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FARE FORMAZIONE: cosa vuol dire, per chi, su cosa - Cesvot

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Fare formazione: <strong>cosa</strong> <strong>vuol</strong> <strong>dire</strong>, <strong>per</strong> <strong>chi</strong>, <strong>su</strong> <strong>cosa</strong>,Un contributo <strong>per</strong> la riflessione, marzo 2011Rispetto agli ambiti in cui viene usato, il termine cambiamento as<strong>su</strong>me significati diversi, puòessere interessante rilevare l'utilità del concetto cambiamento nella formazione. In manieraunanime gli autori che si occupano di formazione pre<strong>su</strong>ppongono che alla base di un interventoformativo esista il bisogno o il desiderio di cambiare; ogni attività di formazione quindi,produce o si propone di produrre un cambiamento. Il cambiamento può generarsi nel soggettoo gruppo di soggetti, ma può anche prodursi nell'organizzazione.Esiste un uso <strong>per</strong> cui si è portati ad "identificare il cambiamento organizzativo conquell'insieme di azioni pensate e orientate di<strong>chi</strong>aratamente e deliberatamente verso unobiettivo di mutamento dell'organizzazione". Riconoscere in tal modo il cambiamentoorganizzativo significa pensarlo come un "passaggio di stato" dell'organizzazione da uno statoA ad uno stato B in un certo tempo. Lo stato A si identifica con l'insorgere di una situazioneproblema, lo stato B con la situazione attesa. Il cambiamento è quindi l'espressione del tragittoche l'organizzazione compie dallo stato A allo stato B.Il consolidamento dello status organizzativo della formazione cioè la <strong>su</strong>a gradualeinternalizzazione nell'ambito delle politiche organizzative orientate alla "gestione delle risorseumane", favorisce il clima che porta ad elaborazioni sempre più sofisticate del <strong>su</strong>o apparatometodologico fino a giungere a una configurazione di tipo proces<strong>su</strong>ale di ogni intervento diformazione. È proprio con la visione dell'intervento formativo come processo, che si delinea ilpunto di svolta grazie al quale le pratiche formative as<strong>su</strong>mono una forma matura e, al tempostesso, una dimensione professionale di una certa consistenza.L’analisi dei bisogni nella formazioneDefinito un proprio concetto di formazione pre<strong>su</strong>ppone alcune domande: <strong>per</strong>ché, <strong>su</strong> <strong>cosa</strong>, a<strong>chi</strong>?Il mondo della solidarietà organizzata non può esimersi da queste domande, soprattutto nonpuò pensare che le risposte con il tempo non cambino. Non possiamo pensare che laformazione possa essere sempre uguale a se stessa, vorrebbe <strong>dire</strong> tra<strong>dire</strong> le cose sopradescritte, ma vorrebbe anche <strong>dire</strong> <strong>per</strong> i volontari, tra<strong>dire</strong> il senso stesso della propria azioneche non può essere solo ripetizione, i bisogni delle <strong>per</strong>sone cambiano, cambiano le modalità dirisposta ed il nostro modo di agire.Per questo è importante tornare alla teoria della formazione <strong>per</strong>importanti e non eludibili.ricordare alcuni passaggi4


Fare formazione: <strong>cosa</strong> <strong>vuol</strong> <strong>dire</strong>, <strong>per</strong> <strong>chi</strong>, <strong>su</strong> <strong>cosa</strong>,Un contributo <strong>per</strong> la riflessione, marzo 2011La progettazione formativa si svolge in quattro momenti essenziali: il primo momento ècostituito dall'analisi dei bisogni, il secondo dalla definizione degli obiettivi formativi, il terzoconsiste nella scelta e articolazione di metodologie e contenuti e infine il quarto momentoriguarda la verifica e la valutazione dei progetto.Il primo momento consiste nell'effettuare l'analisi dei bisogni. Si tratta di una unica fase cheriguarda due realtà distinte, quelle che <strong>chi</strong>ameremo dei bisogni "oggettivi" e "soggettivi",intendendo con i primi le necessità formative del emergenti dal contesto organizzativo e con isecondi, le necessità formative espresse dai "soggetti" <strong>per</strong> i quali si appresta un intervento diformazione.L'analisi dei bisogni di formazione, parte essenziale dei lavoro dei progettista, non si riduce néall'analisi organizzativa o all'elenco delle "cose da imparare", né alla trascrizione dei vis<strong>su</strong>to odella domanda espressa dei soggetti. Partiamo dall'analizzare il concetto stesso di bisogno cheè stato inteso sia come conseguenza di una mancanza, come coscienza di un deficit che come"aspirazione" e sviluppo dell'io nella <strong>su</strong>a naturale genesi, come pulsione di esigenze individuali"insopprimibili", si tratta ancora di concepire il bisogno come una necessità di completamento,ma in questa concezione non si tratta più di un bisogno individuale, bensì quasi di unanecessità della specie umana nella <strong>su</strong>a evoluzione sociale. Il bisogno è piuttosto il frutto di unadialettica fra aspetti soggettivi, sia reali che illusori, e aspetti oggettivi, in relazione a "lecondizioni e in primo luogo le condizioni materiali <strong>per</strong> il loro soddisfacimento".Analizzare e capire in profondità i bisogni formativi significa comprendere il tipo di progetto dacostruire , al fine di incontrare le istanze di coloro che saranno i partecipanti alla formazione,ma anche le ri<strong>chi</strong>este dei committenti.In accordo con Maurizio Castagna (Castagna M., Progettare la formazione, Franco Angeli,Milano 2002), potremmo <strong>dire</strong> che ad un certo punto in una organizzazione si <strong>chi</strong>ede che vengarealizzata la formazione, ma difficilmente si sa da dove nasca realmente questa esigenza.• Esiste un malessere, una disfunzione organizzativa, una minore efficacia o efficienzarispetto a standard ritenuti possibili o auspicabili? E a fronte di ciò qualcuno pensa chesia dovuto a carenza di capacità o atteggiamenti inadeguati ?• Esiste una fascia di <strong>per</strong>sone che hanno appreso la professione svolta in modo spontaneoe vanno sostenuti ?• Esiste un progetto modificato dell’organizzazione che implica cambiamenti oadeguamenti di professionalità ?5


