Temi dell'Antigone recepiti nella cultura - Dipartimento di Storia ...
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capriccio;/ quel che il sangue dà, il popolo deve solo accettarlo,/ e se non ama il suo principe, deverispettarlo.» Polinice non sarà mai un «tiranno», come gli <strong>di</strong>ce Giocasta, perché è l’erede legittimoal trono; «tiranno» invece deve essere chiamato Eteocle, che pure è amato dal popolo, perchéattraverso l’inganno è arrivato al trono: «non è senza motivo che mi si preferisce un tra<strong>di</strong>tore./Ilpopolo ama uno schiavo, ed ha paura <strong>di</strong> avere un padrone:/ma io crederei <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>re la maestà deire,/se rendessi il popolo arbitro dei miei <strong>di</strong>ritti». Polinice, dunque, appare come l’arduo <strong>di</strong>fensoredella legittimità monarchica. Polinice è «crudele», la guerra gli è «cara», non ha rispetto per lelacrime della madre, che chiede allora ad Antigone <strong>di</strong> tentare, sulla base dell’antico affetto, <strong>di</strong>convincere Polinice. Antigone si rivolge <strong>di</strong>rettamente a Polinice, lo rimprovera perché il loro anticolegame non ha più alcuna influenza su <strong>di</strong> lui, ma il fratello le risponde che, al contrario, non è lui adessere cambiato, ma il ‘tra<strong>di</strong>tore’ ad averla sottratta a lui. Antigone gli <strong>di</strong>ce che non accetterebbemai <strong>di</strong> vedere usurpato il trono che spetta a Polinice, solo gli chiede <strong>di</strong> attendere, <strong>di</strong> concederequalche giorno, e così la madre, ricordando tra l’altro che Eteocle si è mostrato meno insensibilealle sue preghiere e aspetterà. Anche Emone invita Polinice ad aspettare, per vedere se si realizzanoi piani <strong>di</strong> pace <strong>di</strong> Antigone e Giocasta. Ma entra un soldato (II, 4), annunciando trafelato che latregua è stata infranta da Creonte e dai Tebani. Giocasta, sfinita, e alla quale «non resta chemorire», chiede ad Antigone <strong>di</strong> andare lei stessa a chiedere ad Emone <strong>di</strong> separare i due fratelli.Nella scena prima dell’atto terzo, Giocasta manda anche Olimpiade a vedere cosa accade. Hasentito che Meneceo, l’altro figlio <strong>di</strong> Creonte, è uscito dalla reggia anche lui. Giocasta vuole restaresola, e si lamenta con gli dei che rendono gli uomini colpevoli (III,2). Giunge Antigone a portare lenuove: dopo aver tentato invano <strong>di</strong> trattenere i due fratelli chiamandoli, mentre quelli venivano aduello sul campo <strong>di</strong> battaglia, tra loro si è posto Menceo, figlio <strong>di</strong> Creonte e fratello <strong>di</strong> Emone, cheeroicamente si è ucciso davanti a loro, esortandoli alla pace, credendo così <strong>di</strong> esau<strong>di</strong>re l’oracolodegli dei, che chiedevano il sangue dell’ultimo della stirpe. Alla vista <strong>di</strong> quel sacrificio, le armihanno taciuto. Ma Giocasta teme che si sia trattato <strong>di</strong> un sacrificio inutile. Polinice rivuole solo ilsuo regno, ed Eteocle ascolta il popolo e Creonte. E’ proprio Creonte che ha la responsabilità <strong>di</strong>tutto (III, 3), ed è Creonte che entra accompagnato da Eteocle. E’ quest’ultimo, invece, ad essereconvinto della necessità della guerra e della vendetta <strong>di</strong> Meneceo, Creonte sembra essere del partitodella pace, ed a lui si associa Giocasta, Eteocle, invece, non vuole che Polinice abbia il potereassoluto (III,4). Arriva Attalo, ad annunciare che Polinice vuole parlare con Eteocle, <strong>nella</strong> reggiaoppure nel campo: invano Giocasta invita Eteocle ad aspettarlo lì, ché quello già va via (III,5).Rimasto solo con Attalo, Creonte svela le sue vere speranze: la guerra per lui è <strong>di</strong>ventata pericolosada quando Emone ha preso le parti <strong>di</strong> Polinice, e ha già perduto un figlio, che si è sacrificato per lapace; ma d’altro canto sa e spera che la pace non durerà, e che Eteocle e Polinice, una volta vicini,non sapranno dominare il loro furore. Attalo gli chiede se non ha paura dei rimorsi, e Creonterisponde che chi vuole regnare non può avere rimorsi (III,6). Nel duetto seguente con Eteocle,Creonte continua a <strong>di</strong>fendere una posizione pacifista, ma Eteocle ammette che l’o<strong>di</strong>o per il fratello èinestinguibile, ed è ere<strong>di</strong>tario, segnato dalla loro stirpe; Creonte allora gli conferma che tutto ilpopolo è dalla sua parte, e che si tratterà <strong>di</strong> combattere si combatterà (IV,1). Attalo annuncial’arrivo <strong>di</strong> Giocasta e Antigone, e Creonte, in un ‘a parte’, esulta: «Ah! Eccoli. Fortuna asseconda lamia opera/e li consegna, tutti e due, alle correnti della loro ira». Giocasta, in un <strong>di</strong>scorso patetico,invita i due figli, che vede insieme con gioia, ad abbracciarsi, ad avere il coraggio <strong>di</strong> deporre l’ira.Ma Polinice ed Eteocle si guardano con o<strong>di</strong>o, l’uno e l’altro, in un’accesa sticomitia, riven<strong>di</strong>cano iltrono; Giocasta si rivolge a Polinice, lo invita a riflettere che sta rovesciando la giustizia iningiustizia, che con la guerra <strong>di</strong>venterà un tiranno, e non un re, dopo aver fatto <strong>di</strong> Tebe una città <strong>di</strong>morti. Polinice si <strong>di</strong>chiara anch’egli sconvolto dai gemiti che vede alzarsi dalla patria, e prospettasolo una soluzione: che il sangue suo o <strong>di</strong> Eteocle risolva la situazione. «Di tuo fratello?» - chiedeGiocasta. «Si, signora, del suo», replica Polinice, e rivolgendosi <strong>di</strong>rettamente al fratello lo sfida. Larisposta <strong>di</strong> Eteocle non si fa attendere: «Accetto il tuo piano, e l’accetto con gioia./Creonte, laggiù,sa quale era il mio desiderio./Avrei accettato con meno piacere il trono./ Ti credo degno del<strong>di</strong>adema,/e te lo porterò sulla punta <strong>di</strong> questa stessa spada.» Giocasta chiede allora ai figli <strong>di</strong>
ucciderla, perché è lei, in quanto madre <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> loro, ad essere all’origine dei loro mali.Giocasta si rivolge soprattutto a Polinice, che è il vero oltraggiato, perché, <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto, la corona è sua.Il confronto <strong>di</strong> Polinice con la madre è assai drammatico: alle ragioni della famiglia, Poliniceoppone quelle dello Stato e dell’onore. Il trono <strong>di</strong> Argo non può sostituire la signoria su Tebe,perché solo quella gli è dovuta. «Della mia grandezza, infine, io voglio essere l’arbitro, / e nonessere affatto re, Signora, o esserlo a giusto titolo; / che mi incoroni il sangue, oppure, se non basta,/voglio chiamare a suo soccorso il mio braccio». Disperata, Giocasta chiede a Polinice <strong>di</strong>conquistarsi con il suo valore un altro trono, se non gli basta regnare alternativamente con il fratello,e <strong>di</strong> lasciare quello <strong>di</strong> Tebe, che da sempre è maledetto, come mostra il destino <strong>di</strong> chi l’ha tenuto.Polinice si <strong>di</strong>chiara desideroso <strong>di</strong> seguire il destino <strong>di</strong> quei «gran<strong>di</strong> infelici», e <strong>di</strong> voler cadere conloro. «Ti risparmierò – replica Eteocle – una caduta così vana» «La tua caduta, credo, precederà lamia», risponde il fratello, che si appella poi agli dei quando Giocasta gli ricorda che Eteocle ègra<strong>di</strong>to al popolo. Giocasta allora li invita ad affrettarsi al duello, ed Eteocle e Polinice escono,Antigone interviene inutilmente per trattenerli, ed allora chiede ad Emone <strong>di</strong> seguirli e <strong>di</strong> tentare lui<strong>di</strong> separarli. Questa scena (IV, 3) è certamente l’apice drammatico della pièce. La prima scenadell’atto V è un monologo <strong>di</strong> Antigone: «Cosa ti aspetta, sfortunata principessa?/ Tua madre èappena morta tra le tue braccia,/non saprai seguire i suoi passi,/ e porre fine, morendo, al tuo tristedestino?/ Ti vuoi conservare per nuovi mali?/ I tuoi fratelli stanno combattendo, niente può salvarli/dalle loro armi crudeli./ Il loro esempio ti spinga a trafiggerti il fianco; / tu sola versi lacrime,/glialtri versano il sangue. /Quale è la fine mortale dei miei mali?/ Dove deve cercar riparo il miodolore?/Devo vivere? Devo morire?/ Mi trattiene un amante, mi chiama una madre./ Nella nottedela tomba la vedo, mi attende./Quel che vuole la ragione, lo nega l’amore,/ e me ne toglie lavoglia. / Vedo tanti che lasciano la luce del sole!