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Sentenza 26 maggio 2003 n. 2827 – Pres. Riccio, Est. Saltelli

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n. 6/<strong>2003</strong> - copyrightCONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV – <strong>Sentenza</strong> <strong>26</strong> <strong>maggio</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>2827</strong> – <strong>Pres</strong>. <strong>Riccio</strong>, <strong>Est</strong>.<strong>Saltelli</strong> – Tecnoafalti S.r.l. ed altri e Immobiliare Marilisa S.r.l. (Avv.ti Prandstraller e Bonifazi)c. Comune di Fontaniva (Avv.ti Domenichelli e Manzi) – (conferma T.A.R. Veneto, sez. I, 10settembre 1997, n. 1380).1. Edilizia ed urbanistica – Strumenti urbanistici generali – Sindacato in sedegiurisdizionale – Limiti – Sindacabilità delle scelte solo per errori di fatto o perarbitrarietà, irrazionalità o manifesta irragionevolezza.2. Edilizia ed urbanistica – Strumenti urbanistici generali – Adozione – Motivazionespecifica – In genere non occorre - Riferimento alla relazione di accompagnamento alprogetto di piano – Sufficienza.3. Edilizia ed urbanistica – Strumenti urbanistici generali – Adozione – Motivazionespecifica – Necessità – Casi in cui sussiste – Individuazione – Nel caso di reformatioin peius della precedente destinazione di zona – Non occorre.4. Edilizia ed urbanistica – Piano regolatore generale – Adozione – Osservanza delledirettive dei piani territoriali di coordinamento – Necessità – Sussiste – Ragioni.5. Edilizia ed urbanistica – Piano regolatore generale – Adozione – Norme in materiapreviste dalla legislazione statale o regionale – Non possono generalmente imporredei limiti al potere discrezionale dell’Autorità comunale in materia.1. Le scelte operate dall’Amministrazione comunale in sede di pianificazioneurbanistica costituiscono apprezzamenti di merito, connotati da un’amplissimadiscrezionalità e sono sottratte al sindacato di legittimità del giudice amministrativo,salvo che non siano inficiate da errori di fatto ovvero da arbitrarietà, irrazionalità omanifesta irragionevolezza, in relazione alle esigenze che si intendonoconcretamente soddisfare (1).2. Le scelte operate dall’Amministrazione comunale in sede di adozione del P.R.G.non debbono essere sorrette da una specifica motivazione che tenga conto, anchesolo eventualmente, delle aspirazioni dei cittadini, essendo al riguardo sufficiente ilsemplice riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di piano (2).3. L’obbligo di una puntuale motivazione, ai fini del legittimo uso del jus variandi insede di adozione di un nuovo strumento urbanistico, sussiste quando le nuove scelteincidano su aspettative qualificate del privato, quale quelle derivanti: a) dallastipulazione di una convenzione di lottizzazione; b) da una sentenza dichiarativadell’obbligo di disporre la convenzione urbanistica; da un giudicato di annullamentodi un diniego di concessione edilizia; c) dalla decadenza di un vincolo preordinatoall’espropriazione (3); non sussiste invece un obbligo di motivazione specifica nelcaso di reformatio in peius di precedenti previsioni urbanistiche che in origineconsentivano una più proficua utilizzazione dell’area, essendo sufficiente in taliipotesi fare riferimento ai criteri di ordine tecnico-urbanistico seguiti per laredazione dello strumento urbanistico (4).4. L’unico limite che incontra l’ente locale nell’esercizio della delicata funzione dipianificazione urbanistica, oltre quello intrinseco della non arbitrarietà, nonirragionevolezza e non irrazionalità, è costituito dalle "direttive" contenute nei pianiterritoriali di coordinamento ed in quelli ad essi assimilati; tali direttive indicano –


