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Quaderno dei Musei Civici n. 11 - Museo Diffuso della Resistenza

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<strong>dei</strong> <strong>Musei</strong> <strong>Civici</strong>Un patrimonio di tutti.<strong>Musei</strong> e inclusione sociale.<strong>11</strong>Quaderni


Città di TorinoAssessorato per le Risorsee lo Sviluppo <strong>della</strong> CulturaAssessoreFiorenzo AlfieriVice Direzione GeneraleGabinetto del Sindaco e Servizi CulturaliVice Direttore GeneraleRenato CigliutiCordinamento Servizi MusealiCoordinatoreDaniele Lupo JallàSettore Educazione al Patrimonio CulturaleDirigenteVincenzo SimoneRiccardo Borzillo, Cecilia Maseri, Mia Landi,Franca TreccarichiProgetto graficoDaniele ArnaldiStampaStargraficaImmaginiImperial War Museum, Londra - Istituto <strong>della</strong><strong>Resistenza</strong> in Toscana, Firenze - IstitutoNazionale per la storia del movimento di liberazionein Italia, Milano - Publifoto/Olycom,MilanoCoordinamento editorialeRoberta Levi, Vincenzo SimoneSi ringraziano per la collaborazioneMariella Allemano, Sandra Aloia, Laura Carle,Maria Frieri, Marina Gellona,Marianna Tomasetta,Patrizia Trebini, Elisa Sorba (gruppo di lavoro“Un patrimonio di tutti”), Miriam Avila Munoz,Rosario Galvez Gomez, Zahra Hilmi, HaydeHuacachino Aguilar, Antonio Martoccia, KaryMoreno Trigos, Elena Prundu, GiuseppeRedina, Zinaida Sitnic, Boris Sitnic, ZinthyaTapia Rendon, Janet Trigos Abregu, RosaTrigos Abregu, Felix Martin Zanabria Estrada,Nilton Moreno Trigos, Andres Flores Lina,Nataly Puertas, Lylia Nafil, Jori Darie, MarioaraBuibas, Gloria Guevara, Oxana Cebotari,Sergiu Cebotari, Karina Vianney Torres Peres,Rocio Tapui Palla (studenti del CTP Giulio chehanno partecipato alla sperimentazione),Eric Minetto, Marta Pastorino (HodenArt)Ed inoltre: i docenti e gli allievi <strong>dei</strong> CTPBraccini, Drovetti, Giulio e Parini, il personaledel <strong>Museo</strong> <strong>Diffuso</strong> <strong>della</strong> <strong>Resistenza</strong> <strong>della</strong>Deportazione <strong>della</strong> Guerra, <strong>dei</strong> Diritti e <strong>della</strong>Libertà, l'ISTORETO e il Centro Interculturale<strong>della</strong> Città di Torino.I Quaderni <strong>dei</strong> <strong>Musei</strong> <strong>Civici</strong> sono consultabili all'indirizzoweb: www.comune.torino.it/museiscuolaPuò essere richiesta copia a: Città di TorinoSettore Educazione al Patrimonio Culturalevia San Francesco da Paola,3 - 10123 Torino© Città di Torino , febbraio 2006


Questo “<strong>Quaderno</strong> <strong>dei</strong> <strong>Musei</strong> <strong>Civici</strong>” documentail più recente progetto <strong>dei</strong> servizimuseali <strong>della</strong> Città nel quadro <strong>dei</strong> pluriennaliprogrammi di ricerca sui pubblici <strong>dei</strong>musei torinesi. L’interesse è in questo casorivolto a coloro che, per diversi motivi e circostanze,costituiscono il gruppo maggioritario<strong>della</strong> popolazione, coloro che non visitanoi musei e conoscono poco il nostropatrimonio culturale, intere fasce di cittadiniesclusi dall’accesso alla cultura.Il progetto è in particolare finalizzato a conoscerei consumi culturali <strong>dei</strong> cittadinistranieri residenti a Torino e a costruire percorsidi cittadinanza attiva attraverso l’usoconsapevole del patrimonio culturale e <strong>della</strong>memoria civica.1L’esperienza raccontata in questa pubblicazionevede un episodio centrale <strong>della</strong> nostrastoria contemporanea, la tragica guerra diLiberazione, diventare occasione per comunicaree riflettere collettivamente sulle guerre,le privazioni, le lotte per l’affermazione<strong>dei</strong> diritti e <strong>della</strong> libertà, in Italia e nel mondoin una prospettiva transculturale.Il confronto con gli “altri” aiuta a ripensarei propri modelli interpretativi e consente aimusei, e alle istituzioni culturali in genere,di ripensare la propria funzione educativa,oggi, nella società <strong>della</strong> conoscenza.Tema centrale è l’accessibilità culturale e ilruolo che la cultura può avere come fattoredi coesione sociale. Società complessequali le nostre, dove coesistono forme plurimedi appartenenza, sollecitano infatti politichea sostegno dell’inclusione e <strong>della</strong>partecipazione del maggior numero possibiledi cittadini.In questo contesto, le istituzioni culturali,da parte loro, sono chiamate a ripensarele proprie finalità e ad articolarle diversamente,e in tal modo a presentarsi comeagenti di cambiamento e di inclusione sociale,come promotori di valori quali l’eguaglianzasociale, la diversità, il diritto di tuttialla cultura.Fiorenzo AlfieriAssessore alle Risorsee allo Sviluppo <strong>della</strong> CulturaCittà di Torino


Per una mediazioneinclusiva <strong>dei</strong> beni culturalie <strong>della</strong> memoria civica2Gli scenari dell’esclusioneTrasmettere conoscenzeIl consumo di cultura in Italia, così come inEuropa, è significativamente cresciuto dalpunto di vista quantitativo. Le indagini sulpubblico <strong>dei</strong> musei e delle mostre concordanoperò nel tratteggiare un visitatore-tipoben delineato: laureato, benestante, residentein città, professionista o docente.Lo sviluppo complessivo che si registra sulfronte <strong>della</strong> domanda 1 corre il rischio di nasconderei numeri dell’esclusione: se perun verso si diversificano le aspettative e lemodalità di visita e si afferma la presenza dinuove tipologie di visitatori, è pur vero cheil dato in aumento riguarda più il numerodelle visite che il numero delle persone.Sono le stesse che consumano più cultura!L’esperienza viene riservata ad una privilegiataminoranza. Il settore <strong>della</strong> cultura giocaun ruolo determinante nel creare esclusionee “i musei sono stati spesso impiegaticome strumenti per creare, riprodurre erafforzare diverse forme di disuguaglianzasociale… La sfida per le politiche del patrimonioconsiste nel riprogrammare le istituzioniculturali per svolgere un ruolo attivonella nuova articolazione <strong>dei</strong> rapporti di differenza.”2 Rischiamo, inconsapevoli,di creare un numero crescente di esclusi,dando vita a nuove forme di analfabetismo.Anche il sistema educativo si rivela in questosenso un potentissimo agente.“La scuola non riproduce più semplicementela disuguaglianza ma, ancora prima, produceattivamente l’esclusione sociale latente”3 . Ulteriore richiamo proviene dagli organismiinternazionali.La Dichiarazione Universale sulla DiversitàCulturale, adottata dall’Unesco nel 2001,raccomanda un equal access” all’arte, allaconoscenza scientifica e tecnologica, ai saperi”,già l’art.27 <strong>della</strong> DichiarazioneUniversale <strong>dei</strong> Diritti Umani recitava “ogniindividuo ha diritto di partecipare liberamentealla vita <strong>della</strong> comunità, a goderedelle arti ed a partecipare al progressoscientifico e ai suoi benefici”.Il tema dell’accesso pone in primo piano ilruolo dell’istituito museo nella società contemporanea,evidenziandone le contraddizionie le peculiarità. Per secoli i musei sonostati parte attiva nella costruzione delsapere. Questo processo, tradizionalmente,ha avuto un solo soggetto decisore (su ciòche doveva essere visto e sul momento incui era possibile vederlo). Al pubblico è statopermesso di interagire con le collezionisoltanto in qualità di spettatore di allestimentiperfettamente compiuti e intoccabili. 4L’esperienza di visita è sempre stata unpercorso lento, sorvegliato e misurato davantiad un’interpretazione chiusa.Oggi la conoscenza non si struttura secondoun episteme classica, chiusa e circolare,quanto attraverso un’esperienza articolata,socialmente e culturalmente contestualizzata;il museo si affianca ad altri istituti, agenziee luoghi di cultura che contribuisconoalla formazione <strong>della</strong> persona, alla sua crescita,creando nuove esperienze, accrescendole conoscenze, offrendo stimoli,trasmettendo valori.Politiche e pratiche per l’accessibilitàIl dibattito intorno all’accessibilità è statosostenuto a livello internazionale dalla crescenteconsapevolezza del museo comepubblico servizio, destinato ad avere unafunzione e una responsabilità sociale sempremaggiore. Accanto alle questioni relativeall’accessibilità fisica ed economica, apartire dalla fine del decennio scorso,sulla scorta delle legislazioni nazionali relativeagli standard per i servizi educativi, èstato posto il tema dell’accessibilità culturale.5 In Italia, il DM del maggio 2001 6 ha avutoil merito di sollecitare la riflessione e, soprattuttonelle regioni dove è stato sostenutoil coinvolgimento attivo comunità professionale,le indicazioni e i temi consideratidall’Ambito VII del documento ministerialesono stati al centro di un vivace confronto.Occorre notare che, spesso, le problematicherelative all’esclusione e dell’accesso al-1TRIMARCHI M., LONGO F. I musei italiani nel decennio: innovazionie questioni irrisolte in BODO S., SPADA C., Rapporto sull’economia<strong>della</strong> cultura in Italia 1990-2000, Il Mulino, Bologna, 20042BENNET T. Cultura e differenza: teorie e pratiche politiche inBODO S., CIFARELLI M.R., (a cura di) Quando la Cultura fa laDifferenza. Patrimonio, arti e media nelle società multiculturali,Melteni, Roma, 20063STOER S. Il ruolo strategico dell’educazione pubblica nella costruzionedell’uguaglianza e <strong>della</strong> giustizia sociale sta in Un’altraeducazione è possibile. Atti del Forum Mondiale dell’Educazionedi Porto Alegre, Editori Riuniti, 20024cfr. HOOPER GREENHILL E., I musei e la formazione del sapere,Il saggiatore, Milano, 20055Nel Regno Unito, le Policy Guidelines on Social Inclusion hannoidentificato, nel 1999, alcune <strong>della</strong> principali barriere per un usosocialmente inclusivo di musei, archivi e biblioteche raggruppandolein: istituzionali (apertura ridotta, scarsa segnaletica), personalie sociali (scarsa alfabetizzazione, mancanza di fiducia in sé,scarsa socializzazione), attitudinali (difficile accesso alle informazioni,modesto interesse, isolamento), ambientali (accesso fisico,scarsi collegamenti). Il recente Accreditation System, nella sezionededicata ai Servizi agli Utenti, riprende e chiarisce: “l'accessi-