/ Ma ahimé! Ci si tiene alla vita,/ quando si tienetanto all’amore./ Si, tu trattieni, amore, la mia anima fuggitiva,/ riconosco la voce del mio vincitore,/la speranza è morta nel mio cuore,/ e tuttavia tu vivi, e vuoi che io viva./Dici che il mio amante miseguirebbe <strong>nella</strong> tomba,/ che io devo conservare la fiamma dei miei giorni,/ per salvare quel cheamo./Emone, ve<strong>di</strong> il potere che l’amore ha su <strong>di</strong> me,/ non vivrò più per me stessa,/ e voglio vivereper te./Se mai hai dubitato della mia fedele fiamma…Ma ecco la funesta notizia del duello».Olimpiade (V, 2) annuncia la morte dei due fratelli, e Antigone <strong>di</strong>chiara – un tratto in senso latosofocleo – <strong>di</strong> amare più Polinice dell’altro. Arriva Creonte (V, 3) e descrive nei dettagli il duelloche è avvenuto, e <strong>di</strong> cui son cadute vittime non solo Polinice ed Eteocle, ma anche Emone, chesperava <strong>di</strong> separarli. Antigone, sconvolta, chiede a Creonte, che ha la consolazione <strong>di</strong> essere<strong>di</strong>ventato re ed acclamato dal popolo, <strong>di</strong> essere lasciata sola, ma Creonte la ferma e le chiede <strong>di</strong>salire con lui sul trono. Antigone è sdegnata, non avrebbe accettato la corona nemmeno dagli dei,ma è un’onta che sia Creonte ad offrirgliela. Creonte risponde cinicamente: «So che quest’altorango non ha niente <strong>di</strong> glorioso/ che possa paragonarsi all’onore <strong>di</strong> offrirlo ai vostri occhi./Miriconosco indegno <strong>di</strong> un così nobile destino,/ma se si può assurgere a questa gloria insigne/se la sipuò meritare per dei fatti famosi/ che bisogna fare, infine, Signora?». Creonte vuole porre il<strong>di</strong>adema ai pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> Antigone, e si <strong>di</strong>chara <strong>di</strong> <strong>di</strong>sposto a seguire qualsiasi sua <strong>di</strong>sposizione, Antigoneesce, gli <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> attendere. Nel duetto con l’attendente Attalo, Creonte esprime tutta la sua gioia,adesso ha tutto quello che vuole, il trono e Antigone, che è sicuro <strong>di</strong> aver piegato alla propriavolontà, e la per<strong>di</strong>ta dei figli è poca cosa rispetto al suo nuovo stato (V.4). Ma entra Olimpiade(V,5) ad annunciare la morte <strong>di</strong> Antigone, avvenuta con lo stesso pugnale con cui si è uccisaGiocasta. Le ultime parole della principessa sono state per Emone: «Caro Emone, è a te che misacrifico». Creonte allora invoca la morte su <strong>di</strong> sé, grazie alla quale perseguiterà Antigone anchenell’oltretomba, e che è l’epilogo predestinato a lui che è della casa <strong>di</strong> Laio, quin<strong>di</strong> si uccide.Come si capisce anche solo alla lettura <strong>di</strong> questo compen<strong>di</strong>o, gli elementi sofoclei superstiti sonodavvero pochi. Scompare completamente il tema, pure centrale, della sepoltura del fratello Polinice,e resta un blando amore infantile da parte <strong>di</strong> Antigone, più forte che nei confronti <strong>di</strong> Eteocle.Scompare il coro, sostituito da due figure che fanno da spalla a personaggi principali, Olimpiade,
che vorrebbe morire quando Antigone si uccide, ed Attalo, l’attendente <strong>di</strong> Creonte, che tenta <strong>di</strong>ricondurre il suo padrone alla considerazione dell’amore paterno e dei legami <strong>di</strong> sangue. Creonte èla figura più negativa della piéce: congiura per avere il potere, e una volta ottenutolo, dopo unincre<strong>di</strong>bile spargimento <strong>di</strong> sangue e aver perso due figli, esulta <strong>di</strong>menticando i suoi gravi lutti;inoltre ambisce alla mano <strong>di</strong> Antigone, che vuole rendere regina con lui, conquistando insiemel’amore e il trono. Antigone è una figura alquanto scialba, non riesce a convincere il fratello amatodal desistere alla lotta per il potere, e nemmeno a manifestare il suo amore ad Emone, per il qualepure <strong>di</strong>chiara <strong>di</strong> uccidersi. Dell’eroica Antigone sofoclea resta un personaggio sbia<strong>di</strong>to <strong>di</strong> amante,per il quale l’amore è il motore <strong>di</strong> tutte le cose, e per ‘amore’ si intende quello per il suoinnamorato. Nessun personaggio, in realtà, è portatore <strong>di</strong> un messaggio positivo, non Polinice, che<strong>di</strong>fende ad ogni costo il suo trono, e non Eteocle, che ha dalla sua parte il popolo, ed è fomentato daCreonte. Nessuno dei due riesce ad imporre la ragione sul sentimento e sull’offesa all’onore, e sonoambedue vittime <strong>di</strong> una rabbia sconsiderata. Meneceo si sacrifica inutilmente, mal interpretandol’oracolo degli dei. Solo Giocasta è il personaggio più drammaticamente compiuto e coerente, eporta un messaggio <strong>di</strong> pace. Ma su <strong>di</strong> lei grava la colpa <strong>di</strong> E<strong>di</strong>po, e quin<strong>di</strong> i suoi sforzi sono inutili.Il popolo, in controluce, è visto come malleabile e facilmente vittima <strong>di</strong> capi scellerati, comeCreonte, un popolo schiavo, in fin dei conti, al quale certo – come Polinice <strong>di</strong>ce con un proclamaassolutistico – non si può confidare la scelta <strong>di</strong> chi deve andare sul trono. Clamorosa anche, rispettoa Sofocle, è la scomparsa <strong>di</strong> Ismene, che qui non avrebbe ragion d’essere, perché l’Antigone <strong>di</strong>Racine è in tutto e per tutto conforme al modello tra<strong>di</strong>zionale della donna, nonché <strong>di</strong> Tiresia: gli deinon hanno un grande ruolo <strong>nella</strong> piéce, e se lo hanno, è negativo, perché danno oracoli così oscurida essere male interpretati, e comunque riba<strong>di</strong>scono solo la male<strong>di</strong>zione sulla stirpe.Il tempo della trage<strong>di</strong>a sofoclea è ra<strong>di</strong>calmente mutato: Eteocle e Polinice sono ancora vivi e inlitigio fra loro. Il coro è annullatto, e sostituito da due ‘confidenti’ della casa reale, e oltre ai duefratelli entra in scena anche la madre Giocasta. L’amore <strong>di</strong> Antigone per Polinice è solo un ricordo«dell’infanzia più tenera». La trage<strong>di</strong>a è organizzata secondo coppie <strong>di</strong> personaggi: Emone colfratello Meneceo è una coppia parallela a quella Eteocle-Polinice, la coppia Giocasta-Creonte èsimmetrica a quella Emone-Antigone. Tutta l’azione si svolge <strong>nella</strong> reggia, l’intento del giovaneRacine – che resterà poi <strong>nella</strong> sua maturità – e svelare i segreti che si celano <strong>di</strong>etro l’ambientesfarzoso <strong>di</strong> corte. Nella trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Racine, Antigone perde la centralità <strong>di</strong> personaggio; a sfidare iltiranno è invece Emone.Eteocle e Polinice sono nemici, fomentati soprattutto da Creonte, mentre la madre Giocasta sioppone al loro «nero furore», e sostiene la pace, mentre cerca <strong>di</strong>speratamente <strong>di</strong> favorire unincontro tra i due figli. Meneceo si uccide, ogni speranza <strong>di</strong> pace sembra caduta, Giocasta muore,Eteocle e Polinice si uccidono reciprocamente, Antigone, che Creonte vuole sedurre, si pugnalafuori scena, e la trage<strong>di</strong>a si conclude con il tiranno che vuole inseguire Antigone anche dopo lamorte. (Il testo della Tebaide o i fratelli nemici si può leggere in: http://www.theatreclassique.fr/pages/programmes/e<strong>di</strong>tion.php?t=../documents/RACINE_THEBAIDE.XML)2Dobbiamo immaginarci i vari personaggi in abiti da corte, con i capelli racchiusi <strong>nella</strong> reticella,sottoveste e brache <strong>di</strong> drappo d’oro, calze <strong>di</strong> seta e scarpe con i tacchi rossi, ma la tendenza adadattare i temi antichi alla contemporaneità del’autore non si limita certo solo alla messa inscena.Le sottili <strong>di</strong>squisizioni <strong>di</strong> Polinice sui <strong>di</strong>ritti del sangue reale sono un chiaro omaggioall’assolutismo del tempo, ed Antigone è ricondotta al ruolo della donna propria del tempo,ossia <strong>di</strong>colei che segue l’amato <strong>nella</strong> tomba. Sino alla quinta scena del primo atto. Antigone è unpersonaggio del tutto secondario, silenzioso accanto a Giocasta, e prende posizione per Poliniceperché il suo innamorato, Emone è dalla parte <strong>di</strong> Polinice, non per una sua libera scelta(quest’ultimo, d’altro canto, sta dalla parte <strong>di</strong> Polinice non per convinzione, ma per dare una provad’amore ad Antigone). Il motore drammatico dell’ Antigone <strong>di</strong> Racine è l’amore per Emone, maquanto inefficace sia questo motore lo riconosce, come abbiamo visto, lo stesso Racine. E’ invece il2 Cfr. Roland Barthes, Sur Racine, Paris, FR: Seuil, 1963
