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&<br />
Periodico della Diocesi di Tempio-Ampurias fondato nel 1927<br />
GALLURA NGLONA<br />
Gianni Sini<br />
N. 3 - Anno XXIV - 29 marzo 2016 - Nuova serie - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/b L. 662/96 - Sassari - € 1,00<br />
Gesù,<br />
il crocifisso,<br />
non è qui,<br />
è risorto!<br />
Èquesto l’annuncio gioioso<br />
della Pasqua che ci offre<br />
la consolante certezza<br />
che l’abisso della morte è stato<br />
varcato e, con esso, sono stati<br />
sconfitti il lutto, il lamento e<br />
l’affanno”. Lo ha affermato Papa<br />
Francesco nell’augurio pasquale<br />
rivolto ai fedeli presenti<br />
in Piazza S. Pietro e a quanti lo<br />
ascoltavano attraverso la radio<br />
e la televisione. Ha voluto ricordare<br />
anche quei luoghi martoriati<br />
dalle guerre, dalla “cara”<br />
Siria, all’Iraq, allo Yemen, alla<br />
Libia, all’Ucraina fino alla Terrasanta,<br />
auspicando che l’immagine<br />
dell’uomo nuovo che splende<br />
nel volto di Cristo, favorisca<br />
la convivenza tra Israeliani e<br />
Palestinesi, come anche la paziente<br />
disponibilità e il quotidiano<br />
impegno ad adoperarsi<br />
per edificare le basi di una pace<br />
giusta e duratura tramite un<br />
negoziato diretto e sincero. Il<br />
Pontefice ha rivolto un pensiero<br />
a quei luoghi dove è stato sparso<br />
sangue innocente: Belgio,<br />
Turchia, Nigeria, Ciad, Camerun,<br />
Costa d’Avorio e Iraq, senza<br />
dimenticare il Burundi, il<br />
Mozambico, la Repubblica Democratica<br />
del Congo e il Sud<br />
Sudan, segnati da tensioni politiche<br />
e sociali. Francesco ha ricordato<br />
che Dio ha sconfitto l’egoismo<br />
e la morte con le armi<br />
dell’amore e il suo Figlio Gesù<br />
è la porta della misericordia<br />
spalancata per tutti. Il Cristo risorto,<br />
annuncio di vita per l’intera<br />
umanità, si riverbera nei secoli<br />
e ci invita a non dimenticare<br />
gli uomini e le donne in cammino<br />
alla ricerca di un futuro<br />
migliore, schiera sempre più<br />
numerosa di migranti e di rifugiati,<br />
tra cui molti bambini, in<br />
fuga dalla guerra, dalla fame,<br />
dalla povertà e dall’ingiustizia<br />
sociale. “Questi nostri fratelli e<br />
sorelle, ha detto il Papa, sulla<br />
Non abbiate paura!<br />
Io ho vinto il mondo<br />
loro strada incontrano troppo<br />
spesso la morte o comunque il<br />
rifiuto di chi potrebbe offrire loro<br />
accoglienza e aiuto”. Anche<br />
nel Regina Coeli del Lunedì dell’Angelo<br />
il Papa è ritornato sul<br />
messaggio della Pasqua e ha invitato<br />
a meditare con stupore e<br />
riconoscenza il grande mistero<br />
della Risurrezione del Signore.<br />
La vita ha vinto la morte. La misericordia<br />
e l’amore hanno vinto<br />
sul peccato! C’è bisogno di<br />
fede e di speranza per aprirsi a<br />
questo nuovo e meraviglioso<br />
orizzonte. In modo particolare,<br />
ha aggiunto Francesco, in questo<br />
anno giubilare siamo chiamati<br />
a riscoprire e ad accogliere<br />
con intensità il confortante<br />
annuncio della risurrezione. Se<br />
Cristo è risuscitato, possiamo<br />
guardare con occhi e cuore<br />
nuovi ad ogni evento della nostra<br />
vita, anche a quelli più negativi”.<br />
E alla fine, Papa Francesco<br />
ha dato un suggerimento:”Per<br />
vivere più intensamente<br />
questo periodo ci farà bene leggere<br />
ogni giorno un brano del<br />
Vangelo in cui si parla dell’evento<br />
della Risurrezione”.<br />
“<br />
Terrorismo<br />
Attentato in Pakistan: p. Lombardi, “un’ombra di tristezza<br />
e di angoscia sulla festa di Pasqua”<br />
Il seminarista Giorgio Diana, della<br />
parrocchia N.S. del Rosario in Luras,<br />
il giorno 6 marzo ha ricevuto a<br />
Roma, presso l’Almo Collegio Capranica,<br />
il ministero dell’Accolitato<br />
per le mani di Mons. Luis Ladaria,<br />
segretario della Congregazione per<br />
la Dottrina della Fede.<br />
Ministeri<br />
La strage orribile di decine di innocenti<br />
nel parco di Lahore<br />
getta un’ombra di tristezza e di<br />
angoscia sulla festa di Pasqua”. È<br />
quanto sottolinea p. Federico Lombardi,<br />
direttore della Sala Stampa vaticana,<br />
in una nota a commento dell’attacco<br />
suicida a Lahore in un parco<br />
pubblico con 72 morti e oltre 300 feriti.<br />
Tra le <strong>vittime</strong> almeno 40 cristiani.<br />
“Ancora una volta l’odio omicida –<br />
constata Lombardi – infierisce vilmente<br />
sulle persone più indifese. Insieme<br />
al Papa, che è stato informato – assicura<br />
Lombardi – preghiamo per le <strong>vittime</strong>,<br />
siamo vicini ai feriti, alle famiglie<br />
colpite, al loro immenso dolore,<br />
ai membri delle minoranze cristiane<br />
ancora una volta colpite dalla violenza<br />
fanatica, all’intero popolo pakistano<br />
ferito. Come il Papa – prosegue la<br />
nota della Sala Stampa – ha affermato<br />
ieri mattina, nonostante il permanere<br />
di queste manifestazioni orribili<br />
di odio, il Signore crocifisso per noi e<br />
risorto continua a darci il coraggio e<br />
la speranza necessari per costruire<br />
strade di compassione, di solidarietà<br />
con i sofferenti, di dialogo, di giustizia,<br />
di riconciliazione e di pace”.<br />
Il seminarista Giuliano Oggiano,<br />
della parrocchia Vergine di Pompei<br />
in Viddalba, riceverà il ministero<br />
del Lettorato il 9 aprile prossimo a<br />
Cagliari, presso il Pontificio Seminario<br />
Regionale, per le mani di mons.<br />
Mauro Maria Morfino, vescovo di<br />
Alghero.<br />
3<br />
Giubileo<br />
La porta della<br />
misericordia<br />
nella casa di<br />
reclusione<br />
8 12<br />
Giornata dei<br />
cresimandi<br />
Testimonianze di<br />
Massimiliano e Mirella,<br />
Michela e Francesco<br />
Scuola<br />
14<br />
I ragazzi del<br />
"Don Gavino<br />
Pes” a lezione<br />
di legalità<br />
S’Iscravamentu<br />
Iscravamentu in<br />
sardu<br />
Creja ‘e Santu Paule<br />
in Olbia
&<br />
GALLURA ANGLONA<br />
Nuova Serie<br />
Aut. Trib. Tempio Pausania n. 4<br />
del 21-12-1960<br />
Proprietà:<br />
Diocesi di<br />
Tempio-Ampurias<br />
Amministratori<br />
Gavino Fancellu<br />
Direttore responsabile:<br />
don Giovanni Sini<br />
giannisini55@tiscali.it<br />
Redazione:<br />
Franco Fresi<br />
Andrea Muzzeddu<br />
Giuseppe Pulina<br />
Gianni Satta<br />
Pietro Zannoni<br />
Tomaso Panu<br />
Gavino Fancellu<br />
AbboNAMeNTi 12 MeSi<br />
ITALIA<br />
ordinario € 20,00<br />
sostenitore € 30,00<br />
benemerito € 50,00<br />
ESTERO<br />
+ spese di spedizione<br />
Anno XXIV<br />
n. 3<br />
29 marzo<br />
giubileo<br />
2016<br />
“<br />
Pasqua 2016<br />
Mons. Ignazio Sanna (Oristano),<br />
“urgente costruire una grammatica etica, basata su valori condivisi”<br />
Èurgente lavorare per costruire una grammatica<br />
etica, basata su valori universalmente<br />
condivisi, perché una società sta in piedi se<br />
dispone d’una base comune. Per costruire questa<br />
base, la Pasqua ci dà ragioni e motivazioni”. Lo afferma<br />
l’arcivescovo di Oristano, monsignor Ignazio<br />
Sanna, nel messaggio indirizzato alla diocesi per le<br />
festività pasquali. Parlando della “professione di fede”,<br />
il vescovo di Oristano rileva che la ripetiamo<br />
ogni anno, nella celebrazione della Pasqua di risurrezione.<br />
Ma qualcosa è cambiato”. “È cambiato il<br />
mondo in cui questa professione di fede viene vissuta”,<br />
prosegue mons. Sanna, per il quale “se, da<br />
una parte, ammettiamo che ‘non possiamo non dirci<br />
cristiani’, dall’altra parte, dobbiamo ammettere<br />
che questo cristianesimo comincia a essere osteggiato,<br />
combattuto, e la secolarizzazione delle credenze<br />
e dei costumi diventa sempre più aggressiva<br />
e invadente”. “La presenza della Chiesa viene sempre<br />
più contestata” e frequentemente ci si chiede<br />
“se serva ancora la Chiesa che annuncia la risurrezione<br />
di Cristo, determina la moralità dei comportamenti,<br />
proietta la felicità nella vita eterna”. “Si mette<br />
in discussione la presenza dei cappellani nell’esercito,<br />
negli ospedali, nelle carceri; del crocifisso<br />
nelle aule pubbliche, di qualsiasi forma di richiamo<br />
confessionale nelle scuole di Stato”, così come “cresce<br />
il numero dei giovani che chiedono lo sbattezzo,<br />
di coloro che scelgono il matrimonio civile o la<br />
semplice convivenza di fatto”, osserva mons. Sanna.<br />
“Spesso – prosegue – la Chiesa che serve, quella<br />
che viene riconosciuta e apprezzata dagli amministratori<br />
della cosa pubblica, è ridotta a un’agenzia<br />
umanitaria per supplire le carenze dello Stato”. “Ma<br />
questa non è la Chiesa di Gesù Cristo”, ammonisce<br />
il vescovo, per il quale “non basta essere religiosi<br />
ma bisogna essere cristiani, non basta essere credenti<br />
ma bisogna essere anche credibili”.<br />
HANNo collAborATo<br />
Sebastiano Sanguinetti<br />
Antonella Sedda - Mariella Nanni<br />
Daniela Astara - Andrea Columbano<br />
Sandro Serreri - Domenico Lecci<br />
Gavino Fancellu - Luca Impagliazzo<br />
Pietro Zannoni - Domenico Degortes<br />
Stefano Bugini<br />
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La Redazione si riserva<br />
la facoltà di rifiutare<br />
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Questo numero di Gallura & Anglona<br />
è stato consegnato alle Poste, per la<br />
spedizione, il 31 marzo 2016.<br />
Mons. Ignazio Sanna<br />
Giubileo dei cori<br />
Gavino Fancellu<br />
Domenica 6 marzo 2016, nella Cattedrale di<br />
Tempio Pausania si è tenuto il secondo importante<br />
giubileo: quello delle corali diocesane.<br />
Erano presenti, nella chiesa cattedrale gremita,<br />
tutti i cori che animano, a diverso titolo, le Sante<br />
Messe domenicali. È stata una celebrazione speciale,<br />
molto festosa e partecipata, anche perché<br />
animata da tutta l’assemblea. Il Vescovo ha precisato<br />
l’importanza della presenza di un coro che<br />
guida l’assemblea per pregare meglio e più profondamente.<br />
Ha chiesto ai diversi cori di insegnare<br />
alla gente a cantare, perché il compito del coro<br />
non deve essere quello di sostituire l’assemblea,<br />
ma di incoraggiarla e di sostenerla nel canto-preghiera.<br />
Ha, anzi, fatto notare, quanto possano essere<br />
tristi le celebrazioni senza canto. Il canto, invece,<br />
è gioia, lode, rendimento di grazie e di gloria<br />
a Dio, proprio attraverso la voce, che è la parte<br />
migliore di noi. Il servizio delle corali, dunque,<br />
è prezioso e ottimo, e fa commuovere. Espande il<br />
cuore e lo riempie di tenerezza, così si può meglio<br />
fare esperienza di misericordia e di amore. Si può<br />
sentire e godere la presenza di Dio. Il vangelo del<br />
padre misericordioso fa comprendere quanto sia<br />
sbagliata l’immagine di Dio trasmessa da certa iconografia<br />
antica, un Dio che osserva dall’alto l’uomo,<br />
quasi a carpirne le intenzioni più nascoste, per<br />
meglio punirlo. E quanto sia, invece, corretta l’immagine<br />
che si desume dalla parabola odierna.<br />
L’immagine del padre che accoglie e che non si<br />
stanca mai di perdonare. Il Vescovo ha incoraggiato<br />
i fedeli ad avvicinarsi al sacramento della Riconciliazione<br />
con sentimenti di gioia, pensando<br />
non tanto ai peccati, ma a Dio, al padre misericordioso<br />
che attende a braccia aperte l’arrivo del figlio<br />
pentito. Non ci si deve spaventare, insomma, dei<br />
propri peccati. Dio ama incondizionatamente tutti.<br />
Ha invitato, inoltre, i sacerdoti ad accogliere i penitenti<br />
con lo spirito della misericordia, perché, ha<br />
detto: “Noi sacerdoti non siamo migliori delle nostre<br />
pecore. Noi abbiamo il compito di guidare la<br />
comunità verso il Signore e ci battiamo il petto per<br />
i nostri peccati. La serenità di ogni cristiano è data<br />
dalla coscienza di non essere perfetto. Ma dal<br />
fatto che conosce chi è il perfettissimo”. Il canto<br />
esprime la misericordia e la bontà di Dio con forte<br />
espressione, ma deve entrare nella vita di ogni<br />
corista per convertirla. Solo così quel canto potrà<br />
risuonare nella vita del cantore e di tutti i fedeli.
