale,affiancando più linee per ottenerne una avente una base <strong>con</strong> minore ellitticità,ovvero un’aspect ratio più vicina al valore 1 (come sarà mostrato in figura2.10 e nel capitolo 3 figura 3.16). La difficoltà di risolvere due voxels o lineeadiacenti viene generalmente risolta aggiungendo nel photoresist i cosiddettiradical quenchers, ovvero particolari molecole che velocizzano la terminazionedei radicali evitandone la diffusione nelle regioni vicine a quelle esposte alla27


Figura 2.6: Esempio di laser induced breakdown su guide d’onda fabbricate <strong>con</strong> photoresistIP-L 780, dovuto a sovraesposizione del materiale alla radiazione laser (immaginegentilmente <strong>con</strong>cessa da Sara Nocentini, gruppo di ottica dei sistemi complessi, LENS).radiazione. Naturalmente la riduzione dei radicali liberi deve essere ben bilanciata<strong>con</strong> la necessità di avere un’elevata efficienza di fotopolimerizzazionedal momento che essi sono i responsabili dell’attivazione di questo processo.L’intensità del fascio incidente ed il tempo di esposizione non possono esserearbitrariamente grandi. Quando l’irraggiamento supera una certa soglia (chedipende dal photoresist utilizzato) il materiale si danneggia irreparabilmente.Questo fenomeno è chiamato laser induced breakdown e generalmente non èlegato al processo di assorbimento a due fotoni, ma è dovuto a processi dinatura termica o a generazione di plasma. Il breakdown provoca ablazionedella superficie del materiale e microesplosioni all’interno di esso (figura 2.6).Le dimensioni del voxel quindi possono essere <strong>con</strong>trollate variando la potenzadel laser ed il tempo di irraggiamento esclusivamente in un intervallo definitodall’intensità di soglia di polimerizzazione e l’irraggiamento per il quale vieneindotto il breakdown.2.4 PhotoresistDiversi materiali fotosensibili adatti per la tecnologia di direct laser writingsono ormai facilmente reperibili in commercio. Il photoresist utilizzato nelcorso di questo lavoro di tesi è l’IP-L 780, fornito dalla ditta Nanoscribe.Esso <strong>con</strong>siste in una miscela liquida a base acrilica in cui è presente anche unfotoiniziatore. Il fotoiniziatore ha un’elevata sezione d’urto di assorbimentoa due fotoni ad una lunghezza d’onda di 782 nm. A questa lunghezza d’ondal’IP-L risulta trasparente per il processo di assorbimento ad un fotone. Tale28


materiale garantisce un’ottima risoluzione laterale del voxel (∼ 100 nm), male parti polimerizzate non hanno un’elevata rigidità. L’indice di rifrazione aλ = 782 nm è pari a 1.48 prima dell’esposizione e 1.52 dopo l’esposizione allaradiazione.Il processo di sviluppo del photoresist dopo la fotopolimerizzazione <strong>con</strong>sistenel trattare il materiale <strong>con</strong> appositi solventi che solubilizzano esclusivamentele parti non polimerizzate. L’IP-L 780 può essere sviluppato tramite unbagno in isopropanolo.Molte difficoltà nell’ottenere strutture di elevata qualità tramite direct laserwriting sono comuni alla maggior parte dei photoresists esistenti. Un problemaè causato del restringimento (shrinkage) delle regioni polimerizzateche avviene durante il processo di sviluppo. Durante lo sviluppo il solventeriesce parzialmente ad entrare anche nelle regioni polimerizzate, provocandorigonfiamenti (swelling) nel materiale. Quando il solvente evapora, lasciadei vuoti all’interno delle parti polimerizzate le quali tendono a restringersied a piegarsi. Un altro problema è dovuto alla diffusione dei radicali versoregioni non direttamente esposte alla radiazione, e provoca, come descrittonella sezione precedente, il mescolamento (merging) di regioni polimerizzatevicine.2.5 Lo strumento Nanoscribe Photonic ProfessionalLo strumento da noi utilizzato per fabbricare strutture fotoniche tramiteil processo di scrittura diretta laser è uno strumento commerciale fornitodalla ditta Nanoscribe (fig. 2.7). Tale dispositivo permette la fabbricazionedi strutture fotoniche in maniera abbastanza automatizzata, in quanto lamaggior parte dei parametri da cui dipende il processo di scrittura sono<strong>con</strong>trollabili tramite un computer.2.5.1 Apparato otticoIl sistema che costituisce il Nanoscribe è composto da tre parti principali: unsetup ottico (optics cabinet in fig. 2.7), un microscopio invertito Carl ZeissAxio Observer ed il supporto in cui vengono posizionati i campioni. Questidispositivi sono posti su un tavolo isolato per mezzo di aria compressa perevitare vibrazioni che potrebbero influenzare il processo di scrittura laser.Una rappresentazione schematica dello strumento Nanoscribe è riportata infigura 2.8.L’optics cabinet comprende il laser che fornisce l’eccitazione ed il sistema di29


Figura 2.7: Immagine dello strumento Nanoscribe Photonic Professional [32].Figura 2.8: Schema ottico dello strumento Nanoscribe.30


Figura 2.9: Schema a blocchi del laser integrato nel dispositivo Nanoscribe. L’impulsouscente dal seed laser è iniettato in un amplificatore a fibra ottica Erbium doped (EDFA)e poi duplicato in frequenza da un cristallo non lineare.<strong>con</strong>trollo della potenza. La sorgente integrata nel dispositivo è un laser adimpulsi ultracorti (< 150 fs) ad una lunghezza d’onda di ∼ 782 nm. Taliparametri sono particolarmente favorevoli per sfruttare il processo di fotopolimerizzazioneindotto dall’assorbimento a due fotoni. Come anticipatonei precedenti paragrafi, l’utilizzo di un laser ad impulsi ultracorti è di fondamentaleimportanza in quanto garantisce un’elevata potenza di picco edevita effetti di surriscaldamento termico del photoresist. Lo schema a blocchidel laser è mostrato in figura 2.9. L’eccitazione è fornita da un seed lasera fibra ottica passively mode-locked <strong>con</strong> frequenza di ripetizione impulsi di∼ 50 MHz. Tale eccitazione è iniettata in un amplificatore a fibra otticaErbium doped (EDFA) a 1564 nm. L’impulso laser in seguito passa in uncristallo non lineare che <strong>con</strong>verte la lunghezza d’onda base di 1564 nm in782 nm. In tabella 2.1 sono elencate le caratteristiche dell’uscita del laser.Il fascio laser successivamente passa in un modulatore acusto-ottico (AOM).In uscita dall’AOM viene selezionato solo il primo ordine del reticolo generatodalla modulazione acustica. L’AOM è <strong>con</strong>trollato dal computer ed ha lafunzione cruciale di regolare la potenza incidente sul materiale fotosensibile.Successivamente è posto un primo polarizzatore per polarizzare il fasciolinearmente. Una successiva lamina λ/4 è posta per polarizzare il fascio circolarmenteed evitare così asimmetrie nella fotopolimerizzazione sul pianoortogonale all’asse ottico dovute ad effetti di depolarizzazione (vedi sezione2.3). In seguito il fascio è diviso da un beam sampler ed una parte è raccoltada un rivelatore che ne <strong>con</strong>trolla la potenza.L’altra parte del fascio è allargata tramite due lenti ed inviata in verticaletramite un sistema di specchi al microscopio invertito. L’obbiettivo delmicroscopio è un obbiettivo Carl Zeiss ad immersione in olio <strong>con</strong> ingrandimento100× ed apertura numerica NA = 1.4. L’obbiettivo focalizza il fasciosul photoresist posto su un substrato di vetro (spessore 170 µm) solidale <strong>con</strong>un supporto portacampioni. Fra l’obbiettivo ed il substrato di vetro è postol’olio (Zeiss Immersol 518 F, indice di rifrazione n = 1.518), in cui è immersol’obbiettivo. La presenza dell’olio aumenta l’apertura numerica del fascioed elimina il mismatch di indice di rifrazione <strong>con</strong> la prima interfaccia delsubstrato di vetro. La caratteristica principale che automatizza il processo31


Pulse widthWavelenghtRepetition rateAverage output powerSpectral widthPower stability< 0.15 ps782 nm50 MHz> 50 mW∼ 10 nm< 2% over 24 hoursTabella 2.1: Caratteristiche tecniche della sorgente laser integrata nel Nanoscribe.di scrittura laser tramite lo strumento Nanoscribe è il sistema di autofocusinstallato nel microscopio. Tale sistema riesce a determinare <strong>con</strong> precisionela posizione dell’interfaccia vetro-photoresist rispetto all’obbiettivo in manieraautonoma dal processo di scrittura. Questa operazione è necessaria perriuscire a polimerizzare regioni aderenti al vetro e non sospese nel materialefotosensibile. Il microscopio è inoltre collegato ad una camera che permettedi <strong>con</strong>trollare in tempo reale il processo di scrittura.Il portacampioni è inserito in un supporto dotato di un sistema di nanoposizionamentoguidato da un cristallo piezoelettrico <strong>con</strong> feedback elettronico,capace di muovere il supporto lungo i tre assi (piano del vetrino e ortogonalead esso) <strong>con</strong> precisione nanometrica. Il range massimo del movimento delportacampioni è di 300 µm lungo ciascun asse. La possibilità di <strong>con</strong>trollareil movimento del portacampioni rispetto al fuoco del fascio laser tramite ilcomputer è alla base della tecnologia del direct laser writing.Il sistema di autofocus, combinato <strong>con</strong> il movimento ad alta precisione delportacampioni, <strong>con</strong>sente di misurare la quota dell’interfaccia rispetto all’obbiettivosu tutto l’intervallo di escursione del portacampioni (300 × 300 µm),rilevando l’inclinazione della superficie del substrato rispetto al piano ortogonaleall’asse ottico e tenendone <strong>con</strong>to durante le operazioni di scrittura.2.5.2 Programma di <strong>con</strong>trollo remotoLe operazioni di scrittura laser sono <strong>con</strong>trollate e progettate tramite un appositosoftware (Nanowrite) di gestione del Nanoscribe.Come input al programma viene dato un file <strong>con</strong>tenente tutti i parametriinerenti la fabbricazione e la lista delle coordinate sulle quali il portacampionideve muoversi. Tali coordinate costituis<strong>con</strong>o il tracciato della struttura dafabbricare. Il principio di scrittura laser infatti <strong>con</strong>siste nel polimerizzare lelinee comprese fra i punti le cui coordinate sono elencate nel file di input. Diseguito sono elencati i comandi maggiormente utilizzati per la fabbricazionedelle strutture proposte in questa tesi.32


Elenco dei comandi utilizzatiLaserPowerScanSpeedAccelerationTimeDecelerationTimeLineNumberLineDistanceFindInterfaceAt zTiltCorrectionSpecifica la potenza del laser in percentualerispetto al suo massimo valore.Specifica la velocità di scrittura.Specifica il tempo <strong>con</strong> cui la potenza del laserraggiunge la potenza impostata partendo dapotenza 0, per tenere <strong>con</strong>to dell’accelerazionedel piezoelettrico all’inizio della scritturadi una linea (fig. 2.12).Specifica il tempo <strong>con</strong> cui la potenza del laserraggiunge il valore 0 partendo dalla potenzaimpostata, per tenere <strong>con</strong>to della decelerazionedel piezoelettrico alla fine della scrittura diuna linea (fig. 2.12).Specifica il numero di linee che sono scritte perciascuna linea programmata (fig. 2.10).Specifica la distanza fra le linee del comandoLineNumber (fig. 2.10).Specifica l’offset della coordinata z lungo ladirezione ortogonale al substrato rispetto allaposizione dell’interfaccia vetro-resist (fig.2.11).Misura e compensa l’inclinazione del substratodi vetro rispetto all’asse ottico.In figura 2.10 è mostrato uno schema del funzionamento dei comandi LineNumbere LineDistance. Affiancando due o più linee il risultato finale saràuna linea unica <strong>con</strong> spessore maggiore (merging, mescolamento delle linee,vedi sez. 2.3).In figura 2.11 è schematizzato il funzionamento del comando FindInterfaceAtz. Per valori positivi di z è compiuta una traslazione verticale del fuoco versoil basso rispetto all’interfaccia vetro-resist, dando inizio alle operazioni discrittura all’interno del substrato di vetro. Questa operazione è necessariaper alcuni particolari tipi di strutture per assicurarsi che le regioni polimerizzateaderiscano al vetro e non rimangano sospese nel resist.In figura 2.12 è mostrata una misura (fornita dal personale Nanoscribe) deitempi di accelerazione e decelerazione del piezoelettrico a <strong>con</strong>fronto <strong>con</strong> i tempidi incremento e decremento della potenza del laser. I tempi di incrementoe decremento della potenza sono regolabili tramite i comandi AccelerationTimee DecelerationTime. AccelerationTime e DecelerationTime troppo brevirispetto ai tempi in cui il piezoelettrico raggiunge la sua velocità di regi-33


Figura 2.10: Schema illustrativo dell’azione del comando LineNumber nell’unire duepunti, P1 e P2. A destra sono mostrate le sezioni ellissoidali di ciascuna linea.Figura 2.11: Sistema di autofocus <strong>con</strong> individuazione automatica dell’interfaccia vetroresist.Il comando FindInterfaceAt z imposta una traslazione verticale del fuoco del fasciodi una quota z verso l’interno del substrato.34


Figura 2.12: Misura dei tempi di accelerazione (decelerazione) del piezoelettrico e diincremento (decremento) della potenza del laser [32]. AccelerationTime e Deceleration-Time troppo brevi possono creare sovraesposizione nel photoresist danneggiando i campioni,mentre AccelerationTime e DecelerationTime troppo lunghi possono causare nonpolimerizzazione nei punti iniziale e finale delle linee.me possono creare sovraesposizione nel photoresist danneggiando i campioni,mentre AccelerationTime e DecelerationTime troppo lunghi possono causarenon polimerizzazione nei punti iniziale e finale delle linee.2.5.3 Procedura di fabbricazione <strong>con</strong> il NanoscribeIl processo di fotopolimerizzazione è molto sensibile alle <strong>con</strong>dizioni ambientali.Per questo temperatura ed umidità del laboratorio sono tenute costantementesotto <strong>con</strong>trollo, a valori di (22 ± 1) °C per la temperatura e inferiorial 60 % per l’umidità. Ciascuna lampada del laboratorio è inoltre dotata difiltri per tagliare lunghezze d’onda ultraviolette ed evitare polimerizzazionedel photoresist non indotta dal laser.Prima di preparare il campione da polimerizzare è necessario allineare il sistemaottico, in maniera tale che il fascio entri verticale nel microscopioinvertito. È inoltre necessario effettuare una calibrazione della potenza dellaser, rimuovendo l’obbiettivo di focalizzazione e raccogliendo il fascio in unpower meter. In questo modo è possibile calibrare i valori della potenza impostabilida computer tramite il comando LaserPower, associando ad essi unvalore in mW . Tale operazione è necessaria per riprodurre le stesse <strong>con</strong>dizionidi potenza incidente in differenti sessioni di fabbricazione compensandogli effetti dovuti alle fluttuazioni del laser.Il passo successivo <strong>con</strong>siste nella pulizia del substrato di vetro sul quale dovràessere deposto il photoresist. Il vetrino viene pulito usando apposite salviette,prima <strong>con</strong> acetone per rimuovere lo sporco più grossolano, e successivamente35


<strong>con</strong> isopropanolo per rimuovere gli aloni lasciati dall’acetone. Infine è asciugato<strong>con</strong> un leggero flusso di azoto.Una volta pulito, il vetrino viene incollato sul supporto portacampioni <strong>con</strong>colla facilmente rimovibile tramite acetone. Da un lato del substrato vienedeposta una goccia di polimero, mentre dall’altro lato una goccia di olio perl’obbiettivo ad immersione. Il portacampioni viene quindi inserito nel supportomobile guidato dal piezoelettrico al di sopra dell’obbiettivo. In seguitol’obbiettivo viene avvicinato al campione, ri<strong>con</strong>oscendo automaticamente laposizione dell’interfaccia vetro-resist. Viene poi eseguita una scansione dell’interfacciasu tutto il range di escursione del piezo sul piano del vetrino(300 µm × 300 µm), per misurare la quota dell’interfaccia in vari punti e calcolarel’inclinazione del substrato in maniera da apportare delle correzioni alprocesso di scrittura (TiltCorrection). L’ultimo passo <strong>con</strong>siste nel caricarenel software di gestione il file di input <strong>con</strong>tenente la lista delle coordinateche costituis<strong>con</strong>o il tracciato da polimerizzare ed i parametri di scrittura, edavviare la scrittura laser. Il processo di scrittura è <strong>con</strong>trollabile in temporeale tramite una camera collegata al microscopio invertito.Una volta terminata la scrittura viene allontanato l’obbiettivo dal vetrinoe viene rimosso il portacampioni dal supporto mobile. Prima di sviluppareil resist si rimuovono la colla e l’olio dal vetrino <strong>con</strong> acetone. Lo sviluppodelle parti polimerizzate <strong>con</strong>siste nel tenere il vetrino <strong>con</strong> il resist in bagno inparticolari solventi, che solubilizzano solamente le regioni non polimerizzate.ILa procedura di sviluppo per l’IP-L 780 <strong>con</strong>siste in due bagni in isopropanolo,il primo di 20 minuti ed il se<strong>con</strong>do di 10 minuti. Dopo il se<strong>con</strong>dobagno l’isopropanolo rimasto aderente al vetro viene fatto evaporare tramiteun leggero flusso di azoto.36


