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Prof. Enrico Morini - diocesi.rimini.it

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L’ORTODOSSIA GRECA AL DI DENTRO E AL DI FUORIDELLA COMUNIONE ORTODOSSA<strong>Prof</strong>. <strong>Enrico</strong> <strong>Morini</strong><strong>Prof</strong>essore associato di storia e ist<strong>it</strong>uzioni della Chiesa ortodossapresso l’Alma Mater Studiorum, Univers<strong>it</strong>à di BolognaLa mia esposizione consisterà essenzialmente – e ciò rende ragione del t<strong>it</strong>olo – nelrispondere a due ques<strong>it</strong>i, che mi paiono decisivi per definire l’ident<strong>it</strong>à dell’Ortodossiagreca: che cos’è nei confronti del cattolicesimo latino e che cos’è rispetto al restodell’Ortodossia? A queste due domande, dalla evidente struttura parallela, mi sembra dipoter rispondere con due categorie tratte dalla dinamica parentale: l’Ortodossia greca èsorella e madre; sorella del cattolicesimo latino e madre di altre componentidell’Ortodossia, come la slava e la romena, anch’esse presenti in Italia.La definizione di Chiese sorelle – ripresa da papa Paolo VI, nel luglio 1968, con ilbreve Anno ineunte, proprio in riferimento alla Chiesa di Costantinopoli e, com’è noto,oggetto nel 2000 di alcune precisazioni restr<strong>it</strong>tive in una Dichiarazione dellaCongregazione per la Dottrina delle Fede, che non si intende qui discutere – è da meassunta in senso consapevolmente forte, in un’accezione cioè non solo ecclesiologica –sulla base della comune successione apostolica –, ma ancor prima filosofico-culturale.Quando il cristianesimo incomincia a diffondersi nel bacino del Med<strong>it</strong>erraneo, uscendodall’originario alveo sem<strong>it</strong>ico palestinese, esso incontra essenzialmente due culture,quella greca e quella latina, unificate dalle comuni categorie di linguaggio e di pensieroellenistiche – nelle quali trovava posto anche il giudaismo della diaspora – e deve diconseguenza “inculturarsi” in esse. La riusc<strong>it</strong>a di queste due sintesi culturali, espressioniimper<strong>it</strong>ure della fecond<strong>it</strong>à dell’incontro tra messaggio evangelico e cultura ellenistica, èmanifestata dallo straordinario fenomeno dei Padri della Chiesa, i quali, in un periodo d<strong>it</strong>empo massimamente concentrato – nel 373, ad esempio, i più importanti tra di essi, siapure con età diverse, risultavano viventi –, hanno defin<strong>it</strong>o e trasmesso alla Chiesa comeinterpretare la Scr<strong>it</strong>tura (l’esegesi tipologica), come pregare (le famiglie l<strong>it</strong>urgiche) e comevivere disciplinatamente (la normativa canonica). Ora i Padri, a parte l’isolato gruppo deisiro-orientali, afferiscono a questi due mondi e vengono raggruppati nelle due liste deiPadri greci e dei Padri latini: è primariamente questa gemella filiazione delle due Chiese,greca e latina, dai rispettivi Padri a renderle sorelle. Se poi si considera che, in virtù diquesta sintesi patristica, tutto il cattolicesimo romano (astraendo dal fenomenocontingente delle Chiese orientali cattoliche) è culturalmente latino e tutta l’Ortodossia(compresa, a questo punto, la massiccia componente slava) è culturalmente greca, alloraanche le due Chiese, cattolica ed ortodossa, possono correttamente essere consideratesorelle, senza ledere il l’impregiudicabile principio, tale per entrambe, dell’unic<strong>it</strong>à dellaChiesa.Alla fratern<strong>it</strong>à germana di queste due componenti, greca e latina, della cristian<strong>it</strong>à,si aggiunge quella delle due sedi episcopali, che di esse rispettivamente rappresentano ilvertice gerarchico, Roma e Costantinopoli, entrambe invest<strong>it</strong>e di una primazial<strong>it</strong>à neirispettivi amb<strong>it</strong>i, anche se disomogenea quanto al divenire storico ed ai presuppostiecclesiologici. Costantinopoli, il cui nome autentico è appunto quello di Nuova Roma –come rec<strong>it</strong>a tuttora la t<strong>it</strong>olatura del suo vescovo –, è nata infatti, sul piano civile, come unduplicato della prima, in un’endiadi ist<strong>it</strong>uzionale ben presto estesa, almeno nel sentire delclero costantinopol<strong>it</strong>ano, anche al piano ecclesiastico: sono noti infatti i tentativi deivescovi della Nuova Roma di ottenere dall’Antica per partecipazione, in virtù di questa1


