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Pubblicato il Notiziario 28 - Associazione culturale Monti del Tezio

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<strong>il</strong> TEZIO... e dintorni<strong>Notiziario</strong> <strong>del</strong>l’<strong>Associazione</strong> Culturale <strong>Monti</strong> <strong>del</strong> <strong>Tezio</strong>n. <strong>28</strong>maggio 20121


2Il TEZIO... e dintorniPeriodico<strong>del</strong>l’<strong>Associazione</strong> Culturale<strong>Monti</strong> <strong>del</strong> <strong>Tezio</strong>Tipografia Grifo Editore PerugiaRegistrazione <strong>del</strong> Tribunale di Perugian. 6 <strong>del</strong> 6 apr<strong>il</strong>e 2012n.<strong>28</strong> - anno XIVn.1 maggio 2012Direttore Editoriale:Lino GambariDirettore responsab<strong>il</strong>eMichele CastellaniComitato di Redazione:Lino GambariCelso AlunniMauro BifaniFrancesco BrozzettiAldo FrittelliPaolo PasseriniSegreteriaMauro BifaniGian Mario TibidòDirezione, Redazione edAmministrazione:Via Osteria <strong>del</strong> ColleColle Umberto I - 06133 PerugiaTel.: 335.6726766 - 346.4166065www.monti<strong>del</strong>tezio.itinfo@monti<strong>del</strong>tezio.itwww.montetezio.ning.comhttp://www.facebook.com/pages/<strong>Associazione</strong>-Culturale-<strong>Monti</strong>-<strong>del</strong>-<strong>Tezio</strong>/16270<strong>28</strong>13805922Progetto graficoed impaginazione:Francesco BrozzettiStampa:Tipografia Grifo - PerugiaHanno collaborato aquesto numero:Leonardo AngeliciMauro BifaniFrancesco BrozzettiAlessio CamprianiDaniele CrottiAldo FrittelliLino GambariLodovico MarchisioPaolo PiazzaMichele RagniIn copertina:1’ - Colza e papaverifoto di Francesca Marinangeli4’ - Vari usi <strong>del</strong> barbecuefoto di francescobrozzetti<strong>il</strong> TEZIO3 Editoriale... e dintorni4 Adottiamo una strada5 Nuovi orizzonti6 1° maggio 201210 Cinqueperm<strong>il</strong>le11 Comunicazioni particolari12 Da un buio all’altro15 La scampanata17 Una bella storia pasquale18 Le nostre escursioni?19 Un nuovo amico20 parliamo ancora <strong>del</strong>laTomba <strong>del</strong> Faggeto22 Il passaggio <strong>del</strong> fronte24 Il <strong>Tezio</strong> ospite a Corciano25 Cronaca di una bellamanifestazione26 L’educazione sentimentale<strong>28</strong> Il gallo di Pietro30 Capo Horn in barca a vela31 Ricette gustose


editorialeLino GambariCon l’anno 2011 si è concluso <strong>il</strong> mandato triennaledegli organi statutari <strong>del</strong>l’<strong>Associazione</strong> epertanto si è proceduto all’elezione di un nuovoconsiglio direttivo più gli altri organi.Giunto al termine <strong>del</strong> mio mandato di presidente,ho voluto ringraziare i componenti <strong>del</strong>direttivo ed i molti soci che hanno lavorato accantoa me in questo periodo, in cui tante sonostate le soddisfazioni.Quindi nell’assemblea ordinaria dei soci tenutasi<strong>il</strong> 26 gennaio 2012 si è provveduto all’elezionedegli organi statutari che risultano cosìcomposti:Consiglio DirettivoPresidente Lino GambariVice Presidente Michele RagniSegretario Bifani MauroTesoriereTibidò Gian MarioConsiglieri: Alessandri FrancescoAlunni CelsoBrozzetti FrancescoFrittelli AldoMagnini Dan<strong>il</strong>oPasserini PaoloRondini RiccardoSampaoli PietroVagnetti AlbertoCollegio SindacalePresidente Ceccarelli PaoloSindaci effettivi: Benda EnzoCeccarelli UbaldoSindaci supplenti: Fiorucci MarioPerelli AldoCollegio ProbiviriPresidente Piattellini PietroSindaci: Tancini RaffaeleVenditti Mario RoccoAbbiamo di fronte a noi nuove sfide e moltitraguardi da raggiungere ma, con determinazionee rinnovato impegno di tutta la nuovasquadra eletta, sono certo che supereremo br<strong>il</strong>lantementequesta triste congiuntura. Perché inostri soci ci chiedono con forza di proseguirenel solco tracciato in questi anni; con entusiasmoe fiducia, quindi, continueremo a gestireun’<strong>Associazione</strong> dinamica e capace di permanerenel suo ruolo di protagonista in questoambito territoriale.Moltissimi ed importanti gli interventi attuatiper quanto concerne l’organizzazione <strong>del</strong>l’<strong>Associazione</strong>:ci siamo trasformati in onlus ed atal proposito invito a destinare <strong>il</strong> 5 per m<strong>il</strong>leall’<strong>Associazione</strong> <strong>culturale</strong> <strong>Monti</strong> <strong>del</strong> <strong>Tezio</strong>,considerata l’attenzione posta al territorio eall’ambiente, anche attraverso collaborazionicon le scuole locali, con le pubblicazioni cheogni anno riusciamo a produrre, con gli eventie le serate culturali organizzati in sede. Abbiamomigliorato nella grafica e nella sostanza <strong>il</strong>notiziario che ci risulta leggete con piacere;inoltre ora ha un vero direttore responsab<strong>il</strong>eed è registrato al Tribunale perché sia a tuttigli effetti un vero strumento di comunicazione.Tutto ciò nonostante la moderazione e lasobrietà imposte dalla crisi con la conseguentemancanza di fondi adeguati a perseguire i nostrifini istituzionali.Nel corso <strong>del</strong> 2011 abbiamo “consolidato” <strong>il</strong>nostro ruolo di “interlocutore” priv<strong>il</strong>egiato<strong>del</strong>le istituzioni locali e dovrà esserlo ancheper <strong>il</strong> futuro, perché sempre più gli amministratorisappiano cosa facciamo e cosa significala presenza nel territorio <strong>del</strong>l’associazione<strong>Monti</strong> <strong>del</strong> <strong>Tezio</strong>. Ciò dovrà servire per rinnovarecon la costituenda Agenzia <strong>del</strong> Territorioregionale, che sostituirà le Comunità Montane,la convenzione che tanti frutti ha dato dal 2000al 2011 non solo a noi ma soprattutto a monte3


<strong>Tezio</strong>, dove grazie all’associazione, la fruib<strong>il</strong>itàe la presenza di escursionisti è parecchioaumentata. Questo sarà <strong>il</strong> principale punto daaffrontare per <strong>il</strong> nuovo direttivo che dovrà proseguirepoi con i progetti già in essere comel’organizzazione <strong>del</strong> Festival <strong>del</strong> Camminare,evento che assume un’importanza notevoleper le caratteristiche con cui lo abbiamo ideato.Dovrà inoltre continuare nel solco <strong>del</strong>la continuitàper quanto riguarda l’apertura <strong>del</strong>l’InfoPoint, ottimo punto di riferimento e di gradimentoper chi vuol frequentare monte <strong>Tezio</strong>.Rimangono poi tutte le iniziative che, seppurcondizionate dalla congiuntura, continueremoad organizzare.Come vedete <strong>il</strong> lavoro è tanto perché abbiamoun’associazione vivace e siamo sicuri che anche<strong>il</strong> prossimo triennio saprà essere all’altezza<strong>del</strong>le aspettative.Un cordiale saluto a tutti voi.Un gesto di civ<strong>il</strong>tà checontraddistingue la nostra <strong>Associazione</strong>.4Era la domenica a suo tempo dedicata per farela nostra annuale escursione con successivopranzo detto <strong>del</strong>l’”asparagiata”.Nello stesso giorno, però, <strong>il</strong> Comune di Perugiaaveva organizzato una giornata ecologicadenominata “Adotta una strada” e quindi noinon potevamo tirarci indietro.L’<strong>Associazione</strong> <strong>Monti</strong> <strong>del</strong> <strong>Tezio</strong> perciò ha raccoltoe fatto proprio l’appello lanciato dall’AssessoreLorena Pesaresi, organizzando un foltoed agguerrito gruppo di Soci ed amici chedomenica mattina si sono ritrovati davanti allasede <strong>del</strong>l’<strong>Associazione</strong> per dedicarsi a questogesto di civ<strong>il</strong>tà, che non sarebbe stato necessariose altri cittadini non si abbandonassero adatti di inciv<strong>il</strong>tà gratuita, “depositando” quintalidi sporcizie lungo le strade.Adottato quindi <strong>il</strong> tratto di strada che va da ColleUmberto I a Maestrello i nostri amici hannobattuto palmo a palmo la zona entrando anchenelle acque ancora gelide <strong>del</strong> torrente Cainaper raccogliere tutta quella infinità di rifiuti lasciat<strong>il</strong>ì non solo per incuria, ma forse ancheper profonda maleducazione da altri cittadiniche sicuramente, di soppiatto, guardavano zittie speriamo colpiti da tanto lavoro.Si è trovato di tutto, dalla bombola <strong>del</strong> gasvuota all’idrante usato, da varie scarpe da donna(?) a bustoni pieni di lettiere per gatti ovviamenteusate, fino addirittura alla pelle quasicompleta di un povero cinghiale scuoiato! Nonparliamo <strong>del</strong>le bottiglie e <strong>del</strong>le lattine che hannoriempito sacchi e sacchi fino all’inverosim<strong>il</strong>ee poi una incredib<strong>il</strong>e quantità di pezzi diseggiole e sdraie di plastica. C’era insomma uncampionario completo di rifiuti!Speriamo solo che questo gesto possa servirea dare uno scossone a quanti fino ad oggi nonhanno pensato che con la loro incuria danneggianosia se stessi che i propri vicini.


“Nuovi Orizzonti”Michele RagniL’<strong>Associazione</strong> “<strong>Monti</strong> <strong>del</strong> <strong>Tezio</strong>” da quest’annoha deciso di diversificare, incrementandolaulteriormente, la propria attività sociale percui i temi e gli argomenti trattati assumerannoun taglio nuovo, diverso, sempre inerentele tematiche ambientali, ma non più “vincolatostrettamente al solo ambito <strong>del</strong> <strong>Tezio</strong>” che comunquerimane sempre <strong>il</strong> baricentro per tuttele nostre attività.Questa svolta si è resa necessaria per poterdare risposte sempre più concrete ed attualialle decine e decine di soci e simpatizzanti cheda sempre ci chiedono uno “sforzo” per venireincontro alle loro esigenze, spesso mettendoa dura prova la nostra <strong>Associazione</strong>, che purdi non <strong>del</strong>udere i nostri amici, si cimenta inprove ad ostacoli che farebbero tremare i polsidi Enti e/o Organizzazioni più strutturate <strong>del</strong>lanostra ma tant’è per spirito d’amicizia si faquesto ed altro.Uno dei primi cambiamenti tangib<strong>il</strong>i lo stateleggendo proprio in questo momento, in quanto<strong>il</strong> nostro notiziario è stato registrato al Tribunaledi Perugia ed ha acquisito quella vestedi ufficialità che denota, da parte nostra, unospirito nuovo di affrontare le cose una vogliadi aprire ulteriormente la nostra <strong>Associazione</strong>verso nuovi traguardi, senza però per questorinnegare <strong>il</strong> nostro DNA originale, fatto diescursioni, pubblicazioni, Festa <strong>del</strong>la Montagna,riunioni conviviali, etc…tutte iniziativeche hanno avuto e che avranno sempre un minimocomun denominatore rappresentato dallavoglia di stare insieme, dal rispetto verso l’ambientee la natura ovunque si trovi.Proprio per aprirci verso queste nuove “sfide”l’<strong>Associazione</strong> “<strong>Monti</strong> <strong>del</strong> <strong>Tezio</strong>” sta mettendoin programma nuove iniziative, incontri,da svolgersi non solo nella nostra sede di ColleUmberto ma di raggiungere anche nuoviamici in altre zone <strong>del</strong>la città a noi vicinema l’elemento di svolta “epocale” per lanostra <strong>Associazione</strong> è rappresentato dall’organizzazioneper i primi giorni di settembre(7-8-9) <strong>del</strong> Primo “Festival <strong>del</strong> Camminare”,un evento dove i turisti e visitatori, cheaspettiamo molto numerosi anche da fuoriregione, possano interagire con l’ambientetrattando temi che vanno dalla fotografia allaletteratura, sempre di montagna, passeggiate,escursioni, nordic walking e quant’altroci avvicina alla natura.A breve torneremo sull’argomento con materialededicato (depliants, locandine, pubblicità,etc…) articoli e una adeguata presentazione<strong>del</strong>l’evento alla stampa.Con queste brevi anticipazioni, sicuramentee volutamente non esaustive, spero di aversolleticato la vostra curiosità motivo in piùper frequentare le nostre iniziative e la nostra<strong>Associazione</strong>.A presto.5


