15.04.2012 - Associazione Nazionale Granatieri di Sardegna
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storiagnerà il soldato italiano fino allaII Guerra Mon<strong>di</strong>ale (e oltre, in alcuniCorpi).Rientrato in Italia, il GranatiereChiorino si sposò ed ebbe un figlio,ma dovette presto ripartireper lo scoppio della I GuerraMon<strong>di</strong>ale dove, essendo uno deipochi elementi all'epoca dotati <strong>di</strong>patente automobilistica, si trovò aprestare servizio come autista deiprimi autocarri del RegioEsercito. Tornato a casa dopo lafine del conflitto, scopri tristemente<strong>di</strong> aver nel frattempo persola moglie e la figlia mai conosciuta,portate via entrambe dallafamigerata epidemia <strong>di</strong> influenzaspagnola. Chiorino aprì un negozio<strong>di</strong> tessuti in Torino, chepurtroppo fu tra i primi e<strong>di</strong>fici adessere centrati dai bombardamentiaerei Alleati del 1940-43.Morì a Torino il 20 aprile 1966.Si ringrazia la famiglia del Gra.Chiorino, cui questo articolo è de<strong>di</strong>catoin riverente memoria, perla fattiva collaborazione.Pier Andrea FerroRacconto <strong>di</strong> Guerra <strong>di</strong> unGranatiere - ParacadutistaCarlo Pani classe 1921 racconta:A17 anni vestivo già il grigioverdecome volontarionei <strong>Granatieri</strong> <strong>di</strong> <strong>Sardegna</strong>e dopo quattro anni, nel '42, ero inAfrica con la «Folgore».Quanti ricor<strong>di</strong> dei miei anni <strong>di</strong>guerra affollano la mente, ma perfortuna non sono tutti tragici.Per esempio, ricordo quella volta,nel 1940, che ero con la Compagnia<strong>di</strong> <strong>Granatieri</strong> tra Albania e laGrecia. Facevamo parte <strong>di</strong> unReggimento <strong>di</strong> formazione dei<strong>Granatieri</strong>. Ero sergente e ra<strong>di</strong>otelegrafista.Avevo la stazione ra<strong>di</strong>oin dotazione. Fui assegnato alle«Bande Albanesi» che erano formateda circa 300 uomini, alcunipoco raccomandabili, che abitavanoi territori <strong>di</strong> frontiera traGrecia e Albania, e si erano offerti<strong>di</strong> combattere contro la Grecia.Con me c'era anche un plotone <strong>di</strong><strong>Granatieri</strong> mitraglieri, comandatodal maggiore Chiaravalle, una degnissimapersona. Era il 28 ottobre1940. La guerra contro la Greciaera appena stata <strong>di</strong>chiarata.Noi ci trovavamo in località Delvinoe da lì ci avviammo verso lamontagna. Iniziammo a salire, salire... . Io faticavo molto, perché,non pratico <strong>di</strong> montagna, facevopassi molto lunghi, e allora un alpinoche era vicino a me mi spiegòche in montagna si devono farepassi molto più brevi; mi corressi egli fui grato.Arrivammo su che era notte. Ma,parliamo della salita. Avevo l'or<strong>di</strong>ne<strong>di</strong> prendere ogni ora il collegamentocol Comando <strong>di</strong> Reggimento(o <strong>di</strong> Battaglione). Io ero ilcapo della stazione ra<strong>di</strong>o, avevogià fatto due anni <strong>di</strong> esperienza econ me c'era un granatiere dellaBasilicata arruolato con l'ultimaleva. Si chiamava Salvatori.Continuando la salita, che parevanon finire mai, ad un certo puntosentimmo partire dall'Epiro deicolpi <strong>di</strong> cannone. I proiettili passavanoin alto su <strong>di</strong> noi e li sentivamofrullare nell'aria, ma per fortunaandavano a cadere molto piùin là. Ogni tanto mi fermavo perprendere un collegamento e avolte ci provavo anche camminando,Salvatori con la stazione inspalla e io con le cuffie e col tasto:ta, tata, tata … . Facevo le chiamatee nessuno mi rispondeva.Sentivo tutte le stazioni delmondo, ma nessun segno <strong>di</strong> vitada quelle che tentavo <strong>di</strong> contattare.Nessuno mi rispondeva.Ricordo che una volta mi ero persinomesso a piangere. Ero giovane,avevo freddo, morto <strong>di</strong>fame, morto <strong>di</strong> paura. Sentivodella musica, come dei ballabili,pensavo che mentre noi eravamoqui a penare, forse da qualcheparte c'era gente spensierata cheballava e allora quella volta mi erotalmente demoralizzato che lacrimavo,ma nessuno se ne accorse.Facevo ruotare il ragazzo con l'apparatora<strong>di</strong>o in varie posizioni.Sentivo Bersaglieri e altri repartiche mi rispondevano, ma dai<strong>Granatieri</strong> nulla. Intanto arrivammoin alto su quella montagnae fummo poco per volta circondatida una nebbia sempre piùfitta.Noi due a causa delle soste pertentare i collegamenti restavamosempre più in<strong>di</strong>etro. I <strong>Granatieri</strong>,una trentina erano andati avanti esvanivano nella nebbia. Anchequelli della banda albanese li avevamovisti scomparire come fantasmiche sfumavano nella nebbia.Ormai soli riprendemmo la salitacon visibilità zero, poi il terreno sifece meno ripido fino a <strong>di</strong>ventarepianeggiante. Eravamo in cima.Passammo vicino ad una postazione<strong>di</strong> guar<strong>di</strong>e <strong>di</strong> confine. Mi<strong>di</strong>ssi: «qui occorre stare attenti»ma dentro non c'era nessuno, solopaglia e qualcos'altro. Forse eranoscappati. Ora dovevo decidere chefare.Mi misi a gridare; «granatieri, granatieri...». Macchè, nessuno rispondeva,nessuna visibilità, non13