giubileo<br />
Anno XXIV<br />
n. 3<br />
29 marzo<br />
2016<br />
&<br />
GALLURA ANGLONA<br />
3<br />
La porta deLLa Misericordia<br />
neLLa casa di recLusione di nuchis<br />
Il vescovo invia una lettera ai detenuti<br />
Carissimo<br />
Mi rivolgo a Te (spero non ti dispiaccia l’uso<br />
del “tu” confidenziale), come a tutti coloro che<br />
scontano la loro pena in questa struttura di Nuchis.<br />
Lo faccio con grande rispetto, come gesto<br />
di attenzione e di vicinanza. Sentimenti che mi<br />
hanno portato negli anni a frequentare con una<br />
certa assiduità questa speciale comunità. Non<br />
so quale sia il tuo personale atteggiamento nei<br />
confronti della fede. Ti prego, perciò, di considerare<br />
la mia iniziativa come cordiale invito lasciato<br />
alla tua totale e da me rispettata libertà,<br />
ma anche come opportunità di condividere un<br />
percorso di elevazione non solo spirituale, ma<br />
anche umana e sociale. Forse avrai saputo che<br />
lo scorso 8 Dicembre è iniziato il giubileo<br />
straordinario della Misericordia, voluto da Papa<br />
Francesco. Straordinario, perché gli anni Santi si<br />
celebrano ogni 25 anni, e l’ultimo ordinario è<br />
stato celebrato 15 anni fa, nel Duemila. Ma anche<br />
perché, contrariamente a quelli ordinari,<br />
quello di quest’anno si celebra non solo a Roma,<br />
ma in tutte le Diocesi del mondo, e perché,<br />
per volontà del Papa, la Porta della Misericordia<br />
viene aperta anche nelle carceri, luogo di<br />
indubbia sofferenza e limitazione, ma anche di<br />
possibile ricostruzione umana e morale. Grazie<br />
alla sempre cortese disponibilità della Direzione,<br />
che in questi anni con numerosi progetti e<br />
iniziative ha aperto le porte del carcere al territorio<br />
e a percorsi di dialogo e d’integrazione sociale,<br />
ti comunico che il giorno 22 aprile 2016,<br />
alle ore 9,30 vivremo nel carcere questa particolare<br />
esperienza interiore, con l’apertura della<br />
Porta della Misericordia. La porta santa, nella<br />
tradizione cristiana, mutuata da quella ebraica,<br />
ha un significato altamente simbolico: è il passaggio<br />
dall’uomo vecchio (l’uomo ferito dal<br />
S’Iscravamentu nella parrocchia di San Paolo a Olbia<br />
Il commento della passione e morte di Nostro<br />
Signore Gesù Cristo, il 25 marzo, giorno<br />
di Venerdì Santo, nella parrocchia primaziale<br />
di San Paolo Apostolo, è stato tenuto<br />
da S.E. Mons. Sebastiano Sanguinetti, in “limba”,<br />
in lingua sarda: “per esprimere la ragione<br />
che mi porta all’uso della lingua sarda in occasione<br />
de s’Iscravamentu nella Chiesa di S. Paolo<br />
a Olbia, - afferma il Vescovo - richiamo due<br />
brevi citazioni. La prima è di un missionario italiano<br />
in Mozambico, studioso di etnologia, traduttore<br />
in lingua locale di molti testi sacri: “solo<br />
attraverso la lingua propria di un popolo è<br />
possibile arrivare al suo cuore” La seconda è del<br />
Concilio Plenario Sardo contenuta nel documento<br />
finale promulgato il 1 luglio 2001: “Il<br />
Concilio, accogliendo una diffusa istanza, che<br />
vede anche nella lingua sarda un singolare<br />
strumento comunicativo della fede per il nostro<br />
popolo, ne auspica un’adeguata valorizzazione”.Dopo<br />
diversi tentativi messi in cantiere a<br />
vari livelli, ritengo sia arrivato il tempo di dare<br />
segnali forti nel passare dalle parole ai fatti. Abbiamo<br />
ampi spazi, in cui già da oggi è possibile<br />
l’uso della lingua<br />
sarda nella vita e nell’azione<br />
della Chiesa.<br />
Con l’iniziativa di questo<br />
Venerdì Santo desidero<br />
dare un personale<br />
impulso in questa<br />
direzione. E ciò anche<br />
in sintonia con la Conferenza<br />
Episcopale Sarda<br />
che recentemente<br />
ha deciso di riprendere<br />
in mano l’argomento e<br />
riavviare il percorso<br />
per la traduzione dei<br />
testi liturgici in lingua<br />
sarda, in vista dei passaggi<br />
canonici per l’approvazione<br />
da parte<br />
della Santa Sede. Certo<br />
non saranno tempi<br />
Ingresso<br />
del carcere<br />
di Nuchis<br />
peccato e dalla fragilità umana) all’uomo nuovo<br />
(riabilitato nel cuore e nelle scelte di vita)<br />
attraverso l’incontro con Cristo, che ci dona il<br />
suo perdono e ci introduce nell’abbraccio misericordioso<br />
del Padre celeste. Il passaggio di<br />
quella porta ci dice che nessun peccato e nessuna<br />
condizione umana è senza rimedio. Dio,<br />
che in Gesù Cristo abbiamo imparato a conoscere<br />
come Padre buono e misericordioso,<br />
“lento all’ira e grande nell’amore”, se lo vogliamo,<br />
ci conduce per mano sui sentieri del perdono,<br />
della pace, della fratellanza, portando anche<br />
noi ad essere misericordiosi, come Lui è<br />
misericordioso nei nostri confronti. Lo diciamo<br />
sempre nella preghiera del Padre nostro: “perdona<br />
a noi, come noi perdoniamo ai nostri debitori”.<br />
In Dio impariamo ad essere anche noi,<br />
come Lui, “uomini dal cuore grande”. E ciò,<br />
contro la ricorrente tentazione di puntare il dito<br />
contro gli altri, di giudicarne severamente i<br />
difetti o gli errori, di guardare, come dice Gesù,<br />
la pagliuzza nei loro occhi, senza vedere la trave<br />
che c’è nei nostri. Il cammino penitenziale<br />
dell’anno giubilare, pertanto, si snoda su due<br />
fronti. Quello della personale conversione e del<br />
proprio affidamento alla misericordia e al perdono<br />
del Signore, rivalutando e frequentando<br />
con la necessaria assiduità il sacramento della<br />
riconciliazione, che a me piace definire come<br />
banchetto della misericordia divina, non come<br />
tribunale che ci giudica e ci umilia. Il secondo<br />
è quello che ci porta a rivestirci di atteggiamenti<br />
di misericordia verso i nostri fratelli, avendo in<br />
noi gli stessi sentimenti di Cristo, che non è venuto<br />
per condannare, ma per salvare. “Non<br />
condannate – ci dice - e non sarete condannati,<br />
perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà<br />
dato… con la misura con la quale misurate, sarà<br />
misurato a voi” (Luca 6, 37-38) La misericordia,<br />
tuttavia, va compresa nel suo vero significato<br />
e portata. Essa non è atto meccanico ed<br />
automatico, quasi magico, ma è lenta maturazione<br />
di un atteggiamento interiore e di una<br />
conversione del cuore. Non un atto o un gesto<br />
a basso prezzo. La misericordia ricevuta richiede<br />
apertura del cuore al cambiamento. Così come<br />
la misericordia offerta agli altri è sempre<br />
congiunta alla giustizia, al dare dignità alla persona,<br />
riscattandola da ogni forma di schiavitù e<br />
di emarginazione. Vorrei che questo momento<br />
fosse uno sprazzo di luce e di speranza nel cuore<br />
di ciascuno. E lo sarà, se ognuno di noi si lascerà<br />
contagiare dalla luce dell’amore di Dio, e<br />
se ognuno di noi sarà portatore della stessa luce<br />
in mezzo ai fratelli. Non ci sarà alcuna sbarra<br />
che potrà impedire a questa luce di riverberare<br />
e scaldare il cuore di ciascuno. Affido questo<br />
messaggio alla tua benevola accoglienza. Mi<br />
riterrò soddisfatto anche se solo avrai avuto la<br />
bontà di leggere queste righe e se vedrai in esse<br />
un gesto di sincera amicizia e di convinta<br />
considerazione e prossimità alla tua persona e<br />
alla tua attuale condizione.<br />
Con viva cordialità, mi dichiaro tuo obbl.mo<br />
✠Sebastiano Sanguinetti, vescovo<br />
Mons. Sanguinetti tiene il commento in lingua sarda<br />
brevissimi, ma l’importante è riprendere la marcia.<br />
Intanto, da subito possiamo utilizzare tutti<br />
gli spazi e i contesti consentiti. Per esempio, abbiamo<br />
il ricco patrimonio di canti e preghiere<br />
esistenti, ma si possono predisporre anche nuovi<br />
testi e nuovi canti per mano di esperti da inserire<br />
nelle celebrazioni liturgiche, così pure vi<br />
è la valorizzazione delle varie forme di pietà<br />
popolare, come i tridui, le novene, le paraliturgie<br />
della Settimana Santa. Fra queste vi è s’Iscravamentu,<br />
appunto. Spero vivamente, pertanto,<br />
che questa mia iniziativa – conclude<br />
mons. Sanguinetti - serva a risvegliare tra i sacerdoti<br />
e i fedeli un rinnovato interesse per<br />
questo tema”. L’iniziativa di utilizzare la “lingua<br />
madre” per questo antico rito di pietà popolare<br />
è stata fortemente voluta dal parroco don Gianni<br />
Satta che già lo scorso anno per l’occasione,<br />
invitò mons. Tonino Cabizzosu, parroco di Nostra<br />
Signora del Regno di Ardara e docente di<br />
storia della Chiesa nella Pontificia Università<br />
Teologica della Sardegna: “Viviamo in Sardegna<br />
e siamo debitori della lingua madre – afferma<br />
don Satta – una lingua che è sostrato di tutte le<br />
possibilità di comunicazione, una ricchezza che<br />
abbiamo il dovere di salvaguardare e tramandare.<br />
Utilizzarla durante gli antichi e sentiti riti<br />
di pietà popolare può permettere inoltre un<br />
maggiore coinvolgimento “. L’antico rito ha visto<br />
la partecipazione della Confraternita di Santa<br />
Croce, del “Coro Folk Ensemble” di Olbia<br />
che animato i canti e una folla enorme che ha<br />
seguito in modo composto il sacro rito.
4<br />
&<br />
GALLURA ANGLONA<br />
Anno XXIV<br />
n. 3<br />
29 marzo<br />
2016<br />
giubileo<br />
Sacerdoti carissimi,<br />
fratelli e sorelle<br />
che oggi vi unite a noi,<br />
presbiterio diocesano,<br />
in questa celebrazione giubilare,<br />
un saluto e un grazie molto<br />
sentito!<br />
Un saluto e un grazie particolare<br />
voglio rivolgere ai<br />
Padri Francescani che sono<br />
venuti per ascoltare le nostre confessioni<br />
e darci il perdono del Signore.<br />
Dio vi ricompensi e vi dia<br />
pace. Condivido con voi qualche<br />
parola, nella convinzione che in<br />
un momento come questo più che<br />
dire e sentire parole, tutti abbiamo<br />
bisogno di ascoltare il nostro cuore,<br />
l’eco profonda che in esso lascia<br />
ciò che per grazia di Dio stiamo<br />
vivendo: la grazia dell’aver<br />
passato la porta della misericordia<br />
della nostra chiesa cattedrale, la<br />
grazia di esserci accostati al banchetto<br />
sacramentale del perdono,<br />
di sentirci un cuor solo e un’anima<br />
sola con Dio e con i nostri fratelli,<br />
di poterci nutrire tutti insieme<br />
dell’unico pane e dell’unico<br />
sangue di Cristo che ci fa essere<br />
l’unico Corpo di Cristo, di essere<br />
tutti insieme, qui, oggi, perché ci<br />
sentiamo fragili e peccatori, ma<br />
anche con un duplice, straordinario<br />
e sconvolgente privilegio:<br />
quello di sentirci avvolti dal perdono<br />
e dalla misericordia di Dio<br />
che supera ogni nostra debolezza<br />
e quello di essere noi stessi ministri<br />
di quel mistero di amore, di<br />
perdono e di misericordia, che il<br />
Signore Gesù ha posto nelle nostre<br />
mani. Tutto, questo, e molto<br />
di più, prima che cosa da dire è<br />
cosa da sentire, esperienza profonda<br />
da vivere, emozione da cui<br />
lasciarci avvolgere e conquistare.<br />
Quante volte, fratelli sacerdoti, e<br />
forse lo dovremmo fare molto di<br />
più e sempre più frequentemente,<br />
ascoltiamo le confessioni di chi<br />
Giovedì 3 marzo il vescovo ha convocato il presbiterio<br />
Giubileo sacerdotale nella cattedrale di Tempio<br />
Stimolante riflessione di don Giovanni Pittorru prima delle confessioni<br />
viene a bussare alla porta della<br />
misericordia, porta di cui ci è stata<br />
affidata la chiave! Quanti fratelli<br />
e sorelle, per il nostro ministero,<br />
si sentono baciati dal sorriso di un<br />
Dio buono e paziente, di un Dio<br />
ricco nell’amore, di un Dio che<br />
non si stanca di perdonare chi<br />
glielo chiede! Come ci sentiamo<br />
piccoli in quei momenti, consapevoli<br />
che siamo solo poveri strumenti<br />
di un evento che ci sovrasta,<br />
ma che sempre ci stupisce e ci<br />
commuove! Perché sentiamo che<br />
lì Dio è presente, lì Dio opera e<br />
salva, lì Dio mostra il suo vero<br />
volto! Ebbene, fratelli, noi non potremmo<br />
gioire della gioia dei nostri<br />
fratelli, se anche noi per primi<br />
non facessimo esperienza dello<br />
stesso perdono, se non sentissimo<br />
il bisogno di essere perdonati, se<br />
non provassimo la gioia e la leggerezza<br />
di quell’abbraccio di un<br />
Padre buono che ci vede, e commosso<br />
ci corre incontro, ci si getta<br />
al collo e ci bacia, e poi fa festa,<br />
come il padre della parabola<br />
evangelica. (cfr Lc 15, 11-32); ma<br />
anche se non sentissimo il bisogno<br />
di perdonare, di essere misericordiosi,<br />
di sentirci debitori di<br />
comprensione, di ascolto, di aiuto<br />
reciproco verso i confratelli e il<br />
prossimo. Questa, riservata a noi<br />
sacerdoti, è la prima delle giornate<br />
giubilari diocesane, dopo la solenne<br />
apertura delle tre porte della<br />
misericordia. Io vescovo, insieme<br />
al presbiterio, umilmente davanti<br />
a Dio e alla Chiesa ci sentiamo<br />
peccatori e chiediamo perdono<br />
dei nostri peccati. Un gesto vero,<br />
sentito, di pastori che precedono<br />
il gregge, che si sentono<br />
parte del gregge, non migliori del<br />
gregge, ma con la consapevolezza<br />
e la responsabilità di guidare, di<br />
camminare insieme verso l’unica<br />
sorgente dell’amore e della misericordia,<br />
verso l’acqua di cui parla<br />
Il Vescovo<br />
presiede<br />
l’eucaristia<br />
I sacerdoti<br />
alla messa<br />
