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in provincia di Asti, il cui abitato<br />
si estende, su di un’altura, sul lato<br />
destro del torrente Belbo.<br />
è un chiaro esempio di turismo<br />
culturale, dove la storia s’intreccia<br />
con i luoghi e i monumenti,<br />
dove il racconto storico si sposa<br />
con la narrazione del territorio,<br />
proprio come spiega Roberto<br />
Maestri, presidente del Circolo<br />
Culturale, nella sua prefazione:<br />
“Ci è sembrato il modo corretto di<br />
far rivivere la storia e di divulgarla,<br />
unendo in un racconto il documento<br />
e il monumento, il primo da leggere,<br />
l’altro da vedere”.<br />
La storia di Camilla e Ferdinando,<br />
raccontata da Cinzia Montagna in<br />
tre libri (“Nec ferro nec signe – Nel<br />
segno di Camilla”, “È tornato il cane<br />
nero – Gli enigmi di Camilla Faà” e<br />
“Caterina, l’altra donna”), la riassumiamo<br />
sinteticamente, giusto per<br />
non togliere al lettore la voglia<br />
di scoprirla attraverso la lettura<br />
dell’opuscolo.<br />
Nel febbraio 1616 Ferdinando<br />
Gonzaga, duca di Mantova e del<br />
Monferrato, sposa, in quello che<br />
si prospetta come un matrimonio<br />
simulato (gli storici dibattono ancora<br />
se fosse valido o meno), la<br />
contessina Camilla Faà di Bruno<br />
in seguito a un innamoramento<br />
folgorante ma contrastato. Dalla<br />
relazione nasce un figlio, Giacinto<br />
Teodoro, ma a distanza di un<br />
<strong>anno</strong> dal “finto matrimonio” Ferdinando<br />
sposa Caterina de’ Medici,<br />
per cui Camilla e suo figlio diventano<br />
presenze ingombranti.<br />
La vicenda si conclude con Camilla<br />
costretta a farsi suora di<br />
clausura nel convento del Corpus<br />
Domini a Ferrara, dove muore<br />
nel 1662 e dove è sepolta accanto<br />
alla tomba di Lucrezia Borgia.<br />
Giacinto è invece accolto a corte<br />
ma non viene riconosciuto come<br />
successore del padre essendo nato<br />
da un matrimonio non regolare.<br />
Muore nel 1630, ufficialmente<br />
di peste ma, a detta di molti, avvelenato.<br />
Questa in breve la storia. Andiamo<br />
ora a scoprire cosa c’è da<br />
vedere nei luoghi interessati da<br />
questa vicenda.<br />
Bruno (AT)<br />
È un paese dell’alto Monferrato,<br />
Il Castello<br />
È proprietà privata della Famiglia<br />
Faà da più di quattrocento anni<br />
e s’inquadra nella struttura “ibrida”<br />
tipica dei castelli del Monferrato:<br />
più che edificio fortificato, è<br />
una residenza signorile di stampo<br />
nobiliare, forse sorta sui resti di<br />
una precedente area fortificata.<br />
La struttura architettonica del<br />
Castello è una commistione di<br />
elementi tipici del palazzo signorile-nobiliare<br />
e caratteristiche<br />
castellari, in quanto non solo risponde<br />
ad esigenze difensive ma<br />
si pone anche come simbolo dello<br />
stato sociale del suo proprietario.<br />
Sulla facciata occidentale si apre<br />
l’elegante ingresso, preceduto da<br />
una scala a due bracci con affaccio<br />
su un giardino d’inverno; il primo<br />
piano, realizzato con mattoni a vista,<br />
mostra decorazioni a denti di<br />
sega nella parte sottostante il tetto<br />
e due torrette pensili laterali.<br />
Di notevole interesse la facciata<br />
meridionale, soprattutto nella<br />
evoluzione delle finestre, che<br />
passano da aperture severe, caratteristiche<br />
da fortificazione, a<br />
quelle costruite successivamente,<br />
più ampie e maggiormente adatte<br />
ad un uso abitativo.<br />
All’interno le sale sono affrescate<br />
con pitture e stucchi di pregio; fra<br />
tutte, di particolare interesse è la<br />
“Sala delle Feste”, finemente affrescata<br />
con colori vivaci e toni intensi,<br />
che celebrano il trionfo del profano<br />
16 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>