attivamente l’autonomia
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L’OPERA<br />
Ambienti hi-tech<br />
La Fondazione Don<br />
Gnocchi è <strong>attivamente</strong><br />
impegnata a<br />
sviluppare strumenti<br />
e tecnologie<br />
computerizzate per<br />
migliorare <strong>l’autonomia</strong><br />
delle persone con<br />
disabilità nel proprio<br />
ambiente domestico.<br />
60
La scienza<br />
ha a cuore<br />
i pazienti<br />
La Fondazione Don Gnocchi è leader<br />
nella riabilitazione. Missione affrontata<br />
con progetti scientifici all’avanguardia<br />
di Edoardo Rosati<br />
Robotica. Realtà virtuale immersiva. Imaging<br />
avanzato. Biofotonica clinica. Nanomedicina.<br />
Sì, ammettiamolo: di primo acchito si resta<br />
piuttosto sconcertati nel pensare che queste modernissime<br />
etichette facciano parte (e che parte!)<br />
del vocabolario universale di<br />
don Carlo Gnocchi. Ma, a una seconda<br />
riflessione, non c’è da stupirsi.<br />
Esemplificano in chiave<br />
moderna il binomio che da sempre<br />
ha segnato il cammino di questo<br />
grande sacerdote: Scienza e<br />
Prossimità. Ossia: il progresso scientifico<br />
che s’inchina al letto del paziente.<br />
Di chi ha bisogno. Della persona più fragile.<br />
Furio Gramatica<br />
Ecco il leitmotiv del pensiero trainante di don Gnocchi.<br />
Lo era ai suoi tempi (al servizio dei “mutilatini”) e<br />
continua a esserlo oggi, rinverdito alla luce dei bisogni<br />
cambiati e dei traguardi vertiginosi tagliati dall’innovazione<br />
tecnologica.<br />
La Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus (inizialmente<br />
costituita nel 1952 col nome di «Fondazione<br />
Pro Juventute») è realtà leader nel settore della riabilitazione.<br />
Un impegno che viene quotidianamente<br />
61
L’OPERA<br />
Allenarsi<br />
con l’aiuto del robot<br />
Tre pazienti lavorano<br />
alla console di<br />
un sistema robotico<br />
in una palestra della<br />
Fondazione.<br />
I robot possono<br />
migliorare<br />
il risultato di<br />
un trattamento<br />
e perciò stanno<br />
conoscendo<br />
una forte espansione<br />
nel campo della riabilitazione,<br />
non per<br />
prendere il posto del<br />
terapista, che rimane<br />
sempre insostituibile,<br />
ma per corroborare<br />
la sua azione<br />
e rendere<br />
più efficaci i suoi<br />
interventi curativi.<br />
assicurato attraverso un network di 28 Centri spalmati<br />
in 9 Regioni dello Stivale. E svolto all’insegna di un<br />
motto solare che è un manifesto programmatico: «Accanto<br />
alla vita. Sempre!».<br />
«Per noi “Accanto la vita” significa fondamentalmente<br />
la presa in carico del malato, della persona che cerca una<br />
risposta concreta alla propria disabilità», spiega il dottor<br />
Furio Gramatica, responsabile Health Technology<br />
Assessment della Fondazione. «“Sempre” vuol dire in<br />
ogni situazione, in ogni ambito, in ogni passo del paziente,<br />
dall’istante in cui comincia il suo cammino riabilitativo.<br />
Ma non è soltanto una questione di continuità<br />
nel tempo: quel “Sempre” sottintende anche “con qualunque<br />
mezzo”. Per cui, la ricerca scientifica è un mezzo.<br />
La risorsa tecnologica è un mezzo. Strumenti ormai imprescindibili<br />
per rispondere ai sempre più pressanti bisogni<br />
di salute della comunità».<br />
Già, perché bisogna fare i conti con una realtà inoppugnabile:<br />
la popolazione planetaria invecchia. Guadagna<br />
anni di aspettativa di vita, però la qualità non aumenta<br />
parallelamente. In definitiva, siamo più longevi ma ci<br />