la cultura sono confinate entro i servizi educativie non investono con tutta la loro forzagli organi direttivi delle istituzioni.Nonostante questo, stimolati dal contattocon le classi multietniche che da anni frequentanole nostre scuole e, spesso in manieraforzata, le nostre sale espositive, sonomaturate in molti musei italiani interessantiesperienze a favore di un ampliamento dell’azioneculturale delle istituzioni museali 7 esono nel contempo cresciute le occasionidi incontro e confronto su svariati temicomplessivamente ascrivibili alla funzioneeducativa del museo contemporaneo e alsuo “essere a servizio <strong>della</strong> collettività”. 8una serie di azioni indirizzate a costruirepercorsi di cittadinanza attiva attraverso laconoscenza e l’uso consapevole del patrimonioculturale e <strong>della</strong> memoria civica.Seguendo una metodologia già sperimentatanella conoscenza <strong>dei</strong> pubblici (reali epotenziali) <strong>dei</strong> musei torinesi, nel dicembredel 2004 si è costituito un gruppo di lavoroformato da insegnanti <strong>dei</strong> CTP <strong>11</strong> cittadini,esperti in educazione interculturale, professionisti<strong>della</strong> narrazione e mediazione <strong>dei</strong>beni culturali, l’Università degli Studi diTorino. Ancora oggi questo gruppo continuaa seguire il progetto costituendone lasua cabina di regia tecnica.3I musei e gli altriMolti <strong>dei</strong> torinesi di oggi hanno radici altrove.Come le altre città europee, la nostra sitrova al centro di processi di stabilizzazionemigratoria, silenziosa, poco visibile. 9Misurarsi con l’altro aiuta a mettersi in gioco,a rivedere le interpretazioni e i modi dimediare i significati.Come le precedenti indagini su singole categoriedi non visitatori <strong>dei</strong> musei hannoevidenziato elementi generali comuni, cosìquesto tentativo di capire il rapporto tra inuovi torinesi e il patrimonio culturale localefa risaltare la persistenza e l’articolazionedelle barriere che tengono lontano chiunquenon rientri nella tipologia standard di visitatoreche all’inizio è stata tratteggiata.Già nel 1971, Stanislas Adotevi, museologoafricano “criticò sin dalle sue fondamenta ilmuseo, non soltanto in nome <strong>dei</strong> popoli delterzo e del quarto mondo per i quali il museonon significa nulla, ma anche in nomedi tutti coloro che nei paesi industrializzatinon ne varcano mai le porte.” 10 È questo ildato più significativo che sembra emergere:la cultura continua ad essere un fattore diesclusione sociale, è così se l’oggetto <strong>della</strong>nostra indagine sono indifferentemente glianziani torinesi, gli adolescenti italiani o icittadini stranieri che vivono nelle nostrecittà. Le caratteristiche prevalenti dell’esclusionetendono ad essere simili evidenziando,in questo modo, un fattore di crisi delsistema più che <strong>della</strong> specifica forma comunicativa.Il museo per secoli ha trasmesso conoscenzesecondo una prospettiva unidirezionale,la sua organizzazione sta scontandole difficoltà di trovarsi di fronte a sistemiplurimi di trasmissione delle conoscenze o,più banalmente, di modalità diverse di trascorrereil tempo libero.È da queste considerazioni che nasce “Unpatrimonio di tutti”, un progetto articolato in“Un patrimonio di tutti” si articola intorno atre settori di attività:• indagine volta ad acquisire elementi riguardola conoscenza del patrimonio culturalelocale da parte <strong>dei</strong> cittadini stranieri residentia Torino e raccolta di informazionisui loro consumi culturaliL’indagine realizzata (vedi box) ha consentitodi evidenziare alcune barriere specifichee di sollevare interessanti questioni.Se, ad esempio, i costi del biglietto di ingressonon erano risultati fattori di eslusionenell'indagine sugli anziani e i musei danoi realizzata nel 2001, qui l'accessibilitàeconomica risulta una significativa barrieraall'accesso. Sul piano comunicativo, nonsembra che le principali difficoltà siano di tipolinguistico quanto dovute a senso diestraneità al luogo, paura di non capire.Si può trarre anche qualche indicazionedi ordine generale. Chi non va al museo diBucarest non visita il <strong>Museo</strong> Egizio.Le persone mantengono in emigrazione il livellodi consumo culturale abituale.Gli esclusi sono esclusi dovunque.Sotto questo profilo, il progetto prevedenei prossimi mesi incontri con le associazioni,focus group e interviste a testimoniprivilegiati;• eventi e iniziative di sensibilizzazioneÈ stato presentato il volume “Cultura e inclusionesociale” 12 e, in occasione <strong>della</strong>Giornata <strong>dei</strong> musei promossa dall’ICOM ededicata ai musei come luoghi di incontrotra le culture, sono stati organizzati percorsispecifici di conoscenza del patrimonio culturale<strong>della</strong> città e un aggiornamento specialedel sito museiscuol@.Sul fronte <strong>della</strong> formazione specifica, il progetto“Museums Tell many stories”, in cui laCittà di Torino è partner di dell'Istituto per iBeni Culturali dell'Emilia-Romagna, labilità non si esaurisce con la possibilità di visitare fisicamente ilmuseo; significa anche che un pubblico di tutte le età e provenienteda tutti i contesti sociali possa fruire delle collezioni in diversimodi.”Cfr. RESOURECE, From Australia to Zanzibar. Museums standardsschemes overseas, London, 2002 - NEGRI M. SANI M. (acura di) <strong>Musei</strong> e cultura <strong>della</strong> qualità, Clueb, Bologna, 2001 - SA-NI M., TROMBINI A., La qualità nella pratica educativa delmuseo,Compositori, Bologna, 2003 - MARESCA COMPAGNA A.(a cura di), Strumenti di valutazione per i musei italiani. Esperienzea confronto, Gangemi, Roma, 20056Decreto Ministeriale 10 maggio 2001. Atto di indirizzo sui criteritecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo<strong>dei</strong> musei7cfr. DA MILANO C., DE LUCA M. (a cura di) Attraverso i confini.Patrimonio culturale e integrazone sociale, ECCOM-Compagnia diSan Paolo, 20068cfr. www.comune.torino.it/museiscuola9cfr. www.caritasitaliana.it; www.comune.torino.it/stranieri-nomadi10DESVALLEES A., 1992 citato in CAFURI R. In scena la memoria.Antropologia <strong>dei</strong> musei e <strong>dei</strong> siti storici del Benin, HarmattanItalia, Torino, 2003


4Chester Beatty Library (Irlanda),Engage (Regno Unito) e Imagine IC(Olanda), consente la partecipazione di alcunieducatori museali torinesi a percorsiformativi di livello europeo.(Programma Grundtvig tre).• progettazione partecipata e sperimentazionedi esperienze di mediazione del patrimonioper utenze non abitualiIl coinvolgimento <strong>dei</strong> destinatari nella progettazionedell’esperienza di visita è statogià sperimentato in relazione ad altre tipologiedi pubblici (scuole, anziani, adolescenti).Con il sostegno di HoldenArt, alcuni gruppihanno realizzato progetti di partenariato edi costruzione di percorsi di visita condivisi.Entrambi le esperienze già realizzate hannoavuto luogo al <strong>Museo</strong> <strong>Diffuso</strong> <strong>della</strong><strong>Resistenza</strong> di Torino: in occasione <strong>della</strong>mostra temporanea “Warsazwa 44. I 147giorni dell’insurrezione” un racconto di visitaè stato costruito insieme ad alcuni cittadinidi origini polacca.Giulio intorno alla mostra “La lunga liberazione”,allestita in museo per il sessantesimoanniversario <strong>della</strong> Liberazione.L’ipotesi sta nella ricerca di forme di mediazione(in questo caso <strong>della</strong> storia contemporanea)che riescano a comunicare e abbianovalore anche per chi è del tuttoestraneo e culturalmente lontano.Come meglio si leggerà più avanti, i raccontie le storie che il laboratorio ha fattoemergere hanno favorito una mediazionebasata sui valori profondi e transculturali:non si trattava più <strong>della</strong> liberazionedell’Italia, come documentato dal percorsoespositivo, ma le immagini sono diventateper ciascuno rappresentazione <strong>della</strong> guerra,<strong>della</strong> fame, <strong>della</strong> lotta, <strong>della</strong> vittoria a caroprezzo. Il racconto <strong>della</strong> Liberazione diTorino è diventato una narrazione a più voci,sulla guerra, le sofferenze, le liberazionidai regimi totalitari, in tutto il mondo.Vincenzo SimoneQuesto quaderno è dedicato, in particolare,a documentare un’esperienza realizzata incollaborazione con HoldenArt e il CTP<strong>11</strong>I Centri Territoriali Permanenti (CTP) si qualificano come strutturedi servizio che promuovono, organizzano e realizzano attivitàd'istruzione e di formazione rivolte agli adulti.12Il grupo di lavoro è formato da: Mariella Allemano, SandraAloia, Laura Carle, Maria Frieri, Marina Gellona, Roberta Levi,Marianna Tomasetta, Patrizia Trebini, Franca Treccarichi,Vincenzo Simone, Elisa Sorba.13Economia <strong>della</strong> Cultura, Il Mulino, 4/2004