1 ° 2012maggioFrancesco Brozzetti6Le previsioni non erano state moltofavorevoli, ma la mattinata invece sipresentava molto bene.Il cielo era praticamente senza nuvoleed <strong>il</strong> sole cominciava a far sentirela sua forza.I preparativi frenetici iniziati già <strong>il</strong>giorno prima stavano proseguendobenissimo, ed addirittura stavanoarrivando persone sia per fare leescursioni programmate che per passarequalche ora sull’erba morbidaappena tagliata.Un numeroso gruppo di ciclisti inmountain bike, un gruppo di appassionati<strong>del</strong> nuovo st<strong>il</strong>e di escursionismoNordik Walking, un nutritostuolo di amici soprannominatisisimpaticamente “Essiamonoi”, gliamici <strong>del</strong>l’<strong>Associazione</strong> Amazzoniache si sono uniti al nostro gruppo dicamminatori, hanno riempito <strong>il</strong> pratodi richiami, di voci, di esortazionie poi, via tutti, alla conquista <strong>del</strong>monte.La parete di arrampicata stava già attirandobambini e giovanotti ansiosidi cimentarsi con questa disciplinaancora poco nota per noi.Un gruppo di nuovi amici esperti dimo<strong>del</strong>lismo stavano dando sfoggio<strong>del</strong>la loro perizia con mo<strong>del</strong>li di autoda far invidia a veri fuoristrada.I panini con porchetta offerti dalla<strong>Associazione</strong>, andavano a ruba egli amici che erano venuti a trovarcinumerosi stavano gustando unafesta veramente all’altezza dei tempimigliori.Poi verso le 13, improvvisamente<strong>il</strong> cielo si è oscurato ed ha fatto un


primo acquazzone, tanto per avvisarci che lafesta era finita.I meno coraggiosi hanno subito tolto le tendee se ne sono andati, ma non erano in molti!La maggior parte, con tenacia, ha volutoattendere un miglioramento e si è accalcatasotto <strong>il</strong> gazebo che provvidenzialmente,quest’anno avevamo raddoppiato di capienza.Si capiva benissimo che nessuno voleva cedereal maltempo, tanto è vero che appena hasmesso di piovere, tutti sono tornati sull’erba,incuranti <strong>del</strong>l’umidità che da essa saliva.Purtroppo <strong>il</strong> tutto è durato poco, ancora unavolta <strong>il</strong> cielo si è oscurato ed ancora pioggia,ma questa volta per circa un’oretta.Eppure anche questa volta tutti si sono riparatipazientemente sotto <strong>il</strong> gazebo ed hannoatteso <strong>il</strong> placarsi <strong>del</strong>la pioggia che, vista lamala parata, ha dato un ultimo scroscio e sene è andata definitivamente.Ora potevamo uscire alloscoperto e proseguire tranqu<strong>il</strong>lamentela festa comedoveva essere.C’è stata la premiazione<strong>del</strong> 3° concorso fotograficocon i premi consegnati aivincitori dall’AssessoreLorena Pesaresi, c’è stataancora una “carica” divolenterosi alla parete diarrampicata, panini conporchetta, prosciutto, nutellaper tutti, annaffiati dabuon vino rosso.Alle otto, circa, quandotutti ormai se ne eranoandati, abbiamo cominciatol’ingrato compito dismontare tutto.Eravamo stanchi, moltostanchi, ma tutto sommato soddisfattiper la giornata andata abbastanza bene,tanto comunque da ripagare sicuramentei nostri sforzi.Sembrerebbe una cronaca conclusa, manon è così, infatti vogliamo e dobbiamoparlare di quanti, con Sergio Trastulla intesta, hanno preparato i panini.Tagliare la porchetta potrebbe sembrarefac<strong>il</strong>e ma non lo è, e Sergio, circondatoda una decina di signore volonteroseha svolto a pieno <strong>il</strong> suo compito, comesempre.I panini sono arrivati puntuali e gli amicisul pratone hanno potuto godere a pieno<strong>del</strong>la loro “professionalità”.Grazie ancora quindi a Sergio ed alle diecigent<strong>il</strong>i signore che si sono sacrificate facendo,pur essendo un giorno di festa, una bruttaalzataccia di prima mattina per la gioia diquanti all’aria aperta si gustavano i loro“panini con porchetta”!7


ALBERTO8Il 1° maggio è per tutti noi una giornataeccezionale, sia per le emozioni che ciregala, sia per la fatica, la tensione emotivae per tutto quello che comporta organizzareuna giornata all’aria aperta per due/tre m<strong>il</strong>apersone ... pioggia permettendo!Ognuno di noi si assume un ruolo e loporta a compimento dall’inizio alla fine conabnegazione e senza la minima esitazione.Comunque tra tutti c’è un personaggioparticolare che tutto quello che ho appenadescritto lo fa con <strong>il</strong> doppio, anzi <strong>il</strong> triplo<strong>del</strong>le nostre forze.E’ appunto di Alberto che parlo.Qualsiasi cosa succeda, qualsiasi situazioneparticolare si venga a creare, qualsiasinecessità ci affligga, arriva lui, che condeterminazione, sicurezza, calma, ed ancheun pizzico di umorismo “collumbertese” citoglie d’impaccio.Allora come non ringraziare in modoparticolare questo amico, unico nel suogenere, anche perché oltre agli altri pregi,gli si deve riconoscere una modestia unica,specialmente oggi, tra i tanti venditori difumo che ci circondano!francesco


Come poteva Enzo resistere alla tentazionedi provare anche lui la scalata allaparete?Nei lunghi anni trascorsi tra pareti diroccia vere, tra profonde voragini naturalie vicissitudini umane, <strong>il</strong> richiamo<strong>del</strong>la “corda” non lo ha lasciato insensib<strong>il</strong>eed è riuscito a fare, tranqu<strong>il</strong>lamentequello che molti giovanissimi hannorifiutato di fare, si, molti bambini hannodeclinato l’invito a salire, forse impauriti,forse emozionati, non so, ma sicuramentequello che abbiamo notato tuttiè che le “femminucce” non si sono fattepregare e si sono lanciane nell’avventurasenza remore né timori ...bambini, mi raccomando,svegliatevi,altrimenti ...Del concorso fotografico ampiacronaca a pag. 259


10Cari amici è questa l’occasione perdimostrare <strong>il</strong> vostro attaccamentoall’<strong>Associazione</strong>.Dateci una mano perché così facendodate una mano anche a voi stessi.Se l’<strong>Associazione</strong> cresce, tutti noipossiamo usufruire <strong>del</strong>le sue iniziative equindi facciamo <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e per dare forzaa questo sodalizio che ci rappresenta tuttiindistinatmente e che a tutti regala beimomenti da condividere tra noi,con amici e fam<strong>il</strong>iari


Il Presidente scrive:Monte <strong>Tezio</strong> - PerugiaCara Socia, caro Socio,questo numero <strong>del</strong> <strong>Notiziario</strong>, che accompagna questa mia, è l’ultimoche viene inviato a chi non ha rinnovato l’iscrizione alla nostra <strong>Associazione</strong>.Nel caso non ti fossi ancora riscritta/o, ti invito a farlo al più presto perproseguire a far parte <strong>del</strong>la nostra <strong>Associazione</strong> e continuare a ricevere la nostrarivista.Puoi trovare fac<strong>il</strong>mente informazioni sul nostro sito all’indirizzo http://www.monti<strong>del</strong>tezio.it. oppure telefonando alla Segreteria ai numeri telefonici346.4166065 - 335.6726766.A chi ha già rinnovato l’iscrizione, rivolgo <strong>il</strong> saluto di benvenuto per<strong>il</strong> 2012 e l’auguro di un anno di grandi soddisfazioni escursionistiche in una<strong>Associazione</strong> che ci proporrà importanti avvenimenti e novità.Riportiamo una nota <strong>del</strong> CAI di Perugia cheriteniamo degna <strong>del</strong>la massima attenzione pertutti noi che amiamo avventurarci “dove osanosolo le aqu<strong>il</strong>e”Scriviamo queste poche righe prendendo lo spunto dall’incidente accaduto lo scorsovenerdì sulla strada <strong>del</strong> Passo <strong>del</strong> Fargno sui <strong>Monti</strong> Sib<strong>il</strong>lini e che si è concluso in manieratragica nonostante <strong>il</strong> tempestivo intervento <strong>del</strong> Soccorso Alpino <strong>del</strong> CAI.Non è una coincidenza che <strong>il</strong> luogo <strong>del</strong>l’evento sia stato <strong>il</strong> medesimo in cui due anni faperse la vita un ciclista con la sua mountain bike.E’ stato fatale l’attraversamento di un nevaio incontrato lungo <strong>il</strong> percorso su una fac<strong>il</strong>estrada in quota.Vorremmo richiamare la tua attenzione su questo tipo di pericolo che molto (troppo)spesso viene sottovalutato.Soprattutto in questa stagione si è indotti dalle belle giornate primaver<strong>il</strong>i e dall’apparentescomparsa <strong>del</strong> manto nevoso, ad impegnarsi su itinerari in alta quota; ma neicanali in ombra (in particolare quelli esposti a nord) è fac<strong>il</strong>e trovare lingue di neve avolte anche molto dura, diffic<strong>il</strong>mente attraversab<strong>il</strong>e senza attrezzatura adeguata, anchese si tratta di pochissimi metri!La scivolata sulla neve dura è un pericolo insidioso (perché si tende a sottovalutarlo)che può portare a conseguenze molto gravi come purtroppo la cronaca documenta.La casistica di questi incidenti r<strong>il</strong>evati dal Soccorso Alpino sulle nostre montagne èmolto più vasta di quanto tu non possa immaginare.Pertanto ti invitiamo a valutare con attenzione gli itinerari che percorrerai e di munirti<strong>del</strong>l’adeguata attrezzatura e prudenza e ricordati che a volte ... è più coraggiosotornare indietro che andare avanti.11


