Segreti d'artista_anteprima
Qual è il segreto insegnamento di un’opera d’arte? Quale forza guida la creazione e traccia il destino di un artista? Henry James, nei tre racconti che proponiamo, cerca di rispondere a queste fondamentali domande estetiche rivelando i segreti legami che avvicinano pittura e letteratura e ne fanno una sola grande arte.
Qual è il segreto insegnamento di un’opera d’arte?
Quale forza guida la creazione e traccia il destino di un artista?
Henry James, nei tre racconti che proponiamo, cerca di rispondere a queste fondamentali domande estetiche rivelando i segreti legami che avvicinano pittura e letteratura e ne fanno una sola grande arte.
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Edizioni Grenelle
p.le Bratislava, 10
85100 Potenza, Italia
www.edizionigrenelle.com
info@edizionigrenelle.com
editing · Angelo Cariello, Marco Pascarelli
progetto grafico · Donato Faruolo
prima edizione · luglio 2016
97-88-899370-07-7
© Edizioni Grenelle. Tutti i diritti riservati.
È vietata la riproduzione, totale o parziale,
anche destinata ad uso privato e personale,
fatta con qualsiasi mezzo e non autorizzata,
di questo volume.
in copertina
Tooneelen uit het leven der Apen, 1841
di Fedor Alexis Flinzer
Narralia è un luogo abitato da scritture inattese,
la casa delle altre letterature possibili.
Romanzi e racconti, grandi classici dimenticati
proposti in una veste inedita,
nuove opere pronte per essere scoperte.
Henry James
Segreti d’artista
tre racconti
introduzione di Simone Francescato
traduzione e postfazione di Pietro Pascarelli
EDIZIONI GRENELLE
La Madonna del futuro
Avevamo parlato dei maestri che hanno realizzato un solo capolavoro
– gli artisti e i poeti che una sola volta nella vita hanno
conosciuto il divino afflato e si sono elevati al livello della perfezione.
Il nostro ospite ci aveva mostrato un piccolo quadretto
di un pittore di cui non avevamo mai sentito il nome, e che,
dopo quest’unico spasmodico sforzo per la fama, era in apparenza
caduto nell’oscurità e nella mediocrità. Si era parlato della frequenza
di un tale fenomeno; durante la discussione notai che
H* sedeva silenzioso, finendo il suo sigaro con aria meditativa,
e guardando il quadro che veniva passato di mano in mano intorno
al tavolo. «Non so se sia un caso comune», disse alla fine,
«ma mi è capitato di vederlo. Ho conosciuto uno che dipingeva il
suo unico capolavoro e», aggiunse con un sorriso, «non dipinse
neppure quello. Fece un tentativo per conquistare la gloria e lo
perse». Noi tutti conoscevamo H* come un uomo intelligente che
di uomini e modi di fare ne aveva visti molti, e aveva una gran
quantità di ricordi. Qualcuno immediatamente gli domandò di
più, e mentre io ero tutto preso dal grande entusiasmo del mio
vicino per quel quadretto, egli fu indotto a raccontare la sua storia.
Non volendo ripeterla per filo e per segno, devo ricordare
solo come l’affascinante signora, che era la nostra ospite e che
aveva lasciato il tavolo, si arrischiò a far ritorno con un frusciante
abito rosa per dichiarare il nostro indugiare come una mancanza
di galanteria, e, trovandoci tutti intenti ad ascoltare, sprofondò
nella sua sedia nonostante i nostri sigari e ascoltò attentamente
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La Madonna del futuro
nella sua sedia nonostante i nostri sigari e ascoltò attentamente
la storia con tanta delicatezza d’animo che, quando si giunse alla
catastrofe, lanciò uno sguardo su di me mostrandomi una lacrima
in ognuno dei suoi begli occhi.
―
Si parla della mia giovinezza, e dell’Italia: due cose belle! (H*
cominciò). Ero arrivato la sera tardi a Firenze, e mentre finivo
la mia bottiglia di vino a cena, avevo immaginato che, sebbene
fossi un viaggiatore stanco, potevo rendere alla città un omaggio
migliore che andarmene volgarmente a letto. Uno stretto passaggio
serpeggiava misteriosamente uscendo dalla piccola piazza
davanti al mio albergo, e sembrava portare nel cuore di Firenze.