crismale<br />
Cristo nel dialogo con la donna<br />
samaritana, quell’acqua che disseta,<br />
che purifica, che ristora, che ci<br />
dà vita e gioia, che ci dà la forza<br />
di rialzarci quando cadiamo e di<br />
continuare sulla strada della fedeltà<br />
e della santità. E’ ben radicata<br />
in noi la consapevolezza che non<br />
possiamo dare Dio ai nostri fratelli<br />
se prima non ce l’abbiamo noi,<br />
non possiamo essere ministri del<br />
perdono, se noi per primi non<br />
chiediamo e ci facciamo perdonare,<br />
non possiamo essere profeti,<br />
annunciatori del vangelo dell’amore<br />
e della misericordia, se non<br />
ne siamo per primi testimoni, come<br />
esperienza di Chiesa unita e<br />
pacificata, chiesa e presbiterio<br />
pervasi dall’amore di Dio. Ecco,<br />
questo il significato e la portata di<br />
questa giornata giubilare sacerdotale.<br />
Giornata che vogliamo vivere<br />
insieme ai nostri fratelli e sorelle<br />
di fede. Facciamo riecheggiare nel<br />
nostro animo le parole del canto<br />
al Vangelo di oggi, prese dal profeta<br />
Gioele (2, 12-13): “Ritornate<br />
a me con tutto il cuore, dice il Signore,<br />
perché sono misericordioso<br />
e pietoso”. Parole che si coniugano<br />
bene con quelle che il Signore pone<br />
sulle labbra del profeta Geremia<br />
(7, 23): “Ascoltate la mia voce,<br />
e io sarò il vostro Dio e voi sarete il<br />
mio popolo; camminate sempre<br />
sulla strada che vi prescriverò,<br />
perché siate felici”.<br />
Dio ci vuole felici e ce ne indica<br />
la strada.<br />
- Ritornare con tutto il cuore a Dio,<br />
che è misericordioso e pietoso;<br />
- ascoltare la sua voce;<br />
- camminare sulla sua strada;<br />
- vivere, cioè, in profonda comunione<br />
con Lui, non lasciandoci invischiare<br />
e travolgere dalle nostre<br />
fragilità, ma affidandoci al suo<br />
perdono e sperimentando l’infinita<br />
sua misericordia …. è la condizione<br />
per essere felici, cioè, per<br />
essere in pace con noi stessi, con<br />
la nostra coscienza, ma anche per<br />
essere in pace e in armonia con i<br />
nostri fratelli; … non solo, ma anche<br />
per essere in mezzo ai nostri<br />
fratelli guide e fermento di concordia<br />
e di misericordia, per essere<br />
non solo ministri del perdono,<br />
ma anche testimoni gioiosi e contagiosi<br />
della misericordia di Dio.<br />
E’ il forte messaggio di questo<br />
tempo di quaresima, di questo<br />
giubileo straordinario della misericordia.<br />
E’ il messaggio centrale di<br />
Cristo, che ci porta a coniugare indissolubilmente<br />
la fede con le<br />
opere. E le opere, sappiamo, sono<br />
le opere della carità, le opere della<br />
misericordia. Nell’ufficio delle<br />
letture di due giorni fa ci è stato<br />
proposto un brano dei “discorsi”<br />
di San Pietro Crisologo, dove dice:<br />
“Tre sono le cose, o fratelli, per cui<br />
sta salda la fede, perdura la devozione,<br />
resta la virtù: la preghiera,<br />
il digiuno, la misericordia. Ciò per<br />
cui la preghiera bussa, lo ottiene il<br />
digiuno, lo riceve la misericordia.<br />
Quesste tre cose, preghiera, digiuno,<br />
misericordia, sono una cosa<br />
sola, e ricevono vita l’una dall’altra”.<br />
In questo sfondo si comprende<br />
bene il monito del profeta<br />
Isaia: “Non consiste forse il digiuno<br />
nel dividere il pane con l’affamato,<br />
nell’introdurre in casa i miseri,<br />
senza tetto, nel vestire uno<br />
che vedi nudo, senza distogliere<br />
gli occhi da quelli della tua carne?<br />
Allora la tua luce sorgerà come<br />
l’aurora, la tua ferita si rimarginerà<br />
presto… la gloria del Signore<br />
ti seguirà” (Is 58, 7-8).<br />
Ci accompagni questa parola di<br />
vita e di speranza in questo cammino<br />
verso la Pasqua, in questo<br />
cammino quaresimale. Siamone<br />
annunciatori. Siamone testimoni<br />
convinti e gioiosi. Amen.<br />
✠Sebastiano Sanguinetti
settimana santa Foto di Piero Depperu<br />
Anno XXIV<br />
n. 3<br />
29 marzo<br />
2016<br />
&<br />
GALLURA ANGLONA<br />
5<br />
Domenica delle Palme a<br />
San Giuseppe a Tempio<br />
Isgravamentu<br />
a Castelsardo<br />
Cattedrale di Tempio,<br />
messa crismale<br />
Messa crismale a Tempio<br />
Settimana Santa<br />
in Diocesi<br />
Lunissanti a Tergu<br />
Lunissanti a Tergu
6<br />
&<br />
GALLURA ANGLONA<br />
Anno XXIV<br />
n. 3<br />
29 marzo<br />
2016<br />
spiritualità<br />
Vieni, Signore risorto!<br />
Don Sandro Serreri<br />
Capisco, sempre di più, che:<br />
Satana viene per tormentarci<br />
e Dio per prendere tutto. Satana<br />
viene, viene tutti i giorni, in tutte<br />
le ore del giorno, e viene per tormentare<br />
il caldo e il tiepido, colui<br />
che è all’inizio e colui che è alla fine,<br />
il giovane e il vecchio, l’uomo e<br />
la donna, il povero e il ricco, il sazio<br />
e l’affamato, il semplice e il colto,<br />
l’ateo e il religioso, la filosofia e la<br />
Fede. Nessuno è escluso. La sua<br />
guerra è mondiale. La sua strategia:<br />
tormentare con il dubbio, l’insicurezza,<br />
la miopia, la scrupolosità. Ha<br />
un gran da fare, ma solo così è veramente<br />
contento e pienamente<br />
soddisfatto. Bestia di un Satana! E si<br />
accontenta di rubarci qualcosa dal<br />
Don Antonio<br />
Tamponi<br />
In data 1 marzo S.E. Monsignor<br />
Sebastiano Sanguinetti, vescovo<br />
diocesano, ha nominato a<br />
tempo determinato Direttore aggiunto<br />
della Caritas Diocesana il<br />
Reverendo don Antonio Tamponi,<br />
parroco della Cattedrale. Con tale<br />
incarico don Tamponi affiancherà<br />
l’attuale Direttrice Suor Luigia<br />
Leoni nella gestione interna della<br />
Caritas, principalmente per quanto<br />
riguarda gli aspetti formativi,<br />
organizzativi e amministrativi. Entrambi<br />
in stretto contatto con il<br />
Vescovo e con il Delegato Vescovile<br />
per la Caritas, Monsignor<br />
Giovanni Pittorru. La nomina si<br />
colloca nel contesto degli impegni<br />
e degli ambiti d’intervento<br />
che la Caritas ha visto aumentare<br />
negli ultimi anni nell’intero territorio<br />
diocesano. Gli esiti devastanti<br />
delle due recenti alluvioni<br />
della Gallura costiera, soprattutto<br />
a Olbia, l’esponenziale aumento<br />
del disagio sociale e delle povertà,<br />
la crescente domanda di sostegno<br />
umano ed economico di<br />
Don Antonio Tamponi,<br />
parroco della Cattedrale di Tempio,<br />
affiancherà suor Luigia Leoni<br />
nella gestione della Caritas<br />
persone sole ed anziane, di famiglie<br />
e persino di piccole imprese,<br />
richiedono alla Caritas sempre<br />
maggiori energie, disponibilità di<br />
tempo e dedizione. Le due Cittadelle<br />
della Caritas, quella di Tempio<br />
inaugurata ed attiva, e quella<br />
di Olbia in via di realizzazione,<br />
sono il fiore all’occhiello di un<br />
progetto di ampio respiro, attraverso<br />
i centri di ascolto, di distribuzione<br />
di viveri e indumenti, gli<br />
sportelli medici, psicologici, del<br />
micro credito e del prestito della<br />
speranza. Il tutto richiede un forte<br />
implemento organizzativo, al<br />
quale il Vescovo ha incominciato<br />
a mettere mano. Suor Luigia continuerà<br />
il suo servizio, finché le<br />
forze e gli altri impegni all’interno<br />
della sua Congregazione religiosa<br />
glielo consentiranno. Curerà in<br />
particolare i rapporti esterni della<br />
Caritas, con i livelli regionale e<br />
nazionale e con gli Enti locali. Parimenti<br />
continuerà ad essere presidente<br />
della Fondazione antiusura<br />
SS. Simplicio e Antonio.<br />
Pasqua di Risurrezione<br />
cassetto della serenità, della pace,<br />
della tranquillità, dell’equilibrio, dell’armonia…<br />
Lui è felice quando sopraggiunge<br />
un’ombra, un dubbio,<br />
una tristezza, un risentimento, una<br />
ferita, un chiaroscuro. E noi subiamo<br />
i suoi furti e stiamo male, dentro<br />
e fuori. Mentre Dio… Dio viene a<br />
prendere tutto! Satana si accontenta<br />
di rubarci il sonno, qualche volta,<br />
Dio ci prende tutto: il giorno e la notte.<br />
Lui non si accontenta di un tormento<br />
notturno, un incubo, ma viene<br />
come vento impetuoso a scompigliare<br />
non solo i capelli – sarebbe<br />
troppo, troppo poco! –, ma tutte le<br />
ossa e i nervi e le vene. Lui, Dio,<br />
vuole tutto. Mentre Satana vuole un<br />
nostro sassolino, Dio vuole la nostra<br />
montagna. E poi: o tutto o niente!<br />
Che forte, però, Dio! Perché – ragiona<br />
tra se – avere un solo giorno della<br />
vita di un uomo quando posso<br />
avere tutta la sua vita? Satana vuole il<br />
dubbio, l’insicurezza, io voglio tutto:<br />
la Fede e il dubbio, il coraggio e la<br />
vigliaccheria, il brutto e il bello, l’odio<br />
e l’amore, le contraddizioni e l’armonia.<br />
Tutto, perché amo tutto l’uomo<br />
e non solo una sua parte o<br />
espressione o moto o impulso o battito.<br />
Io quando vengo – dice Dio –,<br />
vengo a prendermi proprio tutto. E ci<br />
prende tutto, mica scherza! Dio non<br />
ha mai scherzato, mai giocato con la<br />
vita di nessun uomo. Quando ha deciso<br />
ed è venuto ha sempre sconvolto,<br />
turbato, cambiato, trasformato,<br />
mutato il cuore e la mente, il pensiero<br />
e l’azione, i sogni e i progetti dell’uomo<br />
scelto. E nulla per quell’uomo<br />
è stato più come prima. A nulla<br />
sono valse resistenze, scappatoie,<br />
tentativi di fuga, tradimenti, ipocrisie,<br />
lacrime, peccati, timidezze, preghiere,<br />
minacce. A nulla, vi dico! A nulla!<br />
L’uomo scelto è stato rapito, portato<br />
via – non con il corpo – e ha iniziato<br />
una vita nuova, completamente<br />
diversa dalla precedente. E quando<br />
il poveretto ha cercato di emanciparsi<br />
dal dominio di Dio, Dio lo ha<br />
disarcionato, buttato a terra, annichilito.<br />
Povero, povero uomo! Dio è<br />
potente, molto potente! Dio è forte,<br />
molto forte! Chi, chi può resistergli?<br />
Chi, chi gli si può opporre? Chi, chi<br />
può dirgli: no! ed andarsene dove<br />
vuole e per altre vie? Dio è geloso,<br />
molto geloso! È questa, dunque, la<br />
sorte dell’uomo che pensa e crede di<br />
poter restare comunque libero dopo<br />
che Dio lo ha eletto, rapito, mutato<br />
nella vita e nell’udito, nei pensieri e<br />
nei sentimenti? Sì, è questa! E la libertà?<br />
Ma quale libertà! Non ha senso<br />
la libertà quando Dio viene, sfonda,<br />
straripa, inonda. Lui è Dio. Dunque,<br />
è giusto che sia così.Vieni Onnipotente!<br />
Vieni Signore risorto! Vieni,<br />
vieni e abbatti le nostre mura, fai<br />
crollare le nostre torri. E Satana? Satana<br />
continua a sapersi accontentare<br />
di tormentarci. Null’altro. Sa che<br />
non avrà mai il pieno dominio, sa<br />
che non sarà mai imperatore, ma<br />
bene che gli possa continuare ad<br />
andare un semplice e piccolo vassallo,<br />
un marchese di una marca assai<br />
periferica pur costantemente minacciosa.<br />
Vieni, vieni Signore risorto<br />
a spaccare le nostre tombe, a scacciare<br />
la notte, a toglierci la paura e<br />
la vergogna, perché il sole del mattino<br />
è già alto all’orizzonte.<br />
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caritas<br />
Anno XXIV<br />
n. 3<br />
29 marzo<br />
2016<br />
&<br />
GALLURA ANGLONA<br />
7<br />
La formazione permanente<br />
per vincere le nuove povertà<br />
Antonella Sedda<br />
Si è svolto lo scorso 5 marzo, presso<br />
i locali del seminario diocesano di<br />
Tempio Pausania, l’incontro di formazione<br />
permanente rivolto agli operatori<br />
Caritas, tenuto dal vescovo S.E. mons.<br />
Sebastiano Sanguinetti, dal titolo “Testimoni<br />
della misericordia del Padre accanto<br />
agli ultimi”. Erano presenti, la direttrice<br />
della Caritas suor Luigia Leoni, il parroco<br />
di Castelsardo, mons. Giovanni Pittorru<br />
e tantissimi operatori Caritas. La<br />
proposta formativa si è rivelata un momento<br />
essenziale per la crescita personale<br />
di ogni credente, a livello morale e individuale,<br />
sviluppando una maggiore<br />
consapevolezza e responsabilità della<br />
motivazione al servizio e l’acquisizione di<br />
capacità personali e di gruppo, orientate<br />
alla relazione d’aiuto nonché di esperienza<br />
e di condivisione. Di fronte infatti alla<br />
realtà attuale mutevole e frantumata, la<br />
Chiesa e la Caritas sono chiamate a tenere<br />
le “orecchie drizzate”, spalancare gli<br />
occhi sugli interrogativi presenti, per dare<br />
risposte sempre più coerenti ed efficaci<br />
ai diversi bisogni. La prima parte dell’incontro<br />
è stata dedicata all’importanza<br />
della formazione permanente che rappresenta,<br />
oggigiorno, un requisito essenziale<br />
per essere parte attiva nella società,<br />
comprendere le nuove sfide e imparare<br />
ad affrontarle, accompagnando coloro<br />
che già possiedono competenze di base,<br />
proponendo nuove chiavi di lettura e piste<br />
di ricerca, per sostenerne le motivazioni<br />
e approfondire il senso del mandato<br />
nella quotidianità della Caritas. Essa si<br />
attua a tutti i livelli, sia in ogni ambito<br />
professionale, sia a livello individuale<br />
che istituzionale, in tutte le sfere sia della<br />
vita pubblica che privata. Il nostro vescovo,<br />
ha preso per esempio, la formazione<br />
che avviene in famiglia, affermando<br />
che: “Un padre e una madre non sono<br />
mai sufficientemente genitori preparati,<br />
ma sono in stato di formazione permanente,<br />
poiché quotidianamente si trovano<br />
ad affrontare situazioni, contesti ed<br />