“Da un buio all’altro”Uno sguardo al nostro recente passato conl’aiuto di Aldo Frittellinona parte* Per le voci indicate con asterisco, vedi glossario.12Opere agricole collinaripraticate fino agli anni ‘50<strong>del</strong> Novecento nei dintornidi Perugia.(Per una opportuna e necessaria indicazione,va precisato che gran parte <strong>del</strong>leopere agricole, di seguito esposte, trovanotuttora la loro valida attuazione, anchese agevolate da attrezzature, tecnologiee macchine non disponib<strong>il</strong>i negli anniindicati).Setacciatura dei cerealiNelle settimane successive alla trebbiatura,parte <strong>del</strong> grano raccolto e destinato al mulino,veniva sottoposto a una ulteriore rifinituraper liberarlo da qualche seme di erbe infestanti(avena selvatica, veccia, ecc.) sfuggito allaselezione <strong>del</strong>la macchina trebbiatrice. A talescopo l’antico utens<strong>il</strong>e, denominato giujara*,era sempre più spesso sostituito da un crivellocircolare di lamiera perforata (diametro m.1,50) che veniva appeso al soffitto con unafune, facente capo ad un anello centrale. Versatauna opportuna quantità di cereale nel setaccio,l’operatoregli imprimevaGiujaraun moto continuoper alcuniminuti, inclinandolodi circa15-20 gradi,secondo le direzioni<strong>del</strong>le generatricidi uncono virtuale. Isemi estranei si accumulavano così tutti al centro<strong>del</strong> setaccio e quindi venivano agevolmenterimossi.La setacciatura dei cereali si poteva effettuareanche prendendo a nolo per qualche giornouna macchina abbastanza maneggevole, denominatasvecciatoio, costituita da setacci atamburo rotante e azionata per mezzo di unamanovella. La stessa macchina, suddivisa indue tronconi, una volta assemblata raggiungevauna lunghezza di circa 3 metri.Riempita una tramoggia, i grani defluivano inun crivello vibrante, prima di essere introdottinel tamburo separatore e classificatore; inalcune casse, disposte trasversalmente sottola macchina, si raccoglievano separatamentei semi infestanti, i corpi estranei e <strong>il</strong> prodottomondato (quest’ultimo era classificato, per ledimensioni <strong>del</strong>le cariossidi, in tre categorie).Bonifica dai sassi affiorantinegli appezzamenti ricchi di“scheletro”Nel mese di settembre, o nelle giornate invernaliasciutte, si procedeva alla eliminazionemanuale dei sassi affiorati al momento <strong>del</strong>learature dai campi seminati a prato, allo scopodi rendere più agevole la falciatura <strong>del</strong> foraggio.Radunati prima in piccoli mucchi e successivamentecaricati sul carro, essi venivano accumulatisugli angoli morti degli appezzamenti(inagib<strong>il</strong>i all’aratro), o anche in punti di scarsafert<strong>il</strong>ità. In alcuni casi le pietre più grandi venivanout<strong>il</strong>izzate per la costruzione di murettidi sostegno a secco, mentre le più piccole perconsolidare tratti stradali fangosi.Raccolta <strong>del</strong> maisNel mese di settembre le pannocchie di questocereale, più noto con <strong>il</strong> nome di “granturco”,


dopo esserestate raccoltein canestri, venivanodepostenella cassa <strong>del</strong>carro, per esseretrasportatesull’aia. Legrosse spighe,ancora ricoperte<strong>del</strong>l’involucro,venivanosistemate informa di basso cumulo, dall’andamento semicircolare<strong>del</strong> diametro di 5 o 6 metri.Dopo <strong>il</strong> tramonto uomini, donne, adolescenti ebambini, seduti sul cumulo stesso, attuavano alchiaro di luna la spannocchiatura o scartocciatura,( detta in vernacolo “specciolatura”*).Il lavoro effettuato manualmente si concretizzavanel liberare una pannocchia alla voltadalle cinque o sei brattee <strong>del</strong> cartoccio; le spighecosì sistemate venivano gettate al centro<strong>del</strong> semicerchio, dove rimanevano per qualchegiorno ad essiccare al sole. Un’alternativa diessiccazione poteva essere quella di concatenaremazzi di pannocchie, legate tra loro permezzo dei cartocci esterni più grandi, appendendolipoi alle facciate <strong>del</strong>le case esposte amezzogiorno. Al termine di questo lavoro, venivaconsumata una squisita minestra di ceci,insaporita da lardo di maiale, (minestra con<strong>il</strong> battuto) oppure qualche fetta di “torcolo”(ciambellone) e un bicchiere di vino (in alcunicasi poteva inoltre seguire qualche ballo alsuono di una fisarmonica).Scartocciatura <strong>del</strong> maisSgranatrice di mais (proprietà Patumi)Sino alla fine degli anni ’40, durante la spannocchiatura,qualche anziano raccoglieva ancorain un crino* le brattee più interne <strong>del</strong>lepannocchie, che ut<strong>il</strong>izzava successivamentecome imbottitura di pagliericci.Dopo alcuni giorni faceva seguito la liberazionedei chicchi di granturco dai tutoli, con unoperazione chiamata sgranatura. Anche questolavoro veniva svolto dopo cena da più persone,in un locale <strong>del</strong> piano terreno o sotto una loggia.La sgranatura si effettuava con l’aus<strong>il</strong>iodi apposite macchinette azionate da una manovella.Una ulteriore rifinitura manuale eracomunque necessaria per distaccare i pochichicchi ancora aderenti ai tutoli (solo nei primianni ‘50 fecero la loro apparizionealcune macchine sgranatrici azionateda un trattore che le trasportavadi aia in aia).Il cereale, prima di essere ripostonel granaio, veniva lasciato sull’aiaper qualche giorno al sole, caratterizzandocosì, con estese macchiearancioni, l’area circostante le casecoloniche.Il mais serviva principalmente adalimentare gli animali, anche se ,con la farina, si faceva la polenta esi preparava una focaccia cotta sultesto*, popolarmente detta “torta digranturco”.I grossi steli <strong>del</strong> mais, denominatidai coloni “costoni”, venivano ut<strong>il</strong>izzatiquale combustib<strong>il</strong>e, comepure i tutoli <strong>del</strong>le pannocchie.13


14GLOSSARIOAssolcatoreAratro <strong>il</strong> cui vomere fisso era configurato a triangoloisoscele ed era raccordato con un versoio ligneo a duefalde simmetriche. L’assolcatore si ut<strong>il</strong>izzava sui terrenigià arati e sminuzzati, per realizzare canalette di scolo oi solchi per la semina <strong>del</strong> maisBalzoManufatto nastriformedi antichissima ed ingegnosa invenzione,realizzato e ut<strong>il</strong>izzato dai mietitori di cerealiper legare i covoni.Barchetto o cavallettoPiccolo cumolo di covoni che si realizza sui campi dopola mietitura. La sua sistemazione planimetrica a croceconsentiva una migliore essiccazione <strong>del</strong> prodotto, destinatoa rimanere sul posto 10/15 giorni.BifolcoUomo addetto alla cura e all’impiego dei buoi nei lavoriagricoli.BoccalettaMuseruola metallica che si poneva sul muso dei buoidurante l’aratura o la semina negli oliveti, per evitareagli animalidi mangiare i rametti più bassi.BrolleRami di olivo, derivati <strong>del</strong>la potatura, le cui fronde venivanorecuperate e usate come mangime per i bovini.CanestroCesto di vimini di forma ovalizzata, munito di manicotrasversale.CapitagnaCiascuna <strong>del</strong>le due strisce di terreno che rimangono daarare alle estremità <strong>del</strong> campo, dove cioè l’aratro invertela marcia.CarrarecciaStrada campestre sterrata, adibita al transito di carri emacchine agricole; con tale termine vengono definiteanche le tracce <strong>del</strong>le ruote dei carri lasciate sul terrenobagnato.Coroia (Cercine)Grande fazzoletto arrotolato e avvolto in forma di piccolaciambella che un tempo le donne si ponevano sul capo peragevolare <strong>il</strong> trasporto di oggetti, quali brocche, cesti, ecc..Cotautens<strong>il</strong>e fusiforme per aff<strong>il</strong>are falci e coltelli, c ostituitoda una pietra abrasiva lunga circa 20 centimetri.CrinoLeggero contenitore c<strong>il</strong>indrico realizzato con rametti disalice ut<strong>il</strong>izzato per <strong>il</strong> trasporto di erba, fieno, paglia.Unavolta riempito, veniva trasportato sul dorso <strong>del</strong>l’operatoreche lo tratteneva per mezzo di un bracciolo di cordadoppia passato sopra una spalla.ErpiceCongegno agricolo trainato dai buoi o dal trattore, fattostrisciare sul terreno per frantumare piccole zolle, interraresemi, rompere la crosta <strong>del</strong> suolo, fino a una profonditàdi 6-8 centimetro.L’erpice è costituito da una serie di elementi di ferrodentati e snodati tra loro, collegati a graticcio.FalceAntico utens<strong>il</strong>e usato per mietere i cereali (falce messoria)ed anche per tagliare l’erba.Un altro tipo di falce (Falce fienaia) è costituita da unalama leggermente ricurva e lunga 60-70 centimetri, vincolataad un manico di circa metri 1,50.FiescoloSott<strong>il</strong>e contenitore realizzato con fibre vegetali usatoper agevolare l’estrazione <strong>del</strong>l’olio dalle olive frante. Ilfiescolo è costituito da due pareti parallele in forma dicorona circolare unite lungo la circonferenza maggiore(esse formano una sorta di tasca entro cui si pone la pastadi olive da sottoporre a spremitura)ForcaUtens<strong>il</strong>e agricolo ut<strong>il</strong>izzato per spostare fieno, paglia,erba.E’ formata da un manico in legno lungo circa metri 1,50recante a una estramità due rebbi metallici lievementecurvi e paralleli lunghi circa 25 centimetri.ForconeForca munita di quattro rebbiFormaCanaletta fissa, solitamente a sezione trapezoidale,scavata nel terreno ai margini dei campi (nelle formevanno a defluire le acque piovane, per essere convogliatenei fossi).GiogoStrumento ligneo col quale si univano due bovini da traino.Il giogo era opportunamente intagliato alle estramitàper adattarlo al collo degli animali, mentre al centro erafissato un robusto anello (campanella) per l’attacco <strong>del</strong>timone <strong>del</strong> carro o <strong>del</strong>l’aratro.GiujaraSetaccio di forma circolare costituito interamente dielementi vegetali. <strong>il</strong> fondo <strong>del</strong>la giujara era formato dasott<strong>il</strong>issime canne parallelamente legate con nastrini disalice alla distanza di circa 2 m<strong>il</strong>limetri.Gregna (Covone)Fascio di spighe di grano, orzo o avena legato con nunmazzetto di steli <strong>del</strong>lo stesso cereale.GreppoScarpata erbosa, quasi sempre artificiale. I greppi, sonostati realizzati su terreni agricoli in forte pendio alloscopo di renderli più agevoli; tale sistemazione vienedefinita “a ciglioni”.“Opera”Scambio reciproco di manodopera non retribuita attuatonei lavori agricoli mezzadr<strong>il</strong>i più impegnativi.Pagliaiogrande cumulo di fieno o di paglia che, fino agli annicinquanta si realizzava sulle aie <strong>del</strong>le case coloniche.Soppiantato oggi dalle così dette “balle” pressate meccanicamenteesso ha costituito un metodo primitivo maefficace per la conservazione all’aperto di tali prodotti.Di forma tronco-conica capovolta nella parte inferiore econica in quella superiore, era imperniato intorno a unostollo ligneo verticale infisso nel terreno (Con espressionedialettale denominato “metulo”).SbrecciaturaPrima fase di potatura <strong>del</strong>le viti.Scorgiato o scorgiattolo (Correggiato)Antico utens<strong>il</strong>e agricolo di legno usato un tempo perbattere i cereali o i legumi secchi.Impugnato l’utens<strong>il</strong>e,si faceva ruotare in aria la vetta, mandandola a percuoterele spighe o i baccelli da sgranare.SecciaLa superficie dei campi dopo la mietitura dei cereali, irtadi steli di paglia mozzati dalla falceSpecciolatura (spannocchiatura)La rimozione manuale <strong>del</strong>le brattee, costituenti l’involucro<strong>del</strong>la pannocchia di mais.Testo