Lo seguii, e nel giro di dieci minuti sbucò su una grande piazza,
riempita unicamente dal chiaro di luna di un mite autunno. Dal
lato opposto sorgeva Palazzo Vecchio, una specie di possente fortezza
cittadina, con la grande torre campanaria che spuntava dal
suo orlo merlato come un pino di montagna dal bordo di un dirupo.
Alla sua base, nell’ombra che proiettava, risplendevano certe
sculture piene di luce cui mi avvicinai con ammirazione. Uno dei
soggetti, sulla sinistra della porta del palazzo, era un magnifico
colosso che riluceva nel buio come una sentinella che ha sentito il
pericolo. In un momento lo riconobbi, era il David di Michelangelo.
Mi volsi con un certo sollievo dalla sua forza minacciosa verso
una slanciata figura in bronzo, collocata sotto l’alta loggia, che
oppone la teoria ariosa ed elegante delle sue arcate alla muratura
del palazzo; una figura sommamente ben delineata ed elegante;
gentile, quasi, nonostante tenesse a distanza con il suo leggiadro
braccio nervoso la testa di serpe della Gorgone massacrata. Il suo
nome è Perseo, e potete leggere la sua storia non nella mitologia
greca, ma nelle memorie di Benvenuto Cellini.
Guardando uno dopo l’altro questi soggetti, devo aver fatto
una qualche ovvia esclamazione di elogio perché, come se venisse
stimolato dalla mia voce, un uomo salì i gradini della loggia,
La Madonna del futuro
mi sembrava) di velluto nero, e con una massa di capelli rossicci,
che luccicavano al chiarore lunare, spuntando da un piccolo
berretto medioevale. Con un tono di intrigante deferenza mi
chiese le mie “impressioni”. Appariva pittoresco, fantastico, leggermente
irreale. Nel suo aggirarsi per quei luoghi sacri, sarebbe
potuto passare per il genio dell’ospitalità estetica – anche se il
genio dell’ospitalità estetica non è di solito un piccolo trasandato
custode, con l’efflorescenza di un fazzoletto da tasca di calicò fra
le mani, e apertamente risentito della scarsità di mezzi che gli è
toccata. Quest’analogia fu resa tuttavia completa dalla brillante
filippica con cui salutò il mio imbarazzato silenzio.
«Conosco Firenze da molto tempo, signore, ma non l’ho mai
trovata bella come stasera. È come se i fantasmi del suo passato
si fossero riversati per le strade vuote. Il presente sta dormendo;
il passato aleggia su di noi come un sogno reso visibile. Immaginate
gli antichi fiorentini a passeggio, che si avvicinano per dare
un giudizio sull’ultima opera di Michelangelo, o di Benvenuto!
Ne ricaveremmo una preziosa lezione, se potessimo di nascosto
ascoltare quello che dicono. Anche il più semplice dei cittadini,
col suo cappello e col suo abito, aveva gusto per esprimersi su
questa materia! Quello fu il periodo migliore per le arti, signore.
Il sole era alto nel cielo, e il suo ampio e diffuso fulgore rendeva
luminosi i luoghi più bui, e brillanti gli occhi più spenti. Viviamo
nel tramonto del tempo! Andiamo a tentoni nel grigio crepuscolo,
portando ognuno la sua piccola candela di egoismo e di penoso
buon senso, sorretti dal riferimento ai grandi modelli e a un’idea
vaga, e non vedendo altro che soverchianti grandezza e vaghezza.
I giorni dell’illuminazione sono passati! Ma sapete che mi sembra
– mi sembra», e divenne immediatamente più familiare nel suo
fervore visionario, «mi sembra che la luce di quel tempo resti su
di noi per un’ora! Non ho mai visto il David così meraviglioso e il
Perseo così bello! Anche le produzioni minori del Giambologna
e di Baccio Bandinelli sembrano realizzare il sogno dell’artista.
È come se il chiaro di luna fosse carico dei segreti dei maestri, e
come se, stando qui in religiosa attenzione, potessimo – potessimo
essere testimoni di una rivelazione!». Accorgendosi in questo
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La Madonna del futuro
È come se il chiaro di luna fosse carico dei segreti dei maestri, e
come se, stando qui in religiosa attenzione, potessimo – potessimo
essere testimoni di una rivelazione!». Accorgendosi in questo
momento, suppongo, del blocco della mia comprensione riflesso
nel mio volto perplesso, questo interessante rapsodo si fermò e
arrossì. Allora, con un sorriso malinconico, disse: «Mi prendete
per un ciarlatano mostruoso, suppongo. Non è mia abitudine fare
delle piazzate e saltare addosso a turisti innocenti. Ma stanotte, lo
confesso, sono sotto l’effetto di un incantesimo. E poi, in qualche
modo, mi sembrava che anche voi foste un artista!».