Dalla storia alle storie:esperienza di un laboratoriodi narrazioneNel corso dell’a.s. 2004/2005 il CTP Giulioha partecipato al progetto “Un patrimoniodi tutti”. La sperimentazione, che si è svoltain primavera, ha visto il diretto coinvolgimentodi una classe serale, la sezione D,in un laboratorio di narrazione; questo si èsvolto con la collaborazione e partecipazionedi Roberta Levi, docente di Lettere eEducazione alla cittadinanza presso il CTPGiulio, ed è stato progettato da HoldenArt,nelle persone di Marina Gellona, LauraCarle e Eric Minetto che l’ha condotto.La classe, formata da persone provenientida diverse aree geografiche (Italia, Perù,Romania, Moldavia, Marocco), è stata sceltaperché composta da allievi adulti e moltomotivati.Il risultato di questo percorso è stato la realizzazionedi una visita narrata svoltasi il18/05/2005 al <strong>Museo</strong> <strong>Diffuso</strong> in occasione<strong>della</strong> giornata internazionale <strong>dei</strong> musei indettadall’ICOM e dedicata ai musei come“Ponti tra le culture” e che ha visto comeprotagonisti gli studenti del CTP Giulio e dialtri CTP. Il testo <strong>della</strong> visita è stato scrittoda Marta Pastorino, giovane autrice checollabora con HoldenArt e che ha presoparte al laboratorio come uditrice.Il testo è stato composto accostando i raccontiemersi durante il laboratorio ad altromateriale tratto da libri, scritti, diari inerentil’argomento <strong>della</strong> mostra.L’obiettivo del percorso è stato quello di farsì che, da esperienza passiva, l’incontrocon un museo o, come in questo caso,con la mostra “La lunga liberazione” 1 ,si trasformasse, grazie ad un approccionarrativo, in esperienza attiva, coinvolgente,gratificante e significativa, non più e nonsolo momento in cui subire passivamenteun bombardamento di informazioni, ma incui, da quelle informazioni, saper attivamenteestrarre significati.Il laboratorio ha posto le persone al centro<strong>della</strong> mostra, partendo dalla storia cheognuno porta con sé, frutto <strong>della</strong> memoriepersonali, familiari e <strong>della</strong> vicende di migrazione.Primo incontroNel primo incontro ai partecipanti è statochiesto di raccontare un evento storico importanteavvenuto nel loro paese d’origine :un evento che li ha segnati non tanto per laripercussione macro nel paese, ma perchéè associato a un evento micro che li riguardadirettamente. Ciò che è stato chiesto lorodi raccontare è l’impatto di quell’eventosulla loro vita. Per fare un esempio, la sollecitazioneè stata all’incirca: “cosa ricordi diquel giorno? Cosa stavi facendo? Dove titrovavi? Raccontacelo”. Lo scopo di questaattività è comunicare che la storia appartieneagli uomini, prima che ad essi vengasottratta e imbalsamata nei libri di storia oesposta nei musei. A sentirla raccontare dapiù voci, infatti, ecco che la storia, femminilesingolare, proprietà di libri e musei, diventale storie, femminile plurale, proprietàdegli uomini. Raccontarla vuol dire metterein comune e rendere maggiormente viciniun tempo e uno spazio lontani.Un avvenimento che voglio raccontare èsuccesso nel mio paese, prima di Natale,nel 1998, nell’ambasciata giapponese, cheaveva offerto una grande festa, con la presenzadi molti politici e impresari.L’ambasciata è stata presa dai terroristi (unmovimento rivoluzionario che sta contro ilgoverno); i terroristi sono entrati e hannopreso l’ambasciata con tutti gli invitati.Mi ricordo che hanno sospeso la programmazione<strong>della</strong> tv per informare di questanotizia; mi ricordo che io stavo a casa, checenavo con le mie sorelle; noi stavamo parlandodi un’amica molto cara che giusto inquel periodo stava passando un momentomolto difficile, una malattia: era malata dicancro maligno; mi ricordo molto bene cheabbiamo saputo che le rimaneva poco davivere. La notizia dell’ambasciata coinvolseil paese intero, che rimase sospeso perquattro mesi. Il giorno di Natale, i terroristihanno fatto uscire le persone più anziane,e sono rimasti dentro solo i personaggi piùimportanti. Nel frattempo il presidente <strong>della</strong>Repubblica di allora, Fujimori, lavorava con51La mostra “La lunga liberazione” è stata allestita presso il<strong>Museo</strong> <strong>Diffuso</strong> <strong>della</strong> <strong>Resistenza</strong>, <strong>della</strong> Deportazione, <strong>della</strong> Guerra,<strong>dei</strong> Diritti e <strong>della</strong> Libertà dal 22 aprile al 27 novembre 2005.


6le Forze Armate per fare un piano e poterrisolvere questa situazione che ogni giornodiventava più difficile. Alla fine le ForzeArmate hanno scavato una galleria sottoterraper riuscire ad arrivare fino all’ambasciata,e sono entrate, con l’esercito, ehanno ucciso i terroristi, dopo quattro mesidi occupazione. Nel frattempo io stavo conla mia amica; la portavo in tanti posti, almare, al parco, così lei faceva queste ultimepasseggiate, si stava spegnendo pocoa poco. Poi arrivò la sua morte: a marzo,nel 1999, appena prima <strong>della</strong> liberazionedegli ostaggi.Miriam AvilaIl mio luogo di nascita è Palermo. Nel 1965i miei genitori, i miei quattro fratelli ed io cisiamo trasferiti a Torino perché a Torinoc’era più possibilità di lavoro. Quello che ricordomaggiormente di allora è che quandosiamo arrivati qui siamo andati ad abitareda mia zia, perché non avevamo ancorauna casa nostra. Dopo un paio di giornimio padre trovò lavoro come muratore e finoa lì tutto bene, ma i problemi arrivaronoquando i miei genitori si misero a cercarcasa. Passarono i mesi e anche gli anni mala speranza di trovare casa svaniva perchéeravamo una famiglia numerosa e nessunoci affittava casa; finché un bel giorno miamadre vide un cartello “affittasi alloggio”,ma siccome ormai aveva perso la speranza,non voleva neanche andare a chiedere.Lì per lì si fece però coraggio e andò achiedere, ma quando la signora le domandòquanti eravamo in famiglia, lei risposesenza sapere quello che stava per dire,che la sua famiglia era composta da lei,suo marito, e cinque cagnolini; e così la signorale affittò casa.Giuseppe RedinaTutti siamo arrivati su questa Terra per fareun breve viaggio, per una cosmica universaleveniamo con l’energia da altri mondi,dalle vite passate. Perché siamo come portatoridi quello che abbiamo fatto e di quelloche dobbiamo fare. Perché incarniamole differenze positive e negative, bianche enere, un insieme di contraddizioni. Ma primadi tutto portiamo un carico di memoriee di civiltà. Una citazione latina dice “Tuttele strade portano a Roma”. Credo di nonessere venuta casualmente in Italia per laprima volta nel 2002. (Mio marito ed io) abbiamorealizzato con questa meta un nostrosogno, quello di vedere Roma.Veniamo dalla Moldavia, un territorio doveduemila anni fa avevano costruito il Vallo diTraiano, Inferiore e Superiore. Un territoriodove i castri dell’Impero Romano avevanomarcato le frontiere a Nord-Est.E tutti questi eroi mi sono venuti in mentequando ho visto la Colonna Traiana.Mi sono trasferita mentalmente in quel tempoe tutto quello che ho letto e conosciutoha cambiato la mia esistenza.In quel tempo la mia terra si chiamavaDacia, e dopo due-trecento anni di diversadominazione noi abbiamo avuto 42 imperatoriromani, in quali rami genealogici eranole presenze traco dacie…Zinaida SitnicNel 1990 nel mio paese, il Perú, c’è statauna crisi economica. Noi eravamo già poveri;con un cambio di governo pensavamoche tutto sarebbe andato bene, invece nonfu così. Da un giorno all’altro il nostro denaronon bastava piú, e abbiamo conosciutola fame. Il denaro non era abbastanza.Mia sorella Alicia aveva già due nipotini.Questi bambini chiedevano il pane, e il lattenon c’era. In casa avevamo solamente deltè, dello zucchero, un po’ di patate, olio,un po’ di kerosene per cucinare. Mia sorellapiangeva perché vedeva che i suoi nipotiavevano fame e lei non poteva nemmenodar loro da mangiare!La crisi intanto continuava in tutto il nostropaese. Poi un giorno mia sorella ha sentitoche i peruviani stavano emigrando in tuttoil mondo. Nel 1992 decise di mettersi inviaggio e di partire. Molti partivano per ilGiappone, e anche lei pensava di andare lì.Però poi, insieme, io e mia sorella ci siamomesse d’accordo per andare in Italia, perchélì stava il papa e lui ci avrebbe datouna mano perché siamo di religione cattolica.Così mia sorella l’avventuriera feceil suo viaggio. Una volta la mandarono indietro,poi la seconda volta rientrò a Milanodove visse per 3 mesi. Dopo, con una suaamica è venuta a Torino dove è rimasta.L’anno seguente sono arrivata io, il 14 ottobre1994. Sono stata in compagnia di miasorella fino al 17 agosto 2003, quando leise n’è andata per una brutta malattia.Gloria Guevara Garro


