santuario beata vergine delle grazie - Parrocchia di Stuffione di ...
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SANTUARIO<br />
BEATA VERGINE DELLE GRAZIE<br />
STUFFIONE DI RAVARINO<br />
MODENA<br />
L’avventura del Restauro<br />
A cura <strong>di</strong> Marco Messori
SANTUARIO<br />
BEATA VERGINE DELLE GRAZIE<br />
STUFFIONE DI RAVARINO<br />
MODENA<br />
L’avventura del Restauro<br />
A cura <strong>di</strong> Marco Messori
Questo volume è realizzato<br />
con il contributo economico della<br />
Fondazione Cassa <strong>di</strong> Risparmio <strong>di</strong> Modena.<br />
In<strong>di</strong>ce<br />
Prefazione pag. 05<br />
Introduzione pag. 08<br />
Lineamenti storici pag. 11<br />
Il patrimonio artistico e decorativo pag. 17<br />
L’avventura del restauro pag. 29<br />
Conclusioni pag. 77<br />
L’avventura del Restauro<br />
3
Prefazione<br />
Alcune decine <strong>di</strong> anni fa viaggiando da Modena verso la pianura, per strade “basse”,<br />
senza fretta e con spirito <strong>di</strong> osservazione, si attraversava quella regione che più che<br />
un sito geografi co era uno stato profondo dell’anima.<br />
La pianura ad Est del corso del Panaro era un luogo per me sempre affascinante<br />
perché portava verso un mondo parallelo al mio, ma profondamente <strong>di</strong>verso.<br />
La ” bassa modenese ”, come veniva spesso etichettata da coloro che abitavano “al<br />
<strong>di</strong> là “ della via Emilia, nutriva questo sentimento con i suoi spazi sconfi nati, con<br />
le sue nebbie ovattate, con il suo silenzio che parlava spesso <strong>di</strong> uomini , <strong>di</strong> storie e<br />
<strong>di</strong> avventure minori.<br />
Si aveva quasi l’impressione <strong>di</strong> un mondo a parte dove i gran<strong>di</strong> problemi e le vicissitu<strong>di</strong>ni<br />
degli uomini non potevano arrivare, dove tutto scorreva con un ritmo più<br />
lento.<br />
Si aveva l’idea che qui mancasse il clamore, la confusione non solo fi sica, ma soprattutto<br />
mentale e che le persone che vi abitavano fossero un po’ singolari, più sagge e<br />
meno inclini a seguire le mode e le convenzioni.<br />
Si andava verso Stuffi one, un minuscolo paesino dal nome un po’ buffo; a cui<br />
la mia famiglia, che pur risiedeva da sempre a Modena, era legata da un affetto<br />
particolare.<br />
Mi ritornano alla mente quelle estati assolate negli anni dell’infanzia, le strade rettilinee<br />
che si perdono all’infi nito, il frusciare del vento tra le foglie dei pioppi, il cigolare<br />
monotono della bicicletta che si confondeva con il sottofondo perenne <strong>delle</strong><br />
cicale in quella campagna or<strong>di</strong>nata e quasi meticolosa <strong>di</strong> fi lari e campi coltivati.<br />
Il modo <strong>di</strong> arrivare a Stuffi one non é cambiato in tanti anni .<br />
Le strade sono sempre le stesse e, per chi sa ascoltare, anche il vento che porta gli<br />
odori della campagna non é cambiato.<br />
Stuffi one era il classico “Quattro case e una chiesa ” sperduto nell’immensa “bassa”<br />
dove il sole d’estate e la nebbia d’inverno la facevano da padroni e i cui abitanti<br />
L’avventura del Restauro 5
erano in<strong>di</strong>ssolubilmente legati a quel luogo e tra <strong>di</strong> loro come a volersi <strong>di</strong>fendere<br />
dal loro dolce isolamento.<br />
Già in lontananza si scorgeva la Sagoma del campanile e mi chiedevo come mai una<br />
chiesa così grande e così bella fosse fi nita in un luogo così sperduto.<br />
Ed era proprio così !<br />
Gli abitanti <strong>di</strong> questo minuscolo paesino avevano una chiesa monumentale carica<br />
<strong>di</strong> storia e <strong>di</strong> tesori, e ne erano ben consapevoli. Lo <strong>di</strong>mostravano nelle ricorrenze<br />
e nelle normali celebrazioni liturgiche; lo <strong>di</strong>mostravano con l’affetto per il loro<br />
parroco e per quello che la chiesa rappresentava per la piccola comunità.<br />
Il sagrato, sempre inondato dal sole, era la vera piazza del paese e l’abitazione del<br />
parroco era un riferimento sicuro per tutti.<br />
Ricordo la fresca ombrosità della Canonica e del giar<strong>di</strong>no retrostante, lo scricchiolio<br />
<strong>delle</strong> tavole nel pavimento dello stu<strong>di</strong>o, in quella grande casa che incuteva rispetto<br />
e timore come se fosse prelu<strong>di</strong>o alla maestosità del luogo sacro.<br />
Ricordo la calma pacata <strong>di</strong> mio zio l’Arciprete, l’affettuosa severità <strong>di</strong> nonna Emma<br />
e mi sembra <strong>di</strong> varcare una soglia, verso un mondo che non c’é più.<br />
Anche se la mia vita é stata e continua ad essere altrove, credo <strong>di</strong> appartenere ormai<br />
in<strong>di</strong>ssolubilmente a questo piccolo mondo e ai suoi abitanti che sono tutt’uno con<br />
la loro grande e bella chiesa.<br />
Per questo ho accettato <strong>di</strong> seguirne il restauro perché un poco <strong>di</strong> quel mondo e <strong>di</strong><br />
quelle sensazioni rimanessero ancora vive e presenti, nel tentativo <strong>di</strong> rallentare ulteriormente<br />
quel tempo che scorre uguale dovunque , ma che qui é più lento , é più<br />
silenzioso, più umano e a questo tempo mi sento <strong>di</strong> appartenere.<br />
Voi che non siete <strong>di</strong> queste parti forse non potete capire!<br />
6<br />
L’avventura del Restauro<br />
Marco Messori<br />
Architetto
Introduzione<br />
Con il Natale dell’anno 2005, si é praticamente concluso un percorso iniziato nell’ormai<br />
lontano 1995.<br />
Un percorso che ci ha visti impegnati in un’opera <strong>di</strong> restauro durata <strong>di</strong>eci anni e che<br />
inizialmente sembrava impossibile da compiere.<br />
Oggi possiamo <strong>di</strong>re con orgoglio che, dopo tanto lavoro, abbiamo <strong>di</strong> fronte agli occhi<br />
un e<strong>di</strong>fi cio rinato nel suo aspetto e fi nalmente riconsegnato al suo antico splendore,<br />
in grado <strong>di</strong> restituirci emozioni attraverso i suoi colori, le sue decorazioni e la<br />
bellezza dei suoi arre<strong>di</strong>.<br />
Non é necessario ricordare cosa rappresenta la chiesa <strong>di</strong> Stuffi one per i suoi parrocchiani,<br />
qualcosa <strong>di</strong> più <strong>di</strong> un bellissimo e<strong>di</strong>fi cio settecentesco; é un simbolo<br />
e la memoria storica <strong>di</strong> una piccola comunità, un punto <strong>di</strong> riferimento per tutti,<br />
credenti e non credenti.<br />
E’ stata proprio questa singolare realtà a darci la forza e la caparbietà per portare a<br />
termine il lavoro con la consapevolezza che tutti amavano questo luogo e che tutti<br />
lo sentivano come proprio.<br />
Quando cominciammo era da poco scomparso il compianto Don Ugo, amato da<br />
tutti per la sua bontà d’animo e custode rigoroso del patrimonio artistico-religioso<br />
per i quasi 50 anni del suo mandato apostolare. Fu proprio da un suo piccolo lascito<br />
testamentario che ebbe inizio questo percorso.<br />
A volte non ci si rende conto <strong>di</strong> quanto sia lungo e faticoso fare le cose seriamente<br />
e con cognizione. Sarebbe stato più semplice eseguire qualche piccolo lavoretto <strong>di</strong><br />
tamponamento e probabilmente, dopo due o tre anni e spendendo cinque volte <strong>di</strong><br />
meno, avremmo ottenuto il plauso dei profani ed i complimenti <strong>di</strong> coloro ai quali<br />
non interessa nulla della nostra chiesa. Avremmo però buttato via i nostri sol<strong>di</strong> ed<br />
il nostro lavoro perché, nel giro <strong>di</strong> poco tempo, tutto sarebbe ritornato come prima<br />
ed anche peggio.<br />
Quello invece che si voleva fare era una cosa ben <strong>di</strong>versa ed assai più seria; era co-<br />
struire sul sicuro, come se quell’e<strong>di</strong>fi cio fosse stato casa nostra, perché, in fi n dei<br />
conti, é casa nostra, <strong>di</strong> tutti noi.<br />
E’ stato un percorso emozionante in ogni sua parte; abbiamo riportato alla luce<br />
paramenti e decorazioni ormai <strong>di</strong>menticate da centinaia <strong>di</strong> anni e ripulito dalle<br />
incrostazioni del tempo fregi ed elementi architettonici che donano pregio assoluto<br />
a questo monumento <strong>di</strong> cui tutti dobbiamo essere fi eri e consapevoli.<br />
E’ vero anche però che la spesa totale ha dell’incre<strong>di</strong>bile, non tanto per la cifra in<br />
se stessa che, in rapporto a quanto fatto non é per nulla ingente, ma in rapporto a<br />
