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1 COMUNICAZIONI DELLA CONFEDERAZIONE AGLI ENTI ...

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COMUNICAZIONI DELLA CONFEDERAZIONE AGLI ENTI ASSOCIATIN. 32/2004AGLI ENTI ASSOCIATIArea 2 – ORDINAMENTO FINANZIARIOEnti locali. Prerogative dei Comuni in materia tributaria: regolamenti.La potestà regolamentare degli enti locali rimane subordinata alle leggi statali e regionali.La sentenza del Consiglio di Stato, 10 febbraio 2004, n. 485, che ha confermato l’illegittimità di unadelibera comunale con cui il Comune aveva applicato aliquote differenziate ICI per immobili appartenentialla medesima categoria, fornisce chiare indicazioni sui limiti che i regolamenti comunali incontrano, anchein presenza della riforma costituzionale.Il Consiglio di Stato ha esaminato l’estensione dei poteri dei Comuni in materia tributaria, evidenziandocriteri interpretativi valevoli anche per altre materie sulle quali è ammesso un intervento regolamentarelocale, qualora su tali materie sia prevista la riserva di legge. Ove la Costituzione disponga una riservarelativa di legge, come nel caso dell’imposizione tributaria, gli enti locali non dispongono di poteri normatividotati della forza di dettare disposizioni che vadano oltre i confini segnati dalla legge stessa.Il legislatore, infatti, nell’esercizio della potestà che gli riserva la Costituzione, detiene il poterediscrezionale di definire per intero gli ambiti della materia, definendo la fattispecie fino all’estremodettaglio operativo. Oppure, può scegliere di lasciare spazi normativi di completamento della disciplina airegolamenti.Nel caso affrontato dalla sentenza, il Consiglio di Stato ha sottolineato che il potere impositivo dei Comuniè disciplinato dalla legge, che ha lasciato solo alcuni ambiti di intervento ai Comuni, i quali non possonoesercitare i loro poteri regolamentari basandosi su interpretazioni estensive della norma. In altre parole, ilimiti alla potestà regolamentare locale sono inderogabili e inviolabili.Né vale affermare che se la legge non contiene limiti espressi al potere regolamentare locale, allora iComuni possono disciplinare con i regolamenti tutti gli aspetti normativi non espressamente fatti salvi dauna normazione regolamentare locale.Per il Consiglio di Stato è vero il contrario: proprio perché si tratta di una materia soggetta a riserva dilegge, perché i Comuni e gli altri enti locali possano disporre di una normativa regolamentare anche soloparzialmente diversa e derogatoria dai precetti legislativi, occorre che la legge conferisca espressamenteloro il potere di dettare disposizioni regolamentari in deroga.La posizione del Consiglio di Stato fornisce una guida interpretativa per l’attuazione anche delladisposizioni contenute nell’art. 4 della legge 131/2003, in particolare nella materia dell’organizzazione.Le cose non stanno esattamente così. Il potere di derogare alle leggi deve, comunque, essere conferitodalle leggi stesse.Così come la materia dell’imposizione tributaria è soggetta alla riserva di legge prevista dall’articolo 23della Costituzione, anche la materia dall’organizzazione degli uffici pubblici è soggetta a riserva di legge,ai sensi dell’art. 97, comma 1, della Costituzione.Piazzale Risorgimento, n° 14 – 24128 Bergamo – Tel. 035/40.35.40 – Fax 035/25.06.82http://www.conord.org - E-Mail: info@conord.orgC.F.: 951005801661


Statuti e regolamenti di organizzazione che deroghino a disposizioni legislative, prevedendo l’accesso alladirigenza con concorsi interni, appaiono in dubbia legittimità, in quanto nessuna norma di legge abilita glienti a derogare della disposizione che vincola l’accesso alla dirigenza dell’espletamento di concorsi pubbliciaperti a tutti.Sintesi dei principi contenuti nella sentenza del Consiglio di Stato n.485/2004:• i limiti alla potestà regolamentare locale sono inderogabili e inviolabili;• affinchè i Comuni e gli altri enti locali possano disporre di una normativa regolamentare anche soloparzialmente diversa e derogatoria dai precetti legislativi, è necessario che la legge conferiscaespressamente loro il potere di dettare disposizioni regolamentari in deroga.Impugnazione dell’esecuzione da un concorso pubblico – Consiglio di Stato: sentenza del 10febbraio 2004.Il concorrente che sia stato escluso da un concorso pubblico per mancato superamento delle proveconcorsuali deve impugnare il provvedimento notificando copia del ricorso ad almeno uno deivincitori. In caso contrario l’impugnazione non può essere considerata valida.Lo ha stabilito la quinta sezione del Consiglio di stato nella sentenza n. 482 del 10 febbraio 2004(consultabile per intero sul sito internet www.dirittoegiustizia,it).Nel caso di specie era stato indetto un concorso pubblico per la copertura di un posto vacante didocente per la cattedra di canto presso un istituto musicale. Una delle candidate, dopo aversuperato la prima delle due prove scritte previste dal bando di gara, non era stata giudicata idonea.La concorrente esclusa aveva allora presentato ricorso al tribunale amministrativo per la regioneToscana che, tuttavia, ne aveva dichiarato l’inammissibilità per la mancata notifica dello stesso adalmeno uno dei controinteressati (ossia almeno uno dei vincitori).La questione è quindi stata portata all’esame dei giudici di palazzo Spada che, nel confermare ladecisione di primo grado, hanno ribadito la necessità, in caso di esclusione di un candidato da unconcorso pubblico, della notifica del ricorso ad almeno una delle persone risultate vincitrici.Mentre nel primo caso il provvedimento di esclusione è basato unicamente sulla mancanza, da partedella concorrente, dei requisiti previsti dal bando di gara (e, quindi, è immediatamente lesivo dellaposizione del solo candidato escluso), nella seconda ipotesi esso riguarda l’intera attività divalutazione svolta della commissione di gara e, di conseguenza, tocca da vicino anche gli altricandidati (che assumono dunque la veste di controinteressati).Enti locali. Tributi. Aliquota ICI per gli immobili dell’abitazione principale - Consiglio di Stato:sentenza n. 485 del 10 febbraio 2004.L’aliquota ICI deve essere uguale per tutti gli immobili che non costituiscono abitazione principale.Lo ha affermato la quinta sezione del Consiglio di stato nella sentenza n. 485 del 10 febbraio scorso(consultabile per intero sul sito internet www.dirittoegiustizia.it).Nella specie un Comune aveva adottato una delibera nella quale aveva fissato nella misura massima del 7per mille l’aliquota ICI (imposta comunale sugli immobili) da applicare agli edifici destinati ad usi diversidall’abitazione principale. Questa previsione, tuttavia, era stata limitata soli immobili inclusi nellacategoria catastale D/1, fra i quali era compresa anche una centrale elettrica dell’Enel spa.Piazzale Risorgimento, n° 14 – 24128 Bergamo – Tel. 035/40.35.40 – Fax 035/25.06.82http://www.conord.org - E-Mail: info@conord.orgC.F.: 951005801662