trasciniamo anche un fardello di acciacchi. «In una potente<br />
sintesi», rimarca Gramatica, «potremmo dire che,<br />
fortunatamente, la gente non muore più come una volta<br />
ma... non sempre vive bene». E se la medicina brilla per<br />
la sua capacità di salvare vite umane, è il “dopo” (una<br />
volta superata, cioè – come dicono i medici –, la fase<br />
acuta: un trauma, un infarto, un ictus) che resta ancora<br />
problematico. Quindi: come affrontare gli anni di esistenza<br />
in più alle prese con una disabilità? Questa è, per<br />
l’appunto, la vera sfida da sostenere. E la Fondazione<br />
Don Gnocchi ha raccolto prontamente il guanto. Per<br />
essere accanto alla vita. Sempre.<br />
OBIETTIVO: ARGINARE LA DISABILITÀ<br />
Domanda: attraverso quali strumenti è possibile colmare<br />
la disabilità? «La disabilità è uno scompenso», premette<br />
il dottor Gramatica: «tra quanto ci chiede la società e<br />
quello che, invece, noi riusciamo materialmente a dare.<br />
Tra richiesta e prestazione personale. Quando l’una non<br />
viene soddisfatta dall’altra, esiste una disabilità. Non è<br />
soltanto l’esito di un incidente, che ha menomato una<br />
parte corporea. C’è anche la disabilità dell’anziano, semplicemente<br />
perché, con i suoi tanti malesseri, a un certo<br />
punto non ce la fa più a... stare dietro al mondo». Ed ecco<br />
che entra in gioco lo staff multidisciplinare della Fonda-<br />
62
LA FONDAZIONE DON GNOCCHI OGGI:<br />
UN NETWORK DI CENTRI SPECIALISTICI RAGGRUPPATI IN 9 PRESIDI<br />
Presidio Nord 1<br />
MILANO - Centro IRCCS S. Maria Nascente<br />
MILANO - Istituto Palazzolo-Don Gnocchi<br />
MILANO - Centro Vismara<br />
LEGNANO (MI) - Centro Multiservizi<br />
Presidio Nord 2<br />
ROVATO (BS) - Centro Spalenza-Don<br />
Gnocchi<br />
Pessano con Bornago (MI) - Centro<br />
S. Maria al Castello<br />
MONZA - Hospice S. Maria delle Grazie<br />
Presidio Nord 3<br />
MILANO - Centro Girola-Don Gnocchi<br />
SEREGNO (MB) - Centro Ronzoni<br />
Villa-Don Gnocchi<br />
INVERIGO (CO) - Centro S. Maria<br />
alla Rotonda<br />
Presidio Nord 5<br />
TORINO - Centro S. Maria ai Colli<br />
TORINO - Presidio Ausiliatrice-Don<br />
Gnocchi<br />
Presidio Nord 4<br />
MALNATE (VA) -<br />
Centro S. Maria al Monte<br />
SALICE TERME (PV) -<br />
Centro S. Maria alle Fonti<br />
Presidio Centro 1<br />
LA SPEZIA - Polo riabilitativo del Levante Ligure<br />
FIRENZE - Centro IRCCS Don Carlo Gnocchi<br />
MARINA DI MASSA (MS) - Centro S. Maria alla Pineta<br />
FIVIZZANO (MS) - Polo specialistico riabilitativo<br />
COLLE VAL D’ELSA (SI) - Centro Don Gnocchi<br />
Presidio Centro 2<br />
PARMA - Centro S. Maria<br />
ai Servi<br />
FALCONARA M.MA (AN) -<br />
Centro Bignamini-Don<br />
Gnocchi<br />
Presidio Centro-Sud<br />
ROMA - Centro Santa Maria della Pace<br />
ROMA - Centro Santa Maria della Provvidenza<br />
SANT’ANGELO DEI LOMBARDI (AV) - Polo specialistico riabilitativo<br />
SALERNO - Centro Santa Maria al Mare<br />
Presidio Sud<br />
ACERENZA (PZ) -<br />
Centro Gala-Don Gnocchi<br />
TRICARICO (MT) -<br />
Polo specialistico<br />
riabilitativo<br />
63
L’OPERA<br />
Si studiano anche<br />
le “gambe bioniche”<br />
Un paziente testa<br />
un sistema robotico<br />
“indossabile”,<br />
progettato<br />
per resituire<br />
una camminata<br />
efficiente a chi ha<br />
subito l’amputazione<br />
degli arti<br />
inferiori, al di sopra<br />
del ginocchio.<br />
Si tratta del Progetto<br />
Cyberlegs,<br />
che ha visto<br />
il coordinamento<br />
dell’Istituto di<br />