quanto avevamo a <strong>di</strong>sposizione in quel lontano 1995.<br />
Il piccolo lascito, messo a <strong>di</strong>sposizione da Don Ugo Gradellini per il restauro della<br />
chiesa, sembra essersi moltiplicato come i pani ed i pesci <strong>di</strong> evangelica memoria,<br />
fi no a raggiungere l’importo che nessuno, allora, si sarebbe immaginato se non<br />
come dono miracoloso della B.V. <strong>delle</strong> Grazie.<br />
Attraverso la fede, con l’impegno e la de<strong>di</strong>zione dei Parroci e del Comitato <strong>Parrocchia</strong>le,<br />
con le raccolte da lasciti testamentari, fi nanziamenti Pubblici e <strong>di</strong> Enti,<br />
attraverso i contributi Diocesani, <strong>di</strong> Banche, Fondazioni ed Associazioni ed attraverso<br />
le donazioni <strong>di</strong> singoli citta<strong>di</strong>ni, si é giunti a raccogliere i fon<strong>di</strong> necessari ed<br />
a terminare l’opera.<br />
Ringraziamo tutti <strong>di</strong> cuore per quanto é stato donato e realizzato.<br />
La Beata Vergine <strong>delle</strong> Grazie <strong>di</strong> Stuffi one non mancherà <strong>di</strong> ricompensare tutti per<br />
il generoso contributo, passato, presente e futuro, in suo favore e per il suo prezioso<br />
Santuario.<br />
Don Alberto Belloni<br />
Parroco<br />
Il Comitato <strong>Parrocchia</strong>le<br />
Barbieri Rino, Bergonzini Mirella, Catellani Luca, Curati Mario, Pedrazzi Uber.<br />
8 L’avventura del Restauro<br />
L’avventura del Restauro 9
Lineamenti storici<br />
Per inquadrare, dal punto <strong>di</strong> vista storico, le molteplici peculiarità del luogo e dei<br />
protagonisti che lo hanno reso vivo, sarebbe necessaria una ricerca più approfon<strong>di</strong>ta<br />
<strong>di</strong> quella intrapresa per l’occasione ed in futuro ci riserviamo <strong>di</strong> svilupparla adeguatamente.<br />
Per il momento ci si é limitati alla consultazione degli archivi <strong>Parrocchia</strong>li dove<br />
tuttavia si trovano alcuni documenti che tracciano, senza alcuna pretesa d’esaustività<br />
storiografi ca ed in maniera frammentaria e <strong>di</strong>scontinua, un profi lo interessante<br />
del luogo e <strong>di</strong> alcune vicende salienti.<br />
In particolare un resoconto completo <strong>di</strong> una ricerca effettuata nell’anno 1923 dal<br />
Cav. Geminiano Varini, pubblicata dalla Pontifi cia Tipografi a Arcivescovile <strong>di</strong> Modena,<br />
in occasione “del III° centenario della traslazione della Miracolosa Immagine<br />
<strong>di</strong> Maria SS. Delle Grazie nella Chiesa <strong>Parrocchia</strong>le <strong>di</strong> Stuffi one”.<br />
Riportiamo integralmente, qui <strong>di</strong> seguito, alcuni brani tratti da questo documento<br />
come utile base <strong>di</strong> partenza per una ricerca più approfon<strong>di</strong>ta sugli argomenti trattati.<br />
Il nome<br />
Stuffi one –...le prime memorie si trovano nel 1333 in una enfi -<br />
teusi <strong>di</strong> terreni.... posti in loco qui <strong>di</strong>citur Stufi onus Nigri Zandellorum<br />
... chiamato Muzza, Stufi onis sive la Muzza...Di questo<br />
nome <strong>di</strong> Muzza null’altro é rimasto che quello della strada <strong>di</strong><br />
confi ne col bolognese.<br />
Però in altra carta del 1271 lo troviamo pure e questa memoria<br />
sarebbe ancor più antica, dove certo Geminiano Zandelli e<br />
Ar<strong>di</strong>gerio...Vescovelli, per una compraven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> terreno... Dal<br />
cognome del primo cioè Zandelli, il nome <strong>di</strong> Stufi onum Zandellorum.<br />
Nell’archivio parrocchiale, ed anche per tra<strong>di</strong>zione popolare, si<br />
crede che il nome <strong>di</strong> Stuffi one sia venuto da questo fatto, allor-<br />
L’avventura del Restauro 11
Un pò <strong>di</strong><br />
storia<br />
quando il Panaro versava le sue acque in questa plaga, prima che<br />
fosse immesso nel Naviglio, allagando in gran parte queste ubertose<br />
pianure, e le strade d’allora, per ciò, erano poco praticabili,<br />
sopra un alto palo era stato posto un grosso manipolo <strong>di</strong> paglia<br />
(uno stuffi one) perché i viaggiatori si potessero meglio orizzontare<br />
e questo segnale essendo rimasto lungamente, e forse rinnovato <strong>di</strong><br />
tanto in tanto, abbia dato il nome a questa località, cioè dove era<br />
questo stuffi one questo segnale, come Albareto dei molti alberi<br />
che aveva, e che ha, Saliceta dai boschi <strong>di</strong> salici, ecc.<br />
Nella Corografi a Ricci del 1788 a pag. 238, scrive “Stuffi one,<br />
Comune del Marchesato <strong>di</strong> detto nome, Feudo Rangoni Terzi,<br />
sotto il Ducato e l’Archivio <strong>di</strong> Modena e la Diocesi <strong>di</strong> Nonantola.<br />
Ha la propria adunanza <strong>di</strong> regenti (Consiglieri) e una <strong>Parrocchia</strong>le<br />
col titolo <strong>di</strong> M.V. <strong>delle</strong> Grazie. Questa Villa fu anticamente<br />
detta Castelcresente, da un antico Castello che esisteva<br />
<strong>di</strong> cui si veggono ancora le vestigia. Con tale nome non trovasi<br />
però <strong>di</strong>stinta che verso la metà del decimoterzo secolo in Curia<br />
Castri Crescenti “.<br />
Questo Castello, del quale ora non rimangono che le vestigia,<br />
...fu or<strong>di</strong>nato dall’Abbate Giovanni ai 23 <strong>di</strong> febbraio del 1123, e<br />
fu costrutto presso il Panaro, prima che fosse immesso nel Naviglio<br />
presso Bomporto e vi girava a levante, perché quegli abitanti<br />
vivessero tranquilli e sicuri. Di questo Castello si ha opinione<br />
che nel 1200 si chiamasse anche Castello Aripale, oppure che<br />
era un Castello a lui vicino. Credesi <strong>di</strong>strutto nel 1213.<br />
In Castelcrescente vi erano due chiese – S. Giustina e S. Biagio;<br />
restò sotto gli Abbati <strong>di</strong> Nonantola sino al 1261 poi passò al<br />
Comune <strong>di</strong> Modena. Nel 1333 Castelcresente passò al celebre<br />
Giovanni re <strong>di</strong> Boemia che lo regalò poi a certo Pietro della<br />
Rocca Modenese, suo me<strong>di</strong>co, il quale a sua volta, poco dopo,<br />
cedette alla nobilissima famiglia Rangona...<br />
Esisteva in questa <strong>Parrocchia</strong> un convento con relativa chiesa e campanile,<br />
che chiamavasi Abrenunzio, e così chiamasi ancora la località<br />
dove esisteva. Se ne hanno menzione sino dal 1039. Vi erano prima i<br />
frati Minori conventuali; poi i Minori riformati, che abbandonarono<br />
il convento nel 1811, per la famosa soppressione <strong>di</strong> Napoleone I...<br />
La Chiesa<br />
La Madonna<br />
Colla <strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> Castel Crescente andarono anche <strong>di</strong>strutte<br />
le due Chiese che ivi esistevano <strong>di</strong> S. Giustina e <strong>di</strong> S. Biagio, ed<br />
allora quegli abitanti ebbero per loro <strong>Parrocchia</strong> Ravarino, ma<br />
per la troppa <strong>di</strong>stanza, in ispecie d’inverno, dal Conte Guido<br />
Rangoni fu fatto un Oratorio detto <strong>di</strong> S. Maria <strong>delle</strong> Grazie ,e<br />
dal Car<strong>di</strong>nale Giuliano Cesarini ottenne, ai 6 <strong>di</strong> Maggio del<br />
1509, che fosse eretto in <strong>Parrocchia</strong>, coi due benefi ci <strong>di</strong> S. Bartolomeo<br />
<strong>di</strong> Calanchi che era in Stuffi one, e quello <strong>di</strong> S. Clau<strong>di</strong>o<br />
a Nonantola, riservandosi il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> patronato e della presentazione<br />
del Parroco. Li due sopranominati benefi ci furono poi<br />
concessi, nell’anno 1567, al Seminario <strong>di</strong> Nonantola (così il Tiraboschi,<br />
Diz. Top.,Tomo II a pag. 257 e 258).<br />
Nel 1509 essendo venuto a Nonantola il suddetto Car<strong>di</strong>nale, il<br />
Conte Guido Rangoni, il giorno 15 Ottobre gli presentò il primo<br />
parroco nella persona del M.R. Don Guglielmo Campana<br />
Sacerdote Modenese. Poco dopo lo jus patronato, insieme coi<br />
beni, passarono alla famiglia Bentivoglio, perché l’unica fi glia,<br />
del Conte Guido Rangoni, per nome Elena, aveva sposato un<br />
Bentivoglio, e così stettero le cose sino al 1640, nel qual anno la<br />
Marchesa Antonella Bevilacqua Rangona, madre dei Marchesi<br />
Iacopino e Giovanni, ricomprò il palazzo e i beni <strong>di</strong> Stuffi one,<br />
