LA FLORA ESOTICA LOMBARDA - Comune di Milano
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INTRODUzIONE E ASPETTI gENERALI<br />
Il passaggio dal sistema prealpino a quello alpino esterno è caratterizzato dall’affioramento dei depositi<br />
terrigeni e delle formazioni metamorfiche che costituiscono la dorsale delle Alpi Orobie. Queste<br />
toccano i 3˙000 m <strong>di</strong> quota, con il versante meri<strong>di</strong>onale formato da tre gran<strong>di</strong> assi vallivi principali e<br />
quello settentrionale formato da brevi e ripide valli che si gettano in Valtellina. A nord del solco della<br />
Valtellina si estendono le Alpi propriamente dette. Il tratto lombardo della catena alpina comprende la<br />
propaggine orientale delle Alpi Lepontine e una buona parte delle Alpi Retiche, che culminano con il<br />
massiccio del Bernina (4˙050 m) e con il gruppo dell’Ortles-Cevedale (3˙859 m). L’e<strong>di</strong>ficio alpino interno<br />
è inciso in complessi metamorfici con intercalazioni <strong>di</strong> rocce magmatiche intrusive e <strong>di</strong> pietre ver<strong>di</strong>.<br />
L’estremità nordorientale della regione presenta rocce carbonatiche (principalmente dolomie).<br />
Relativamente al clima, le precipitazioni totali presentano una tendenza all’aumento con la quota,<br />
che viene però interrotta in corrispondenza delle vallate alpine interne, protette dalle correnti umide<br />
me<strong>di</strong>terranee ed atlantiche e che dunque presentano apporti annui <strong>di</strong> precipitazioni molto scarsi. È<br />
possibile poi osservare un aumento dei totali annui in <strong>di</strong>rezione est-ovest, con le zone più piovose<br />
in corrispondenza delle Prealpi occidentali (province <strong>di</strong> Varese, Como, Lecco) e quelle più aride in<br />
corrispondenza della bassa pianura mantovana, della pianura pavese e del settore più interno della<br />
Valtellina. In generale, i climi continentali, tendenzialmente ari<strong>di</strong> e con forti escursioni termiche,<br />
caratterizzano la regione alpina interna; i climi oceanici, umi<strong>di</strong> e miti, caratterizzano la regione prealpina,<br />
mentre l’Appennino presenta generalmente un regime pluviometrico subme<strong>di</strong>terraneo attenuato in<br />
quota. La Pianura Padana è caratterizzata da un regime termico <strong>di</strong> tipo continentale, con marcate<br />
escursioni termiche, e da una <strong>di</strong>stribuzione delle precipitazioni <strong>di</strong> tipo sublitoraneo.<br />
La regione Lombar<strong>di</strong>a, infine, dal punto <strong>di</strong> vista biogeografico, occupa una posizione <strong>di</strong> cerniera tra<br />
territori reciprocamente anche molto <strong>di</strong>fferenti. Tra<strong>di</strong>zionalmente, la Lombar<strong>di</strong>a appartiene alla<br />
regione floristica Me<strong>di</strong>o-europea, qui rappresentata dalle province Alpina e Appenninica. La prima è<br />
a sua volta sud<strong>di</strong>visa nei <strong>di</strong>stretti Alpino propriamente detto, comprendente Alpi e Prealpi Insubrico<br />
comprendente la regione dei gran<strong>di</strong> laghi e Padano. Considerando la latitu<strong>di</strong>ne, la Lombar<strong>di</strong>a è posta all’<br />
estremo meri<strong>di</strong>onale della regione Me<strong>di</strong>o-europea, a contatto con quella Me<strong>di</strong>terranea.<br />
Questa posizione interme<strong>di</strong>a, che dà riscontro a una complessa articolazione, unitamente a millenarie<br />
vicende storiche è responsabile <strong>di</strong> un’elevata <strong>di</strong>versità floristica (3˙220 entità secondo Conti et al., 2005)<br />
e ha a sua volta determinato una grande ricchezza <strong>di</strong> paesaggi naturali e vistose espansioni <strong>di</strong> entità<br />
esotiche sul territorio. gli ambiti territoriali maggiormente interessati all’invasione <strong>di</strong> aliene risultano la<br />
zona insubrica, la Pianura Padana, i fiumi e, in generale, tutte le aree fortemente urbanizzate compresi<br />
gli assi viari.<br />
IL PROBLEMA DELL’INVADENzA ALIENA<br />
Purtroppo i danni provocati dalle esotiche, soprattutto le invasive, sono numerosi e <strong>di</strong> varia natura<br />
(galasso et al., 2008), ma si possono riassumere nelle 2 seguenti categorie (Celesti-grapow et al.,<br />
2010a): socio-economici e ambientali. Per quanto riguarda gli aspetti economico e sanitario il riscontro<br />
è imme<strong>di</strong>ato e <strong>di</strong> rilevanza sociale, in quanto relativo a erbe infestanti (che riducono la produttività e<br />
INTRODUzIONE E ASPETTI gENERALI<br />