BioRobotica della<br />
Scuola Superiore<br />
Sant’Anna di Pisa<br />
e la partecipazione<br />
della Fondazione<br />
Don Carlo Gnocchi.<br />
zione. «Si cerca di risollevare la funzione corporea con un<br />
atto medico, certo, però, dove non si può, ci adoperiamo<br />
per semplificare il compito che la persona deve svolgere.<br />
E allora qui chiediamo aiuto alla tecnologia. Che ha conosciuto<br />
un’esplosione incommensurabile. Attenzione:<br />
noi sfruttiamo, sì, le macchine e l’informatica ma... umanizzandole.<br />
Per amplificare il benessere delle persone».<br />
Negli ambienti della Fondazione Don Gnocchi forte è la<br />
presenza dei robot impiegati nei percorsi riabilitativi, per<br />
incentivare il recupero psicofisico nei bambini e nei ragazzi<br />
portatori di handicap o affetti da complesse patologie<br />
acquisite e congenite; nei pazienti di ogni età che<br />
necessitano di assistenza in ambito neuromotorio o cardiorespiratorio;<br />
nelle persone con esiti di traumi, colpite<br />
da ictus, sclerosi multipla, Sla, Parkinson, Alzheimer o<br />
altre patologie invalidanti.<br />
«Ma l’ausilio robotico, nei nostri programmi di cura, non<br />
è mai dominante: è sempre il paziente al centro del trattamento<br />
e la macchina si adegua al suo deficit, senza mai<br />
prendere il comando. Come dire: se il malato si aiuta, con<br />
le proprie capacità residue, la macchina lo aiuta. E sempre<br />
a patto che a “tirare le fila” siano il medico e il terapista, ai<br />
quali spetta il compito ultimo di stilare il programma di<br />
lavoro del paziente, sulla base della sua particolare patologia<br />
e del suo recupero funzionale».<br />
I robot sono assistenti formidabili nei piani riabilitativi<br />
messi a punto dalla Fondazione. E l’aspetto singolare è<br />
che... piacciono. Un sacco. «I pazienti restano affascinati<br />
da queste macchine», sorride il dottor Gramatica. «Le<br />
persone anziane si divertono, figuratevi i bambini!».<br />
La persona deve svolgere una serie di esercizi (non “casuali”<br />
ma standardizzati, validati dalle Società scientifiche<br />
internazionali) in base alla propria disabilità: esistono,<br />
così, robot per la riabilitazione della mano, o solo del<br />
braccio, o esoscheletri studiati per riaddestrare gli arti<br />
inferiori. «I sistemi robotici e le tecnologie in generale<br />
permettono di aumentare l’intensità del trattamento (leggi:<br />
movimenti ripetuti nel tempo), e sanno motivare e<br />
stimolare il paziente», puntualizza Gramatica.<br />
QUANDO LA TERAPIA DIVENTA UN GIOCO<br />
In tal senso, una delle punte di diamante della Fondazione<br />
è il CareLab: sfrutta la realtà virtuale per la riabilitazione<br />
pediatrica, in particolare nei bambini alle prese<br />
con un deficit neuromotorio (come un’emiparesi). Parliamo<br />
di una stanza-gioco attrezzata con strumentazioni<br />
64
UNA MAGLIETTA “MAGICA”<br />
PER SAMANTHA CRISTOFORETTI<br />
Un progetto della Fondazione è stato al centro<br />
di un esperimento sulla Stazione Spaziale Internazionale<br />
Scientifici ma anche fantascientifici, sono i progetti<br />
sostenuti dalla Fondazione Don Gnocchi. Decisamente<br />
futuristica, infatti, è MagIC-Space, una maglietta<br />
ipertecnologica frutto della ricerca sviluppata dal<br />
Laboratorio Sensori indossabili e Telemedicina<br />
del Centro IRCCS «S. Maria Nascente» - Fondazione Don<br />
Gnocchi di Milano. Risulta composta da una serie<br />
di “rilevatori” per registrare l’elettrocardiogramma e la<br />
respirazione, un’unità di monitoraggio per la raccolta dei<br />