esperienze che hanno bisogno di dare<br />
una risposta immediata, che non può essere<br />
rimandata”. Ha poi aggiunto- “La<br />
storia stessa dell’uomo e’ in continua<br />
evoluzione; sbagliamo dunque quando<br />
guardiamo l’oggi, rivolgendo lo sguardo<br />
verso il passato. Questo è infatti necessario<br />
per capire da dove veniamo, ci aiuta<br />
a capire la nostra storia e le nostre radici,<br />
ma abbiamo bisogno di essere continuamente<br />
aggiornati, in quanto sono<br />
cambiati i contesti storici, la struttura antropologica,<br />
il modo di essere, di sentire,<br />
di capire e di agire della persona umana,<br />
il suo modo di relazionarsi con il mondo<br />
e di capire se stesso, sia sotto il profilo<br />
morale che politico. Ecco che allora ci si<br />
pone il problema di come tradurre e trasmettere<br />
quelle verità della nostra fede, (i<br />
dogmi), a noi stessi, agli altri e alla società<br />
di oggi, come annunciare Dio al<br />
mondo di oggi nella consapevolezza che<br />
il cristiano è “un cristiano in uscita”. Tutto<br />
ciò ha portato a riflettere su quanto è<br />
importante “lavorare su se stessi” per potersi<br />
poi avvicinare all’altro, per ridare<br />
centralità alla persona e alle relazioni.<br />
L’uomo d’oggi egoista ed egocentrico e’<br />
una maratona di 1350 km<br />
in onore della Patrona della Sardegna<br />
Una fiaccola arriva da Nostra Signora di Bonaria<br />
nei santuari mariani della Gallura e dell’Anglona<br />
Pietro Zannoni<br />
Calangianus. Una fiaccola, accesa a Cagliari<br />
nel santuario di Bonaria dall’arcivescovo<br />
di Cagliari, subito dopo l’apertura<br />
della Porta santa per il Giubileo della Misericordia,<br />
sarà portata di corsa da gruppi di<br />
atleti in varie tappe,partenza per i santuari<br />
mariani dell’isola un percorso di 1350 km.<br />
Partenza il 19 marzo da Sinnai arrivo a Cagliari<br />
il 25 aprile ai piedi del simulacro della<br />
Vergine di Bonaria. Il 5 aprile, proveniente dal<br />
santuario di N.S. di Castro, Oschiri, la fiaccola<br />
arriverà nella nostra diocesi : alle 18 nella cattedrale<br />
di Tempio, il sei nel santuario di N.S.<br />
delle Grazie a Calangianus, il 7 alla Basilica di<br />
N.S. di Luogosanto, regina di Gallura, l’8 una<br />
breve tappa a Santa Maria Cohignas nella marcia<br />
di avvicinamento alla Basilica di N.S di<br />
Tergu , regina dell’Anglona. Questa singolare<br />
manifestazione di fede è una iniziativa per festeggiare<br />
il 30° pellegrinaggio a piedi da Sinnai<br />
a Bonaria promosso dall’associazione il<br />
Segno che dà a vita ad un evento di fede che<br />
raduna oltre diecimila pellegrini nella notte fra<br />
il 24 ed il 25 aprile. La maratona sarà possibile<br />
grazie alla Federazione italiana di atletica<br />
leggera che sovrintende al mega pellegrinaggio<br />
a staffette con atleti delle varie zone, i<br />
quali, correndo a tappe, porteranno la fiaccola<br />
benedetta della Madonna attraverso i santuari<br />
più importanti dell’isola. Attraversando<br />
le diocesi e i comuni, gli atleti delle varie società<br />
porteranno in giro per l ‘isola il messaggio<br />
di pace e amore della Madonna. Un percorso<br />
a staffetta dove fede e sport potranno<br />
essere un’unica cosa e far memoria della devozione<br />
alla Madonna di Bonaria, Patrona<br />
Massima della Sardegna. Dal sud, attraverso<br />
la Marmilla e l’Ogliastra, attraverso la Barbagia,<br />
verso la Gallura e l’Anglona; poi il Logudoro<br />
raggiungendo la Madonna del Latte Dolce<br />
a Sassari, S. Pietro di Sorres, Valverde e<br />
Oristano. Poiché negli ultimi anni al pellegrinaggio<br />
da Sinnai a Cagliari partecipano fedeli<br />
galluresi che danno vita al pellegrinaggio a<br />
piedi da Calangianus a Nostra Signora di Luogosanto,<br />
si è come creato una specie di gemellaggio<br />
fra i gruppi organizzatori accomunati<br />
anche dalla appartenenza al movimento<br />
di Comunione e Liberazione, la Gallura è divenuta,<br />
a buon diritto, tappa obbligata di<br />
questa maratona Il vescovo Mons. Sanguinetti,<br />
i parroci don Antonio Tamponi, don Umberto<br />
Deriu, don Gavinello Cossu, don Gian<br />
Paolo Raffatellu hanno ben accolto l’iniziativa<br />
ed in ogni tappa un comitato si è impegnato<br />
ad organizzare l’accoglienza della fiaccola<br />
che è stata accesa ai piedi Nostra signora di<br />
Bonaria, patrona della Sardegna.<br />
Sr Luigia Leoni, il Vescovo e d. Giovanni Pittorru<br />
proiettato su se stesso, proteso all’autorealizzazione,<br />
diventata l’unico orizzonte<br />
della propria vita, proteso a soddisfare i<br />
propri desideri, che diventano diritti,<br />
spesso a scapito dei doveri. Siamo di<br />
fronte a una cultura dell’immagine, dell’apparire,<br />
dell’idolatria del denaro, del<br />
profitto e della finanza mondiale, che sta<br />
affamando popoli e continenti interi, per<br />
scelte scellerate, per l’ingordigia di chi<br />
vuole avere tutto il controllo del mondo.<br />
A questo proposito Papa Francesco ci invita<br />
a vincere l’indifferenza di chi ha paura<br />
di perdere qualcosa; oggi più che mai<br />
il grido del povero arriva fino a noi, un<br />
monito ad essere misericordiosi e a raggiungere<br />
le periferie esistenziali, intensificando<br />
il nostro impegno. Nella seconda<br />
parte dell’incontro, mons. Sebastiano<br />
Sanguinetti ha analizzato il tema centrale<br />
della Misericordia, partendo dal significato<br />
proprio del termine che “Ci dice chi è’<br />
Dio, in che cosa consiste la fede, che cos’è<br />
la Chiesa, il cristiano, ci dice in che<br />
cosa consiste la nostra salvezza e la nostra<br />
missione. Essa è la parola riassuntiva<br />
e soprattutto sorgiva da cui nasce tutto<br />
quello che siamo, tutto quello che dobbiamo<br />
essere e dobbiamo fare, ed è per<br />
questo che essa deve essere metabolizzata<br />
e incarnata nella nostra vita e nella nostra<br />
vita di Chiesa. Dobbiamo essere uomini<br />
e donne di Dio, di fede, di chiesa,<br />
che la amano e la servono, che non creano<br />
divisioni, che non fanno pettegolezzi,<br />
ma sanno stare al proprio posto, in comunione<br />
di intenti, non sentendoci mai<br />
primi, ma che sanno farsi ultimi con gli<br />
l’ultimi. La Misericordia é prima che fare,<br />
dare e essere. Non possiamo essere misericordiosi<br />
nei confronti degli altri, se<br />
non lo siamo in profondità, se non siamo<br />
conquistati e impastati di Dio”. Da qui<br />
l’invito a riappropriarci delle opere di misericordia<br />
spirituale e corporale. La formazione<br />
si è dipanata tra i tanti quesiti ed<br />
esempi concreti calati sulle nostre esperienze,<br />
sulla nostra quotidianità e sulle<br />
nostre comunità che, non sono ricche<br />
per quello che ricevono, ma per quello<br />
che sono in grado di dare; un momento<br />
di Chiesa dunque, che cammina col suo<br />
vescovo, per andare avanti e migliorare,<br />
un cammino da perseguire come obiettivo<br />
fervente della nostra carità, fatta di<br />
sostanza e di un agire in persona di Cristo<br />
e di Chiesa, perché la nostra coscienza<br />
cristiana possa riprendere vigore.
8<br />
&<br />
GALLURA ANGLONA<br />
Anno XXIV<br />
n. 3<br />
29 marzo<br />
2016<br />
giornata dei cresimandi<br />
La domenica 13 marzo rimarrà scolpita nella<br />
comunità di San Teodoro. Da giorni i<br />
collaboratori preparavano con il parroco<br />
don Mauro Moretti l’accoglienza dei cresimandi,<br />
dei genitori, dei padrini e delle madrine. Il<br />
tema della giornata era “Accendi il cuore”. Un<br />
impegno che ha coinvolto decine di persone, la<br />
comunità civile rappresentata dal comune e la<br />
parrocchia. Tavoli, gazebo, dolci in quantità,<br />
ma soprattutto disponibilità e cortesia sono stati<br />
i tratti caratteristici di questa giornata. Sono<br />
arrivati dalle diverse comunità ottocento cresimandi,<br />
settecento accompagnatori tra genitori<br />
padrini e parroci, trentotto le parrocchie rappresentate.<br />
Il vescovo rivolto ai cresimandi ha<br />
detto: “Accendete in voi il fuoco dell’amore divino<br />
che non è un fuoco che brucia come quello<br />
che ogni anno attraversa la Sardegna creando<br />
danni agli uomini e alle cose, ma rinnova le<br />
persone e le spinge ad essere veri testimoni del<br />
Cristo Risorto”. Tra i partecipanti alla giornata,<br />
alcuni sono stati invitati a dare la loro testimonianza.<br />
Lo hanno fatto i ragazzi, una coppia di<br />
sposi, un cresimando e una giovane catechista.<br />
Le riportiamo qui di seguito per la ricchezza dei<br />
contenuti e per trarne qualche insegnamento.<br />
Accogliere la vita come un dono<br />
Siamo sposati da 12 anni e abbiamo cinque figli<br />
di undici, otto, cinque e tre anni. Ci siamo<br />
sposati dopo due anni di fidanzamento,<br />
confidando nell’amore che ci univa. Eravamo a<br />
conoscenza, perché provenivamo entrambi dal<br />
medesimo gruppo di preghiera giovanile, che il<br />
matrimonio sarebbe stato continuare a seguire<br />
Gesù non più come giovani, ma in due come<br />
famiglia. La nostra era però solo una conoscenza<br />
teorica, mentre davanti ci aspettava un percorso<br />
di vita carico di incognite. Non abbiamo<br />
mai pensato né programmato una famiglia numerosa,<br />
abbiamo accolto ogni gravidanza come<br />
un dono, anche dinnanzi alla prospettiva delle<br />
difficoltà che avremo avuto, sia nelle gestione<br />
dei più piccoli che dal punto di vista economico.<br />
Dio ci lascia liberi nelle nostre scelte, dinnanzi<br />
alle quali ci chiede solo di non indietreggiare<br />
ma di impegnarci con responsabilità.<br />
Giornata dei cresimandi a San Teodoro<br />
Bella accoglienza della comunità e grande partecipazione<br />
Testimonianza della famiglia di Massimiliano e Mirella<br />
Aperti alla vita e alla Provvidenza<br />
L’esperienza della Provvidenza<br />
La tentazione è cedere allo scoraggiamento,<br />
credere che davanti a certe difficoltà l’unica<br />
risposta possibile sia il nostro limitato intervento<br />
umano. L’amore che ci univa e le nuove vite<br />
che arrivano nella nostra casa compensavano<br />
però le difficoltà che si presentavano. Il nostro<br />
amore e i bambini sono sempre come un richiamo<br />
che porta Dio ad intervenire e sostenerci<br />
sempre, come un richiamo che porta Dio<br />
ad intervenire e sostenerci sempre, anche se<br />
magari dopo un percorso di sofferenza. Dicevamo<br />
delle difficoltà nella gestione dei bambini,<br />
la corsa contro il tempo per far quadrare<br />
ogni appuntamento e le difficoltà a far quadrare<br />
i conti. Di queste difficoltà Dio alle volte si<br />
serve perché impariamo a confidare in lui ed<br />
accorgerci che in quel progetto che è la nostra<br />
famiglia Lui è l’autore, l’ha pensata per noi così<br />
come è perché li possiamo realizzarci in pienezza.<br />
Realizzarci nell’amore<br />
reciproco.<br />
D’innanzi all’amore di<br />
due coniugi Di si arrende,<br />
ci dona qualsiasi<br />
cosa di cui abbiamo<br />
bisogno; dove<br />
non arriviamo noi,<br />
purché continuiamo<br />
ad alimentare quell’amore<br />
che ci ha portato<br />
a sposarci, Dio interviene<br />
compiendo<br />
meraviglie.<br />
Imparare a camminare<br />
insieme<br />
Da giovani ci interrogavamo<br />
circa il<br />
nostro avvenire, sulle<br />
varie opportunità che<br />
la vita ci avrebbe offerto.<br />
Anche appena sposati<br />
non era troppo diverso. Lo sguardo era però<br />
solo come proiettato in avanti. Con la famiglia,<br />
camminando in due, questa prospettiva<br />
presto comincia a cambiare radicalmente perché<br />
devi radicalmente volgere lo sguardo a chi hai<br />
al tuo fianco e non solo dinnanzi a te, rallentando<br />
se necessario per aspettare chi ci accompagna.<br />
Quando poi hai dei bambini, soprattutto<br />
come noi cinque per aspettare chi ci accompagna.<br />
Quando poi hai dei bambini, soprattutto<br />
come noi cinque, capita non di rado di doverti<br />
anche volgere indietro per non rischiare di perderne<br />
qualcuno. Siamo convinti che faccia parte<br />
della pedagogia di Dio, un modo per aiutarci<br />
a passare da un modello di vita ideale ed individualistico<br />
ad un progetto di vita autentico, capace<br />
di aprirsi anche alle attese degli altri.<br />
Accompagnare i ragazzi<br />
nel cammino di fede<br />
Abbiamo iniziato come catechisti qualche<br />
anno fa, quando Giovanni, nostro figlio<br />
più grande, iniziò il percorso di catechesi (farà<br />
la cresima il prossimo anno). Abbiamo compreso<br />
che come genitori o catechisti abbiamo<br />
il compito di trasmettere la fede cristiana, sia<br />
attraverso gli insegnamenti del Magistero della<br />
Chiesa, ma anche rendendo i ragazzi partecipi<br />
della nostra esperienza concreta di fede. E’ l’età<br />
in cui ancora ci stanno ad ascoltare, che fanno<br />
tesoro di ciò che trasmetti loro quando lo<br />
riconoscono frutto di una condivisione sincera.<br />
Qualche ragazzo ci confida che qualche<br />
compagno di classe, alle medie, già si professa<br />
ateo e di questo capita di discuterne negli<br />
incontri di catechesi. E’ importantissimo il dialogo,<br />
lasciare che si aprano confidandoci anche<br />
i loro dubbi, che talvolta provengono dai<br />
loro stessi genitori. Il dubbio non è sintomo di<br />
una crisi di fede, ma un germoglio, il sintomo<br />
che cominciamo a sentire il bisogno di passare<br />
da una fede acquisita, trasmessa da un adulto<br />
(genitore catechista) ad una esperienza di<br />
fede propria, personale.