Disco di terracotta refrattaria che, una volta infuocato, siut<strong>il</strong>izzava per cuocere le focacce. L’utens<strong>il</strong>e, <strong>del</strong> diametrodi 30-40 centimetri e <strong>del</strong>lo spessore di 2, era dotato diuna maniglia situata al centro di una faccia..TramoggiaContenitore di forma tronco-piramidale o tronco-conicacapovolta applicato a diversi tipi di macchine. All’interno<strong>del</strong>la tramoggia si pongono materiali solidi incoerenti dasottoporre a macinazione o classificazione.TrebbiatriceMacchina agricola non semovente, ut<strong>il</strong>izzata per separarele cariossidi dei cereali dalla pula, dalla paglia e da altrisemi estranei.TreggiaParticolare tipo di veicolo agricolo basso e privo diruote, trainato dai buoi e ut<strong>il</strong>izzato un tempo sui pendiipiù scoscesi (slitta ).TrosciaModesto stagno di acqua piovana, ut<strong>il</strong>izzato per abbeverare<strong>il</strong> bestiame o per annaffiare.VangaUtens<strong>il</strong>e agricolo costituito da una lama trapezioidale otriangolare, fissata ad un manico ligneo lungo circa metri1.20 e ut<strong>il</strong>izzata per dissodare piccole superfici di terreno.VencoRametto flessib<strong>il</strong>e e ripiegab<strong>il</strong>e di alcuni tipi di salice,ut<strong>il</strong>izzato per legare i tralci <strong>del</strong>le viti durante la potatura.ZappaAttrezzo agricolo costituito da una lama generalmentequadrata di circa 15 centimetri di lato, fissata perpendicolarmentead un manico ligneo di circa 1,50 metri. Si usaper sminuzzare piccole zolle, fare solchi o piccole fosse.Zappitello (Zappone)Zappa a due lame contrapposte, larghe rispettivamentecirca 8 e 4 centimetri.La ScampanataAldo FrittelliQuesti eventi ormai lontaninel tempo e caduti in disusosono parte <strong>del</strong>la memoria<strong>del</strong>le tradizioni popolariNel crescente risveglio di interesse per le varieforme <strong>del</strong>l’espressione <strong>del</strong>l’anima popolare, siva alla ricerca di miti, fiabe, racconti, leggende,canti poesie, riti, cerimonie, proverbi, credenzee pratiche magiche. Entro <strong>il</strong> quadro diqueste usanze è da inserire “La Scampanata”che, fino ai primi anni ’50 <strong>del</strong> Novecento talvoltasi attivava spontaneamente senza alcuncopione prestab<strong>il</strong>ito.La scampanata (meno di frequente detta anche“schiassata”) era una sorta di satira dispettosaindirizzata verso un vedovo di età medio-altache risposava una donna molto più giovane.In altri casi protagonista <strong>del</strong>la scampanatapoteva essere una coppia di coniugi (uno deiquali adultero) di cui <strong>il</strong> bersaglio principale eraquello tradito.Ancora inesistente la televisione (che verràresa funzionale in Italia nel 1954) la scampanataera un avvenimento casuale che si attivavaanche a distanza di anni ma talvolta anchepiù volte in uno stesso anno.Questo evento si verificava in campagna o nellaimmediata periferia <strong>del</strong>la città e si protraevaper una o due ore per tre sere consecutive.Gli scampanatori si aggregavano spontaneamentein gruppi di quattro o cinque personeche si portavano nei dintorni <strong>del</strong>l’abitazione<strong>del</strong>le “vittime” alla distanza di alcune centinaiadi metri.Per mezzo di improvvisati megafoni (grandiimbuti da cantina) indirizzavano ai forzati protagonisti(senza farne i nomi) una serie di lazzi,mordaci canzonature e derisioni di ogni genereespressi in dialetto perugino. Le piccanti battutesi alternavano a fasi di fracasso infernaleprodotto con campanacci, corni, tamburi metallici,campanelle, ed altri strumenti sonori.Chi scrive ricorda una scampanata svoltasinell’estate <strong>del</strong> 1952 o 1953 i cui “protagonisti”erano residenti nella vallata tra Ponte Rioe San Marco di Perugia.15


16Gli scampanatori si alternavano nel loro improvvisatorepertorio di sfottò che riecheggiavaper tutta la vallata. Un gruppo era situatosulla collina di Montelaguardia, un altro suquella <strong>del</strong>lo Sperandio, un altro sulla collinadi San Marino, un altro ancora sul versante diPonte d’Oddi.A questi si aggregavano amici, parenti e vicinidi casa che, seduti sui prati sotto le stelle, condividevanosorrisi e risate suscitati dalle salacibattute.Uguccione Ranieri di Sorbello nel suo libro“Perugia <strong>del</strong>la bell’epoca” a pag 277 a propositodi questa usanza popolare riferisceche “[….] I perugini nonrinunciano a certi loro comportamentitradizionali come<strong>il</strong> fare la scampanata a furiadi pentole sbattute sotto lefinestre dei vedovi che si risposanocon donne giovani.Basta annunciare un sim<strong>il</strong>efatto che accorre subito unafolla di “orchestrali” volontari.Nell’anno 1880 mancandooccasioni locali, i perugini sispinsero fino a Bagnara doveun sessantenne sposò unaventottenne. «Manifestazioniinciv<strong>il</strong>i» le chiama la stampa,ma chi gli dà retta? A Perugiasi è sempre fatto così.”Nel libro “Il Folklore” <strong>del</strong> Touring Club Italiano,pag. 24, a proposito <strong>del</strong>la chiassata si leggeche “[…..] Il baccano indiavolato si prolungaanche per parecchie ore, fino a che gli sposiaprono la porta e offrono da bere alla comitiva.”Anche questi eventi ormai lontani nel tempo ecaduti in disuso sono parte <strong>del</strong>la memoria <strong>del</strong>letradizioni popolari. Piccoli fatterelli umoristicidi cui si nutriva <strong>il</strong> popolo minuto non ancora“anestetizzato” da gran parte dei programmispazzatura <strong>del</strong>la televisione di oggi.


Una bella storiaPasqualeLodovico MarchisioLodovico Marchisio ed <strong>il</strong> caprone “salvato”É quasi Pasqua. Lazzaro (così è statochiamato questo caprone nato conuna malformazione ad una gamba,costretto a zoppicare sin dalla nascita)viene curato ed amato da duebambini. Per loro rimasti orfani,Lazzaro era tutto. Il caprone ha insegnatoloro <strong>il</strong> dono <strong>del</strong>l’amore. Unanimale accanto ci rende più buoni.Ecco perché un bimbo ha bisogno diun animale e viceversa, ma non è ungiocattolo. Quando <strong>il</strong> nonno dei duebimbi muore, una di quelle personeche prima citavo, che si ergonoa grandi conoscitori <strong>del</strong>l’esistenzaumana, mentre non hanno neanchecapito forse che ci sono venuti a farein questo mondo, va in quella casamentre i bambini sono soli e pren<strong>del</strong>a capra per ucciderla e farne carneda macello. Questa persona stavaper squartare con <strong>del</strong>le forbici arrugginite l’animale in questione, salvato in extremis dalle gridadei bimbi che fanno accorrere Michela, una signora che si trovava in vacanza in un agriturismolimitrofo. Questa persona grazie a Dio ha capito in tempo <strong>il</strong> male che avrebbe fatto una scena <strong>del</strong>genere alle due ignare creature già tanto provate dalla morte <strong>del</strong> nonno che li aveva allevati. Eccocome senza attendere l’arrivo di un adulto, una persona può rovinare l’esistenza di un bambino.La magnanima animalista allora acquista l’animale quando torna a casa chi accudiva i bambini rimastiorfani da tempo ed ora anche senza <strong>il</strong> nonno. Lo compra perché loro si sarebbero trasferiti inun’altra abitazione che non avrebbe potuto ospitate l’animale. Questo viene condotto invece in unagriturismo, i cui gestori lo accolgono a braccia aperte e dove i due bimbi lo potranno sempre andarea trovare. Ma la cosa più bella è che <strong>il</strong> caprone riconoscente ha capito di essere stato salvatoe segue tutti gli “umani” perché cerca chi lo coccola, come un cane fa con <strong>il</strong> suo custode; mi piacepiù <strong>del</strong> termine padrone.... Non si citano i luoghi per la <strong>del</strong>icatezza <strong>del</strong>la vicenda e perché non siha comunque alcuna intenzione di puntare <strong>il</strong> dito contro qualcuno. Questa storia v’insegna che aPasqua si può festeggiare anche senza l’agnello o capre in genere. R<strong>il</strong>eggetevi la parabola di Gesùe capirete che non ha mai detto (se non in forma interpretativa) di cibarsi di agnelli a Pasqua!!!L’agnello di Dio che toglie i peccati dal mondo è un eufemismo.Certe barbarie lasciamole fare a religioni primitive in cui esistevano davvero i sacrifici degli animali!Banchettarli è più o meno la stessa usanza!17


Le nostre escursioni?Sempre una sorpresa,una piacevolissima sorpresa!Francesco Brozzetti26 febbraio 201218Ancora una volta l’escursione alle cascate<strong>del</strong>l’Innigati e <strong>del</strong> Sambro ha fatto centro.Il fascino <strong>del</strong>le cascatelle, lo sciabordio <strong>del</strong>l’acquache salta di sasso in sasso e scivola lungoi declivi rocciosi dei fossi, attira molti curiosiamanti <strong>del</strong>la natura selvatica di questi luoghi.Anche oggi eravamo in cinquantasei!C’erano con noi anche alcuni nuovi amici cheinsieme a nostri vecchi soci, hanno voluto cimentarsicon questo simpatico percorso.Niente di diffic<strong>il</strong>e, quando <strong>il</strong> terreno è asciutto,ma quando è umido, sotto un’infido strato difoglie secche, si nasconde una melma viscidae pericolosa specialmente in quei tratti in cui<strong>il</strong> sentiero è stretto, in contropendenza, ed <strong>il</strong>torrente scorre qualche buon metro sotto.Ma a noi nulla può fare paura.Anzi no, di paura ne abbiamo avuta quando unamico, inciampato in una radice sporgente oqualcos’altro di imprevisto, ha perso l’equ<strong>il</strong>ibrioproprio sopra <strong>il</strong> ripidissimo scivolo cheporta alla cascata <strong>del</strong>l’Innigati.Fortunatamente avevamo messo una corda perfare “sicura” e questa ha svolto <strong>il</strong> suo compitonel migliore dei modi, è infatti riuscita a trattenere<strong>il</strong> malcapitato ed impedire qualche peggioresorpresa.Sicuramente tornato a casa avrà scoperto qualchebrutto livido, ma ... fa tutto parte <strong>del</strong> gioco.Per <strong>il</strong> resto nulla ci ha impedito di portare atermine l’escursione e dare a tutti <strong>il</strong> piacere ditornare a casa appagati di una così divertenteed inaspettata mattinata.Speriamo proprio che anche le prossime usciteci permettano di accontentare tutti allo stessomodo; noi ce la mettiamo tutta e speriamo dipoter continuare così.