Missione nello spazio L’astronauta italiana Samantha Cristoforetti, 38, mostra<br />
MagIC-Space, maglietta hi-tech che è stata messa a punto dalla Fondazione<br />
Don Gnocchi per indagare la fisiologia del sonno e le sue eventuali anomalie.<br />
dati e la misura dei movimenti cardiaci, un termometro<br />
per controllare la temperatura cutanea e un pacco-batterie<br />
per l’alimentazione del dispositivo.<br />
Il sistema è stato progettato per approfondire la<br />
conoscenza dei meccanismi fisiologici del sonno durante<br />
le missioni spaziali. Testimonial d’eccezione: Samantha<br />
Cristoforetti, l’astronauta italiana dell’Agenzia Spaziale<br />
Europea. Ha indossato la maglietta sensorizzata a bordo di<br />
quel grande laboratorio orbitante – un eccezionale centro<br />
di ricerche a 400 chilometri dalla Terra – che è la Stazione<br />
Spaziale Internazionale. In pratica, Samantha ha indossato<br />
la “tecno-maglietta” prima di coricarsi, collegando l’unità<br />
elettronica portatile e l’unità batterie, e attivando il<br />
monitoraggio. Il sistema ha registrato i parametri biologici<br />
dell’astronauta durante l’intero periodo di sonno (il piano<br />
ha previsto sei registrazioni<br />
nell’arco dei sei mesi<br />
di permanenza nello spazio).<br />
Al risveglio, i dati memorizzati<br />
sono stati trasferiti a un<br />
computer di bordo, per la<br />
successiva trasmissione a terra<br />
(per essere analizzati dallo staff<br />
della Fondazione, in team<br />
con i medici dell’Istituto<br />
Auxologico Italiano di Milano).<br />
Le ricadute del test non<br />
hanno a che fare solo con<br />
la Medicina dello Spazio,<br />
ma anche con quella...<br />
“terrena”, poiché nel mondo<br />
occidentale una persona su<br />
quattro soffre di disturbi del<br />
sonno, che spesso richiedono<br />
monitoraggi complessi.<br />
Il dispositivo potrebbe,<br />
insomma, essere sfruttato<br />
direttamente a casa<br />
del paziente per sorvegliare<br />
le sue funzioni fisiologiche<br />
nelle ore notturne e ricavare<br />
quindi una diagnosi<br />
“a distanza”, nell’ambito dei<br />
servizi di telemedicina.<br />
65
L’OPERA<br />
La realtà virtuale<br />
diventa terapia<br />
La stanza-gioco<br />
del CareLab,<br />
il laboratorio<br />
d’avanguardia<br />
(allestito al Centro<br />
IRCCS «S. Maria<br />
Nascente» di Milano)<br />
per la riabilitazione<br />
assistita al computer.<br />
Sfrutta la realtà<br />
virtuale per il<br />
recupero dei bambini<br />
con deficit neuromotori,<br />
stimolando<br />
le attività motorie e<br />
cognitive sotto forma<br />
di gioco interattivo.<br />
audio-video all’avanguardia: in pratica, il bambino<br />
gioca a una console, col compito di trasmettere determinati<br />
movimenti al suo avatar, il tutto mentre sensori e<br />
dispositivi di misura – presenti (e nascosti) nel laboratorio<br />
– registrano oggettivamente l’attività del piccolo<br />
paziente e i progressi del suo percorso riabilitativo.<br />
Curare giocando, insomma. Questi strumenti garantiscono<br />
un “ingrediente umano” assolutamente prezioso<br />
in ogni terapia: la partecipazione.<br />
Il paziente si cala nell’esperienza tecnologica, si sente<br />
emotivamente coinvolto e tocca con mano i successi<br />
personali conquistati giorno dopo giorno. E poi i robot<br />
sono giudici insindacabili e per questo di essenziale<br />
utilità per i medici, perché sanno fornire misure oggettive<br />
del recupero fisico. Eh sì, perché – accanto alla valutazione<br />
esperta del terapista – è incredibilmente cruciale<br />