un<strong>it</strong>à ideale, quella prerogativa dell’apostolic<strong>it</strong>à di cui Roma ridondava, mentreCostantinopoli ne era inizialmente priva. Quando poi anche sul Bosforo si arriverà adelaborare, sulla base di antiche leggende, una specifica tradizione di apostolic<strong>it</strong>à per leorigini della propria Chiesa, la scelta sarebbe caduta su Andrea, non a caso il fratello diPietro, un apostolo pertanto funzionale ad esprimere simbolicamente, nella prospettivacostantinopol<strong>it</strong>ana, ora la pari dign<strong>it</strong>à delle sedi episcopali delle due Rome, ora – sullabase della sua qualifica di “primo chiamato” desunta dal racconto giovanneo – laprerogativa della Nuova a sottrarsi al primato giurisdizionale dell’Antica.A questo livello cronologico, infatti, la Grande Chiesa ortodossa e cattolica – cosìchiamata per distinguerla dalle Chiese particolari alienatesi dal resto della cristian<strong>it</strong>à peril loro rifiuto del terzo e del quarto concilio ecumenico – era già di fatto passata da unastruttura pentarchica, pur sempre valida formalmente, ad una sostanziale diarchia traRoma e Costantinopoli. Gli altri tre patriarchi orientali infatti, a loro volta espressione dialtre componenti culturali dell’ellenismo antico – Alessandria di quella egiziana,Antiochia di quella siriaca e Gerusalemme di un particolare ellenismo cosmopol<strong>it</strong>a –,nonché di proprie tradizioni di fondazione apostolica (Marco per Alessandria, Pietro perAntiochia e Giacomo, “fratello del Signore”, per Gerusalemme), erano statiinesorabilmente ridimensionati, prima dagli scismi cristologici e poi dall’espansioneislamica e di conseguenza vennero a trovarsi in una posizione di inferior<strong>it</strong>à rispetto aCostantinopoli, non solo quanto al prestigio, ma anche sul piano ist<strong>it</strong>uzionale. Questaminor<strong>it</strong>à informale sarebbe poi stata formalizzata nel IX secolo nell’Epanagoghé, unasorta di carta cost<strong>it</strong>uzionale dell’impero romano cristiano, mai ufficialmente promulgata,ma nondimeno attribu<strong>it</strong>a, non senza fondamento, al grande patriarca Fozio. Non a caso,nel contesto della famosa controversia del 1054 tra Roma e Costantinopoli, il papa LeoneIX, scrivendo al patriarca Pietro di Antiochia, lo esortava a difendere le prerogative dellaChiesa apostolica dell’Oriente dalle prevaricazioni del collega costantinopol<strong>it</strong>ano.Quest’ultimo è stato, sino alla piena età moderna, il vertice ist<strong>it</strong>uzionaledell’Ortodossia greca, che godeva pertanto anche di una pressoché totale un<strong>it</strong>àgerarchica. Al momento della sua ist<strong>it</strong>uzione, al concilio di Calcedonia del 451, ilpatriarcato di Costantinopoli comprendeva soltanto l’Asia minore, senza la Cilicia, e, inEuropa la Tracia; sennonché alla metà dell’VIII secolo gli imperatori iconoclasti, volendofare coincidere i confini di questo patriarcato con i terr<strong>it</strong>ori da loro effettivamentegovernati – o per lo meno rivendicati –, estesero la sua giurisdizione alla Cilicia, primadipendente da Antiochia, e soprattutto alla Grecia con le sue isole, all’Italia meridionalee alla Sicilia, prima dipendenti da Roma. Mentre questa recupererà nell’XI secolo, con leconquiste normanne, la giurisdizione sull’Italia meridionale e la Sicilia, ciò non avverràmai, nonostante le proteste dei papi, per la penisola balcanica. La Grecia divennepertanto defin<strong>it</strong>ivamente parte integrante del patriarcato ecumenico, con Costantinopoli– e non più Tessalonica – come cap<strong>it</strong>ale non solo pol<strong>it</strong>ica, ma anche culturale edecclesiastica. Tale rimase anche dopo la fine dell’impero nel 1453 e per tutta la duratadella Turcocrazia, sino a quando nel 1833 una parte del