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C'era una volta……. La fiaba dei nonni - Fabbrica dell'esperienza di ...

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C’era <strong>una</strong> <strong>volta……</strong>.<br />

<strong>La</strong> <strong>fiaba</strong> <strong>dei</strong> <strong>nonni</strong><br />

A cura <strong>di</strong> Nene Ferran<strong>di</strong><br />

Associazione <strong>Fabbrica</strong> dell’esperienza <strong>di</strong> Milano<br />

Piazza San Giuseppe 12 Milano<br />

www.faesmi.org – info@faesmi.org


Progetto dell’Associazione <strong>Fabbrica</strong> dell’ esperienza <strong>di</strong><br />

Milano<br />

Con il patrocinio e il contributo della Provincia <strong>di</strong> Milano<br />

In copertina particolare <strong>di</strong> Giar<strong>di</strong>no fiorito <strong>di</strong> Gustav Klimt<br />

Testi a cura <strong>di</strong> Nene Ferran<strong>di</strong><br />

Grafica e impaginazione <strong>di</strong> Luigi Chiatante<br />

Illustrazioni <strong>di</strong> Veronica Scotti<br />

Atmosfere ispirate alle fiabe, fotografie <strong>di</strong> Valeriano Borroni<br />

Tutti i <strong>di</strong>ritti riservati. Ness<strong>una</strong> parte <strong>di</strong> queste opere può<br />

essere riprodotta, registrata e trasmessa senza il preventivo<br />

consenso dell’Associazione.


Le fiabe…<br />

…sono, prese tutte insieme, nella loro sempre ripetuta e<br />

sempre varia casistica <strong>di</strong> vicende umane, <strong>una</strong><br />

spiegazione generale della vita, nata in tempi remoti e<br />

serbata nel lento ruminio delle coscienze conta<strong>di</strong>ne fino<br />

a noi; sono il catalogo <strong>dei</strong> destini che possono darsi a un<br />

uomo e a <strong>una</strong> donna, soprattutto per la parte <strong>di</strong> vita<br />

che appunto è il farsi d’un destino: la giovinezza, dalla<br />

nascita che sovente porta in sé un auspicio o <strong>una</strong><br />

condanna, al <strong>di</strong>stacco dalla casa, alle prove per<br />

<strong>di</strong>ventare adulto e poi maturo, per confermarsi come<br />

essere umano. E in questo sommario <strong>di</strong>segno, tutto: la<br />

drastica <strong>di</strong>visone <strong>dei</strong> viventi in re e poveri, ma la loro<br />

parità sostanziale; la persecuzione dell’innocente e il<br />

suo riscatto come termini d’<strong>una</strong> <strong>di</strong>alettica interna ad<br />

ogni vita; l’amore incontrato prima <strong>di</strong> conoscerlo e poi<br />

subito sofferto come bene perduto; la comune sorte <strong>di</strong><br />

soggiacere a incantesimi, cioè d’essere determinato da<br />

forze complesse e sconosciute, e lo sforzo per liberarsi e<br />

autodeterminarsi inteso come un dovere elementare,<br />

insieme a quello <strong>di</strong> liberare gli altri, anzi il non potersi<br />

liberare da soli, il liberarsi liberando; la fedeltà a un<br />

impegno e la purezza <strong>di</strong> cuore come virtù basilari; la<br />

bellezza come segno <strong>di</strong> grazia, ma che può essere<br />

nascosta sotto spoglie d’umile bruttezza come un corpo<br />

<strong>di</strong> rana; e soprattutto la sostanza unitaria del tutto,<br />

uomini bestie piante cose, l’infinita possibilità <strong>di</strong><br />

metamorfosi <strong>di</strong> ciò che esiste.<br />

Italo Calvino Fiabe italiane, Introduzione, vol. I, p. XV,<br />

Mondadori, 2003)


Premessa<br />

L’immaginazione è la prima fonte<br />

della felicità umana.<br />

Giacomo Leopar<strong>di</strong><br />

Voglia <strong>di</strong> pace<br />

Le voci <strong>dei</strong> bimbi<br />

il vento raccoglie<br />

e poi le sparpaglia tra i rami<br />

e le foglie <strong>di</strong> alberi antichi,<br />

che sanno ascoltare<br />

le cose che <strong>di</strong>ci<br />

per poi raccontarle,<br />

giù... giù... nel profondo<br />

al Cuore che batte<br />

al centro del mondo.<br />

Se un bimbo sorride,<br />

sorride anche il Cuore<br />

ed ecco spuntare<br />

in un prato un bel fiore.<br />

Se un bimbo è felice,<br />

il Cuore è contento<br />

e nascon farfalle<br />

che danzan col vento.<br />

Elio Giacone


Introduzione<br />

Dove vanno a finire le fiabe mai scritte? Dove si perdono Le<br />

emozioni, i colori, i sentimenti vissuti con i propri cari?<br />

Riviviamoli insieme con <strong>una</strong> raccolta <strong>di</strong> fiabe inventate o<br />

tramandate a cui dare nuova vita.<br />

Questa l’idea proposta ai soci dell’associazione <strong>Fabbrica</strong><br />

dell’esperienza <strong>di</strong> Milano perché l’immaginario della fantasia<br />

è infinito e sa creare mon<strong>di</strong> sempre <strong>di</strong>versi, con <strong>una</strong> visione<br />

originale e irripetibile come, appunto, originale e irripetibile<br />

è ciascuno <strong>di</strong> noi.<br />

<strong>La</strong> <strong>fiaba</strong>, infatti, non ha spazio, non ha tempo, è un luogo, un<br />

viaggio, un’occasione d’incontro tra adulto e bambino, crea<br />

sogno, magia.<br />

Magia per chi racconta, magia per chi ascolta perché è la<br />

<strong>di</strong>mensione creativa che fa incontrare chi parla e chi ascolta<br />

in un’emozione comune,in un ricordo che sarà per sempre.<br />

Ma le fiabe spesso riflettono anche la vita <strong>dei</strong> luoghi da cui<br />

provengono, le tra<strong>di</strong>zioni, le abitu<strong>di</strong>ni quoti<strong>di</strong>ane, le<br />

credenze e i miti.<br />

Si <strong>di</strong>ce che in ogni <strong>fiaba</strong> sia nascosto il sogno <strong>di</strong> un bambino,<br />

un piccolo – grande mondo che aiuta a pensare con il cuore.<br />

E’ questo l’incanto che tutti abbiamo provato nell’attuare il<br />

progetto che ha ispirato questa raccolta <strong>di</strong> fiabe.<br />

Nene Ferran<strong>di</strong>


De<strong>di</strong>cato ad Aldo<br />

Aldo e il suo violino


Aldo e il suo violino<br />

<strong>La</strong> musica apre finestre sui sogni<br />

Rosita Matera<br />

Aldo era un piccolo bambino con tanti capelli ricci e gli<br />

occhi ver<strong>di</strong> così gran<strong>di</strong> che sembrava volessero<br />

mangiare il piccolo viso tondo. Abitava in <strong>una</strong> grande<br />

città dove le case erano talmente alte che il cielo, dalla<br />

finestra, sembrava fatto a pezzettini. Allora usciva a<br />

giocare nel prato vicino e, finalmente, poteva annegare<br />

lo sguardo nell’azzurro totale del cielo e, <strong>di</strong> sera,<br />

sognare e parlare con tutte le stelle così lontane, ma<br />

anche così vicine al suo cuore.<br />

Papà Gaspare gli aveva regalato un piccolo violino con<br />

l’impugnatura rossa e le corde color argento. Aldo<br />

aveva imme<strong>di</strong>atamente scoperto un mondo nuovo: le<br />

note danzavano nelle sue mani con la ricchezza <strong>di</strong> mille<br />

colori e l’intensità e la dolcezza <strong>di</strong> <strong>una</strong> musica sempre<br />

nuova, inventata ogni volta e riproposta con la<br />

sensibilità che solo un bambino sa dare.<br />

Aldo fantasticava e de<strong>di</strong>cava le melo<strong>di</strong>e più belle a<br />

quella palla argentata che gli adulti chiamavano l<strong>una</strong>.<br />

<strong>La</strong> l<strong>una</strong> sorrideva compiaciuta e felice perché sapeva <strong>di</strong>


essere l’oggetto <strong>di</strong> tanto amore, ma poi spariva e<br />

ricompariva mostrando <strong>di</strong> sé uno spicchio che<br />

<strong>di</strong>ventava sempre più grande fino a ritornare tonda e<br />

splendente: sembrava volesse giocare a rimpiattino.<br />

Aldo non capiva perché fosse così <strong>di</strong>spettosa, ma aveva<br />

imparato ad aspettare perché era un bambino<br />

silenzioso e paziente. Alla l<strong>una</strong> parlava delle gran<strong>di</strong><br />

mani <strong>di</strong> un papà che lavorava <strong>di</strong> notte, del sorriso e<br />

degli gnocchi buonissimi che cucinava mamma Teresa e<br />

<strong>dei</strong> giochi con le biglie e del mare lontano. Non si era<br />

accorto che tutte le stelle ascoltavano incantate la sua<br />

musica. Ad Aldo piaceva suonare, ancora e sempre per<br />

tutti coloro che volessero sentirlo, non importa chi.<br />

E la fama <strong>di</strong> questo bambino pro<strong>di</strong>gio inondò il mondo<br />

intero e lo spazio, ma nessuno conosceva il suo segreto,<br />

nessuno sapeva quanto Aldo e la l<strong>una</strong> si amassero, <strong>di</strong><br />

come un cuore possa volare nell’infinito. E la l<strong>una</strong> gli<br />

parlava <strong>di</strong> un mondo al <strong>di</strong> là delle montagne, al <strong>di</strong> là<br />

delle nuvole, popolato <strong>di</strong> stelle piene <strong>di</strong> luce che<br />

danzavano nel cielo come e quando volevano, si<br />

specchiavano nel mare,la notte, quel mare azzurro<br />

quasi quanto il cielo che Aldo amava tanto.<br />

Il sole incominciò a preoccuparsi: “Da quando quel<br />

bambino suona il violino, le stelle non obbe<strong>di</strong>scono più<br />

a nessuno e <strong>di</strong>menticano i loro doveri. Ballano tutta la<br />

notte inventando danze e movimenti sempre nuovi.<br />

Occorre ricreare or<strong>di</strong>ne e rigore. Ma come si fa?” Ad<br />

aggravare la situazione ci fu <strong>una</strong> presa <strong>di</strong> posizione<br />

decisa delle stelle cadenti che non volevano più<br />

sod<strong>di</strong>sfare i desideri degli uomini, ma vagavano nel<br />

cielo cantando e creando piroette sempre più ar<strong>di</strong>te.