Nei paesi musulmani la festa del montonesi celebra una volta l’anno. Mi ricordo soventedi un fatto che non scorderò mai.Eravamo molto contenti per questa festa;andai al mercato con la mia famiglia percomprare il montone, e il giorno dopo andaia comprare le cose che mi servivanoper il giorno <strong>della</strong> festa. Lì al negozio sentiila notizia per radio che il re era morto.Io non ci potevo credere! Non solo per ilfatto <strong>della</strong> morte, ma anche perché pensaiche la festa non ci sarebbe piú stata.Di corsa tornai a casa e trovai tutti i vicinifuori che dicevano le stesse cose che avevopensato io. Subito al telegiornale annunciaronoil lutto di quaranta giorni per lamorte del re: la festa non si poteva piú fare!Fortunatamente c’era a casa mio zio, alloraabbiamo macellato il montone con duegiorni d’ anticipo. Però mi ricordo bene chequella festa era triste. Invece gli altri cheavevano già comprato il montone l’hannomacellato alle quattro del mattino dinascosto.Lylia NafilMi ricordo che nel 1998 c’erano i Mondialidi calcio “Francia ’98”.Quel giorno mio fratello e io aspettavamocon ansia che cominciassero i mondiali: eraun mercoledì, il 10 giugno. Io ero incinta dinove mesi ormai, ma il dottore mi avevadetto che il mio bambino probabilmentesarebbe nato dieci giorni dopo. Proprioquel giorno mi sono venuti dolori forti, e hocapito che stavo per partorire.Sono andata di corsa all’ospedale dimenticandomidi quello che avrei dovuto vederealla televisione.Comunque ero molto felice perché era arrivatoil mio bambino. Era così piccolo!Pesava 2,45 kg. Ed era lungo 47 cm emezzo. Ricordo che mi portarono il miobambino senza vestiti; mia madre non c’eraperché credeva che il bambino sarebbe natonel pomeriggio. Comunque era un giornofelice. Mio figlio si chiama Douglas.Hanno preso Gonzalo la mattina del 12settembre 1992.Nel 1991, a causa di una crisi economica,andai a lavorare nella giungla peruviana.Lì imparai tante cose <strong>della</strong> vita, ebbi l’opportunitàdi parlare con la gente che maiera stata “censita” nei pubblici registri, personesenza istruzione ma capaci di sopravvivere,gente molto gentile: bisognava accettaretutto ciò che offrivano, se no si offendevano.Dunque, passarono <strong>dei</strong> mesi emi mancava tanto la mia famiglia; la comunicazionecon loro era impossibile, perchéstavo troppo lontano dalla città di Pucallpae il servizio postale era inefficiente.La mattina del 12 settembre uscii prestodal centro <strong>della</strong> giungla per andare al paesepiù vicino per fare un po’ di spesa.Erano circa le sei di mattina quando arrivaial fiume che dovevo attraversare con la canoa.Avevo voglia di bere un bicchiere di liquorepisco, ero circondato da piccole moscheche mi morsicavano a tutto andare.Con i miei amici ci raccontavamo il lavorodi ciascuno. Il padrone del negozietto dovefacevamo la spesa era molto contento divederci. Aveva una radio vecchia che ognitanto accendeva. All’improvviso il padronedel negozietto ci dice che hanno presoGonzalo, ma nessuno gli crede.Allora ascoltiamo la radio dove la notizia<strong>della</strong> cattura è data in maniera ufficiale.In quell’istante mi venne in mente la mia famiglia,e pensai che ero stato fortunato anon perdere nessun parente.Tante persone erano morte a causa di questosignore, è stata una rovina per lo stato,la gente ora si guarda e non sa se ridere opiangere perché sentono addosso tutto ildolore <strong>dei</strong> parenti persi. Dopo un po’ lagente cominciò a urlare di gioia, ma semprecon dentro una preoccupazione: anchese lui era stato catturato, non era ancora finitoil movimento terrorista.Nilton Moreno7Rosa Trigos


8Secondo incontroOgni immagine non solo mostra, ma raccontauna storia, se la si sa interrogare e lesi concede il tempo di raccontarsi. In unmuseo, vista la quantità di cose da vedere,questo è quasi impossibile. In questo incontro,tenutosi al <strong>Museo</strong> <strong>Diffuso</strong>, è statochiesto ai partecipanti di scegliere una fotoper ogni sezione e di descriverla, tralasciandoil più possibile commenti su ciòche quella foto significa, ma lasciando chefosse lei, descritta oggettivamente, a raccontarsi.A ogni studente è stato chiesto diimmaginare il prima e il dopo <strong>della</strong> fotografia,al di là delle indicazioni <strong>della</strong> didascalia.Lo scopo di questa attività è di acquisire laconsapevolezza del ruolo attivo che ognunodi noi può avere quando ci si pone difronte a un’immagine. Raccontare la fotografia,in questo caso, vuol dire rendere piùvicino un tempo lontano.Boris SitnicTre donne aspettano la scoperta <strong>dei</strong> corpi <strong>dei</strong> familiari rimasti trale macerie (Sgt. Wooldridge, 14 aprile 1945)Nella guerra ho visto delle vecchiette furibondee sconsolate che piangevano forte.Hanno visto delle cose molto brutte: sofferenza,disastri, morti, povera gente, casedistrutte buttate giù dai cannoni. Le vecchiettenon si davano pace. Si chiedevano:“Chissà cosa succederà dopo” sperandoche finisse la guerra e con la guerra i morti.E infatti nel 1945 sono venuti gli americania salvarci, così la guerra è finita e abbiamoavuto la liberazione dell’Italia.Antonio MartocciaErano in tre alla fine di tutto, tre sorelle.Le rovine intorno a loro e nelle anime unamancanza di qualcosa di molto caro e persoin passato: il loro fratello. Sono rimastecon la sua foto ma senza di lui, di cui nonhanno saputo più nulla. Lo amavano moltoe hanno aspettato tutta la vita che ritornassea casa. Non credevano fosse morto, maperso chissà dove sui campi di battaglia.La foto delle tre vecchiette mi ha ricordatoquella di mia nonna con le sue sorelle eGiorgio, il fratello più grande. Oggi oltre alui mancano nella foto altre due sorelle, lamia amatissima nonna e una sua sorella.Una di loro è sopravvissuta fino a oggi e miha raccontato delle sue sorelle e di suo fratello.Della guerra e <strong>della</strong> vittoria. Tre sorelleaspettano…guardate, arriva Giorgio.Sono quattro adesso e giovani come untempo. La vita di ieri, di oggi e di domani.Prima del 1989 tutti i bambini dovevano fareun bel ricevimento per il tanto amatoCiausescu. Faceva degli spettacoli così,anche se il cibo mancava, il popolo dovevaballare e cantare per omaggiare il suo nomegridando slogan come “Ciausescu èpopolo”, “Ciausescu è futuro”, “Ciausescuè vittoria!”. Tutto era sotto il controllo <strong>dei</strong>poliziotti. C’erano più poliziotti e guardie delcorpo di Ciausescu che civili. Tutti eranovestiti in borghese. Ma un giorno il popolosi è stufato. Sì, il 16 dicembre è stato il primopasso. Tutto è iniziato a Timisoara, unagrande città. Il regime doveva arrestare unprete cattolico. I fedeli hanno difeso il prete,e ai fedeli molti altri si sono uniti. L’ordine diCiausescu era di distruggere dalla base lacittà per farne un terreno arabile. È stata lascintilla che ha dato il via a un vero massacro.Tutti sparavano su tutti, non si capiva“Stile fascista” - ragazze in allenamento in una colonia estiva delregime (Massa Marittima, 1939)


Lutto collettivo. Funerali di massa delle 66 vittime dell'ultimomassacro tedesco di civili (Grugliasco, TO, 29 aprile 1945)niente. È stato un genocidio. Sempre aTimisoara, 40 giovani hanno manifestatosugli scalini del Duomo, vestiti di bianco.Sono stati fucilati fino all’ultimo. I corpi sonostati trasportati in macchine frigorifere esparsi in tutto il paese. In quel tempo in tuttoil paese era un vero caos, il sindaco sinascondeva, le prefetture erano presed’assalto da gente che non sapeva cosadoveva fare e peggiorava le cose rovinandotutto. Il 16 dicembre purtroppo è mancatoanche mio suocero. L’abbiamo tenuto 9giorni in casa perché non abbiamo ricevutoil consenso per la sepoltura. Il 23 dicembrehanno arrestato Ciausescu e il 25 dicembreè stato condannato a morte. Così è finitaun’epoca d’oro. Ciausescu fucilato. Il popolofesteggiava la gioia ritrovata, ma nonsi sapeva quale sarebbe stato il futuro:“Quale è il futuro?”.Marioara BuibasIn questa foto si può vedere il sorriso deglianziani, <strong>dei</strong> militari e <strong>dei</strong> bambini. L’allegriache avevano perso da tempo, io credo chel’abbiano ritrovata. Sarà difficile dimenticarela paura che hanno passato sia i grandi maspecialmente i bambini. Ma oggi è un giornodi festa, bisogna ricominciare a sorrideree volersi bene.Giuseppe RedinaIn questa fotografia vedo solo la tomba <strong>dei</strong>soldati che sono morti. Posati sulla tombaci sono i loro elmetti. Vedere le croci nellaterra con i nomi delle persone che sonomorte per la liberazione dell’Europa è statoduro. Penso che durante tre anni di guerra(1942-1945) in Europa c’erano la carestia etanta miseria, e penso alla straordinariaquantità di paesi e culture mescolate nellefile alleate che vennero a sconfiggere le forzenazifasciste in Italia nel 1943. Uomini edonne di ogni continente furono coinvoltinella battaglia per questo paese.En esta fotografía veo sólo la tumba desoldados que han muerto. Sobre sus tumbashan quedado sólo sus cascos. Ver lascruces en la tierra con el nombre de laspersonas que han muerto por la liberaciónde Europa ha sido triste. Pienso que durantetres años de guerra (1942/45) enEuropa hubo tanta carestía y miseria, ypienso en la gran cantidad de países y culturasmezcladas en las filas de los aliadosque vinieron a derrotar las Fuerzas Nazi fascistasen Italia en 1943. Hombres y mujeresde cada continente fueron implicadosen la batalla de este país.Napoli in festa, il giorno <strong>della</strong> liberazione (Sgt. Gladstone, 1ottobre 1943)Eterno riposo ai liberatori (Aprilia, LT, maggio 1944)Gloria Guevara