<strong>di</strong>ssi<strong>di</strong>o <strong>di</strong>nastico tra Eteocle e Polinice al centro della trage<strong>di</strong>a. Antigone è la figura femminile sullaquale convergono tutte le «tenerezze e le gelosie degli amanti». Ed infatti lei è gelosa <strong>di</strong> Emone, etuttavia, pur <strong>nella</strong> sua passione, mantiene intatto il suo pudore quando resta sola con lui che <strong>di</strong>ritorno dal campo <strong>di</strong> battaglia le fa profferte amorose. Il linguaggio dei personaggi è quello dellacorte seicentesca, in cui dominano iperboli e giochi retorici. Se in Sofocle Emone si uccide alleginocchia <strong>di</strong> Antigone, qui ipotizza solamente, con le parole tipiche del cavaliere cortese, una sualanguida morte per amore: «Nel tempo triste <strong>di</strong> una crudele assenza, /vi siete augurata che io vi fossifedele? Avete visto in sogno la morte minacciare lontano un amante/ che non può che morire aivostri pie<strong>di</strong>?».Nella pièce <strong>di</strong> Racine, Antigone è la figlia riverente e soccorrevole, che riempie <strong>di</strong> «speranza»l’animo <strong>di</strong> Giocasta, perché «gli dei qualche volta fanno i più gran<strong>di</strong> miracoli»; una volta morto ilfratello Meneceo, crede che «l’oracolo si sia compiuto, il cielo sia sod<strong>di</strong>sfatto», invece i figliriprendono la guerra e Giocasta si uccide. E’ nel V atto, nel <strong>di</strong>lemma <strong>di</strong> Antigone se morire,seguendo le orme della madre, o continuare a vivere per il suo amato, che si ha il passaggio dalpersonaggio della ‘figlia’ a quello della ‘amorosa’ fedele. «Cosa scegli, principessa sfortunata?/Tuamadre è appena morta nelle tue braccia:/non sapresti seguire i suoi passi,/ e porre fine, morendo, altuo triste destino?» «Devo vivere? Devo morire?/Un amante mi trattiene, una madre mi chiama»«Ma ahimé! Che ci si tenga in vita/quando si è legati così fortemente all’amore». La donna sceglie<strong>di</strong> vivere, dunque, solo per il suo amato: «Non vivrò per me stessa/ e voglio vivere per te» - <strong>di</strong>ce adEmone. Perciò l’Antigone <strong>di</strong> Racine – proprio al contrario <strong>di</strong> quella sofoclea – muore dopo che èmorto il suo amato, che è anche la sua ragione <strong>di</strong> vita, ed inoltre muore per conservare intatta lavirtù a cui attenta Creonte, tra le mura del palazzo, per mezzo dello stesso pugnale che aveva usatoGiocasta. L’Antigone <strong>di</strong> Racine, come ha scritto Anna Chiarloni, è una figura priva <strong>di</strong> conflittualità,una «sbia<strong>di</strong>ta dama <strong>di</strong> corte ubbi<strong>di</strong>ente al cerimoniale, confusa dagli eventi e destinata infine amorire» 3 . Non solo – o non tanto – il destino muove i fili <strong>di</strong> questa Antigone, ma anche – o piuttosto– le convenzioni. La passionalità che sarà <strong>di</strong>pinta dal Racine maturo, le forze dell’inconscio,agiscono piuttosto, <strong>nella</strong> Tebaide, <strong>nella</strong> figura <strong>di</strong> Creonte, attratto dalla verginità della figlia <strong>di</strong>E<strong>di</strong>po, e che desidera oscuramente <strong>di</strong>venirne «il re e l’amante».Nella seconda metà del Settecento il <strong>di</strong>alogo con i classici riprende a <strong>di</strong>stanza, per <strong>di</strong>re così, più‘ravvicinata’. Antigone non smette <strong>di</strong> essere presente sulla scena delle corti, per esempio nel 1772alla corte <strong>di</strong> Caterina, imperatrice della Russia, <strong>nella</strong> trage<strong>di</strong>a per musica del poeta <strong>di</strong> corte MarcoColtellini (cantante Tommaso Traetta; il libretto si può leggere in:http://www.librettidopera.it/antigona/antigona.html ). Nel 1776, dopo aver letto la Tebaide <strong>di</strong>Stazio <strong>nella</strong> traduzione del Car<strong>di</strong>nale Cornelio Bentivoglio, Vittorio Alfieri scrive due trage<strong>di</strong>eispirate a quel ciclo, Polinice e Antigone (PDF, p. 95 e 190, con il parere dell’autore). Traendo unanotizia da Igino, Alfieri assegna un ruolo importante ad Argìa, la vedova <strong>di</strong> Polinice, che conAntigone si contende la necessità <strong>di</strong> dare gli onori funebri a quest’ultimo. L’introduzione <strong>di</strong> questafigura testimonia un nuovo interesse per il sentimento coniugale, che si ritrova anche altrove <strong>nella</strong>letteratura europea della fine del Settecento: il matrimonio è visto adesso come legame affettivo enon convenzionale. E’ Argìa, infatti, che apre l’ Antigone <strong>di</strong> Alfieri, sovrapponendosi esostituendosi all’ Antigone sofoclea, giunta segretamente <strong>nella</strong> notte per portare ad Argo, senzaconoscere il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> Creonte, il «cener sacro» <strong>di</strong> Polinice. Davanti ad Antigone, Argìa riven<strong>di</strong>ca ilsuo maggior <strong>di</strong>ritto in quanto sposa; il rapporto coniugale – che in Sofocle non compare affatto – hala precedenza sul vincolo <strong>di</strong> sangue, e perciò si recupera una figura mitologica decisamentesecondaria <strong>nella</strong> tra<strong>di</strong>zione. Le due donne, nel loro primo incontro, costruiscono tra loro un legame<strong>di</strong> ‘sorellanza’, anche se si vedono per la prima volta, basato sul comune amore per il mortoPolinice. Per questo, dopo aver conteso su a chi spettasse il ruolo <strong>di</strong> seppellire Polinice, le duedonne raggiungono un’alleanza, ma il conflitto scoppia <strong>di</strong> nuovo nel momento in cui bisogna3 Anna Chiarloni, Da Sofocle e Brecht. Un’Antigone tedesca e i suoi precedenti, in: Il mito nel teatro tedesco. Stu<strong>di</strong> inonore <strong>di</strong> Maria Fancelli, ***, p. 301.
uciare sul rogo funebre il cadavere <strong>di</strong> Polinice (atto che Creonte punirà con la morte): è allora chele due donne ‘competono’ su chi debba morire per amore del fratello. C’è dunque un’innovazionefondamentale rispetto al mito così com’è in Sofocle: Antigone non è più l’unica depositaria degliaffetti familiari, e non è più eroica <strong>nella</strong> sua solitu<strong>di</strong>ne. La famiglia <strong>di</strong> Polinice è Argìa e il figlio, lasua casa è ad Argo, ed è lì che deve esserci la sua tomba. Il tratto più alfieriano è la ribellione controil tiranno Creonte, ed il suici<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Antigone – che avviene, tra l’altro, <strong>di</strong>etro le quinte – è <strong>di</strong>rettocontro <strong>di</strong> lui.Anche il dramma <strong>di</strong> Walter Hasenclever, Antigone, scritto in trincea nel 1917, è con<strong>di</strong>zionatodagli eventi terribili della prima guerra mon<strong>di</strong>ale.Il poeta e drammaturgo Walter Hasenclever, nato nel 1890, appartiene a quella generazione chesoffrì le conseguenze <strong>di</strong> tutte e due le guerre mon<strong>di</strong>ali. Si arruolò giovanissimo <strong>nella</strong> prima guerramon<strong>di</strong>ale: intanto, era <strong>di</strong>venuto famoso per un dramma, Der Sohn, pubblicato nel 1914, il cuiprotagonista uccide il padre per liberarsi della sua oppressiva autorità. Mentre combatteva al fronte,il poeta si fece ricoverare e riuscì a convincere i me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> essere pazzo come il protagonista dellasua trage<strong>di</strong>a. Fu perciò esonerato dalla guerra. L’esperienza terribile del fronte lo aveva trasformatoin un convinto pacifista. In sanatorio, Hasenclever terminò <strong>di</strong> scrivere l’ Antigone. Grazie al temamitologico, il dramma sfuggì alla censura: fu infatti pubblicato prima ancora della fine della guerra,nonostante <strong>di</strong>ffondesse un messaggio esplicitamente pacifista, e nel 1917 ottenne il prestigiosopremio Kleist.L’ Antigone <strong>di</strong> Hasenclever è una trage<strong>di</strong>a in cinque atti. Il primo atto si apre con l’annuncio dellafine della guerra. La città dove si svolge la vicenda è Tebe, che era stata la città <strong>di</strong> E<strong>di</strong>po. Duefratelli avevano combattuto per avere il trono della città, Eteocle e Polinice, i figli <strong>di</strong> E<strong>di</strong>po. Tutti edue sono morti in guerra. E’ ora Creonte a regnare sulla città. Il nuovo Re vuole che la pace siastabilita, ma vieta che venga data sepoltura a Polinice: è stato infatti Polinice a spingere l’esercitocontro la propria citta e perciò Creonte lo considera un tra<strong>di</strong>tore della patria. La gente già cominciaa festeggiare e a darsi alle orgie, quando compaiono sulla scena Antigone ed Ismene, le dueprincipesse, sorelle dei caduti in guerra. Hasenclever riscrive ra<strong>di</strong>calmente la trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Sofocle,che nel prologo (vv. 1-99) fa entrare subito in scena Antigone, la quale rivela alla sorella Ismenecosa ha intenzione <strong>di</strong> compiere. In Hasenclever, invece, l’entrata in scena <strong>di</strong> Antigone è ritardataalla seconda scena, perché il drammaturgo vuole dare risalto alla massa e ai suoi comportamentiirrazionali e alle conseguenze della guerra. Nella seconda scena <strong>di</strong> Hasenclever, <strong>di</strong>alogando con lasorella Ismene, Antigone si <strong>di</strong>chiara risoluta a seppellire il cadavere del fratello, nonostante il<strong>di</strong>vieto, perché l’o<strong>di</strong>o non deve superare la morte. Tutti, nemici o amici, sono ugualmente uomini eduguali <strong>nella</strong> morte. Ismene cerca <strong>di</strong> farla ragionare, prima le chiede <strong>di</strong> fuggire, poi <strong>di</strong> <strong>di</strong>menticare.Ma Antigone rifiuta i suoi consigli, e non spera nemmeno che ci sia un <strong>di</strong>o che possa ven<strong>di</strong>carel’offesa: <strong>di</strong>o infatti, se ci fosse stato, non avrebbe permesso la guerra. Ismene è trascinata via dallafolla, che in preda ad ebbrezza festeggia la pace; ragazzi violenti vantano le loro imprese <strong>di</strong> guerra,e inutilmente un vecchio tenta <strong>di</strong> farli ragionare. Singole figure <strong>di</strong> ‘vecchi’ sostituiscono il coro che<strong>nella</strong> trage<strong>di</strong>a sofoclea è costituito da un collettivo <strong>di</strong> vecchi, senza alcuna connotazionein<strong>di</strong>viduale. Il compatto coro della trage<strong>di</strong>a greca è cioè qui <strong>di</strong>ssolto in <strong>di</strong>versi cori, delle«Jungfrauen» (‘vergini’), der «Armen» (‘poveri’), del popolo intero. Ma mentre il coro <strong>di</strong> Sofoclemantiene un atteggiamento neutrale, il coro/popolo <strong>di</strong> Hasenclever interviene nei fatti, e cambia incontinuazione atteggiamento. Sono del tutto eliminati i significativi intermezzi corali della trage<strong>di</strong>a<strong>di</strong> Sofocle.Entra infine il nuovo tiranno, Creonte. Il tiranno riba<strong>di</strong>sce il <strong>di</strong>vieto assoluto <strong>di</strong> seppellirePolinice; ma fa anche capire che la guerra non è affatto finita, la città è circondata da nemici e sidovrà continuare a combattere. Il tiranno vuole mostrarsi generoso, ma quando dalla folla gli chiedecibo, l’abolizione delle tasse e la fine delle guerra, reagisce con violenza: fa picchiare un ragazzoche protesta, e minaccia chiunque oserà opporsi al suo volere. Una senti<strong>nella</strong> annuncia che ilcadavere, nonostante il <strong>di</strong>vieto, è stato coperto con uno strato <strong>di</strong> polvere. Il tiranno è a<strong>di</strong>rato, e
minaccia crudelmente la senti<strong>nella</strong>, che si <strong>di</strong>chiara innocente. Un vecchio protesta, ma Creonte simostra irremovibile: «Das Recht regiert. Und ich entscheide es!» («Regge il <strong>di</strong>ritto. Ed io decidocosa sia il <strong>di</strong>ritto!»).Nel secondo atto, viene condotta davanti al tiranno Antigone, che ammette la propriacolpevolezza: ha sepolto il fratello. Dichiara <strong>di</strong> aver agito in nome della legge dell’amore e in nomedel padre E<strong>di</strong>po, quin<strong>di</strong> in nome <strong>di</strong> una legge familiare, e si appella al popolo, e poi accusa iltiranno: « Profanatore <strong>di</strong> morti /hai infranto/il dovere dell’uomo, l’ultimo rispetto,/la leggeuniversale./Hai oltrepassato la misura. Non ho paura <strong>di</strong> te./Di cos’altro dovrei ancora aver paura?»Creonte la minaccia ancora più violentemente. Antigone allora invoca <strong>di</strong>o, e Creonte replica:«Gott ist mit uns!», Dio è con noi, una frase che era il motto del militarismo prussiano (e <strong>di</strong> cui sisarebbe ‘impadronita’ anche il nazismo). Il popolo è tutto dalla parte del tiranno e vuole lapidare laragazza. La sorella Ismene corre in aiuto <strong>di</strong> Antigone, si <strong>di</strong>chiara colpevole, ricorda al tiranno cheAntigone è la fidanzata del figlio. Non serve a nulla: Creonte condanna ugualmente Antigone adessere sepolta viva insieme al cadavere del fratello. La folla è inferocita: insulta le principesse,vuole umiliarle obbligandole a denudarsi. Antigone allora pronuncia un <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto al popolo,davanti al quale si <strong>di</strong>chiara colpevole. La sua colpa consiste nel non aver saputo fare nulla perevitare guerre e fame, nel non aver saputo <strong>di</strong>ffondere tra gli uomini la pace. Di fronte a questaconfessione <strong>di</strong> colpevolezza, la folla sembra piegarsi e convincersi: chiede ad Antigone <strong>di</strong> nonsmettere <strong>di</strong> parlare. Antigone si abbandona allora ad un monologo visionario. Racconta il dolore alquale ha dovuto assistere, e <strong>di</strong>chiara <strong>di</strong> voler dare inizio ad un’epoca <strong>di</strong> pace. La folla la acclama.Arriva però il tiranno, Creonte, a spegnere tutti gli entusiasmi: ancora una volta umilia la folla e lesue richieste e fa trascinare via dai soldati a cavallo Antigone.Nel terzo atto, Antigone si incontra con il fidanzato, Emone, figlio del tiranno: quest’ultimo èfurioso, sembra in un primo momento con<strong>di</strong>videre le idee <strong>di</strong> suo padre e vorrebbe che Antigonerestasse nei limiti del suo ruolo <strong>di</strong> donna; ma Antigone riesce a convertirlo al suo ideale <strong>di</strong> amore edumanità. Emone promette allora <strong>di</strong> salvarla. Antigone rimane ferma nel suo proposito <strong>di</strong> morire, e<strong>di</strong> restare accanto al cadavere del fratello morto.Emone non riesce a convincere il tiranno a liberare Antigone, e perciò si mette a capo <strong>di</strong> una rivoltapopolare contro <strong>di</strong> lui. Mentre il tiranno dà or<strong>di</strong>ni ai suoi soldati per sedare la rivolta, comparel’indovino Tiresia, che grida a Creonte <strong>di</strong> pentirsi. Ma il tiranno è anzi in preda a un delirio <strong>di</strong>onnipotenza, e si equipara a <strong>di</strong>o. La mente <strong>di</strong> Creonte, però, comincia improvvisamente a vacillare:il tiranno è circondato da fantasmi <strong>di</strong> affamati e invali<strong>di</strong>, da ombre che lo accusano <strong>di</strong> essere unassassino. Terrorizzato da queste visioni e dalle proprie mani bagnate <strong>di</strong> sangue, Creonte si pente. Sisente la tromba del giu<strong>di</strong>zio. Creonte sembra finalmente capire che è punito per aver condannato amorte Antigone, e vorrebbe liberarla. Ma è troppo tar<strong>di</strong>.Nel quarto atto, Antigone si uccide, ed Emone, <strong>di</strong>sperato, la segue <strong>nella</strong> morte. Seguendo un or<strong>di</strong>neche il tiranno gli aveva dato in precedenza, il capo delle guar<strong>di</strong>e dà fuoco alla città. Il quinto atto siapre con i bagliori dell’incen<strong>di</strong>o che arrivano sino al palazzo reale. Nella sua fortezza, Euri<strong>di</strong>ce, laregina, è asse<strong>di</strong>ata dalla gente che fugge l’incen<strong>di</strong>o: figure <strong>di</strong> morte e miseria la opprimono, e sipresenta da lei anche Ismene, che ha perso la parola, ma riesce a far capire alla regina che suo figlioè morto. Tutta questa <strong>di</strong>struzione, sembrerebbe annunciare un inizio dal niente, un mondo nuovo.Ed infatti una voce dal popolo annuncia: «Der Wind steigt aus den Trümmern,/ Die neue Weltbricht an». «Il vento si alza dalle rovine, è l’alba del nuovo mondo.» Creonte ritorna, riconosce edammette la sua colpevolezza. Quando gli annunciano che anche la regina si è uccisa, prendevolontariamente la via dell’esilio. Ma il popolo, una volta che ha perso chi lo comanda, perde ognifreno, e si dà a saccheggi ed all’ubriachezza. Solo una voce che si alza dalla tomba, e annuncia ilgiu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> <strong>di</strong>o, riesce a fermare quell’orgia sfrenata.Il dramma <strong>di</strong> Hasenclever è segnato dunque da un amaro scetticismo: la missione <strong>di</strong> pace <strong>di</strong>Antigone fallisce, e più volte la massa dà prova degli istinti più brutali. Il sacrificio <strong>di</strong> Antigonesulla tomba del fratello è inutile, la società sprofonda ancora una volta <strong>nella</strong> violenza. Antigone, chesegue il suo «Schiksal» (‘destino’) <strong>di</strong> morte, rappresenta il sentimento <strong>di</strong> amarezza provato dalla
