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Distacco e appalti: riflettori puntati su due istituti chiave per l ... - Falcri

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diritti&lavoro flash3_2011TUTTOSUGLIANDREAAPPALTIRANFAGNIUna circolare del Ministero prova a fare luce in una materiaintricata: con una precisa <strong>chiave</strong> di letturaCon la Circolare n. 5 del 10 febbraio 2011, il Ministero del Lavoro siè occupato di <strong>appalti</strong> e rapporto di lavoro, rias<strong>su</strong>mendo il quadrogiuridico di riferimento in materia.La Circolare costituisce un'ottima occasione <strong>per</strong> ricapitolare edanalizzare la disciplina in materia, anche se non mancano spunti dicriticità nei confronti di quanto affermato dal Ministero, che esprimeun preciso indirizzo legislativo e politico, già emerso nella RiformaBiagi (nonché nelle altre riforme attuate da questo Governo) e checertamente non può essere letto come favorevole al lavoratore.Ad ogni modo non mancano neanche affermazioni del Ministero daleggere positivamente, in quanto vanno ad esprimere concetti nonscontati nella ricostruzione fino ad oggi affermatasi in materia ecertamente positivi <strong>per</strong> il lavoratore.Prima di analizzare nello specifico i contenuti della Circolare, pareopportuno ricordare brevemente l'impianto normativo di riferimento.La disciplina dell'appalto:dal divieto di interposizionealla Riforma BiagiIl contratto di appalto costituisce il principale strumento giuridico <strong>per</strong>realizzare un decentramento o una esternalizzazione del processoproduttivo, fenomeni, com'è noto, assai diffusi nell'odierna realtàeconomica.Siamo di fronte ad un contratto di natura commerciale e non dilavoro, il quale tuttavia ha poi dei risvolti direttamente <strong>su</strong>l pianolavoristico. Esso trova così prima di tutto una disciplina nel Codicecivile tra i contratti in generale, salvo poi trovare una disciplinaspeciale nell'ambito dei rapporti di lavoro.In particolare, una delle principali preoccupazioni del legislatore èsempre stata quella di offrire tutele nei confronti dei lavoratoricoinvolti in tali processi contro possibili forme di sfruttamento, primefra tutte quelle riconducibili al fenomeno sociale del caporalatoovvero della interposizione nel rapporto di lavoro.Con tali termini si fa riferimento ai casi in cui il datore di lavoroanziché as<strong>su</strong>mere direttamente il <strong>per</strong>sonale necessario <strong>per</strong> la propriaattività si serve di un soggetto interposto, il quale as<strong>su</strong>me lamanodo<strong>per</strong>a, redistribuendola direttamente e lucrando <strong>su</strong>lla differenzafra il compenso corrispostogli dall'imprenditore <strong>per</strong> la complessivao<strong>per</strong>a pattuita e quello da lui corrisposto ai lavoratori.Inizialmente, la nostra legislazione vietava qualsiasi forma diinterposizione nel rapporto di lavoro e ciò <strong>per</strong> effetto di quantoaffermato nella l. n. 1369/1960.Tale disciplina <strong>per</strong>seguiva un duplice obiettivo: repressivo neiconfronti delle forme illecite di interposizione nei rapporti di lavoro,con la previsione della sanzione civile della costituzione, a favoredegli as<strong>su</strong>nti dall'interposto, di un rapporto di lavoro <strong>su</strong>bordinato alledipendenze dell'utilizzatore; regolatore nei confronti di formecontrattuali lecite (<strong>appalti</strong>), di cui si individuavano gli elementi dilegittimità ovvero i pre<strong>su</strong>pposti in presenza dei quali si poteva parlaredi un appalto lecito.Successivamente, con il c.d. Pacchetto Treu (l. n. 196/1997) venneintrodotta la possibilità <strong>per</strong> le imprese di ricorrere a prestazioni dilavoro interinale. Il lavoro interinale si poneva così come ipotesieccezionale e derogatoria rispetto alla regola generale rappresentatadal divieto di interposizione.L'ultima tappa è stata, poi, rappresentata dalla Riforma Biagi (d.lgs. n.276/2003), la quale ha disposto espressamente l'abrogazione della l.n. 1369/1960 e del Pacchetto Treu, senza <strong>per</strong>ò far venir meno,secondo l'orientamento prevalente, il divieto di interposizione. E ciògrazie: 1) ad una maggiore e più precisa delimitazione dei confinidella interposizione illecita, attraverso un altrettanto più dettagliatadisciplina delle ipotesi lecite di appalto e somministrazione dimanodo<strong>per</strong>a (il nuovo lavoro interinale), cui si aggiunge l'ipotesi deldistacco (altro caso in cui colui che u<strong>su</strong>fruisce della prestazionelavorativa non è il datore di lavoro formale di colui che la offre); 2) laconferma del regime sanzionatorio della costituzione di un rapportoalle dirette dipendenze dell'appaltante nel caso di appalto illecito.In particolare, l'art. 29 del d.lgs. n. 276/2003 la disposizione diriferimento, in cui sono oggi dettati i criteri distintivi dell'appaltolecito o genuino, che consentono di distinguerlo dallasomministrazione di manodo<strong>per</strong>a autorizzata e, da ultimo, appunto,dall'interposizione illecita.Del resto, il rapporto interposizione illecita - somministrazione dimanodo<strong>per</strong>a - appalto genuino è strettissimo: l'interposizione dimanodo<strong>per</strong>a è, in generale, vietata; in via eccezionale può essereposta in essere attraverso il ricorso alla somministrazione dimanodo<strong>per</strong>a nei limiti indicati dalla legge; l'appalto, <strong>per</strong>chè non siainterposizione, deve anch'esso avere dei requisiti di legittimità, sequesti non <strong>su</strong>ssistono, sarà illecito configurando una ipotesi diinterposizione, vietata, altresì <strong>per</strong>ché non autorizzata secondo loschema della somministrazione (Agenzia, controllo della PA,autorizzazione).I requisiti di legittimitàIl primo aspetto trattato dalla Circolare del Ministero del Lavoro èproprio quello centrale dell'individuazione dei pre<strong>su</strong>pposti in presenzadei quali possibile parlare di un appalto genuino e non mascheranteuna mera interposizione di manodo<strong>per</strong>a non autorizzata e, <strong>per</strong>tanto,illecita.La Circolare richiama espressamente l'art. 29 del d.lgs. n. 276/2003,secondo il quale “il contratto di appalto stipulato e regolamentato aisensi dell'articolo 1655 c.c., si distingue dalla somministrazione dilavoro <strong>per</strong> l'organizzazione dei mezzi necessari da partedell'appaltatore, che può anche ri<strong>su</strong>ltare, in relazione alle esigenzedell'o<strong>per</strong>a o del servizio dedotti in contratto, dall'esercizio del potereorganizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati44

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