disporre di un’informazione indiscutibile qual è il dato<br />
che deriva dalla misurazione di un robot.<br />
GARANTIRE L’ASSISTENZA ANCHE A DISTANZA<br />
Ma gli operatori della Fondazione hanno esteso il raggio<br />
d’azione anche al di fuori dei propri laboratori. Arriva il<br />
giorno, infatti, in cui il paziente torna a casa. Tutto finito?<br />
Nient’affatto. L’assistenza prosegue: con la teleriabilitazione.<br />
A distanza, insomma. «Stiamo lanciando un progetto<br />
a brevissimo termine, integrando gli strumenti<br />
esistenti in uno scenario assistenziale che conosciamo<br />
bene: anche nella fase domiciliare, non vogliamo che la<br />
persona resti sola, in balia dei sensori o dei sistemi di<br />
monitoraggio. Intendiamo garantire comunque una<br />
presenza umana. Per cui, nel momento in cui il paziente<br />
effettuerà, a seconda delle istruzioni che noi avremo assegnato,<br />
la sua seduta riabilitativa a casa, un terapista si<br />
collegherà con lui in audio-video, per verificare il buon<br />
andamento dell’esercizio e dispensare pareri e consigli».<br />
Di nuovo: scienza e prossimità. L’accoppiata vincente.<br />
«Condividere la sofferenza», diceva don Gnocchi, «è il<br />
primo passo terapeutico».<br />
E non è finita: chi transita in uno dei Centri della Fondazione<br />
Don Gnocchi riceve sempre, prima della dimissione,<br />
una valutazione Siva. La sigla sta per «Servizio informazione<br />
e valutazione ausili». Prende origine e spunto<br />
proprio dalla pluriennale esperienza della Fondazione in<br />
questo campo. Un operatore, cioè, valuta il bisogno di un<br />
assistito e individua quindi l’ausilio, la possibile soluzione<br />
che può consentirgli di ottimizzare la gestione della<br />
vita quotidiana; questo verrà poi prescritto dal medico e<br />
alla fine fornito oppure installato. Già, perché l’ausilio in<br />
questione può essere, per esempio, un deambulatore o<br />
una stampella, ma potrebbe pure consistere in una serie<br />
di migliorie per la vita casalinga: dai sedili da bagno o da<br />
doccia agli strizzastrofinacci applicato nel lavandino (se<br />
si ha poca forza nelle mani), fino ai dispositivi elettronici<br />
ed elettrici per poter aprire i serramenti o accendere le<br />
66
UN DISPOSITIVO RESTITUISCE<br />
IL MOVIMENTO AI NEUROLESI<br />
Concepito e brevettato dalla Fondazione, punta ad aiutare<br />
paraplegici e tetraplegici a recuperare <strong>l’autonomia</strong><br />
Ogni anno nel nostro Paese si registrano circa 1.800<br />
nuovi casi di paraplegia (in genere, conseguenza di<br />
traumi derivanti da incidenti stradali e infortuni sul lavoro).<br />
Allo stato attuale, in Italia vivono circa 80.000 paraplegici.<br />
Nel mondo sono circa 2,5 milioni le persone con lesioni<br />
spinali, e 130.000 i nuovi pazienti ogni anno. Numeri più<br />
che sufficienti per spingere la Fondazione Don Gnocchi a<br />
lavorare in prima linea e a testa bassa nell’assistenza di<br />
tale popolazione. Anche (e soprattutto) elaborando nuove<br />
soluzioni con l’ausilio della tecnologia. Un recente gioiello<br />
hi-tech su questo fronte, concepito, brevettato e<br />
clinicamente sperimentato dalla Fondazione, si chiama<br />
MecFES (sigla che raccoglie le parole: MyoElectrically<br />
Controlled Functional Electrical Stimulation). In concreto,<br />
è un dispositivo, indossato dal paziente, che legge<br />
attraverso la pelle del braccio il segnale nervoso residuo<br />
inviato dal cervello: comando elettrico che purtroppo<br />
il trauma ha reso flebile e insufficiente, ma<br />