generazione che aveva fatto la guerra, e che è così ben descritto nell’ autobiografia <strong>di</strong> Ernst Toller:le immani sofferenze subite al fronte, che avevano lasciato le loro ben visibili scie in una società <strong>di</strong>mutilati nel corpo e non solo nell’anima, erano state completamente inutili. Nulla era cambiato.Anche l’ Antigone <strong>di</strong> Hasenclever muore per niente: ed in questo c’è una <strong>di</strong>fferenza incolmabile trala trage<strong>di</strong>a greca e la trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Hasenclever. Ma c’è anche <strong>di</strong>fferenza con l’Antigone pacifista <strong>di</strong>Romain Rolland, del 1916, che voleva essere un appello a tutte le donne. Con preveggenza, già nel1917 il giovane drammaturgo intuiva l’avvicinarsi <strong>di</strong> tempi ancora peggiori, e prevedeva il successo<strong>di</strong> un’autorità orribile, il nazismo <strong>di</strong> Hitler, che si sarebbe presentata come ‘salvatrice’ del popolo.Perciò Hasenclever si allontana decisamente dalla celebre interpretazione <strong>di</strong>alettica della trage<strong>di</strong>asofoclea data da Hegel, per la quale Creonte, <strong>di</strong>fenderebbe la ‘ragione <strong>di</strong> Stato’, e dunque unaposizione opposta da quella <strong>di</strong> Antigone, che <strong>di</strong>fenderebbe il <strong>di</strong>ritto familiare, e altrettantounilaterale, ma legittima. Il Creonte <strong>di</strong> Hasenclever è posto in una luce totalmente negativa, anchese alla fine della trage<strong>di</strong>a sembra possibile anche una sua redenzione attraverso l’esilio el’espiazione. Inoltre mentre nell’interpretazione hegeliana il personaggio <strong>di</strong> Antigone troval’essenza del suo carattere proprio nell’azione, nel ‘fare’ (das Tun), l’Antigone <strong>di</strong> Hasenclever è unapre<strong>di</strong>catrice che non agisce, e che porta il peso dell’assoluta inutilità <strong>di</strong> ogni sua azione. D’altrocanto, l’ Antigone <strong>di</strong> Hasenclever non è una martire cristiana, nonostante il suo linguaggio sia atratti religioso. E’ piuttosto una figura tormentata dal senso <strong>di</strong> colpa <strong>di</strong> non aver saputo fareabbastanza per il genere umano. La sua azione consiste piuttosto nel non agire, cioè nell’oppore lanon violenza alla violenza. La sua è una religione dell’ amore. La celebre battuta della trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong>Sofocle: «Zum Hasse nicht, zur Liebe bin ich» (v. 523 <strong>nella</strong> traduzione <strong>di</strong> Hölderlin, «non perl’o<strong>di</strong>o, per l’amore io sono») viene ampliata e resa più <strong>di</strong>dascalica da Hasenclever:CREONTELa leggeti ha condannato a morte.ANTIGONEFermati –Dov’e lo spirito, che ha emanato questa legge? –Conosco una legge, ancora non scritta,che nessun araldo ha annunciato al mondo,più vecchia <strong>di</strong> me, e <strong>di</strong> te.Si chiama: amore.CREONTEDa questo riconosco la stirpe <strong>di</strong> E<strong>di</strong>po!Come Antigone <strong>di</strong>ce ad Emone, l’amore è Hilfe den Schwachen, Kampf für <strong>di</strong>e Welt, «aiuto aideboli, lotta per il mondo», l’amore è «umanità»: Liebe ist Menschlichkeit (p. 66). La sua morte èl’unico gesto <strong>di</strong>mostrativo che riesce a compiere, è il solo mezzo che trova perché gli uomini lecredano. Tragicamente il suici<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Antigone prefigura il destino dello stesso poeta, che nel 1944,prigioniero nel campo belga <strong>di</strong> Caigne sur Mer, preferì darsi la morte pur <strong>di</strong> non cadere nelle manidei nazisti.Il dramma <strong>di</strong> Hasenclever è consapevolmente anti-classicista, perché, pur essendo <strong>di</strong>viso in cinqueatti, come <strong>nella</strong> trage<strong>di</strong>a classica, non ha un’azione logicamente concatenata, consiste invece inquadri che si sovrappongono gli uni agli altri. Anche i personaggi, non hanno una fisionomiapsicologica definita, ma sono instabili, contrad<strong>di</strong>ttori e cambiano atteggiamento con facilità:Antigone è un’indecisa e una debole, Emone si converte improvvisamente alla religione <strong>di</strong>Antigone, e ancora più improvvisamente, senza alcuna logica, Creonte riconosce la suacolpevolezza. Il personaggio più instabile è la folla che cambia continuamente atteggiamento. E’ lafollia, dunque, <strong>nella</strong> visione <strong>di</strong> Hasenclever, a dominare le umane vicende. E’ inutile perciò cercare<strong>nella</strong> storia una catena <strong>di</strong> cause ed effetti: gli eventi accadono senza che l’uomo possa
comprenderne o prevederne i motivi, ed è in questo, scriverà Hasenclever qualche anno dopo, checonsiste l’idea del ‘tragico’.Non vi è dunque speranza? Se c’è, essa è riposta nell’eroismo <strong>di</strong> singole figure come Antigone,<strong>di</strong>sposte all’estremo sacrificio per cercare <strong>di</strong> stabilire un legame d’amore e pace tra gli uomini.L’esempio <strong>di</strong> Antigone mostra che l’unica resistenza possibile è la pratica della non violenza..Hasenclever conserva solo i tratti generali del mito. Antigone è un essere umano tra gli altri, non hanulla della grandezza tragica che le era stata attribuita dalle ricezioni <strong>di</strong> Sofocle. Gli dei, che <strong>nella</strong>trage<strong>di</strong>a greca hanno un ruolo essenziale, in Hasenclever non compaiono affatto. In Sofocle,Antigone agisce in nome degli dei dell’al <strong>di</strong> là, gli dei, cioè, del regno dei morti. L’Antigone <strong>di</strong>Hasenclever non crede in nessun <strong>di</strong>o:ANTIGONENon parlare <strong>di</strong> Dio!Dio permise che gli uomini si uccidessero.Dio, quando Creonte ebbe l’ar<strong>di</strong>re<strong>di</strong> calpestare i poveri corpi dei morti,non mandò terremoti o incen<strong>di</strong>a soffocare la bocca degli ingiuriosi.Dio tacque. – <strong>di</strong>ce Antigone alla sorella Ismene.E’ anzi Creonte a richiamarsi a <strong>di</strong>o, che gli ha concesso il potere e il regno. Dio, dunque, se c’è, èun essere capriccioso, che può anche prendere le parti dei nemici dell’umanità. Sofocle avevamesso in scena subito la sua eroina, e Hoelderlin, la cui traduzione è stata la più influente <strong>nella</strong>ricezione in lingua tedesca della trage<strong>di</strong>a antica, l’aveva resa ancora più gran<strong>di</strong>osa ed eroica.Hasenclever rappresenta nel prologo, invece, la folla che si dà all’ebbrezza dopo la fine dellaguerra. E’ la massa, le sue sofferenze ma anche la sua volubilità e la sua incapacità <strong>di</strong> dare inizio aduna vera rivoluzione, la protagonista del dramma <strong>di</strong> Hasenclever. In sintesi, possiamo <strong>di</strong>re chel’Antigone <strong>di</strong> Hasenclever un documento importante del primo espressionismo, senza voler quientrare nel merito delle varie interpretazioni <strong>di</strong> ‘espressionismo’. I recensori della messa in scena aBerlino nel 1920 definirono l’opera un dramma espressionista; più tar<strong>di</strong> lo stesso autore parlàinvece <strong>di</strong> ‘dramma politico’. Come <strong>nella</strong> contemporanea lirica, infatti, Antigone si rivolta control’autorità in nome dell’umanità intera e soprattutto della «Gerechtigkeit», la ‘giustizia’, una parolachiave<strong>di</strong>molta poesia espressionista. «So lang ich lebe, lebt Gerechtigkeit», «fino a che io vivo, vive lagiustizia», afferma Antigone (p. 22), esprimendo così la funzione simbolica del personaggio.Scettica è invece Ismene: «Non cambierai il mondo, non trasformerai l’ingiustizia in giustizia.»,<strong>di</strong>ce Ismene alla sorella, nel momento in cui vuole convincerla a fuggire. Mentre invece la‘conversione’ <strong>di</strong> Creonte, che prelude al suo esilio è annunciata con le parole: Der Tag istgekommen, wo <strong>di</strong>e Schranke fällt./Wo der König eins ist mit dem Volke/Am Thron derGerechtigkeit, (p. 113) E’ giunto il giorno, che cadono i confini./Oggi il Re è tutt’uno con ilpopolo/sul trono della giustizia.».Nella trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Hasenclever, molti elementi scenici sono <strong>di</strong>chiaratamente espressionisti e piùcinematografici che teatrali: innanzitutto la presenza impressionante sulla scena della massa, delpopolo ma anche dei soldati a cavallo, che furono portati in scena durante la prima berlinese.Espressionisti sono i contrasti <strong>di</strong> luce, chiaro e scuro, che dominano i <strong>di</strong>versi episo<strong>di</strong>; espressionistaè anche la presenza della luna e della sua luce spettrale. L’incen<strong>di</strong>o, che metaforicamente riduce incenere il passato e prelude ad un nuovo mondo, è un altro elemento tipico dei drammiespressionisti. Ma è soprattutto la presenza dello Schrei, dell’ ‘ urloì’, a rendere questo drammapuramente espressionista: grida la folla, gridano i soldati «am Himmel der rote Schrei», «il gridorosso arriva al cielo» <strong>nella</strong> furia della guerra: quest’ultima espressione va sottolineata: <strong>nella</strong> celebrerielaborazione <strong>di</strong> Hoelderlin, infatti, al verso 20 si legge: «Was ists, du scheinst ein rothes Wort zufärben», «cosa c’è? Sembri colorare una rossa parola», che è una traduzione sbagliata, maimpressionante e <strong>di</strong> grande efficacia; Hasenclever sembra aver avuto presente il verso <strong>di</strong> Hoelderlin,