paese non riuscì a conseguirel’indipendenza, al prezzo di una lunga e sanguinosa lotta di liberazione dai Turchi. Inquell’occasione la Nuova Grecia, che si considerava erede non già dell’antica Bisanzio,bensì della più antica Atene – scelta come nuova cap<strong>it</strong>ale –, non volle più dipendere dallagiurisdizione del patriarca di Costantinopoli, ancora inser<strong>it</strong>o nel sistema amministrativodell’impero ottomano, e si proclamò anche ecclesiasticamente indipendente. Conl’autocefalia della Chiesa greca – che Costantinopoli avrebbe riconosciuto nel 1850 –l’Ortodossia greca si trovò frammentata in più Chiese particolari, in totale comunione difede, di tradizione culturale e di lingua l<strong>it</strong>urgica, ma con un’altrettanto totaleconfigurazione canonica di autogoverno. Esse sono: il patriarcato di Costantinopoli –2


ampiamente decurtato nella sua giurisdizione da questo abnorme proliferare diautocefalie dai discutibili requis<strong>it</strong>i canonici –, l’apostolica Chiesa di Cipro, autocefala dalV secolo, ed appunto la Chiesa di Grecia. Tra i patriarcati orientali è prevalente la“grec<strong>it</strong>à” in quello ortodosso di Alessandria, ancor oggi il più ellenizzato – ed il cuicrescente numero di fedeli di colore nel continente africano è alimentato dall’attiv<strong>it</strong>àmissionaria di clero proveniente dalla Grecia e da Cipro – e in quello di Gerusalemme,dove però ad una gerarchia integralmente greca fa riscontro un corpo di fedeliinteramente arabo (mentre il patriarcato ortodosso di Antiochia è ormai completamentearabizzato).A questa bipolar<strong>it</strong>à greco-latina della Chiesa antica faceva puntualmente riscontrola già nominata diarchia ist<strong>it</strong>uzionale, in virtù della quale le due Rome risultano le soleChiese invest<strong>it</strong>e di primazial<strong>it</strong>à nella Chiesa universale. Due concili ecumenici hannoinfatti riconosciuto a Costantinopoli tale primazial<strong>it</strong>à, in subordine a Roma, che vienecosì ad aggiungersi alla primazial<strong>it</strong>à simultaneamente attribu<strong>it</strong>ale in tutto l’Oriente,dov’essa godette di un dir<strong>it</strong>to di appello nei confronti dei tribunali ecclesiastici locali,esemplato su quello che nel IV secolo il concilio di Sardica aveva riconosciuto a Roma.Sennonché i due concili, che sancirono la primazial<strong>it</strong>à universale di Costantinopoli –quello del 381 nella c<strong>it</strong>tà imperiale e quello di Calcedonia nel 451 – sulla basedell’analogia tra le due Rome, ci attestano una lettura riduttiva del primato romano,fondandolo non già sulla successione petrina, bensì sulla prior<strong>it</strong>à cronologica dell’AnticaRoma quale cap<strong>it</strong>ale dell’impero. Si delinea così, in modo indiretto ma esplic<strong>it</strong>o – comeimmediatamente compresero i papi del tempo – il punto di massima divaricazioneecclesiologica tra cattolici ed ortodossi, che non è pertanto l’esistenza o meno di unprimato romano e neppure le sue modal<strong>it</strong>à di esercizio, ma piuttosto la sua origine, se siacioè di dir<strong>it</strong>to divino o di dir<strong>it</strong>to ecclesiastico. Va detto però, r<strong>it</strong>ornando alla primazial<strong>it</strong>àdella greca Costantinopoli nell’amb<strong>it</strong>o ortodosso, che essa non è interpretata in terminicosì favorevoli alla Nuova Roma dalle altre componenti dell’Ortodossia. Quella russainfatti – avendo elaborato in tempi recenti un’ecclesiologia più comunionale chesinodale, più pneumatica che giuridica, espressa nella dottrina della sobornost’ – nonnasconde il suo timore che il patriarca ecumenico intenda assumere nella Chiesaortodossa un ruolo assimilabile a quello del papa nella Chiesa cattolica. È stata proprio laChiesa russa a volere nel documento di dialogo teologico cattolico-ortodosso approvato aRavenna nel 2008– sebbene essa fosse assente alla sua approvazione – la precisazione chela comunione rispettivamente con Roma e con Costantinopoli, quale requis<strong>it</strong>o dicanonic<strong>it</strong>à dei concili