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Guido Morpurgo-Tagliabue e l'estetica del Settecento - SIE - Società ...

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che onora la cultura italiana, si pone come una pietra miliare deglistudi sull’estetica <strong>del</strong> <strong>Settecento</strong> e intanto animerà i lavori di questoSeminario. Ma prima d’iniziare, fermo questa linea di ricordi per guadagnarerapidamente qualche altra osservazione più intrinseca.Fra le tante dimensioni in cui eccelse l’opera di <strong>Morpurgo</strong> sarò costrettoa privilegiarne solo una, quella d’altra parte forse più conosciuta,che ne fa un classico ancor oggi frequentato: quella di storico <strong>del</strong>l’esteticacontemporanea. Per apprezzare appieno L’esthétique contemporaine,pubblicato nel 1960, bisogna però fare un passo indietro, al1951, quando uscì il primo rilevante saggio di <strong>Morpurgo</strong> in estetica: Ilconcetto <strong>del</strong>lo stile 5 . È infatti già in quest’opera incoativa che si <strong>del</strong>ineanoalla radice le condizioni formali di quella personalità anomala distudioso che ho chiamata “marziana”.Un libro sulle prime sconcertante, Il concetto <strong>del</strong>lo stile, a cominciaredalla sua tesi di fondo, come è noto, quella di risolvere l’esteticain stilistica, sulla quale non mi posso soffermare; ma libro singolarissimoper numerose altre, impegnative, ragioni. Anzitutto l’impiantostesso <strong>del</strong> volume, diviso in tre parti, di cui la prima, di ben 177 pagine,intitolata “Considerazioni sull’estetica italiana <strong>del</strong>l’ultimo ventennio”.<strong>Morpurgo</strong> cioè fa precedere la presentazione <strong>del</strong>la sua teoriaestetica da una minuziosa disamina storiografica <strong>del</strong>l’orizzonte concettuale<strong>del</strong>l’estetica italiana contemporanea, orizzonte che per altro si distendee si articola nella seconda parte, interagendo con l’intera tradizioneestetologica, lungo un vettore non convenzionale <strong>del</strong>l’avventuraestetica, come si esprimeva l’Autore, che da Aristotele rimonta sinuosamentefino a Croce. Quest’impianto non era affatto scontato; anzinon era questo, nel 1951, il mo<strong>del</strong>lo vigente nella letteratura specialistica.E ne illustrerò fra poco le ragioni. Dirò prima di un suo indiceempirico, squillante, che colpisce ad apertura <strong>del</strong> libro.«Nel trattare una questione di estetica non è possibile prescinderedal pensiero di B. Croce, che domina questi studi da cinquant’anni.Oltre che l’imporlo un dovere di deferenza, ossia l’obbligo di giustificareun punto di vista differente dal suo tale da condurre a conclusionilontane da quelle alle quali egli ci ha abituati, lo richiede soprattuttola necessità di avere un riferimento critico-storico per capire le ragionidi certi atteggiamenti contemporanei. Anche agli occhi di un iconoclastaB. Croce rimane un monumento nazionale, magari ingombrante,ma indispensabile per orientarsi nella città estetica» 6 . Bastaquesto incipit, dicevo, per cogliere la misura <strong>del</strong>l’esordiente studioso.Lascia di stucco, infatti, la scioltezza, vorrei dire la surplace, con laquale il giovane <strong>Morpurgo</strong>, in una stagione nella quale il dibattito estetologicoera ancora sostanzialmente condannato a schierarsi con Crocee contro Croce, prende le distanze da questa “angoscia <strong>del</strong>l’influenza”11

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