10Questi bambini sono orfani, stanno nelconvento con le suore che insegnano loroa cucire in tempo di guerra. Le suore sonoallegre mentre insegnano a cucire alle bambine,che avranno 5, 6 o 7 anni.Insegnano loro tante cose: a fare il pane, lapasta eccetera.santo protector porque no tienen a nadieque las pueda ayudar. Están sólo ellas y sucoraje. Quizás un día verán llegar sus maridosy los hijos que han partido.Janet TrigosFamiglia all'ingresso <strong>della</strong> grotta in cui trovò riparo per sfuggirealla battaglia, insieme al santo protettore (Mignano, CE, 15 dicembre 1943)Estas niñas son huérfanas, están en elconvento con las monjas que les enseñana coser en el tiempo de guerra.Las monjas estan contentas mientras enseñana coser a las niñas que tenían 5, 6 ó7 años de edad.Les enseñan tantas cosas: amasar el pan,la pasta, etc.Hayde HuacachinoC’è questa famiglia. Solo le donne perchégli uomini sono andati in guerra. Le donnestanno in una grotta. La loro casa è statadistrutta dai bombardamenti e adesso devonoabitare lì. Hanno con loro la statuettadi un santo protettore perché la fede nonl’hanno ancora persa.Aspettano un miracolo, qualcosa che leaiuti a uscire da quella disgrazia, dalla povertàe dalla fame. Purtroppo non sono sololoro tre nella grotta.Ci sono altre donne e non c’è posto pertutti e quindi devono cercare un altro postodove poter stare. Non hanno niente, solo ivestiti che portano addosso e i bambinihanno bisogno di mangiare.Devono fuggire dalla guerra, dai tedeschi edall’ingiustizia e si aggrappano a questosanto perché non hanno nessuno che lepossa aiutare e ci sono solo loro e il lorocoraggio. Forse un giorno vedranno arrivarei loro mariti e i figli che sono partiti.Hay esta familia. Solo mujeres porque loshombres fueron a la guerra. Las mujeresestán en una gruta. Sus casas han sidodestruidas por los bombardeos enemigosy ahora deben vivir con allí. Tienen con ellasla estatua de un santo protector porquela fe no la han perdido todavia. Esperan enun milagro, algo que les ayude a salir deesta desgracia, de la pobreza y del hambre.Desgraciadamente no están sólo ellasen la gruta, hay otras mujeres más y nohay espacio para todos y por eso debenbuscarse otro lugar donde puedan estar.No tienen nada, sólo los vestidos que llevanpuestos y los niños necesitan comer.Deben escapar de la guerra, de los alemanesy de la injusticia y se aferran a esteÈ un bacio molto tenero come solo un figlio,un fratello, un marito può dare conmolta serenità quando esce da casa, primadi recarsi al lavoro. Sicuramente si facevauna vita molto tranquilla, con il pensiero dipoter comprare un qualcosa per il domani,migliorare la vita di tutti i giorni.All'improvviso arriva l'annuncio che i figlidevono partire per il fronte.Chissà che momento, mi immagino la scena,con tutta la famiglia che piange, abbracci,baci e il figlio che saluta dando forzaa tutta la famiglia che rimane mentre luise ne va con il pensiero di cosa sarà di loro,cosa sarà di me, cosa sarà di tutti noi.E la mamma dietro il camion che saluta il figliocon il suo fularino bianco e le lacrimenegli occhi.Poi penso al cambiamento di vita di tutta lafamiglia che non dorme e non mangia pensandoal figlio e a come starà e se sarà ancoravivo. Che angoscia, che dolore.Però alla fine ecco che ritorna, tutto magro,sporco, quasi senza forze, però con unsorriso perché rivede tutta la sua famiglia etutta la gente che finalmente è fuori a riceverlocon le lacrime di gioia. A rivedere isoldati che ritornano, anche feriti però vivi.Con la tela bianca <strong>della</strong> resa questa donna saluta i Fucilieri realiscozzesi (Sgt. Brennan, Misterbianco, CT, 5 agosto 1943)


Disertori alsaziani arruolati forzatamente nell’esercito tedesco s’imbattono in un gruppo di militari francesi che combattono congli Alleati (Sgt. Johnson, Castelforte, LT, 15 maggio 1944)E ancora tanti baci, canti e balli e finalmentela tranquillità.Es un beso muy tierno como solo un hijo,un hermano, un marido lo puede dar, conmucha serenidad, cuando salía de casapara ir a trabajar. Seguramente se llevabauna vida muy tranquila con la idea de podercomprar algo para mañana para podermejorar la vida cotidiana; improvisamentellega el anuncio que los hijos debían partiral frente. Quizás que momento!Trato de imaginarme la escena, toda la familiaque llora, se abraza, se besa y el hijoque se despide dando fuerza a toda su familiaque se queda en casa mientras él seva con el pensamiento de qué será de ellos?¿Qué cosa será de todos nosotros?La mamá que corre detrás del camión saludandoa su hijo con su pañuelo blanco ycon las lágrimas en los ojos. Después piensoel cambio de vida de toda la familia queno puede dormir, no come pensando alhijo: ¿Cómo estará? ¿Estará vivo todavía?Que desesperación, que angustia.Pero al final lo ven que regresa todo flaco,sucio, casi sin fuerzas pero con una sonrisaporque ve a toda su familia y a toda lagente que finalmente está afuera a recibirlocon lágrimas de felicidad.Cuando ven a los soldados que regresanheridos pero vivos. Continuan los abrazos,besos, cantos y bailes porque finalmentellegó la tranquilidad.Karina Vianney Torres Perezestán felices del reencuentro y comienzana contarse sus aventuras, los miedos. Dosde ellos tienen todavía la boina, están los 4sentados sobre un muro de piedra y se mirany sonríen porque han encontrado a sufamilia, y así hablando se ponen de acuerdopara ir a festejar en un restaurante conuno de los mejores vinos.Kary Moreno TrigosIntifada. Palestina. Circa 5 anni fa. In unquartiere palestinese, tra la confusione e glispari <strong>dei</strong> carri armati e <strong>dei</strong> soldati, in mezzoalla folla c’erano Mohamad e suo papà checercavano di tornare a casa, dopo l’uscitada scuola, senza essere feriti. Ad un certopunto il papà vede <strong>dei</strong> soldati che si avvicinanoa loro sparando contro tutti e nessuno,perché in quel momento non stanno inseguendoqualcuno di preciso. Il papà diMohamad cerca di ripararsi di spalle controla serranda di un garage facendo scudocon il proprio corpo al figlio e gridando dinon sparare. Ma la testa del bambinospunta da sotto le ascelle del padre per vederequello che sta succedendo e una pallottolacolpisce il piccolo Mohamad.Il padre prende in braccio il suo piccolo urlandodi dolore e sofferenza. Si siede sulgradino del garage e appoggia la testa diMohamad sul suo petto. Anche la vita delpapà è finita con la fine del suo piccolo, macon la differenza che il padre è ancora vivo.<strong>11</strong>Inversione di ruoli. Una ragazza senza tetto protegge un adultoche non può più badare a se stessoUn gruppo d’amici si è dato appuntamentoper ritrovarsi. Si vedono dopo una lungaguerra. Erano partiti senza nemmeno salutarsi,erano stati nella stessa scuola e dapiccoli giocavano sempre insieme e così finitala guerra si ritrovano e sono felici di rivedersie incominciano a raccontarsi le loroavventure, le paure. Due di loro hanno ancorail berretto. Sono tutti e quattro sedutisopra un muretto di pietra e si guardano traloro e sorridono perché hanno ritrovato laloro famiglia, e così parlando si mettonod’accordo per andare a festeggiare in unatrattoria con uno <strong>dei</strong> migliori vini.Un grupo de amigos se dieron cita paravolver a encontrarse. Se vieron después deuna larga guerra. Habían partido sin despedirse,habían frecuentado la misma escuelay de niños jugaban siempre juntos y así,terminada la guerra, se vuelven a ver yLylia NafilRicordo l’anno 1986, quando c’era ancoramio nonno, il papà di mio papà. Era una famigliamolto, molto grande, composta da 9


