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Guarda l'intero numero di OLTRE (12,8 MB) - Comunità Piergiorgio

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20<strong>12</strong> anno 9- n.1 Poste italiane s.p.a Spe<strong>di</strong>zione in Abb. Postale D.L. 353/2003 (conv.L.27/02/2004 n° 46) Art.1, comma 2, DCB UDINE SemestraleBenvenuta Ra<strong>di</strong>o DisPari!La Comunità <strong>Piergiorgio</strong>festeggia la nascita <strong>di</strong> un nuovo mezzo <strong>di</strong> comunicazioneComunità <strong>Piergiorgio</strong> - ONLUSPiazza Libia 1 - 33100 U<strong>di</strong>neIn caso <strong>di</strong> mancato recapito restituire al mittente che si impegna a pagare la tassa dovuta presso l’Ufficio CPO - Viale Europa Unita 8 33100 U<strong>di</strong>ne


Il SOMMARIOLE PAROLE DEL PRESIDENTEPag. 4Pag. 5Pag. 6Pag. 8Pag. 9Pag. 10Pag. 11Pag. <strong>12</strong>Pag. 14Pag. 16Pag. 18Pag. 19Pag. 21Pag. 22Pag. 24Pag. 26Pag. 28Pag. 30Pag. 32Pag. 34Pag. 35Pag. 36Pag. 40Pag. 42Pag. 47Direttore: Sandro Dal MolinDirettore Responsabile: Carolina LaperchiaVice <strong>di</strong>rettore: Barbara PorcellaSegretario: Enrico PinCinema e Diversità, Cesare deve morireLa Redazione rispondeTutte le novità sugli ausili dal mondoCome rendere il bagno accessibileSicurezza su strada, ecco cosa non fareMangiare in sicurezza con il siliconeIl Kosovo alla Comunità <strong>Piergiorgio</strong>L’Uomo Bionico non è più fantascienzaUna vita contro le <strong>di</strong>pendenzeELT, il più grande telescopio al mondoIl Telescopio, da Galileo ai giorni nostriUno scatto <strong>OLTRE</strong>, i vincitoriIl Prof. Boncinelli racconta DarwinANDI, una Onlus per <strong>di</strong>magrireStrage <strong>di</strong> Capaci, la memoriaA tu per tu con lo scrittore friulano PatuiEcres Creid, un software per il <strong>di</strong>abeteRitorno al passato, i giochi dell’infanziaReportage <strong>di</strong> viaggio, “La mia Africa”Benvenuta Ra<strong>di</strong>o Dis-Pari!Trovato il sangue <strong>di</strong> Ötzi, il più anticoReportage dal CERN <strong>di</strong> GinevraSpazio libri, le nostre recensioniI Ragazzi della Comunità su <strong>OLTRE</strong>Per chi non ci conosceRedattori: Paolo Cernettig, Arrigo De Biasio, Maurizio Scolari, RitaPugnaleHanno collaborato: Bianca Almacolle, Massimo Buratti, Luca Capitoli,Nicola Mantineo, Barbara Mattiel, Daniele Tomat, MaurizioTrevisan.Foto <strong>di</strong> copertina: Carlotta NucciFoto <strong>di</strong> Paolo Patui <strong>di</strong>: Igino DurisottiStampaArti Grafiche Friulane, Imoco s.p.a. (UD)Gentili lettori <strong>di</strong> Oltre,come <strong>di</strong> consueto mi ritrovo a scrivere con grande gioiasu un nuovo <strong>numero</strong> del giornale della nostra Comunitàche anche in questo mese <strong>di</strong> giugno si ritrova a faredoverosi bilanci e importanti riflessioni. L’anno“scolastico” sta ormai volgendo al termine ma per lanostra Onlus, che si occupa <strong>di</strong> <strong>di</strong>sabilità da più <strong>di</strong>trent’anni, una nuova fase storica è in realtà appenacominciata. A segnarne l’inizio, in un momento globalea <strong>di</strong>re il vero faticoso e <strong>di</strong>fficile per tutti, sono stateinfatti le recenti elezioni finalizzate al rinnovo dellecariche per il triennio 20<strong>12</strong>—2014; elezioni che mihanno confermato ancora una volta come Presidentedella Comunità <strong>Piergiorgio</strong> e che hanno invece portatoAldo Galante, cui faccio sin d’ora i miei migliori auguri,alla vicepresidenza. Auguro anche a Na<strong>di</strong>a Bertolutti,Paolo Cernettig, Katia Mignogna, FrancescoRuiu e Shpetim Shahini buon lavoro in qualità <strong>di</strong> nuovimembri del Consiglio <strong>di</strong> Amministrazione. Ringrazioinvece Graziano Chittaro, Igino Piutti e Don FrancoSaccavini per il lavoro svolto. Rivolgo gli stessi augurianche a coloro i quali fanno parte del Collegio deiRevisori dei Conti, Mauro Roberto, Maria Rosa Pividorie Antonio Toller mentre saluto Sergio Tamburlini,membro uscente. Buon lavoro anche a Renato Cantoni,Massimiliano Sinacori e Valter Toffoli come membridel Collegio dei Probiviri. Sono davvero felice <strong>di</strong> poterfare gli stessi auguri <strong>di</strong> buon inizio e soprattutto <strong>di</strong>buon lavoro anche a un grande e importante progettoche proprio l’8 marzo <strong>di</strong> quest’anno ha preso ufficialmentevita all’interno <strong>di</strong> questa Comunità e che si aggiungefelicemente al nostro prezioso strumento e<strong>di</strong>torialeOltre. Sto parlando <strong>di</strong> Ra<strong>di</strong>o Dispari, l’emittentera<strong>di</strong>ofonica che abbiamo voluto affinché i ragazzi <strong>di</strong>sabilidella nostra Comunità, ma anche chi si occupa <strong>di</strong>sociale e <strong>di</strong> problemi <strong>di</strong> stringente attualità, potesserousufruire <strong>di</strong> uno spazio innovativo e all’avanguar<strong>di</strong>aove poter lavorare e ove potersi esprimere. Prima <strong>di</strong>lasciarvi alla lettura delle 48 ricche pagine <strong>di</strong> Oltre, edopo avervi invitato a visitare il sitowww.ra<strong>di</strong>o<strong>di</strong>spari.org, auguro anche a voi tutti, checi sostenete sempre con grande forza e affetto,un’estate meravigliosa e capace <strong>di</strong> rigenerarvi in vista<strong>di</strong> un nuovo anno lavorativo che spero possa essereall’altezza delle vostre aspettative.V. IV Novembre 72 - 33010 TavagnaccoAutorizzazione del tribunale <strong>di</strong> U<strong>di</strong>nen.17/04 del 11/05/04“Oltre” viene inviato gratuitamente. Chiunque non desiderasse piùriceverlo può comunicarlo all’Ufficio H della Comunità <strong>Piergiorgio</strong>O.N.L.U.S, P.zza Libia 1 - 33100 U<strong>di</strong>ne. Tel 0432/403431; Fax0432/541676; Mail: ufficioh@piergiorgio.org.; oltre@piergiorgio.org.I dati personali dei destinatari della presente rivista sono trattati nelrispetto della D.Lgs. 196 del 2003.2


L’EDITORIALE<strong>di</strong> Carolina LaperchiaQuando ascolti storie come quella che ho potuto sentirepoco tempo fa, allora capisci <strong>di</strong> non essere veramentenessuno; all’improvviso ti accorgi <strong>di</strong> quanto seistato sciocco, ai tempi dell’Università, a imprecare controle lezioni alle otto del mattino, tu che in Facoltà cipotevi comunque arrivare da solo, con le tue gambe; tisenti inopportuno per esserti lamentato dell’emicraniainvalidante <strong>di</strong> lunedì, tu che con un pò <strong>di</strong> novalgina haipotuto comunque risolvere prontamente il problema; eti senti totalmente fuori luogo per avere inveito controchi ti ha fatto perdere tempo in fila alle casse, propriotu che la tua voce per esprimere la rabbia l’hai almenopotuta utilizzare. Non come Lorenzo, Lorenzo Botter,venuto a mancare l’anno scorso a un passodall’agognato traguardo; una Laurea in Scienze dei Beniculturali che pur tuttavia l’Università <strong>di</strong> Trieste gliha comunque consegnato ad honorem proprio nel mese<strong>di</strong> febbraio davanti a chi, per anni, si è sostituito allesue corde vocali affinché Lorenzo potesse sostenere gliesami all’Università e si è trasformato nelle sue propagginiperché potesse prendere appunti ed elaborarele tesine previste dal suo piano <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>. Ma per capiredavvero quello che sto scrivendo occorre fare un piccolopasso in<strong>di</strong>etro e ritornare innanzitutto al 1960, l’annoin cui Lorenzo, originario <strong>di</strong> Ceggia, in provincia <strong>di</strong> Venezia,viene al mondo con una gravissima <strong>di</strong>sabilità chetuttavia egli stesso, sin da piccolo, è in grado <strong>di</strong> smorzaregrazie a un'indole gioiosa e a un temperamento chesi preannuncia subito combattivo. «La sua è stata unastoria strana sin dall'inizio; venuto al mondo con unittero neonatale non trattato, Lorenzo aveva una tetraplegia<strong>di</strong>scinetica e una <strong>di</strong>sartria importante – mi spiegala sorella Lorenza che si è battuta fino alla fine perchéal fratello fosse riconosciuto il tanto desiderato titolo<strong>di</strong> “dottore” – Aveva una paralisi agli arti superiori einferiori, nessun controllo del capo e del tronco; movimentiinvolontari, mancava <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nazione motoria enon riusciva a parlare, se non a vocalizzare; negli ultimianni, oltretutto, erano insorti anche problemi allavista che però cercava <strong>di</strong> alleggerire con gli occhiali.Nonostante ciò era una persona estremamente intelligente».Lorenzo è nato in un'epoca “<strong>di</strong>fficile”, in unmomento storico in cui della <strong>di</strong>sabilità si sapevaancora molto poco. Tu come ricor<strong>di</strong> quegli anni?I primi tempi sono stati devastanti perché tutti sirendevano conto che questo bambino non era “normale”ma allo stesso tempo era così sveglio, così aperto versogli altri e aveva una mimica facciale talmente forte dasmorzare leggermente la gravità del suo stesso quadroclinico che poi però si è mostrato effettivamente molto<strong>di</strong>fficile. Lorenzo non è mai stato istituzionalizzato ericordo che in quegli anni i miei genitori lo portavano afare terapia almeno un paio <strong>di</strong> volte per settimana.Gli aspetti della vita <strong>di</strong> Lorenzo che colpisconosono tanti eppure due, in particolar modo, lascianoancor più senza parole. Il conseguimentodella Laurea e il fatto <strong>di</strong> essere riuscito a portareavanti silenziosamente, negli anni, un percorso<strong>di</strong> autoappren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> cui voi stessi avete presocoscienza solo più tar<strong>di</strong>...In realtà tutti noi abbiamo sempre saputo, fin daquando era bambino, che capiva ogni cosa alla perfezione;ce ne eravamo già resi conto le volte in cui andavamoin giro in macchina e ad un certo punto, tramitevocalizzi e mimica facciale, ci faceva magari capire cheavevamo sbagliato strada perché era già in grado <strong>di</strong>leggere i cartelli. E questo ce l'ha confermato quandopoi ha iniziato anche a scrivere. Nonostante ciò, a <strong>di</strong>ciottoanni, dopo una <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> insufficienza mentale,è stato interdetto e siamo riusciti a far ritirare questoassurdo verdetto soltanto a 30 anni, dopo aver <strong>di</strong>mostratoche aveva frequentato la scuola regolarmente.Prima le me<strong>di</strong>e, poi il liceo e infine l’Università.Che tipo <strong>di</strong> influenza ha avuto lo stu<strong>di</strong>o su Lorenzo?Positiva senza ombra <strong>di</strong> dubbio, tanto che gli ha permesso<strong>di</strong> migliorare nettamente dal punto <strong>di</strong> vista motorio.Ricordo per esempio che a causa della sua malattiaera rigi<strong>di</strong>ssimo ma fare matematica, e soprattutto leequazioni, lo aiutava a rilassarsi. Stu<strong>di</strong>are lo mettevanella con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> gestire meglio il proprio autocontrollo,<strong>di</strong> programmare le giornate e <strong>di</strong> dare un senso aciò che stava facendo.Qualche mese fa, in febbraio, a Lorenzo è statainfine consegnata la Laurea ad honorem. Comericor<strong>di</strong> quei momenti per cui tanto ti sei battuta?È stata una giornata importante per tutta la miafamiglia. Oltre che un tributo all'impegno <strong>di</strong> mio fratelloe alla sua voglia <strong>di</strong> arrivare a questo traguardo, cheper lui era une meta primaria, per me in particolar modoquel giorno gli è stata resa finalmente giustizia.Che cosa può insegnare, secondo te, la storia<strong>di</strong> Lorenzo a tutti noi?Credo che la sua “lezione”, il suo messaggio, sia insitoproprio nel carattere che lo ha sempre supportato,fatto <strong>di</strong> coerenza, onestà intellettuale, voglia <strong>di</strong> combatteree <strong>di</strong> vivere la vita al massimo, al <strong>di</strong> là dei limiti chela patologia stessa gli imponeva. Lorenzo fisicamentenon poteva fare nulla eppure, paradossalmente, potevafare tutto, poteva davvero muovere il mondo.3


C I N E M A E DIVERSITÀBianca AlmacolleCESARE DEVE MORIREquando il carcere sa riabilitareCarcere romano <strong>di</strong> Rebibbia,sezione <strong>di</strong> massima sicurezza.I detenuti, guidati dalregista Fabio Cavalli, mettonoin scena uno spettacoloteatrale sorprendentementeemozionante.Il film intreccia infatti, attraverso l’uso del bianco edel nero, la recitazione del Giulio Cesare con la veraidentità degli attori dei quali gli spettatori iniziano aconoscere il lato umano in particolare quando, durantei provini per l’assegnazione dei ruoli, viene richiesto aognuno <strong>di</strong> essi <strong>di</strong> presentarsi nel proprio <strong>di</strong>aletto, conun tono <strong>di</strong>sperato prima e in modo arrabbiato poi.Tra gli spettatori ci sonoanche i cineasti Paolo e VittorioTaviani che, colpiti dallasincerità degli attori e dalla particolarità del contesto,decidono <strong>di</strong> documentare questo progetto per far conoscereal pubblico l’esperienza dei detenuti del carcere.Nasce così il film-documentario Cesare deve morire,vincitore del Premio Orso d’Oro <strong>di</strong> Berlino 20<strong>12</strong> cheracconta la preparazione dello spettacolo del Giulio Cesare<strong>di</strong> Shakespeare e che vede coinvolti tre<strong>di</strong>ci detenutidel carcere.La trage<strong>di</strong>a shakespeariana racconta l’intrico <strong>di</strong> congiure,tra<strong>di</strong>menti, corruzione e potere all’interno delquale si collocò l’uccisione dell’imperatore Giulio Cesare.Le battute dello spettacolo risultano quin<strong>di</strong> drammaticamentesincere perché recitate da attori condannatiper reati come “associazione mafiosa”, “spaccio <strong>di</strong>sostanze stupefacenti” e “omici<strong>di</strong>o”.Di ogni attore appare sullo schermo anche il reatoper cui è stato condannato e la durata della pena dascontare che, per alcuni <strong>di</strong> loro, non avrà mai fine. Larealizzazione <strong>di</strong> questo film è stata un’esperienza unicaper i detenuti tanto è vero che uno <strong>di</strong> loro, SalvatoreStriano, che interpreta magistralmente il ruolo <strong>di</strong> Bruto,uscito dal carcere ha deciso <strong>di</strong> de<strong>di</strong>carsi professionalmentealla recitazione.Cesare deve morire è un film che lascia il segno, chegetta un fascio <strong>di</strong> luce sulla con<strong>di</strong>zione dei detenuti nellecarceri e che ci stimola a realizzare che, se anche ègiusto che chi ha sbagliato nei confronti della societàpaghi il suo debito con la giustizia, progetti come quelloteatrale del carcere <strong>di</strong> Rebibbia sono indubbiamente unefficace strumento <strong>di</strong> riabilitazione perché “l’arte è laprima forma <strong>di</strong> libertà”.È proprio il profondo legame tra la storia recitata equella personale dei condannati, insieme alla loro visibilecommozione, al rimorso e alla desolazione manifestatiin alcune scene, a impressionare maggiormente ea restituire umanità a persone recluse e allontanatedalla nostra società.4


LA REDAZIONE RISPONDEoltre@piergiorgio.orgGentile Redazione <strong>di</strong> Oltre,mi chiamo Sonia e sono lamamma <strong>di</strong> un bambino <strong>di</strong> 8 anniche, pur essendo molto intelligente,non ha tuttavia ancoraimparato a leggere né a scrivere.Sono sinceramente preoccupatae mi chiedo se possa trattarsi<strong>di</strong> <strong>di</strong>slessia.Gentile Sonia, fermo restando chele informazioni a nostra <strong>di</strong>sposizionesono poche per poter esprimereuna “sentenza” e che in ogni caso ènecessaria un’accurata <strong>di</strong>agnosidella sua situazione, cogliamo comunquel’occasione offerta dallasua domanda per parlare della <strong>di</strong>slessiae delle sue manifestazioni.Innanzitutto è fondamentale chiarireche la <strong>di</strong>slessia non è una malattia,tantomeno un problema mentale,e non ha nulla a che fare con lecapacità intellettive del soggetto. Sitratta invece <strong>di</strong> una Sindrome chel’Organizzazione Mon<strong>di</strong>ale dellaSanità ha inserito nei Disturbi Specifici<strong>di</strong> Appren<strong>di</strong>mento e che impe<strong>di</strong>sceal soggetto <strong>di</strong> imparare la lettura,la scrittura o il calcolo aritmeticonei normali tempi e con i normalimeto<strong>di</strong> <strong>di</strong> insegnamento. Piùprecisamente, e secondo una recentedefinizione approvata dall'InternationalDyslexia Association(IDA), "è una <strong>di</strong>sabilità dell'appren<strong>di</strong>mento<strong>di</strong> origine neurobiologicacaratterizzata dalla <strong>di</strong>fficoltà aeffettuare una lettura accurata e/ofluente e da scarse abilità nellascrittura (ortografia). Queste <strong>di</strong>fficoltàderivano tipicamente da undeficit nella componente fonologicadel linguaggio, che è spesso inattesoin rapporto alle altre abilità cognitivee alla garanzia <strong>di</strong> un'adeguataistruzione scolastica. Conseguenzesecondarie possono includere i problemi<strong>di</strong> comprensione nella letturae una ridotta pratica nella letturache può impe<strong>di</strong>re una crescita delvocabolario e della conoscenza generale".È <strong>di</strong> fondamentale importanzache questo <strong>di</strong>sturbo venga identificatosin dall’inizio, dai primi anni<strong>di</strong> scuola, per poter intervenireadeguatamente e per evitare che ilbambino debba compiere sforzi immaniper riuscire a raggiungere risultatiche per i suoi compagni sonoinvece quasi banali. La <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong>questo <strong>di</strong>sturbo può essere fatta soloin seconda o terza classe dellascuola primaria mentre le <strong>di</strong>fficoltàsi manifestano già in prima elementare.Ricor<strong>di</strong>amo inoltre che la<strong>di</strong>slessia tende a prevalere tra isoggetti <strong>di</strong> sesso maschile mentre ibambini più a rischio sono quelliche presentano <strong>di</strong>sturbi del linguaggioe che hanno già un genitore<strong>di</strong>slessico.Caro <strong>OLTRE</strong>,da qualche anno vivo nuovamentecon mio padre a causadel Morbo <strong>di</strong> Parkinson che gliè stato <strong>di</strong>agnosticato <strong>di</strong> recente.Esistono ausili <strong>di</strong> vita quoti<strong>di</strong>anaspecifici per questa malattiae capaci <strong>di</strong> supportarlo? Grazieper l’attenzione. Valeria.Gentile Valeria, <strong>di</strong> seguito le forniremole in<strong>di</strong>cazioni relative a trecategorie <strong>di</strong> ausili per le personeche soffrono del Morbo <strong>di</strong> Parkinson,descritto per la prima volta nel1817 dal me<strong>di</strong>co James Parkinson ecausato dalla degenerazione cronicae progressiva delle strutture nervoseche costituiscono il sistema extrapiramidale,che si traduce in uninsieme <strong>di</strong> vie e <strong>di</strong> centri nervosiche agiscono <strong>di</strong>rettamente o in<strong>di</strong>rettamentesulla corretta azionemotoria. Iniziamo con gli ausili perla vita quoti<strong>di</strong>ana, finalizzati a favorirel’alimentazione autonomadel soggetto. A questo proposito lericor<strong>di</strong>amo che esistono posate appesantitecapaci <strong>di</strong> ridurre notevolmenteil tremore agli arti superiori:cucchiai con l’estremità rivestita ingomma antiscivolo per evitare cheil cibo fuoriesca dal cucchiaio stesso;cucchiai bilanciati, dotati <strong>di</strong>peso all’estremità opposta per garantireil mantenimento della posatain posizione orizzontale; in silicone,per ridurre eventuali danni adenti e gengive, e posate con impugnatureingrossate o anatomicheper un più facile utilizzo. Esistonoinoltre piatti con bordo rialzato ebase antiscivolo, bicchieri con <strong>di</strong>verseimpugnature e cannucce avalvola per ridurre lo sforzo nelsucchio. Per quanto riguarda invecel’igiene e la vestizione sono <strong>di</strong>versigli ausili che possono aiutare sia lapersona che il caregiver; ecco quin<strong>di</strong>gli infila calze, allacciabottoni ovestiti adattati; tavolette o se<strong>di</strong>li,sollevatori da vasca oppure se<strong>di</strong>ligirevoli utilizzabili per lavarsi intotale sicurezza; maniglioni cui lapersona può agganciarsi e aiutarsinei trasferimenti e ancora alzawaterper favorire il passaggio da sedutoalla stazione eretta. Ci sono i-noltre ausili per il tempo liberoquali pinze pren<strong>di</strong> oggetti e impugnatureper l’uso delle penne. Passandoinfine alla terza categoriaproposta, quella degli ausili tecnici,ricor<strong>di</strong>amo che per favorire una deambulazionepiù sicura il mercatomon<strong>di</strong>ale offre una vasta gamma <strong>di</strong>deambulatori e bastoni stu<strong>di</strong>ati appositamenteper le persone con Parkinson.Nelle fasi più avanzate dellamalattia, e in base alle esigenzein<strong>di</strong>viduali dell’utente, è certamentepossibile valutare e prescriverecarrozzine o poltrone posturali basculantiper accogliere meglio lapersona vista la rigi<strong>di</strong>tà del corpoche a volte rende <strong>di</strong>fficoltoso il posizionamento,nonché materassi e cusciniantidecubito per ridurre il rischio<strong>di</strong> pieghe dovuteall’immobilità.Chiunque volesse scrivere alla Redazione<strong>di</strong> Oltre può inviare le propriedomande o eventuali contributial seguente in<strong>di</strong>rizzo <strong>di</strong> posta elettronica:oltre@piergiorgio.org5


CURIOSABILE...TUTTE LE NOVITÀ DAL MONDO DEGLI AUSILI A SERVIZIO DELL’HANDICAPGiù le mani e niente pie<strong>di</strong>. Fra poco, per guidare, non servirà più nullaA prometterlo è la Self Driving Car, l’auto che si guida da séCieco al 95% e soprattutto pronto allasperimentazione. E così Steve Mahan hadeciso <strong>di</strong> testare personalmente la Self DrivingCar, l’auto realizzata da Google che siguida da sola, senza bisogno <strong>di</strong> interventiesterni. Miracolosa? Sicuramente fantascientificase è vero che l’auto possiede unacarrozzeria dotata <strong>di</strong> un sofisticato sistema<strong>di</strong> telecamere e sensori radar che hanno ilcompito <strong>di</strong> farla rigare dritto dribblando glieventuali ostacoli lungo il percorso e mantenendola precisa rotta in<strong>di</strong>cata dal navigatorestesso. Inutile riba<strong>di</strong>re che se il veicolofosse realizzato in serie farebbe certamentela felicità <strong>di</strong> molti potendo esseregestito senza braccia né gambe.In Liguria i parcheggi si fanno furbiGrazie alla sperimentazione attuata dal Comune, <strong>di</strong> concerto con altre realtà del territorio, i posti autoper <strong>di</strong>sabili non saranno più passibili <strong>di</strong> “furto”Si chiamano “parcheggi intelligenti” i posti auto che il Comune <strong>di</strong> Sestri Levante, in Liguria, ha finalmente realizzatoin piazza Bo con il supporto <strong>di</strong> Provincia, Consulta regionale e provinciale per le persone con han<strong>di</strong>cap edella Ditta Volocard per un impegno economico complessivo <strong>di</strong> circa 36 mila euro. E così i tempi dei furbetti sembranodunque essere finiti se è vero che proprio due posteggiriservati alle persone <strong>di</strong>sabili in piazza Bo sono statidotati <strong>di</strong> un sensore ra<strong>di</strong>o interrato che rileva se il parcheggioè libero oppure occupato e la presenza o meno, sulveicolo posteggiato negli spazi riservati, <strong>di</strong> un appositolettore elettronico associato al permesso <strong>di</strong> parcheggio. Ilsensore, attraverso un accesso elettronico del parcometropiù vicino, trasmette al centro <strong>di</strong> controllo la situazionedegli spazi riservati ai veicoli delle persone <strong>di</strong>sabili, verificabilevia web in tempo reale, e consente anche <strong>di</strong> controllarecostantemente l’uso corretto <strong>di</strong> questi parcheggi, sanzionandoeventuali abusi. l’Assessore provinciale si auguravivamente che la sperimentazione possa essere estesa anchead altri Comuni, previa richiesta <strong>di</strong> un sostegno anche da parte dell’assessorato regionale ai trasporti.6