“Anche noi abbiamo un ultimo desiderio prima <strong>di</strong><br />

sparire nello spazio. Vogliamo un grande concerto del<br />

piccolo Aldo sulla l<strong>una</strong>, solo per noi, in un grande l<strong>una</strong><br />

park, per poterci <strong>di</strong>vertire in libertà.”<br />

Il sole dapprima non voleva accettare un simile ricatto,<br />

ma le altre stelle, in coro, con fermezza si <strong>di</strong>chiararono<br />

solidali con le sorelle cadenti. “Hanno <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> vedere<br />

esau<strong>di</strong>to il loro desiderio e anche tutte noi almeno <strong>una</strong><br />

volta , vorremmo sentire in concerto, solo per noi, quel<br />

bambino così bravo.”<br />

Il sole, per evitare altre contestazioni, acconsentì. E fu<br />

così che, con i suoi raggi magici, creò in un baleno il<br />

l<strong>una</strong> park desiderato e un immenso anfiteatro <strong>di</strong> luce<br />

per l’esibizione del piccolo Aldo.<br />

<strong>La</strong> l<strong>una</strong> era al massimo dell’orgoglio e tra sé e sé<br />

pensava: “Chissà come sarà felice l’amico Aldo.” Mandò<br />

sulla terra <strong>una</strong> gigantesca palla d’argento, Aldo vi salì<br />

sopra e in un attimo fu sulla l<strong>una</strong> accompagnato da <strong>una</strong><br />

scia <strong>di</strong> stelle che applau<strong>di</strong>vano.<br />

Suonò il suo violino e mai la musica fu così dolce,<br />

gioiosa e magica.<br />

Tutto il cielo ascoltò incantato….do mi sol ……la si<br />

fa…..le note in libertà ora gridavano, ora sussurravano<br />

amore,tenerezza, gioia.<br />

Quando si <strong>di</strong>ce “musica celestiale” forse si ricorda<br />

ancora oggi quel concerto <strong>di</strong> un piccolo bimbo dai<br />

gran<strong>di</strong> occhi ver<strong>di</strong> che sapeva sognare.


<strong>La</strong> coccinella blu a pois d’argento


<strong>La</strong> coccinella blu a pois d’argento<br />

<strong>La</strong> bellezza delle cose esiste nella<br />

mente <strong>di</strong> chi le contempla<br />

David Hume<br />

C’ era <strong>una</strong> volta <strong>una</strong> coccinella blu a pois d’argento.<br />

Mamma coccinella non riusciva a spiegarsi il perché e<br />

sgridava chiunque la prendesse in giro o la deridesse.<br />

<strong>La</strong> piccola coccinella blu e argento cercava <strong>di</strong><br />

nascondersi tra le foglie secche, ma i raggi del sole<br />

facevano brillare come tanti piccoli <strong>di</strong>amanti i suoi pois<br />

argentati. Viveva con angoscia e vergogna la sua<br />

<strong>di</strong>versità e guardava con un po’ <strong>di</strong> invi<strong>di</strong>a tutte le altre<br />

coccinelle che scorazzavano sulle foglie <strong>di</strong>vertendosi un<br />

mondo, fiere <strong>di</strong> essere rosse a pois neri. Al mattino<br />

presto, mentre tutti dormivano, si faceva un bel bagno,<br />

<strong>di</strong> nascosto, nelle gocce <strong>di</strong> rugiada posate sui petali <strong>dei</strong><br />

fiori ed era il momento più bello della giornata perché il<br />

sole sorrideva e la natura si svegliava piena <strong>di</strong> colori e <strong>di</strong><br />

gioia. Poi tornava sotto le foglie secche ai pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> un<br />

grande albero <strong>di</strong> fichi, a nascondersi. Ma in un mattino<br />

<strong>di</strong> primavera Lillo, un bambino con tanti riccioli rossi e<br />

un viso pieno <strong>di</strong> lentiggini, la vide e gridò ammirato:<br />

“Che bella! Una coccinella blu e argento!” <strong>La</strong> prese<br />

delicatamente e la posò su <strong>una</strong> foglia larga, in alto,


dove le altre coccinelle non potevano salire. “Tu sarai la<br />

mia compagna <strong>di</strong> giochi, perché sei unica e speciale”, le<br />

<strong>di</strong>sse. <strong>La</strong> coccinella blu e argento incominciò <strong>una</strong> nuova<br />

vita: poteva guardare dall’alto tutto quello che<br />

succedeva, ma, nonostante i privilegi, pensava spesso<br />

alla mamma con nostalgia e tristezza. Aveva fatto<br />

amicizia con un bruco bianco un po’ scorbutico, ma<br />

generoso e con un piccolo ragno che tesseva ragnatele<br />

quasi fossero pizzi preziosi, tra le foglie. I tre amici, alla<br />

sera, stavano svegli per ammirare la danza delle<br />

lucciole che <strong>di</strong>segnavano nel buio mille fantasmi <strong>di</strong><br />

luce. Era sempre uno spettacolo nuovo e bellissimo. Ma<br />

un giorno ad <strong>una</strong> lucciola Lele si impigliò un’ala in <strong>una</strong><br />

ragnatela. Tentò invano <strong>di</strong> liberarsi, senza peraltro<br />

riuscirci. Allora la coccinella blu e argento chiamò<br />

imme<strong>di</strong>atamente il ragno e <strong>di</strong>sse perentoria:” Devi<br />

<strong>di</strong>struggere la ragnatela perché la lucciola Lele possa <strong>di</strong><br />

nuovo volare.” Il ragno rispose sdegnosamente:” Io<br />

costruisco le ragnatele, non posso <strong>di</strong>sfarle.” <strong>La</strong><br />

coccinella blu e argento, vedendo la sofferenza <strong>di</strong> Lele,<br />

offrì alla lucciola il suo aiuto. E con de<strong>di</strong>zione e buona<br />

volontà, piano piano, riuscì a liberare l’ala dalle maglie<br />

della ragnatela. <strong>La</strong> lucciola ormai libera, dopo aver<br />

ringraziato con un bacio la coccinella, volò via. Ma<br />

ritornò il giorno dopo e il giorno dopo ancora per<br />

ammirare quella coccinella che brillava alla luce della<br />

l<strong>una</strong>. Si accorse <strong>di</strong> essere innamorata, ma sapeva bene<br />

che le lucciole si sposano tra <strong>di</strong> loro e che mai avrebbe<br />

avuto il consenso per sposare <strong>una</strong> coccinella. Eppure<br />

quella coccinella era buona e bella, davvero <strong>una</strong><br />

coccinella speciale. Se solo le altre lucciole l’avessero<br />

vista <strong>una</strong> volta, avrebbero capito. E fu così che con<br />

l’aiuto del bruco la coccinella si pose tra le due ali della


lucciola Lele perché la trasportasse nel suo regno. Le<br />

altre lucciole, dopo un primo momento <strong>di</strong> esitazione, le<br />

<strong>di</strong>mostrarono la loro simpatia con mille giochi <strong>di</strong> luce,<br />

felici <strong>di</strong> assistere ad un matrimonio unico nella loro<br />

storia. Per la cerimonia furono invitate anche le<br />

coccinelle che, con l’aiuto <strong>di</strong> Lillo, si posizionarono sulle<br />

foglie <strong>di</strong> <strong>una</strong> grande siepe, in attesa del più grande<br />

spettacolo <strong>di</strong> luce che le lucciole avessero mai creato.<br />

<strong>La</strong> l<strong>una</strong>, in quella notte <strong>di</strong> grande festa, con pudore e<br />

<strong>di</strong>screzione rimase a guardare all’orizzonte.


Nennolina<br />

De<strong>di</strong>cato a Olga


Nennolina<br />

L’amore guarda non con gli<br />

occhi, ma con l’anima.<br />

William Shakespeare<br />

<strong>C'era</strong> <strong>una</strong> volta <strong>una</strong> bambina piccola piccola con il viso<br />

buffo e rotondo, il naso a patata, <strong>di</strong> nome Nennolina.<br />

Nennolina viveva in un paese piccolo piccolo con poche<br />

case, le finestre ver<strong>di</strong> e i tetti rossi. Ma quel paese, si<br />

<strong>di</strong>ceva fosse unico al mondo perché<br />

vi crescevano tutti i fiori esistenti ed il loro profumo<br />

incantava tutti coloro che, per caso , passavano <strong>di</strong> là.<br />

<strong>La</strong> mamma <strong>di</strong> Nennolina era quasi cieca, o, per meglio<br />

<strong>di</strong>re, riusciva soltanto a vedere la luce del sole ma non<br />

<strong>di</strong>stingueva i colori.<br />

Il suo mondo era fatto <strong>di</strong> piccole o gran<strong>di</strong> ombre.<br />

Nennolina era molto preoccupata: ”Se solo potesse<br />

vedere i colori <strong>dei</strong> fiori”, pensava e guardava al<br />

tramonto i gran<strong>di</strong> girasoli che si lasciavano baciare dal<br />

sole tutto il giorno, le violette troppo timide, quasi<br />

nascoste, le margherite bianche e simpatiche, i tulipani<br />

gialli e rossi e la glicine che, fiera e un po’ arrogante, si


arrampicava sul muro della casa senza mai chiedere il<br />

permesso.<br />

Poi, prendendo per la mano la mamma,<br />

l'accompagnava lungo il fossato, nel campo e<br />

aspiravano insieme l'aria profumata.<br />

Nel prato c'era <strong>una</strong> panchina <strong>di</strong> legno e là, dopo <strong>una</strong><br />

passeggiata <strong>di</strong> chiacchiere e risate, Nennolina e la<br />

mamma si sedevano.<br />

Nennolina le raccontava i colori del cielo e<br />

dell'arcobaleno e le nuvole a volte imbronciate.<br />

Coglieva per lei le piccole rose selvatiche, i narcisi e i<br />

mughetti profumati.<br />

Si <strong>di</strong>vertiva perché la mamma doveva <strong>di</strong>stinguere i fiori<br />

dal loro profumo e qualche volta sbagliava e allora<br />

Nennolina rideva, rideva fino alle lacrime.<br />

Poi, quando i fiori reclinavano il capo per riposare<br />

durante la notte, si sentiva un fruscio, quasi che un<br />

vento leggero li accarezzasse per conciliare il loro<br />

sonno.<br />

Nennolina e la mamma allora tornavano a casa per<br />

aspettare la sera.<br />

Nennolina aveva sentito <strong>di</strong>re che la fata <strong>dei</strong> fiori avesse<br />

tante case e, quin<strong>di</strong>, non fosse facilmente raggiungibile<br />

ma, <strong>di</strong>cevano, amasse soprattutto il profumo della<br />

magnolia da cui ricava il suo profumo personale.


Tutti i fiori obbe<strong>di</strong>vano alla fata <strong>dei</strong> fiori perché era<br />

bellissima e buona, tenera e generosa.<br />

Davanti alla casa <strong>di</strong> Nennolina due alberi con tante<br />

magnolie fiorite sembravano sfidare il cielo.<br />

Nennolina ogni sera guardava e riguardava quei fiori<br />

con la speranza <strong>di</strong> vedere la fata immergersi nel loro<br />

profumo.<br />

Ma è <strong>di</strong>fficile vedere al buio e allora incominciò a<br />

parlarle: “Fata <strong>dei</strong> fiori la mia mamma non può vedere i<br />

colori <strong>dei</strong> fiori, puoi aiutarmi?”<br />

E, in <strong>una</strong> notte piena <strong>di</strong> stelle, fata Fiorella si sedette sul<br />

davanzale della finestra. Un intenso profumo inondò la<br />

cameretta e Nennolina capì che, finalmente, la fata era<br />

lì, per lei, per aiutarla.<br />

“Fata Fiorella, spiegò, - io vorrei che facessi almeno <strong>una</strong><br />

volta <strong>una</strong> grande magia e che in <strong>una</strong> giornata con<br />

l'arcobaleno, i fiori venissero messi in fila, in or<strong>di</strong>ne,<br />

così da ricreare l'arcobaleno anche sulla terra. <strong>La</strong><br />

mamma così potrebbe vedere i colori”.<br />

Fata Fiorella promise: “Ti aiuterò”:<br />

Qualche giorno dopo, Nennolina trovò sul davanzale un<br />

paio <strong>di</strong> occhiali fatati, aprì la finestra e vide un enorme<br />

arcobaleno che occupava tutto il cielo sgombro dalle<br />

nuvole. Chiamò la mamma:<br />

“Vieni, vieni, metti gli occhiali, an<strong>di</strong>amo a fare <strong>una</strong><br />

passeggiata”.