g i o r n a t a<br />
d e i c r e s i m a n d i<br />
Anno XXIV<br />
n. 3<br />
29 marzo<br />
2016<br />
&<br />
GALLURA ANGLONA<br />
9<br />
La mia testimonianza è legata ai miei ricordi<br />
legati alla Chiesa. I miei primi ricordi<br />
risalgono: 1) alle mie nonne, in<br />
particolare alla mia nonna paterna che era<br />
molto devota a Sant’Antonio e a Papa Giovanni<br />
XXIII (il Papa buono); 2) al periodo<br />
scolastico dei primi tre anni delle elementari<br />
trascorsi dalle suore Vincenziane di Gaggiola<br />
a La Spezia. Si iniziava la giornata con il pulmino<br />
che ci portava a scuola con madre Caterina<br />
che faceva recitare le preghiere: 3) al<br />
periodo del catechismo che ho frequentato<br />
nella parrocchia dei santi Giovanni e Agostino<br />
di La Spezia dove già ero stato battezzato<br />
Michela<br />
Testimonianza di una giovane catechista<br />
La mia esperienza da catechista<br />
è iniziata dopo aver fatto<br />
la cresima. Nel 2012, la<br />
catechista che avevo alle elementari<br />
mi disse che aveva bisogno<br />
di un aiuto e io all’inizio non<br />
me la sentivo di svolgere questo<br />
compito, un po’ per paura, perché<br />
comunque ero piccola, un<br />
po’ perché anche se non ero da<br />
sola, si trattava di una grande responsabilità.<br />
Alla fine decisi di<br />
provare questa esperienza, ero<br />
consapevole che non sarebbe<br />
stato facile, ma ero altrettanto<br />
consapevole che mettendomi al<br />
servizio degli altri avrei ottenuto<br />
ricompense non a livello materiale<br />
ma a livello morale e spirituale.<br />
Questa esperienza infatti,<br />
dall’inizio mi ha riempito il cuore,<br />
oltre ad arricchirmi personalmente<br />
e ad accrescere in me il<br />
desiderio di conoscere Gesù,<br />
proprio questo è quello che cerco<br />
di trasmettere ai miei ragazzi.<br />
Mi è capitato di avere delle difficoltà<br />
nel mio percorso, come,<br />
per esempio, il fatto che i ragazzi<br />
sono vivaci, quindi essendo<br />
ancora alle prime armi e non riuscendo<br />
a trasmettere ciò che<br />
avevo preparato volevo abbandonare<br />
tutto. Essendo una ragazza<br />
che non si arrende alle prime<br />
difficoltà, mi sono affidata al Signore<br />
che mi ha dato la forza di<br />
proseguire. Il mio obiettivo è<br />
Francesco Maggio<br />
Testimonianza di un cresimando<br />
quello di trovare dei metodi per<br />
trasmettere ai ragazzi i valori che<br />
un cristiano dovrebbe avere, cercando<br />
di trasmetterli nel modo<br />
più semplice possibile, in modo<br />
tale che per loro venire al catechismo<br />
sia un piacere e si abbia<br />
il desiderio di coltivare la propria<br />
fede. Ai ragazzi che ricevono la<br />
cresima voglio augurare che sia<br />
la confermazione di un cammino<br />
già iniziato con il battesimo, ma<br />
anche l’inizio di un cammino di<br />
fede che cresca col passare degli<br />
anni e non la fine, come succede<br />
per molti, perché solo crescendo<br />
si ha la possibilità di capire<br />
quanto è importante vivere la<br />
propria vita con fede.<br />
e ho fatto la Confessione e ricevuto la prima<br />
Comunione. Il parroco era ed è un sacerdote<br />
molto vecchio, poco vicino ai ragazzi, ma per<br />
mia fortuna in quel periodo venne affiancato<br />
da un giovane diacono, futuro sacerdote, che<br />
coinvolse i ragazzi nelle attività della parrocchia.<br />
Si chiama don Andrea e con lui ho iniziato<br />
il mio percorso di ministrante con incontri<br />
settimanali oltre all’ora di catechismo.<br />
Una volta all’anno, in primavera, venivano<br />
organizzati degli incontri con tutti i ministranti<br />
delle parrocchie della diocesi di Spezia-Sarzana-Brugnato<br />
con la presenza del vescovo<br />
mons. Francesco Moraglia, ora patriarca<br />
di Venezia, era una vera emozione. L’ultimo<br />
incontro dei ministranti è stato a livello<br />
nazionale a Siena, un ricordo molto bello perché<br />
condiviso con i miei coetanei di tutta Italia.<br />
Ho avuto la fortuna di condividere il momento<br />
dell’ordinazione di don Andrea, una<br />
cerimonia che si è svolta in cattedrale, a La<br />
Spezia molto emozionante, mi ha colpito in<br />
particolare il momento della prostrazione del<br />
diacono. Per il lavoro di mio padre ci siamo<br />
trasferiti a La Maddalena dove ho iniziato a<br />
frequentare la parrocchia militare e ho avuto<br />
la fortuna di incontrare don Gianfranco detto<br />
«Dongi» con le sue omelie molto coinvolgenti<br />
che mi hanno avvicinato<br />
ogni domenica alla messa. Il<br />
mio ricordo di quel periodo<br />
è legato alla cresima di mio<br />
fratello dove ho avuto la<br />
fortuna di incontrare il vescovo<br />
militare mons. Santo<br />
Marcianò che mi ha voluto<br />
come chierichetto nella cerimonia,<br />
per me un grandissimo<br />
onore. Una persona<br />
molto coinvolgente, peccato,<br />
che ho potuto passare<br />
poco tempo in sua compagnia.<br />
Sono emozionato perché<br />
sto per affermare il mio<br />
Battesimo e la Confermazione<br />
della mia fede e le persone<br />
che mi saranno vicine<br />
in quel momento sono persone<br />
che hanno segnato il<br />
mio «cammino». Come dice<br />
mio padre: «L’esempio è la<br />
migliore disciplina» e grazie<br />
alla mia famiglia che mi ha<br />
sempre accompagnato in<br />
questo cammino spirituale e<br />
alle persone che ho incontrato,<br />
dalle catechiste, al<br />
parroco, al vescovo, ho cercato<br />
di imparare per arrivare<br />
a questo traguardo.<br />
Mons. Sanguinetti<br />
e d. Paolo Pala
10<br />
&<br />
GALLURA ANGLONA<br />
Anno XXIV<br />
n. 3<br />
29 marzo<br />
2016<br />
la maddalena<br />
La Passione di Gesù Cristo vista dal medico<br />
“Siamo così giunti alla celebrazione dell’ultima<br />
Stazione Quaresimale che, come ogni<br />
anno si svolge in questa chiesa dedicata<br />
all’Agonia di Nostro Signore Gesù Cristo in<br />
Getsemani, dove, proprio per il suo titolo,<br />
si vivono più intensamente gli ultimi giorni<br />
della vita terrena di Gesù. Non possiamo in<br />
questo momento non rivolgere il nostro<br />
pensiero e la nostra preghiera alle <strong>vittime</strong><br />
dell’attentato terroristico a Bruxelles, al<br />
doloroso evento dell’incidente in Spagna, ai<br />
migranti e a tutte le altre guerre e tragedie<br />
che avvengono in ogni parte del mondo, alle<br />
quali non si dà molto risalto”.<br />
Ultima Stazione Quaresimale a Moneta<br />
Con queste parole il parroco di Moneta don<br />
Andrea Domanski ha dato inizio alla S.<br />
Messa, martedì 22 marzo, che è stata concelebrata<br />
dal parroco di S. Maria Maddalena don<br />
Domenico Degortes. Molte le persone provenienti<br />
dalle altre parrocchie dell’Isola che hanno<br />
partecipato con fervore a questa celebrazione al<br />
termine di questo cammino Quaresimale. Era<br />
presente la Confraternita del Getsemani, la quale,<br />
come ogni anno, cura in ogni particolare tutti<br />
i riti della Settimana Santa, come l’allestimento<br />
dell’Altare della Reposizione, che questa volta è<br />
improntato proprio sul Giardino del Getsemani,<br />
con alcuni particolari importanti come la presenza<br />
dell’Angelo Consolatore, il<br />
gallo simbolo del tradimento<br />
di Pietro e il Calice simbolo<br />
della sofferenza di Cristo. Ritornando<br />
alla celebrazione<br />
della Messa, come sempre è il<br />
coro S. Giovanni Paolo che l’-<br />
ha animata, con canti appropriati<br />
alla liturgia, rendendola<br />
più solenne. Commentando il<br />
Vangelo di Giovanni, don Andrea<br />
ha messo in evidenza<br />
che la Passione di Cristo, non<br />
è iniziata dopo il suo arresto<br />
giovedì notte o venerdì davanti<br />
al sinedrio, ma è iniziata<br />
prima, con la consapevolezza<br />
che i suoi discepoli, le persone che più gli stavano<br />
vicino, l’avrebbero tradito. Non c’è stato solo<br />
il tradimento di Giuda, che non è stato capace,<br />
forse per orgoglio, di riconoscere il suo sbaglio<br />
davanti a Dio, ma anche il rinnegamento di<br />
Pietro, il quale però, riconoscendosi peccatore,<br />
ha avuto in dono la Misericordia di Dio. Così è<br />
per tutti noi, se riconosciamo i nostri errori, i nostri<br />
tradimenti e lasceremo da parte l’orgoglio, ci<br />
faremo più vicini a Dio e la sua Misericordia ci<br />
riabbraccerà. Proprio per celebrare al meglio<br />
questo anno speciale, don Andrea ha voluto che,<br />
Luca Impagliazzo<br />
Incontro con il dott. Federico Santolini (medico<br />
ortopedico in Genova) 19 Sabato, marzo,<br />
2016, ore 18:30. Capita proprio nel giorno<br />
dedicato a San Giuseppe, padre putativo di Gesù,<br />
sposo esemplare di Maria, l’incontro-dibattito<br />
dedicato alla comprensione medico-scientifica<br />
dell’episodio più truce dell’Umanità Cristiana. La<br />
crocifissione e morte del Re dei Re. Ma cosa ha<br />
spinto un folto numero di persone laiche a convenire<br />
presso il salone conferenze della Parrocchia<br />
di Moneta? Sicuramente la curiosità, sicuramente<br />
l’intuizione che, dietro alla “ricerca del vero”,<br />
si cela sempre il riordino di convinzioni personali<br />
molte volte errate. Il passaparola, il tamtam<br />
mediatico, anche su facebook (internet) ha<br />
fatto il resto. Cosa è avvenuto esattamente? Don<br />
Andrea Domanski, una volta introdotto il bravissimo<br />
dottor Santolini, ha lasciato immediatamente<br />
a lui la parola. Subito la platea è entrata in empatia<br />
col medico che non prende in mano né referti,<br />
né cartelle cliniche ipotetiche né altre “diavolerie”<br />
bensì il Santo Libro: la Bibbia. Frettolosamente<br />
ricerca quei passi evangelici carichi non<br />
di pathos ma di crudezza, puntualità narrativa e<br />
dettagli relativi alla flagellazione. Immediatamente<br />
la platea è presa! Che meraviglia quando un<br />
uomo di scienza è capace di porre sintesi mediando<br />
il suo sapere con la Parola di Dio. Che<br />
meraviglia quando anche alcuni medici presenti<br />
in sala si destano dal torpore della routine e<br />
aguzzano lo sguardo verso una serie di immagini<br />
video proiettate e spiegate analiticamente dall’ortopedico.<br />
Spiegazioni sotto la lente della storia,<br />
della medicina e della Fede. Che meraviglia<br />
quando un uomo di scienza cerca il consenso,<br />
per ciò che ipotizza, presso il sapere del Parroco<br />
anche strizzandogli l’occhio. Che meraviglia<br />
quando gli invitati sospirano perché davvero desiderano<br />
capire da dove hanno inizio l’Espiazione<br />
e la Risurrezione del Cristianesimo. Tutto<br />
collima e anche il puzzle più difficile relativo all’enigma<br />
dell’Uomo della Sindone si ricompone.<br />
Il medico ha portato gli ascoltatori verso la<br />
chiosa finale: “nella Sindone vi è evidente la Risurrezione!”<br />
Tecnicamente ci ha spiegato perché...<br />
(e, sarebbe lungo e fuori luogo qui riportarne<br />
i dettagli). Una cosa è certa, tutti i presenti<br />
hanno potuto rinnovare il loro sapersi stupire e<br />
il loro lasciarsi portare “come bambini” dal vento<br />
dello Spirito Santo, vento che ha portato più<br />
volte coraggio, determinazione e buona volontà<br />
a San Giuseppe, mite lavoratore e curatore<br />
della Santa Famiglia. Vento che nel suo giorno<br />
di festa regala ancora oggi un lieve profumo di<br />
Nardo, un lieve profumo di Verità. Certo, poi...<br />
Ognuno farà il proprio atto di Fede finale e darà<br />
il Nome Gesù di Nazareth all’uomo della Sindone,<br />
se vorrà.<br />
dopo la S. Messa, ci fosse stato un momento di<br />
preghiera e di riflessione, con la poesia sulla Misericordia<br />
e così, con l’aiuto di Maddalena, Maria<br />
Assunta, Maria e Gennaro, recitando alcune<br />
poesie, si è messa in risalto la grandezza di Dio<br />
che sta proprio nella sua Misericordia. Le voci<br />
del coro, con i canti sulla Misericordia, hanno<br />
contribuito a mettere in risalto ogni verso poetico<br />
di quel momento, molto apprezzato dalle<br />
persone presenti e che sarà sicuramente ripetuto,<br />
con tante altre poesie sulla Misericordia di<br />
Dio, dopo la S. Pasqua.<br />
La resa dei conti la Sanità maddalenina ha ricevuto il colpo di grazia!<br />
Ospedale Paolo Merlo,<br />
punto nascita<br />
La Maddalena<br />
Gruppo Socio Politico Cristiano<br />
La Regione Sardegna con la<br />
delibera G.R. n.6/15 del<br />
2.2.2016 ha sancito quali norme<br />
utilizzare per colpire a morte il<br />
nostro Presidio Ospedaliero. Da<br />
anni il Gruppo Socio Politico Cristiano<br />
evidenzia questo processo<br />
involutivo che ha assunto una dimensione<br />
così malevola che ignorarla<br />
ci rende complici. L’ospedale<br />
è tecnicamente chiuso: con la ginecologia<br />
impedita a far partorire<br />
le nostre donne, con la pediatria<br />
non più servizio, il nido sottrattoci<br />
con espedienti meschini, la medicina<br />
trasformata in ospedale di<br />
comunità, la camera iperbarica indicata<br />
già ad Olbia, con gli ambulatori<br />
spostati a Padula solo per<br />
occupare locali costruiti ed accreditati<br />
per la RSA… Con l’angoscia<br />
di morire in banchina, o in un<br />
viaggio verso il più vicino ospedale,<br />
solo perché la ASL n.2 ha deciso<br />
che il Paolo Merlo non può più<br />
assolvere quanto per decenni ha<br />
svolto con professionalità assoluta.<br />
Il giorno 2 aprile c.a. alle ore<br />
18,00 nell’Oratorio S. Giovanni<br />
Bosco sito vicino al presidio Paolo<br />
Merlo, parleremo di questa Sanità<br />
avvelenata, cercheremo ostinatamente<br />
soccorsi e soluzione,<br />
reclameremo quella dignità che<br />
abbiamo smarrito, ospiteremo i<br />
NOSTRI: politici, sindacati, giornalisti,<br />
associazioni, operatori della<br />
Sanità ed i Maddalenini. Li sollecitiamo<br />
a partecipare perché<br />
senza quest’ultimo GRIDO, il paese<br />
non avrà futuro. Non permetteremo<br />
strumentalizzazioni, non<br />
cercheremo colpevoli, saremo tutti<br />
impegnati ad imitare quel colpo<br />
di dignità che ha visto altri ospedali,<br />
Tempio in testa, non collocati<br />
nelle isole urlare: Basta! La ASL<br />
N.2 e la Regione Sardegna ci hanno<br />
negato quanto previsto dalla<br />
legge Balduzzi per le isole minori.<br />
La Maddalena è la sola isola in<br />
Sardegna che ha l’ospedale, e che<br />
ha il diritto di avere quei servizi<br />
subdolamente sottrattici.