evidentemente – i parametri minimi a cui deve adeguarsi, per la protezione di alcunispecifici interessi urbanistici ovvero per la tutela di altri interessi pubblici incidentisulla materia urbanistica (tutela paesaggistica, difesa del suolo, etc.), ladiscrezionalità dell’ente locale, senza poter impedire che il concreto esplicarsi dellafunzione di pianificazione possa accordare ai predetti interessi pubblici una tutelaanche <strong>maggio</strong>re di quella minima di riferimento.5. Le norme in materia urbanistica contenute nella legislazione statale (in primis, lalegge 17 agosto 1942, n. 1150, e le successive in materia) ed in quella regionale, chedisciplinano il concreto esercizio della funzione di pianificazione urbanistica e ilrelativo uso della discrezionalità, indirizzandola all’effettivo soddisfacimentodell’interesse pubblico - salvo limitatissime previsioni, che devono considerarsieccezionali e di stretta interpretazione - non possono essere interpretate nel senso diimporre all’Amministrazione comunale determinate scelte urbanistiche, facendo delrelativo strumento urbanistico generale un atto a contenuto, anche parzialmente,vincolato.-----------------------------(1) Tra le più recenti v. Cons. Stato, sez. IV, 9 luglio 2002, n. 3817; 22 <strong>maggio</strong> 2000, n. 2934.(2) Tra le tante v. Cons. Stato, sez. IV, 14 dicembre 2002, n. 6297; 6 febbraio 2002, n. 664;17 gennaio 2002, n. 250; 19 gennaio 2000, n. 245; 8 febbraio 1999, n. 121; 9 luglio 1998 n.1073.(3) Cons. Stato, sez. Ad.Plen. 22 dicembre 1999, n. 24; sez. IV, 9 luglio 2002, n. 3817; 27<strong>maggio</strong> 2002, n. 2899; 20 novembre 2000, n. 6177; 12 marzo 1996, n. 301.(4) Cons. Stato, sez. IV, 14 giugno 2001, n. 3146; 20 ottobre 2000, n. 5635; Ad.Plen. 22dicembre 1999, n. 24.F A T T OCon ricorso notificato il 14 aprile 1995, la Tecnoasfalti S.r.l. (quale proprietaria di uncomplesso industriale in parte su fondi di sua proprietà, mapp. 33 di ha 2.59.55, ed in parte suterreno demaniale, in concessione, costituente l’ex alveo della roggia Crescini) ; la S.M.E.B.S.r.l. (proprietaria dei terreni individuati al foglio 23, sez. unica, mappali n. 79, 80, 82, 134,133, 121, 75, 78 e 38, e al foglio 27, mapp. N. 127, su cui erano ubicati impianti industriali perla lavorazione di inerti ed una palazzina ad uso officina e ricovero attrezzi, nonché di altriterreni, al foglio 23, mappali n. 101 e 127, e al foglio 22, n.3); la Vaccari Antonio Giulio S.p.A.(proprietaria del complesso industriale ubicato su fondi di cui al foglio 11, mapp. <strong>26</strong>4, 106,107, 134, 135, 139, 105, 148 e 296 ; usuaria frontista dell’argine di seconda categoria sulladestra del fiume Brenta, foglio 11, mapp. 134 e concessionaria del terreno demanialecontraddistinto dal mapp. 134 di ha 0.48.50 e di quello di nuova formazione a ridosso delmapp. 143 di ha 0.49.50) ; l’Immobiliare Marilisa S.r.l. (proprietaria dei fondi censiti al foglio13, mapp. 3, affittuaria dei terreni comunali al foglio 13, mapp. 76 (parte) e 6 (parte) eusuaria del terreno demaniale al foglio 13, mapp. 33 (parte) e 94 (parte), per complessivi42.000 metri quadrati, utilizzati per la lavorazione di inerti (sabbia e ghiaia) e autotrasporti)nonché la Crescini S.p.A. (proprietaria del complesso industriale di manufatti per fabbricati incalcestruzzo quali tubi, pozzi, etc., ubicato su un terreno di sua proprietà censito al foglio 7,mapp. 78, 76, 77, <strong>26</strong> e 79) chiedevano al Tribunale amministrativo regionale del Venetol’annullamento della delibera del Commissario ad acta del Comune di Fontaniva n. 5 del 25gennaio 1995, con cui era stato approvato il piano regolatore generale.