Capitolo 3Sistemi fotonici amorfiIn questo capitolo studieremo sistemi fotonici tridimensionali caratterizzatidall’introduzione di ordine in una struttura complessivamente disordinata: icosiddetti sistemi fotonici amorfi. Tali sistemi sono stati recentemente proposti[4,5,33] e realizzati in modo da operare nella regione delle microonde [34],ma non è ancora stato fabbricato un materiale simile che operi a lunghezzed’onda ottiche (400 − 1600 nm).Un sistema amorfo è un sistema non deterministico, cioè senza una determinatarelazione tra le posizioni delle unità costituenti (es. siti atomici, ozone <strong>con</strong> diversa costante dielettrica nel caso di materiali fotonici) come nelcaso di sistemi cristallini e quasicristallini. I sistemi amorfi sono isotropi enon possiedono alcun reticolo cristallino né polidomini cristallini, ma mostranosolo ordine a corto raggio nelle posizioni delle loro unità costituenti.Alcuni esempi di materiali amorfi nella fisica dello stato solido sono costituitida vetri e liquidi altamente viscosi, nei quali, nonostante la mancanzadi reticolo cristallino, vi sono forti correlazioni spaziali tra le posizioni deisiti atomici. Sistemi fotonici amorfi possono essere collocati in una categoriaintermedia rispetto a cristalli fotonici ed a sistemi fotonici completamentedisordinati, mostrando caratteristiche proprie di entrambi i sistemi. È statogià mostrato come sistemi fotonici amorfi bidimensionali e tridimensionali<strong>con</strong> forte <strong>con</strong>trasto di indice di rifrazione possano aprire una bandgap fotonica(in analogia <strong>con</strong> le gaps elettroniche in materiali amorfi come il silicioamorfo [35]). Analogamente al caso elettronico lo studio dei fenomeni di interazioneradiazione materia mostra interessanti caratteristiche per frequenzeprossime al band edge, dove la densità di stati aumenta e diminuisce la velocitàdi gruppo della luce nel materiale. È stato infatti osservato un sensibileincremento dell’intensità di scattering che facilita la formazione di stati localizzati[4, 5, 33, 34, 36–39].Lo studio di sistemi fotonici amorfi risulta di fondamentale importanza nella37


Figura 3.1: Immagine al microscopio elettronico di una struttura fotonica amorfa inmateriale polimerico realizzata in questo lavoro di tesi.comprensione della reale natura delle bandgaps fotoniche in 2 e 3 dimensioni.Recenti studi hanno infatti ipotizzato che le cause per cui si aprono gaps insistemi fotonici non siano necessariamente imputabili alla presenza di ordinea lungo raggio, ma abbiano radici più profonde [4,40,41]. Nel caso di sistemiperiodici (cristalli) la presenza delle gaps è spiegata a partire dal teorema diBloch, il quale prevede che gli stati ammissibili per la radiazione nella materiasiano stati estesi e non locali. I sistemi amorfi invece sono intrinsecamentelocali, dove l’ordine è presente solo localmente, eppure è stato mostrato cheessi possiedono gaps. Studi recenti mostrano come le risonanze di Mie disingoli scatteratori e la loro distribuzione locale (iperuniformità [4]) abbianoun ruolo fondamentale nell’apertura di gaps fotoniche.Lo scopo di questa tesi è quello di preparare un template polimerico mediantedirect laser writing che ci permetta, tramite processi di doppia inversioneal silicio [9], di ottenere un materiale fotonico amorfo costituito da una retetetraedrica di <strong>con</strong>nessioni <strong>con</strong> alto <strong>con</strong>trasto di indice di rifrazione, adattoad operare a lunghezze d’onda ottiche (un esempio è mostrato in figura 3.1).Tale tecnologia di fabbricazione ci fornisce la possibilità unica di <strong>con</strong>trollareesattamente la struttura, decidendo le esatte posizioni e le dimensioni degliscatteratori. All’inizio del presente capitolo (sezione 3.1) sono introdotti i<strong>con</strong>cetti fondamentali per comprendere la struttura di un sistema amorfo.La parte centrale del capitolo (sezione 3.2) è dedicata alla progettazione, allostudio ed alla fabbricazione tramite direct laser writing di un particolaretipo di sistema amorfo, ovvero quello costituito da una rete di <strong>con</strong>nessioni di38


materiale dielettrico. Nella parte <strong>con</strong>clusiva del capitolo (sezione 3.3) è infinepresentata una preliminare caratterizzazione ottica delle strutture fabbricate.3.1 Struttura dei sistemi amorfiSistemi amorfi reali, come ad esempio il silicio amorfo, sono stati studiati erappresentati a partire dalla cosiddetta <strong>con</strong>tinuous random network [42, 43].Tale metodo <strong>con</strong>siste nel <strong>con</strong>siderare la struttura cristallina del diamante,<strong>con</strong> legami tetraedrici, come struttura di partenza, ed introdurre modificheinvertendo e spostando un grande numero di legami interatomici, <strong>con</strong> l’imposizioneche ciascun sito <strong>con</strong>tinui ad avere 4 legami. Un’importante classe disistemi amorfi, quali liquidi altamente viscosi, può essere invece modellizzatatramite un sistema di sfere dure non compenetrabili altamente impacchettato,nel quale però non si può ri<strong>con</strong>oscere la presenza di ordine a lungo raggio.Tale sistema è il punto di partenza per lo studio e la realizzazione dei sistemifotonici amorfi trattati in questo lavoro di tesi. Come infatti vedremo, questosistema ci dà la possibilità di <strong>con</strong>trollare il grado di ordine della strutturache intendiamo progettare, variando esclusivamente la densità del sistema disfere.3.1.1 Sistemi di sfere dureImpacchettamento delle sferePer comprendere il grado d’ordine posseduto da un sistema non deterministicodi sfere dure è necessario introdurre il problema dell’impacchettamentodi sfere in un volume finito, ovvero di come disporre N sfere di volume V snon compenetrabili in un <strong>con</strong>tenitore di volume V . La <strong>con</strong>gettura di Keplero(la cui parziale dimostrazione è dovuta a Carl Friederich Gauss (1831) e aThomas Hales (1998)) ci dice che la più alta densità (packing fraction, pf )ottenibile da una qualsiasi disposizione di sfere, regolare o irregolare, è datadall’impacchettamento cubico a facce centrate (fcc) e dall’impacchettamentoesagonale (hcp) e vale:pf =π3 √ ≃ 0.74048, (3.1)2dovepf ≡ NV sV . (3.2)La massima densità di sfere ottenibile <strong>con</strong> impacchettamento casuale (RandomClose Packing), ovvero in assenza di una disposizione regolare, è invece39


Figura 3.2: Ordine e densità di impacchettamento in sistemi 2D.0.64 [44–47].Per impacchettamento compatto casuale di sfere (random close packing) siintende una <strong>con</strong>figurazione casuale di sfere in cui ciascuna sfera è impossibilitataa muoversi (se non disturbando la posizione delle sfere adiacenti) acausa della presenza di altre sfere a <strong>con</strong>tatto [48]. In 3 dimensioni è necessarioun minimo di 4 sfere esterne per immobilizzare la sfera centrale [49, 50].Un buon esempio di sistema di sfere random close packed è un recipiente<strong>con</strong>tenente sfere che viene agitato sotto l’azione della forza di gravità fino aquando le sfere non hanno raggiunto una nuova <strong>con</strong>figurazione più compatta.In seguito (paragrafo 3.2.1) daremo una breve descrizione di un metodogenerale per la generazione di un sistema di sfere random close packed. Dallafigura 3.2 possiamo notare come la densità di impacchettamento sia correlatain maniera forte al grado di ordine del sistema. Basse densità corrispondonoad una <strong>con</strong>figurazione disordinata senza correlazioni, mentre all’aumentaredella densità il sistema tende ad assumere una <strong>con</strong>figurazione più ordinata.In quest’ottica un sistema amorfo composto da sfere è un sistema altamenteimpacchettato, dove però l’impacchettamento è casuale e dove non sonopresenti polidomini ordinati.Struttura e funzioni di correlazioneL’approccio per studiare sistemi a molte particelle come ad esempio un sistemadi sfere dure, è quello di caratterizzarli tramite la posizione media delleparticelle e le correlazioni spaziali fra esse.Consideriamo un sistema chiuso in un volume V di N particelle sferiche interagenti,le cui interazioni sono rappresentate dal potenziale a N particelleφ N (r N ) dove r N ≡ {r 1 , r 2 , ..., r N } rappresenta la <strong>con</strong>figurazione spaziale delle40


N particelle. Il potenziale φ N (r N ) può essere decomposto in termini di interazionea 1, 2, 3,..., N particelle. In molti sistemi fisici ci possiamo limitarea studiare solo i primi due termini di questo sviluppo, ovveroφ N (r N ) ≈N∑ϕ 1 (r i ) +i=1N∑ϕ 2 (r i , r j ) (3.3)i DNello studio di sistemi a molte particelle è di primaria importanza la funzionedi correlazione a coppie, chiamata anche funzione di distribuzione radiale,g 2 (r) (o g(r)) la quale è legata alla probabilità di trovare una particella aduna certa distanza r da una particella di riferimento (figura 3.3). Essa èdefinita dalla relazione:4πρg(r)r 2 dr =numero medio di particelle nella corona sfericadi spessore dr e raggio r rispetto a unaparticella di riferimento posta in r = 0.(3.5)La funzione di correlazione a coppie è di centrale importanza nello studio disistemi che presentano correlazioni spaziali fra le unità che li compongono,in quanto è strettamente legata al grado di ordine del sistema. In sistemisenza ordine a lungo raggio e nei quali le particelle sono molto lontane l’unadall’altra abbiamo che g(r) → 1. In questo modo ogni deviazione di gdall’unità ci dà una misura della correlazione spaziale fra particelle, <strong>con</strong> l’unitàche corrisponde al caso di nessuna correlazione. La funzione g 2 è legatadirettamente al fattore di struttura S(k) tramite la relazione [52]∫S(k) = 1 + ρ (g 2 (r) − 1)e ik·r dr. (3.6)Il fattore di struttura descrive le proprietà di scattering della radiazione daparte del materiale, essendo direttamente legato all’ampiezza dell’onda scatterata.In figura 3.4 sono mostrati la funzione di correlazione a coppie ed41


Figura 3.3: Schema del calcolo della funzione di correlazione a coppie g(r) [51].Figura 3.4: Funzione di distribuzione radiale g(r) e fattore di struttura S(k) per sistemidi sfere dure di diametro 1 µm <strong>con</strong> diverse densità di impacchettamento, generati <strong>con</strong> laprocedura riportata nel paragrafo 3.2.1. A basse densità di impacchettamento e per lunghedistanze g(r) e S(k) tendono all’unità (assenza di ordine).42


il fattore di struttura relativi a sistemi di sfere dure di diametro 1 µm <strong>con</strong>diverse densità di impacchettamento, generati <strong>con</strong> la procedura riportata nelparagrafo 3.2.1. I programmi sviluppati per il calcolo di g ed S sono riportatiin appendice A e si basano sullo schema mostrato in figura 3.3. Si noticome per lunghe distanze dalla particella di riferimento ed al diminuire delladensità di impacchettamento g tenda ad 1, mentre S tende ad 1 per grandivettori d’onda.Trasporto della luce in sistemi <strong>con</strong> correlazioniNel capitolo 1 abbiamo trattato le proprietà di scattering di sistemi ordinatie disordinati. Abbiamo già visto come in sistemi completamente disordinati(S(k) → 1) sufficientemente diluiti possiamo <strong>con</strong>siderare l’approssimazionedi scattering indipendente. In tale approssimazione la natura ondulatoriadella luce viene trascurata e quindi non viene <strong>con</strong>siderata la relazione difase fra le onde scatterate dai centri di scattering a differenti distanze fraloro. Tale assunzione è giustificata dal fatto che, dopo un’opportuna mediasulle realizzazioni del disordine, tutte le distanze fra scatteratori sono stateprese in <strong>con</strong>siderazione e mediate. In questa approssimazione <strong>con</strong>sideriamotrascurabili gli eventi di scattering ricorrente (vedi capitolo 1 sezione 1.1). Leproprietà di trasporto della luce possono essere trattate in maniera statistica ela propagazione della luce può essere descritta da un’equazione di diffusione[15]. La distanza media fra due eventi di scattering (scattering mean freepath l s ) dipende allora esclusivamente dalla sezione d’urto di scattering σ sdel singolo scatteratore e dalla loro densità numerica ρ tramite la relazionel s = 1ρσ s. (3.7)Abbiamo inoltre visto come nel caso di scattering anisotropo le proprietà ditrasporto della luce siano ben descritte dal transport mean free path l t , ilquale è legato a l s tramite la relazionel t = 1ρσ t=l s1 − 〈cos θ〉(3.8)dove 〈cos θ〉 è il coseno medio dell’angolo di scattering per ciascun evento discattering (per θ compreso fra 0 e π abbiamo scattering nel semispazio inavanti rispetto allo scatteratore, altrimenti backscattering).In un sistema non più diluito (kl s ∼ 1) ma sempre <strong>con</strong> S(k) = 1, gli effetti discattering ricorrente sulle proprietà di trasporto non sono più trascurabili e glieffetti di interferenza fanno sì che le equazioni di diffusione non descrivanoin maniera appropriata il trasporto della luce. Quando kl s ≤ 1 avviene43


un completo arresto della luce, ovvero la localizzazione della luce se<strong>con</strong>doAnderson [3].La presenza di ordine locale (S(k) ≠ 1) però modifica in maniera sensibileil trasporto di luce sia per sistemi diluiti che densi. Nel regime di scatteringdebole (kl s > 1) è stato mostrato [39, 53] che il transport mean free pathgeneralizzato <strong>con</strong>siderando la struttura del sistema è dato dalla relazione1l c t= ρσ c t = π k 6 0∫ 2k00ρF (q)S(q)q 3 dq, (3.9)dove lt c è il transport mean free path in presenza di correlazioni (lt c = l t in assenzadi correlazioni), k 0 = 2πn eff /λ, q = 2k 0 sin θ/2, n eff l’indice di rifrazioneeffettivo del sistema. La dipendenza dalle caratteristiche di scattering di unasingola particella è espressa tramite il fattore di forma F (q) = k0(dσ 2 s /dΩ)dove dσ s /dΩ è la sezione d’urto differenziale di singolo scattering, mentre ladipendenza dalla struttura del sistema è data dal fattore di struttura S(q).A lt c è associato uno scattering mean free path ls c che tiene <strong>con</strong>to dell’ordinelocale del sistema:lt c lsc =1 − 〈cos θ〉 . (3.10)Le equazioni 3.9 e 3.10 sono fondamentali per descrivere il trasporto in un materialedove sono presenti forti correlazioni fra gli scatteratori. Infatti, purrimanendo nell’approssimazione di scattering indipendente, tengono <strong>con</strong>todelle posizioni relative delle particelle, <strong>con</strong>siderando la presenza di scatteratorivicini, la cui distanza <strong>con</strong>serva in media le relazioni fra le fasi delle ondescatterate. Questa è un importante generalizzazione di l t in quanto trattagli eventi di scattering come indipendenti ma mantiene la memoria della fasedell’onda. Possiamo quindi <strong>con</strong>siderare σ c s una sezione d’urto effettiva discattering del sistema correlato. Al momento non è ancora stata effettuataun’analisi teorica dell’andamento dei parametri in eq. 3.9 e 3.10 applicataal sistema amorfo oggetto di questa tesi, ma costituisce un passo successivodel progetto di ricerca. In figura 3.5 sono mostrati alcuni risultati trattida [53] e [39]. In fig. 3.5 (a) è mostrato come l c t per un sistema di sfere dipolistirene si discosti dal suo valore nel caso di sistema senza correlazioni fraparticelle [53]. In fig. 3.5 (b) è riportato il rapporto l c t/l c s = 1/(1 − 〈cos θ〉)per sfere di polistirene [39]. Si noti come per certe densità (volume fractionΦ) si abbia prevalentemente backscattering (l c t/l c s < 1), ovvero tali sistemiinibis<strong>con</strong>o il trasporto della luce.Nel caso di un sistema <strong>con</strong> alto <strong>con</strong>trasto di indice di rifrazione, come adesempio strutture in silicio, siamo in presenza di scattering forte (kl s < 1)dove dominano effetti di interferenza e scattering ricorrente che complicano44