assieme allo Jus patronato <strong>di</strong> questa Chiesa...<br />
La nobilissima Casa Rangoni, tenne lo Jus patronato, <strong>di</strong> questa<br />
Chiesa, sino all’anno 1880, nel qual anno l’Ill.mo Signor Marchese<br />
Lodovico Rangoni Terzi, non avendo fatti certi lavori urgenti,<br />
alla Chiesa, vi perdette perciò ogni <strong>di</strong>ritto, come consta<br />
dall’archivio <strong>di</strong> questa <strong>Parrocchia</strong>. – Ora questa Chiesa é proprietà<br />
Comunale.<br />
Dal Tomo secondo del Dizionario geografi co del signor Bronckner,<br />
stampato nel 1761in Venezia, a pag. 72 trovo: “ Monserrato<br />
il cui nome geografi co scientifi co é Mons – serratus, alto monte<br />
<strong>di</strong> Spagna nella Catalogna, celebre a cagione <strong>di</strong> un Santuario<br />
della B.V., uno dei principali pellegrinaggi dell’Europa...<br />
Sopra questo monte fu fondato un grande Monastero, dove S.Ignazio<br />
<strong>di</strong> Lojola, nel 1600, si ritirò coi suoi dopo la sua conversione...<br />
Nel Tomo II dello storico modenese Vedriani a pag. 165 si legge:<br />
12 L’avventura del Restauro<br />
L’avventura del Restauro 13
14<br />
“Entrando poi l’anno 1623, si tornò il nostro Vescovo (Pellegrino<br />
Bertacchi) dall’Ambascieria <strong>di</strong> Spagna, ed essendosi compiaciuta<br />
la gran Madre <strong>di</strong> Dio d’operare miracoli e <strong>grazie</strong>, in una sua<br />
<strong>di</strong>vota immagine posta nella Chiesa della Contea <strong>di</strong> Stuffi one,<br />
cominciò il concorso <strong>di</strong> popoli a ricorrere a quella, conforme il<br />
bisogno loro”. Era questa venerabile Immagine affi sa ad una rovere<br />
piantata nella carrata della signora Diamante Caran<strong>di</strong>ni, in<br />
un loco detto la Muzza, quando cominciò Id<strong>di</strong>o a glorifi care in<br />
essa la sua Santissima Madre.<br />
V’é fama che le prime <strong>grazie</strong> fatte per essa fossero un cieco illuminato,<br />
ed uno storpio raddrizzato; onde n’avvenne, che gran<br />
popolo concorresse a riverirla, e perciò fu determinato trasferirla<br />
nella Chiesa <strong>Parrocchia</strong>le, come fu fatto solennemente alli 15<br />
Aprile 1623 dal Signor Don Vincenzo Muzzarelli... Qui poi nella<br />
Chiesa proseguì a fare <strong>delle</strong> <strong>grazie</strong> in gran copia, e così <strong>di</strong> seguito,<br />
sino a 284 miracoli, come si racconta nel libro già citato...<br />
L’avventura del Restauro<br />
Foto storica della Chiesa <strong>di</strong> Stuffi one
Interno del Santuario, vista complessiva<br />
Il patrimonio artistico<br />
L’impianto architettonico é a pianta rettangolare<br />
e si sviluppa su una navata<br />
centrale <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni terminante<br />
nella zona presbiteriale ed in un coro<br />
semicircolare.<br />
Ai lati opposti della navata, si aprono otto<br />
archi laterali, sei più gran<strong>di</strong> e due più<br />
piccoli. I sei maggiori accolgono ancone<br />
e altari <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa foggia e <strong>di</strong>mensione,<br />
mentre nei due minori trovano posto il<br />
battistero e una piccola cappella.<br />
La zona presbiteriale, che accoglie il grande<br />
altare maggiore, posto in posizione<br />
centrale e sopraelevata, é <strong>di</strong>visa dalla navata<br />
principale, da un ribassamento della<br />
volta che prosegue poi nel catino absidale<br />
e da una balaustra nella parte bassa.<br />
Un imponente cornicione, arricchito con<br />
svariate modanature e decorazioni, percorre<br />
tutto il perimetro interno e <strong>di</strong>vide il<br />
paramento verticale dalla volta. Tale manufatto,<br />
molto ricco e voluminoso, é proprio<br />
dell’impianto originario e sormonta,<br />
con grande proporzione compositiva, i capitelli<br />
<strong>delle</strong> colonne, gli archi ed i cartigli<br />
degli altari laterali.<br />
L’impianto pittorico decorativo originario<br />
é settecentesco e ne rimane traccia in più<br />
parti, ma soprattutto nella volta, molto<br />
articolata con vele e costole decorate.<br />
Su quest’ultima sia nella zona centrale<br />
che sopra all’ altar maggiore, sono <strong>di</strong>pinti<br />
medaglioni raffi guranti angeli in adorazione.<br />
Il catino absidale, <strong>di</strong>pinto agli inizi<br />
del ’900, in occasione <strong>di</strong> uno dei tanti<br />
“abbellimenti” della chiesa, raffi gura la<br />
Vergine con angeli e nuvole.<br />
Di non eccelsa fattura e <strong>di</strong> artista ignoto,<br />
presenta però una buona composizione<br />
volumetrica e s’inserisce perfettamente<br />
nel contesto.<br />
Nella zona absidale notevole importanza<br />
riveste il tempietto reliquiario.<br />
Si tratta <strong>di</strong> un pregevole esempio <strong>di</strong><br />
scagliola Carpigiana del ‘700 in cui le<br />
quattro colonne, sorrette da mensole decorate,<br />
e l’imponente architrave, fanno da<br />
cornice all’apertura, con arco a tutto sesto,<br />
del reliquiario vero e proprio.<br />
Internamente tale area, raggiungibile da<br />
due scalette laterali curvilinee, é piuttosto<br />
spoglia se si esclude la presenza <strong>di</strong> una<br />
piccola ancona in marmo su cui é posta,<br />
in una nicchia, la tra<strong>di</strong>zionale immagine<br />
16 L’avventura del Restauro<br />
L’avventura del Restauro 17
Sempre nella zona<br />
absidale, ai lati del<br />
tempio reliquiario, si<br />
trovano due ceri votivi<br />
<strong>di</strong> notevoli <strong>di</strong>mensioni.<br />
Di manifattura<br />
bolognese e risalenti<br />
alla seconda metà del’<br />
700, sono fi nemente<br />
decorati con vivace<br />
policromia secondo<br />
un <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> rabeschi<br />
e simboli religiosi<br />
e poggiano su<br />
basamento ligneo, intagliato,<br />
policromo, a<br />
mensole scolpite.<br />
Sotto a questi due<br />
elementi troviamo il<br />
coro in legno risalente<br />
ai primi del’ 900<br />
che percorre tutto il<br />
perimetro absidale.<br />
Volta della navata principale,<br />
XVIII secolo<br />
Poggiato su pedana<br />
ed eseguito quasi interamente<br />
in legno <strong>di</strong><br />
noce, si compone <strong>di</strong><br />
scanni laterali a panca<br />
più un trono centrale<br />
intagliato ed intarsiato.<br />
In questa zona ed ai lati<br />
dell’altare, la decorazione <strong>delle</strong> pareti é<br />
novecentesca a “gelosia” secondo un motivo<br />
ricorrente in quel periodo mentre, su<br />
tutte le lesene <strong>delle</strong> colonne, le decorazioni<br />
sono databili alla seconda metà dell’<br />
800, chiaramente ispirate ai decori settecenteschi<br />
della volta, ma <strong>di</strong> qualità molto<br />
della Vergine del Monserrato.<br />
Si tratta <strong>di</strong> una Xilografi a da matrice<br />
lignea, impressa su carta con parti<br />
acquerellate <strong>di</strong> chiara esecuzione nor<strong>di</strong>ca<br />
o tedesca, attribuibile alla fi ne del quattrocento<br />
ed all’inizio del XVI secolo e<br />
legata tra<strong>di</strong>zionalmente a questo Santuario<br />
dal celebre Santuario Spagnolo.<br />
Volta della navata principale,<br />
XVIII secolo<br />
Tempietto Reliquiario; scagliola carpigiana XVIII secolo<br />
18 L’avventura del Restauro<br />
L’avventura del Restauro 19
Madonna del Monserrato;<br />
xilografi a a matrice lignea impressa su carta,<br />
<strong>di</strong> esecuzione nor<strong>di</strong>ca della fi ne del ‘400<br />
inferiore.<br />
Sul lato opposto, sopra al portale d’ingresso,<br />
troneggia un pregevole organo<br />
della metà del XVII secolo <strong>di</strong> manifattura<br />
bolognese attribuito ad Antonio Colonna<br />
(1647).<br />
Restaurato da Agostino Traeri verso la<br />
metà del XVIII secolo, fu ampliato nel<br />
1872 da Francesco Battaglini.<br />
E’ inserito in una grande cassa<br />
Cero Votivo;<br />
manifattura bolognese,<br />
seconda metà del XVIII secolo<br />
architettonica in legno intagliato con<br />
fregi <strong>di</strong>pinti in bassorilievo che il recente<br />
restauro ha riportato al proprio antico<br />
splendore rivelando colorazioni sui toni<br />
azzurri e grigi con parti in ocra. Di effetto<br />
grandemente scenografi co, tale gruppo<br />
architettonico poggia su impiantito pensile<br />
a tribuna lignea con balaustra dal fronte<br />
mosso e bombato, <strong>di</strong>pinto in chiaroscuro<br />
con festoni e riquadri architettonici.<br />
Sul lato sinistro della navata nei pressi<br />
