Abate Giuseppe Mazzetti - Comune di Montese
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Per l’<strong>Abate</strong> <strong>Giuseppe</strong> <strong>Mazzetti</strong>Supplemento al perio<strong>di</strong>co Cimone n. VII anno IX, 11 agosto 1898 1L’<strong>Abate</strong> <strong>Giuseppe</strong> <strong>Mazzetti</strong> (E. Zaccaria)<strong>Giuseppe</strong> <strong>Mazzetti</strong> nacque il 18 agosto 1818 nel trebbio della Scalfuora in San Martino <strong>di</strong> <strong>Montese</strong>,primogenito della numerosa prole <strong>di</strong> Paolo <strong>Mazzetti</strong> e <strong>di</strong> Francesca Zeni <strong>di</strong> Salto. Della sua famigliasi hanno memorie sin dalla metà del sec. XVI; ed egli stesso in uno schizzo genealogico che ne cominciòma non condusse a termine, rileva che se essa in tre secoli non ha avuto alcun in<strong>di</strong>viduo segnalatosiné per cariche né per titoli, può almeno vantarsi <strong>di</strong> non contare nessuno che l’abbia <strong>di</strong>sonoratacon delitti o condanne. Il ramo a cui appartenne egli, è sempre stato relativamente agiato. Fecei suoi primi stu<strong>di</strong> nella scuola <strong>di</strong> S. Martino, <strong>di</strong> cui parla il professor Santi; e verso il 1837 passòal Seminario <strong>di</strong> Modena, ove compié il corso filosofico e teologico con profitto lodevole, come raccogliesidall’attestato del rettore Soli-Muratori rilasciatogli nel giugno 1843. Fu or<strong>di</strong>nato prete aCarpi il 13 ottobre del 44; e il 27 celebrò la messa solenne a S. Martino fra il giubilo <strong>di</strong> quei montanari.Dei sonetti de<strong>di</strong>catigli in quella circostanza si conservano ancora fra le sue carte quelli a lui offertida Casimiro Guidotti e da Pellegrino Ferrari.Poco <strong>di</strong>poi si stabilì a Modena, e strinse coi Magiera quella relazione che si sciolse solo colla morte.Contrasse pure grande intimità coi Carbonieri, i Santhjan-Velasco, i Rovighi, i Salimbeni, i Lucchi,i Bortolucci, ed altre famiglie segnalate, in alcune delle quali fece da precettore. Per una sua ingenitainclinazione alla vita libera e in<strong>di</strong>pendente non accettò mai uffici ecclesiastici; e per questo e peraltri incidenti fu per alcun tempo riguardato da qualche miope come settario; del che egli ha sempreriso <strong>di</strong> cuore. In questo mezzo attendeva a stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> teologia e <strong>di</strong> storia ecclesiastica e civile; e ne rimangonodocumenti certi abbozzi <strong>di</strong> trattazioni <strong>di</strong> quistioni teologiche, filosofiche e morali, e pensierisui soggetti più svariati. Argomento della sua chiaroveggenza politica è il trovarsi fra le suecarte un compen<strong>di</strong>o della storia <strong>di</strong> Casa Savoja scritto verso il 1855, dove si leggono queste parole:“La casa <strong>di</strong> Savoja che pare destinata dalla Provvidenza a raccogliere insieme quandochessia lesparse membra d’Italia ecc.”.Egli fu dunque profeta; ma bisogna anche <strong>di</strong>re che il <strong>Mazzetti</strong> dal canto suo contribuì all’avveramentodella profezia. Nel maggio 1859, sospetto d’avere con altri do<strong>di</strong>ci o tre<strong>di</strong>ci amici preso partead una cospirazione contro il Duca, fu compreso in una lista <strong>di</strong> proscrizione, da cui si salvò solofuggendo, coll’aiuto dei Salimbeni, nel Bolognese e precisamente a Crevalcore; come desumesi dauna lettera <strong>di</strong>rettagli dal compagno <strong>di</strong> sventura L. Carbonieri, che l’otto giugno scrivevagli da Piumazzo.Partito il Duca, e seguiti gli avvenimenti del 59, il <strong>Mazzetti</strong> ritornò a Modena; e nel maggio1860 fu tra quei preti che cantarono il Te-Deum in Duomo per la venuta <strong>di</strong> Vittorio Emanuele; <strong>di</strong>che s’ebbe ringraziamenti dal Sindaco <strong>di</strong> Modena me<strong>di</strong>ante lettera del 18 maggio, che conservasiancor essa. E qui è da notare la modestia e il <strong>di</strong>sinteresse del <strong>Mazzetti</strong>. Poiché data la sua partecipazionea quegli avvenimenti, egli avrebbe potuto seguire l’esempio <strong>di</strong> tanti altri che in quei momentiseppero mettersi avanti e farsi pagare lautamente le loro benemerenze patriottiche. Egli al contrariose ne stette in <strong>di</strong>sparte, e continuò a vivere privato senza pretese ed ambizioni.Ma intanto la sua stima era cresciuta; e se n’ha una prova evidente nel fatto che il 30 ottobre 1860 ilConsiglio Comunale <strong>di</strong> Carpi lo eleggeva a Direttore <strong>di</strong> quel Ginnasio: e il Sindaco Benassi nel comunicarglienela notizia l’otto novembre successivo <strong>di</strong>ceva fra le altre cose: “Una tal nomina nonpreceduta da alcuna sua <strong>di</strong>manda, e fatta per proposta spontanea <strong>di</strong> questa Giunta, mostra chiaroquale stima qui s’abbia <strong>di</strong> Lei”. Senonché in capo ad un anno il <strong>Mazzetti</strong> rinunciò a quella carica,1 [a questo supplemento seguì, lo stesso anno 1898, un volumetto in cui furono aggiunte, qui riportate, un’ode recitatada Albano Sorbelli e una breve relazione sull’inaugurazione della lapide a <strong>Mazzetti</strong>, lapide che ancora si vede, quasi illeggibile,all’esterno della torre <strong>di</strong> <strong>Montese</strong>]1
non andandogli punto a sangue un tal genere <strong>di</strong> vita. Noterò tuttavia che altre due volte fece da insegnante:l’una nel 1881-82-83 nella scuola magistrale annessa all’Istituto Galli, della quale ebbeanche la Direzione; e l’altra nel Liceo Spinelli l’anno 1886-87.In questo mezzo il <strong>Mazzetti</strong> non intermetteva <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are, e nel 1869 uscirono pei tipi Soliani le sueRiflessioni intorno agli oggetti preistorici, alla trasformazione delle specie, all’origine e antichitàdell’uomo; opuscolo <strong>di</strong> sole 59 pagine, ma che fu molto apprezzato, come s’argomenta anche dallenumerose richieste che ne furono fatte da privati e da e<strong>di</strong>tori. Nel 75 <strong>di</strong>é fuori un altro opuscolo daltitolo Siamo ancora Cristiani? Dimanda <strong>di</strong> D. F. Strauss <strong>di</strong>scussa dall’Ab. <strong>Mazzetti</strong>. Intanto s’eravenuta in lui spiegando quell’attitu<strong>di</strong>ne agli stu<strong>di</strong> geologici, che formano il suo vanto principale, edai quali è peccato non si fosse dato molto tempo prima.Questi stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> geologia cominciarono intorno al 1867 e continuarono fino alla morte; ma il catalogodelle sue pubblicazioni su questa materia sarà dato in altra parte del giornale.Fin dai suoi primi lavori il <strong>Mazzetti</strong> fu conosciuto e apprezzato nel mondo dei naturalisti; e lo ve<strong>di</strong>amosubito entrare in relazione con parecchi uomini segnalati, e stringere con essi sincera amicizia;come tra gli altri fece col Manzoni <strong>di</strong> Lugo, lo Stoppani, il Varisco, il Worsae, il Pantanelli, ilCrespellani, il Taramelli, il Capellini e il De Stefani. Prese parte ai congressi <strong>di</strong> Bologna nel 71, <strong>di</strong>Varese nel 78 e <strong>di</strong> Bologna nell’81; inoltre intervenne a non poche delle adunanze tenute dalla SocietàGeologica Italiana, tra le quali ricorderò quella <strong>di</strong> Massa Marittima nel 94, dove l’ingleseWard, fattolo salire a cavallo con un ombrello, il volle, in segno d’affettuosa <strong>di</strong>mestichezza, ritrarrein quell’atteggiamento. Fu anche invitato ai congressi internazionali <strong>di</strong> Lione nel 78 e <strong>di</strong> Berlinonell’84. Fu membro della Società Geologica