Attraverso un unico articolato motivo, rubricato « Violazione e mancata applicazione degli artt.24, 27 e 30 della legge regionale del Veneto n. 61/85, nonché dell’art. 9 della stessa legge(« Contenuti del Piano regolatore generale) – Omessa considerazione delle disposizioniriguardanti le zone di tipo industriale, artigianale e commerciale del Piano Regolatore Generale(tipo D) per aver considerato zone agricole di tipo E e di Parco Urbano le aree nelle qualiinsistono gli stabilimenti industriali delle ditte ricorrenti che, a termini dell’art. 24 L.R. Veneton. 61/85, andavano invece incluse nelle zone di tipo D – Eccesso di potere e violazione di leggeper avere, in fase di adozione del P.R.G., omesso di provvedere a disposizioni del P.R.G.inerenti alla classificazione, al trasferimento delle attività produttive in aree idonee e alleoperazioni di convenzionamento – Eccesso di potere per violazione delle norme sulle « zoneumide » e per disparità di trattamento avendo incluso nella zona umida gli insediamentiindustriali delle ditte ricorrenti e posto invece in zone di tipo D altri insediamenti industriali,appartenenti ad altre ditte », le società ricorrenti lamentavano che, in palese violazione dellenorme regionali che presiedevano alla formazione dei piani regolatori generali e nedisciplinavano il contenuto, senza tener conto della obiettiva situazione di fatto esistente, learee di loro proprietà e/o quelle da loro utilizzate, e sulle quali insistevano gli indicati impiantiindustriali, erano state collocate illegittimamente in zona agricola di tipo E, invece che in zonadi tipo D, così impedendo l’ulteriore svolgimento della propria attività, non essendo all’uopostate previste apposite norme transitorie per la delocalizzazione in altre aree degli impiantistessi.Inoltre, sempre secondo le ricorrenti, l’impugnato provvedimento pur dichiarandoespressamente di recepire le previsioni del P.T.R.C. in ordine alle cc.dd. zone umide, ne avevaampliato illegittimamente l’area, ricomprendendovi zone – quali quelle erroneamenteclassificate come zona E - che tali non potevano definirsi secondo le previsioni di cui all’art. 1del D.P.R. n. 448/76, trovandosi addirittura ad una quota superiore a quella di massima pienadel fiume Brenta.Con la sentenza n. 1380 del 10 settembre 1997 l’adito Tribunale, nella resistenza dell’intimataamministrazione comunale, respinta l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesseformulata da quest’ultima sul presupposto che i vincoli incidenti sulle proprietà delle ricorrentinon derivavano dall’adozione del piano regolatore generale in discussione, bensì dalleprevisioni già contenute nel precedente piano di fabbricazione, mai contestate, in ordineall’istituzione del « parco territoriale », respingeva il ricorso rilevando, per un verso, che ilpotere di pianificazione territoriale non poteva concretizzarsi nella presa d’atto della situazionedi fatto esistente ovvero nella mera esecuzione delle disposizioni contenute nella leggeregionale circa la zonizzazione, e, per altro verso, che proprio l’inserimento delle aree diproprietà delle ricorrenti nelle zone classificate umide (essendo per queste previste l’istituzionedi un « Parco Urbano »), ne consentiva il recupero ambientale e la migliore sistemazione,senza che ciò comportasse necessariamente lo smantellamento delle attività industriali dellericorrenti.Secondo il Tribunale, poi, la scelta del Comune di Fontaniva, di far rientrare la zona su cuiinsistevano le attività delle ricorrenti in quella di tutela ambientale fluviale per gli ambiti isolati,non contrastava con le previsioni contenute nella L.R. n. 61/85, la quale prescriveva propriol’apprestamento di idonee condizioni per la tutela dell’ambiente; inoltre, nel rispetto delleprevisioni contenute nel piano territoriale regionale di coordinamento, nulla impedivaall’Amministrazione Comunale di ampliare la tutela apprestata da quest’ultimo, mentre non erapertinente il richiamo alle previsioni del D.P.R. 13 marzo 1976 sulle zone umide, non vertendola controversia in esame in tema di perimetrazione di zone umide di importanza internazionale.Avverso tale sentenza hanno proposto appello la Tecnoasfalti S.r.l., la S.M.E.D. S.r.l. e laVaccari Antonio Giulio S.p.A. con atto di appello notificato tra il 14 ed il 15 ottobre 1997,lamentandone l’erroneità alla stregua di due articolati motivi di gravame, con i quali sono statesostanzialmente riproposte le censure svolte in primo grado.Con ordinanza n. 208 del 3 febbraio 1998, la IV^ Sezione di questo Consiglio di Stato harespinto l’istanza incidentale di sospensione dell’esecutività dell’impugnata sentenza.


