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giubileo<br />

Anno XXIV<br />

n. 3<br />

29 marzo<br />

2016<br />

&<br />

GALLURA ANGLONA<br />

3<br />

La porta deLLa Misericordia<br />

neLLa casa di recLusione di nuchis<br />

Il vescovo invia una lettera ai detenuti<br />

Carissimo<br />

Mi rivolgo a Te (spero non ti dispiaccia l’uso<br />

del “tu” confidenziale), come a tutti coloro che<br />

scontano la loro pena in questa struttura di Nuchis.<br />

Lo faccio con grande rispetto, come gesto<br />

di attenzione e di vicinanza. Sentimenti che mi<br />

hanno portato negli anni a frequentare con una<br />

certa assiduità questa speciale comunità. Non<br />

so quale sia il tuo personale atteggiamento nei<br />

confronti della fede. Ti prego, perciò, di considerare<br />

la mia iniziativa come cordiale invito lasciato<br />

alla tua totale e da me rispettata libertà,<br />

ma anche come opportunità di condividere un<br />

percorso di elevazione non solo spirituale, ma<br />

anche umana e sociale. Forse avrai saputo che<br />

lo scorso 8 Dicembre è iniziato il giubileo<br />

straordinario della Misericordia, voluto da Papa<br />

Francesco. Straordinario, perché gli anni Santi si<br />

celebrano ogni 25 anni, e l’ultimo ordinario è<br />

stato celebrato 15 anni fa, nel Duemila. Ma anche<br />

perché, contrariamente a quelli ordinari,<br />

quello di quest’anno si celebra non solo a Roma,<br />

ma in tutte le Diocesi del mondo, e perché,<br />

per volontà del Papa, la Porta della Misericordia<br />

viene aperta anche nelle carceri, luogo di<br />

indubbia sofferenza e limitazione, ma anche di<br />

possibile ricostruzione umana e morale. Grazie<br />

alla sempre cortese disponibilità della Direzione,<br />

che in questi anni con numerosi progetti e<br />

iniziative ha aperto le porte del carcere al territorio<br />

e a percorsi di dialogo e d’integrazione sociale,<br />

ti comunico che il giorno 22 aprile 2016,<br />

alle ore 9,30 vivremo nel carcere questa particolare<br />

esperienza interiore, con l’apertura della<br />

Porta della Misericordia. La porta santa, nella<br />

tradizione cristiana, mutuata da quella ebraica,<br />

ha un significato altamente simbolico: è il passaggio<br />

dall’uomo vecchio (l’uomo ferito dal<br />

S’Iscravamentu nella parrocchia di San Paolo a Olbia<br />

Il commento della passione e morte di Nostro<br />

Signore Gesù Cristo, il 25 marzo, giorno<br />

di Venerdì Santo, nella parrocchia primaziale<br />

di San Paolo Apostolo, è stato tenuto<br />

da S.E. Mons. Sebastiano Sanguinetti, in “limba”,<br />

in lingua sarda: “per esprimere la ragione<br />

che mi porta all’uso della lingua sarda in occasione<br />

de s’Iscravamentu nella Chiesa di S. Paolo<br />

a Olbia, - afferma il Vescovo - richiamo due<br />

brevi citazioni. La prima è di un missionario italiano<br />

in Mozambico, studioso di etnologia, traduttore<br />

in lingua locale di molti testi sacri: “solo<br />

attraverso la lingua propria di un popolo è<br />

possibile arrivare al suo cuore” La seconda è del<br />

Concilio Plenario Sardo contenuta nel documento<br />

finale promulgato il 1 luglio 2001: “Il<br />

Concilio, accogliendo una diffusa istanza, che<br />

vede anche nella lingua sarda un singolare<br />

strumento comunicativo della fede per il nostro<br />

popolo, ne auspica un’adeguata valorizzazione”.Dopo<br />

diversi tentativi messi in cantiere a<br />

vari livelli, ritengo sia arrivato il tempo di dare<br />

segnali forti nel passare dalle parole ai fatti. Abbiamo<br />

ampi spazi, in cui già da oggi è possibile<br />

l’uso della lingua<br />

sarda nella vita e nell’azione<br />

della Chiesa.<br />

Con l’iniziativa di questo<br />

Venerdì Santo desidero<br />

dare un personale<br />

impulso in questa<br />

direzione. E ciò anche<br />

in sintonia con la Conferenza<br />

Episcopale Sarda<br />

che recentemente<br />

ha deciso di riprendere<br />

in mano l’argomento e<br />

riavviare il percorso<br />

per la traduzione dei<br />

testi liturgici in lingua<br />

sarda, in vista dei passaggi<br />

canonici per l’approvazione<br />

da parte<br />

della Santa Sede. Certo<br />

non saranno tempi<br />

Ingresso<br />

del carcere<br />

di Nuchis<br />

peccato e dalla fragilità umana) all’uomo nuovo<br />

(riabilitato nel cuore e nelle scelte di vita)<br />

attraverso l’incontro con Cristo, che ci dona il<br />

suo perdono e ci introduce nell’abbraccio misericordioso<br />

del Padre celeste. Il passaggio di<br />

quella porta ci dice che nessun peccato e nessuna<br />

condizione umana è senza rimedio. Dio,<br />

che in Gesù Cristo abbiamo imparato a conoscere<br />

come Padre buono e misericordioso,<br />

“lento all’ira e grande nell’amore”, se lo vogliamo,<br />