dell’entrata troviamo il battistero a pianta<br />
quadrangolare con volta a cupola al<br />
centro del quale campeggia la bella vasca<br />
<strong>di</strong> marmo rosso <strong>di</strong> Verona.<br />
Si tratta <strong>di</strong> vasca monolitica <strong>di</strong> forma<br />
ottagonale, scanalata nel bordo superiore,<br />
appoggiata su un’esile colonnetta,<br />
pure ottagonale; manufatto attribuibile<br />
a maestranze Veronesi <strong>di</strong> ispirazione sei-<br />
Volta della navata principale,<br />
XVIII secolo<br />
Coro ligneo; primi del’900<br />
centesca, ma databile alla prima metà del<br />
XVIII secolo.<br />
Sul lato destro invece un’altro piccolo<br />
arco analogo a quello del battistero, ospita<br />
la cappella <strong>di</strong> S. Filomena <strong>di</strong> ispirazione<br />
ottocentesca con altare in scagliola e<br />
decorazioni fl oreali a tinte tenui.<br />
Degli altri sei gran<strong>di</strong> archi che si aprono<br />
a destra e sinistra della navata centrale,<br />
cinque ospitano altari sormontati da pale<br />
20 L’avventura del Restauro<br />
L’avventura del Restauro 21
Organo Antonio Colonna (1647), ristrutturato da Agostino Traeri alla metà del XVIII secolo<br />
<strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni ed uno accoglie un<br />
crocifi sso in legno intagliato. Tutte sono<br />
contornate da ancone <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa fattura in<br />
scagliola o marmo risalenti alla metà del<br />
XVIII secolo e <strong>di</strong> manifattura Modenese.<br />
Sul lato sinistro, dopo il battistero, troviamo<br />
la cappella<br />
del Cristo Redentore<br />
con<br />
ancona in<br />
scagliola<br />
policroma a<br />
cornice profonda<br />
e statua <strong>di</strong><br />
buona fattura<br />
intagliata in legno<br />
<strong>di</strong> cipresso<br />
da artista ignoto,<br />
databile<br />
alla prima<br />
metà del’ 700.<br />
Il recente restauro<br />
ha liberato<br />
il fondale<br />
da aggiunte<br />
improprie ed<br />
ha messo in<br />
risalto parte<br />
<strong>di</strong> un ornato<br />
decorativo settecentesco<br />
dai<br />
delicati toni azzurri.<br />
Di seguito sul lato sinistro, nella cappella<br />
de<strong>di</strong>cata a S. Lucia, troviamo un’immagine<br />
de<strong>di</strong>cata alla Madonna del Monserrato,<br />
incastonata, con una cornice in le-<br />
Battistero con vasca monolitica<br />
in marmo rosso <strong>di</strong> Verona,<br />
prima metà del XVIII secolo<br />
gno intarsiato e dorato, in una pala più<br />
ampia che rappresenta Angeli e Santi.<br />
Di scuola Ferrarese della fi ne del’ 500,<br />
é un’opera attribuita a Domenico Monio<br />
(Ferrara 1550-1602) che risente del tardo<br />
manierismo cinquecentesco proteso verso<br />
l’area Veneta.<br />
L’ancona,<br />
in marmi<br />
policromi, ha<br />
paraste poco<br />
pronunciate<br />
con capitelli<br />
ionici che<br />
reggono una<br />
trabeazione<br />
orizzontale<br />
sormontata da<br />
timpani spezzati.Nell’ultimo<br />
altare sul<br />
lato sinistro,<br />
nella<br />
cappelletta<br />
omonima,<br />
troviamo la<br />
Madonna del<br />
Rosario con i<br />
SS. Domenico<br />
e Caterina<br />
databile alla<br />
seconda metà XVII secolo per opera<br />
<strong>di</strong> un ignoto pittore Modenese. Anche<br />
in questo caso l’ancona in scagliole<br />
policrome ad imitazione <strong>di</strong> marmi con<br />
architrave orizzontale e timpani spezzati,<br />
22 L’avventura del Restauro<br />
L’avventura del Restauro 23
Cappella <strong>di</strong> S.Filomena<br />
<strong>di</strong> impostazione ottocentesca<br />
Cappella <strong>di</strong> S. Lucia; pala ferrarese della fi ne del<br />
‘500, attribuita a Domenico Monio<br />
Cappella del Cristo Redentore; statua in legno <strong>di</strong><br />
cipresso, prima metà del XVIII secolo<br />
Cappella della Madonna del Rosario; pala <strong>di</strong> ignoto<br />
pittore modenese, seconda metà del XVIII secolo<br />
s’inserisce armoniosamente nell’insieme e<br />
testimonia l’alto grado creativo dell’artigianato<br />
Modenese del XVIII Secolo.<br />
Sul lato destro, dall’entrata, troviamo<br />
l’altare de<strong>di</strong>cato a S. Antonio che ospita<br />
una seconda pala de<strong>di</strong>cata alla Madonna<br />
del Monserrato.<br />
L’ancona ha una struttura monumentale,<br />
poco aggettante, eseguita in scagliola<br />
policroma ad imitazione <strong>di</strong> marmi, con<br />
paraste corinzie che reggono l’architrave<br />
a centina ribassata, con ornati <strong>di</strong> festoni e<br />
volute in bassorilievo.<br />
La pala, era stata attribuita tra<strong>di</strong>zionalmente<br />
a Guido Reni, ma il recente restauro,<br />
ripristinando la smagliante gamma<br />
coloristica, ha permesso <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare<br />
l’autore nel pesarese Simone Cantarini<br />
(Pesaro 1612 – 1648 ), con una data <strong>di</strong><br />
esecuzione del 1637 come offerta votiva<br />
del Senatore Girolamo Bolognini per la<br />
guarigione del fi glio Francesco, entrambi<br />
rappresentati nel <strong>di</strong>pinto.<br />
Di seguito, sempre sul lato destro, troviamo<br />
la cappella <strong>di</strong> S. Paolo Apostolo e<br />
S.Bartolomeo con pala <strong>di</strong> ignoto pittore<br />
Bolognese raffi gurante la Madonna con il<br />
Bambino in braccio ed in primo piano i<br />
Santi Pietro e Paolo.<br />
Di buona fattura e databile attorno alla<br />
metà del XVII Secolo, interpreta in modo<br />
robusto e personale i canoni consueti del<br />
perfezionismo Reniano. L’ancona a cornice<br />
barocca, in scagliola <strong>di</strong>pinta, ha rivelato,<br />
nel recente restauro, una gamma coloristica<br />
inaspettata dai toni azzurri e ocra.<br />
A S. Giuseppe é de<strong>di</strong>cato l’ultimo altare<br />
sul lato destro con una pala <strong>di</strong> grande pregio<br />
della prima metà del ‘700 <strong>di</strong> Giuseppe<br />
Maria Crespi (Bologna 1665 – 1749)<br />
raffi gurante il transito <strong>di</strong> S.Giuseppe.<br />
Si tratta <strong>di</strong> un pezzo d’eccezionale bellezza,<br />
dove brani d’intensa drammaticità si<br />
accompagnano a particolari d’imme<strong>di</strong>ato<br />
realismo e <strong>di</strong> perfezione tecnica.<br />
Anche l’ancona é particolarmente ricca<br />
ed articolata in decise scelte barocche con<br />
evidenti intenti decorativi.<br />
E’ eseguita in bassorilievo ad imitazione<br />
<strong>di</strong> marmi colorati, con motivo <strong>di</strong> volute<br />
reggenti la trabeazione, sul cui timpano<br />
sono posti cherubini e puttini a tutto<br />
tondo.<br />
Alquanto interessanti sono anche le 14<br />
rappresentazioni della Via Crucis, eseguite<br />
a bassorilievo con alcune fi gurine a<br />
tutto tondo, in terracotta <strong>di</strong>pinta a colori<br />
molto vivaci e contrastanti.<br />
Inserite in nicchie ed inquadrate da ornati<br />
in stucco, furono eseguite nel 1852 da<br />
un artigiano <strong>di</strong> S.Agata bolognese, certo<br />
Raffaello Remon<strong>di</strong>, e pur essendo <strong>di</strong> una<br />
particolare freschezza popolare, si inseriscono<br />
nel lungo solco della tra<strong>di</strong>zione<br />
plastica bolognese.<br />
Dipinto nella prima metà del XVIII Secolo<br />
da ignoto pittore Bolognese, é pure<br />
una grande pala che non ha trovato collocazione<br />
“fi ssa” all’interno della chiesa, ma<br />
che appartiene comunque al patrimonio<br />
artistico <strong>di</strong> quest’ultima.<br />
Attualmente e tra<strong>di</strong>zionalmente viene<br />
posta sul lato sinistro dell’altare de<strong>di</strong>cato<br />
a S. Antonio e rappresenta la Madonna<br />
24 L’avventura del Restauro<br />
L’avventura del Restauro 25
Cappella <strong>di</strong> S.Antonio; pala attribuita a Simone<br />
Cantarini, <strong>di</strong>pinta nel 1637<br />
Cappella <strong>di</strong> S.Giuseppe con pala <strong>di</strong> Giuseppe<br />
Maria Crespi della prima metà del’700<br />
Cappella <strong>di</strong> S.Paolo Apostolo; pala d’ignoto pittore<br />
bolognese della metà del XVIII secolo<br />
Pala <strong>di</strong> ignoto pittore bolognese della<br />
prima metà del XVIII secolo<br />
in gloria circondata da Cherubini e Santi.<br />
Sebbene abbisogni <strong>di</strong> un intervento <strong>di</strong><br />
restauro e pulitura si tratta comunque <strong>di</strong><br />
un <strong>di</strong>pinto lieve e delicato come molta<br />
produzione Bolognese settecentesca.<br />