aumentano i costi <strong>di</strong> gestione <strong>di</strong> seminativi, pascoli, vivai, serre, impianti da legno e <strong>di</strong> piscicoltura), danni<br />
a manufatti antropici (e<strong>di</strong>fici, infrastrutture, monumenti e siti archeologici), intossicazione <strong>di</strong> animali<br />
domestici o da compagnia e danni alla salute umana (piante allergeniche, velenose e causa <strong>di</strong> dermatiti).<br />
Tra le specie maggiormente impattanti ricor<strong>di</strong>amo qui il riso crodo (Oryza sativa), l’ailanto (Ailanthus<br />
altissima), l’ambrosia (Ambrosia artemisiifolia) e il panace <strong>di</strong> Mantagazza (Heracleum mantegazzianum).<br />
Ma anche i danni ambientali possono essere notevoli, comprendendo la competizione con le specie<br />
autoctone (raramente sino all’estinzione <strong>di</strong> elementi locali) con la conseguente riduzione <strong>di</strong> bio<strong>di</strong>versità<br />
(anche animale), l’inquinamento genetico e le mo<strong>di</strong>ficazioni delle caratteristiche fisico-chimiche dei<br />
suoli e dei corpi d’acqua. Ricor<strong>di</strong>amo, ad esempio, l’americana forbicina peduncolata (Bidens frondosus),<br />
che ha determinato la scomparsa quasi completa dell’autoctona Bidens tripartitus; le specie del genere<br />
Reynoutria, che colonizzano completamente i margini dei corsi d’acqua, escludendo le altre specie;<br />
l’indaco bastardo (Amorpha fruticosa) e il sicio (Sicyos angulatus), che invadono le aree golenali e<br />
i saliceti <strong>di</strong> ripa; il ciliegio tar<strong>di</strong>vo (Prunus serotina), che si sostituisce completamente ai boschi <strong>di</strong><br />
latifoglie dell’alta pianura, mo<strong>di</strong>ficando anche la chimica del suolo; la vite del Canada (Parthenocissus<br />
quinquefolia), le viti americane (Vitis spp.), il luppolo giapponese (Humulus japonicus) e la pioggia d’oro<br />
maggiore (Solidago gigantea), che colonizzano i boschetti <strong>di</strong> pianura; la lenticchia d’acqua minuscola<br />
(Lemna minuta), le pesti d’acqua (Egeria densa, Elodea canadensis, E. nuttallii, Lagarosiphon major), le<br />
porracchie (Ludwigia hexapetala e L. peploides subsp. montevidensis) e il fior <strong>di</strong> loto (Nelumbo nucifera),<br />
che si sostituiscono alle nostre piante acquatiche.<br />
Numerosi e costosi sono gli interventi sinora effettuati da varie Amministrazioni locali o dagli Enti<br />
gestori delle Aree protette per contrastare l’avanzata <strong>di</strong> queste esotiche, ma spesso i risultati sono scarsi<br />
o <strong>di</strong> breve durata (Alleva, 2008; Caronni, 2008; Longo et al., 2008). Un aspetto sicuramente carente in<br />
Italia è la legislazione (Brundu, 2008). Sebbene in Lombar<strong>di</strong>a vi sia una legge regionale (l.r. 10/2008)<br />
sicuramente all’avanguar<strong>di</strong>a (Secchi et al., 2008) è tuttavia necessario intervenire <strong>di</strong>rettamente sul<br />
mercato florovivaistico e sui protocolli <strong>di</strong> gestione del territorio e dei cantieri.<br />
NUMERI PER <strong>LA</strong> LOMBARDIA<br />
Sino a questi ultimissimi anni è mancato un vero censimento della flora alloctona <strong>di</strong> Lombar<strong>di</strong>a. Oltre ai<br />
principali cataloghi nazionali (Béguinot & Mazza, 1916a, 1916b; Viegi et al., 1974), i principali contributi<br />
a <strong>di</strong>sposizione erano i seguenti: giacomini (1950) e Credaro & Pirola (1988) per l’intera regione, Ugolini<br />
(es. 1921) e Arietti & Crescini (1975, 1980) per il bresciano, Cozzi (es. 1923) e Stucchi (es. 1949b) per il<br />
milanese e il gallaratese, Ciferri et al. (1949) e Pirola (1964b) per le risaie, Pavan Arci<strong>di</strong>aco et al. (1990) per<br />
la città <strong>di</strong> Pavia, Banfi & galasso (1998) per <strong>Milano</strong> e Bonali (2000) per Cremona. Inoltre vi erano svariati<br />
contributi sparsi e numerose segnalazioni floristiche, che ormai riguardano in gran parte le aliene:<br />
quelle italiane pubblicate sull’“Informatore Botanico Italiano”, quelle bresciane su “Natura Bresciana”,<br />
quelle cremonesi su “Pianura”, quelle bergamasche sul “Notiziario Floristico del FAB” e quelle varesine sul<br />
“Bollettino della Società Ticinese <strong>di</strong> Scienze Naturali”. Solo la recente Checklist della flora italiana (Banfi<br />
& galasso, 2005), con le successive integrazioni (Conti et al., 2007), riporta il primo elenco completo<br />
<strong>di</strong> specie naturalizzate, analogamente ai recenti prospetti floristici delle province <strong>di</strong> Varese (Macchi,<br />
2005) e <strong>di</strong> Cremona (giordana, 1995; Bonali et al., 2006a), che riportano anche gran parte delle casuali.<br />
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