la maddalena<br />
Anno XXIV<br />
n. 3<br />
29 marzo<br />
2016<br />
&<br />
GALLURA ANGLONA<br />
11<br />
Domenico Lecci<br />
Delegazione di La Maddalena alla festa della Madonnuccia di Ajaccio<br />
Questa festa ha origini molto<br />
antiche, nasce nel periodo<br />
di appartenenza italiana<br />
della Corsica, per la precisione<br />
nel 1656, anno in cui la città<br />
venne colpita dalla peste. Il<br />
consiglio degli anziani, i “Magnifici<br />
Anziani”, che operava sotto il<br />
diretto controllo della Repubblica<br />
di Genova, decise di mettere<br />
Ajaccio sotto la protezione della<br />
Vergine Miracolosa di Savona. Nel<br />
novembre dello stesso anno,<br />
sconfitta l’epidemia, il Consiglio<br />
proclamò la Vergine patrona di<br />
Ajaccio. Da quella data il 18 marzo<br />
di ogni anno il Consiglio Comunale<br />
si reca in processione alla<br />
cattedrale per assistere alla<br />
messa principale. La festa, vecchia<br />
di tre secoli, è divisa in tre<br />
tempi. La veglia che si tiene il 17<br />
marzo sera dove l’attesa del Vescovo,<br />
del clero, delle numerose<br />
confraternite e della banda musicale<br />
sotto l’edicola della Madonnuccia<br />
in Place des Palmiers si<br />
mischia alla passeggiata delle famiglie<br />
e ai banchi dei venditori di<br />
giocattoli e dolci, e al fumo e luce<br />
delle candele votive. Il mattino<br />
dopo, Sindaco e Consiglio comunale,<br />
nella Messa solenne in Cattedrale,<br />
rinnovano il voto alla Madonna<br />
della Misericordia fatto la<br />
prima volta nel 1656. Nel pomeriggio,<br />
sempre partendo dalla cattedrale,<br />
la statua della Madonna<br />
viene portata in processione dai<br />
fedeli in giro per la città vecchia<br />
seguita dalla comunità. Noi maddalenini<br />
siamo molto legati alla<br />
città di Ajaccio per motivi storico<br />
– culturali; e in forza di un gemellaggio,<br />
ratificato nel 1991 dall’allora<br />
sindaco di La Maddalena<br />
Commendatore Giuseppe Deligia,<br />
le comunità laica e religiosa delle<br />
due cittadine partecipano alle rispettive<br />
feste patronali. Quest’anno<br />
la delegazione comunale era<br />
guidata dal sindaco Luca Montella,<br />
accompagnato dai consiglieri<br />
Roberta De Marzo e Roberto<br />
Ugazzi, mentre la delegazione<br />
parrocchiale vedeva il parroco<br />
Don Domenico Degortes accompagnato<br />
dal segretario del Consiglio<br />
Pastorale parrocchiale Domenico<br />
Lecci. Importanti colloqui<br />
nel corso delle cerimonie sono<br />
intercorsi con i rappresentanti<br />
politici e religiosi della comunità<br />
corsa, il Sindaco e deputato di<br />
Ajaccio Laurent Marcangeli e il<br />
Presidente della Regione Gilles<br />
Simoni, ufficialmente invitati alla<br />
festa di Santa Maria Maddalena. Il<br />
Nostro parroco ha poi voluto partecipare<br />
alla festa patronale di<br />
Bastia, dedicata a San Giuseppe,<br />
nella giornata del 19 marzo, concelebrando<br />
con il vescovo di<br />
Ajaccio Monsignor Olivier de<br />
Germay.<br />
La delegazione<br />
maddalenina<br />
ad Ajaccio<br />
Mons. Oliver,<br />
vescovo di Ajaccio<br />
con d. Domenico<br />
cei<br />
Messaggio per Giornata Università Cattolica<br />
I nostri giovani hanno bisogno di essere sostenuti e incoraggiati<br />
“<br />
La formazione delle nuove<br />
generazioni è il più<br />
importante investimento<br />
che un paese possa fare per il<br />
suo futuro. L’Italia, dalla fine<br />
della seconda guerra mondiale<br />
ai nostri giorni, ha realizzato<br />
un progressivo e qualificato<br />
impegno sul versante della formazione<br />
scolastica e universitaria<br />
raggiungendo livelli tra i<br />
più elevati al mondo. È anche<br />
grazie alla crescita di competenza<br />
e professionalità che il<br />
nostro Paese ha saputo garantire<br />
alle ultime generazioni una<br />
condizione di vita contrassegnata<br />
dallo sviluppo e dal benessere.<br />
Ma da qualche anno si<br />
registrano segnali di affaticamento<br />
e stanchezza, con ritardi<br />
e fenomeni involutivi”. Lo sottolinea<br />
il Messaggio della Presidenza<br />
della Conferenza episcopale<br />
italiana per la 92ª<br />
Giornata per l’Università Cattolica<br />
del Sacro Cuore, che sarà<br />
celebrata domenica 10 aprile,<br />
sul tema “Nell’Italia di domani<br />
io ci sarò”. “Preoccupano, soprattutto<br />
– si legge nel Messaggio<br />
-, le criticità sempre più<br />
marcate che emergono nell’ambito<br />
universitario e dell’alta formazione<br />
professionale con vistosi<br />
cali di iscrizioni in molti<br />
atenei e perdita di interesse da<br />
parte delle famiglie e di ampie<br />
fasce della popolazione giovanile<br />
verso la formazione come<br />
strumento di crescita personale<br />
e di acquisizione di conoscenze<br />
da spendere nel campo lavorativo”.<br />
La Chiesa italiana<br />
guarda “con preoccupazione a<br />
questo momento di difficoltà<br />
del Paese e sente l’urgenza di<br />
farsi vicina ai giovani per aiutarli<br />
a non perdere la speranza<br />
e ad investire le loro energie in<br />
percorsi di autentica crescita<br />
umana, spirituale, culturale e<br />
professionale. La formazione è<br />
la via maestra per garantire loro<br />
una ricca crescita personale,<br />
per renderli protagonisti del futuro<br />
e capaci di contribuire al<br />
bene del Paese”.<br />
“<br />
Sa die de sa Sardinia<br />
il tema per il 28 aprile:<br />
isola terra di migranti<br />
Sardinia, terra de migrantes”.<br />
E’ questo il tema legato<br />
alla celebrazione de<br />
Sa die de sa Sardinia 2016 scelto<br />
con la delibera di Giunta, proposta<br />
dall’assessore della Cultura e<br />
Pubblica Istruzione Claudia Firino<br />
e approvata alla presenza del<br />
presidente Francesco Pigliaru.<br />
“Il filo rosso che lega le iniziative<br />
alle quali stiamo lavorando<br />
per “Sa die 2016” è il tema della<br />
emigrazione - immigrazione. Sardi<br />
diventati cittadini del mondo<br />
che portano con sé la propria<br />
identità, che non hanno rinunciato<br />
alle loro radici culturali, e<br />
le intrecciano a tradizioni altre –<br />
ha detto la titolare della Cultura<br />
– in terre dove posano la loro<br />
valigia e spesso mettono radici e<br />
crescono i loro figli. In un momento<br />
storico di grandi flussi migratori<br />
verso la Sardegna, penso<br />
inoltre alle popolazioni che scelgono<br />
la nostra isola come approdo,<br />
terra nella quale vivere,<br />
facendone nuova casa d’adozione,<br />
nella quale potersi integrare<br />
al meglio”.“Sa die de sa Sardinia<br />
2016” prevede iniziative in collaborazione<br />
con i Circoli sardi e le<br />
comunità straniere presenti nell’isola,<br />
eventi musicali con la<br />
partecipazione di artisti e gruppi<br />
tradizionali e moderni.<br />
“L’idea – ha proseguito l’assessore<br />
Firino – è quella di coinvolgere<br />
le scuole e la società civile,<br />
per sensibilizzare soprattutto le<br />
giovani generazioni sul tema e<br />
l’importanza che ricopre nella vita<br />
di ciascuno di noi l’integrazione<br />
sociale”.<br />
L’auspicio dell’esponente della<br />
Giunta è che questa ricorrenza si<br />
riempia di significato reale e non<br />
resti una semplice celebrazione,<br />
ma “una opportunità – ha concluso<br />
l’assessore – perché vecchie e<br />
nuove generazioni possano identificarsi<br />
e riconoscersi nel proprio<br />
passato e superare le sfide che l’isola<br />
deve affrontare in Europa,<br />
nella sua dimensione di terra al<br />
centro del Mediterraneo, ospitale<br />
e solidale con i popoli che hanno<br />
maggiore necessità”.
12<br />
&<br />
GALLURA ANGLONA<br />
Anno XXIV<br />
n. 3<br />
29 marzo<br />
2016<br />
scuola<br />
Gavino Fancellu<br />
Scuola e Istituzioni<br />
i ragazzi del “Don Gavino Pes”<br />
a lezione di legalità<br />
Èstata una mattinata di grande respiro<br />
quella del giorno 4 marzo 2016, una di<br />
quelle nelle quali le lezioni si fanno vita,<br />
suggerimento esistenziale. Scuola e Istituzioni,<br />
Legalità, Disagi e Devianze, il titolo del<br />
convegno organizzato dell’Istituto di Istruzione<br />
Superiore “don Gavino Pes” di Tempio,<br />
nella persona dell’insegnante Giuseppe Mu,<br />
coordinato dal docente titolare della Funzione<br />
Strumentale prof. Gian Carlo Ricciu.L’iniziativa<br />
è la prima di una serie miranti ad approfondire<br />
i temi della legalità. L’Istituto vuole assumere<br />
il ruolo di capofila nel tentativo di offrire<br />
un contributo al territorio in linea con l’educazione<br />
giuridico-economica e legale. Tali<br />
materie, infatti, già oggetto del corso ordinamentale,<br />
saranno approfondite attraverso diverse<br />
lezioni magistrali, tenute da relatori altamente<br />
qualificati e garanti di professionalità<br />
altissime. Il primo incontro, ha visto protagonisti<br />
i seguenti relatori: Dott.ssa Alessandra<br />
Nivoli (Psichiatra), Padre Salvatore Morittu<br />
(fondatore di varie Comunità di recupero per<br />
tossicodipendenti), dott. Giovanni Bartolacci<br />
(Capitano Compagnia Carabinieri Tempio<br />
Pausania), Dott. Domenico Putzolu (Presidente<br />
Camera Penale della Gallura), Dott. Riccardo<br />
De Vito (Magistrato di Sorveglianza presso<br />
il Tribunale di Nuoro). Nell’epoca di internet<br />
la scuola non ha valore se non costruisce un<br />
dialogo continuo con i propri allievi. E questo,<br />
per l’appunto, è l’obiettivo primario del<br />
progetto. La giornata in oggetto, pertanto, si<br />
situa in un contesto di scuola aperta, di scuola<br />
innovativa, che avvicina i ragazzi al mondo<br />
reale, con capacità discriminante, sollecitandone<br />
la forte valenza critica e di apprendimento<br />
operativo. Tutti i relatori hanno sottolineato<br />
che è urgente imparare a vivere meglio,<br />
attraverso il contatto con maestri di vita. Servono,<br />
pertanto, conoscenze sempre più alte e<br />
specialistiche, ma soprattutto non si può più<br />
vivere come sprovveduti (Avv. Putzolu), come<br />
Santa Pasqua 2016<br />
Con il tuo corpo e sangue Signore<br />
infondi in me’ l’umiltà che mi manca<br />
e fà che non sia vana ne stanca<br />
la dolce, attesa, speranza d’amore.<br />
Misericordia Gesù<br />
converti il mio cuore<br />
manda un tuo bagliore<br />
che risplenda in me quaggiù. (ripetere)<br />
La Santa Guida chiedo<br />
con salmi, con preghiere,<br />
guardo di non cadere<br />
in te assorto credo.<br />
Andrea Columbano Olbia<br />
colombe, senza la scaltrezza dei serpenti. Conoscere<br />
o non conoscere non è mai stato lo<br />
stesso, ma oggi, nella miriade di informazioni<br />
possibili, si tratta di saper distinguere tra le informazioni,<br />
per scegliere quelle giuste (anche<br />
in termini legali) e opportune per ciascuno.<br />
Perché in questo contesto, in continua evoluzione,<br />
anche le novità “cancerogene” cambiano<br />
velocemente. Nascono nuove dipendenze,<br />
con o senza sostanza (dott.ssa Nivoli), che inducono<br />
desideri compulsivi irrefrenabili, e aggrediscono<br />
l’uomo, facendo pressioni proprio<br />
in quella zona del cervello deputata a recepire<br />
il piacere. Tale zona profonda del cervello,<br />
se attivata senza controllo razionale ed eticamente<br />
stabile, può essere foriera di dipendenze<br />
fisiche e mentali. Da qui le richieste più impensate,<br />
scabrose e incontrollate: aumento<br />
delle dosi di sostanze o di esperienze che causano,<br />
di fatto, il deterioramento dell’individuo<br />
e della società. E il fenomeno può diventare<br />
irreversibile. Con l’effetto della schiavitù. E’<br />
sempre più preoccupante, ad esempio, l’esperienza<br />
osservata in Giappone, chiamata “Hikikomori:<br />
paura di uscire fuori dalla propria<br />
stanza”. L’intontimento psico-esistenziale che<br />
si subisce dall’uso eccessivo dei mezzi informatici<br />
e di comunicazione via etere è talmente<br />
grande che l’interessato (la vittima) non ha<br />
più il coraggio di uscire dalla propria stanza,<br />
perché la disconnessione da internet crea disagio<br />
e senso di impotenza. In taluni casi si è<br />
constatato che il malcapitato non trovava il<br />
tempo e la volontà di allontanarsi dalla propria<br />
stanza neanche solo per il nutrimento. In<br />
due casi, addirittura, si sarebbero registrati gli<br />
omicidi dei genitori, colpevoli di avere insistito<br />
troppo nel chiedere il distacco momentaneo<br />
da internet. Le dipendenze attuali, pertanto,<br />
non sono riferibili solo alle sostanze<br />
chimiche o naturali, ma anche a quei comportamenti<br />
che si possono definire normali,<br />
ma che a certe condizioni diventano patologici.<br />
Un esempio eclatante è il riferimento alle<br />
attività sportive e ginniche. Quando tali esperienze<br />
superano i livelli di guardia, e le persone<br />
vivono solo per superare certe barriere<br />
fisiche o per aumentare, ad esempio, meticolosamente,<br />
la massa muscolare, in tali casi,<br />
per l’appunto, anche lo sport può causare una<br />
dipendenza. Ma il dramma più sconfortante lo<br />
si sperimenta quando si constata che il rischio<br />
dipendenze non si cela solo fra gli adolescenti,<br />
ma, oramai, anche, in tutte le fasce sociali,<br />
pure in quelle adulte e anziane. Ragazzi, genitori,<br />
mariti, mogli, nonni, talvolta mostrano<br />
debolezze insospettabili e, nei casi più gravi,<br />
confessano di non avere più ragioni per vivere.<br />
Quando intravedono, in taluni casi, la possibilità<br />
di chiedere aiuto, allora diventa possibile<br />
offrire loro nuove ragioni per vivere (Padre<br />
Morittu). Ma si può guarire da questo “male<br />
di vivere?”. Secondo Padre Morittu, sì. Serve<br />
un percorso che, partendo dalla conoscenza<br />
di sé, attraverso la fatica del lavoro manuale<br />
e della cultura, favorisca la ricostruzione<br />
della persona e del cittadino perduti. Senza ritorni<br />
al passato. La nuova persona, però, sarà<br />
come un essere ricreato, un “militante disadattato”.<br />
Una persona, cioè che, come un militare,<br />
rispetterà una disciplina ferrea, e dovrà<br />
imparare ad accettarsi come“piccolo resto”,<br />
come minoranza. Minoranza che dovrà fare<br />
numerose rinunce, a persone e a compagnie,<br />
ma potrà così riprendere il respiro del mondo,<br />
riprendere a riorganizzare con intelligenza e<br />
sistema la propria vita. Dal tranello droga,<br />
dunque, se ne esce solo a fatica (cap. Bartolacci)<br />
e, talvolta, si rimane incastrati anche<br />
nelle maglie della giustizia. Avere il coraggio<br />
di parlare delle proprie difficoltà, dunque, e<br />
parlarne anche con chi è preposto al servizio<br />
d’ordine pubblico, è un’occasione da non sottovalutare.<br />
Le forze di polizia hanno forti poteri<br />
nel contesto della lotta contro le droghe,<br />
ma le autorità sono pure a conoscenza del fatto<br />
che soprattutto i giovani consumatori di<br />
droghe, sono la fascia più debole della catena,<br />
sono la base sfruttata e resa schiava dai<br />
trafficanti. Serve, pertanto, una maggiore attività<br />
di formazione e di educazione, formale e<br />
informale. Mai la repressione ha risolto fino in<br />
fondo le difficoltà. Ma, ribadisce il capitano<br />
Bartolacci, le forze di polizia hanno poteri che<br />
possono consentire loro di perquisire e intercettare<br />
quotidianamente ogni attività irregolare.<br />
E’ illusorio sperare di farla franca. I mezzi<br />
sono così sofisticati da rendere impossibile<br />
l’occultamento del reato. Ma per i giovani che<br />
si affacciano alla vita, e che sentono di essere<br />
attratti dalle illusioni delle droghe, la vicinanza<br />
educativa delle istituzioni è più proficua e<br />
arreca maggiori vantaggi di qualunque attività<br />
repressiva. A nulla serve filosofeggiare sul fatto<br />
che la marjuana sia illegale e l’alcol no. Bisogna<br />
saper tenere i piedi per terra e confrontarsi<br />
con la realtà. Attualmente chiunque<br />
faccia commercio di marjuana è punito, chi<br />
vende l’alcol no. Per vivere felici e sereni,<br />
quindi, bisogna attenersi al codificato e non<br />
fabbricare castelli in aria. Un fatto è certo: dietro<br />
ogni drogato c’è una vittima (Riccardo De<br />
Vito Magistrato).E per vincere la guerra serve<br />
combattere seriamente con le armi dell’educazione<br />
e della giustizia. In particolare è urgente<br />
la riforma sanzionatoria. Le carceri sono<br />
piene di persone drogate, ma le carceri non<br />
sono e non lo sono mai state i luoghi adatti<br />
per i tossicodipendenti. Il tossicodipendente è<br />
un malato che va aiutato. E il giudice non è la<br />
persona giusta. Il giudice serve a difendere<br />
tutti i diritti, anche dei più deboli contro i potenti.<br />
Ma il carcere è abitato, ancora, più dai<br />
piccoli, non dai potenti. Bisogna gridare,<br />
quindi, che la droga crea il vuoto, e spegne le<br />
lampade accese dell’intelligenza, della creatività<br />
e della bellezza. Che anche il piacere che<br />
arreca è solo iniziale, perché ben presto lascia<br />
il posto al dolore e alla sofferenza. La droga<br />
ammazza: fisicamente e socialmente. Ogni<br />
volta che si compra uno spinello si aiuta la<br />
mafia a mettere una pistola nelle mani di un<br />
killer. Ma non si può più far finta che solo la<br />
repressione pura aiuti a combattere tale male.<br />
Deve essere ideata una nuova strategia, fatta<br />
anche di compromesso. I giudici, infatti, vogliono<br />
far rispettare la legge, ma non vogliono<br />
colpire il drogato, bensì il traffico e i trafficanti.<br />
Bisogna, quindi, imparare a rifiutare<br />
ogni tipo di droga. Ma si deve pure imparare<br />
a rifiutare, categoricamente, ogni logica di<br />
equiparazione tra delinquente e tossicodipendente.<br />
Disciplinare la vita, quindi, è di fondamentale<br />
importanza (Avv. Putzolu). Bisogna<br />
insegnare e far apprendere alle nuove generazioni<br />
cosa va fatto e cosa va evitato, perché<br />
la vita disciplinata da regole è garanzia di civiltà<br />
e di benessere.