Assieme a questi elementi sommariamente<br />
descritti il patrimonio artistico<br />
Via Crucis; stazione in terracotta policroma<br />
(1852) S.Agata Bolognese<br />
della chiesa <strong>di</strong> Stuffi one conta moltissimi<br />
altri pezzi minori quali quadri,<br />
suppellettili ed arre<strong>di</strong> sacri, a cui non<br />
possiamo, in questa sede, dare adeguata<br />
rilevanza, per ragioni <strong>di</strong> spazio, ma che<br />
contribuiscono a rendere unico questo<br />
luogo.<br />
26 L’avventura del Restauro<br />
L’avventura del Restauro 27
L’avventura del restauro<br />
Il restauro della chiesa <strong>di</strong> Stuffi one é durato<br />
<strong>di</strong>eci anni ed é anche per questo che<br />
la parola giusta per descriverlo non può<br />
essere che “avventura” non tanto perché<br />
sia stato avventuroso il restauro in se, ma<br />
perché se l’etimologia della parola signifi -<br />
ca “intraprendere un percorso che non sai<br />
dove e quando fi nirà”, credo che questo sia<br />
stato il vero spirito con cui iniziammo nel<br />
1995.<br />
Era da poco deceduto il vecchio Parroco,<br />
Don Ugo Gradellini che era al suo posto<br />
dal dopoguerra, ed il complesso era<br />
irrime<strong>di</strong>abilmente abbandonato a se stesso<br />
non essendo stato destinato un sostituto<br />
fi sso per mancanza <strong>di</strong> sacerdoti. La <strong>Parrocchia</strong><br />
era stata aggregata a quella <strong>di</strong> Ravarino<br />
e il nuovo Parroco, Don Aldo Pellacani,<br />
si ritrovò a gestire una comunità piuttosto<br />
vivace e per niente rassegnata ad essere abbandonata<br />
a se stessa.<br />
Il Comitato <strong>Parrocchia</strong>le si rese conto che<br />
era necessario intraprendere imme<strong>di</strong>atamente<br />
i lavori <strong>di</strong> restauro perché, oltre alla<br />
questione del degrado a cui il complesso<br />
era irrime<strong>di</strong>abilmente destinato, serviva<br />
un momento importante d’aggregazione.<br />
Una spinta decisiva ad iniziare questo<br />
lungo percorso ci venne dalla <strong>di</strong>sponibilità<br />
fi nanziaria che, anche se esigua, ci<br />
consentiva comunque <strong>di</strong> iniziare; dopo <strong>di</strong><br />
che le idee precise su cosa era necessario<br />
fare ed il piano complessivo del restauro,<br />
si perdevano in una nebbia fi ttissima <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>ffi coltà fi nanziarie che allora ci parevano<br />
insormontabili. Grazie ad un piccolo<br />
lascito testamentario del defunto Parroco,<br />
che destinava una modesta ma importantissima<br />
cifra al restauro del tetto, si iniziò<br />
questo cammino che ci ha portato, dopo<br />
due lustri, a guardare in<strong>di</strong>etro increduli<br />
ed a chiederci come abbiamo fatto.<br />
Nei primi mesi del 1995 si compì il<br />
primo passo decisivo che segnò l’inizio<br />
dell’intervento e fu rappresentato da un<br />
rilievo dettagliato <strong>di</strong> tutto il complesso<br />
monumentale. Esso é composto da parecchi<br />
e<strong>di</strong>fi ci, con caratteristiche <strong>di</strong>verse, che<br />
si possono sud<strong>di</strong>videre in tre corpi ben<br />
<strong>di</strong>stinti tra loro: la chiesa vera e propria,<br />
la canonica e gli e<strong>di</strong>fi ci annessi.<br />
Il rilievo prese in esame in primo luogo il<br />
<strong>santuario</strong> ed in secondo luogo gli e<strong>di</strong>fi ci<br />
L’avventura del Restauro 29
della canonica composta da un corpo centrale<br />
e da una serie <strong>di</strong> agglomerati che circondano<br />
la chiesa sul lato retro-absidale.<br />
In tutto si tratta <strong>di</strong> circa 800 mq <strong>di</strong> superfi<br />
cie coperta e <strong>di</strong> circa 1200 mq <strong>di</strong><br />
Superfi cie Utile considerando i vari piani<br />
della Canonica e degli e<strong>di</strong>fi ci annessi.<br />
Tale rilievo portò poi ad un <strong>di</strong>segno in<br />
scala che costituì la base per tutti i successivi<br />
stralci della progettazione.<br />
Il progetto <strong>di</strong> restauro, naturalmente,<br />
partiva dallo stato complessivo <strong>di</strong> degrado<br />
riferito soprattutto all’interno della<br />
chiesa. Da un’analisi visiva superfi ciale,<br />
alcune cose balzavano agli occhi con<br />
evidente rilevanza. Oltre alla sporcizia<br />
depositata uniformemente su tutte le superfi<br />
ci, che conferiva un grigiore comune<br />
all’impianto decorativo, la volta era<br />
macchiata in più punti da infi ltrazioni<br />
persistenti e l’umi<strong>di</strong>tà ascendente aveva<br />
pressoché <strong>di</strong>sgregato totalmente gli intonaci<br />
nella parte bassa della struttura<br />
compromettendo così una parte rilevante<br />
<strong>delle</strong> decorazioni nelle colonne e degli altari<br />
laterali.<br />
Inoltre vistose crepe si aprivano nel catino<br />
absidale che davano a<strong>di</strong>to a una giustifi -<br />
cata preoccupazione per l’assetto statico<br />
della struttura stessa.<br />
L’impianto elettrico era a <strong>di</strong>r poco concepito<br />
in maniera “fantasiosa” ed un incen<strong>di</strong>o,<br />
dovuto ad un corto circuito, non<br />
sarebbe certamente stato un evento fortuito<br />
o impreve<strong>di</strong>bile. Un buon restauro<br />
complessivo doveva quin<strong>di</strong> tener conto,<br />
in primo luogo <strong>delle</strong> carenze strutturali<br />
e impiantistiche, e solo successivamente<br />
avrebbe dovuto occuparsi dell’apparato<br />
decorativo.<br />
Si partì quin<strong>di</strong> dal tetto, dalla cosa indubbiamente<br />
più urgente e prioritaria.<br />
La struttura a più falde rispecchia sistematicamente<br />
l’impostazione interna. La<br />
navata centrale é coperta da due acque con<br />
una pendenza piuttosto elevata mentre le<br />
cappelle laterali portano due piccole falde<br />
laterali più basse della principale con pendenza<br />
analoga. La volta presbiteriale ed il<br />
catino absidale sono coperti anch’essi da<br />
due falde, ma ad un livello inferiore. La<br />
struttura portante, tutta rigorosamente<br />
in legno, é composta da un’or<strong>di</strong>tura primaria<br />
in quercia, da un’or<strong>di</strong>tura secondaria<br />
in varie essenze e da travicelli <strong>di</strong> abete<br />
o <strong>di</strong> legni dolci che sorreggono il manto<br />
<strong>di</strong> copertura. Nella parte corrispondente<br />
al Presbiterio ed al Catino due robuste<br />
capriate semplici <strong>di</strong> tipo Palla<strong>di</strong>ano sorreggono<br />
le travature secondarie, mentre<br />
sopra alla navata centrale sono presenti<br />
sette capriate analoghe ma <strong>di</strong> tipo composto<br />
con luce molto maggiore.<br />
Il manto <strong>di</strong> copertura é in tegole <strong>di</strong> cotto<br />
curvate tipo coppo, semplicemente appoggiate<br />
su assito scomposto <strong>di</strong> tavolette<br />
e listelli.<br />
Lo stato <strong>di</strong> conservazione era piuttosto<br />
precario. Molte tegole rotte o spostate dal<br />
vento lasciavano ampi varchi alle intemperie<br />
e consentivano all’acqua ed all’umi<strong>di</strong>tà<br />
<strong>di</strong> penetrare all’interno bagnando<br />
l’estradosso della volta e minando gli affreschi.<br />
30 L’avventura del Restauro<br />
L’avventura del Restauro 31
La struttura lignea <strong>delle</strong> or<strong>di</strong>ture primarie<br />
era tuttavia ancora sana, in<strong>di</strong>ce che<br />
le suddette infi ltrazioni perduravano da<br />
tempi non remoti e soprattutto in virtù<br />
del fatto che il sottotetto era abbondantemente<br />
ventilato. Non altrettanto poteva<br />
<strong>di</strong>rsi per le or<strong>di</strong>ture secondarie ed<br />
i travicelli, molti dei quali presentavano<br />
evidenti tracce <strong>di</strong> marcescenza e <strong>di</strong> deterioramento.<br />
Nel Luglio del 1995 la Soprintendenza<br />
ai Beni Ambientali ed Architettonici<br />
dell’Emilia Romagna rilasciava il proprio<br />
“nulla osta”<br />
all’inizio dell’interventolimitatamente<br />
al ripristino<br />
dell’integrità della<br />
copertura ed alla<br />
deumi<strong>di</strong>ficazione<br />
<strong>delle</strong> murature<br />
p e r i m e t r a l i<br />
(21/07/1995). I lavori<br />
però, ebbero<br />
inizio solamente<br />
nell’ottobre dello<br />
stesso anno in<br />
quanto furono<br />
necessari tempi<br />
tecnici notevoli<br />
per l’ottenimento,<br />
da parte dell’autorità<br />
Comunale,<br />
della necessaria<br />
