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PIANO DI SVILUPPO RURALE PER L'UMBRIA 2000-2006 - Inea

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Questo dato può essere letto come una convergenza dell’agricoltura umbra verso un modello ecocompatibilein linea con gli incentivi di misure quale il reg. 2078/92.Il VA regionale, sempre in termini reali, ha fatto registrare un tasso media annuo di crescita nellostesso periodo del 1,01% anche in questo caso intermedio tra il valore nazionale (0,76%) e quellodel centro Italia (1,26%). La migliore prestazione del VA rispetto alla PLV regionale è da spiegarsicon il più contenuto consumo dei mezzi tecnici avvenuto nel comparto.I contributi alla produzione hanno fatto registrare in Umbria, in linea con il dato nazionale, unapprezzabile incremento in seguito al noto cambiamento della Pac. Il valore medio, 1996-97, delpeso di tutti i pagamenti erogati dall’AIMA rispetto alla PV regionale, comprensiva dei pagamentistessi, è del 13,1%. Questo dato e superiore al valore nazionale (8,7%) ma nettamente in linea con ilvalore dell’Italia centrale (11,2%) testimoniando da un lato la buona capacità della Regione di faraderire gli agricoltori umbri ai programmi comunitari -vedasi successo Reg. 2078- e dall’altro lacapacità e sensibiltà degli stessi agricoltori ad aderire a detti programmi.Il sistema agroalimentareLe imprese agroalimentariAll’interno dei settori più rappresentativi per l’Umbria, nel 1996 i segmenti che compongono lafiliera dei cereali (molini, pane, pasticceria e biscotti, mangimi) risultavano essere nel complesso ipiù importanti, in termini di incidenza delle Unità Locali e degli Addetti sul totale (perapprofondimenti consultare le tabelle di analisi socioeconomica, in particolare la tabella 28).Questa filiera non presenta però un buon coordinamento al suo interno: il segmento più prossimo alprimario (molini), dove alta è l’incidenza delle cooperative, si presenta più integrato al territoriorispetto ai settori più a valle (pane, pasticceria, biscotti) ed ai mangimifici.Emergono problemi di coordinamento tra le medie-grandi imprese di questi ultimi segmenti, che simuovono ormai sui mercati internazionali delle materie prime, ed i settori a monte.Anche per le imprese di lavorazione e conservazione della carne (10% degli addetti sul totale) esisteun problema di coordinamento, riguardante l’utilizzo della materia prima locale. Soprattutto nelcomparto suinicolo tale questione costituisce uno dei fattori, insieme ai problemi igienico-sanitaried alla riqualificazione delle produzioni, che spiega l’attuale crisi degli allevamenti.I comparti del vino e dell’olio di oliva si pongono in una posizione intermedia per quanto riguarda,nel complesso, l’incidenza di unità locali ed addetti sul totale, ma non per quel che riguardal’importanza delle cooperative.L’esistenza di DOC e DOP unita alla presenza di programmi di qualità ed assistenza tecnica lungotutti i segmenti, rende queste due filiere importanti elementi da valorizzare in un quadro disfruttamento di quei vantaggi competitivi che si basano sulla qualità e tipicità dei prodotti.In questo contesto le cooperative e le piccole imprese capitalistiche dei due settori svolgono unafunzione fondamentale nell’integrazione dell’industria di trasformazione al territorio e nel veicolaretutte quelle informazioni dal consumatore al produttore (e viceversa), necessarie al continuoadattamento dell’offerta alla domanda.È rilevante la funzione di coordinamento svolta dalle cooperative in molti settori, come nel caso deltabacco e del latte, dove si tratta di salvaguardare un prodotto strategico quale è il latte frescopastorizzato o una coltivazione di grande tradizione e reddito per l’agricoltura umbra, quale è iltabacco.Pag. 30

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