Vita più semplice per chi soffre <strong>di</strong> sor<strong>di</strong>tàDa oggi c’è Communicaid che, con i suoi tre <strong>di</strong>spositivi, garantisce a chi non sente <strong>di</strong> integrarsi inqualsiasi ambiente interagendo con gli altri senza faticaUn <strong>di</strong>spositivo portatile per uso internoe destinato al riconoscimento dei suoni; unpaio <strong>di</strong> occhiali che hanno il compito <strong>di</strong> catturarei suoni stessi e, infine, un comunicatoreportatile che, dopo aver convertito lacomunicazione in testo, per consentire cosìai non udenti <strong>di</strong> comprendere quanto detto,permette loro anche <strong>di</strong> rispondere. Ed èproprio così che nasce Communicaid, fruttodell’ingegno del designer sudcoreano Lee edalla Jaepyung per supportare le personeau<strong>di</strong>olese risolvendo i problemi che le stesseincontrano quoti<strong>di</strong>anamente. Nato dunquecome <strong>di</strong>spositivo per persone sordeCommunicaid si compone sostanzialmente<strong>di</strong> tre elementi; la stazione CommunicaidVisual Sound dotata <strong>di</strong> due microfoniMEMS integrati <strong>di</strong> alta qualità per catturare i suoni specifici aiutando la persona <strong>di</strong>sabile a riconoscerli; gli occhialida utilizzare in ambienti esterni e stu<strong>di</strong>ati appositamente per fare in modo che l’utente riconosca i segnalid’allarme e del traffico su strada e infine un comunicatore portatile per consentire a persone sorde <strong>di</strong> comunicareefficacemente e <strong>di</strong> integrarsi in qualsiasi ambiente ascoltando e parlando.La lesione midollare si combatte con LokomakSi tratta <strong>di</strong> un esoscheletro che permette il recupero della stazione eretta e del cammino, attraverso larealtà virtuale, in quanti l’hanno perdutaSembra un simpatico modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re e invece <strong>di</strong>etroalla parola Lokomak si nasconde un vero e proprioconcentrato <strong>di</strong> tecnologia, sapienza e avanguar<strong>di</strong>aper tutti coloro i quali presentano una lesionemidollare incompleta e necessitano quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>una riabilitazione per il recupero della stazione e-retta e del cammino. Costa circa 360 mila eurol’esoscheletro robotizzato, controllato elettronicamentecon un sistema <strong>di</strong> allevio del peso e un tapisroulant, e che proprio l’Ospedale Niguarda Ca’Granda <strong>di</strong> Milano ha recentemente acquistato einaugurato e i cui supporti, applicati agli arti inferioridel paziente, sono in grado <strong>di</strong> fornireun’assistenza <strong>di</strong>versificata alle gambe durante lafase riabilitativa. Grazie alla realtà virtuale visibilesu <strong>di</strong> uno schermo, un avatar procede in una <strong>di</strong>stesa verde “guidato” dal paziente stesso che, imbragato con il Lokomat,cammina dunque sul tapis roulant. Compatibilmente alle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> mobilità, il paziente può anche <strong>di</strong>rigereil suo avatar a destra oppure a sinistra muovendo le anche. Velocità, frequenza, lunghezza del passo, escursionedelle articolazioni <strong>di</strong> ginocchio e anca sono fra i parametri del cammino mo<strong>di</strong>ficabili nell’arco della riabilitazione.7


Accessibilità al bagnoTutto quello che avreste voluto sapere e nessuno vi ha mai dettoTutti noi abbiamo il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> raggiungere e<strong>di</strong>fici e<strong>di</strong> fruire <strong>di</strong> spazi e <strong>di</strong> attrezzature in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> totalesicurezza e autonomia, pur avendo magari ridottacapacità motoria e sensoriale. Si chiama accessibilità eper quanto riguarda l’ambiente domestico, in particolarmodo, il bagno si configura senza dubbio come lo spaziomaggiormente utilizzato ove ogni in<strong>di</strong>viduo desiderapiù <strong>di</strong> ogni altra cosa la propria in<strong>di</strong>pendenza. Ma lepersone con <strong>di</strong>sabilità, grave o lieve, e gli anziani, comepossono gestire questo ambiente senza correre rischi?Un valido supporto in tal senso arriva proprio dagliausili e dagli interventi strutturali che possono esseremessi in pratica per migliorare l’accessibilità <strong>di</strong>quest’area. Innanzitutto è sempre consigliabile ricorrerea un bagno collocato vicino alla camera da letto, cosìda ridurre al minimo i trasferimenti da un ambienteall’altro; per favorire poi le manovre della carrozzina,nel caso <strong>di</strong> persona paraplegica, il bagno dovrebbe esserepiuttosto ampio e privo <strong>di</strong> ingombri superflui, tali dacreare ostacoli nello svolgimento delle attività <strong>di</strong> igienepersonale.Le porte dovrebbero poi essere scorrevoli, poichémeno ingombranti, e quin<strong>di</strong> più facilmente gestibili daparte <strong>di</strong> persona colpita da han<strong>di</strong>cap. Per aumentare lafruibilità dello spazio interno è inoltre consigliabile evitarel’installazione del bidet e prevedere piuttosto laposa <strong>di</strong> sanitari sospesi per favorire il passaggio dellepedane poggiapie<strong>di</strong> durante le manovre stesse dellacarrozzina. In fase <strong>di</strong> progettazione si dovrebbe poi optareper un box doccia con piatto a filo pavimento e inserireun campanello <strong>di</strong> chiamata che risulti accessibileanche in caso <strong>di</strong> caduta; in alternativa è comunque possibilericorrere a piastrelle antiscivolo.Per raggiungere un buon grado <strong>di</strong> autonomia e sicurezzanell’uso del bagno gli interventi strutturali nonsono comunque <strong>di</strong> per sé sufficienti; è infatti necessariodotarsi anche <strong>di</strong> ausili che aiutino la persona stessa echi la assiste, ossia il caregiver, nelle attività <strong>di</strong> igienepersonale. A questo proposito è opportuno ricordare lapossibilità <strong>di</strong> installare un se<strong>di</strong>le da doccia con ampiaseduta per garantire maggiore comfort; i se<strong>di</strong>li possonoavere ventose che si fissano al piatto doccia oppuresemplicemente un rivestimento in materiale antiscivolo.Nel caso <strong>di</strong> <strong>di</strong>sabilità molto grave si può optare peruna se<strong>di</strong>a a rotelle da doccia, molto comoda perchémobile e versatile, mentre i rubinetti e la cornetta delladoccia stessa dovrebbero essere installati a lato delloschienale, non <strong>di</strong>etro. Se l’utente preferisce continuarea utilizzare la vasca si possono adottare svariate soluzioni,tali da facilitare i trasferimenti dentro e fuoridalla vasca. Il sollevatore, per esempio, è un tipo <strong>di</strong> ausilioregolabile in altezza elettricamente attraverso unapulsantiera collegata al se<strong>di</strong>le stesso. Presenta due a-lette laterali che, al momento del raggiungimento deibor<strong>di</strong> della vasca, si appoggiano ai lati per favorire lacompleta immersione del paziente. Si può inoltre prevederel’adozione <strong>di</strong> un se<strong>di</strong>le girevole con schienalesospeso dal fondo vasca attraverso degli appoggi lateralirivestiti con materiale antiscivolo che si fissano aibor<strong>di</strong>.La caratteristica del se<strong>di</strong>le riguarda la possibilità <strong>di</strong>essere girato in modo del tutto in<strong>di</strong>pendente dalla base.Solitamente presenta una leva sotto la seduta che bloccail movimento in rotazione per evitare cadute accidentali.Altro aspetto da considerare nell’accessibilitàdell’ambiente sanitario sono inoltre i lavabi. Possonoessere sospesi da terra, e quin<strong>di</strong> senza colonna centraleche ne intralcerebbe l’accesso nel caso <strong>di</strong> persona incarrozzina. In commercio ne esistono <strong>di</strong> più o meno ergonomici,con o senza appoggia gomiti. Possono esserepre<strong>di</strong>sposti all’installazione <strong>di</strong> meccanismi girevoli, <strong>di</strong>inclinazione e <strong>di</strong> regolazione in altezza del lavabo attraversocomando manuale, pneumatico oppure elettronico.In commercio si trovano wc sospesi ma anche aterra e ci sono inoltre modelli in cui è possibile considerareuno scavo anteriore de<strong>di</strong>cato all’igiene intima. Esistonoanche copri water con o senza apertura frontale,più o meno ergonomici, da installare sul wc con lo scavo.Attraverso una doccetta installata accanto al wc èinoltre possibile eseguire l’attività <strong>di</strong> igiene intima approfittandodell’incavo frontale del vaso, evitando quin<strong>di</strong>il trasferimento sul bidet. A questo proposito il mercatooffre anche il wc-bidet caratterizzato da un ugellointerno al bordo che, collegato a un pulsante, permettel’uscita <strong>di</strong> un getto d’acqua che simula la funzione stessadel bidet. È infine opportuno considerare anchel’utilizzo <strong>di</strong> maniglioni che garantiscano una maggioresicurezza per l’utente e che possono essere fissati almuro, verticalmente, in modo orizzontale oppure a 45°.8


Sicurezza su strada...cosa non fareGli errori più comuni da evitare in presenza <strong>di</strong> barriere architettoniche e i consigli persuperarle al meglio. Se ne è parlato venerdì 13 al Centro don Onelio <strong>di</strong> Caneva<strong>di</strong> Tolmezzo nel corso della serata “A spasso sicuri”Per superare uno scalino con la carrozzina manualebisogna anzitutto evitare <strong>di</strong> prenderlo frontalmente,come in genere si tende invece a fare. L’importante èdunque girare la carrozzina stessa e fare leva sulle sueruote posteriori per poter vincere l’ostacolo; stessa cosa<strong>di</strong>casi anche in presenza <strong>di</strong> rampe, solitamente più ripide<strong>di</strong> quanto dovrebbe essere consentito, e per affrontarele quali sarebbe opportuno non solo girare la carrozzinain fase <strong>di</strong> <strong>di</strong>scesa ma “bloccare” anche l’utentecon apposite cinghie o bretellaggi per garantirne ancorpiù la sicurezzapersonale.Sabrina Degano,terapista occupazionalepressol’Ufficio H dellaComunità <strong>Piergiorgio</strong>non si è limitataa dare solo questiconsigli, venerdì13 aprile, al pubblicopresente alCentro don Onelioper la serata “Aspasso sicuri”, de<strong>di</strong>cataalla sicurezza su strada; le cosiddette “dritte”rivolte soprattutto alle persone anziane e con <strong>di</strong>sabilità<strong>di</strong> vario or<strong>di</strong>ne e grado, e che hanno comunque la necessità<strong>di</strong> muoversi sicure nei centri urbani, sono stateanche molte altre, accompagnate oltretutto da video<strong>di</strong>mostrativi su come utilizzare correttamente i propriausili <strong>di</strong> supporto.«Siamo partiti dalla riflessione relativa al fatto cheal giorno d’oggi, in Italia, il 4,8% della popolazione presenta<strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong>versificate, cognitive e motorie, e chei due terzi <strong>di</strong> questa percentuale sono rappresentati dapersone anziane – precisa la Degano che proprio venerdì13 aprile, in collaborazione con il CRIBA, il CentroRegionale <strong>di</strong> Informazione sulle Barriere architettoniche,ha aperto la serata de<strong>di</strong>cata alla sicurezza sustrada che si è poi ripetuta anche venerdì 20 a SanGiorgio <strong>di</strong> Nogaro e il 27 a Cividale del Friuli e che èstata promossa dal Comitato Interprofessionale SicurezzaCantieri della Provincia <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne, come prelu<strong>di</strong>oal Festival <strong>di</strong> maggio – Era importante per noiriflettere su quali sono gli ausili che proprio le personeanziane o con <strong>di</strong>sabilità usano più frequentementeper muoversi su strada; quali errori vengonocommessi maggiormente nel loro utilizzo e sulle regoleda osservareper fare in modoche questi strumenti<strong>di</strong>“trasporto” sianoeffettivamente vali<strong>di</strong>e sicuri».Da qui dunquel’importanza <strong>di</strong>consulenze professionaliprima <strong>di</strong>procedere a un e-ventuale loro acquisto.«Affinchél’ausilio sia veramented’aiuto deve essere scelto dall’utente attraversola guida <strong>di</strong> esperti e dopo un’attenta valutazionedelle proprie problematiche ed esigenze – precisaancora Sabrina Degano, mentre ricorda la volontàdell’Ufficio H <strong>di</strong> creare adesso una guida concretaove le persone interessate possano trovare consigliutili e in<strong>di</strong>cazioni pratiche sugli ausili <strong>di</strong> supporto –È fondamentale inoltre che una volta acquistato,l’ausilio sia anche sottoposto ad una corretta manutenzioneaffinché possa funzionare al meglio e neltempo».9


Per mangiare senza problemi arriva il siliconeFinalmente <strong>di</strong>sponibile, e solo presso l’Ufficio H della Comunità <strong>Piergiorgio</strong>, un cucchiaio“speciale” per chi ha <strong>di</strong>fficoltà ad alimentarsivamente presso l’Ufficio H della Comunità <strong>Piergiorgio</strong>Onlus <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne, l’unica realtà in tutta Italia ove al momentogli utenti possono trovare questo prezioso ausilio<strong>di</strong> vita quoti<strong>di</strong>ana e testarlo. «Dopo una lunga e accurataricerca a livello mon<strong>di</strong>ale, e soprattutto in seguitoalle <strong>numero</strong>se richieste giunte in sede da partedei nostri utenti, siamo infine riusciti a trovare questoprodotto e ad acquistarlo per metterlo così a <strong>di</strong>sposizione<strong>di</strong> chi ne ha bisogno – precisa Sabrina Degano, terapistaoccupazionale presso l’Ufficio H, mentre ricordache sono due i cucchiai per adulti <strong>di</strong>sponibili al momentoin piazza Libia – Stiamo parlando <strong>di</strong> un ausiliocon estremità morbida e pieghevole in silicone naturale,un materiale molto flessibile che permetteall’utente <strong>di</strong> mangiare in totale sicurezza senza incorrerein problemi a denti e gengive nel caso <strong>di</strong> chiusureimprovvise ed energiche della bocca, tipiche <strong>di</strong> chi soffre<strong>di</strong> determinate patologie; parlo per esempio <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbiprogressivi come la sclerosi ma anche <strong>di</strong> paralisicerebrali infantili. Capita spesso, infatti, che duranteattività quali l’alimentazione e il lavaggio dei denti laposata o lo spazzolino rimangano incastrati determinandopressioni, tagli o ad<strong>di</strong>rittura fratture con la <strong>di</strong>fficoltàestrema, da parte <strong>di</strong> chi assiste il paziente, <strong>di</strong>riuscire a intervenire senza peggiorare la situazione».Grande quanto un cucchiaino da the, l’ausilio si traducedunque in un concreto beneficio non soltanto perl’utente ma anche per chi presta assistenza. «La morbidezzadel cucchiaio permette infatti agli stessi familiari<strong>di</strong> sfilarlo senza problemi dalla bocca riducendo sensibilmenteeventuali danni – aggiunge Sabrina Degano,mentre ricorda che lo strumento è a <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong>chiunque ne faccia richiesta presso la Sala mostradell’Ufficio H – Può essere portato a casa per due settimane<strong>di</strong> prova, basta contattarci telefonicamente e richiedereuna consulenza gratuita che ci servirà perverificare se il cucchiaio è in grado <strong>di</strong> rispondere effettivamentealle esigenze del paziente».Portare il cibo alla bocca in totale sicurezza. Facile,<strong>di</strong>rete voi, ma pensate a tutte quelle persone che a causa<strong>di</strong> particolari patologie o traumi a livello cerebralenon riescono più a gestire autonomamente il cucchiaioe quin<strong>di</strong> a mangiare senza correre rischi. Da qui nascedunque l’idea del cucchiaio in silicone, prodotto unicamentein Danimarca, e oggi <strong>di</strong>sponibile solo ed esclusi-10


Dal Kosovo alla Comunità <strong>Piergiorgio</strong>Una delegazione esponenti ministeriali per comprenderne il funzionamento«Abbiamo scelto anche la Comunità <strong>Piergiorgio</strong> perchévolevamo che la Delegazione entrasse in contattocon le strutture più innovative e interessanti della Regioneche si occupano <strong>di</strong> <strong>di</strong>sabilità». Parola <strong>di</strong> LucillaFrattura, responsabile del Centro collaboratoredell’Organizzazione Mon<strong>di</strong>ale della Sanità, in riferimentoalla visita che proprio in autunno do<strong>di</strong>ci esponentidei livelli ministeriali del Kosovo hanno effettuatopresso la Comunità <strong>Piergiorgio</strong> Onlus <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne. I-struzione, Lavoro, Salute, Affari sociali ed esteri e lostaff del Sindaco della seconda città principale del Kosovodopo Pristina. I do<strong>di</strong>ci esponenti istituzionali sisono presentati alle ore 13 in piazza Libia, accompagnatidall’Area Welfare della Regione Friuli VeneziaGiulia nella figura del dott. Giulio Antonini, per visitarela struttura u<strong>di</strong>nese che dagli anni Settata si occupa<strong>di</strong> <strong>di</strong>sabilità e per comprenderne le modalità <strong>di</strong> gestionee funzionamento. «Questa visita rientra in un Progettofinanziato dalla Regione Friuli nell’ambito delPiano sulle politiche internazionali della salute ove laRegione stessa ha scelto, tra le priorità <strong>di</strong> intervento,la <strong>di</strong>sabilità, assegnando un finanziamento al Centrocollaboratore dell’UMS per le classificazioni internazionalinell’ambito delle politiche <strong>di</strong> sostegno al Kosovo– spiega la dott.ssa Frattura – Attraverso questo contributola nostra struttura regionale ha quin<strong>di</strong> potutoorganizzare una settimana formativa e <strong>di</strong> confronto traFriuli e Kosovo per consentire ai do<strong>di</strong>ci rappresentanti<strong>di</strong> questa delegazione <strong>di</strong> capire in che modo il problemadella <strong>di</strong>sabilità viene gestito sul nostro territorio dallestrutture deputate a questo specifico compito». Strutturepressoché inesistenti nella giovane Nazione senzasbocco sul mare, confinante con Serbia, Montenegro,Albania e Macedonia e che ancora oggi deve fare i conticon gli strascichi <strong>di</strong> una guerra recente e con una povertàche riguarda la maggior parte della popolazione.«Stiamo parlando <strong>di</strong> una realtà molto <strong>di</strong>versa dallanostra, soprattutto per ciò che concerne il problemadella <strong>di</strong>sabilità – specifica la dott.ssa Frattura, incaricata<strong>di</strong> accompagnare la delegazione per sette giornifatti <strong>di</strong> visite guidate e confronti in aula - Il Kosovonon ha per esempio una struttura consolidata, nonpossiede servizi sanitari universalistici e vive prevalentemente<strong>di</strong> donazioni da parte <strong>di</strong> paesi esteri. I rappresentanti<strong>di</strong> questa delegazione sono comunque personemolto istruite, attente e sensibili al problema della<strong>di</strong>sabilità e desiderose soprattutto <strong>di</strong> costruire anchenel proprio paese un sistema nazionale che sia in grado<strong>di</strong> rispondere alle esigenze della popolazione, soprattutto<strong>di</strong> bambini e adulti». Progetto che la Comunità<strong>Piergiorgio</strong> si è oltretutto già offerta <strong>di</strong> supportareattraverso le proprie risorse, esattamente come spiegail dott. Enrico Pin, consulente informatico dell’UfficioH che proprio nell’ambito dell’incontro ha tratteggiatoper la delegazione i contorni della Comunità e dellesue strutture operative, tra cui l’Ufficio H stesso.«Diamo sin d’ora la nostra massima <strong>di</strong>sponibilità a cooperarecon questo paese per lo sviluppo <strong>di</strong> una validarete <strong>di</strong> servizi destinata alle persone <strong>di</strong>sabili – precisail dott. Pin – Siamo stati davvero felici <strong>di</strong> questa visitache ci ha permesso un nuovo e ulteriore confronto conuna realtà davvero molto <strong>di</strong>versa dalla nostra e che siè mostrata fortemente interessata a capire, comprenderee soprattutto imparare modelli <strong>di</strong> gestione <strong>di</strong>fferentida esportare e utilizzare quin<strong>di</strong> come proficuiesempi <strong>di</strong> buone prassi».KOSOVO, PER SAPERNE DI PIÙPrivo <strong>di</strong> sbocchi sul mare e confinante con Serbia,Montenegro, Albania e Macedonia, il Kosovo è unagiovane Nazione amministrata dall’ONU e che proprioil 17 febbraio del 2008 ha <strong>di</strong>chiarato, unilateralmente,la propria in<strong>di</strong>pendenza dalla Serbia, riconosciuta infattida soli 75 paesi membri dell'ONU, oltre Taiwan,dei quali 22 appartenenti all'Unione Europea (Italiacompresa), Stati Uniti,Giappone, Australia eCanada. La Serbia invece,unitamente aRussia, Cina e ad altricinque paesidell'Unione Europea,tra cui Spagna e Grecia,non ne riconoscel'in<strong>di</strong>pendenza. Albanesee serbo sono ledue lingue principalidel territorio la cui capitaleè Pristina, con560 mila abitanti,mentre la religione maggiormente <strong>di</strong>ffusa è quella i-slamica <strong>di</strong> rito sunnita abbracciata dalla quasi totalitàdegli albanesi, bosgnacchi, gorani, turchi e da alcunecomunità <strong>di</strong> rom. Tra le economie meno sviluppated’Europa, e un tempo provincia in assoluto più poveradella Jugoslavia, il Kosovo deve fare ancora oggi i conticon una situazione economica estremamente <strong>di</strong>fficileche riguarda la maggior parte della popolazione mentreil turismo non riesce a decollare pur avendo il Kosovogran<strong>di</strong> ricchezze naturali e artistiche. Le Forzearmate sono ancora in fase <strong>di</strong> costruzione e l’unica U-niversità della Nazione è quella <strong>di</strong> Pristina che attualmentesi <strong>di</strong>vide in due unità totalmente separate, unain lingua albanese e un’altra in lingua serba.11