Un nuovo amicoSalutiamo con simpatia un nostro nuovo amico, Paolo Piazza, che amanteanche lui <strong>del</strong>la nostra terra, ed in particolar modo <strong>del</strong>la nostra zona a norddi Monte <strong>Tezio</strong>, ha visitato più volte la Tomba <strong>del</strong> Faggeto, sempre con crescenteentusiasmo, al punto che ha scritto una poesia che riportiamo conimmenso piacere e, ringraziandolo lo invitiamo di cuore ad unirsi a noi.LA TOMBA DEL FAGGETOanche voi potrestein una calda mattina di lugliosalirci a piedi e da soliattraverso i campi di erba medicai f<strong>il</strong>ari di ulivi abbandonat<strong>il</strong>a fitta boscaglia di cerrie percorrere lo stretto passaggiotra i due bassi muretti a seccofar girare la porta di arenariasui suoi perni conici di pietraaffacciarvi nella piccola cellavuota e s<strong>il</strong>enziosapotreste anche voisedervi un po’ là fuoricol sole che f<strong>il</strong>tra tra i ramie <strong>il</strong> vento che alita leggeroPaolo PiazzaE’ questa una poesia che Paolo scrisse quasidi getto pochissimi mesi addietro al rientroda una sua solitaria passeggiata in questo sito“misterioso”.Per chi conosce bene <strong>il</strong> luogo è un piacere profondoquello che si prova leggendo questi versi,mentre per chi, sfortunatamente, ancora non èmai stato alla “Tomba” è un invito a coglierequanto prima le sensazioni uniche che solo lì sipossono provare.Ma la storia non finisce qui, Paolo Piazza, inuna bella mattina d’autunno insieme a sua moglieLucia, è salito ancora una volta alla Tomba,mentre nella zona “ imperversava “ una battutaal cinghiale ed al ritorno non poteva esternarediversamente le sue sensazioni.Pochi versi, ermetici, ma con una forza chenon trova l’eguale.“Ho rivissuto in particolare la sensazione primadi spaesamento e poi di serenità interioreche quelle pietre e quel bosco riescono ad ispirare”sono le sue precise parole in una e-ma<strong>il</strong>in cui, insieme a Daniele Crotti fa riferimentoa noi <strong>del</strong>l’<strong>Associazione</strong> <strong>Monti</strong> <strong>del</strong> <strong>Tezio</strong> ed allacura che dedichiamo a “Monte <strong>Tezio</strong> ... e dintorni”.19


20Leggete con calma questi versi e gustateli a fondo,non credo che si potrebbe descrivere megliouna esperienza sim<strong>il</strong>e.UN REFOLO TRA I RAMIurla latrati richiamicolpi di fuc<strong>il</strong>e guaitirombi di motorein fondo alla valleun refolo tra i ramisecchi scrosci di foglieechi confusi di passialle mie spallesole d’autunno sulla collinanel bosco di cerri s<strong>il</strong>enzioParliamoancora <strong>del</strong>laTOMBA <strong>del</strong>FAGGETO18 MARZO 2012Siamo ancora alla Tomba <strong>del</strong> Faggeto, maquesta volta lasciamo a Daniele Crotti l’incaricodi effettuare una cronaca, “Crottesche”,come usa chiamare lui queste sue esternazioni,sulla mattinata e su quanto lo ha colpito,più o meno positivamente.Ad essa facciamo seguire ancora una “epistola”di Paolo Piazza, in modo da poter completare<strong>il</strong> diario di questa nostra solita escursione,che, come tutte le altre, di scontato, perfortuna, non ha nulla.Alla tomba <strong>del</strong> faggetoIn una non bella giornata sul terminare<strong>del</strong>la stagione invernale… ci troviamo e ciritroviamo per guadagnare la misteriosatomba <strong>del</strong> faggeto.Quando mai ci sarà stato <strong>il</strong> faggeto? Oraci sono cerri, querce e altri alberi, ancoracompletamente spogli, e cespugli, cespuglida e di macchia mediterranea. Non eravamosoli. Un gruppo di venti e oltre persone,bambini, adulti, qualche anziano. Edun cagnetto. Non c’era s<strong>il</strong>enzio. L’abbaiaredei cani in fase di addestramento – a eper cosa non so; le urla dei loro addestratori,<strong>il</strong> cinguettio degli uccelli nell’attesa deipiù, poi al loro inevitab<strong>il</strong>e tacere i brusiidei meno attenti durante la camminata. Alnostro passaggio due prostitute all’opra dibuon mattino – e questo non consola; lafuga di uno scoiattolo forse impaurito – osarà stato <strong>il</strong> rumore dei non lontani motori?;la leggerezza <strong>del</strong>le conversazioni – manon tutte; la curiosità in attesa – per i neofitima non soltanto – di sapere <strong>del</strong> luogo.Aldo racconta <strong>del</strong>la civ<strong>il</strong>tà etrusca, gli attentiFrancesco, Mauro e Lino ci compattanoe ci invitano a sapere ascoltare e seguire<strong>il</strong> loro itinerario.Siamo dinanzi alla porta <strong>del</strong>la tomba: èuna porta lapidea chi si apre ruotando sudue cardini.Perché quassù questa tomba? Chi maici sarà stato sepolto? Ma è suggestivoriflettere su quanto ha suggerito Paolo:è rivolta verso est, dove sorge <strong>il</strong> sole, econ esso ogni nuovo mattino, quasi unarinascita quotidiana <strong>del</strong>la vita; ci si arrivacamminando, in salita, lentamente, ed ins<strong>il</strong>enzio, come muoversi verso un’altrastagione <strong>del</strong>la vita, verso una nuova metaed un nuovo principio; è la scelta di unanuova dimora quasi una speranza di unarinnovata vita futura – o che continua attraverso<strong>il</strong> ricordo di chi resta? O è soltantoun’<strong>il</strong>lusione? E ancora: la tomba – è lanecropoli, <strong>il</strong> corrispettivo <strong>del</strong> nostro cimitero- è salda, in pietra; resisterà alle intemperie,nei secoli e nei secoli, mentre glialloggi nei v<strong>il</strong>laggi erano di legno e fango.A dire che la vita terrena scompare ma restala memoria di un’altra vita? E la tomba,questa tomba – tutte le loro tombe? -, èin alto, verso la sommità, verso <strong>il</strong> cielo –mentre i v<strong>il</strong>laggi sono dappiedi alla collina;cosa pensare: la ricerca di una immortalità


<strong>del</strong>l’anima?Chiudete la porta ma lasciatela socchiusa;le anime e lo spirito di chi è stato deve proseguirea esistere e camminare la vita, lestagioni <strong>del</strong>la vita, con noi.Torniamoci, in pochi, per ascoltare e sapersiascoltare, per raccontare e raccontarci…Daniele CrottiCaro Daniele,dopo la nostra “visita collettiva“ alla Tomba<strong>del</strong> Faggeto, vorrei condividere con te la riflessioneche ho fatto mentre camminavamo ins<strong>il</strong>enzio sulla via <strong>del</strong> ritorno. Più che di frontead un “sepolcro“ ho avuto la sensazione checi siamo trovati in presenza di una “dimora“.La scelta di edificarla su di un pendio fa si chequesta tomba non si trovi “sotto terra“, comein un mondo completamente altro. E’ invececostruita in parte nella terra ed in parte fuoriterra, come a collocarla su un confine spazialee temporale, in parte al di qua e in parte in un“ al di là “.Le mura sono solide affinché possano resistereal tempo, come ad esprimere l’augurio dipoter essere “abitate” a lungo La forma semicircolare<strong>del</strong>la copertura non è altro chel’immagine cristallizzata <strong>del</strong>la volta celesteche chiude mirab<strong>il</strong>mente questo piccolo cosmo“ri-costruito” dall’uomo.La porta così massiccia, eppure così fac<strong>il</strong>eda aprire e da chiudere, non ha alcun sistemadi chiusura definitiva e nessuno possiedein esclusiva per sé <strong>il</strong> segreto per attraversarla.Ho avuto l’impressione che ci siamo trovati difronte ad una dimora “liberamente accessib<strong>il</strong>e”che custodisce per noi <strong>il</strong> ricordo di una vitavissuta con pienezza.Terminata la ripida salita, prima ancora dipercorrere <strong>il</strong> breve passaggio tra i due muretti,all’improvviso ci si trova di fronte alla Tomba.E’ quello <strong>il</strong> posto dove mi piace fermarmiqualche istante a guardare la cella prima dientrarci. Quando esco dalla cella, è quello <strong>il</strong>posto dove mi piace restare seduto a lungo adascoltare <strong>il</strong> bosco.Quel posto, che ho trovato in occasione <strong>del</strong>lamia prima “visita”, la collocazione sul pendio,la costruzione coperta solo in parte dallaterra, l’immagine <strong>del</strong>la casa, la porta senzaserrature, tutto al Faggeto mi da la sensazionedi trovarmi allo stesso tempo su una nettalinea di demarcazione dove è necessario arrestarsi,ma anche in un punto di incontro nelquale poter rimanere a lungo, nel quale poter“stare in pace”.Paolo Piazza21


IL PASSAGGIO DEL FRONTELeonardo Angelici22La mattina di Pasqua <strong>del</strong> 1976, Eugenia Boceranived. Piattellini si svegliò con la luce cheentrava dalle ante sfessurate che estate e invernosi aprivano sulla sua stanza. Si sedette sulletto, ritrovò con i piedi le pantofole, le inf<strong>il</strong>ò.Per un attimo pensò di alzarsi in piedi, esitò,si passò le dita sugli occhi, e si ritrovò nellamano sinistra un pezzo di vetro, rosa, spesso,<strong>del</strong>la grandezza di un’unghia. Quella reliquiasi trasformò in un boato abbagliante. La nonnasi contenne per pudore come era stato per tuttala sua sobria esistenza. Più tardi a colazione,imperturbata, aprì la mano di fronte a noi tuttiincuriositi.Inevitab<strong>il</strong>mente <strong>il</strong> passaggio <strong>del</strong> fronte: lo zioPietro, geometra con l’uzzolo <strong>del</strong>la precisione,incorniciò i fatti.Il XX Giugno <strong>del</strong> ‘44, gli alleati erano entratiin Perugia e i Tedeschi un po’ combattendoun po’ affrettando <strong>il</strong> passo si dirigevano versoUmbertide. La ritirata ut<strong>il</strong>izzò anche la stradache dalla Forcella porta al Pantano, perché isoldati marciando a ridosso di Monte <strong>Tezio</strong>si sentivano più sicuri. Alla fattoria di Compressopresero tutto quello che potevano e attaccaronoal legnetto Fiorella per alleggerirsi<strong>il</strong> trasporto. La cavalla, di solito mansueta,non capiva gli ordini urlati in tedesco e non simuoveva neanche con le frustate; alla fine lostalliere Checco, impietosito, carezzò la bestiae con un la mise in marciae non la rivide più. Sempre come animali dasoma furono ut<strong>il</strong>izzati alcuni giovani, tra cu<strong>il</strong>o stesso Pietro, per portare munizioni e viveri.Questi marciavano da più di due ore quando unaereo alleato cominciò a mitragliare: i soldatisi misero a correre, i giovani si stesero a terrae poi tornarono indietro saltando per i campi.Ma veniamo a noi. I tedeschi prima di allontanarsiavevano minato i tre bracci di strada chelambiscono la fattoria. Pochi giorni dopo, eranoi primi di luglio, arrivarono le avanguardiealleate, in testa gli sminatori di colore. Tuttopareva andare bene, una ad una le mine chesembravano pa<strong>del</strong>le venivano rintracciate, disinnescatee appoggiate al muro <strong>del</strong>la fattoria.L’ultima, fatalità, provocò l’esplosione, fu <strong>il</strong> fi-In questi giorni si parla molto, tradi noi, di molte cose particolariavvenute durante la “Guerra”.A voler confermare in parte quantodetto, ed a rendere quasi romanzostorie di vita vissuta dainostri genitori, non più tardi disettant’anni fa, Leonardo ci hainviato questo suo flash di ricordiancora non spenti e che aleggianotra le pieghe di Monte <strong>Tezio</strong>.nimondo: <strong>il</strong> muro angolare <strong>del</strong> fabbricato crollòe la famiglia <strong>del</strong> Dott. Mulas rimase sottole macerie. Questo medico sardo era sfollatoda Perugia per paura dei bombardamenti, <strong>il</strong>destino fece <strong>il</strong> resto. Anche i due locali doveGiovanni Piattellini aveva <strong>il</strong> suo studiolo damagazziniere furono danneggiati. Lui rimaseferito e con lui la moglie Eugenia, che colpitadai vetri di una credenza rischiò di perdere unocchio. Trentadue anni dopo, quel pezzo di vetrodimenticato dai medici si fece strada, e conlui altri ricordi.Prima ancora, io, che avevo due anni, con <strong>il</strong>babbo e la mamma Leopoldina ero stato nascostonella stalla di Celestino Saia, alle pendicidi Monte <strong>Tezio</strong>. Celestino era un uomoeccezionale sempre allegro, che scherzava anchecon la sua gamba di legno, “regalo” <strong>del</strong>laI Guerra Mondiale. Quando avevo paura deisib<strong>il</strong>i <strong>del</strong>le cannonate, lui prendeva <strong>il</strong> frustino efaceva finta di spaventarle. Io, poi, lo prendevoin giro dicendogli: «Cittadini co’ ‘sta paglia!».Lamentela con cui lui cercava di limitare <strong>il</strong>consumo che noi ne facevamo per dormire piùcomodi.Quell’estate fu ost<strong>il</strong>e anche per la pioggia, cosìquando sembrava che i tedeschi se ne fosseroandati e gli alleati prossimi, i miei decisero dirientrare nella casa che i Piattellini avevano alVoc. Morello, attaccata a quella <strong>del</strong>la famigliaFioroni. Persone cui sono rimasto legato per


