La contagiosa trasformazione di Panfile
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<strong>La</strong> <strong>contagiosa</strong> <strong>trasformazione</strong> <strong>di</strong> <strong>Panfile</strong><br />
<strong>La</strong> maga <strong>Panfile</strong>, "colei che ama tutti ", è appunto innamorata, ma non riesce a venire a capo dei<br />
suoi affari <strong>di</strong> cuore. Decide allora <strong>di</strong> trasformarsi in barbagianni per raggiungere più agevolmente il<br />
suo amato. È l'ancella Fotide, con cui Lucio passa notti <strong>di</strong> delizie, ad avvertirlo <strong>di</strong> questa imminente<br />
<strong>trasformazione</strong>. Per una fessura della porta <strong>di</strong> una stanza al piano superiore Lucio assiste alla<br />
pro<strong>di</strong>giosa magia e al volo che <strong>Panfile</strong> riesce a spiccare. Ora anche lui, spinto dalla sua<br />
incontenibile curiositas, vuole trasformarsi in uccello. Ma Fotide, che dovrebbe dargli l'unguento,<br />
non ne vuol proprio sapere. Se <strong>Panfile</strong> lo ha fatto per volare dal suo amato, Lucio se ne volerà via<br />
da lei!<br />
21. Ad hunc modum transactis voluptarie<br />
paucis noctibus quadam <strong>di</strong>e percita Photis ac<br />
satis trepida me accurrit in<strong>di</strong>catque dominam<br />
suam, quod nihil etiam tunc in suos amores<br />
ceteris artibus promoveret, nocte proxima in<br />
avem sese plumaturam atque ad suum cupi‐<br />
tum sic devolaturam; proin memet ad rei tan‐<br />
tae speculam caute praepararem. Iamque<br />
circa primam noctis vigiliam ad illud superius<br />
cubiculum suspenso et insono vestigio me<br />
perducit ipsa perque rimam ostiorum quam‐<br />
piam iubet arbitrari, quae sic gesta sunt. Iam<br />
primum omnibus laciniis se devestit Pamphile<br />
et arcula quadam reclusa pyxides plusculas<br />
inde depromit, de quis unius operculo remoto<br />
atque in<strong>di</strong>dem egesta ungue<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>uque pal‐<br />
mulis suis adfricta ab imis unguibus sese to‐<br />
tam adusque summos capillos perlinit mul‐<br />
tumque cum lucerna secreto conlocuta mem‐<br />
bra tremulo succussu quatit. Quis leniter<br />
fluctuantibus promicant molles plurnulae,<br />
crescunt et fortes pinnulae, duratur nasus in‐<br />
curvus, coguntur ungues adunci. Fit bubo<br />
Pamphile. Sic e<strong>di</strong>to stridore querulo iam sui<br />
periclitabunda paulatim terra resultat, mox in<br />
altum sublimata forinsecus totis alis evolat.<br />
21. In questo modo avevamo trascorso tra i piace‐<br />
ri alcune notti, quando un giorno Fotide corre da<br />
me tutta eccitata e in preda all'ansia, e mi<br />
annuncia che la sua padrona, visto che con gli altri<br />
meto<strong>di</strong> non aveva ancora fatto nessun progresso<br />
nei suoi affari <strong>di</strong> cuore, la notte successiva si<br />
sarebbe ricoperta <strong>di</strong> piume e trasformata in<br />
uccello, per raggiungere in volo l'oggetto dei suoi<br />
desideri; dovevo dunque prepararmi con cautela<br />
ad assistere a questo evento eccezionale. E così,<br />
più o meno al calar della sera, in punta <strong>di</strong> pie<strong>di</strong> e<br />
senza far rumore, lei stessa mi guida fino a quella<br />
stanza del piano <strong>di</strong> sopra e mi fa spiare attraverso<br />
una fessura della porta quello che succede là<br />
dentro: ed ecco che, per prima cosa, <strong>Panfile</strong> si<br />
spoglia <strong>di</strong> tutti i vestiti, apre un cofanetto e ne tira<br />
fuori dei vasetti; poi toglie il coperchio a uno <strong>di</strong><br />
questi, prende un po' dell'unguento che c'era<br />
dentro e, dopo averlo strofinato a lungo tra le<br />
mani, se ne cosparge interamente, dalla punta dei<br />
pie<strong>di</strong> fino alla cima dei capelli, e dopo un lungo,<br />