Concessione e<strong>di</strong>lizia,<br />
che arrivò<br />
il 13/10/1995; il<br />
Capriate <strong>di</strong> sostegno<br />
Struttura del tetto<br />
14/10/1995 iniziarono i lavori. Contemporaneamente<br />
fu redatto il progetto esecutivo<br />
per la ristrutturazione dell’impianto<br />
elettrico e fu imme<strong>di</strong>atamente sottoposto<br />
al benestare della Soprintendenza che lo<br />
approvò in data 11/01/1996.<br />
Intanto un immenso ponteggio in<br />
tubolare metallico impacchettava la chiesa<br />
e la copriva come un gigantesco cappotto.<br />
Si trattava <strong>di</strong> rimuovere il manto<br />
<strong>di</strong> copertura in coppi, eliminando quelli<br />
crepati o ammalorati, <strong>di</strong> sostituire l’or<strong>di</strong>tura<br />
secondaria ed il tavolato dovunque<br />
fosse necessario,<br />
<strong>di</strong> restaurare l’or<strong>di</strong>tura<br />
primaria,<br />
attraverso un’accurata<br />
pulizia<br />
seguita da trattamenticonsolidanti<br />
e protettivi<br />
e <strong>di</strong> rifare gronde<br />
e pluviali: un<br />
lavoro piuttosto<br />
lungo, meticoloso<br />
e faticoso.<br />
Il sostegno del<br />
manto fu affi -<br />
dato a lastre <strong>di</strong><br />
policarbonato<br />
ondulato che, oltre<br />
a garantire la<br />
perfetta tenuta<br />
alle infi ltrazioni,<br />
ci consentivano<br />
<strong>di</strong> posizionare i<br />
coppi su un’unica<br />
fi la alleggerendo i carichi sulla copertura.<br />
A tal fi ne inoltre sono state svuotate<br />
dall’accumulo <strong>di</strong> secoli <strong>di</strong> rottami e detriti<br />
le parti extradorsali della volta in<br />
corrispondenza dell’attacco alle murature<br />
verticali liberando la volta stessa da<br />
un’enorme spinta. Si dovette procedere<br />
per piccole porzioni della superfi cie per<br />
evitare che eventuali<br />
precipitazioni atmosferiche<br />
ci cogliessero<br />
impreparati con<br />
il tetto scoperto.<br />
Questo non successe<br />
e, dopo alcuni mesi<br />
<strong>di</strong> lavoro, la chiesa<br />
aveva una copertura<br />
nuova fi ammante<br />
che fi nalmente poneva<br />
la parola fi ne<br />
alle infi ltrazioni.<br />
Contestualmente si<br />
erano iniziati anche<br />
i lavori per il rifacimento<br />
dell’impianto<br />
elettrico approfi ttando<br />
del fatto che la<br />
presenza del ponteggio<br />
consentiva <strong>di</strong> arrivare comodamente a<br />
stendere le linee d’alimentazione e ad effettuare<br />
la pre<strong>di</strong>sposizione nelle parti alte<br />
e nei sottotetti.<br />
Lo stato in cui si trovava l’impianto elettrico,<br />
nella sua globalità, era oltremodo<br />
precario e ben al<strong>di</strong>là <strong>delle</strong> più elementari<br />
norme <strong>di</strong> sicurezza che un e<strong>di</strong>fi cio <strong>di</strong> carattere<br />
pubblico dovrebbe avere.<br />
Fase <strong>di</strong> lavorazione all’esterno del tetto<br />
L’illuminazione era risolta con tre lampadari<br />
che pendevano dalla volta - uno nel<br />
presbiterio e due nella navata centrale - e<br />
da alcune lucette e lampade votive che facevano<br />
da cornice alle celebrazioni liturgiche.<br />
Gli altari laterali, nelle otto cappelle<br />
relative erano serviti esclusivamente<br />
da piccoli lampadarietti senza valore pendenti<br />
dalle volte che,<br />
oltre a coprire in<br />
parte la visuale dei<br />
<strong>di</strong>pinti, una volta<br />
accesi, ne impe<strong>di</strong>vano<br />
assolutamente la<br />
lettura, rifl ettendosi<br />
da qualsiasi punto<br />
sulle superfi ci pittoriche.<br />
La volta ed il catino<br />
absidale erano quasi<br />
al buio e per nulla<br />
illuminate se non <strong>di</strong><br />
rifl esso dalla fi oca<br />
luce dei lampadari<br />
la cui presenza, anche<br />
in questo caso,<br />
impe<strong>di</strong>va <strong>di</strong> leggere<br />
quasi totalmente<br />
l’impianto decorativo.<br />
Il nostro progetto partiva da un’impostazione<br />
che tenesse conto della normativa<br />
vigente in campo impiantistico e si<br />
proponeva, come obbiettivo, da un lato<br />
il mantenimento dei punti luce esistenti<br />
e, dall’altro, il miglioramento <strong>delle</strong> con<strong>di</strong>zioni<br />
d’illuminazione <strong>delle</strong> zone scarsamente<br />
illuminate.<br />
32 L’avventura del Restauro<br />
L’avventura del Restauro 33
Illuminazione prima dell’intervento, zona presbiteriale e navata principale<br />
La prima parte del nostro obbiettivo aveva<br />
come ragione <strong>di</strong> essere, in primo luogo,<br />
il rispetto iconografi co e storico del<br />
complesso così come si era venuto “sommando”<br />
negli anni e legata alla presenza<br />
<strong>di</strong> alcuni elementi illuminanti, quali candelieri<br />
e lampadari, che avevano un pregio<br />
storico-artistico - quin<strong>di</strong> non eliminabili -<br />
, ed in secondo luogo ad una ragione <strong>di</strong><br />
sensibilità culturale verso la comunità<br />
parrocchiale - ed a quella “se<strong>di</strong>mentazione”<br />
dell’immagine della chiesa, oltremodo<br />
ra<strong>di</strong>cata nella popolazione - che richiede-<br />
va il mantenimento <strong>di</strong> tutti i suoi arre<strong>di</strong><br />
sacri e quin<strong>di</strong> anche <strong>delle</strong> luci.<br />
La seconda parte dell’obbiettivo riguardava<br />
invece tutte quelle zone che fi no ad<br />
allora erano rimaste del tutto o quasi “in<br />
ombra”, quali la volta, il catino absidale<br />
e le cappelle laterali, al fi ne <strong>di</strong> restituire<br />
quella immagine completa della chiesa<br />
e <strong>delle</strong> sue peculiarità che fi no ad allora<br />
non erano state valorizzate.<br />
Tecnicamente l’intervento mirava alla<br />
creazione <strong>di</strong> un impianto nascosto alla<br />
vista, possibilmente “sotto traccia” ovun-<br />
Illuminazione dopo l’intervento<br />
34 L’avventura del Restauro<br />
L’avventura del Restauro 35
que le peculiarità del paramento lo consentissero<br />
e dove non fosse stato possibile,<br />
per ragioni <strong>di</strong> mantenimento degli elementi<br />
decorativi - scultorei o pittorici - si<br />
sarebbe proceduto passando dal sottotetto<br />
o dall’esterno. L’intenzione era quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
eliminare qualsiasi cavo o fi lo d’alimentazione<br />
a vista restituendo la originale<br />
“purezza” dell’insieme.<br />
Questo ci costrinse ad un accurato lavoro<br />
<strong>di</strong> progettazione e ad un aggravio notevole<br />
dei costi in quanto si sarebbero dovute<br />
prevedere più linee <strong>di</strong> alimentazione<br />
facenti capo ad una centralina <strong>di</strong> controllo<br />
posizionata nella sacrestia.<br />
Una linea esterna, interrata sotto al marciapiede<br />
laterale della chiesa sui due lati<br />
della stessa che ci consentiva <strong>di</strong> servire la<br />
parte bassa degli altari laterali.<br />
Una linea nascosta nel sottotetto degli<br />
altari laterali per servire la parte alta degli<br />
stessi ed un’altra che, approfi ttando<br />
dell’imponente cornicione che percorre<br />
tutto il perimetro interno della chiesa ci<br />
dava la possibilità <strong>di</strong> illuminare adeguatamente<br />
la volta<br />
ed il catino<br />
absidale. Un’ulteriore<br />
linea nel<br />
sottotetto, sopra<br />
alla volta centrale,alimentava<br />
gli eventuali<br />
lampadari centrali,<br />
che poi si<br />
decise <strong>di</strong> non<br />
riposizionare.<br />
L’altare mag-<br />
giore infi ne sarebbe stato illuminato da<br />
una coppia <strong>di</strong> fari posizionati all’inizio<br />
del presbiterio ed alimentati dall’ultima<br />
linea per lo più esterna o incassata nel<br />
pavimento.<br />
Le <strong>di</strong>ffi coltà economiche che gravavano<br />
sempre sull’intervento come una cappa<br />
perenne, in quegli anni furono meno gravi<br />
in quanto si riuscì a ricavare un <strong>di</strong>screto<br />
capitale dalla ven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> un appartamento<br />
in Roma che la defunta Contessa<br />
Bonasi Benucci, alla sua morte, lasciò in<br />
ere<strong>di</strong>tà alla Chiesa. Questo ci consentì,<br />
senza dubbio, <strong>di</strong> guardare con minore<br />
apprensione all’imme<strong>di</strong>ato futuro e <strong>di</strong><br />
poter mettere in cantiere per lo meno gli<br />
interventi più urgenti.<br />
Così si terminò, nel 1996, l’impianto elettrico<br />
generale, completo <strong>di</strong> “messa a terra”,<br />
