a m b a s c i a t o r i d e l g u s t oLeggerezza, profondità e fluiditàNell’ultimo periodo la mente di Massimiliano si è concentratasu tre concetti concentrici: leggerezza, profondità e fluidità.Non per gioia onanistica, ma per capire come si comportanoil commensale e il cuoco nell’interazione con la materia. Iniziadunque la sua indagine nell’universo dei cinque sensi, ma senzaestremizzare, senza rendere astratta la semplicità del buon cibo.Questa è dunque l’amata sinestesia, la figura retorica che rendepoesia l’orgia dei sensi. E proprio investigando in tale ambito,<strong>Alajmo</strong> è arrivato alla conclusione che l’olfatto vince su tutto,perché è il senso più rapido e quello che influenza maggiormentela sfera emozionale dell’essere vivente. È il senso più antico, sianegli animali che nell’uomo. Non passando dalla parte razionaleinfatti i profumi transitano nella sede della memoria, in quelvissuto che spalanca nuovi-vecchi mondi e ricordi dell’infanzia.Ora ecco la definizione alajmiana della leggerezza: «Il profumoBenvenuti dello chef: Baccalà mantecato con mais-pan e aneto, Crema di marroni con dei biscotti di marroni,Piopparelli fritti con una crema all’uovo ed estragoneMassimiliano <strong>Alajmo</strong>, nella suafilosofia concettuale dei treelementi (leggerezza, profondità,fluidità), giunge a delle sensazionilattiche ma senza latticini, perchéessi, a contatto con i profumi e le essenze,vanno a chiudere e imprigionarequella profondità che è necessaria algusto per manifestarsi e liberarsi al palato.Nei suoi “collaudi gastronomici”ha quindi provato a mettere l’essenzadi anice stellato nell’olio extravergined’oliva: il profumo è sembrato leggero,quasi sfuggente, ma sempre tendenteSensazioni lattichead andare verso l’infinito. Nel burro inveceavviene il contrario: forte il legameiniziale, il profumo esce potente mapoi viene inglobato e inghiottito nellaforza lattea del burro; la sensazionequindi si fissa e si arresta. In entrambii casi ci sono aspetti affascinanti: perchénon prendere i punti privilegiati ditutti e due i grassi? Ecco quindi la terzavariante, creata ad hoc dalla genialitàdi <strong>Alajmo</strong>: utilizzare l’olio estratto dallafrutta secca, l’olio extravergine o addiritturalavorare senza grassi con leproteine naturali degli ingredienti (al-bumine in primis), per cercare di ricostruirequesta sensazione lattica, senzala chiusura finale tipica del latticino. Il“latte” di sogliola è solo un esempiodelle decine di variazioni. Così comenel Rinascimento che creavano il “fintoburro” con il latte di mandorle coloritoda tratti di zafferano… Questa non èuna presa di posizione nei confronti dellatticino, anzi a volte può e deve essereproprio lui il protagonista del piatto. Èforse questo l’ennesimo gioco ironicodi Massimiliano, quello di ottenere unrisultato in modo laterale?10 <strong>Italia</strong>SQUISITA N°13 • febbraio 2012