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Guido Morpurgo-Tagliabue e l'estetica del Settecento - SIE - Società ...

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Siano qui sufficienti alcuni cenni: il giudizio singolare si sviluppa ingiudizio critico, il quale contiene e proietta, come sue tecniche, i modi<strong>del</strong> giudizio rettorico e <strong>del</strong> giudizio categoriale; a questo livello emergee si esplicita il senso <strong>del</strong> giudizio di gusto come giudizio di valore,come operazione finalizzata: un atto spontaneo e istantaneo, il giudiziosingolare, che è relazione a una questità che colpisce e suscita risposta,si distende in operazioni che mostrano nelle loro pratiche lacoincidenza di soggetto e predicato, che realizzano nella prassi critical’esigenza di universalità incisa nella singolarità. Abbiamo un atto elementare-intenso,l’atto <strong>del</strong> gusto, che è inizio di un ciclo, di un processodinamico: un atto espressivo che procede verso il compimento <strong>del</strong>lasua potenza, che si articola in giudizio-interpretazione, processo che asua volta ritorna e si riflette sull’atto che lo conteneva in nuce, tornacome gusto nell’aderire comprensivo all’oggetto: sviluppo analitico,forse senza termine, di un’operazione intuitiva (immediata e profonda),di una deissi: atto che testimonia un atto, costituzione spontanea einsieme costruzione di un complesso orizzonte di senso 36 .1G. <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong>, Il Gusto nell’estetica <strong>del</strong> <strong>Settecento</strong>, a cura di Luigi Russo eGiuseppe Sertoli, “Aesthetica Preprint: Supplementa”, 11, 2002.2«I saggi sul “concetto di gusto” nell’Italia e nell’Inghilterra <strong>del</strong> <strong>Settecento</strong> muovonodunque da un’istanza teoretica che travalica la semplice ricostruzione storiografica, pur definendosiattraverso di essa perché una problematica teorica si costituisce sempre in documentistorici che come tali devono essere inventariati e analizzati» G. Sertoli, Presentazione,in G. <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong>, Il Gusto nell’estetica <strong>del</strong> <strong>Settecento</strong>, cit., p.9.3G. <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong>, Il concetto di “gusto” nell’Italia <strong>del</strong> <strong>Settecento</strong>, in Il Gusto nell’estetica<strong>del</strong> <strong>Settecento</strong>, cit., p. 63.4Ivi, p. 61.5Ivi, p. 94.6Alison, scrive <strong>Morpurgo</strong> «intenderà la fruizione estetica come “contemplazione di unaserie o catena ininterrotta di idee, [che] rivela uno stato spirituale nel quale le facoltà, mezzoattive e mezzo passive, [...] vagano sempre fra impressioni analoghe, ma allontanandosialquanto dall’oggetto immediato <strong>del</strong>la percezione” [...] Quelle “facoltà mezzo attive e mezzopassive” di cui parla, sostituite alla semplice recettività <strong>del</strong> gusto, si adattano molto beneal pensiero di Pietro Verri <strong>del</strong> 1766», p. 95.7Ivi., p. 98. Scrive <strong>Morpurgo</strong>: «È stato abbandonato [dal Verri] il concetto di gustocome discernimento, discriminazione <strong>del</strong> bello e <strong>del</strong> mediocre: con il che esso trapassava ingiudizio, e postulava un criterio assoluto, attinto in genere dal razionalismo platonico-agostiniano;ciò che contravveniva al metodo empiristico e snaturava il senso originario <strong>del</strong>la nozionestessa <strong>del</strong> gusto. Era questo il pericolo <strong>del</strong>la trattazione di Hume. Ora invece la nozione<strong>del</strong> gusto è fatta coincidere esattamente col concetto di fruizione <strong>del</strong>l’opera d’arte», ibidem.8Ivi., p. 98.9Ivi., p. 99.10Ivi, p. 98.11G. Sertoli, Presentazione, cit., p. 12.12Originariamente in “Rivista di estetica”, 7, 1962, pp. 368-407, ma le mie citazioni seguonol’edizione Russo-Sertoli.13“Il Pensiero”, 6, 1961, pp. 283-99.14“Giornale critico <strong>del</strong>la filosofia italiana”, terza serie, 16, 1962, pp. 437-62.15“Rivista di estetica”, 7, 1962, pp. 19-57.64

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