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LA FLORA ESOTICA LOMBARDA - Comune di Milano

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acero<br />

negundo<br />

Tipo biologico: Pscap<br />

Descrizione: Albero caducifoglio <strong>di</strong> 5-20 m <strong>di</strong> altezza, poco longevo ma <strong>di</strong> crescita rapida. Ha tronco eretto, con scorza<br />

<strong>di</strong> colore bruno-cenerino e chioma irregolarmente globosa. I giovani rami sono glauco-pruinosi, flessibili ma fragili. Foglie<br />

lunghe 15-25 cm, imparipennate, composte da 3-5(-7) segmenti lanceolati o variamente ellittici, con denti e lobature<br />

irregolari; i 3 segmenti apicali spesso confluenti e connati. Fiori prodotti prima della fogliazione, unisessuali, privi <strong>di</strong> perianzio,<br />

maschili e femminili su in<strong>di</strong>vidui <strong>di</strong>stinti (pianta <strong>di</strong>oica); i maschili riuniti in corimbi, a 8 stami; i femminili con ovario supero,<br />

bicarpellare, in lunghi amenti. Il frutto è un samario costituito da due mericarpi con ala piuttosto stretta e falcata, <strong>di</strong>vergenti<br />

tra loro ad angolo acuto.<br />

Periodo <strong>di</strong> fioritura: aprile-maggio.<br />

Area d’origine: Nordamerica.<br />

Habitat: Boscaglie (radure e margini), soprattutto lungo le aste fluviali, pioppeti, rimboschimenti, cedui e fustaie abbandonate<br />

<strong>di</strong> robinia, ruderati.<br />

Distribuzione nel territorio: Si rinviene spontaneizzata in tutto il territorio, soprattutto lungo i corsi d’acqua, dalla fascia<br />

collinare alla planiziale (0-500 m s.l.m.); per il resto largamente coltivata in parchi, giar<strong>di</strong>ni e alberature stradali. Bergamo (INV),<br />

Brescia (INV), Como (INV), Cremona (INV), Lecco (INV), Lo<strong>di</strong> (INV), Monza e Brianza (INV), <strong>Milano</strong> (INV), Mantova (INV), Pavia<br />

(INV), Sondrio (NAT), Varese (INV).<br />

Periodo d’introduzione: Neofita, introdotta in Italia verso la fine del Settecento. In Lombar<strong>di</strong>a è stata segnalata la prima volta<br />

prima nel 1863 (Anonimo, 1863) come coltivata e da Omati (1884) come naturalizzata.<br />

Modalità d’introduzione: Deliberata (orticoltura, vivaicoltura, sperimentazione forestale).<br />

Status: Invasiva.<br />

Dannosa: Sì.<br />

Impatto: Mo<strong>di</strong>fica sensibilmente il paesaggio naturale e riduce la bio<strong>di</strong>versità delle cenosi boschive, particolarmente in<br />

ambiente ripariale; ha esigenze ecologiche identiche a quelle <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse latifoglie autoctone dei suoli freschi, particolarmente<br />

<strong>di</strong>ffusi nelle aree alluvionali, dove cresce velocemente e fruttifica in abbondanza. È specie inclusa nella lista nera delle specie<br />

alloctone vegetali oggetto <strong>di</strong> monitoraggio, contenimento o era<strong>di</strong>cazione, allegata alla l.r. 10/2008 della Lombar<strong>di</strong>a; è inoltre<br />

inserita tra le specie esotiche a carattere infestante e dannose per la conservazione della bio<strong>di</strong>versità riportate nel r.r. 5/2007.<br />

Azioni <strong>di</strong> contenimento: Taglio selettivo ripetuto per alcuni anni e/o coa<strong>di</strong>uvato dall’impiego <strong>di</strong> erbici<strong>di</strong> in caso <strong>di</strong><br />

ripollonamento; provvedere quin<strong>di</strong> a sottopiantagione. Pronta rimozione del novelleto. Evitare circostanze favorevoli alla<br />

fruttificazione, per esempio eliminando per primi gli in<strong>di</strong>vidui femminili.<br />

Bibliografia: Anonimo, 1863; Omati, 1884<br />

Famiglia: Aceraceae<br />

Nome scientifico: Acer negundo L.<br />

Nome volgare: acero negundo, negundo<br />

Sinonimi: Negundo aceroides Moench<br />

Negundo negundo (L.) H.Karst., comb. illeg.<br />

albero<br />

del para<strong>di</strong>so<br />

Tipo biologico: Pscap<br />

Descrizione: Albero caducifoglio dell’altezza massima <strong>di</strong> 20 m, con ra<strong>di</strong>ci superficiali turionanti, ritidoma liscio, grigiastro e<br />

chioma ombrelliforme, estesa orizzontalmente, negli in<strong>di</strong>vidui monumentali tabulare. Giovani rami e gemme grigio-vellutati,<br />

fortemente ghiandolosi e puzzolenti come le foglie, che sono imparipennate, con rachide lunga 20-50 cm e 13-31 segmenti<br />

lanceolati <strong>di</strong> 5-7×2-4 cm, irregolarmente dentati e asimmetrici alla base. Fiori poligamo-<strong>di</strong>oici (pianta funzionalmente <strong>di</strong>oica),<br />

molto odorosi, in gran<strong>di</strong> pannocchie terminali lunghe 10-20 cm, verdastri, privi <strong>di</strong> calice, con 5 petali subacuminati; <strong>di</strong>sco<br />

nettarifero a 10 lobi; 10 stami nei fiori maschili, 2-3 i quelli bisessuali; ovario (fiori femminili) supero, con stimma 5-lobato. Il<br />

frutto è una samara lanceolata, ritorta, con seme in posizione centrale, rossastra da acerba, poi paglierina.<br />