ASCOLTA,C’È L’ORECCHIOBIONICO...Lorenzo Turicchia, ricercatore presso ilMIT <strong>di</strong> Boston, lo ha spiegato aglistudenti del Liceo scientifico Marinellidurante un seminario organizzatodall’Università <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne per avvicinare igiovani alla scienzaCarolina LaperchiaCi appendete quoti<strong>di</strong>anamente gli orecchini; ne tiratei lobi in occasione dei compleanni, tante voltequanti sono gli anni che avete compiuto; ci mettetemagari <strong>di</strong>etro i capelli, affinché siano più in or<strong>di</strong>ne, edelle sue curvature esterne forse non vi siete mai particolarmentepreoccupatiperché l’unicacosa che conta, infondo, è che le orecchiesiano intatte, alloro posto e soprattuttoche vi permettano<strong>di</strong> sentire. E lofanno generalmenteattraverso un sistemameccanico sofisticato e perfetto in cui la coclea, collocataproprio all’interno dell’orecchio, processa i suoniin ingresso aiutando così il cervello a riconoscerli. Mache cosa accade quando questa piccola “chiocciola”, deputataappunto a una prima masticazione delle ondesonore, non ne vuole proprio sapere <strong>di</strong> funzionare?Succede che c’è bisogno della bionica e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> unorecchio “speciale” che sia in grado <strong>di</strong> sostituirsi a questostraor<strong>di</strong>nario sistema <strong>di</strong> amplificazione.Lo ha spiegato così, proprio <strong>di</strong> recente, Lorenzo Turicchia,laureato a Padova ma con un dottorato <strong>di</strong> ricercaall’ateneo u<strong>di</strong>nese, e da anni ormai <strong>di</strong> stanza nelpiù grande e selettivo istituto <strong>di</strong> ricerca del mondo, ilMIT <strong>di</strong> Boston; è proprio lì infatti che Turicchia, tra imassimi esperti al mondo <strong>di</strong> bionica, porta avanti datempo importanti stu<strong>di</strong> per fare in modo che biologiaed elettronica siano sempre più a servizio <strong>di</strong> chi haproblemi. E lo ha fatto con il suo solito piglio brillantee con lo straor<strong>di</strong>nario talento <strong>di</strong> chi è sempre in grado<strong>di</strong> rendere perfettamente masticabili e altamente <strong>di</strong>geribiliper chiunque, anche per chi è sprovvisto <strong>di</strong>“enzimi speciali”, argomenti solitamente vissuti comegalassie lontane anni luce da noi tutti. Perfettamentecentrato dunque l’obiettivo alla base della conferenzatenuta dallo scienziato al liceo scientifico Marinelligrazie alla me<strong>di</strong>azione dell’Università <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne cheproprio attraverso Turicchia ha così iniziato a portarelo straor<strong>di</strong>nario mondo della scienza anche nelle scuolesuperiori; esattamente là dove la matematica, la fisicae la biologia sono forse ancora vissute dagli studentisoltanto come materie oggetto <strong>di</strong> interrogazione. «Sonoentusiasta <strong>di</strong> questa iniziativa che mi ha permesso <strong>di</strong>spiegare a una nutrita platea <strong>di</strong> che cosa mi occupo alMIT <strong>di</strong> Boston, senza formule complicate ma semplicementeenfatizzando le idee - precisa il dott. Turicchia,alle prese con gli stu<strong>di</strong> sull'orecchio, cuore e occhio bionicie con sistemi <strong>di</strong> Brain Machine Interface - Attraversoquesta conferenza, ho soprattutto cercato <strong>di</strong> spiegareai ragazzi in che modo la scienza può essere davverod’aiuto a chi ne ha più bisogno».E proprio dal concetto <strong>di</strong> “bisogno” è nato infatti,tra le altre cose, anche l’orecchio bionico…«Esattamente. Molte persone infatti non sentono. Pensiche nei soli Stati Uniti sono circa 28 milioni i soggettiche presentano qualche grado <strong>di</strong> deficit u<strong>di</strong>tivo mentresuperano i 200 milioni se consideriamo il globo intero.Da qui, dunque, l’esigenza <strong>di</strong> creare un <strong>di</strong>spositivoimpiantabile, fatto <strong>di</strong> elettro<strong>di</strong>, per restaurarel’u<strong>di</strong>to <strong>di</strong> persone che non sentono affatto».Dott. Turicchia, prima <strong>di</strong> spiegare il funzionamentodell’orecchio bionico forse sarebbe opportunochiarire il comportamento <strong>di</strong> uno sano…<strong>12</strong>


«Ciò che fa l’orecchio è molto semplice e allo stessotempo altamente sofisticato; innanzitutto è un oggettointelligente che deriva da un’evoluzione davvero moltolunga. Il suo compito è quello <strong>di</strong> rendere i suoni u<strong>di</strong>bilicollegandoli al cervello attraverso un sistema moltocomplesso in cui un ruolo fondamentale è rivestito dallacoclea. Questa piccola chiocciola ha infatti il compito<strong>di</strong> scindere l’informazione sonora esterna e semplificarlain tante informazioni molto più semplici così che ilcervello possa infine processarle più facilmente e comprenderedunque il suono stesso. In con<strong>di</strong>zioni normaliquin<strong>di</strong>, ricapitolando, le onde sonore raggiungonol’orecchio e qui la coclea le trasforma in impulsi elettrici;gli impulsi percorrono poi il nervoacustico e raggiungono il cervello dovesono infine riconosciuti come suoni. Sequalcosa però va male, e questo puòcertamente accadere, allora la cocleanon funziona più, subentra il problemau<strong>di</strong>tivo e dunque la necessità <strong>di</strong> restaurarnela funzione attraverso uno stimoloproveniente da un <strong>di</strong>spositivo impiantabile,l’orecchio bionico appunto».Come funziona concretamente?«Si tratta <strong>di</strong> un microchip <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni estremamenteridotte, che imita le funzioni svolte dalla cocleae che dopo essere stato impiantato <strong>di</strong>etro l’orecchio vienecollegato alla stessa attraverso se<strong>di</strong>ci elettro<strong>di</strong> perstimolarne l’interno attraverso piccoli impulsi. Quelloche fanno le cellule cigliate della coclea, noi lo imitiamoquin<strong>di</strong> con questo <strong>di</strong>spositivo che può funzionareperfettamente all’interno del corpo per circa 30 anni esenza mai dover cambiare le batterie. Le persone conimpianto cocleare, oltre cento mila in tutto il mondo,riconoscono il 95% delle parole emesse e sono in grado«LA BIONICA NON ÈFANTASCIENZA MAUN’IMPORTANTERISORSA PER LEPERSONE CHE HANNOPROBLEMI»<strong>di</strong> conversare tranquillamente senza che ci si accorgadella loro effettiva sor<strong>di</strong>tà. In questo microchip insommatutta la catena costituita da timpano, pa<strong>di</strong>glioneauricolare, ossicini e coclea è completamente simulatae riprodotta alla perfezione».Tra le tante altre cose <strong>di</strong> cui si sta occupando viè anche il cuore bionico. Di che progetto si tratta?«Questa è un lavoro iniziato da poco e che ci ha portatoa creare un modello dell’intero sistema car<strong>di</strong>ocircolatorioin elettronica, a bassissimo consumo e senzaricorrere a un computer ma utilizzandosoltanto <strong>di</strong>spositivi estremamente piccoliquali transistor, resistenze e condensatori.Il modello permette <strong>di</strong> sincronizzarsiin tempo reale con quelloche il sistema sta facendo, dare delleprevisioni e farci comprendere megliotutto ciò che in dettaglio accadeall’interno del nostro corpo. Un lavorodavvero entusiasmante».Qual è il messaggio più importanteche si augura sia rimasto agli studenti che hannoavuto il privilegio <strong>di</strong> ascoltarla?«Spero fortemente che abbiano portato a casa propriadue fondamentali lezioni; la prima è quella per cuil’orecchio non è semplicemente un sensore ma un oggettoestremamente sofisticato e intelligente; speroabbiano inoltre compreso che nella ricerca <strong>di</strong> soluzionia problemi complessi, là dove la matematica a voltenon riesce ad essere imme<strong>di</strong>ata, si può copiare dallanatura che è uno straor<strong>di</strong>nario serbatoio cui attingereidee brillanti».13


UNA VITA CONTRO LE DIPENDENZEA raccontare la sua lotta quoti<strong>di</strong>ana a sostegno <strong>di</strong> chi cerca <strong>di</strong> uscire dal tunneldell’alcol, è il vicepresidente della Casa dell’ImmacolataMassimo BurattiMi fa proprio strano pensare come sia potuta <strong>di</strong>ventarela mia vita. Di solito le persone cercano <strong>di</strong> allontanarela sofferenza, i problemi, le lacrime ed io, invece,mi ci sono catapultato e non ne posso fare più a meno.Sono entrato nei cuori delle persone, a volte sballottatodalle loro correnti, dai venti impetuosi, risucchiato nelleari<strong>di</strong>tà, accarezzato nelle serenità e negli armistizi.Da 11 anni lavoro alla Casa dell’Immacolata e daalcuni sono responsabile della Comunità degli adulticon problematiche alcol-correlate, ma che uniscono solitu<strong>di</strong>ne,emarginazione, vuoto, bizzarrie, straor<strong>di</strong>nariesemplicità e profon<strong>di</strong> oblii, speranze lontane e tribolazioniinsostenibili. Ogni giorno incontro i volti <strong>di</strong> questiuomini e ogni giorno ascolto, imparo, sorrido, soffro, mistremo, raccolgo insperate verità e sussulti, m’inquietoe mi <strong>di</strong>soriento, poi ritorno e mi ritrovo. La <strong>di</strong>pendenzarende l’uomo schiavo. Cre<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> poter vincere e comandareall’alcol ma la verità è che la sostanza ne escesempre vincitrice trionfale davanti alla vittima <strong>di</strong>struttanella carne e nello spirito.Tante volte ci si chiede perché ciò accada e si possonodare molte risposte sensate che racchiudono delleverità. In questi anni ho creduto <strong>di</strong> capire, <strong>di</strong> incasellarele soluzioni, la più grande verità è la certezza deldubbio: ogni creatura umana è unica e vive i suoi meccanismidovuti ad un’esperienza familiare, sociale, interioree alla sua specialità, poi si include la sofferenza,la solitu<strong>di</strong>ne, il vuoto che accomuna tutti gli esseriumani. Penso che l’uso dell’alcol sia un percorso sbagliatoche nasce inconsapevolmente o dalla leggerezzama che si trasforma ben presto in una trappola bendefinita in cui ci si chiude anche perché non si riesce avenire a capo della vita da un punto <strong>di</strong> vista emotivo,vi è una sorta <strong>di</strong> incapacità <strong>di</strong> vivere. Parte <strong>di</strong> questepersone hanno <strong>di</strong>strutto la loro famiglia, non vedono ifigli da anni, hanno perso il lavoro e dormivano inmacchina, nel bosco o su una panchina, i più fortunatio in un garage o in una casa abbandonata e altri hannotrascorso perio<strong>di</strong> anonimi in carcere, allora il tempoquali segni può lasciare nelle loro membra, nelle loroteste e nei loro cuori? A volte viene facile giu<strong>di</strong>care,accusare, affermare che hanno rovinato tutto e che ècolpa loro ma quando li guardo da vicino, li ascolto, liconosco, mi rendo conto che può capitare a chiunque ecome <strong>di</strong>ce una tribù dei nativi americani: “prima <strong>di</strong>aprire bocca cammina con i miei mocassini per duelune…”.Nel periodo che va da uno a due anni <strong>di</strong> solito lepersone si riappropriano della sobrietà da sostanze, siimpegnano a rispettare le la mattina regole della Casa,14i turni <strong>di</strong> pulizia, si riabituano a parlare, ad esprimerei propri pensieri, a scrivere un verbale, a dormire inuna stanza silenziosa, a relazionarsi con i compagni egli operatori, nello svegliarsi puntuali al mattino perandare a lavorare, nel controllare i propri impulsi, nelridere <strong>di</strong> se stessi, nel ritrovarsi e poi… nel rivedere lapropria vita con luci<strong>di</strong>tà, forse la cosa più <strong>di</strong>fficile, accettandolae perdonandola e allora e allora sì che sirinasce a nuova vita.È molto triste vedere i ragazzi, gli adolescenti prendereil metadone in fila al Ser.. o seduti in un angolo <strong>di</strong>città con il bottiglione <strong>di</strong> vino, soli, lo sguardo perso, ilnulla tra le mani. Per questo va a tutti loro un pensierospeciale e una riflessione: oggi molti problemi nasconodall’educazione, nella nostra società i valori sparisconogradualmente o meglio quelli interiori mentrevengono a contare quelli esteriori. Regna la <strong>di</strong>screpanzae l’incoerenza. Un giovane ha bisogno <strong>di</strong> esempi concretiin cui credere. Spesso, troppo spesso, quelli che <strong>di</strong>fatto dovrebbero essere d’esempio <strong>di</strong>cono una cosa, mafanno il contrario e questo è uno dei più gravi problemidella nostra epoca e una delle ragioni dell’aumentodelle <strong>di</strong>pendenze. Il ricorso alla droga, all’alcol vieneaggravato dal fatto che i giovani non riescono a vedereun mondo dove poter vivere e fuggono nelle sostanze.Tutti noi cerchiamo la felicità ma dovremmo essereconsapevoli che è una con<strong>di</strong>zione eccezionale e non unacosa <strong>di</strong> tutti i giorni. Se così fosse perderebbe la suaspecialità. Felicità, gioia e amore sono emozioni, statid’animo che si vivono <strong>di</strong> tanto in tanto anche sel’amore e la serenità interiore ci possono sempre essere.Ricercare nelle sostanze, nell’alcol, nella droga o nelgioco d’azzardo quegli stati d’animo è la ricercadell’opportunità <strong>di</strong> vivere sempre emozioni forti e perquesto affascinanti e contemporaneamente aiutare a“staccarsi” dai problemi quoti<strong>di</strong>ani.Per ricevere amore è necessario darlo agli altri esseriumani. Assumersi le proprie responsabilità guardandoin volto alle <strong>di</strong>fficoltà ed ai problemi permette <strong>di</strong>crescere, <strong>di</strong> superare i contrasti interpersonali, <strong>di</strong> fondareuna famiglia, <strong>di</strong> reggere gli imprevisti ma oggiquesta aspirazione rientra ancora nei cuori e nellementi delle persone? Riconosco la grandezza che è insitanella libertà <strong>di</strong> scelta o libero arbitrio, il dono piùgrande che possiede ogni creatura umana. Ecco la libertànon capìta che seduce e demolisce l’uomo. Concludoaugurando a tutti <strong>di</strong> vivere nella consapevolezzadelle proprie scelte, quelle libere e legate all’ascoltointimo e profondo, che rendono ognuno <strong>di</strong> noi sereno eche sta ad in<strong>di</strong>care la strada giusta.Buona vita a tutti…


IL NOSTROCAMMINO INSIEMEQuando ho scelto <strong>di</strong> sposare Massimoero consapevole che con lui avrei sposatoanche il suo lavoro poiché esso è dentro<strong>di</strong> lui, lui lo ama.Come spesso accade la realtà superai pensieri e l‘immaginazione: i ritar<strong>di</strong>,gliorari non rispettati che durante il fidanzamentoerano un’eccezione <strong>di</strong>ventaronoquasi normalità; per non parlare poi <strong>di</strong>chi ti aspetta seduto sulle scale quandorientri,il campanello che suona la domenicamentre si è tutti, finalmente, insiemeseduti a tavola, il cellulare che squilladurante le cene con gli amici oppuresuona appena hai addormentato il bimbodopo tanta fatica, familiari che nonriescono a gestire una crisi <strong>di</strong> un lorocaro,…All’inizio, confesso, mi arrabbiavopoiché vivevo queste situazioni comeun’intrusione poi invece ho imparato chequesto è un lavoro che coinvolge tutti,ho imparato ad amarlo anch’io ed ora faparte <strong>di</strong> me e della mia famiglia: rispettoogni ospite presente e passato ed o-gnuno <strong>di</strong> loro è nel mio cuore ed in quellodel mio bambino che conosce tutti pernome.Per me è un valore vedere i loro occhiemozionati e comparire sul loro viso unleggero rossore quando si sentono chiamareper nome da una piccola creatura,oppure quando guardano me e Massimonella nostra normalità <strong>di</strong> coppia ovveroinnamorati, arrabbiati, preoccupati, tristi,felici,stanchi,…Tutti gli ospiti fanno un regalo a nostrofiglio ed anche a quello che arriveràpoiché come tutti i bambini hanno i sensiaperti e captano tutte queste emozioniche <strong>di</strong>venteranno un patrimonio per laloro vita.Buon cammino a tutti,Barbara15


E quin<strong>di</strong> uscimmo a riveder le stellePer scrutare l’universo e svelarne i segreti arriva E-ELTIl Telescopio ottico infrarosso più grande al mondo vedrà la luce entro i prossimi <strong>di</strong>eci anni in Cile econsentirà <strong>di</strong> dare risposta a domande che l’uomo si fa da sempreAnche l’Italia è coinvolta nel titanico progettoI servizi sono a cura <strong>di</strong> Carolina LaperchiaSarà poco più alto del Colosseo e avrà un occhio immenso;quaranta metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro, quasi la metà <strong>di</strong>un campo da calcio, per scrutare al meglio nuovi pianetie per rendere apparentemente vicine stelle <strong>di</strong> galassieche al momento si trovano a milioni <strong>di</strong> anni luce danoi tutti. E-ELT, il più grande telescopio ottico infrarossoal mondo, avrà bisogno <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci anni per esserecostruito e mentre il Deserto <strong>di</strong> Atacama, in Cile, è giàpronto per ospitare questo concentrato <strong>di</strong> scienza e <strong>di</strong>tecnologia ai massimi livelli, progettato nel 2006, anchel’Italia farà la sua parte all’interno <strong>di</strong> una immanecollaborazione nella quale sarà rappresentato il globocon ben quin<strong>di</strong>ci paesi. «L’Italia parteciperà attraversol’ESO, un’organizzazione internazionale costituita nel1962 per permettere agli astronomi europei <strong>di</strong> costruiretelescopi nell’emisfero sud così da poterne osservareil cielo – precisa l’astrofisica Annalisa Calamida,dall’Osservatorio <strong>di</strong> Roma ove attualmente lavora - Cisono astronomi, ingegneri e tecnici italiani che lavoranoproprio all’ESO, la cui base è a Monaco <strong>di</strong> Baviera,e poi ci sono anche astronomi qui in Italia, esattamentecome me, che collaborano al progetto aiutando a definireil caso scientifico e gli strumenti <strong>di</strong> cui avrà bisognoquesto telescopio per funzionare al meglio. Tutte lesue parti costitutive saranno realizzate in Europa conuna precisa sud<strong>di</strong>visione dei compiti tra i vari paesicoinvolti. L’Italia, per esempio, si sta già occupandodello specchio adattivo e della costruzione dell’e<strong>di</strong>ficioprincipale che ospiterà E-ELT».Come già precisato, sarà proprio il Cile ad accoglierequesto prezioso strumento. Quali sono lecaratteristiche peculiari che fanno <strong>di</strong> questo territorioun luogo particolarmente adatto ad ospitarlo?I telescopi devono essere costruiti in zone caratterizzateda clima molto secco e soprattutto stabile; c’è quin<strong>di</strong>bisogno <strong>di</strong> avere notti senza nuvole, basse turbolenzeatmosferiche e luoghi che non siano inquinati da sorgenti<strong>di</strong> luce, quin<strong>di</strong> desertici e molto lontani dai centriabitati. Il Cile, in questo senso, è in grado <strong>di</strong> offrirci isiti ideali. E-ELT sarà costruito a Cerro Amazones,una montagna a tre mila metri <strong>di</strong> altezza, molto vicinoal sito <strong>di</strong> Cerro Paranal. Oltre ai telescopi questo gran-16


de terreno, che il Cile ha donato all’ESO, ospiterà anchele strutture costruite per accogliere gli addetti ailavori che prenderanno parte al progetto sia durantesia dopo la sua effettiva realizzazione.Ritornando a E-ELT, come dobbiamo dunque immaginareconcretamente questa gran<strong>di</strong>osa“macchina”?Il telescopio, alto circa 80 metri, sarà innanzitutto costituitoda uno specchio principale che avrà un <strong>di</strong>ametro<strong>di</strong> 40 metri; lo specchio primario sarà formato da800 piccoli specchi esagonali <strong>di</strong> un metro e mezzo <strong>di</strong><strong>di</strong>ametro tenuti insieme, e quin<strong>di</strong> perfettamente allineati,grazie ad una particolare struttura. Sotto adogni specchio ci saranno poi dei pistoncini che servirannoper tenerli tutti allineati. Ci saranno poi anchealtri quattro specchi più piccoli che serviranno per rifletterela luce e inviarla ad altri strumenti.Quali sono le domande cui vi aspettate <strong>di</strong> poterdare una risposta proprio grazie a questo immensoocchio tecnologico?E-ELT è stato progettato per sciogliere <strong>numero</strong>si casiscientifici, per scoprire nuovi pianeti extrasolari, ossiaaltri sistemi planetari, e scoprire pianeti delle <strong>di</strong>mensionidella terra; per misurare l’accelerazionedell’espansione dell’universo, per stu<strong>di</strong>are stelle <strong>di</strong> galassielontanissime da noi, che adesso non possiamovedere e che al momento riusciamo ad osservare solocome minuscoli puntini, per stu<strong>di</strong>are i buchi neri che sitrovano al centro della nostra galassia e per testare lateoria della relatività generale. Quelli che ho citatosono soltanto alcuni dei <strong>numero</strong>si punti interrogativicui pensiamo E-ELT darà presto una riposta; vi è poitutta un’altra parte che riguarda invece le nuove scoperte.Ci aspettiamo <strong>di</strong> scoprire tante e nuove cose e-sattamente come fece Galileo nel 1609 quando scoprì,proprio grazie al cannocchiale che aveva costruito, chesulla luna ci sono crateri e montagne e che i piccoli pianetiche orbitavano intorno a Giove erano i suoi satelliti.ANNALISA CALAMIDA… CHI ÈLaureata in fisica all'Università <strong>di</strong> Roma Tor Vergatanel 2003 ha poi ottenuto il Dottorato <strong>di</strong> ricerca nellostesso ateneo svolgendo la sua attività all’Istituto Nazionale<strong>di</strong> Astrofisica (INAF), presso l’Osservatorio A-stronomico <strong>di</strong> Roma (INAF). Nel corso dei quattro annitrascorsi all'Osservatorio ha analizzato immagini acquisitecon i telescopi dello European Southern Observatory(ESO) nelle bande ottiche e infrarosse per <strong>di</strong>versiammassi globulari pubblicando i risultati ottenutisu riviste scientifiche internazionali. Da luglio 2008 agiugno 2010 ha lavorato presso l'ESO, a Garching(Monaco <strong>di</strong> Baviera), al progetto per la costruzione delpiù grande telescopio ottico-infrarosso da terra, lo EuropeanExtremely Large Telescope (E-ELT). In particolare,ha collaborato con l'ufficio scientifico dell'E-ELTlavorando principalmente alle simulazioni <strong>di</strong> immaginie spettri <strong>di</strong> stelle ed oggetti planetari. Attualmentelavora presso l'Osservatorio <strong>di</strong> Roma continuando acollaborare con l'ufficio scientifico dell'E-ELT, aggiornandoil Caso Scientifico del telescopio e promuovendoil progetto fra i ricercatori e il pubblico.17