Italiana, dell’Accademia de’ Nuovi Lincei, della SocietàItaliana <strong>di</strong> Scienze Naturali, dell’Accademia <strong>di</strong> Scienze, Lettere ed Arti <strong>di</strong> Modena, e della Societàdei Naturalisti della stessa città.Sul valore scientifico del <strong>Mazzetti</strong> parlerà espressamente un giu<strong>di</strong>ce competentissimo, il Pantanelli,il quale nella commemorazione fattane il 7 marzo 1897 alla Società Geologica in Roma, ne ritrassebrevemente ma scultoriamente il carattere morale. “Sotto un involucro non raffinato, egli <strong>di</strong>ce, il<strong>Mazzetti</strong> nascondeva un cuor d’oro, un’anima fiera, in<strong>di</strong>pendente e suscettibile dei sentimenti piùdelicati. Mite <strong>di</strong> carattere, per la severa bonomia montanara e per un sentimento d’in<strong>di</strong>pendenza percui non aveva mai voluto limitare la sua libertà contentandosi del poco ere<strong>di</strong>tato dai suoi maggiori,fu da tutti amato”. Quale fosse il citta<strong>di</strong>no si è già veduto. Solo aggiungerò che il <strong>Mazzetti</strong> coltivavala scienza per entusiasmo; il che congiunto alla sua rara modestia, ed alla singolarità fisionomica emorale dell’in<strong>di</strong>viduo, lo rese simpatico anche a quelli che fossero stati <strong>di</strong> principii opposti.Egli moriva improvvisamente in Modena il 21 <strong>di</strong>cembre 1896, proprio il giorno in cui accadeva lafrana <strong>di</strong> S. Annapelago, da lui implicitamente predetta; e moriva fra il compianto sincero degli amicie dei colleghi che intervennero numerosi all’accompagnamento della salma. V’erano rappresentatii Comuni <strong>di</strong> Modena e <strong>di</strong> <strong>Montese</strong>, la Società Geologica Italiana dal suo presidente Pantanelli, laSocietà dei Naturalisti, quella <strong>di</strong> Scienze, Lettere ed Arti, l’Università, l’Istituto Tecnico, il Museodel Risorgimento, e i giornali Panaro, Citta<strong>di</strong>no, e Cimone. Sulla bara parlarono i prof. Pantanelli eZaccaria; e giunsero telegrammi da Taramelli, De Stefani, Bombicci e Capellini.Il nome del <strong>Mazzetti</strong> resta legato ad una collezione geologica ch’egli nel 1889 cedette al Museo U-niversitario <strong>di</strong> Modena; ed ora a <strong>Montese</strong>, con denaro raccolto per pubblica sottoscrizione e da personesparse per tutta Italia, gli si è collocata una lapide che ricorda, oltreché un echinologo segnalato,un uomo nel quale religione, scienza e patria, lungi dall’osteggiarsi, si trovarono unite in bell’armonia.Ricor<strong>di</strong>amo... (M. A. Vicini)Scrivere <strong>di</strong> <strong>Giuseppe</strong> <strong>Mazzetti</strong>, mentre tanti più valorosi e più competenti si sono assunti <strong>di</strong> illustrarnela vita <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, l’opera illustre, la modesta virtù? scrivere <strong>di</strong> un grande quando ci si sentecosì piccini al <strong>di</strong> lui confronto, <strong>di</strong> uno scienziato quando si è così ignari così alieni dal ramo speciale<strong>di</strong> scienza da esso scelto?2
Scrivere <strong>di</strong> <strong>Giuseppe</strong> <strong>Mazzetti</strong> adunque no – ma ricordare...Chiu<strong>di</strong>amo gli occhi e rivive sensibile reale nel pensiero la tipica figura del buon <strong>Abate</strong> – chiu<strong>di</strong>amogli occhi e ricor<strong>di</strong>amo...Ricor<strong>di</strong>amo il fremito <strong>di</strong> piacere che provava l’anima nostra giovinetta al sentirsi amichevolmentetrattata da quel venerando vegliardo <strong>di</strong> cui intuiva la grandezza, <strong>di</strong> cui indovinava in ogni parola e inogni atto l’animo mite e l’intelletto profondo...Ricor<strong>di</strong>amo le lunghe chiacchiere a sera – sorseggiando la solita tazza <strong>di</strong> pseudo-moka al Caffè deiCacciatori – le lunghe chiacchiere, che volgevano quasi sempre al triste andazzo della cosa pubblica,o al possibile futuro benessere del nostro Frignano, e sopratutto ai pericoli gravi che lo minacciavano.Ricor<strong>di</strong>amo l’ansia colla quale l’ottimo <strong>Abate</strong> esponeva, coll’autorità che gli veniva dalla scienza, ipericoli continui che sovrastavano alle nostre montagne dal libero vagare delle acque; ricor<strong>di</strong>amol’insistenza colla quale raccomandava i rime<strong>di</strong> necessari, l’angoscia colla quale pre<strong>di</strong>ceva i <strong>di</strong>sastripossibili inevitabili – ed ahi! pur troppo inevitati.E ricor<strong>di</strong>amo con quale compiacenza ponessimo la brillante nostra <strong>di</strong>visa d’ufficiale d’Italia pressola nera veste dell’ufficiale <strong>di</strong> Cristo – e non del prete politicante, non del prete intransigente, ma delsacerdote italiano che per la Patria nostra avea sofferto le persecuzioni e l’esiglio, che la Patria nostraamava <strong>di</strong> affetto sincero <strong>di</strong>sinteressato – cui non faceva ostacolo la religione profondamentesentita cui aveva de<strong>di</strong>cato l’esistenza.E ricor<strong>di</strong>amo sopra tutto la commozione dolorosa che ci scosse l’animo all’annunzio improvvisodella sua morte – il giorno stesso in cui la triste sua profezia si compiva, in cui l’immane <strong>di</strong>sastro dalui così spesso e inutilmente preveduto colpiva una ridente plaga del Frignano, colpiva la più fertilefrazione del nostro <strong>Comune</strong>.No, scrivere <strong>di</strong> lui non ci è possibile – né hanno la pretesa <strong>di</strong> essere un articolo commemorativoqueste poche righe gettate in fretta sulla carta. Esse non sono che l’espressione inadeguata e confusadel ricordo caldo, profondo, incancellabile che ci è rimasto nel cuore <strong>di</strong> lui scienziato, sacerdote,citta<strong>di</strong>no esemplare, <strong>di</strong> lui che al culto della scienza, della religione, della patria de<strong>di</strong>cò tutta la vitaoperosissima, virtuosa, integerrima.L’opera scientifica <strong>di</strong> <strong>Giuseppe</strong> <strong>Mazzetti</strong> (D. Pantanelli)Come e per quali circostanze <strong>Mazzetti</strong>, essendo già verso il suo cinquantesimo anno d’età, si volgesseagli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> scienze naturali non è facile determinare. Con molta probabilità vi fu condottodalla lotta vivacissima che si combatteva dopo il sessanta in seguito alle opere <strong>di</strong> Darwin e che specialmentea Modena aveva ad illustre campione, Canestrini. Egli vi prese parte con alcuni lavorettid’archeologia o <strong>di</strong> filosofia zoologica, ma deve aver presto compreso dopo la pubblicazione del terzovolume <strong>di</strong> geologia <strong>di</strong> Stoppani che non si poteva lottare <strong>di</strong>sarmati e senza una seria cultura chesolo si acquista negli stu<strong>di</strong> speciali e in una lunga preparazione esperimentale. Fu per questo che sidette alle ricerche <strong>di</strong> paleontologia? La <strong>di</strong>mestichezza che io ebbi con lui per molti anni m’induce acrederlo, per quanto possa essere ardua l’analisi <strong>di</strong> un’anima.Il suo primo lavoro scientifico è un catalogo <strong>di</strong> fossili <strong>di</strong> <strong>Montese</strong> pubblicato nel 1872; per sé stessonon è gran cosa, ma vi compare un fatto che era <strong>di</strong> assoluta novità; la presenza negli strati terziari <strong>di</strong>spugne fossili della famiglia delle Litistide, dovendo escludere che potesse essere a sua notizia il lavoro<strong>di</strong> Pomel sulla paleontologia <strong>di</strong> Orano pubblicato nello stesso anno. E poi tanto più importanteche anche oggi, ventisei anni dopo, ben rari sono stati in Europa i rinvenimenti <strong>di</strong> spugne fossili neiterreni miocenici; unico è rimasto in Italia.Per lo stu<strong>di</strong>o accurato <strong>di</strong> queste spugne e per i primi echini, si unì a Manzoni e con i due nomi la societàToscana <strong>di</strong> Scienze naturali ne accolse i lavori negli anni 1878-79.Da questo momento in poi <strong>Mazzetti</strong> lavora solo e riducendosi all’unico argomento degli echini terziariabbandona qualunque idea <strong>di</strong> polemica filosofica e anche quando pubblicammo insieme un3