Fare formazione: <strong>cosa</strong> <strong>vuol</strong> <strong>dire</strong>, <strong>per</strong> <strong>chi</strong>, <strong>su</strong> <strong>cosa</strong>,Un contributo <strong>per</strong> la riflessione, marzo 2011• Qualcuno nei “vertici” ritiene importante ideologicamente proporre la formazione ?Sono molti i motivi rispetto ai quali di fatto si ri<strong>chi</strong>edono o mettono in atto interventi formatividi varia natura.Accanto a ciò è altrettanto complesso comprendere <strong>chi</strong> sono i veri committenti dellaformazione; <strong>per</strong> noi nel volontariato:- certamente sono i destinatari della nostra azione gratuita che hanno bisogno divolontari non solo “bravi”, ma che li aiutino a capire come crescere <strong>cosa</strong> fare da soli,come muoversi rispetto al loro problema ( ricordiamoci che il volontario camminaaccanto, sostiene, attua funzioni di advocacy)- certamente sono i volontari stessi , i nostri partecipanti che vogliono “sa<strong>per</strong>e come sifa”, ma che forse hanno bisogno di confronto, di scambio, di letture diverse di un certoproblema- poi c’è il Centro di Servizi al Volontariato, che ha una <strong>su</strong>a idea della formazione e dicome si fa, di <strong>cosa</strong> sia giusto proporre in campo formativo, che ha la <strong>su</strong>a idea dicrescita del volontariato- poi ci possono esser i familiari delle <strong>per</strong>sone di cui ci occupiamo, i cittadini, le istituzioniche ci <strong>chi</strong>edono competenza, professionalità.Sono tanti i “committenti”, coloro che avrebbero qual<strong>cosa</strong> da <strong>dire</strong> <strong>su</strong>lla nostra formazione.Il processo di analisi dei bisogni formativi ha come finalità ultima quella della individuazione dicompetenze da sviluppare nelle azioni formative che dovranno essere realizzate (BaldassarreV. (a cura) , Progettare la formazione, Carocci, Roma 2009).Come definire <strong>per</strong>ò i bisogni di formazione? La letteratura offre non poche difficoltà incontratedai ricercatori nel presentare un’interpretazione omogenea. In particolare si sono raccoltedefinizioni di bisogno tradotte come (Quaglino G.P., 1998):1. Desideri di sviluppo <strong>per</strong>sonale di<strong>chi</strong>arati dai lavoratori e finalizzati ad un migliorsvolgimento dei loro compiti2. Scarto tra i contenuti della formazione professionale di base e ciò che i lavoratoridesidererebbero (o dovrebbero) apprendere3. Scarto tra il modello pedagogico utilizzato dalla formazione pregressa e i desideri deilavoratori o delle loro organizzazioni6