12Orgoglio e dolore. Una madre ricorda suo figlio caduto dapartigiano (Torino, 1945)figli, più la nonna e il nonno. Quello delnonno e <strong>della</strong> nonna era stato un matrimoniocombinato. Quando si sposò la nonnanon era innamorata e il nonno era più vecchiodi lei di dieci anni, ma con il passaredegli anni e la convivenza si innamorò di lui.Abitavano in campagna e per tutta la vitahanno fatto i contadini. Sono stati grandilavoratori. Allevavano mucche, maiali, gallinee polli. Coltivavano patate, cipolle, mele,uva e altri tipi di frutta e a casa loro c’erasempre da mangiare.Anche quando in Perù si era alla fame, loroavevano da mangiare. Mia nonna era unacattolica praticante, andava sempre in chiesae ricordava sempre la morte <strong>dei</strong> suoi carifacendo dire una messa in loro nome. Ilnonno morì nel 1992. Morì di insufficienzarenale, a causa del suo lavoro troppo faticoso,e la nonna dovette prendere in manola situazione, ma piano piano smise di farela contadina per occuparsi di piccoli lavoridomestici. Teneva la fotografia del nonnosul comodino e ogni notte accendeva unacandela in sua memoria.La fotografia che ho scelto mi fa ricordaremia nonna, con i capelli bianchi, seduta aricordare i momenti felici passati con il nonno.Dopo 5 anni dalla morte del nonno,morì anche mio padre. Per nonna fu un doloretremendo perché mio padre morì all’improvviso,in un incidente. Adesso lanonna tiene due foto sul comodino. È semprepensierosa e prega molto davanti allefoto e va sempre al cimitero a mettere <strong>dei</strong>fiori sulle loro tombe per ricordarli anche senon ci sono più. La nonna è ancora viva emolto forte. Tiene duro e ha 81 anni.E da dove si trova, molto lontano, pregaanche per me.Recuerdo el año 1986, cuando estaba vivotodavía mi abuelo, el papá de mi papá.Era una familia muy grande que la componía9 hijos, la abuela y el abuelo.El matrimonio de los abuelos había sidoacordado, como se hacía en aquella época.Cuando se casó la abuela no estabaenamorada del abuelo, él era mayor que laabuela de 10 años, pero con el tiempo y laconviviencia se enamoró.Ellos vivían lejos de la ciudad, durante todala vida trabajaron como agricultores, fuerongrandes trabajadores. Criaron vacas, cerdos,gallinas y pollos. Cultivaron patatas,cebollas, manzanas, uva y otros tipos defruta, y en su casa tenían siempre para comer.Mi abuela era católica practicante, ibasiempre a la iglesia y recordaba la muertede sus seres queridos haciendo misas ennombre de ellos. Mi abuelo murió en 1992de insuficiencia renal a causa del trabajomuy fatigoso, después de su muerte laabuela tuvo que hacerse cargo de la situaciónpero poco a poco dejó de hacerlo paradedicarse al trabajo de casa.Ella tenía la fotografía del abuelo sobre lacómoda y cada noche encendía una velaen su memoria.La fotografía que he elegido me recuerdami abuela, con los cabellos blancos, sentadaa recordar los momentos felices pasadoscon el abuelo.Después de 5 años de la muerte del abuelomuere también mi papá, para la abuelafu un dolor muy fuerte porque murió improvisamentea causa de un accidente. Ahorala abuela tiene dos fotografías sobre la cómoda.Está pensativa y reza mucho delantede ellas y va siempre al cemeterio adejar flores en la tumba de ellos.La abuela todavía está víva. Es muy fuerte.Tiene 81 años y se encuentra muy lejos yreza por mí.Miriam AvilaAvvenne tanto tempo fa in un paesino lontanodalla città dove tutti erano contadinipoveri. Un paesino senza strade dove solocon l’aiuto di un cavallo o di un mulo si potevatrasportare la spesa (sale, zucchero,pasta) e i bambini erano obbligati fin dapiccoli a lavorare come fossero adulti, senzala possibilità di andare scuola e con genitorianalfabeti che sapevano solo zapparela terra, sfruttati dai proprietari terrieri.Un paesino senza un solo dottore, dove chisi ammalava era condannato a morire.Nel 1930 Juan, figlio di contadini, sfinitodalla povertà e dalle condizioni in cui versavail suo paese, emigrò in una grande cittàdove conobbe una realtà completamentenuova: bambini che andavano a scuola,genitori con vestiti belli e scarpe di cuoiofino, donne eleganti con bellissime gonnelunghe. All’inizio per Juan fu molto duroambientarsi e sopravvivere. Gli mancavanoi suoi amici, il profumo <strong>della</strong> sua terra, il cibo.Juan era un ragazzo molto volenteroso.Divenne amico di Jito che lo aiutò a trovarelavoro come spazzino del comune. In brevedivenne amico del sindaco. Un giorno il sindaco,che doveva traslocare, chiese aiuto aJuan e, una volta terminato il trasloco, loinvitò a pranzo. Juan gli parlò <strong>della</strong> sua terrae delle ingiustizie <strong>dei</strong> proprietari. Il sindacorimase senza parole, poi disse:


“Mio Dio, tanta avarizia per un po’ di vita”.Il sindaco visitò il paese e vide con i suoiocchi che Juan non aveva mentito. Per primacosa aprì una scuola, poi regalò vestitinuovi a tutti i bambini. Due settimane dopoarrivò in paese il primo insegnante. Eranotutti felici e fecero festa. Con il passare deltempo arrivarono i primi laureati.Había tanto tiempo atrás un pueblo muylejos de la ciudad donde todos erancampesinos pobres. Un pueblito sin callesdonde solo con la ayuda de un caballo ode un burro se podia transportar la compra(sal, azúcar, fideos) y los niños estabanobligados desde muy pequeños a trabajarcomo si fueran adultos, sin la posibilitad <strong>dei</strong>r a la escuela y con padres analfabetosque sabían solo trabajar los campos, explotadospor los dueños de los terrenos.Un pueblo sin un médico y por lo tanto,quiénes se enfermaban estaban condenadosa morir. En el año 1930 Juan, hijo delos campesinos, cansado de la pobreza yde las condiciones en las cuales estaba supueblo, emigró a una ciudad grande dondeconoce una realidad completamente nueva:niños que iban a escuela, padres conropa buena y zapatos de cuero muy fino,mujeres elegantes con faldas largas muybonitas. Al inicio para Juan fue muy difíciladaptarse para sobrevivir. Le hacía muchafalta sus amigos, el olor de su tierra, la comida.Juan era un joven trabajador. Se hizoamigo de Jito que lo ayudó a encontrar trabajocomo barrendero de la municipalidad.En muy poco tiempo se hizo amigo del alcade.Un día el alcade, que tenía que haceruna mudanza pidió a Juan, una vez queterminó de hacer la mudanza, lo invitó a almorzar.Juan le conversó de su tierra y delas injusticia de los duenõs de los terrenos.El alcalde quedó sin palabras, despuésdijo: "Oh! Dios mio, tanta avaricia por unpoco de vida". El alcade visitó el pueblo yvió con sus proprios ojos que Juan nohabía mentido. En primer lugar abrió unaescuela, después regaló ropas nuevas atodos los niños. Dos semanas despuésllegó al pueblo el primer maestro. Eran todosfelices e hicieron una fiesta.festa <strong>della</strong> liberazione dalla dominazione fascista.Tutti gli anni il paese si preparavaper le feste date in onore del nostro presidenteCiausescu. Le scuole preparavanogli allievi nelle fabbriche, gli operai si preparavanoper la grande festa e si scendeva instrada per applaudire e gridare slogan come“Ciausescu è il futuro!”.Dopo il 25 dicembre 1989 siamo scesi instrada non più per la festa in onore del presidente,ma per la gioia <strong>della</strong> liberazionedalla dominazione comunista.Prundu ElenaLa riaperturadelle scuolesegnò ilpassaggio a unanuova epoca. Ivolti di NicolaPitta, direttore diuna scuolaelementare, e<strong>della</strong> suaaffezionatascolaresca nesono unatestimonianza(Ten. Chetwyn,Apricena, FG, 23ottobre 1943)Penso che per tutte le donne diventaremamma è la cosa più bella che possa esistere.Conoscere la persona giusta, sposarsie formare una famiglia. Avere un figlio,vederlo crescere ogni giorno più grande epoi sentirsi dire: “Mamma, vado a fare ilsoldato per servire la mia patria”. Le famigliesono contente di sentirlo, perché pensanoa come è coraggioso il loro figlio,però quando all'improvviso si sentono direuna cosa come per esempio: “Papà emamma sto andando in guerra”, in quelmomento si sentono tristissimi perché nonsanno quando tornerà. È un momento difficileper ogni famiglia. Si soffre tantissimoma immagino il giorno in cui ricevono questanotizia: “Signora, suo figlio sta per tornarea casa”. E quel giorno sarà il più belloperché avranno di nuovo con loro il figliosano e salvo.'Stile <strong>Resistenza</strong>'- bambini in una colonia estiva organizzata dalCLN di Milano13Con la tela bianca <strong>della</strong> resa questa donna saluta i Fucilieri realiscozzesi (Sgt. Brennan, Misterbianco, CT, 5 agosto 1943)Nilton MorenoGuardare la foto <strong>dei</strong> bambini che ballano miricorda il giorno 23 agosto, prima <strong>della</strong> rivoluzionedel 1989, quando si festeggiava laPienso que para todas las mujeres llegar aser madres sea lo más bello que puedaexistir. Conocer a la persona justa, casarsey formar una familia. Tener un hijo, verlocrecer día a día y luego, escucharle decir:madre “me convertiré en soldado para servira mi patria”. Las familias lo escuchan fe-