iassunto sulla fauna del miocene me<strong>di</strong>o dell’Appennino, tenemmo separati gli argomenti che il titolopiù generale della pubblicazione avrebbe riunito.La competenza acquistata in questo genere <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>, fece affluire nel suo stu<strong>di</strong>olo materiali da <strong>di</strong>verseparti d’Italia e furono occasione per lui d’interessanti pubblicazioni; tra queste rammento volentieriuno stu<strong>di</strong>o su alcuni echini del vicentino e quello sugli echini dragati nel Mar Rosso nella campagnaidrografica della R. Nave Scilla.In un’altra questione singolare e che qui non posso riassumere, entrò <strong>Mazzetti</strong> con i materiali raccolti.Una famiglia <strong>di</strong> fossili speciali, gli inocerami, sono e saranno ancora sorgente <strong>di</strong> questionicomplicate; ritenuti dai più per forme che non raggiungano i terreni terziari e che cessino col cretaceo,avendo <strong>di</strong> questi rarissimi fossili trovato in <strong>di</strong>versi tempi quattro esemplari, ne dedusse, essendovisiaggiunto una placca dentale <strong>di</strong> picnodus, la presenza del cretaceo nella regione ed io pure loseguii in questa idea, sebbene oggi dovrei alla medesima fare alcune riserve; per ora mi basta accennareche dopo gl’in<strong>di</strong>vidui raccolti da <strong>Mazzetti</strong> a <strong>Montese</strong> e <strong>di</strong> un quinto trovato dallo stesso aCosta De Grassi nel reggiano, in tutto l’appennino settentrionale non arrivano a <strong>di</strong>eci gl’in<strong>di</strong>viduitrovati, alcuni dei quali in strati che per altre ragioni non possono essere assegnati alla creta e cherisalgono invece sino all’oligocene.Nella geologia propriamente detta, <strong>Mazzetti</strong> ebbe nei suoi <strong>di</strong>versi lavori le idee dei tempi e del momentonei quali scrisse; e fu questo un merito; le opinioni e le deduzioni dei fatti osservati quando sielevano ad una sintesi non possono stabilirsi al <strong>di</strong> fuori dell’opera altrui e solo è permesso alle mentisuperiori <strong>di</strong> trarre dalle proprie osservazioni e da quelle degli altri, leggi e conclusioni nuove onuovi aspetti <strong>di</strong> una stessa questione.Le nuove specie descritte nei <strong>di</strong>versi lavori <strong>di</strong> <strong>Mazzetti</strong> sono: quarantasei echini dell’Appennino e inmassima parte delle colline della destra del Panaro, sei echini <strong>di</strong> Poleo nel vicentino, tre del MarRosso ed un brachiopodo <strong>di</strong> <strong>Montese</strong>; questi numeri accertano che se <strong>Mazzetti</strong> entrò tar<strong>di</strong> nell’ambitoscientifico non perdé proprio il suo tempo.Accanto ai lavori maggiori, tra i quali sopra quello della fauna fossile <strong>di</strong> <strong>Montese</strong> tornò quattro volte,si noverano <strong>di</strong> <strong>Mazzetti</strong> molti altri minori che se <strong>di</strong>mostrano l’attività del medesimo, spieganoaltresì le ragioni che gli fecero guadagnare tanto rapidamente la stima e la benevolenza degli stu<strong>di</strong>osi.Pubblicazioni dell’<strong>Abate</strong> <strong>Giuseppe</strong> <strong>Mazzetti</strong> (Luigi Picaglia)Dell’antichità dell’Uomo e degli oggetti preistorici – Alcune riflessioni in “Opuscoli Religiosi Letterarie Morali”, serie II, Tomo XIII, Modena, Tipi dell’Erede Soliani 1869, (pag. 356-386), TomoXIV, (pag. 55-71).Dell’origine dell’Uomo e della trasformazione della specie – Alcune riflessioni in l. c., Serie III,Tomo I, 1870, (pag. 384-419), Tomo II, (pag. 3-26).Dottrina della genesi e tra<strong>di</strong>zioni degli antichi popoli intorno all’origine dell’uomo brevemente accennatal. c., Tomo V, 1872, (pag. 417-448), Tomo VI, (pag. 60-79; 247-273).Cenno intorno ai fossili <strong>di</strong> <strong>Montese</strong> in “Annuario della Società dei Naturalisti <strong>di</strong> Modena”, An. VI,Modena, Tipi Ere<strong>di</strong> Soliani, 1872, (pag. 257-266).Riflessioni intorno agli oggetti preistorici, alla trasformazione della specie e all’origine ed antichitàdell’Uomo – Modena, Tipografia <strong>di</strong> Angelo Capelli, 1873, (pag. 188).Catalogo <strong>di</strong> fossili miocenici pliocenici del Modenese e suoi contorni raccolti dall’<strong>Abate</strong> G. M., in“Ann. Soc. Nat. Mod.”, An. VIII, Modena, Tipi Paolo Toschi e C., 1874, (pag. 151-178).Relazione intorno alla roccia <strong>di</strong> un ammonite che ha tutto l’aspetto <strong>di</strong> una roccia a nummuliti (c. 2figure), l. c., An. XII, 1878 (pag. 17-20 Proc. Verb.).La molassa marnosa delle montagne modenesi e reggiane e lo Schlier delle colline bolognesi (c. 3figure), l. c., An. XIII, Modena, Tipi <strong>di</strong> G. T. Vincenzi e Nipoti, 1879, (pag. 105-126).<strong>Montese</strong> i suoi terreni geologici, le sue acque minerali ed i suoi prodotti – Cenno monografico (c. 1tav.), l. c., An. XV, 1882, (pag. 23-60).4
Echinodermi fossili <strong>di</strong> <strong>Montese</strong>, l. c., 1882, (pag. 108-129).Relazione intorno al modo <strong>di</strong> formazione delle argille scagliose <strong>di</strong> <strong>Montese</strong>, in “Bollettino della SocietàGeologica Italiana”, Vol. I, Roma, coi Tipi del Salvucci, 1883, (pag. 156-160).Della stratificazione delle argille scagliose <strong>di</strong> <strong>Montese</strong> e dell’analogia che passa fra alcuni lembi <strong>di</strong>terreno <strong>di</strong> Costa <strong>di</strong> Grassi nel Reggiano ed alcuni affioramenti <strong>di</strong> S. Martino e <strong>di</strong> Ranocchio nelModenese, in l. c., Vol. II, 1883, (pag. 190-192).Una specie nuova del genere Spatangus (c. 2 figure), in “Atti della Società dei Naturalisti <strong>di</strong> Modena”,Ren<strong>di</strong>conti delle Adunanze, Serie III, Vol. I, 1883, (pag. 126-128).Toxobrissus varians, l. c., Vol. II, 1885, (pag. 73).Contribuzione allo stu<strong>di</strong>o della Geologia delle montagne modenesi e reggiane, in “Atti dell’AccademiaPontificia dei Nuovi Lincei”, An. XXXVIII, Tomo XXXVIII, Roma Tip. delle Scienze Matematichee Fisiche, 1886, (extr. pag. 9).Intorno ad alcuni echini<strong>di</strong> dei <strong>di</strong>ntorni <strong>di</strong> Schio (c. 1 tav.), in “Memorie dell’Accademia Pontificiadei Nuovi Lincei”, Vol. V, Roma, 1889, (extr. pag. 17).Sopra un affioramento cretaceo <strong>di</strong> argille scagliose in S. Martino <strong>di</strong> Salto frazione del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong><strong>Montese</strong> – Nota, in “Atti Soc. Nat. Mod.”, Serie III, Vol. VIII, An. XXIII, 1889, (pag. 136-138).Sopra la presenza dell’Inoceramo in <strong>Montese</strong>, l. c., (pag. 174-175).Osservazioni intorno al carattere cretaceo del terreno delle argille scagliose del modenese e reggiano,l. c., vol. IX, An. XXIV, 1890, (pag. 41-58).Lettera aperta al Cimone, in “Il Cimone” (Corriere del Frignano), An. II, n. 5, 1891. Modena, SocietàTipografica Modenese (pag. 18-19).Contribuzione alla fauna echinologica fossile – Una nuova specie <strong>di</strong> Brissospatangus [B. VicentinusMaz.], (c. 1 figura), l. c., Vol. X, An. XXV, 1892, (pag. 109-111).Per lo