che l’apparecchio in questione capta per rispedirlo<br />
amplificato ai muscoli da attivare. «Il paziente può<br />
quindi afferrare una pesante bottiglia, o una penna per<br />
scrivere, o stringere delicatamente un bicchierino di<br />
carta», spiega Furio Gramatica. Ovvero: il dispositivo viene<br />
attivato direttamente dalla persona, dalla sua volontà, ed<br />
è lei stessa a modulare la forza<br />
nella presa, con un controllo<br />
immediato e naturale.<br />
Un altro decisivo, sostanziale<br />
paletto che la Fondazione<br />
Don Gnocchi ha saputo<br />
piantare in quel complicato<br />
territorio che è la cura delle<br />
neurolesioni gravi.<br />
Soluzione innovativa Un paziente mostra il funzionamento del MecFES. Il dispositivo legge con degli elettrodi<br />
di superficie, sulla cute del braccio, i segnali che corrono lungo i nervi (segnali indeboliti dal trauma midollare) e<br />
li rimanda amplificati ai muscoli da attivare. In questo modo è possibile recuperare un elevato grado di autonomia.<br />
67
L’OPERA<br />
I fronti più avanzati<br />
della ricerca medica<br />
A destra, ricercatori<br />
all’opera nel Labion,<br />
il laboratorio<br />
di nanomedicina<br />
e biofotonica clinica<br />
della Fondazione.<br />
La sua attività è<br />
iniziata nel 2012. Qui<br />
si stanno mettendo<br />
a punto nuove<br />
e potenti tecnologie<br />
per creare strumenti<br />
di cura personalizzata,<br />
per “costruire”<br />
trattamenti riabilitativi<br />
“su misura”,<br />
sulla base della<br />
disabilità del<br />
paziente e della<br />
particolare risposta<br />
individuale.<br />
28 9<br />
10<br />
mila<br />
66<br />
Sono i Centri della Fondazione Don<br />
Gnocchi: qui le prestazioni sono<br />
erogate in regime di accreditamento<br />
con il Servizio sanitario<br />
Sono le Regioni<br />
in cui la Fondazione<br />
è presente<br />
(con 3.696 posti letto)<br />
Sono in media i pazienti<br />
che ogni giorno<br />
accedono<br />
ai Centri della Fondazione<br />
I rapporti di collaborazione<br />
con Enti e Università<br />
nazionali<br />
e internazionali<br />
luci con speciali telecomandi. «L’obiettivo è offrire la<br />
possibilità di recuperare, in totale sicurezza, il massimo<br />
livello di autonomia possibile nell’ambiente domestico».<br />
Sotto il tetto della Fondazione cresce anche la ricerca per<br />
la riabilitazione. Che persegue cinque linee: tecnologia,<br />
neurologia, ambito cardiorespiratorio e muscolo-scheletrico,<br />
e infine medicina molecolare. Francamente, potrebbe<br />
suonare un po’ “strano” che un team di specialisti<br />
della disabilità s’interessi di... molecole! Perché occuparsi<br />
dell’infinitamente piccolo quando il problema da prendere<br />
di petto – la grave disabilità – è infinitamente grande?<br />
«Semplice: perché la ricerca di base – provette e microscopi,<br />
per intendersi – può aiutarci a migliorare il nostro lavoro<br />
e a gestire con maggiore cognizione una certa condizione<br />
patologica». La convinzione è che le tradizionali<br />
Scale di valutazione, i “punteggi”, i questionari, e anche<br />
le apparecchiature diagnostiche – oggi utilizzati di routine<br />
per misurare il grado d’invalidità di una persona e la<br />
sua risposta alle cure – siano certamente utili ma, come<br />
dire,… si può dare di più. Perché l’unione fa la forza.<br />
Perciò si sta adesso seminando su un terreno assolutamente<br />
originale: quello dei biomarcatori della disabilità.<br />
«Si tratta di un trend totalmente innovativo e affascinante,<br />
che vede la Fondazione a braccetto con diversi atenei<br />