Con separato atto di appello notificato tra l’11 ed il 12 novembre 1997 anche l’ImmobiliareMarilisa S.r.l. ha chiesto la riforma della predetta sentenza, sollevando le stesse censure giàrespinte dai primi giudici.In entrambi i giudizi si è costituito il Comune di Fontaniva, che ha dedotto l’inammissibilità el’infondatezza degli avversi gravami, di cui ha pertanto chiesto il rigetto.Tutte le parti, nell’approssimarsi dell’udienza fissata per la discussione, hanno depositatoapposite memorie difensive, illustrando le proprie rispettive ragioni.D I R I T T OI. E’ controversa la legittimità della delibera n. 5 del 25 gennaio 1995 del Commissario ad actadel Comune di Fontaniva, recante l’adozione del piano regolatore generale, nella parte in cui haclassificato le aree, in parte di proprietà ed in parte in uso per fini industriali alla TecnoasfaltiS.r.l., alla S.M.E.B. S.r.l., alla Vaccari Antonio Giulio S.p.A. e all’Immobiliare Marilisa S.r.l., inzona agricola E, invece che in zona D, ricomprendendole altresì nelle c.d. zone umide di tutelaambientale.Le suindicate società hanno chiesto con due separati ricorsi, l’uno proposto dalla TecnoasfaltiS.r.l., dalla S.M.E.B. S.r.l. e, dalla Vaccari Antonio Giulio S.p.A. e l’altro dall’ImmobiliareMarilisa S.r.l., la riforma della sentenza n. 1380 del 10 settembre 1997, con il quale ilTribunale amministrativo regionale del Veneto (sez. I^) ha ritenuto legittima la impugnatadelibera commissariale.I due gravami sono affidati ognuno a due ordini di motivi che, sebbene diversamente rubricati,ripropongono le stesse censure mosse in primo grado.Resiste agli appelli il Comune di Fontaniva, deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza edistando quindi per il loro rigetto.II. In via preliminare deve innanzitutto disporsi la riunione degli appelli in esame, ai sensidell’articolo 331 del codice di procedura civile, notoriamente applicabile anche al processoamministrativo, essendo essi rivolti avverso la stessa sentenza.Deve essere, inoltre, dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse l’appelloproposto dalla società Tecnoasfalti S.r.l., in virtù della specifica dichiarazione contenuta nellamemoria difensiva del 19 dicembre 2002, depositata il 20 dicembre 2002, confermatadall’avvocato difensore all’udienza di discussione della causa, secondo cui sono intervenutiappositi accordi con il Comune di Fontaniva, alla cui stregua è venuto meno l’interesse adottenere l’annullamento del provvedimento impugnato in primo grado.III. Passando all’esame del merito, la Sezione rileva che, ai fini della esatta soluzione dellequestioni riguardanti la controversia in esame, è indispensabile svolgere alcune breviosservazioni sulla funzione e sul contenuto del piano regolatore generale.III. 1. Il piano regolatore generale è notoriamente lo strumento, di carattere programmatico,attraverso cui l’ente locale provvede alla corretta gestione e alla proficua utilizzazione delintero territorio.A tal fine, com’è noto, esso è costituito da una serie di previsioni e di prescrizioni, alcune dinatura normativo – regolamentari (come quelle contenute nelle norme tecniche di attuazioneovvero quelle concernenti la determinazione delle tipologie e degli standards urbanistici) e altredi natura provvedimentale (quali le localizzazioni di opere pubbliche, le zonizzazioni, laimposizione di vincoli di inedificabilità per motivi storici, ambientali o paesaggistici, il tracciatodelle strade e l’individuazione degli spazi pubblici), tutte improntate ad una unitariaconsiderazione e gestione del territorio, al fine non tanto e non solo di regolarne l’assettoesistente, ma anche di delinearne e assecondarne l’ordinato sviluppo urbanistico in modoadeguato e coerente con gli interessi della collettività stanziata in un determinato territorio.