scavo <strong>di</strong> un nuovo pozzo in Modena – Cenno intorno alla fauna e alla flora del sottosuolo <strong>di</strong>Modena dai 10 ai 21 m. <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà, l. c., Vol. XI, An. XXVI, 1892, (pag. 59-73).Echini del Mar Rosso dragati nella campagna idrografica della R. Nave Scilla nel 1891-92, in“Memorie della R. Accademia <strong>di</strong> Scienze, Lettere ed Arti <strong>di</strong> Modena”, Serie II, Vol. X, Modena,1893, (pag. 211-228), – id., [comunicazione preventiva] in “Atti Soc. Nat. Mod.”, Vol. XII, An.XXVII, 1893, (pag. 100).Per la Frana <strong>di</strong> Lama Mocogno, in “Cimone” etc., An. IV, n. 1 (pag. 3).Al prof. d. Enrico Zaccaria, l. c., n. 4 (pag. 16).Catalogo degli echini<strong>di</strong> fossili della collezione <strong>Mazzetti</strong> esistente nella R. Università <strong>di</strong> Modena (c.1 tav.), in “Memorie della R. Accademia <strong>di</strong> Sc. Lett. ed Arti <strong>di</strong> Modena”, Serie II, Vol. XI, 1895,(pag. 409-461).Echini<strong>di</strong> fossili del vicentino o nuovi, o poco noti, in “Mem. Acc. Nuovi Lincei”, Vol. X, 1894,(extr. pag. 12).Le frane dell’Apennino modenese – Lettera aperta al popolo frignanese, ai loro comuni, alla loroprovincia ed al r. governo, in “Atti Soc. Nat. Mod.”, Vol. XIV, An. XXIX, 1896, (pag. 1-11).<strong>Mazzetti</strong> ab. <strong>Giuseppe</strong> e Manzoni c.te Angelo:Echinodermi nuovi della molassa miocenica <strong>di</strong> <strong>Montese</strong> nella provincia <strong>di</strong> Modena (c. 1 tav.) in“Atti della società toscana <strong>di</strong> Scienze naturali”, Vol. III, Pisa, Tip. T. Nistri, 1878, (pag. 350-356).Le Spugne fossili <strong>di</strong> <strong>Montese</strong> – Memoria (c. 2 tav.), l. c., Vol. IV, 1879, (pag. 57-66).<strong>Mazzetti</strong> ab. <strong>Giuseppe</strong> e Pantanelli prof. Dante:Cenno monografico intorno alla fauna fossile <strong>di</strong> <strong>Montese</strong>, P. I, (c. 2 tav.), in “Atti Soc. Nat. Mod.”,Memorie, Serie III, Vol. IV, An. XIX, 1885, (pag. 58-96).Id., P. II, (c. 1 tav.), l. c., Vol. VI, An. XXI, 1887, (pag. 46-82).La Patria dell’<strong>Abate</strong> <strong>Giuseppe</strong> <strong>Mazzetti</strong> a traverso i secoli (G. Colò)San Martino <strong>di</strong> Salto, sezione <strong>di</strong> <strong>Montese</strong> con 345 abitanti, è un paesetto situato sulla sponda destradel rio <strong>di</strong> S. Martino, affluente dello Scoltenna, con esposizione a mezzogiorno. Comprende vari ca-5
solari sparsi qua e là, e due gruppi <strong>di</strong> abitazioni <strong>di</strong> qualche importanza, nel più notevole dei qualidetto Scalfora, sulla strada che conduce a <strong>Montese</strong>, ebbe i natali l’Ab. <strong>Giuseppe</strong> <strong>Mazzetti</strong>. A nordest<strong>di</strong> S. Martino, e non molto <strong>di</strong>stante, è la frazione <strong>di</strong> Salto, ed a sud-est, pure a breve <strong>di</strong>stanza, suldorso del monte giace <strong>Montese</strong>, confinante colla provincia <strong>di</strong> Bologna. Ridente e fertilissimo è ilpaesaggio <strong>di</strong> S. Martino, coltivato a prati, a campi, a vigneti e a boschi <strong>di</strong> quercie e castagni, esempioper tutti il bosco grosso nella sponda opposta a San Martino.La storia civile <strong>di</strong> questo paese s’integra naturalmente con quella <strong>di</strong> <strong>Montese</strong>, come territorio <strong>di</strong>pendentene’ secoli passati da quel castello; onde non meravigli se nel parlare dell’un paese si nominaanche l’altro 2 .Sulle origini <strong>di</strong> S. Martino nulla si può <strong>di</strong>re <strong>di</strong> positivo, se non che in tempi remoti fece parte del<strong>Comune</strong> <strong>di</strong> Salto, da cui poi si rese autonomo con propria reggenza amministrativa. Quel che è certosi è che prima del secolo X <strong>Montese</strong> e luoghi vicini si governarono in<strong>di</strong>pendentemente, quantunquei monaci <strong>di</strong> Nonantola esercitassero qualche <strong>di</strong>ritto sul territorio <strong>di</strong> Salto, ove nell’890 avevano ottenutoterre in donazione dal Re Berengario. Però quanto allo spirituale questi luoghi, come gli altridel Frignano, erano soggetti al Vescovo <strong>di</strong> Modena e quanto al temporale all’Imperatore, il quale viteneva un deputato per il governo delle popolazioni.Nell’XI secolo, e precisamente nel 1025, il vescovo Ingone donò ai Monaci <strong>di</strong> San Pietro <strong>di</strong> Modenala chiesa <strong>di</strong> S. Martino, e nel 1159 con <strong>di</strong>ploma dell’Imperatore Federico I furono confermati aquel monastero i posse<strong>di</strong>menti che erano in Plebe Salti. D’allora in poi quella chiesa rimase sempre<strong>di</strong> pertinenza del monastero <strong>di</strong> S. Pietro, tanto che anche oggi esso vi ha il <strong>di</strong>ritto del giuspatronato.Nell’anno 1197 a’ 27 d’agosto, gli uomini <strong>di</strong> S. Martino con quelli <strong>di</strong> <strong>Montese</strong> e degli altri luoghivicini giurarono spontaneamente alleanza e fedeltà al <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> Modena a patto <strong>di</strong> essere assistiti,e con quel <strong>Comune</strong> si mantennero quasi sempre alleati fino al sopragiungere degli Estensi; a’ qualipure fecero atto <strong>di</strong> sud<strong>di</strong>tanza. Durante il secolo XII erano intanto sorti i Capitani, i quali, fortificandosinelle rocche e rafforzando le fazioni, furono causa <strong>di</strong> lotte frequenti che desolarono il Frignanoed estesero su <strong>di</strong> esso la giuris<strong>di</strong>zione del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> Modena. Una <strong>di</strong> queste guerre sanguinosaquanto mai, tra frignanesi e modenesi, incominciò nel 1204 a motivo della rottura del pattostretto dai terrazzani <strong>di</strong> <strong>Montese</strong>: i frignanesi sconfitti a Pavullo dovettero patteggiare coi modenesi,e cedere loro Salto e Montespecchio, che nuovamente giurarono fedeltà al <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> Modena.La vicinanza <strong>di</strong> S. Martino, ed in generale <strong>di</strong> tutti i paesi posti sulla destra dello Scoltenna, al bolognese,fece sì che quel territorio fu spesso soggetto ad invasioni nemiche con sempre gravissimidanni. Fin dal 1228 quelle popolazioni furono avviluppate nella guerra dai bolognesi combattuta nelFrignano, guerra che durata fino al 1242 devastò grandemente <strong>Montese</strong> e i luoghi limitrofi. Inquest’anno, ed anche nel 1276, gli uomini <strong>di</strong> <strong>Montese</strong> e S. Martino si ribellarono al <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> Modena,e nel 1286 fecero atto <strong>di</strong> vassallaggio all’<strong>Abate</strong> <strong>di</strong> S. Pietro <strong>di</strong> Modena, promettendo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fenderlocontro tutti eccettuato l’Imperatore e quel <strong>Comune</strong>. Al cadere <strong>di</strong> questo secolo (1296) <strong>Montese</strong>fu <strong>di</strong> nuovo occupato dai bolognesi per la lotta fra Azzo III d’Este e gli esiliati modenesi, Lanfrancoe Tobia Rangoni; finché il pontefice Bonifazio VIII, eletto arbitro nella quistione, stabilì cheil castello <strong>di</strong> <strong>Montese</strong> ed i forti <strong>di</strong> Salto, S. Martino ecc. fossero nuovamente consegnati a Modena.Nel principio del secolo XIV, essendo il Frignano caduto in balia delle fazioni, i bolognesi occuparonoi paesi sulla destra dello Scoltenna compreso S. Martino. La sottomissione poi <strong>di</strong> Modena almarchese Obizzo