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LA FLORA ESOTICA LOMBARDA - Comune di Milano

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fico d’in<strong>di</strong>a<br />

nano<br />

Tipo biologico: Chsucc<br />

Descrizione: Arbusto nano articolato, prostrato e ricadente, alto meno <strong>di</strong> 30 cm, con ra<strong>di</strong>ci spesso ingrossate. Gli articoli<br />

sono appiattiti, ver<strong>di</strong>, arrossati in inverno, da roton<strong>di</strong> a obovati o ellittici, lunghi normalmente 2.5-12.5 cm, con areole piccole,<br />

larghe 0.15-0.25 cm, interspaziate <strong>di</strong> 1-3 cm; glochi<strong>di</strong> giallastri o brunastri; spine generalmente assenti o in numero <strong>di</strong> 1-5 nella<br />

porzione <strong>di</strong>stale del clado<strong>di</strong>o, bianche ad apice brunastro, lunghe 1.5-2.5 cm. Il fiore (ve<strong>di</strong> scheda <strong>di</strong> O. engelmannii) non è più<br />

largo <strong>di</strong> 6 cm e presenta uno stigma <strong>di</strong> colore bianco. Il frutto è un acrosarco (bacca la cui buccia esterna deriva dalla fusione<br />

della parete ovarica con quella dell’ipanzio) rosso porpora o violaceo, da obovoide a oblungo, lungo 2.5-5 cm; semi nerastri.<br />

Periodo <strong>di</strong> fioritura: giugno-luglio.<br />

Area d’origine: Nordamerica centro-orientale.<br />

Habitat: Rupi, dossi, affioramenti silicei o calcarei, arene fluviali, prati ari<strong>di</strong>, pen<strong>di</strong>i terrosi, muretti a secco.<br />

Distribuzione nel territorio: Insubria dal Lago Maggiore al Garda, Val Chiavenna, Valtellina e lungo il tratto milanese del<br />

Ticino (100-500 m s.l.m.). Bergamo (NAT), Brescia (NAT), Lecco (NAT), <strong>Milano</strong> (NAT), Sondrio (NAT), Varese (NAT).<br />

Periodo d’introduzione: Neofita, conosciuta in Italia dal principio del Settecento, in Lombar<strong>di</strong>a era già naturalizzata in<br />

Valtellina nel 1825 (Rusconi, 1825).<br />

Modalità d’introduzione: Deliberata (ortofloricoltura).<br />

Status: Naturalizzata.<br />

Dannosa: No.<br />

Impatto: Debole, sul paesaggio.<br />

Azioni <strong>di</strong> contenimento: Non necessarie.<br />

Note: Si tratta dell’opunzia acquisita da più lungo tempo in territorio lombardo, dove è anche la più estesamente naturalizzata. Come tante altre<br />

aliene che provengono dagli stati nordamericani gravitanti sul lato atlantico del continente, ha <strong>di</strong>mostrato piena acclimatazione, mantenendo la<br />

specifica esigenza <strong>di</strong> un’elevata aerazione del substrato (grado 5 <strong>di</strong> <strong>di</strong>spersività secondo Landolt). Ciò spiega il successo della pianta sui suoli a<br />

granulometria grossa (sabbia, pietrisco, rupi ecc.) e a tessitura leggera. Infine la specie mostra grande flessibilità anche rispetto al fattore luce. La<br />

segnalazione <strong>di</strong> O. macrorhiza Engelm. (Guiggi, 2008) è da riferire a una forma anomala <strong>di</strong> questa specie, cresciuta su un substrato particolarmente<br />

ricco (Guiggi, 2010).<br />

Bibliografia: Crescini, 1968; Fornaciari, 1967; Guiggi, 2008, 2010; Rusconi, 1825<br />

Famiglia: Cactaceae<br />

Nome scientifico: Opuntia humifusa (Raf.) Raf.<br />

Nome volgare: fico d’In<strong>di</strong>a nano<br />

Basionimo: Cactus humifusus Raf.<br />

Sinonimo: Cactus compressus auct., non Salisb.<br />

Opuntia compressa auct., non J.F.Macbr.<br />

Opuntia vulgaris auct., non Mill.<br />

Opuntia vulgaris Mill. subsp. rafinesquii P.Fourn.<br />

deuzia<br />

comune<br />

Famiglia: Hydrangeaceae<br />

Nome scientifico: Deutzia scabra Thunb.<br />

Nome volgare: deuzia comune<br />

Tipo biologico: nPscap<br />

Descrizione: Arbusto alto 1-3 m con chioma espansa. Foglie decidue, opposte; picciolo <strong>di</strong> 3-8 mm; lamina ovata od ovatolanceolata,<br />

<strong>di</strong> 5-8×1-3 cm, scabra per la presenza <strong>di</strong> sparsi peli rigi<strong>di</strong>, stellati su entrambe le pagine, quelli della faccia abassiale<br />

a 3-4 punte; base arrotondata o largamente cuneata, margine serrulato e leggermente revoluto, apice in genere acuminato.<br />