Carica alla baionetta ad opera di fanti inglesi all'attacco di unastazione ferroviaria in Sicilia (Ten Chetwyn, 25 luglio 1943)14lices porque piensan en la valentía de suhijo, sin embargo cuando improvisamentedeben oír algo como por ejemplo “papá ymamá estoy partiendo a la guerra” se sientenmuy tristes porque no saben cuandovolverá. Es un momento difícil para todaslas familias. Me imagino que el día que serecibe esta comunicación se sufre muchísimopero cuando se recibe esta noticia:“Señora su hijo está volviendo a casa”. Esedía será el más bello porque nuevamenteestará con ellos sano y salvo.Rocio Tapui PallaNella seconda guerra mondiale sono morte55000 persone e la mia famiglia ha perdutodue persone: Gerasim Virlan e GrigoriNeamtu. Ho visto questa foto e mi sono ricordatai miei nonni, Tihon Virlan e GerasimVirlam che hanno fatto la seconda guerramondiale. Gerasim Virlan fu dato per dispersonella battaglia per la liberazione <strong>della</strong>città di Kenigsberg (oggi Kalimingrad).A volte, quando parlavo con mio nonno luipiangeva e mi diceva: “Quando è cominciatala guerra io e mi fratello ci siamo arruolatinell’armata sovietica. Eravamo in un battaglionee ci incontravamo quando era possibile.Ma qualcuno ha detto che eravamofratelli e prima <strong>della</strong> battaglia di Kalingradsiamo stati divisi in due battaglioni diversi.Ci sono stati due o tre giorni di combattimentidove ogni edificio era come una fortificazionee li abbiamo dovuti prendere tuttid’assalto. Dopo la liberazione ho cercato dirivedere mio fratello ma non l’ho trovato.L’ho cercato quando raccolsero i cadaveri,ma non l’ho trovato e per tutta la vita misono portato dietro il peso di questa responsabilità:non essere stato capace diproteggere mio fratello; io, che ero il fratellomaggiore”. Ma non era colpa sua.Fascista condannato che sta per essere giustiziato da partigianimilanesi (aprile 1945)Questa persona è stata nella sua casa apranzare con la famiglia. Poi i partigiani hannoscoperto che lui era un fascista, lo hannopreso, lo hanno portato fuori e giustiziato.La gente intorno grida “Viva i partigiani!”.La moglie e il figlio piangono la sua morte.Esta persona estaba en su casa almorzandocon su familia. Después los partisanos descubrieronque él era un nazi, lo capturarony lo llevaron fuera y fue justiciado. La gentealrededor gritaba: ¡Que vivan los partisanos!Su mujer y sus hijos lloraron su muerte.Rosa TrigosZina SîtnicC’era un ragazzo che era dovuto andare inguerra, lasciando la moglie e il figlio ai genitori.Erano tutti tristi per la sua partenza eper un po’ non ebbero sue notizie. Poi sentironoche c’erano stati tanti morti.Vivevano in pensiero, nella speranza di rivederlo.Un giorno, quando la guerra finì estavano andando a chiedere sue notizie, videroarrivare un ragazzo vestito da soldatoche si avvicinava lentamente. Il ragazzo cominciòa correre verso di loro, e abbracciòla moglie, la mamma, il papà e il bambinoche stava dietro di loro e lo guardava felice.Poi andarono tutti a festeggiare, la mammapreparò un buon pranzo e la moglie un dolce.Ilcaporale Salvatore di Marco emigratonegli Stati Uniti a 15 anni ritrova i genitori.Había un muchacho que había tenido queir a la guerra, dejando su esposa y su hijo asus padres. Estaban todos tristes por su


cercato di parlargli gentilmente offrendogli ipochi soldi che avevo, pensando che fosseun ladro, ma lui li ha rifiutati, così ho capitoche voleva violentarmi. L’ho supplicato dilasciarmi andare, ma lui ha tirato fuori uncoltello e mi ha minacciata. Mentre lo seguivonella via dove mi aveva ordinato diandare, fortunatamente una signora haaperto la porta per caso e io mi sono infilatadentro salvandomi.15Zhara HilmiIl caporale Salvatore Di Marco, emigrato negli Stati Uniti a 15anni, ritrova i genitori e la sorella ( Mezzojuso, PA, agosto 1943)partida y por un buen tiempo no tuvierannoticias suyas.Después escucharon que había muchosmuertos. Vivían pensando en él con laesperanza de poder volver a verlo.Un día, cuando la guerra terminó y estabanyendo a informarse sobre su paradero,vieron llegar a un muchacho vestido desoldado que se acercaba lentamente.El muchacho comenzó a correr hacia ellosy abrazó a la esposa, a la mamá, el papá yel niño que estaba detrás ellos y lo mirabafeliz. Después fueron todos a festejar. Lamamá preparó un buen almuerzo y laesposa un postre.Zinthia vuole RendonAlla salute! Membri di un commando belga assaggiano il vinolocale al ritorno da una missione su Monte Camino sulla LineaGustav (Sgt. Bowman, Vàglie, RE, 6 febbraio 1944)Era la vigilia <strong>della</strong> festa di Ramadan. Mentreandavo al bagno turco ho visto un gruppodi delinquenti bere vino per strada.Ho cercato di evitarli cambiando strada,ma purtroppo uno di loro mi ha seguita. Ho


16Terzo incontroCos’è Torino? È un castello, è un parco, èuna stazione, è il grigio, è il colore? Qual èla prima immagine che ricordi di Torino?Con quali occhi guardi la città? L’approccionarrativo intende lavorare su due livelli. Ilprimo vuole valorizzare l’unicità di sguardodel singolo, che seleziona consapevolmenteun’immagine, e a dimostrare che le coseesistono prima che altrove, nei nostrisguardi. Il secondo intende mostrare comela somma di più sguardi su uno stesso luogopuò rappresentare un approccio conoscitivocomplesso, affascinante e soprattuttoin grado, proprio perché formato damolti sguardi, di sfuggire alla dittatura di ununico punto di vista. Raccontare un’istantaneadi Torino vuol dire parlare del qui eora attraverso gli occhi che hanno visto ericordano altri paesi e città.La città di TorinoQuando sono arrivata a Torino il 31 ottobredel 1993 era sera. Ho visto una città moltobella, con la luce gialla che illuminava i monumentie tutti i luoghi importanti. La vedevoforte e bella.Al mattino seguente ho avuto una sorpresa:vedevo tutto più chiaro e mi dispiacevache una città così bella fosse tanto trascurata,e che nessuno si preoccupasse di lei.Forse esagero un po’, ma io che ero appenaarrivata da Ginevra potevo notare questocambiamento. Ma potevo anche notareuna cosa positiva, che mancava a Ginevra,e cioè la gentilezza delle persone: potevosubito comunicare con loro, cosa difficilenei tre anni in cui ho abitato a Ginevra.E poi l’odore del pane e <strong>della</strong> pizza mi hannoimpressionato tanto che ancora adessomi piacciono molto!Nataly PuertasTorinoI sotterranei di Torino, le gallerie che unisconoil passato con il presente e con il futurodi domani, ricominciando con la metropolitanaTorinese.Le idrocentrali che servivano una volta, imolti fiumi che passando uniscono la cittàalla montagna. E lontano, le strade cheservivano una volta per la guerra. Le catacombe,le gallerie, usate per difendere lacausa. I personaggi storici, come ad esempioPietro Micca, i campi di battaglia, inprofondità come cimiteri. I collegamentielettrici, telefonici, i paesaggi che unisconol’interno <strong>dei</strong> palazzi con i fiumi, con i giardini.Un collegamento di pulizia che fa passaretutto, che viene e va via attraverso il trattointestinale, e la realtà che fa scorrere lavita cittadina in intera splendida esistenzaumana. Le radici sono in ombra come unpersonaggio non visto sul palco scenico.Rimangono dimenticate fino a quando nonsi ammalano infettando il corpo.Boris SitnicLa storia di 4 anni faQuando sono arrivato la prima volta, ho vistola bella Italia. Mi è piaciuta la storia diRoma, Venezia, Firenze, Genova, e Torino:il passato, gli anni cambiavano tutto.Ho studiato con un amico la storia <strong>della</strong>Prima e <strong>della</strong> Seconda guerra mondiale,<strong>della</strong> Germania contro l’Europa. Ho visitatoil museo Egizio e le mummie <strong>dei</strong> faraoni e ilsarcofago. Poi sono andato a Roma alColosseo, a vedere i giochi <strong>dei</strong> gladiatori eil famoso Giulio Cesare. Dopo sei mesi, nel2003, sono andato a Superga: la storia <strong>dei</strong>giocatori <strong>della</strong> squadra di calcio morti nell’incidenteaereo.Nel 2004 il primo tema di un poema soave:la pittura e il ritratto di Leonardo Da Vinci, ela storia di Michelangelo che da ragazzo facevalo scultore e poi ha dipinto la CappellaSistina.Martin EstradaTorinoNon me lo scorderò mai, il primo giorno incui sono arrivata a Torino, accompagnatada mio fratello.Era un venerdì sera, mio fratello ha parcheggiatola macchina alla stazione diPorta Nuova e siamo andati a mangiareuna pizza. Mentre stavamo cercando unapizzeria, mi ricordo bene, in via Po a qualchemetro da Piazza Castello, siamo rimasticolpiti dal Castello e siamo andati a visitarlo.Era un posto meraviglioso.Purtroppo tornando alla stazione per prenderela macchina, era sparita. Siamo andatia fare la denuncia in questura.Dopo dieci ore ci hanno chiamati per andarealla questura di Cuneo perché l’avevanotrovata lì. Non potrò mai dimenticare quelgiorno triste.Zahra Hilmi


SupergaIo mi ricordo quando sono andata aSuperga per la prima volta. Da lì si vedevatutta la città, il fiume Po, la MoleAntonelliana, etc… ho visto la chiesa in cimaalla collina, molto bella, poi sono entratadentro, e la guida ci ha spiegato che erauna basilica di monaci. Dentro è moltotranquilla e si respira un’aria di pace.La guida ci ha fatto vedere i ritratti <strong>dei</strong> Papi,erano quadri molto antichi, dopo siamo andatisotto, dove c’erano i re defunti insiemeai parenti, c’erano statue di marmo bellissimeche mi sono piaciute molto. La guida ciha raccontato la storia di alcuni re e delleloro mogli e anche <strong>dei</strong> parenti più stretti.Faceva molto freddo lì sotto, l’aria non eracome prima e ho sentito un gelo.Dopo che la visita è finita, siamo andatifuori a fare una piccola passeggiata intornoalla chiesa e abbiamo trovato delle lapidicon i nomi <strong>dei</strong> calciatori del Toro morti in unincidente aereo, c’era gente che lasciava<strong>dei</strong> fiori. È stato un giorno molto bello, perchéda lassù tutto è tranquillo.Janet Trigostutti ordinati, e le persone si sapevanocomportare come persone educate, la gentesaliva dalla porta davanti e usciva dallaporta di dietro, adesso invece è tutto cambiato.Anche questa bella via ha perduto lasua bellezza.Antonio MartocciaAbbiamo deciso di proporre i brani integralmentee, in alcuni casi, con il testo a frontetradotto dagli studenti del CTP Giulio.È stata adottata questa scelta di metodoaffinché le sfumature di significato, spessoespresse meglio nella lingua di origine, nonandassero perse.L’augurio è che questa piccola esperienzaabbia contribuito a costruire <strong>dei</strong> ponti fraculture diverse e che sia stato un tasselloin più utile a disegnare un nuovo concettodi cittadinanza, più condivisa e partecipata.…”Per me Torino è una città dove si tasta ilpolso <strong>della</strong> storia. È una città museo, unmuseo sotto il cielo aperto…”1729 agosto 1999Sono arrivata a Torino, dove mi aspettavamio figlio. Ero stanca di tutto il viaggio cheho fatto. A Torino abbiamo preso il pullmanper arrivare a Borgaretto. Era sera, abbastanzatardi, comunque era buio. Arrivati aStupinigi mio figlio mi ha fatto notare ilCastello. L’ho visto come un castello dellefavole, con tutte le luci proiettate dall’altoverso il basso. Mancavano solo le carrozzecon i cavalli, i principi e le principesse, manella mia mente c’erano.Zinaida SitnicA cura di Laura Carle, Marina Gellona,Roberta LeviMariana BuibasVia GaribaldiLa cosa che mi ha colpito di più quandosono arrivato a Torino è via Garibaldi.Se ben ricordo in questa via bella molto frequentatada turisti circa trent’anni fa passavanoi tram che facevano su e giù per lavia. C’erano ancora quei tram vecchi colorverde scuro e verde chiaro, rumorosi, con isedili tutti di legno. A quell’epoca poi c’eranoi bigliettai che davano i biglietti alla genteche saliva, e i biglietti costavano se nonmi sbaglio 200 lire.La cosa più bella del passato è che erano