ci conduce per mano sui sentieri del perdono,<br />

della pace, della fratellanza, portando anche<br />

noi ad essere misericordiosi, come Lui è<br />

misericordioso nei nostri confronti. Lo diciamo<br />

sempre nella preghiera del Padre nostro: “perdona<br />

a noi, come noi perdoniamo ai nostri debitori”.<br />

In Dio impariamo ad essere anche noi,<br />

come Lui, “uomini dal cuore grande”. E ciò,<br />

contro la ricorrente tentazione di puntare il dito<br />

contro gli altri, di giudicarne severamente i<br />

difetti o gli errori, di guardare, come dice Gesù,<br />

la pagliuzza nei loro occhi, senza vedere la trave<br />

che c’è nei nostri. Il cammino penitenziale<br />

dell’anno giubilare, pertanto, si snoda su due<br />

fronti. Quello della personale conversione e del<br />

proprio affidamento alla misericordia e al perdono<br />

del Signore, rivalutando e frequentando<br />

con la necessaria assiduità il sacramento della<br />

riconciliazione, che a me piace definire come<br />

banchetto della misericordia divina, non come<br />

tribunale che ci giudica e ci umilia. Il secondo<br />

è quello che ci porta a rivestirci di atteggiamenti<br />

di misericordia verso i nostri fratelli, avendo in<br />

noi gli stessi sentimenti di Cristo, che non è venuto<br />

per condannare, ma per salvare. “Non<br />

condannate – ci dice - e non sarete condannati,<br />

perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà<br />

dato… con la misura con la quale misurate, sarà<br />

misurato a voi” (Luca 6, 37-38) La misericordia,<br />

tuttavia, va compresa nel suo vero significato<br />

e portata. Essa non è atto meccanico ed<br />

automatico, quasi magico, ma è lenta maturazione<br />

di un atteggiamento interiore e di una<br />

conversione del cuore. Non un atto o un gesto<br />

a basso prezzo. La misericordia ricevuta richiede<br />

apertura del cuore al cambiamento. Così come<br />

la misericordia offerta agli altri è sempre<br />

congiunta alla giustizia, al dare dignità alla persona,<br />

riscattandola da ogni forma di schiavitù e<br />

di emarginazione. Vorrei che questo momento<br />

fosse uno sprazzo di luce e di speranza nel cuore<br />

di ciascuno. E lo sarà, se ognuno di noi si lascerà<br />

contagiare dalla luce dell’amore di Dio, e<br />

se ognuno di noi sarà portatore della stessa luce<br />

in mezzo ai fratelli. Non ci sarà alcuna sbarra<br />

che potrà impedire a questa luce di riverberare<br />

e scaldare il cuore di ciascuno. Affido questo<br />

messaggio alla tua benevola accoglienza. Mi<br />

riterrò soddisfatto anche se solo avrai avuto la<br />

bontà di leggere queste righe e se vedrai in esse<br />

un gesto di sincera amicizia e di convinta<br />

considerazione e prossimità alla tua persona e<br />

alla tua attuale condizione.<br />

Con viva cordialità, mi dichiaro tuo obbl.mo<br />

✠Sebastiano Sanguinetti, vescovo<br />

Mons. Sanguinetti tiene il commento in lingua sarda<br />

brevissimi, ma l’importante è riprendere la marcia.<br />

Intanto, da subito possiamo utilizzare tutti<br />

gli spazi e i contesti consentiti. Per esempio, abbiamo<br />

il ricco patrimonio di canti e preghiere<br />

esistenti, ma si possono predisporre anche nuovi<br />

testi e nuovi canti per mano di esperti da inserire<br />

nelle celebrazioni liturgiche, così pure vi<br />

è la valorizzazione delle varie forme di pietà<br />

popolare, come i tridui, le novene, le paraliturgie<br />

della Settimana Santa. Fra queste vi è s’Iscravamentu,<br />

appunto. Spero vivamente, pertanto,<br />

che questa mia iniziativa – conclude<br />

mons. Sanguinetti - serva a risvegliare tra i sacerdoti<br />

e i fedeli un rinnovato interesse per<br />

questo tema”. L’iniziativa di utilizzare la “lingua<br />

madre” per questo antico rito di pietà popolare<br />

è stata fortemente voluta dal parroco don Gianni<br />

Satta che già lo scorso anno per l’occasione,<br />

invitò mons. Tonino Cabizzosu, parroco di Nostra<br />

Signora del Regno di Ardara e docente di<br />

storia della Chiesa nella Pontificia Università<br />

Teologica della Sardegna: “Viviamo in Sardegna<br />

e siamo debitori della lingua madre – afferma<br />

don Satta – una lingua che è sostrato di tutte le<br />

possibilità di comunicazione, una ricchezza che<br />

abbiamo il dovere di salvaguardare e tramandare.<br />

Utilizzarla durante gli antichi e sentiti riti<br />

di pietà popolare può permettere inoltre un<br />

maggiore coinvolgimento “. L’antico rito ha visto<br />

la partecipazione della Confraternita di Santa<br />

Croce, del “Coro Folk Ensemble” di Olbia<br />

che animato i canti e una folla enorme che ha<br />

seguito in modo composto il sacro rito.

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