Figura 3.5: (a) 1/ltc per una sospensione di sfere di diametro 0.46 µm di polistirenecariche elettrostaticamente sottoposte ad una radiazione laser di lunghezza d’ondaλ L = 514 nm [53]. I punti costituis<strong>con</strong>o i valori misurati, la linea <strong>con</strong>tinua l’andamentoprevisto teoricamente per il sistema <strong>con</strong> correlazioni (eq. 3.9) mentre la linea tratteggiatacostituisce l’andamento teorico nel caso di particelle senza correlazioni (nell’approssimazionedi scattering indipendente). (b) lt/l c s c per una sospensione di sfere di diametro 114nmdi polistirene cariche elettrostaticamente sottoposte ad una radiazione laser di lunghezzad’onda λ L = 532 nm [39]. I punti sono i risultati sperimentali, mentre la linea <strong>con</strong>tinuacostituisce il calcolo teorico.la trattazione. Al momento non è nota una trattazione teorica che <strong>con</strong>sideritali effetti in un sistema <strong>con</strong> forti correlazioni. Inoltre è noto che in sistemi<strong>con</strong> scattering risonante [5,33], la presenza di correlazioni “aiuta” l’aperturadi una bandgap al cui band edge ci si aspetta di osservare stati localizzatidella luce. Trattazioni teoriche esaustive su tali argomenti ancora non sonopresenti in letteratura.3.2 Tetrahedrally <strong>con</strong>nected dielectric networksCome già introdotto precedentemente il nostro scopo è quello di creare untemplate polimerico tramite direct laser writing di una struttura fotonicaamorfa da poter infiltrare <strong>con</strong> silicio così da ottenere un elevato <strong>con</strong>trasto diindice di rifrazione. Un aspetto fondamentale da <strong>con</strong>siderare nella progettazionedi sistemi fotonici è la topologia del sistema. È noto infatti che particolarigeometrie favoris<strong>con</strong>o l’apertura di bandgaps fotoniche per entrambele polarizzazioni della radiazione [16,21]. In due dimensioni ad esempio (vedifigura 3.6) sistemi caratterizzati da regioni isolate ad alto indice di rifrazionefavoris<strong>con</strong>o l’apertura di bandgaps per polarizzazione TM, mentre <strong>con</strong>nessionifra le regioni ad alto indice di rifrazione favoris<strong>con</strong>o l’apertura di bandgapsper polarizzazione TE. In tre dimensioni quindi, per ottenere un sistemache abbia una bandgap per entrambe le polarizzazioni, è logico pensare aduna struttura che presenti <strong>con</strong>nessioni di materiale dielettrico lungo tutte ledirezioni in cui il vettore campo elettrico incidente può puntare. Le strut-45


Figura 3.6: Geometrie differenti aprono gaps per differenti polarizzazioniture fotoniche tridimensionali che possiedono bandgaps più ampie hanno lastruttura cristallina del diamante [19]. Come già accennato nel capitolo 1,un esempio di sistema fotonico <strong>con</strong> la struttura del diamante che possiedeun’ampia bandgap è costituito dal woodpile [16, 19, 20], il quale è costituitoda pile di materiale dielettrico in aria. Strutture fotoniche amorfe che hannouna geometria <strong>con</strong>frontabile <strong>con</strong> i woodpile sono costituite da una rete di <strong>con</strong>nessionitetraedriche di materiale dielettrico tetrahedrally <strong>con</strong>nected dielectricnetworks. Tali sistemi sono stati recentemente proposti [4, 5, 33] e realizzatiin modo da operare nella regione delle microonde [34], ma non è ancorastato fabbricato un materiale simile che possa operare a lunghezze d’ondaottiche (400 − 1600 nm). Il metodo proposto da Edagawa e Imagawa [5, 34]per generare tali strutture è basato sulla <strong>con</strong>tinuous random network [42,43]che <strong>con</strong>siste nel <strong>con</strong>siderare la struttura cristallina del diamante, <strong>con</strong> legamitetraedrici, come struttura di partenza, ed introdurre delle modifiche invertendoe spostando un grande numero di legami interatomici, <strong>con</strong> l’imposizioneche ciascun sito <strong>con</strong>tinui ad avere 4 legami. Il metodo invece da noi utilizzato,oggetto dei prossimi paragrafi di questo capitolo, è stato proposto daFlorescu et al. [4] e <strong>con</strong>siste nel generare una rete di <strong>con</strong>nessioni a partire daun sistema di sfere dure. Tale metodo ci fornisce la possibilità di <strong>con</strong>trollareil grado di ordine del sistema variando la densità di impacchettamento delsistema di sfere.Un sistema costituito da una rete di <strong>con</strong>nessioni è inoltre particolarmenteindicato per essere fabbricato tramite direct laser writing (capitolo 2). Taletecnica permette di polimerizzare linee in tre dimensioni in un materiale fo-46


Figura 3.7: Rendering grafico di un sistema di sfere random close packed generatotramite l’algoritmo LSA.tosensibile <strong>con</strong> elevata qualità e risoluzione.Nei successivi paragrafi è presentata la procedura di progettazione della retedi <strong>con</strong>nessioni tetraedriche a partire dalla generazione del sistema di sfererandom close packed. È poi proposto uno studio teorico preliminare sulleproprietà di scattering della singola <strong>con</strong>nessione ed infine la procedura difabbricazione dei campioni.3.2.1 Generazione del sistema di sfere impacchettatoPer generare il sistema di sfere random close packed è stato utilizzato il programmain C++ fornito dal Complex Materials Theory Group della PrincetonUniversity [54,55]. Tale programma è basato sull’algoritmo Lubachevsky-Stillinger (LSA) [56], il quale simula il processo fisico di compressione di unsistema di particelle dure. Un numero N s di sfere puntiformi a temperaturaT , <strong>con</strong> velocità iniziali se<strong>con</strong>do la distribuzione di Maxwell-Boltzmann, ègenerato in un <strong>con</strong>tenitore di volume V tot (è possibile impostare <strong>con</strong>dizioniperiodiche al <strong>con</strong>torno). Le sfere vengono fatte espandere nel tempo e vengonocalcolati gli urti sfera-sfera e sfera-parete in modo tale da stabilire lapressione del sistema. Il programma termina quando il sistema di sfere <strong>con</strong>vergeai valori di pressione interna o di packing fraction desiderati e generaun file <strong>con</strong>tenente le coordinate del centro di ciascuna sfera generata ed ildiametro. Un esempio di sistema di sfere random close packed generato <strong>con</strong>il metodo appena descritto è riportato in figura 3.7.47


Figura 3.8: Funzione di distribuzione radiale del sistema di sfere generato per larealizzazione delle strutture fotoniche amorfe.Il sistema di sfere generato per la realizzazione delle strutture fotoniche hale seguenti caratteristiche:N s = 33002d s = 0.03333V box = 1pf = 0.64,(3.11)dove N s , d s , V box e pf sono rispettivamente il numero delle sfere generate, ildiametro di una sfera, il volume del <strong>con</strong>tenitore cubico e la packing fractiondel sistema. La funzione di distribuzione radiale del sistema è riportata infig. 3.8 (il listato del programma utilizzato per il calcolo di g(r) è riportato inappendice A). È stato scelto un sistema <strong>con</strong> pf = 0.64 (ovvero la massimapf ammessa per un impacchettamento casuale) in maniera da avere il piùalto grado di ordine a corto raggio senza creare clusters nei quali si possari<strong>con</strong>oscere una struttura cristallina.3.2.2 Generazione della rete tetraedrica di <strong>con</strong>nessioniIl sistema di sfere generato costituisce la base per la generazione della retetetraedrica inter<strong>con</strong>nessa utilizzata per realizzare le strutture fotoniche. Il48


Figura 3.9: Procedura di generazione di una rete inter<strong>con</strong>nessa in 2D a partire da unsistema di punti (punti in celeste) [4]. I punti in celeste costituis<strong>con</strong>o i vertici dei triangoligenerati dalla triangolazione di Delaunay, i punti in nero sono i baricentri dei triangoli, isegmenti rossi sono le <strong>con</strong>nessioni.programma sviluppato per generare la rete è mostrato in appendice A. Apartire dal sistema di punti costituito dai centri delle sfere è stata effettuatauna triangolazione di Delaunay [57]. Tale triangolazione divide lo spazioin tetraedri aventi come vertici i centri delle sfere, massimizzando l’angolominimo fra tutti gli angoli di ogni tetraedro ed evitando così la presenza ditetraedri troppo allungati. In seguito vengono uniti i baricentri dei tetraedriadiacenti (quelli <strong>con</strong> una faccia in comune). Ciascuna giunzione, quindi, avràsolamente 4 <strong>con</strong>nessioni. In figura 3.9 è riportata una schematizzazione 2Ddella procedura effettuata per generare il sistema di <strong>con</strong>nessioni [4]. In 2Dla triangolazione di Delaunay divide lo spazio in triangoli e sono presenti 3<strong>con</strong>nessioni per ogni giunzione, mentre in 3D lo spazio è diviso in tetraedrie ci sono 4 <strong>con</strong>nessioni per ogni giunzione. Confrontando questa geometria<strong>con</strong> quella della struttura del silicio amorfo [35], risulta evidente l’analogiafra le giunzioni nella struttura fotonica amorfa ed i siti atomici nel silicio.In realtà, mentre nel silicio amorfo i centri di scattering sono costituiti daisiti atomici, nella struttura fotonica amorfa da noi progettata <strong>con</strong>sideriamoche i centri di scattering siano le <strong>con</strong>nessioni di dielettrico (che chiameremorods). Questa scelta è legata all’analogia <strong>con</strong> la struttura fotonica woodpile(la cui unità fondamentale è la rod dielettrica), che è la struttura fotonica49


Figura 3.10: (a) Rendering grafico di una rete di <strong>con</strong>nessioni tetraedrica [5]. (b) Correlazionifra i centri delle <strong>con</strong>nessioni (rods, in rosso) e fra le giunzioni (in nero) della retedi inter<strong>con</strong>nessioni generatapiù vicina al sistema amorfo progettato [5, 19, 34].Il sistema ottenuto è stato opportunamente scalato in maniera da ottenere lalunghezza media delle <strong>con</strong>nessioni pari a 1 µm. Queste dimensioni sono statescelte in quanto la lunghezza d’onda della bandgap di sistemi fotonici di tipodiamante amorfo diminuisce spostandosi verso lunghezze d’onda ottiche (permateriali ad alto <strong>con</strong>trasto di indice di rifrazione) al diminuire delle dimensionidel sistema [5, 33, 34]. Strutture del genere, di dimensioni così ridotteed in cui si ha un esatto <strong>con</strong>trollo della posizione e delle dimensioni delleunità costituenti, non sono ancora state fabbricate tramite direct laser writing.Come già accennato nel capitolo 2 una migliore risoluzione del processodi scrittura potrà essere raggiunta tramite lo sviluppo di nuovi polimeri [30].In figura 3.10 sono riportate le funzioni di distribuzione radiale relative alsistema generato. La correlazione fra le giunzioni ha il massimo assoluto aduna distanza pari alla lunghezza media delle <strong>con</strong>nessioni (r ≃ 1 µm), mentrela correlazione fra i centri delle <strong>con</strong>nessioni ha il massimo in r ≃ 0.80 µm.Come mostrerò in seguito (paragrafo 3.2.4) il processo di fabbricazione attualmenteci ha permesso di realizzare esclusivamente strutture di dimensionicomplessive abbastanza ridotte. Sono quindi state progettate 10 struttureamorfe (10 differenti realizzazioni di disordine) a partire dal sistema disfere dure generato (3.11). Le strutture sono state opportunamente scalatein maniera tale da avere una lunghezza media delle <strong>con</strong>nessioni pari a50


L x L y L z N medio l media r junct r rod(µm) (µm) (µm) (µm) (µm) (µm)16 16 16 4689 1.00 1.00 0.80Tabella 3.1: Caratteristiche della rete di <strong>con</strong>nessioni progettata. L x , L y e L y sonole dimensioni del volume in cui è racchiuso il sistema, N medio il numero medio di rods(<strong>con</strong>nessioni) nelle 10 differenti realizzazioni di disordine, l media la lunghezza media dellerods, r junct la distanza per cui g(r) relativa alle giunzioni è massima, r rod la distanza percui g(r) relativa ai baricentri delle rods è massima.l media = 1 µm. In tabella 3.1 sono presenti le caratteristiche del sistemafotonico amorfo progettato.3.2.3 Proprietà di scattering di una singola <strong>con</strong>nessioneCome mostrato nel paragrafo sul trasporto della luce in sistemi <strong>con</strong> correlazione(equazioni 3.7, 3.8 e 3.9), lo studio delle proprietà di scattering di unsingolo elemento che compone la struttura fotonica, in approssimazione discattering indipendente, costituisce una delle informazioni base per la comprensionedelle proprietà di trasporto della luce in sistemi complessi.Nel caso della struttura tetrahedrally <strong>con</strong>nected dielectric network la singolaparticella scatterante può essere identificata <strong>con</strong> la rod cilindrica che costituiscela <strong>con</strong>nessione fra due giunzioni. Abbiamo già visto (capitolo 1) che,quando le dimensioni R della particella sono dello stesso ordine di grandezzadella lunghezza d’onda incidente (R ∼ λ), per particolari geometrie (es.sfere e cilindri infiniti), il problema definito dalle equazioni di Maxwell puòessere risolto in maniera esatta (soluzione di Mie [10, 11]). La principalecaratteristica della soluzione è la presenza nella sezione d’urto di scatteringdelle cosiddette risonanze di Mie, le quali dipendono dalla forma, dalle dimensionie dall’indice di rifrazione della particella. In figura 3.11 è mostratala sezione d’urto di scattering di un cilindro infinito ricavata <strong>con</strong> la teoria diMie. Recenti studi hanno ipotizzato un’influenza delle risonanze di Mie nellaformazione di bandgaps in sistemi fotonici periodici ed in sistemi dove nonvi è ordine a lungo raggio [40, 41, 58]. Uno studio preliminare della sezioned’urto di scattering del singolo elemento ci dà quindi un’idea più dettagliatacirca le geometrie del sistema da fabbricare in maniera tale che esso mostriinteressanti proprietà di trasporto della luce a lunghezze d’onda ottiche.Abbiamo già accennato che l’unità di scattering nel nostro caso è costituitada una rod, la quale, per semplicità è schematizzata come un cilindro di51


Figura 3.11: Sezioni d’urto di scattering per un cilindro infinito di diametro d = 500 µm<strong>con</strong> asse di simmetria ortogonale alla direzione di propagazione (asse z) dell’onda incidente.(a) Indice di rifrazione del cilindro n = 1.52 (analogo all’indice di rifrazione del polimeroIPL-780 utilizzato nella fabbricazione della struttura amorfa). (b) Indice di rifrazione delcilindro n = 3.5 (cilindro in silicio).dimensioni finite. Dal momento che per cilindri finiti non esiste una soluzioneesatta del problema definito dalle equazioni di Maxwell, ci siamo dovutiavvalere di metodi di calcolo numerico.Calcolo delle proprietà di scatteringPer il calcolo delle proprietà di scattering di una singola particella abbiamoutilizzato programma messo a disposizione in internet da Yu-lin Xu e B.Gustafson [59, 60]. Il metodo <strong>con</strong> cui il programma calcola le proprietà discattering di una singola particella è il metodo della T-matrix 1 [62–64]. Talemetodo è stato introdotto da P. C. Waterman nel 1965 e <strong>con</strong>siste nell’esprimereil campo incidente su una particella di forma arbitraria ed il camposcatterato in funzioni d’onda sferiche vettoriali (VSWFs). La T-matrix trasformai coefficienti legati all’espansione dell’onda incidente in quelli legatiall’espansione dell’onda scatterata. Nota la T-matrix, possiamo risalire alleproprietà di scattering della singola particella. Consideriamo una particelladi una determinata forma (non necessariamente sferica) e di dimensionifinite, e fissiamo l’origine del sistema di riferimento dentro la particella. Ilcampo incidente è dato da:E inc (R) = E inc e ikn incR = E inc⊥ e inc⊥+ Einc ‖ e inc‖(3.12)dove k = 2π/λ, R è il raggio vettore, e ⊥ e e ‖ sono i versori che definis<strong>con</strong>ole polarizzazioni, tali che n inc = e ⊥ ∧ e ‖ . La dipendenza temporale e −iωt1 Per una trattazione esaustiva si rimanda a [61].52