ma ha trasformato il «Wort» in «Schrei». grida il ragazzo che ha fame e protesta – e che subitogrida <strong>di</strong> dolore per le botte ricevute – ; il grido anonimo e collettivo, è commento all’azione,compare <strong>nella</strong> <strong>di</strong>dascalia che apre l’atto secondo, prima che la guar<strong>di</strong>a annunci a Creonte il crimine<strong>di</strong> Antigone; grida Ismene, per manifestare pietà, grida ancora la folla nel furore irrazionale, maanche nel dolore, dopo l’incen<strong>di</strong>o, nel buio profondo: ma urla soprattutto Creonte, alla fine, quandoriconosce <strong>di</strong> essere stato causa <strong>di</strong> orrori e spargimento <strong>di</strong> sanguere, in un urlo che esprime untar<strong>di</strong>vo pentimento e lo sprofondare nel buio della pazzia. Il grido è il segno della maggiore per<strong>di</strong>ta<strong>di</strong> umanità, come <strong>di</strong>ce la stessa Antigone: « Uomo, che gri<strong>di</strong> in fredde sale:/ dov’è la tua pietà? Seipiù povero / <strong>di</strong> noi tutti, perché non sai più piangere»-Hasenclever, dunque, usa le tecniche espressioniste per riscrivere un mito antico, che per la primavolta sulla scena moderna interpreta politicamente. La sua Antigone è una martire, non <strong>di</strong>fendesolo i legami familiari, ma vuole essere l’eroina dell’umanità intera. E’ una figura, tra le tante che sitrovano <strong>nella</strong> letteratura <strong>di</strong> quegli anni, che agisce per ‘re<strong>di</strong>mere’ l’uomo. E’ dunque una figurareligiosa, il cui scopo è svegliare le coscienze: le arringhe <strong>di</strong> Antigone alla folla,infatti, sonoin<strong>di</strong>rettamente rivolte al pubblico in sala. Creonte, figura <strong>di</strong>etro alla quale è facile in<strong>di</strong>viduareGuglielmo II, è un personaggio totalmente negativo. Il dramma vuole <strong>di</strong>re che non esiste ragion <strong>di</strong>stato che giustifichi la strage <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong> uomini <strong>nella</strong> guerra. Ma anche la folla non èrappresentata in una luce favorevole: nonostante l’impegno e il sacrificio <strong>di</strong> singoli uomini, checome Antigone sacrificano la loro vita, il popolo non è pronto a vivere in pace. Anche questodramma, come altra lirica espressionista, segna una grande <strong>di</strong>stanza tra i progetti utopistici degliintellettuali e la realtà politica <strong>di</strong> quegli anni. L’Antigone <strong>di</strong> Hasenclever, perciò, non è una figurarivoluzionaria. E dunque, al contrario che <strong>nella</strong> trage<strong>di</strong>a greca, non c’è possibile morale da trarredall’antico mito, ma solo una triste rassegnazione.Friedrich Hölderlin (1799-1802) aveva consegnato alla <strong>cultura</strong> tedesca in una sua traduzione che,pur contenendo molti errori, imputabili poerò soprattutto alla cattiva e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> cui si servì il poeta,restituiva una figura ‘rivoluzionaria’, la cui parola ‘uccide’ perché è parola ‘tragica’, che nelfronteggiarsi con Creonte simboleggiava il cambiamento, il rinnovamento che si oppone alle formestatali sclerotizzate. Antigone per Hölderlin simboleggiava la Rivoluzione e quello che significava<strong>nella</strong> storia umana. Forse questo significato politico, da cogliersi nelle <strong>di</strong>fficilissime Note all’Antigone, che Hölderlin pospose alla sua traduzione, fu colto da Bertolt Brecht, che appena tornatodall’esilio propose proprio l’ Antigone, o meglio: la traduzione <strong>di</strong> Hölderlin rieleborata come unadelle prime messe in scena del dopoguerra tedesco (la prima fu a Chur, Svizzera, 1948). Larielaborazione dell’opera si deve a un incontro casuale con Hans Curjel, intendente nel teatro <strong>di</strong>Chur, a Zurigo, dove Brecht <strong>di</strong> ritorno dall’esilio americano soggiornava in attesa <strong>di</strong> un lavoro. Lascelta cadde sull’ Antigone anche per l’attualità dell’argomento ed anche per dare un ruolo a HeleneWeigel, dopo quin<strong>di</strong>ci anni <strong>di</strong> pausa lavorativa obbligata. Si trattava anche <strong>di</strong> un’operazionelinguisticamente provocatoria: il tedesco, durante i lunghi e bui anni del nazismo, era statodeformato dalla <strong>di</strong>ttatura, piegato ad espressioni burocratiche nuove o a un gergo terribile:proponendo il ritorno ad Hölderlin, cioè ad una lingua <strong>di</strong>fficilissima e lontanissima dal tedescoquoti<strong>di</strong>ano, Bertolt Brecht proponeva anche un rinnovamento estetico rispetto alla barbarie. Inoltreil tema della sepoltura era <strong>di</strong> drammatica attualità nell’ Europa <strong>di</strong> dopoguerra – visto il numeroimmenso dei <strong>di</strong>spersi, e <strong>di</strong> tutti coloro, per prime le vittime dell’ Olocausto, che non avrebbero maipotuto ricevere una tomba. Brecht è dunque alla ricerca <strong>di</strong> una lingua che si <strong>di</strong>stanzi da quellaborghese corrotta dal nazismo, e che sia o elevata, oppure popolare, ma mai rispecchi la ‘borghesia’<strong>nella</strong> quale Brecht sempre identificò il ceto dove la mentalità nazista era nata ed era proliferata.Brecht fondamentamente segue il testo <strong>di</strong> Sofocle, ma le innovazioni sono decisive: innanzitutto èaggiunto un prologo, che è datato Berlino, Aprile1945 (mentre invece per le replica a Greiz, del1951, scrisse un nuovo prologo recitato dall’attore che aveva il ruolo <strong>di</strong> Tiresia, con il quale il
pubblico veniva invitato a cercare dei tratti attuali nel testo antico). Due sorelle escono fuori dalrifugio antiaereo, si chiudono in casa e capiscono che il fratello, in fuga dal fronte, è caduto nellemani delle SS. Cosa devono fare? Uscire e tentare <strong>di</strong> salvare il fratello? L’una (Ismene) ha paura,ma d’altro canto la vicenda resta aperta, perché irrompe un uomo delle SS per chiedere seconoscano il ‘tra<strong>di</strong>tore’, guarda Antigone che ha un coltello in mano, e Ismene si rivolge alpubblico <strong>di</strong>cendo: «Guardai allora mia sorella./Doveva <strong>nella</strong> sua pena mortale/ andare adesso aliberare il fratello?/Poteva non essere ancora morto.» In questo momento <strong>di</strong> sospensione, c’è ilrichiamo <strong>di</strong> Brecht alla responsabilità della scelta in<strong>di</strong>viduale. Non il culto del defunto spingel’azione dell’Antigone berlinese del 1945, ma la possibilità <strong>di</strong> salvarlo ancora, ad ogni costo, anzi, acosto della propria stessa vita. La risposta è lasciata al pubblico, che così è <strong>di</strong>rettamente coinvoltonei fatti.Brecht ritorna, con l’Antigone, dopo l’esilio, alla lingua tedesca; e vi torna attraverso Hölderlin, <strong>di</strong>cui riconosce, come Brecht scrive, alcune espressioni <strong>di</strong>alettali. D’altro canto la <strong>di</strong>fficile,enigmatica talora, traduzione <strong>di</strong> Hölderlin, rappresentava una sfida linguistica che Brecht accolse,supportandola <strong>di</strong> osservazioni critiche sul verso da usare nel dramma, e su un consapevolearcaizzare della lingua. D’altro canto, Brecht stu<strong>di</strong>ava intensamente l’interpretazione marxista della<strong>cultura</strong> tedesca. Poiché la Rivoluzione, alla fine del ‘700, non si era inse<strong>di</strong>ata in Germania; laborghesia, dunque, era degenerata sino alla connivenza con il Nazismo. Queste riflessioniaccompagnano la rielaborazione dell’Antigone, che <strong>di</strong>venta dunque il terreno su cui si esercita iltentativo <strong>di</strong> Brecht <strong>di</strong> ‘capire’ il nazismo. La figura <strong>di</strong> Antigone, che nel Prologo del 1951 è definitada Brecht «l’inflessibilmente giusta», che non ha nulla a che fare con i «confusi» che hanno volutola guerra, viene invece riconosciuta quale ella è, un’esponente della famiglia reale, che ha vissuto,dunque, in una sfera protetta dal potere. Il suo gesto contro il tiranno, la sua ‘resistenza’, è data daun motivo privato, familiare, e per questo non può essere