A ciò consegue, innanzitutto, che la disciplina urbanistica in esso contenuta è destinata asvolgere i suoi effetti, ordinatori e conformativi, esclusivamente con riferimento al futuro: in talsenso lo strumento urbanistico non può limitarsi a prendere atto delle situazioni di fattoesistenti sul territorio, ponendosi come obiettivo soltanto la loro regolazione, pena iltradimento della sua stessa funzione.E’ in tale ottica che trova fondamento il consolidato principio giurisprudenziale, secondo cui lescelte urbanistiche dall’Amministrazione comunale costituiscono apprezzamenti di merito,connotati di un’amplissima discrezionalità, sottratte al sindacato di legittimità, proprio delgiudice amministrativo, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o abnormi ovvero daarbitrarietà, irrazionalità o manifesta irragionevolezza, in relazione alle esigenze che siintendono concretamente soddisfare (tra le più recenti, C.d.S., sez. IV, 9 luglio 2002, n. 3817;22 <strong>maggio</strong> 2000, n. 2934).III. 2. Le delineate caratteristiche delle scelte urbanistiche escludono, d’altronde, la necessitàdi una specifica motivazione che tenga conto, anche solo eventualmente, delle aspirazioni deicittadini, essendo al riguardo sufficiente il semplice riferimento alla relazione diaccompagnamento al progetto di piano (ex pluribus, C.d.S., sez. IV, 14 dicembre 2002, n.6297; 6 febbraio 2002, n. 664; 17 gennaio 2002, n. 250; 19 gennaio 2000, n. 245; 8 febbraio1999, n. 121; 9 luglio 1998 n. 1073).L’obbligo di una puntuale motivazione è stato ritenuto sussistente, ai fini del legittimo uso deljus variandi quando, le nuove scelte incidono su aspettative qualificate del privato, quale quellederivanti: dalla stipulazione di una convenzione di lottizzazione; da una sentenza dichiarativadell’obbligo di disporre la convenzione urbanistica; da un giudicato di annullamento di undiniego di concessione edilizia; dalla decadenza di un vincolo preordinato all’espropriazione(C.d.S., A.P. 22 dicembre 1999, n. 24; sez. IV, 9 luglio 2002, n. 3817; 27 <strong>maggio</strong> 2002, n.2899; 20 novembre 2000, n. 6177; 12 marzo 1996, n. 301); è stato, invece, consideratoaffidamento generico quello relativo alla non reformatio in peius di precedenti previsioniurbanistiche che non consentono una più proficua utilizzazione dell’area, con la conseguenzache in tali casi non sussiste la necessità di una motivazione specifica delle nuove destinazioniurbanistiche rispetto a quelle che può agevolmente evincersi dai criteri di ordine tecnico –urbanistico seguiti per la redazione dello strumento stesso (C.d.S., sez. IV, 14 giugno 2001, n.3146; 20 ottobre 2000, n. 5635; A.P. 22 dicembre 1999, n. 24).III. 3. Per completezza deve aggiungersi che, in concreto, l’unico limite che incontra l’entelocale nell’esercizio della delicata funzione di pianificazione urbanistica, salvo quello intrinseco– già delineato – della non arbitrarietà, non irragionevolezza e non irrazionalità, è costituitodalle "direttive" contenute nei piani territoriali di coordinamento e in quelli ad essi assimilati,quale – con riferimento al caso che ci occupa – il Piano territoriale regionale di coordinamento(PTRC), di cui alla legge 30 aprile 1990, n. 40.Tali direttive indicano – evidentemente - i parametri minimi a cui deve adeguarsi, per laprotezione di alcuni specifici interessi urbanistici ovvero per la tutela di altri interessi pubbliciincidenti sulla materia urbanistica (tutela paesaggistica, difesa del suolo, etc.), ladiscrezionalità dell’ente locale, senza poter impedire che il concreto esplicarsi della funzione dipianificazione possa accordare ai predetti interessi pubblici una tutela anche <strong>maggio</strong>re di quellaminima di riferimento.Inoltre deve evidenziarsi che la normativa statale (in primis, la legge 17 agosto 1942, n. 1150,e le successive in materia) e quella regionale in materia urbanistica (con riferimento al caso dispecie, la legge regionale 27 giugno 1985, n. 61) contengono norme che disciplinano ilconcreto esercizio della funzione di pianificazione urbanistica e il relativo uso delladiscrezionalità indirizzandola all’effettivo soddisfacimento dell’interesse pubblico; tali norme,tuttavia, salvo limitatissime previsioni che devono considerarsi eccezionali e di strettainterpretazione, non possono giammai essere interpretate nel senso di imporreall’Amministrazione determinate scelte urbanistiche, facendo del relativo strumento urbanisticogenerale un atto a contenuto, anche parzialmente, vincolato.