E insieme mamma e figlia si incamminarono lungo il<br />

fossato e finalmente mamma Anita <strong>di</strong>stinse i colori<br />

perché l’arcobaleno sembrava specchiarsi nel prato<br />

dove tutti i fiori compatti e messi in or<strong>di</strong>ne per colore<br />

formavano un altro immenso arcobaleno con il rosso<br />

<strong>dei</strong> papaveri, il giallo <strong>dei</strong> girasoli, il viola delle violette, il<br />

rosa delle rose, il bianco delle margherite e <strong>dei</strong> gigli.


Il profumo del cuore


Il profumo del cuore<br />

<strong>La</strong> con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> <strong>una</strong> gioia ne<br />

moltiplica i frutti,<br />

la con<strong>di</strong>visione della sofferenza ne<br />

<strong>di</strong>vide il dolore.<br />

Tony Nevoso<br />

C’era <strong>una</strong> volta, ai confini della terra dove le montagne<br />

toccano le nuvole, un regno poverissimo e un po’<br />

abbandonato. Anche il re era povero e viveva <strong>dei</strong><br />

prodotti che i sud<strong>di</strong>ti ogni mattina portavano al<br />

castello: frutta, verdura, latte, uova e formaggio. Ma il<br />

re era saggio e buono e insegnava a tutti a volersi bene.<br />

Non esistevano le prigioni perché chi sbagliava,<br />

lavorava per un po’ <strong>di</strong> tempo il doppio degli altri,<br />

coltivando la terra o aiutando il fabbro e il falegname<br />

del piccolo regno.<br />

Gli animali venivano rispettati e amati e, da parte loro,<br />

aiutavano come potevano la gente nello svolgimento<br />

<strong>dei</strong> lavori quoti<strong>di</strong>ani. <strong>La</strong> regina madre cantava molto<br />

bene ed era la Maestra del coro che, nelle lunghe<br />

serate estive, si esibiva nella piazza per ghirlande<br />

rallegrare tutti gli abitanti.


<strong>La</strong> principessa Amy <strong>di</strong>pingeva i fiori su tavole <strong>di</strong> legno<br />

preparate da Mastro Leo. Tutti, insomma, erano<br />

operosi e sereni.<br />

Un bel giorno venne in visita un mercante su <strong>una</strong><br />

carrozza <strong>di</strong>pinta <strong>di</strong> rosso per vendere giocattoli e<br />

palloncini <strong>di</strong> tutti i colori. I bambini impazzirono <strong>di</strong><br />

gioia, ma i genitori si guardarono l’un l’altro con<br />

tristezza perché nessuno aveva i sol<strong>di</strong> per comprare<br />

qualcosa.<br />

Il mercante era sbalor<strong>di</strong>to perché non si era mai visto<br />

un regno così bello, dove le montagne, al tramonto,<br />

prendevano il colore del cielo e le case erano tutte<br />

uguali, pulite, or<strong>di</strong>nate, <strong>di</strong> un bel color rosa e il re era<br />

più povero del popolo e la gente sorrideva gentile e<br />

serena.<br />

Il re lo invitò al castello e gli propose un patto: “Donaci i<br />

giocattoli che hai portato e ritorna a Natale con la tua<br />

famiglia e i tuoi amici e noi vi regaleremo <strong>una</strong> giornata<br />

da ricordare, <strong>una</strong> giornata da <strong>fiaba</strong>.”<br />

Il mercante <strong>di</strong>menticò per un attimo <strong>di</strong> essere un<br />

mercante e accettò il patto pensando: “Ho due bambini<br />

piccoli e saranno felici <strong>di</strong> vivere un Natale <strong>di</strong>verso “.<br />

<strong>La</strong> principessina Amy regalò due piccoli quadri <strong>di</strong><br />

gelsomini e papaveri e il mercante, accompagnato da<br />

<strong>una</strong> folla riconoscente e festante, ritornò al suo paese.<br />

Si avvicinava il Natale. Il re radunò tutta la sua gente<br />

nella piazza principale e invitò tutti a partecipare alla<br />

preparazione della grande festa. Anche gli animali del<br />

bosco erano presenti: ognuno avrebbe fatto la sua<br />

parte perché c’era bisogno del contributo <strong>di</strong> tutti per la<br />

buona riuscita dell’evento. Esistevano però molti<br />

problemi. Il re pensava e pensava tutti i giorni, tutti i<br />

momenti come addobbare le case, come illuminare le


strade, come far funzionare la vecchia ruota all’ingresso<br />

del paese, come rinnovare le insegne, come preparare<br />

in modo <strong>di</strong>gnitoso e originale <strong>una</strong> bella tavolata per gli<br />

ospiti?<br />

Ma gli animali del bosco, a sua insaputa, avevano<br />

promosso <strong>una</strong> assemblea e si erano dati <strong>dei</strong> compiti<br />

ben precisi: le lucciole a gruppi or<strong>di</strong>nati, con la loro luce<br />

ad intermittenza, promisero <strong>di</strong> illuminare le strade e le<br />

case e un grande striscione all’ingresso del regno; i fiori<br />

promisero <strong>di</strong> donare qualche petalo per fare gli impasti<br />

<strong>di</strong> colore e permettere agli gnomi <strong>di</strong> ri<strong>di</strong>pingere la<br />

grande ruota e gli scoiattoli, con le loro code,<br />

promisero <strong>di</strong> farla girare vorticosamente per i giochi <strong>dei</strong><br />

bambini; i millepie<strong>di</strong> promisero <strong>di</strong> portare tutte le zolle<br />

<strong>di</strong> terra necessarie per costruire <strong>una</strong> grande aiuola su<br />

cui sedersi comodamente e mangiare alla grande tavola<br />

costruita dai tre falegnami più bravi del regno. Le<br />

capinere e gli usignoli, dopo qualche bisticcio, decisero<br />

come accompagnare con le loro voci il coro della<br />

regina. I ragazzi, aiutati dalle scimmiette allestirono<br />

molti festoni <strong>di</strong> foglie secche e le ragazze intrecciarono<br />

ghirlande <strong>di</strong> fili colorati per decorare le case. Le donne<br />

in cucina fecero miracoli e prepararono cento tipi <strong>di</strong><br />

pasta asciutta, tante varietà <strong>di</strong> formaggi e le verdure si<br />

trasformarono in tortini profumati e gustosi. I dolci<br />

vennero impreziositi con pinoli, uvetta e coriandoli<br />

dolci e gli uccelli regalarono <strong>una</strong> piuma per in<strong>di</strong>care il<br />

posto ai commensali. Il re era commosso perché la<br />

generosità del suo popolo era davvero speciale. <strong>La</strong><br />

collaborazione <strong>di</strong> tutti aveva creato il miracolo. E cosi il<br />

mercante, quando arrivò con la famiglia e gli amici,<br />

rimase davvero incantato: il paese sembrava sospeso in


un’atmosfera magica, pieno <strong>di</strong> colori e <strong>di</strong> luci, festoso<br />

ed accogliente. Mangiò prelibatezze mai gustate,<br />

ascoltò un canto con <strong>una</strong> musica singolare e suggestiva.<br />

Disse al re: “Mi hai regalato davvero un Natale unico e<br />

meraviglioso. Andando per il mondo per il mio lavoro,<br />

parlerò <strong>di</strong> questo paese così minuscolo, ma così grande<br />

nel cuore.” E fu così che ben presto molti visitatori<br />

incuriositi arrivarono in quel paese per sentire il<br />

profumo del cuore <strong>dei</strong> suoi abitanti e ripartire, poi,<br />

felici e contenti.


De<strong>di</strong>cato a Veronica<br />

Il cigno viola


Il cigno viola<br />

I venti silenziosi <strong>di</strong> stupore<br />

sfiorano leggermente le acque.<br />

J. Milon<br />

Là, nel punto più a Nord, dove la sponda del lago<br />

sembrava arricciarsi in <strong>una</strong> piccola ma profonda<br />

insenatura, c’era <strong>una</strong> volta <strong>una</strong> piccola casetta rossa<br />

dove vivevano nonna Angela e la piccola Veronica .<br />

Veronica era <strong>una</strong> bambina <strong>di</strong> quattro anni con gran<strong>di</strong> e<br />

dolci occhi castani, vivace e piena <strong>di</strong> fantasia.<br />

Il sole guardava con un sorriso particolare quell’angolo<br />

<strong>di</strong> mondo perché c’erano tanti sassolini variopinti che<br />

brillavano <strong>di</strong> mille colori e Veronica sapeva costruire<br />

degli aquiloni colorati e bellissimi che sfidavano il cielo.<br />

Il lago s’increspava, al tramonto, con mille piccole onde<br />

color madreperla cullando l’ultima passeggiata del<br />

giorno <strong>di</strong> <strong>una</strong> famiglia <strong>di</strong> cigni bianchi e fieri. <strong>La</strong> mamma<br />

<strong>dei</strong> cigni era facilmente in<strong>di</strong>viduabile perché aveva le ali<br />

striate <strong>di</strong> viola, ma mai avrebbe pensato che uno <strong>dei</strong><br />

suoi figli sarebbe nato, stranamente, tutto color viola<br />

con un can<strong>di</strong>do ciuffo in testa.<br />

Tutti guardavano con meraviglia e stupore quel cigno<br />

buffo ed elegante che accarezzava l’acqua solitario e<br />

veloce , gli occhi a guardare incantato gli aquiloni nel


cielo. Era il compagno <strong>di</strong> giochi preferito <strong>di</strong> Veronica<br />

che lo chiamava Vivi.<br />

Vivi era segretamente innamorato <strong>di</strong> Veronica.<br />

Aspettava, al mattino, il suo risveglio, raccoglieva per<br />

lei nel fondale del lago i sassi più colorati per costruire<br />

insieme la casetta della bambola Pilli o <strong>di</strong>segnare lungo<br />

la riva tanti fiori che neppure il vento riusciva a<br />

cancellare.<br />

Ma un brutto giorno, Veronica s’ammalò gravemente.<br />

Vivi guardava preoccupato il via vai continuo <strong>di</strong> tanta<br />

gente che visitava la casetta, aspettava con ansia il<br />

mattino con la speranza <strong>di</strong> rivedere l’amica, osservava il<br />

pianto silenzioso <strong>di</strong> nonna Angela, la sera.<br />

“Che cosa posso fare?” pensava. Ne parlò, in segreto<br />

con mamma cigna, confidandole il suo amore<br />

impossibile.<br />

E mamma cigna ricordò <strong>una</strong> vecchia leggenda del lago e<br />

capì che quel figlio così strano era in realtà il frutto <strong>di</strong><br />