con il nuovo impianto voci, l’impianto<br />
campane e la protezione contro le scariche<br />
atmosferiche installato sul campanile.<br />
Rinnovammo persino l’impianto d’allarme<br />
in<strong>di</strong>spensabile per rendere un minimo<br />
<strong>di</strong> sicurezza ad un complesso che, essendo<br />
<strong>di</strong>sabitato da<br />
tanto tempo e<br />
carico <strong>di</strong> opere<br />
artistiche <strong>di</strong><br />
grande pregio,<br />
era costantemente<br />
a<br />
rischio.<br />
Dopo uno<br />
stu<strong>di</strong>o illuminotecnico<br />
e<br />
Sala riunioni del Comitato <strong>Parrocchia</strong>le nei locali<br />
ristrutturati sul retro della zona absidale<br />
svariate prove<br />
d’illumina-<br />
zione si scelsero i corpi illuminanti e si<br />
installarono nelle posizioni previste. Il<br />
risultato che ottenemmo andava al <strong>di</strong> la<br />
<strong>delle</strong> migliori previsioni conferendo una<br />
nuova <strong>di</strong>mensione ambientale e rivelando,<br />
al contempo, un respiro insospettato<br />
e fi nora “assopito”, della navata centrale e<br />
<strong>di</strong> tutta la chiesa in generale. Purtroppo<br />
però queste nuove con<strong>di</strong>zioni d’illuminazione<br />
mettevano anche in risalto,<br />
in maniera quanto mai cruda e chiara, il<br />
precario stato <strong>di</strong> conservazione <strong>di</strong> tutte le<br />
superfi ci. In precedenza, infatti, complice<br />
la scarsa qualità dell’illuminazione, gli<br />
interventi <strong>di</strong> restauro e <strong>di</strong> pulitura potevano<br />
sembrare relativi solo alle superfi ci<br />
pittoriche, mentre da quel momento in<br />
poi le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> degrado generale apparivano<br />
in tutta la loro vastità e drammaticità.<br />
Tuttavia non era ancora tempo per iniziare<br />
il restauro pittorico. Molte erano<br />
ancora le cose da fare e, prima tra tutte,<br />
era quella <strong>di</strong> arrestare il degrado dovuto<br />
all’umi<strong>di</strong>tà ascendente che minava alla<br />
base la struttura.Contemporaneamente<br />
però, nel corso<br />
del 1996, altri<br />
lavori urgenti<br />
si proponevano<br />
alla nostra<br />
attenzione. Il<br />
ripristino del<br />
tetto dell’asilo<br />
<strong>Parrocchia</strong>le<br />
che accusava<br />
Intonaco; stato preesistente <strong>di</strong> degrado<br />
infi ltrazioni dovunque, il completamento<br />
del riassetto <strong>delle</strong> coperture con la sistemazione<br />
anche <strong>delle</strong> parti relative alla<br />
Canonica ed ai fabbricati attigui, e la<br />
riqualifi cazione esterna della stessa con la<br />
sostituzione <strong>di</strong> tutti i serramenti. Si trattava<br />
<strong>di</strong> interventi apparentemente slegati<br />
tra loro, ma che avevano un comune<br />
denominatore ed erano volti a creare le<br />
basi per gli sviluppi futuri nella logica<br />
generale <strong>di</strong> un piano complessivo <strong>di</strong><br />
recupero. In quest’ottica, infatti, s’iniziò<br />
nel Novembre del 1997 l’intervento <strong>di</strong><br />
ristrutturazione della canonica e <strong>di</strong> parte<br />
dei locali sul retro della chiesa con la<br />
consapevolezza che a monte <strong>di</strong> qualsiasi<br />
intervento <strong>di</strong> restauro conservativo, vi<br />
era necessariamente una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />
fruibilità, senza la quale <strong>di</strong>ventava impossibile<br />
mantenere nel tempo il restauro<br />
stesso. Sostanzialmente ci si era resi<br />
conto che le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> degrado del<br />
complesso si erano acutizzate da quando<br />
gli ambienti non erano più stati abitati<br />
e la chiesa era spesso, per ragioni ovvie,<br />
chiusa.<br />
Si era quin<strong>di</strong><br />
in<strong>di</strong>viduata la<br />
priorità <strong>di</strong> ridare<br />
“vita” alla<br />
struttura trovando<br />
soluzioni<br />
che permettessero<br />
<strong>di</strong> riaprirla<br />
all’uso ed alla<br />
fruizione della<br />
popolazione, in<br />
primo luogo,<br />
36 L’avventura del Restauro<br />
L’avventura del Restauro 37
consentendo ai gruppi giovanili ed al Comitato<br />
<strong>Parrocchia</strong>le <strong>di</strong> sfruttare una parte<br />
dello spazio <strong>di</strong>sponibile per le proprie<br />
riunioni ed attività varie ed in secondo<br />
luogo verifi care la possibilità <strong>di</strong> ripristinare<br />
anche la funzione abitativa com’era<br />
in precedenza. Per fare questo però era<br />
necessario intraprendere costosi e lunghi<br />
lavori <strong>di</strong> ristrutturazione interna per<br />
adeguare l’e<strong>di</strong>fi cio a quelli che erano gli<br />
standard abitativi sia normativi che ambientali.<br />
Si approntò comunque un progetto complessivo<br />
sud<strong>di</strong>viso in due stralci ed il benestare<br />
della Soprintendenza <strong>di</strong> Bologna<br />
arrivo il 25/02/1997 e la Concessione Comunale<br />
il 09/05/1997. Nel corso del 1997<br />
Vista generale dello stato fi nale<br />
dopo l’intervento <strong>di</strong> deumi<strong>di</strong>fi cazione<br />
si ristrutturarono parte degli e<strong>di</strong>fi ci sul<br />
retro della chiesa e sul lato sinistro della<br />
loggia d’ingresso alla canonica. Si ricavarono<br />
così alcuni ampi locali e i servizi ad<br />
uso sala riunioni, nuovo stu<strong>di</strong>o, magazzini<br />
e garage che consentirono <strong>di</strong> svolgere<br />
in loco le attività parrocchiali.<br />
Contemporaneamente si <strong>di</strong>ede inizio alle<br />
analisi ed alla progettazione dell’intervento<br />
<strong>di</strong> recupero dell’area presbiteriale<br />
ed a mettere in cantiere l’intervento <strong>di</strong><br />
deumi<strong>di</strong>fi cazione <strong>delle</strong> murature <strong>di</strong> cui<br />
avevamo già il benestare della Soprintendenza.<br />
Si trattava <strong>di</strong> un intervento minimamente<br />
invasivo consentito dal fatto<br />
che gli intonaci, nella parte bassa della<br />
chiesa, erano completamente <strong>di</strong>strutti.<br />
Esso era sud<strong>di</strong>viso in due parti ben <strong>di</strong>stinte<br />
tra loro che riguardavano, in un<br />
primo momento, l’arresto del processo <strong>di</strong><br />
fi ltrazione dell’umi<strong>di</strong>tà ascendente dalle<br />
fondamenta ed in un secondo momento<br />
la restituzione all’ambiente dell’umi<strong>di</strong>tà<br />
residua presente nelle murature stesse.<br />
Non é purtroppo possibile, in questa<br />
sede, <strong>di</strong>ssertare in un minimo <strong>di</strong> spiegazione<br />
tecnica su questo processo <strong>di</strong><br />
risanamento; si può però <strong>di</strong>re che la prima<br />
parte del trattamento venne eseguita<br />
con la percolazione <strong>di</strong> resine idrofobiche<br />
sia dall’esterno che dall’interno della<br />
struttura muraria, tramite una foratura<br />
alternata che, interessando tutta la profon<strong>di</strong>tà<br />
della muratura, consentiva alla<br />
Stonacatura eseguita sulle murature<br />
Dopo il trattamento deumi<strong>di</strong>fi cante<br />
resina <strong>di</strong> penetrare per porosità e <strong>di</strong> creare<br />
una barriera insormontabile, senza<br />
contemporaneamente compromettere la<br />
stabilità statica dell’e<strong>di</strong>fi cio.<br />
La seconda parte del trattamento invece,<br />
previa la stonacatura dei vecchi e deteriorati<br />
intonaci, consentiva, attraverso prodotti<br />
premiscelati a base <strong>di</strong> calci idrauliche<br />
naturali ed ad<strong>di</strong>tivanti, <strong>di</strong> far si che le<br />
murature, cariche <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà persistente<br />
e <strong>di</strong> sali, li restituissero all’ambiente in<br />
modo graduale, senza deteriorare l’intonaco<br />
stesso e la pittura. Naturalmente tali<br />
prodotti sono stati applicati previa una<br />
serie <strong>di</strong> lavaggi <strong>delle</strong> murature stonacate<br />
e perfettamente pulite da tutte le impurità<br />
cementizie ed all’irrorazione, con<br />
38 L’avventura del Restauro<br />
L’avventura del Restauro 39
prodotto antisale, e successivi rilavaggi.<br />
Solo dopo questo lungo proce<strong>di</strong>mento<br />
si é proceduto a stendere il prodotto<br />
premiscelato con un primo rinzaffo e poi<br />
con il successivo intonaco deumi<strong>di</strong>fi cante<br />