è inglobata nei campi. Nella regione di campo lontano (kR ≫ 1) l’ondascatterata diventa sferica, ed è data da:E sca (R) = E sca⊥ (R, n sca )e sca⊥+ Esca ‖ (R, n sca )e sca‖(3.13)dove n sca = R/R, R · E sca = 0. Si definisce la matrice di ampiezza di scatteringS la matrice 2 × 2 che trasforma linearmente le componenti del campoelettrico dell’onda incidente nelle componenti del campo elettrico dell’ondadiffusa. In questa notazione abbiamo:[ Esca⊥E sca‖]= eikRR S(n sca, n inc )[ ] Einc⊥E‖inc . (3.14)La matrice S dipende dalle direzioni dell’onda incidente e scatterata, dalledimensioni, dalla morfologia e dalla composizione della particella, e dallasua orientazione rispetto al sistema di riferimento. A partire dalla matricedi ampiezza di scattering possiamo calcolare tutte le altre caratteristichedi scattering della particella. Nel metodo della T-matrix [61–64] i campiincidente e diffuso sono espressi tramite funzioni vettoriali sferiche M mn ,N mn , M ′ mn e N ′ mncome segue:E inc (R) =E sca (R) =∞∑n∑n=1 m=−n∞∑n=1 m=−n[a mn M ′ mn (kR) + b mnN ′ mn(kR)] (3.15)n∑[p mn M mn (kR) + q mn N mn (kR)] (3.16)La relazione tra i coefficienti del campo diffuso (p mn e q mn ) e incidente (a mne b mn ) è lineare ed è data dalla matrice di transizione T (T-matrix):p mn =q mn =∞∑n ′ =1∞∑n ′ =1∑n ′m ′ =−n ′ [T 11mnm ′ n ′a m ′ n ′ + T 12mnm ′ n ′b m ′ n∑n ′m ′ =−n ′ [T 21mnm ′ n ′a m ′ n ′ + T 22mnm ′ n ′b m ′ n′] (3.17)′], (3.18)o in maniera compatta[ [ [ ] [ ]p a T11T= T =q]b]12 aT 21 T 22 . (3.19)bI coefficienti a mn , b mn , p mn e q mn possono essere espressi in funzione del campoincidente e del campo diffuso e quindi, <strong>con</strong>oscendo la matrice T per una53


data particella, si può risalire al campo diffuso e, tramite l’equazione 3.14,agli elementi della matrice di ampiezza di scattering. Una volta nota la matriceS, è possibile risalire alla sezione d’urto di scattering σ s ed al fattoredi anisotropia 〈cos θ〉, relativi al processo di scattering di un’onda elettromagneticada una particella.La caratteristica principale del metodo della T-matrix è che gli elementi diT non dipendono dai campi incidente e diffuso, ma dipendono esclusivamentedalla forma, dalle dimensioni, dall’indice di rifrazione della particella edalla sua orientazione rispetto al sistema di coordinate. A livello computazionalequesto metodo permette di calcolare T ed utilizzarla per ricavare leproprietà di scattering per tutte le differenti direzioni di incidenza e diffusionedella radiazione. Il programma utilizzato [59] per i nostri scopi calcolanumericamente la T-matrix tramite l’extended boundary <strong>con</strong>dition method(EBCM) [62–64], sfruttando la routine Fortran messa a disposizione da M.Mishchenko [65].Il programma di base utilizzato [59] è stato modificato in maniera tale da permettercidi analizzare spettralmente l’andamento della sezione d’urto totaledi scattering σ s e del fattore di anisotropia 〈cos θ〉, per le due polarizzazionidella radiazione. Il centro di scattering è costituito da un cilindro di diametrod = 0.5 µm ed altezza h = 1 µm. Le dimensioni del cilindro sono stateimpostate, coerentemente <strong>con</strong> i limiti posti dalla tecnica fabbricativa, in manieratale da avere uno scattering risonante per lunghezze d’onda ottiche. Laradiazione incidente è un’onda piana diretta lungo l’asse z del sistema di riferimento.Sono state studiate due diverse <strong>con</strong>figurazioni del cilindro: la prima<strong>con</strong> asse di simmetria parallelo alla direzione di incidenza della radiazione, lase<strong>con</strong>da <strong>con</strong> asse di simmetria ortogonale alla direzione di propagazione. Unoschema della disposizione del cilindro è mostrato in figura 3.12. Nei seguentiparagrafi sono mostrati i risultati ottenuti per cilindri <strong>con</strong> basso indice dirifrazione (n = 1.52, uguale a quello dell’IP-L) e <strong>con</strong> alto indice di rifrazione(n = 3.5, uguale a quello del silicio).Indice di rifrazione basso (n = 1.52)In figura 3.13 sono mostrati gli andamenti della sezione d’urto di scatteringe del fattore di anisotropia per cilindri <strong>con</strong> d = 0.5 µm, h = 1 µm e n = 1.52,ovvero <strong>con</strong> lo stesso indice di rifrazione del polimero (IP-L 780 ) utilizzatoper la fabbricazione delle strutture fotoniche amorfe. Nel caso di incidenzaortogonale all’asse di simmetria del cilindro σ s ha il massimo per entrambe lepolarizzazioni in prossimità di circa 2λ = nd. Questo risultato è praticamenteuguale alla soluzione esatta ottenuta per un cilindro di uguale diametro madi altezza infinita (fig. 3.11 (a)). Per incidenza parallela all’asse di simmetria54


Figura 3.12: Schema delle disposizioni del cilindro indagate rispetto alla radiazioneincidenteFigura 3.13: Sezione d’urto di scattering e fattore di anisotropia per cilindri <strong>con</strong> d =0.5 µm, h = 1 µm e n = 1.5255


Figura 3.14: Sezione d’urto di scattering e fattore di anisotropia per cilindri <strong>con</strong> d =0.5 µm, h = 1 µm e n = 3.5del cilindro questa risonanza si sposta verso lunghezze d’onda maggiori, comeci possiamo aspettare che avvenga per una particella di dimensioni maggiori.In quest’ultima <strong>con</strong>figurazione σ s si abbassa drasticamente in una regionecompresa fra 400 e 450 nm circa. Come vedremo, questo andamento provocaun aumento dello scattering mean free path l s (eq. 3.7) che è stato osservatosperimentalmente nelle strutture costruite. L’andamento del fattore dianisotropia (fig. 3.13 (b)) ci dice che per entrambe le <strong>con</strong>figurazioni del cilindroe per tutte le polarizzazioni l’onda scatterata si propaga in media nelsemispazio in avanti rispetto allo scatteratore.Indice di rifrazione alto (n = 3.5)In figura 3.14 sono mostrati gli andamenti della sezione d’urto di scatteringe del fattore di anisotropia per cilindri <strong>con</strong> d = 0.5 µm, h = 1 µm e n = 3.5,ovvero <strong>con</strong> indice di rifrazione simile a quello del silicio. Questa analisi risultamolto utile in quanto, come già accennato nel capitolo 2, le strutture fabbricate<strong>con</strong> il photoresist IP-L 780 possono essere “trasformate” in strutturein silicio tramite processi di doppia inversione [9]. Lo spettro di σ s mostrastrutture interessanti al suo interno e possiamo identificare la risonanza principalecompresa fra 2 µm e 3 µm. Anche in questo caso possiamo trovareanalogie <strong>con</strong> la soluzione analitica per cilindri infiniti (fig. 3.11 (b)). Perun’onda polarizzata ortogonalmente all’asse del cilindro, nel caso di cilindroinfinito, la sezione d’urto di scattering mostra una prima risonanza a 2.5µme cresce verso una se<strong>con</strong>da risonanza oltre 4.5µm. Questa risonanza non èosservata nel caso di cilindro finito. Per quanto riguarda un’onda polarizzataparallelamente all’asse del cilindro, sia il caso di cilindro infinito sia quello56


di cilindro di dimensioni finite mostrano due risonanze comprese tra 1.5 e2.5 µm. In questa regione spettrale il fattore di anisotropia diventa negativo,stando ad indicare una forte inibizione del trasporto di luce. Per grandilunghezze d’onda (> 4µm) 〈cos θ〉 → 0, ovvero lo scattering diventa isotropo.3.2.4 Fabbricazione delle struttureLe strutture sono state realizzate mediante la tecnica di direct laser writing(DWL), descritta nel capitolo 2, utilizzando lo strumento Nanoscribe. Lafabbricazione di strutture di elevata qualità e risoluzione tramite direct laserwriting costituisce un ambito di ricerca ancora poco esplorato e <strong>con</strong> elevatepotenzialità, in quanto tale tecnica dà la possibilità di <strong>con</strong>trollare <strong>con</strong> esattezzala struttura del sistema che stiamo fabbricando.Nonostante tale strumento sia abbastanza automatizzato, il processo di fabbricazionenecessita di un grande lavoro di prove, calibrazioni e di studiodei processi di sviluppo dei campioni per far sì che si ottengano le strutturedesiderate. Come già accennato nel capitolo 2, durante il processo di fabbricazionebisogna tener <strong>con</strong>to di molti parametri, quali ad esempio la potenzadella radiazione incidente e la durata dell’irraggiamento, la pulizia del substratodi vetro sul quale aderis<strong>con</strong>o i campioni, la qualità del polimero, latemperatura e l’umidità del laboratorio (che influenzano la stabilità del lasere l’efficienza di polimerizzazione), l’allineamento del sistema ottico. Neiparagrafi seguenti sono presentati i procedimenti relativi alla fabbricazionedelle strutture amorfe progettate (paragrafo 3.2.2).PhotoresistIl photoresist utilizzato per la fabbricazione delle strutture fotoniche amorfeè IP-L 780, fornito dalla ditta Nanoscribe (vedi cap. 2, sez. 2.4). Talemateriale garantisce un’ottima risoluzione ma una bassa stabilità meccanicadelle parti polimerizzate. In futuro verrà utilizzato un altro photoresist, IP-G 780, anch’esso prodotto da Nanoscribe. Esso garantisce maggiore rigiditàdelle regioni polimerizzate, e quindi una maggiore stabilità meccanica dellestrutture, caratteristica (come mostrerò in seguito) molto importante ai finidi ottenere campioni di elevata qualità. Questo a scapito, però, di una risoluzioneminore e di un processo di preparazione più complesso e lungo (talephotoresist necessita di un prebaking prima di essere utilizzato).57


Calibrazione dei parametri di scrittura laserSono stati effettuati diversi lavori di calibrazione nei quali sono stati fattivariare parametri di scrittura laser, quali la velocità di scrittura (ovvero lavelocità <strong>con</strong> cui si muove il portacampioni, ScanSpeed), la potenza del laser(Laserpower), il tempo di incremento e decremento della potenza del laser(Acceleration/DecelerationTime), il numero di linee affiancate che costituis<strong>con</strong>ouna rod (Linenumber) e la loro distanza (Linedistance) (vedi descrizionenel capitolo 2 paragrafo 2.5.2). Lo scopo è quello di trovare i valoriottimali che permettano di ottenere strutture forti abbastanza da rimanerein piedi ed una buona risoluzione e <strong>con</strong>trollo sulle dimensioni delle <strong>con</strong>nessioni(rods) di dielettrico.Il lavoro classico di calibrazione della potenza <strong>con</strong>siste nel disegnare linee cheaderis<strong>con</strong>o al substrato di vetro, a potenza crescente, a velocità di scritturacostante, in maniera tale da risalire alla potenza di soglia oltre la quale si hapolimerizzazione a due fotoni. Tale procedura è stata ripetuta per diversevelocità di scrittura. Nel caso in questione la struttura amorfa è costituitada una rete di <strong>con</strong>nessioni lunghe mediamente 1 µm. Tale lunghezza rendela fabbricazione delle strutture molto più complessa rispetto al caso di strutturequali woodpliles (presentati nel capitolo 4), che sono utilizzate ormaicome standard per il direct laser writing. Le linee del lavoro di calibrazionesono costituite da segmenti di 1 µm messi in successione fino a formare unalinea unica. Un’illustrazione schematica del lavoro di calibrazione della potenzadi scrittura è riportato in figura 3.15 (a), mentre in figura 3.15 (b) èriportata un’immagine al microscopio elettronico di un lavoro effettuato. Lacalibrazione <strong>con</strong> linee segmentate è necessaria in quanto simula le operazioniche il laser ed il cristallo piezoelettrico (che muove il campione) devonocompiere durante la scrittura delle strutture amorfe. Una volta arrivato altermine di un segmento il laser viene bloccato dal modulatore acusto ottico(AOM), il piezo muove il campione facendolo tornare nella posizione iniziale(coordinate (0, 0, 0)) e poi lo sposta sul punto iniziale del nuovo segmentofacendo ricominciare le operazioni di scrittura. In questa maniera è possibilecalibrare anche i tempi di accelerazione e decelerazione della potenzadel laser e la velocità di scrittura in maniera che si abbia una polimerizzazioneabbastanza uniforme anche nelle giunzioni. La velocità di scritturainfluenza molto la polimerizzazione in quanto, assieme alla potenza, fissa ladose di radiazione laser incidente sul photoresist. Velocità elevate sono ottimaliper scrivere strutture caratterizzate da linee lunghe senza giunzioni(es. woodpiles), mentre per fabbricare strutture caratterizzate da linee corteinter<strong>con</strong>nesse abbiamo bisogno di velocità ridotte in modo da avere buon<strong>con</strong>trollo sulla polimerizzazione alle giunzioni.58


Figura 3.15: (a) Schema di un lavoro di calibrazione della potenza del laser. (b) ImmagineSEM effettuate dopo aver deposto sul campione uno strato di 10 nm di materiale<strong>con</strong>duttivo (oro), di un lavoro di calibrazione della potenza.Una volta trovati parametri che definis<strong>con</strong>o la soglia di polimerizzazione, sonostate fabbricate piccole strutture amorfe di prova variando leggermentetali parametri in maniera tale da trovare quelli che garantissero maggiorestabilità meccanica alle strutture e limitassero i problemi legati a shrinkagee bending (vedi capitolo 2).Il successivo lavoro di calibrazione agisce invece sui parametri Linenumbere Linedistance che agis<strong>con</strong>o sul numero di linee costituenti una rod e sullaloro distanza. Lo scopo di questa calibrazione è quello di ottenere rodsaventi una base <strong>con</strong> ridotta ellitticità (aspect ratio, ovvero il rapporto fra gliassi maggiore e minore della base, che tende all’unità) nonostante la formaellissoidale del voxel (vedi capitolo 2 sez. 2.3). Fissati potenza incidente, velocitàdi scrittura, tempi di incremento e decremento della potenza del laser,Linenumber e Linedistance, vengono disegnate linee orizzontali segmentate,ciascuna però ad una distanza dal substrato di vetro leggermente maggioredi quella immediatamente precedente. In tal modo alcune linee aderirannoal substrato di vetro, mentre altre si ripiegheranno e si adageranno sul substratoappoggiandosi sul fianco. In questa maniera è possibile analizzare leimmagini SEM per misurare sia lo spessore delle linee sul piano del substratodi vetro, sia lo spessore lungo la direzione ortogonale ad esso. Questa proceduraè stata ripetuta per diversi valori di Linenumber e Linedistance. Infigura 3.16 (a) è riportato uno schema della procedura ideata per effettuarela calibrazione dell’aspect ratio della rod. L’immagine (b) ritrae una rodeffettuata <strong>con</strong> il parametro Linenumber impostato sul valore 1, ma <strong>con</strong> una59


potenza di scrittura troppo elevata. Con questi parametri il rapporto fra glispessori orizzontale e verticale della rod è d/h = 2/9, ovvero la base dellarod ha un’elevata ellitticità. In fig. 3.16 (c) il paramentro Linenumber è impostatosul valore 2. Risulta evidente dall’andamento a serpente della lineasegmentata la non uniformità della polimerizzazione all’inizio ed alla fine diciascun segmento dovuta alla troppa differenza fra i tempi di incremento edecremento della potenza del laser (<strong>con</strong> il comando Linenumber 2 ogni segmentoè composto da una linea scritta dal punto iniziale a quello finale delsegmento ed una linea scritta dal punto finale a quello iniziale del segmento,vedi capitolo 2 paragrafo 2.5.2). In fig. 3.16 (d) il parametro Linenumberè impostato sul valore 3 ma risulta evidente che la separazione fra le lineeche compongono la rod (Linedistance) è troppo elevata. In fig. 3.16 (e) ed(f) sono riportate immagini di rods fabbricate <strong>con</strong> parametri ottimali per inostri scopi, utilizzati per la fabbricazione delle strutture fotoniche amorfe(parametri riportati in tabella 3.2). Con questi parametri otteniamo unaaspect ratio pari a d/h = 0.9Difficoltà nella fabbricazioneIn figura 3.17 sono riportate immagini SEM di alcune delle difficoltà più frequentiaffrontate durante il processo di fabbricazione delle strutture amorfe.Tali difficoltà riguardano soprattutto la stabilità meccanica delle strutture esono essenzialmente dovute ad effetti di prossimità nel polimero che causanoil mescolamento delle regioni polimerizzate (figura 3.17 (a)), e ad effetti direstringimento (figura 3.17 (b)) e di piegamento (figura 3.17 (c)) delle partipolimerizzate (cap. 2, sez. 2.4). A causa della loro natura disordinatale strutture amorfe risultano strutturalmente instabili e molto fragili. Talidifficoltà rendono il processo di fabbricazione delle strutture fotoniche moltocomplesso ed al momento non esistono sistemi fotonici analoghi al nostrofabbricati tramite direct laser writing.Un’ottima adesione delle parti polimerizzate al substrato di vetro sul qualesono cresciute è di fondamentale importanza per la stabilità delle strutture.Per ottenere ciò il primo accorgimento da prendere è di assicurarsi cheil substrato sia accuratamente pulito. Il vetrino viene quindi prima pulito<strong>con</strong> acetone (utilizzando le apposite salviette per pulire le ottiche), poi <strong>con</strong>isopropanolo ed infine lo sporco residuo è rimosso <strong>con</strong> un flusso di azoto. Pergarantire la massima adesione della struttura al substrato è compiuta unatraslazione verticale delle coordinate della struttura di 1.5 µm verso l’internodel substrato (in riferimento al capitolo 2 paragrafo 2.5.2 è stato importatoil comando FindInterfaceAt 1.5 ). In questo modo le operazioni di scritturainiziano all’interno del substrato di vetro dandoci la sicurezza che le <strong>con</strong>-60


Figura 3.16: Immagini SEM di alcuni lavori di calibrazione dell’aspect ratio della rodeffettuate dopo aver deposto sui campioni uno strato di 10 nm di materiale <strong>con</strong>duttivo(oro). (a) Schema della procedura di calibrazione. In rosso è riportata la sezione ellissoidaledella rod. (b) Linenumber 1, potenza troppo elevata (si noti la grande differenza fragli spessori delle linee). (c) Linenumber 2, troppa differenza fra i tempi di incremento edecremento della potenza (l’andamento a serpente è dovuto al fatto che si ha polimerizzazionedurante la fase di incremento della potenza, ovvero all’inizio della linea, ma non nellafase di decremento). (d) Linenumber 3, Linedistance troppo grande (le 3 linee affiancateche costituis<strong>con</strong>o ciascuna linea sono troppo separate l’una dall’altra). (e), (f) Parametriottimali, usati in seguito per la fabbricazione delle strutture.61