Breve storia del TelescopioDa Galileo ai giorni nostriLa storia del telescopio, lo strumento che raccogliela luce proveniente da un oggetto lontano e neproduce un'immagine ingran<strong>di</strong>ta dopo averla concentratain un punto detto fuoco, inizia nel 1600 con iprimi stu<strong>di</strong> compiuti da Ruggero Bacone sulle proprietàdelle lenti piano convesseottenute sezionandouna sfera <strong>di</strong> vetro con un piano.Nel 1607 alcuni occhialaiolandesi costruirono le primelenti applicandole a strumentiassai ru<strong>di</strong>mentali mentrenel 1608 fu costruito il primomodello semplice <strong>di</strong> telescopiorifrattore, lo strumentoche proprio l’anno successivofu infine perfezionato da GalileoGalilei le cui scoperteavviarono ufficialmentel’astronomia ottica. Il problemadel modello galileianoriguardava però le proprietàstesse delle lenti che non permettevano la concentrazionedei fasci luminosi in un unico punto ma in tantesezioni, dal rosso al violetto, mentre l’immaginenon poteva essere messa a fuoco perfettamente(aberrazione cromatica). Il problema fu risolto quin<strong>di</strong>nel 1647 da Hevelius che riuscì a costruire uno strumentoa focale <strong>di</strong> 3,5 m che poi <strong>di</strong>ventarono 7,5 e infine50. Nel 1663 fu poi la volta <strong>di</strong> James Gregory cherealizzò uno strumento capace <strong>di</strong> raccogliere la lucein uno specchio paraboloi<strong>di</strong>co che a sua volta la riflettevasu <strong>di</strong> uno secondario,che la spingeva al primarioattraversandolo tramite un foro centrale. Nel 1666Newton, facendo passare un fascio <strong>di</strong> luce solare attraversoun prisma <strong>di</strong> vetro, ottenne uno spettro <strong>di</strong> coloriche definì come costituenti naturalidella luce bianca e concluseche l’aberrazione sfericaera causa della rifrazione deicolori; nel 1668 realizzò il modellonewtoniano mentre piùtar<strong>di</strong> Cassegrain costruì il suomo<strong>di</strong>ficando quello propostoprecedentemente da Gregory eapplicando come secondario unconvesso al posto <strong>di</strong> un concavo.John Dollond tentò <strong>di</strong> realizzareun sistema ottico sulla base deglistu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Newton ma con risultatiinsod<strong>di</strong>sfacenti; nel 1754intraprese però nuovi esperimentiche lo portarono a realizzareobiettivi acromatici composti da una lente convergentein crown e da una <strong>di</strong>vergente in flint. Nel 1758mise in ven<strong>di</strong>ta i primi telescopi acromatici <strong>di</strong> 1,5 metri<strong>di</strong> fuoco e nel 1765 suo figlio Peter propose un obiettivoa tre lenti. Nella prima metà dell’800 Fraunhofersviluppa ulteriormente le lenti acromatiche che eliminanol’aberrazione nelle immagini e intanto i telescopirifrattori cominciano a <strong>di</strong>ffondersi molto più che inpassato.L’European Southern ObservatoryL'ESO è l'organizzazione intergovernativa <strong>di</strong> scienza e tecnologia preminente in astronomia. Attua un ambiziosoprogramma che si concentra sulla progettazione, costruzione e gestione <strong>di</strong> potenti strutture osservative da terrache favoriscano importanti scoperte scientifiche nel campo dell'astronomia ed ha anche un ruolo <strong>di</strong> punta nel promuoveree organizzare cooperazione nella ricerca astronomica.L'ESO gestisce tre siti unici <strong>di</strong> livello mon<strong>di</strong>ale nella regione del deserto <strong>di</strong> Atacama in Cile: La Silla, Paranal eChajnantor. Il primo sito dell'ESO è a La Silla, un monte <strong>di</strong> 2400 metri <strong>di</strong> altezza, 600 chilometri a nord <strong>di</strong> Santiagodel Cile. È attrezzato con <strong>di</strong>versi telescopi ottici con specchi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro fino a 3,6 metri. Il New Technology Telescope,il cui specchio misura 3,5 metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro, ha aperto la strada al design e alla progettazione <strong>di</strong> nuovitelescopi ed è stato il primo al mondo in cui lo specchio principale fosse controllato da un computer, una tecnologiasviluppata all'ESO ed ora applicata alla maggior parte degli attuali gran<strong>di</strong> telescopi del mondo. Il telescopio <strong>di</strong> 3,6metri dell'ESO accoglie ora il principale cacciatore <strong>di</strong> esopianeti al mondo: l'High Accuracy Ra<strong>di</strong>al velocity PlanetSearcher (HARPS), uno spettrografo <strong>di</strong> precisione ineguagliata.Il quartier generale dell'ESO è a Garching, vicino a Monaco <strong>di</strong> Baviera, in Germania. Qui si trova il centro scientifico,tecnico e amministrativo dell'ESO dove vengono attuati i programmi per lo sviluppo tecnico al fine <strong>di</strong> fornireagli osservatori gli strumenti più avanzati.18


CONCORSO FOTOGRAFICO 20<strong>12</strong>I RISULTATIUno scatto “Oltre”, record <strong>di</strong> partecipantiPrimo premio per Miss human washing machine, secondo posto per PozzangheraLa volontà era quella <strong>di</strong> sapere che cosa suggerissela parola <strong>OLTRE</strong>; quali significati la gente associasseall’avverbio che oltretutto dà il nome a questo stessoperio<strong>di</strong>co, nato con l’obiettivo <strong>di</strong> dare maggiore spazio atematiche sociali che troppo spesso non trovanoun’adeguata collocazione sui mass me<strong>di</strong>a; volevamoanche sapere se i nostri tanti lettori avessero delle fotografie,scattate casualmente oppure durante viaggi<strong>di</strong> piacere, che in qualche modo fossero in grado <strong>di</strong> rappresentareal meglio il concetto <strong>di</strong> <strong>OLTRE</strong>.È nata proprio così la seconda e felice e<strong>di</strong>zione delConcorso fotografico organizzato appunto dal perio<strong>di</strong>cosemestrale della Comunità <strong>Piergiorgio</strong>, la Onlus friulanache dagli anni Settanta si adopera a sostegno dellepersone <strong>di</strong>sabili; e ad aggiu<strong>di</strong>carsi il primo posto e ilpremio, realizzato a mano dalla Cooperativa SocialeArte e Libro <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne, è stata la Signora Carlotta Nucci<strong>di</strong> Faenza, in provincia <strong>di</strong> Ravenna, con uno scattodai colori niti<strong>di</strong> e vivaci tradotto nella Copertina stessadel giornale e che la vincitrice ha titolato “Miss humanwashing machine”.Ronchi Federica, sempre <strong>di</strong> Ravenna, ha conquistatoinvece il secondo posto con lo scatto Pozzanghera chesi concretizzerà nella Copertina del mese <strong>di</strong> <strong>di</strong>cembre.Premio della Critica alla fotografia Oltre la pioggia, delSignor Pedro Fron, della provincia <strong>di</strong> Vicenza, che potreteosservare all'interno della galleria fotografica <strong>di</strong>questo <strong>numero</strong> del giornale, nella sezione speciale cheil perio<strong>di</strong>co stesso ha voluto de<strong>di</strong>care anche a quantihanno ricevuto una segnalazione <strong>di</strong> merito ossia AlessandraMontesanto (Oltre l'età, oltre il tempo); ElenaPinna (Oltre il nulla); Ilaria Greco (Io e te); Laura Passavanti(Oltre la porta <strong>di</strong> casa); Paola Trolli (Oltre ildestino umano) e Sergio Boletti (Oltre).Ronchi Federica Pozzanghera (2° classificata)LE FOTO SEGNALATEUn ringraziamento sentito e forte da parte dellaRedazione <strong>di</strong> Oltre a quanti hanno scelto <strong>di</strong> inviarci ipropri scatti prendendo così parte a un’e<strong>di</strong>zione che haregistrato davvero numeri alti in termini <strong>di</strong> presenze e<strong>di</strong> partecipazione.Ilaria Greco - Io e te (Segnalata)19


Pedro Fron - Oltre la pioggia (Premio della criti-Sergio Boletti - Oltre (Segnalata)Paola Trolli - Oltre il destino umano(Segnalata)Laura Passavanti - Oltre la porta <strong>di</strong> casa(Segnalata)Elena Pinna - Oltre il nulla (Segnalata)Alessandra Montesanto - Oltre l'età, oltre il tempo(Segnalata)20


“CIAO DARWIN!”Il Professor Boncinelli, autorità mon<strong>di</strong>ale nel campo della genetica,racconta su Oltre la Teoria dell'EvoluzioneLuca CapitoliProfessor Boncinelli, qual è il messaggio da <strong>di</strong>vulgare sulla Teoria dell'Evoluzione?È la più importante, l'unica che riesce a fare da collante a tutti gli aspetti biologici; ha 150 anni e sarebbe tempoche penetrasse nella cultura comune. In realtà vi è già penetrata ma con troppe lacune, sbavature e incertezze e ilmio ruolo è puntualizzare cosa <strong>di</strong>ce la Teoria dell'Evoluzione che è importante per la scienza ma anche per la culturaperché per la prima volta l'uomo si può voltare in<strong>di</strong>etro e osservare che cos'ha alle spalle, ossia quattro miliar<strong>di</strong><strong>di</strong> evoluzione biologica e <strong>di</strong>verse migliaia <strong>di</strong> anni <strong>di</strong> evoluzione culturale.Che cosa sono i geni, come si è giunti alla decifrazione del nostro genoma e quali gli effetti <strong>di</strong> questaconoscenza?Ognuno <strong>di</strong> noi porta in tutte le sue cellule le istruzioni per l'uso; per nascere, crescere, svilupparsi e, al momentoopportuno, per riprodursi; queste istruzioni sono scritte su un materiale che si chiama DNA, come tutti sappiamoperfettamente, e che si trasduce in un testo scritto con un alfabeto <strong>di</strong> soli quattro caratteri, AGCT. Per scrivere attraversoquattro caratteri soltanto che cos'è un animale oppure un uomo occorre però un testo molto lungo, <strong>di</strong> tremiliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> caratteri. Questo testo, che ormai conosciamo per <strong>di</strong>verse specie, compresa la nostra, può essere mentalmentesud<strong>di</strong>viso in un certo <strong>numero</strong> <strong>di</strong> capitoli <strong>di</strong> senso compiuto che definiamo geni. Ogni gene specifica una particolarefunzione biologica della nostra vita.Professore, voglio farle una domanda particolarmente <strong>di</strong>ffusa tra non addetti ai lavori. Che cosa <strong>di</strong>fferenziaun uomo da uno scimpanzé o da un cane?Da un cane parecchio ma da uno scimpanzé pochissimo perché se guar<strong>di</strong>amo quella parte del genoma che co<strong>di</strong>ficale proteine e che fino a poco tempo fa era l'unica che si conosceva c'è solo l'1% <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenza e questo non è sufficienteper spiegare tutto ciò che osserviamo <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso. Ecco quin<strong>di</strong> che dobbiamo rivolgerci a quella parte del genoma,prima inesplorata, che non co<strong>di</strong>fica proteine ma che molto probabilmente regola il modo in cui le proteine stessesono in serie. Non sappiamo ancora dove stia scritto che per esempio noi parliamo e lo scimpanzé invece no, ma sispera che lo capiremo prima o poi.Qual è il rilievo della ricerca genetica e quali i luoghi comuni che tendono a demonizzarla?La ricerca genetica produce innanzitutto conoscenza e quin<strong>di</strong>, grazie alla stessa, siamo stati in grado <strong>di</strong> capire comefunzionano molte cose del nostro corpo e <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>re eventuali anomalie, basta pensare alla <strong>di</strong>agnosi prenatale.Da questo punto <strong>di</strong> vista, dunque, ci sono soltanto aspetti positivi. Quando si passa poi a uno stu<strong>di</strong>o più approfon<strong>di</strong>to,che possiamo continuare a chiamare genetica, sebbene con una certa forzatura, e quando abbiamo imparato comesi altera il patrimonio genetico per fare cose che a noi sembrano utili, c'è invece qualcuno che pensa che questopossa essere pericoloso. Ma è soltanto una paura che tutti gli animali hanno del futuro e del nuovo, e siccome inrealtà anche noi siamo animali, abbiamo una certa ostilità per ciò che è insolito, soprattutto oggi che le novità sisusseguono secondo ritmi molto accelerati.Si riferisce alla clonazione?Questa è una parola che non esiste e che è soltanto frutto dei mass me<strong>di</strong>a.Intende forse <strong>di</strong>re che in realtà non si clona nulla ma si crea semplicemente qualcosa <strong>di</strong> molto simile aqualcos'altro?Se parliamo <strong>di</strong> animali o <strong>di</strong> piante sappiamo che è assolutamente possibile fare un cavallo, un cane, un gatto, unapecora oppure una rapa e un cavolo con lo stesso patrimonio genetico <strong>di</strong> un altro ma questa è una cosa vecchissimache esiste già. Quando per esempio infilo nel terreno un ramo <strong>di</strong> geranio per produrre la pianta sto facendo esattamentequello che oggi si chiama clonazione. Sarebbe qualcosa <strong>di</strong> serio e <strong>di</strong> nuovo se si trattasse invece <strong>di</strong> esseri u-mani ma per il momento nessuno l'ha ancora fatto e non è in previsione che qualcuno lo faccia. A <strong>di</strong>re il vero i cloniumani già ci sono e sono i gemelli identici. Due gemelli identici sono prodotti naturali che hanno lo stesso identicogenoma ma non le stesse impronte <strong>di</strong>gitali, come d'altra parte tutti sanno, e questo già la <strong>di</strong>ce lunga. Certo, se producessimoun milione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui con lo stesso patrimonio genetico, forse qualcuno <strong>di</strong> quelli si somiglierebbe ma incosa e come, questo non è preve<strong>di</strong>bile.In chiusura, che cosa si sente <strong>di</strong> comunicare a tutti quei giovani che stanno leggendo le sue parole?Desidero soltanto sottolineare che quello del ricercatore è in assoluto il mestiere più bello del mondo perché sod<strong>di</strong>sfala nostra curiosità. Non lo cambierei con niente altro e per nessun motivo.21


“Non esiste una persona obesa che non abbia usufruitodei <strong>numero</strong>sissimi consigli <strong>di</strong>etetici forniti dauna varietà <strong>di</strong> professionisti più o meno esperti nellamateria. Come anche non esiste una persona obesa chenon abbia, per tempi più o meno lunghi, recepito e applicatoqualcuno dei consigli e che non sia <strong>di</strong>magrita.In effetti <strong>di</strong>magrire non è assolutamente <strong>di</strong>fficile, èinvece <strong>di</strong>fficile perdere peso e poi mantenere il pesoraggiunto una volta <strong>di</strong>magriti”.Nata più <strong>di</strong> vent’anni fa l’A.N.D.I. <strong>di</strong> Cordenons,l’Associazione Nazionale Dimagrire Insieme, è unaassociazione <strong>di</strong> auto mutuo aiuto nella quale si con<strong>di</strong>vidonole esperienze, e non solo <strong>di</strong>etetiche, per aiutarsireciprocamente. Nel 1988 un gruppo <strong>di</strong> persone decide<strong>di</strong> affrontare il “problema peso” in modo nuovo e innovativo.Il sistema seguito ricalca il modello <strong>di</strong> altrigruppi <strong>di</strong> auto mutuo aiuto.Attualmente l’associazione conta circa 1500 iscrittied è presente nel Friuli Venezia Giulia, nel Veneto, inLiguria e, viste le richieste, conta <strong>di</strong> espandersi anchein altre regioni. L’A.N.D.I. non dà <strong>di</strong>ete e non ci sonoesperti (psicologi, <strong>di</strong>etologi etc.) all’interno dei gruppiperché gli esperti sono i soci stessi. Come supporto aisoci esiste tuttavia, nell’associazione, un Comitatoscientifico composto da me<strong>di</strong>ci, psicologi e <strong>di</strong>etisti cheattraverso glistrumenti delleconferenze perio<strong>di</strong>che,delle scuoleterritoriali, deicorsi per operatori<strong>di</strong> club e degli articolisul giornaledell’associazione“La Libellula”,aggiorna sulle novitàscientifiche nel campo della <strong>di</strong>etetica e mette inguar<strong>di</strong>a nei confronti delle cosiddette ultime “mode”.Lo scopo principale dell’A.N.D.I. è perdere pesocambiando una volta per tutte il proprio stile <strong>di</strong> vita. Èun’associazione libera e apolitica senza fini <strong>di</strong> lucro chesi ripromette i seguenti scopi:Diffondere la conoscenza <strong>di</strong> terapie preventive e <strong>di</strong>22


eliminazione dell’obesità senza alcuno scopo <strong>di</strong>agnosticoo terapeutico nell’ambito dell’obesità stessa.Difendere la salute, intesa come benessere fisico, psichicoe sociale, rimuovendo e prevenendo, in particolare,i <strong>di</strong>sagi legati all’obesità.Coinvolgere operatori socio sanitari perun’assistenza personalizzata ai singoli membri e per lanecessaria attività <strong>di</strong> informazione, aggiornamento,educazione e formazione continua <strong>di</strong> tutti gli associati.Collaborare con tutte le istituzioni e i Servizi esistenti,pubblici e privati, impegnati nel trattamento e nellatrattazione del sovrappeso e dell’obesità, nell’igiene enell’educazione alimentare anche attraverso pubblici<strong>di</strong>battiti, conferenze e opuscoli informativi.Attivare iniziative riabilitative, culturali, ricreative e<strong>di</strong> sensibilizzazione finalizzate allo scopo primariodell’Associazione.MANGIAR BENECOSA SI DEVE FAREDate il giusto tempo alla tavolaNiente è vietato, basta moderarsiCOSA NON SI DEVE FARERinunciare al pastoVisitare il frigoriferoSaltare la prima colazionePiluccare fuori dai pastiMangiare davanti al computer o alla TvFare <strong>di</strong>ete miracoloseFRASI DA EVITARESe sgarro pazienza. Domani ricomincioDurante la settimana resisto ma nei weekend…Tanto non ce la faccio ad arrivare fino in fondoChe senso ha continuare se dopo ingrasso <strong>di</strong>nuovo?COSÌ FUNZIONAFaccio la <strong>di</strong>eta per me stessoMi gratifico con un regaloLE SEDI DELL’ASSOCIAZIONEDivertirsi scioglie i grassi23


Maurizio Trevisan24IL COLLEGAMENTO TRA FRIULI E SICILIAPASSA ANCHE DALLA COMUNITÀ PIERGIORGIO“Quando noi non ci saremo, i nostri ideali continueranno a camminarecon le gambe <strong>di</strong> chi verrà dopo <strong>di</strong> noi“. (G.Falcone)Viviamo in questo periodo la memoria <strong>di</strong> una pagina tragica della storia del nostroPaese, il 23 Maggio 1992 a Capaci muoiono il Giu<strong>di</strong>ce Giovanni Falcone, la moglie FrancescaMorvillo, gli Agenti della Scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Ilsuccessivo 19 Luglio a Palermo, in via d’Amelio, muoiono il Giu<strong>di</strong>ce Paolo Borsellino, gliAgenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Ed<strong>di</strong>eCosina e Clau<strong>di</strong>o Traina. Benché siano trascorsi vent’anni, facciamo ancora fatica a percepirela reale <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> quelle stragi perché i presupposti, il contesto, gli intrecci <strong>di</strong>interessi che l’hanno determinata sono stati chiariti solo in parte e costituiscono una realtàdel nostro Paese non ancora superata. Perché anche questa vicenda, alla pari <strong>di</strong> tantegran<strong>di</strong> pagine della storia umana, sono state scritte con il sangue delle vittime.Così come un film <strong>di</strong>viso in due parti, due avvenimenti <strong>di</strong>stinti ma uniti nelle motivazionivanno a definire un’unica trama. Due Magistrati particolarmente esposti nella lottaal potere mafioso, nella <strong>di</strong>fesa dello Stato, della Giustizia, nel far valere quelle leggi promulgate a garanzia e <strong>di</strong>fesadella Dignità della vita sociale <strong>di</strong> ogni Persona; e inoltre, gli Agenti preposti alla loro tutela, presenti nella vita enella morte, come angeli che nulla possono <strong>di</strong> fronte all’enormità dell’offesa, se non con<strong>di</strong>videre la sorte del loroprotetto, per suggellare quel tacito patto che lega coloro che credendo nella Giustizia, sono <strong>di</strong>sposti a viverequell’ideale anche oltre i limiti dell’umana esistenza. E proprio Giovanni Falcone nella consapevolezza del rischioche stava correndo ebbe a <strong>di</strong>re: “quando noi non ci saremo, i nostri ideali continueranno a camminare con le gambe<strong>di</strong> chi verrà dopo <strong>di</strong> noi“.A Capaci e in via d’Amelio il potere mafioso ha voluto <strong>di</strong>mostrare tutta la sua grande forza <strong>di</strong>struttrice per annientarecoloro che già a caro prezzo avevano osato in<strong>di</strong>viduare nomi e volti <strong>di</strong> quel potere che per decenni, beneficiandoanche <strong>di</strong> coperture, protezioni e collusioni, determinava gli interessi politico – economici fra esponenti delloStato e delinquenza organizzata. Cinquantasette giorni sono trascorsi fra le due fasi culminanti <strong>di</strong> questa vicenda.In due tempi gli uomini <strong>di</strong> “Cosa Nostra” hanno annientato i due Magistrati più rappresentativi <strong>di</strong> quel “pool” creatofra mille <strong>di</strong>fficoltà e polemiche per concentrare le forze dello Stato nella lotta a un nemico talmente subdolo einvisibile da essere definito da alcuni “inesistente”. Quel gruppo <strong>di</strong> magistrati, coor<strong>di</strong>nati dal Procuratore AntoninoCaponnetto, riuscì invece a portare in tribunale e a far condannare gli uomini della mafia in quello che è stato definitoil maxiprocesso a “Cosa Nostra”. L’idea che ognuno <strong>di</strong> noi si fa <strong>di</strong> una storia <strong>di</strong>pende molto dal punto <strong>di</strong> vistadal quale osserva la vicenda, da quanto ne è personalmente coinvolto. Noi qui dal nostro Friuli, geograficamentetanto <strong>di</strong>stanti dalla Sicilia, siamo stati apparentemente poco coinvolti benché dal 1861 parte dell’unica Italia. Siamoforse più coinvolti per via <strong>di</strong> tante vicende personali che vedono persone <strong>di</strong> origine siciliana abitare qui in Friuliper lavoro, per famiglia e viceversa <strong>di</strong> friulani legati per analoghi motivi alla Sicilia.Abbiamo invece avuto modo <strong>di</strong> constatare che fra gli Agenti della Scorta del Giu<strong>di</strong>ce Borsellino, che con lui sonomorti in via d’Amelio, c’era anche l’Agente Scelto della Polizia <strong>di</strong> Stato Cosina Walter Ed<strong>di</strong>e. Ed<strong>di</strong>e era un triestinodoc che prestava servizio alla Digos della Questura della Sua amatissima Trieste. Cosa ci faceva dunque a Palermo,cosa c’entrava lui con quelle vicende cosi lontane? Ebbene, bisogna ricordare che la tragica morte dei due magistratisiciliani, unitamente a loro agenti <strong>di</strong> scorta, non è stata altro che l’epilogo <strong>di</strong> una storia iniziata molti anniprima. Abbiamo già ricordato che questi due Magistrati, unitamente ai loro colleghi del pool antimafia, erano riuscitia dare volti e nomi agli uomini <strong>di</strong> “Cosa Nostra”, ma non solo, li avevano anche portati a giu<strong>di</strong>zio in quel“maxiprocesso” che ha costituito all’epoca la fase culminante della lotta al potere mafioso. Processo svoltosi a Palermonell’aula “bunker” istituita appositamente all’interno del carcere Ucciardone. Un processo durato quasi due anni,dal 10 febbraio 1986 al 16 <strong>di</strong>cembre 1987, che ha visto coinvolti 474 imputati, centinaia <strong>di</strong> testimoni ed ha costituitoun fatto storico <strong>di</strong>venuto molto importante nella storia della nostra Repubblica.All’epoca, per assicurare l’incolumità <strong>di</strong> Giu<strong>di</strong>ci e testimoni, furono mobilitati operatori specializzati nelle scorte<strong>di</strong> sicurezza da tutta Italia. Mobilitazione che si è protratta per anni perché al maxiprocesso sono seguiti i processid’appello, perché il potere mafioso da un lato cominciava ad essere meno invisibile, più concreto con i suoi organigrammi,la sua struttura, le gerarchie. Dall’altro lato sapeva <strong>di</strong>fendersi anche nei meandri delle burocrazie giu<strong>di</strong>ziarieottenendo scarcerazioni per decorrenze e cavilli formali. Così avvenne che agenti delle Digos <strong>di</strong> tutte le questured’Italia, specializzati nelle scorte, furono coinvolti nei servizi <strong>di</strong> sicurezza a Palermo e in molte altre località