tenutisi nelle due Chiese dopo lo scisma, dev’essere “compresa inmodo diverso” nei due differenti contesti ecclesiologici.Abbiamo così toccato un punto relativo al secondo ques<strong>it</strong>o che ci siamo postiall’inizio, cioè quale sia il ruolo dell’Ortodossia greca nei confronti del restodell’Ortodossia, anticipando la risposta che ne è la madre. Si tratta ora di spiegarequest’affermazione. Una Chiesa è madre di un’altra quando l’ha generata, come scrivevaTertulliano, «per traducem fidei et semina doctrinae», gettando nel terreno incolto dipaesi lontani il seme della Parola ed inviandovi poi, come maestri della fede e tram<strong>it</strong>i disantificazione, vescovi e preti. Su tali presupposti tutta l’Ortodossia, con l’eccezione de<strong>it</strong>re patriarcati orientali, è figlia di Costantinopoli. Come il canto del Kyrie nella Messalatina e la proclamazione del Trisaghion tra gli improperi del venerdì santo, nella l<strong>it</strong>urgiacattolica, esprimono anche l<strong>it</strong>urgicamente che Roma e Costantinopoli sono sorelle, così ilsentire cantare in Russia, nelle l<strong>it</strong>urgie più solenni, il medesimo Trisaghion in greco,oppure riconoscere, nelle chiese romene, la melodia greca di molti tropari, cantati nellalingua nazionale, rendono a sua volta evidente come la Chiesa greca sia la madre diqueste altre componenti, complessivamente di molto maggior<strong>it</strong>arie, dell’Ortodossia.3


La Chiesa di Costantinopoli – che è la vera cap<strong>it</strong>ale dell’Ortodossia greca – haavuto anch’essa i suoi “barbari” – cioè gli Slavi stanziatisi, dalla fine del VI secolo, intutta la penisola balcanica o presenti ai confini settentrionali dell’impero, oltre il Danubioe a nord del Mar Nero –, che erano ancora pagani, a differenza di molti “barbari”dell’Occidente romano, che erano già cristiani ariani. L’evangelizzazione degli Slavi daparte di Costantinopoli fu un’operazione di straordinarie dimensioni – e di enormeportata per il continente europeo, che nasce pertanto ecclesiasticamente e culturalmentebipolare –, accuratamente programmata da un impero in piena espansione terr<strong>it</strong>oriale,culturale ed artistica ed avviata nel giro di pochissimi anni: tra l’863 e l’867 si s<strong>it</strong>uanoinfatti la missione dei santi fratelli, Cirillo e Metodio, nella Grande Moravia, laconversione della Bulgaria, la tradizionale nemica di Bisanzio, con il battesimo del reBoris, nonché l’invio di un vescovo negli ostili principati della Rus’, mentre nell’879 cisarebbe stato il battesimo del re serbo Mutimir.Con il tragico fallimento della missione cirillo-metodiana in Moravia e inPannonia fallisce anche il tentativo di creare un terzo polo linguistico-culturale nellacristian<strong>it</strong>à – quello slavo in aggiunta al greco e al latino –, suddiviso tra le duegiurisdizioni patriarcali romana e costantinopol<strong>it</strong>ana. Con il passaggio però in Bulgariadei superst<strong>it</strong>i discepoli slavi dei due fratelli di Tessalonica, latori di tutto il patrimoniofondativo per una Chiesa slava, questa progettata operazione si realizzerà solo all’internodel cristianesimo ortodosso. Un confronto tra i due alfabeti, il glagol<strong>it</strong>ico, cioè quellocirilliano, ed il cirillico, cioè quello bulgaro – quest’ultimo, a differenza del primo, con lasua stretta dipendenza dalle lettere greche –, è la più efficace visualizzazione del cambiodi destinazione, per così dire, della missione cirillo-metodiana, nonché della grec<strong>it</strong>àculturale dell’Ortodossia slava. Tale patrimonio fondativo, ulteriormente elaborato edellenizzato in Bulgaria, divenne poi uno strumento indispensabile per la missionecostantinopol<strong>it</strong>ana verso gli Slavi da convertire oltre i confini della Bulgaria stessa, cioèper i principati della lontana e sconfinata Rus’. Fin quasi alla metà del XV secolo questiprincipati formarono una smisurata metropoli nell’amb<strong>it</strong>o del patriarcato diCostantinopoli – che non vorrà mai suddividerla –, governata da metropol<strong>it</strong>i greci