segreto colloquio con la sua lucerna, le sue<br />
membra sono scosse da fremiti e sussulti. E,<br />
mentre si agitano nell'aria, ecco che spuntano<br />
morbide piume, si formano piccole penne robuste,<br />
il naso si indurisce e si incurva, e le unghie si<br />
ispessiscono, e si fanno adunche. E <strong>Panfile</strong> <strong>di</strong>venta<br />
un gufo. Così trasformata, emettendo un grido<br />
lamentoso e provando la sua nuova forma,<br />
comincia a fare dei piccoli balzi da terra, poi si leva<br />
in alto nell'aria e vola fuori ad ali spiegate.<br />
21. • quod ... promoveret: causale introdotta da quod con il verbo al congiuntivo per attrazione modale in quanto la<br />
proposizione <strong>di</strong>pende da una doppia infinitiva (dominam suam ... plumaturam [esse] atque ... devolaturam [esse])<br />
retta a sua volta da in<strong>di</strong>cat. Promoveo nel senso <strong>di</strong> "fare progressi". • memet... praepararem: congiuntivo esortativo.<br />
• superius: avverbio "<strong>di</strong> sopra". • pyxides plusculas: le pissi<strong>di</strong> erano dei vasetti, <strong>di</strong> solito usati per conservare me<strong>di</strong>cine<br />
e unguenti. L'aggettivo plusculus mo<strong>di</strong>fica il sostantivo in senso accrescitivo, come a <strong>di</strong>re che si trattava <strong>di</strong> vasetti sì,<br />
ma "un po' più gran<strong>di</strong> del normale". • de quis: de quibus. • in<strong>di</strong>dem: avverbio; inten<strong>di</strong>: "da quello stesso vasetto". •<br />
adfricta ... conlocuta: participi congiunti al soggetto Pamphile. • quatit: ha per soggetto sempre Pamphile. • Quis ...<br />
fluctuantibus: ablativo assoluto; per quis inten<strong>di</strong> quibus, riferito a membra. • duratur ... coguntur: me<strong>di</strong>‐passivi con<br />
senso riflessivo, rispettivamente da duro e cogo. • sui periclitabunda: l'aggettivo costruito con il genitivo (sui) significa<br />
"far la prova delle proprie forze".
22. Et illa quidem magicis suis artibus volens<br />
reformatur, at ego nullo decantatus carmine,<br />
praesentis tantum facti stupore defixus<br />
quidvis aliud magis videbar esse quam Lucius:<br />
sic exterminatus animi attonitus in amentiam<br />
vigilans somniabar; defrictis adeo <strong>di</strong>u pupulis<br />
an vigilarem, scire quaerebam. Tandem<br />
denique reversus ad sensum praesentium<br />
adrepta manu Photi<strong>di</strong>s et admota meis<br />
luminibus: «Patere, oro te», inquam «dum<br />
<strong>di</strong>ctat occasio, magno et singulari me<br />
adfectionis tuae fructu perfrui et impertire<br />
nobis unctulum in<strong>di</strong>dem per istas tuas<br />
pupillas, mea mellitula, tuumque mancipium<br />
inremunerabili beneficio sic tibi perpetuo<br />
pignera ac iam perfice ut meae Veneri Cupido<br />
pinnatus adsistam tibi».<br />
«Ain?» inquit «Vulpinaris. amasio. meque<br />
sponte asceam cruribus meis inlidere compel‐<br />
lis? Sic inermem vix a lupulis conservo Thessa‐<br />
lis; hunc alitem factum ubi quaerarn. videbo<br />
quando?»<br />
[ Metamorphoses, III, 21‐22 ]<br />
22. Ora, <strong>Panfile</strong> si era trasformata volontaria‐<br />
mente, <strong>di</strong> certo grazie alle sue pratiche magiche;<br />
quanto a me, invece, non ero stato stregato da<br />
nessun incantesimo ma, paralizzato semplice‐<br />
mente dallo stupore per ciò che era appena suc‐<br />
cesso, mi sembrava <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>ventato un'altra<br />
cosa, tutto tranne che Lucio. Così, completamente<br />
fuori <strong>di</strong> me e stor<strong>di</strong>to come se avessi perso la ra‐<br />
gione, credevo <strong>di</strong> sognare da sveglio e perciò mi<br />
strofinavo continuamente gli occhi per vedere se<br />
ero sveglio davvero. Alla fine, tornato al senso<br />