della Sicilia.La vicenda <strong>di</strong> Walter Ed<strong>di</strong>e è <strong>di</strong> per sé emblematica, non solo perché al pari <strong>di</strong> moli altri colleghi più volte raggiunsee soggiornò a Palermo per affrontare quelle esigenze ma anche per le logiche a noi imperscrutabili con lequali il destino opera nelle nostre esistenze. Ed<strong>di</strong>e infatti il 19 luglio 1992 aveva già ultimato il suo periodo <strong>di</strong> attivitàal “nucleo scorte” della Questura <strong>di</strong> Palermo e si approssimava a rientrare a Trieste. I bagagli erano pronti, ilvolo prenotato. Si avvicendava con un suo collega d’ufficio della Digos <strong>di</strong> Trieste che era già arrivato a Palermo.Ed<strong>di</strong>e però ha insistito perché il Collega ultimate le formalità <strong>di</strong> rito, si sistemasse anche con i bagagli nell’alloggiodove avrebbe soggiornato. Ed<strong>di</strong>e gli <strong>di</strong>sse <strong>di</strong> non avere fretta, avrebbe fatto lui anche quel servizio, poi si sarebberosalutati. È stato così, come innumerevoli altre volte, un atto <strong>di</strong> cortesia fra colleghi d’ufficio legati anche da rapportod’amicizia ha sancito l’incontro <strong>di</strong> Ed<strong>di</strong>e con il suo tragico destino creando però nel contempo un legame ideale ein<strong>di</strong>ssolubile con coloro che insieme a lui hanno con<strong>di</strong>viso lo stesso destino: Paolo Borsellino, Agostino Catalano,Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Clau<strong>di</strong>o Traina. Ma anche con il suo amico e collega <strong>di</strong> Trieste Vanni, nonché tuttiquei colleghi che lo conoscevamo e che gli sono stati e gli saranno sempre amici.Anche qui da U<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>versi agenti della Digos, specializzati nei servizi <strong>di</strong> scorta, partirono a più riprese alla voltadella Sicilia e fra essi Antonio Vignaduzzo, ora ospite della Comunità <strong>Piergiorgio</strong>. Antonio nel gennaio 1991 èrimasto coinvolto in un grave incidente stradale che gli ha causato l’immobilità fisica ma in lui sono vivi più chemai tutti i ricor<strong>di</strong> legati all’intensa attività che ha svolto per quasi vent’anni nella Polizia <strong>di</strong> Stato. Antonio, chetuttora è un “ragazzo” dalla struttura alta e massiccia, nel 1983, dopo il trasferimento dalla Questura <strong>di</strong> Trieste aquella <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne, ha partecipato in Sardegna, presso il reparto <strong>di</strong> Abbasanta, al corso per gli operatori delle Digosabilitati al servizio <strong>di</strong> scorta e tutela alle personalità dello Stato esposte a rischi. Un periodo impegnativo perché ilcorso era molto selettivo, condotto secondo i protocolli perfezionati con l’FBI americana, anch’essa impegnata nellalotta alla malavita organizzata italoamericana. Negli anni seguenti gli impegni per Antonio sono stati molteplici,quelli più continuativi hanno riguardato proprio le scorte <strong>di</strong> Palermo. Varie volte ha scortato sia Falcone che Borsellino,li conosceva personalmente e in particolare c’è stato un fatto che merita <strong>di</strong> essere ricordato. Borsellino vennequi a U<strong>di</strong>ne dove già il sindaco <strong>di</strong> Palermo Leoluca Orlando aveva intessuto rapporti <strong>di</strong> carattere politico. Inquella circostanza quei poliziotti che erano soliti partire da U<strong>di</strong>ne per andare a scortare il Giu<strong>di</strong>ce Borsellino a Palermo,si videro per così <strong>di</strong>re “ricambiata la visita“, tant’è che quel giorno il Magistrato concluse la serata con loro,a casa <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> essi, nella zona <strong>di</strong> Moruzzo, ad assaporare un ottimo Picolit.Un secondo impegno importante <strong>di</strong> Antonio negli anni 1988-1989 ha riguardato il servizio svolto al seguitodell’allora Ministro dei trasporti On. Giorgio Santuz. Due anni nel corso dei quali all’allora Ministro u<strong>di</strong>nese è stataassicurata la tutela e l’incolumità soprattutto in considerazione dell’altissimo ruolo ricoperto. Fra gli impegnipiù occasionali, per la risonanza che ha avuto, ricor<strong>di</strong>amo la visita del Principe Carlo d’Inghilterra. Anche ad essoAntonio con la sua consueta presenza attenta e <strong>di</strong>screta, ha assicurato l’incolumità per i giorni in cui si è intrattenutonella nostra regione. Ma viene forse un momento nella vita in cui ci fermiamo per i motivi più <strong>di</strong>versi, soloallora ci voltiamo e guar<strong>di</strong>amo tutta la strada che abbiamo fatto come dalla sommità <strong>di</strong> un monte e forse solo allorariusciamo a percepire il valore <strong>di</strong> una scelta, <strong>di</strong> un gesto, <strong>di</strong> una presenza. Di una parola detta o negata o forse solamenteascoltata. Forse le gran<strong>di</strong> imprese della vita si alimentano proprio della quoti<strong>di</strong>anità, della costanza, dellacoerenza delle piccole gran<strong>di</strong> cose <strong>di</strong> ogni giorno, nella consapevolezza delle nostre azioni, delle nostre decisioni.Forse questa è anche l’ere<strong>di</strong>tà che ci hanno lasciato coloro che hanno avuto il coraggio <strong>di</strong> andare avanti giorno dopogiorno, certi solo <strong>di</strong> stare dalla parte giusta della storia, anche quando questo ha comportato il rischio <strong>di</strong> esserespazzati via dalle preponderanti forze del male. Ma il bene è in<strong>di</strong>struttibile, è un ideale che vive <strong>di</strong> un sentimentoineffabile, che ha camminato con chi ciha preceduti e continuerà a crescereanchecon chi verrà dopo <strong>di</strong> noi. È unvalore non calcolabile, una pianta checresce e si moltiplica nel perpetuarsidella storia, i cui frutti sono ben oltread essa, in una <strong>di</strong>mensione che gli uomini<strong>di</strong> tutti i tempi hanno sempre a-vuto modo solo <strong>di</strong> intuire, <strong>di</strong> percepirenel sentimento, nell’arte, nella musica,nel misticismo <strong>di</strong> tutte le credenze religiosee lo hanno sempre espresso intutti i tempi, nella costante contrapposizionealle forze del male.25


Incontricongli autoriPAOLOPATUIleggereètemposalvato[Erri De Luca]«LEGGERE È UN PICCOLOATTO DI RIBELLIONE»Lo ha spiegato lo scrittore friulano Paolo Patui alnutrito pubblico accorso alla <strong>Piergiorgio</strong> in aprileper ascoltarne pensieri, parole e riflessioni sullacultura italianaCarolina Laperchia«Spero sia arrivato il messaggio per cui io sono unapersona che fa le cose per passione e perché ci crededavvero. Ho sempre lavorato facendo scelte molto personali,vere e sentite, e siccome sono anche un grandeprovocatore spero soprattutto <strong>di</strong> avere stimolato nelpubblico domande interiori, <strong>di</strong> quelle che ognuno <strong>di</strong>noi, in fondo in fondo, si porta inevitabilmente dentro.Mi piace creare dubbi nelle persone che incontro e26


aprire la mente degli altri a punti <strong>di</strong> vista <strong>di</strong>fformi, chenon sono sempre quelli ovvi e scontati». Le parole benscan<strong>di</strong>te; il ritmo della voce gestito con la sapienza <strong>di</strong>chi da anni è ormai avvezzo a parlare con la gente e acon<strong>di</strong>videre con il pubblico letture d’ogni tipo.E così anche giovedì 19 aprile lo scrittore friulanoPaolo Patui ha saputo conquistare quanti hanno scelto<strong>di</strong> passare un intero pomeriggio alla Comunità <strong>Piergiorgio</strong>per ascoltarne i pensieri e le riflessioni, spessosollecitate da domande che non hanno certo tardato adarrivare. Classe 1957, una laurea in Lettere con unatesi su Luigi Candoni pubblicata poco tempo dopo; svariateregie teatrali e tante scritture, soprattutto infriulano, con l’amico carissimo Elio Bartolini. «Non c’èpiù da cinque anni ma per me è stato e resterà sempreun padre culturale – ha spiegato lo scrittore nel corsodel pomeriggio contemplato nella rassegna mensile“Incontri con l’autore” che la Onlus ha ripreso propriocon il mese <strong>di</strong> aprile - Con e per la lingua friulana hopotuto scrivere cose che hanno avuto una risonanzanotevole dando un contributo <strong>di</strong> due tipi alla nostracultura. Credo innanzitutto<strong>di</strong> avere <strong>di</strong>mostratoche il teatro friulanonon è semplicementequello della farsacomica ma che hauna forza e una <strong>di</strong>gnitàche può e che deve assolutamenteavere, einfine ho provato a <strong>di</strong>reche la lingua friulana,che nel tempo si è certamente“sporcata”, ègiustamente una lingua<strong>di</strong> incontro tra popolie culture <strong>di</strong>fferentied è bene che sia così». Curioso, eternamente de<strong>di</strong>toalla sperimentazione <strong>di</strong> nuovi progetti, convinto dellasincerità delle cose e dell’importanza <strong>di</strong> vivere nelmondo senza maschere, presentandosi sempre agli altriper ciò che si è realmente, Paolo Patui non sa sedefinirsi o meno credente ma confessa comunque <strong>di</strong>essere se non altro affascinato dalla possibilitàdell’esistenza dell’Altissimo; friulano doc e u<strong>di</strong>nese <strong>di</strong>nascita; <strong>di</strong>screto viaggiatore, perché i libri «sanno fartifare comunque dei meravigliosi giri del mondo», Paoloè anche il Direttore artistico della Rassegna letterariaLeggerMente che da otto anni, nella suggestiva cornice<strong>di</strong> San Daniele, accoglie nomi preziosi della culturaitaliana chiamati a con<strong>di</strong>videre qualcosa <strong>di</strong> sé con ilpubblico presente attraverso la lettura dei libri.«Questo appuntamento, che nel corso del tempo è<strong>di</strong>ventato qualcosa <strong>di</strong> grande e <strong>di</strong> importante, è nato inrealtà in modo molto semplice e soprattutto dalla miaesigenza <strong>di</strong> leggere in classe ad voce alta – ha raccontatoalla nutrita platea dell’Aula Didattica lo scrittorefriulano che è anche insegnante e che nel 2006 ha pubblicatoper la narrativa Volevamo essere i Tupamaros,Premio nazionale Piccola e<strong>di</strong>toria <strong>di</strong> qualità – Credoche oggi come oggi leggere sia una piccola forma <strong>di</strong> ribellione.In fondo, se ci pensiamo bene, viviamo in unarealtà che ruba il nostro tempo mentre la lettura è unatto <strong>di</strong> forza; significa scegliere <strong>di</strong> prendersi del tempoper se stessi, <strong>di</strong>re al mondo <strong>di</strong> restare al suo posto perun po’ e aprire invece un’altra grande pagina, su unmondo però completamente <strong>di</strong>verso».Adora l’Orlando Furioso dell’Ariosto, ama moltoalcune cose scritte da Verga, trova che Calvino sia leggeroe leggiadro mentre considera le poesie <strong>di</strong> Pasoliniuniche a <strong>di</strong>re poco. Appassionato degli scrittori irlandesie profondamente legato a Cent’anni <strong>di</strong> solitu<strong>di</strong>ne,<strong>di</strong> Gabriel Garcia Marquez, letto a vent’anni e che consideracertamente illibro della sua vita, Patuinon ha dubbi quandogli si chiede un consigliosu qualche libroda regalare a un amicoo da riprendere in manodopo tanto tempo.«Ad un amico credo regalereiuna bella raccolta<strong>di</strong> racconti comicifirmata da StefanoBenni mentre consigliereia tutti <strong>di</strong> riaprire ilBarone rampante <strong>di</strong>Italo Calvino che ascuola forse ci hanno fatto o<strong>di</strong>are nella sua versioneridotta. Rileggetelo adesso, integralmente, e riscopriretesenza dubbio in quel libro una piccola Bibbia <strong>di</strong> riflessioniimportanti». Convinto che confinare la letturaa quel prezioso angolo che oggi tutti noi chiamiamotempo libero sia una fortissima limitazione, Patui definisceil libro un possesso che è un peccato leggere soltantosu internet. «È una cosa tua che ti resta e che avolte annusi – ha ammesso lo scrittore congedandosiinfine dal pubblico soltanto dopo un’apprezzata interpretazione<strong>di</strong> alcuni passi scelti del proprio libro scrittonel 2006 – È vero, a volte alcuni libri non riesci a trovarliin biblioteca, mentre sono <strong>di</strong>sponibili in rete, maun bel libro vecchio ti dà sempre sollecitazioni sensorialiche lo schermo mai e poi mai sarà in grado <strong>di</strong> offrirti».27


«I PAZIENTI DIABETICI HANNO BISOGNO DI RISPOSTEADESSO, E NON SOLTANTO IN FUTURO»A lanciare il monito è la dott.ssa Francescato, alle prese con un algoritmo <strong>di</strong> calcolo che promette airagazzi giovani colpiti da <strong>di</strong>abete <strong>di</strong> tipo 1 <strong>di</strong> praticare attività fisica in totale sicurezza, senza correreil rischio <strong>di</strong> pericolose crisi ipoglicemiche da sforzoCarolina LaperchiaRicorda che lo sport è importante; bada che fareattività fisica in modo regolare è un vero e proprio toccasanaper il corpo e per la mente; non <strong>di</strong>menticare chemuoversi fa bene, soprattutto perché aiuta a teneresotto controllo il livello degli zuccheri nel sangue che avolte, ahimè, può anche “dare <strong>di</strong> matto”. I“Comandamenti della salute” sono presto detti e oramaili conosciamo tutti molto bene perché ci vengonoripetuti da sempre. Ma che cosa accade quando unapersona, soprattutto giovane, soffre <strong>di</strong> <strong>di</strong>abete e si ritrovaa dover quin<strong>di</strong> combattere costantemente conpericolosi sbalzi glicemici? Succede che c’è bisogno <strong>di</strong>Ecres Creid, selezionato tra i 265 progetti nazionalipiù innovativi nell’ambito dell’iniziativa “Italia degliinnovatori” promossa dalla Presidenza del Consigliodei ministri e che si traduce <strong>di</strong> fatto in un semplicissimoalgoritmo <strong>di</strong> calcolo; un’ancora <strong>di</strong> salvezza creatada un team <strong>di</strong> ricerca multi<strong>di</strong>sciplinare dell’Università<strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne per consentire a chi soffre <strong>di</strong> <strong>di</strong>abete giovanile<strong>di</strong> praticare attività fisica in totale sicurezza, senzacorrere il rischio <strong>di</strong> spiacevoli crisi ipoglicemiche dovuteproprio allo sforzo. «Nell’accezione più comune il<strong>di</strong>abete è una patologia che porta a un livello eccessivo<strong>di</strong> zucchero nel sangue mentre al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> questaetichetta ci sono poi il <strong>di</strong>abete <strong>di</strong> tipo 1, patologia giovanileautoimmune, e il <strong>di</strong>abete <strong>di</strong> tipo 2, quellodell’anziano, per cui l’organismo non riesce più a produrreinsulina in sufficiente quantità, l’ormone che haproprio il compito <strong>di</strong> tenere sotto controllo i livelli <strong>di</strong>glucosio nel sangue – spiega la dott.ssa Maria PiaFrancescato, del Dipartimento <strong>di</strong> Scienze me<strong>di</strong>che ebiologiche dell’ateneo friulano – La maggior parte deipazienti <strong>di</strong>abetici tende ad avere concentrazioni <strong>di</strong> insulinatroppo alte durante la giornata per poter fareattività fisica o comunque più rilevanti rispetto a ciòche accadrebbe in un soggetto sano e la conseguenza èche questi stessi pazienti rischiano un eccessivo abbassamentodella glicemia ogni volta che si muovono. Ilcalo <strong>di</strong> zucchero porta poi generalmente all’assunzione<strong>di</strong> glucosio attraverso il cibo per compensare lo sbalzocon la conseguenza che alla fine la glicemia si alza eccessivamenteoriginando il cosiddetto effetto yo-yo,andando quin<strong>di</strong> su e giù continuamente, senza mairiuscire a raggiungere una situazione reale <strong>di</strong> equilibrio».Proprio per ovviare a questi picchi glicemiciche si rincorrono nell’arco della giornata, e chespesso incoraggiano dunque la sedentarietà nelpaziente <strong>di</strong>abetico, onde scongiurare crisi chepossono ad<strong>di</strong>rittura portare al coma, voi aveteapprontato un algoritmo <strong>di</strong> calcolo che rispondeal nome <strong>di</strong> Ecres Creid…«Esattamente. Attraverso questo programma è possibilecalcolare con la massima precisione l’esatta quantità<strong>di</strong> carboidrati che il paziente <strong>di</strong>abetico deve assumerein previsione della specifica attività fisica cheintende fare. In particolare, il software Ecres (Exercisecarbohydrates requirement estimating system) stima laquantità <strong>di</strong> zuccheri che il <strong>di</strong>abetico deve assumere perprevenire l’insorgenza <strong>di</strong> sbilanci glicemici primadell’inizio dell’attività fisica e durante; il <strong>di</strong>spositivoCreid (Carbohydrate requirement estimating instrumentfor <strong>di</strong>abetics), progettato in collaborazione con ungruppo <strong>di</strong> ingegneri dell’Università <strong>di</strong> Trieste, monitorail paziente durante l’attività fisica grazie al softwarevalutando in <strong>di</strong>retta il rischio <strong>di</strong> ipo/iperglicemia.Indossato unitamente a una fascia per rilevare la frequenzacar<strong>di</strong>aca, in<strong>di</strong>vidua durante l’attività il momentoin cui il paziente è a rischio e lo avvisa tramiteun segnale acustico, visivo o tattile. Sino ad ora eravamoriusciti a mettere a punto un software su un servervia internet per cui la terapia del paziente veniva ovviamentecaricata attraverso la rete e il paziente stessopoteva comunicare con il software attraverso il propriocellulare con la possibilità <strong>di</strong> avere quin<strong>di</strong> un imme<strong>di</strong>atoriscontro rispetto al carico <strong>di</strong> lavoro fisico cheavrebbe potuto affrontare per evitare il rischio28


dell’ipoglicemia da sforzo».L’algoritmo è già un dato <strong>di</strong> fatto, oltretuttosperimentato su alcuni pazienti con successo. Suche cosa state dunque lavorando al momento?«Nella nostra mente, e in collaborazione con i bioingegneri,stiamo adesso lavorando sulla possibilità <strong>di</strong> ricorrerea un piccolo strumento, come il car<strong>di</strong>ofrequenzimetroper esempio che oramai tutti utilizzano in palestra,in cui inserire questo software in modo tale cheil paziente possa avere costantemente a <strong>di</strong>sposizione, esoprattutto con sé, il programma. Stiamo dunque cercando<strong>di</strong> capire quali potrebbero essere i “canali” piùagevoli per rendere ancora più fruibile per i pazientiche ne hanno bisogno questo sistema <strong>di</strong> calcolo e stiamovalutando la possibilità <strong>di</strong> inserirlo in piccoli apparecchioppure nei cellulari cosicché il paziente possaricevere i dati anche tramite bluetooth. L’algoritmofunziona in una buona percentuale <strong>di</strong> casi; adesso sitratta soltanto <strong>di</strong> trovare, tra le varie possibilità cheabbiamo a <strong>di</strong>sposizione, quella più adeguata. Il sistemautilizzato inizialmente, e che sfruttava internet,era corale e ci dava quin<strong>di</strong> la possibilità <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficareeventuali errori a favore <strong>di</strong> tutti. Creare invece un piccolosoftware da inserire nel cellulare del singolo in<strong>di</strong>viduooppure in un piccolo strumento come il car<strong>di</strong>ofrequenzimetroporterà a una maggiore autonomia delpaziente».Dott.ssa Francescato, in chiusura, ahimè, unanota dolente…«Il problema fondamentale, che riguarda poi anchetutto il lavoro che facciamo scientificamente a livellouniversitario, è l’assoluta carenza <strong>di</strong> fon<strong>di</strong>. Lancerei undardo contro i finanziatori che sostengono soltanto certiambiti della ricerca. Si fa ricerca su cose importantissime,su questo non ci sono dubbi, ma esistono anchesettori meno clamorosi che però hanno il vantaggio<strong>di</strong> fornire risposte imme<strong>di</strong>ate e concrete a chi ne habisogno. Per quanto riguarda le persone che soffrono <strong>di</strong><strong>di</strong>abete <strong>di</strong> tipo 1, per esempio, vengono finanziati moltopiù facilmente progetti che prevedono il trapiantodel pancreas. Progetti fondamentali per il futuro, cimancherebbe, ma non dobbiamo mai <strong>di</strong>menticare chenoi facciamo i conti con i pazienti <strong>di</strong> adesso, con quellepersone che oggi vanno in ipoglicemia e che in questopreciso istante necessitano <strong>di</strong> soluzioni adeguate ailoro problemi».Diabete, facciamo un po’ <strong>di</strong> chiarezzaLa parola identifica una malattia che si traduce nellapresenza <strong>di</strong> tassi molto alti <strong>di</strong> glucosio nel sangue(iperglicemia) a causa <strong>di</strong> una quantità anomala o <strong>di</strong>un’alterata funzione dell’insulina; l’insulina è un ormoneche viene prodotto dal pancreas per trasportarelo zucchero assunto attraverso gli alimenti nelle celluledell’organismo e per fare in modo che il glucosiostesso possa essere utilizzato dal corpo come fonteenergetica. Quando questo meccanismo risulta tuttaviaalterato,ecco che il glucosio si accumula nel circolosanguigno provocando dunque la malattia.Il Diabete può essere <strong>di</strong> tre tipi.Parliamo infatti <strong>di</strong> Diabete 1 (detto anche giovanilepoiché insorge nell’infanzia o durante l’adolescenza)quando il pancreas non produce affatto l’insulina, chedeve quin<strong>di</strong> essere per forza iniettata ogni giorno eper sempre.Il Diabete <strong>di</strong> tipo 2, che si manifesta invece dopo i30/40 anni, è la forma in assoluto più comune e rappresentacirca il 90% dei casi <strong>di</strong> questa malattia. Nonostantela sua eziogenesi sia sconosciuta, il pancreasè comunque in grado <strong>di</strong> produrre l’insulina mentre lecellule dell’organismo non sono capaci <strong>di</strong> utilizzarla. Ilrischio <strong>di</strong> sviluppare la malattia aumenta con l’età,con la presenza <strong>di</strong> obesità e con la mancanza <strong>di</strong> attivitàfisica mentre i fattori <strong>di</strong> rischio riconosciuti comestrettamente legati alla sua insorgenza sono rappresentatidalla familiarità, dallo scarso esercizio fisico,dalla con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> sovrappeso e dall’appartenenza adalcune etnie.Vi è infine una terza tipologia <strong>di</strong> Diabete, quello gestazionale,che può eventualmente insorgere durantela gravidanza.29


DIRE, FARE, BACIARE, LETTERA, TESTAMENTOBreve viaggio nei giochi <strong>di</strong> un tempoEnrico Pincorrispondeva un pegno: “<strong>di</strong>re fare baciare lettera testamento”.Questa era la versione base, nel tempoqualcuno introdusse anche “... pugno sotto il mento,tortura cinese e tortura giapponese”. Ma la prima versione,quella breve è quella che è sempre stata la piùutilizzata.Erano le estati lunghe, quelle che iniziavano a metàgiugno e finivano a metà settembre, erano i mesi senzascuola ma anche senza centri estivi, senza corsi <strong>di</strong> nuoto,erano mesi nei quali “le cambiali”, parola che oramainon si usa più, tenevano le famiglie a casa e le ferieerano per lo più delle gite al mare <strong>di</strong> un giorno.Un tempo che sembrava quasi illimitato, così lungoche finivi per annoiarti. Stavi fuori tutto il giorno con ituoi amici, bastava un elastico, due o tre amici e unase<strong>di</strong>a … Due <strong>di</strong> noi tenevano l’elastico teso fra le gambe<strong>di</strong>varicate, mentre il terzo eseguiva una sequenza <strong>di</strong>saltelli prestabilita in successione.La stessa sequenza veniva ripetuta a <strong>di</strong>verse altezzedell’elastico: caviglie, polpacci, ginocchia, cosce, anche,ascelle e collo. Vinceva chi completava la sequenza previstain modo corretto mentre chi commetteva un erroredurante la sequenza usciva e al turno successivodoveva ripeterla.I primi tre pegni tutto sommato erano anche facilida capire ma lettera e testamento non li abbiamo maicapiti fino in fondo. Più o meno succedeva che se“pescavi” “Lettera” uno del gruppo scriveva con il <strong>di</strong>touna lettera sulla schiena e tu dovevi decifrare il messaggio.Dopo<strong>di</strong>ché la lettera veniva affrancata con unabella pacca sulla spalla e spe<strong>di</strong>ta con un calcio nel sedere.Peggiore era testamento perché era in genere lapenitenza più dolorosa, in quanto bisogna subire i <strong>di</strong>spettidei compagni, in genere botte, per ben <strong>di</strong>eci volte.Chi pagava il pegno doveva volgere la schiena aicompagni che nel frattempo decidevano <strong>di</strong>eci penitenzefisiche (calci, pugni, sberle, ma anche baci, carezze...).Uno <strong>di</strong> loro, poi, ti chiedeva: «Quanti ne vuoi <strong>di</strong> questi?»ed tu rispondevi un <strong>numero</strong> da uno a <strong>di</strong>eci, senzasapere <strong>di</strong> cosa si trattava.E allora cercavi sempre <strong>di</strong> prendere una delle altre<strong>di</strong>ta ma gli “amici” potevano decidere <strong>di</strong> ricombinare lasequenza, ovvero <strong>di</strong> ri<strong>di</strong>sporre le scelte non nell’or<strong>di</strong>nepollice-mignolo ma con un or<strong>di</strong>ne casuale e spesso fasullodove succedeva che sceglievamo sempre la cosapeggiore da fare. Come in tutti i gruppi c’era la“vittima” predestinata a pagare pegno ma in fondo“Dire, fare, baciare, lettera, testamento” era un sistema<strong>di</strong> penitenze concordato per riscattare e riabilitarechi aveva perso e farlo tornare uno del gruppo e ripartirecon il gioco.Inevitabili erano le battaglie, per i maschi, giocareai soldati viene naturale ma erano scontri a fuoco confucili <strong>di</strong> legno e spari virtuali dove se eri colpito e morivibastava contare fino a venti e ti potevi rialzare.Guerre sempre senza vincitori e vinti solo tanto sudore,qualche graffio e soprattutto vestiti sporchi, d’altrocanto un vero soldato se muore deve cadere a terra erotolarsi non può mica starsene in pie<strong>di</strong> a contare.Chi perdeva pagava pegno: chiudevi gli occhi e doveviscegliere un <strong>di</strong>to della mano <strong>di</strong> un amico, ad ogni <strong>di</strong>to30