ogrecizzati, che seppero coniugare l’appoggio all’azione del Gran Principe di Mosca perunificare il paese con la romaiosynê, cioè con una tenace fedeltà alla lontanaCostantinopoli. Qui il patriarca assumeva sempre di più, di fronte al declinare delprestigio imperiale, la connotazione di supremo pastore di tutta l’Ortodossia, giàcost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a, anche in Europa, da una plural<strong>it</strong>à di giurisdizioni: il patriarcato bulgaro diTărnovo, l’autocefalia serba di Peć (nel XIV secolo, per breve tempo, anch’essapatriarcato) e quella greco-slava di Ochrida, in Macedonia.Nel 1448, per aperti dissensi con la pol<strong>it</strong>ica unionistica di Costantinopoli – che aFirenze nel 1439 aveva sottoscr<strong>it</strong>to l’unione con Roma – anche la Chiesa russa si decise,dopo lunghe es<strong>it</strong>azioni, al gran passo dell’autocefalia: la figlia si staccò dalla madre, dicui era già più estesa e questa cresc<strong>it</strong>a a dismisura della prima in rapporto alla seconda siè accentuata in epoca moderna, con la straordinaria espansione missionaria russanell’Asia siberiana, arrivando persino, oltre lo stretto di Bering, nel continenteamericano. I rapporti numerici tra le due Chiese sino pertanto invert<strong>it</strong>i rispetto ai lororuoli: oggi il settantadue per cento di tutti gli ortodossi – ha rilevato Andrea Pacini – vivenel terr<strong>it</strong>orio canonico della Chiesa russa. Nondimeno la Chiesa madre, il tronoecumenico, non ha mai cessato di rivendicare questa sua qualifica nei confronti dellaChiesa russa: il patriarca Demetrio, nel 1988, lo ha voluto ribadire in una lettera enciclicainviata al pleroma dell’Ortodossia in occasione del millenario del battesimo della Rus’ enel luglio 2008 la solenne celebrazione dei Vespri, da parte del suo successoreBartolomeo, sotto le volte di S. Sofia di Kiev – la cattedrale storica dei metropol<strong>it</strong>i di4


tutta la Rus’ dipendenti da Costantinopoli – ne ha offerto una efficace riaffermazionel<strong>it</strong>urgica. Da parte loro i governanti russi, che volevano la dign<strong>it</strong>à patriarcale per ilmetropol<strong>it</strong>a di Mosca, non si comportarono come quelli serbi – che nel 1346 avevanoelevato a patriarca l’arcivescovo di Peć in un concilio da cui era assente la Chiesa madrecostantinopol<strong>it</strong>ana –, ma la pretesero, nel 1589, direttamente dal patriarca diCostantinopoli, Geremia II, allora in vis<strong>it</strong>a nelle loro terre, proprio come a suo tempoavevano voluto i patriarchi bulgari, elevati a tale dign<strong>it</strong>à a due riprese, nel 927 e poi nel1235, sempre dalla Chiesa madre di Costantinopoli.Nel frattempo la caduta dell’impero romano cristiano, oltre a determinarel’inquietante aporia teologica di una Chiesa senza più impero, aveva incrementato e, percosì dire, ist<strong>it</strong>uzionalizzato, quella dimensione panortodossa già assunta, come si è detto,dall’Ortodossia greca – tram<strong>it</strong>e il ruolo del patriarcato di Costantinopoli –, nell’ultimosecolo dell’impero romano d’oriente. Posto al vertice del millet dei Romani, cioè della“nazione” di tutti i cristiani ortodossi dell’impero ottomano, con lim<strong>it</strong>ate ma ben defin<strong>it</strong>eprerogative civili nei loro confronti, il patriarca ecumenico vide sempre più enfatizzata lasua primazial<strong>it</strong>à, indirettamente rafforzata dalla soppressione del patriarcato moscov<strong>it</strong>a edalla sua sost<strong>it</strong>uzione, nel 1721, con il sistema sinodale. Questo si verificò innanz<strong>it</strong>uttonei confronti degli antichi patriarcati orientali, che del resto, già a partire dal XIII secolo,avevano abbandonato le proprie originarie tradizioni l<strong>it</strong>urgiche (alessandrina, antiochenae gerosolim<strong>it</strong>ana) per assumere il r<strong>it</strong>o costantinopol<strong>it</strong>ano. Infatti, pur essendo essi a capodi Chiese da sempre autocefale e colleghi, nella comune dign<strong>it</strong>à patriarcale,dell’arcivescovo di Costantinopoli – del quale rispettano