della realtà, afferrai la mano <strong>di</strong> Fotide e me la por‐<br />
tai agli occhi, <strong>di</strong>cendole: «Ti prego, finché abbiamo<br />
un'occasione così invitante, lascia che io approfitti<br />
<strong>di</strong> questo dono enorme e ineguagliabile, prova del<br />
tuo amore: dammi un poco <strong>di</strong> quell'unguento lì, ti<br />
prego, per questi miei occhi che ti appartengono,<br />
tesorino mio, e lega a te per sempre il tuo schiavo,<br />
con un favore che non potrà mai essere ricam‐<br />
biato. Fa' che io possa stare accanto a te, che sei la<br />
mia Venere, come un Cupido alato!». «Ma dav‐<br />
vero? Sei proprio una volpe, caro il mio bellimbu‐<br />
sto! Vuoi che mi <strong>di</strong>a da sola la zappa sui pie<strong>di</strong>? Già<br />
adesso che sei privo <strong>di</strong> mezzi, a stento riesco a te‐<br />
nerti al sicuro da queste sgualdrinelle tessale. Una<br />
volta che sarai <strong>di</strong>ventato un uccello, dove verrò a<br />
cercarti, quando ti rivedrò?»<br />
[ Trad. <strong>di</strong> L. Nicolini ]<br />
22. • decantatus ... defixus: participi congiunti al soggetto ego. • quidvis ... Lucius: interessante descrizione dell'ef‐<br />
fetto contagioso della magia <strong>di</strong> <strong>Panfile</strong> su Lucio. • vigilans somniabar: ossimoro. • ad sensum praesentium: letteral‐<br />
mente: "al senso delle cose presenti", cioè della realtà. • Patere ... me perfrui: patere è imperativo presente II<br />
singolare da patior e regge l'infinitiva espressa da perfrui che vuole l'ablativo (magno et sinqulari ... fructu). •<br />
impertire: altro imperativo presente II singolare da impertior, "dare". • pignera ... perfice: ancora due imperativi<br />
presente in II singolare, rispettivamente da pignoro e perficio che a sua volta regge una completiva <strong>di</strong> acca<strong>di</strong>mento<br />
introdotta da ut. • a lupulis: da lupula: "meretrice".<br />
LESSICO ‐ Due registri linguistici opposti<br />
È interessante considerare lo scarto che esiste nel capitolo 22 tra le parole <strong>di</strong> miele con cui Lucio rivolge la<br />
sua richiesta a Fotide e il ruvido realismo della sua risposta: mea mellitula (sottinteso puella), che deriva dal<br />
sostantivo mel, mellis, il "miele", come a <strong>di</strong>re che Fotide è uno "zuccherino"; tibi ... pignera, "pren<strong>di</strong> in<br />
pegno per te", ossia "lega a te" il tuo schiavo d'amore, tuum ... mancipium, ma in cambio <strong>di</strong> un beneficio,<br />
ossia l'unguento che spera <strong>di</strong> ricevere, che egli definisce come un dono "che mai potrà essere ricambiato"<br />
(inremunerabili ... perpetuo).<br />
E poi l'ultima captatio benevolentiae: perfice ut meae Veneri Cupido pinnatus adsistam tibi, "fai sì che possa<br />
stare accanto a te, la mia Venere, come un Cupido alato", dove peraltro l'aggettivo pinnatus rappresenta<br />
una vistosa contrad<strong>di</strong>zione in termini per chi pretende <strong>di</strong> stare accanto alla sua Venere.<br />
Siamo comunque nell'ambito delle scelte lessicali e concettuali proprie del servitium amoris, dove appunto<br />
la speranza <strong>di</strong> ricevere un determinato beneficio viene ricambiata con la promessa <strong>di</strong> un perpetuo ser‐<br />
vaggio.<br />
Ma Fotide non sembra intenzionata a mangiare la foglia e la sua risposta assomiglia a un pezzo della com‐<br />
me<strong>di</strong>a plautina: Vulpinaris, letteralmente "fai la volpe" dal verbo deponente vulpinor, ‐aris, amasio, "ca‐<br />
scamorto", e poi quella domanda: "mi spingi a tirarmi da sola (sponte) la zappa (asceam, propriamente, la<br />
'scure') sui pie<strong>di</strong>?". Infine, quel riferimento alle "sgualdrine" (lupulis, da lupula, da cui il sostantivo lupanar,<br />
"bordello") della Tessaglia, da cui a stento riesce a tenerlo lontano. Insomma, una vera doccia fredda.