equiparata ai veri resistenti tedeschi, chehanno dovuto agire nell’ombra.La motivazione della trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong>venta in Brecht solo economica: Creonte manda al macello legiovani milizie tebane perché vuole annettere al suo regno le miniere d’argento <strong>di</strong> Argo. Eteocle ePolinice non sono nemici, combattono fianco a fianco <strong>nella</strong> stessa truppa a cui è assegnato ilcompito <strong>di</strong> depredare i sud<strong>di</strong>ti <strong>di</strong> Adrasto. Ma se il primo cade, ‘uno fra molti’, Polinice invece si dàalla fuga, è un <strong>di</strong>sertore: perciò è giustiziato una volta catturato da Creonte. Rispetto a Sofoclecambia ra<strong>di</strong>calmente non solo la leggenda, ma il senso stesso dell’azione <strong>di</strong> Polinice, che in Brecht<strong>di</strong>venta consapevole resistenza al potere violento del nazismo. In Sofocle, Polinice è colui che haattaccato la patria, e Creonte ha ragione a considerarlo ‘nemico’. In Brecht <strong>di</strong>venta un eroe (questatrasformazione è anche l’implicita risposta <strong>di</strong> Brecht all’interpretazione <strong>di</strong> Hegel). Creonteprescrive che non venga sepolto, insieme agli altri, anzi che «squartato venga esposto, ad orrore deisuoi uomini», come gli <strong>di</strong>ce Antigone. Anche i figli del tiranno cadono, in una guerra che è unaguerra <strong>di</strong> rapina. Antigone si contrappone senza nessuna sfumatura al despota, il quale,naturalmente, rappresenta Hitler nel momento dello spasmo del suo potere, mentre la Germania èagonizzante, e lui è ancora preso da deliri <strong>di</strong> onnipotenza: «La pièce merita <strong>di</strong> essere vista – scriveBrecht <strong>nella</strong> prefazione alla rielaborazione del 1948 – perché mette in scena il ruolo della violenza acui ricorre il vertice dello stato nel corso della sua caduta». Lo sfondo è dunque la catastrofetedesca, in cui però il <strong>di</strong>ttatore continua ad impazzare, non rispettando i mucchi <strong>di</strong> cadaveri che haintorno, e continuando a fare piazza pulita <strong>di</strong> chi si oppone al suo ‘potere’. I vecchi del coro sono lecontrofigure degli industriali che hanno sostenuto il nazismo, ma che nel 1945 capiscono anche cheormai si è giunti al tracollo: gli attori sono imbellettati esageratamente <strong>di</strong> bianco, per mostrare«l’inari<strong>di</strong>mento dei volti dovuto all’abitu<strong>di</strong>ne del comando», <strong>di</strong>ce ancora Brecht. Antigone, e ancheTiresia, sono membri della casa reale, che negano adesso al tiranno, che pure hanno appoggiato, illoro sostegno. La rileborazione <strong>di</strong> Brecht è dunque una rielaborazione fortemente ideologica: inquesta luce viene molto rivalutata la figura <strong>di</strong> Tiresia, che in Brecht è l’oppositore politico <strong>di</strong>Creonte, e alla fine abbandona ‘inorri<strong>di</strong>to’ Tebe, contrapponendosi totalmente al Reich nazista. Maanche Antigone, come abbiamo accennato, è accusata <strong>di</strong> connivenza con il potere: «Ma anch’essa
un tempo/mangiò del pane che nell’oscura roccia/veniva cotto. All’ombra delle torri/che celanosventura, esdette a suo agio,/sino a che dalle case <strong>di</strong> Labdaco uscì, mortale/mortale tornò. La manoinsanguinata/ lo <strong>di</strong>vide tra i suoi, e quelli non lo prendono, ma lo strappano/Solo allora apparve/irataall’aperto/e anche nel bene spinta!». Insomma, Antigone non è affatto - come un’interpretazionesemplicistica e <strong>di</strong>ffusa indurrebbe a credere – la resistente antifascista, anzi. E’un’esponente dellaclasse dei padroni, e il comunista Brecht, che nel 1948 si trasferì definitivamente a Berlino est (cioè<strong>nella</strong> parte controllata dall’Unione Sovietica, da cui sarebbe nata da DDR) teneva a dare una letturamarxista della trage<strong>di</strong>a sofoclea. Infatti <strong>nella</strong> prefazione scritta nel 1948, Brecht <strong>di</strong>ce esplicitamente:«La grande figura della resistenza nel dramma antico non rappresenta i combattenti della resistenzatedesca, che a noi devono sembrare i più significativi». Sull’ Antigone <strong>di</strong> Brecht, dunque, grava ilsospetto che sia stata collusa col nazismo. Anche il coro brechtiano rappresenta una massa che a suavolta è compromessa col tiranno, una massa <strong>di</strong> ‘vecchi’, <strong>di</strong> una generazione che aveva partecipato alpotere del terrore, ed anche ai suoi riti. L’ultimo canto corale, quello che si apre con l’evocazione <strong>di</strong>Dioniso, nel quinto stasimo dell’ Antigone sofoclea, che <strong>nella</strong> traduzione/rielaborazione <strong>di</strong>Hölderlin voleva trasmettere una voce primor<strong>di</strong>ale, ‘<strong>di</strong>onisaca’ nel senso originario del termine,<strong>di</strong>venta in Brecht il canto funebre <strong>di</strong> un regime che con il superomismo <strong>di</strong>onisiaco si eraidentificato, e negli ultimi giorni aveva combattuto in preda a frenesia isterica. Nel canto corale dei‘vecchi’ dell’ Antigone <strong>di</strong> Brecht si sente l’eco degli adolescenti della Hitlerjugend che durante gliultimi giorni dell’asse<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Berlino credevano ancora al Führer e alla vittoria finale, e sisacrificavano con un fanatismo (parola che sotto il Nazismo aveva un significato positivo) cheaveva qualcosa <strong>di</strong> ‘sacro’, <strong>di</strong> <strong>di</strong>onisaco. Ecco il coro dei vecchi in Brecht:<strong>Temi</strong>nate la danza!(battendo i cembali)Spirito della gioia, tu che delle acqueamate da Cadmo, sei tutto l’orgogliovieni, se tu desideri vedere ancora una voltala tua città, e affrettati e vieniancor prima che venga notte, perché più tar<strong>di</strong>non esisterà più.Qui invero, <strong>di</strong>o della gioia<strong>nella</strong> città madre, delle baccanti.hai abitato a Tebe, nei pressi del freddo ruscello Ismeno.il fumo delle vittime, che in belle forme è soprale spalle dei tetti, ti ha visto.Delle molte case non il fuoconon il fumo del fuoco e del fumonon l’ombra potrai trovare.Loro che per mille anni, i suoi figlivedemmo stabilirsi sui mari più lontanidomani, oggi già non hannouna pietra dove posare il capo.Sul Cocito, al tuo tempo<strong>di</strong>o della gioia, sedesti con gli amantie <strong>nella</strong> foresta Castalia. Mahai anche visitato la fucina e con il pollicesorridendo hai saggiato l’acutezza delle spade.Spesso inseguisti a Tebe
canti immortalinei vicoli che ancora tripu<strong>di</strong>avano.Ah, i ferri si abbatterono sulla propria genteeppure il braccio è <strong>di</strong>vorato dalla fatica.Ah, la violenza ha bisogno <strong>di</strong> un miracoloe l’indulgenza ha bisogno <strong>di</strong> un po’ <strong>di</strong> saggezza.E adesso ilnemico molto colpito, sta sui nostripalazzi e puntale lance completamente insanguinate intornoalla bocca dalle sette porte;e <strong>di</strong> qui non se ne vaprima <strong>di</strong> aver riempito del nostrosangue le gote.E’ questo l’ultimo canto dei gerarchi nazisti perdenti <strong>nella</strong> Berlino dell’aprile 1945 che brucia. E’l’infrangersi del sogno criminale <strong>di</strong> guerra <strong>di</strong> Hitler. L’opposizione <strong>di</strong> Antigone a Creonte,comunque, resta, ed è senza crepe, anche se più esplicitamente rispetto al modello sofocleol’Antigone <strong>di</strong> Brecht <strong>di</strong>stingue tra il morire per la patria e morire per il tiranno: «Morire per te non èmorire per la patria», <strong>di</strong>ce con risolutezza Antigone nell’aspro confronto con Creonte, che è unconfronto, a posteriori, con la guerra voluta da HitlerAntigone: Sono due cose <strong>di</strong>verse, morire per la patria e morire per te.Creonte: Allora non è guerra?Antigone. Certo, la tua guerra.Creonte: Non per la patria?Antigone: Per una terra straniera. Non ti bastavaregnare sui fratelli <strong>nella</strong> tua propria cittàTebe, amabile, quandosi vive senza paura, sotto gli alberi; dovevitrascinarli <strong>nella</strong> lontana Argo, per regnaresu <strong>di</strong> loro anche lì. E hai reso l’uno il macellaiodella pacifica Argo, ma chi fu inorri<strong>di</strong>tolo esponi adesso squartato, per terrorizzare i tuoi.L’Antigone <strong>di</strong> Brecht, dunque, <strong>di</strong>fende sì gli affetti familiari, ma solo perché significativi anchepoliticamente; l’appoggio al fratello Polinice ha un valore politico più ampio, è stare dalla partedella patria:‘Patria’ non è soloLa terra, non solo la casa. Non dove uno versò il sudorenon la casa, che impotente si oppose al fuoconon dove ha piegato la schiena, non questo chiama ‘patria’.