la primazial<strong>it</strong>à ecclesiastica –,dal punto di vista civile questi vescovi erano, nel sistema amministrativo dell’imperoturco, sostanzialmente dei sudd<strong>it</strong>i dell’omologo costantinopol<strong>it</strong>ano. Nella parte europeadell’impero ottomano si registrava poi la tendenza del patriarca ecumenico ad estenderel’amb<strong>it</strong>o della sua diretta giurisdizione ecclesiastica, facendolo coincidere con quellodelle sue competenze civili: abbiamo così le soppressioni, nel 1766, del secondopatriarcato serbo (che era stato ricost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o nel 1557) e, nel 1767, dell’autocefalia grecoslavadi Ochrida (ist<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a nel lontano 1018), misure accompagnate da tentativi diellenizzazione dei nuovi fedeli, serbi e bulgari, così acquis<strong>it</strong>i dal patriarcato, per nonparlare degli analoghi tentativi effettuati nelle terre romene, in modo ancor più deciso,dai vescovi “fanarioti” – cioè da ecclesiastici greci originari del Fanar, ancora oggi ilquartiere cristiano di Costantinopoli – inviati a governare le eparchie di Valacchia e diMoldavia. In virtù di questa pol<strong>it</strong>ica ecclesiastica centralizzatrice – del resto tradizionaleper il patriarcato ecumenico, che incominciò a attribuire a questo suo t<strong>it</strong>olo una valenzagiurisdizionale panortodossa – la Chiesa di Costantinopoli venne ad assumere uncarattere multietnico e polilinguistico, che metteva in secondo piano la sua connotazioneetnica di patriarcato ellenico. A questo riguardo il grande Atenagora, nato da unafamiglia greca in un villaggio bietnico e bilingue (come attesta il doppio nome: Tsaraplanàin slavo e Vasilikòn in greco), nell’Epiro (dunque alla confluenza tra Grecia, Albania eMacedonia slava) e familiarizzato con la frammista componente valacca, di cuiconosceva la lingua, è stato l’ultimo autorevole rappresentante – come hanno fatto notareValeria Martano e Roberto Morozzo della Rocca – di questa dimensione panortodossadel patriarcato ecumenico.La s<strong>it</strong>uazione odierna di questa Chiesa comporta il permanere di tutte lelim<strong>it</strong>azioni imposte dalle autor<strong>it</strong>à turche, islamiche o laiche che siano, a fronte dellaperd<strong>it</strong>a di tutti i privilegi di cui essa aveva goduto sotto il governo ottomano. La sedecostantinopol<strong>it</strong>ana ha conosciuto anche una drastica riduzione della sua giurisdizione –per l’emergere delle autocefalie balcaniche, in maggioranza evolutesi poi in patriarcati, eper la quasi simultanea catastrofica fine della grec<strong>it</strong>à nell’Asia Minore e nel Ponto –, che5


ha comportato il forzato recupero, nello spazio geopol<strong>it</strong>ico dell’Ortodossia, dell’ident<strong>it</strong>àetnico-culturale ellenica. Nel frattempo però la presenza dell’Ortodossia greca nellacomunione delle Chiese ortodosse si è duplicata con il conferimento dell’autocefalia, nel1850, alla Chiesa del Regno di Grecia, dopo diciassette anni di rottura delle reciprocherelazioni canoniche in segu<strong>it</strong>o all’autoproclamato distacco di quest’ultima dalla Chiesamadre. Questa dual<strong>it</strong>à di rappresentanza greca nell’Ortodossia comportò inev<strong>it</strong>abilmenteacute tensioni, del tutto comprensibili alla luce dell’intrinseca debolezza canonicadell’autocefalia greca, perfettamente avvert<strong>it</strong>a da Costantino Oikonomos degliOikonomoi, forse la più grande personal<strong>it</strong>à ecclesiastica greca del XIX secolo, la cuicarriera si è svolta emblematicamente tra Costantinopoli, Pietroburgo ed Atene.La Chiesa greca infatti, rispetto a quella di Costantinopoli, risulta chiaramentepriva di quella specifica ident<strong>it</strong>à linguistico-culturale ed etnica nei confronti della Chiesamadre, che il canone 34 degli Apostoli presenta come un requis<strong>it</strong>o indispensabile perleg<strong>it</strong>timare l’indipendenza di una Chiesa particolare dal patriarcato di afferenza. Inoltrefu sub<strong>it</strong>o evidente la