nello spessore minimo <strong>di</strong> due centimetri<br />
e la rasatura fi nale.<br />
Nella prima metà del 1998 Il Parroco, Don<br />
Aldo Pellacani, fu chiamato ad altri incarichi<br />
e venne sostituito<br />
da un giovane<br />
sacerdote Don<br />
Alberto Belloni.<br />
Egli seppe infondere<br />
nuovo vigore<br />
e nuova passione<br />
al proseguo del<br />
restauro e si impegnò<br />
da subito<br />
nel gravoso intento<br />
<strong>di</strong> recuperare<br />
i fon<strong>di</strong> necessari.<br />
Dobbiamo probabilmente<br />
alla<br />
sua guida gran<br />
parte dei risultati<br />
ottenuti. Si <strong>di</strong>ede quin<strong>di</strong> inizio ai lavori <strong>di</strong><br />
deumi<strong>di</strong>fi cazione <strong>delle</strong> murature con un<br />
rinnovato spirito e, alla fi ne d’ottobre dello<br />
stesso anno, l’intervento era terminato. Si<br />
sarebbe però continuato fi no alla fi ne del<br />
1999 in quanto, nello stesso stralcio, avevamo<br />
anche il restauro del catino absidale<br />
che, con le sue lesioni e gli evidenti <strong>di</strong>ssesti,<br />
ci davano reali motivi <strong>di</strong> preoccupazione.<br />
A tale proposito era stato, infatti, chiesto il<br />
necessario “nulla osta” alla Soprintendenza<br />
<strong>di</strong> Bologna che, dopo svariate richieste <strong>di</strong><br />
documentazione integrativa ce lo aveva rilasciato<br />
in data 29/06/1999.<br />
Come già accennato, sul catino e su parte<br />
della volta presbiteriale, si aprivano vistose<br />
crepe e fessurazioni, alcune <strong>delle</strong> quali <strong>di</strong><br />
entità tale da far temere per la stabilità della<br />
struttura stessa. In alcuni casi, infatti, si<br />
trattava <strong>di</strong> fessure passanti (riscontrate sia<br />
all’estradosso che<br />
all’intradosso)<br />
che interessavano<br />
perciò, anche se<br />
in maniera non<br />
lineare, l’intero<br />
spessore del corpo.<br />
In occasione<br />
<strong>di</strong> un evento sismico<br />
avvenuto<br />
in quegli anni<br />
nelle Province<br />
<strong>di</strong> Modena e<br />
Reggio Emilia<br />
la situazione era<br />
anche peggiorata<br />
in quanto furono<br />
trovati a terra, dopo il sisma, piccole parti<br />
<strong>di</strong> intonaco e briciole <strong>di</strong> colore, soprattutto<br />
in quelle zone. Era però prioritario capire<br />
il perché tali fessurazioni si erano manifestate<br />
ed i motivi all’origine del problema.<br />
Da un’attenta analisi <strong>delle</strong> con<strong>di</strong>zioni generali<br />
d’equilibrio statico della struttura si<br />
notava imme<strong>di</strong>atamente la vistosa deformazione<br />
<strong>delle</strong> lesene e dei muri portanti in<br />
corrispondenza della zona presbiteriale.<br />
Sia la parete <strong>di</strong> destra, ma soprattutto<br />
Lesioni sulla trabeazione nella zona absidale<br />
Lesioni a ridosso dell’ancona absidale<br />
la parete <strong>di</strong> sinistra, all’altezza dell’altar<br />
maggiore, erano vistosamente inclinate<br />
all’esterno con un “giù <strong>di</strong> piombo” <strong>di</strong> alcuni<br />
centimetri. Era importante notare la<br />
spiccata deformazione che aveva assunto<br />
tutta quest’ala della chiesa come se fosse<br />
stata interessata da un abbassamento<br />
o sprofondamento localizzato. Non ci<br />
era dato sapere in che epoca e per quanto<br />
tempo il fenomeno fosse perdurato,<br />
ma eravamo in grado <strong>di</strong> affermare, con<br />
ragionevole certezza, che negli ultimi<br />
20-30 anni non vi erano state mo<strong>di</strong>fi che<br />
apprezzabili o ce<strong>di</strong>menti ulteriori. Questo<br />
perché in più punti l’intonaco, risalente a<br />
quel periodo, che sanava vecchi ce<strong>di</strong>menti<br />
e spostamenti, non aveva subito fessurazioni<br />
o <strong>di</strong>stacchi <strong>di</strong> alcun genere. Se ne<br />
deduceva che tali movimenti fossero antecedenti<br />
e per qualche ragione, molto probabilmente<br />
per defi nitivo assestamento e<br />
ritrovato equilibrio, si erano arrestati. Il<br />
motivo che aveva determinato tali movimenti<br />
era senza dubbio da ricercare nell’enorme<br />
massa che corrisponde al campanile<br />
o meglio alle sue antiche fondazioni.<br />
L’attuale campanile era stato, infatti, ricostruito<br />
nel dopoguerra su copia esatta del<br />
precedente demolito per motivi statici.<br />
In occasione <strong>di</strong> scavi fatti all’esterno si <strong>di</strong>ce<br />
che le fondazioni <strong>di</strong> quel manufatto arrivassero<br />
ad una profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> cinque metri<br />
e che fossero un unico enorme blocco <strong>di</strong><br />
pietra. Se tanto era vero non era impossibile<br />
ipotizzare che, per un motivo <strong>di</strong> abbassamento<br />
<strong>di</strong> falda o per qualsiasi altro caso,<br />
l’enorme peso <strong>di</strong> questa massa si fosse tra-<br />
40 L’avventura del Restauro<br />
L’avventura del Restauro 41
Semicatino absidale; estradosso prima<br />
dell’intervento<br />
Rimozione della cartella cementizia<br />
Evidenti colate <strong>di</strong> malte fl uide<br />
iniettate dall’intradosso<br />
Estradosso del semicatino absidale<br />
a consolidamento ultimato<br />
scinato <strong>di</strong>etro, nel suo lento movimento,<br />
anche tutta l’ala sinistra del fabbricato.<br />
Comunque era fuori <strong>di</strong> dubbio che un<br />
movimento <strong>di</strong> spostamento c’era stato e<br />
si vedeva da parecchi punti: esternamente<br />
si notava un vistoso rigonfi amento del<br />
paramento murario ed internamente, oltre<br />
al già accennato <strong>di</strong>sassamento, anche<br />
da numerose crepe verticali che segnavano<br />
inequivocabilmente il <strong>di</strong>stacco <strong>di</strong> questa<br />
parte <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fi cio dal resto della struttura<br />
più o meno stabile. La lentezza del movimento<br />
e l’elasticità o meglio adattabilità<br />
della struttura, avevano impe<strong>di</strong>to conseguenze<br />
più gravi. Questi movimenti erano<br />
senza dubbio all’origine dello stato <strong>di</strong><br />
conservazione della volta presbiteriale e<br />
del catino absidale. Lo spostamento verso<br />
l’esterno del lato sinistro aveva chiaramente<br />
provocato il <strong>di</strong>latarsi della base<br />
dell’arco e quin<strong>di</strong> lo scollamento degli<br />
elementi della volta e del catino.<br />
Strutturalmente la volta è composta<br />
da un paramento <strong>di</strong> mattone in foglio,<br />
quin<strong>di</strong> estremamente fragile, alternato<br />
da costolature <strong>di</strong> rinforzo che salgono in<br />
corrispondenza <strong>delle</strong> colonne, con uno<br />
spessore <strong>di</strong> circa 50 cm anch’esse in mattoni.<br />
Su questo fragile sistema era stesa<br />
all’estradosso una colata <strong>di</strong> gesso o malte<br />
cementizie dello spessore <strong>di</strong> 3 – 4 cm ed<br />
all’intradosso l’intonaco affrescato.<br />
Il nostro progetto <strong>di</strong> restauro prevedeva<br />
un preventivo accurato puntellamento<br />
della volta ed un preconsolidamento da<br />
effettuare dall’intradosso della struttura<br />
attraverso la iniezione <strong>di</strong> malte fl uide<br />
Consolidamento della pellicola pittorica in <strong>di</strong>stacco, con carta giapponese<br />
Tasselli <strong>di</strong> pulitura sull’unghia<br />
<strong>di</strong> sinistra della volta presbiteriale<br />
che avrebbero impe<strong>di</strong>to ulteriori <strong>di</strong>stacchi<br />
e avrebbero reso più solido il corpo<br />
in vista dei lavori seguenti. Quin<strong>di</strong> la<br />
scalcifi cazione dell’estradosso e scarnifi cazione<br />
dei giunti tra mattone e mattone<br />
per una profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> circa 1 – 1,5 cm<br />
e, dopo accurata pulizia, la stuccatura a<br />
L’unghia presbiteriale <strong>di</strong> sinistra<br />
dopo la pulitura a secco<br />
base <strong>di</strong> calce idraulica naturale.<br />
Per ridare coesione al corpo complessivo<br />
si stese una rete <strong>di</strong> polipropilene quale<br />
armatura della prima fase <strong>di</strong> rasatura ed<br />
infi ne la rasatura fi nale me<strong>di</strong>ante tecnica<br />
“betoncino” con malte per il consolidamento<br />
strutturale in più strati per uno<br />
42 L’avventura del Restauro<br />
L’avventura del Restauro 43