Qui Antigone esprime una domanda terribilmente d’attualità nel primo dopoguerra: se potesseessere ancora riconosciuta come ‘patria’ la Germania da quei tedeschi che erano andati in esilioperché perseguitati dal regime o in <strong>di</strong>saccordo con esso. Se potevano ancora chiamare patria laGermania gli ebrei tedeschi, che erano stati esclusi dalla società, prima, dalla loro stessa <strong>cultura</strong>, epoi erano stati sistematicamente sterminati. Il nazismo non era stato – vuole <strong>di</strong>re Brecht attraversol’Antigone <strong>di</strong> Sofocle – un fenomeno dovuto alla carisma demoniaco <strong>di</strong> Hitler: era stato unfenomeno storico e politico a costruire il quale avevano contribuito le élites capitaliste ed industrialidella Germania, qui adombrate dal coro dei vecchi.Era possibile superare tutto questo? I vecchi vogliono dare una spiegazione fatalistica <strong>di</strong> quel che èaccaduto, e ad Antigone <strong>di</strong>cono: «terribile è la forza del destino,/non gli sfugge ricchezza, lo spiritodel macello, nessuna torre», ed Antigone risponde: «No, vi prego, non parlate <strong>di</strong> destino./ Lo so.Parlate <strong>di</strong> chi / mi <strong>di</strong>strugge, innocente; a lui /collegate un destino! Non pensate che voi /sieterisparmiati, voi, infelici./ Altri corpi, fatti a pezzi/ vedrete giacere, insepolti, accumulati sugli/insepolti. Voi, che a Creonte la guerra/ su terre straniere trascinaste, per quante/ battaglie gliarridano, l’ultima/ vi ingoierà. Voi, invocate il bottino, ma non vedrete arrivare carri pieni ma/vuoti. Vi compiango, viventi / per quel che vedrete/ quando i miei occhi saranno già pieni <strong>di</strong>polvere! Amata Tebe/ Patria! E foi, fonti <strong>di</strong>rcee/ attorno a Tebe, /dove i carri tirano supebi, o,boschi!Come mi soffoca/ quel che ti deve accadere! Da te sono venuti/ i dusmani/ perciò tu devi<strong>di</strong>venire polvere. Dì/ se qualcuno chiede <strong>di</strong> Antigone, /l’abbiamo vista fuggire <strong>nella</strong> tomba». Inquesto <strong>di</strong>scorso, Antigone si pone come ‘profetessa politica’, perché, come ha scritto Walter Jens,tutte le opposizioni che si trovano nel testo <strong>di</strong> Sofocle, quella fratello/nemico, luce/giorno, deisuperi/inferi, vengono piegate ad una ed una sola opposizione, quella tra dominato e dominatore.La scena con il confronto tra Tiresia e Creonte mostra la ra<strong>di</strong>calità del cambiamento operato daBrecht. Tiresia è in Sofocle una figura integra, un’autorità. Il suo <strong>di</strong>scorso è degno <strong>di</strong> fede eimpressiona anche Creonte, che pure è vittima del suo accecamento. Pur essendo sospettato daCreonte, che sin dall’inizio della trage<strong>di</strong>a vede complotti dappertutto, conserva però tutta la sua<strong>di</strong>gnità sacerdotale ed esprime la sua opinione del tutto incurante delle minacce con le quali Creontereagisce, in un primo momento, alla sua profezia. Tiresia mostra quale sia la follia <strong>di</strong> Creonte e inquale abisso d’errore sia caduto. Se leggiamo così la trage<strong>di</strong>a, Tiresia esprime il punto <strong>di</strong> vistadell’autore, e l’interpretazione hegeliana viene a cadere, perché Creonte non sarebbe messo daSofocle sullo stesso piano <strong>di</strong> Antigone, ma anzi decisamente in<strong>di</strong>cato, attraverso il confronto conTiresia, come un sacrilego.Molto <strong>di</strong>versa è l’interpretazione della figura <strong>di</strong> Tiresia in Brecht. Tiresia è in Brecht un‘<strong>di</strong>pendente’ <strong>di</strong> Creonte, ed è benvenuto sino a che con i suoi oracoli serve gli interessi <strong>di</strong> Creonte.Tiresia – in Brecht – entra in scena mentre sta per cominciare la festa bacchica, e non si rivolge solocontro Creonte, ma contro tutti: «Vittoria/gridano <strong>nella</strong> città/è la città è piena <strong>di</strong> pazzi!» (questoelemento ricorda l’ambientazione dell’ Antigone <strong>di</strong> Hasenclever) «e il cieco segue colui che vede/ma uno più cieco segue il cieco.»Tiresia non è, come in Sofocle, un’istanza superiore, ma fa partedei dominatori, partecipa ai guadagni e alle per<strong>di</strong>te, ed è coinvolto <strong>nella</strong> rovina imminente. Perciòintende la festa indetta da Creonte prima che la guerra sia finita come nebbia ideologica, manovra <strong>di</strong><strong>di</strong>strazione dalla catastrofe (come la propaganza nazista negli ultimi mesi della guerra), e d’altrocanto Creonte irride il suo resoconto del rito sacrificale come una manipolazione: «I tuoi uccelli,vecchio/volano per te appositamente. Lo so. Volavano/anche per me!». Sin dall’inizio, dunque, ilCreonte <strong>di</strong> Brecht non ha fiducia in Tiresia, lo prende in giro, si comporta – è stato scritto – come‘clown’, cerca <strong>di</strong> minarne completamente l’autorità davanti al coro dei vecchi: ma Tiresia riesce asventare i tentativi <strong>di</strong> Creonte <strong>di</strong> scre<strong>di</strong>tarlo, denunciandolo nel punto centrale. La guerra non èaffatto finita vittoriosamente, come Creonte vorrebbe far intendere al popolo, tutt’altro. Interrogatodai vecchi, Creonte deve ammettere: «la guerra/non è ancor alla fine e non va/troppo bene. Quandoor<strong>di</strong>nai la pace/ mancava ancora poco e questo/ a causa del tra<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> Polinice.» Tiresia,insomma, tiene in pugno Creonte, e poiché quello gli contesta l’arte <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>re il futuro, allora silimita ad osservare il presente: «poiché – come <strong>di</strong>ci - non so/ devo allora chiedere. Poiché il
futuro,/come mi <strong>di</strong>ci, non posso guardare/guardo nel presente e nel passato e resto/<strong>nella</strong> mia arte unindovino».Tiresia è dunque un empirico: osserva i fatti, riflette su quello che ascolta, e dà una prognosi basatasull’analisi <strong>di</strong> quel che conosce, e la prognosi non può essere che Tebe è destinata a cadere, perchéle sue risorse sono ormai esaurite, il tiranno è contestato dall’interno, il nemico ha raccolto le sueforze, mentre quelle all’interno sono ormai decimate e deboli. Ed ecco il responso ‘storico’ <strong>di</strong>Tiresia: «La cattiva amministrazione reclama gran<strong>di</strong> uomini/non trova nessuno./La guerra supera sestessa e si rompe le gambe./Rapina viene da rapina e durezza ha bisogno <strong>di</strong> durezza/ il più vuolesempre <strong>di</strong> più e alla fine non arriva a nulla./ Io ho guardato in<strong>di</strong>etro e attorno a me./Voi guardate inavanti e inorri<strong>di</strong>te.». Tiresia, che in Sofocle interpreta i segni, qui invece chiede una risposta aCreonte sulla base <strong>di</strong> quello che ha visto, e che tutti possono vedere, una risposta a domande <strong>di</strong> unarazionalità estrema: «Perché Creonte, figlio <strong>di</strong> Meneceo/ tu sei crudele? Ti rendo semplice larisposta:/non è forse perché per la tua guerra manca l’acciaio?/ che cos’è che hai fatto <strong>di</strong> folle o <strong>di</strong>malvagio/ perché tu debba continuare a compiere ancora qualcosa <strong>di</strong> folle e <strong>di</strong> malvagio?».In Sofocle, Tiresia aveva posto l’accento sulla contaminazione religiosa: «I nostri altari, i focolaritutti sono contaminati, perché il corpo caduto del <strong>di</strong>sgraziato figlio <strong>di</strong> E<strong>di</strong>po è pasto <strong>di</strong> cani e <strong>di</strong>uccelli. Perciò gli dei non accolgono pià sactifici e preghiere, né fiamma <strong>di</strong> cosce, Né uccello farisuonare voci beneauguranti, avendo <strong>di</strong>vorato la carne sanguinante <strong>di</strong> un uomo ucciso.» (trad.Cacciari). Creonte rifiuta l’interpretazione religiosa <strong>di</strong> Tiresia, affermando: «Poiché non temoquesto miasma, non lascerò che si seppellisca. So bene che nessun uomo ha il potere <strong>di</strong> contaminaregli dei.» (vv. 1042-1044). In Brecht, ma già <strong>nella</strong> traduzione <strong>di</strong> Hölderlin, l’importante concetto <strong>di</strong>‘contaminazione’ scompare, perché Brecht tenta <strong>di</strong> spogliare tutta la vicenda <strong>di</strong> connotazionireligiose o sacrali. Hölderlin traduce: «Dio non tocca un uomo, lo so», e Brecht, rielaborandoHölederlin: «Nessun uomo tocca gli dei, lo so». Gli dei sono potenze superiori e irraggiungibili; ilmondo <strong>di</strong>vino è del tutto separato da quello umano, e la trage<strong>di</strong>a si gioca tutta sul piano umano. InBrecht parla un tiranno che non ha <strong>di</strong>o, e in quanto uomo è pericoloso agli altri uomini, perché hasuscitato forze e violenze che sono cresciute a tal punto da essere <strong>di</strong>ventate anche a lui stessoindominabili. Agli dei del mito, si sostituisce il ‘terrore’ tutto umano. La religione allora scomparedel tutto, nell’interpretazione <strong>di</strong> Brecht? No, perché, come abbiamo già detto, è presente nel cultodei morti che Antigone a ogni costo vuole onorare, ma è soprattutto presente nell’obnubilamentodella folla <strong>nella</strong> festa bacchica, che Brecht amplifica rispetto alla menzione in Sofocle: l’uno el’altro aspetto ‘religioso’, che affondano le ra<strong>di</strong>ci <strong>nella</strong> <strong>cultura</strong> popolare greca – secondo Brecht –sono tratti «barbarici».Brecht esclude dunque ra<strong>di</strong>calmente la moira, il destino, dalle vicende umane. Antigone ‘fugge’<strong>nella</strong> tomba perché non vuole piegarsi al potere, e l’appello ad Ismene assume il significato delrichiamo ad una responsabilità civile e soggettiva. Il mondo dei morti, dei milioni <strong>di</strong> morti destinatia restare senza una tomba, nel loro significato <strong>nella</strong> storia in<strong>di</strong>viduale, può forse fare da ponte perricominciare, per ricostruire un mondo che è ormai solo macerie.Questo uso del mito antico per esprimere problematiche contemporanee è, in parte, quello cheBrecht chiamò «razionalizzazione costante» del mito.