Quest’ultima aveva allora proposto ricorso al tribunale amministrativo per la regione Lazio che,accogliendo l’eccezione, aveva giudicato illegittima la delibera per violazione dell’articolo 53 della leggen. 662/1996, che consente di modificare l’aliquota relativa agli immobili diversi dalle abitazioniprincipali, ma senza prevedere alcuna discriminazione nell’ambito delle diverse categorie.La quinta sezione del Consiglio di Stato, nel confermare la decisione di primo grado, ha spiegato come unadiversa interpretazione della norma di legge lascerebbe liberi i Comuni di fissare aliquote differenziateper le varie tipologie di immobili destinati ad usi diversi da quelli abitativi, senza che la legge abbiapredeterminato nulla a tal proposito, soprattutto in relazione all’individuazione degli indici di capacitàcontributiva dei proprietari.Enti locali. Anagrafe e stato civile. Per cambiare la residenza non serve avere un lavoro – LaCostituzione stabilisce che l’iscrizione all’anagrafe è un diritto soggettivo.L’argomento era già stato oggetto della circolare n. 8 del 29 maggio 1995, con la quale il Ministerodell’interno richiamava l’attenzione dei Sindaci sulla corretta applicazione della disciplina anagrafica inrelazione ai presupposti necessari per richiedere il trasferimento di residenza, anche per evitaredifformità di comportamento da Comune a Comune in un servizio di competenza statale.In merito si rende necessaria una disamina della problematica, in quanto si è generato un conflitto su unaquestione di principio, rivestente carattere puramente formale nel caso specifico, che non inficiacomunque una posizione degna di tutela.Di fatto, nel servizio anagrafico il Sindaco agisce come ufficiale di governo e non come rappresentantedell’ente Comune e perciò deve esercitare la sua funzione esclusivamente nell’ambito dell’ordinamentonazionale e della direttive impartite dagli organi gerarchicamente superiori.La Costituzione, all’articolo 16, sancisce il diritto alla libera circolazione sul territorio nazionale, per cuil’iscrizione anagrafica nel Comune nel quale il soggetto stabilisce la propria dimora abituale rappresenta undiritto soggettivo che non può stabilire limitazioni.La disciplina anagrafica ha come fondamento la registrazione della reale situazione di fatto, su cui nonpossono avere alcuna rilevanza considerazioni d’altra natura, quali la disponibilità o la tipologia dell’alloggioe il contratto di lavoro. Pertanto, un cambio di residenza non può essere subordinato a condizioni, poichèl’iscrizione anagrafica rappresenta la registrazione amministrativa di una situazione di fatto; cioè, in altritermini, “fotografa” la realtà.La residenza si basa su due elementi, di cui uno di carattere soggettivo, ovvero la manifestazione divolontà espressa dall’interessato, e l’altro di carattere oggettivo , costituito dalla situazione di fatto.Inoltre, non spetta all’interessato l’onere della prova di quanto dichiarato ma compete all’ufficialed’anagrafe il relativo accertamento.Nel caso in esame sono presenti entrambi gli elementi configuranti la residenza, per cui il diniego delsindaco è del tutto ingiustificato.Nella fattispecie esaminata, stante la posizione intransigente del Sindaco, l’interessata non può far altroche ricorrere al prefetto, sempre che non voglia seguire altre strade, magari invocando l’interventodell’autorità giudiziaria.Bergamo, 25 luglio 2004Il SegretarioDott. Pietro RossiPiazzale Risorgimento, n° 14 – 24128 Bergamo – Tel. 035/40.35.40 – Fax 035/25.06.82http://www.conord.org - E-Mail: info@conord.orgC.F.: 951005801663

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