IV. Ciò posto, ad avviso della Sezione, entrambi gli appelli, sia quello proposto dalla S.M.E.B.S.r.l e dalla Vaccari Antonio S.p.A., sia quello proposto dall’Immobiliare Marilisa S.r.l. devonoessere respinti, essendo del tutto infondati gli spiegati motivi di gravame che, stante lasostanziale identicità, possono essere trattati congiuntamente.IV. 1. E’ innanzitutto del tutto priva di fondamento la censura con la quale gli appellanti hannolamentato la presunta illegittimità della scelta dell’Amministrazione comunale di classificare learee di loro proprietà ovvero da loro utilizzate in zona agricola E, invece che in zona D, benchésulle stesse vi fossero le loro attività industriali, assumendo al riguardo la violazione e falsaapplicazione degli articoli 9, 10, 24, 27 e 30 della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61, oltreal difetto di motivazione.IV.1.1. Invero, come hanno correttamente rilevato i primi giudici (e sulla base di quantoprecedentemente osservato), il concreto esercizio da parte dell’ente locale della funzione dipianificazione urbanistica in ordine alla zonizzazione del proprio territorio è frutto diun’amplissima discrezionalità che sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo,impingendo direttamente nel merito dell’azione amministrativa, salva l’eventuale paleseirragionevolezza, irrazionalità o arbitrarietà, che nel caso di specie non emergono.Deve evidenziarsi, infatti, come costituisca circostanza pacifica il fatto che le aree, la cuiclassificazione urbanistica è oggetto di contestazione, ricadono nell’area golenale del fiumeBrenta: orbene, proprio, l’articolo 27 della invocata legge regionale del Veneto 27 giugno 1985,n. 61, disciplinando in particolare le zone di tutela e le fasce di rispetto, imponeobbligatoriamente all’ente locale di individuare nel piano regolatore generale tra le zone ditutela, "le golene, i corsi d’acqua, gli invasi dei bacini naturali ed artificiali, nonché le aree adessi adiacenti per una profondità adeguata".Pertanto, la scelta operata dall’Amministrazione comunale di Fontaniva di classificare tale zonacome agricola (zona E, sottozona E2) è pienamente conforme agli indirizzi di tutela delterritorio contenuti nella indicata normativa regionale, volta evidentemente a preservaredall’attività edilizia alcune zone non solo per il loro particolare valore ambientale, ma anche alfine di evitare eventuali danni alle persone o alle cose (tra le zone di tutela infatti sonoespressamente comprese, per esempio, le aree soggette a dissesto idrogeologico, a pericolo divalanghe ed esondazioni o che presentano caratteristiche geologiche o morfologiche tali da nonessere idonee a nuovi insediamenti; gli arenili e le aree di vegetazione dei litorali marini; learee umide, le lagune e le relative valli; le aree comprese fra gli argini maestri e il corsod’acqua dei fiumi e nelle isole fluviali, etc.).IV.1.2. Ciò tanto più se si tiene conto che, come emerge dalle Norme Tecniche di Attuazione,all’articolo 28, disciplinando la sottozona E2, in cui specificamente ricade l’area in esame, neha previsto la inclusione in un costituendo Parco Agrario, da realizzare mediante un progetto disistemazione ambientale finalizzato, oltre che alla tutela, al ripristino e alla riqualificazione deicaratteri e dei valori naturali e culturali dell’ambiente (lett. a), anche al recupero e allariqualificazione degli insediamenti esistenti, eliminando le situazioni di degrado ambientale,consentiti per le aree interessate dalle escavazioni anche mediante sistemazioni innovative.Dall’esame di tale norma emerge, altresì, la ragionevole certezza che l’Amministrazionecomunale di Fontaniva abbia effettuato le contestate scelte urbanistiche nella pienaconsapevolezza dell’esistenza delle attività industriali delle società appellanti e con l’intenzione,come si ricava dalla lettura della relazione di accompagnamento al piano regolatore nelcapitolo relativo agli obiettivi della pianificazione, di porre rimedio alla situazione di degradoambientale esistente nella zona, ritenendo che la esistenza di tali attività in loco, per un verso,non potesse automaticamente legittimare la creazione di una vera e propria zona diinsediamenti industriali, incompatibile con i valori ambientali e naturali del luogo, e, per altroverso, assicurando in ogni caso, anche nell’ambito dell’istituendo Parco agrario, il recupero e lariqualificazione degli insediamenti esistenti, proprio nel rispetto della salvezza dei prevalentiinteressi ambientali.IV.1.3. D’altra parte, la Sezione osserva che le previsioni contenute nel terzo commadell’articolo 24 della predetta legge regionale, secondo cui "nelle zone di tipo D vanno