tutta la vita. Man mano che crescevo, più voltedomandai a Tito, <strong>il</strong> capofamiglia, come maizoppicava, che cosa gli fosse successo, ma nélui né i suoi mi dissero mai la verità. Da grandemia madre trovò le parole <strong>del</strong> coraggio. Eratempo di mietitura, un tedesco sbandato capitòal Morello, entrò nella stalla dei Fioroni e neuscì tirandosi dietro un vitellino. Leopoldinacon <strong>il</strong> suo carattere ribelle si mise a urlare einveire contro <strong>il</strong> soldato; <strong>il</strong> primo ad accorrerefu Gettulio Fioroni, uno che non sopportavasoprusi, e cercò di riprendersi la bestiola conspinte e imprecazioni. Di suo Leopoldina diedeun morso alla mano <strong>del</strong> razziatore. Al rumore,Tito, dal campo si avvicinò a casa; camminavacon le mani lungo i fianchi e la falce chequasi toccava terra. Il tedesco si girò all’ultimomomento, lo vide, ebbe paura, gli sparò allagamba destra. Io lo ricordo stentato nel camminare,mite, attento a non farmi sapere niente.Gli affetti hanno priv<strong>il</strong>egiato i ricordi fam<strong>il</strong>iariscombinando le tacche <strong>del</strong> tempo, ma meritanomenzione anche certi fatti di cui ho sentitoparlare.Fino al 21 febbraio <strong>del</strong> ‘42, Tec Sans’, la divinitàetrusca che ha dato <strong>il</strong> nome al <strong>Tezio</strong>, era riuscitaa tenere lontana la guerra dalle sue pendici,come a proteggere i pastori e i contadiniche da m<strong>il</strong>lenni le abitavano in pace. Ma quellasera nebbiosa, quando tutti dormivano o aspettavanoche finisse lo stoppino <strong>del</strong>la lucerna, untrimotore tedesco Junkers da nord tentava diaffacciarsi sulla valle <strong>del</strong>la Caina.Ci riuscì, ma dopo aver lasciato un’ala sulversante nord-est ed essere stato catapultatodall’altra parte, dove si fermò rottame fra gliscogli. Il monte si prese tre giovani. Due sopravvissero.Circa due anni dopo, era <strong>il</strong> 12-1-44, di notte,Pietro Piattellini e Giuseppe Ercolanelli dalpiazzale di Compresso Vecchio si “godevano”<strong>il</strong> bombardamento di Sant’Egidio. I due ragazzierano calamitati dagli scoppi e dalle traccianti<strong>del</strong>la contraerea. Ad un certo punto unaereo americano che sorvolava Monte Malbesi prese la scena lasciando cadere tutto <strong>il</strong> caricodi bombe, come per alleggerirsi. Ma fu subitochiaro che l’areo diretto verso <strong>il</strong> <strong>Tezio</strong> ormaiperdeva quota e si annunciava con uno sferragliaredi lamiere. «Cade, cade!»: si disseroi due seguendolo fino all’impatto col monte,dove la benzina residua tributò al velivolo l’onore<strong>del</strong> fuoco, e consegnò all’eternità sei vitecarbonizzate.Se qualcuno crede che <strong>il</strong> mare, i fiumi e i montihanno un’anima vendicativa, potrebbe trovareconferma nel naufragio di un elicottero che nel2005 si schiantò più o meno nello stesso puntodei due aerei.Ma questo con le ferite <strong>del</strong> ‘44 non c’entra. Lepersone che subirono quegli errori li hanno ridottia cicatrici <strong>del</strong>la memoria.Indifferente, <strong>il</strong> monte sta lì, e ci unisce. Non soper quale mistero.V<strong>il</strong>la di Compresso come si presentava fino al 1957Foto gent<strong>il</strong>mente concessa dal Sig. Pietro Piattellini23


Il <strong>Tezio</strong>ospite a CorcianoFrancesco Brozzetti24Il lusinghiero successo ottenuto con la nostramostra fotografica “Il <strong>Tezio</strong> e dintorni”, svoltasi<strong>il</strong> novembre passato, nei saloni <strong>del</strong> CERP<strong>del</strong>la Provincia di Perugia, ci aveva un po’montato la testa, tanto che avevamo appuntocominciato a sognare mostre itineranti in tutto<strong>il</strong> nostro territorio ed avevamo quindi preso subitocontatto con le autorità locali di Corcianoed Umbertide, luoghi questi vicini e toccatidal nostro tema.Quando poi da Corciano ci è giunta confermadi un loro interessamento e che addirittura ciospitavano nella Sala <strong>del</strong> Consiglio Comunale,nel corso <strong>del</strong>la manifestazione “Corciano Primavera<strong>del</strong>l’artigianato”, siamo rimasti senzaparole.Parole che poi non abbiamo trovato nemmenoin seguito, quando ci siamo resi conto <strong>del</strong>laportata di tale invito.Abbiamo così trascorso dieci giorni nel pittorescosalone <strong>del</strong> Consiglio, parlando di foto, dipaesaggi, di angoli nascosti e magici <strong>del</strong> nostroterritorio, di escursioni, di iniziative culturali,di <strong>Associazione</strong>, insomma!Si, la nostra <strong>Associazione</strong> ne è alla fine risultatala reale ed indiscussa protagonista.Le nostre foto hanno richiamato l’interesse ditanti, turisti occasionali ed anche, anzi soprattutto,di visitatori locali che hanno appuntoscoperto angoli che non conoscevano o cheavevano sottovalutato.E nella Sala si è spesso sentito <strong>il</strong> suono sommessodi voci incuriosite, meravigliate, ma soprattuttodesiderose di scoprire, a loro volta,l’esatta ubicazione di certi angoli per andarepoi a riscoprirli da soli o in compagnia di amicie fam<strong>il</strong>iari, o anche con noi, certo, con noi<strong>del</strong>l’<strong>Associazione</strong>.“Guarda quell’albero solitario!”“Ma no, quel panorama morbido e sinuoso”“E poi non noti quel simpatico angolo di muroantico?”“E quelle pietre?”“E quella stradina incerta tra i campi?!”Erano queste e sim<strong>il</strong>i le frasi più sentite.Ed erano così intensi gli sguardi puntati sulleimmagini, i visi protesi in avanti con gli occhisocchiusi, quasi a voler carpire ogni sfumatura,che non credevamo ai nostri occhi.Quando eravamo partiti, in sordina, timidamente,con la paura di un sonoro “flop”, nonavremmo mai creduto a ciò, ed anche ora, chetutto è finito, ripensandoci, abbiamo un attimodi esitazione:“ma è stato tutto vero oppure era solo un sogno?Il sogno di due vecchi fotografi appassionatidi foto ed anche, anzi soprattutto, <strong>del</strong>lapropria terra.”


CRONACAdi una bella manifestazioneFrancesco BrozzettiAnche quest’anno,dopo aver scelto leimmagini da premiareed aver letto i nomidei concorrenti, siamorimasti a bocca aperta,piacevolmentesorpresi.La poesia dei colori ela forza espressiva deibianco e nero, hannofatto da padroni edeterminato i vincitorisenza lasciare alcunaombra di dubbioComplimenti atutti.Ma complimentiLe classifiche:Colore1° - Augusto Costantini2° - Nikol Brozzi3° - Antonella SalvatiBianco/nero1° - Cesare Cenci2° - Augusto Costantini3° - Valentina LucaroniOpere segnalate:Andrea BaldoniRemo SpoletiniFabrizio F<strong>il</strong>ippiniCesare Cencisoprattutto al nostro amico Augusto Costantini cheha raccolto sia nel colore che nel bianco e nero dueprestigiosi piazzamenti, <strong>il</strong> primo premio nel coloreed <strong>il</strong> secondo nel BN non è cosa da poco!E come non parlare <strong>del</strong>la piccola Nikol che ha preso<strong>il</strong> secondo premio per <strong>il</strong> colore a soli 12 anni!Non stava più nella pelle e sinceramente anchenoi eravamo al settimo cielo ... forse avremo contributoalla nascita di una nuova artista!Infine un “Bravo” al Gruppo fotografico ACARche ha piazzato, come sempre, i suoi iscritti tra ipremiati con ben cinque premi aggiudicati.E adesso tocca ancora a noi, organizzatori,rimboccarci le maniche e cominciare subito <strong>il</strong>lavoro di impostazione <strong>del</strong>la quarta edizione<strong>del</strong> nostro concorso.Quanto lavoro, ragazzi!Ah, piuttosto, probab<strong>il</strong>mente l’anno prossimocome tema avremo:“LA GENTE <strong>del</strong> MONTE”Forza ragazzi al lavoro!25