Fare formazione: <strong>cosa</strong> <strong>vuol</strong> <strong>dire</strong>, <strong>per</strong> <strong>chi</strong>, <strong>su</strong> <strong>cosa</strong>,Un contributo <strong>per</strong> la riflessione, marzo 20114. Scarto tra risorse a disposizione <strong>per</strong> la formazione (centri, docenti, ecc.) e le risorsenecessarie5. Scarto tra il ruolo teorico della formazione e il ruolo effettivamente giocato6. Scarto tra i comportamenti attuati e un modello teorico (filosofico, etico odeontologico) del ruolo idealeAttraverso il tentativo di disegnare <strong>su</strong>l piano concettuale, e in modo più o meno convenzionale,un certo ordine di fatti e di concetti (i bisogni di formazione, appunto), essi comunicano anchela presenza di una teoria implicita della formazione. Essa, a <strong>su</strong>a volta, tende a privilegiare inalcuni casi aspetti eminentemente legati ad una pre<strong>su</strong>pposta priorità organizzativa, come è <strong>per</strong>le definizioni 1 e 4; in altri casi, invece, privilegia aspetti maggiormente connessi con unapriorità di apprendimento/cambiamento individuale, come è <strong>per</strong> le definizioni 2 e 3. Unadefinizione di bisogno formativo accettabile deve dunque tenere conto contemporaneamente dipiù piani e livelli di analisi.Un secondo dato interessante è costituito dal fatto che in ben 5 casi il bisogno di formazionecompare definito dal termine “scarto”. Il che di <strong>per</strong> sé potrebbe anche essere ovvio: il bisognosi riferisce infatti innanzi tutto ad uno stato di mancanza da colmare, ad una distanza tra ciòche si ha o si è e ciò che si pensa si dovrebbe avere o essere. Ma un conto è accettare taledefinizione di principio, un conto è concludere che l’analisi dei bisogni viene ad identificarsi toutcourt con un’o<strong>per</strong>azione di mi<strong>su</strong>razione di uno scarto da colmare. In realtà il concetto dibisogno formativo non può essere esaustivamente definito e as<strong>su</strong>nto muovendosi all’interno diuna logica di tipo riduzionistico, <strong>per</strong> cui l’individuo è solo esclusivamente il compito che svolgeed ha solo ed esclusivamente conoscenze e capacità associate allo svolgimento di tale compito.Questo ovviamente pur considerando l’individuo concretamente rispetto al <strong>su</strong>o essere membrodi una organizzazione e non in astratto (Gagliardi P., 1991).Il concetto di bisogno di formazione va dunque riferito ad un ordine di fatti assai più ampio diquelli che si rias<strong>su</strong>mono abitualmente nel compito da un lato, e nelle conoscenze e capacitàdall’altro. Per molti motivi tale bisogno è da ritenersi infatti espressione specifica, seppureparziale, del più generale stato della relazione tra individuo e organizzazione: e può dunqueessere definito tenendo conto sia di più complessi aspetti dell’individuo e dell’organizzazionestessi, sia di quello che possiamo definire il sistema di attese reciproco (Quaglino G.P., 1993).Il sistema di bisogni ri<strong>su</strong>lta così fortemente vincolato dall’appartenenza organizzativa, ed ibisogni di formazione, se pure costituiscono un elemento molto specifico, non possonoovviamente essere considerati come del tutto estranei a un ordine di fatti più generali. Se è7


Fare formazione: <strong>cosa</strong> <strong>vuol</strong> <strong>dire</strong>, <strong>per</strong> <strong>chi</strong>, <strong>su</strong> <strong>cosa</strong>,Un contributo <strong>per</strong> la riflessione, marzo 2011vero che gli individui appartengono all’organizzazione è anche vero che l’organizzazione“appartiene” agli individui proprio in quanto fa parte dell’articolazione del loro mondo sociale. Ibisogni di formazione, dunque, essendo parte del sistema di bisogni degli individui, ne vengonoin vario modo influenzati. I bisogni di formazione non saranno altro allora che ciò che di voltain volta emerge proprio dall’incontro tra la definizione che ne dà l’organizzazione e quella chedanno gli individui (Bennis W.G., 1974).Esplorare l’analisi dei bisogni come fatto relazionale significa tener conto che la domanda concui talvolta ci si confronta in questi casi, e cioè “i bisogni di formazione sono un fattodell’organizzazione o degli individui?” non ha risposte semplicemente <strong>per</strong>ché non siamo inpresenza di alcuna reale antitesi o dicotomia, almeno a priori. I bisogni di formazione sonocontemporaneamente dell’organizzazione e degli individui nel senso che l’attività di formazionenasce e si sviluppa all’interno di un contesto istituzionale che li comprende entrambi. Una veradicotomia esiste semmai tra la definizione dei bisogni che viene proposta dall’organizzazione equella che è possibile ricavare dagli individui (Quaglino G.P., 1998).La costruzione di un progetto formativo non può prescindere da questa prima fase, anchequando si tratta di formazione al volontariato; non si può commettere l’errore di creare<strong>per</strong>corsi formativi validi solo <strong>per</strong> <strong>chi</strong> li progetta, o solo <strong>per</strong> i responsabili di un ente, o solo<strong>per</strong>ché si possano avere fondi che servono a più cose.L’attività formativa costa fatica, impegno, risorse economiche e ha diritto di essere indirizzata,pensata in modo corretto, professionale, etico.8

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