Figura 3.17: Immagini SEM, effettuate dopo aver deposto sui campioni uno strato di10 nm di materiale <strong>con</strong>duttivo (oro), di alcuni tipici problemi ris<strong>con</strong>trati durante la fabbricazionedelle strutture. (a) Collasso della struttura durante le operazioni di sviluppo<strong>con</strong> merging delle rods. (b) Restringimento della struttura e distacco delle rods dai muri.(c) Piegamento delle rods. (d) Fragilità delle strutture, perdita di molte giunzioni e<strong>con</strong>nessioni.62


nessioni delle parti inferiori della struttura siano aderenti al vetro. Questaoperazione è resa necessaria dalla natura disordinata della struttura progettata,nella quale le <strong>con</strong>nessioni non hanno una direzione privilegiata e dovenon è possibile definire alcun layer. Problemi di questa natura non si rilevanoper strutture layered come ad esempio i woodpiles, nelle quali abbiamo lacertezza che lo strato inferiore aderisce al substrato di vetro.Il fatto che l’IP-L sia un photoresist liquido impone che la sequenza di scritturanon possa essere arbitraria. Il programma che genera la rete inter<strong>con</strong>nessa(vedi appendice A) fa in modo tale che il punto iniziale del tracciato da polimerizzaresia in prossimità del punto finale del tracciato precedentementepolimerizzato. Questo fa sì che si crei una rete polimerica inter<strong>con</strong>nessa sindall’inizio del processo di scrittura, evitando la possibilità di avere giunzionipolimerizzate sospese nel liquido. Per lo stesso motivo la direzione di scritturaè eseguita dal basso verso l’alto, ovvero si cominciano a polimerizzare legiunzioni inferiori in maniera che aderiscano al substrato, e successivamentequelle superiori. L’utilizzo di IP-G come photoresist dovrebbe risolvere parzialmentequeste difficoltà in quanto è un materiale ad alta viscosità. Questofatto aiuterà nella realizzazione di sistemi complessi e disordinati che richiedonosequenze di scrittura non <strong>con</strong>venzionali.Una difficoltà importante è costituita dal restringimento delle parti polimerizzatedurante il processo di sviluppo. Questo effetto è maggiore per glistrati superiori delle strutture, ovvero quelli che non aderis<strong>con</strong>o al substratodi vetro. Per alcuni photoresists tale difficoltà è superata cir<strong>con</strong>dando lestrutture <strong>con</strong> mura stabilizzanti molto spesse [66]. Abbiamo invece notatocome per le strutture amorfe in IP-L 780 questo espediente non risolvesse ilproblema, anzi aggiungesse ulteriori problematiche di adesione e tensioni neipunti di <strong>con</strong>tatto delle rods <strong>con</strong> le mura (figura 3.17 (b)).Successi fabbricativiNonostante le difficoltà appena descritte, sono state progettate e realizzate10 strutture fotoniche amorfe (10 differenti realizzazioni di disordine) le cuicaratteristiche medie sono riportate in tabella 3.1. Lo spessore effettivo diciascuna struttura è L z ≃ 14.5 µm avendo cominciato la scrittura ad unaprofondità di 1.5 µm all’interno del substrato di vetro. Dallo studio dellecalibrazioni dell’aspect ratio delle rods sono stati scelti parametri che fornis<strong>con</strong>ouno spessore “orizzontale” della rod pari a d ≃ 0.45 µm, mentre unospessore “verticale” pari a h ≃ 0.55 µm. I parametri di scrittura utilizzatiper la fabbricazione delle strutture sono riportati in tabella 3.2. In figura 3.18è riportata l’immagine SEM di un campione <strong>con</strong>tenente 10 strutture amorfe,mentre in figura 3.19 sono presentati alcuni particolari di tali strutture.63


Figura 3.18: Immagine SEM di un campione <strong>con</strong> 10 differenti realizzazioni di disordineLaserPower 4.60 mWScanSpeed 20 µm/sAccelerationTime 0.020 msDecelerationTime 0.085 msFindInterfaceAt 1.5 µmLineNumber 3LineDistance 150 nmTabella 3.2: Valori dei parametri principali utilizzati per la fabbricazione delle struttureamorfe. La spiegazione di tali parametri è riportata nel capitolo 2.Osservando la figura 3.19 risulta evidente che le strutture fabbricate sonofedeli a quelle progettate. La tetraedricità delle <strong>con</strong>nessioni è ben visibile edil restringimento degli strati superiori delle strutture è limitato. Purtroppo ledifficoltà descritte nel paragrafo precedente hanno permesso la fabbricazionedi strutture di dimensioni ridotte (16 µm × 16 µm × 14.5 µm). Le dimensioniridotte delle strutture fabbricate rendono molto difficoltosa la loro caratterizzazioneottica. A causa delle ridotte dimensioni sul piano del substrato laradiazione focalizzata nei campioni tende infatti ad uscire dai bordi lateralidelle strutture dopo essere stata scatterata. Allo stato attuale strutture piùgrandi hanno mostrato una sensibile instabilità meccanica. Una soluzionea tale problema potrebbe essere costituita dall’utilizzo di un altro tipo diphotoresist, l’ IP-G.64


Figura 3.19: Immagini SEM di alcuni particolari delle strutture amorfe realizzate. In (c)è presente un’immagine ottenuta inclinando il campione a 45°. In (d) è messo in evidenzail restringimento (seppur abbastanza ridotto) degli strati superiori della struttura.65


3.3 Caratterizzazione otticaLa caratterizzazione ottica effettuata sulle strutture fotoniche amorfe fabbricate<strong>con</strong>siste nella misura dello scattering mean free path attraverso l’analisispettrale della luce balistica trasmessa dal campione nell’approssimazione discattering indipendente. Le misure effettuate costituis<strong>con</strong>o quindi una caratterizzazionepreliminare dei campioni. Le dimensioni ridotte dei campionifabbricati hanno impedito di caratterizzare le strutture <strong>con</strong> la misura deltransport mean free path tramite l’analisi della trasmissione totale dal campione,misure del profilo del fascio, e misure time resolved. Per queste misureoccorre che le dimensioni del campione siano sufficientemente grandi da garantireche la luce scatterata non esca dai bordi dei campioni. Occorre inoltreuno spessore tale da essere nel regime di scattering multiplo, in maniera dapoter studiare come la presenza di correlazioni influisce nelle proprietà ditrasporto della luce.3.3.1 Misura dello scattering mean free path (l s )Lo scopo di questa caratterizzazione è quello di ricavare lo scattering meanfree path l s dall’analisi spettrale su larga banda (400 nm ÷ 1000 nm) dellaluce balistica trasmessa dal campione. La relazione tra la trasmissione T elo scattering mean free path nel regime di scattering debole (kl > 1) è datadalla legge di Lambert-Beer:T = I I 0= e −Ll ,l = −Lln T , (3.20)dove I è l’intensità della luce balistica (ovvero quella non rimossa dal fascioiniziale) trasmessa dal campione, I 0 l’intensità incidente, L è lo spessore delcampione lungo la direzione di incidenza della luce, l è l’extinction mean freepath, il quale tiene in <strong>con</strong>siderazione tutti i processi per cui la luce vienerimossa dal fascio incidente. Nel nostro caso il campione non presenta assorbimentoper le lunghezze d’onda indagate, quindi possiamo <strong>con</strong>siderarel = l s , ovvero l’unico fattore che rimuove la luce dal fascio è lo scatteringelastico <strong>con</strong> le unità che compongono la struttura. Nell’equazione 3.20 è statatrascurata la riflettività dall’interfaccia aria-struttura in quanto l’indice dirifrazione effettivo del materiale è prossimo a quello dell’aria data la scarsadensità del sistema (filling fraction ∼ 0.2).La misura della luce balistica ci permette di ricavare l s dato dall’equazione3.7 che <strong>con</strong>sidera eventi di scattering indipendenti l’uno dall’altro. Questo66


Figura 3.20: Schema dell’apparato sperimentale usato nella misura dello scattering meanfree path.perché è sufficiente un singolo evento di scattering per modificare la direzionedel fotone e quindi rimuovere la luce dal fascio. Nonostante essa sia unacaratterizzazione preliminare e <strong>con</strong>cettualmente molto semplice, le dimensioniridotte dei campioni costruiti hanno reso queste misure molto complessedal punto di vista sperimentale. Una caratterizzazione più completa, chepermetta di ricavare informazioni sul trasporto della luce in presenza di correlazioni,potrà essere effettuata solo quando le nostre capacità fabbricative cipermetteranno di costruire strutture <strong>con</strong> superficie più grande e <strong>con</strong> maggiorespessore.Apparato sperimentale ed operazioni di misuraIn figura 3.20 è riportato uno schema dell’apparato sperimentale utilizzatoper le misure di scattering mean free path. La sorgente utilizzata è unasorgente super<strong>con</strong>tinua LEUKOS SM-8-OEM. Essa è costituita da un seedlaser a 1064 nm <strong>con</strong> impulsi di circa 1 ns e frequenza di ripetizione 8 KHziniettato in una fibra a cristallo fotonico (PCF ) in maniera tale da generareun allargamento spettrale tramite effetti non lineari di <strong>con</strong>versione in frequenza.Le specifiche tecniche della sorgente sono riportate in tabella 3.3. Ilfascio in uscita dalla fibra ottica a cristallo fotonico è collimato tramite unobbiettivo Olympus MS Plan 10X <strong>con</strong> apertura numerica NA = 0.30, ingrandimento10X e working distance pari a 10.20 mm. Il fascio è focalizzatosul campione tramite un obbiettivo Carl Zeiss EPIPLAN <strong>con</strong> apertura numericaNA = 0.20, ingrandimento 10X e working distance pari a 14.3mm. Ilcampione è montato su un supporto tipo polarizzatore, il quale permette un67


Spectral bandwidth 420 nm − 2200 nmTotal average power > 20 mWSeed repetition rate ∼ 8 KHzSeed pulse width∼ 1 nsPower stability ±1.5 %Spatial mode Single mode T M 00Polarization state UnpolarizedTabella 3.3: Caratteristiche tecniche della sorgente super<strong>con</strong>tinua LEUKOS SM-8-OEM.movimento di rotazione attorno all’asse ottico del fascio laser incidente. Frail campione e l’obbiettivo di focalizzazione, quasi a <strong>con</strong>tatto col campione, èposto un pinhole di diametro pari a 11.3 µm <strong>con</strong> lo scopo di pulire il fasciodal rumore dovuto a fenomeni di diffrazione e di interferenza generati dalleottiche del sistema. La pulizia del fascio è necessaria per investigare unalarga banda spettrale, in quanto ci permette di compensare la dispersionecromatica causata dalle ottiche (soprattutto dall’obbiettivo di focalizzazione)particolarmente forte per lunghezze d’onda inferiori a 500 nm. Il pinholeed il campione sono molto vicini fra loro in quanto è necessario che entrambisiano in prossimità del fuoco del fascio incidente. La luce balistica è raccoltaa grandi distanze dal campione (∼ 25 cm) tramite una lente asferica e focalizzatain una fibra ottica. La fibra è accoppiata ad uno spettrometro a fibraottica Ocean Optics USB 2000 che <strong>con</strong>tiene al suo interno un apparato dirivelazione (CCD).La necessità di effettuare una caratterizzazione spettrale su larga banda haimposto una serie di accorgimenti durante le misure oltre l’introduzione delpinhole. Lo spettro fra 400 nm e 1000 nm è stato diviso in 4 parti, nelle qualisono stati utilizzati differenti filtri cromatici, per compensare il limitato dynamicrange dei rivelatori (< 10 3 ), e due diversi rivelatori Ocean Optics. Illimitato dynamic range dei rivelatori ha inoltre imposto l’utilizzo di un filtroneutral density per la misura di I 0 , ovvero la luce raccolta in assenza delcampione. Tale filtro è stato calibrato spettralmente effettuando una misuradello spettro della luce incidente in assenza del filtro ed in presenza di esso.In tabella 3.4 sono mostrate le componenti usate. I campioni sono costituitidalle 10 strutture amorfe realizzate (vedi paragrafo 3.2.4). Dopo ciascunamisura di trasmissione attraverso il campione è stata effettuata una misuradi referenza dell’intensità I 0 della radiazione trasmessa dal substrato divetro sul quale aderis<strong>con</strong>o le strutture. In questa maniera possiamo risalireall’intensità effettiva trasmessa dalle strutture.68


λ Filtro cromatico Rivelatore400 nm ÷ 440 nm Band Pass 40 nm a Ocean Optics USB400 nm2000 200 nm ÷ 850 nm420 nm ÷ 610 nm Ocean Optics USB2000 200 nm ÷ 850 nm600 nm ÷ 860 nm Long Pass 610 nm Ocean Optics USB2000 550nm÷1100nm840 nm ÷ 1000 nm Long Pass 850 nm Ocean Optics USB2000 550nm÷1100nmTabella 3.4: Componenti utilizati nelle misure di trasmissione.Risultati sperimentali e <strong>con</strong>fronto <strong>con</strong> la teoriaIn figura 3.21 è mostrato lo spettro di trasmissione relativo alle struttureamorfe analizzate. Lo spettro è il risultato di una media sulle 10 differentirealizzazioni di disordine fabbricate. L’intensità trasmessa è molto bassa(T ∼ 10 −3 ) su tutto lo spettro, segno evidente che le strutture fabbricatediffondono la luce in maniera sensibile. Si può notare chiaramente un piccodi trasmissione fra 410 e 430nm (inset in figura 3.21). Questo picco nella trasmissionecoincide <strong>con</strong> la drastica riduzione della sezione d’urto di scatteringdella singola rod osservata nei calcoli teorici per incidenza parallela all’assedi simmetria del cilindro (figura 3.13). Dopo il primo picco la trasmissioneaumenta all’aumentare della lunghezza d’onda.Lo scattering mean free path è stato ricavato dalle misure di trasmissione tramitela legge di Lambert-Beer (equazione 3.20), <strong>con</strong>siderando lo spessore delcampione fabbricato lungo la direzione di incidenza della luce (L z = 14.5µm),ed è mostrato in figura 3.22. Nello stesso grafico è mostrato l’andamento delloscattering mean free path calcolato in maniera teorica a partire dalla sezioned’urto di scattering di una singola rod. Il calcolo teorico di l s è stato effettuatotramite l’equazione 3.7 a partire dalla <strong>con</strong>oscenza della sezione d’urtodi scattering per una singola rod (paragrafo 3.2.3), <strong>con</strong>siderando un sistemacomposto da rods cilindriche di diametro d = 1 µm ed altezza h = 0.5 µm<strong>con</strong> la stessa densità numerica del sistema fabbricato (vedi tabella 3.1). Perottenere l s l’orientazione dei cilindri è stata randomizzata, ovvero è statacalcolata una media della sezione d’urto di scattering sulle tre <strong>con</strong>figurazionidel cilindro studiate (incidenza luce lungo asse z, cilindro <strong>con</strong> asse paralleloa asse x; incidenza luce lungo asse z, cilindro <strong>con</strong> asse parallelo a asse y;incidenza luce lungo asse z, cilindro <strong>con</strong> asse parallelo a asse z) e sulle polarizzazioni.Nonostante sia la misura sperimentale sia la trattazione teorica69


Figura 3.21: Spettro di trasmissione relativo alle strutture amorfe fabbricate. i quattrosimboli differenti sottolineano le quattro parti in cui è stato suddiviso lo spettro per riusciread effettuare le misure (vedi tabella 3.4).Figura 3.22: Confronto fra l s misurato e l s calcolato a partire dalla <strong>con</strong>oscenza dellasezione d’urto di scattering da una singola rod. Le due rette mettono in evidenza comel s teorico e misurato mostrino lo stesso incremento all’aumentare della lunghezza d’onda(∼ 0.0017 µm/nm).70


siano caratterizzazioni preliminari, si nota come l’andamento sperimentale dil s segua l’andamento di quello teorico, seppure mostrando valori di poco piùelevati. Le differenze di valori sono imputabili al fatto che dalle immaginiSEM non otteniamo una <strong>con</strong>oscenza precisa del sistema fabbricato. In questamaniera, la schematizzazione fatta a livello teorico, dove si è <strong>con</strong>sideratounarod cilindrica di lungezza 1 µm e diametro 0.5 µm, può non rispecchiareprecisamente le caratteristiche geometriche del sistema reale.Dai risultati sperimentali si comprende quindi che le strutture fabbricate sonostrutture molto “scatteranti”. Nonostante il sistema fabbricato abbia un <strong>con</strong>trastodi indice molto basso lo scattering mean free path misurato (ed anchequello calcolato) risulta breve e paragonabile a quello di sistemi caratterizzatida un alto <strong>con</strong>trasto di indice di rifrazione, come materiali ceramici [67].71


Capitolo 4Woodpiles <strong>con</strong> centri didisordineIn questo capitolo verranno presentati sistemi fotonici caratterizzati dall’introduzionedi centri di disordine all’interno di una struttura periodica. L’approccioallo studio del disordine è quindi diametralmente opposto a quelloadottato nel capitolo 3, in cui sono stati studiati sistemi caratterizzati dall’introduzionedi ordine in strutture complessivamente disordinate.La struttura che costituisce la base ordinata dei sistemi studiati in questocapitolo è il cristallo fotonico woodpile [20]. Tale sistema è già stato ampiamentestudiato [19, 20, 68], in quanto la sua particolare struttura layeredne permette la fabbricazione mediante tecniche litografiche ben collaudate,tipicamente utilizzate per sistemi bidimensionali. È stato mostrato che perdeterminati filling fraction (rapporto fra il volume del materiale ad alto indicedi rifrazione e il volume totale del sistema) e <strong>con</strong>trasto di indice dirifrazione, il cristallo fotonico woodpile possiede una bandgap fotonica moltoampia [19].In questo capitolo sono proposti woodpiles polimerici, fabbricati mediantedirect laser writing, nei quali sono stati introdotti centri di disordine in bassa<strong>con</strong>centrazione. La presenza di tali imperfezioni modifica il comportamentodella luce all’interno del cristallo fotonico, causando deviazioni dal comportamentodovuto alla natura periodica delle strutture. Le strutture fabbricate,dato il basso <strong>con</strong>trasto di indice di rifrazione aria-polimero, non possiedonouna bandgap completa, ma una stop band esclusivamente nella direzione normaleal piano individuato dai layers che costituis<strong>con</strong>o il cristallo. In figura4.1 è mostrato un esempio di struttura a bande per un woodpile <strong>con</strong> reticolofcc ad alto <strong>con</strong>trasto di indice di rifrazione [69].Questa parte del lavoro di tesi si inserisce in un progetto di ricerca già avviato,che mira a studiare come l’introduzione di piccole quantità di disordine73