comprese anche le parti del territorio già destinate, totalmente o parzialmente, a insediamentiper impianti industriali o a essi assimilati", diversamente da quanto sostenuto dalle societàappellanti, non possono svuotare l’esercizio della funzione urbanistica riservata al comune,imponendogli di limitarsi ad una mera presa d’atto della preesistente destinazione produttivadelle singole parti del territorio comunale.E’ significativo, al riguardo, ricordare l’avviso della Corte Costituzionale che, con la sentenza n.79 del 10 marzo 1994, pronunziando sulla questione di legittimità costituzionale propriodell'art. 24, terzo comma, della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61 della Regione Venetosollevata, con riferimento agli artt. 5, 32, 97 e 128 della Costituzione, dal Tribunaleamministrativo regionale per il Veneto sulla base della stessa interpretazione sostenutane dallesocietà appellanti, l’ha respinta, evidenziando che il predetto articolo 24 si limita a descriverele caratteristiche delle zone territoriali omogenee in cui il piano regolatore generale devesuddividere il territorio, prevedendo, al terzo comma, soltanto che nelle zone di tipo D "vannocomprese anche le parti del territorio già destinate, totalmente o parzialmente, a insediamentiper impianti industriali o ad essi assimilati".Una simile disposizione – secondo il giudice delle leggi – non impone alcun obbligo per ilcomune di rendere immodificabili le aree comprese nelle stesse zone sulle quali preesistanoinsediamenti produttivi, come si ricava peraltro dalla lettura del successivo articolo 30, il qualestabilisce che il piano regolatore generale individua le zone territoriali omogenee di tipo D,indicando fra le altre componenti (al punto 3), gli impianti esistenti "che si confermano nellaloro ubicazione".Secondo la Corte Costituzionale, quindi, resta pur sempre nella disponibilità del comune, insede di redazione del piano, di confermare o meno nella loro ubicazione gli impianti industrialiesistenti, per cui solo dopo tale conferma assume rilievo la previsione dell'art. 24, terzocomma, della legge regionale 27 giugno 1985, n 61, della Regione Veneto, circa l'inclusionenelle zone di tipo D delle parti del territorio già destinate ad insediamenti industriali.Tale autorevole insegnamento dissipa ogni dubbio sulla legittimità della scelta urbanisticaoperata dal Comune di Fontaniva di classificare le aree in questione in zona E (sottozona E2),trattandosi dell’unica classificazione – come accennato in precedenza - capace di contemperarei contrapposti interessi, pubblici e privati, in gioco, quelli relativi al rilievo delle preesistentiattività industriali con le esigenze di tutela, nel pieno rispetto dei principi di imparzialità e dibuon andamento, oltre che ovviamente di legalità dell’azione amministrativa, delineatidall’articolo 97 della Costituzione.E’ appena il caso di rilevare che , a voler seguire la tesi delle società appellanti, si giungerebbeall’abnorme conclusione che le zone golenali (che secondo il legislatore regionale devonoessere oggetto di particolare tutela) avrebbero dovuto essere classificate come zona D, di tipoindustriale, artigianale e commerciale, con conseguente evidente impossibilità di conseguire lefinalità di tutela ambientale predicate dalla stessa legge regionale.IV. 2. Egualmente infondato è l’altro motivo di gravame, con il quale le società appellantihanno lamentato l’illegittima inclusione delle aree su cui insistono le loro attività industrialinelle zone umide, in violazione delle previsioni contenute nello stesso piano territorialeregionale di coordinamento e della convenzione di Ramsar, di cui al D.P.R. 13 marzo 1976, n.448.In realtà, come hanno correttamente evidenziato i primi giudici, sebbene non sia contestatoche l’area di cui si discute non rientra