Immigrati e patrimonioculturaleUn’indagine empirica:metodologia e risultati18Nell’ambito del progetto “Un patrimonio ditutti”, nella primavera del 2005, è stata realizzataun’indagine per conoscere i consumiculturali, in particolare quelli museali, degliallievi <strong>dei</strong> Centri Territoriali Permanenti cittadini1 , sia nei Paesi d’origine sia nel contestotorinese, per individuare le barriere che liseparano dalla fruizione del patrimonio.Nota metodologicaLa somministrazione di un questionario hapermesso di consultare molte persone contemporaneamente.In una prima fase delprogetto è stato ritenuto importante raccogliereinformazioni non troppo specifiche,ma tali da permettere di delineare un quadrodi riferimento generale sul rapporto traimmigrati residenti e patrimonio culturale.I questionari sono solitamente caratterizzatida domande a risposta chiusa. Per la formulazionedel ventaglio di possibili risposte,il ricercatore deve basarsi sulle idee/opinionidi chi lavora nel settore, rischiando di caderein facili preconcetti piuttosto che incomprovate categorizzazioni scientifiche.Si è così deciso di lasciare molte domandea risposta aperta, laddove la risposta nonprevedesse un’indicazione quantitativa (adesempio le classiche alternative “molto, abbastanza,poco, per nulla”). Nonostantequesto abbia comportato un maggior lavorodi codifica/decodifica <strong>dei</strong> dati nella fasedi lettura/analisi, ha però garantito un altogrado di libertà nelle risposte. Inoltre, sial’approccio sia il linguaggio utilizzato sonostati mediati da operatori del settore perchéfossero il più possibile semplici e adeguati.Il questionario è stato somministrato alleclassi negli orari di lezione, dopo una brevepresentazione di carattere introduttivo emotivazionale 2 . Le classi coinvolte erano divario livello d’istruzione e conoscenza <strong>della</strong>lingua italiana, con la sola esclusione deglianalfabeti. È stato guidato dalle insegnantiche hanno partecipano al progetto o dacolleghe istruite sui contenuti e sulla metodologiadi somministrazione (decisa collegialmente,perché la figura <strong>dei</strong> mediatori ele indicazioni di questi ultimi fossero le piùomogenee possibili non solo tra classi, maanche tra CTP diversi).Il campione del questionario è formato da418 persone, di cui 379 stranieri.Profilo socio-demograficoL’età degli intervistati è compresa tra i 15 ei 68 anni; il 60% è di sesso femminile equasi tutti sono residenti a Torino, dove vi-%25Età del campione2019.9%18.7%14.6% 14.6%1512.5%108.6%54.6%3.6% 2.1% 0.6% 0.2%015-18 anni19-23 anni24-28 annni28-33 anni34-38 anni39-43 anni44-48 anni49-53 anni54-58 anni59-63 anni64-68 anni1Le iniziative <strong>dei</strong> CTP favoriscono la rimotivazione e il riorientamento,l'alfabetizzazione culturale e funzionale, lo sviluppo e ilconsolidamento di competenze di base e di saperi specifici, l'acquisizionee lo sviluppo di conoscenze e di competenze necessarieper il rientro scolastico, formativo, lavorativo. Per saperne dipiù consultare il sito http://www.cepea.it/nuova_pa1.htm.2Il questionario è stato somministrato presso le classi <strong>dei</strong> CTPBraccini, Drovetti, Giulio e Parini.


vono per lo più da oltre un anno. Il gradod’istruzione è elevato: il 36,8% è diplomatoe quasi il 30% è almeno laureato. I lavorisvolti sono molteplici, ma è diffuso un sottoutilizzodelle competenze personali nelleoccupazioni svolte in Italia. Provengonoprincipalmente da tre continenti: Europa(esclusi gli italiani, le nazionalità più presentisono la rumena e la moldava), Africa (nazionepiù rappresentata il Marocco, 19,3%sul totale del campione), e l’America Latina(in particolare il Perù). In totale sono 49 glistati rappresentati da almeno un intervistato.Arrivano per la quasi totalità dalle capitalio dai principali centri abitati.Conoscenza di TorinoIl 40% conosce il nome del quartiere in cuiabita. I restanti hanno indicato il punto di riferimentopiù visibile (ad esempio, ilPalagiustizia o un museo) oppure luoghiche hanno risposto almeno una volta ai lorobisogni: le stazioni, gli ospedali e i parchi.I posti <strong>della</strong> città più conosciuti in generalesono proprio questi: i parchi e lepiazze e poi le chiese e la collina.Consumi mediatici e culturaliIl 90% dichiara di avere tempo libero cheusa per: attività ludiche, utilizzo <strong>dei</strong> media,studio-lavoro (in ordine di percentuale) poi,in minima parte, attività culturali, tempo dedicatoalla famiglia, occupazioni multimediali,acquisti, hobbies, attività religiosa esvolgimento pratiche burocratiche.La tv è un media molto utilizzato (il 40% laguarda spesso, l’1,7% mai); il 30% possiedel’antenna parabolica (si tratta essenzialmentedi coloro che provengono da Paesidi lingua araba).Quasi l’80% legge almeno qualche volta unquotidiano italiano (La Stampa e quelli in distribuzionegratuita sono i più letti), allametà del campione capita di leggere anchequotidiani nella lingua d’origine. Il 66% dichiaradi fare anche altre letture: libri (romanzi,saggi, manuali, poesie,…), riviste,fumetti. Quasi la metà degli intervistati nonusa internet. Chi lo fa, visita più frequentementesiti informativi (siti d’intrattenimento,di sport, istituzionali, di cultura, di musica) ealtri che li mettano in contatto con persone,conosciute e non (motori di ricerca, siti diposta elettronica, chat). Dal tipo di utilizzos’ipotizza il non possesso casalingo di uncollegamento alla Rete, ma una frequentazionedi communication ed info-point.Nell’arco dell’ultimo anno, metà del campioneè andato al cinema, quasi un terzo èentrato in una biblioteca e il 16,3% è statoa teatro 3 .Consumo museale1) Nel Paese d’origineIl 90% dichiara di conoscere l’esistenza dimusei nel proprio Paese (il 2,2% ne segnalal’assenza e un 7% non sa rispondere);tra questi, un terzo non sa indicarne perònemmeno un nome. Due intervistati su tresono invece entrati in almeno uno di essi.Inoltre la metà del campione totale ha dichiaratodi averne visitati uno o più fuori dalPaese d’origine.Come mostra il grafico, la fruizione avvenivaper lo più in famiglia, con alcuni suoicomponenti, raramente con l’intero nucleo.Da notare il dato di coloro che fruivano dasoli <strong>dei</strong> complessi museali.%403530252015105037.5%27.1%FamigliaAmiciCon chi hai frequentato i musei24.0%Scuola8.9%Solo3.6%Gruppo0.7%Per lavoro193È stato esplicitamente chiesto loro di escludere le fruizioniscolastiche.4“Quando pensi a un museo pensi a …”


202) A TorinoDue terzi del campione vorrebbe visitarepiù spesso i musei torinesi.Perché non lo fa? Perché non sa con chiandare, perché costano troppo e non sadove si trovino.Come in precedenti indagini su coloro cheabitualmente non visitano i musei, si è rilevatoun ostacolo spesso trascurato: lasensazione di “non sentirsi all’altezza”, siaper la lingua che molti intervistati credonodi “non sapere abbastanza bene”, sia perchétendenzialmente il museo sembra esseredestinato a “chi già sa”.I musei torinesi più conosciuti sono:Palazzo Reale, Superga (non riferendosimolto probabilmente ai suoi musei, ma allachiesa e al piazzale adiacente), il <strong>Museo</strong>Egizio, il <strong>Museo</strong> Nazionale del Cinema, il<strong>Museo</strong> dell’Automobile, il Castello di Rivolie il Borgo Medievale. Quello più visitato, maanche il più apprezzato, esclusa Superga, èil <strong>Museo</strong> Egizio.Quello che richiama più l’interesse è invecePalazzo Reale, seguito dal Castello diRivoli, l’Armeria Reale, il <strong>Museo</strong> d’Antichità.Questa idea prevalente di “museo-tempio”emerge ancor più chiaramente dalle risposterelative alla definizione di museo attraversol'associazione di parole che è stata loro richiesta.I sostantivi più ricorrenti sono infatti“storia”, “arte”, “antichità” e “passato”. 4Sandra Aloia, Elisa Sorba4“Quando pensi a un museo pensi a …”

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