spiritualità<br />
Anno XXIV<br />
n. 3<br />
29 marzo<br />
2016<br />
&<br />
GALLURA ANGLONA<br />
13<br />
Turismo,<br />
al via il percorso francescano<br />
in Sardegna<br />
Stefano Bugini<br />
Il ‘Percorso francescano in Sardegna’,<br />
ideato e progettato dal<br />
frate cappuccino Fabrizio Congiu<br />
e dall’ingegnere Luca Baltolu,<br />
condiviso e perfezionato dall’assessorato<br />
del Turismo, Artigianato<br />
e Commercio. L’iniziativa prende<br />
avvio durante il Giubileo straordinario<br />
proclamato da Papa Francesco,<br />
nonché nell’anno nazionale<br />
dei cammini. Nell’Isola è possibile<br />
ripercorre le orme e la storia dell’ordine<br />
di san Francesco d’Assisi<br />
attraverso la scoperta dei luoghi<br />
scelti dai suoi seguaci sin dal 1230.<br />
Il percorso francescano si inserisce<br />
in una serie di iniziative promozionali<br />
che nel 2016 rafforzerà il<br />
ruolo strategico degli itinerari storici<br />
e religiosi e valorizzerà il patrimonio<br />
culturale e ambientale isolano<br />
nell’ottica di un turismo sostenibile.<br />
Sarà formalizzato un protocollo<br />
di intesa fra assessorato e<br />
aree coinvolte dall’itinerario secondo<br />
gli indirizzi delle linee guida<br />
progettuali e il percorso andrà<br />
ad aggiungersi a un panel strutturato<br />
e coordinato di proposte, le<br />
più significative del turismo religioso<br />
in Sardegna. Il progetto dell’assessorato<br />
del Turismo prevede<br />
azioni di promozione sui cammini<br />
già iscritti nel registro ufficiale della<br />
Regione. Inoltre, sta per decollare<br />
il piano di valorizzazione delle<br />
destinazioni di pellegrinaggio<br />
che coinvolge i comuni di Dorgali,<br />
Galtellì, Gesturi, dello stesso Laconi,<br />
Luogosanto, Orgosolo e Sant’Antioco.<br />
L’inestimabile patrimonio<br />
custodito grazie all’attività della<br />
Chiesa e delle comunità locali<br />
rappresenta, sempre preservandone<br />
la valenza spirituale, uno strumento<br />
capace di produrre beni e<br />
servizi e di creare sviluppo complessivo,<br />
specie nelle aree interne.<br />
Occorrerà una stretta sinergia fra<br />
Chiamati a seguire Gesù Due in una carne sola<br />
Mariella Nanni<br />
Molti pensano che la strada del matrimonio<br />
e della famiglia non sia una vocazione,<br />
ma una scelta guidata da sentimenti<br />
e da interessi privati. I cristiani invece, alla<br />
luce della parola di Dio, scoprono nella vita<br />
matrimoniale il culmine di un progetto che Dio<br />
ha tracciato fin dalla creazione. L’essere uomo e<br />
donna, l’attrattiva che questo comporta, costituiscono<br />
già un appello a Dio a diventare “una carne<br />
sola”, a costruire cioè una comunità di vita.<br />
E’ un cammino lungo e affascinante quello che<br />
Dio apre con questa prima chiamata: uscire dalla<br />
solitudine, per l’incontro dell’amore fino ad<br />
arrivare gradualmente a condividere tutta la vita.<br />
Su questo cammino, però, il peccato dell’uomo<br />
innalza barriere di diffidenza, di incomprensione,<br />
di egoismo. C’è sempre in agguato la tentazione<br />
di trasformare l’amore in desiderio di<br />
possesso e di dominio della persona amata. Uomo<br />
e donna non solo sono parte della stessa<br />
umanità e hanno pari dignità, ma sono chiamati<br />
ad accogliersi nella loro diversità come un dono<br />
reciproco. Essere disponibili all’accoglienza<br />
dell’altro è una strada impegnativa che esige<br />
tempi lunghi. Non è bene che l’uomo sia solo:<br />
la solitudine è come essere senza nome e senza<br />
volto. Nella solitudine, imposta o egoisticamente<br />
voluta, noi non contiamo e non abbiamo valore<br />
per nessuno, e nessuno è interessante e importante<br />
per noi. Per non rimanere in questa solitudine<br />
egoistica, Dio ci propone un lungo cammino<br />
di maturazione. Il racconto biblico ce lo<br />
svela in immagini: Dio fa scendere un sonno<br />
sull’uomo, da una sua costola plasma la donna<br />
Quando i media parlano di Chiesa molto<br />
spesso parlano largamente di preti pedofili<br />
con ripetizioni della stessa notizia<br />
che porta allo sfinimento a forza di doverli<br />
ascoltare. Eseguono pedissequamente il vecchio<br />
adagio popolare, vecchio quanto l’uomo,<br />
che afferma che una bugia ripetuta cento volte<br />
diventa una verità; ma se anche vi fosse all’origine<br />
una verità anziché una bugia, e la stessa<br />
venisse ugualmente ripetuta se ne amplificherebbe<br />
il risultato, tanto da apparire molto più<br />
persuadente avendone aumentato il suo effetto<br />
essendosi convertita anch’essa ad una delle più<br />
semplici strategie mediatiche per convincere<br />
chi non la pensa come te. Nel 1992, il professor<br />
Begg, della McMaster University in Ontario, dimostrò<br />
l’effetto della ripetizione con un esperimento<br />
semplice ma curioso. I partecipanti dovevano<br />
semplicemente valutare l’attendibilità di<br />
alcune frasi che venivano loro proposte. La parte<br />
interessante consisteva nel fatto che alcune<br />
di queste frasi venissero pronunciate solo una<br />
volta mentre altre si ripetevano almeno due volte.<br />
Al termine dell’esperimento si accertò che le<br />
persone tendevano a considerare le frasi ripetute<br />
più volte, come più attendibili e, come sappiamo<br />
bene, se credessimo che il messaggio<br />
fosse vero, saremo maggiormente suggestionabili<br />
e ricettivi all’informazione che ci offrirebbe.<br />
Sembrerebbe quindi che la parola d’ordine fosse<br />
quella di accreditare nell’opinione pubblica<br />
una chiesa di molestatori e di nient’altro. I media<br />
non parlano invece con uguale enfasi ripetitiva<br />
dei martiri cristiani del XXI secolo. Perché<br />
mai? Secondo l’International Bulletin of Missionary<br />
Research che da 27 anni pubblica una relazione<br />
annuale, indica che i martiri cristiani tra<br />
il 2000 e il 2010 abbiano raggiunto il milione,<br />
con una media di 270 morti ogni 24 ore. Ma<br />
nessuno ne parla. Si confronti questa cifra con<br />
i 34 mila martiri cristiani del 1900 ed è facile capire<br />
in quali tempi stiamo vivendo. Di tutto ciò,<br />
però si ascolta solo un mediatico e globalizzato<br />
silenzio. Ne parla Papa Francesco e solo i media<br />
cattolici di rimando commentano i TG. nazionali,<br />
poi cade il silenzio. Quando ricorre la<br />
giornata dell’Olocausto se ne parla all’infinito.<br />
Giustissimo! Eppure dei cristiani perseguitati se<br />
ne parla poco e non si fa nulla. Ma allora sorge<br />
un dubbio. Tutto questo parlare di “terribili<br />
stragi” e “orrendi massacri” del passato, non sarà<br />
forse solo un grande palcoscenico dell’ipocrisia<br />
e delle falsità? Prima ancora di riempirci<br />
le amministrazioni locali, con la<br />
regia regionale, per proporre<br />
un’offerta unitaria capace di attrarre<br />
possibili fruitori nei mercati nazionali<br />
e internazionali.<br />
e la conduce all’uomo, così come si offre un dono,<br />
perché egli l’accolga come tale (Genesi 2,21-<br />
23). Guardando a questo grandioso piano di<br />
Dio, l’uomo e la donna credenti consacrano il loro<br />
amore con uno speciale sacramento. Con<br />
questo segno essi proclamano che è Cristo a sostenere,<br />
guidare ed accompagnare l’esperienza<br />
del loro amore, in ogni momento della vita.<br />
Questa realtà celebrata nel sacramento, diventa<br />
programma di vita. Essa esige un amore unico,<br />
indiviso e fedele, la capacità di donarsi totalmente<br />
nel corpo e nello spirito. Apre ad un amore<br />
fecondo, che genera ed educa nuovi figli di<br />
Dio. Una famiglia cristiana si costruisce in tal<br />
modo come “piccola Chiesa”. Nel vivere insieme<br />
giorno per giorno, si impara l’amore cristiano e<br />
ci si rende disponibili agli altri. Dio non abbandona<br />
mai coloro che chiama sulle sue strade.<br />
8 Marzo 2016, festa delle martiri invisibili<br />
gli occhi di immagini truci di ebrei sterminati,<br />
non sarebbe il caso che noi tutti, l’intera società,<br />
ci adoperassimo perché nel mondo cessino<br />
le persecuzioni contri i martiri odierni? Rendere<br />
amore e protezione ai perseguitati di oggi non<br />
sarebbe il modo più bello, concreto e nobile<br />
per rendere omaggio alle <strong>vittime</strong> delle persecuzioni<br />
di ieri? Allora, almeno noi da queste poche<br />
righe di questo giornale, renderemo onore<br />
alle nostre sorelle Anselm, Marguerite, Judit, Reginette.<br />
I loro nomi non erano noti al grande<br />
pubblico. Le conoscevano solo le persone disabili<br />
e anziane, troppo povere perché le loro famiglie<br />
li potessero sfamare e accudire per cui<br />
venivano assistiti da queste figlie di Madre Teresa<br />
di Calcutta nella cui congregazione religiosa<br />
avevano scelto di spendere la vita. I media<br />
mondiali hanno ignorato quei volti anche quando<br />
sono stati sfregiati dalla violenza dei bastoni<br />
impugnati dall’odio fanatico insieme a quelli di<br />
altre 12 persone innocenti e di fede islamica,<br />
che collaboravano, avendo scelto di rimanere<br />
accanto ai loro assistiti. Nuovi martiri invisibili.<br />
Per questo, l’Unione mondiale delle organizzazioni<br />
femminili cattoliche (Umofc/ Wucwo) ha<br />
voluto dedicare l’8 marzo 2016 ad Anselm, Marguerite,<br />
Judit, Reginette, le suore massacrate ad<br />
Aden, in Yemen.
14<br />
&<br />
GALLURA ANGLONA<br />
Anno XXIV<br />
n. 3<br />
29 marzo<br />
2016<br />
s’iscravamentu<br />
ISCRAVAMENTU IN SARDU - Creja ‘e Santu Paule, in Olbia<br />
Chenapura Santa, 25 martu 2016<br />
Unu salutu ‘e coro a tottus sos chi sezis in<br />
custa creja, istasero, pro ammentare sa<br />
passione, sa morte e s’iscravamentu de<br />
Zesù Gristu.<br />
Occ’annu bos aeddo in sardu e no in italianu.<br />
L’hat cherfitu don Gianni, chi m’hat precatu<br />
d’esserepo ieo su primu a comintzare. Lu ringratzio<br />
meta pro custu. A su comintzu no ippo<br />
sicuru, ma pustis mi so lassatu cumbinchere<br />
ch’in meta piaghere. E custu, non c’haio carchi<br />
riserva supra de sa la limba sarda in creja, anzis<br />
ne so unu cumbintu istimatore, ma solu ca non<br />
so abituatu a preicare in sardu.<br />
Infattis est sa prima via chi lu aco.<br />
Pro custu m’azis a iscusare si su sardu meu no<br />
est perfettu e si bos aeddo in su sardu chi appo<br />
semper aeddatu dae minore in sa idda mea,<br />
ch’est Luvula. Est s’unicu chi mi cunsentit d’esprimer<br />
menzus chi poto su pessamentu meu.<br />
E lu acco chin veru coro ca so’ cumbintu chi in<br />
carchi manera su sardu depat essere usatu vinzas<br />
in creja, in su modu e canno sa Creja lu permittit.<br />
E so’ cuntentu de aberrer sa janna a cust’usantzia.<br />
Bi provo, isperande de bi resessire.<br />
Intramus como chin animu dispostu in su misteriu<br />
profundu de custa Chenapura Santa: s’arcanu<br />
de su Izu ‘e Deus, Deus iss’e tottu, attu<br />
omine, chi dat sa vita sua pro amore de tottus<br />
sos omines, de donzunu ‘e nois. Sa ruche est sa<br />
morte prus crudele e dolorosa chi bi potet aere,<br />
una morte riservata a sos prus delinquentes<br />
de sos omines, sa morte prus irgonzosa. “Nissunu<br />
- at natu una via Zesù Gristu – cheret prus<br />
vene a unu frate, a un amicu, de chie pro s’amicu<br />
e’ su frate dat sa vita sua!”<br />
Custa, duncas, sa rejone e su coro de s’arcanu<br />
chi oje ammentamus: S’AMORE ‘E ZESU’ GRI-<br />
STU PRO NOIS!<br />
Un’argumentu, custu, ch’est su coro, sa vena de<br />
su credinzu nostru, de su Vanzelu e de sa sarvesa<br />
nostra.<br />
Un argumentu chi su Papa ha cherfitu proponnere<br />
occ’annu pro su jubileu istraordinariu de<br />
“sa Misericordia”.<br />
Sa Pasca de occ’annu, duncas, et custu ritu de<br />
s’Iscravamentu los cherimus celebrare chin sos<br />
ocros e chin su coro dinnantis a custa veritate<br />
chi nos dat cossolu e isperantzia.<br />
E no est un unu misteriu inventatu dae sos omines,<br />
no est una vantasia… Est un’istoria vera!<br />
Su ch’istasera e in tottu custa Chita Santa ammentamus<br />
e celebramus est capitatu abberu!<br />
Sa cundenna ‘e Zesusu, sos corfos de vrusta, sa<br />
corona de ispina, sos craos c’ana trapassatu sa<br />
carre via de su Segnore son tottu veros.<br />
A distantzia de duamizza annos nois sichimus<br />
a nos dimannare: ma proite?<br />
Proite su Segnore hat fattu custu? Proite s‘est<br />
cherfitu abbassare goi in bassu? Non b’aiat atteros<br />
modos e maneras pro nos sarvare? Isse it<br />
Deus, soveranu e poderosu! Potiat ischirriare<br />
milli atteras maneras. Proite?<br />
Credo chi su motivu siat fatzile: achennesi omine,<br />
su Izzu ‘e Deus s’ata abbrazzatu tottu de s’umanitate,<br />
hat cherfitu chi nois l’aeremus intesu<br />
accurzu, hat cherfitu isperimentare donzi sentimentu<br />
e colare donzi esperientzia umana, vinzas<br />
sa prus crudele e umiliante, s’est cherfitu garrigare<br />
in palas suas donzi pesus umanu, achennenos<br />
videre in pedde sua chi isse nos cumprennet<br />
canno suffrimus, canno semus in peleas<br />
mannas e minores. Ca l’hat provatu isse ’e tottu!<br />