Figura 4.1: Esempio di struttura a bande calcolata per un woodpile <strong>con</strong> reticolo fcc, rodsa sezione ellittica di spessore d = 0.25 a (a periodicità sul piano del layer), <strong>con</strong> costantedielettrica ɛ = 11.76 [69].influenza le proprietà di trasporto della luce in sistemi ordinati. La tecnicafabbricativa del direct laser writing ci fornisce la possibilità unica di <strong>con</strong>trollaree progettare il disordine all’interno delle strutture. Questo approccio èuna novità nello studio di sistemi fotonici ordinati <strong>con</strong> centri di disordine.Finora infatti la presenza di disordine in strutture periodiche era il risultatodi difetti intrinseci nei processi fabbricazione [6].Nella prima parte del presente capitolo è fornita un’overview sulla strutturafotonica woodpile. Successivamente sono presentati i campioni fabbricati, costituitida un woodpile senza disordine e tre woodpiles <strong>con</strong> differenti (basse)<strong>con</strong>centrazioni di disordine, ed una loro caratterizzazione ottica. Il processodi fabbricazione delle strutture è invece trattato in maniera molto breve, inquanto non fa parte di questo lavoro di tesi.4.1 La struttura woodpileLa struttura woodpile <strong>con</strong>siste in una successione di layers costituiti darods parallele di dielettrico. L’orientazione delle rods appartenenti ad unlayer è ortogonale a quella delle rods dei layers adiacenti. La sequenza dilayers per cui è possibile aprire una stop band per la struttura woodpile èABCDABCD . . . , dove C e D sono layers <strong>con</strong> la stessa orientazione rispet-74


Figura 4.2: Immagine schematica di una struttura woodpile. A destra è presenteun ingrandimento, <strong>con</strong> sequenza dei layers ABCDA, dove sono evidenziate le grandezzefondamentali in un woodpile [70].tivamente di A e B traslati orizzontalmente di una quantità pari alla metàdella separazione fra rods [20]. Una rappresentazione schematica di questastruttura è mostrata in figura 4.2. Se<strong>con</strong>do le notazioni riportate in figura,a è la distanza fra rods adiacenti, d ed h sono gli spessori della rod rispettivamentesul piano del layer e lungo la direzione ortogonale ad esso, c è laperiodicità della struttura lungo la direzione ortogonale ai piani individuatidai layers.La simmetria del reticolo dipende dal rapporto c/a. Dalla figura 4.3 si osservacome la simmetria della zona di Brillouin cambia al variare di talerapporto. La struttura bcc (body-centered-cubic) si ottiene per c/a = 1, lastruttura fcc (face-centered-cubic) invece per c/a = √ 2. Per altri valori dic/a abbiamo una generica struttura ct (centered-tetragonal) [70]. In cristallifotonici woodpiles la simmetria del reticolo influisce sulla posizione della stopband [69]. In particolare per c/a che va da 1 a √ 2 (ovvero andando da unreticolo bcc ad un reticolo fcc) abbiamo un redshift della posizione del centrodella gap. La posizione della gap dipende inoltre dalle dimensioni complessivedel sistema (naturale <strong>con</strong>seguenza delle proprietà di scala dei cristalli fotonici)e dalla filling fraction del sistema. Incrementando il volume del materialedielettrico rispetto all’aria (ovvero aumentando lo spessore delle rods), si haun redshift nella lunghezza d’onda della gap.75


Figura 4.3: Woodpiles <strong>con</strong> differenti rapporti c/a. La simmetria della zona di Brillouincambia al variare di tale rapporto [69].4.2 Campioni fabbricatiI campioni fabbricati sono costituiti da una struttura ordinata di base etre strutture ottenute inserendo centri di disordine (scatteratori) in questastruttura. Le strutture sono state fabbricate mediante direct laser writingnel gruppo di ottica dei sistemi complessi, LENS, all’interno quale è statosvolto questo lavoro di tesi. La procedura di fabbricazione risulta complessivamentepiù semplice rispetto a quanto descritto nel capitolo 3. Trattandosidi strutture ordinate, in cui ogni layer poggia su quello inferiore, tali strutturenon soffrono di particolari problemi di stabilità meccanica. La presenzadi rods molto lunghe (100 µm) e l’assenza di giunzioni (tipiche invece deisistemi fotonici amorfi) rendono più semplici le procedure di calibrazione deiparametri di scrittura laser, potendo <strong>con</strong>centrarsi esclusivamente sulla ricercadella soglia di polimerizzazione, senza preoccuparsi delle difficoltà relativealla polimerizzazione agli estremi delle rods (vedi capitolo 3).La struttura ordinata, che costituisce il background delle strutture fabbricate,è un woodpile le cui caratteristiche progettate sono riportate in tabella 4.1.A causa del basso <strong>con</strong>trasto di indice di rifrazione tale struttura non possiedeuna bandgap completa, ma solo una stop band per incidenza normaleai piani dei layers. I centri di disordine sono costituiti da ispessimenti nellarod distribuiti in maniera casuale all’interno del campione. Essi sono ottenutidurante il processo di fotopolimerizzazione sovraesponendo determinatipunti delle rods alla radiazione laser.76


L x L y N L a c Simm.(µm) (µm) (µm) (µm)100 100 24 1 1.414 fccTabella 4.1: Caratteristiche del woodpile progettato che costituisce il background periodicodei campioni fabbricati. L x ed L y sono le dimensioni sul piano del substrato di vetro,ovvero le dimensioni laterali di ciascun layer, N L è il numero di layers, a è la distanza frarods e c la periodicità nella direzione ortogonale al layer (fig. 4.2). Simm. è la simmetriadel reticolo.Sigla struttura N s n s n V(µm −3 )WP 0 0 0WPD1000 1000 1/60 0.012WPD3000 3000 1/20 0.036WPD6000 6000 1/10 0.072Tabella 4.2: Caratteristiche dei campioni progettati. N s è il numero di scatteratoriinseriti nella struttura, n s il numero di scatteratori per cella unitaria, n V la densità discatteratori.Le strutture disordinate si differenziano tra loro in base alla <strong>con</strong>centrazione discatteratori presente nel background periodico. In tabella 4.2 sono riportatele sigle delle strutture in riferimento al numero di centri di disordine inseritinella struttura ordinata di base.4.3 Caratterizzazione SEMIn questa sezione è presentata una caratterizzazione delle strutture al microscopioelettronico SEM. Tale analisi, seppur presentata all’inizio del capitolo,è stata fatta solo dopo aver caratterizzato otticamente le strutture. Infatti,dal momento che le strutture sono in materiale polimerico isolante, per riuscirea vederle al microscopio elettronico è stato necessario ricoprirle di unsottile strato di materiale <strong>con</strong>duttivo (oro) tramite l’utilizzo di uno sputtercoater. Dall’analisi al microscopio elettronico è possibile evincere la qualitàdelle strutture fabbricate. Possiamo quantificare gli effetti dovuti al restringimento(shrinkage, vedi capitolo 2) del polimero che avviene durante la fasedi sviluppo dei campioni attraverso i solventi. Possiamo inoltre misurare la77


Figura 4.4: ((a) Immagine SEM del woodpile senza disordine (WP). (b) Particolare dellostesso woodpile che mette in evidenza l’effetto di restringimento (shrinkage) del polimero<strong>con</strong> <strong>con</strong>seguente distacco della struttura dalle mura rinforzanti.distanza a fra le rods che costituis<strong>con</strong>o ciascun layer del woodpile ed avereun’idea sullo spessore d della rod sul piano individuato dai layers.WoodpileIn figura 4.4 (a) è mostrata l’immagine SEM dell’intera struttura. La strutturawoodpile (così come le altre strutture fabbricate) è cir<strong>con</strong>data da spessemura rinforzanti. Lo scopo di tali mura è di aumentare la stabilità meccanicadelle strutture <strong>con</strong>trastandone il restringimento (shrinkage) che avviene duranteil processo di sviluppo del polimero. Le dimensioni laterali della strutturasono pressoché uguali ai parametri di progettazione (100 µm × 100 µm).Si può notare come le mura siano leggermente piegate. L’effetto di shrinkagedella struttura è evidenziato nella figura 4.4 (b). Le forze associate alrestringimento del polimero hanno staccato in diversi punti il woodpile dallemura rinforzanti. Questo effetto è stato quantificato in circa 5 µm di restringimentonella regione del campione dove questo effetto è massimo. A causadel restringimento la distanza fra le rods (periodicità a) adiacenti alle murarisulta compressa e sensibilmente differente dal valore impostato (1 µm).Nonostante le difficoltà dovute allo shrinkage, la struttura appare di ottimaqualità e nelle zone non adiacenti alle mura la periodicità risulta uniforme.Un particolare della struttura è mostrato nell’immagine SEM (ad elevatoingrandimento) presente in figura 4.5 (a). Elaborando questa immagine alcomputer è possibile misurare la distanza a fra le rods del layer superiore78


Figura 4.5: (a) Immagine SEM ad elevato ingrandimento del woodpile. (b) Intensitàdei pixel corrispondenti ad una sezione orizzontale dell’immagine. I picchi meno intensicorrispondono alle rods appartenenti al layer inferiore.(fig. 4.5 (b)). L’immagine ingrandita viene sezionata e l’intensità dei pixelsè riportata in grafico. Ciascun picco corrisponde ad una rod. I picchi diintensità maggiore corrispondono alle rods del layer superiore, mentre quellidi intensità inferiore a quelle appartenenti al layer inferiore. Il risultatodella misura di a è frutto di una media effettuata su diverse immagini SEMprese in diversi punti della struttura. Per il campione in questione risultaa = (956.3 ± 8.0) nm.Dalle immagini SEM è possibile stimare in maniera approssimativa lo spessored della rod sul piano. A causa della risoluzione del microscopio elettronicoa nostra disposizione, l’analisi non può essere molto accurata. Per il woodpileè stato stimato uno spessore d di circa 185 nm.Dall’analisi al microscopio elettronico non è possibile risalire alla periodicitàc lungo la direzione ortogonale al piano definito dai layers e quindi nonè possibile risalire allo shrinkage lungo questa direzione. Una stima dellaperiodicità c verrà presentata in seguito.Woodpiles <strong>con</strong> centri di disordineIn figura 4.6 sono mostrate immagini SEM relative alle strutture nominateWPD1000, WPD3000 e WPD6000. Si può osservare come anche questestrutture risultino di elevata qualità. Da un <strong>con</strong>fronto delle figure 4.6 (a), (b)e (c) si nota chiaramente l’aumento della <strong>con</strong>centrazione di difetti (scatteratori)all’interno della struttura periodica di base. In prima approssimazionepossiamo <strong>con</strong>siderare tali scatteratori come delle sfere di dielettrico. Dall’os-79


Figura 4.6: (a)(a’) WPD1000, (b)(b’) WPD3000, (c)(c’) WPD6000. I cerchi evidenzianodue scatteratori.80


Strutturaa(nm)WP 956.8 ± 8.0WPD1000 948.2 ± 8.0WPD3000 952.9 ± 5.0WPD6000 928.8 ± 5.0Tabella 4.3: Periodicità a delle strutture fabbricate misurata tramite indagine almicroscopio elettronico.servazione delle figure 4.6 (b’) e (c’) possiamo stimare che essi abbiano undiametro di circa 350 nm. Tale stima è puramente indicativa in quanto dalleimmagini SEM risulta difficile comprendere sia la forma degli scatteratori,sia l’effettivo layer di appartenenza.Dalle immagini SEM sono state inoltre misurate le distanze a fra le rods dellayer superiore <strong>con</strong> procedure analoghe a quanto fatto per il woodpile. Irisultati per tutte le strutture sono presentati nella tabella riassuntiva 4.3.La struttura WPD6000 mostra una separazione fra rods superiore alle altre.Questo fatto è sicuramente imputabile agli effetti di shrinkage che non sonofacilmente <strong>con</strong>trollabili nel processo di fabbricazione. Da una stima preliminaredello spessori delle rods risulta che per le strutture WPD1000, WPD3000e WPD6000 sia circa 195 nm, leggermente superiore a quanto stimato peril woodpile. Questo può essere imputabile ad una fluttuazione della potenzadel laser durante la fabbricazione delle strutture (il lavoro per fabbricare lequattro strutture dura circa 15 ÷ 16 ore ed il woodpile è la prima strutturaad essere fabbricata).4.4 Misure di diffrazioneIn questa sezione sono presentate misure dell’angolo di diffrazione relativealle strutture fabbricate.Per studiare le proprietà della diffrazione relative al woodpile è utile pensarealla struttura come una sovrapposizione periodica di cristalli fotonici bidimensionali[71]. In particolare, data la simmetria del woodpile, il sistema chesi riproduce lungo la direzione normale rispetto al piano del layer è costituitoda un reticolo quadrato. Come già mostrato in letteratura [72, 73] per incidenzanormale della luce si aprono canali di diffrazione quando il modulo delvettore d’onda incidente è maggiore di ciascun vettore del reticolo reciprocorelativo al cristallo bidimensionale, dato da G = m 1 b 1 +m 2 b 2 , <strong>con</strong> b i vettore81


Figura 4.7: (a) Figura di diffrazione per incidenza normale relativa alla struttura WP(woodpile senza disordine) illuminata da una sorgente super<strong>con</strong>tinua. Sono messi inevidenza gli ordini diffrattivi (eq. 4.2 e 4.3). (b) Diffrazione dalla struttura WPD6000.primitivo del reticolo reciproco e m i intero. In aria per un reticolo quadratoquesta <strong>con</strong>dizione è data da√aλ ≥ m 2 1 + m 2 2, (4.1)dove λ è la lunghezza d’onda della radiazione incidente e a è la periodicità suipiani perpendicolari alla direzione di incidenza. Per a ≥ λ si aprono quattrocanali di diffrazione, che corrispondono alle coppie(m 1 , m 2 ) = (1, 0), (0, 1), (−1, 0), (0, −1). (4.2)Un se<strong>con</strong>do insieme di picchi di diffrazione appare invece per a ≥ √ 2λ, incorrispondenza di(m 1 , m 2 ) = (1, 1), (1, −1), (−1, 1), (−1, −1). (4.3)I picchi di diffrazione, per incidenza perpendicolare al piano definito dailayers, che corrispondono alle coppie di eq. 4.2 sono direttamente collegatialla periodicità a del reticolo quadrato, se<strong>con</strong>do la relazioneλn eff= a sin θ, (4.4)dove θ è l’angolo di diffrazione e n eff è l’indice di rifrazione effettivo del woodpile.Quest’ultimo fattore è stato inserito come approssimazione per tenere82


<strong>con</strong>to del fatto che il mezzo diffrattivo ha uno spessore finito nel quale lalunghezza d’onda effettiva è diversa da λ. Noto l’indice di rifrazione effettivodel materiale, è possibile quindi, da una misura dell’angolo di diffrazione,risalire al passo reticolare. In realtà la determinazione a priori dell’indicedi rifrazione effettivo delle strutture fabbricate è molto complessa. Risultainvece possibile la determinazione <strong>con</strong> buona precisione della distanza fra lerods appartenenti allo stesso layer, tramite l’analisi al microscopio elettronico(vedi tabella 4.3).L’analisi proposta si basa quindi sulla misura dell’angolo di diffrazione perincidenza normale, per risalire, tramite la relazione in eq. 4.4, all’indice dirifrazione effettivo delle strutture (per λ = 632.8 nm), una volta nota ladistanza a fra le rods. In particolare è stato misurato l’angolo θ relativo all’ordine(1, 0).In figura 4.7 (a) sono mostrati gli ordini di diffrazione relativi al woodpile fabbricato(struttura WP) per incidenza normale. L’immagine è stata raccoltasu uno schermo illuminando il campione <strong>con</strong> una sorgente super<strong>con</strong>tinua. Lemisure proposte nel successivo paragrafo sono state fatte invece utilizzandouna sorgente monocromatica. Si noti come l’angolo di diffrazione aumentiall’aumentare della lunghezza d’onda. In figura 4.7 (b) è riportato lo stessoprofilo di diffrazione ma per la struttura WPD6000, ovvero quella <strong>con</strong> la<strong>con</strong>centrazione massima di centri di disordine. I picchi di diffrazione sonoben visibili, ma sono inseriti in un background di luce diffusa dai centri discattering.4.4.1 Apparato sperimentaleIn figura 4.8 è mostrato il setup ottico utilizzato per le misure dell’angolo didiffrazione relativo alle strutture fabbricate.La sorgente è costituita da un laser ad elio-neon (He-Ne) Thorlabs <strong>con</strong> emissionea λ = 632.8 nm e potenza di 5 mW . Il fascio è accoppiato in fibraottica mono modo e successivamente collimato tramite uno specchio parabolico.L’intensità del fascio è modulata tramite un chopper posto in prossimitàdella sorgente, in maniera tale che il segnale da rivelare possa essere amplificatoda amplificatori lock-in. Successivamente il fascio è diviso in due partida un beam splitter (BS). Una parte viene focalizzata su un rivelatore permonitorare la potenza incidente sul campione. L’altra parte è focalizzatatramite uno specchio parabolico sul campione. Nonostante non fossero necessariper le misure di diffrazione, sono stati utilizzati gli specchi paraboliciin quanto lo stesso setup sperimentale è stato sfruttato anche per le misuredi trasmissione e riflessione (paragrafo 4.5.1). Il campione è posto su unatraslation stage micrometrica che ci permette di scegliere la struttura (fra le83