tendenza della Chiesa greca a superare i lim<strong>it</strong>i imposti dal tomopatriarcale di autocefalia: esso prevedeva infatti che i suoi vescovi menzionassero nellal<strong>it</strong>urgia non già un suo primate, ma il Santo Sinodo, e che il presidente di questoorganismo, il metropol<strong>it</strong>a di Atene, non assumesse il t<strong>it</strong>olo di arcivescovo, come invece èavvenuto. Del resto le recenti dispute tra le due Chiese in mer<strong>it</strong>o alle nomine episcopalinelle trentasei metropoli della Grecia del Nord e dell’Egeo settentrionale – prestate dalpatriarcato, nel 1928, all’amministrazione della Chiesa di Grecia –, nelle quali il patriarcar<strong>it</strong>iene di aver voce in cap<strong>it</strong>olo, ed all’obbligo dei loro vescovi di menzionare nellal<strong>it</strong>urgia non già il sinodo ateniese, bensì il patriarca, sono una significativa testimonianzadel persistere di tali tensioni, più volte emerse sotto l’arcivescovo di Atene Cristodulo,scomparso nel gennaio 2009. Del resto anche in segu<strong>it</strong>o, in uno scr<strong>it</strong>to diffuso on line il 1°febbraio di quest’anno, il metropol<strong>it</strong>a Amvrosios di Kalavr<strong>it</strong>a – già da tempo messosi inluce per le cr<strong>it</strong>iche alle aperture ecumeniche di Costantinopoli – ha accusato il patriarcaBartolomeo di essersi rivolto al nuovo arcivescovo di Atene Hieronymos, in vis<strong>it</strong>a l’annoscorso al Fanar, con il t<strong>it</strong>olo di Metropol<strong>it</strong>a.Si registra invece nell’Ortodossia ellenica un pieno consenso tra la Chiesa diGrecia ed il patriarcato di Costantinopoli nel comune riconoscimento della giurisdizionecanonica della sede ecumenica su tutti i Greci sparsi nel mondo, nonché, più in generale,su tutti gli ortodossi della cosiddetta “diaspora”, prerogativa quest’ultima contestataimplic<strong>it</strong>amente – e talvolta anche esplic<strong>it</strong>amente – dalle altre componenti non ellenichedell’Ortodossia. Essa si fonda sul cosiddetto canone 28 del concilio di Calcedonia del451, che rappresenta, per così dire, la carta di fondazione del patriarcato ecumenico, ildocumento in cui è delineato con precisione l’amb<strong>it</strong>o originario della sua giurisdizionepatriarcale e che non può non essere valido ancor oggi, pur con le necessarieinterpretazioni ed estensioni coerenti con il moderno assetto geopol<strong>it</strong>ico. Proprio una suaclausola aveva in sé la potenzial<strong>it</strong>à di dilatare enormemente gli spazi della direttagiurisdizione costantinopol<strong>it</strong>ana, quasi a futura imprevista compensazione della drasticariduzione, che ai nostri giorni – come si è visto – essa avrebbe sub<strong>it</strong>o. I Padri diCalcedonia attribuirono infatti all’arcivescovo di Costantinopoli anche la giurisdizionesui vescovi che incominciavano ad insediarsi, in virtù della progressiva attiv<strong>it</strong>àmissionaria, in terr<strong>it</strong>ori al di fuori dell’impero romano d’oriente, defin<strong>it</strong>i per questo dalcanone “terre dei barbari”. Ora in virtù del presupposto fondamentale della perennevalid<strong>it</strong>à della normativa canonica – che esige però inev<strong>it</strong>abilmente l’interpretazione“attualizzante” di una terminologia ormai storicamente desueta – risultò assolutamentenaturale assimilare la categoria di “barbari” – in un mondo moderno in cui essa non hapiù uno spazio accettabile – a quella di “non ortodossi”, interpretando semplicemente in6