Bastava invece un sasso bianco, dell’asfalto o delcemento e un coccio <strong>di</strong> mattone rosso per tracciare perterra i quadrati coi numeri dentro per giocare a campana.Solo ora scopro che il gioco della campana è fra ipiù antichi e <strong>di</strong>ffusi che si conoscano al mondo. Uno dei<strong>di</strong>segni più antichi della campana è tracciato sulla pavimentazionedel Foro Romano a Roma, lo chiamavano"gioco del claudus", cioè gioco dello zoppo, perché sigiocava saltellando su una gamba.Proprio le gran<strong>di</strong> strade selciate costruite dalle legioniromani con e le loro superfici lisce rappresentaronoil posto ideale per questo gioco. Oggi questo gioco èpraticato, con leggere varianti, nei paesi più <strong>di</strong>versi:dall'Inghilterra alla Tunisia, dall'In<strong>di</strong>a alla Cina, dallaRussia al Perù.Campana consisteva nel lanciare il proprio contrassegnoche era <strong>di</strong> solito era lo stesso sasso con il qualeera stato <strong>di</strong>segnato lo schema nella prima casella. Ilsasso doveva atterrare all'interno della casella senzatoccare alcuna linea o rimbalzare fuori, quin<strong>di</strong> saltando<strong>di</strong> casella in casella si portava a termine tutto ilpercorso. Le caselle singole si saltavano su un sol piedementre nei blocchi <strong>di</strong> due caselle affiancate si potevaappoggiare contemporaneamente entrambi i pie<strong>di</strong>.Raggiunta la base, ci si fermava, ci si voltava, effettuandomezzo giro, e si rifaceva il percorso a ritroso,sempre rispettando la regola del singolo appoggio o deldoppio appoggio. Giunto in corrispondenza della casellacon la pietra, la si doveva raccogliere, senza perderel'equilibrio, e completare il percorso tornando al punto<strong>di</strong> partenza.Erano giornate che venivano interrotte solo permangiare e poi si tornava fuori e quando arrivava seraera tempo <strong>di</strong> giocare a nascon<strong>di</strong>no, erano estati passateall’aperto tra giochi e soprattutto ginocchia sbucciate.31


Reportage <strong>di</strong> viaggio“LA MIA AFRICA”Nicola MantineoHo contratto una grave malattia in Kenya. Il cosiddettoMal d’Africa. Esiste davvero? Senza alcun dubbio,almeno per me. Si manifesta sotto forma <strong>di</strong> ricordo:odori, profumi, sapori, e soprattutto il rosso fuocoche tinteggia le piste della savana, il cielo sempre terso,i colori magnifici che contrad<strong>di</strong>stinguono i paesaggi;ma anche il ricordo delle persone, sempre sorridentinonostante la povertà, il viso dei bambini che si aprein uno splen<strong>di</strong>do sorriso non appena regali loro un quadernoo una penna.Questo e molto altro è l’Africa, o quantomeno quellache ho conosciuto io. Ma partiamo con or<strong>di</strong>ne e an<strong>di</strong>amoa rivangare i ricor<strong>di</strong> dell’agosto <strong>di</strong> 3 anni fa quando,insieme alla mia ragazza, ho deciso <strong>di</strong> compierequesto viaggio, autentica scoperta dell’anima <strong>di</strong> questoimmenso continente. Abbiamo viaggiato <strong>di</strong> notte, ben 8ore, per cui prima <strong>di</strong> arrivare in aeroporto mi azzardoa pensare: «Cercherò <strong>di</strong> dormire in volo così quandoatterreremo sarò abbastanza riposato». Detto fatto.Luce quasi sempre accesa, raggomitolato come un peluchein una scatola <strong>di</strong> cartone e colazione servita alle4 <strong>di</strong> mattina. Non proprio come avevo previsto!Ma non appena scen<strong>di</strong>amo dall’aereo la stanchezzasi scioglie e realizzo dove mi trovo. Per la prima voltametto piede in Africa, siamo a Mombasa. C’è un belclima, caldo ma non soffocante, e subito respiro l’odoredel Kenya. Sembro un bambino, volgo lo sguardo dovunque,incuriosito, rapito da un mondo che ho vistosolo nei documentari. Arrivati a Watamu, per primacosa an<strong>di</strong>amo a conoscere le guide locali che abbiamocontattato dall’Italia per prenotare il safari; non ci uniremoinfatti alle gite organizzate dal villaggio, ma gireremosempre con ragazzi del posto per godere maggiormentedelle loro spiegazioni e del loro modo <strong>di</strong> vivere.Cominciando a prendere confidenza con la contrattazioneacquistiamo un safari <strong>di</strong> 2 giorni, il safari blu(una gita in barca tra le isole con annesso pranzo <strong>di</strong>pesce) ed una giornata a Malin<strong>di</strong>. Primo giorno <strong>di</strong> assolutorelax. Non c’è che <strong>di</strong>re, la spiaggia davanti allanostra camera è magnifica e il tempo è ottimo, perchéin agosto da noi metti il becco fuori <strong>di</strong> casa e ti scioglicome un gelato, mentre in Kenya è inverno, quin<strong>di</strong> caldosecco e una leggera brezza. Insomma, un vero para<strong>di</strong>so:spiaggia bianca e sabbia che pare borotalco.La prima giornata trascorre assai veloce, tra bagniin un mare limpi<strong>di</strong>ssimo e camminate sino alla barrieracorallina. Appena sento l’ora in cui ci saremmo dovutisvegliare il giorno successivo mi viene un principiod’orticaria, subito però sedata dal pensiero <strong>di</strong> ciò che ci32


aspetta. Alle 5 del mattino successivo siamo già inmarcia; le nostre guide ci vengono a prendere fuori dalvillaggio e dobbiamo sgusciare all’esterno come ladridato che abbiamo dribblato, senza pudore alcuno,l’invito del capo animatore a scegliere le loro proposte,prefigurando una serie catastrofica <strong>di</strong> sciagure nel casoavessimo privilegiato le offerte dei cosiddetti beachboys, e cioè in serie: bucare tutte e 4 le gomme dellajeep, rimanere a pie<strong>di</strong> davanti ad un branco <strong>di</strong> leoniaffamati, trovarci in mezzo alla savana senza una tenda,contrarre tutte le malattie possibili e immaginabiliper finire scuoiati dai Masai che ci avrebbero poi cucinatoa fuoco lento sullo spiedo. Ma noi, intrepi<strong>di</strong>, non cisiamo fatti impressionare e così su una jeep con tettuccioapribile siamo in 6: autista, guida, una coppia <strong>di</strong>romani e noi.Decisamente meglio rispetto alla poco allettanteprospettiva <strong>di</strong> partecipare ad un safari organizzato dalvillaggio in stile “gita scolastica <strong>di</strong> quinta superiore”.Ci <strong>di</strong>rigiamo verso lo Tsavo East, parco nazionale alconfine con la Tanzania, e già la strada è come un viaggiofuori dal tempo. É <strong>di</strong> un rosso fuoco che colpiscel’immaginazione e <strong>di</strong>pinge un quadro che non ho maivisto. Iniziamo a vedere branchi <strong>di</strong> elefanti, rossastrianch’essi per via della terra su cui si sdraiano, zebre,giraffe, gnu, antilopi. Gli elefanti e soprattutto le giraffesi avvicinano senza paura; ci fermiamo per le foto eloro rimangono lì, sul ciglio della strada, quasi coscienti<strong>di</strong> essere gli attori protagonisti <strong>di</strong> ogni scatto. Ogniavvistamento è un’emozione: siamo noi, in prima personaquesta volta, a volgere lo sguardo in tutte le <strong>di</strong>rezionie a scorgere solo spazi immensi in un silenzio irreale,con tutti i colori che la natura affresca, e nonsolo spettatori <strong>di</strong> un documentario su National GeographicChannel.La giornata scorre veloce, con la chicca <strong>di</strong> una mandria<strong>di</strong> bufali che si abbevera ad una pozza, ed uno <strong>di</strong>essi che con sguardo torvo sembra chiedermi: «E tu checosa vuoi?» La sera si va a dormire, stanchi ma elettrizzati,in un campo tendato in mezzo alla savana contutte le voci della natura che fanno da sottofondo alnostro sonno. Magico. Il secondo giorno <strong>di</strong> safari iniziapoco prima che albeggi. Infreddoliti, ma corroborati dauna sostanziosa colazione, partiamo per un’intera giornatanella savana ancora a caccia dei famosi Big Five(leone, leopardo, bufalo, elefante e rinoceronte) ma soprattuttovogliamo incontrare lui, il Re.Ad un certo punto il walkie tolkie della nostra guidacomincia a gracchiare: le altre hanno trovano i leonie stanno segnalando la posizione a tutti. In men chenon si <strong>di</strong>ca raggiungiamola posizionein<strong>di</strong>cata (insieme adaltre 5 o 6 jeep) e subitoscorgiamo unleone e 3 leonesse chepigramente riposanoall’ombra <strong>di</strong> alberi ecespugli. Possiamoriprenderli solo da <strong>di</strong>stante ed i felini paiono eccitaticome il sottoscritto davanti all’infausta prospettiva <strong>di</strong>guardare “La corazzata Potemkin” con sottotitoli inaramaico. Si spostano paciosi da un’ombra ad un’altra,lasciando l’amaro in bocca a tutti i presenti, speranzosi<strong>di</strong> vedere una battuta <strong>di</strong> caccia dell’animale più temutodella savana. Gli scatti delle <strong>di</strong>gitali sono comunquecentinaia, in conclusione dei quali si riprende la marciaverso il tanto decantato villaggio Masai.L’autenticità della visita è pressoché identica alleborsette “Polo Ralph Lauren” che trovate sulle bancarelledei cinesi. Si paga per entrare nel villaggio eall’uscita i fieri guerrieri imban<strong>di</strong>scono dei tavoli colmi<strong>di</strong> souvenir che quasi siamo obbligati a comprare. Insomma,hanno capito come spennare i turisti. Quandoci <strong>di</strong>rigiamo verso l’uscita lo scoramento è palpabile, ilnostro safari è già finito; mannaggia, avremmo dovutoprenotarlo <strong>di</strong> almeno 3 giorni. Il giorno successivo visitiamoun orfanotrofio, consci che si tratta <strong>di</strong> una tappaforse altrettanto turistica, quasi per mondare la propriacoscienza <strong>di</strong> fare i turisti in un paese in cui moltibambini non hanno da mangiare. Portiamo dunquepenne, quaderni, pennarelli e tutto ciò che pensiamopossa servire a questi sfortunati bimbi che ci ripaganocon tanti sorrisi e grida <strong>di</strong> giubilo.I giorni successivi trascorrono nel completo relax,interrotto dal safari blu, una gita in barca che tocca leisolette che fanno parte del Parco Marino e che che siconclude con la sosta su una <strong>di</strong> queste, dove ci vengonoservite aragoste, gamberi e pesce appena pescato. Labarca con il fondo trasparente permette <strong>di</strong> ammirare laflora subacquea, “toccata” poi con mano facendo snorkeling.Infine la giornata a Malin<strong>di</strong>, visitata in velocitàper un malinteso con la guida, si è <strong>di</strong>mostrata piuttostodeludente, sia per la città stessa sia perché nonabbiamo potuto godere <strong>di</strong> molto tempo per assaporarla.Al termine dei 9 giorni il ritorno non può essere chemesto perché l’Africa si insinua sotto pelle e lascia unsegno indelebile, come un tatuaggio, ricordo permanente<strong>di</strong> emozioni fortissime. Il mal d’Africa esiste, edè per questo che quanto prima ci tornerò.33


BENVENUTA RADIO DisPari!!!La Comunità <strong>Piergiorgio</strong> festeggia un nuovo strumento <strong>di</strong> comunicazionerealizzato per i ragazzi <strong>di</strong>sabili e aperto a chiunqueabbia qualcosa da raccontareTi piacciono le sfide e sei sempre pronto a metterti in gioco?Vuoi entrare a far parte anche tu <strong>di</strong> una squadra giovane, <strong>di</strong>namica, convinta che i sogni possano <strong>di</strong>ventarerealtà?Hai qualcosa <strong>di</strong> importante da raccontare ma nessuno ti ha mai concesso uno spazio?Sei convinto anche tu, esattamente come noi, che la Differenza faccia la Differenza?Allora Ra<strong>di</strong>o Dispari è proprio la storia che stavi cercando per il prossimo capitolo della tua vita.www.ra<strong>di</strong>o<strong>di</strong>spari.org.Vieni a trovarci, i nostri microfoni aspettano anche la tua voceÈ il 20<strong>12</strong> che ci ha visto finalmentenascere, dopo anni passati apensare a come avremmo potutodare corpo a un sogno; la creazione<strong>di</strong> un’emittente ra<strong>di</strong>ofonica dove iragazzi <strong>di</strong>sabili della Comunità<strong>Piergiorgio</strong> Onlus <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne, maanche <strong>di</strong> altre realtà del territorioche pure si occupano <strong>di</strong> sociale, potesserotrovare un terreno fertile incui “piantare” le proprie idee; unveicolo <strong>di</strong> comunicazione forte esicuro attraverso il quale poter raccontarequalcosa <strong>di</strong> sé agli altri; farconoscere alla gente il complicatomondo della <strong>di</strong>sabilità (e le sue soluzioni) ma anche <strong>di</strong>tutte quelle persone che nella vita, per un motivo o perun altro, hanno dovuto vincere gran<strong>di</strong> battaglie e checontinuano a sostenerle ancora adesso, giorno dopogiorno.Ed è proprio così che è nata Ra<strong>di</strong>o DisPari; daun’idea, da una volontà e soprattutto da un bagagliocarico <strong>di</strong> passione e <strong>di</strong> entusiasmo che, con il sostegnodella Comunità <strong>Piergiorgio</strong> Onlus ove la ra<strong>di</strong>o stessa sitrova fisicamente, è stato infine tradotto in realtà. OggiRa<strong>di</strong>o DisPari è innanzitutto un laboratorio ra<strong>di</strong>ofonicosperimentale aperto a chiunque abbia qualcosa <strong>di</strong>importante da <strong>di</strong>re; a chiunque desideri crescere e imparare;a chiunque sia convinto, esattamente come noi,che nella vita non c’è niente <strong>di</strong> impossibile quando leidee sono buone, la mente è attiva e quando anche glialtri sono <strong>di</strong>sposti alle sinergie e al lavoro <strong>di</strong> squadra.34Caratterizzata da una programmazione ricca e articolata,Ra<strong>di</strong>o DisPari non parla soltanto <strong>di</strong> Dis-abilitàma soprattutto <strong>di</strong> Pari Opportunità, proprio come recitail suo stesso nome, garantendo l’accesso alla strutturae ai suoi microfoni a tutti quelli che ritengono chefare informazione significhi parlare agli altri, <strong>di</strong>vulgarenotizie, raccontare storie e testimonianze, crearegruppi <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione sollecitando pensieri, stimolandoreazioni, cercando punti <strong>di</strong> vista altri e nuovi.Dallo spazio settimanale de<strong>di</strong>cato all’analisi degliausili per persone <strong>di</strong>sabili, spiegati attraverso la guidasonora degli esperti, all’appuntamento legato alla testimonianza<strong>di</strong> uomini e donne che dopo anni <strong>di</strong> sofferenzee <strong>di</strong> errori sono comunque riusciti a vincere leproprie più gran<strong>di</strong> battaglie personali; dallo spazio de<strong>di</strong>catoai CSRE del territorio friulano, pronti a raccontareagli altri progetti legati al mondo della <strong>di</strong>sabilità<strong>di</strong> cui molto spesso si sa poco o nulla, all’affascinanteviaggio nel mondo degli animali e della Pet Therapyattraverso la voce degli addetti ai lavori.La persona curiosa, interessata o semplicementedesiderosa <strong>di</strong> saperne qualcosa <strong>di</strong> più sul nostro conto,non troverà certo soltanto questo suwww.ra<strong>di</strong>o<strong>di</strong>spari.org perché <strong>di</strong>gitando il preziosoin<strong>di</strong>rizzo e intraprendendo la sua navigazione sul sitointernet dell’emittente, si imbatterà in una serie <strong>di</strong>contenuti rilevanti e impreziositi molto spesso da nomisignificativi che nel corso degli anni ci hanno lasciatomessaggi profon<strong>di</strong> e lezioni fondamentali da custo<strong>di</strong>regelosamente.Ringraziamo sin d’ora quanti hanno scelto <strong>di</strong> iniziarequest’avventura insieme a noi impegnandosi nellarealizzazione <strong>di</strong> spazi ra<strong>di</strong>ofonici <strong>di</strong>versi dal solito ecomunque costruiti sempre nell’ottica <strong>di</strong>un’informazione libera, aperta e destinata a tutti.www.ra<strong>di</strong>o<strong>di</strong>spari.org


TROVATO IL SANGUE DI ÖTZIÈ IL PIÙ ANTICO MAI ANALIZZATODaniele TomatPensavamo <strong>di</strong> sapere ormai tutto su Ötzi, l’uomovenuto dal ghiaccio, ritrovato nel settembre del 1991sul confine italo-austriaco da una coppia <strong>di</strong> tedeschi. Einvece un gruppo <strong>di</strong> ricercatori, membri dell’Eurac <strong>di</strong>Bolzano, l’Accademia Europea <strong>di</strong> ricerca fondata nel1992, è riuscito a trovare dei globuli rossi intrappolatinelle ferite dell’uomo. Si tratta <strong>di</strong> una notizia moltoimportante per la Comunità scientifica perché questo èil sangue più antico mai analizzato prima, risale infattia più <strong>di</strong> 5000 anni fa, e il risultato è stato possibileproprio grazie all’utilizzo delle nanotecnologie e al ricorsoal microscopio a forza atomica.«Si tratta <strong>di</strong> uno strumento particolare - spiega AlbertZink, <strong>di</strong>rettore dell’Istituto per le Mummie e l’Icemandell’EURAC - Non utilizza infatti la luce, come quellicomuni, ma è dotato <strong>di</strong> un laser che, nel caso specifico,è stato in grado <strong>di</strong> proiettare un’immagine tri<strong>di</strong>mensionalemolto specifica dei tessuti <strong>di</strong> Ötzi».Professor Zink, com’è avvenuto il ritrovamentodella mummia del Similaun e perché il suocorpo è stato conteso per molto tempo tra Italiae Austria?Il corpo è stato ritrovato casualmente da due escursionistitedeschi, completamente conservato in un blocco<strong>di</strong> ghiaccio; la mummia è stata inizialmente portatain Austria dove gli scienziati hanno avviato i loro stu<strong>di</strong>e solo dopo alcuni anni si è scoperto che il corpo si trovavain realtà nel territorio italiano. Da qui, dunque,il trasferimento a Bolzano.Ötzi vanta, tra gli altri, anche un grande primato;è infatti il primo uomo tatuato <strong>di</strong> cui siamoa conoscenza. Come venivano fatti aquell’epoca i tatuaggi e quale funzione avevano?I suoi tatuaggi sono molto semplici, si tratta solamente<strong>di</strong> piccole strisce parallele e non <strong>di</strong> simboli piùarticolati come nelle altre culture; noi riteniamo chequesti tatuaggi siano stati eseguiti come trattamentocontro i dolori ma non possiamo essere certi <strong>di</strong> questoperché le strisce non sono state ritrovate su nessunaltro uomo.Per essere certi che si trattasse effettivamente<strong>di</strong> sangue è stata eseguita anche una spettroscopiaRaman. In che cosa consiste?Anche questa tecnologia utilizza il laser che permette<strong>di</strong> prelevare un campione del tessuto. Lo stessoviene infine analizzato dai nostri scienziati.Oltre ai globuli rossi sono state trovate anchetracce <strong>di</strong> fibrina. Qual è la funzione <strong>di</strong> questaproteina e perché è così importante per ricostruirela storia <strong>di</strong> questo pastore morto per unaferita da freccia?La fibrina è una sostanza che si forma subito dopouna ferita per rimarginarla velocemente onde evitareuna per<strong>di</strong>ta eccessiva <strong>di</strong> sangue; il suo ritrovamentocertifica il fatto che Ötzi è morto subito dopo esserestato colpito da una freccia e non in un secondo momento,come invece si pensava inizialmente.In seguito a questa scoperta è stato possibileanalizzare i globuli rossi dell’uomo durante l’etàdel rame. Quali sono le principali <strong>di</strong>fferenze conquelli attuali?In verità la forma e le <strong>di</strong>mensioni sono rimastepressoché inalterate, l’unica <strong>di</strong>fferenza significativa èpiuttosto nell’elasticità; i globuli rossi <strong>di</strong> Ötzi, infatti,sono più molli <strong>di</strong> quelli dei giorni nostri.Si tratta del corpo umano più antico <strong>di</strong> cui siamo a conoscenzae risale a oltre 5000 anni fa, ovvero all’età delRame. È stato ritrovato nel settembre del 1991 da unacoppia <strong>di</strong> escursionisti tedeschi che casualmente si sonoimbattuti in questa mummia che per migliaia <strong>di</strong>anni si è conservata in un blocco <strong>di</strong> ghiaccio. Poiché ilritrovamento è avvenuto sul confine italo-austriaco la“paternità” della mummia è stata al centro <strong>di</strong> molti<strong>di</strong>batti e infatti solamente nel 1998 è stato infine certificatoche il corpo si trovava nel territorio italiano ed èquin<strong>di</strong> stato trasportato all’Eurac <strong>di</strong> Bolzano, dov’ètuttora. Sono stati effettuati molti stu<strong>di</strong> sul corpodell’uomo e si è scoperto tanto sul suo conto: cosa mangiava,che vestiti utilizzava, che mestiere faceva (ilpastore) e anche le cause della morte (ferita da freccia).Le ultime ricerche, effettuate tramite nanotecnologie,hanno analizzato anche i dettagli genetici della mummiatrovando tracce <strong>di</strong> globuli rossi e fibrina.35