d’Este, avvenuta nel 1336, ri<strong>di</strong>ede tranquillità al Frignano che riconobbe a propriosignore l’Estense unitamente al territorio <strong>di</strong> <strong>Montese</strong>.La nobile famiglia <strong>di</strong> Montecuccolo che aveva ottenuto l’investitura <strong>di</strong> <strong>Montese</strong> fino dall’anno 1212dall’Imperatore Ottone IV, ne ebbe la conferma nel 1369 da Carlo IV, il quale assegnò, a titolo <strong>di</strong>feudo, a Matteo Baldassarre Corsino ed a Frignano da Montecuccolo le terre <strong>di</strong> <strong>Montese</strong>, Salto eMaserno. Pochi anni dopo Lancilotto da Montecuccolo cedé al <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> Bologna il castello e larocca <strong>di</strong> <strong>Montese</strong> e la villa <strong>di</strong> S. Martino, la quale nel 1388 ritornò sotto gli Estensi.2 Per non affastellare <strong>di</strong> note questo articolo avverto una volta per sempre che nel re<strong>di</strong>gerlo mi sono servito delle seguentifonti: Dizionario topografico e storico del Tiraboschi – Documenti dell’Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Modena – Storia <strong>di</strong><strong>Montese</strong> del Giacobazzi ms. – Vicende politiche e civili del Frignano <strong>di</strong> V. Santi.6
Nel 1390 nuova invasione dei bolognesi per opera <strong>di</strong> Lancilotto, e nel 1433 Nicolò d’Este, ottenutadall’imperatore Sigismondo l’investitura del Frignano, concesse a Gaspare da Montecuccolo, fra lealtre terre, Ranocchio, Salto e S. Martino, e più tar<strong>di</strong> (1455) <strong>Montese</strong>, Montespecchio e Malavolta.Nell’anno 1510 Modena fu occupata da Francesco Maria della Rovere per or<strong>di</strong>ne del pontefice GiulioII in seguito alla lega <strong>di</strong> Cambrai da lui stretta contro i Veneziani. Il Frignano in quell’occasionesi tenne fedele al duca Alfonso I d’Este, eccetto le comunità <strong>di</strong> <strong>Montese</strong>, Salto, Riva, Ranocchio, S.Martino e Montespecchio, formanti la podesteria <strong>di</strong> <strong>Montese</strong>, le quali, temendo per un motivo o perl’altro le parti belligeranti e stanche pure del governo dei Montecuccoli, scossero il giogo e formaronouna repubblica coll’aiuto e col consiglio dei più facoltosi citta<strong>di</strong>ni. E’ questa certo una dellepagine più belle della storia <strong>di</strong> S. Martino e del territorio <strong>di</strong> <strong>Montese</strong> tutto, ma è anche ad un temporicca <strong>di</strong> severi ammaestramenti!Proclamata l’in<strong>di</strong>pendenza fu stabilito che ogni <strong>Comune</strong> fosse <strong>di</strong>retto da un Sindaco da nominarsidal popolo, il qual Sindaco unitamente a due Consoli maneggiasse la pubblica azienda. Quantoall’or<strong>di</strong>namento ed amministrazione della giustizia fu deliberato <strong>di</strong> applicare alla piccola repubblicail <strong>di</strong>sposto degli Statuti del Frignano, e inoltre si or<strong>di</strong>nò che prima <strong>di</strong> istituire azioni civili le partidovessero ricorrere ai propri parroci e notai per l’accomodamento. La repubblica si mantenne benor<strong>di</strong>nata fino al 1513 anno in cui cominciarono le <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>e per l’elezione del nuovo Sindaco in alcuniComuni, e perché tale ufficio da taluni si voleva fosse conferito a vita. Nel 1514 il governo sicambiò in vera anarchia; le fazioni s’armarono l’una contro l’altra, e fu anche sparso sangue.L’anno seguente due dei pretendenti più accaniti nel sortire da un loro congresso furono uccisi.Questo fatto <strong>di</strong>é il crollo alla piccola repubblica, la quale ritornò sotto i Montecuccoli nel 1516. Atale scopo una rappresentanza dei singoli Comuni si portò da Bersanino <strong>di</strong> Cesare da Montecuccolioffrendogli <strong>di</strong> governare la podesteria <strong>di</strong> <strong>Montese</strong>, a nome del duca Alfonso o <strong>di</strong> altro principe, sotto<strong>di</strong>versi patti e con<strong>di</strong>zioni, fra le quali fu messa la <strong>di</strong>minuzione delle imposte, ridotte da 40 sol<strong>di</strong> perfumante come erano prima della sommossa, a sol<strong>di</strong> 25 per il mantenimento del pretore e castellani.Alla morte <strong>di</strong> Bersanino la podesteria <strong>di</strong> <strong>Montese</strong> fu <strong>di</strong>visa tra i suoi successori in modo che S. Martinocon <strong>Montese</strong>, Salto, Ranocchio e Montespecchio, passarono sotto il governo <strong>di</strong> Cesare e GirolamoMontecuccoli.Le lotte sorte dopo il 1530 fra l’antica e potente famiglia dei Tanari <strong>di</strong> Gaggio bolognese e quelladei Montecuccoli, travagliarono e danneggiarono moltissimo i luoghi prossimi al bolognese, nonescluso quin<strong>di</strong> <strong>Montese</strong> e S. Martino; finché il 24 febbraio 1538 Andrea Montecuccoli, aiutato ancheda quelli <strong>di</strong> Salto, debellò definitivamente gli avversari. <strong>Montese</strong>, e con esso S. Martino, fu ancoraturbato da ban<strong>di</strong>ti e malviventi dello stato pontificio sul principio della seconda metà del secoloXVI, e alle funeste e vandaliche irruzioni non fu posto un freno se non in seguito alle rimostranzedegli Estensi alla corte <strong>di</strong> Roma. Fatale fu pure la mossa d’armi nel 1613 per il passaggiodell’esercito toscano, che andava in aiuto <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando Gonzaga contro Carlo Emanuele I <strong>di</strong> Savoia,inquantoché quelle milizie entrarono nella giuris<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> <strong>Montese</strong> con immensa rovina <strong>di</strong>que’ terrazzani, che furono derubati, insultati, saccheggiati, ed ebbero persino incen<strong>di</strong>ate le abitazioni.Del resto non mancarono <strong>di</strong> frequente contese anche coi feudatari per i tributi che gravavanosul popolo. Nell’anno seguente infatti si venne ad una transazione fra gli uomini <strong>di</strong> Salto ed i contiGirolamo e Francesco Montecuccoli, colla quale le varie prestazioni erano ridotte ad un tributo pecuniario<strong>di</strong> 200 sol<strong>di</strong> d’estimo; ma riuscendo forse troppo gravoso tale carico, il <strong>Comune</strong> supplicò <strong>di</strong>lì a non molto per esserne liberato, ed accettò le con<strong>di</strong>zioni poste dalla contessa Leonora Ariosti,vedova del conte Girolamo e tutrice dei figli Sigismondo, Gui<strong>di</strong>nello, Alfonso, patti approvati dalduca nel 1626.Niente altro <strong>di</strong> notevole politicamente troviamo nella storia <strong>di</strong> S. Martino durante il secolo XVII setogli un movimento <strong>di</strong> truppe nel 1643 in occasione della guerra <strong>di</strong> Castro, la protesta dei terrazzani<strong>di</strong> <strong>Montese</strong> (1669) per non ritornare sotto il colonnello Ferrante Montecuccoli che accusavanod’inabilità a governare, e il pagamento <strong>di</strong> 20 scu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Modena che si assunse <strong>di</strong> fare S. Martino inoccasione della nascita del primogenito del Duca Francesco III (1698). Il feudo <strong>di</strong> <strong>Montese</strong> con S.Martino anzi che a Ferrante fu investito nel 1670 a Giovanni Francesco Montecuccoli. Importantis-7