Figura 4.8: Apparato sperimentale utilizzato per le misure dell’angolo di diffrazione.quattro presenti sul substrato di vetro) sulla quale focalizzare. Il rivelatoreè posizionato a grande distanza dal campione (∼ 10 cm) su un supportoruotante motorizzato. Il fuoco del fascio, e quindi la struttura analizzata, èposto sull’asse di rotazione del rivelatore. Per avere una buona risoluzioneangolare un’iride è stata messa a <strong>con</strong>tatto <strong>con</strong> il rivelatore. Il campione èmontato in maniera tale che gli ordini di diffrazione (1, 0) e (−1, 0) sianoalla medesima quota. La rotazione del supporto su cui è posto il rivelatore el’acquisizione del segnale sono <strong>con</strong>trollati tramite computer. La risoluzioneangolare data dal motore che genera la rotazione è pari a un centesimo digrado. L’analisi effettuata è limitata all’analisi dell’ordine diffrattivo (1, 0)per motivi dovuti alla limitata escursione della rotazione del supporto.4.4.2 Risultati ottenutiIn figura 4.9 è mostrata l’intensità della radiazione trasmessa dal campione alvariare dell’angolo α del rivelatore rispetto ad esso, per le quattro struttureanalizzate. Ciascuno spettro è il risultato di una media fra misure effettuatein punti differenti della solita struttura. In ascissa è presente l’angolo di rotazionedel rivelatore rispetto al punto in cui inizia la rotazione. Il punto in cuiinizia la rotazione è stato scelto in maniera tale per cui durante la rotazione siriescano a risolvere i picchi di intensità dovuti agli ordini di diffrazione (0, 0)(ordine zero di diffrazione, luce balistica) e (1, 0). L’angolo di diffrazione è ilrisultato della differenza fra le posizioni angolari di questi due picchi, ovveroθ = α (1,0) − α (0,0) . Misurato l’angolo di diffrazione, nota la periodicità a sulpiano del layer (vedi tabella 4.3), è stato calcolato l’indice di rifrazione ef-84


Figura 4.9: Misure dell’angolo del picco di diffrazione (1, 0) relative alle strutture WP,WPD1000, WPD3000 e WPD6000.85


Sigla struttura θ n eff(gradi)WP 39.39 ± 0.30 1.04 ± 0.02WPD1000 40.12 ± 0.30 1.04 ± 0.02WPD3000 39.92 ± 0.35 1.04 ± 0.02WPD6000 41.22 ± 0.32 1.03 ± 0.02Tabella 4.4: Risultati delle misure di diffrazione.fettivo del materiale n eff tramite l’equazione 4.4. I risultati sono riportati intabella 4.4. Gli indici di rifrazione effettivi (per λ = 632.8 nm) delle diversestrutture risultano in buon accordo fra loro e risultano molto vicini all’indicedi rifrazione dell’aria. Questo può dipendere dal fatto che le strutture fabbricatesono effettivamente poco dense, ovvero hanno una bassa filling fraction(che è difficile da stimare a priori perché non sappiamo di quanto le rodsappartenenti a layers adiacenti si mescolino fra loro). Inoltre può dipendereanche dal fatto che per la frequenza di indagine (632.8 nm) ricadiamo in unabanda d’aria, nella quale l’energia del campo elettromagnetico si <strong>con</strong>centrain regioni della struttura a basso dielettrico.4.5 Misure di trasmissione e riflessioneIn questa sezione sono presentate misure di trasmissione e riflessione sullestrutture fabbricate per incidenza perpendicolare al piano definito dai layersdei woodpiles.4.5.1 Apparato sperimentale ed operazioni di misuraUno schema dell’apparato sperimentale utilizzato è mostrato in figura 4.10.La sorgente utilizzata è una sorgente super<strong>con</strong>tinua LEUKOS SM-8-OEM<strong>con</strong> emissione compresa fra 420 nm e 2200 nm. Le sue caratteristiche sonoelencate nel capitolo 3, tabella 3.3. Il fascio in uscita è collimato tramiteuno specchio parabolico. Successivamente è posto un filtro long pass <strong>con</strong>lunghezza d’onda di taglio pari a 1100 nm. Tale filtro evita effetti di feedbacknella sorgente causati da riflessioni dal campione, che sono importanti perlunghezze d’onda intorno alla lunghezza d’onda della pompa della sorgente(1064 nm). Il fascio è successivamente diviso in due parti da un beam splitter(BS). Una parte è focalizzata in un rivelatore <strong>con</strong> lo scopo di monitorare lapotenza della sorgente. L’altra parte è focalizzata sul campione tramite uno86


Figura 4.10:riflessione (b).Apparato sperimentale utilizzato per le misure di trasmissione (a) e87


specchio parabolico. Il diametro dello spot nel fuoco risulta essere circa 40µmper tutto lo spettro di emissione della sorgente super<strong>con</strong>tinua. La compensazionedelle aberrazioni cromatiche è ottenuta grazie all’utilizzo degli specchiparabolici per collimare e focalizzare il fascio combinato al fatto che la fibraottica a cristallo fotonico della sorgente super<strong>con</strong>tinua ha un’apertura numericamaggiore per lunghezze d’onda maggiori. Il fatto che le dimensioni dellospot nel fuoco non dipendano in maniera significativa dalla lunghezza d’ondaè fondamentale per esperimenti di spettroscopia su larga banda su campionidi dimensioni laterali ridotte come i nostri.Nelle misure di trasmissione (fig. 4.8 (a)) la luce balistica trasmessa dal campioneè accoppiata in una fibra ottica posta a grande distanza dal campione,e inviata ad un monocromatore. Nelle misure di riflessione (fig. 4.8 (b)) laluce riflessa dal campione è raccolta dallo specchio parabolico usato per lafocalizzazione. Il fascio riflesso è diviso dal fascio incidente tramite il beamsplitter, raccolto in fibra ottica ed inviato al monocromatore.In entrambi i casi il fascio in uscita dalla fibra è modulato in intensità tramiteun chopper in maniera da poter amplificare il segnale rivelato tramite unamplificatore lock-in. Il fascio è focalizzato in un monocromatore Chromex250 is/sm, <strong>con</strong> focale di 250 mm e reticolo 600 g/mm <strong>con</strong> blaze a 2 µm. Inuscita dal monocromatore è posto un rivelatore ad infrarosso. Il movimentodel monocromatore e le acquisizioni degli spettri sono <strong>con</strong>trollate tramitecomputer.Ogni operazione di misura <strong>con</strong>siste nel acquisizione di uno spettro dell’intensitàtrasmessa (riflessa) dal campione, e una misura di referenza. Il risultatodella misura è l’intensità trasmessa (riflessa) diviso l’intensità della referenza.Nel caso delle misure di trasmissione la referenza <strong>con</strong>siste nel segnaletrasmesso dal substrato di vetro sul quale aderis<strong>con</strong>o le strutture fabbricate.Nel caso delle misure di riflessione la referenza <strong>con</strong>siste nel segnale riflessoda uno specchio posto immediatamente accanto alle strutture, sullo stessosupporto portacampioni. Trasmissione e riflessione sono quindi date dai segnalidi trasmissione e di riflessione misurati diviso i segnali di referenza.Nel calcolo della riflessione e della trasmissione gli spettri di intensità raccoltisono stati corretti per la riflessione dal substrato di vetro (4%) e per latrasmissione dallo specchio utilizzato come riferimento (2%). Le correzionirisultano importanti in quanto nello spettro di indagine trasmissione e riflessionespesso sono vicini ai valori 0 ed 1.Gli spettri di trasmissione e riflessione riportati nel seguente paragrafo sono ilrisultato di una media su diverse misure effettuate focalizzando su differentizone di ciascuna struttura.88


Figura 4.11: Spettri di trasmissione e riflessione relativi alla struttura WP. In linea<strong>con</strong>tinua sono presentati ti risultati sperimentali, in linea tratteggiata i risultati ottenutitramite simulazionim FDTD.4.5.2 Risultati ottenutiIn figura 4.11 sono mostrati gli spettri di trasmissione e riflessione relativialla struttura WP (woodpile senza disordine), che costituisce il backgrounddi tutte le strutture. In figura, agli spettri ottenuti sperimentalmente (inlinea <strong>con</strong>tinua) sono sovrapposti spettri (in linea tratteggiata) ottenuti tramitesimulazioni FDTD (finite-difference time-domain) effettuate all’internodel gruppo di ottica dei sistemi complessi in cui si è svolto questo lavoro ditesi. Il metodo FDTD fu introdotto da K. S. Yee nel 1966 e <strong>con</strong>siste in unatecnica per risolvere numericamente le equazioni di Maxwell all’interno disistemi non omogenei discretizzando i campi elettromagnetici sia nel tempoche nello spazio [74]. La simulazione proposta è stata effettuata <strong>con</strong>siderandouna struttura woodpile <strong>con</strong> indice di rifrazione 1.52. I parametri fissatisono, in riferimento alla figura 4.2, a, d ed h. I valori di a e d sono ottenutimediante l’analisi al microscopio elettronico, h è stato stimato effettuandolavori di calibrazione delle dimensioni delle rods analoghi a quelli presentatinel capitolo 3, paragrafo 3.2.4. I valori di trasmissione e riflessione risultantidalle simulazioni sono trasmissione e riflessione totali, ovvero integrate su89


a d h c c/a(µm) (µm) (µm) (µm)0.950 0.185 0.555 1.000 1.053Tabella 4.5: Valori dei parametri impostati per il calcolo di trasmissione e riflessionetramite simulazioni FDTD.tutto il semispazio in avanti ed indietro rispettivamente. Nelle simulazioniè stata variata la periodicità c nella direzione perpendicolare ai layers (nonmisurabile <strong>con</strong> il SEM) fino a quando gli spettri calcolati avessero un buonaccordo <strong>con</strong> quelli misurati. I valori utilizzati per le simulazioni presentatenella figura sono riportati in tabella 4.5. Si noti come la periodicità c, perla quale gli spettri calcolati sono in accordo <strong>con</strong> quelli ottenuti sperimentalmente,sia ben diversa da quella impostata nel progettare le strutture <strong>con</strong>simmetria fcc (tabella 4.1). Questa differenza è imputabile ad effetti di shrinkagenella direzione ortogonale ai layers che non possono essere stimatitramite l’analisi delle strutture al microscopio elettronico.Nonostante gli effetti di shrinkage sulla struttura, lo spettro del woodpilemostra una stop band nell’infrarosso compresa fra 1.20 µm e 1.35 µm, dove latrasmissione misurata è pressoché nulla e la riflessione si avvicina ad 1. Infigura 4.12 sono mostrati gli spettri di riflessione R e trasmissione T relativialle strutture fabbricate. Gli spettri riportati sono il risultato di una mediafra misure effettuate in differenti punti della solita struttura, e le barre dierrore sono date dalla deviazione standard. In grafico sono mostrate anchele perdite L relative ai campioni, definite come L = 1 − (T + R). Le perditeL sono costituite dalla luce diffusa e diffratta dai campioni in quanto per lelunghezze d’onda indagate il materiale <strong>con</strong> cui sono fabbricate le strutturenon presenta assorbimento. Lungo l’asse delle ascisse è riportata la lunghezzad’onda normalizzata per la distanza a fra le rods misurata dalle immaginiSEM. In questa maniera è possibile <strong>con</strong>frontare gli spettri delle differentistrutture, sfruttando la scalabilità delle equazioni di Maxwell (vedi capitolo1).Per le quattro strutture analizzate possiamo notare come le perdite sianopraticamente nulle nella regione della stop band, dove la radiazione incidenteè quasi completamente riflessa. Le perdite tendono ad aumentare nella regionedel band edge, dove evidentemente lo scattering da difetti nel cristalloe dai centri di disordine è più influente. In questa regione si ha infatti unariduzione della velocità di gruppo dell’onda e la luce rimane più a lungo nelmateriale, avendo modo di interagire maggiormente <strong>con</strong> i centri di disordine e<strong>con</strong> i difetti della struttura. A grandi lunghezze d’onda le strutture risultano90


Figura 4.12: Spettri di trasmissione T e riflessione R relativi alle struuture WP (a),WPD1000 (b), WPD3000 (c) e WPD6000 (d). Nei grafici sono mostrate anche le perditedefinite come L = 1 − (T + R).91


praticamente trasparenti alla radiazione incidente e le perdite si annullano.Questo avviene anche per le strutture “disordinate” in quanto la <strong>con</strong>centrazionedi disordine è molto bassa (vedi tabella 4.2). Per lunghezze d’ondainferiori alla gap gli spettri si fanno più strutturati e le perdite hanno valorielevati. In questa regione infatti la luce risente maggiormente di eventualidifetti nella struttura cristallina.Le strutture caratterizzate dalla presenza di centri di disordine mostrano differenzenegli spettri rispetto al woodpile “ordinato”. Si può infatti osservarela formazione di nuovi canali di trasmissione parassiale all’interno della stopband. Tali features sono evidenti sia negli spettri di trasmissione sia in quellidi riflessione. Ad esempio, all’interno della stop band la struttura WPD1000mostra un massimo dove la trasmissione parassiale raggiunge il 10 % e leperdite sono praticamente nulle. Similmente la struttura WPD3000 mostraun canale di trasmissione in avanti <strong>con</strong> valore di circa 20 % all’interno dellagap.Gli spettri riferiti alla struttura WPD6000 risultano molto differenti da quellidelle altre strutture. Queste differenze possono essere dovute al fatto cheuna <strong>con</strong>centrazione di scatteratori più elevata modifica completamente le caratteristichedi propagazione della luce all’interno della struttura. Differenzerispetto alle altre strutture sono evidenti anche a lunghezze d’onda lunghe,dove la trasmissione è sensibilmente inferiore ad uno. Questo fatto può indurcia pensare che la struttura WPD6000 non sia di buona qualità e presentidisomogeneità al suo interno non visibili mediante il microscopio elettronico(<strong>con</strong> cui è possibile analizzare solo la superficie dei campioni).In figura 4.13 è riportato l’andamento dell’errore relativo degli spettri di trasmissione(ovvero il rapporto fra la deviazione standard σ e la trasmissioneT ). Le fluttuazioni dello spettro possono essere imputabili al fatto che ledifferenti misure sono state fatte su regioni diverse del campione. Le <strong>con</strong>centrazionidi disordine relative alle strutture WPD1000, WPD3000 e WPD6000sono molto basse. Considerando le dimensioni dello spot nel fuoco si può stimaredi illuminare per ogni misura circa 120 scatteratori nel caso della strutturaWPD1000, 360 per WPD3000 e circa 720 per la struttura WPD6000.Quindi, data la bassa <strong>con</strong>centrazione di scatteratori, spostando il fascio all’internodella struttura, le regioni illuminate dal fuoco saranno sensibilmentedifferenti l’una dall’altra. L’errore relativo risulta maggiore nella regione difrequenze del band edge. In questa regione sono più significativi gli effetti dovutialle disomogeneità nei campioni sulle proprietà di trasporto della luce,ovvero piccoli cambiamenti nella struttura causano grandi fluttuazioni nellospettro di trasmissione. Ciò è dovuto, come già accennato in precedenza, alrallentamento della velocità di gruppo dell’onda ed al <strong>con</strong>seguente aumentodelle interazioni fra radiazione e materia.92


Figura 4.13: Andamento dell’errore relativo degli spettri di trasmissione delle struttureanalizzate.93


Figura 4.14: Grafico del rapporto fra la trasmissione dei woodpiles disordinati e latrasmissione del woodpile. È riportato inoltre l’andamento nella regione del bandedgedello scattering mean free path relativo al sistema di scatteratori (eq. 4.5). L’analisi èstata effettuata per le strutture WPD1000, (a) e (a’), e WPD3000, (b) e (b’).94