IL REPORTAGE <strong>di</strong> Carolina LaperchiaDall’Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare (Svizzera)CARTOLINE DAL CERNLe ricerche sul Bosone <strong>di</strong> Higgs, l’esperimento ATLAS e l’attività del Gruppo <strong>di</strong> Ricercadell’Università <strong>di</strong> U<strong>di</strong>neUn posto <strong>di</strong> blocco con un vivace via vai <strong>di</strong> macchine e un sobrio cartello con la sigla che da tempo aspettavo <strong>di</strong>leggere dal vivo mentre l’emozione è proprio quella <strong>di</strong> chi sta andando in pellegrinaggio verso un luogo considerato“speciale”. Quattro lettere nere su un rettangolo bianco che nella loro piccola <strong>di</strong>mensione descrivono tuttavia compiutamentel’immane portata <strong>di</strong> ciò che a breve troverò al <strong>di</strong> là della sbarra; un posto ove non ci sono guerre né conflitti,dove a scontrarsi gli uni contro gli altri sono “soltanto” fasci <strong>di</strong> particelle all’interno <strong>di</strong> un vuoto simile a quellodello spazio intergalattico; un anello che occupa quasi tutta la pianura intorno alla città <strong>di</strong> Ginevra e che si trovasotto terra, a cento metri <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà, tra le montagne del Giura francese e il lago della città elvetica; in pocheparole, il CERN <strong>di</strong> Ginevra, il più grande laboratorio al mondo <strong>di</strong> fisica delle particelle, istituito nel 1954, dov’è sintetizzatoil globo attraverso le sue menti più vivide e brillanti e che annovera oltre venti stati membri.La pioggia cade fitta e insistente in questo giovedì a <strong>di</strong>r poco polare ma sebbene supportata da un vento gelidoche risulta incurante della gente che passa, non è <strong>di</strong> per sé sufficiente a smorzare l’entusiasmo che proprio qui sirespira a pieni polmoni, pur con le dovute cautele; quelle con cui la Comunità scientifica affronta da sempre qualsiasiscoperta. È infatti passato poco tempo dalla famosa “resa dei conti” del 13 <strong>di</strong>cembre 2011 comunicata al mondoin video conference; dal momento in cui due italiani, leader <strong>di</strong> altrettanti esperimenti titanici che rispondono alnome <strong>di</strong> ATLAS e <strong>di</strong> CMS, hanno ufficialmente sciolto una prognosi che durava da anni. «Analizzando con granderapi<strong>di</strong>tà la quasi interezza dei dati raccolti nel 2011 siamo riusciti a ridurre la finestra in cui il Bosone <strong>di</strong> Higgspotrebbe dunque trovarsi, sempre che ne venga accertata l’esistenza, a una regione molto piccola – mi spiega coleiche oggi <strong>di</strong>rige l’esperimento ATLAS al Large Hadron Collider, Fabiola Gianotti, fisica italiana, al CERN dal 1987e con un’anima spiccatamente artistica espressa principalmente nel pianoforte – Il dato è importante perché significache nei prossimi mesi, quando avvieremo nuovamente la raccolta dei dati, saremo in grado <strong>di</strong> escluderel’esistenza del Bosone oppure <strong>di</strong> trovarlo effettivamente concentrandoci proprio in questa stessa finestra dove abbiamooltretutto riscontrato un eccesso <strong>di</strong> eventi che al momento tuttavia è ancora troppo presto interpretare e chepotrebbero essere dovuti a un possibile segnale del Bosone oppure ad una fluttuazione statistica <strong>di</strong> processi già noti».Inizio a comprendere qual è dunque il punto nodale della questione soprattutto quando Leonardo Rossi, leader<strong>di</strong> ATLAS Italia, sintetizza il concetto con un’efficace metafora.«È un po’ come se avessimo visto l’impronta dello yeti ma non ancora quest’ultimo – mi spiega, ricordandomi chela probabilità <strong>di</strong> un errore è pari all’1% in questo momento – Ci sono dunque in<strong>di</strong>cazioni piuttosto forti che il Bosone<strong>di</strong> Higgs esista e se questo fosse vero potremmo mettere la parola fine a domande che ci hanno accompagnatoper venti anni, avremmo reso coerente il Modello standard, che è alla base della nostra conoscenza primor<strong>di</strong>ale dellamateria, e chiuso un importante cerchio per la comprensione della natura».L’ultimo tassello ancora da scoprire, quello con cui si potrebbe dunque spiegare come mai le particelle hannouna massa; l’unica parola mancante all’interno <strong>di</strong> una griglia, il cui corpo centrale è ancora assente ma <strong>di</strong> cui almenol’iniziale e la vocale conclusiva sono state rintracciate. E questo grazie ad una sorta <strong>di</strong> titanica macchina fotograficaa gran<strong>di</strong>ssima risoluzione, collocata su un preciso punto dell’LHC, e che racchiude la conoscenza, la capacitàe l’entusiasmo <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> scienziati provenienti da ogni dove tra cui l’Italia stessa che <strong>di</strong> questo immenso apparatoha contribuito a costruire parti essenziali. «Atlas è costituito da tanti cilindri concentrici ognuno dei quali èun rivelatore specializzato a identificare e misurare un certo tipo <strong>di</strong> particelle.36


La parte più interna è il cosiddetto tracciatore, vi sono poi due calorimetri e le camere a muoni ma l’elementocaratterizzante <strong>di</strong> ATLAS è la struttura magnetica composta da otto bobine e un enorme magnete superconduttoreche prevede un campo toroidale». Marina Cobal, docente all’Università <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne, per anni al timone del gruppo internazionale<strong>di</strong> fisica del quark top e oggi coor<strong>di</strong>natrice <strong>di</strong> un importante team <strong>di</strong> lavoro dell’ateneo friulano che leistessa ha creato negli anni, mi descrive con precisione questo colosso <strong>di</strong> 7 mila tonnellate <strong>di</strong> peso attraverso un modelloche si trova proprio nell’ingresso dell’e<strong>di</strong>ficio 40. Scopro in questo modo che nel cuore <strong>di</strong> ATLAS si trova unrivelatore <strong>di</strong> particelle in silicio, tri<strong>di</strong>mensionale, collocato a 5 cm dal punto in cui i fasci si scontrano e il cui compitoè quello <strong>di</strong> registrare le tracce lasciate dal passaggio delle particelle e la loro curvatura. Si chiama rivelatore <strong>di</strong>pixel, è lungo circa un metro e venti e fa 40 milioni <strong>di</strong> foto al secondo con una precisione assoluta.A spiegarmelo è Beniamino <strong>di</strong> Girolamo, Capo progetto del rivelatore <strong>di</strong> pixel, ma è soltanto quando hol’opportunità <strong>di</strong> accedere alla Control Room <strong>di</strong> ATLAS che percepisco davvero il sapore <strong>di</strong> un esperimento gran<strong>di</strong>osodove la stessa università u<strong>di</strong>nese ha lasciato una firma importante. «È una vera e propria sala <strong>di</strong> regia dove sono<strong>di</strong>sponibili tutti i coman<strong>di</strong> per gestire il rivelatore stesso e per monitorarne il corretto funzionamento - mi raccontail ricercatore Mario Paolo Giordano, membro dello staff del Gruppo ATLAS U<strong>di</strong>ne e che, oltre a Marina Cobale al dottorando Simone Brazzale, ha passato la giornata a spiegarmi i contorni <strong>di</strong> una realtà che ha il sapore dellafantascienza - Una sala abitata 24 ore su 24 durante le fasi <strong>di</strong> raccolta dei dati con turni continui»; proprio comequelli che gli stessi studenti del gruppo locale, attivamente impegnati al CERN, sono chiamati a coprire perio<strong>di</strong>camente.Ragazzi giovani, motivati, colonne portanti <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> lavoro in cui cooperazione e gioco <strong>di</strong> squadrasono imperativi categorici naturalmente insiti nelle modalità operative <strong>di</strong> ognuno; ed è proprio questo ciò che micolpisce oltremodo al CERN, al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni altra cosa.Lo spirito <strong>di</strong> squadra che si respira ovunque, nelle aule stu<strong>di</strong>o così come negli uffici e nei laboratori; la capacità<strong>di</strong> essere realmente uniti nel tentativo faticosamente quoti<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> sciogliere no<strong>di</strong> importanti dell’esistenza umanaattraverso la ricerca e la consapevolezza <strong>di</strong> fare qualcosa <strong>di</strong> significativo ma senza sentire il bisogno <strong>di</strong> urlarlo o <strong>di</strong>mettere in grassetto il proprio nome.37


A tu per tu con la fisica italiana Fabiola Gianotti,leader dell’esperimento ATLASDott.ssa Gianotti, se il risultato legato alla possibile scopertadel Bosone dovesse trovare effettivamente conferma questo checosa comporterebbe <strong>di</strong> fatto e che conseguenze avrebbe?Ci permetterebbe <strong>di</strong> mettere la parola fine a domande che ci hanno accompagnatoper 20 anni. Il Bosone è il risultato <strong>di</strong> un meccanismo chespiega perché le particelle elementari hanno masse e soprattutto massecosì tanto <strong>di</strong>verse. Se tuttavia non dovessimo trovarlo allora forse il risultatosarebbe ancora più entusiasmante perché ci metterebbe nella con<strong>di</strong>zione<strong>di</strong> dover procedere nella ricerca <strong>di</strong> nuove spiegazioni e <strong>di</strong>fferentimeccanismi.Data la notizia, chiarito dunque il fatto, adesso come procederetee che cosa farete nei prossimi mesi visto che la ripresa deidati è ricominciata da poco?Adesso perfezioneremo le nostre tecniche <strong>di</strong> analisi e riprenderemo i dati.Ci aspettiamo una raccolta degli stessi tre volte superiore a quella del2011. Forse, entro la fine del 20<strong>12</strong>, potremo dare una risposta definitivaalla questione.Approfon<strong>di</strong>re la notizia <strong>di</strong> cui si è tanto parlato tra la fine del2011 e inizio 20<strong>12</strong> significa ovviamente parlare soprattutto della titanica macchina che ha permesso<strong>di</strong> ottenere i risultati comunicati appunto ufficialmente il 13 <strong>di</strong>cembre dell’anno passato, ATLAS.Stiamo parlando <strong>di</strong> una collaborazione <strong>di</strong> tre mila fisici provenienti da 138 paesi e dove quin<strong>di</strong> tutti i continentisono rappresentati; circa un terzo <strong>di</strong> coloro i quali lavorano a questo progetto sono giovani studenti e i giovani sonosenza dubbio la forza trainante dell’esperimento con la loro competenza ed energia. Sono estremamente qualificatie profon<strong>di</strong>, segno evidente che la nuova generazione <strong>di</strong> scienziati è eccellente.Qual è il ruolo dell’Italia rispetto a questa gran<strong>di</strong>osa e corale collaborazione nella quale il globo èrappresentato dalle menti più brillanti e vivaci della scienza?Il ruolo è fondamentale. L’Italia ha infatti contribuito economicamente e con risorse umane a livello del 20%dell’esperimento con apporti altissimi, sia tecnologici che intellettuali. Ha partecipato alla costruzione del rivelatorecon il vantaggio <strong>di</strong> avere un Istituto <strong>di</strong> ricerca in fisica nucleare che è un fiore all’occhiello per noi e che producefisici e progetti al migliore livello mon<strong>di</strong>ale. Non siamo secon<strong>di</strong> a nessuno in questo campo. Tantissimi gliitaliani coinvolti in LHC, a testimonianza della qualità dell’INFN e della nostra scuola <strong>di</strong> fisica italiana.Dott.ssa Gianotti, una curiosità. Qual è il percorso che l’ha portata sino a qui, sino a Ginevra?Io ho iniziato esattamente dalla parte opposta. Ho fatto il liceo classico perché amavo moltissimo il latino, il grecoe la filosofia ma ero anche una bimba molto curiosa. Mio padre era un geologo e ci ha sempre inculcato l’amoreper la natura e per la conoscenza del modo in cui essa funziona. Ricordo ancora le nostre lunghe passeggiate inmontagna per guardare piante e coleotteri. Sono cresciuta con un approccio scientifico corretto. La filosofia eraper me un modo per porsi domande ma la fisica mi è sempre sembrata una <strong>di</strong>sciplina più concreta della filosofia eche oltre a questo cerca soprattutto <strong>di</strong> trovare delle risposte. Mi sono laureata a Milano con un dottorato <strong>di</strong> ricerca.Ho vinto quin<strong>di</strong> una borsa <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o al CERN per giovani fisici con la prospettiva <strong>di</strong> fermarmi a Ginevra perdue anni soltanto mentre invece alla fine ci sono rimasta felicemente, come staff permanente.C.L.38


LA LOTTA CONTRO IL PARKINSON SI CHIAMA PARKSCREENSi traduce in un semplicissimo esame del sangue, a basso costo e per nulla invasivoCarolina LaperchiaPrevenire è meglio che curare, ce lo <strong>di</strong>cono da sempre,e la prima arma a nostra <strong>di</strong>sposizione per farlafranca sulle malattie, impe<strong>di</strong>re loro <strong>di</strong> fermarsi nell'organismo,mettere ra<strong>di</strong>ci e guadagnare poi progressivamenteterreno è batterle sul tempo. Un principio fondamentalequello della velocità che ha oltretutto ispiratoanche il progetto <strong>di</strong> ricerca Parkscreen premiatocon “l'Oro” al termine della tappa regionale della businessplan competition Start Cup FVG che ogni annopremia le idee più innovative e brillanti del territorio.Firmato congiuntamente dal Laboratorio <strong>di</strong> neuro genomicadella Sissa e dall'Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong>Trieste, il promettente progetto si traduce nella messaa punto <strong>di</strong> un test finalizzato a in<strong>di</strong>viduare precocementela malattia <strong>di</strong> Parkinson attualmente <strong>di</strong>agnosticataattraverso strumenti invasivi e certamente costosi.«Stiamo parlando della seconda malattia neuro degenerativapiù comune nel mondo occidentale che comportaun'alterazione nella propria capacità <strong>di</strong> controllarei movimenti – spiega con estrema chiarezza ilprof. Stefano Gustincich, Direttore del Laboratorio efra i promotori del progetto - Ci sono svariati sintomi,detti “car<strong>di</strong>nali”, che identificano il morbo, come il tremorea riposo, la lentezza e la <strong>di</strong>fficoltà a iniziare i movimenti.Dal momento in cui i primi sintomi fanno laloro comparsa si ha un progressivo peggioramento dellecapacità del soggetto che possono essere accompagnateanche da altri problemi quali insonnia, depressioneo ad<strong>di</strong>rittura assenza della capacità <strong>di</strong> riconosceregli odori. È in sostanza una malattia complessa chein genere siamo abituati a pensare unicamente comemalattia del movimento ma che in realtà comporta anchetutta una serie <strong>di</strong> altre problematiche non trascurabili».A che età può comparire me<strong>di</strong>amente ilMorbo <strong>di</strong> Parkinson?In linea <strong>di</strong> massima tutte le malattie neurodegenerativecompaiono tar<strong>di</strong>. Questa, nello specifico, colpiscein<strong>di</strong>stintamente uomini e donne <strong>di</strong> età compresa tra i60 e i 65 anni. Al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> questo <strong>numero</strong> riguarda il2% della popolazione.Prima <strong>di</strong> entrare nel merito della questione eparlare quin<strong>di</strong> dell'importante progetto Parkscreen,che tra l'altro ha coinvolto ben tre realtàtra cui un'azienda <strong>di</strong> informatica applicataalla sanità, parliamo <strong>di</strong> numeri. Quante personesoffrono <strong>di</strong> questa malattia in Italia e nel mondo?Stiamo parlando <strong>di</strong> cifre molto importanti. Sono infattisei milioni i soggetti colpiti dal Morbo nel mondo mentreper l'Italia si parla <strong>di</strong> circa 200 milapersone, con una me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> nuovi casi all'anno pari a<strong>di</strong>eci mila.Professor Gustincich, esistono al giorno d'oggiesami capaci <strong>di</strong> garantire una <strong>di</strong>agnosi precisadella malattia?La caratteristica principale del Morbo <strong>di</strong> Parkinson,che è sostanzialmente l'incapacità da parte dell'in<strong>di</strong>viduo<strong>di</strong> controllare il movimento, è dovuta soprattuttoalla morte <strong>di</strong> alcune cellule che si trovano in una zonaparticolare del nostro cervello, il mesencefalo, e chehanno il compito <strong>di</strong> sintetizzare la dopamina. Esistonoeffettivamente sistemi <strong>di</strong> imaging che permettono <strong>di</strong>fotografare in tempo reale sul paziente stesso la quantità<strong>di</strong> cellule che ha in quel momento e che produconodopamina ma si tratta pur sempre <strong>di</strong> esami invasivi,che passano necessariamente attraverso l'iniezione <strong>di</strong>particolari sostanze e che vengono effettuati solo inquelle persone che già mostrano chiaramente un'altissimaprobabilità <strong>di</strong> avere la malattia. Un altro elementonegativo <strong>di</strong> queste tecniche è il costo, a <strong>di</strong>r poco elevato.Il problema principale, in sostanza, è che quandoi primi sintomi compaiono in realtà la malattia esisteda almeno cinque o ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong>eci anni e si verificanoquin<strong>di</strong> quando già nel cervello è venuto a mancare il70% delle cellule che producono dopamina. Questo datoci <strong>di</strong>ce due cose molto importanti; il cervello è unamacchina meravigliosa che non ci fa sentire la mancanza<strong>di</strong> quel 70% ma allo stesso tempo <strong>di</strong>venta quantomai evidente la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> reperire un trattamentofarmacologicocapace <strong>di</strong> curare il Parkinson, dovendoagire sul restante 30% <strong>di</strong> cellule. Identificare dunquela malattia in pazienti presintomatici <strong>di</strong>venta <strong>di</strong> fondamentaleimportanza.Come dobbiamo quin<strong>di</strong> pensare Parkscreen equali i punti <strong>di</strong> forza?È semplicemente un esame del sangue. La persona sireca al mattino alla propria ASL, fa un prelievo cheviene quin<strong>di</strong> inviato al laboratorio <strong>di</strong> genomica molecolare;dal sangue viene poi estratto l'RNA e analizzatorispetto alla presenza oppure assenza <strong>di</strong> un certo <strong>numero</strong><strong>di</strong> geni correlati alla malattia. Si tratta <strong>di</strong> un esame<strong>di</strong> routine per nulla invasivo, a bassissimo costo ecapace <strong>di</strong> fornire una misura oggettiva dell'alterazioneche avviene nel sangue dei pazienti colpiti dal Parkinson.Proprio per tutte queste ragioni noi proponiamoad<strong>di</strong>rittura che il test <strong>di</strong>venti <strong>di</strong> routine non soltantoper il singolo paziente ma anche nei trial clinici, cosìda poter trovare nuovi farmaci per curare davvero lamalattia.39


La carta più altaMarco Malval<strong>di</strong>Pubblicato il quarto romanzogiallo della saga del BarLume.Assieme al barista Massimoritroviamo tra gli investigatoriin nonno Ampelio, Aldo il ristoratore,Il Rime<strong>di</strong>otti e il DelTacca del Comune. I quattroterribili vecchietti iniziano afare strane supposizioni suuna morte avvenuta vent’anni prima e archiviatacome naturale. Gli eventi e una lunga convalescenzaporteranno Massimo ad indagare suquella lontana morte.A cura <strong>di</strong> Enrico PinNessuno da soloVeit HeinichenNel settimo romanzo <strong>di</strong> Veit Heinichen il commissario Laurenti deve mettere in gioco non solofascino <strong>di</strong>screto e testardaggine, ma anche tutto il suo coraggio per acciuffare l’avversario, prendendo<strong>di</strong> mira i poteri forti che si celano <strong>di</strong>etro un crimine che affonda le sue ra<strong>di</strong>ci fin nellaguerra d’Abissinia. Tutto parte con un tedesco ripescato morto dall’Adriatico, il furto <strong>di</strong> sacchi<strong>di</strong> un preziosissimo caffè non tostato e una deputata lon<strong>di</strong>nese ricattata dopo un flirt estivo aTrieste. Sarà l’arrivo <strong>di</strong> una giornalista etiope da Londra, persona <strong>di</strong> fiducia della deputata, afar scattare il commissario.Il torto del soldatoErri De LucaLo scrittore ci regala un piccolo romanzo dove un vecchio criminale <strong>di</strong> guerra vivecon sua figlia, <strong>di</strong>visa tra la repulsione e il dovere <strong>di</strong> accu<strong>di</strong>rlo. Lui è convinto <strong>di</strong> avereper unico torto: la sconfitta. Lei non vuole sapere i capi d'accusa perché il torto<strong>di</strong> suo padre non è per lei riducibile a circostanza. Insieme vanno a un appuntamentoprescritto dalla kabbala ebraica, che fa coincidere la parola fine con la parolavendetta.40


AusmerzenMarco PaoliniForse non tutti sanno che il genoci<strong>di</strong>o nazista cominciò proprio dai <strong>di</strong>sabili e daimalati psichiatrici. Il "Progetto action T4", che inizia nel 1933 con la pratica dellasterilizzazione e che porterà all’uccisione <strong>di</strong> oltre 70mila persone, è il primo passoverso l’olocausto. Dopo lo spettacolo Ausmerzen che affronta questo tema, MarcoPaolini si è immerso per un anno nella scrittura, rielaborando e tessendo in narrazioneuna mole enorme <strong>di</strong> dati, alcuni dei quali quasi sconosciuti. Ne esce un libro<strong>di</strong> straor<strong>di</strong>naria forza per non <strong>di</strong>menticare uno sterminio basato sulla logica del risparmioeconomico.La legge dell'o<strong>di</strong>oAlberto GarliniAlberto Garlini ci consegna un romanzo sugli anni Settanta, adottando per la prima voltanella letteratura italiana la prospettiva <strong>di</strong> un terrorista neofascista. “La leggedell’o<strong>di</strong>o” è un affresco sui misteri d’Italia che parte dal 1985 quando Franco Revel siedeal banco degli imputati del Tribunale <strong>di</strong> Milano per un processo che vuole capire i percorsiche hanno portato alla morte del giovane camerata friulano Stefano Guerra. Il giovaneu<strong>di</strong>nese, che con i suoi camerati è protagonista negli scontri contro la polizia nel1968, a Roma a Valle Giulia.Il silenzio dell'ondaGianrico CarofiglioGianrico Carofiglio ci parla nel suo romanzo <strong>di</strong> una donna in fuga dal suo passato, <strong>di</strong>un bambino in fuga dalla realtà, tra gli incubi del giorno e le minacce della notte, <strong>di</strong>un uomo inchiodato a una colpa remota. Sono due vite adulte spezzate, e il passaggiocrudele dell'infanzia. Nel passato <strong>di</strong> Roberto, sottufficiale dei carabinieri in congedoed ex agente sotto copertura, c'è un episo<strong>di</strong>o terribile dal quale non riesce a liberarsi.Quando il bambino gli chiederà aiuto contro i suoi incubi <strong>di</strong> un<strong>di</strong>cenne, Roberto scopriràuna strada <strong>di</strong> riscatto e <strong>di</strong> rinascita.41 41


Due momenti <strong>di</strong> contentezzaArrigo De BiasioCari lettori del semestrale Oltre, desidero raccontarvidue momenti <strong>di</strong> contentezza che mi sono capitati neiprimi due mesi <strong>di</strong> questo 20<strong>12</strong>. Bene, in gennaio ero aSpilimbergo a fare un turno <strong>di</strong> riabilitazione <strong>di</strong> tre settimanepresso il Centro Progetto <strong>di</strong> Spilimbergo situatonella zona degli impianti sportivi. Ne faccio uno ognianno, da quin<strong>di</strong>ci anni, solitamente nel mese <strong>di</strong> gennaio.Ebbene, avevo appena camminato con i tutori chesono involucri che sostengono le gambe fino al ginocchioappoggiandomi con le mani a un deambulatoresnodato utile per fare il passo. Mi ero seduto sul lettinoe avevo tolto i tutori. Gli occhi mi si chiudevano per lastanchezza e se fosse stato per me sarei rimasto <strong>di</strong>stesosul lettino almeno venti minuti a riposare con gliocchi chiusi, giusto per prendere le forze. Invece, proprioin quel momento, è arrivata la <strong>di</strong>sposizione che sistava per andare a giocare nel bocciodromo esternorispetto alle palestre. Feci uno sforzo per tenere gliocchi aperti, risalii sulla mia carrozza, mi unii al gruppettoe ci andai anche io. Giocai le mie due o tre partitea bocce. Intanto era arrivato mezzogiorno. Percorrendoil tratto <strong>di</strong> strada all’aperto, dal bocciodromo alla mensa,siccome le partite <strong>di</strong> bocce erano andate bene e giàpregustavo il piacere del pranzo, avendo appena fattofino in fondo il mio dovere ne ebbi un momento <strong>di</strong> contentezza.Questo sentimento, che provo così <strong>di</strong> rado, fuallora la mia ricompensa per tutta la fatica appenacompiuta. Un altro momento <strong>di</strong> contentezza lo ebbicirca un mesetto più tar<strong>di</strong>. Ero in Comunità <strong>Piergiorgio</strong>,nel Centro <strong>di</strong>urno che frequento quoti<strong>di</strong>anamenteda tanti anni. Chiarisco che, <strong>di</strong> domenica mattina, vadosempre a messa nella mia parrocchia <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne, cheè quella <strong>di</strong> San Giorgio, in via Grazzano. Qui è da tantotempo ormai che mi viene affidato il compito <strong>di</strong> leggerela prima lettura. Anzi, da un po’ <strong>di</strong> domeniche ilparroco, Don Plinio, vuole che legga la prima lettura infriulano e, a questo scopo, mi ha dato l’in<strong>di</strong>rizzo delsito Internet dal quale poter stampare il testo dellalettura in lingua friulana. Ma io, a casa, non uso ilcomputer, bensì la macchina da scrivere. Allora ho finqui combinato la cosa facendomi stampare il foglio dellalettura in friulano al Centro <strong>di</strong>urno della Comunità<strong>Piergiorgio</strong> da un’animatrice. Anzi, per meglio <strong>di</strong>re,adesso <strong>di</strong>gito il computer da solo, chiedo solamentel’autorizzazione <strong>di</strong> poterlo usare un momentino. Edeccomi al punto: una mattina, non appena ebbi in pugnoil testo della lettura in marilenghe appena stam-pato, e che avrei letto in chiesa la domenica a venire,ebbi un altro momento <strong>di</strong> contentezza perché era comese mi fossi appena spianato la via della vita per alcunigiorni, appunto fino alla domenica. Così, cari lettori.Adesso sapete un po’ più su <strong>di</strong> me. Vi auguro buonalettura degli altri articoli <strong>di</strong> Oltre e spero <strong>di</strong> riscrivereanche nel prossimo <strong>numero</strong>, quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>cembre 20<strong>12</strong>. Apresto.UN PLAUSO AI TRENIRita PugnaleL’opinione <strong>di</strong> una viaggiatrice in carrozzinaVi ricordate le mie lamentele, nel <strong>numero</strong> precedente<strong>di</strong> Oltre, nei confronti delle Ferrovie dello Stato?Ebbene, questa volta, fortunatamente, devo ricredermiperché l’8 <strong>di</strong>cembre del 2011, giornodell’Immacolata, sono effettivamente ritornata a Firenzema senza più alcun problema. Sia all’andatasia al ritorno ho scelto treni a lunga percorrenza checostano un po’ <strong>di</strong> più, è vero, ma ho capito che in fondoin fondo non si può sempre avere tutto.L’assistenza è stata ottima e quin<strong>di</strong> sento in questocaso <strong>di</strong> dovermi complimentare con le Ferrovie delloStato. Penso comunque che molto sia stato dovuto alfatto <strong>di</strong> aver cambiato treno in stazioni conosciute,dove il personale è forse più abituato che altrove afare assistenza. Comunque sia, e in conclusione,“brava Italia dei binari”.42