<strong>una</strong> male<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> cui tanto si era parlato in paese.<br />

Capì che Vivi era il figlio prepotente ed egoista del re<br />

Isidoro che regnava nella piccola isola al centro del lago<br />

e che un maleficio della strega Marisca aveva<br />

trasformato in cigno. Ma il maleficio poteva essere<br />

annullato con un atto <strong>di</strong> grande generosità e allora<br />

consigliò: “Al centro del lago, là dove l’acqua è più<br />

profonda, cresce un’erba miracolosa che guarisce tutte<br />

le malattie. Ma per raccoglierla dovrai sconfiggere gli<br />

gnomi del lago che la custo<strong>di</strong>scono e non permettono<br />

a nessuno <strong>di</strong> avvicinarsi. Gli gnomi sono molto golosi <strong>di</strong>


acche rosse e noi ti aiuteremo a raccoglierle perché tu<br />

possa portarle in dono. Ma il fondo del lago è molto<br />

buio ed io non saprei che cosa suggerirti per<br />

illuminarlo e trovare l’erba miracolosa.”<br />

Vivi era <strong>di</strong>sperato, non mangiava, non dormiva ed ogni<br />

notte piangeva senza trovare <strong>una</strong> soluzione.<br />

Intanto tutti i cigni del lago, avvisati del problema, si<br />

misero all’opera per raccogliere le bacche rosse, poi<br />

intrecciarono con il becco un canestro grande dove<br />

sistemarle perché fosse più facile per Vivi immergersi<br />

nell’acqua profonda.<br />

Restava il problema del buio. E arrivò l’aiuto della l<strong>una</strong><br />

che, commossa da tanta <strong>di</strong>sperazione, gli<br />

promise:”Nella prima notte <strong>di</strong> plenilunio concentrerò<br />

un raggio <strong>di</strong> luce al centro del lago perché tu possa<br />

trovare la strada.”<br />

Vivi si esercitò per ore e ore a scendere nell’acqua<br />

sempre più profonda ed educare la respirazione, fino a<br />

quando si sentì sufficientemente sicuro.<br />

E arrivò la prima notte <strong>di</strong> l<strong>una</strong> piena. <strong>La</strong> l<strong>una</strong> fece il suo<br />

dovere: il lago fu illuminato improvvisamente in un<br />

punto , quasi che la luce fosse <strong>una</strong> lama d’acciaio che<br />

taglia con il suo splendore il buio del lago giù giù fino al<br />

regno degli gnomi. Il cigno viola si immerse, ma gli<br />

gnomi circondarono imme<strong>di</strong>atamente l’intruso per<br />

farlo prigioniero. Vivi, comunque, non si perse d’animo<br />

perché sapeva che le bacche erano state immerse in un<br />

liquido che dava sonnolenza.


“Vi ho portato un regalo” <strong>di</strong>sse porgendo il canestro<br />

pieno <strong>di</strong> bacche. Gli gnomi si avventarono subito su<br />

quel dono inaspettato, mangiando avidamente tutte<br />

le bacche rosse e ben presto si addormentarono .<br />

Vivi, allora, colse l’erba miracolosa, la <strong>di</strong>spose nel<br />

canestro vuoto e con molta fatica tornò a galla. I<br />

fratelli cigni fecero <strong>una</strong> grande festa e lo aiutarono a<br />

raggiungere la riva, davanti alla casetta rossa dove<br />

Veronica era in fin <strong>di</strong> vita. Vivi depose il cestino accanto<br />

alla porta e, improvvisamente, il cigno viola si<br />

trasformò in un bel bambino biondo, sorridente e<br />

gentile. Spiegò a nonna Angela il potere miracoloso <strong>di</strong><br />

quell’erba e subito nonna Angela preparò un infuso che<br />

la piccola Veronica bevve con piacere e avi<strong>di</strong>tà.<br />

E quell’erba fece il miracolo: Veronica guarì in pochi<br />

giorni e tornò a costruire con Vivi meravigliosi aquiloni<br />

e a giocare con i sassi colorati sotto lo sguardo<br />

affettuoso <strong>di</strong> nonna Angela e <strong>dei</strong> cigni.<br />

Dopo qualche anno Veronica e Vivi si sposarono e<br />

vissero eternamente felici e contenti.


<strong>La</strong> scuola del sorriso


<strong>La</strong> scuola del sorriso<br />

“Puoi prestarmi <strong>una</strong> mamma?<br />

<strong>La</strong> vorrei<br />

Per cinque o sei minuti soltanto,<br />

più <strong>di</strong> tanto non voglio<br />

non voglio neppure che si impegni.<br />

A me basta<br />

che mi insegni<br />

come s’asciuga il pianto<br />

Anonimo<br />

Un bel giorno, in Para<strong>di</strong>so, alcune mamme capitanate<br />

da mamma Elena, si riunirono.<br />

“Non è giusto che i nostri bambini sulla Terra non<br />

abbiano carezze e baci e altri siano coccolati con tanto<br />

amore e tenerezza. An<strong>di</strong>amo dalla Madonna che è stata<br />

madre come noi perché trovi <strong>una</strong> soluzione”.<br />

<strong>La</strong> Madonna ci pensò un attimo: “Va bene”, <strong>di</strong>sse.<br />

Radunò sulle nuvole tutte le farfalle dell’universo in un<br />

tripu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> colori, sussurri e qualche brontolio perché le<br />

farfalle dell’ozio hanno fatto <strong>una</strong> ragione <strong>di</strong> vita e<br />

amano mostrarsi mentre danzano nell’aria o fanno le<br />

gare <strong>di</strong> velocità solo per posarsi sui fiori più belli.<br />

Ne selezionò un centinaio, <strong>di</strong> varie grandezze e con i<br />

colori dell’arcobaleno “Invece <strong>di</strong> oziare e pavoneggiarvi


tutto il giorno, vi darò un lavoro. Un lavoro che dovrà<br />

impegnare anche il vostro cuore. Dovrete imparare<br />

come asciugare il pianto <strong>dei</strong> bambini meno fort<strong>una</strong>ti.<br />

Diventerete le maestre della scuola del Sorriso. Non<br />

sarà semplice: dovrete avere cuore per ascoltare e<br />

destrezza nelle ali per usarle con delicatezza e dolcezza,<br />

quasi <strong>una</strong> carezza”. Una farfalla obiettò: “Ma come<br />

facciamo a sapere dove sono i bambini che piangono?”.<br />

“Là, dove c’è <strong>una</strong> luce, <strong>una</strong> finestra aperta, fermatevi<br />

ad ascoltare. <strong>La</strong> sensibilità vi guiderà. Osservate la<br />

tenerezza delle mamme e imparerete”.<br />

Passati i quin<strong>di</strong>ci giorni stabiliti, le farfalle “maestre”<br />

tornarono per l’esame. Le mamme del Para<strong>di</strong>so,<br />

promosse a giu<strong>di</strong>ci, decretarono “Così non va, le ali<br />

devono muoversi leggere, con grazia per sfiorare<br />

appena la lacrima. Non si può volare giù in picchiata<br />

come stanno facendo alcune. E poi, non spaventate i<br />

più piccoli sfoggiando colori sgargianti, ma cercate, per<br />

<strong>una</strong> volta, <strong>di</strong> passare quasi inosservate. Imparate a<br />

vibrare delicate e leggere come le piume. Tornate tra<br />

quin<strong>di</strong>ci giorni”.<br />

Ma le farfalle dopo qualche giorno tornarono eccitate e<br />

felici.<br />

“Abbiamo visto i bambini sorridere ed è stato<br />

bellissimo”, <strong>di</strong>ssero in coro.<br />

“Bene! -decretarono le mamme giu<strong>di</strong>ci- da oggi la<br />

scuola del Sorriso è istituita per sempre.”<br />

Così, se chiu<strong>di</strong> gli occhi e senti <strong>una</strong> carezza tenera e<br />

dolce come un bacio, è la farfalla che ti manda la tua<br />

mamma dal Para<strong>di</strong>so per asciugare il pianto.


Sofia regina del bosco<br />

De<strong>di</strong>cato a Sofia


Sofia regina del bosco<br />

L’egoismo apre sempre la<br />

porta della solitu<strong>di</strong>ne.<br />

Anonimo<br />

C’era un tempo, tanti anni fa, in cui la terra era un<br />

immenso bosco <strong>di</strong> alberi rigogliosi, con giar<strong>di</strong>ni fioriti,<br />

ruscelli <strong>di</strong> acqua freschissima, animali <strong>di</strong> tutte le specie<br />

che convivevano felici e contenti.<br />

Le piante intrecciavano i rami in segno d’amicizia, i fiori<br />

offrivano generosamente il loro polline al vento perché<br />

ovunque crescessero altri fiori, sempre più belli e non<br />

c’era gelosia o invi<strong>di</strong>a: le piccole violette, i non ti<br />

scordar <strong>di</strong> me, le margheritine avevano il loro spazio e<br />

ridevano al sole, nonostante la vicinanza delle spighe<br />

alte e fiere e delle rose vellutate. Le glicini<br />

s’arrampicavano con <strong>una</strong> <strong>di</strong>screzione quasi timida sulle<br />

pareti delle casette <strong>di</strong> legno. I gigli parlavano volentieri<br />

con i piccoli mughetti bianchi e delicati. <strong>La</strong> magnolia,<br />

dall’alto emanava il suo profumo intenso nell’aria. I<br />

girasoli cantavano a squarciagola guardando il sole<br />

nascere e morire all’orizzonte. Le farfalle,un po’<br />

pettegole, danzavano leggere ed eleganti raccontando<br />

le ultime notizie. L’ortica si <strong>di</strong>vertiva a fare il solletico al<br />

grande elefante che minacciava bonariamente: “Adesso<br />

basta. Prima o poi so io cosa fare.” L’elefante aiutava i<br />

bambini ad andare a scuola. Sulla schiena poteva<br />

portare anche <strong>di</strong>eci bambini alla volta e si prestava a


fare questo servizio molto volentieri. Le lumachine e le<br />

formiche facevano, si fa per <strong>di</strong>re, lunghe passeggiate<br />

appoggiandosi sulle zampe salde e poderose del leone.<br />

Le giraffe aiutavano i bambini a raccogliere le ciliegie, le<br />

pesche, i fichi, là dove per loro non era possibile<br />

arrivare. I gabbiani aiutavano gli amici cigni a trovare il<br />

cibo. Le aquile volavano alte nel cielo e soccorrevano i<br />

piccoli uccelli che, dopo aver volato oltre le proprie<br />

possibilità, si <strong>di</strong>battevano sfiniti nell’aria. Le lucciole<br />