Infiorescenza a pannocchia, terminale; pe<strong>di</strong>celli <strong>di</strong> 3-5 mm; calice con tubo <strong>di</strong> ca. 2.5×2 mm e 5 lobi ovati, <strong>di</strong> circa 1.2×1 mm;<br />

petali 5, bianchi, strettamente ellittici, <strong>di</strong> 0.8-1.5×0.6 cm; stami 10, in due serie, gli esterni con filamenti bidentati all’apice,<br />

gli interni più corti; stili in numero <strong>di</strong> 3-4, più lunghi degli stami; ovario supero, biloculare. Frutto costituito da una capsula<br />

emisferica <strong>di</strong> circa 4 mm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro, con sparsi peli stellati; semi piccoli, numerosi, oblunghi, compressi.<br />

Periodo <strong>di</strong> fioritura: aprile-maggio.<br />

Area d’origine: Asia orientale (Giappone, parte temperata).<br />

Habitat: Ambienti antropizzati, soprattutto su manufatti, come ad esempio vecchi muri; più <strong>di</strong> rado in ambienti naturali<br />

<strong>di</strong>sturbati, soprattutto boscaglie degradate <strong>di</strong> tipo generalmente termofilo.<br />

Distribuzione nel territorio: Abbastanza frequente in tutta l’area collinare e soprattutto prealpina (150-600 m s.l.m.);<br />

particolarmente <strong>di</strong>ffusa presso i Gran<strong>di</strong> Laghi Insubrici e nelle aree a<strong>di</strong>acenti a giar<strong>di</strong>ni e parchi storici. Bergamo (NAT), Brescia<br />

(NAT), Cremona (CAS), Lecco (NAT), Monza e Brianza (NAT), <strong>Milano</strong> (NAT), Varese (NAT).<br />

Periodo d’introduzione: Neofita, introdotta in Italia nel secolo XIX; in Lombar<strong>di</strong>a osservata a partire dal 1943 (Arietti, 1950).<br />

Modalità d’introduzione: Deliberata (ortofloricoltura).<br />

Status: Naturalizzata.<br />

Dannosa: Sì.<br />

Impatto: È in grado <strong>di</strong> colonizzare i muri, ra<strong>di</strong>cando nelle fessure e contribuendo in tal modo al deterioramento <strong>di</strong> questi<br />

manufatti. Negli ambiti seminaturali, al momento, non sembra destare particolari preoccupazioni.<br />

Azioni <strong>di</strong> contenimento: Imme<strong>di</strong>ata rimozione dai manufatti delle piante ra<strong>di</strong>cate me<strong>di</strong>ante intervento meccanico,<br />

eventualmente abbinato all’impiego locale <strong>di</strong> erbici<strong>di</strong> sistemici.<br />

Note: Esiste incertezza sull’esatta identità delle piante naturalizzate nel nostro territorio (Celesti - Grapow et al., 2009a), giacché queste presentano<br />

alcuni caratteri un po’ <strong>di</strong>fferenti da quelli sopra descritti, precisamente i filamenti staminali non o impercettibilmente dentati all’apice e i peli stellati<br />

sulla faccia fogliare abassiale con 4-6 punte. Si tratterebbe, in effetti, <strong>di</strong> D. crenata Siebold & Zucc. (= D. scabra var. crenata (Siebold & Zucc.) Maxim.,<br />

= D. crenata var. typica C.K.Schneid.), la cui congruenza sistematica è tuttora oggetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione fra gli specialisti. Comunque questo morfotipo<br />

è quello regolarmente venduto nei nostri vivai e garden center sotto il binomio D. scabra. Di rado si osservano esemplari inselvatichiti <strong>di</strong> una<br />

cultivar a fiore pieno (‘Plena’), in uso nei giar<strong>di</strong>ni, che vanno tuttavia interpretati quali relitti a perdere della coltura. Infatti questa variante cultigena<br />

è maschio-sterile (stami trasformati in petali), senza o con scarsissime possibilità <strong>di</strong> produrre semi. In ogni caso, la facilità <strong>di</strong> autoinse<strong>di</strong>amento<br />

della pianta è dovuta all’estrema leggerezza dei semi, che vengono agevolmente trasportati dalle masse d’aria in movimento. Del genere Deutzia<br />

si commerciano altre specie (D. <strong>di</strong>scolor Hemsl. (= D. vilmoriniae Lemoine & Bois), D. gracilis Siebold & Zucc., D. parviflora Bunge, D. purpurascens<br />

(Franch. ex L.Henry) Rehder, ecc.), delle quali finora non ci sono fortunatamente segnalazioni <strong>di</strong> fuga, ma che tuttavia vanno preventivamente<br />

tenute sotto controllo.<br />

Bibliografia: Arietti, 1950; Banfi & Galasso, 1998; Bonali et al., 2006a; Celesti - Grapow et al., 2009a; Jintang et al., 2001; Macchi, 2005; McKean, 1995<br />

202 203

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