«Non sono un artista, mi dispiace dirlo, nel senso in cui lo
ritenete voi. Ma per favore non scusatevi. Anch’io sono in preda
all’incantesimo; le vostre eloquenti osservazioni l’hanno solo
reso più profondo».
«Se non siete un artista, meritereste di esserlo, però!», lui aggiunse,
con un sorriso espressivo. «Un giovanotto che arriva a
Firenze la sera tardi, e che invece di andare prosaicamente a letto,
o di buttarsi sulla sua guida di viaggio in albergo, se ne va in giro
senza perder tempo per fare omaggio alla bellezza, è un giovanotto
che mi sta proprio a genio!».
Il mistero era di colpo risolto; il mio amico era un americano!
Doveva esserlo per forza, per avere così prodigiosamente a cuore
il pittoresco. «Ne sono convinto», risposi, «anche se il giovanotto
è uno sporco newyorkese».
«I newyorkesi sono dei munifici protettori delle arti!», replicò
con cortesia.
Per un momento mi preoccupai. Questa reverie di mezzanotte
era solo un’impresa yankee, e il mio interlocutore era solo un pittore
disperato che si era appostato qui per strappare un “ordine”
a un turista peripatetico? Ma non ero chiamato a difendermi. Un
gran rintocco di bronzo scese improvvisamente su di noi dalla
lontana sommità della torre dell’orologio che ci sovrastava, e batté
il primo colpo della mezzanotte. Il mio amico si scusò per avermi
trattenuto, e si preparò ad andarsene a letto. Ma la sua promessa
di un ulteriore intrattenimento mi sembrò così attraente
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La Madonna del futuro
lavoro; lo so bene. Non prendetemi, in nome del cielo, per uno dei
vostri desolati brontoloni, cinici impotenti che non hanno talento
né fede! Io lavoro!», e si guardò abbassando la voce come se questo
fosse uno segreto piuttosto strano. «Lavoro notte e giorno. Ho cominciato
a realizzare una creazione! Non sono nessun Mosè, sono
solo un povero artista paziente; ma sarebbe una bella cosa se potessi
dar origine a un piccolo flusso di bellezza che scorresse nella
nostra terra assetata! Non consideratemi un mostro d’orgoglio»,
continuò, appena mi vide sorridere dell’avidità con cui accoglieva
la mia descrizione; «confesso di trovarmi in uno di quegli stati
d’animo in cui grandi cose sembrano possibili! Questa è una notte
agitata per me – sogno da sveglio! Quando il vento del Sud soffia
su Firenze a mezzanotte sembra blandire l’anima con tutte le cose
belle rinchiuse nelle sue chiese e gallerie d’arte; entra nel mio piccolo
studio con la luce della luna, e mi fa battere il cuore troppo
forte per poter riposare. Vedete che aggiungo sempre un pensiero
alla mia concezione! Stasera sentivo che non avrei potuto dormire
prima di aver comunicato con il genio di Buonarroti!».
Sembrava profondamente versato in storia e tradizione locale,
e spaziava con amore 2 sull’incanto di Firenze. Credetti che fosse
un vecchio residente della città che custodiva ormai nel cuore. «Le
devo tutto», dichiarò. «Solo da quando vivo qui ho realmente vissuto,
intellettualmente. Uno per uno, tutti i desideri profani, tutti
gli scopi puramente mondani, mi hanno abbandonato, non lasciandomi
altro che la mia matita, il mio piccolo taccuino», e si battè la
tasca sul petto, «e l’adorazione dei maestri puri – quelli che erano
puri perché innocenti, e quelli che erano puri perché erano forti!».
«E siete stato molto produttivo durante tutto questo tempo?»,
chiesi con simpatia.
Rimase in silenzio per un po’ prima di rispondere. «Non nel
senso volgare!», disse alla fine, «Non ho mai scelto di manifestarmi
attraverso l’imperfezione. Il buono di ogni impresa l’ho
riassorbito nella forza generatrice di creazioni nuove, il cattivo
2
In italiano nel testo.