illuminavano le piccole case degli gnomi che lavoravano<br />

tutto il giorno con pazienza e buona volontà. Gli gnomi<br />

che vivevano in povertà in piccole grotte <strong>di</strong>sadorne e<br />

umide, trotterellavano tutto il giorno per cercare le<br />

erbe che fanno bene alla salute e facevano tisane ed<br />

infusi per tutti. Raramente qualcuno li ringraziava, ma<br />

erano ugualmente felici perché si sentivano utili.<br />

Di notte quando tutti dormivano, il bosco si animava<br />

per festeggiare e ringraziare il sole che aveva donato a<br />

tutti un altro giorno sereno: gli scoiattoli, maestri <strong>di</strong><br />

ballo, usavano le code, quasi fossero eleganti stole, per<br />

volteggiare leggeri; il picchio batteva il tempo sui<br />

tronchi degli alberi; i pavoni si esibivano ballando il<br />

valzer ed erano bravissimi nel roteare con grazia e<br />

leggerezza. I fiori applau<strong>di</strong>vano estasiati. Le scimmiette<br />

improvvisavano spettacoli <strong>di</strong> cabaret prendendo in giro<br />

gli abitanti del bosco e tutti ridevano <strong>di</strong> gusto.<br />

Gli uomini non immaginavano che i fiori, le piante, gli<br />

animali comunicassero tra <strong>di</strong> loro e avessero un loro<br />

linguaggio. Vivevano beati e contenti in quel mondo<br />

così sereno e pacifico


Ma un giorno <strong>una</strong> piccola bimba dai gran<strong>di</strong> occhi blu<br />

con le pagliuzze d’oro <strong>di</strong> nome Sofia, dopo aver<br />

girovagato per ore e ore nel bosco, non riuscì a<br />

ritrovare la strada <strong>di</strong> casa. Si appoggiò al tronco <strong>di</strong> <strong>una</strong><br />

grande quercia, smarrita e piena <strong>di</strong> paura. <strong>La</strong> grande<br />

quercia decise in un attimo <strong>di</strong> nasconderla dalla vista<br />

degli altri e la circondò con il suo fogliame quasi a<br />

soffocarla. Sofia piangeva e implorava: “<strong>La</strong>sciami<br />

tornare a casa”. <strong>La</strong> quercia non voleva sentire ragioni e<br />

pensava: “Nessun albero può giocare con un giocattolo<br />

così bello.” Credeva che nessuno si accorgesse del<br />

rapimento. Ma il salice piangete con i suoi rami bassi<br />

sentì i lamenti <strong>di</strong> Sofia e rimproverò la quercia con tono<br />

duro e severo. “Non puoi tenere prigioniera quella<br />

bambina, devi lasciarla andare.” Ma la quercia era<br />

irremovibile.<br />

<strong>La</strong> notizia si <strong>di</strong>ffuse in un baleno. I pettirossi, le<br />

cornacchie, i corvi, i gufi, le civette e tutti gli uccelli si<br />

misero a brontolare con voce alta e perentoria: “ Non si<br />

è mai vista <strong>una</strong> cosa simile. E’ inaccettabile un<br />

comportamento così <strong>di</strong>sumano.” <strong>La</strong> quercia con aria <strong>di</strong><br />

sfida non rispondeva. Allora gli elefanti si misero<br />

d’accordo per abbatterla con la loro forza , ma la<br />

quercia aveva ra<strong>di</strong>ci ben salde e rimase alta e possente<br />

come prima. Le aquile iniziarono a beccare con forza e<br />

cattiveria le foglie per farla soffrire, ma la quercia<br />

sembrava non accorgersi <strong>di</strong> niente. Ad un certo punto il<br />

leone Incominciò a pensare: “Ormai i genitori si<br />

saranno rassegnati e se c’ è qualcuno che ha il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />

tenere con sé la bambina, sono io che sono il re degli<br />

animali” Ma lo stesso pensiero per un motivo o per un<br />

altro lo fecero in tanti e così iniziò <strong>una</strong> gara per tenere


con sé la piccola Sofia E fu il caos: tutti contro tutti,<br />

ciascuno a far prevalere il proprio presunto <strong>di</strong>ritto,<br />

mentre Sofia non aveva più lacrime per il gran<br />

piangere. Gli gnomi, <strong>di</strong> nascosto, le portavano da<br />

mangiare cercando <strong>di</strong> tranquillizzarla.<br />

Il sole che governava dall’alto tutto l’universo, era<br />

furibondo davanti a tanto egoismo e decise <strong>di</strong> punire i<br />

colpevoli. Chiamò le nuvole e or<strong>di</strong>nò: “Da subito per la<br />

terra non deve esserci pioggia. Senza acqua, voglio<br />

vedere come se la caveranno”. Le nuvole ubbi<strong>di</strong>rono<br />

imme<strong>di</strong>atamente scaricando la preziosa acqua nel mare<br />

salato che inondò ben presto i villaggi e le strade vicini.<br />

L’alba nasceva senza vento, i ciuffi d’erba erano stinti e<br />

bruciati, i fiori piangevano invocando la rugiada, gli<br />

alberi ricurvi e stanchi si erano ripiegati senza l’energia<br />

e la forza per rialzarsi, le caprette, i cavalli, i canguri, gli<br />

animali tutti aspettavano la sera sdraiati e assetati<br />

implorando l’acqua. Gli uccelli allora promossero <strong>una</strong><br />

riunione e l’aquila sentenziò: “Dobbiamo fare qualcosa.<br />

Chie<strong>di</strong>amo al sole <strong>di</strong> rimandarci le nuvole piene <strong>di</strong><br />

pioggia. Tutti dovranno partecipare”. Con un ultimo<br />

sforzo gli animali si <strong>di</strong>visero in gruppi lanciando le loro<br />

voci al sole: gli elefanti con i loro barriti, poi i leoni, gli<br />

ippopotami, le rane, gli uccelli, tutti insomma a<br />

chiedere <strong>di</strong>speratamente il ritorno dell’acqua. Anche i<br />

fiori e le farfalle con la loro voce flebile e accorata<br />

pregarono il sole. Ma il sole pareva non sentire le<br />

invocazioni. Allora la volpe con furbizia propose: “Al<br />

centro del bosco vivono le fate bianche che possono<br />

volare fino al sole. Chie<strong>di</strong>amo aiuto a loro perché<br />

intercedano per noi la benevolenza del sole.” Ma il<br />

castello delle fate bianche era circondato da un grande


fossato d’acqua velenosa in cui galleggiavano splen<strong>di</strong>de<br />

ninfee bianche e carnivore. Nessuno aveva mai osato<br />

avvicinarsi. Si offrirono i pipistrelli che, con le loro ali<br />

nere, nella notte buia potevano essere quasi invisibili.<br />

Ma le fate bianche con un comando crearono nel cielo<br />

un’enorme barriera <strong>di</strong> rovi e <strong>di</strong> spine insuperabile<br />

anche per i poveri pipistrelli. “E adesso che cosa si può<br />

ancora tentare? “ era il pensiero comune:<br />

Sofia nel frattempo aveva imparato a capire il loro<br />

linguaggio e decise <strong>di</strong> intervenire. Dimenticando le<br />

cattiverie subite, propose: “Andrò io a parlare con le<br />

fate bianche”. A quel punto la volpe osservò: “E’ l’unica<br />

soluzione. Le fate bianche non possono non ascoltare<br />

<strong>una</strong> bambina. Vedrete che tutto si risolverà per il<br />

meglio.” Ma come fare per superare il fossato? Sofia<br />

ebbe un’idea e spiegò:” Conosco un artista che<br />

costruisce bolle <strong>di</strong> sapone giganti. Si chiama Flu ed ha<br />

due cagnolini <strong>di</strong> nome Perla e Puf che, se vogliono,<br />

possono chiedere in prestito <strong>una</strong> grande bolla <strong>di</strong><br />

sapone in cui io entrerò e supererò il fossato spinta dal<br />

fiato possente <strong>dei</strong> leoni.” Detto, fatto. Sofia si ritrovò<br />

nel cortile principale del castello delle fate bianche,<br />

durante un concerto <strong>di</strong> musica.<br />

Era l’ora del tramonto. Un’atmosfera <strong>di</strong> pace regnava<br />

ovunque. Le fate erano allegre e sorridenti, come<br />

sempre. Sofia accennò un colpo <strong>di</strong> tosse per attirare<br />

l’attenzione. “Non c’è bisogno che tu ci riferisca i motivi<br />

della tua presenza perché sappiamo già tutto.” <strong>di</strong>sse la<br />

fata regina e continuò spiegando: “Tu sei stata molto<br />

generosa, ma la cattiveria che oggi regna nel bosco è<br />

stata punita giustamente dal sole. Se si vuole tornare


alla vita <strong>di</strong> prima, occorre <strong>di</strong>mostrare <strong>di</strong> aver imparato<br />

la lezione con atti <strong>di</strong> altruismo e <strong>di</strong> bontà. Soltanto<br />

allora il sole toglierà il castigo e ridarà la pioggia.”<br />

<strong>La</strong> fata Piumina, poi, riaccompagnò in un attimo Sofia<br />

nel bosco. Sofia riferì le parole delle fate e la volontà<br />

del sole. <strong>La</strong> quercia abbassò i rami per chiedere scusa,<br />

Perla e Puf riaccompagnarono a casa Sofia, i fiori<br />

sorrisero l’un l’altro e regalarono i loro semi in<br />

abbondanza soprattutto agli gnomi perché potessero<br />

adornare le loro casette, gli alberi <strong>di</strong>stesero al massimo<br />

i loro rami per fare più ombra, gli uccelli cantarono le<br />

canzoni più belle per allietare la vita <strong>di</strong> tutti. Il sole<br />

perdonò e mandò <strong>di</strong> nuovo la pioggia. I ruscelli ben<br />

presto si riempirono d’acqua cristallina, la rugiada brillò<br />

al mattino sulle foglie, quasi <strong>una</strong> carezza, il gallo,<br />

finalmente, ritornò a dare il buongiorno, il vento<br />

leggero aiutò le farfalle nella loro danza. L’aquila,<br />

dall’alto, guardò compiaciuta il ritorno alla normalità e<br />

suggerì: “ Dobbiamo riconoscere che questa ritrovata<br />

armonia è merito <strong>di</strong> Sofia. Propongo che venga<br />

acclamata regina del bosco.” Tutti furono d’accordo e<br />

in <strong>una</strong> notte <strong>di</strong> plenilunio si fece <strong>una</strong> grande festa per<br />

incoronare la piccola Sofia. Tutti gli abitanti del bosco<br />

avevano, per l’occasione, imparato <strong>una</strong> nuova parola<br />

magica: grazie.


De<strong>di</strong>cato a Lella<br />

Lionella e la l<strong>una</strong>


Lionella e la l<strong>una</strong><br />

<strong>La</strong> danza è <strong>una</strong> poesia muta,<br />

la poesia è <strong>una</strong> danza<br />

parlata<br />

Simonide<br />

<strong>C'era</strong> <strong>una</strong> volta <strong>una</strong> principessa <strong>di</strong> nome Lionella che<br />

viveva in uno splen<strong>di</strong>do castello in mezzo al bosco.<br />

Lionella era sola e spesso annoiata.<br />

Il giorno passava lento e impegnativo, perché, si sa <strong>una</strong><br />

principessa deve imparare molte cose e deve<br />

prepararsi a <strong>di</strong>ventare regina.<br />

Mamma e papà erano spesso in viaggio per i loro<br />

impegni: erano genitori buoni, ma non trovavano mai il<br />

tempo per parlare con Lionella e Lionella avrebbe<br />

voluto tanto confessare la sua passione per la danza.<br />

Alla sera, dopo aver lasciato credere <strong>di</strong> essersi<br />

addormentata, sgusciava da <strong>una</strong> porticina laterale del<br />

castello e si inoltrava nel bosco fino all'altissimo pino<br />

dove abitava <strong>una</strong> numerosa famiglia <strong>di</strong> gnomi.<br />

Gli gnomi, ma soprattutto Pilter, erano simpatici e buffi<br />

ed erano <strong>di</strong>ventati suoi amici.