sima è invece la pre<strong>di</strong>cazione fatta da Paolo Segneri nel 1672, insieme col padre Giovan Pietro Pinamonti,in occasione <strong>di</strong> Missioni nella podesteria <strong>di</strong> <strong>Montese</strong>, dal 27 maggio al 4 giugno, poiché adascoltare il celebre oratore intervenne non solo in massa la popolazione del contado, ma altresì accorserole persone più colte della pianura modenese.Sulla fine del secolo XVII il feudo <strong>di</strong> <strong>Montese</strong> passò <strong>di</strong>rettamente sotto l’Estense, e dal duca RinaldoI fu dato nel 1720 al conte Benedetto Selvatico, a cui fu ritolto due anni dopo per scoperta infedeltà.Francesco III poi nel 1756 ne investì il marchese Cornelio Malaspina, morto il quale il feudopassò a sua figlia marchesa Barbara, moglie del marchese della Rosa. Della signoria feudale – silegge sull’Appennino modenese – esercitata per lungo corso <strong>di</strong> anni dalla famiglia Montecuccoli inSan Martino, rimane un benefico ricordo in un legato perpetuo fatto dal conte Ercole nel 1617 per ilmantenimento <strong>di</strong> una scuola semigratuita, la quale scuola anzi si rese subito flori<strong>di</strong>ssima; come purerimangono testimonianze in avanzi del palazzo ove quella famiglia poteva recarsi a villeggiare.Nel resto del secolo XVIII e nella prima metà del XIX S. Martino e <strong>Montese</strong> seguirono le vicendepolitiche generali del Frignano: ebbero i loro apostoli e martiri dell’in<strong>di</strong>pendenza italiana, finchénell’agosto del 1859, per mezzo del proprio deputato avv. Carlo Lucchi, <strong>di</strong>chiararono la volontà <strong>di</strong>essere annessi col Frignano al Regno d’Italia.A rendere <strong>di</strong> tempo in tempo tristi le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> S. Martino e <strong>Montese</strong>, oltre le scorrerie e il funestomovimento <strong>di</strong> armi e <strong>di</strong> armati, dovuto sopratutto, come abbiamo visto, alla vicinanza del confinebolognese, non mancarono le naturali calamità. Nel 1025 grande penuria <strong>di</strong> viveri; nel 1159 continuasiccità per 11 mesi; nel 1399 fierissimo terremoto; forte carestia per la molta neve caduta nel1443. Poco danno invece arrecò la peste che infierì nel bolognese durante gli anni 1447-48. Ma crudelissimafu la carestia nel 1590-91 tanto che ridusse taluno a cibarsi persino <strong>di</strong> acini d’uve e <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ci<strong>di</strong> erbe e <strong>di</strong> piante. Nel 1630 la peste uccise i due terzi della popolazione, e nel 1816 si ebbenuovamente la carestia susseguita dal tifo che colpì un gran<strong>di</strong>ssimo numero <strong>di</strong> persone. Le carestieinfine degli anni 1846-48 prepararono il terreno all’invasione colerica del 1855, ed il territorio <strong>di</strong><strong>Montese</strong> fu appunto uno dei luoghi più degli altri attaccati dal male.Queste, in riassunto, le vicende principali a traverso ai secoli del paese che si onora <strong>di</strong> avere dato inatali all’Ab. <strong>Giuseppe</strong> <strong>Mazzetti</strong>, e dal quale egli trasse il principale materiale per i suoi scritti, chegli acquistarono fama non comune nel campo delle scienze.Nella inaugurazione <strong>di</strong> una lapide all’<strong>Abate</strong> <strong>Giuseppe</strong> <strong>Mazzetti</strong>in <strong>Montese</strong> il dì XI agosto MDCCCXCVIII (A. Galassini)Spazia lo sguardo via pei <strong>di</strong>gradantiVertici e là nel pian s’addentra e perde;E per l’azzurro sterminato il soleDissemina la luce e la possenteVoce dell’infinito il cor soggioga.Qui le prime spirava aure <strong>di</strong> vitaLui che l’Italia onora, e la dottrinaAlta e il costume intemerato ammira.Libera scienza e ferma fede, amoreDella patria e <strong>di</strong> Dio, merito veroE profonda modestia (a troppi ormaiDifficil cosa) in armonia compose,E in pace corsa l’operosa vitaRese al cielo la bella anima in pace.Deh! sorga un sasso e serbi l’opra e il nomeVenerato ai futuri, onde s’allegraQuesto nostro <strong>di</strong>letto almo Appennino8
La Chiesa <strong>di</strong> S. Martino <strong>di</strong> Salto (Venceslao Santi)Come <strong>di</strong> molte altre, così anche della Chiesa <strong>di</strong> S. Martino <strong>di</strong> Salto, dove il sacerdote <strong>Giuseppe</strong><strong>Mazzetti</strong> fu battezzato e dove celebrò la sua prima messa, sono scarse ed oscure l’origine e le primevicende. Per altro è certo che anticamente essa apparteneva al vescovo <strong>di</strong> Modena, il quale poi nel1025 donò al Monastero <strong>di</strong> S. Pietro della medesima città, oltre a parecchie altre, “ecclesiam unamquæ est fundata in loco Psaltu consecrata in honore S. Martini”. E questa donazione fu confermatanel 1186 da Urbano IV e nel 1196 da Celestino III. Onde è a credere che alla chiesa <strong>di</strong> S. Martinoalludesse il <strong>di</strong>ploma <strong>di</strong> Federico I là dove, confermando al Monastero <strong>di</strong> S. Pietro i suoi posse<strong>di</strong>menti,in<strong>di</strong>ca ancor quelli in plebe Salti.Anticamente questa chiesa era beneficio semplice, come rilevasi dalla lunga ed aspra controversiache nei primi anni del secolo XVII si agitò fra il rettore <strong>di</strong> essa Don Gian Maria Variselli, che appuntovoleva restasse beneficio semplice, e gli uomini <strong>di</strong> S. Martino ed il conte Orazio e fratelliMontecuccoli, i quali pretendevano farla chiesa curata.Questi sporsero vivissime lagnanze al Vescovo <strong>di</strong> Modena, dolendosi sopratutto che il Variselli simostrasse negligente nella cura delle anime e non attendesse “ad altro che a cumulare per sé stesso”,ed ottennero che al Variselli fosse vietata l’amministrazione dei sacramenti e che a loro venisseaccordato un cappellano. A queste imputazioni si aggiunse l’addebito <strong>di</strong> non avere voluto tenere ilSantissimo nella chiesa e <strong>di</strong> essersi opposto all’ammissione del pre<strong>di</strong>catore ambulante.Per queste accuse il Variselli, quantunque spalleggiato dall’abate <strong>di</strong> S. Pietro, venne nel 1605 rinchiusoe trattenuto prigione nelle carceri del vescovato <strong>di</strong> Modena; ma dopo poco tempo fu rimessoin libertà e in possesso della sua chiesa coll’assoluzione dall’obbligo <strong>di</strong> mantenervi il Santissimo e<strong>di</strong> accettarvi il pre<strong>di</strong>catore ambulante.Ciò non<strong>di</strong>meno i Montecuccoli, e specialmente il conte Ercole grande benefattore <strong>di</strong> questa chiesanon desistettero dal proposito <strong>di</strong> farla erigere in cura, ed i loro sforzi, che raggiunsero il maggiorgrado <strong>di</strong> intensità nel 1617, furono coronati da esito felice poco dopo la morte del Variselli avvenutanel 1622. Laonde solo da quest’epoca cominciarono ad amministrarsi nella chiesa <strong>di</strong> S. Martino iSacramenti e a dar ivi sepoltura ai morti che prima venivano trasportati a Salto.Il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> collazione, o meglio <strong>di</strong> presentazione, spettava all’abate <strong>di</strong> S. Pietro il quale nel 1475 videstinò a reggerla un don Giovanni dal Salto, cui fu dato per successore don Lorenzo da Bagnolo,poi don Cornelio da Lira. Nel 1506 questa chiesa fu conferita a don Antonio <strong>di</strong> Daniele Lotti <strong>di</strong> Salto,poscia nel 1529 a don Andrea del quondam Braccio dal Salto, e nel 1542 a Giovan Battista Mazzucchi.Dopo il rettorato <strong>di</strong> Giovan Maria Variselli sopra accennato, ad istanza dei conti Orazio eFrancesco Montecuccoli, la cura della chiesa <strong>di</strong> S. Martino fu affidata a don Natale Nar<strong>di</strong> figliuolo<strong>di</strong> Giuliano da Ranocchio e nel 1650 a don Costanzo Costi da Modena professo <strong>di</strong> S. Pietro.Monaci erano stati anche parecchi dei rettori sopra nominati, ma dopo il Corti, in virtù della bolla <strong>di</strong>Innocenzo X colla quale si levavano i monaci dalle cure, la chiesa <strong>di</strong> S. Martino venne data ad ecclesiasticiirregolari. Così nel 1635 l’abate Pietro Valestri da Reggio la concesse a don Filippo Ricciprete <strong>di</strong> Ranocchio e nel 1661 a don Gaspare Ricci, nipote del precedente, il quale morì nonagenarionel 1716. Da quest’anno fino al 1770 fu parroco <strong>di</strong> S. Martino don Gian Giacomo Bertolucci, sacerdotedello stesso luogo, dal 1770 al 1799 don Carlo Bertolucci, dal 1799 al 1849 don Luigi Zaccaria,a cui successero nel 1849 don Serafini, nel 1859 don Piccinelli nel 1885 don Monzali e nel 1897don Lo<strong>di</strong>.L’entrata annua <strong>di</strong> questa chiesa, il cui patrimonio era anticamente costituito da beni stabili accennatianche in documenti dei secoli XII e XIII, nel 1617 era calcolata in circa 75 ducatoni, ed i rettoripro tempore erano obbligati somministrare ogni anno al monastero <strong>di</strong> S. Pietro uno staro <strong>di</strong> castagnesecche in riconoscimento del giuspatronato.I Montecuccoli che per molti anni ebbero la giuris<strong>di</strong>zione feudale <strong>di</strong> S. Martino e <strong>di</strong> molti luoghicirconvicini, furono larghi <strong>di</strong> beneficenza e <strong>di</strong> protezione a questa chiesa. Il conte Ercole in particolarenel <strong>di</strong>cembre del 1615 vi fece costrurre a nuovo e dotò la cappella maggiore nella quale venneapposta la seguente iscrizione: Ad honorem SS. Corporis Christi, Beatique Martini protectoris sa-9
cellum hoc Hercules Montecucculus erexit, agroque locupletavit cum onere, ut tabellæ Ioannis deGellonis civis et notari bononiensis decantant. Vos igitur rectores qui sacellum hoc absque nullaimpensa vestra ornatum invenietis, vosque adolescentes, quibus perpetuæ eru<strong>di</strong>tionis utilitas concessaest, memores estote orare pro animam benevoli benefactoris vestri 3 .Il conte Orazio poi nel 1629 vi fece erigere un modesto campanile e fornì la chiesa <strong>di</strong> 18 reliquie e-stratte dai cimiteri <strong>di</strong> S. Sebastiano e <strong>di</strong> S. Lorenzo <strong>di</strong> Roma, ottenute col mezzo del vescovo <strong>di</strong>Modena dai car<strong>di</strong>nali Borghese e Ludovisi.All’abate <strong>Giuseppe</strong> <strong>Mazzetti</strong>. Ode (A. Sorbelli)Te che nascosto tra i monti umililungi dal facile rumor mondanoforte percosse l’ala del Genio,Te del Frignanoillustratore, Te che i recon<strong>di</strong>ticorpi impietriti traesti a vitanovellamente ed a la storia,ricostruita,celebriamo. De l’arenariae del macigno dentro la molealta e sprezzata, da cento secolinascosti al sole,con Te del cielo videro, i fossili,l’orbita fulgida, l’ampia quiete;a l’inventore molte narraronocose segrete:<strong>di</strong>ssero quelle de’ tempi arcaicirosse <strong>di</strong> fuoco rivoluzioniquando confusi lave vulcanichee lampi e tuoniqui nella terra commossa, miseraa tanto irrompere <strong>di</strong> saturnaliferocemente imperversavano.E quando talidel globo infranto scosse si tacquero,voi pure, stanchi del rio camminoe de la vita vostra girovaga,triste destino,dentro il Macigno, dentro la rocciavi nascondeste. E da quel giornolunga de’ secoli fu la vigiliaa voi d’intorno.Sopra la roccia vostra si crebberoin lungo corso con altre formealtri viventi, nove familie.Gran<strong>di</strong> fur l’ormeche quei nel vostro suolo lasciarono,grande l’ar<strong>di</strong>re: de gli invi<strong>di</strong>ativostri riposi anche turbaronoi fred<strong>di</strong> strati...3 Si allude alla istituzione della Scuola <strong>di</strong> S. Martino.10
Per Te <strong>di</strong> nuovo – non senti? – i fossilitratti a la luce da l’alto specode le mutate forme degli esseriragionan teco.Sorga dal marmo, sorga il tuo spiritoforte e ridente; libero voliper gli orizzonti agli altri incogniti.Di nuovi soliillustra il vanto de la tua patriaprima che il sonno grave le pesi:porta, vegliardo, porta la gloriaai Frignanesi.La Scuola <strong>di</strong> S. Martino <strong>di</strong> Salto (Venceslao Santi)La signoria feudale della celebre famiglia Montecuccoli sopra S. Martino <strong>di</strong> Salto è strettamente legataad una istituzione che per parecchi anni è stata fonte <strong>di</strong> molti vantaggi intellettuali e morali agliabitanti dei paesi che ora costituiscono il comune <strong>di</strong> <strong>Montese</strong>. Questo instituto è la Scuola <strong>di</strong> S.Martino nella quale <strong>Giuseppe</strong> <strong>Mazzetti</strong> apprese i primi elementi del sapere e per la quale spiegòmolto interessamento.D. Ercole Montecuccoli conte <strong>di</strong> S. Martino, che per alcuni anni fu Arciprete <strong>di</strong> Maserno, dopo avercon rogito del 6 febbraio 1616 ceduto al conte Francesco, suo nipote ex fratre, certi beni pel valore<strong>di</strong> modenesi lire 21.350 coll’obbligo al cessionario <strong>di</strong> erigere in S. Martino un e<strong>di</strong>ficio per le scuole,“animadvertens quam paucos esse in partibus istis montanorum qui, licet perspicacissimi ingenii,in literis proficiant, et quidem culpa et defectu principaliter præceptorum, qui literas cum doctrinachristiana fideliter et debitis mo<strong>di</strong>s profiteantur et doceant, con testamento rogato il 10 luglio del1617 da Pietro Ricci fece obbligo al suddetto suo erede conte Francesco Montecuccoli statim acmissus fuerit in tenutam ac corporalem possessionem bonorum de Bontemptis, propriis sumptibusconstrui, seu erigi domum unam, seu scholas, amplam et capacem, amplasve et capaces in curiaSancti Martini in loco ab eodem Ill.° testatore designando, ubi stare habeant, et continuo in perpetuumhabitare duo Præceptores probi viri moribus et virtutibus, ac integritate vitæ, sive modo laicisint, sive religiosi, et ibi conjunctim, sive <strong>di</strong>visim literas grammaticales docere quoscumque ad eosaccedentes, et, ut <strong>di</strong>citur, insegnare <strong>di</strong> leggere, scrivere e far conto, et insieme anche, se potrà, <strong>di</strong>sonare e <strong>di</strong> cantare, et <strong>di</strong>ppiù leggere pubblicamente et palam la sacra scrittura con li principj <strong>di</strong> logicaet della scienza legale, et altre scienze ancora alli scolari che ce andaranno, nel modo infrascritto;cioè a 10 gratis et amore, 6 dei quali siano della terra <strong>di</strong> Ranocchio e 4 della terra <strong>di</strong> S. Martino,da eleggersi, deputarsi et approbarsi per il Padrone che sarà pro tempore <strong>di</strong> d. e terre; et agli altri permercede onesta et conveniente. Quorum præceptorum idoneitas, et sufficentia semper approbeturab infrascriptis ejus here<strong>di</strong>bus ac successoribus ita et taliter ut si minus idonei reperiantur possintab eisdem repelli, reici, seu admoveri, et in eorum loco alii aptiores, seu idoniores subrogari. Et iquali maestri <strong>di</strong>ppiù abbino anche da insegnare pubblicamente due volte o una almeno la settimanae tutti li giorni <strong>di</strong> festa la dottrina cristiana nella chiesa <strong>di</strong> S. Martino a ora competente a tutti quelligran<strong>di</strong> e piccoli, maschi e femmine, che v’andranno, et in specie alli fanciulli e fanciulle con quellafede, integrità et amore che si conviene a buoni cristiani”. Per volontà del testatore il conte Francescodoveva inoltre provvedere tutto il mobilio necessario all’arredamento della casa e della Scuola elui e i suoi successori dare “cui quidem domui, scholisve, seu præceptoribus ante<strong>di</strong>ctis, in perpetuum,quotannis” 200 ducatoni da lire 4 <strong>di</strong> moneta <strong>di</strong> Bologna “ut deserviant eis pro alimentis, salariis,ac aliis sumptibus necessariis”.Queste prime <strong>di</strong>sposizioni fondamentali riguardanti la scuola <strong>di</strong> S. Martino furono nello stesso secoloXVII ampliate e notevolmente mo<strong>di</strong>ficate. Il suddetto conte Ercole infatti con suo co<strong>di</strong>cillo del 3febbraio 1619 portò il numero degli scolari gratuiti da 10 a 28, stabilendo che 4 fossero <strong>di</strong> S. Marti-11