all’interno delle zone umide indicate dall’art. 21 del pianoterritoriale regionale di coordinamento, tale circostanza non è di alcun rilievo ai fini dellalegittimità del provvedimento in esame.Le norme del predetto piano, sovraordinato rispetto al piano regolatore generale, si impongonoa quest’ultimo nel senso di individuare il "minimun" essenziale della relativa tutela ambientale,non potendo ovviamente impedire all’ente locale, nel concreto esercizio della sua propriafunzione urbanistica, di prevedere per alcune zone ovvero per le stesse zone contemplate nelpiano sovraordinato una tutela territorialmente più ampia e/o qualitativamente più incisiva,


allargando l’ambito territoriale delle cc.dd. zone umide ad ambiti non previsti dal pianoterritoriale regionale di coordinamento, salvo evidente il limite della manifesta irragionevolezzao irrazionalità ovvero l’abnormità o l’illogicità della previsione, in relazione alla concretasituazione di fatto: ciò proprio in relazione alla tutela costituzionale prevista dall’articolo 9,secondo comma, che non può non inerire anche alla pianificazione urbanistica, in senso lato.Nel caso di specie, quindi, correttamente – proprio nel quadro della dichiarata tutela dei valoriambientali perseguita dal piano regolatore generale, secondo gli obiettivi indicati nella relativarelazione di accompagnamento, il Comune di Fontaniva ha ricompresso nelle zone umide gliambiti golenali in cui ricadono le attività industriale delle società appellanti, zone, peraltro, che,come emerge dalla documentazione in atti, secondo le previsioni dello stesso piano territorialeregionale di coordinamento, rientrano pur sempre all’interno dell’ambito per l’istituzione delParco del Medio Corso del Brenta e sono quindi oggetto di specifica attenzione e tutelaambientale.Inconferente, ad avviso della Sezione, è il richiamo ad una presunta violazione del D.P.R. 13marzo 1976, n. 448, recante "Esecuzione della convenzione relativa alle zone umided’importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, firmata a Ramsaril 2 febbraio 1971", non solo perché, trattandosi di una convenzione internazionale, è fonte diobbligo degli stati nei confronti degli altri stati contraenti, ma anche per quanto non puòragionevolmente contestarsi che le aree in cui insistono le attività industriali delle societàappellanti rientrano nella ampia definizione delle zone umide di cui all’articolo 1 (quale bacinonaturale con acqua corrente dolce), richiamato - a fini meramente indicativi - dall’articolo 21del piano territoriale regionale di coordinamento, secondo cui "le zone umide sono costituite daparticolari ambiti naturalistico – ambientali e paesaggistici rientranti nella più ampia definizionedettata dal D.P.R. n. 448 del 1976".V. In conclusione, gli appelli proposti da devono essere respinti: le spese seguono lasoccombenza e sono liquidate come in dispositivoP.Q.M.Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunciandosugli appelli proposti dalle società Tecnoasfalti S.r.l., S.M.E.B. S.p.A e dalla Vaccari AntonioS.p.A., nonché dall’Immobiliare Marilisa S.r.l. avverso la sentenza n. 1380 del 10 settembre1997 del Tribunale amministrativo regionale del Veneto (sez. I^, così provvede:riunisce gli appelli;dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse l’appello proposto dalla societàTecnoasfalti S.r.l.;respinge gli appelli proposti dalle società S.M.E.B. S.r.l., dalla Vaccai Antonio S.p.A. edall’Immobiliare Marilisa S.r.l.;condanna tutti gli appellanti al pagamento in favore del Comune di Fontaniva delle spese delpresente grado di giudizio che si liquidano in complessivi euro 5.000 (cinquemila).Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.Così deciso in Roma, addì 14 gennaio <strong>2003</strong> dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale –Sezione Quarta – riunito in camera di consiglio con l’intervento dei seguenti signori:RICCIO STENIO - <strong>Pres</strong>identeSALVATORE COSTANTINO - ConsigliereRULLI DEDI MARINELLA - ConsigliereCARINCI GIUSEPPE - Consigliere


SALTELLI CARLO - Consigliere, est.L’ESTENSORE IL PRESIDENTEDepositata in segreteria il <strong>26</strong> <strong>maggio</strong> <strong>2003</strong>.

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