A loro confidava: “Mi piacerebbe tanto imparare a<br />

ballare ma al castello non c'è neanche la musica. Devo<br />

solo stu<strong>di</strong>are, stu<strong>di</strong>are, sempre stu<strong>di</strong>are. Non ho<br />

compagne per giocare. Uffa, non ne posso più”.<br />

Gli gnomi ascoltavano attenti, non sapendo che cosa<br />

fare e come aiutare Lionella. Ma Pilter ebbe un'idea:<br />

“Chiamiamo gli uccelli per cantare e la fata Abidance<br />

che è la più brava a ballare. Sono sicuro che troveranno<br />

<strong>una</strong> soluzione. Personalmente mi occuperò delle<br />

scarpette da ballo”.<br />

<strong>La</strong> sera successiva Lionella indossò il vestito più bello: la<br />

gonna si apriva ad ogni passo con mille colori, un<br />

sorriso <strong>di</strong> speranza le illuminava il piccolo viso spiritoso.<br />

Gli gnomi avevano mantenuto la promessa: un paio <strong>di</strong><br />

scarpette da ballo nuovissime erano pronte, un coro<br />

intero <strong>di</strong> usignoli e canarini accolse la piccola<br />

principessa mentre i gufi, le civette e le scimmie<br />

accompagnavano il canto battendo il ritmo sui tronchi<br />

degli alberi.<br />

Lionella ascoltava rapita e istintivamente si mise a<br />

ballare in modo un po’ goffo e titubante.<br />

Ad un tratto un leggero vento iniziò a guidare i suoi<br />

gesti e il corpo si adeguò alla musica in modo<br />

armonioso e spontaneo.


Lionella alzò gli occhi e vide la fata Abidance danzare<br />

nel cielo luminosa e bellissima mentre dettava al vento<br />

i passi da seguire.<br />

Lionella era felice. Ogni sera tornava nel bosco: ormai<br />

era <strong>di</strong>ventata <strong>una</strong> brava ballerina, ma mai avrebbe<br />

potuto far vedere al papà re e alla mamma regina la<br />

sua bravura.<br />

Intanto i giorni trascorrevano lenti e noiosi, come<br />

sempre. Una sera si rivolse <strong>di</strong>rettamente alla fata<br />

Abidence: “Vorrei tanto che papà e mamma mi<br />

vedessero danzare, anche <strong>una</strong> sola volta.” <strong>La</strong> fata<br />

Abidance promise <strong>di</strong> aiutarla, incaricò gli gnomi <strong>di</strong><br />

costruire un’altalena gigante e prese accor<strong>di</strong> con la<br />

regina Lunetta per un grande spettacolo sulla l<strong>una</strong>. <strong>La</strong><br />

regina Lunetta accon<strong>di</strong>scese con piacere. Era così raro<br />

avere ospiti dalla terra. Fata Abidance chiamò le altre<br />

fate danzanti ed espose il progetto: “Per <strong>una</strong> sera<br />

danzeremo nel teatro Lutnik con la principessa<br />

Lionella.”<br />

Per <strong>una</strong> settimana provarono il balletto con Lionella<br />

che era molto intimi<strong>di</strong>ta ed emozionata, ma finalmente<br />

arrivò il giorno stabilito per lo spettacolo: l’altalena<br />

gigante era pronta; gli gnomi, molto sod<strong>di</strong>sfatti,<br />

aspettavano l’arrivo <strong>di</strong> Lionella ,del re e della regina per<br />

la partenza verso la l<strong>una</strong>. Lionella pregò i genitori <strong>di</strong><br />

accompagnarla nel bosco per <strong>una</strong> sorpresa. Il re e la<br />

regina rimasero a bocca aperta e salirono sull’altalena<br />

insieme alla figlia mentre gli gnomi si mettevano in fila<br />

per dare l’ultima spinta e proiettarli nello spazio lungo<br />

<strong>una</strong> strada <strong>di</strong> luce che attraversava il cielo fino alla l<strong>una</strong>.<br />

Le fate e la regina Lunetta non avevano badato a spese:


la grande sala sul monte più alto della l<strong>una</strong> era stata<br />

addobbata con fili d’argento e pietre preziose, i se<strong>di</strong>li in<br />

vetro decorato in oro brillavano nella notte. <strong>La</strong> regina<br />

Lunetta con i figli e i <strong>di</strong>gnitari <strong>di</strong> corte offrirono alla<br />

famiglia reale della terra un dolce <strong>di</strong> polvere <strong>di</strong> l<strong>una</strong> e<br />

acqua della cascata sacra.<br />

Finalmente lo spettacolo ebbe inizio: le fate e Lionella<br />

con gran<strong>di</strong> scialli colorati e leggeri come piume,<br />

danzarono in quella notte protette dalle stelle che,<br />

eccitate, sorridevano per il grande evento.<br />

<strong>La</strong> musica struggente e la danza armoniosa e leggera<br />

commossero la mamma <strong>di</strong> Lionella fino alle lacrime.<br />

“Sono molto orgogliosa <strong>di</strong> te – le <strong>di</strong>sse –Ma quando hai<br />

imparato?” “Mi ha insegnato la fata Abidance perché<br />

ballare mi piace tanto e mi sentivo spesso sola e<br />

annoiata”<br />

<strong>La</strong> regina capì i sentimenti della figlia e, <strong>una</strong> volta<br />

tornati al castello, chiamò i migliori musicisti e<br />

danzatori del regno e invitò tanti bambini perché<br />

tenessero compagnia a Lionella e Lionella non si sentì<br />

più sola.


Gioia e mamma <strong>La</strong>lla


Gioia e mamma <strong>La</strong>lla<br />

<strong>La</strong> misura dell’amore<br />

è amare senza misura.<br />

Sant’ Agostino<br />

<strong>C'era</strong> <strong>una</strong> volta <strong>una</strong> principessa, ma che <strong>di</strong>co, c'era <strong>una</strong><br />

volta <strong>una</strong> bambina, preziosa e bella come <strong>una</strong><br />

principessa con gli occhi azzurri come i fiordalisi, il<br />

nasino all'insù e con il sorriso stampato sulla faccia<br />

rotonda.<br />

Una bambina felice, insomma.<br />

Viveva in un paese sul cocuzzolo <strong>di</strong> <strong>una</strong> montagna,<br />

quasi un grande castello fatato, dove gli animali<br />

correvano in<strong>di</strong>sturbati nelle strade giocando a<br />

nascon<strong>di</strong>no, dove i bambini potevano cantare a<br />

squarciagola passeggiando tra gli alberi e gli usignoli li<br />

ascoltavano, incantati.<br />

Gioia, questo era il nome della bambina, aveva <strong>una</strong><br />

mamma <strong>di</strong>vertente e spensierata.<br />

Insieme giocavano con i piccoli scoiattoli <strong>di</strong>etro la casa<br />

e coltivavano fiori nel giar<strong>di</strong>no.


Un giar<strong>di</strong>no che brillava <strong>di</strong> giallo, <strong>di</strong> rosso, <strong>di</strong> viola, al<br />

tramonto, quando guardando il cielo, il sole sembrava<br />

tanto vicino da poterlo toccare con un <strong>di</strong>to.<br />

Gioia e mamma <strong>La</strong>lla si <strong>di</strong>vertivano con poco:<br />

contavano le stelle alla sera, mangiavano la ciambella<br />

profumata al mattino, ascoltavano la voce del vento<br />

che prometteva la pioggia o il bel tempo e si<br />

raccontavano i sogni vissuti in un mondo <strong>di</strong>verso, al <strong>di</strong><br />

la delle nuvole.<br />

Poi la mamma si ammalò e fu costretta a vivere lunghi<br />

mesi su <strong>una</strong> poltrona accanto alla finestra per poter<br />

guardare ancora i <strong>di</strong>spetti <strong>dei</strong> piccoli scoiattoli, i gran<strong>di</strong><br />

girasoli, e ascoltare la musica della pioggia. Pensò: “Che<br />

cosa posso regalare a Gioia che possa ricordare per<br />

sempre se Dio mi volesse in cielo?”<br />

E allora si mise a ricamare <strong>una</strong> coperta con tutto il loro<br />

mondo: fiori, tanti fiori e scoiattoli dalla lunghe code<br />

paffute e un sole rosso fuoco al tramonto.<br />

<strong>La</strong> coperta era un capolavoro.<br />

Gioia la guardava, al mattino, perché le metteva<br />

allegria, così colorata e immaginava che gli scoiattoli<br />

prendessero vita e iniziassero a correre verso<br />

l’orizzonte, per sparire nel rosso del sole al tramonto.<br />

Gioia si accoccolava su un piccolo sgabello accanto alla<br />

poltrona e ascoltava attenta la mamma che<br />

raccontava: “<strong>La</strong>ssù, dopo le nuvole, dopo le stelle, c'è<br />

un luogo bellissimo che si chiama para<strong>di</strong>so dove gli<br />

angeli hanno le ali <strong>di</strong> tutti i colori, coltivano i fiori, fanno


le ciambelle più buone e rendono la vita degli abitanti<br />

serena e felice. Presto andrò là, perché noi tutti prima o<br />

poi an<strong>di</strong>amo in para<strong>di</strong>so. Gli angeli mi verranno a<br />

prendere e volerò sulle loro ali attraverso lo spazio. Le<br />

stelle ci lasceranno passare segnando la strada. Da là ti<br />

guarderò ogni giorno, ogni momento e tu, alla sera,<br />

confida i tuoi pensieri e i tuoi desideri all'angelo<br />

custode e, quando ti mancheranno i miei bacini, apri il<br />

cassetto del como<strong>di</strong>no perché là saranno rinchiusi<br />

un'infinità <strong>di</strong> baci profumati e il profumo ti ricorderà la<br />

tua mamma”.


Barbadoro


Barbadoro<br />

Chi cammina nella semplicità, cammina Bene.<br />

Proverbio italiano<br />

Un principe ricco e buono viveva in un grande<br />

castello, su <strong>una</strong> collina sempre fiorita. Il suo nome era<br />

Barbadoro, perché aveva la barba del colore dell’oro<br />

che luccicava <strong>di</strong> mille pagliuzze quando il sole la<br />

illuminava.<br />

Questo principe era cieco.<br />

Un giorno decise <strong>di</strong> prendere moglie, perciò invitò nel<br />

suo castello le ragazze del paese. Molte fanciulle<br />

andarono, dopo ore <strong>di</strong> preparativi, imbellettate, con<br />

vestiti lussuosi e gioielli, ma tutte furono<br />

riaccompagnate a casa.<br />

Arrivò infine il turno <strong>di</strong> Stellina, la figlia del panettiere,<br />

si era alzata molto presto per aiutare il padre e,<br />

terminato il lavoro, aveva tolto dall’arma<strong>di</strong>o un abito<br />

appena lavato e stirato, a fiorellini lilla, dello stesso<br />

colore delle scarpe. Si era messa nei capelli <strong>una</strong><br />

campanella rampicante.<br />

Stava arrivando la carrozza per condurla al palazzo e<br />

Stella, prima <strong>di</strong> uscire <strong>di</strong> casa, si mise in tasca <strong>una</strong><br />

noce a tre punte, il suo portafort<strong>una</strong> preferito che le<br />

aveva regalato la sua madrina; in men che non si <strong>di</strong>ca<br />

si ritrovò al castello nel giar<strong>di</strong>no fiorito.<br />

“Pren<strong>di</strong>, raccogli tutti i fiori che vuoi”, <strong>di</strong>sse il principe.