Un saluto per l’estateMaurizio ScolariSe dovessi contare gli articoli che ho scritto in questianni per il nostro perio<strong>di</strong>co <strong>di</strong>eci <strong>di</strong>ta non basterebberoperché sono molti <strong>di</strong> più.Ho preso sempre tempo per pensare a un argomento eprovare a metterlo su carta. Non è semplice escogitarequalcosa <strong>di</strong> nuovo, <strong>di</strong> originale che possa attirarel’attenzione e, sin dalla prima volta, mi sono premurato<strong>di</strong> curare la parte de<strong>di</strong>cata alla musica.Sì, bello, interessante, però ogni tanto succede <strong>di</strong> voler“voltare pagina”, <strong>di</strong> volersi cimentare su temi un po’più personali. Chiaramente non sto a raccontarvi lamia vita privata. No! Ma pensandoci bene, guardandomiattorno, desidero soffermarmi su una serie <strong>di</strong> riflessioni.Sapete, ogni giorno che passa mi accorgo sempre <strong>di</strong> più<strong>di</strong> quanto io sia fortunato <strong>di</strong> poter esprimere le mieemozioni verbalmente e per iscritto. Purtroppo ho alcuniproblemi <strong>di</strong> linguaggio,ma grazie al cielo so scriveree, per questo, ringrazio i miei genitori che mi hannoinsegnato a farlo. Mi farebbe più comodo avere anchele gambe funzionanti però, insomma, non si può pretenderetroppo dalla vita. Chissà, forse il destino havoluto proprio che io non camminassi e non corressi<strong>di</strong>etro a qualche bella fanciulla. Ma perché? Sicuramenteci sarà un motivo!Ho citato il destino. Ma cos’è esattamente? Una bigliache si getta a occhi chiusi e prende la <strong>di</strong>rezione checapita senza tornare mai in<strong>di</strong>etro? Ci sono delle voltenelle quali, ad esempio, mi domando se il Padre Eternoesiste veramente. Sicuramente sì! O meglio, forse lacosa migliore è quella <strong>di</strong> mettere le mani un po’ avantiprima <strong>di</strong> pronunciarsi.In quarantadue anni, andando in giro, ho visto molti<strong>di</strong>sabili con situazioni peggiori rispetto alla mia e, ad<strong>di</strong>rittura,quando mi è successo <strong>di</strong> vedere una personatotalmente paralizzata a letto, beh, <strong>di</strong> certo una lacrimami è uscita.Non avere più il comando del proprio corpo e magarinon riuscire a parlare è una cosa che mi ha fatto riflettereun sacco <strong>di</strong> volte. Non riesco neanche a rendermiconto <strong>di</strong> cosa significhi. Allora mi viene da pensare cheil mio han<strong>di</strong>cap è minore.Si parla tanto <strong>di</strong> miracoli, <strong>di</strong> guarigioni ma, ammessoche sia vero, perché c’è tanta gente che soffre?Molte volte, in famiglia, mi succede <strong>di</strong> spazientirmi;per il mio bene mi vengono fatte alcune osservazioni.Non so, ad esempio, mi viene chiesto <strong>di</strong> essere un po’più riflessivo del solito quando, in realtà, prima <strong>di</strong> reagirepenso a lungo; forse dovrei aspettare un po’ <strong>di</strong> piùe magari grazie a quell’attimo in più tutto potrebberisolversi senza problemi.Vivere su una se<strong>di</strong>a a rotelle non è bello anche se, a<strong>di</strong>re il vero, alle ruote non faccio caso. Essere <strong>di</strong>sabile<strong>di</strong>venta un po’ “pesante” quando, magari, a parole nonsi riesce a spiegare a chi è vicino lo stato d’animo che siprova in quel momento.Mi preme sottolineare questo punto perché mi capitaspesso <strong>di</strong> avere reazioni brusche quando mi viene detto<strong>di</strong> muovere meglio le gambe durante il cammino oppure<strong>di</strong> fare in modo <strong>di</strong> non avere scatti involontari con ilbraccio.Già, le <strong>di</strong>stonie...padroneggiarle non è facile e, quandone parte una, non si può fare <strong>di</strong>versamente. Ed eccoche, chi riceve il colpo senza volere, giustamente si lamentae l’assistito comincia a voler parlare mal’agitazione è tanta che non riesce a tranquillizzarsi esi scatena una <strong>di</strong>scussione per la quale si crea il malumore.Mi piace chiudere questo articolo con un’ultima miariflessione; mi ritengo “fortunato” ad avere l’han<strong>di</strong>capsin dalla nascita, se l’avessi da alcuni anni rimpiangereiil passato.Non posso fare a meno <strong>di</strong> pensare a come sarà il miofuturo quando, purtroppo, i miei genitori verranno amancare. Probabilmente, per una persona senza <strong>di</strong>sabilità,il problema non si pone ma per uno come me la“salita” è un po’ ripida e devo prepararmi ad affrontarlacon molta rincorsa.Buona estate!43


PATUI ALLA PIERGIORGIOLE MIE IMPRESSIONIUOMO AVVISATO MEZZOSALVATO!Il mio punto <strong>di</strong> vistaPaolo CernettigUn ragazzo <strong>di</strong>sabile della Onlusracconta ilpomeriggio in compagniadello scrittore friulanoArrigo De BiasioGiovedì 19 aprile sono ripresi alla Comunità <strong>Piergiorgio</strong>Onlus <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne gli incontri con l’autore. Perl’occasione è venuto a trovarci Paolo Patui, u<strong>di</strong>nese,noto per aver tradotto Lupo Alberto in friulano, peraver scritto due libri e realizzato la Rassegna letterariaLeggermente a San Daniele in cui, da otto anni aquesta parte, vengono letti brani <strong>di</strong> libri <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi autori.Paolo Patui si è intrattenuto molto volentieri con iragazzi della <strong>Piergiorgio</strong> e noi, per l’evento, avevamoanche preparato alcune domande. «Il libro lo leggoquando, quanto, dove e come voglio. I libri hanno unodore tipico; se non si possono trovare in libreria alloraben venga il fatto che siano reperibili almeno in rete –ci ha spiegato lo scrittore che alla fine del pomeriggiosi è alzato in pie<strong>di</strong> davanti a tutti noi per leggerci alcunipassi tratti dal suo Volevamo essere i Tupamaros del2006 – Nel libro posso trovare personaggi in cui riconoscermi».Prima <strong>di</strong> salutarci, un’altra lettura, questavolta tratta dal libro Ciquito <strong>di</strong>eci e lode. Lo scrittore ciha infatti riproposto un passo in cui si racconta <strong>di</strong> unincapace che prende un goal e un secondo passo in cuiil protagonista è invece un bambino che, a lezione <strong>di</strong>pianoforte, commette un errore e non suona il richiestofa <strong>di</strong>esis creando così una situazione per lui stessodrammatica e imbarazzante. Il pomeriggio che abbiamotrascorso rientra nel ricco e variegato ventaglio <strong>di</strong>attività che noi ragazzi <strong>di</strong>sabili abbiamo la possibilità<strong>di</strong> fare tutti i giorni alla <strong>Piergiorgio</strong> e anche questo e-vento ha contribuito a farci crescere.Secondo la Bibbia Dio creò gli animali e le piante perprimi e, soltanto alla fine, creò anche l’Uomo e laDonna.La Bibbia <strong>di</strong>ce anche che Dio ha messo a <strong>di</strong>sposizionedell’uomo il Creato, ossia l’insieme degli animali,delle piante e <strong>di</strong> tutto il Mondo.Secondo la teoria Darwiniana l’essere umano si èevoluto nel corso dei millenni fino a <strong>di</strong>ventare HomoSapiens Sapiens e conquistare tutto il Pianeta Terra.L’essere umano da prima fu cacciatore e raccoglitoree, successivamente, scoprì anche l’agricoltura el’addomesticamento degli animali selvatici. Nel corsodella Storia l’uomo scoprì i vari continenti e la naturache lo circondava soggiogandola successivamente.Oggi l’essere umano inquina l’aria con le fabbriche,le automobili e gli aerei grazie agli idrocarburi derivantidal Petrolio. L’essere umano <strong>di</strong>sbosca le foresteequatoriali privando d’ossigeno la Terra e caccia animalifino all’estinzione.Se l’uomo non cambia atteggiamento verso la Terra,un giorno essa <strong>di</strong>struggerà tutto, compreso l’uomostesso.44


Premio per la Solidarietà Regionale ad«Il premio che abbiamo ricevuto, e per la prima voltada che esistiamo, è certamente una gran<strong>di</strong>ssimagratificazione e un prezioso riconoscimento per tutto illavoro che la nostra realtà ha saputo portare avantinel corso degli anni e per l’iniziativa che 30 anni orsono i suoi stessi fondatori hanno messo in atto, forseignari del brillante sviluppo che la loro idea avrebbeavuto nel tempo».Parola <strong>di</strong> Katia Mignogna, oggi presidente dellaCooperativa sociale <strong>di</strong> produzione e lavoro Arte e Libro,espressione della Comunità <strong>Piergiorgio</strong> ONLUS <strong>di</strong>U<strong>di</strong>ne, e nata per inserire nel mondo delle professionipersone con <strong>di</strong>sabilità fisiche, psichiche e sensoriali.Arte e LibroRiconosciuto ufficialmente il pluriennale impegno sociale della strutturanell’areadell’inserimento lavorativo <strong>di</strong> persone con <strong>di</strong>sabilitàEd è proprio per questa sua preziosa mission che ilComitato Provinciale <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento tra associazioniper la tutela dei <strong>di</strong>sabili l’ha voluta premiare recentemente,proprio per il suo pluriennale impegno socialenell’area dell’inserimento lavorativo.«C’è un iter, che si è consolidato nel tempo, che lapersona <strong>di</strong>sabile deve seguire – spiega Katia Mignogn,amentre ricorda che attualmente sono circauna ventina i soci, per la maggior parte <strong>di</strong>sabili, impiegatipresso la Cooperativa <strong>di</strong> via Derna – Attraversouna iniziale borsa lavoro, la cui durata può variaredai sei mesi ai due anni, la persona in cerca <strong>di</strong>un’occupazione viene formata qui da noi e affiancatacostantemente. Al termine <strong>di</strong> questo periodo formativoci sono poi due possibilità.L’inserimento definitivo in Cooperativa oppurepresso altre strutture esterne». Brillante il bilancioche la Presidente può dunque oggi tracciare in meritoall’attività che la Cooperativa porta avanti da sempre.«Nonostante il momento <strong>di</strong> crisi che stiamo vivendoArte e Libro continua ad essere una realtà vitale e fortementeoperativa e un ringraziamento speciale vaquin<strong>di</strong> ai tanti soci che negli anni l’hanno aiutata adarrivare sin qui».PREMIO REGIONALE SOLIDARIETÁ20<strong>12</strong>Da <strong>di</strong>versi anni il Comitato Provinciale <strong>di</strong> Gorizia haistituito con successo il “Premio Regionale Solidarietà”che riconosce i meriti <strong>di</strong> singole persone o <strong>di</strong> entiche si sono pro<strong>di</strong>gati con generosità e sacrificio a favore<strong>di</strong> persone in gravi <strong>di</strong>fficoltà. Nel corso <strong>di</strong> unasolenne cerimonia ufficiale vengono consegnate medaglied’oro alle persone o agli enti designati e anchetarghe a persone o enti segnalati. Nell’anno 2002,d’intesa con la Consulta Regionale Associazioni Disabilidel F.V.G., si è deciso <strong>di</strong> dare al “Premio <strong>di</strong> Solidarietà”una valenza estesa a tutto il Friuli – VeneziaGiulia. Al buon esito dell’iniziativa collaboranotutti i Comitati Provinciali delle Associazioni dei Disabilidel F.V.G., il Centro Servizi Volontariato FVGe la Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Ver<strong>di</strong> <strong>di</strong>Trieste. La solenne manifestazione ufficiale <strong>di</strong> consegnadei riconoscimenti ha avuto luogo a Grado, domenica13 maggio 20<strong>12</strong>, presso il Palazzo dei Congressi<strong>di</strong> Grado. Al Premio è intervenuto il Presidentedella Regione Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo.45


DINSI UNE MANAl via la stagione estiva 20<strong>12</strong>La Comunità <strong>di</strong> Volontariato “Dinsi Une Man”<strong>di</strong> Tolmezzo ha dato il via ufficiale alle iscrizioni aisoggiorni marini della prossima estate de<strong>di</strong>cati allepersone <strong>di</strong>sabili e gestiti con il supporto <strong>di</strong> giovanivolontari; i soggiorni, della durata <strong>di</strong> due settimane, sisvolgeranno dalla fine <strong>di</strong> luglio e per tutto il mese <strong>di</strong>agosto presso il Centro Italiano Femminile <strong>di</strong> Bibione.Le vacanze che proponiamo da oltre trent’annihanno tre caratteristiche ben precise; l’ascolto reciproco,l’accoglienza e la con<strong>di</strong>visione. È molto bello vedereche, durante il soggiorno, persona <strong>di</strong>sabile e volontariosi aiutano a vicenda dal primo all’ultimo giorno, fino aquando arriva il momento <strong>di</strong> salutarsi e <strong>di</strong> riprenderela solita vita.Ci rivolgiamo in modo particolare ai giovanialla ricerca <strong>di</strong> un’esperienza che permette <strong>di</strong> conosceremolte persone, rendersi utili, avvicinarsi al mondodella <strong>di</strong>sabilità con una modalità che è alla portata <strong>di</strong>tutti.Il calendario dei soggiorni 20<strong>12</strong> è il seguente:23 luglio - 1 agosto2 agosto - 16 agosto17 agosto - 31 agostoI riferimenti per richiedere ulteriori informazionisono:Lunedì e giovedì: 15.00 - 18.00 al <strong>numero</strong>333.82.55.<strong>12</strong>1 (Denis Baron);Martedì e mercoledì: 16.00 - 19.00 al <strong>numero</strong>338.91.84.834 (Federica Mon<strong>di</strong>ni);oppure via mail all’in<strong>di</strong>rizzo:info@dum<strong>di</strong>sabili.it (è necessario in<strong>di</strong>careun riferimento telefonico).Ci puoi inoltre trovare su:Web: www.dum<strong>di</strong>sabili.itFacebook: Dum Dinsi Une ManYouTube: http://www.youtube.com/user/TheDumTubeTU sei speciale per noi!Ti aspettiamo!GUIDARE SENZA LIMITIDa oggi è possibile grazie aSpace DriveAvere minime capacità <strong>di</strong> movimento oppure esseread<strong>di</strong>rittura privi <strong>di</strong> braccia o gambe non significa nonpoter guidare. Lo sa bene una <strong>di</strong>tta tedesca che ha appenaprogettato un sistema a <strong>di</strong>r poco innovativo stu<strong>di</strong>atoproprio per persone tetraplegiche e comunquecon forze fisiche ridotte al minimo ma che non intendono<strong>di</strong> certo rinunciare alla propria libertà <strong>di</strong> movimentoin macchina. La loro patente si chiama infatti SpaceDrive.«Trattasi <strong>di</strong> un sistema geniale grazie al quale freni,acceleratore e sterzo, così come tutte le altre tra<strong>di</strong>zionalifunzioni dell’auto, vengono comandati da ausilitenuti sotto controllo da un microprocessore. Gli ausilistessi trasmettono poi, nel giro <strong>di</strong> alcuni nanosecon<strong>di</strong>, isegnali <strong>di</strong>rettamente a due servomotori per il freno el'acceleratore e a due altri motori per le manovre I singolimoduli sono configurabili su base in<strong>di</strong>viduale –racconta la futura terapista occupazionale Martina, almomento tirocinante all’Ufficio H della Comunità <strong>Piergiorgio</strong><strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne e che proprio nel corso della sua intensaesperienza <strong>di</strong> formazione presso la Onlus ha potutovedere <strong>di</strong> persona il sistema – Space Drive può esseremontato su qualsiasi veicolo, la sua manovrabilità simantiene sicura anche a velocità elevate mentre laguida resta perfetta dal punto <strong>di</strong> vista ergonomico poichèstu<strong>di</strong>ata sulla base delle esigneze e delle caratteristiche<strong>di</strong> ogni singolo utente».Ma come lo dobbiamo immaginare concretamente?«Come un sistema composto innanzitutto da un joystick,necessario per guidare con tatto; da un minivolante<strong>di</strong> soli 15 cm che può essere montato su qualsiasiveicolo – spiega ancora Martina, mentre ricorda che ilsistema può essere acquistato soltanto rivolgendosi<strong>di</strong>rettamente alla <strong>di</strong>tta tedesca e che per poterlo utilizzarein Italia sono comunque necessari dei permessispecifici – Un’altra parte dell’ausilio è poi rappresentatada un interruttore a scorrimento abbinato al volantemontabile a destra oppure a sinistra e <strong>di</strong>sponibile anchecon poggiabraccio adattato e, infine, da un tastierinoper il comando delle funzioni cosiddette secondarie,ossia frecce, clacson, luci <strong>di</strong> emergenza, abbaglianti eanabbaglianti, tergicristallo e climatizzatore, solo perfare alcuni esempi. Un ausilio straor<strong>di</strong>nario insommaper consentire il massimo grado <strong>di</strong> autonomia anche achi l’ha purtroppo perduta».PROVE GRATUITE ALLACOMUNITÀPIERGIORGIOA settembre, in data da definirsi,sarà possibile testare il sistema.Le prenotazioni sono apertesin d’ora. Tel. 0432.403431.46


PER CHI NON CI CONOSCELa Comunità <strong>Piergiorgio</strong> è una ONLUS fondata nel 1971 da Don Onelio Ciani con un piccolo gruppo <strong>di</strong> persone.È un’organizzazione che riunisce <strong>di</strong>sabili fisici nel proposito <strong>di</strong> consentirne l’autogestione favorendone altresì ilrecupero del maggior grado <strong>di</strong> autonomia possibile e che si propone lo sviluppo integrale delle persone portatrici <strong>di</strong>han<strong>di</strong>cap fisico, psichico, sensoriale nonché <strong>di</strong> altre patologie invalidanti.È riconosciuta come Centro <strong>di</strong> recupero me<strong>di</strong>co - sociale dal 1975 edè sia una struttura sanitaria privata che un centro <strong>di</strong> riabilitazione; èconvenzionata con il Servizio Sanitario Nazionale per trattamenti riabilitativi<strong>di</strong> tipo ambulatoriale, <strong>di</strong>urno e residenziale.A tal fine, attraverso le proprie se<strong>di</strong> <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne e Caneva <strong>di</strong> Tolmezzo, e me<strong>di</strong>ante convenzioni, gestisce anchecentri <strong>di</strong> convivenza e <strong>di</strong> degenza <strong>di</strong>urna; promuove e gestisce servizi riabilitativi, sanitari, assistenziali e <strong>di</strong> socializzazionenonché centri per l’informazione sugli ausili tecnici e informatici; favorisce le capacità lavorative del <strong>di</strong>sabileattraverso corsi <strong>di</strong> formazione professionale; promuove e sostiene attività produttive anche in forma cooperativa,idonee allo sviluppo e all’inserimento lavorativo del <strong>di</strong>sabile.La Cooperativa Arte e Libro, espressione della Comunità <strong>Piergiorgio</strong> ONLUS <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne, è specializzata in rilegatoria,tesi <strong>di</strong> laurea, produzione artigianale e oggettistica in cartonato. È una società cooperativa sociale <strong>di</strong> produzionee lavoro creata con lo scopo primario <strong>di</strong> inserire nell’ambito professionale persone con <strong>di</strong>sabilità fisiche, psichichee sensoriali. Attualmente vi sono impiegati una ventina <strong>di</strong> soci, per la maggior parte <strong>di</strong>sabili.Come potete aiutarciAssegno bancario: se desidera donare attraverso un assegno, la invitiamo a intestarlo non trasferibile a Comunità<strong>Piergiorgio</strong> ONLUS e a inviarlo, possibilmente insieme ai suoi dati (nome, cognome e in<strong>di</strong>rizzo) tramite"assicurata convenzionale" a: Comunità <strong>Piergiorgio</strong> ONLUS - Piazza Libia 1, 33100 U<strong>di</strong>ne.Bonifico bancarioBeneficiario: Comunità <strong>Piergiorgio</strong> ONLUS - Piazza Libia 1, 33100 U<strong>di</strong>neBanca: Banca Popolare <strong>di</strong> Vicenza Agenzia n.3 - Viale Leonardo da Vinci 107 - 33100 U<strong>di</strong>neIBAN: IT <strong>12</strong>C05728<strong>12</strong>314714570002362Importante: Dal 1° gennaio 2008 è obbligatorio in<strong>di</strong>care l'IBANAl fine <strong>di</strong> non rendere anonimo il contributo la invitiamo a in<strong>di</strong>care il suo nominativo e il suo recapito nelle notedel bonificoConto Corrente Postale: Conto Corrente Postale n. 13840335Per i bonifici postali il co<strong>di</strong>ce IBAN è IT71 Z076 01<strong>12</strong> 3000 0001 3840 335Intestato a: Comunità <strong>Piergiorgio</strong> ONLUS, Piazza Libia 1 – 33100 U<strong>di</strong>neIl 5 x milleLo strumento del 5 per mille si affianca al già consolidato 8 per mille e rappresenta un’occasione <strong>di</strong> sostegno importante.Chi decide <strong>di</strong> destinare, in fase <strong>di</strong> <strong>di</strong>chiarazione dei red<strong>di</strong>ti, il 5 per mille della propria IRPEF alla Comunità<strong>Piergiorgio</strong> ONLUS deve firmare nel primo riquadro a sinistra, quello delle ONLUS, e inserire il co<strong>di</strong>ce fiscaledella nostra Comunità, 00432850303.Il vostro aiuto è deducibileLa Comunità <strong>Piergiorgio</strong> è una O.N.L.U.S. (Organizzazione Non Lucrativa <strong>di</strong> Utilità Sociale) e le donazioni insuo favore possono essere dedotte in sede <strong>di</strong> <strong>di</strong>chiarazione dei red<strong>di</strong>ti.Per le persone fisiche è possibile detrarre dall'imposta lorda il 19% dell'importo donato a favore delle ONLUSfino a un massimo <strong>di</strong> 2.065,83 euro oppure si possono dedurre dal proprio red<strong>di</strong>to le donazioni a favore delle ON-LUS per un importo non superiore al 10% del red<strong>di</strong>to complessivo <strong>di</strong>chiarato e comunque nella misura massima <strong>di</strong>70.000,00 euro annui.Per le imprese è possibile dedurre le donazioni a favore delle ONLUS per un importo non superiore a 2065,83euro o al 2% del red<strong>di</strong>to d'impresa <strong>di</strong>chiarato oppure è possibile dedurre dal proprio red<strong>di</strong>to le donazioni a favoredelle ONLUS per un importo non superiore al 10% del red<strong>di</strong>to complessivo <strong>di</strong>chiarato e comunque nella misuramassima <strong>di</strong> 70.000,00 euro annui. Le agevolazioni fiscali non sono cumulabili tra <strong>di</strong> loro.47


48Gli ingenui non sapevano che l’impresa era impossibile…dunque la fecero. B. Russell

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