L’EDUCAZIONESENTIMENTALE26Leonardo Angelici“Lei t’ha mai baciato?” Fu la risposta a Francoche mi aveva chiesto un’altra cosa. Ma a voltele domande scatenano – specie in me – un’orgiadi interrogativi, un ventaglio di argomenti,una confusione che impone una pausa per riprendere<strong>il</strong> f<strong>il</strong>o.Eravamo seduti in un orto abbandonato, sottoun fico, ombra e acqua per i cani e per noi.Da almeno venti anni non vedevo <strong>il</strong> mio amico,quel giorno avevamo deciso una battuta dicaccia, così scombinata (lui aveva un segugioe io una setter), che si capiva che lo scopo eraun altro. Anche la nostra amicizia era insolita,iniziata molti anni prima, io ragazzino e luiventenne. Franco mi aveva fatto sentire grande,mi ascoltava e, a modo suo, mi iniziava allavita. I temi preferiti erano la politica, la caccia,<strong>il</strong> sesso. Io in genere avevo poco da dire, quasiniente sull’ultimo argomento. Così, con i mieidodici anni, indagavo su tutto quello che, inmateria, vedevo durante i mesi estivi a Compressoe spiavo nei ragionamenti e nei gestidei grandi. Lì, la stura era data dalla riproduzione,dagli accoppiamenti degli animali, fittie seguiti dalle battute dei presenti. Il mio vocabolariosi arricchiva: le parole per designaregli organi, l’atto e le fantasie sembravano nonaver fine e spesso crepitavano in versacci e risate.A ripensarci tutto era così naturale, forsescontato, che impediva sconfinamenti nell’erose nell’amore.Se ricordo bene si diceva “vanno in amore”alle patate che germogliavano; e solo unavolta, a vendemmia, ho sentito cantare: “Hoscritto t’amo su un confetto, tu puoi girarquanto ti pare che qui t’aspetto”. Certamentel’amore c’era, ma ci si vergognava, si prendevaalla larga, non so: “ha preso una b<strong>il</strong>la, unaNon ci riferiamo a quantoscritto verso la metà<strong>del</strong>l’800 daGustave Flaubert, ma aduna dolce e languida storia<strong>del</strong>la nostra giovinezza,nata e spentasi nella zonadi Canneto e narrata, comesempre con arguzia,dall’amico Leonardopece…”, al contrario la sessualità si ostentava,e prendeva forma d’arte quando sulle note <strong>del</strong>trescone si cantava “la voglia de cuccà era tamanta…”,e sim<strong>il</strong>i. C’era anche un Kamasutralocale che culminava nella fantasia <strong>del</strong>la canestra:tu sdraiato pancia all’aria lei seduta suuna canestra sfondata, attaccata con una cordaa una trave, poi si abbiricchia la corda… e sir<strong>il</strong>ascia. Sicuramente <strong>il</strong> pudore censurava più isentimenti che gli impulsi con i quali la naturaci spinge a perpetuarci. Franco, anche se dist<strong>il</strong>lavale sue confidenze nel mettermi a parte<strong>del</strong>le serate trascorse con la frega, rispettava laconsuetudine: “ho visto, ho toccato…”.L’ultimo settembre che io ho passato a Compressofu scosso dall’arrivo di una diciottenne.Quel fatto lo vissi e basta. Oggi non possoricordarlo senza i f<strong>il</strong>tri <strong>del</strong>la mia esperienza e<strong>del</strong>le mie conoscenze. Su tutte la frequentazione<strong>del</strong>la letteratura italiana, specie quella coltae insegnata nelle scuole. E se per la reticenzasull’amore alle falde <strong>del</strong> <strong>Tezio</strong> si può parlare ditimidezza e pudore, per i nostri scrittori c’è dascegliere fra costrizione e ipocrisia.La prima cosa che salta all’occhio sfogliandoun’antologia è che per cinquecento anni(da Paolo e Francesca a Jacopo e Teresa) nontroviamo un bacio, e anche in clima romanti-


co Renzo non bacia <strong>il</strong> sorriso di Lucia. AlloraCompresso diventa la chiave di lettura <strong>del</strong> fenomeno:la Chiesa e i nob<strong>il</strong>i ci lasciavano lalibertà di riprodurci – con annesso linguaggio- , ma l’amore che prende tutta la persona eralussuria: l’anima appartiene a Dio, <strong>il</strong> corpo allavoro. A dire la verità Dante come tanti altrinob<strong>il</strong>i, borghesi e abati hanno praticato unascrittura giocosa, licenziosa, erotica e a volteporno, ma qualcuno o qualcosa per secoli neha limitato la diffusione. Già che ci sono, i sapientoni<strong>del</strong>la critica sono stati degli opportunisti.Basta.Gettulio andò incontro all’ospite che arrivavacol postale; da Compresso era sceso al Collein bicicletta; e quando la ragazza mise i piedi aterra fu <strong>il</strong> primo a restare confuso; per dare ordinea quello che vedeva gli ci vollero due o tremoccoli, qualche imprecazione, e alla fine unaparola semplice semplice, “bella”. Non vedevala nepote da quando sua sorella si era sposatae trasferita a Pisa. Ora Flavia, finiti gli stud<strong>il</strong>iceali, si prendeva una vacanza nel podere deinonni e <strong>del</strong>lo zio, che, tra ammirazione e dubbi,si mise a legare con una cordicella la valigiaalla bici; poi spingendola presero a salire versocasa. Due ch<strong>il</strong>ometri che attraversavano mezzatenuta, tagliando cinque o sei poderi. Caso ocuriosità, quel giorno sembrava che tutti avesseroda fare lungo la strada: “Che bella signorina,è venuta in campagna dai nonni? E bravae brava.” L’accoglienza si ripeteva e tutti sisentivano stupidi per aver detto quattro parolerituali, mentre non avevano trovato <strong>il</strong> mododi dare forma alla sorpresa, e al complimentoche avevano sulla punta <strong>del</strong>la lingua. I nostrifinora se l’erano cavata con: “che puledra,che polanghina, che gettinodi linorio!” Ma le solite sim<strong>il</strong>itudininon funzionavano, eper intendersi la chiamaronola “forestiera”. Nei giorni seguenti,in quell’ordinata aiolache era Compresso, tutti contribuironoal ritratto linguisticodi Flavia. Chi selezionava icolori e chi (le ragazze) scarabocchiava,qualcuno aggiungevaluce, altri intorbidivanocon insinuazioni. Almeno unrisultato fu raggiunto: la forestieraa partire dal nome eradiversa dalle tante Maria, Peppae Rosina che affollavano <strong>il</strong>circondario. Franco appena lavide sentì che le gambe gli sipiegavano: ebbe due settimane per capire <strong>il</strong>motivo; tutta la vita per ricordare.Era tempo di scortecciare <strong>il</strong> granturco, equell’anno gli aiuti non mancarono. L’aia diGettulio verso sera sembrava una festa, soprattuttodi gioventù. E si notava un particolare,tutti erano vestiti un po’ meglio <strong>del</strong> solito. Per<strong>il</strong> fresco, ci si mise in cerchio su seggiole nanee banchetti. Franco si piazzò di fronte a Flavia,che fu costretta a tenere <strong>il</strong> viso chino; lui robusto,moro, in soggezione. Il crepuscolo poifece onore alla figura di Flavia: seduta con garbo,misurata nel lavoro, con l’ultima luce imprigionatanegli occhi. Di solito con l’oscuritài giovanotti si scatenavano: allusioni, stornelliche mordevano, spighe tirate come corteggiamento.Quella sera c’era un’insolita etichetta.Quasi imbarazzante. E le ragazze si accorseroche dopo <strong>il</strong> tramonto tutti gli sguardi dei maschiconvergevano in un punto. Dopo un po’i presenti ricevettero un piatto cupo e un cucchiaio.Poi, annunciata da un odore di aglio erosmarino, si fece avanti la massaia con unatarina di quadrucci e ceci; Flavia seguiva con<strong>il</strong> ramaiolo. A metà <strong>del</strong> cerchio fu la volta diFranco, che con la forza <strong>del</strong>la timidezza alzògli occhi e ne incontrò due altrettanto timorosi.Il ramaiolo tremava e fece sonare <strong>il</strong> piatto. Lacosa si ripetè al momento di versare <strong>il</strong> vino. Ilboccione incontrò <strong>il</strong> bicchiere di Franco e fece“cin cin”, o per lo meno lui lo volle credere.E in quel momento fece una promessa a meche gli avrebbe impedito di scappare: “io e tedomani sera torniamo qui, a veglia”.E non fu solo la sera successiva. Dopo cena,per tredici giorni, Franco mi attese in fondoalle scale, e insieme chiedevamo permesso27


<strong>28</strong>mettendo piede in una cucina smisurata cheraccontava la vita di tutta la famiglia. Franconon si nascondeva più, io giustificavo l’intrusionecol fatto che Flavia mi risentiva i verbiin latino. Con piacere di tutti venne fuori cheio e la ragazza avevamo una passione comune,l’Iliade. La famigliola godeva soprattutto alracconto <strong>del</strong>le battaglie e <strong>del</strong> cavallo di legnoche portò i guerrieri dentro le mura di Troia.Franco ascoltava muto. Gli passavano davantiElena e Paride, Ettore e Andromaca, dee volub<strong>il</strong>ied eroi che si opponevano al fato. Maquando sentì che Agamennone strappa con laprepotenza ad Ach<strong>il</strong>le l’amata Briseide, si alzòdi scatto e mimando <strong>il</strong> gesto: “io l’avrei inf<strong>il</strong>zato”,disse. “Grazie”, uscì dalla bocca di Flavia,non avrebbe voluto, ma ormai era successo.Quelle serate ebbero anche una trama sonora,Flavia era intonata e portò una canzone cheiniziava: “All’alba se ne parte <strong>il</strong> marinaro”, perfinire – con partecipazione – “ma perché marinar,si può amare una sola volta così!” Senzanessun accordo noi stavamo in fondo al tavolo,i due giovani dall’altro lato. Così quando l’acet<strong>il</strong>enecominciava a fischiare e la luce languiva,i due osavano qualche affettuosità senzaarrossire. Quelle scansioni che noi abbiamo attribuitoal tempo ci avvertirono che l’estate erafinita; la necessità impose ad ognuno di scegliereuna vita già tracciata.Io mi ero fatto un’idea <strong>del</strong>l’amore. Ed eccomiseduto con Franco con una storia sospesa.Lui esitava, tirò fuori dalla catana due stocchedi pane e prosciutto e vi distese i fichi appenacolti. Io feci l’ipocrita, “ma non ci farannomale?” e lui “intanto tu fa male a loro!” Ma eraun buonumore malaticcio; saltabeccavamo daun argomento all’altro scambiandoci informazionisul presente.Dopo una pausa muta anche di sguardi, Francofu costretto a dire: “la Flavia, tu te la ricordi?”e io “lei t’ha mai baciato?”.Il gallodiPietroDaniele CrottiSono stati piacevoli, davvero piacevoli, i duegiorni passati a Molini, lungo l’antica Via<strong>del</strong>la Spina, e all’imbocco <strong>del</strong>la valle <strong>del</strong> Menotre.Erano i primi di agosto, ma <strong>il</strong> caldo,tra le alte colline, ai piedi di basse montagnecon pianori verdi ed ormai sfioriti sulle cime,era attutito dal vento, leggero quanto stimolante,quasi un lasciapassare per camminarequeste semplici ed affascinanti vallate. I fioridi giugno erano ormai appassiti. Restavanosolo cardi, con i loro fiori, se fiori sono, diquel colore unico che sta tra l’indaco, <strong>il</strong> blued <strong>il</strong> viola, a vivacizzare con parsimonia i pascoli<strong>del</strong>la comunanza; questi particolari fiori,quelle grosse sfere di questo bel colore, sonoaccarezzab<strong>il</strong>i, non pungono, fatti salvi i piùpiccoli ancora circondati da strani petali (neho contati da 5 a 10, sia in numero dispari chepari) pungenti al pari <strong>del</strong> cespuglio intrigatosottostante che li regge e li offre alla nostravista.Cammoro, Molini, Piè di Cammoro, la suavalle, Orsano, i piccolissimi borghi sparpagliat<strong>il</strong>ungo e sopra l’antica Via <strong>del</strong>la Spina,con le proprie storie, con le loro genti, con laparca bellezza <strong>del</strong>la natura, erano <strong>il</strong> contornoa tutti noi mentre, all’interno <strong>del</strong> centro so-