“Grazie principe, ma la mia campanella mi basta e<br />

sciuperei <strong>dei</strong> fiori inutilmente. Col vostro permesso li<br />

osserverò da vicino, senza toccarli” rispose la ragazza.<br />

Così passeggiarono per un bel tratto tra rose, tulipani,<br />

lillà finché il principe <strong>di</strong>sse: “Sei molto giovane. Forse<br />

ho fatto male a non far preparare nulla per il pranzo,<br />

forse non sai cucinare”.<br />

“Oh, maestà qualcosa so fare e spero vi piacerà”.<br />

In fretta preparò e infornò <strong>una</strong> focaccia che aveva<br />

sempre preparato con suo padre: al principe piacque<br />

molto. Così Barbadoro fece avvertire il fornaio che<br />

Stellina si sarebbe fermata per alcuni giorni al<br />

castello. Nel paese si comniciò a <strong>di</strong>re che Stellina era<br />

stata scelta in moglie e molte ragazze erano invi<strong>di</strong>ose.<br />

Il giorno successivo il principe <strong>di</strong>sse alla ragazza: “sei<br />

graziosa e gentile ma potrai essere mia moglie solo se<br />

riuscirai a fare ciò che ti <strong>di</strong>co. Devi sapere che io sono<br />

<strong>di</strong>ventato cieco e solo <strong>una</strong> ragazza potrà darmi la<br />

vista. Così ha stabilità la maga Feronia che, ormai da<br />

tempo, abita sotto la torre più alta del castello”. <strong>La</strong><br />

ragazza lo guardò in viso: gli occhi erano chiusi, ma un<br />

raggio <strong>di</strong> sole illuminava la sua barba d’oro. Decise <strong>di</strong><br />

restare.<br />

Presa per mano da Barbadoro giunse davanti a <strong>una</strong><br />

porta rossa: “Eccoti la chiave, entrerai qui e ci resterai<br />

fino al tramonto del sole. Potrai guardare ogni cosa<br />

ma non toccare nulla, altrimenti ti ritroverai fuori dal<br />

castello”. <strong>La</strong> scala era addobbata per un pranzo <strong>di</strong><br />

gala: su <strong>una</strong> tavola lunghissima coperta con <strong>una</strong><br />

tovaglia ricamata, in piatti d’oro c’erano ravioli, pasta,


isotti, arrosti, prosciutto e ceste ricolme <strong>di</strong> banane,<br />

uva, pere, ciliegie, fragole. Nella parte finale del<br />

tavolo i dolci: pasticcini, torte, cioccolatini, caramelle,<br />

brioche <strong>di</strong> ogni tipo. C’era un unico posto<br />

apparecchiato e <strong>una</strong> voce <strong>di</strong>sse: “Puoi sederti al tuo<br />

posto e il pranzo ti verrà servito”. Si sedette e i piatti,<br />

da soli, uno per volta passavano sotto il naso <strong>di</strong><br />

Stellina che si ricordò della raccomandazione e passò<br />

il tempo a contare le gocce <strong>di</strong> cristallo del lampadario<br />

e a giocare con la noce a tre punte.<br />

Ad un certo punto le luci si spensero e si riaprì la<br />

porta rossa: la ragazza uscì mentre il sole si<br />

nascondeva <strong>di</strong>etro le montagne.<br />

Il giorno dopo il principe la condusse davanti a <strong>una</strong><br />

porta d’argento: “Entra e dovrai trovare da sola,<br />

prima del tramonto, la strada per uscire”. Stellina si<br />

trovò in un labirinto <strong>di</strong> specchi: ciascuno rifletteva la<br />

sua immagine in modo <strong>di</strong>verso. In uno si vedeva<br />

altissima, in un altro magrissima, e poi grassa e poi<br />

con la testa in giù. Ogni porta, ogni specchio poteva<br />

essere quella giusta, ma era molto <strong>di</strong>fficile trovarla. E<br />

già sentiva le campane suonare la fine del pomeriggio<br />

e aveva perso la speranza, così si sedette per terra. <strong>La</strong><br />

noce le uscì <strong>di</strong> tasca. Stellina raccogliendola si<br />

appoggiò a <strong>una</strong> parete che si aprì, così<br />

imme<strong>di</strong>atamente fu nel corridoio dove Barbadoro la<br />

aspettava.<br />

<strong>La</strong> terza mattina la ragazza fu accompagnata davanti a<br />

<strong>una</strong> enorme porta blu: “Entra e ti aspetterò tutto il<br />

tempo necessario perché tu esca”.


Stellina si trovò in <strong>una</strong> foresta fitta e senza sole con<br />

fiori rossi e neri. Improvvisamente arrivò un leone che<br />

ruggiva con le fauci spalancate. Tremante <strong>di</strong> paura la<br />

ragazza si mise a correre ma ogni volta che credeva <strong>di</strong><br />

essersi messa in salvo la bestia ricompariva e Stellina<br />

non sapeva più dove ripararsi. Mentre cercava <strong>di</strong><br />

fuggire sentì che il terreno le mancava sotto i pie<strong>di</strong>,<br />

cadde e si ritrovò stesa per terra in <strong>una</strong> stanza. <strong>La</strong><br />

testa le doleva ma si alzò e vide che si trovava in <strong>una</strong><br />

strana casa piccola: tutto era in or<strong>di</strong>ne ma non c’era<br />

nessuno. Aveva molta fame ma assaggiò solo un<br />

bocconcino <strong>di</strong> pane e si mise vicino al camino tiepido<br />

per riposarsi.<br />

Subito dopo arrivò il padrone <strong>di</strong> casa: uno gnomo con<br />

lunghe scarpe ver<strong>di</strong> dalla punta all’insù che, quando si<br />

muoveva, faceva suonare <strong>dei</strong> campanelli che si<br />

trovavano proprio sulle scarpe.<br />

“Oh, bene, ti aspettavo, così mi aiuterai. Ogni giorno<br />

dovrai <strong>di</strong>videre le pietre utili e preziose, dalle altre. Io<br />

lavoro in <strong>una</strong> miniera”. Stellina si mise subito al lavoro<br />

e lo gnomo ogni giorno <strong>di</strong>ceva “Fammi vedere” ma<br />

sempre doveva buttare pietre che Stellina aveva<br />

creduto preziose. <strong>La</strong> ragazza lavorava tutta la notte e<br />

gli occhi le dolevano. Infine <strong>una</strong> volta, nel mucchio<br />

delle pietre, ne trovò <strong>una</strong> grossa, limpida, verde e si<br />

ricordò <strong>di</strong> Barbadoro: quella pietra era proprio come<br />

quella che aveva visto sulla impugnatura della sua<br />

spada. Così il giorno dopo si mise a cercare la botola<br />

da cui era caduta in quello stesso posto e la trovò<br />

nell’angolo più nascosto e lontano della casa.


Si ravviò i capelli, si mise in tasca la sua noce<br />

portafort<strong>una</strong> e, spinta la botola, si ritrovò nella<br />

foresta.<br />

Subito vide il leone con la bocca spalancata, Stellina si<br />

avvicinò un poco timorosa e lo accarezzò, ma il leone<br />

ancora aveva le fauci spalancate, come se avesse<br />

qualcosa che gli desse fasti<strong>di</strong>o. <strong>La</strong> ragazza guardò<br />

nella bocca del leone: aveva <strong>una</strong> spina grossissima<br />

conficcata nella lingua: gliela tolse e il leone liberato<br />

<strong>di</strong>sse: “Sali sulla mia groppa e attaccati alla criniera, ti<br />

porterò fuori dal bosco”.<br />

Stellina si ritrovò fuori dalla porta blu da cui era<br />

entrata; quando il principe sentì la sua voce, subito i<br />

suoi occhi si riaprirono e la vide bella come se l’era<br />

immaginata. Furono fatti i preparativi per le nozze e<br />

vissero felici e contenti.<br />

<strong>di</strong> Annamaria


IL BOSCO PROIBITO<br />

Questa storia si svolge ai giorni nostri in un grande<br />

paese ai pie<strong>di</strong> della montagna.<br />

Non ci sono folletti, come non ci sono fate ne orchi<br />

cattivi ma c'è ugualmente il bene e il male.<br />

Scrivo questa storia proprio perché mi auguro che i<br />

bambini <strong>di</strong> oggi, futuri adulti domani, riparino ai danni<br />

che gli adulti <strong>di</strong> oggi hanno provocato a questo mondo;<br />

sì gli adulti <strong>di</strong> oggi che, vecchi domani, non avranno<br />

nulla da raccontare.<br />

Era un grigio pomeriggio <strong>di</strong> primavera, cadeva <strong>una</strong><br />

pioggerella fine ma insistente.<br />

Il paese sembrava un acquarello sui toni del grigio e la<br />

montagna appariva meno imperiosa sotto quelle<br />

piccole nuvole basse.<br />

Luca e Ambrogio si annoiavano a morte. I due amici<br />

non sapevano come passare il tempo: avevano giocato<br />

ai video-games, si erano malmenati per un <strong>di</strong>verbio<br />

nato su un gioco <strong>di</strong> società <strong>di</strong> cui non capivano bene le<br />

regole, avevano guardato i cartoni animati; insomma<br />

avevano fatto le cose <strong>di</strong> tutti i giorni che ormai non<br />

<strong>di</strong>vertivano più.<br />

-Finirà pure questa pioggia -sospirò Luca lamentoso.


-Domani pomeriggio an<strong>di</strong>amo da Priamo! Sentendo le<br />

sue storie il tempo passa veloce. Sai, Luca, che quando<br />

ascolto qualche cosa che mi piace riesco anche a<br />

sognarmela? Passo delle notti fantastiche! - <strong>di</strong>sse<br />

Ambrogio con aria sognante.<br />

Priamo lavorava come ciabattino ed era il più vecchio e<br />

saggio abitante del paese. Viveva ancora nella semplice<br />

casa dove era nato; sapeva le vicende <strong>di</strong> tutti ed era<br />

testimone <strong>di</strong> ogni fatto avvenuto da tanti e tanti anni<br />

ad<strong>di</strong>etro.<br />

Tutti i bambini andavano volentieri da Priamo. Lui li<br />

accoglieva con un sorriso e biscotti cal<strong>di</strong> e fragranti; li<br />

rad<strong>una</strong>va attorno a sè raccontando storie che avevano<br />

come protagonisti le stesse persone che vedevano ogni<br />

giorno: lo scontroso mugnaio, la brontolona perpetua,<br />

la bella maestrina. A volte preferiva fiabe <strong>di</strong> fantasia,<br />

viaggi fantastici, avventure spericolate.<br />

Quando non andavano dall’amico ciabattino, i bambini<br />

si ritrovavano al limitare del bosco. Quello era un bosco<br />

molto strano perchè era delimitato da rovi spinosi e in<br />

alto le fronde degli alberi erano così intrecciate da non<br />

far passare nemmeno un raggio <strong>di</strong> sole.<br />

Cosa ci fosse oltre quella barriera nessuno lo sapeva o<br />

forse lo avevano <strong>di</strong>menticato.<br />

Un giorno mentre giocavano a palla al loro solito posto,<br />

Luca, Ambrogio, Stefano e Andrea notarono uno strano<br />

movimento ai pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> un albero, proprio quasi sotto i<br />

rovi pungenti.