senso estensivo la sua semantica di “estranei” all’ecumene romano-cristiana, alloracoincidente con lo spazio dell’impero. Consiste precisamente in questo la giurisdizioneiperoria – letteralmente “oltre i confini” – rivendicata dal patriarcato ecumenico, cioèl’esclusiva della cura pastorale di tutti gli ortodossi viventi al di fuori dell’alveo storico egeografico dell’Ortodossia. In virtù di essa si sono poste sotto l’omophorion – cioè l’ampiopallio episcopale – del patriarca ecumenico, vale a dire sotto la sua giurisdizione, singolecomun<strong>it</strong>à di Ucraini, Carpato-ruteni ed Albanesi in America, e di Russi nell’Europaoccidentale, questi ultimi riun<strong>it</strong>i dal 1931 in un arcivescovato con sede a Parigi (esarcatodal 1999). Sempre in virtù di essa la Metropoli ortodossa d’Italia e di Malta, Esarcato delpatriarcato ecumenico per l’Europa meridionale, ha destinato sue parrocchie alla curapastorale di fedeli ortodossi anche di altre nazional<strong>it</strong>à, come slavi e romeni, nonostante lapresenza sul terr<strong>it</strong>orio delle rispettive giurisdizioni ortodosse dei paesi di provenienza.Altre componenti etnico-linguistiche dell’Ortodossia, pur essendo tutte Chiesefiglie di Costantinopoli, non condividono questa interpretazione estensiva dellagiurisdizione del patriarcato ecumenico e, di conseguenza, hanno creato una strutturagerarchica per i propri fedeli viventi nella diaspora, determinando così la vistosaanomalia canonica di una sovrapposizione terr<strong>it</strong>oriale di diverse gerarchie ortodosse, inflagrante violazione del principio, autorevolmente sanc<strong>it</strong>o dai primi concili, di un solovescovo in ogni c<strong>it</strong>tà (canone 8 di Nicea) e di un solo metropol<strong>it</strong>a in ogni provincia(canone 21 di Calcedonia). L’esuberanza del sentire in termini di nazional<strong>it</strong>à ha infattiprodotto un’impropria dilatazione dei confini della Chiesa particolare, concep<strong>it</strong>i non piùin termini terr<strong>it</strong>oriali, ma in un’inus<strong>it</strong>ata accezione esclusivamente etnica, come se unagiurisdizione ecclesiastica dovesse modellarsi sul terr<strong>it</strong>orio secondo il disporsi nellospazio geografico dei propri fedeli, sovrapponendosi pertanto ad altre giurisdizionirelative a fedeli ortodossi, ma di stirpe diversa.Giustamente preoccupati per questa palese violazione dell’ordinamento canonico,i gerarchi ortodossi cercano da tempo una soluzione, resa estremamente difficile dalladuplice esigenza di contemperare le prerogative di Costantinopoli con l’aspirazione delleChiese particolari a non perdere la giurisdizione sui propri fedeli emigrati all’estero.Nell’ottobre 2008 i Primati di tutte le Chiese ortodosse, convocati a Costantinopoli dalpatriarca ecumenico, hanno deliberato, su proposta di quest’ultimo, di investire dellaquestione una Conferenza panortodossa da convocarsi nell’anno successivo. Questa,riun<strong>it</strong>asi nel giugno 2009 – nell’amb<strong>it</strong>o delle conferenze panortodosse preconciliari, cioèpreparatorie del Santo e Grande Concilio della Chiesa ortodossa –, a Chambésy, inSvizzera, presso il Centro ortodosso del patriarcato ecumenico, ha deciso all’unanim<strong>it</strong>àdi ist<strong>it</strong>uire nei terr<strong>it</strong>ori della diaspora Conferenze episcopali nazionali, che riuniscano ivescovi di tutte le Chiese ortodosse presenti sul terr<strong>it</strong>orio, sotto la presidenza del piùanziano dei gerarchi afferenti al patriarcato di Costantinopoli, secondo il modello giàsperimentato in America con la Conferenza permanente dei vescovi ortodossi inAmerica. Si tratta di una soluzione necessaria per manifestare l’un<strong>it</strong>à dell’Ortodossia,utile ed efficace per risolvere i problemi pastorali determinati dalla plural<strong>it</strong>à digiurisdizioni, ma ancora ben lontana dal sanare l’incongruenza canonica dellasovrapposizione terr<strong>it</strong>oriale delle medesime.Oggi tuttavia l’un<strong>it</strong>à ortodossa potrebbe sembrare compromessa, ben più che daquesto contenzioso riguardante i dir<strong>it</strong>ti di giurisdizione sulla diaspora, da profondedivers<strong>it</strong>à di vedute che, oltre a dividere le diverse componenti etnico-linguistichedell’Ortodossia, hanno tracciato una linea di demarcazione all’interno della stessaOrtodossia greca, contrapponendo – anche se non formalmente, tuttavia sostanzialmente– la Chiesa figlia di Grecia alla Chiesa madre di Costantinopoli. Si tratta essenzialmentedi una diversa valutazione in generale delle implicazioni teologiche e canoniche del7

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