68
molecolare ci indica, siamo in grado di capire se il programma<br />
di riabilitazione adottato è quello giusto o se<br />
forse è il caso di stopparlo per scegliere altre soluzioni».<br />
12.700 264<br />
Le ore destinate<br />
alla ricerca<br />
scientifica<br />
(nel 2014)<br />
Le pubblicazioni scientifiche<br />
sulle riviste specializzate<br />
nel settore<br />
(durante il 2014)<br />
americani, come la University of Pittsburgh Medical Center»,<br />
dice Gramatica. L’obiettivo è: misurare a livello<br />
molecolare che cosa cambia nel paziente quando sta effettuando<br />
una riabilitazione. Misura che sa rivelarsi critica<br />
non soltanto per soppesare la situazione attuale, ma anche<br />
per predire i risultati futuri di un certo trattamento.<br />
«In una delle ricerche a cui abbiamo partecipato, per<br />
esempio, abbiamo constatato che determinati valori di<br />
una particolare sostanza, chiamata “pentraxina 3”, riescono<br />
a fornirci un’indicazione sul successo o meno di<br />
una cura riabilitativa nel paziente cardiopatico. Significa<br />
che sulla base delle “dritte” che quella particolare “spia”<br />
NUOVE FRONTIERE PER LA DIAGNOSI E LA CURA<br />
Per chi legge queste righe, lo ribadiamo, appare quasi<br />
incredibile. Incredibile che nel giro di qualche decennio i<br />
principi della carità cristiana e le attività di assistenza<br />
propugnati da don Gnocchi abbiano conosciuto una tale<br />
evoluzione hi-tech, invadendo e impregnando come una<br />
marea di linfa buona e vitale le stanze della ricerca medica.<br />
«Un’altra nostra “creatura”, inaugurata nel 2012, si<br />
chiama Labion: è un laboratorio di nanomedicina e di<br />
biofotonica, all’interno del Dipartimento di Tecnologie<br />
Biomediche del Centro IRCCS “Santa Maria Nascente” di<br />
Milano. Compito principale della struttura è assicurare<br />
una riabilitazione “cucita” sul singolo paziente e il più<br />
efficace possibile, sfruttando sia le nanotecnologie, sia la<br />
biofotonica, che, in sintesi, impiega la luce per scovare le<br />
“molecole-spia” di cui parlavamo, in grado di pronosticare<br />
il corso della malattia e gli effetti dei trattamenti».<br />
«Lavoriamo, insomma, con discipline all’avanguardia»,<br />
continua Gramatica, «per verificare la buona riuscita<br />
delle cure in una prospettiva personalizzata, ed eventualmente<br />
per cambiarle affinché risultino più incisive e<br />
adeguate. Ancora un esempio: proprio la Fondazione –<br />
con il Labion e il Laboratorio di Medicina Molecolare – è<br />
capofila di un progetto europeo che intende valutare se<br />
determinate molecole (nel gergo tecnico: «micro-Rna»)<br />
possano fornire una fotografia reale, oggettiva, dello<br />
stato di un malato affetto dalla sclerosi multipla e, quindi,<br />
degli effetti della riabilitazione».<br />
Il concetto è forte e chiaro: se la mission primaria della<br />
Fondazione è la riabilitazione, non ci si vuole limitare agli<br />
strumenti oggi disponibili. Si guarda oltre.<br />
«Aggiungere a ciò che già abbiamo ulteriori forze e conoscenze<br />
nuove – come i famosi marker biomolecolari –<br />
vuol dire disporre di una bussola ancora più precisa e<br />
sofisticata per centrare la riabilitazione migliore ai fini di<br />
una migliore qualità dell’esistenza». Il che, in definitiva,<br />
è proprio il cuore energico e pulsante del pensiero di<br />
don Gnocchi. Perché per questo gigante di umanità<br />
«tutta la riabilitazione deve tendere a sviluppare il massimo<br />
delle capacità della vita».<br />
69