Lentamente si avvicinarono, forse più timorosi che<br />

incuriositi, e non poca fu la loro sorpresa quando videro<br />

un piccolo animale che con grande fatica cercava <strong>di</strong><br />

arrampicarsi sui rami.<br />

-Guardate ha <strong>una</strong> zampetta rotta - <strong>di</strong>sse Andrea<br />

-Non ce la farà mai ad arrampicarsi fin sui rami.<br />

Portiamolo a casa, lo cureremo! -<br />

-Sei matto! -protestò Luca -potrebbe morderci o<br />

graffiarci, cosa ne sappiamo noi -<br />

-Sembra uno scoiattolo; ne ho visto uno su un libro,<br />

<strong>una</strong> volta - <strong>di</strong>sse dottamente Ambrogio sperando <strong>di</strong><br />

non fare brutta figura.<br />

-Chiamiamo le femmine. Se loro non hanno paura vuol<br />

<strong>di</strong>re che non c'è molto da temere e allora possiamo<br />

prenderlo -suggerì Stefano, accorgendosi troppo tar<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> aver fatto la parte del coniglio.<br />

Simona, <strong>La</strong>ura, Anna e Carlotta accorsero subito<br />

lasciando il salto alla corda molto incuriosite da<br />

quell’imprevisto e pronte a rischiare un morso pur <strong>di</strong><br />

aiutare la povera bestiola. Certo non potevano contare<br />

su <strong>dei</strong> maschi così “coraggiosi”.<br />

-Priamo aiutaci -<strong>di</strong>sse Carlotta porgendo al ciabattino la<br />

scatola dove aveva riposto lo scoiattolo -abbiamo<br />

trovato questo animale al limitare del bosco, è ferito e<br />

non sappiamo come curarlo -<br />

-Fate vedere. Sì, è proprio uno scoiattolo ed ha <strong>una</strong><br />

zampina rotta. Ora prendo della garza e un pezzo <strong>di</strong>


legno così potrò steccargliela e in pochi giorni guarirà.<br />

Non temete potrà ancora correre e saltare nel bosco.<br />

Guardate e imparate come si fa -<br />

-Come mi piacerebbe essere uno scoiattolo -<strong>di</strong>sse<br />

Andrea -potrei anch’io vedere come è fatto il nostro<br />

bosco-<br />

-Ogni volta che ne parlo alla mamma mi <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> non<br />

interessarmene così io <strong>di</strong>vento ancora più curiosa. Dillo<br />

tu, Priamo, perchè il nostro bosco è così chiuso e<br />

nessuno può entrare? - chiese Simona<br />

-Io so -rispose Anna - che alcuni boscaioli armati <strong>di</strong><br />

accette hanno tentato <strong>di</strong> aprirsi un sentiero ma la<br />

vegetazione ricresceva così in fretta che ogni volta che<br />

si formava un passaggio, questo si richiudeva in pochi<br />

attimi -<br />

-Seduti bambini! - intervenne Priamo - è giunto ormai il<br />

momento per voi <strong>di</strong> sapere la verità, anche se i vostri<br />

genitori non approveranno; sento in fondo al cuore <strong>di</strong><br />

far bene a raccontarvi ciò che è avvenuto. Tanti anni fa<br />

questo paese era circondato da boschi bellissimi pieni<br />

<strong>di</strong> funghi, fiori, fragole, lamponi, pini secolari e,<br />

naturalmente, uccelli, scoiattoli, lepri e caprioli.<br />

Poi gli abitanti cominciarono a soffrire questo <strong>di</strong>stacco<br />

dalla città e sacrificarono un pezzo <strong>di</strong> bosco per la<br />

costruzione <strong>di</strong> <strong>una</strong> strada che collegasse il nostro paese<br />

ad altre località più gra<strong>di</strong>, più ricche.<br />

Vennero così i primi turisti e gli abitanti decisero <strong>di</strong><br />

costruire case <strong>di</strong> villeggiatura e un albergo.


Sacrificarono così un altro pezzo <strong>di</strong> bosco senza<br />

rendersi conto che quello che stavano facendo avrebbe<br />

reso sì molti sol<strong>di</strong> ma <strong>di</strong>strutto la natura.<br />

E così fu. I turisti arrivarono, raccolsero i funghi con le<br />

ra<strong>di</strong>ci, i fiori, i frutti; tagliarono gli alberi per inserire<br />

panche, giochi e gli animali furono costretti a ritirarsi<br />

sempre più a monte.<br />

Il bosco era <strong>di</strong>ventato invivibile, la terra ormai non<br />

rendeva più nulla e lo scempio sembrava non avere<br />

fine. Fino a che un giorno un fruscio assordante ruppe il<br />

silenzio e segnò per sempre la storia <strong>di</strong> questo luogo.<br />

In poche ore gli alberi, i cespugli e l'erba crebbero e si<br />

allacciarono gli uni agli altri fino a formare <strong>una</strong> muro<br />

invalicabile.<br />

E' stata la giusta punizione per chi troppo ha voluto<br />

senza valutare le conseguenze. <strong>La</strong> natura si è <strong>di</strong>fesa con<br />

tutta la sua rabbia e l’uomo nulla ha più potuto fare -.<br />

-E' <strong>una</strong> storia, vero, Priamo? -chiesero i bambini<br />

-No, bambini state crescendo, sta finendo il tempo<br />

delle fiabe. Questa è la realtà -<br />

-Ma come potremo riavere il nostro bosco? -chiese<br />

Anna.<br />

-Non lo so ma ho fiducia in voi, ragazzi, e sono sicuro<br />

che troverete il modo giusto -.<br />

Come erano tristi ora i bambini. Perchè i genitori<br />

avevano <strong>di</strong>strutto tutte quelle belle cose, perché?


-Ragazzi, ve<strong>di</strong>amoci domani al solito posto. Dobbiamo<br />

fare qualcosa, è tempo <strong>di</strong> agire e agiremo. Perbacco se<br />

agiremo! -sbottò Ambrogio con negli occhi la<br />

determinazione ma anche l’incertezza <strong>di</strong> chi non sa<br />

bene che cosa fare.<br />

L'indomani, come deciso, si ritrovarono al limitare del<br />

bosco e cominciarono a stendere un piano d'azione.<br />

Ambrogio fu nominato coor<strong>di</strong>natore-capo e aprì la<br />

seduta<br />

-Amici dobbiamo salvare il nostro paese dallo sfacelo.<br />

Per prima cosa ognuno <strong>di</strong> noi curerà il giar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> casa.<br />

Non dovranno esserci erbacce, foglie secche, alberi<br />

morti, sporcizia in genere. Dovrà essere falciata l’erba,<br />

potati gli alberi, ri<strong>di</strong>pinti gli steccati. Inoltre ho avuto<br />

u’idea: vicino alla piazza c'è quel pezzo <strong>di</strong> prato incolto,<br />

chiederemo al sindaco <strong>di</strong> affidarlo a noi e per il nostro<br />

compleanno <strong>di</strong>remo ai nostri genitori <strong>di</strong> regalarci un<br />

albero da piantare. Creeremo così un giar<strong>di</strong>no e ogni<br />

albero sarà il “nostro” albero e ne dovremo avere cura.<br />

Gambe in spalla, olio <strong>di</strong> gomito e si comincino i lavori! -<br />

Sulle prime i genitori si meravigliarono <strong>di</strong> questo<br />

trambusto, ma poi non si interessarono più alla cosa, i<br />

bambini in questo modo erano occupati e quin<strong>di</strong> non<br />

<strong>di</strong>sturbavano.<br />

Poi cominciarono a vedere i loro giar<strong>di</strong>ni ben curati, i<br />

loro alberi da frutta ver<strong>di</strong> e pieni <strong>di</strong> fiori. Cominciarono<br />

a risentire i profumi e perdersi nei colori <strong>di</strong> <strong>una</strong> volta, a<br />

ritrovare tutte quelle cose perdute negli anni.


Aiutarono i loro figli a piantare gli alberi del<br />

compleanno, anche barando sulle date, ad avere più<br />

cura della loro casa e delle strade. Com'era cambiato<br />

ora il paese, com'era bello!<br />

Anche lo scoiattolo ormai era guarito ed era <strong>di</strong>ventato<br />

la mascotte <strong>di</strong> quella grande impresa. Ogni bambino lo<br />

teneva qualche giorno e lo portava a spasso.<br />

Aveva qualche cosa negli occhi, quella creatura,<br />

sembrava guardasse o notasse tutto. No, era solo<br />

un'impressione, sia i gran<strong>di</strong> che i bambini cercavano<br />

forse un cenno <strong>di</strong> approvazione, ma non era certo uno<br />

scoiattolo che lo poteva dare.<br />

E venne il giorno storico dell'apertura <strong>dei</strong> giar<strong>di</strong>ni della<br />

piazza.<br />

Tutti erano elegantissimi nei loro vestiti della festa e<br />

l'allegria regnava ovunque.<br />

Priamo, con lo scoiattolo in mano, raggiunse il limitare<br />

del bosco, aiutò l'animale a salire su un ramo e gli <strong>di</strong>sse<br />

- Vai, e informa il tuo mondo che c'è ancora speranza,<br />

che ci sono i bambini ora -<br />

Lo scoiattolo guardò Priamo e subito si inoltrò tra il<br />

fogliame.<br />

Il ciabattino si <strong>di</strong>resse in piazza per unirsi alla piccola<br />

folla festante ed ebbe inizio la cerimonia.<br />

Il sindaco volle fare <strong>una</strong> sorpresa ai bambini che<br />

avevano lavorato così tanto, scoprì <strong>una</strong> targa e lesse:


QUESTO GIARDINO E' DEDICATO AI<br />

BAMBINI CHE LO HANNO CREATO E A TUTTI<br />

QUELLI CHE NASCERANNO. QUANDO UN<br />

ADULTO PASSA DA QUESTO LUOGO,<br />

RITORNI UN PO' BAMBINO E IL MONDO<br />

NON MORIRA!<br />

Alla fine della lettura si sentì un frastuono assordante e,<br />

tra la folla ammutolita, il bosco si aprì a questa nuova<br />

speranza.<br />

<strong>di</strong> Manù


C’ERA UNA VOLTA…<br />

la <strong>fiaba</strong> <strong>dei</strong> <strong>nonni</strong><br />

E<strong>di</strong>trice Arte Grafica 2B<br />

Via Priv. Dei Cybo, 3<br />

20127 Milano<br />

info@artegrafica2b.it<br />

www.artegrafica2b.it

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