La Toscana Novembre
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Il rinnovato Centro per l'Arte<br />
Contemporanea Luigi Pecci di Prato e la<br />
mostra inaugurale: “<strong>La</strong> fine del mondo”<br />
di Alessandro Sarti<br />
Foto di Adriano Bartolozzi<br />
Il Centro Pecci nasce dalla volontà del cavaliere Enrico Pecci<br />
alla fine degli anni Settanta di donare alla città di Prato uno<br />
spazio museale, che verrà poi dedicato al figlio Luigi scomparso<br />
tragicamente. L’idea riscontrò l’entusiasmo e l’appoggio del<br />
Comune e di molti imprenditori, convinti della necessità di un centro<br />
di documentazione per la conoscenza e la divulgazione dell’arte<br />
contemporanea. Fu chiamato per la progettazione l’architetto Italo<br />
Gamberini che con grande maestria disegnò il museo.<br />
Dopo tre anni di lavori, il Museo di Arte Contemporanea di Prato riapre<br />
le porte in una veste tutta nuova, non solo votata alle arti visive,<br />
ma fulcro di tante attività come<br />
cinema, musica, libri, conferenze<br />
e laboratori per bambini.<br />
Una serie di offerte che permetteranno<br />
di vivere il Centro Pecci<br />
anche la sera dopo cena e la<br />
domenica grazie alle aperture<br />
straordinarie fino alle 23.<br />
Dopo l'avveniristico ampliamento<br />
a forma di navicella spaziale<br />
dell’architetto Maurice Nio e<br />
la riqualificazione dell’edificio<br />
originario di Italo Gamberini, il<br />
Centro ora decolla con una mostra<br />
dal titolo: “<strong>La</strong> fine del mondo”<br />
a cura del direttore Fabio Cavallucci, che apre le porte del museo<br />
al mondo intero con l’obiettivo di “declinare il contemporaneo” come<br />
ha detto nella conferenza stampa “al plurale delle diverse arti per restare<br />
fedele alla vocazione originaria di luogo dedicato alle ricerche<br />
artistiche più avanzate”. Un luogo di saperi, promotore di processi<br />
di consapevolezza e di pensiero critico, perché la contemporaneità<br />
investe il nostro quotidiano e l’arte non è un’offerta per pochi ma<br />
una delle chiavi per vivere ed interpretare la nostra società.<br />
<strong>La</strong> mostra non vuole essere una rappresentazione di un futuro catastrofico<br />
imminente ma piuttosto una presa di coscienza della condizione<br />
di incertezza in cui versa il nostro mondo e quasi una riflessione<br />
sugli scenari drammatici che ci circondano. Attraverso lavori di<br />
natura diversa spesso da attraversare o sperimentare fisicamente<br />
in una scansione di spazi e di suoni che si succedono e si alternano,<br />
il visitatore sarà trascinato in un movimento continuo, ineluttabile<br />
quasi una specie loop di eterno ritorno che ritmicamente allontana e<br />
riavvicina al presente, proponendo nuove chiavi di lettura.<br />
Il percorso raccoglierà interventi di artisti ormai affermati internazionalmente,<br />
dal nativo americano Jimmie Durham al cubano Carlos<br />
Garaicoa ai cinesi Qiu Zhijie e Cai Guo-Qiang, fino a opere di artisti<br />
più giovani come il brasiliano Henrique Oliveira o lo svizzero Julian<br />
Charriere con un lavoro realizzato a quattro mani insieme al tedesco<br />
Julius Von Bismarck. Non mancheranno poi lavori ormai appartenenti<br />
alla storia dell’arte, come quelli di Marcel Duchamps , di Pablo<br />
Picasso o di Umberto Boccioni. Ma numerosissimi saranno anche<br />
gli artisti giovani e ancora poco conosciuti, molti dei quali provenienti<br />
dalle aree geografiche in cui sono presenti forti contrasti e<br />
conflitti, come l’Europa dell’Est, il Nord Africa, il Medio Oriente, il<br />
Sud America. Il pubblico attraverserà i vari ambienti sperimentando<br />
diverse sensazioni: dal distacco da questo nostro mondo, così piccolo<br />
e insignificante, alla malinconia per qualcosa che abbiamo amato<br />
e abbiamo perduto, fino a riconoscere qualche barlume di futuro,<br />
comunque oggi già presente, anche se non ce ne accorgiamo.<br />
Insieme al direttore Fabio Cavallucci, alla presidente Irene Sanesi e<br />
al suo team interno, ha collaborato un nutrito gruppo di advisor internazionali<br />
composto da Elena Agudio, Antonia Alampi, Luca Barni,<br />
Myriam Ben Salah, Marco Brizzi, Lorenzo Bruni, Jota Castro, Wlodek<br />
Goldkorn, Katia Krupennikova, Morad Montazami, Bonaventure Soh<br />
Bejeng Ndikung, Giulia Poli, Luisa Santacesaria, Monika Szewczyk<br />
e Pier Luigi Tazzi.<br />
Fondato nel 1988, come prima istituzione in Italia con una sede costruita<br />
ex novo per esporre, collezionare, conservare, documentare<br />
e diffondere le ricerche artistiche più avanzate, il Pecci si appresta<br />
a diventare un punto di riferimento internazionale per la sperimentazione<br />
dei molteplici linguaggi artistici contemporanei toccando<br />
anche cinema, musica, performing arts, architettura, design, moda<br />
e letteratura.<br />
Gli spazi sono più che raddoppiati e sono a disposizione un archivio<br />
e la biblioteca specializzata che possiede un patrimonio di oltre<br />
50.000 volumi. Vi sono poi un teatro all’aperto, un cinema-auditorium,<br />
uno spazio informativo all’interno delle gallerie, un bookshop,<br />
un restaurant e un bar-bistrot. L’apertura prolungata permette poi<br />
cene con performance, concerti e proiezioni, conferenze, laboratori e<br />
corsi per adulti. <strong>La</strong> Regione <strong>Toscana</strong> ha attribuito al Pecci il compito<br />
di coordinamento regionale dell’arte contemporanea con una serie<br />
di eventi e mostre collaterali distribuite a Prato e sul territorio, coinvolgendo<br />
anche Firenze, Pisa e Vinci. Il Pecci vuole così rinascere<br />
con la stessa ambizione delle sue origini e consacrarsi come punto<br />
di riferimento internazionale per l’arte contemporanea. Il Centro è<br />
gestito dalla Fondazione per le Arti Contemporanee in <strong>Toscana</strong>, istituita<br />
dal Comune di Prato e sostenuta dalla Regione <strong>Toscana</strong>.<br />
Museo Luigi Pecci 19