no, 4 <strong>di</strong> Ranocchio, 4 <strong>di</strong> Montespecchio, 4 <strong>di</strong> Riva, 4 <strong>di</strong> Monteforte, 4 <strong>di</strong> <strong>Montese</strong> e 4 <strong>di</strong> Salto, e facendoalla predetta scuola un altro assegno <strong>di</strong> scu<strong>di</strong> 2000. Morto nel 1619 D. Ercole, il suo eredeconte Francesco, che nel 1630 ebbe anche la giuris<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Guiglia col titolo marchionale, ottenneda mons. Alessandro Rangoni vescovo <strong>di</strong> Modena <strong>di</strong> poter erogare parte delle suddette ren<strong>di</strong>te a beneficioanche dei sud<strong>di</strong>ti delle giuris<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Guiglia e <strong>di</strong> Montetortore, ingiungendo al proprio e-rede universale march. Gio. Battista Montecuccoli Laderchi <strong>di</strong> dare e lasciare alla Scuola <strong>di</strong> S. Martinotanti beni da costituire un frutto annuale <strong>di</strong> scu<strong>di</strong> 200 da lire 5,3 <strong>di</strong> Modena; il qual frutto e ired<strong>di</strong>ti lasciati dal co: Ercole alla Scuola medesima dovevano essere erogati a stipen<strong>di</strong>are prima imaestri <strong>di</strong> S. Martino, poi quelli <strong>di</strong> Guiglia e <strong>di</strong> Montetortore. Passati alcuni anni il marchese Francesco,tormentato nella coscienza dal dubbio che le innovazioni da lui introdotte nella Scuola <strong>di</strong> S.Martino col testamento del 1637 e la erezione da lui fatta in Guiglia <strong>di</strong> una casa d’istruzione e <strong>di</strong>educazione avessero <strong>di</strong>stratto parte delle ren<strong>di</strong>te spettanti a quella Scuola, con rogito del 2 aprile1645 prescrisse allo stesso erede ed a tutti i suoi successori nel feudo <strong>di</strong> S. Martino e nel go<strong>di</strong>mentodegli allo<strong>di</strong>ali <strong>di</strong> supplire con questi a quanto potesse mancare alla Scuola <strong>di</strong> S. Martino per insufficienza<strong>di</strong> red<strong>di</strong>ti dei predetti beni.Cionon<strong>di</strong>meno cominciando dal secolo XVIII il patrimonio <strong>di</strong> questa Scuola andò molto <strong>di</strong>minuendo;così che, non si sa in quale epoca, ma certo anche nel 1794, i maestri <strong>di</strong> essa, da due che eranodapprincipio, furono ridotti ad uno solo stipen<strong>di</strong>ato con modenesi lire 600. Quando poi, dopo lamorte del marchese Raimondo avvenuta in Milano nel 1873, si determinò la rovina finanziaria dellafamiglia Montecuccoli-Laderchi, anche la Scuola <strong>di</strong> S. Martino ne seguì la deplorevole sorte. Ondea stento il <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Montese</strong> poté salvare una piccola parte della dote <strong>di</strong> essa, che ora è destinata acontribuire allo stipen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> una maestra elementare per le frazioni <strong>di</strong> S. Martino e <strong>di</strong> Salto.Della fondazione <strong>di</strong> questa Scuola, un tempo flori<strong>di</strong>ssima, rimane memoria nella seguente iscrizioneche si legge nella cappella maggiore della chiesa <strong>di</strong> S. Martino a cornu evangelii:D. O. M.Hercules Montecuccolus comes et sacerdos prudenter et pie animadvertens iuvenes puerosque præceptoribusdestitutos sæpissime a virtutibus ad vitia deflectere, testamento suo mandavit ut viridoctrina et probitate conspicui perpetuo eligantur, qui honorificis beneficiis et præmiis a se propositisac relictis ad iuvenes puerosque non solum ad humanas scientias sed ad Christi fidem spectantibusprecipue eru<strong>di</strong>endos debeant accersiri, ut testantur tabellæ Joannis de Gellonis notarii bononiensis.Inaugurazione della lapide all’<strong>Abate</strong> <strong>Giuseppe</strong> <strong>Mazzetti</strong>La cerimonia dello scoprimento della lapide seguì effettivamente a mezzodì dell’11 corrente, comes’era fissato. Il comitato era rappresentato da Pantanelli, Cuoghi, Lucchi, Magiera e Zaccaria: essendoil Cav. Crespellani assente per in<strong>di</strong>sposizione, e avendo dovuto Santi, Colò e Vicini tornarein<strong>di</strong>etro da Magrignana per il cattivo tempo. Tuttavia nonostante queste assenze e quelle d’altri che,non potendo intervenire, mandarono la loro adesione, la festa riuscì assai solenne; né <strong>Montese</strong> avevamai visto un simile concorso <strong>di</strong> persone cospicue per cariche e dottrina. V’erano il dep. Gallini,l’avv. Ferri <strong>di</strong> S. Felice, il pretore Franchini e il sindaco Poli <strong>di</strong> Zocca, i prof. Chistoni e Picaglia <strong>di</strong>Modena, il dottor Sorbelli d’Id<strong>di</strong>ano, il prof. Lasagna <strong>di</strong> Carpi; senza contare altri signori e studenti<strong>di</strong> Zocca, Castel d’Aiano, Pavullo, Fanano e Modena; e senza parlare dei villeggianti <strong>di</strong> <strong>Montese</strong>,come i prof. Brini, Pincherle, Righi, Morini, Ascoli, dei signori, signorine e maestre del <strong>Comune</strong>,dei molti preti e del numeroso popolo. Anche parecchi enti morali v’eran rappresentati, e S. E.l’Arciv. <strong>di</strong> Modena aveva delegato il prevosto Colombo.Finita alle 12 la premiazione scolastica, si scopre la lapide murata nel lato occidentale della torre; edallora Pantanelli fa il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> presentazione e consegna. Segue l’on. Gallini che s’associa ai sentimentidel primo; ed ambedue sono applau<strong>di</strong>tissimi. Al Pantanelli risponde il ff. <strong>di</strong> Sindaco, sig.Gualan<strong>di</strong> Massimo <strong>di</strong> S. Martino, ringraziando il comitato e promettendo <strong>di</strong>ligente conservazionedella lapide. Al suono della banda si scioglie allora l’adunanza, e all’una e mezzo in canonica ha12
luogo un banchetto <strong>di</strong> cinquanta commensali fra cui regna grande cor<strong>di</strong>alità ed allegria. Il Pantanellifa voti per l’armonia della montagna e della pianura, Gallini per la prosperità <strong>di</strong> <strong>Montese</strong>; Gualan<strong>di</strong>brinda al Gallini, Zeni G. ai presenti, e il dott. Sorbelli legge un’ode alla scienza dell’ab. <strong>Mazzetti</strong>che riportiamo più sopra; e così ebbe termine la lieta festa della lapide mazzettiana, che resteràsempre memorabile per <strong>Montese</strong>.<strong>Montese</strong>, 15 agosto.La lapideIl Comitato che ha promossa e curata la creazione, nella rocca <strong>di</strong> <strong>Montese</strong>, della lapide inauguratal’11 agosto a ricordo dell’ab. <strong>Giuseppe</strong> <strong>Mazzetti</strong> è costituito dai signori: Pantanelli cav. prof. Dante– Presidente, Crespellani cav. avv. Arsernio, Colò prof. <strong>Giuseppe</strong>, Cuoghi prof. Antonio, Lucchiing. Gian Battista, Magiera perito Ruggiero, Santi prof. Venceslao, Vicini avv. Marco Arturo, Zaccariaprof. d. Enrico. Nella lapide marmorea è incisa la seguente iscrizione:IL SACERDOTE GIUSEPPE MAZZETTINATO A SAN MARTINO DI SALTOIL XVIII AGOSTO MDCCCXVIIIMORTO A MODENA IL XXI DICEMBRE MDCCCXCVIRICHIAMÒ L’ATTENZIONE DEI DOTTISULLA GEOLOGIA DI MONTESEE STUDIANDO LE SPUGNE E GLI ECHINIRIVELÒ ALLA SCIENZA TESORI SCONOSCIUTIIN MEMORIAGLI AMICI E I COLLEGHINELL’AGOSTO DEL MDCCCXCVIIIPP.I Montecuccoli <strong>di</strong> <strong>Montese</strong> - Percorso storico13