Molini di Cammoroin una elaborazione fotografica di francescobrozzetticiale, un necessario prefabbricato testimoneancora in vita <strong>del</strong> passato terremoto, raccontavamodi questi luoghi attraverso <strong>il</strong> mio fuoriguida che anche di questi luoghi narra.E allora si alzò e chiese la parola Pietro, quasicon ostinazione. Si sentiva parte in causa. Sì,perché lo si conobbe, io e Giovanna, proprio<strong>il</strong> giorno <strong>del</strong>l’invito, poche settimane addietro,mentre con <strong>il</strong> suo ‘pandino’ si avventuravaa ‘visitare’ le nascoste spontanee fungaie.E’ terra di tartufi, questa, dal Tuber aestivum,lo ‘scorzone’, al tartufo vero, quello nero epregiato di Norcia, <strong>il</strong> Tuber melanosporum,ma anche di funghi, quando la stagione è clemente:‘prataioli’ (c’è chi li chiama ‘turini’; oforse i ‘turini’ sono altri?), ‘besse’ o ‘vesce’che dir si voglia (tanti sono i nomi dialettali),ma pure qualche porcino e forse altri ancora(non mancano querce, lecci, e altra vegetazionearborea, ai piedi e sui fianchi <strong>del</strong>la montagnadi Cammoro e tutt’intorno). Quando civide, Pietro si fermò e parlò subito volentiericon noi, da dove si veniva, cosa si faceva, chifosse lui, cose così, quelle parole che si scambianola prima volta che ci si incontra e cisi vuol conoscere. Piacque a Pietro questanostra disponib<strong>il</strong>ità. Ed allora come seppedi questo incontro all’interno <strong>del</strong>la primaedizione <strong>del</strong> ‘L’oro dei Molini. Dalla terra<strong>il</strong> pane’ accorse per essere con noi partecipe.E raccontò. Questo disse: se andateal Passo <strong>del</strong>la Spina e scendete verso sud,dopo i primi tornanti, abbandonata la stradamaestra e vi inoltrate nella macchia, inun certo punto, in verità nascosto (‘ma iovi posso portare quando volete’, disse e cidisse) troverete l’ingresso di una caverna,una grotta, insomma una piccola aperturache secondo le ‘voci’ <strong>del</strong> luogo, non sappiamoda quanto tramandate, porterebbesino a Trevi. Pietro la scoperse per casotempo fa. Andava per macchie a fare legnaarmato di roncola, quando improvvisamenteinciampò su una radice esposta e cadde.Cadde in avanti, scivolò di qualche metroe la roncola gli scappò di mano. Finì piùsotto, seminascosta dietro un grosso cespuglio.Questo cespuglio celava l’ingresso diuna cavità. Pietro, pur non armato di torciao fiammiferi, entrò dentro, soprattutto perchéincuriosito. Non aveva mai visto questafenditura nella roccia. Riuscì a camminarealcuni metri, ma poi si dovette arrendere. Ilbuio, più che la paura, lo indusse a fermarsi.Ma non demorse e chiese, con cautela, avecchi amici <strong>del</strong>la zona cosa ne sapessero diquesta cavità. Le risposte furono vaghe, varie,ma vi fu chi era convinto assertore che altronon fosse, tale fenditura, che l’ingresso di uncunicolo in parte naturale ed in parte artificialeche collegava la Via <strong>del</strong>la Spina a Trevi.Da non crederci! Eppure…, eppure poco tempodopo… si svelò l’arcano. Non ricordavabene <strong>il</strong> nostro Pietro, o forse si espresse male,sta di fatto che un tal giorno venne fatto unbanale quanto ovvio esperimento. Un gallovenne sottratto dal suo proprietario e… sacrificato…per l’esperimento. Venne preso, portatoe fatto entrare nella grotta e spinto a proseguire.Chiuso l’ingresso da dove era statointrodotto e fatto appunto entrare, gli artefici<strong>del</strong>l’azzardato esperimento andarono a Trevie aspettarono. Dopo un certo tempo, non sappiamoquanto tempo, forse poche ore, <strong>il</strong> gallo,sì proprio lui, quello stesso gallo dei Molini,si ritrovò su una piazzetta nel bel mezzo <strong>del</strong>lacittadina di Trevi, come la storia o la tradizionereclamava (in verità Pietro ci raccontò aTrevi, dove di preciso non lo sapremo mai, ameno che… riprovare per credere!).29


CAPO HORN IN BARCA A VELAMissione compiuta per <strong>il</strong> tifernate Campriani30“Ad AlessioCampriani, coraggiosomarinaiodi lungocorso, per le suesfide ai confini<strong>del</strong> mondo e <strong>il</strong>suo orgogliosoattaccamentoa questa terra”suonano così leparole <strong>del</strong>la targaconsegnatanella sala <strong>del</strong>consiglio comunaledi Città diCastello dal comune tifernate e montesco al velistaAlessio Campriani, che <strong>il</strong> 14 dicembre ha doppiatoCapo Horn, impresa paragonab<strong>il</strong>e per difficoltà eperizia tecnica alla scalata <strong>del</strong>l’Everest.“Quanto ha compiuto <strong>il</strong> nostro concittadino è motivodi orgoglio per la città” ha detto <strong>il</strong> sindaco LucianoBacchetta, porgendo la targa e sottolineandocome “intorno alla missione di Alessio si è catalizzatauna grande attenzione e una sorta di tifo,che ha reso ancora più emotivamente coinvolgentel’avventura vissuta nelle acque <strong>del</strong> canale di Drake.Festeggiamo Alessio in un frangente particolare,in cui la tragedia <strong>del</strong>l’Isola <strong>del</strong> Giglio ci ricordacome la componente umana in mare può essere piùinsidiosa <strong>del</strong>la natura, che, se conosciuta e rispettata,si fa governare, come è accaduto alla vostraspedizione. L’impresa è tutta tua - ha detto al velista- ma <strong>il</strong>lustra Città di Castello, che ha affidatoal mare, per <strong>il</strong> tuo tramite, un messaggio di pace esolidarietà tra i popoli” .“Essere l’unico equipaggio italiano ad aver doppiatoCapo Horn nel 2011 è una nota che mi piacepensare renda l’impresa qualcosa di più <strong>del</strong> risultatopersonale di un appassionato” ha detto Campriani,ringraziando tutti per <strong>il</strong> calore e l’affetto dimostratosia prima <strong>del</strong>la partenza sia al ritorno. “Inrealtà - ha spiegato - siamo stati fortunati perché siè aperta una finestra meteorologica molto favorevole,permettendoci non solo di navigare intornoal capo ma anche di sbarcare e visitare Capo Horn.Nella lanterna <strong>del</strong> faro, accanto alle tracce di navigatoriimportanti come Soldini, abbiamo lasciatola bandiera <strong>del</strong>l’orgoglio tifernate, un segno cioè<strong>del</strong>la nostra terra”.Alla cerimonia era presente anche Marianne Losani-Peter,<strong>del</strong>egato <strong>del</strong> Circolo Svizzero <strong>del</strong>l’Umbria,che si è unita nel complimentarsi per l’impresa:a lei, ad Andrea Lignani Marchesani in quantoamico e rappresentante <strong>del</strong>l’<strong>Associazione</strong> Marinai,agli sponsor che hanno appoggiato l’iniziativa, aPaolo Duccio Ducci, Campriani ha consegnato unquadro che lo raffigura nel momento <strong>del</strong>l’impresae, sovraimpresse, le coordinate <strong>del</strong> momento in cu<strong>il</strong>’equipaggio ha doppiato Capo Horn.Al sindaco Bacchetta <strong>il</strong> velista ha portato terra epietre di Capo Horn, raccolti durante lo sbarco,“per poter rinnovare <strong>il</strong> ricordo ed avere un segnotangib<strong>il</strong>e di questa esperienza” ha concluso Campriani“che per me, nel tempo, è risultata moltoformativa, insegnandomi la disciplina, <strong>il</strong> confrontocon se stessi ma anche un grande amore per <strong>il</strong>mare e la natura. I <strong>del</strong>fini che hanno accompagnato<strong>il</strong> nostro viaggio, facendoci festa, sono stati un’emozioneindimenticab<strong>il</strong>e. Alle famiglie vorrei dire:mandate i vostri figli ad un circolo velico anzichéai parchi acquatici. Si divertiranno e insieme potrannosperimentare un’intensa palestra di vita”.Un Socio pignolo ed oltremodo curioso potrebbechiederci:“Ma chi è questo Campriani di cui parlate giàda due numeri <strong>del</strong> <strong>Notiziario</strong>, e che cosa c’entracon Monte <strong>Tezio</strong>?”E’ giusto allora fare una piccola precisazione.Alessio Campriani è un amante <strong>del</strong>l’avventura,quella vera, sia essa su un monte, sia essasull’oceano.Amare l’avventura vuol dire amare la natura,amare l’uomo ed <strong>il</strong> mondo in cui vive. InoltreAlessio vive a Città di Castello, proprio vicinoa noi e quando può, forse anche per liberarsi<strong>del</strong>l’umidità <strong>del</strong> mare, va a pesseggio sui nostrimonti, per cui, chi più di lui può esprimere l’amoreper la Terra, quella con la “T” maiuscola.


Ricette gustoseCroste di formaggioNella mia memoria “gustativa” sono immediamente associateal profumo che riempiva la cucina quando mio padre cuocevale croste, inf<strong>il</strong>zate con uno spiedo e rosolate sul fuoco vivo<strong>del</strong>la vecchia stufa economicaIn poco più di 20 minuti la ricetta di cui parlo è pronta e vi garantisco che èun piatto che dona grande conforto con i primi freddi.Se considerate che gli ingredienti ut<strong>il</strong>izzati sono esclusivamente scarti vedrete anche che, oltre a ridurre gli sprechi,avrete portato in tavola un piatto che ha un costo che diffic<strong>il</strong>mente supera un euro.Ingredienti200g di croste di formaggio tipo granaLa parte verde di 4 porri700 ml di brodo vegetale4 cucchiai di formaggio grattugiatoOlio extravergineSale e pepePreparazioneLavate bene i porri, tagliateli dove inizia la parte verde e conservate quella bianca per ricette più sofisticate.Affettate sott<strong>il</strong>mente la parte verde e fatela rosolare a fuoco basso in una pentola a pressione con due cucchiaidi olio. Nel frattempo con un coltellino o con una grattugia grattate la superficie esterna <strong>del</strong>la crosta in modo daeliminare evenutali rivestimenti di plastica. Lavate bene le croste e unitele ai porri in pentola. Coprite di brodovegetale e cuocete in pentola a pressione per 20 minuti dal fischio. Sfiatate la pentola e suddividete <strong>il</strong> tutto in cocottinedi ceramica che possono andare in forno. Completate con una leggera spolverata di parmigiano e gratinateper 10 minuti. Infine condite con una macinata di pepe e servite subito con pane tostato.CRUCIVERBA SENZA SCHEMAAnnerire 17 caselleDefinizioni Orizzontali:1. Località in provincia di Messina – 2. Nomedi donna – Sigla <strong>del</strong> Gabon - 3. La rete tennistica– Appassionato di una squadra o diun attore - 4. Sigla automob<strong>il</strong>istica di ReggioEm<strong>il</strong>ia – Le iniziali di Pozzetto – In questomodo – 5. Cattivo conduttore di calore – 6.Apparecchio per cineriprese – 7. Stringerecon i lacci – 8. Un altopiano con scoscesi versanti– 9.Mitologica tessitrice – Sigla di unormone usato come doping – 10. Scrupolosee attente – 11. Città sic<strong>il</strong>iana – Il peso comprensivo<strong>del</strong>la tara 12. Isola greca – Il nome<strong>del</strong>l’eretico Lutero.Definizioni verticali:1. Sigla di Terni – Nome <strong>del</strong>l’attore Baldwin– 2. Nome di uno dei figli di Poseidone – Strumentoa fiato – 3. Scandaloso – Parte <strong>del</strong> piede– 4. La ingrana chi ci ripensa – 5. Antico1050 – L’attrezzo demolitore <strong>del</strong> PresidenteCossiga – 6. Raganella – Quelle da bowlinghanno dei fori – Nota e articolo femmin<strong>il</strong>e– 7. Sigla di Napoli – Ha come simbolo CE– Il signore di Tr<strong>il</strong>ussa – 8. Creare una città –Centro d’arte – 9. Molluschi come le lumache– 10. Cesto di vimini – Il contrario di Off.31


A quante cosepuò servire unbarbecue !32 <strong>Associazione</strong> CulturaleMONTI DEL TEZIOVia Osteria <strong>del</strong> ColleColle Umberto I - 06133 Perugia

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