Periodo <strong>di</strong> fioritura: giugno-luglio.<br />

Area d’origine: Asia orientale (Cina temperata).<br />

Habitat: Ruderati, incolti, boscaglie, argini e alvei fluviali, margini stradali e ferroviari, infraspazi urbani, muri, cortili, e<strong>di</strong>fici<br />

abbandonati.<br />

Distribuzione nel territorio: Comunissima in tutto il territorio, dalla fascia planiziale a quella montana. Bergamo (INV),<br />

Brescia (INV), Como (INV), Cremona (INV), Lecco (INV), Lo<strong>di</strong> (INV), Monza e Brianza (INV), <strong>Milano</strong> (INV), Mantova (INV), Pavia<br />

(INV), Sondrio (INV), Varese (INV).<br />

Periodo d’introduzione: Neofita, giunta in Italia verso il 1760 all’Orto Botanico <strong>di</strong> Padova. In Lombar<strong>di</strong>a coltivata almeno dal<br />

1825 nell’Orto Reale <strong>di</strong> Monza (Rossi, 1826) e naturalizzata almeno dal 1884 sulle mura <strong>di</strong> <strong>Milano</strong> (Omati, 1884) e dal 1897 nel<br />

bresciano (Ugolini, 1897).<br />

Modalità d’introduzione: Deliberata (collezioni <strong>di</strong> Orti botanici).<br />

Status: Invasiva.<br />

Dannosa: Sì.<br />

Impatto: Pesante sulla bio<strong>di</strong>versità, sul paesaggio e sui manufatti antropici (mura, aree archeologiche, maciapie<strong>di</strong> ecc.). È<br />

specie inclusa nella lista nera delle specie alloctone vegetali oggetto <strong>di</strong> monitoraggio, contenimento o era<strong>di</strong>cazione, allegata<br />

alla l.r. 10/2008 della Lombar<strong>di</strong>a; è inoltre inserita tra le specie esotiche a carattere infestante e dannose per la conservazione<br />

della bio<strong>di</strong>versità riportate nel r.r. 5/2007.<br />

Azioni <strong>di</strong> contenimento: Taglio, era<strong>di</strong>cazione, eliminazione delle ra<strong>di</strong>ci isolate e correnti con relativi turioni e gemme;<br />

monitoraggio continuato e prolungato, con interventi ripetuti ad ogni manifestazione pur minimale della pianta. L’uso <strong>di</strong><br />

erbici<strong>di</strong> è <strong>di</strong> scarso aiuto.<br />

Note: Dopo l’introduzione (1760), la pianta rimase per un certo tempo confinata ai giar<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> appassionati che se ne scambiavano i semi e,<br />

forse, già allora qualche in<strong>di</strong>viduo si era affermato all’esterno. Ma fu la seconda metà dell’Ottocento a decretarne l’invasione, poiché, a causa della<br />

moria del comune baco da seta (Bombyx mori), venne sostituita al gelso e <strong>di</strong>ffusa in tutti i territori delle filande, per l’allevamento <strong>di</strong> Philosamia<br />

cynthia, baco da seta più resistente alle malattie. La sperimentazione si rivelò presto un insuccesso economico e non ebbe seguito, ma bastò per<br />

innescare una delle più mici<strong>di</strong>ali invasioni vegetali dell’occidente. L’ailanto, infatti, in ambito temperato, è forse l’aliena arborea più competitiva e<br />

aggressiva, capace oltretutto <strong>di</strong> alterare allelopaticamente il suolo, impedendo alle legnose autoctone <strong>di</strong> recuperare i legittimi spazi. La sua forza sta<br />

principalmente nel vigore vegetativo ed espansivo, nell’incre<strong>di</strong>bile velocità <strong>di</strong> allungamento ra<strong>di</strong>cale con relativa pollonazione e nell’elevatissima<br />

efficienza <strong>di</strong>sseminativa, sostenuta dai movimenti d’aria. Ricor<strong>di</strong>amo, per quanto attiene il territorio nazionale, il grave caso dell’isola <strong>di</strong> Montecristo,<br />

letteralmente invasa da questa aliena, dove sono stati necessari costosi e faticosi interventi <strong>di</strong> eliminazione, che non hanno risolto completamente<br />

il problema e costringono a un continuo, attento monitoraggio. Il danno bioecologico procurato dall’ailanto è <strong>di</strong> gran lunga superiore a quello della<br />

robinia (ve<strong>di</strong> scheda), perché comporta una pesante alterazione del chimismo del suolo e dei rapporti <strong>di</strong> competizione nelle cenosi legnose, con<br />

vistosa caduta <strong>di</strong> bio<strong>di</strong>versità e omologazione del paesaggio.<br />

Bibliografia: Giacomini, 1950; Omati, 1884; Rossi, 1826; Ugolini, 1897<br />

Famiglia: Simaroubaceae<br />

Nome scientifico: Ailanthus altissima (Mill.) Swingle<br />

Nome volgare: albero del Para<strong>di</strong>so, ailanto, sommacco<br />

falso, sommacco americano<br />

Basionimo: Toxicodendron altissimum Mill.<br />

Sinonimi: Ailanthus glandulosa Desf.<br />

Pongelion glandulosum (Desf.) Pierre<br />

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