Amicos e frates meos, istasero in sa Via Crucis e<br />
in s’Iscravamentu, comente in tottu sa Chita Santa,<br />
nois non semus ispettatores indifferentes de<br />
vronte a s’arcanu chi ammentamus e celebramus.<br />
Semus attores protagonistas. In su chi capitat a<br />
Zesù Gristu bi semus nois puru in intro. Su chi<br />
Isse hat fattu e suffritu est pro tottus sos omines,<br />
est pro nois, pro donzunu ‘e nois! Est unu<br />
misteriu pro nois, un arcanu chi nos appartenet<br />
e de cust’arcanu amus bisonzu!<br />
Duncas, bos preco: lassatebos, anzis, totu cantos<br />
nos devimus lassare interrogare, nos devimus<br />
lassare ponner in mesu, piccare a manu tenta<br />
dae su Segnore, pro cumprennere ite Isse nos<br />
cheret narrere, ite nos cheret dare, pro nos lassare<br />
imbolicare dae su letholu de s’amore suo!<br />
Leghende su Vanzelu, cantas vias vidimus Zesusu<br />
chi accurtziat sos poveros, sos malaidos,<br />
sos bisonzosos.<br />
A cantos tzecos hat torratu sa vista, cantos thoppos<br />
hat fattu caminare, cantos lebbrosos hat sanatu,<br />
cantos peccatores hat perdonatu! Non<br />
s’est mai lassatu conditzionare (irviare) dae sa<br />
mentalitate tzeca de sos omines e dae su naronzu<br />
de sa zente: est intratu e hat mannicatu<br />
in domo de sos peccatores, hat datu a mannicare<br />
a 5 miza pessones chi l’annaiana in fattu,<br />
hat accurziatu e perdonatu sas prostituitas, at<br />
torratu a bita sos mortos. Non b’at appitu conditziones<br />
umanas de dolore e de sufferentzia in<br />
umbe non siat intratu chin paraulas e vainas de<br />
cunfortu e de isperantzia.<br />
Si Zesusu tottu custu hat fattu in terra, si sa passione<br />
e sa morte sono su disvelamentu de sa<br />
misericordia sua, l’hat fattu pro nois e solu pro<br />
nois: pro nos dare sa possibilitate de intrare in<br />
s’oceanu immensu de s’amore suo, pro esseremus<br />
nutritos e thathatos de sa misericordia sua,<br />
ma vintzas pro nos imparare chi nois puru devimus<br />
fachere su mantessi, nois puru devimus<br />
perdonare, nois puru devimus cherrer vene a<br />
su prossimu.<br />
“Devites essere misericordiosos coment’est misericordiosu<br />
su Babbu ostru Divinu” nos hat natu Zesù<br />
Gristu. In su Babbu nostru precamus donzi<br />
die: “Perdona a nois sos peccados nostros comente<br />
nois ateros perdonamus sos inimigos nostros”.<br />
Su Vanzelu de Santu Matheu nos narat chi Zesusu<br />
prima de sa Passione sua in su Monte ‘e<br />
sas Olias ha precatu chin sas paraulas de su salmu<br />
136. Salmu e paraulas chi vintzas nois precamus:<br />
“Eterna est sa misericordia sua”.<br />
Chin custas paraulas Zesusu, preparannesi a sa<br />
passione e a sa morte, ponet s’umanitate sua in<br />
manos de su Babbu Divinu misericordiosu e ne<br />
cantat sa grandesa. Poi, pacos momentos prima<br />
de ispirare in supra e’ sa ruche narat: “Perdona,<br />
o Babbu, a sos chi m’ana cundennatu innoztente,<br />
ca non ischini mancu su chi achene”.<br />
S’urtima paraula, duncas, est paraula de perdonu,<br />
de dolu, de amore, de misericordia.<br />
Cale impreu pro nois!<br />
No est possibile chi cust’impreu nos lasset indifferentes,<br />
chi non cumbincat a nois puru a<br />
perdonare comente isse hat perdonatu, a cherrer<br />
vene a frates, amicos, connoschentes, omines<br />
de accurtzu e de lontanu, ma vinzas a chie<br />
nos at offesu, a chie nos hat inzugliatu, a chie<br />
nos cheret male.<br />
Custa, amicos e frates caros, est sa differentzia tra<br />
unu cristianu e unu chi non bi credet: sa vortza<br />
de perdonare, de semenare pache e cuncordia,<br />
de vraicare una sotzietate prena de amistade e<br />
de bonu cherrer, inumbe s’unu azuat a s’ateru e<br />
chie at de prus non zirat sa cara a s’ater’ala canno<br />
videt unu poveru, unu chi hat bisonzu.<br />
Si nos ziramus intunnu, si leghimus sos giornales,<br />
si abaitamus sa televisione vidimus solu<br />
zente briande, solu malu achere e gherras, vidimus<br />
su maritu chi occhiet sa muzere, sa mama<br />
chi occhiet su izu, su izu chi occhiet su babbu<br />
e sa mama. Ma non bastat. Vidimus zente chi<br />
occhiet in lumene ‘e Deus, e chin su lumen de<br />
Deus in bucca isconcat omines, eminas e pitzinnos<br />
innotzentes…<br />
Restamus chene paraula, istentamus a credere<br />
chi custas cosas potan sutzedere abberu. Eppuru<br />
sutzedini! E comente! Est sa crudele veritate<br />
de donzi tempus e puru de su tempus nostru!<br />
Ma propiu pro custu Zesù Gristu s’est fattu omine,<br />
pro custu est mortu in sa ruche: pro nos imparare<br />
s’amore, sa pache, su perdonu, pro sanare<br />
e cumbertire su coro malaidu e malintragnatu<br />
de s’omine. Pro chi s’omine non restet<br />
prejoneri de s’egoismu, de su malu pessamentu<br />
e de su malu achere.<br />
Abbaitamus como sa Ruche, abbaitamus su<br />
Crutzifissu.<br />
Cussa Ruche pro nois no est prus signale de<br />
morte, de cundenna, de iscunfitta. Est imbetzes<br />
signale de vita, de luche, de isperantzia, de<br />
cunfortu.<br />
Si semus ruttos Isse nos azuat a nos arriccare, si<br />
semus in affannu e in pelea isse nos cossolat, si<br />
semus disanimatos nos cunfortat, si amus peccatu<br />
nos perdonat. Su Papa metas vias non at<br />
ammentatu: “Deus non s’istraccat mai de nos<br />
perdonare. Simmai semus nois chi nos istraccamus<br />
de li petire perdonu”.<br />
Dae sa Ruche venit sa Luche!<br />
Lassemonnos abbratzare e accumpanzare dae<br />
custa Luche.!<br />
In pedes de sa Ruche b’est sa Mama ‘e Zesusu<br />
e Mama nostra, Maria Santissima, Mama ‘e dolores<br />
ma vintzas Mama de isperantzia. Issa, chi<br />
sett’ispadas de dolore l’han trapassatu su coro,<br />
nos azuet a nos garrigare in palas nostras sas<br />
ruches de donzi die.<br />
Accurzu a Maria bi sono sas feminas chi semper<br />
sono istatas accurzu a Zesusu e l’han semper<br />
assìstitu e ascurtatu chin devotzione manna,<br />
Maria de Cleofa e Maria de Magdala.<br />
Bi son puru sos atteros dissipulos chi, perditu<br />
su timinzu chi los aiata aggantzatos mentras chi<br />
Zesusu it protzessatu, si achen corazzu e, mancari<br />
sian galu prenos de dubbios e de dimannas<br />
chene risposta, cheren istare accurzu a su Mastru<br />
issoro in su momentu de s’urtimu respiru<br />
suo in custa terra.<br />
Sono sas tres de vortaidie. Su Segnore chind’unu<br />
lamentu narat: “So sititu”. Sos sordatos romanos<br />
chind’una lantza l’accurtziana a lavras<br />
un pacu ‘e bambache chin achetu. E derettu incurvanne<br />
sa cara a terra e nanne “Tottu est cumpritu!”,<br />
ispìrata.<br />
Comente amus fattu cust’ortaidie in sa liturgia<br />
de sa Chenapura Santa, istamus assamuta unu<br />
mamentu e precamus intro ‘e coro nostru.<br />
(……)<br />
Como est arrivatu su momentu de dare una digna<br />
sepultura a Su Segnore, in sa tumba chi<br />
animas vonas l’han preparatu.<br />
In pedes de sa ruche b’est Zoseppe de Arimatea<br />
unu de sos dissipulos de Zesusu. Est su mere<br />
de unu cunzatu, accurtzu a su Calvariu,<br />
inumbe b’at una tumba buita iscavata in sa rocca,<br />
mai usata prima. In cussa tumba interrana<br />
su Segnore.<br />
Paris chin Zoseppe de Arimatea b’est vintzas<br />
Nicodemo, un ateru dissipulu de su Segnore,<br />
omine justu et de vonu coro.<br />
Zoseppe e Nicodemo, azuatos da ateros dissipulos,<br />
omines et feminas, achene cust’opera<br />
vona de ch’ acchirrare su corpus de Zesusu dae<br />
sa Ruche e de che l’interrare.
s’iscravamentu<br />
Anno XXIV<br />
n. 3<br />
29 marzo<br />
2016<br />
&<br />
GALLURA ANGLONA<br />
15<br />
S’ISCRAVAMENTU<br />
Zoseppe e Nicodemo, accurtziatebos como<br />
a sa Ruche…<br />
Ingrenucatebos…adorate et precate intro ‘e<br />
coro ostru su Izzu ‘e Deus….<br />
Pesatebonche, annate a dainnantis de sa<br />
Madonna, sa Mama ‘e Zesusu…<br />
Dimannate a Issa su permissu pro c’acchirrare<br />
dae sa ruche su Corpus santu de su Izu<br />
Divinu…. Pro vois est unu granne onore de<br />
poter astringhere in bratzos vostros cussu Corpus<br />
santu de Zesusu, chi Maria at partoritu. Issa,<br />
comente donzi mama, l’intennet comente<br />
carre de sa carre sua inumbe iscurret su mantessi<br />
sambene suo, sa mantessi vita sua.<br />
Como, torràte a bos accurtziare a sa Ruche…<br />
Ampilate in sas iscalas pro liberare su Corpus<br />
de Zesusu dae cussu patibulu ‘e linna.<br />
Controllate chi s’asca siat bene posta in sutta<br />
‘e sos bratzos de Zesusu, …. Est s’asca chi<br />
poi bos ata a servire pro c’acchirrare su Corpus<br />
dae sa Ruche<br />
Como chizzìtenche sa corona de ispinas dae<br />
sa conca ‘e Zesusu: est sa corona chi sos sordatos<br />
romanos, achennesi beffa de su Re Divinu,<br />
l’ana postu in conca.<br />
Ammustratela a su populu, pro ch’isse puru<br />
potata abbaitare e venerare cust’istrumentu de<br />
dolore<br />
Vasatebòlla…<br />
Apporritela a sos dissipulos chi sono in terra<br />
Vasatebolla vois puru…<br />
… e como dàzila a sa Madonna, chinghennebila<br />
in conca. Ata a essere Issa a la gollire<br />
vene comente reliquia pretziosa, comente at<br />
semper gollitu in coro suo tottu sas paraulas de<br />
su Izzu suo. Issa l’ischiat chi prima o poi deviat<br />
arrivare cuss’ora chi Simeone in su tempiu l’aiat<br />
profetatu: “a tie, Maria, un’ispada t’at a trappassare<br />
su coro”.<br />
E como tue, Zoseppe de Arimatea, chìtzinche<br />
su crau dae sa manu destra de Su Segnore.<br />
Cantas vias chin cussa manu ha beneittu poveros,<br />
malaidos, peccatores, zente bisonzosa chi<br />
s’accurtziaiat a isse pro esser cossolata e azuata.<br />
Ammustra cussu crau a su popolu, chi vidat<br />
e ammentet sempere su c’at suffritu Zesusu pro<br />
nos cherrer vene.<br />
Vasa cussu crau e àchelu vasare vintzas a<br />
Nicodemo…<br />
Apporrilu a sos dissipulos chi sono in terra…<br />
Vasatelu vois puru…<br />
….. e como dazilu a sas feminas chi lu presentana<br />
a sa Madonna, ponennelu in pedes<br />
suos.<br />
E como, tue, Nicodemo, chitzi su crau dae<br />
sa manu sinistra de Su Segnore…Canta zente<br />
at abbratzatu cussa manu, cantos pitzinnos at<br />
carignatu, cantas concas at toccatu pro las liberare<br />
dae donzi malu pessamentu e dae donzi<br />
malignitate… cantos poverittos e istropiatos chi<br />
s’ingrenuchiana pro dimannare perdonu e aggiutoriu<br />
at arritzatu …<br />
Vasa cussu crau e àchelu vasare vintzas a<br />
Zoseppe de Arimatea…<br />
Apporrilu a sos dissipulos chi sono in terra…<br />
Vasatelu vois puru…<br />
….. e como dazilu a sas feminas chi lu presentana<br />
a sa Madonna, ponennelu in pedes suos.<br />
In su mentras chi Nicodemo mantenet s’ascha<br />
intunnu a su corpus de Zesusu, tue,<br />
Zoseppe de Arimatea, acchirra dae s’iscala<br />
Pòneti in pedes de su Crutzifissu e chìtzinche<br />
su crau c’hat trapassatu cussos pedes<br />
santos. Aiat natu vene su profeta Isaia: “Comente<br />
son bellos sos pedes de chie vàttut novas<br />
vonas”. E sas novas de Zesusu sono sa pache,<br />
s’armonia, sa zustissa, s’amore…<br />
Ammustra cussu crau a su popolu<br />
Vasalu…<br />
….. e como dailu a sas feminas chi lu presentana<br />
a sa Madonna, ponennelu in pedes suos.<br />
Zoseppe de Arimatea, azuatu dae sos ateros<br />
dissipulos, acchìrranche como su Corpus<br />
Santu de Zesusu dae sa Ruche…<br />
Ammustrate cussu Corpus maltrattatu e<br />
chene vita a su Populu pro l’adorare<br />
Como accurtziatebos a Maria e presentateli<br />
su Corpus de su Izzu suo Divinu. In su dolore<br />
tuo, o Mama Santissima, b’est su dolore de donzi<br />
mama in custa terra, de chie li morit unu izu,<br />
de chie devet assistere unu izu malaidu, oppuru<br />
suffrit pro unu izu chi s’est perditu chin cumpanzias<br />
e istradas malas, sas istradas de su vissu, de<br />
su vinu, de sa droga, de su malu achere…<br />
Paret chi Issa nos siat nanne vintzas oje: “vois<br />
chi colates inoche, virmàtebos e appompiate: bi<br />
potet aere unu dolore prus mannu de custu?”<br />
No, non b’at dolore chi potat essere paragonatu<br />
a su dolore de una mama!<br />
Mama de su Vonu Caminu, accumpanza chin su<br />
vonu coro tuo tottu sas mamas chi sono in affannu<br />
e golli sas lacrimas de sos ocros e de su<br />
coro issoro. Ache chi non s’intennana mai solas.<br />
Cale tristura manna in cust’issena! Ma est galu<br />
prus triste pessare chi sa morte e passione ‘e Zesusu<br />
sichit a esser presente oje, comente a eris, in<br />
totu cussos chi sono irmenticatos dae sa sotzietate,<br />
in sos disoccupatos e in sos isfruttatos, in sas<br />
eminas chi morini pro s’egoismu de s’omine, in<br />
cussas chi sono obbricatas a benner sus corpus e<br />
s’anima issoro, in sos pitzinnos violentatos…<br />
Perdonannos, Segnore, si custa chenapura santa<br />
est semper presente vintzas in sa sotzietate<br />
de oje. Dàennos s’isperantzia e sa tzertesa chi<br />
Tue ses sa vita, ca tue as vintzu sa morte chin<br />
sa Resurretzione tua. Gai siat.<br />
E tantas gratzias a bois c’azis apitu sa passentzia<br />
‘e m’ascurtare.<br />
Ateros annos menzus!<br />
- Como imbarate chi delicatesa su Corpus<br />
de Zesusu in sa lettèra preparata pro s’interru.<br />
✠Sebastiano Sanguinetti