Per mettere in risalto il comportamento degli scatteratori all’interno del backgroundperiodico abbiamo riportato in grafico i rapporti fra la trasmissioneattraverso i woodpiles <strong>con</strong> disordine e la trasmissione attraverso il woodpile“perfetto” (figure 4.14 (a) e (b)). Per lunghezze d’onda lunghe la trasmissioneattraverso il woodpile tende ad 1. In questa regione la luce “vede” unsistema omogeneo, <strong>con</strong> un certo indice di rifrazione effettivo. Le strutture <strong>con</strong>disordine possono essere quindi <strong>con</strong>siderate, per λ lunghe, come mezzi omogeneinei quali sono inseriti dei centri di disordine <strong>con</strong> <strong>con</strong>centrazione n V moltobassa (tabella 4.2). In questa approssimazione la trasmissione attraverso iwoodpiles <strong>con</strong> disordine può essere <strong>con</strong>siderata come il prodotto della trasmissioneattraverso il woodpile perfetto e la trasmissione attraverso il sistemadisordinato di scatteratori in un mezzo omogeneo, ovvero T WPD = T WP T DIS .Applicando la teoria di Mie per un sistema di scatteratori sferici <strong>con</strong> bassa<strong>con</strong>centrazione, abbiamo che tale sistema mostra uno scattering mean freepath l s dell’ordine dei centimetri, ovvero molto maggiore dello spessore L deicampioni. Per grandi lunghezze d’onda la luce non vede quindi la presenzadegli scatteratori. La situazione è diversa quando ci avviciniamo alla regionedel band edge, dove rallenta la velocità di gruppo e di <strong>con</strong>seguenza diminuiscelo scattering mean free path del sistema. Essendo la <strong>con</strong>centrazione di scatteratoribassa possiamo <strong>con</strong>tinuare a <strong>con</strong>siderare in prima approssimazionela trasmissione dall’intera struttura come il prodotto fra la trasmissione delwoodpile e la trasmissione del sistema di scatteratori. Dal rapporto fra latrasmissione T WPD e T WP possiamo ricavare la trasmissione T DIS . Da questatrasmissione è possibile calcolare lo scattering mean free path l s associato alsistema di scatteratori, se<strong>con</strong>do la legge di Lambert-Beer:l s =−LlnT DIS, (4.5)Il grafico di l s è riportato nelle figure 4.14 (a’) e (b’). Andando da grandilunghezze d’onda verso la regione del band edge l s diminuisce drasticamentefino ad arrivare a valori inferiori a 10 µm, ovvero l s mostra una sensibile riduzionerispetto al caso di scatteratori inseriti in un sistema omogeneo.Dal momento che l’andamento della trasmissione riferita alla struttura WPD6000risulta molto differente dalle altre e sensibilmente inferiore ad 1 per lunghezzed’onda lunghe, tale struttura può non essere di buona qualità, e quindil’analisi appena descritta non è stata effettuata su di essa.La trattazione effettuata è preliminare e fornisce solo un’idea di quanto lariduzione della velocità di gruppo nella zona del band edge influisce sull’interazionedella radiazione <strong>con</strong> la materia. Una riduzione dello scattering meanfree path così marcata dovrà essere <strong>con</strong>fermata da ulteriori esperimenti sustrutture analoghe per aumentare la rilevanza statistica dello studio, e la95


propagazione nella regione spettrale del band edge dovrà essere studiata anche<strong>con</strong> misure time resolved.Da notare che tale studio è stato possibile solo perché la quantità di disordineè stata aggiunta in maniera <strong>con</strong>trollata su una struttura di cui <strong>con</strong>osciamola qualità. Questo non può essere ottenuto <strong>con</strong> tecniche di fabbricazioneautoassemblanti e solo molto difficilmente <strong>con</strong> tecniche litografiche96


ConclusioniIl lavoro svolto in questa tesi si inserisce nel nuovo ambito della fotonica natoa partire dall’introduzione della tecnica fabbricativa direct laser writing.Tale tecnica ci ha permesso di fabbricare strutture fotoniche tridimensionalidi elevata qualità, introducendo ordine in strutture complessivamente disordinatee disordine in strutture periodiche. L’unicità del direct laser writingsta nel fatto che fornisce la possibilità di <strong>con</strong>trollare completamente il gradodi ordine e di disordine, realizzando esattamente la struttura progettata. Lestrutture fabbricate, quindi, costituis<strong>con</strong>o un nuovo approccio allo studio deldisordine nei sistemi fotonici, in quanto fino ad ora esso è stato studiato allaluce della sua presenza intrinseca in natura, legata a difetti nei processi difabbricazione.Nel corso di questo lavoro di tesi sono state progettate e realizzate strutturefotoniche amorfe costituite da una rete tetraedrica di <strong>con</strong>nessioni di materialedielettrico (capitolo 3). Recentemente strutture amorfe sono state ideatee realizzate per operare nella regione delle microonde, ed hanno mostratoproprietà interessanti quali l’apertura di bandgaps fotoniche [5,34]. Le strutturefabbricate in questo lavoro di tesi possono essere <strong>con</strong>siderate il primopasso per la realizzazione di sistemi che possano operare a lunghezze d’ondaottiche, finora mai realizzati. Sono stati infatti prodotti templates polimericiche possono essere infiltrati <strong>con</strong> silicio in maniera da aumentare il <strong>con</strong>trastodi indice di rifrazione. Inoltre le proprietà ottiche di tali templates risultanointeressanti di per sé, fornendo la possibilità di investigare le proprietàdi trasporto della luce in materiali disordinati tridimensionali al variare delgrado di correlazione fra scatteratori. Nel lavoro è stata sviluppata una procedurache ci permette di progettare strutture amorfe a partire da un sistemaideale di sfere dure random close packed, sul quale è stata costruita una retedi inter<strong>con</strong>nessioni di dielettrico. Tale procedura ci dà la possibilità di<strong>con</strong>trollare il grado di ordine del sistema semplicemente variando la densitàdi impacchettamento delle sfere. Le strutture proposte sono caratterizzatedalla massima densità di impacchettamento permessa per strutture non ordinate.Il risultato osservabile dalle immagini SEM è che le strutture sono97


fedeli a quelle progettate e risulta evidente la tetraedricità delle <strong>con</strong>nessionidi dielettrico che caratterizza i sistemi amorfi. Purtroppo difficoltà nellafabbricazione hanno permesso la realizzazione solo di strutture di dimensioniridotte (cubi <strong>con</strong> lato di circa 15 µm), e quindi dovranno essere realizzatiulteriori studi. Queste dimensioni hanno permesso esclusivamente una caratterizzazioneottica preliminare, costituita da misure della luce balisticatrasmessa dai campioni. Nonostante le strutture abbiano un basso <strong>con</strong>trastodi indice di rifrazione (l’indice di rifrazione della parti polimeriche è pari a1.52, l’indice di rifrazione medio dell’intera struttura è pari a circa 1.1) èstato osservato che esse sono estremamente scatteranti, mostrando una trasmissionebalistica molto bassa (∼ 10 −3 ). Da queste misure è stato ricavatolo scattering mean free path in approssimazione di eventi di scattering indipendentil’uno dall’altro, il quale risulta essere di circa 2 µm nell’intervallospettrale analizzato. Sono inoltre state calcolate le proprietà di scatteringdella singola unità che compone il sistema amorfo, schematizzata come uncilindro di dimensioni finite, tramite la teoria di Mie. L’andamento delloscattering man free path misurato risulta in accordo <strong>con</strong> la sezione d’urto discattering da un singolo cilindro calcolata; in particolare si è mostrato chela trasmissione dai campioni aumenta in corrispondenza del valore minimodella sezione d’urto di scattering.Il lavoro svolto in questa tesi sui sistemi fotonici amorfi lascia aperte moltestrade su cui <strong>con</strong>centrare gli sforzi futuri. Dal punto di vista teorico èsicuramente necessario valutare come la presenza di correlazioni fra le posizionidegli scatteratori influisca sulle proprietà di trasporto della luce. Lacaratterizzazione ottica delle strutture invece è <strong>con</strong>dizionata dalle abilità fabbricative.Il prossimo passo sarà quello di utilizzare un nuovo photoresist chegarantisca maggiore stabilità meccanica alle strutture. In questo modo saràpossibile costruire sistemi amorfi di dimensioni maggiori, tali da non influenzarele misure ottiche <strong>con</strong> effetti di bordo. La fabbricazione di strutture <strong>con</strong>spessore tale da essere in regime di scattering multiplo potrà rendere possibileun’analisi sperimentale dell’influenza delle correlazioni sulle proprietà ditrasporto della luce. La caratteristica delle strutture fabbricate è che possonocostituire una maschera per processi di infiltrazione <strong>con</strong> silicio. In questamaniera sarà possibile studiare il loro comportamento nel regime di scatteringforte.Nel lavoro di tesi il disordine è stato studiato anche <strong>con</strong> un approccio differente,ovvero centri di disordine sono stati distribuiti in maniera casuale inbassa <strong>con</strong>centrazione all’interno di cristalli fotonici woodpiles. La presenzadi scatteratori all’interno di una struttura periodica modifica il comportamentodella luce all’interno di essa. Le caratteristiche delle strutture checostituis<strong>con</strong>o il background periodico sono state indagate tramite indagine98


al microscopio elettronico e tramite l’analisi del profilo di diffrazione. L’influenzadella presenza del disordine nelle proprietà di trasporto della luce èstata analizzata tramite misure di trasmissione balistica e di riflessione perincidenza della luce ortogonale ai piani dei layers che compongono la strutturawoodpile. Dalle misure risulta che il woodpile fabbricato possiede unastop band nella regione spettrale compresa fra 1.20 e 1.35 µm, in cui la trasmissionesi avvicina a 0 e la riflessione ad 1, in ottimo accordo <strong>con</strong> i calcolinumerici effettuati. In questa regione le perdite della luce sono praticamentenulle. È stato mostrato che la presenza di centri di disordine modifica lastruttura dello spettro di trasmissione, creando canali di trasmissione parassialeall’interno della regione proibita di frequenze. Le perdite di luce daicampioni aumentano nella regione del band edge. In questa regione infatti lariduzione della velocità di gruppo aumenta la probabilità di interazione dellaradiazione <strong>con</strong> difetti nel cristallo e centri di scattering. I centri di disordineinseriti nel woodpile quindi hanno un’elevata influenza nelle proprietàdi trasporto della luce nella regione di frequenze del band edge, nonostantela loro bassa <strong>con</strong>centrazione. In questa regione lo scattering mean free pathassociato alla presenza dei centri di disordine si riduce notevolmente rispettoal caso di una medesima <strong>con</strong>centrazione di scatteratori inserita però in unmezzo omogeneo.In futuro sarà necessario effettuare verifiche di quanto misurato analizzandol’influenza del disordine in un numero maggiore di strutture ed effettuandomisure time resolved nella regione spettrale del band edge. Anche questestrutture si prestano ad essere <strong>con</strong>vertite in silicio tramite processi di infiltrazione.Con l’elevato <strong>con</strong>trasto di indice di rifrazione garantito dal silicio sipensa che la struttura woodpile che costituisce il background periodico possiedauna bandgap fotonica completa. Risulterà quindi importante analizzareil ruolo dei centri di disordine all’interno della regione di frequenze proibitaed a bordo banda, alla ricerca di fenomeni tipici dei materiali fortementedisordinati, quali la localizzazione di Anderson per la luce.99


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Appendice AListati di programmaCalcolo funzione di correlazione a coppie (rdf.m)% dati Nb punti generati calcola la funzione di correlazione a coppie% caricare la marice <strong>con</strong> le coordinate dei punti e chiamarla poslistdimX =40;dimY =40;dimZ =40;V= dimX * dimY * dimZ ;rmaxX = dimX /2;rmaxY = dimY /2;rmaxZ = dimZ /2;latoX =4.5;latoY =4.5;latoZ =4.5;dr =0.05; % risoluzione di campionamento della rdfRsferadicalcolo = rmaxZ -( latoZ +7) ;s= size ( poslist );Nb=s (1 ,1) ;% dens = Nb /V;pf =0.49;rs =0.5;Vs =(4/3) *pi *( rs ^3) ;dens =pf/Vs;t =1;for i =1: Nb;if poslist (i ,1) ( rmaxX - latoX ) && poslist (i,2) ( rmaxY - latoY ) && poslist (i ,3) ( rmaxZ - latoZ );a(t ,1) =i;t=t +1;endendclear i;b= size (a);c=b (1 ,1) -1;sprintf (’%f’,c)for p =1: c;forcntj =1: Nb;distanza (p,cntj ,1) = sqrt ( ( poslist (cntj ,1) - poslist (a(p ,1) ,1)) .^2 + (poslist (cntj ,2) - poslist (a(p ,1) ,2)) .^2 + ( poslist (cntj ,3) -poslist (a(p ,1) ,3)) .^2 );end ;sprintf (’%f␣%f’,p ,1111111111111)k =1;gianni = zeros (c,Nb ,1) ;for j=dr:dr :( Rsferadicalcolo );fori =1: Nb;if distanza (p,i ,1) >j-dr && distanza (p,i ,1)


endk=k +1;gianni (p,k ,1) = gianni (p,k ,1) +1;endendfor j =1:(( Rsferadicalcolo )/dr) % normalizzo sulla corona sferica divolume 4* pi *r ^2* dr <strong>con</strong> dr =1rdf (p,j ,1) = gianni (p,j ,1) /( dens *4* pi *(( j*dr)^2) *dr);endend% calcolo la media delle rdf relative a punti diversirdfmedia = zeros ((( Rsferadicalcolo )/dr) ,1);forj =1:(( Rsferadicalcolo )/dr);for p =1: c;rdfmedia (j ,1) = rdfmedia (j ,1) + rdf (p,j ,1) ;endendpaircorrmedia = rdfmedia /c;save rdf . txt paircorrmedia -ASCII102


Calcolo fattore di struttura (structurefactor.m)% structure factor% caricare una matrice (r ,g(r)) <strong>con</strong> g funzione di correlazione a coppie (colonna 1 r , colonna 2 g) e chiamarla a;N =4700;V =16^3;dens =N/V;% rs =0.5; % raggio sfere% pf =0.34;% packing fraction% Vs =(4/3) * pi *( rs ^3) ;% dens = pf / Vs ;r=a (: ,1) ; % colonna degli rg=a (: ,2) ; % colonna di gb= size (r);Nbin =b (1 ,1) ; % numero di binrmax =r(Nbin ,1) ; % massimo valore di r rangerstep =r (2 ,1) -r (1 ,1) ; % uguale a rmax / Nbin dimesione del bin su rkmax =2* pi /( rstep );kstep =2* pi/ rmax ;kriga = linspace (0 , Nbin *( kstep ),Nbin );k= kriga ’;S= zeros (Nbin ,1) ;for i =1: Nbin ;S(i ,1) =1;for j =1: Nbin ;S(i ,1) = S(i ,1) + (4* pi* dens /k(i ,1) )*r(j ,1) * sin (k(i ,1) *r(j ,1) )*(g(j,1) -1)* rmax / Nbin ;endendsk =[k S];save sk34smooth . txtplot (k,S)sk -ASCII103


Generazione rete di <strong>con</strong>nessioni (network.m)% caricata una lista di punti random jam packed , fa una tassellazione didelaunay in tetraedri , poi calcola il baricentro di ciascun tetraedro ,poi unisce il baricentro di ciascun tetraedro <strong>con</strong> i baricentri dei 4tetraedri adiacenti .% caricare la matrice <strong>con</strong> le ccord . del sistema di punti e chiamarla puntidimx =20;dimy =20;dimz =10;% faccio la tassellazione di delaunay a partire dalla matrice puntiA= delaunay3 ( punti (: ,1) ,punti (: ,2) ,punti (: ,3) );% calcolo il baricentro di ogni tetraedroa= size (A);k =0;for i =1: a (1 ,1) ;k=k +1;baricentrodisordinato (k ,1) =( punti (A(i ,1) ,1)+ punti (A(i ,2) ,1)+ punti (A(i ,3),1)+ punti (A(i ,4) ,1)) /4;baricentrodisordinato (k ,2) =( punti (A(i ,1) ,2)+ punti (A(i ,2) ,2)+ punti (A(i ,3),2)+ punti (A(i ,4) ,2)) /4;baricentrodisordinato (k ,3) =( punti (A(i ,1) ,3)+ punti (A(i ,2) ,3)+ punti (A(i ,3),3)+ punti (A(i ,4) ,3)) /4;end ;clear k;clear i;k =1;% ordino la matrice <strong>con</strong> le coord dei baricentri e la matrice dei tetraedrimaniera tale che il punto iniziale del traciato scritto <strong>con</strong> ilinnanoscribe sia vicino del punto finale del tracciato scrittoprecedentementefor z =0:( dimz -1) ;% le cellette lungo z hanno dimensione 1for y =0:2:( dimy -2) ;% le cellette lungo x e y hanno dimensione 2for x =0:2:( dimx -2) ;for i =1: a (1 ,1) ;if baricentrodisordinato (i ,1) >=x && baricentrodisordinato (i,1) =y &&baricentrodisordinato (i ,2) =z && baricentrodisordinato(i ,3)


if baricentro (i ,3) 1 && baricentro (i ,1) >2 &&baricentro (i ,1) 2 && baricentro (i ,2)


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RingraziamentiUn ringraziamento particolare va al dott. Matteo Burresi, che ha supervisionatoil progetto di tesi <strong>con</strong> grande professionalità. Un grazie di cuore, perchémi hai aiutato a costruire qualcosa che mi ricorderò sempre.Un sincero ringraziamento va al dott. Kevin Vynck, che ha <strong>con</strong>tribuito inmodo significativo alla parte teorica e di simulazioni degli studi presentati,ed a Rajeshkumar Mupparapu <strong>con</strong> cui ho <strong>con</strong>diviso intere giornate in laboratorio.Desidero ringraziare coloro che hanno <strong>con</strong>tribuito a questo lavoro, ovvero icomponenti del gruppo di ottica dei sistemi complessi, cominciando da Diederik,che ha riposto in me fiducia in<strong>con</strong>dizionata, e <strong>con</strong>tinuando, rigorosamentein ordine sparso, <strong>con</strong> Camilla, Romolo, JC, Sara, Hao, Daniele, Tomas, Giacomo,Gora, Marco, Francesco, Costanza, Filippo e Francesca.Ringrazio sinceramente anche i miei amici Michele Carlà ed Andrea Bellandiper il fondamentale aiuto fornito durante le fasi di programmazione al computer.Infine desidero ringraziare tutte le persone che mi sono state vicino nella miavita e durante questi bellissimi anni di università. Vi bacio tutti, nessuno sisenta escluso.107


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